Never stop hoping.

di Jade Tisdale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. Incontro inaspettato. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Mentire a fin di bene. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Piangere. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Non avere paura di dire ciò che pensi. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. Tu mi dai la forza per andare avanti. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. Presto smetteremo di soffrire. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. E' stato solo un brutto incubo. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. Puoi farcela, devi solo crederci. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. Lotteremo insieme, fino alla fine. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. Grazie per esserci sempre stata. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. Ho bisogno di te, amore mio. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. Anche noi avremo il nostro lieto fine, insieme. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. Incontro inaspettato. ***


Capitolo 1.

 

Quella mattina, quando aprii gli occhi, mi misi a fissare il soffitto per pensare. La sera precedente ero svenuta e Jennifer mi aveva portata in ospedale. "Andrà tutto bene" mi diceva stringendomi la mano. Ricordo solo che ero sulla barella con lei al mio fianco e un attimo dopo, evidentemente, ero svenuta un'altra volta. E in quel momento mi ritrovavo lì, coricata nel letto di quella stanza dell'ospedale, a guardare il soffitto. Ero a pezzi: mi faceva male tutto il corpo. Praticamente ero senza forze. Girai il collo alla mia sinistra piano piano e mi resi conto che non ero sola. C'era un uomo nella mia stessa stanza, ma era girato di spalle e quindi non potevo vederlo. Dopo poco, evidentemente perché aveva capito che lo stavo osservando, si girò di colpo verso di me. Ci guardammo entrambi, stupiti.
"Non posso crederci..." sussurrai.
"A-Ashley... Sei davvero tu?"
Deglutii.
"Si Scott, sono io."
Restò di sasso nel vedermi. Ormai era da più di un anno che ci eravamo lasciati e non avevamo avuto più nostre notizie. Mai più avremmo immaginato di rivederci in ospedale, per di più nella stessa stanza.
"Oddio Scott... E' passato così tanto tempo... Non sei cambiato affatto!" esclamai.
"Nemmeno tu! Beh, a parte i capelli, che hai ritinto di color castano."
"Come piacevano a te, giusto?"
Dopo quella frase ero di sicuro rossissima. 
"Che ci fai qui?" chiesi per cambiare argomento..
Lui sospirò e mi fece un piccolo sorriso.
"Avrei preferito che tu non lo sapessi ma... Ho un cancro al cervello."
Restai a bocca aperta. In quel momento, mi sembrò come se qualcuno mi avesse tirato un pugno nello stomaco. Scott aveva un cancro al cervello e non voleva dirmelo? Sarò pure la sua ex, ma credo che avevo tutto il diritto di saperlo. 
"Ah, mi dispiace tanto..." dissi con la voce tremante.
"Non fa niente. Ormai è un bel po' di tempo che ci vado dietro..."
"Quanto, per la precisione?"
Non rispose. Girò la testa dall'altra parte e fece finta di niente. Io, a mia volta, feci la stessa cosa.
"E tu, che ci fai qui?" mi chiese ad un tratto.
"Ieri sera sono svenuta e Jenny mi ha portata qui."
"Sei svenuta? Allora credo che abbiano sbagliato reparto! Insomma, questo è il reparto di cancri e tumori..." disse ingenuo della situazione in cui mi trovavo.
"Ho un tumore al seno, Scott."
Forse mi sbagliavo, ma notai un po' di tristezza nei suoi occhi.
"Non so che dire..."
"Nemmeno io." ammisi.
"Cosa ti hanno detto al riguardo?"
"Che non possono stabilire niente, per adesso. Dopodomani farò un esame, ma siamo solo a novembre e dicono che dovrò aspettare più di un mese per gli esiti. Ma io non sono molto ottimista..."
"Perché no? Un tumore è curabile."
Deglutii.
"C'è solo il venti per cento di probabilità che io sopravviva, trenta con le cure adeguate. I soldi per le medicine ce li ho, ma è la forza che mi manca..."
"Forza? Vuoi dire morale?"
"No, intendo fisica. Sto perdendo il controllo del mio corpo. Svengo, ho dei cali di pressione, molto spesso sento le ossa a pezzi e fatico sempre di più a reggermi in piedi. Dovrò restare per un po' di tempo in ospedale e nel frattempo mi faranno fare degli esercizi per le gambe, ma non sono in grado di assicurarmi che riuscirò a camminare. Non per molto..."
Girai il volto dalla parte opposta, di nuovo. Sentivo che stavo per piangere e non volevo che mi vedesse.
"Mi sei mancata, sai?" disse come per attirare nuovamente la mia attenzione.
"Ti ricordo che sei stato tu a lasciarmi."
"Già, è vero... Però mi sei mancata." ammise.
"Uhm, anche tu..." borbottai.
"Dici sul serio?"
"No!"
Sul suo volto si formò un'espressione dispiaciuta.
"Sto scherzando scemo!" dissi scoppiando a ridere.
"L'ho sempre detto che eri troppo brava a recitare!"
"Se non fosse stato così a quest'ora non farei l'attrice, non credi?" sottolineai. 
Mi sorrise.
"Ho sentito che tu e Chris vi siete fidanzati poco dopo la nostra rottura."
"Già..."
Non avevo voglia di ritornare sull'argomento fidanzato, non in quel momento.
"Quindi ora siamo come, compagni di stanza?" chiese all'improvviso.
"Certo, se vuoi definirci così!" 
Ci scambiammo un sorriso d'intesa. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Mentire a fin di bene. ***


Capitolo 2.

 

Il giorno seguente, quando mi svegliai, erano le undici passate e Scott non era nel suo letto. Proprio in quel momento, come se mi avesse letto nel pensiero, entrò nella stanza e chiuse la porta piano.
"Ciao Scott." dissi attirando la sua attenzione.
"Ash, credevo dormissi..."
"Mi sono appena svegliata." dissi con un mezzo sorriso. "Dove sei andato?"
"Sono stato un po' nel cortile. I dottori dicono che prendere un po' d'aria fresca faccia bene al mio corpo, soprattutto quando mi sento debole o respiro male."
"Allora dici che vale lo stesso per me?"
"Può darsi. Ma è meglio che tu stia qui adesso. Fai ciò che ti dicono."
Sbuffai. Volevo uscire anch'io, non respiravo aria autunnale da due giorni e la cosa mi pesava molto. Avevo tanta paura che molto presto non sarei più riuscita a camminare o a fare altre cose. Ancor di più, temevo che me ne sarei andata presto, troppo per sopportare la cosa.
"So a cosa stai pensando." disse Scott venendo vicino al mio letto. "La risposta è si, ce la farai."
"E se non fosse così? E se l'esito dell'esame fosse negativo?"
"Non dovrai mai perdere la speranza. Anche se l'esito fosse negativo."
"E come faccio?" chiesi cominciando a piangere.
"Devi, sennò farai soffrire anche le persone che ti stanno accanto."
Mi asciugai le lacrime e cercai di riprendermi.
"Ho ventotto anni. Ho paura di morire. Non sono pronta..."
"Nessuno è pronto a morire. Tutto abbiamo paura che possa capitare da un giorno all'altro, ma andiamo avanti e portiamo a termine la giornata, no? E' ciò che devi fare anche tu."
"E che mi dici di te?"
Fece scena muta, ma quella volta volevo spiegazioni e sarei andata fino in fondo.
"Allora?" dissi impaziente.
"Io la speranza l'ho persa. Ashley, ho un cancro al cervello, dovresti capire da sola..."
"Invece no, devi rispondere tu. Come ti hanno detto che andrà a finire?"
"Hanno detto..." sospirò. "Hanno detto che non sanno dirmi per quanto tempo vivrò ancora. Può darsi un mese, un anno, come un giorno o poche ore. Sono nella confusione più totale e fidati, io ho più paura di te. Ma vado avanti ed è ciò che dovresti fare anche tu."
"Purtroppo so di non potercela fare. Non sono abbastanza forte da sopportare tutto questo da sola."
"Ma tu non sei da sola, è questo il punto! Hai tutta la tua famiglia pronta a sostenerti!" esclamò. "Poi, se ciò non dovesse bastare... Ci sono anch'io."
Lo guardai fisso negli occhi per evitare di guardargli le guancie, che erano rosse.
"Lo superemo insieme, qualunque cosa accada, va bene?" disse stringendomi la mano.
"Va bene..."
In quel momento, mi tornò alla mente come fosse stato bello il periodo in cui ero fidanzata con Scott. Con lui ero davvero felice e sapeva sempre come tirarmi su di morale, proprio come aveva fatto in quel momento. Poi, senza un motivo valido, lui mi aveva lasciata e non si era più fatto sentire. Che non mi amasse più? Oppure semplicemente la nostra rottura era legata al suo cancro? Non sapevo proprio cosa pensare e decisi che avrei dovuto chiederglielo al più presto.

