Giornate vellutate

di HazyDays
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** a ***
Capitolo 2: *** b ***
Capitolo 3: *** c ***
Capitolo 4: *** d ***
Capitolo 5: *** e ***
Capitolo 6: *** f ***
Capitolo 8: *** g ***
Capitolo 9: *** h ***
Capitolo 10: *** i ***
Capitolo 11: *** k ***
Capitolo 11: *** j ***
Capitolo 12: *** l ***
Capitolo 13: *** m ***
Capitolo 14: *** n ***



Capitolo 1
*** a ***


Erano i primi di gennaio. Il clima era ancora natalizio, fuori nevicava, in casa si stava al caldo tra le lucine colorate e i vari addobbi sbrillucicosi, e il sonno delle 21. La televisione di sottofondo, il fratello giocava con la playstation in cameretta, il padre lavorava sul computer, la mamma preparava i ravioli con la nonn.... no, ho sbagliato.
Erano i primi di gennaio di qualche anno più avanti. Il clima era quello di un consumismo in crisi, fuori la neve non attaccava perché le strade erano piene di sale, la casa era buia, i caloriferi spenti perché era sera, la mamma e il suo compagno erano nella camera del bilocale a "giocare", e Lucia se ne stava sotto i piumoni sul divano, che da circa un anno era il suo letto, a studiare per le interrogazioni del rientro a scuola. Non aveva altro da fare se non studiare, non poteva far altro se non studiare. I compiti ormai erano la sua più grande e unica preoccupazione, un tormento, ne era sommersa e non poteva far diversamente. Dormiva poco, era stressata dai compiti. Non poteva avere altre preoccupazioni perché non ne aveva modo. O forse non voleva avere altre preoccupazioni. Mangiava poco o troppo per il nervosismo, ma soprattutto mangiava in modo scorretto. Non faceva un minimo di movimento. Era ingrassata ancora di più, e per questo motivo il suo reflusso esofageoo era peggiorato. Da qualche anno prendeva periodicamente farmaci di vario tipo per il reflusso, faceva visite, esami, eccetera, ma non cambiava mai nulla. Tutti i medici accusavano lo stress e il fatto che fosse troppo piccola per riscontrare il reflusso come patologia cronica. Però Lucia soffriva tanto per quello, e perché nessuno la capiva. Ma che le poteva interessare? Doveva studiare latino! E poi storia e geografia! E poi matematica! E scienze! E così via.

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Capitolo 2
*** b ***


In tre mesi Lucia aveva perso circa tre chili senza nessuna dieta. Il reflusso stava peggiorando; forse per il cambiamento di stagione, forse ancora per lo stress. Stava prendendo uno sciroppo e delle pastiglie di Peridon. Dopo due settimane di cura si accorse che più volte al giorno le venivano attacchi di forte salivazione o vomito improvvisi. C'era cogestione a scuola, e uscire dai corsi all'improvviso per correre in bagno era scomodo. Peggio ancora quando succedeva sul treno. Oppure ai pasti. O quando cercava di dormire. Così interruppe la cura e decise di provare l'unica opzione che non aveva mai tentato: una dieta per reflusso. Doveva solo eliminare i pomodori, gli agrumi, i dolci, il tè, il caffè, le cipolle, i peperoni, i formaggi, i cibi grassi, i condimenti, … . Mangiare di meno e spesso. Fare movimento. Raggiungere il normopeso. A farle compagnia c'erano sempre la scuola e i compiti. A Lucia non interessavano le discoteche; non le interessavano i ragazzi, non si era mai innamorata e non era intenzionata ad amare; non usciva praticamente mai; non era troppo asociale, ma era considerata "la strana"; non faceva shopping; le piaceva giocare, anche se non aveva tempo; le piaceva la musica, ma non poteva suonare perché il pianoforte era nella casa di suo padre, o andare ai concerti di gruppi sciolt; non poteva essere veramente se stessa perché sarebbe stata una bambina di nove anni, non una quindicenne. Però doveva studiare. E seguire la dieta per il reflusso. E ignorare le preoccupazioni. E il fatto che doveva crescere.

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Capitolo 3
*** c ***


La scuola era finita. Fino ad allora Lucia aveva continuato a perdere peso, soprattutto per via della dieta per il reflusso. E finalmente, per la prima volta nella sua vita, era normopeso. Tutti le dicevano che stava meglio, le chiedevano che dieta facesse ma lei rinnegava ogni cosa. Non voleva sembrare una che evitasse certi alimenti per motivi estetici. Il reflusso cominciava a farsi sentire di meno. Ora che la scuola era finita, Lucia poteva dedicarsi al altro… altro? Mmh… a fare movimento. Perfetto! Così il reflusso sarebbe guarito presto. Oltretutto, non avendo mai fatto movimento per la salute in passato, la cosa un po' la incuriosiva. Però non sarebbe andata a correre manco se l'avessero pagata. Perciò prese la bicicletta e avrebbe incominciato a farsi qualche chilometro ogni giorno.

