Malik, l'uomo che non può morire

di marialovezayn
(/viewuser.php?uid=506658)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** ho visto un'angelo ***
Capitolo 3: *** se ti bacio, mi dai uno schiaffo? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


       
 Aisha aveva deciso. Doveva mostrare ai altri quanto era coraggiosa.
Aveva deciso di tuffarsi dalla scogliera più alta, nel bellissimo oceano indiano blu.
Si tolse i capi d'abbigliamento rimanendo ,nel suo bikini rosa.
Fece un bel respiro ,guardando il cielo azzuro, si prese il naso tra il pollice e l’indice , e si tuffó.
Appena la sua pelle abbronzata venne accarezzata dall'acqua fredda dell'oceano ,si mise a gridare.
L'acqua era freddissima, e lei non riusciva piú a nuotare, perchè stava congelando.
Mentre continuava a scuotere le mani nell'acqua per restare a galla, vide in lontananza un soldato, che stava cucinando qualcosa su quei rami, che andavano a fiamme.
"Aiuto!" Urlò nella sua direzione, scuotendo una mano in aria.
Lui la guardò. Cominciò a mangiare il suo marshmallow, ormai cotto, guardandola  sempre silenziosamente.
“Ehi! Soldato! Aiuto!” urlò di nuovo, cercando di nuotare.
Il giovane soldato, aveva finito di mangiare il marshmallow e continuava a guardare la ragazza che gridava aiuto.
Aisha non riuscì più a rimanere in galla, e cominciò a scendere in fondo all’oceano scuro e blu.
Il soldato si tuffò nel meraviglioso oceano indiano.
Tirò fuori  con tutta la sua forza ,la ragazza dall’acqua, che ormai era completamente svenuta.
Le fece subito la respirazione artificiale , seguito da massaggio cardiaco.
Dopo un paio di minuti, la giovane cominciò a buttare fuori l’acqua che le era rimasta dentro.
Il soldato si alzò da lei,  e cominciò a sistemare i vari aggeggi sparsi vicino alla suo moto.
Aisha si sedette, e cominciò a fissarlo.
“ Che cazzo di soldato sei? Potevo morire! “ ringhiò Aisha.
Non era la classica ragazza timida, che arrossisce , quando vede un ragazzo super sexy, o quando quest’ultimo la sorride. Era tutt’altro. Coraggiosa, amichevole, arrogante , pazza, e non dava importanza agli uomini.
“Perché cazzo non rispondi soldato?” ringhiò ancora una volta.
Il giovane soldato non dava tanta importanza alle sue domande e si avviò verso la sua moto nera. dal viso super sexy , la sorrise, si mise gli occhiali da sole, e se ne andò via da lì lasciandola sola su quella riva.
La ragazza continuò a dire parolacce , di ogni genere. Solo quando sentì un delizioso profumo addosso a sé, si accorse che il giovane le aveva lasciato addosso la sua giacca militare. Aisha, sorrise per il gesto affettuoso ma poi cominciò a borbottare di nuovo fra se e sé. Si alzò da quella riva, tenendosi la giacca stretta alle spalle, e si incammino verso il posto in cui aveva lasciato i suoi abbigliamenti e il suo motorino.
 
 
“Capo, ecco gli indumenti di protezione.” Disse il soldato, inferiore al suo livello.
“Non ne ho bisogno.” Disse Zain, continuando a esplorare la bomba, con le mani nude.
“Capo, ma è una bomba! Si può far male!”
“Io non posso farmi male. Io non posso morire.” Detto questo Zain si alzò e si mise a cercare qualcosa nelle tasche dei pantaloni militari.
Spalancò gli occhi, quando non trovo più l’oggetto ricercato .
Quel oggetto era nella tasca del suo giubbotto militare che aveva regalato ad Aisha.
 
