How I met my first boyfriend

di Princess Kurenai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Tutto è iniziato a causa di una pallonata ***
Capitolo 2: *** 2. Dubbi e Fiducia ***



Capitolo 1
*** 1. Tutto è iniziato a causa di una pallonata ***


Salve a tutti!
Non inizierò con un "Questa è la mia prima fic in questo fandom :D" perché ho scritto molte altre fic e tra le tante una era proprio su SD (scritta anni fa LOL).
Questo è un'esperimento. Volevo tentare a lavorare con dei OFC e questo è il risultato, ci sarà un po' di het, un po' di shonen-ai/yaoi ed anche lo shoujo-ai/yuri. Ovviamente vi avvertirò quando ci saranno le "parti interessate", così potrete saltarle nel caso .w.<3
Poi vediamo... ad Ayako ho dato il cognome Inowaki e ci troviamo subito dopo il ritorno di Mitsui in squadra ovvero prima dell'inizio del torneo.
Comunque, detto questo, spero che la fic vi piaccia ù_ù<3
Baci Prì
Icon by Kaleidoscopeeye

La sua prima cotta adolescenziale? Poteva esordire con un: tutto è iniziato a causa di una pallonata.
Sicuramente quella sarebbe stata una storia divertente da raccontare ai suoi nipotini in futuro, ma in quel momento Misaki Kanno provava di tutto tranne che ilarità.
Perché solo un attimo prima stava andando verso la palestra di pallavolo e quello dopo era appoggiata al muro, con le mani premute sul volto che pulsava dolorosamente. Non sapeva esattamente che cosa le fosse successo, ma le faceva così male che non era neanche in grado di trattenere le lacrime mentre stringeva gli occhi in una chiara smorfia.
Inoltre, come se non bastasse, faticava addirittura a reggersi in piedi e solo dopo qualche momento di confusione riuscì a sentire delle voci preoccupate attorno a lei.
« Stai bene?»
« Hai visto che hai combinato incapace?»
« M-ma non l'ho fatto apposta! Non prendertela sempre con me Gorilla! La colpa è di Rukawa!»
« Idiota...»
« PROVA A RIPETERLO SE HAI IL CORAGGIO!»
Misaki scosse il capo per rispondere alla prima domanda, cercando di socchiudere gli occhi per cercare di mettere a fuoco i suoi interlocutori - che stavano chiaramente litigando e, visti i rumori, prendendosi a botte.
Lentamente iniziò a riprendere un po' la cognizione di sé e di quello che la circondava, avvertendo anche un caldo liquido scivolare fuori dal suo naso e riversarsi sulla mano.
« Ma che...»
Allontanò il palmo dal viso istintivamente solo per scoprirlo sporco di sangue.
In un'altra occasione avrebbe reagito prontamente - non era la prima volta che perdeva un po' di sangue, non era mica la fine del mondo - ma in quel momento era troppo confusa a causa della 'cannonata' appena ricevuta.
« Ayako accompagnala in infermeria»
« Sì capitano!», rispose una ragazza. Era l'unica abbastanza vicina da essere riconosciuta, gli altri erano sfocati e attorniati da fastidiosi puntini bianchi, e solo per quel motivo Misaki si rese conto che si stava rivolgendo a lei.
« Riesci a camminare?»
« Io... sì, certo...», rispose senza troppa convinzione, accettando però il braccio che la ragazza le porgeva per sorreggersi, e le bastò un passo per comprendere quanto quell'aiuto fosse importante.
Camminò lentamente continuando a tenere la mano premuta sul viso, traendo poi un sonoro sospiro di sollievo quando misero piede nell'infermeria e la donna che si occupava di quella piccola sala la prese in consegna.
« Ha preso una pallonata in faccia», spiegò rapida la ragazza che la stava accompagnando, ed in men che non si dica Misaki si ritrovò seduta sul lettino, con del cotone dentro le narici e un sacchetto di ghiaccio sul naso, a rispondere a delle domande a suo dire ovvie - ma sicuramente necessarie vista la botta ricevuta.
« Ti ricordi come ti chiami?»
« Certo. Misaki Kanno».
« Quanti anni hai?», chiese ancora la donna.
« 16, frequento il secondo anno», precisò, certa di aver anticipato una domanda.
« Sì. Che giorno è oggi?»
« Ehm... 14 Maggio credo»
« Esatto. Sai dove ti trovi?», continuò l'infermiera, controllandole gli occhi e le orecchie.
« Nell'Infermeria dell'Istituto Shohoku»
« Perfetto. Sembra che tu non abbia riportato nessun danno grave, la confusione iniziale era semplicemente dovuta alla botta», dichiarò sollevata la donna, « ma devi rimanere qui per qualche accertamento. Spesso questi traumi hanno degli effetti ritardati», aggiunse, guardando la ragazza come per sfidarla ad opporsi.
Misaki, infatti, aprì bocca per protestare ma la rinchiuse per borbottare un basso: « Sì...»
L'infermiera al contrario sorrise soddisfatta - sembrava tanto aver pensato un: « Saggia scelta» -, poi tornando seria si rivolse all'altra studentessa che aveva accompagnato Misaki fin lì.
Solo in quel momento quest'ultima riuscì a guardarla per bene e a riconoscerla. L'avevano chiamata Ayako se non ricordava malem ma era abbastanza certa che frequentassero lo stesso anno.
« Cos'è successo?», chiese la donna per avere più informazioni e stilare un breve rapporto su quell’intervento.
« È stato un'incidente, il pallone ha preso un rimbalzo sbagliato e Kanno-san si è trovata nel corridoio nel momento meno opportuno», spiegò Ayako rivolgendo poi a Misaki un sorriso ancora intriso di preoccupazione, « mi dispiace».
