Resurrected.

di foreverwithyou
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




Trailer.

Capitolo 1
«He killed me.»

 
Lydia Allis era soddisfatta, la dottoressa Marshall si era offerta di assistere suo marito Jake per un paio di sedute costruttive che lo avrebbero aiutato a cambiare. Non ci poteva essere notizia più bella quel giorno. Il trasloco era già stato compiuto, le valigie invadevano l’ingresso della nuova casa di New York City. Lydia era molto curiosa, andava su e giù per l’intero attico come in cerca di qualcosa. Jake era molto scettico e superficiale sull’argomento, voleva a tutti i costi evitare di ripensare al motivo per il quale sua moglie aveva deciso di traslocare. Da Los Angeles a New York senza compromessi. Lydia sentiva che le cose in quella nuova metropoli sarebbero cambiate, in tre anni di matrimonio non aveva subito altro che fustigazioni emotive da parte di suo marito. Dormire da sola in un letto per lunghe notti mentre lui era a spassarsela con altre donne non era confortante e questo Lydia lo sapeva, ecco il perché dell’improvviso trasloco. Los Angeles iniziava ad essere troppo appiccicosa per una coppia come loro. Dopo le lamentele continue di sua moglie, Jake Chandler, decise di spostare il suo lavoro in una città lontana. Avrebbe trovato dei clienti anche a New York, il terreno era immenso e la scelta era vasta. Il primo devastante giorno in quell’attico nuovo di zecca stava per concludersi, l’avvocato Chandler era rincasato in un’ora alquanto insolita per Lydia. Erano solo le nove di sera, di solito a quell’ora Jake era nel pieno del suo lavoro, questo è quello che ha sempre detto a Lydia. Si avventò su di lei e iniziò a baciarla con passione, a far scorrere le sue curiose mani sul suo sottile corpo, ad annusare l’odore lieve e sfumato dei suoi ricci biondi. Voleva sua moglie, voleva farla sentire sua moglie almeno per una sera, la sera della svolta per Lydia. La scaraventò di peso sul grande letto matrimoniale e i baci ripresero con più passione, quasi come una violenza. A Lydia non dispiaceva, troppe notti vuote senza suo marito, troppe attenzioni mai prestate.. ormai quello era un rapporto basato sul niente. Neanche il loro lontano passato da tremendi innamorati avrebbe aiutato quello che sembrava essere un bivio senza uscita. Pochi minuti di sesso era tutto quello che Jake aveva da offrire a Lydia, e a lei non dispiaceva. Forse quello era un piccolo passo verso il cambiamento e, con l’aiuto della dottoressa Marshall, i risultati sarebbero stati imminenti. Lydia sorrideva mentre una lacrima le rigava la guancia sinistra, non ricordava più l’ultima volta che era stata felice tra le braccia di Jake. La nuova vita dei coniugi Chandler era alle porte. Quella fresca mattina primaverile faceva da sfondo a quello che sarebbe stato un giorno piacevole. Lydia si preparò velocemente un discorso da fare ai suoi dipendenti. Essere il caporeparto di un giornale era impegnativo e i cambiamenti si dovevano prendere col sorriso sulle labbra a New York. Jake era uscito da un pezzo ma per Lydia non era una cosa insolita, suo marito era sempre stato molto impegnato. Così, prese un taxi e si recò in un edificio grandissimo, tipico di New York e, saliti quindici piani andò nell’ufficio del direttore per presentarsi e firmare il suo contratto lavorativo. Verso l’ora di pranzo Lydia mandò un messaggio a Jake dicendogli che aveva ricevuto il posto e che, quella sera, non sarebbe rincasata prima delle otto. Il nuovo lavoro rubava a Lydia tanto tempo, dare indicazioni e pareri la sfiniva. Rincasava con la faccia scavata dallo stress. Per i quindici giorni che seguirono le cose non cambiarono. Con Jake non ci fu più nemmeno una parola da quel giorno in cui fecero sesso, solo qualche e-mail veloce. Lydia sentiva che qualcosa stava di nuovo allontanando suo marito da lei. La gola le si restringeva e l’ansia aumentava proprio come in quegli anni a Los Angeles. Era un giorno piovoso e cupo, erano appena scoccate le sei e il direttore aveva dato la libera uscita a Lydia che da tempo stava lavorando al computer. Prese un taxi e guardò lo schermo del cellulare che segnava le sei e venti minuti, suo marito a quell’ora finiva la sua seduta con la dottoressa Marshall. Così, diede le indicazioni al tassista che in pochi minuti la fece arrivare a destinazione. Salì velocemente le scale, Lydia, in preda all’adrenalina. Non aveva mai fatto una sorpresa del genere a suo marito. L’imponente