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Capitolo 4
*** d ***


Ogni pomeriggio partiva in bici per il suo giro quotidiano. Tutte le volte che qualche amica le chiedeva di uscire, Lucia inventava scuse per non andarci e rimanere dunque da sola. Non le piaceva la solitudine, ma stare sola… e seguire la sua dieta. E fare ciò che era bene per guarire il reflusso, ora che aveva tempo e modo. Era tentata dal mangiare qualche biscotto, anche perché il reflusso lo avvertiva sempre meno. Ma non voleva. Perciò prese il pacco e decise di portarlo alle tartarughe dello stagno di un parco a 8km di distanza. Prese la bici, sotto il sole cocente, senza aver mangiato, e partì, dopo aver mentito a sua mamma circa l'aver digiunato… tanto anche lei non mangiava mai a mezzogiorno.

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Capitolo 5
*** e ***


Lucia si trovava a cinquanta metri dal parco quando le venne un capogiro. Non c'era nessuno a quell'ora, in quel posto, sotto quel sole. Le girava forte la testa. Frenò, scese dalla bici, aprì il pacco di biscotti e ne mangiò uno. Si sedette all'ombra di un albero. Non c'era nessuno. Non poteva chiamare o avvertire nessuno, sennò saltava tutto. Poi mangiò qualche altro biscotto. Dopo qualche minuto riprese le forze, così andò a bere alla fontanella del parco. Ancora pallida e sudaticcia si recò presso lo stagno con le tartarughe, e incominciò a sfamare le bestioline. "Guardate cosa vi ho portato! Eh lo so che siete affamate! Non è vero? Beate voi che avete fame. Beate voi che non avete scuola, che potete mangiare senza problemi. Tartarughine mie! Non sono deliziosi questi biscotti? Eh? Li ho portati apposta per voi. So che vi piacciono!" Le tartarughe impazzivano, finalmente avevano del cibo. Poco dopo un gruppetto di fighetti della sua età si stavano avvicinando a quel punto del parco. Lucia, sentendosi in imbarazzo "Penseranno che sono matta" si guardò intorno per scorgere un luogo dove nascondersi o comunque non farsi vedere. Che vergogna, una sedicenne sfigata, sudicia, tutta sola in un parco che sfama delle tartarughe, pensava. Andò dietro dei giunchi, stando abbassata fino a quando non avrebbe sentito le loro voci allontanarsi… ma poi… "Cazzo, la bici". Nello scatto per alzarsi mise il piede in un punto cieco dello stagno. Scivolò dentro. Nelle acque sporche dello stagno.

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Capitolo 6
*** f ***


Lucia si sentiva trascinare sotto quell'acqua. Com'era possibile, in uno stagno microscopico come quello? E continuava ad essere trascinata giù, giù, giù, sempre più giù. Ormai erano passati tre minuti e non era ancora uscita dall'acqua. Ma non le mancava l'aria, respirava perfettamente. Col sedere toccò il fondo melmoso, si diede spinta con i piedi e tornò fuori dall'acqua. Era in una vasca. Nella vasca della casa di suo papà.

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Capitolo 8
*** g ***


"No, non può essere" diceva. "È impossibile, io sto sognando tutto! Non può essere vero, no! Che scherzo è mai questo? AIUTO! QUALCUNO MI AIUTI! MAMMA!" uscì che per qualche strana ragione era asciutta. "No, questo è un sogno. AIUTO!" Aprì la porta e trovò il soggiorno sempre della vecchia casa, quella dove ora abitava suo padre. Però c'era sua madre che stava stirando con le cuffie nelle orecchie; nel mentre canticchiava. Nella stessa sala, il padre di Lucia parlava con i suoi nonni materni. Stavano accusano sua madre per qualcosa. Non capiva. Intuì che probabilmente lei si era lasciata col compagno e perciò era tornata alla vecchia casa. Lucia quindi si rivolse alla madre, ma in quello stesso momento rimase pietrificata: sua mamma era anoressica, pelle e ossa, sembrava non badare agli spigoli in bella mostra. Continuava a canticchiare e a stirare. Nessuno ci faceva caso. A nessuno interessava. Lucia andò in panico. Prese sua mamma per la maglietta e incominciò a strattonarla. "MAMMA, MAMMA, MAMMA! TI PREGO MAMMA! AIUTO! MAMMA! TI PREGO! MAMMA!" urlava mentre piangeva. Ma lei la ignorava. Lucia le tolse le cuffie dalle orecchie. La madre si fermò e la guardò negli occhi: "Senza aiuto nessuno può evitare una ricaduta", quindi prese l'ipod e andò in un'altra stanza. Parole che non avevano senso e che avevano sconvolto Lucia.