« Non preoccuparti», ribatté muovendo la mano per accompagnare le sue parole.
Faceva male, certo, ma un rimbalzo sbagliato era nella norma. Giocando a pallavolo capitava spesso… certo, il pallone da basket era molto più pesante ma stava abbastanza bene.
« D'accordo. Ora tu, non alzarti per nessuna ragione», l'infermiera riprese la parola interrompendo i suoi pensieri per aiutarla poi a posare la schiena su dei cuscini e a tirare le gambe sul materassino, facendole mantenere sempre una posizione seduta ma decisamente più comoda, « Informerò i tuoi genitori, quindi sta buona. Capito?»
« Sì, sì... starò buona, ho capito», borbottò osservando poi la donna abbandonare l'infermeria per andare sicuramente nella segreteria.
Finalmente sole le due ragazze si scrutarono per qualche attimo, poi Misaki - facendo un po' di memoria - riprese la parola.
« Ayako... Inowaki, vero?»
« Sì. Siamo dello stesso anno», rispose questa per poi aggiungere un: « Hai bisogno di qualcosa?»
« No no! Tranquilla! Volevo solo ringraziarti e... se devi tornare all'allenamento vai pure! Tanto non mi muovo da qui».
« Non se ne parla!», dichiarò Ayako, « Sei sola».
Misaki sorrise appena, ma quel movimento facciale le strappò una smorfia di dolore.
« Domani avrò il naso grande come una patata, sarò inguardabile», si lamentò strappando una risata anche all'altra che, annuendo, parve quasi comprendere il suo scherzoso dramma.
Tuttavia, dopo quel breve scambio di battute, calò il silenzio. Misaki non era una chiacchierona - almeno non con le persone con le quali aveva poca confidenza -, era più una tipa da 'ascolto poi nel caso rispondo'.
Continuò a premere il ghiaccio sul naso, pensando poi a chiamare il capitano della squadra per scusarsi riguardo a quell'assenza inaspettata.
« Sei nel club di pallavolo, vero?», chiese d'un tratto Ayako.
Forse, si disse Misaki, quel silenzio la metteva a disagio e sinceramente non poteva darle torto.
Le sue compagne erano abituate ai suoi lunghi momenti di riflessione, gli altri un po' meno.
« Sì, infatti credo che le ragazze siano preoccupate», ammise sincera.
« Lo credo anche io», assentì Ayako, « state per iniziare il torneo anche voi?»
Misaki annuì, accennando un piccolo sorriso sincero - sentì ancora un po' di dolore ma riuscì ad ignorarlo.
Tutti gli allenamenti massacranti avrebbero finalmente dato i loro frutti. La loro inoltre era un ottima squadra e non aveva dubbi: sarebbero arrivate molto in alto.
« Voi pure? Intendo, nel club di basket»
« Sì! Quest'anno abbiamo anche delle reali possibilità di arrivare alle Nazionali», dichiarò con voce carica d'orgoglio.
« Lo spero tanto», rispose gentile Misaki.
Era il desiderio di tutti partecipare a quel torneo, lei stessa condivideva quello stesso sogno.
« Speriamo solo che non ci siano complicazioni», aggiunse poi, riferendosi alla sua ferita.
« Certo che no!», esclamò Ayako cercando di rassicurarla, « A parte il nasone sono certa che non avrai altri problemi»
Misaki ridacchiò cauta ma la sua risposta venne bloccata dall'ingresso dei giganti della squadra di basket.
« Ehi ragazzi!», li salutò Ayako, « Preoccupati per la sorte di Kanno-san?»
Questi non risposero e Misaki, continuando a tenere il ghiaccio sul naso, non poté non osservarli inizialmente intimidita per la loro stazza - constatando distrattamente che per quanto poco sapesse di basket, alcuni di loro erano dei visi noti pure a lei -, ma cercò di non darlo a vedere, soprattutto quando il più grosso si fece avanti.
« Va tutto bene?», domandò con un tono così gentile che entrava fortementente in contrasto con il suo aspetto.
Uno come lui non passava inosservato ma pur non ricordandosi il suo nome sapeva che lui frequentava il terzo anno - così come quello con gli occhiali che lo aveva accompagnato.
« S-sì... sono stata meglio ma non sto morendo», ribatté, cercando di recuperare un po' di sicurezza e del suo umorismo - non voleva apparire come una ragazzina piagnucolosa.
« Ne sono sollevato», rispose il ragazzo, afferrandone poi un altro per il braccio e costringendolo ad inchinarsi con una mano sulla testa, caratterizzata da una folta chioma rossa, « Scusati, imbecille».
Misaki, pur non conoscendolo di persona, sapeva già come si chiamava. Il suo nome era Hanamichi Sakuragi ed era una matricola, la cui fama di poco di buono era giunta fino alle sue orecchie.
Il ragazzo, con il viso imbarazzato faceva quasi concorrenza al colore dei suoi capelli, mugugnò qualcosa ma quando il più grande gli strizzò per bene la testa buttò fuori un ben più chiaro: « Mi dispiace».
« Non devi! Tranquillo Sakuragi», rispose gesticolando, sinceramente dispiaciuta per l'imbarazzo del giovane - a pelle non le sembrava poi così pericoloso, forse era solo per via dello stranissimo colore dei capelli che aveva una brutta reputazione.
Sakuragi, quasi sollevato dalla sua risposta, si esibì in un ampio sorriso.
« Ma in fondo non è neanche colpa mia. È stato Rukawa! Intralciava il mio talento! Un genio del basket come il grande Hanamichi Sakuragi non può sbagliare!», dichiarò, scoppiando poi in una risata.