 

"Chi è?" chiesi sentendo qualcuno bussare.
"Signorina Tisdale, sua sorella è venuta a trovarla. Vuole che la faccia venire o preferisce riposare?"
"No no, la faccia pure salire."
L'infermiera se ne andò e dopo circa cinque minuti, Jennifer entrò con un grande sorriso stampato in faccia.
"Ashley, come stai?" mi chiese dandomi un bacio sulla fronte.
"Bene, per modo di dire."
"Le gambe?"
"Mi fanno male, ma è un dolore sopportabile."
"Hai mai più camminato da quel giorno?"
"No..." ammisi. "I dottori mi hanno detto di stare ferma. Prima di fare gli esami non vogliono rischiare che io cada o mi faccia del male."
Voltò lo sguardo verso il letto di Scott e mi guardò alzando un sopracciglio.
"Credevo di aver chiesto una camera singola..." disse riflettendo.
"Evidentemente si sono sbagliati..."
"Vuoi che vada a chiedere di cambiare stanza?" chiese alzandosi dalla sedia.
"No!" urlai. "Cioè, no, va bene così..."
Alzò nuovamente il sopracciglio.
"Chi è? Qualcuno che conosci? Una donna? Un uomo?" disse quasi come se fosse un interrogatorio.
"Ehi, calmati!"
"Calmarmi? Sei tu quella che ha urlato!" esclamò con una risata. "Avanti, chi è?"
Deglutii e cominciai a tremare.
"Scott." 
Dissi il suo nome con una dolcezza tale che aveva stupito pure me. Jennifer lo notò e mi fece un sorrisetto d'intesa.
"Come avete fatto a capitare nella stessa stanza?" mi chiese.
"Ha un cancro al cervello." risposi cambiando tono di voce.
"Ah, capisco... Ma lui dov'è ora?"
"Passa molto tempo all'aperto. I dottori gli hanno detto che è meglio per la sua salute."
"E che mi dici di voi?"
"Non c'è più un noi. Ci siamo lasciati da più di un anno. Siamo solo compagni di stanza, tutto qui."
"Ne sei sicura?"
Riflettei un secondo, ma proprio uno, perché la risposta la sapevo già.
"No, non sono più sicura dei miei sentimenti." ammisi.
"E lui cosa ne pensa?"
"Non ho avuto modo di dirglielo. A dire il vero, lui pensa che sto ancora con Chris..."
Sbarrò gli occhi.
"Perché non gliel'hai detto?"
"Perché avevo paura..."
"E di che? Credevi che avrebbe potuto chiederti di rimetterti con lui?"
"Beh... Si..." bisbigliai.
"Così hai deciso di usare Chris come scudo umano?"
"Senti, è una bugia temporanea. Prima di dirgli la verità voglio sapere il motivo della nostra rottura. Ho poco tempo e ho paura che non potrò mai chiederglielo, visto che potrebbe morire da un momento all'altro. Non mettermi fretta, perché solo il pensiero che a breve morirà mi sta facendo marcire!"
Non mi ero nemmeno accorta di essermi messa a piangere. Mia sorella mi accolse tra le sue braccia e mi fece sfogare, lasciandomi piangere per un quarto d'ora abbondante. 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Piangere. ***


Capitolo 3.

 

L'infermiera mi stava accompagnando nella mia camera. Avevo finito da poco i miei esami e ovviamente avevano paura che le mie gambe potessero cedere, così l'infermiera mi teneva sotto braccio e io camminavo piano piano. Quando entrammo, andai subito vicino a Scott e ci sedemmo nel suo letto.
"Com'è andata?" mi chiese ansioso.
"Non lo so. Hanno detto che devo aspettare un mese circa per gli esiti..."
"Si ma ti avranno anticipato qualcosa!"
"Beh, mi hanno detto che c'è un alto rischio che possa perdere il controllo delle mie gambe, che io muoia o meno."
Sul suo volto si formò un'espressione abbastanza malinconica.
"Mi dispiace..." sussurrò.
"E' tutto okay." dissi trattenendo le lacrime. "Tanto ormai sono pessimista, so che morirò..."
"Ashley, te l'ho detto l'altro giorno: devi pensare positivo."
"Mi spieghi come faccio? La percentuale che io sopravviva è davvero scarsa. Non so più cosa pensare."
"Allora prendi me come esempio."
"In che senso?"
"Ho un cancro al cervello, tu un tumore al seno. Quale credi che sia peggio?"
"Beh, senza dubbio il cancro..."
"Appunto. E mi vedi triste per caso? Certo, ci soffro, ma non lo faccio notare e vado avanti. Un tumore è curabile, un cancro molto meno. La speranza l'ho persa io, perché sono sicurissimo che morirò presto. Ma vado avanti ed è ciò che devi fare anche tu."
Incominciai a piangere e mi buttai tra le sue braccia. Lui mi accarezzò i capelli per farmi calmare: invece io non la smettevo e cominciai pure a singhiozzare.
"Io... Io non ce la faccio... Non so... Non so più cosa fare..."
"Io direi di cominciare a darti una pulita al viso. Che dici?"
Feci come mi disse e mi alzai in piedi. La fortuna è che avevo il bagno dentro alla nostra camera. Mi avvicinai sempre di più alla porta. Poi, all'improvviso, sentii come una fitta alle ginocchia. Cercai di reggermi in piedi, ma ero più che sicura che avrei ceduto a breve. Così fu. Persi completamente il controllo delle gambe. Fu questione di pochi attimi e di sicuro mi sarei rotta le ossa se Scott non si fosse buttato a terra. Per mia fortuna, atterrai sopra di lui, ma Scott, al contrario, si era di sicuro fatto male.
"Scott... Come stai?" dissi cercando di spostarmi.
"Be-bene..."
"Sicuro?"
"Si... Tu?"
"Non riesco a muovere le gambe!" esclamai facendogli notare che non riuscivo neanche ad alzarmi.
Malgrado mi resi conto che si era fatto male alla schiena, si alzò in piedi e strinse i denti: mi prese in braccio, facendo di sicuro uno sforzo enorme, mi adagiò nel letto e poco dopo andò a chiamare un'infermiera. Nel frattempo, come mi era già capitato altre volte, io svenii.

 

Quando mi svegliai, Scott era seduto di fianco a me, su una poltroncina. Mi stropicciai un po' gli occhi e notai che non ero nella nostra stanza.
"Dove sono?" chiesi.
"Nella stanza delle ecografie. Te ne hanno fatta una d'urgenza e volevano aspettare i risultati prima di farti tornare nella camera."
Sbuffai.
"Tranquilla, ormai è da un paio d'ore che..." cominciò a dire, ma io lo bloccai.
"Un paio d'ore? Ho dormito così tanto?"
"Beh, si, certo, sei svenuta!"
"Giusto... E tu come stai?"
"Mi fa male un po' la schiena, ma un'infermiera mi ha messo della crema: dice che mi farà un po' male, ma che se metto regolarmente la crema dovrei ricominciare a star meglio tra un paio di giorni."
"Ah, capisco..." dissi con un mezzo sorriso. "Volevo ringraziarti per prima... Senza di te di sicuro mi sarei rotta le gambe!"
"Di niente, ho fatto ciò che avrebbe fatto chiunque."
"Mi dispiace solo che ti sei fatto male alla schiena..."
In quel momento, il mio dottore entrò e interruppe la nostra conversazione.
"Sono felice che si sia svegliata, signorina Tisdale. Come si sente?"
"Bene dottor Thompson. Certo, a parte le gambe, che non sento quasi più..."
"Infatti è questo il problema..." sospirò. "Signorina, mi dispiace dirglielo, ma le sue gambe stanno perdendo forze. E' poco probabile che lei riuscirà ad alzarsi da quel letto da sola."
"In che senso?"
"Beh, mi dispiace molto doverglielo dire, ma credo che se vuole spostarsi dovrà cominciare ad utilizzare una sedia a rotelle."
Mi sentii male. Sedia a rotelle? No, non potevo crederci. La mia paura era proprio quella e si era appena realizzata. Malgrado stessi soffrendo per il mio tumore, mi resi conto che il mio incubo era appena cominciato.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Non avere paura di dire ciò che pensi. ***


Capitolo 4.