 
“Wow! Che bel tuffo! Sei una grande!” la complimentò Sarah.
“Già.”  Disse Aisha, facendo un sorriso soddisfatto.
Aveva filmato il suo meraviglioso  tuffo, e aveva tagliato la parte in cui cominciò a gridare.
Il sogno di Aisha, era quello di fare la reporter per la Discovery Channel, nella bellissima Londra . Diventare ricca, fare il lavoro che le piace, e trovare l’uomo giusto. Ogni tre mesi scaricava un ragazzo, perché non andava mai d’accordo con loro. Ma chissà, se i sogni della bella anglo-pakistana ,si potevano realizzare.   Era stata a Londra, quand’era piccola. I suoi genitori morirono in un’incidente stradale, quando erano venuti a ritrovare la loro patria, ovvero il Pakistan. lei aveva solo 3 anni, quando tutto questo fu accaduto. Non aveva nemmeno una loro foto. Era stata cresciuta in una comunità, in Pakistan.
La signora Christine Dover aveva lo sguardo fisso sullo schermo del suo portatile, nel suo bellissimo ufficio.
Aisha era seduta sulla sedia di pelle nera, davanti alla sua cattedra , con lo sguardo abbassato.
“Allora ,hai un buon soggetto per un documentario, il quale ti possa far venire con gli altri tuoi compagni a lavorare a Londra?” chiese la Dover, con lo sguardo ancora fisso sul suo portatile.
“ No. Ma le prometto che troverò qualcosa…”
“Aisha, sai che dobbiamo partire dopo 2 settimane. Se mi porti un documentario realizzato bene, prima della mia partenza, ti troverò un posto di lavoro a Londra, altrimenti niente.” Disse Dover interrompendo la frase della giovane.
“Ok. Non la deluderò!” disse convinta Aisha.
“Lo spero e ora fuori dal mio ufficio!” esclamò la Dover.
Aisha ritornò con il suo vecchio motorino, al suo piccolo appartamento preso in affitto.
Appena entrata in casa, buttò la giacca militare del giovane soldato, sul divano, finchè sentì il telefono squillare.
Prese il suo cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e guardò il display. Era Rich, il suo ex.
“Che rottura!” borbottò, premendo il tasto verde.
“Che vuoi?” chiese infastidita Aisha.
“Ehi, non si saluta più?” chiese lui in modo scherzoso.
“Ciao, va bene adesso? Che vuoi?” chiese la giovane, ruotando gli occhi per aria.
“Possiamo ritornare insieme? Io ti amo!”
“Ma io non ti amo più, semplice!”
“Ti prego, dammi una possibilità!”
“Ci penserò, ti chiamo dopo.”
Spense il cellulare cosi che non la chiami più, e lo buttò sul letto.
Non voleva avere nessun ragazzo, era troppo presa dal lavoro che doveva fare, per permetterle di andare a Londra. Era preoccupata, non sapeva che presentazione portare alla signora Dover.
Stava andando verso la cucina per bere qualcosa di fresco dal frigo, finche sentì un rumore.
Si girò, e vide un diario, che era appena caduto dalla tasca del giubbino militare.
Cominciò a camminare, verso l’oggetto caduto.
Lo raccolse e si sedette sul divano.
Lo aprì lentamente e sul primo foglio c’era scritto il nome di una persona.
“Zain Malik Jawaad.”lesse nella mente .
Girò il foglio e inizio a leggere il successivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** ho visto un'angelo ***