« Hn... idiota», ribatté un altro ragazzo che era rimasto alle spalle del rosso insieme ad altri due e che Misaki riconobbe come l'idolo delle folle: Kaede Rukawa.
Era impossibile non conoscerlo.
Perfino alcune delle sue compagne di squadra erano infatuate di lui e, a dirla tutta, pure la stessa Misaki aveva più volte sospirato davanti a quella matricola.
" Come darmi torto?", gridò internamente, " È uno dei più bei ragazzi che abbia mai visto!"
« Come osi?! Ripetilo se hai coraggio!», ribatté Sakuragi pronto ad azzuffarsi con Rukawa, venendo però prontamente bloccato da un possente pugno del ragazzo più grande.
« Sta zitto, idiota!», lo riprese, ignorando le lamentele del rosso che, tuttavia, strapparono una risata a Misaki.
Erano divertenti dopo tutto ma, per quanto quella visita si stesse rivelando piacevole, la sua risata le strappò un mugugno di dolore.
" Maledetti muscoli facciali!"
« Va tutto bene, Kanno-san?», si preoccupò subito il ragazzo con gli occhiali, notando la sua espressione.
« S-sì, devo solo ricordarmi di non fare smorfie», rispose piano.
« Possiamo fare qualcosa per te?», chiese ancora il ragazzo.
Misaki rimase interdetta, ma prima di poter rifiutare la sua offerta, Ayako si fece avanti e rispose per lei.
« Sono certa che le ragazze del club di pallavolo siano preoccupate. Qualcuno dovrebbe andare ad avvertirle»
« N-non è necessario!»
« È a causa nostra se stai saltando un allenamento», tagliò corto il più grande, « è nostro dovere informare le tue compagne e l'allenatrice delle tue condizioni».
Era un tono che non ammetteva repliche e Misaki, seppur imbarazzata, annuì.
« Grazie», sussurrò per poi salutare quello strano gruppo che abbandonò l'infermeria.
« Sono dei bravi ragazzi, un po' stupidi ma è questo quello che passa il convento», ridacchiò Ayako, « ed era anche meglio che l'infermiera non lì vedesse. Avrebbe sicuramente dato di matto per le troppe visite», aggiunse, spiegando il motivo della sua precedente intromissione.
« Oh, beh hai ragione», rispose Misaki, non riuscendo poi a trattenersi dal sorridere, « certo che con quella gente tu non ti annoi mai, eh?»
« Proprio mai!», ribatté Ayako, lanciandosi poi in quella che si rivelò essere una ‘spettegolata vecchio stile’ che mise Misaki notevolmente a suo agio - non parlava, doveva solo ascoltare.
In quel mondo venne a conoscenza dei nomi dei membri del club e delle loro piccole avventure.
Il Capitano, il ragazzo grande e grosso, si chiamava Takenori Akagi e come aveva notato Misaki era una persona gentile ed intelligente, l'esatto contrario di quello che suggeriva il suo aspetto.
Inoltre, come aggiunse poi Ayako, si sarebbe sorpresa nel vedere quanto sua sorella - una matricola di nome Haruko - sembrasse diversa da lui.
Poi vi era Kiminobu Kogure, del terzo anno come Akagi, che ricopriva il ruolo di Vice Capitano e di 'Mammina' del gruppo. Era lui la voce buona che cercava sempre si placare gli animi.
C'era anche un terzo ragazzo dell'ultimo anno, un certo Hisashi Mitsui, che sfortunatamente Misaki non aveva ben presente, così come uno del suo stesso anno che si chiamava Ryota Miyagi - innamorato di Ayako, o almeno così diceva quest’ultima.
Ed infine, c'erano le due matricole che Misaki aveva già riconosciuto: Sakuragi e Rukawa, che non perdevano mai l’occasione per battibeccare.
Erano un gruppo strano ma, come aveva già constatato, parecchio divertente.
La sua squadra, appuntò mentalmente, era meno caotica ma c'erano altrettante ragazze che potevano essere definite "teste calde". Prime su tutte le sue migliori amiche: le gemelle.
Mai in tutta la sua carriera di pallavolista - giocava sin da quando era una bambina - aveva visto una coppia così affiatata come quella formata dalle sorelle Takekura.
La prima si chiamava Risa ed era la loro palleggiatrice, mentre la seconda, Saori, ricopriva il ruolo di centrale. Erano entrambe alte - la superavano di almeno cinque centimetri visto che raggiungevano tranquillamente il metro e ottanta - ed erano dotate di un’ottima elevazione oltre che di visione e velocità di gioco.
Le chiamavano “la coppia d’oro” proprio per le loro geniali trovate durante le partite, e l’unica pecca che si poteva imputare a quelle due fuoriclasse era il loro carattere. Troppo vivaci, chiassose e sfortunatamente attaccabrighe… ma alla fin fine, constatò Misaki sorridendo tra sé e sé, erano considerare da tutte delle ottime amiche. Le sue soprattutto.
Le altre sue compagne erano altrettanto forti e brave, ma dotate decisamente di un animo ben più calmo.
« Kanno-san?», la voce di Ayako la riscosse, strappandola dai suoi pensieri.
« S-sì?», rispose.
« Eri persa nei tuoi pensieri?», chiese l’altra ragazza accennando un sorriso che parve allargarsi quando Misaki arrossì visibilmente.
« Sì, perdonami. A volte mi succede», spiegò imbarazzata.
« Grandi pensieri per grandi personalità», ridacchiò Ayako strappando una debole risatina anche all’altra.
« Ti prego, non farmi ridere!», si lamentò Misaki sentendosi quasi più a suo agio con la manager del club di basket - era una reazione istintiva, sentire parlare le persone la faceva calmare e rilassare.
