City of Angels

di simonama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Needing a change ***
Capitolo 2: *** California, here we come ***



Capitolo 1
*** Needing a change ***




 
~ Needing a change




Aprii lentamente gli occhi e un fascio di luce, caldo e brillante, me li fece richiudere in due fessure. Sbuffai sonoramente e mi tirai le lenzuola sul capo, ignorando completamente il caldo torrido e l'afa tipica siciliana. Era il dodici d'agosto e, da circa due giorni, mi beavo del classico ozio da ferie: sveglia a random, colazione che di solito coincideva col pranzo e pigrizia che colpiva ad ogni ora; nulla, eccetto i discorsi isterici di Simona e la compagnia delle mie amiche, riusciva a movimentarmi la giornata e a farmi godere a pieno l'estate o almeno le mie tanto meritate vacanze. Ero piuttosto convinta che una sana e gioiosa vacanza precludesse giorni senza stress e senza orari di lavoro assurdi, ma quando le mie giornate si componevano solo di noia, mi convincevo che forse necessitavo di un diversivo, di una nuova realtà: forse avevo bisogno di un viaggio; una nuova meta con luoghi inesplorati e visi nuovi, senza le solite facce e la solita apatia. Sentii la porta sbattere e, prima che potessi lontanamente capire cosa stesse accadendo, Simona entrò saltellando nella mia camera.
«Buon pomeriggio, dormigliona!», esclamò con la classica gioia che sembrava avesse stampata dentro, quella che la caratterizzava. Bofonchiai qualcosa e la salutai con un gesto della mano. Lei alzò gli occhi al cielo e tirò via le lenzuola, scoprendo il mio corpo protetto solo dall'intimo fuxia.
«Dai, alzati. E' lunedì», disse e si sedette sul letto, «è una bellissima giornata e c'è tanto da fare». Alzai un sopracciglio ironica.
«Ok, forse non c'è nulla da fare, ma troveremo qualcosa di creativo in cui cimentarci. Ti metto lo smalto, Jess», rise di gusto. Scossi la testa e, finalmente, mi decisi a parlare.
«Stavolta me lo metti sulle unghie o continuerai a metterlo sulle cuticole?», la stuzzicai e scoppiai a ridere. Simona mi guardò torva e incrociò le braccia al petto.
«Almeno io so aggiustarti i capelli, pigra che non sei altro», si difese. «Che ore sono?», domandai e lei rise. «Le tre e undici, sis».
Spalancai gli occhi e mi alzai di fretta, spostando Simona e cominciando a sistemare - almeno - il letto. Al disastro che mi circondava, ci avrei pensato dopo.
«Ultimamente non abbiamo mai nulla da fare, siamo sempre e solo annoiate», mormorò mordicchiandosi le unghie smaltate di nero. Sistemai la piega del copriletto blu oltremare e la guardai negl'occhi.
«E' l'estate, tutto qui... L'attendiamo per quanto? Per circa nove mesi? Ma quando arriva, non vediamo l'ora che vada via», le spiegai. Simona sbuffò e si sistemò i lunghi e liscissimi capelli rossi che, con la salsedine, erano diventati un arancio caldo.
«Sai cosa ci vorrebbe? A noi due, intendo...».
«Mhm no. Cosa?», chiesi.
«Un bel e rilassante viaggio. Dovremmo andarcene via per un po' e conoscere gente nuova», suggerì. Io risi di gusto ed incatenai i miei occhi color miele ai suoi verde mare: avevamo sei anni di differenza, ma io trovavo in lei una sicurezza che nessuna coetanea riusciva a darmi. In più, eravamo entrambe Echelon, eravamo due sorelle; era il miglior legame che potesse unirci e farci sentire l'una indispensabile per l'altra.
«Ci stavo pensando prima, sai? Mi leggi nel pensiero», le sorrisi e poi raggiunsi la cucina. Simona mi seguì e con un salto si mise a sedere sulla penisola di marmo.
«Bene, andiamo. Tokyo, New York?», propose. Mi versai del succo d'ananas in un bicchiere di vetro e lo sorseggiai, pacata. 
«Aspetta!», esclamò, «Ricordi cosa ci siamo promesse quando ci conoscemmo? Lo definimmo il nostro sogno».
Scossi il capo e mi raccolsi i capelli morbidi color nocciola in una coda di cavallo poco elegante, poi cominciai a pensarci, ma non mi veniva in mente niente. Evidentemente non ero ancora del tutto sveglia.
«Ma come? Los Angeles! La città dei fottuti angeli, sis», strillò entusiasta e poi cominciò a canticchiare City of Angels saltellando per la cucina. Il nostro sogno.
Già, adesso cominciavo a ricordare: era l'estate del 2011 e novemila e più di noi Echelon eravamo in fila, l'uno appiccicato all'altro, fuori all'Ippodromo delle Capannelle a Roma. Per caso - o perché era destino che accadesse - conobbi una ragazza isterica dai lunghi, lunghissimi capelli rossi e gli occhi azzurro-verdi; parlammo per caso, per ammazzare l’attesa, ma finimmo per diventare migliori amiche e, stesso quel giorno, ci promettemmo che, prima o poi, avremmo raggiunto Los Angeles assieme. Gli anni erano passati indisturbati e la nostra amicizia era cresciuta a dismisura, ma adesso mancava solo il viaggio.
«Sai cosa? Los Angeles, arriviamo!», esclamai sorridente e l'abbracciai forte, stringendola a me.
«Ma aspetta, tu hai diciassette anni... I tuoi ti lasceranno venire con me?», domandai. Simona sbuffò. «Jess, tu ne hai ventitré di anni e i miei genitori ti amano così tanto da volere te come figlia». Scoppiai a ridere e poi finimmo col trascorrere il pomeriggio insieme, come ogni giorno; andammo al centro commerciale, scherzammo sui nostri trascorsi e fantasticammo su come sarebbe stato il nostro viaggio.
«Entriamo?», le domandai fuori all'agenzia di viaggio. Simona fece una smorfia e poi annuì. Entrai nel piccolo ma confortevole negozio, le cui pareti erano pittate di un azzurro chiaro, e mi sedetti su una delle due poltroncine dinanzi alla scrivania di vetro. Una ragazza bionda e di bella presenza alzò gli occhi scuri dal suo portatile e mi guardò. 
«Mi dica, signorina», mi sorrise appena. Sospirai e le sorrisi di rimando: si trattava solo di un viaggio, ma era il sogno che univa me, una mia sorella e i miei tre eroi; la città degli angeli era importante per me quanto lo era per Jared, Shannon e Tomo. Era una ragione in più che ci accomunava e il solo pensarci mi dava i brividi, mi gonfiava l'anima.
«Vorremmo andare a Los Angeles», guardai brevemente Simona che mi sorrise. Presto la mia vita sarebbe cambiata, lo sentivo. In bene o in male, non lo sapevo. Ma un cambiamento si celava dietro l'angolo, anzi, dall'altra parte del mondo... Bastava raggiungerlo e viverlo, viverlo senza rimpianti.