 

Quel giorno non ero di buon umore. Era passata quasi una settimana dal giorno della visita e io odiavo il fatto di dover chiamare un'infermiera o Scott solo per bere un bicchier d'acqua. Mi sentivo uno schifo. Mi sentivo inutile. Quanto a Scott, stava fuori in cortile il meno possibile per potermi aiutare. Per fortuna in camera avevamo una portafinestra che dava sul cortile, così lui ogni tanto entrava a controllarmi. Stavo cercando di riposare quando sentii bussare alla porta.
"Avanti." dissi aprendo gli occhi.
"Posso entrare?"
La porta era ancora socchiusa, ma riconobbi quella voce. Non feci in tempo a rispondere che la porta si spalancò.
"Chris..." bisbigliai.
"Ciao Ash." disse chiudendo la porta.
"Che ci fai qui? O meglio, come sai che sono qui?"
"Beh, tutte le riviste di gossip dicono di averti vista venire in ospedale con Jennifer una sera, più o meno una settimana fa. Così sono andato a casa tua diverse volte negli ultimi due giorni e vedendo che non rispondevi, ho capito che le notizie erano vere..." rispose sedendosi vicino a me. "Allora, che ci fai qui?"
Deglutii. Avevo paura a dirglielo. Non so il perché, ma avevo il terrore di pronunciare quelle parole.
"Non è facile da sopportare..." dissi.
"Credo che farò uno sforzo."
"Ho... Ho un tumore... Un tumore al seno..." sussurrai a voce bassa.
Si passò le mani tra i capelli e spalancò la bocca, non riuscendo a credere alle mie parole.
"Dici sul serio?"
"Non mi troverei qui se ti stessi dicendo una bugia, non credi?"
"Si, scusa, ma è davvero difficile da credere..."
Notai che Scott era vicino alla portafinestra. Stava per entrare, ma quando si rese conto della presenza di Christopher, come per fare la cosa giusta, restò fuori. Invece non sapeva che avrei preferito che fosse entrato, visto che quella conversazione mi stava mettendo a disagio.
"Ash..." cominciò a dire prendendomi la mano. "Sai, nell'ultimo periodo ho pensato molto e volevo chiederti se ti andasse di ritornare con me."
Sbarrai gli occhi.
"Non fare quella faccia..." mi supplicò lui.
"Cosa dovrei fare scusa? Ti ho lasciato io. Mia decisione. Quindi è davvero poco probabile che voglia rimettermi con te."
"Ma Ashley, io non ti ho fatto niente! Non riesco a capire come mai tu mi abbia lasciato..."
"Infatti tu non mi hai fatto nulla. Sono io che ho cambiato idea. Mi sono resa conto che non poteva durare e volevo lasciarti prima che potessi farti soffrire..."
"Ma io sto già soffrendo, Ash. Ogni giorno di più senza di te è come togliermi dell'ossigeno!"
Cercai di non mettermi a piangere e di fare la dura.
"Mi dispiace, Chris, ma tra noi è finita molto tempo fa." dissi secca. "Mi dispiace tanto, ma non può funzionare."
"Okay, ho capito..." disse alzandosi. "Ma sappi che per qualsiasi cosa tu abbia bisogno, soprattutto in questo momento, io farò di tutto per aiutarti. Va bene?"
"Certo, ne terrò conto."
Christopher se andò quasi subito e Scott, finalmente, entrò, ma non mi chiese nulla.

 

Sarà stato circa mezzanotte quando sentii Scott andare in bagno. Non appena uscì, lo chiamai.
"Scott, mi passi un bicchiere d'acqua per favore?" chiesi.
"Certo... Come mai sei ancora sveglia?" mi chiese mentre bevevo.
"Non riuscivo a dormire. Tu?"
"Stessa cosa." disse posando il bicchiere sul comodino.
Si coricò nel suo letto e voltò la testa verso di me.
"Oggi Chris è venuto a trovarmi." esclamai ad un certo punto.
"Lo so, l'ho visto. Mi dispiace dirtelo, ma ho anche sentito una parte della vostra conversazione..."
"Quale parte?"
"Quella in cui lui ti chiedeva di rimettervi insieme."
"Ah..." fu tutto ciò che riuscii a dire.
"Posso chiederti una cosa?"
"Certo..."
"Come mai l'hai lasciato?"
"Beh, non mi trovavo più bene con lui. A dire il vero, non mi sono mai trovata bene... Non c'era molto sintonia tra di noi. L'ho lasciato quest'estate... Mi ero resa conto di aver sbagliato mettendomi con lui e che non lo amavo veramente."
"Ah, capisco..."
Mi misi comoda e chiusi gli occhi.
"Posso farti un'altra domanda?" disse facendomeli riaprire.
"Si."
"Perché mi hai mentito? Insomma, come mai mi hai detto che stavi ancora insieme a lui, se in realtà vi siete lasciati da un po' di tempo?"
Riflettei un secondo per cosa dire, ma le parole mi uscirono dalla bocca senza che me accorgessi.
"Perché non ero sicura dei miei sentimenti per te."
"Che significa?"
"Significa che ti amo ancora, ma che sono troppo codarda per ammetterlo." 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. ***


Capitolo 5.

 

Il giorno seguente, io e Scott non ci rivolgemmo la parola. Gli parlavo solo se avevo bisogno di qualcosa e poi ognuno si faceva gli affari propri. Nel pomeriggio, lui andò nel cortile come al solito e io pensai molto alla nostra conversazione. Mi chiedevo in continuazione come avessi fatto a dirglielo. Poi mi ritornò alla mente che le parole mi erano uscite dalla bocca senza un motivo valido. Iniziai a piangere in silenzio e affogai il mio dolore scrivendo ai miei fans su Twitter. Gli dissi che non stavo bene e che purtroppo sarei dovuta rimanere in ospedale ancora per un po' di tempo. Ricevetti delle risposte come 'ci dispiace per te Ash' oppure 'speriamo che tu guarisca presto.' Li amavo, veramente. Riuscivano a farmi ritornare il sorriso anche in un momento così triste grazie alla loro dolcezza. Scott rientrò dopo cena, quando ormai si era fatto buio.
"Ciao." mi disse entrando.
"Ciao..." risposi non riuscendo a credere che mi avesse parlato.
"Come ti senti?"
"Uno schifo, come al solito."
"No, intendevo dire... Come ti senti dopo avermelo detto?"
"Non lo so. Dipende. Da un lato mi sento alla grande per essermi sfogata, ma dall'altra vorrei ritornare indietro nel tempo e non dirtelo mai."
"Perchè?"
"Perchè so di non avere nessuna possibilità."
"Cosa te lo fa pensare?"
"Il fatto che tu mi abbia lasciato senza un motivo."
"C'è sempre un motivo." sussurrò.
"Allora dimmelo, perchè ho passato tutto questo tempo a chiedermelo." 
Sospirò e si sedette vicino a me, nel mio letto.
"Quanto tempo è che sai di avere un cancro?" mi chiese.
"Due mesi." risposi.
"E quando hai lasciato Chris?"
"Beh, quattro o cinque mesi fa..."
Mi prese la mano e la chiuse tra le sue.
"Tu hai lasciato Chris per un motivo ben diverso da quello per cui ti ho lasciata io." continuò. "La prima volta che ti ho lasciata, circa due anni fa, avevo appena scoperto di avere un cancro. Proprio come nel tuo caso attuale, non sapevo ancora se si trattasse di una cosa da poco conto o meno. Ma volevo evitare di farti preoccupare e ti ho mollata senza darti spiegazioni. Poi in primavera le cose sembravano essersi calmate. Da quanto dicevano i dottori non dovevo preoccuparmi e poi tu non la smettevi di chiamarmi e di chiedermi spiegazioni. Così ti ho mentito, dicendoti che volevo solo un periodo di pausa. L'anno scorso però, mi arrivò l'esito di un esame, in cui mi era stato detto che avevo dai sei ai diciotto mesi di vita... Ho riflettuto per qualche giorno e ho approfittato del fatto che tu fossi ad Atlanta per girare un film per lasciarti. Avevo troppa paura di affrontarti."
In quel momento, mi resi conto che tutto ciò che era accaduto aveva un senso. La nostra prima rottura, il riappacificamento improviso, la rottura definitiva, il fatto che Scott non mi avesse mai parlato della sua malattia. Tutto si collegava e finalmente, avevo le risposte che tanto desideravo.
"Perchè non me l'hai detto?" chiesi. "Avremmo potuto superarlo insieme."
"Ero terrorizzato. Come te in questo momento."
"Da quando ci sei tu mi sento più forte. Sarò pur sempre triste, è vero, ma almeno so che posso contare su una persona che mi capisce veramente... Se me l'avessi detto avrei fatto di tutto pur di aiutarti e tu lo sai bene!"
Abbassò lo sguardo, come per darmi ragione.
"Mi dispiace." sussurrò guardandomi negli occhi.
"Fa niente. Ormai è tardi e non posso più aiutarti in alcun modo."
Gli cadde una lacrima.
"C'è una cosa che non ti ho detto..." cominciò a dire.
"Ovvero?"
"Ecco, sono terrorizzato anche ora..."
Cercai di allungare l'altra mano verso di lui e gli accarezzai i capelli. Lui lasciò che la lacrima gli arrivasse fino all'angolo della bocca, ma non si mise a piangere.
"Una cosa puoi farla..." disse lasciando la mia mano. "Stammi vicino. Ti prego. Sei il mio punto di forza, aiutami."
"Scott, io sono qui con te. E' ovvio che ti starò vicina..."
"Non intendevo in quel senso..." bisbigliò.
Si avvicinò a me e mi tirò i capelli dietro alle orecchie. Si fermò a mezz'aria ed entrambi ammirammo i meravigliosi occhi dell'altro: i suoi occhi verdi ipnotizzanti coi miei nocciola indifesi. Esitò un momento, ma subito dopo mi diede un lungo bacio.
"Ti amo." mi sussurrò all'orecchio.
"Ti amo anch'io." risposi ancora con gli occhi chiusi. "Più di ogni altra cosa."

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. Tu mi dai la forza per andare avanti. ***


Capitolo 6.