DIARIO ZAYN                                                         
-In un certo senso avevo già vissuto i 20 anni. Ma la mia vita, in realtà è iniziata oggi. A Londra.
Il primo giorno della mia storia. La prima volta che ho visto la neve cadere, e soprattutto la prima volta che ho visto un angelo correre sulla neve. Era una bellissima fanciulla, che stava correndo verso la chiesa. Era pallida, con due occhi neri bellissimi, e con i capelli color cioccolato fondente, che le cadevano sulla schiena, e con un lungo abito che le copriva le gambe. Sembrava costoso l’abito che indossava, ma le stava perfetto.
 Mentre correva di fretta, si girò verso di me. I nostri occhi, si incontrarono, ma subito dopo tolse il suo sguardo dal mio, ed entrò in chiesa. Lasciai la pala, con cui stavo spalando la neve, e la seguì all’interno dell’edifico religioso.
La chiesa era vuota. C’ero solo io e lei. Mi nascosi dietro a una colonna per ascoltare la sua voce.
“Dovevi far nevicare proprio adesso? Non potevi aspettare 10 minuti? È così costoso questo abito, che ormai è tutto bagnato!” disse la fanciulla al crocefisso.
“Comunque..” proseguì la ragazza, “sono usciti i risultati. Ho avuto il voto più alto all’università. Papà è felicissimo. Grazie. Ah, sì, e come ti avevo promesso, niente più cioccolata da oggi. Mai più te lo prometto.” Giurò la giovane, ma proseguì con un altro discorso , inginocchiandosi  davanti all’enorme crocifisso.“ Ok, ora ascoltami con molta attenzione, oggi abbiamo un compito molto importante. C’è una festa dalla migliore amica di mio padre, ma alla sua festa ci sarà la signora Benton. La Benton mi vuole appioppare il suo figlio banchiere. Ti prego, ti prego, fa che io non gli piaccia. Ora devi fare in modo che a papà non piaccia il banchiere, perché lo sai..io non posso litigare con papà. Quindi, per favore, per favore, per favore, non lasciare che questo accada, e prometto che…non berrò più alcool, mai più. Ok? Ti prego prenditi cura di quello che ti ho appena detto. Grazie” . Disse la ragazza, alzandosi e correndo via verso l’uscita della chiesa.
Mi misi a camminare lentamente nella chiesa, parlando con il crocifisso.
“Wow, Signor Gesù, che prove devi sopportare…lavoro duro, signore. Dio ti benedica signore.”
Uscì dalla chiesa anch’io e la vidi che si stava sedendo in una bmw, e dopo un paio di secondi se ne era già partita.
“Ehi, Zayn! Che stai facendo qui?” mi urlò il mio collega dal finestrino del suo furgoncino, in moto.
“Ehi!” dissi io tranquillamente.
“Avresti dovuto finire entro l’ora di pranzo!”
“Non si preoccupi, signor Jack, Finirò in 20 minuti. Sarà tutto completamente pulito, rasato e splendente, questo prato.” Dissi io ritornando al presente e dimenticando l’immagine della ragazza.
“Passo a prenderti tra mezz’ora, fa in modo di aver finito” disse il collega guidando di nuovo il suo furgoncino.
“si si, ci vediamo dopo. Ciao ciao.” Dissi cercando di liberarmi . ripresi la pala e incominciai di nuovo il mio lavoro.
 
“Andiamo Niall, è mattina, alzati. “ chiamai il mio coinquilino irlandese.
Abitavamo in due in un monolocale. Piccolo ma abbastanza carino. Niall era disoccupato, perciò abitava assieme a me. Ci siamo conosciuti in una tavola calda, e da lì siamo diventati inseparabili.
“Ti ho preparato la colazione. Londra ha aperto le braccia e ti chiama.” Dissi mettendo il piatto di Pancake alla nutella, sul tavolo.
“No, ti prego ancora 5 minuti!” mi rispose il biondo, nascondendosi tra le coperte calde.