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Capitolo 9
*** h ***


Lucia non sapeva cosa fare. Si girò e andò dal padre che parlava allegramente con i nonni. "Eh sì, anche se mi operano non cambia niente" "Te guarda, fallo lo stesso, per i tuoi figli, nè, va bene? Per i miei nipoti, dai" "Non ti preoccupare, Marcella. Io faccio sempre il mio dovere" "E quando è l'intervento?" "Cosa?" interruppe Lucia. "Papà, hai visto la-" Suo padre la guardò ed era troppo sciupato. Non avevano mai passato molto tempo assieme per motivi di lavoro, e dopo la separazione si vedevano per un'ora ogni qualche mese. Ma, dopotutto, era sempre suo papà. Ed era sciupato più del solito. Dimagrito tantissimo, pallido, invecchiato, affaticato, distrutto nonostante il sorriso teatrale. Poi c'era la nonna, ingrassata tantissimo, e con gli occhi gonfi e rossi. Un po' abbattuta. Fingeva di fingere un sorriso. Però era abbattuta davvero. Nonno Giancarlo in quel momento si allontanò per andare dal nipote, il cugino di Lucia, con la sua stessa età. "Ha un tumore il papi, lo sai? Qua" la nonna indicò il torace, forse il polmone sinistro o forse lo stomaco. "Marcella, tranquilla! Non dirle queste cose che poi-" "Non si può guarire ormai, eh. Lucia, lo sai, eh? Mentre tu eri con quella ballerina di tua madre guarda come…" singhiozzava "guarda come quella cagna ha ridotto tuo padre! Vent'anni sono stati insieme! Guarda! Guarda come l'ha ridotto. Sei contenta adesso? Ti ha messa contro lui. Perché l'hai seguita? Ha rovinato tutti, tutti. Sta ammazzando tutti! Perché non capisci! Lasciala perdere, Lucia! Guarda il tuo papi che ti vuole bene, stai con lui poverino!" continuava a piangere e non ragionava. "Nonna, per favore, smettila! Ti prego! Non puoi capire, non-" "Ok io vado. Ciao, Marcella! Salutami Giancarlo e tua figlia. Mia mamma l'ho chiamata prima, Claudio è via e Marco è fuori con i suoi amici. Sai che è molto sensibile. Lascialo fare quello che vuole, va bene? Poi se va tutto bene vi chiamo, sennò non preoccupatevi" disse il padre. "Lucia, mi ha detto la mamma che non ti piace che ti chiamo Giuseppina, vero? Mi ha detto che ti offendi" "Papà, com'è che vai? Cosa sta succedendo?" "Mi prendi in giro o cosa?" "Ma io non sapevo 'sta storia del tumore! Nessuno mi ha mai detto nulla!" "Giuseppina, ormai è tardi. Non c'è più niente da fare. Però tu sei sempre in tempo ad andartene da tua madre. Io ora vado all'ospedale, non so come finisce. Abbi cura di te, mi prometti una cosa? Mi prometti di staccarti dal cordone ombelicale, di crescere e pensare a te"