« Pensavi al tuo figone?», insinuò l’attimo dopo l’altra ragazza, ridendo quando il rossore di Misaki crebbe ulteriormente.
« Assolutamente no!», rispose, « Pensavo alle mie compagne di squadra… abbiamo due giocatrici che mi ricordano i ragazzi del vostro club, tutto qui», ammise.
« Ah si?»
« Credo tu le conosca, sono nel nostro stesso anno. Risa e Saori Takekura», spiegò, mettendo via il sacchetto di ghiaccio che ormai si stava squagliando.
« Le due stangone?»
« Esattamente. Sono due teste calde, ma sono anche delle giocatrici eccezionali. Sono certa che se quest’anno arriveremo in alto sarà anche grazie a loro», svelò sincera, cercando con lo sguardo uno specchio - o di una qualunque superficie riflettente - per verificare le condizioni del suo povero naso.
« Noto con piacere che non ti sei mossa signorina», la voce dell’infermiera, tuttavia, le impedì di continuare le sue ricerche, « i tuoi genitori saranno qui a breve», continuò.
« Grazie»
« Ti senti bene? Hai sonno, mal di testa o la nausea?»
« Solo un po’ di mal di testa, e mi fa male quando rido o in ogni caso quando faccio qualche smorfia»
« Allora è tutto nella norma», rispose con un pizzico di sollievo la donna.
« Posso… vedere in che condizioni è il mio naso?», chiede, ignorando la risatina di Ayako.
« Niente che un po’ di fondotinta non possa coprire, a parte il gonfiore», dichiarò l’infermiera prendendo uno specchietto dalla sua scrivania per porgerlo alla ragazza preoccupata.
Si scrutò con attenzione, aveva gli occhi un po’ arrossati e gonfi - aveva pianto un po’ per il dolore dopotutto - e il viso ancora un po’ sporco di sangue. Poi beh… c’era il naso che era effettivamente gonfio e rosso - ben visibile anche con del trucco correttore - ma non era niente di così terribile.
« Pensavo peggio», ammise restituendo lo specchio.
« Il gonfiore sarebbe stato ben peggiore se non avessi applicato il ghiaccio», ribatté l’infermiera riponendo l’oggetto nella sua scrivania.
Entrambe le ragazze annuirono e lasciarono che calasse ancora il silenzio, che per l’ennesima volta venne spezzato dall’ingresso di qualcuno.
Quattro ragazze del club di pallavolo.
« Misa-chaaan!»
Sia Ayako che l’infermiera sussultarono per quell’urlo e non poterono far niente per fermare due ragazze che si catapultarono letteralmente su Misaki.
« R-Risa! Saori!»
« Come stai?»
« Ti fa molto male?»
« Hai un naso che sembra un peperone, lo sai vero?»
« Avrei detto pomodoro»
« Ragazze! Un po’ di contegno!», esclamò l’infermiera, riuscendo a bloccare l’infinito fiume di parole delle due giovani atlete.
« Oh, ci scusi», mormorò imbarazzata una delle gemelle.
« Allora? Come stai?», riprese l’altra.
Misaki si sforzò di non sorridere davanti ai visi preoccupati delle due gemelle Takekura notando per l’ennesima volta quanto fossero simili.
Al contrario di altre coppie di gemelli, le due sembravano non essere intenzionate a differenziarsi l’una dall’altra. Portavano lo stesso taglio di capelli, che cadevano scuri e lisci sulle spalle, ed inoltre quando uscivano vestivano praticamente allo stesso modo.
Era complicato distinguerle - almeno per chi non le conosceva - e una volta erano arrivate addirittura a dichiarare: « Se capita ci scambiamo di ruolo, è utile avere un doppione», ed era effettivamente una cosa che avevano fatto più volte, fortunatamente per Misaki, lei le conosceva bene ed era raro che cadesse nelle loro trappole - Risa aveva la voce leggermente più squillante di Saori.
« Meglio Saori», rispose qualche momento dopo, per poi rivolgersi al resto della squadra, « non è niente di grave, davvero».
« Meno male…», sospirò una ragazza, la più bassa di quel gruppetto con il suo metro e sessantacinque.
« Quando sono venuti gli stangoni del club di basket abbiamo subito pensato al peggio!», esclamò Risa.
« Peggio?»
« Queste due dementi volevano menare subito le mani», spiegò un’altra ragazza scuotendo il capo e facendo ondeggiare i lunghi capelli castani. Era forse la più alta del gruppo, forse superava tranquillamente il metro e ottanta.
« Non ispirano fiducia», spiegò Saori con tono sospettoso, « poi ti hanno fatta male, devono pagare per questo affronto! La mia Misa-chan ora ha il naso come quello di Rudolf!»
Misaki arrossì davanti a quell’affermazione, e per tutta risposta le donò un pizzicotto abbastanza violento sul fianco che la fece mugolare.
« Piantatela! Non vedete che non siamo sole?», le riprese imbarazzata lanciando delle occhiate prima all’infermiera - che aveva deciso di farsi gli affari suoi - e poi ad Ayako, verso la quale si rivolse poco dopo, « Ragazze devo presentarvi la manager del club di basket. Ayako Inowaki, è stata lei ad accompagnarmi qui»
Solo in quel momento le attenzioni si spostarono da Misaki all’altra ragazza che sorrise alzando la mano in segno di saluto.
« Salve a tutte»
« Ti devo ringraziare a nome di tutta la squadra, Inowaki-san», dichiarò la più alta del gruppo, facendo un inchino rivolta ad Ayako. Frequentava il terzo anno ed era lei la voce della ragione della squadra - il resto del gruppo era quasi sempre calmo, ma talvolta era impossibile non lasciarsi trascinare dalle due gemelle.
