There's always hope.

di hobrienxx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazione. ***
Capitolo 2: *** Christian. ***
Capitolo 3: *** Violet. ***
Capitolo 4: *** Josh. ***
Capitolo 5: *** Kaya. ***
Capitolo 6: *** Effy. ***



Capitolo 1
*** Presentazione. ***


Grazie Kelly per avermi ispirato questa storia.
"Everybody’s got a dark side, do you love me? Can you love mine?
Nobody’s a picture perfect but we’re worth it
You know that we’re worth it. Will you love me?
Even with my dark side?"



 
 
There's always hope.
 
Sei ragazzi, sei scarti della società, sei emarginati, sei adolescenti che non possono fare nient'altro che scappare o rifugiarsi da qualche parte.
E se questo rifugio fosse un luogo dove stare bene? Dove ricominciare?
Tutti abbiamo un lato scuro, qualcosa che nessuno sa, che ci fa stare male, che ci fa isolare, e se questi sei ragazzi facessero amicizia? Se sui loro visi iniziasse a comparire qualche sorriso, qualche speranza?
Oppure nient'altro che desiderio di morire?
Forse il mondo non è così brutto come lo descrivono, forse è solo così ripugnante negli occhi di chi lo osserva, forse basterebbe una carezza per renderlo migliore.
I problemi vanno affrontati, lo sanno anche loro, ma se l'alternativa piu' facile è scappare perchè lottare da soli? Se invece si lottasse insieme sarebbe diverso?

Sei adolescenti: Un orfano, un ragazzo omosessuale, una vittima di bullismo, una bulimica, una senzatetto, una ragazza muta.
Potrebbe la loro vita migliorare?

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Capitolo 2
*** Christian. ***


"I chased your love around a figure 8
I need you more than I can take.."
- Ellie Goulding.
Logan lerman
 


Il mio fottuto nome è Christian.
Avere 18 anni, gli occhi verdi e i capelli castani è piuttosto normale, no?
Essere gay no, invece. E' la società che lo decide, ormai sono più i casi di ragazzi che decidono di suicidarsi che quelli che sopravvivono e se ne fregano dei maledetti commenti delle persone.
E io queste cose le ho vissute sulla mia pelle.
Due anni fa ho scoperto che le ragazze non mi attraevano, per sedici anni ho mentito a me stesso senza neppure saperlo, ero amato da tutti, ero uno dei piu' popolari ragazzi della scuola se non il piu' popolare, le ragazze mi desideravano, me ne sono fatto a migliaia senza provare mai nulla e non mi sono mai chiesto il motivo di questo, pensando che fosse normalissimo.
Le ragazze dicevano che ero il più bello, un modello, ma lo facevano solo perchè volevano passare una notte con me, ed era facile data la mia reputazione: all'età di 16 anni persi la verginità con una ragazza qualsiasi di cui nemmeno ricordo il nome.. mi pento ancora di quel giorno, di come ero.
Bevevo, fumavo e poi finivo col farmi qualcuna, e se era brutta non doveva nemmeno provare ad avvicinarsi a me. Oggi invece mi evitano anche loro.
Un giorno, sarebbe davvero bello ricordarselo precisamente, mentre partecipavo a una delle solite feste dove era di regola invitarmi, scoprì che non erano le ragazze che mi piacevano, ma i ragazzi, in particolare quella sera uno sconosciuto dagli occhi quasi neri, le labbra sottili e ben disegnate e i capelli mori. Il suo nome era Alex, eravamo entrambi ubriachi, io ero appena stato con una ragazza, lui era della California e dopo quella sera sarebbe partito.
Ero appena uscito dalla stanza quando lo incontrai, era bellissimo, ancora lo ricordo.
Capii che era bellissimo da come, quando mi apparse, il cuore iniziò a battermi forte, le guace presero letteralmente fuoco, lo stomaco sottosopra e non riuscivo a togliere gli occhi dal suo viso, dal suo corpo e giunsi alla conclusione che 'era bellissimo'. Alex mi sorrise e mi seguì a prendere una boccata d'aria dove mi raccontò chi era, da dove veniva e cosa ci faceva lì, trascinato da un amico perchè doveva vedere una ragazza. Da come disse la frase pensai che LUI doveva vederla, la scusa dell'amico era usatissima, poi capì dal modo in cui rise e ripetè la frase che intendeva dire che un suo amico doveva vederla, si perchè lui era gay.
Lo disse senza problemi, senza fare una piega, era così naturale per lui.
Cosa voleva davvero dire essere omosessuale?
Sì, tutti prima o poi tiravano fuori questo argomento ma io non avevo mai avuto tempo di fermarmi a pensare, i miei amici, o meglio dire quelli che si consederavano amici li insultavano ma io non avevo mai detto nulla, annuivo semplicemente facendo finta di ascoltarli pensando invece a quanto fossero ingiusti e stupidi e forse da qui dovevo iniziare a capire che non ero come loro.
Alex rideva, ogni tanto faceva un battuta e io sorridevo divertito, ma i miei occhi cadevano sulle sue labbra perfette continuamente e ad un certo punto lui se ne accorse.
Mi disse se stavo bene e se ci vedessi triplo per colpa dell'alcool, risposi di no, non ero mai stato meglio, ora l'unica cosa che volevo era avere le sue labbra sulle mie, provare qualcosa di nuovo, che forse avrebbe detto chi era Christian realmente. Lui mi fissò con aria felice ed esclamò che ero la miglior cosa che gli fosse capitata in quella noiosa festa, dopo l'alcool ovviamente. Io annuii, ero davvero tentato di baciarlo, ma se era findanzato? E probabilmente lo era data la sua bellezza e spontaneatà, tutti dovevano amarlo.
Ad un certo punto si sdraiò e mi invitò a copiarlo e chiese se ero stato con una ragazza, io mi limitai a muovere la testa per annuire tristemente.
- Qualcosa non va vero? -
- No, nulla - non potevo dirgli cosa provavo o sentivo, non lo sapevo nemmeno io con certezza.
- Non è vero si vede dai tuoi occhi e si poggiò su un fianco verso di me così da potermi fissare negli occhi -
Questo gesto mi fece impazzire, per la prima volta mi guardava intensamente come se avesse voluto dirmi qualcosa.
- Ma non sai nemmeno chi sono - borbottai socchiudendo gli occhi non riuscendo a resitergli.
- Tu dici? So molte cose solo osservandoti - e posò la sua mano sul mio petto, tastandolo. - Apperò, un vero modello - e rscoppiò in una rumorosa risata.
I miei anni di palestra valevano qualcosa alla fin fine.
Come poteva far un gesto del genere, tutti i ragazzi lo avrebbero picchiato in questo momento, lo avrebbero cacciato, insultato, non si sarebbe mai arrischiato, se non... no non è possibile... se non avesse capito qualcosa.. no, no.. non lo so nemmeno io se sono gay come fa a saperlo lui!
Non mi mossi, ma il mio cuore accellerò.
- Hai paura? - chiese confuso lui sentendo il mio battito.
- Forse. - dissi piano, confuso.
Lui si mise seduto, io lo seguii, mi guardò negli occhi un'ultima volta e mi baciò.
Sì, mi baciò.