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Capitolo 10
*** i ***


Il padre di Lucia sparì, come nei sogni, come quando nulla ha una logica apparentemente e tutto compare e scompare a seconda di quanto gli elementi nascosti nell'inconscio riescano ad evadere da quel mondo, ad imbrogliare le sentinelle della coscienza e a tormentare la mente sotto mentite spoglie. Lucia vide suo cugino Luca. Non l'avrebbe mai riconosciuto. Era diventato altissimo, magrissimo, i capelli con la cresta e le meches bionde sui suoi capelli neri, le sopracciglia fatte, i baffuti, i vestiti alla moda e il cellulare incollato alla mano. Non in senso metaforico, il cellulare spuntava proprio dalla pelle. Non vedeva il cuginetto col quale era cresciuta insieme da un anno e probabilmente non l'avrebbe riconosciuto se lui non l'avesse salutata. Luca continuava a guardarsi e compiacersi, si accarezzava tutto, contraeva i muscoli delle braccia, blaterava cose sulla dieta che seguiva, su quanti chili avesse perso, su quanto si fosse alzato, su quanti muscoli avesse messo su, e su quanto a scuola facesse "bordello" e di quanto si fosse pentito di aver lasciato una certa Giada senza averci fatto nulla insieme. Luca. Con una tipa. Che fa il fighetto. Aveva undici mesi di differenza da Lucia, era un quattordicenne. Ma nel giro di un anno era cambiato totalmente, cresciuto. Lucia lo ricordava ancora a giocare col gameboy o le figurine o a giocare con i suoi amici, robusto, alto come lei e con i capelli neri e scompigliati. Ma ora era cresciuto. Lei era imbarazzata perché non sapeva cosa dire riguardo alla mano-cellulare, o se dire qualcosa; poi questa squillò. Luca incominciò una discussione con qualcuno facendo allusioni a canne e vodka e discoteche e una certa Sara. Lucia si sentiva strana, invidiosa e allo stesso tempo disgustata e impotente, delusa. Così fece cenno di salutarlo e se ne andò mentre lui continuava a parlare alla mano-cellulare, continuando a crescere.

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Capitolo 11
*** k ***


In bagno c'era un gruppetto delle sue compagne di classe. Una piangeva; era Lara, che aveva paura di essere sul punto di rompere col suo ragazzo. Tutte le giravano attorno, la consolavano, le portavano qualche merendina. "Ciao" disse Lucia: "Che è successo? Scusate ma… non c'è la verifica adesso?" "E allora? Ci sono cose più importanti di una verifica, svegliati" disse una sua compagna. Lara le raccontò la storia, e lei le arruffò i capelli ricci. Lara sorrise: "Luci…" "Dai cazzo, Lara, fatti valere..." "Ok ma Luci… tu mangi?" Freddo. Lucia guardò intorno, negli occhi di tutte. "Certo… sì, certo che mangio. Ho solo un po' di problemi allo stomaco, ma è tutto apposto". Diede un'occhiata rapida allo specchio del bagno. Effettivamente era dimagrita tanto: i vestiti le stavano larghi, i capelli erano sciupati, il suo volto pallido, gli occhi stanchi, persi e traboccanti di rabbia. L'aria era diventata tesa. "Ma… ma dov'è la Anna? Non c'è?" domandò Lucia. "Ah, è andata alla manifestazione in città…" rispose una compagna. "Da sola?" "No, è con la Paola e una sua amica, poi c'è il Dario di terza e qualcun altro" "Dite che quella di matematica di accorge se…" "Ma va là, manca metà classe, non la valuterà neanche la verifica"

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Capitolo 11
*** j ***


Il salotto incominciò a riempirsi di sedili, di gente, fino a quando, lentamente, si trasformò nella cabina di un treno. Del treno che Lucia prendeva tutte i giorni per andare a scuola e per tornarci. Era mattina, perché la gente era moscia e di sottofondo c'era il chiacchiericcio delle comare cinquantenni del treno delle 6:43. Lucia non aveva lo zaino con sé eppure la direzione era la scuola. Poi apparve il controllore nella cabina in fondo. Non aveva comprato il mensile. Era estate. O forse no. E se l'avesse comprato non l'avrebbe avuto con sé al momento, perché stava nello zaino. Così la ragazza prese a spostarsi dalla parte opposta al controllore, svincolandosi tra la gente che affollava le cabine. "Arriva il controllore, arriva il controllore" "Cazzo, raga, io scappo" "Cosa faccio adesso?" Scendi, coglione, no?" "No, dico che l'ho dimenticato a casa" "Di' che non hai timbrato" "Arriva il controllore" "Non ho timbrato il mensile" alcuni ragazzi sul treno erano in panico. Non si respirava. Man mano che ci si avvicinava a destinazione la gente si svegliava dal coma mattutino e prendeva a chiacchierare. Lucia continuava a svincolarsi insieme ad altri, ma poi una persona la fermò. "Lucia" disse la sua professoressa di matematica. "B-buongiorno" "Sei in ritardo per la lezione, che ci fai fuori dall'aula?" Il treno ormai era diventato il corridoio della scuola. "Il-il treno è stato soppresso" "Come no. Muoviti che sto andando a fotocopiare le verifiche" Verifiche? Si allarmò Lucia. Verifiche di cosa? Non aveva studiato niente, non sapeva niente! Dunque si avviò verso l'aula, ma quando arrivò davanti alla porta, decise scappare in bagno.