porta di legno mostrava una targhetta placcata in oro su cui c’era segnato il nome della psicologa. Suonò il campanello, stanca di aspettare, e le aprì la porta una donna sulla cinquantina dai capelli castano ramati, gli occhi verdi e una corporatura generosa e giusta. «Salve, sono Lydia Chandler. Dov’è mio marito?.» Nel taxi per ritornare a casa, dove accanto al corpo di Lydia avrebbe dovuto esserci Jake, c’era il nulla. Le parole della dottoressa Marshall erano state taglienti e sincere: «Signora Chandler, suo marito non è mai venuto alle sedute. Non so nemmeno com’è fatto.» Non poteva essere vero, era sicuramente un incubo. Lydia stava rivivendo le stesse pene di Los Angeles, nulla era cambiato. Tutti quei dannati pensieri la gettavano nello sconforto. Ne avrebbe parlato con Jake quella sera stessa, aveva il diritto di una spiegazione. Jake Chandler era sempre stata una persona orgogliosa ed egocentrica, capace di risolvere tutto da solo come se fosse un Dio, un signore onnipotente ma la lussuria che lo perseguitava non poteva essere stanata senza l’aiuto di una specialista. Lydia entrò in casa e posò le chiavi sul tavolino nell’ingresso. Camminò fino ad arrivare alla porta della sua camera e, quando la aprì, la scena che le si ripropose davanti fu davvero disgustosa.. una donna bruna ansimava con piacere tra le braccia di suo marito Jake. Il tutto era troppo per Lydia, era davvero intenzionata a credere che suo marito potesse cambiare in una nuova città, gli aveva concesso una seconda possibilità che lui prontamente ha respinto. Era giunto il momento di dare una svolta a quell’inferno di vita che le era toccato, quella sarebbe davvero stata una svolta. Richiuse, silenziosamente, la porta della camera e si recò in bagno. Si guardò allo specchio e non riusciva più a riconosce la donna che si rifletteva, non era più quella tenera e un po’ nerd ragazzina del college follemente innamorata del suo Jake, non era più la signora Chandler. Le lacrime mischiate al mascara scendevano veloci e rigavano il viso di Lydia. Se si fosse trovata a Los Angeles in questa situazione avrebbe detto: «Dove ho sbagliato?.Non sono mai abbastanza.» Ma ora si trovava a New York e niente la metteva in condizioni di calpestare la sua dignità, non poteva e non doveva sentirsi insufficiente. Lei era una donna. Riempì la vasca con dell’acqua fredda senza problemi, suo marito e quella sgualdrina dovevano essere talmente all’ecstasy del loro piacere che non avrebbero nemmeno dato importanza ad un minimo fruscio d’acqua. Si denudò in tutta calma respirando profondamente quell’essenza di solitudine che avvolgeva il suo animo. Una volta nuda si guardò il corpo pallido, sfiorò con le dita il suo ventre pensando a quanto avrebbe voluto avere il bambino che Jake le aveva sempre negato, si sciolse i capelli e li lasciò cadere morbidi e lisci sulle sue spalle. Si avvicinò al mobile posizionato accanto al lavandino e lo aprì, prese dei tubicini di pillole. Subito dopo si calò nella vasca. «Lui mi ha uccisa.» Disse tra le lacrime mentre ingoiava la prima pillola. «Lui mi ha uccisa.» Ripeté, stavolta deglutendo una seconda pillola. Erano passati circa venti minuti, Jake era rimasto solo in casa. La sua “botta e via” era durata meno del previsto, ovviamente non poteva rischiare di farsi beccare da sua moglie, la quale sarebbe rincasata a breve. Quella era forse la prima volta che si portava un’amante a casa, i suoi tradimenti li aveva sempre consumati sulla sua scrivania o in altri stravaganti posti. L’orologio in cucina segnava le otto e dieci, Jake si stupì di non vedere ancora Lydia rientrare. La sua preoccupazione si fermò lì. Decise di farsi una doccia e di rivestirsi, l’odore di quella donna di cui nemmeno si ricordava il nome era impregnato sul suo torace e i suoi graffi sulla sua schiena erano chiaramente visibili. Si avvicinò alla porta del bagno e la aprì lentamente, vide numerose pillole sparse sul pavimento e una mano che pendeva fuori dalla vasca. «Lydia!» Disse avvicinandosi. Il corpo di sua moglie era quasi interamente sommerso in quella gelida acqua. Jake la tirò fuori di lì e le coprì il corpo con un asciugamano. Era freddo, immobile. Per la prima volta l’avvocato Chandler non sapeva cosa fare, si sentiva impotente di fronte a quel gesto avventato di sua moglie. «Chiamerò la polizia, loro sapranno dirmi di più.» Disse andando in cucina per prendere il telefono.
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***