 

Quella mattina mi svegliai di buon umore. Ripensai alla gioia immensa che avevo provato quando Scott, dopo tanto tempo, mi aveva detto che mi amava. Sorrisi senza nemmeno accorgermene e finalmente, aprii gli occhi. La prima cosa che feci fu voltarmi verso di Scott e notai che mi stava fissando pure lui.
"Che fai, mi guardi?" chiesi in modo ironico.
"Certo. Sei bellissima."
Feci un mezzo sorriso e lui ricambiò.
"Come ti senti?" mi chiese alzandosi dal letto e andando verso il bagno.
"Bene, adesso che ci siamo rimessi insieme." 
"Intendevo le gam..."
Qualcosa lo bloccò. Tirò un forte sospiro e si fermò davanti allo specchio, ma io ero troppo lontana e immobile per capire cos'avesse.
"Scott, che succede?" dissi cercando di sporgermi in avanti.
"N-niente..."
"Scott, vieni qui. Adesso. Subito!"
Fece come gli dissi. Teneva la mano sopra alla testa. La abbassò piano piano e mi fece vedere cosa conteneva.
"Sto perdendo... Sto perdendo i capelli..." bisbigliò trattenendo le lacrime.
Allungai la mano e gli feci una carezza sulla guancia.
"E' tutto a posto, tranquillo."
"Non è... Non è per niente a posto."
"Invece si. Ricordi cosa mi hai detto ieri? Hai detto che sei terrorizzato e che io sono il tuo unico punto di forza. Beh, adesso sono qui amore, sono qui con te. E farò di tutto pur di starti accanto. Okay?"
Fece cadere una lacrima e sussurrò un 'okay' asciugandosela. Poco dopo andò a chiamare un'infermiera e restò via per un po' di tempo. Rientrò verso mezzogiorno con una bandana in testa.
"Ti prego, non giudicarmi." disse guardandomi negli occhi.
"Perchè mai dovrei farlo?"
"Perchè mi hanno rasato."
Sospirai.
"Scott, è normale, hai un cancro. Non ti giudicherei mai per niente al mondo."
Non disse più niente e si mise a leggere una rivista. Dopo cena un dottore lo portò via per fargli una piccola visita per vedere come stava e dopo di essa lui, ovviamente, se ne andò in cortile. Dopo un po', notai che Scott non tornava più. Avevo capito che voleva stare da solo e avrei tanto voluto consolarlo, ma poi mi resi conto che non mi potevo muovere. Cercai con lo sguardò la sedia a rotelle: era dall'altra parte della camera, vicino alla porta del bagno. 'Ce la pouoi fare Ashley. Devi farlo' pensai tra me e me. Spinsi le gambe fuori dal letto con l'aiuto delle mie braccia. Mi aggrappai alla ringhiera del letto e feci piccoli passi. Purtroppo, giunta alla fine del letto, non avevo più nulla a mia disposizione in cui potevo aggrapparmi. 'E adesso che faccio?' pensai, quasi sul punto di arrendermi. C'erano solo un paio di metri di distanza con la sedia a rotelle. Feci un respiro profondo e mollai la presa dal letto. Chiusi gli occhi e cominciai a camminare. Ce la stavo facendo. All'improvviso però, sentii come un dolore inspiegabile sotto alle ginocchia. Cercai di restare in piedi, ma persi l'equilibrio e caddi a terra.
"Ashley! Ashley, guardami!" disse Scott, venendomi incontro. 
Aprii gli occhi e cominciai a piangere.
"Che cosa volevi fare?" mi chiese.
"Volevo cercare di essere autosufficiente. Non posso fare nulla senza il tuo aiuto. Mi sento inutile!"
Si sfilò la bandana dalla testa e me la legò attorno alla caviglia, a cui avevo fatto procurare un bel livido.
"Tu non sei inutile, capito?"
"Ah no? Tu a differenza mia puoi ancora usare le gambe! Tu puoi uscire, respirare aria pulita, goderti la natura. Io invece sarò destinata a vita a stare chiusa in casa, sempre che sopravviva al tumore!"
"Ricordi cos'ha detto il dottore? Ha detto che stai perdendo il controllo delle gambe, non che sei paralizzata completamente. Ma il tumore ti sta facendo indebolire e c'è un alto rischio che ciò accada. E poi, non è detto che tu muoia."
"Meglio morire piuttosto che vivere sopra ad una sedia a rotelle."
Mi prese in braccio e mi adagiò sul letto.
"Non devi sentirti inutile. A me fa piacere aiutarti e lo farò finchè mi sarà possibile." 
Per un secondo mi chiesi come mai avesse aggiunto 'finchè mi sarà possibile.' Poi mi ricordai del cancro e poggiai la mia mano sulla sua.
"Io non voglio che tu mi lasci..." sussurrai.
"Nemmeno io lo voglio."
"Spero che il risultato del mio esame sia negativo, così ti seguirò nell'aldilà..."
"Non devi dire così. Hai una bella vita davanti."
"Anche tu."
Sospirò e mi fissò per qualche secondo.
"Sai, credo che ci sia ancora una cosa che tu possa fare." mi disse accarezzandomi la mano.
Capendo cosa intendeva, mi avvicinai e gli diedi un lungo bacio. Si mise sopra di me e quando sciogliemmo il bacio mi sussurrò all'orecchio 'farò piano, promesso.' Quella notte finalmente, dopo un anno, avevo fatto l'amore con la persona più importante della mia vita.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. Presto smetteremo di soffrire. ***


Capitolo 7.

 

Era passata circa una settimana da quella meravigliosa notte. Dicembre era cominciato da poco. Un giorno i miei erano venuti a trovarmi con Jennifer e Mikayla e avevo detto loro che io e Scott c'eravamo fidanzati di nuovo. Loro si dimostrarono abbastanza contenti. Trascorremmo una domenica pomeriggio tutti insieme, come una famiglia, in ospedale purtroppo. I dottori avevano detto che era meglio per entrambi restare al riparo ancora per un po', ma ci promisero che il giorno di Natale saremmo potuti uscire, solo per quel giorno. Scott nel frattempo aveva cominciato ad avere dei forti mal di testa e passava molto tempo a fare visite di controllo. Aveva più o meno un mese di vita, da come dicevano i dottori. Piangeva spesso davanti a me. A volte lo consolavo, ma altre non reggevo e mi univo al suo dolore. Ci stavo troppo male. Stavo marcendo dentro. Quel pomeriggio non mi sentivo molto bene, ma volevo evitare di far preoccupare Scott: così, mentre lui era fuori a fare la sua solita passeggiata, io chiamai Jennifer, che arrivò quasi subito.
"Che succede? Qualcosa non va? Hai mal di testa? Cosa? Ashley!?" cominciò a chiedere tutta agitata.
"Jenny, calmati, ti prego!"
"Scusa..." disse sedendosi. "Ero preoccupata. Mi hai chiamata dicendo che è una cosa che non volevi sapesse nessuno oltre a me, così ho pensato subito il peggio!"
"Non lo so, ma comunque non è una cosa che fa bene al mio corpo."
"In che senso?"
"Beh, è da ieri che mi sento lo stomaco sottosopra e ho una forte nausea..."
"L'hai detto al dottore?"
"No, ho avuto paura. Se fosse un brutto segno?"
"Non sono un medico Ash. Non posso saperlo! Devi rivolgerti al dottore, è l'unico modo per capire che succede..."
Mia sorella, senza neanche chiedermelo, andò a chiamare il dottore che, pensando potesse trattarsi di un peggioramento riguardante il tumore, mi fece un'ecografia d'urgenza. Nessuno avrebbe immaginato che si trattasse di tutt'altro, invece...

 