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Capitolo 12
*** l ***


Lucia uscì dalla scuola senza che nessuno si accorgesse di niente, del resto in segreteria non ci stava mai nessuno. Mentre s'incamminava verso il centro, incominciò a pensare a Vittoria. Si erano conosciute alle medie, e lei era l'unica amica che era rimasta dopo tanto tempo. Quando finì la terza media continuarono a sentirsi, ma poi i rapporti si diradarono, soprattutto per scelta di Lucia, che aveva voluto isolarsi da tutti. Vittoria era la persona più intelligente che avesse mai conosciuto e una delle più sensibili, anche se questo non lo avrebbe mai ammesso. Ma aveva la sua vita. Fino ad allora le vie che entrambe avevano preso erano solo lontane, ma Lucia temeva che poi sarebbero diventate pure diverse. Eppure era giusto così. Non lo avrebbe accettato fino in fondo, ma non era corretto. Si sentiva egoista. Sapeva che avrebbe continuato per sempre a reputarla la Vittoria che conosceva. Si stancherà di farsi viva per una stronza come me?, pensava tra sè. Io mi stancherò mai di correre all'indietro? Di tirare indietro le ore, di usare calendari vecchi, agende già usate… mi stancherò mai? Posso anche fermare le lancette, ma prima o poi il vetro dell'orologio finirà per essere consumato dal tempo.

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Capitolo 13
*** m ***


In centro Anna non c'era. Gli alberi erano spogli, e per terra c'erano le foglie secche. La gente indossava già le giacche. "E questa sarebbe una manifestazione?" Gruppi di adolescenti che si facevano foto, suonavano tamburi e chitarre, cantavano, fumavano e bevevano, alcuni urlavano in un megafono, ma non facevano altro che ripetere le solite tre cose. Ma Anna non c'era. Faceva un freddo pungente. Lucia, con uno spasmo, si girò verso una vetrina e osservò il suo riflesso. Era dimagrita sempre più. Le pareva di vedere suo padre. Entrò in crisi e scoppiò a piangere, la gente intorno che la guardava male, la squadrava e le passava affianco indifferente. Prese il telefono per chiamare suo padre, entrò in rubrica quando arrivò una chiamata da Lisa: "Luci" "Ciao Anna! Ma dove sei? Sono venuta anch'io in manifestazione ma non ti vedo" "Eh eh… ti spiego meglio domani… Comunque sono andata via" "Come via? Hai già preso il pullman?" "No, sono a casa di un… un ragazzo che ho conosciuto." "ANNA. Ti prego. Ma lo conosci?" "Pota sì, ci siamo conosciuti in manifestazione. Dai Luci, ti racconto domani perché adesso ho da fare, ok? Mi dispiace, a domani!" "Anna… hai 13 anni… ti prego… non fare stronzate… ti prego… ci sono le precauzioni se proprio… fammi 'sto favore…" Chiamata terminata.

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Capitolo 14
*** n ***


Faceva freddissimo. Eppure era solo giugno... o forse no. Era giugno? Lucia guardò il calendario sul cellulare: marzo. "Com'è pos-" Due mani l'afferrarono per le braccia e la guidarono verso una stanza lungo un corridoio... le sue braccia sottilissime, pelle e ossa, nascoste sotto i vestiti ormai larghissimi. "Stai morendo" "ODDIO, AIUTO! AIUTO!" urlava Lucia. "Ti rendi conto di quanto pesi?" disse infuriata una donna bionda, giovane, minuta, in un camice da dottoressa. "La pressione a terra, il battito sotto il minimo... io non so come faccia a stare ancora in piedi. La perdiamo sicuramente" gridò un uomo alto, pelato, magrissimo, anche lui in camice da dottore. "Ma che diavolo sta succedendo?" chiese Lucia in lacrime. "ZITTAAA! ZITTA! TU NON ARRIVI A SETTIMANA PROSSIMA, HAI CAPITO!!?" la sgridò la donna. "LASCIATEMI! AIUTO, QUALCUNO MI AIUTI" "Se vuoi che qualcuno ti aiuti, non fare il minimo movimento! Sai quanto bruci? Oddio! Te ne rendi conto?" Poi si fermarono in un ambulatorio e misero Lucia sul lettino. "Signora, prenda le misure della bara di sua figlia" disse l'uomo alla madre di Lucia che era lì nella stanza. Lei la guardò negli occhi e scoppiò a piangere. Entrò un'altra donna in camice. Questa leggeva dei fogli che teneva in mano. Poi, rivolgendosi alla madre di Lucia: "Non c'è dubbio, signora. Si tratta di anoressia nervosa"

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