Trailer.

Capitolo 2

«She's here.»
 
«E’ un suicidio.» Disse il detective Green allontanandosi dal cadavere di Lydia. «Suicidio?.» Domandò a sua volta Jake come se fosse terrorizzato da quella parola. «Sì, lei mi ha detto che non aveva nemmeno sentito sua moglie rientrare in casa. Poi qui terra ci sono pillole di tutti i generi, è ovvio che Lydia non aveva più voglia di vivere. Lei sa dirmi il perché?.» Disse il detective. Jake non sapeva cosa rispondergli, era troppo spaventato nel vedere un’intera squadra di polizia frugare tra le sue cose e quelle di Lydia. Il detective Green ritenne opportuna la visita di Jake al commissariato quel giorno così lo scortarono fino a destinazione. Dopo un’oretta di domande su Lydia e il suo suicidio Jake venne lasciato andare. Il detective Green era davvero sbalordito, come poteva un marito non accorgersi del malore di sua moglie? Lydia, da quanto gli è stato riferito, non era mai stata una donna con disturbi mentali.. C’era qualcos’altro sotto e il detective voleva scoprirlo. Non è tutto oro quello che luccica. Così, prese la briga di rivolgere alcune domande all’ufficio di Lydia e anche a quello di Jake. Uscì alquanto dubbioso da quegli interrogatori, molte persone rimasero stupite dalla notizia della morte di Lydia e alcune mantennero il loro contegno e la loro strafottenza. La signorina Julie McLeod, segretaria dell’avvocato Chandler, non la raccontava giusta al detective Green così venne chiamata in commissariato. Il caso non era ancora chiuso, Green aveva una mezza idea su quale fosse stato il motivo del gesto di Lydia. A Jake vennero date delle ferie per riprendersi dal dolore della morte di sua moglie mentre la polizia continuava ad assillarlo. «Lydia è morta, detective. Non c’è bisogno che lei, del suicidio di mia moglie, ne faccia un affare di Stato.» Disse nella rabbia. Una macchia sulla sua tunica di avvocato rendeva Jake un perdente. Voleva che tutti ficcassero il naso nelle proprie faccende e che il caso del suicidio di Lydia fosse archiviato. Non voleva essere compatito, voleva annegare nel whisky e nella lussuria più sfrenata. Lui stava bene. La sua adorata bottiglia, per la quale ha combattuto tante lotte contro Lydia perdendo serenamente, era di nuovo nelle sue mani. Frasi senza un nesso logico iniziavano ad uscire dalla bocca di Jake, più ubriaco che mai. Quel bordello si stava svuotando e lui era ancora lì ad amoreggiare con delle fanciulle finchè non venne sbattuto fuori a pedate dalla grassa signora, proprietaria del locale. Con il collo della bottiglia stretto in un pugno e la camicia a brandelli iniziò ad esibirsi, per le strade vuote di quel quartiere Newyorkese, in una vecchia canzone dei Beatles. Da ubriaco parlava l’inglese in modo quasi incomprensibile. Si fermò un attimo appoggiandosi ad un muro per poi vomitare anche l’anima. Gli sforzi erano talmente forti che lo fecero piegare in due. Jake ghignava, le cose gli andavano più che bene da quando Lydia era morta eppure erano passati solo due giorni. Davvero strano! Ride bene chi ride ultimo. In un eco proiettato da un vicolo vicino, Jake, sentì il suo nome. Ritornato in posizione retta, si ripulì con la manica della camicia facendo scomparire quegli insensati ghigni. L’eco continuava a chiamare il suo nome, si stava avvicinando sempre di più a lui e si poteva anche distinguere che era la voce di una donna. «Lydia?!.» Disse mormorando. Una lunga e forte folata di vento fece sbattere Jake con la schiena sull’asfalto. Riprese a ridere e a guardare quella bottiglia quadrata contenente ancora qualche dito di alcoolico. Si