Due ore dopo, mi ritrovai seduta sul mio confortevole divano amaranto con il pc poggiato sulle gambe fasciate dai jeans scuri. Conoscevo Los Angeles come un bambino conosce la vita: malissimo. Per cui, digitai sul web Cosa visitare a Los Angeles e mi annotai tutti i luoghi, le vie e le città limitrofe nelle note del cellulare. Se dovevamo visitare quella città, dovevamo farlo come si deve. Ero felicissima di poter andarmene da quell'orrendo paese in cui vivevo, anche se per pochi giorni; le critiche dei miei genitori e il mio lavoro mediocre non facevano altro che tenermi prigioniera di un mondo che non mi apparteneva e che non sentivo mio. Avrei dovuto lasciare la Sicilia tempo addietro, quando conobbi le prime diffidenze di mia madre oppure quando, quel maledetto giorno di settembre, finii con l'inciampare nella vita di Marco; lui che, anche a distanza di due anni, riusciva ancora a tormentare qualsiasi mia storia d'amore e a distruggere in mille pezzi e più, la mia tanto ricercata forza di reagire ed andare avanti. Sospirai rumorosamente e, per poco, non piansi tutte le lacrime di cui ero disposta: lui era stata la parte peggiore della mia vita, il mio sbaglio più grande che, lo ripetevo ogni giorno, mai più avrei commesso. Un trillo mi avvertì di un nuovo messaggio da parte di Simona:

"Chiamalo segno divino, culo, coincidenza, ma il nuovo singolo dei Mars è City Of Angels! :D
Come dice sempre mia mamma: “capitiamo a fagiolo”. Anzi, in questo caso, io e te capitiamo a faciola hahaha."