« Io sono Junko Fujimura, sono il capitano della squadra», si presentò poi, « e quelle due maleducate sono Risa e Saori Takekura»
Le due gemelle si esibirono in una poco matura linguaccia che fece ridacchiare Ayako.
« Io sono il vice capitano. Terzo anno! Hitomi Futami!», prese subito la parola la più bassa del gruppo sorridendo affabile e facendo ondeggiare l’alta coda che teneva raccolti di suoi lunghi capelli corvini.
« Lieta di conoscervi», rispose Ayako, stringendo la mano prima a Junko e poi a Hitomi, facendo poi lo stesso con Risa e Saori.
« E comunque è stato un incidente», riprese Misaki - si sentiva molto più a suo agio circondata da quelle che considerava le sue migliori amiche, « Sakuragi non voleva colpirmi apposta, è stato solo un rimbalzo andato a male»
« Se lo dici tu…», borbottò Risa.
« Ma ti pare che uno che neanche mi conosce abbia voluto colpirmi apposta?», esclamò Misaki, emettendo poi un mugugno nell’aver mosso troppo i suoi muscoli facciali doloranti.
« Dai ragazze, piantatela. Quante volte vi siete beccate delle pallonate in faccia?», fece presente Hitomi riuscendo per miracolo a far star zitte le due gemelle.
« Esattamente», rincarò Junko, « l’importante è che Kanno non si sia fatta troppo male»
« Già da domani ritornerò ad allenarmi, capitano», dichiarò decisa Misaki, ma il suo entusiasmo venne smorzato dall’infermiera.
« Vedremo signorinella», si intromise, « Domani devi tornare qui per un controllo e se vedo che è tutto a posto ti darò il permesso di andare a fare gli allenamenti, intesi?»
« Sì…», annuì.
« Vedrai che starai bene», la incoraggiò Saori.
« Esatto, hai la testa dura», assentì Risa annuendo con aria consapevole, strappando una risata a tutte le ragazze presenti - tranne a Misaki che, per quanto divertita, cercò di non lasciarsi andare.
« Va bene, va bene…», sospirò la ragazza, « le altre stanno continuando ad allenarsi?»
« Sì, con l’allenatrice», assentì Junko, « E ora che abbiamo visto che stai bene possiamo tornare in palestra a rassicurare le altre»
Misaki assentì e guardò Ayako come per invitarla a fare lo stesso, era certa che i ragazzi del basket avessero bisogno di lei.
« Forse è meglio che vada anche io, sei in buone mani con l’infermiera poi tra qualche momento dovrebbero arrivare i tuoi genitori», dichiarò infatti la manager alzandosi.
« Ti ringrazio per avermi fatto compagnia, Inowaki-san», cercò di non sorridere ma le fu impossibile non piegare le labbra in un sorriso carico di gratitudine.
« Chiamami pure Ayako», ribatté subito la ragazza, « e per me è stato un piacere conoscere tutte voi, nonostante le circostanze», ridacchiò.
Già, le circostanze erano abbastanza dolorose, ma in futuro Misaki si sarebbe ritrovata a ringraziare Hanamichi Sakuragi per quella fortuita pallonata… anche se in quel momento Misaki non poteva saperlo.

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Capitolo 2
*** 2. Dubbi e Fiducia ***


Secondo capitolo.
Non è betata e subirà sicuramente delle modifiche in giornata - o al massimo domani.
In questo capitolo iniziamo a conoscere un po' di più i personaggi ed il rapporto tra le gemelle e Misaki .w.
Poi ho provato a dare un accenno anche alla 'vita privata' di uno personaggio di Slam Dunk.
Spero vi piaccia :3

Baci Prì


Neanche a dirlo, Misaki aveva passato una notte terribile. Fortunatamente non aveva avuto nessun malore collegato alla botta - in quel caso sarebbe dovuta correre subito all'ospedale -, ma il dolore al naso non l'aveva fatta quasi dormire.
Infatti, quando la mattina si presentò davanti allo specchio con i capelli corti e neri che sembravano un nido di rondini, gli occhi appesantiti dalle occhiaie ed il naso ancora gonfio, si disse che neanche tutte le scorte del miglior fondotinta al mondo l'avrebbero salvata.
Sospirò quasi disperata poi, dopo essersi concessa un'abbondante colazione, si armò di tutto il suo talento e coraggio per poter dare il via alla sua opera di 'ristrutturazione': lavandosi, pettinandosi e dando fondo alle sue abilità di truccatrice.
Il risultato finale poteva essere definito passabile, e anche se il naso sembrava ancora più grande del normale, almeno non avrebbe affrontato il lunedì scolastico con le borse sotto gli occhi.
Cercò allora di sorridere alla sua immagine riflessa, scoprendo con sollievo che il dolore del giorno prima si era semplicemente trasformato in un pizzicante fastidio.
Rincuorata da quella scoperta diede la buona notizia a sua madre - che cercava inutilmente di far mangiare il suo fratellino.
« Meno male tesoro», rispose la donna, provando ancora ad imboccare il bambino - chiaramente più interessato a sentire la consistenza dell'omogeneizzato tra le dita, « mi raccomando: non fare troppi sforzi».
Misaki annuì prendendo la cartella.
« Non preoccuparti. Ci vediamo stasera», la salutò baciandole la guancia per poi rivolgersi al fratellino, « e tu vedi di fare il bravo bambino, Kotaro!»
Questo rispose con un gridolino e dopo avergli baciato la fronte - le guance erano sporche - lasciò l'abitazione andando velocemente verso il treno.
Si sentiva ancora un po' scombussolata - soprattutto per la notte passata quasi in bianco -, ma tutto sommato stava bene. Ciò che però la preoccupava era andare dall'infermiera come le era stato imposto.