"Spiegami com'è possibile!" insistette Jenny un po' arrabbiata, dopo aver finito l'ecografia.
"A che ti riferisci?"
"Non fare la finta tonta Ashley! Com'è possibile che tu sia incinta? Non hai più avuto rapporti da un bel po' di tempo! Anche perchè tu e Chris vi siete lasciati quest'estate e i tempi non combaciano!"
"Cosa ne sai tu?" sbuffai. "La vita è mia e faccio ciò che mi pare e piace, senza il bisogno di parlartene! E poi vi avevo detto che io e Scott eravamo tornati insieme, quindi..."
"Aspetta un attimo, non vorrai dirmi che tu e Scott avete..." si bloccò.
"Ti ricordo che è il mio fidanzato!"
"No, non mi riferivo a quello..." disse facendo un sospiro. "Perchè l'avete fatto?"
"Perchè ci amiamo, Jenny. E perchè molto probabilmente sarebbe stata la nostra ultima volta per dimostrarlo."
Si alzò e andò verso alla finestra. Cominciò a fissare il vuoto e capii che a breve avrebbe cominciato a piangere, ma riuscì a trattenersi.
"Mi spieghi cosa ti interessa a te?" chiesi un po' scocciata.
"Ash, in questo momento no... Tu hai un tumore e lui un cancro..."
"E quindi?"
"Quindi rovinerai la vita di tuo figlio. Non hai pensato alle conseguenze? Erediterà di sicuro una malattia, o addirittura potrebbe rischiare di morire prima del termine della gravidanza!"
In quel momento, mi sembrò come se qualcuno mi avesse tirato una pugnalata allo stomaco. Mi resi conto che mia sorella aveva perfettamente ragione. Mio figlio non avrebbe mai avuto un futuro. Sarebbe morto e avrebbe sofferto. Mi chiedevo come avrei fatto a sopportare un peso così grande.
"E adesso..." sussurrai cominciando a piangere. "Adesso come faccio a dirlo a Scott?"
"Dirmi cosa?"
Alzai lo sguardo e lo vidi lì, in piedi, appena di ritorno. Jennifer lo abbracciò e lui, malgrado non capisse a cosa fosse dovuto quel gesto di affetto, ricambiò allo stesso modo.
"Vi lascio soli." disse poi mia sorella, andandosene.
Scott si avvicinò a me e mi spostò i capelli dietro alle orecchie. Le lacrime non smettevano di cadere e non risucivo proprio a calmarmi.
"Ehi, adesso basta, smettila!" mi disse lui dandomi un bacio sulla fronte. "Vuoi dirmi che succede?"
"Scott... E' una cosa orribile..."
"Più orribile del tuo tumore?"
"Si..." dissi singhiozzando. "Sono... Sono incinta..."
Mi guardò negli occhi per qualche secondo.
"Dovrei essere felice, ma non è così." ammise. "Abbiamo mandato nostro figlio incontro alla morte."
"Perchè non abbiamo pensato alle conseguenze?"
"Perchè siamo innamorati e mai più avremmo immaginato che sarebbe potuta capitare una cosa del genere."
Mi asciugai le lacrime, ma era tempo sprecato, perchè un secondo dopo ricominciai.
"Ash, purtroppo non posso dirti che supereremo la cosa insieme, visto che a breve ti lascerò. Mi dispiace di non poter riuscire a starti vicino..." disse prendendomi la mano. 
"Scott, non è detto che io terminerò la gravidanza... Ricordi ciò che hanno detto i dottori? Se il mio tumore è maligno non avrò scampo e ti seguirò!"
"Ti auguro che non succeda, visto che tu e nostro figlio meritate di vivere." disse poggiando la mano sopra alla mia pancia. "Ma lui è troppo piccolo per sopportare una malattia del genere..."
"Se l'amore della mia vita e mio figlio non mi saranno accanto, la mia vita non avrà mai un senso."
Iniziò a piangere in silenzio con me.
"Ashley..." cominciò a sussurrare. "Io a breve me ne andrò e tu lo sai... Ma devi promettermi una cosa..."
"Certo Scott... Tutto quello che vuoi..."
"Devi... Devi essere forte per nostro figlio... Se vivrai, devi promettermi che cercherai di non soffrire per me... So che è impossibile, ma è ciò che voglio..."
"Non ti prometto niente. E' una cosa impossibile, ma..."
"Ma?" continuò lui.
Mi alzai un pochino con la testa e gli diedi un bacio a stampo.
"Ma credo che cercherò di fare uno sforzo, visto che ti amo..."
Mi fece un mezzo sorriso e mi regalò uno dei suoi meravigliosi baci. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. E' stato solo un brutto incubo. ***


Capitolo 8.

 

"Ashley, dove sei? Aiutami, ti prego!"
Una voce mi chiamava, ma non riuscivo a capire chi fosse. Non sapevo nemmeno dove mi trovavo. Era una stanza che non avevo mai visto prima. Mi alzai e stranamente riuscii a reggermi in piedi. Mi guardai intorno per vedere se riuscivo a notare qualcosa di famigliare, ma niente. Vuoto più totale. Aprii la porta e sbucai in un lungo corridoio.
"Ashley, vieni!"
Ancora quella voce. Malgrado mi sforzassi di ascoltare, non riuscivo proprio a capire da dove provenisse. Attraversai per un po' quel corridoio buio, ma sembrava non finire mai. Improvvisamente, sentii come un piccolo urlo e riconobbi subito il suono di una voce maschile. Continuai a camminare e arrivai davanti ad una grande porta.
"Ashley! Ho bisogno di te! Ashley!"
Finalmente riuscii a riconoscere quella voce: si trattava di Scott! Aprii di scatto la porta e mi ritrovai in una stanza con un lettino, ma lui non c'era più. Un istante dopo, comparve in piedi vicino alla finestra, voltato di spalle.
"Scott! Come ti senti?" chiesi.
Lui non rispose. Continuava a fissare il vuoto e non si girava. In compenso però, aveva smesso di urlare. Mi avvicinai e poggiai la mia mano sulla sua spalla. Si voltò verso di me piano piano e vidi una lacrima scorrere veloce sulla sua guancia, arrivando fino all'angolo della bocca.
"Scott..." bisbigliai. "Che ti succede?"
"Sono morto..."
"Morto? Ma che dici? Sei qui davanti a me..."
"No!" iniziò ad urlare. "Io sono morto! Ho sofferto tanto e tu non c'eri! E' tutta colpa tua! Saresti dovuta restare al mio fianco e invece non c'eri!"
Chiusi gli occhi e mi spaventai quasi per il suo tono di voce.
"Mi... Mi dispiace..." fu tutto ciò che riuscii a dire.
"Vergognati Ashley! Sei solo una capace a pensare a te stessa e alla tua carriera! La verità è che tu un cuore non ce l'hai! Non hai avuto nemmeno la decenza di pensare a tuo figlio e al suo futuro! Hai rovinato la vita a entrambi! Vergognati di te stessa! Non meriti di vivere! Saresti dovuta morire con noi!"
In quell'istante, un bimbo comparve al suo fianco. Piangeva e si nascondeva dietro a Scott. Io mi accasciai a terra e iniziai a piangere come una disperata. Il dolore si stava impossessando del mio corpo.

 

"Mi dispiace! Mi dispiace da morire!"
"Ashley, adesso basta, svegliati! Hai fatto solo un brutto sogno!"
Aprii gli occhi piano piano. Scott era coricato nel mio letto, di fianco a me. Notai che la coperta era bagnata, probabilmente a causa delle mie lacrime. Scott si alzò e mi diede un bicchiere d'acqua, che io bevvi in un sorso.
"Che è successo?" chiesi asciugandomi le lacrime.
"Non lo so, è da mezz'ora che urli e piangi nel sonno. Ho cercato di svegliarti e non riuscendoci ho pure chiesto aiuto agli infermieri, ma è stato tutto inutile!" disse facendomi una carezza sulla testa. "Ricordi che cos'hai sognato?"
"Uhm, no."
"Sicura di non volerne parlare?"
Non risposi e poggiai la testa sul cuscino. Lui a sua volta si coricò di nuovo al mio fianco e mi abbracciò.
"Scott... Posso farti una domanda?"
"Certo che puoi."
"A volte hai come l'impressione che io abbia un comportamento sbagliato?"
"In che senso?"
"Boh, che ne so... Da diva, tipo. E' mai capitato che io mi montassi la testa a causa della mia carriera e che sia stata così egoista da dimenticarmi delle persone che mi stanno accanto?"
Ci riflettè un secondo.
"No, mai. Sei una delle persone più gentili che io conosca e sei tutto il contrario di quello che mi hai detto. Sei leale, non ti monti la testa solo perchè sei ricca e famosa e per te gli altri, soprattutto la famiglia, vengono prima di tutto e di tutti. Ma perchè me lo chiedi?"
Non risposi.
"C'entra con il sogno, vero?" chiese continuando ad accarezzarmi.
"Vero..."
"E' stato un incubo Ash. Domani mattina te ne sarai già dimenticata."
"Spero che sia così, perchè non ne ho più voglia di soffrire." 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. Puoi farcela, devi solo crederci. ***


Capitolo 9.

 

Per fortuna, dopo quella notte, non mi capitò più di fare sogni simili. Però mi aveva fatto preoccupare. Avevo paura per Scott, paura che se ne andasse troppo presto. Non sarei mai riuscita a superare un tumore e una gravidanza senza il suo appoggio. Quel pomeriggio ero particolarmente di buon umore e molto speranzosa, malgrado il brutto periodo che stavo passando. Scott era al mio fianco che usava il suo telefonino.
"Scott.."
"Si?" disse distogliendo lo sguardo dal cellulare.
"Me lo fai un favore?"
"Tutto quello che vuoi amore."
"Io te lo dico, però tu devi giurarmi che mi farai questo favore, qualsiasi cosa sia..."
"Okay. Sempre che mi sia possibile farlo."
"Certo che è una cosa possibile!" dissi decisa. "Promettimelo Scott..."
"Va bene. Lo prometto."
Sospirai e lo guardai negli occhi.
"Voglio ricominciare a camminare e ho bisogno del tuo aiuto. Ti prego." dissi tutto d'un fiato.
Lui mi guardò sbarrando gli occhi.
"Sei seria!?" mi chiese.
"Ehi, ti ricordo che hai promesso..."
"Certo, ma ciò che voglio dire è... Sei sicura di volerlo fare? Insomma, sei davvero debole e in questo momento non credo che ce la farai a riacquistare il completo controllo delle gambe..."
"Sono sicurissima Scott. Non ho la minima intenzione di passare il resto dei miei giorni immobile in un letto. Voglio camminare e uscire all'aria aperta!"
"Va bene allora." disse alzandosi dal letto. "Se è questo quello che vuoi, ti accontenterò."
Mi prese in braccio e mi poggiò a terra in fondo al letto. Prima di lasciarmi definitivamente, mi fece aggrappare con le mani alla ringhiera.
"Direi che come inizio dovresti cercare di restare in equilibrio e aggrapparti al letto quando senti che stai per cedere. Se cadi all'indietro, ti prenderò io, okay?"
"Ricevuto capo!" esclamai cominciando a fare l'esercizio.
Feci ciò che mi aveva detto lui e dopo un quarto d'ora, mi riprese in braccio e mi mise nel letto.
"Perchè mi hai già fatta fermare?" chiesi scocciata.
"Perchè sei troppo debole, te lo ripeto. Non farai più di mezz'ora al giorno e fino a quando non riuscirai a stare in piedi sulle tue gambe, non ti farò ancora camminare. Intesi?"
Sbuffai, ma poi fui costretta ad annuire.
"Bene." continuò lui. "Più tardi facciamo il restante quarto d'ora..."