Christian asciugati le lacrime, muoviti prima che qualcuno ti veda.
Smetti di pensare ad Alex, non tornerà.

Sei innamorato di uno sconosciuto, ti rendi conto dell'assurdità? Smettila.
Scesi dal bus, buttai il fazzoletto, e mi trascinai a scuola.
Il posto piu' odioso del mondo, dita puntate contro di me, risolini, commenti, offese. Succede tutti i giorni, tutte le ore, tutto l'anno, e mi butta sempre piu' giù.
Una volta tutti mi amavano, tanto tempo fa, poi qualcuno riferì di quel bacio, di quello che di proibito feci e il mondo iniziò a crollarmi addosso pezzo dopo pezzo.
A ogni angolo venire chiamato 'frocio' non è la cosa piu' bella del mondo.
Per strada, per scuola, in palestra, ovunque.
Essere gay è la mia condanna, Alex la mia salvezza, ma lui non c'è piu'.
Sospirai, arrivai al mio armadietto dove c'era impresso con l'indelebile 'FINOCCHIO' e fa male, sempre piu' male leggerlo perchè mi ricorda che tutti mi odiano.
Non vuole andare via, quel giorno in cui apparse lì piansi piu' del solito cercando di cancellarlo.
Sì, io piango spesso. Mi chiudo nella mia stanza e piango.
Niente musica, niente di niente. Non ho modi di sfogarmi o di star bene.
In banco sono da solo, sempre solo, nessuno mi vuole vicino, come se fossi un malato infettivo e i professori non dicono nulla, non lo hanno mai fatto e mai lo faranno, a loro va bene così tanto non è la loro vita, è la mia.
E fa schifo.

Sì, mi chiamo Christian, non ho un soprannome, nessuno mi chiama, non ho amici, non ho animali domestici, mia madre e mio padre non vogliono saperne di me, mi mantengono perchè sono obbligati, non ho nemmeno piu' voglia di aprire facebook perchè l'ultima volta la mia bacheca era piena di insulti, di foto di me e Alex che qualcuno si era divertito a scattare. Anche i piu' sfigati non mi vogliono come amico. NESSUNO.
Trascinai i miei piedi verso casa e sulla strada di ritorno che avevo deciso di fare a piedi per evitare insulti trovai un posto nuovo.
Era un bar, non c'era nessuno, in grande l'insegna con scritto 'Fearless' forse è per questo che era disabitato.
Chi mai poteva chiamare un bar 'senza paura'? Era strano..
Ma non c'era nessuno, niente offese, il mio posto forse...
Mi sedetti e osservai il posto, non era tanto brutto, qualche fiore qua e là, ma comuqnue doveva essere messo apposto perchè non era tanto allegro e non invogliava le persone a venirci.

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Capitolo 3
*** Violet. ***


 
"Seems the only one who doesn't see your beauty,
You walk around here thinking you're not pretty."
- Taylor Swift.
(6) shenae grimes | Tumblr
 