Non che la donna fosse cattiva - era solo molto autoritaria e si prendeva cura degli studenti in modo esemplare - ma temeva che le impedisse di riprendere gli allenamenti. Certo, era per il suo bene ma mancava pochissimo all'inizio delle partite e non poteva mancare.
« Sempre persa nei tuoi pensieri, eh Misa-chan?»
Una voce familiare la fece quasi sussultare e tornare con i piedi per terra. Lanciò una rapida occhiata attorno a sé, rendendosi conto di essere ormai arrivata alla stazione e di trovarsi in compagnia delle due gemelle, come ogni mattina d'altro canto.
« Risa», mormorò accennando un sorriso, « avevi dubbi?», chiese.
« Certo che no», ribatté la gemella.
« Ti immaginavo peggio conciata, sai?», riprese Saori, prendendole il viso tra le mani per studiarle il naso con fare critico.
« Il fondotinta fa quasi dei miracoli», ridacchiò Misaki.
« Meno male! Non avrei sopportato l'idea di vederti sfregiata a vita!», esclamò Saori, abbracciandola con slancio ed assumendo un tono volutamente drammatico.
« Esageri!»
« Ovviamente», ghignò in risposta, spingendola poi verso la porta scorrevole del treno appena arrivato.
Quella era una scena che si ripeteva sin da quando Misaki aveva memoria. Le loro famiglie erano sempre state molto legate - le loro madri avevano frequentato la stessa università - ed era stato normale per Misaki, Risa e Saori crescere insieme.
Infatti prendevano quel treno da sempre. Le prime volte con i loro genitori poi, crescendo, avevano iniziato a viaggiare da sole.
Misaki ricordava ancora con un sorriso le avventure passate su quei vagoni e tra l'altro era proprio in quel treno che lei e le sue migliori amiche avevano scelto di diventare pallavoliste.
Erano delle bambine e non poteva non ricordare quanto fossero eccitante nel leggere le vicende di "Attacker YOU" e da lì, per seguire le orme di Yu Hazuki, avevano iniziato a giocare lasciando che fosse poi il tempo a far diventare quel capriccio infantile una passione.
« Misaki?», la richiamò Risa, notando lo sguardo perso dell'amica.
« Oh? Sì?»
« A che pensi di tanto interessante?», chiese Saori, sorridendo.
Erano davvero abituate ai suoi attimi di riflessione. Erano così nella norma che ormai non si arrabbiavano più.
« A quando... beh, abbiamo scelto il nostro sport», svelò sincera.
Le due scoppiarono a ridere, colpite a loro volta da quel ricordo.
« Io ero Yu!», esclamò Risa portando a galla quelle infantili memorie, « Mentre voi due Nami e Kaori!»
Anche Misaki ridacchiò - piano per non sentire troppo fastidio.
« Avevamo anche i nostri attacchi speciali!», aggiunse.
« Eravamo adorabilmente ridicole!», rincarò Saori, tenendosi la pancia a causa delle risate.
I primi tempi - tutte e tre ricordavano perfettamente quel periodo - erano talmente convinte di quello che facevano che avevano più volte fatto delle figuracce. Fortunatamente crescendo erano diventate molto più serie e non cercavano più di emulare le loro eroine.
Continuarono quindi a ricordare quel momenti d'infanzia per tutto il breve viaggio, e una volta giunte a destinazione si avviarono verso lo Shohoku.
Sin da subito, mentre iniziarono ad incrociare i vari studenti, Misaki sentì gli sguardi su di sé.
La voce si era ovviamente sparsa - sicuramente attraverso le bocche dei presenti all'allenamento del club di basket - e tutti le fissavano il naso con fare curioso mettendola non poco a disagio, cosa che fece andare su tutte le furie le sue amiche, specialmente Saori.
Tra le due gemelle era forse quella più affezionata a Misaki. Voleva molto bene a sua sorella - come solo una gemella può fare - ma Misaki era e sarebbe rimasta la sua migliore amica.
La proteggeva da tutto e da tutti, ed era sempre pronta ad alzare le mani in sua difesa. Anche Risa reagiva in quel modo - era il loro carattere -, ma Saori nei suoi gesti metteva un'immensa dose d'affetto. Misaki infatti pensava spesso a quanto fosse fortunata ad avere un'amica come lei.
« Che avete da guardare, bifolchi? Girate alla larga!», esclamò infatti, stringendosi al braccio dell'altra.
« Non avete mai visto un naso? Se volete vi aiuto io a vedere il vostro!», ribatté Risa, battendo un pugno nella mano.
« Ragazze non è necessario!», si lamentò Misaki, senza però riuscire a non sorridere. Erano adorabili, non sapeva come avrebbe fatto senza di loro.
« Odio quando gli altri ti guardano», borbottò Saori, lanciando delle occhiata truci a chi le circondava.
« Gelosona», ribatté Misaki, « ora però vado in infermeria, ci vediamo in classe?»
« Neanche per sogno, ti scortiamo fin lì», tagliò corto Risa, e nonostante le lamentele della sua amica, tutte e tre giunsero a destinazione.
Iniziò subito un vero e proprio interrogatorio quando la donna la prese in consegna - « Dolori? Nausea? Svenimenti?» - e dopo dieci minuti di torture ottenne il tanto desiderato permesso per partecipare all'allenamento, che tuttavia doveva essere leggero per i primi tempi.
Misaki, ovviamente, non la contraddisse: poteva allenarsi, non le importava il resto.
« Certo! Nessuno sforzo eccessivo per i primi giorni!», rispose entusiasta per poi unirsi di nuovo alle gemelle per prendere la strada della loro classe.
« Fantastico! Oggi ci si allena! E mi raccomando: non passare più vicino a quei cafoni del club di basket!», dichiarò Saori.