Andai verso il suo letto a castello e cominciai a tirargli giù le coperte.
“Andiamo, alzati! Sbrigati! Oggi  hai un’ appuntamento con Jenny ricordi?”
“Ohi!” disse cadendo dal letto.
“ Si ricordo l’appuntamento, ma è ancora presto, e poi col cavolo che Londra ha le braccia aperte per me, non mi dà neanche mezza giornata di lavoro!” Ringhiò Niall alzandosi da terra.
“Londra è arrabbiata con me! Mi sa che dovrò ritornare Mullingar! E poi il signor Spancer ha chiesto l’affitto , ma noi non abbiamo soldi per pagare! E dice che dobbiamo svuotare l’appartamento oggi!” disse sedendosi sulla sedia davanti al gustoso pancake fatto da me, con un’aria triste.
“Ehi, amico non preoccuparti! Spancer se la vede con me. Tu goditi il pancake!” lo rassicurai , dandogli una pacca sulla spalla e facendogli un occhiolino.
“Ok. Sei proprio un’ amico.” Mi disse con voce affettuosa.
Sorrisi, lo salutai e uscì fuori dall’appartamento, con la mia chitarra.
Facevo tanti lavori a Londra. Il pescivendolo, il giardinaio, e infine il cantante. Non ero un cantate famoso, come tanti. Ero un cantante, che cantava suonando la sua chitarra per le strade di Londra, per le mance. Era la mia passione cantare, e usavo la mia passione come lavoro. I soldi che guadagnavo non erano tanti. Erano pochissimi. Riuscivo, appena appena a sfamare me ,e il mio coinquilino che era disoccupato. Cantavo ogni mattina una canzone scritta da me. Era scritta metà in inglese e metà in Punjabi, ovvero la mia madre lingua.
Andai in centro e iniziai a cantare, in mezzo a tutta le gente.
“Cosa cerca questo viandante pazzo?
Dov’è la mia casa?
Chiede ad ogni passante
Se ne va in girò con un sorriso
E con una lacrima
Se ne va in giro senza un meta
Di strada in strada
Diventando parte di ognuno
Eppure nessuno lo chiamerà suo
Se ne va in giro senza un meta
Di strada in strada
Cosa cerca questo viandante pazzo?
Immerso nei colori dell’arcobaleno
Con la voce di un usignolo
Con passi irradiati dalla luce del sole
Con poca ombra per raffreddarsi
Cerca la luna in mezzo a nuvole scure
Ascoltando il canto muto del vento
Questo mio amico è ovunque
Invisibile agli occhi, con un profumo fragrante
Cosa cerca questo viandante pazzo?
Cosa cerca questo viandante pazzo?
Con l’amata, non si trova, né si separa
Prigioniero d’amore , mai senza catene
La tua promessa di apparire in sogno
Tiene il sonno lontano dai miei occhi
Il mio respiro diventa più rapido
Le forze mi abbandonano”.
Mentre continuavo a cantare, e le varie persone porgevano, varie monete nel mio capello, che era per terra, trovai di nuovo l’immagine di quella ragazza vista in chiesa difronte a me.
Era più bella dell’altra volta, soprattutto ora che la vedevo da più vicino.
“Primi piani che uccidono.” Pensai guardando il suo viso dolce e innocente.
La bellissima fanciulla mi sorrise e porse sei monete nel mio capello.
Dopo avermi dato le mance, si rialzò e mi sorrise ancora, e dopo di che la vidi andare via alle mie spalle. Io non capivo cosa fare. Non riuscivo ancora a credere, che fosse lei.
Mi girai a guardarla, mentre lei mi dava le spalle e camminava tranquilla. Aveva un addosso un capotto nero di pelliccia, i capelli erano legati in una coda di cavallo, aveva degli stivaletti ai piedi, e infine le si vedevano le belle lunghe gambe chiare. Era stata la prima persona che mi aveva dato così tante monete.
“Grazie” mimai con le labbra, raccogliendo il cappello da terra.
 