- So don't you worry your pretty little mind people throw rocks at things that shine and life makes love look hard -
Le note di una delle mie canzoni preferite mi accompagnavano anche oggi, come ormai facevano da due anni.
Mi chiamo Violet, ho gli occhi marroni e i capelli di una tonalità più chiara che ricadono disordinati poco piu' sotto alle spalle, gli occhi castani e odio il mio corpo, o meglio me lo hanno fatto odiare.
Tempo fa ero davvero felice, può sembrare strano raccontarlo ora che non c'è più nessuno, ma quando avevo sedici anni ero piena di amici, una migliore amica che avrebbe fatto di tutto per me e persino un ragazzo che mi amava, o meglio mi aveva amata.
L'unico motivo per cui vado a scuola, per il qualche mi sveglio la mattina è lei, Taylor Swift. Non lo saprà ma è il mio sorriso, mi da la forza di andare avanti in questa schifo di società, l'amore per lei forse è nato perchè è l'unica persona che mi trasmette emozioni.
Sono bulimica e lo devo ai miei vecchi amici.
Successe un estate di due anni fa, mi sentivo in pace con me stessa, camminavo per i corridoi contenta, non potevo dire di esser la piu' popolare ma mi sentivo bene con chi frequentavo, avevo un ragazzo che mi rendeva la persona piu' bella di questo mondo, con tutte le mie insicurezze tra le sue braccia mi sentivo al sicuro, anche se le persone mi davano della cessa non importava perchè c'era lui.
Lui, che dopo due settimane mi tradì.
Piansi, ore interminabili di lacrime versate in un bagno, singhiozzi, momenti di pazzia in cui cominciai a strappare le foto che ci avevano scattato quando eravamo insieme.
Insieme, una di quelle parole che nella mia vita non esiste piu'.
Quando tutti scoprirono che mi aveva tradita iniziarono a coalizzarsi contro di me, senza motivo, io non avevo fatto nulla, anzi io ero quella ferita, ma non importava a nessuno perchè loro sapevano che senza di LUI potevo essere presa di mira senza problemi, che non sapevo difendermi, così gli insulti diventarono all'ordine del giorno, la prola GRASSA divenne la mia migliore amica.
Si, grassa, io non mi ero mai sentita così ma a furia di sentirmelo dire cominciai a crederci, inizai a pesarmi di continuo, a vedermi grassa, cicciona, e cominciai a odiare il mio corpo, così tanto da iniziare a non mangiare piu'.
Le diete non mi facevano cambiare aspetto, così per un paio di giorni non mangiai nulla ma stavo male, il mio stomaco non reggeva, ero sempre piegata in due per la fame così scelsi un'altra soluzione, la bulimia, quella malattia alimentare e psicologica che consiste nel mangiare grandi quantità di cibo e di vomitarle subito dopo. Io però non ero solita ad ingozzarmi, così quando mi sentivo grassa allo specchio mi mettevo due dita in gola e vomitavo.
Forse non sono nemmeno bulimica, forse solo pazza.
All'inizio non fu facile ma poi ci feci l'abitudine.

Entrai nella scuola, a testa passa, posai i miei libri per terra e cambiai canzone quando qualcuno mi urtò. Non mi mossi, continuai a fissare per terra pronta per ogni tipo di insulto ma questo ragazzo mi guardò e sorrise semplicemente. Nessuno lo aveva mai fatto, io ero quella brutta e grassa.
Confusa da quella azione mi alzai e ascoltai che traccia era partita, era 'you should've said no', la canzone che più mi faceva pensare al ragazzo che mi aveva tradita, quello che mi ha fatto capire che io non sono ABBASTANZA e non lo sarò mai. Perchè se lo fossi stata lui non l'avrebbe fatto.
Ho paura dei giudizi delle persone, sono sempre pronte a dire una cosa brutta su di me, ho timore che nasca qualche nuovo mio difetto così non parlo, sto zitta, non guardo mai negli occhi.
Mia madre ha rinunciato ad aiutarmi, odio il mio corpo, la mia pancia, i miei fianchi, è tutto grasso, ho smesso di fare sport, di tenermi in allenamento, da due anni non indosso nessun tipo di costume, non mi cambio a scuola, evito ogni modo in cui qualcuno potrebbe attacarmi, senza risultato però.
Ecco la mia vita.

'Violet fuori, interrogata' tutti erano gli occhi puntati su di me, odiavo quei momenti.
'N-non so niente' dissi fissando il banco, oggi non era proprio giornata.
'Prima o poi avrei dovuto interrogarti, lo sapevi'
'Non può farlo alla cattedra?' bisbigliai.
'No mi spiace' inizai a sentire risolini sotto fondo, cominciai a tremare per la paura, una cosa che mi succede raramente quando non so davvero come comportarmi, attacchi di panico.
Non riuscì a dire molto alla professoressa perchè non ne avevo il coraggio, sapevo benissimo che avrebbero iniziato a deridermi se avessi detto una cosa sbagliata.
Appena suonò la campanella mi lancai fuori, quasi con le lacrime agli occhi.
Corsi in bagno e vomitai dal nervoso. Perchè dovevano farlo? Perchè proprio a me?
Mi sedetti a terra e pensai che forse non sarei mai piu' stata in pace con me stessa.
Violet, ce la farai, ce l'hai sempre fatta, ci'è Taylor con te.
Violet, riprenditi ed esci, è la cosa migliore da fare.

Seguii questo mio ultimo pensiero e decisi di andare a casa a piedi.
Ascoltavo le note del mio ipod, cercando di non pensare quando ad un tratto intravidi in lontanza quel ragazzo che si era scontrato con me in mattinata, aveva lo stesso sorriso mozzafiato.
Si era appena seduto ad un bar, c'era un altro ragazzo lì, dai capelli castani che si trovava a qualche centimentro di distanza ma non si erano neppure guardati, il silenzio regnava. Feci un passo verso di loro ma subito mi guardai la pancia.
Chi vuole un'amica grassa? Nessuno.
Chi vuole un'amica insicura? Nessuno.
Chi vuole un'amica incapace di parlare per paura di essere giudicata? Nessuno.