« Non sono cafoni…», borbottò Misaki, « si sono subito preoccupati per me e sono anche venuti a trovarmi per sincerarsi delle mie condizioni».
« E mi pare pure d’obbligo! Quel Sakuragi per poco non ti ammazzava!», insistette la gemella.
« Esagerata!»
Saori, in risposta, si esibì in una linguaccia che fece ridere le altre due.
« E comunque», riprese Misaki, « anche se fosse non sarei mai così sfortunata da prendere un’altra pallonata!», precisò notando poi davanti a sé il viso familiare di Ayako, la manager del club di basket.
La incontrava ogni mattina ma non avevano mai avuto modo di parlare, e dopo l’avventura del giorno prima entrambe non esitarono a salutarsi.
« Salve ragazze!», le salutò la manager avvicinandosi.
« Ayako, ciao!», rispose Misaki, accennando un sorriso mentre le due gemelle rispondevano con un caloroso: « Ehi!»
« Come va oggi?», chiese Ayako, scrutandole il naso.
« Molto meglio, grazie. Ho passato una notte infernale, ma non ho avuto altri malori. L’infermiera mi ha addirittura dato il permesso di allenarmi, non devo strafare ovviamente», spiegò sincera.
« Fantastico, anche i ragazzi saranno felici di saperlo»
« Ah sì?», saltò subito su Saori.
« Certo, erano preoccupati», assentì tranquillamente Ayako.
« Ringraziali», rispose Misaki arrossendo un poco mentre Saori sbuffava.
« Spero però per loro che stiano più attenti la prossima volta», aggiunse Risa.
« Dire ad Hanamichi di stare attento è complicato, è un principiante. Non sa ancora controllarsi», spiegò Ayako, « ma ormai sappiamo come tenerlo a bada, quello è stato un caso fortuito».
« Vorrà dire che starò lontana dalla palestra», ridacchiò Misaki.
« Ma no! Sei la benvenuta! Anzi, siete le benvenute. Inoltre manca poco all’inizio del campionato, il 19 ci scontriamo con il Miuradai e siete ovviamente invitate».
« Noi abbiamo la prima partita il 20», constatò Misaki guardando sia Saori che Risa alla ricerca di una conferma, « potremo farci un salto, no?»
Le due gemelle non risposero, stupite da quella proposta.
« Beh, a patto che anche tu faccia lo stesso», aggiunse poi con un piccolo sorriso che fece ridacchiare Ayako.
« Sarebbe fantastico!», esclamò, « Affare fatto!»
« Entrambe le squadre hanno bisogno di tutto il sostegno possibile», e Misaki lo pensava per davvero, soprattutto dopo la lunga chiacchierata con la manager il giorno prima.
I sogni di quei differenti gruppi di atleti erano gli stessi, inoltre si sentiva bene in compagnia di Ayako - aveva superato lo scoglio della diffidenza e poteva parlarle tranquillamente.
« Esatto», assentì l’altra ed anche se entrambe desideravano continuare a chiacchierare, la campanella le riportò alla realtà costringendole a salutarsi e ad entrare nelle loro classi.
« Hai intenzione di fraternizzare con quegli scimmioni?», la interrogò subito Saori quando presero posto in attesa dell’insegnante.
Misaki sbatté gli occhi stupita.
« Ayako mi sembra simpatica», rispose innocentemente.
« Beh, andare alla loro partita però…», spiegò Risa, lanciando un’occhiata alla sorella che aveva in volto un broncio offeso.
« Non mi piacciono!», esclamò infatti.
« Non ti devono piacere, Saori! Siamo lì per Ayako e per sostenere la squadra come faranno che loro sicuramente!», si difese Misaki, « Abbiamo tutti lo stesso obiettivo».
« Vero ma… non innamorarti di quegli idioti, okay?»
Misaki non riuscì a non diventare rossa nel sentire quelle parole.
« Ma che d-dici, Saori?!»
« Dico solo che tutte vanno dietro a quel Rukawa! Non diventare un’oca come loro», tagliò corto la gemella, incrociando le braccia al petto.
« Non è male ma… non è il mio tipo», borbottò imbarazzata Misaki per poi alzarsi insieme a tutta la classe per accogliere l’ingresso dell’insegnante.
Alle volte proprio non riusciva a capire la sua migliore amica.
Sapeva quanto Saori fosse affezionata a lei e spesso scherzava sulla sua gelosia… tuttavia alcune volte le sembrava che gli scherzi della ragazza fossero intrisi di un fondo di verità e possessività.
Come se Saori fosse… innamorata di lei.
Misaki scosse prontamente la testa per allontanare quel pensiero e lanciare un’occhiata veloce alla sua amica, la stare seguiva la lezione con in volto ancora quello stesso broncio di poco prima.
Avrebbe voluto dire che era impossibile ma non ne era in grado. Quel dubbio si era insinuato in Misaki già da tempo, ma sfortunatamente era incapace di darsi una risposta concreta e poteva solo allontanare quel pensiero dicendosi che Saori, in quanto sua migliore amica, le avrebbe detto tutto… anche quella cosa.

 

Come promesso, Misaki cercò di non strafare durante l'allenamento, decidendo di partecipare solo al riscaldamento e ai fondamentali, premendo parte poi solo marginalmente ai vari schemi di gioco di attacco e difesa che l'allenatrice - Fumiko Fujiwara, nonché madre di Junko - faceva loro provare.
Avevano provato varie formazioni e passaggi e quasi tutti avevano dato dei buoni risultati, e anche se alcuni risultavano ancora un completo disastro, il morale della squadra al termine dell'allenamento si rivelò particolarmente alto... tuttavia il classico discorso dell'allenatrice le riportò con i piedi per terra.