 
 
“Ehi! Zayn” mi salutò Oliver, dandomi un cinque sulla mano. Oliver era il mio capo, dove lavoravo come pescivendolo.
Gli sorrisi e cominciai a sistemare i gambaretti nelle varie scatole di plastica.
“Sentì Zayn.” Mi chiamò Oliver, e io mi girai verso di lui.
“ti conosco da poco, e mi sembri un ragazzo apposto. Senti , se ti stanchi mai di questo lavoro, ho un lavoro che ti aspetta in uno dei miei ristoranti a 5 stelle. “
Non ci credevo ancora a quello che aveva appena detto.
“Grazie mille, signore.” Gli risposi prendendo il foglietto, che mi stava porgendo, con sopra scritto l’indirizzo dell’ hotel.
 
 
Nuova divisa, nuovo taglio di capelli, scarpe nuove. Oddio non ci credevo ero elegantissimo anche vestito da cameriere. La sera c’era una festa al grande hotel,  ed era pieno di gente e ragazze belle, tutti con vestiti molto aristocratici. Mentre servivo alcuni piatti ad una famiglia inglese, sentì qualcuno parlare al microfono. Era un signore, con dei allineamenti sul viso un po’ asiatici.
“Gentili signori e signore. Grazie per essere venuti a celebrare il fidanzamento di mia figlia. Diamo il benvenuto a mia figlia Maria e il suo promesso sposo Harry Styles.” Disse la voce del microfono.
Vidi in sala, entrare una bellissima ragazza. Aveva lo sguardo abbassato, ma solo quando lo alzò la riconobbi in meno di un secondo. Era sempre lei. La ragazza, che ieri mi aveva regalato sei monete. La ragazza della chiesa. La fissai attentamente. Era bellissima, anzi perfetta come sempre.
Il “tizio” riccio che le prendeva per la mano, mi faceva schifo. Si, ok ,ero geloso. Ma se loro due si amano, chi sono io per separarli? Fissai attentamente Maria, che gli dava la sua bella, chiara, e delicata mano sinistra. Il riccio, infilo l’anello d’argento nel suo dito annullare. L’annullare. L’unico dito che si collega con la vena del cuore.
L’accessorio d’argento le stava benissimo, ma lei non sembrava felice. Aveva un’aria disorientata e disperata. Non ci pensai tanto, perché ormai l’avevo già persa. Ora lei possedeva a qualcun’ altro.
La festa finì verso mezza notte ,e io uscì nel retro del ristorante, per buttare via il grosso sacco nero di spazzatura nel cassonetto. Vidi la ragazza dei miei sogni seduta su una panchina , fumare una sigaretta.
Maria mi diede un’occhiata, mentre buttavo il sacco nel cassonetto, e sistemavo i vari rifiuti vicino a esso.
“Hey, non sei mica quel ragazzo che canta quella canzone del “viandante”?” mi chiese.
Mi girai attorno per guardare se domandava per caso a  qualcun altro, ma la domanda era rivolta proprio a me, visto che non c’era nessuno nei dintorni a parte me e lei.
“Sì, proprio lo stesso.” Confermai sistemandomi il gilet nero, e cominciai a guardarmi attorno.
“Cosa stai facendo qui?”
“Signora, nella sua cara Londra è molto difficile guadagnare sterline, non è possibile comprare da mangiare con un solo posto di lavoro, quindi faccio il doppio turno.”
Mi girai verso gli altri sacchetti neri di rifiuti e cominciai a sistemarli, facendo finta di niente.
“Quindi, signor Gesù non l’ha ascoltata?” le chiesi stampandomi un sorriso, mentre sistemavo ancora la roba.
“Cosa?”
Mi girai a guardarla. Mi  fissava con gli occhi spalancati, pieni di paura.
“Quel giorno in chiesa, ha detto al signor Gesù, di fare in modo di non piacere a quel ragazzo, ma oggi lei si fidanza.”
“Come fai a sapere queste cose?” mi chiese tirando un tiro dalla sua sigaretta.
“Quel giorno fuori dalla chiesa, spalavo la neve.” Confermai.
“ Ascoltare le confessioni degli altri non è una bella cosa. “ disse lei con tono freddo.
Abbassai lo sguardo. Ecco , ne avevo già combinata una.
“e per tua informazione quel giorno non ha funzionato con quel ragazzo.” Disse sorridendo.
Alzai lo sguardo e la vidi sorridere verso di me.
“Il Signor Gesù mi ha ascoltata, come mi ascolta sempre.” Disse con tono soddisfatto.
“Conosco Harry da tanti anni , è un bravo ragazzo, e io sono molto felice.” Disse sorridendomi, tirando un altro tiro.
“Non sembra.” Dissi io.
“Che cazz? Oggi è il giorno più importante della mia vita, e sono molto, molto felice. Capito?”
Mi stava mentendo , me l’ho sentivo.
“Veramente no.” Risposi.
Lei si girò verso di me incarnando un sopracciglio.
“Perché quando quel bravo ragazzo, le stava infilando l’anello, lei non lo stava guardando negli occhi. Ma guardava tutti gli altri.E ora ha lasciato la festa, e se ne sta seduta qui da sola, perché? E perché sta cercando di spiegare la sua decisione  di un estraneo?”
Mi guardo con un’aria di disprezzo ma allo stesso tempo adorabile, come se io avessi capito qualcosa di lei. Come se le dicessi la verità.
“Vieni Maria, lo zio sta impazzendo a cercarti!”
Una voce femminile ci interruppe.  Era una ragazza che la chiamava, che era vicino alla porta del retro dell’hotel.
Maria si alzò subito, spense la sigaretta con la sua scarpa nera col tacco, mi fissò per un paio di secondi nei occhi e se ne andò via. Si, le avevo detto, tutto quello che lei provava veramente.
  Vi prego recensite in tante, voglio sapere se la storia vi è piaciuta oppure no. se posso ancora continuarla o meno.
<3 <3
se volete ricambio le recensioni. :))

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** se ti bacio, mi dai uno schiaffo? ***