 

Malgrado quell'avvertimento, Scott mi fece fare quegli esercizi per più di due ore al giorno, per cinque pomeriggi consecutivi. Al sesto giorno, finalmente, riuscii a reggermi completamente in piedi da sola.
"Allora, visti i promettenti risultati, direi che sei quasi pronta per camminare." disse accennando un sorriso.
"Quasi?"
"Certo, quasi. Prima bisogna vedere fin dove riesci ad arrivare."
Come al solito, mi prese in braccio e mi lasciò in fondo al letto. Si spostò di due passi all'indietro e mi disse di andargli incontro. Piano piano, lasciai le mani dalla ringhiera e andai vicino a lui. Tutto andò per il meglio, ma proprio quando gli ero vicinissima, inciampai e caddi. Lui per fortuna mi riprese al volo e gli caddi sopra.
"Tutto bene?" chiese.
"Si, sto bene..."
Posai il mio sguardo sui suoi meravigliosi occhi e ci baciammo.
"Ti amo." sussurrai.
Lui mi diede un bacio sul collo e mi rimise in piedi.
"E' stato un piccolo cedimento, ma sono più che convinto che ce la puoi fare. Che ne dici? Ti va di provare?" propose.
"Certo che mi va, basta che mi prendi al volo se cado!"
"Ti prometto che lo farò."
Allungò la mano verso di me e io la presi. Mi mise un cappotto sulle spalle e ci dirigemmo lentamente verso il cortile. Quando uscimmo, restai meravigliata da ciò che stavo vedendo. Alberi secchi, gocce della pioggia sulle panchine, gente anziana che ammirava la Los Angeles autunnale. E' incredibile come il clima fosse cambiato in meno di un mese. 
"Sei pronta?" mi chiese.
"Sono nata pronta."
Scott mi lasciò la mano e fece di nuovo un paio di passi all'indietro. Io feci un passo alla volta, molto lentamente. Arrivai di fronte a lui ancora in piedi e Scott sorrise notando che avevo fatto qualche passo.
"Ce la stai facendo!" esclamò.
"Già, ma questo è ancora niente. Voglio camminare di più..."
Lui mi accontentò. Si allontanò di qualche metro e io cominciai a chiedermi se ci sarei riuscita o meno. Poi chiusi gli occhi, feci un respiro profondo e li riaprii. Si, ce l'avrei fatta. Era quella la risposta che cercavo. Cominciai a camminare per davvero e quando arrivai da Scott, mi buttai tra le sue braccia e iniziai a piangere.
"Ce l'ho fatta Scott! Non riesco a crederci, cammino di nuovo!"
"Si amore, ce l'hai fatta!" 
Mi baciò i capelli e iniziò a piangere insieme a me. 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. Lotteremo insieme, fino alla fine. ***


Capitolo 10.

 

Mancavano solo due giorni a Natale. Avevamo già progettato la giornata: saremmo andati tutti a casa dei miei genitori a festeggiare, come i vecchi tempi. Io e Scott ne eravamo entusiasti, anche perchè gli avremmo dato una grandiosa notizia: ci saremmo sposati! Scott me l'aveva proposto la sera precedente. Siccome presto sarebbe accaduto ciò che il destino aveva previsto, preferivamo sposarci prima che ciò accadesse. Non sapevano nemmeno che avevo ripreso a camminare regolarmente. Quel pomeriggio, a gran sorpresa, tutta la famiglia venne a trovarci.
"Zia Ash!" disse Mikayla allungando le manine verso di me.
Jennifer, che la teneva in braccio, si avvicinò e mia nipote mi diede un bacio sulla guancia.
"Ciao tesorino, come stai?" chiesi prendendole il visino tra le mie mani.
"Bene e tu? Quand'è che tu e zio Scott venite a casa?"
Deglutii. 
"Ecco, torneremo presto." disse Scott. "A Natale staremo tutti insieme e qualche giorni più tardi andremo a casa."
Lei fece un piccolo sorriso e si sedette sulla poltroncina.
"Mamma!" esclamai mentre lei si avvicinava, seguita da papà.
"Amore, come ti senti?" chiese abbassando un po' la voce, per evitare che Mikayla sentisse.
"Meglio. I dottori hanno detto che prima di Natale è probabile che mi daranno i risultati..."
"Speriamo bene." s'intromise mio padre.
"Mike, non devi dire 'speriamo bene'. Dobbiamo essere positivi e non far pensare male ad Ashley!" disse mia madre un po' sgarbatamente.
"Ma Lisa, io..."
"Niente ma! Basta con questa negatività!"
"Mamma, piantala. Sono adulta e non ho bisogno che mi diciate di essere ottimista e cose simili. Accetterò il destino, qualsiasi cosa sia..." dissi decisa.
"E il bambino?" chiese Jennifer.
"Il bambino è un discorso a parte. Merita di vivere e gli auguro che sia forte."
Scott, che era seduto di fianco a me, allungò la mano e mi accarezzò la pancia. Io poggiai la mia mano sopra alla sua e ci scambiammo un sorriso.
"Allora, non hai niente da dire?" esclamò lui ironicamente.
Io gli feci una linguaccia e poi mi rivolsi ai miei famigliari.
"Mamma, papà, Jenny. Ho una cosa importante da dirvi. O forse è meglio che ve la mostri..."
Scott mi aiutò a scendere dal letto: in fondo ero ancora un po' debole. Mi aggrappai alla ringhiera e feci un respiro profondo. Immaginai che fosse come il primo giorno in cui ho camminato di nuovo, quando ero caduta tra le braccia di Scott. Così lasciai la ringhiera e davanti agli occhi increduli di tutti, cominciai a camminare sempre più regolarmente. Arrivai fino di fronte a mia sorella, che non riuscendo a crederci, si era messa a piangere.
"Ashley... Tu cammini di nuovo..." riuscì a dire tra un singhiozzo e l'altro.
"Si, cammino!" esclamai abbracciandola.
"Ma come... Com'è possibile?" chiese mia madre.
"Tutto merito di Scott. Mi ha aiutata lui!"
Scott arrissì di colpo. Mio padre si avvicinò a lui, gli strinse la mano e gli disse 'grazie per aver ridato a mia figlia la speranza che aveva perso.'

 

Se ne andarono tutti verso sera. Devo dire che c'eravamo divertiti, anche perchè eravamo stati di nuovo insieme. Non vedevo l'ora che arrivasse Natale per dire a tutti del matrimonio!
"Allora, ti sei divertita oggi?" mi chiese Scott.
"Si, un mondo! La parte più divertente è stata quando Mikayla mi ha chiesto come avesse fatto un bambino ad entrare nella mia pancia..." dissi accennando un sorriso.
"Già, tua sorella è arrossita come un peperone e ha subito tappato la bocca alla bambina!"
Scoppiammo a ridere e senza accorgercene, ci ritrovammo vicini, anzi, vicinissimi.
"Tisdale, ma lo sai che mi sei mancata un sacco?" disse con la voce bassa e guardandomi negli occhi.
"Allora potevi non lasciarmi, Speer!"
"Dai, lo sai che ho dovuto farlo... Io ti sono mancato?"
"Neanche un po'... Mi hai fatta soffrire tanto."
"Non mentire, lo so che ti sono mancato!" disse con uno sguardo maledettamente strafottente. "Avanti, ci sarà qualcosa che ti è mancata più di tutto..."
Riflettei un secondo.
"La vicinanza. Poter sentire il tuo cuore battere, il tuo respiro sulla pelle e i brividi per ciò che potrebbe succede quando siamo troppo vicini. Come adesso..." ammisi.
Vidi la sua bocca allargarsi in un meraviglioso sorriso. Un secondo dopo, le nostre labbra si erano unite. Scott però abbandonò quel bacio presto, troppo presto e non capivo il perchè. Fece un passo indietro e si mise una mano davanti alla bocca.
"Scott, che succede? Ti senti male?" chiesi.
"No no, sto benissimo... Scusa una attimo..."
Detto questo, si chiuse in bagno. Che gli era preso così all'improvviso? Dovevo scoprirlo. Aprii di colpo la porta del bagno e quando si girò verso di me, restai scioccata. Scott stava vomitando e aveva le lacrime agli occhi. Mi accovacciai di fianco e lui e gli feci una carezza sulla guancia.
"Che succede?"
"Mi fa malissimo la testa da questa mattina... E vomito..."
"Perchè non me l'hai detto?"
"Perchè c'era la tua famiglia e tu eri così contenta..."
Sospirai. Poi guardai meglio dentro al water.
"Scott, ma tu sai vomitando sangue!" esclamai.
Quando mi voltai verso di lui però era tardi: lo vidi coricato per terra, molto probabilmente era svenuto. Iniziai a piangere e mi precipitai subito a chiamare aiuto a un'infermiera. 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. Grazie per esserci sempre stata. ***


Capitolo 11.