Combattuta tra il tornare indietro e andare da loro decisi all'ultimo momento di affidare questa decisione a una monetina.
Testa vado, croce torno a casa. La lanciai in alto e la feci ricadere.
TESTA.
Sorrisi tra me e me e a piccoli e insicuri passi andai verso quei visi sconosciuti.
Il ragazzo biondo si voltò sentendo dei passi e mi sorrise di nuovo.
'Ciao' disse.
'Sono Violet' risposi timidamente e piano senza stare a riflettere.
'Io Josh'. e sorrise per l'ennesima volta.
 

Angolo autrice.
Ho voluto dare ai miei personaggi dei visi famosi perchè mi piace molto di più in questo modo.
Violet, dato che non si capisce tanto, corrisponde alla bellissima Shenae Grimes.
Accetto ogni tipo di critica e consigli.
Un bacione, Holls.

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Capitolo 4
*** Josh. ***


"We come into this world unknown
but know that we are not alone"
- Kelly Clarkson.

jamie bower | via Tumblr






















La ragazza che avevo urtato all'inizio delle lezioni nei corridoni mi stava fissando negli occhi, incerta se avvicinarsi o no. La salutai allegramente, sorridendo ancora una volta.
'Sono Violet' disse lei timidamente. 'Io Josh'
Mi girai verso il bancone e vidi attraverso lo specchio del bar che lei sobbalzò piano, cercando di non farlo notare.
Sarà per via di quel tatuaggio?
Dovrei nasconderlo quando esco..
Ora anche lei scapperà come tutti, non so se questo segno è una condanna o un ricordo costante di chi mi è stato portato via.
Josh, Josh e basta. Che sensazione si ha nell'avere un cognome?
Lo avevo ne ero certo, tutti lo hanno, ma non lo ricordavo più da tempo.
Ero troppo piccolo, solo cinque anni, quando rimasi orfano in un incidente d'auto dove entrambi i miei genitori persero la vita, troppo innocente per meritarmi una cosa del genere, non scrivendo il mio cognome da anni nè ripetendolo a voce alta o nella mia mente e piano piano me lo sono dimenticato. E' triste dirlo, ma è la pura verità.
E' brutto dire anche Josh e basta ma ormai mi sono abituato così e sto molto meglio da quando non ricordo la mia vecchia vita.
Quella era composta da spostamenti da una famiglia affidataria ad un'altra, da fughe da quelle persone che non erano LA MIA FAMIGLIA, da quelle che non ERANO I MIEI GENITORI. Scappai numerose volte e altrettante fui ritrovato e riaffidato, fino quando all'età di 12 anni gli Anderson non ne vollero più sapere di me ero solo un problema, andava bene per loro far finta che fossi in casa mentre ero ingiro per strada.
Vivevo male in quella famiglia, loro continuavano a sorridermi, io non volevo quei sorrisi, erano finti, non volevo le loro attenzioni, non volevo le prese ingiro all'interno di quelle scuole private, non volevo andare ingiro vestito tutto tirato e lucido, volevo solo tornare indietro. Impossibile.
Un giorno pianificai tutto: legai una corda a letto calcolando che la mia finestra era solo al secondo piano e che quindi avrei rischiato poco o niente, mi calai giù evitando ogni tipo di rumore e ci riuscii. Mi girai un'ultima volta, fissai l'enorme casa da ricconi, non versai una lacrima, non dissi una parola, semplicemente iniziai a correre via, lontano il piu' possibile. Nessuno mi venne a cercare.
Vissi per diversi mesi da solo, al freddo con una semplice coperta che non copriva poi così tanto, qualche pagnotta e riserva di cibo, acqua, un cambio di abiti e i soldi che ero riusciuto a mettere via.
Ma quando hai 12 anni non riesci a vivere da solo per molto tempo.
Ad un angolo di una strada mal ridotta trovai per caso un gruppo di ragazzi, chi piu' piccolo chi piu' grande, ma con una cosa in comune: l'essere orfani.
Erano gli orfani della città, scappati anche loro, abbandonati, a nessuno importava di loro, vivevano tutti insieme per strada come una piccola famiglia o meglio gang, si perchè ciò che facevano era rubare per sopravvivere.
Ero il più piccolo, mi adattai in fretta, mi accolsero a braccia aperte anche se ero una nuova bocca da sfamare ma penso che tra persone che soffrono per lo stesso motivo si farebbe questo e altro. Ero il fratellino minore ma anche l'incapace di turno, che non sapeva guadagnarsi nulla, che poteva fare solo una misera e insignificante guardia, cosa che capii piu' avanti non era del tutto irrilevante ma a quel tempo mi sentivo in continuazione messo da parte, escluso e trascurato. Volevo far parte della mia comunità, rubare con loro anche se non era una bella cosa. Ma come potevamo sopravvivere altrimenti? Non ci volevano far lavorare, spesso i colloqui finivano alla domanda 'il suo cognome mi scusi?' o 'dove abita?' nessuna delle due aveva una risposta accettabile e verificabile.
Rubare per vivere, dividere il cibo per sopravvivere. Non c'era spazio per amare e per divertirsi, il tempo non andava sprecato, mai, era una lotta la nostra, per portare qualcosa a casa.
Come legame avevamo un tatuaggio, un'aquila, la mia si trovava dietro al collo, non so perchè questo simbolo me lo sono sempre chiesto, ma lo avevamo tutti.