 Il tardo  pomeriggio , del giorno dopo mi ritrovai nella splendida città di Londra, a cantare la mia canzone preferita ormai. Il viandante.
 Mentre ero nell’angolo della piazza, seduto, a contare le monete che avevo guadagnato oggi, mi ritrovai davanti delle bellissime gambe chiare. Le riconobbi in un batter d’occhio. Alzai lo sguardo ed era lei. Maria.
Mi porse sulla mano delle banconote.
“Sono 500 £. Per un’ora del tuo tempo ogni giorno, per un mese”.
Mi spaventai guardando quelle banconote. Non avevo mai visto così tanti soldi.
“Chi devo uccidere?” le chiesi in tono scherzoso.
Lei mi sorrise. Quello ,era il sorriso più bello che avevo visto in vita mia.
“Dovrai insegnarmi a cantare.”
Sorrisi. Mi alzai e le sorrisi di nuovo.
“Perché vuole imparare a cantare da  me?”
“Mio papà è di Lahore, e ha sempre voluto che parlassi il Punjabi , ma non sono mai stata in grado di imparare. Il mese prossimo sarà il suo 50° compleanno, e voglio fargli una sorpresa cantando una canzone in Punjab. Come..come quella che canti tu.”
“Oh,haha.”
“Allora, mi insegnerai?”
“500 £ mi cambierebbero la vita, ma se prendessi questi soldi, potrebbe andare anche peggio. “
 Lei m guardò, incarando un sopracciglio.
“Mi spiego.” Dissi, e continuai ” mia madre mi ha insegnato ,mai prendere soldi per insegnare a qualcuno, ha capito il mio problema?”
“Quindi , se è così insegnami senza prendere soldi.” Disse con tono soddisfatto.
“Signora, le posso sembrare stupido ma io non lo sono.”
“Ok.” Ripose lei con tono freddo, girando i tacchi.
“Ok, un minuto, un secondo, possiamo fare un accordo?” le corsi dietro prendendole la mano.
“Io le insegnerò bellissime canzoni in Punjabi, e in cambio lei m’insegna a parlare come un gentiluomo.  
È un bel affare vero?”
Rimase un po’ confusa per, quelle parole. Ma annuì sorridendomi.
Da quel giorno in poi, passavamo molto tempo insieme.
Ogni pomeriggio ci trovavamo nel parco della città, e ci insegnavamo canzoni e farsi da gentiluomo a vicenda. L’accompagnavo spesso anche in chiesa.
 
 
“Quanto si da è quanto si ottiene. L’ho imparato nella vita, ma se ognuno a chiedere di più e nessuno dà indietro, allora non ci sarà niente da condividere?” disse la mia ragazza dei sogni accendendo una candela in chiesa, mentre io ero seduto su una di quelle panchine di legno.
“Per ottenere qualcosa devi perdere qualcosa” disse avvicinandosi pian piano a me.
“Ah, quindi è per questo che continui a fare i patti col signore Gesù? – le chiesi divertito.
Mi alzai e mi misi di fianco a lei mentre camminavamo verso l’uscita.
“Non sono patti..sono preghiere che faccio seriamente, ed è per questo che il tuo signore Gesù mi ha accontentato in tutto quello che gli ho chiesto.”
Feci una brevissima risata.
“ok, digli di insegnarti a cantare.” Le dissi divertito.
“Non ti preoccupare, ne ho già parlato con lui.”
“Davvero…il signor Gesù sa parlare il Punjabi?” le chiesi divertito.
Lei mi diede una spinta col gomito e si mise a ridere pure lei. Mi piaceva vederla ridere. Era bellissima.
 
 
Io, grazie a lei ero diventato più bravo a parlare in inglese.
“Ho cantato bene?” mi chiese poggiando la mia chitarra contrò il tronco della grande quercia. Eravamo seduti su un tovagliolo, rosso a scacchi. Io mi divertivo a mangiare le patatine fritte, mentre lei era troppo impegnata a cantare il “Punjabi”.
Scossi la testa, in segno di no.
“Ma che cazz? Questo è così ingiusto! Io ti ho insegnato così tante cose, e tu non sei in grado di insegnarmi  una canzone?”
“Hai già imparato a cantare. Stai anche parlando un perfetto Punjabi, la melodia va anche bene.”
“Qual è il problema allora?”
“Il problema è che non prova gioia quando canta, solo paura!” le confermai.
“Paura di disturbare quella donna vestita di bianco” dissi indicando l’anziana ,che ci passava vicino.
“Se non riesce a cantare di fronte a due o tre sconosciuti, come farà per cantare per un centinaio di persone alla festa?”
“Vaff..!” borbottò , prendendo e lanciandomi la chitarra quasi sulla mia bellissima faccia.
“Ora questo ti è piaciuto faro, eh? Signorina Maria, la ragazza dalle buone maniere, che in realtà, non è.
Lei è quella ragazza che scappa fuori a fumare una sigaretta, e che continui a imprecare varie parolacce.”
“Non sono quella ragazza.” Mi disse con una faccia da cucciolo, a poco dir dolcissima.
“Mi serve il suo telefono per favore, mi scusi. “ dissi prendendo il suo cellulare di ultima generazione.
Composi il numero.
“Ciao, Danielle. Sono io Zayn. Voglio portare una amica alla tua festa ok? Ok, ti chiamerà lei, quando sarà giunta alla festa. Lei è un tipo timido...rendila un po’ come te. Insomma sexy, ecc… Ok? Ci sentiamo sta sera. Ciao.” Misi giù il suo telefono e la guardai soddisfatto per quello che avevo fatto.
“Daniell, lavora con me al ristorante con il suo ragazzo Liam. Ogni domenica andiamo in qualche locale a bere un po’, telefonale dopo le sei.” Dissi alzandomi da lei, prendendo la mia bella chitarra classica in mano.
“Ah, li non ti conosce nessuno. Per una notte ascolti solo il suo cuore, signorina.”
“Perché stai facendo questo?”
Portai il mio volto vicino al suo .
“Perché voglio mostrarle chi lei è veramente.” Le dissi soffiandole le labbra.
La lasciai lì da sola, e mi incamminai verso l’altra parte del parco cantando la mia solita canzone. Ma questa volta non cantavo per le mance, ma solo per me stesso.
 