 

Trascorsi tutta la notte a guardare il via vai di gente che entrava e usciva dall'ospedale. Ero rimasta seduta in sala d'attesa a pensare a ciò che sarebbe successo. Scott era andato in coma e i dottori mi dissero di prepararmi, perchè molto probabilmente non si sarebbe svegliato. Se fosse accaduto il contrario, sarebbe stato peggio: il cancro stava assorbendo tutte le sue forze e durante la sua morte avrebbe sofferto molto. Avevo dormito si e no venti minuti, per il tempo restante chiedevo in continuazione all'infermiera se potevo andare a vederlo. Poi ad un certo punto, si avvicinò e mi disse 'il suo compagno si è svegliato e ha un forte mal di testa, ma se vuole può stare un po' con lui.' Non me lo feci ripetere due volte e mi precipitai nella sua stanza. Chiusi la porta piano e mi avvicinai a lui. Aveva un sacco di tubi addosso che si collegavano ad un macchinario. Mi faceva uno strano effetto vederlo in quel modo. Gli andai vicino e lo guardai in quello stato pietoso. Aprì gli occhi di botto: probabilmente mi aveva sentita.
"Scott..." sussurrai facendogli una carezza sulla guancia.
Lui mi prese la mano tra le sue e cominciai a piangere.
"Non piangere..." disse con un filo di voce. "Io sono ancora qui..."
"Si, ma non per molto..."
Cercò di fare un sorriso invanamente.
"Come ti senti?" chiesi rimettendomi in sesto.
"Uno schifo. La testa mi gira... Ma adesso che sei qui con me sto un pochino meglio."
Ci guardammo negli occhi.
"Secondo te quanto resisterai ancora?" dissi con la voce tremante.
"Non lo so. Prima un dottore mi ha detto che potrei arrivare fino all'ultimo dell'anno, ma non è sicuro... Dipende come reagisce il mio corpo al cancro."
"Beh, allora riusciremo a passare il Natale insieme, suppongo..."
"Anche a sposarci." continuò lui.
"Si, anche a sposarci."
Chiuse gli occhi e girò la testa dall'altra parte.
"Sei stanco? Vuoi che me ne vada?" chiesi.
"No, mi fa solo male la testa, ma non voglio che tu te ne vada: la tua presenza mi fa solo bene..."
"Vorrei tanto, ma non posso stare qui tutto il giorno. Mi hanno dato degli orari precisi..."
"Beh, ma per la maggior parte del giorno starai con me, giusto?"
Annuii.
"Passerei anche tutto il giorno chiusa qui con te se necessario." dissi decisa.
Lui sorrise.
"Grazie." disse.
"Di cosa?"
"Per essermi stata vicina in questo brutto periodo."
"Non ringraziarmi Scott. Ti amo e per te farei qualunque cosa. E resterò vicina a te fino alla fine"
Girò la testa dall'altra parte e si addormentò, ancora con la mia mano tra le sue. Restai lì a osservarlo per un po' e mi chiesi quanto ancora avrebbe vissuto.

 

Si era fatta sera e fuori aveva cominciato a nevicare. 'Mica male come Vigilia di Natale!' pensai tra me e me. Ero nella mia camera che aspettavo l'orario di visita per andare da Scott quando, all'improvviso, la stessa infermiera di quella mattina bussò alla porta ed entrò.
"Signorina, avrei due cose da dirle." cominciò a dire chiudendo la porta alle sue spalle. "La prima è che può andare a trovare il suo compagno, se vuole."
"Di già? Ma l'orario di visita riparte tra una mezz'ora... Sta meglio?"
"Affatto, sta malissimo, ma continua a insistere sulla sua presenza."
"Ho capito, allora vado subito... Qual è la seconda?"
Fece un mezzo sorriso e mi diede una cartella clinica. La aprii e leggendo il primo foglio, mi si formò un sorrisino sulla faccia senza che me ne accorgessi. Malgrado quella notizia mi avesse resa un po' felice, mi diressi verso la stanza di Scott.
"Ehi, come ti senti?" dissi entrando.
Lui non rispose, così mi avvicinai.
"Scott, stai bene?"
"No... Ho la testa mi scoppia..." disse con un filo di voce.
Gli feci un'altra delle mie solite carezze.
"L'infermiera mi ha detto che sono arrivati i risultati dei tuoi esami... Com'è andata?" chiese con gli occhi lucidi.
"Ehm, si, me l'hanno detto..." dissi accennando un sorriso. "Ho letto che il bambino sta benissimo e che se nascesse con qualche problema sarebbe molto facile curarlo."
"Ah, ne sono felice. E tu?"
Deglutii.
"Oh, io... Ce la sto facendo. Dicono che il mio tumore è curabile e che tra qualche mese dovrei tornare come nuova!"
Sul suo volto, finalmente, si formò un grande sorriso. Mi scocciava avergli mentito sul mio destino, ma volevo vederlo felice. La verità è che io sarei morta più o meno un anno dopo, mentre il bambino avrebbe avuto una speranza. Io invece me ne sarei, proprio come Scott. In un certo senso mi sollevava il pensiero che l'avrei seguito. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. Ho bisogno di te, amore mio. ***


Capitolo 12.

 

Era passata qualche ora ed io ero rimasta al fianco di Scott per tutto quel tempo, tenendogli la mano. Si era addormentato da poco ed io mi ero messa a guardare la neve poggiarsi piano piano sulla finestra. Mancava meno di un'ora a Natale e io lo aspettavo con ansia. Forse perchè il pomeriggio seguente sarebbe stato l'ultimo che avrei trascorso con le persone della mia vita al completo. Mentre mi ponevo tutte queste riflessioni, Scott cominciò a respirare affannosamente.
"Scott! Che ti succede?" chiesi in preda al panico.
"Ash... Sto morendo..."
"Perchè dici così?"
"Perchè sto male... Non ce la faccio più... Sono troppo debole..."
"Ehi, adesso guardami! Ricordi ciò che mi hai detto quando ci siamo rivisti? Ricordi Scott? Mi hai detto che avrei dovuto lottare ed essere forte ed è la stessa cosa che devi fare tu adesso, capito?"
"Ashley, ti prego! Ormai non c'è più speranza..."
"Ma, non puoi dire così..."
Iniziai a piangere e lui mise la sua mano fredda sulla mia guancia.
"Mi dispiace Ash, ma deve andare a finire così... Il mio cuore sta cedendo ormai..."
"Non è giusto! Avevamo così tanti progetti Scott..."
"Non sempre la vita è tutta rose e fiori Ash."
Il suo respiro aveva ricominciato ad essere regolare, ma capivo che si sentiva male: glielo leggevo negli occhi.
"Scott, ti ho mentito! L'esame ha dato un esito negativo... Io morirò e ti seguirò nell'aldilà! Sono troppo debole per superare una malattia simile... Mi dispiace di averti detto una balla, ma non volevo farti preoccupare!" 
"E il bambino?"
"Ciò che ti ho detto su di lui è vero... Potrebbe farcela..."
"Allora... Allora ti chiedo di essere forte per lui... Fallo nascere e poi lotta Ashley... Anche tu hai una bella vita davanti... E meriti di viverla..."
"Sapevo che mi avresti detto ciò."
"Ti ho detto solo la verità."
Presi il suo viso tra le mie mani e gli diedi un lungo bacio.
"Ash... Adesso devo andare..."
"No, ti prego..." esitai continuando a piangere.
"Mi dispiace per tutto, davvero... Non volevo che andasse a finire così... Ti amo..."
"Amore mio, ti prego, non lasciarmi!"
"Ti amo..." ripetè lasciando cadere una lacrima. "Non dimenticarlo mai."
In quel momento, il macchinario cominciò ad emettere un suono molto forte. Io iniziai a piangere come una disgraziata e appoggiai la testa sul suo petto. Non riuscivo a credere che l'amore della mia vita mi era stato portato via. Non riucivo a credere a tutte le cose strane che stavano accadendo.