Col passare del tempo la gente iniziava ad aver paura di chiunque lo avesse e a starci lontano piu' di quanto già lo facesse perchè i furti si erano trasformati in rapine, molto spesso a mano armata, gli orfani erano diventati criminali, carcerati e cominciarono a sparire dalla città anche se vennero sostituiti da molti altri facendo crescere il pericolo di essere scoperti.
Proprio in questo modo mi furono portate vie le due persone piu' importanti di questa mia nuova vita. I loro nomi erano Lucas e Sam. Vivere da emarginati mi era stato insegnato da loro, li incontravo solo la sera quando mangiavamo e dormivamo tutti nello stesso posto ma in quel tempo mi tenevano compagnia e mi facevano sentire all'inzio un vero bambino, poi un'adolescente e poi piu' nulla. Quando feci 16 anni furono arrestati.
Quando la prima volta comparì mi diedero la LORO razione di cibo perchè non sapevo funzionava e continuarono a farlo fino a quando riuscì a capire come rubare senza farmi vedere. Erano e saranno sempre la miglior cosa che mi sia capitata da orfano.
Il loro ricordo quasi mi fa piangere tutt'ora.
Lucas, il piu' vecchio di tutti, con i suoi capelli tendenti all'arancione e gli occhi azzurri limpidi, era il capo, lui decideva tutto, Sam invece era il vice, nonchè il piu' agile di noi, dai capelli abbastanza lunghi castani e gli occhi dello stesso colore, così veloce e furbo che nessuno lo avrebbe mai visto. Almeno questo pensava chi lo conosceva.
La certezza che non era davvero così ma che era semplicemente una nostra illusione avvenne quando furono arrestati per furto, Sam era stato bloccato da un poliziotto e Lucas beccato sul fatto mentre infilava dei semplici e banali biscotti per noi nella giacca, aveva detto che ci avrebbe fatto un regalo e finì con lo scomparire per sempre. Ancora oggi mi chiedo se sospettavano già di loro perchè tutto era troppo organizzato nella perfezione.
Piansi tanto quando me lo raccontarono. Sì, può sembrare stupido piangere a sedici anni ma loro erano tutto per me.
La mia rabbia si accumulava giorno dopo giorno, non rispondevo male agli altri orfani, non mi comportavo in nessun altro modo, ma se qualcosa mi faceva alterare, sì, era la fine. Me ne accorsi quando, poco tempo dopo dall'arresto dei nostri amici, un ragazzino piu' piccolo di me si mise a urlare che quello che aveva in mano un altro era il SUO CIBO, cosa non affatto vera perchè tutti avevamo visto che aveva appena finito la sua razione quotidiana, ma non gli importava doveva avere ragione lui e a me questo non andava per niente bene.
Mi alzai e gli dissi arrabbiato che non era giusto, e lui ripose che io non ero nessuno per dirlo, che tanto non avevamo piu' un capo e quindi poteva far giustamente cosa desiderava. Gli sferrai un pugno. Cadde a terra con un tonfo che fu seguito da un lungo e interminabile silenzio.
Sam e Lucas mi avevano sempre insegnato ad essere onesto e a non mentire, e questo moccioso non aveva appreso questa lezione forse così avrebbe imparato, pensai. Da quel momento nessuno mi venne piu' contro, la potenza con cui gliela diedi gli riportò danni permanenti sul viso e tutti iniziarono a temermi.
Diventai il piu' vecchio, presi il posto di Lucas e cominciaia ad andare a scuola.
Come? Un'assistente sociale, il suo nome era Lydia, scoprì che rubavo per vvere e decise di fare un patto con me o mi avrebbe denunciato. Era giovane, forse aveva il compito di trovare gli orfani che derubavano la città e riportarli nelle famiglie affidatarie, ma io riuscii ad arrivare a un compromesso: niente famiglia ma sarei andato a scuola, e tutto sommato, non era poi così male soprattutto perchè tutti mi evitavano, non rischiavo di prendere qualcuno a pugni.
Il non avere amici in quel contesto sociale pesava ma ben presto mi abituai alla solitudine anche perchè la sera mi aspettava la mia famiglia. Molto spesso lasciavo loro dei libri di scuola così che avrebbero potuto imparare qualcosa.
Chiunque ripeta che andare a scuola è stupido e noioso si sbaglia perchè c'è chi non ne ha la possibilità e non può imparare praticamente nulla.. Quando portavo loro qualche libro insegnavo loro a leggere e si dimenticavano delle proprie vite per un momento.
'Posso sedermi qui?' una voce mi riportò alla realtà, era Violet.
Era rimasta, forse non aveva così tanta paura, anche perchè le avevo sorriso e quando lo facevo non trasmettevo terrore.
'Certo' e le feci spazio notando solo ora che affianco a me si trovava un ragazzo con un'aria triste.
'Scusami per prima' e le risorrisi così non se ne sarebbe andata.
'Grazie di non avermi insultata' disse lei con lo stesso tono timido di prima
'Chi ti insulta? E... scusami perchè mai?' la guardai confuso.
'Tutti' e abbassò la testa ma non fece in tempo a spiegarmi il motivo perchè sentimmo delle voci e vedemmo qualcosa di insolito.
Un gruppo di ragazzi stava prendendo a calci un loro coetaneo che emetteva gemiti e pianti, gli stavano facendo parecchio male.

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Capitolo 5
*** Kaya. ***


"E continui a domandarti quale senso possa avere il tuo dolore.
Risposte troverai, prima o poi, in fondo all'amore che ti renderà più forte.
E sarà una buona amica anche la solitudine."

- Francesca Michielin.
 