Andai alla festa verso la tarda sera. C’erano troppe ragazze sexy, troppi che ci provavano e infiniti ubriachi.
Vidi , Liam che aveva preso in braccio Danielle, e si divertiva a farla girare su se stesso. Io ero in cerca della mia fanciulla e finalmente la trovai. Tutti la mangiavano con gli sguardi. Lei era agitata e spaventata. Mi andava di abbracciarla, per farla sentire al sicuro, ma rimasi al bancone per guardare che combinava. Pian piano guardandosi mille strane facce strane attorno, raggiunse il bancone dove c’ero seduto io. Lei non mi notò, e continuò a guardarsi attorno. Avevo bevuto un po’, visto che ero arrivato, , prima alla festa, e non sapevo che fare,  ma, ero ancora ben cosciente della situazione, o almeno credo.
“Ehi, ciao principessa!” la salutai.
Lei si girò verso di me e fece un respiro di sollievo.
“Piacere Pitbull!” le dissi porgendole una mano. Ok, forse ero un po’ ubriaco.
Lei mi guardò con un sopracciglio incarnato.
“Piacere Maria Stella Gelmini.”  Rispose lei, dandomi la stretta di mano, divertita.
“Italiana?” le chiesi divertito.
“No. Pakistana.”
“Non sembri, assolutamente pakistana.”
“ Tu invece sì, sembri completamente un pakistano. “ disse divertita.
“Ah, non ti piacciono i pakistani?” le domandai.
“Neanche un po’.” Disse lei facendomi una faccia disgustata.
“Come mai?”
“Sono molto noiosi. A me piace un po’ di pericolo in un uomo.” Disse lei con un sorriso malizioso.
“Quindi, allora questo posto è come un buffet per te, e comunque, da quando sei arrivata sono tutti , in attesa della tua scelta. Fai la tua scelta.” Le dissi, portandomi la cannuccia del cocktail in bocca.
Lei si guardò attorno, e notò tutti gli occhi dei ragazzi puntati su di lei.
“Non vedo nessuno di interessante qui. Nessuno che cammini fianco a fianco con me, e che mi guardi negli occhi e rubi il mio cuore.” Mi disse guardando.
“Buona fortuna, bambina pakistana.” Le dissi posando il bicchiere di alcol sul bancone e allontanandomi da lei.
“Ehi, Pitbull!” mi richiamò Maria.
Mi girai verso di lei .
“Ti arrendi troppo facilmente!” disse lei divertita.
Alzai le spalle dicendole:
“Non stavo nemmeno provando.”
“Perché, non ti piaccio?” mi chiese lei con un sorriso divertito sulla faccia, scuotendo i suoi capelli con la mano.
“Mi piaci, ma al momento stai cercando qualcos’altro. Quando ti stancherai, tornerai qui.”
“E se non lo faccio?”
Feci una breve risata.
“Tu tornerai.”
Lei rimase di pietra per quella frase.
“Perché di uomini che camminerebbero al tuo fianco, che ti guarderebbe negli occhi, e che ruba il tuo cuore… non c’è nessun altro qui…”  le dissi sorridendole, andando via da lei ,poi.
Dopo essermi allontanato dal bancone, vidi una ragazza correre verso di me.
“Ehi, Zayn!” mi salutò Eleanor, una mia vecchia amica.
“Ehi, ciao!” la salutai abbracciandola.
“Vieni a ballare?! Ti prego! “ mi chiese Eleanor.
“Lo chiedi alla persona sbagliata. Io non so ballare.” Le ricordai.
“Non c’entra niente! Stiamo facendo dei balli di strada! Perciò puoi muoviti come vuoi! Dai! “ mi prese la mano e mi costrinse andare verso la folla che ballava.
Tra folla, c’era una ragazza che mi sembrava di averla già vista.
Aveva un top nero, e una gonna cortissima, con un capello da cowboy nero in testa e degli occhiali da sole. Riconobbi gli stivaletti della giovane ballerina. Era Maria. Non mi sembra che aveva questi vestiti, di sicuro glieli avrà prestai Danielle.  Andai verso di lei e iniziai a fare il ballo di strada con lei. Si divertiva tantissimo, e non era ubriaca. Stava muovendo il bacino divertendosi fregandosene del giudizio degli altri. Ballammo per molto, finchè il locale non decise di chiudere.
 