 

La mezzanotte era suonata da un bel po' ormai. Il Natale era arrivato e io non lo stavo passando col mio amore. Era notte fonda quando l'infermiera si avvicinò a me, che ero ancora in lacrime.
"Signorina, volevo dirle che mi dispiace molto per il suo compagno..." disse con un tono comprensivo.
"Non sono la prima donna a cui lo dice, vero?"
"No, ma è la prima donna  a cui lo dico seriamente."
Tirai su col naso e un secondo dopo la trovai seduta al mio fianco.
"Sa, poco prima di venirla a chiamare, il signor Speer ha insistito tanto per farmi scrivere questa lettera..." disse porgendomela. "Faceva fatica a scrivere e così mi ha dettato i suoi ultimi pensieri. Lui la amava veramente."
Si alzò e mi lasciò lì, sola e triste. Nel frattempo, cominciai a leggere quella lettera.

Cara Ash,
Ti è sempre piaciuto quando ti chiamavo così, vero? Dicevi che ti facevo sentire speciale quando lo pronunciavo io. Eppure io te l'ho sempre detto che per me eri speciale... Ricordi quando ci siamo conosciuti? Eri così piccola... Avevi appena vent'anni ed eri già così famosa! Eri molto timida e non presi confidenza subito. Che poi, dovevo solo girare i tuoi video musicali, quindi non c'era bisogno di darmi convidenza! Eppure ci sono voluti tre anni prima che ci mettessimo insieme. Sai, quando stavamo insieme mi sentivo davvero bene. Tu mi facevi sentire diverso, in senso positivo. Malgrado la tua fama e la tua ricchezza, tu eri una delle persone più pure che io abbia mai conosciuto. Ricordi il nostro primo appuntamento? Ero talmente agitato che mi sono rovesciato tutti gli spaghetti addosso. In quel momento avrei voluto sprofondare! Ah e te la ricordi la nostra prima volta? Eri spaventata a morte e anche se io ti continuavo a chiedere se fossi pronta, tu insistevi dicendomi che eri adulta. Ti ricordi quando ti ho lasciata? Mi sentivo un verme, davvero. Invece ti ricordi quando ci siamo rimessi insieme? Nei tuoi occhi ho visto una gioia inspiegabile. Sai Ash, io ti devo proprio ringraziare per tutto. Mi sei sempre stata vicina, soprattutto in questo periodo angosciante. Eppure, malgrado il mio aspetto orribile e quant'altro, tu mi hai incitato a non mollare e mi hai fatto sentire bene con me stesso dicendomi quel maledetto 'ti amo' ogni giorni e ogni notte. Ash, non riuscirò mai a chiederti abbastanza volte scusa per il dolore che ti ho causato, sia avendoti lasciata due volte senza darti spiegazioni, sia essendomene andato ora. Mi dispiace anche che tu dovrai affrontare la gravidanza da sola: avrei tanto voluto diventare padre e tu lo sai bene. Ma voglio che tu ricordi una cosa: io sarò sempre al tuo fianco e veglierò su di te e nostro figlio. Ti amo Ashley!
Scott. 

 

Mentre leggevo quelle parole, ricominciai a piangere come una disperata e a pensare a quanto fossi stata fortunata ad avere avuto Scott nella mia vita.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. Anche noi avremo il nostro lieto fine, insieme. ***


Capitolo 13.

 

Passai qualche ora ad aspettare. I dottori mi dissero che molto probabilmente non avrei potuto vederlo fino alla mattina successiva. Così fu: verso le otto la solita infermiera mi venne vicina per dirmi che potevo andare a salutarlo. Quando entrai in quella stanza mi sentii morire dentro. Scott era ancora lì, su quel letto. Era fermo. Immobile. E maledettamente freddo. Quando appoggiai la mano sulla sua la ritrassi istintivamente.
"Tu non dovevi morire, lo sai vero?" dissi sedendomi di fianco a lui e cominciando ad accarezzargli la guancia. "Dovevamo fare tante cose insieme, ricordi? Domani ci saremmo sposati. Tra qualche mese avremmo avuto un figlio nostro, ti rendi conto? Avremmo potuto avere una vita normale, io e te. Ricordi quando  ci siamo conosciuti? Ero così piccola e ingenua. Eppure sapevo che noi dovevamo stare insieme, era destino. E ho lottato per averti, oh si se ho lottato. Non ti ho lasciato in pace un attimo in questi ultimi anni, vero?"
Rendendomi conto che non avrei mai ricevuto alcuna risposta, iniziai a piangere.
"Cazzo Scott, perchè te ne sei andato? Non dovevi morire! Non dovevi lasciarmi sola! Non adesso, cazzo! Mi manchi da morire!"
Al pianto si erano uniti pure i singhiozzi, che non riuscivo a controllare. Dovevo andarmene da quella camera, sennò sarei morta io. Eppure non riuscivo a muovermi, volevo stare lì con lui e non me la sentivo di andarmene.
"Il nostro bambino... Lui vivrà, ma io verrò con te nell'aldilà. E' una promessa Scott."
Mi avvicinai a lui e appoggiai le mie labbra sopra le sue. In quel momento, un brivido mi percosse la schiena, ma non ci feci caso e continuai a restargli addosso. Sapevo che quelli sarebbero stati i nostri ultimi minuti insieme e non volevo che fosse così. Non riuscivo ad accettarlo. Era un peso troppo grande da sopportare. Però mi feci forza, gli feci un'altra carezza e lo guardai per l'ultima volta. Dopodiché mi alzai e mi diressi verso la porta.
"Non doveva finire così. Non finirà così." dissi prima di uscire.
Quando chiusi la porta alle mie spalle, quell'infermiera mi venne incontro.
"Come si sente, signorina?" mi chiese un po' agitata.
"Di merda." fu tutto ciò che riuscii a dire.
Ricominciai a piangere più di prima e mi accasciai a terra. L'infermiera mi abbracciò e cercò di farmi calmare. Ma era tutto inutile, perchè la persona che amavo più di me stessa mi era stata portata via. 

 

Qualche tempo dopo...

 

La mia splendida Sophie nacque in un caldo giorno d'estate. Jenny, i miei genitori e quella gentile infermiera mi erano stati vicini durante il parto che, all'inizio, si rivelò molto complicato. Avrei dovuto dare il meglio di me ed ero molto debole a causa del mio tumore. Malgrado i miei famigliari cercassero in tutti i modi di aiutarmi, fu tutto inutile: senza Scott ero ancora più debole di prima. Ma proprio quando iniziai a partorire, mi sembrò come di vederlo di fianco a me che mi stringeva la mano e mi diceva 'forza Ashley, io sono qui con te, puoi farcela.' E così spinsi con tutte le mie forze e non sentii dolore. O almeno così parve a me. Mia figlia crebbe sana e un anno e mezzo dopo la sua nascita, poco dopo che aveva iniziato a parlare e camminare, io la lasciai. Quando morii, lei era coricata di fianco a me, nel letto dell'ospedale. Cominciò a chiamarmi e quando capì che non c'ero più, iniziò a piangere e ad urlare.

 

All'improvviso, non vidi più mia figlia di fianco a me. A dire il vero, non vidi più nulla. Era tutto nero. 
'Aiuto! Aiutatemi, per favore!' cominciai ad urlare.
'Ash, sono qui!'
Quella voce mi fece rabbrividire. 
'Scott, sei tu?' chiesi quasi incredula.
'Si amore, sono io! Vieni qui da me!'
'Scott, non ci vedo...'
'Lo so amore, ma ci sono io qui con te. Avanti, fidati e vieni avanti! Segui la mia voce!'
Allungai le braccia in avanti e dopo pochi passi le sue mani toccarono le mie e le strinse forte. Riuscii ad aprire gli occhi e ancor prima di dire qualsiasi cosa, mi baciò la fronte e mi strinse forte.
'Mi sei mancata.' sussurrò.
'Anche tu. Da morire.'
Mi guardò storto.
'Scusa! Pessima battuta..." ammisi.
'Fa niente.' disse con una piccola risata. 'Nostra figlia è stupenda...'
'L'hai vista?'
'Si. Adesso però vivrà senza una mamma e un papà...'
'Ci sarà Jenny che si prenderà cura di lei. E poi forse è meglio così. Non ti ha conosciuto e molto probabilmente tra qualche anno avrà anche cancellato ogni mio ricordo. Così soffrirà di meno...'
'Lo spero.'
Ci sorridemmo a vicenda.
'Adesso che si fa? Dobbiamo rimanre in questa stanza tutta bianca?' chiesi guardandomi intorno.
'No, non per forza.'
'E dove andiamo?'
'In paradiso.'
'Ci sei mai stato?'
'Si, ci sono entrato quando ti ho vista sorridere per la prima volta.'
Gli diedi un altro bacio e mi prese in braccio. Eravamo morti e non potevamo fare nulla, se non ricominciare una nuova vita. Insieme. Io e lui. Ashley e Scott. La coppia che tutti credevano avrebbe ceduto ancora prima di invecchiare e che invece era ancora unita, anche dopo la morte. E sarebbe stato così per sempre. Fino a quando ci sarebbe stato permesso di farlo.

 

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