Scoppiai a ridere rileggendo le sue parole mi affrettai a risponderle:

"Hahaha sis, questo è definitivamente un segno del cielo! I Mars sono dalla nostra parte ergo andrà tutto benissimo! X"

Chiusi il portatile ed afferrai un libro, che sarebbe stato l'unico rimedio per farmi prendere sonno e per addormentarmi come si deve. Ero fin troppo eccitata per quella mia, anzi nostra, scelta e non vedevo l’ora di potermi ritrovare a pochi passi dalla scritta Hollywood o a cantare a squarciagola Kings and Queens sul molo di Santa Monica.





HERE SHE COMES!
Ciao a tutti, vecchi e nuovi lettori che hanno letto fin qui :)
E' un immenso piacere rivedervi/conoscervi! *--------------*
Questa storia è un nuovissimo progetto nato grazie alla persona più bella, dolce e straordinaria che io abbia mai conosciuto: Jessica<3
Anche se ci conosciamo da pochi mesi, sento già d'averti stampata dentro. Sei stupenda ed ogni giorno che ti ho vicina, capisco quanto sia stata fortunata ad averti incontrata. Gnaaah! *stritola*
Chiedo venia se avete ritrovato una protagonista che si chiama Jessica, ma volevo che questa storia fosse veritiera e speciale. Non odiatemi cc *abbraccia tutti*
E allora, splendori, cosa ne pensate?
Spero d'avervi incuriosito e spero davvero vi piaccia u_u Ci tengo tanto, tantissimo!

Aspetto - con ansia - responsi, va bene? :3

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Capitolo 2
*** California, here we come ***




 
~ California, here we come




Quel giorno l'aeroporto di Palermo era gremita di gente: la maggior parte di essa sedeva su delle scomode sedioline in plastica rossa ed osservava, con sguardo distratto, i grandi tabelloni affissi al soffitto con gli orari delle partenze: New York, Buenos Aires, Roma, Parigi, Milano, Tokyo e poi, al penultimo posto, Los Angeles. Un sorriso si fermò sulle mie sottili labbra e, al di sotto dei miei occhiali da sole - che, anche se eravamo ricoverati dal sole, avevo deciso di tenere per vanità - cercai la mia compagna di viaggio, la mia ciuridda. Simona si era sguaiatamente addormentata qualche sedia distante da me ed aveva appoggiato la testa contro l'immensa vetrata color grigio fumo. Sorrisi tra me e me e mi avvicinai a lei lentamente.«Oddio, guarda, Shannon nudo!», strillai a pochi centimetri dalle sue orecchie. Simona spalancò gli occhi e balzò in piedi, tenendosi una mano sul petto. Poi, si girò a guardarmi ed io scoppiai a ridere fragorosamente, gettando indietro il capo. «Sei stronza, ok, lo sapevo. Non pensavo arrivassi a tanto...», si lamentò stizzita mentre si riavviava i capelli. Feci per difendermi, ma una voce meccanica aleggiò nel grigiore di quell'aeroporto ed annunciò il nostro volo: «E' in partenza il volo 6580 diretto a Los Angeles. I passeggeri sono pregati di raggiungere l'aereo il cui numero è citato sul biglietto. Ripeto: è in partenza il volo 6580 diretto a Los Angeles. I passeggeri sono pregati di raggiungere l'aereo il cui numero è citato sul biglietto».
Deglutii a vuoto e le mani cominciarono a sudarmi più del dovuto, come mi capitava raramente, e sentii il cuore battermi all'impazzata nel petto: stavo cominciando ad avere paura. Bisognava mantenere la calma, ma come avrei potuto pensando di essermi potuta schiantare? Così, durante la realizzazione di uno dei miei sogni? Inspirai e Simona mi afferrò saldamente la mano:«Tranquilla, andrà tutto bene. Andiamo o perderemo l'aereo!», mi incitò. Le sorrisi nuovamente e, afferrata la mia valigia blu elettrico, la seguii verso il gate.