 
“Oh, Zayn! Grazie, grazie, tantissimo! Grazie a te ora ho più autostima in me stessa! Non mi sono mai divertita così tanto!” continuava a dirmi Maria, mentre aspettavamo la metro.
“lo sai che in realtà sei una dura, come sei nata in una famiglia così, non riesco proprio a capirlo. Comunque mi ha fatto piacere, per il fatto che tu ti sia divertita!” le dissi sorridendole.
“Se sono così dura, allora non essere mio amico!”
Mentre lei camminava sulla linea gialla, divertendosi, poco distante dal binario, io mi sedetti su una panchina fredda.
“Chi vuole essere amico? Ora che mi sono innamorato di te, che ci posso fare eh?”
Sentì Maria ridere forte.
“Non sto scherzando, ci sono cascato per davvero…amore”  dissi.
Vidi Maria, che aveva smesso di camminare sulla linea gialla e mi ascoltava.
“ e questo tuo atteggiamento da dura, che nascondi dietro a questa persona educata, chi mi ha intrappolato?” dissi guardando il soffitto .
“Zayn.” Sentì la sua voce tremare.
“Sì, lo so..Ti stai per sposare con quel  ragazzo inglese, e ora il nostro contratto di insegnarti a cantare è finito, quindi non c’è alcun motivo per incontrarsi ancora… quindi tranquilla…il tuo treno è qui tra qualche secondo, tu vai per la tua strada e io per la mia… fine. “
Maria rimase in silenzio a guardarmi. Non era più la ragazza che pochi minuti fa’ ballava per la stazione, di felicità. No. Era triste, e silenziosa. Pian piano se ne andò a sedere su una panchina poco distante da me. Rimanemmo in silenzio. La metro, dopo qualche minuto si fermò alla nostra fermata. Maria mi guardò. Pian piano si alzò e andò verso la metro. Stava per salirci, quando le chiesi :
“Maria!”
Lei si girò di scatto.
“ se ti baciassi… mi daresti uno schiaffo?”
Maria era di sasso. I suoi occhi neri, continuavano a fissare i miei castani.
Mi alzai con le mani nella tasca dei jeans.
“Non penso che mi darai uno schiaffo. “ le dissi camminando lentamente verso di lei.
Le porte della metro si erano chiuse, ed era partita.
Maria non se accorse della metro, e continuò a fissarmi.
Cominciai a camminare verso di lei. Più mi avvicinavo e più lei sembrava che avesse paura.
Quando la raggiunsi, la fissai nei occhi.
Avvolsi la sua schiena con il mio braccio e la tirai a me. Sentì il suo respiro pesante.
Le accarezzai il viso e portai le mia labbra, vicino le sue. Prima di baciarla, le guardai di nuovo gli occhi. Ed erano ancora lì nella sua stessa posizione, lì che fissavano ancora i miei.
Le leccai il labbro inferiore e subito dopo la baciai. La mia lingua giocava con la sua.
Dopo averla baciata, le diedi un bacio sulla fronte.
“Non mi ha dato uno schiaffo…Non mi ha dato uno schiaffo.” Le dissi soddisfatto e me ne andai via, lasciandola lì da sola.
Ero felicissimo quel giorno.  Ero ritornato a casa, con un enorme sorriso stampato sul mio faccino.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2161762