Holland. | via Facebook

Hope è il nome che hanno scelto i miei genitori, significa speranza, la mia unica speranza è di poter parlare, preferisco proprio per questo essere chiamata con il mio secondo nome Kaya.
Nascere sorda muta no, eh? Grazie tante!
Non avrei sentito le persone chiaccherare.. e invece no, le sento e non posso rispondere loro..
Mi guardano negli occhi e mi isolano, potrei essere simpatica se avessi il dono della parola no? E non posso nemmeno andare in una di quelle scuole private dove sei con qualcuno simile a te perchè costa troppo.
Così mi tocca frequentare la scuola di tutti, fare il doppio delle loro verifiche perchè non posso fare le interrogazioni e sono costretta a subire i commenti ingiusti delle persone. Quaunte volte avrei voluto urlare loro: SONO NATA COSI' NON HO VOLUTO ESSERLO.
Ma tanto non avrebbero capito anche in quel caso che non avevo desiderato essere muta ma era solo successo.
I ragazzi mi guardano, sorridono, mi fanno tanti complimenti poi quando notano che non rispondo mi fissano negli occhi, mi chiedono se sto bene e io non posso fare altro che dire loro con il liguaggio dei gesti che sono muta e loro non sapendo come comportarsi scappano via.
Non ho amici perchè è troppo complicato comunicare con loro, dovrei portarmi una lavagnetta ingiro e scrivere cosa penso e poi mostrarlgliela.. ma non mi sembra molto opportuno..
Sarebbe bello provar a dire qualche parola.. ma ho le corde vocali bloccate..
Sarebbe bello avere degi amici.
Sarebbe bello essere normali.
Sarebbe bello sentirsi apprezzati.. ma potrà mai succedere?

Non penso, meglio farsene una ragione ora piuttosto che starci male e illudersi..

Uscì dall'auto salutando mio padre, era il mio primo giorno nella nuova scuola, avevo deciso di cambiarla perchè non mi sentivo più mio agio in quella vecchia, speravo di incontrare qualcuno che mi avrebbe accettata.
Indossavo una maglia larga azzurra e sopra una gonna bianca a vita alta, un paio di ballerine e delle calze color carne, appena scesi vidi tutti voltarsi verso di me. Presi una ciocca di capelli tendendi all'arancione la misi dietro all'orecchio.
Avevo gli occhi di tutti puntati addosso, feci un passo avanti deciso, e poi un altro e senti borbottare le persone, si chiedevano tutti chi fossi, sentì un gruppo di ragazzi dire che quest'anno ci sarebbe stata una nuova reginetta del ballo scolastico e notai che quella che probabilmente era la più bella ragazza della scuola inizò a squadrarmi dalla testa ai piedi facendo infine una smorfia.
Avanzai cercando di guardare di fronte a me, salii le scale, entrai nella nuova scuola ma non cambiò nulla, passando tra i corridoi i ragazzi fischiavano.. Stessa storia di sempre.
Bella e muta. Una condanna. La mia condanna.
Aprì l'armadietto che mi avevano assegnato, ci misi dentro i libri e le penne senza accorgermi che un ragazzo mi stava fissando da lontano. Quando lo notai sorrisi timidamente.
Si avvicinò piano e mi disse un semplice 'Ciao'.
Risposi con uno dei miei migliori sorrisi e mossi la mano per ricambiare il saluto.
'Sei.. nuova?' Io annuii con la testa sempre con le labbra piegate in un sorriso.
'Piacere Jason' continuò lui.
Aveva i capelli neri, corti, un pò come li portavano tutti in questo periodo, delle labbra carnose perfette, dei comunissimi occhi marroni che sopra di lui erano unici nel loro genere, aveva un corpo scolpito ed era alto piu' o meno come me.. era davvero un bel ragazzo.
Indicai il mio nome sopra a uno dei miei tanti quaderni - Kaya -
'Che bel nome' poi guardò l'orologio 'Scusa ho lezione, ti va di pranzare con me? io annuii e lui scomparì.
Le persone sono strane, ti invitano a pranzare non sapendo nemmeno chi tu sia. Ma a scuola andava così quando qualcuno voleva conoscerti..
Non poteva sapere se aveva proposto a una maniaca, a una pazza omicida di mangiare, ma a quanto pare non gli interessava e a me andava piu' che bene, avevo bisogno di qualcuno, di chiunque.
Le lezioni iniziarono come nell'altra scuola, l'insegnate mi presentò e sottolineò il fatto che ero muta e seguirono un sacco di oooh e di versi simili, di stupore e un 'tutta quella bellezza sprecata', a quella frase feci una smorfia e mi sedetti in un banco vuoto affianco alla finestra.
Per tutto il tempo non sentii altro che commenti sul fatto che una ragazza così sexy non poteva essere muta.
Non era cambiato nulla..
Decisi di uscire dall'aula con la scusa di andare in bagno, iniziai a camminare verso una meta indefinita, tra i corridoi, fin quando non vidi Jason... sì, era proprio Jason, con la schiena contro gli armadietti.
Decisi di sedermi affianco a lui senza pensarci troppo.
'Va tutto bene?' domandò confuso vedendomi lì, affianco a lui.
Niente amici, niente di niente, ancora una volta.
Perchè dovevo nascere? Potevo non nascere? Non mi avrebbe evitato nessuno.
- Non avrei voluto, scusami. - rispondono tutti. Non avrebbero voluto abbandonarmi ma lo facevano di continuo, nessuno sapeva affrontare il mio problema ed io ero sempre più sola.
I pianti sempre piu' frequenti, la voglia di andare a scuola iniziava sempre di più ad abbandonarmi perchè nessuno era in grado di accettarmi.
Risposi al ragazzo di no con la testa.
'Nemmeno io me la passo tanto bene' gli presi la mano e gliela strinsi, dopo qualche secondo lui sussurò un 'Grazie' soffocanto e aggiunge 'Passerà vero?'
Sorrisi e annuii.
'Tu hai il vizio di non parlare, come mai?' chiese fissandomi negli occhi che tanto mi somigliavano.
Gli dissi che non sapevo parlare, con i gesti e lui rispose allo stesso modo che conosceva quel linguaggio.
Il mio sorriso in quel momento era indescrivibile.
Lui era il primo che non farfugliava qualcosa senza senso, mi aveva semplicemente risposto nello stesso identico modo. Guardò l'orologio e sbuffando disse 'Ora devo andare, ci vediamo dopo!' si alzò e si diresse verso la sua classe.