Erano già trascorse due ore e il nostro aereo stava beatamente volando tra le più candide nuvole a centinaia di chilometri d'altitudine. Andava tutto bene, se solo smettevo di pensare che, da un momento all'altro, avrei potuto schiantarmi e dare origine ad un nuovo telefilm stile Lost. Per evitare di perdere il completo controllo, pensavo a quando sarei atterrata ed ascoltavo, seppure parecchio annoiata, le chiacchiere di Simona.
«Hai capito?», attirò la mia attenzione per l'ennesima volta. Sbadigliai sonoramente e lei sorrise.«Non hai ascoltato una vana parola, giusto?»
«Esattamente, sis», le strinsi una mano, ma lei sbuffò.
«Va bene, ti perdono. Ma solo perché... Los Angeles!», blaterò appena. Appoggiai la mia testa sulla sua spalla e sospirai. Trascorsero altre quattro ore in cui restammo in religioso silenzio perse ognuna tra i propri pensieri in cui il tempo sembrò volare e il momento tanto atteso arrivò in un battito di ciglia. 
«Signori, stiamo per atterrare al LAX di Los Angeles. Per motivi di sicurezza, si prega di tenere qualsiasi dispositivo elettronico ancora spento e si pregano i passeggeri di allacciare le cinture», ci avvertì la formosa hostess dai lineamenti asiatici. Una morsa mi afferrò la bocca dello stomaco: di lì a poco, avrei rischiato un attacco di panico. Simona mi vide spaventata e provvedè ad allacciarmi la cintura grigio topo in vita e poi mi strinse di nuovo la mano: solitamente ero io a darle sostegno, a stringerle la mano, ma in quella circostanza era lei la salvatrice. Chiusi gli occhi e quasi trattenni il fiato quando l'aereo atterrò malamente - almeno per me che ero spaventata - e strisciò per qualche metro lungo la pista, fino a fermarsi completamente.
«Benvenuti a Los Angeles e buona permanenza», annunciò il pilota attraverso le casse dell'aereo. Espirai ancora, esasperata e poi mi sganciai la cintura: ce l'avevo fatta ed ero sana e salva. Tutto era andato per il verso giusto...
«Oh Dio, ci siamo!», strillò Simona che subito si divincolò dal suo posto ed afferrò la sua valigia. «Jess, muoviti!», mi risvegliò da quel torpore. Scossi il capo e le sorrisi, afferrai anch'io la mia valigia ed inforcai i miei occhiali da sole. Finalmente ero giunta nella città degl'angeli e mi sentivo, dovevo ammetterlo, ad un centimetro dai miei idoli. Mi pareva di sentirli più vicini del solito, mi pareva di sentirli ridacchiare.




«Beh, quindi... Ci siamo...», mormorò incredula Simona con il naso rivolto all'insù persa a guardare quel cielo azzurrissimo e gl'altissimi edifici tutt'intorno. Spostai gli occhiali da sole sulla testa, tirando indietro anche i miei capelli - che al sole erano castano chiarissimo - e poi sorrisi orgogliosa: sembrava un miraggio, un sogno; avevo vissuto Los Angeles sempre attraverso i film e le fotografie, ma adesso era lì, tutt'intorno a me.
«E' bellissima», ammisi sincera e mi feci strada verso il nostro taxi.
«Ehi, adesso tocca a te darti una mossa!», scherzai. Simona alzò gli occhi al cielo.«Mamma, che brontolona. Andiamo, chissà come sarà l'albergo!», risi ancora e lei, finalmente, mi raggiunse. Era stata un'impresa il viaggio in aereo, ma vedere Los Angeles concretizzarsi dinanzi a me, aveva calmato tutte le mie paure. Ogni palma che si erigeva fiera lungo le strade, simboleggiava un mio sorriso e l'ennesimo pensiero rivolto a quei tre tortini - come adoravo chiamarli -.





 
HERE I AM, ONCE AGAIN
Eccoci con il nuovo capitolo! *-----*
Spero davvero che vi piaccia e che v'incuriosisca uwu
Cosa pensate di queste due ragazze?
 
E cosa pensate accadrà?:'D
Grazie per aver letto, siete parecchi **
Io oggi ho cominciato la scuola = ho smesso di vivere e scrivere c_c
Per cui, ci sentiamo... quando ricapita cc 
Love you, cutie pies!
<3<3<3

 

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