« Alla fine di questa settimana ci scontreremo contro la squadra dell'istituto Ryugasaki», esordì la donna, facendo sedere sul pavimento le sue atlete, « è inutile dirvi che si tratta di un incontro ad eliminazione diretta e che pretendo il massimo da tutte voi»
« Certo Coach!», esclamò Risa divertita, « Le distruggeremo!»
Subito a quella sua affermazione si unì Saori con un urlo di battaglia che fece ridacchiare le altre.
« Non sottovalutate l'avversario», le riprese la donna.
« Non le stiamo sottovalutando», si difesero le gemelle che fungevano da trascinatrici.
« Sta di fatto che voglio vedervi serie senza prendere sotto gamba l'avversario, intesi?»
Le ragazze risposero affermativamente e vennero finalmente congedate.
Si concessero allora una veloce doccia poi, esauste ma soddisfatte, presero la strada per uscire dall'istituto.
« Siete state grandiose anche oggi», si complimentò Misaki camminando fianco a fianco alle gemelle.
« Avevi dei dubbi?», insinuò Risa.
« Beh, senza il mio supporto eravate perse», ribatté l'altra.
« Certo, come no. Credici!»
« Mi duole ammetterlo, ma Misa-chan ha ragione», rispose invece Saori afferrando il braccio dell'amica, « senza di te è diverso!»
Misaki arrossì, cercando di non ripensare ai dubbi che l'avevano colta quella mattina.
« Vero. Giocavamo meglio», ghignò Risa.
« Esattamente», esclamò Saori ridendo e Misaki, riprendendosi dall'imbarazzo, cercò di colpirla con la cartella - mancandola a causa dell'agilità dell'amica.
« Se vi prendo», le minacciò ridendo ed inseguendole, salvo poi bloccarsi quando notò le luci della palestra di basket accese.
Osservò le alte finestre illuminate e anche le gemelle, curiose, vi lanciarono un'occhiata.
« Si stanno ancora allenando?», domandò più che altro a se stessa la ragazza.
« Ma che ce ne importa?», ribatté Saori.
Misaki la guardò quasi pronta a proporre di andare a dare un'occhiata, anche se pensandoci bene era una cosa davvero stupida. Rinunciando a quell'idea cercò di sorridere.
« Torniamo a casa, dai», le incoraggiò lasciando alle sue spalle prima la palestra illuminata poi lo stesso istituto Shohoku.

 

Intanto, proprio dentro la palestra di basket, Hisashi Mitsui si stava allenando sotto canestro.
Era sudato ed anche parecchio stanco, ma soprattutto era anche un poco demoralizzato.
Anni prima avrebbe sostenuto quell'allenamento quasi senza alcuna fatica e quella stanchezza era soltanto il risultato del suo abbandono.
Doveva assolutamente riprendere le forze, recuperare in suo vecchio tono muscolare e l'agilità. Non poteva deludere il signor Anzai che era stato così generoso da accoglierlo di nuovo in squadra.
Gli doveva tutto e quello era l'unico modo che conosceva per ripagarlo folla fiducia che gli era stata concessa.
Riprese allora a palleggiare, provando una serie di tiri sotto canestro ed altri oltre la linea dei tre punti.
Aveva una buona media di realizzazione ma poteva ancora migliorarla, e con quei coraggiosi e speranzosi pensieri, continuò ad allearsi fino a tardi, arrendendosi solo quando le sue braccia iniziarono a rifiutare gli ordini.
Finì allora per trascinarsi fino agli spogliatoi dove si concesse una lunga e rilassante doccia prima di intraprendere la strada di casa.
Percorse il tragitto silenzioso e pensieroso, e una volta giunto a destinazione non si stupì di trovarsi davanti sua madre preoccupata per il suo ritardo.
« Hisashi...», pronunciò solo il suo nome senza aggiungere altro e Mitsui non poté non sentirsi in colpa.
L'aveva fatta soffrire tantissimo in quegli ultimi anni e lei, paziente, era sempre stata lì accanto a lui, pronta a medicarlo e a riscaldargli la cena anche contro il volere del marito - suo padre era molto duro con lui e credeva che le punizioni potessero farlo redimere.
Le sorrise togliendosi le scarpe.
« Perdonami, mi sono attardato in palestra ad allenarmi», le spiegò sincero.
A dirla tutta non si aspettava che sua madre ci credesse, ma aveva deciso di non mentirle più.
Doveva riconquistare la sua fiducia e ripagarla per tutta la pazienza che aveva dimostrato nei suoi confronti.
« Va bene», rispose la donna senza chiedere altro, fidandosi delle sue parole.
« Il papà?», domandò piano.
« Lavoro, non preoccuparti», lo rassicurò, facendogli poi strada verso la cucina, « ti riscaldo la zuppa», aggiunse.
Hisashi sorrise ancora e la seguì.
La fiducia che la donna riponeva in lui era sia dolorosa che piacevole e una parte di Mitsui desiderava davvero ringraziarla per tutto quello che stava facendo. Ma non sarebbe mai stato bravo con le parole, almeno non quando si trattava di aprire il suo cuore.
« Mamma?», la richiamò piano.
« Sì?»
La abbracciò senza dire altro, affondando il capo sui suoi capelli lisci e scuri, lasciando che fosse quel gesto a parlare per lui e a dire alla donna quanto le volesse bene.
« Ti voglio bene anch'io, piccolo mio», rispose lei, carezzandogli il capo con tenerezza, senza neanche tentare di nascondere il proprio sollievo.
Suo figlio era di nuovo lì, non lo aveva perso come aveva temuto in quegli ultimi tempi... e lei non aveva bisogno d'altro per essere davvero felice.

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