Lo aspettai al tavolo, in mensa, ma non si fece vivo.
Era frutto della mia fantasia? Volevo così tanto un amico che me lo ero solo immaginato?
L'immaginazione poteva essere davvero molto potente mi avevano insegnato a scuola.
Continuai le lezioni, pensando a Jason, era troppo perfetto per essere vero dovevo capirlo fin da subito.
Suonò la campana, ultima ora, uscì fuori di corsa e decisi di camminare a caso per le strade quando vidi un ragazzo che veniva picchiato. Mi fermai.
Lo conoscevo: era Jason.
Incredula, arrabbiata, stupita iniziai a correre verso di lui e verso quei ragazzi che violentemente gli stavano facendo del male.
 
Angolo autrice.
Scusate per questo capitolo un pò strano ma non sono riuscita a fare di meglio..
Spero di riprendermi col prossimo.
Un bacio.

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Capitolo 6
*** Effy. ***


But lately her face seems slowly sinking, wasting
cumbling like pastries
.
And they scream the worst things in life come free to us
cos we’re just under the upperhand
.

- Ed Sheeran.
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Due occhi scavati dal freddo, una volta dovevano essere di un azzurro così lipido che potevi specchiarti in essi, profondi così tanto che soltando guardandoli potevi innamorarti di lei.
Lunghi capelli spettinati di color biondo cenere, tanto tempo fa dovevano essere di qualche tonalità vicino all'oro.
Un viso pallido, un corpo troppo magro per sopravvivere in quel mondo.
La gente mi descriveva così, il mio nome è Elizabeth, ho 20 anni e sono una senzatetto.
Odio chi ci definisce dei barboni, è un dispregiativo, molti di noi non hanno scelto questa vita ci sono solo capitati, come me per esempio.
Le strade sono la mia casa, i marciapiedi i miei amici, la mia coperta la mia unica e vera famiglia.
Sono convita che in passato anche io abbia avuto una comune famiglia formata da dei genitori affettuosi e qualche fratello o sorella ma non riesco a ricordarlo.
Ho solo delle immagini nella testa, a volte compaiono nei miei sogni o quando sono in difficoltà ma nulla di concreto e fa male, sempre di più, sapere che non ho un passato.
Non so nemmeno perchè non ho più una casa, sono tre anni che vivo chiedendo l'elemosina per le strade della città e ormai non riesco più nemmeno a sopravvivere.
Vorrei essere una normale adolescente, innamorata, piena di sogni, di amici, di speranze invece non ho niente.
Anche la mia coperta mi sta abbandonando, ha buchi ovunque e non mi scalda più.
Non durerò ancora molto su questo pianeta, morirò di freddo durante la prima nevicata o con un violento temporale.
Non posso nemmeno permettermi di ammalarmi, non avrei i soldi per permettermi le medicine.
Molto spesso mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi questa punizione, non so mai se il giorno dopo sarò viva o se qualcuno troverà il mio corpo abbandonato su una panchina di un parco pubblico.

Tirai un calcio a un sassolino che per caso si era ritrovato sul mio cammino, mi sedetti davanti a una chiesa aspettando che la messa finisse per chiedere l'elemosina, facevo così pena che tanti si fermavano e mi regalavano qualche monetina. Anche questa volta successe.
Uscirono così tante persone, bambini, anziani, donne affascinanti e uomini ben vestiti.
Facevo pena alla maggior parte di loro ma non erano dispiaciuti, avevano la propria vita, a nessuno importava di me e io non mi interessavo a loro, volevo solo vivere un giorno in più.
Quella mattina un bambino, doveva aver avuto 4 o 5 anni, si avvicinò a me e mi sorrise.
Ricambiai, i più piccoli non erano come i genitori, si chiedevano perchè una ragazza giovane come me dovesse essere così sporca, abbandonata.
Il bimbo venne raggiunto subito dalla madre e lui le disse 'mamma, perchè ha tutti i vestiti bucati?'
In effetti aveva ragione i miei jeans erano un buco unico, mi ero ripromessa che li avrei aggiustati appena ne avessi avuto un paio nuovo per dargli il cambio, ma non ci ero ancora riuscita.
La maglia che indossavo oggi a maniche corte era così rovinata che non si riusciva più nemmeno a distinguere il colore del tessuto.
La madre prese per mano il figlio e lo portò i più lontano possibile. Gli auguro una vita piena di belle cose.

'Luke sbrigati' urlai nascosta nell'armadio.
Amavo giocare con lui a nascondino, non riusciva mai a trovarmi.
'Dove ti sei nascosta sta volta, Beth' borbottò lui divertito.
'Dai, cercami' risposi io ridendo.
Aprì l'armadio e mi trovò accovacciata lì dentro 'Eccoti finalmente' e scoppiammo a ridere.
Mi strinse forte, lo faceva tutti i giorni, come se sapesse che mi sarebbe successo qualcosa.
'Andiamo in camera?' mi chiese e io annuii.
'Solo se mi prendi sulle spalle però'
'Vieni, cucciola' e mi portò in camera nostra.
'Ti voglio bene, ricordatelo sempre, okay?' disse ad un certo punto.
'Certo, non potrò mai dimenticarlo. Ti amo fratellone'
Mi svegliai con il volto ricoperto da lacrime.
Mi ero addormentata sul prato di un parchetto, era notte fonda.
Questo era uno dei sogni più ricorrenti che mi confermava che io avevo avuto davvero una famiglia.
In particolare un fratello, che mi voleva bene e che ora non c'era più.
Sognavo Luke da anni ormai e il suo ricordo faceva sempre più male, mi mancava nonostante non sapessi molto di lui. Ma era il mio fratellone e forse l'unico che ci teneva, che si preoccupava per me.
Vorrei tanto sapere dove sia ora, se a me ci pensa ancora.
Mi voltai dall'altra parte e cercai di riaddormentarmi.

'Te ne devi andare Beth, vattene da qui' mi alzai dalla panchina e capii chi mi stava ordinando di cambiare posto.
'Sam, quante volte ti ho detto che sono Effy. Niente Beth, niente Elizabeth, Effy e basta. FICCATELO IN TESTA' risposi arrabbiata. Solo Luke poteva chiamarmi così e lui non lo era.
'Bene, Effy per favore vattene da qui, lo sai che ci stiamo noi' continuò più tranquillamente, sapevo che era una brava persona ma anche lui aveva i suoi problemi e ormai erano anni che mi ripeteva che non potevo stare in quel parco.
'Scusa, ora me ne vado' gli sorrisi, piegai la mia coperta e la infilai nel mio zaino.
'Aspetta' mi fermò 'Stai bene?' domandò confuso.
Un attimo prima mi gridava di andarmene e quello dopo mi chiedeva come stavo. Non era tanto apposto.
'Lascia perdere, salutami il capo e dirgli che accetto la felpa solo perchè voglio continuare a vivere, so che rubate per vivere e non voglio che vi scoprino per colpa mia'
'Lui ti vuole bene, non gli interessa se verrà arrestato a causa tua' rispose Sam.
'Tu riferisci e basta, ci si vede ingiro' borbottai.

Mi strofinai gli occhi e decisi di smetterla di dormire.
Era mattina e non ero in grado di sopportare altri ricordi.
Non bastava aver sognato mio fratello, no, il mio subconscio doveva farmi tornare alla memoria che erano stati arrestati e non c'erano più per me. Grazie tante, eh!
Chiamavo l'amico di Sam il capo perchè il suo nome mi ricordava troppo mio fratello, evitavo di pronunciarlo per non star male, ma per la cronaca si chiamava Lucas. Mi aveva conosciuto quando avevo 16 anni, quando erano le prime volte che elemosinavo.
Io ero seduta su un marciapiede a caso, dovevo ancora capire il meccanismo, lui era pensieroso e camminava con le mani in tasca, mi passò davanti senza accorgersene ma dopo qualche minuti tornò indietro.
Mi fissò attentamente e mi chiese se ero un'orfana perchè non mi aveva mai visto ingiro.
Risposi di no, io una famiglia l'avevo avuta, sicuramente. Aggiunsi che ero semplicemente una senzatetto.
Lui mi domandò se avessi fame e mi regalò un pezzo di pane caldo. Sorrisi e lo ringraziai.
Lo incontrai numerose volte, la città infondo era piuttosto piccola.
Mi raccontò chi era e mi aiutò davvero tante volte poi l'anno dopo fu arrestato con Sam.
Erano diventati come degli amici per me ma a quanto pare non potevano rimanere tali.
Mi cambiai la maglia, ne indossai una che rispetto alle altre poteva definirsi "nuova", dovevo fare bella figura.
Mi diressi verso una fontanella, mi lavai la faccia con cura e cercai di dare un senso ai capelli.
Nei mesi precedenti avevo preso una decisione, mi sarei prostituita, tante ragazze lo faceva per sopravvivere ma io non me la ero mai sentita, non volevo vendere il mio corpo ma non riuscivo più a mangiare.
Dovevo farlo, era deciso.
Era presto, tutti erano a casa mentre io ero su una delle strade più malfamate della città.
Si affiancò un'auto e abbassò il finestrino 'Quanto vuoi?' mi chiese.


Angolo autrice.
Mio dio, non aggiorno da un anno circa, ma ho avuto un blocco.
Volevo dire grazie alla tanto criticata Miley, lo devo la lei e alla sua wrecking ball questo nuovo capitolo.
Effy conosce qualche personaggio già citato nella vita di Josh, dovevo farlo perchè hanno delle storie molto simili e lei non finisce nel bar dove si incontrano gli altri, no, la sua storia per ora si conclude davanti all'auto.
Grazie a tutte le recensioni, wow siamo tipo a 45, sono felicissima.
Aww, grazie a @lovesheridol per il prestavolto **
Un bacione, ile :3

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