rialzò e riprese a camminare. Tirò un respiro di sollievo quando vide di essere ritornato nel suo amato salotto, la sua casa gli era mancata in quei due giorni. «Non ti ho dedicato abbastanza tempo, sono stato troppo preso da altro.» Disse concludendo con una grande risata. Neanche a Lydia aveva mai detto una cosa del genere.. Si recò in bagno e si lavò il viso, ma una sciacquata agli zigomi non bastava per togliersi quel tanfo di alcool da dosso, ci voleva una doccia. Jake, però, era troppo stanco per una doccia così si fiondò sul divano e, una volta tolte le scarpe, chiuse gli occhi. Una musica improvvisa lo fece sobbalzare, si guardò in torno e noto che l’impianto stereo era acceso e suonava la canzone che, ai tempi del college, faceva impazzire Lydia: ‘Thriller’ di Michael Jackson. Jake aggrottò le sopracciglia, si alzò dal divano e spense lo stereo. Si voltò e vide una figura femminile con le cosce accavallate seduta sul divano dove lui, poco prima, dormiva beatamente. Jake scosse la testae sbatté gli occhi pensando che era un’allucinazione dovuta al troppo alcool e, infatti, lo era. Quella figura non c’era più e, Jake tornò a sdraiarsi e a dormire. Dopo delle ore di riposo un fruscio d’acqua svegliò Jake che, strafottente, tornò a chiudere gli occhi ripetendo a se stesso che quella era un’altra allucinazione dovuta al whisky. L’acqua non smetteva di scorrere e così, infastidito, si alzò dal divano di scatto e si recò verso il bagno, la stanza da cui proveniva il fruscio. Nel corridoio si bagnò i piedi nudi, incredulo spalancò la porta del bagno e vide che la vasca era talmente colma che l’acqua fuoriusciva. Corse verso essa e chiuse la fontana. Abbassò lo sguardo verso la vasca e, nell’acqua, vide riflessa per un secondo l’immagine di Lydia che imprecava in un urlo disperato. Jake si tappò le orecchie con le mani e cadde nella pozzanghera dietro di lui. Serrò gli occhi e rimase immobile per qualche secondo, il tempo in cui le urla si placarono. Riaprì gli occhi, un po’ spaventato da tutti quegli strani fenomeni che stavano accadendo, decise di tornarsene a dormire dato che erano solo le quattro del mattino. Tra veglia e sonno trascorse le ore seguenti, fin quando il primo sole non si manifestò. Solo allora si alzò e si preparò un bel caffè forte, doveva davvero riprendersi. Sorseggiando il suo caffè si accorse che l’acqua sul pavimento del corridoio della notte prima non c’era più. Si compiacque e pensò che quello era davvero tutto causato dall’alcool. Delle risate divertite fecero sparire l’espressione rilassata dal volto di Jake. Si guardò in torno con aria smarrita. Stava succedendo di nuovo, con la sola differenza che lui non era ubriaco. Un rumore di scarpe col tacco sul parquet del salotto lo fece sbiancare. Si avvicinò ma non vide nessuno, sentiva solo quel rumore netto e vicino. Scosse la testa più volte imprecando di smetterla a chiunque fosse a fargli quel dannato scherzo. Ritornata la quiete in casa, Jake, decise di farsi una doccia, puzzava sul serio. In quella soffocante cabina doccia piena di vapore non si respirava ma a Jake piaceva così. Riaprì gli occhi e, dal vetro appannato, intravide la figura di una donna di spalle appoggiata ad esso. Senza paura spalancò le porte della cabina doccia ma non vide nessuno. «Pensavo fosse più grosso.» Una voce calda e femminile fece sobbalzare Jake che voltò il capo e la vide seduta sul bordo della vasca. «Lydia?!. Non può essere.» Disse Jake incredulo. Lydia era davvero lì?. Si alzò lentamente e iniziò a camminare verso di lui con un sorriso beffardo sulle labbra. Il suo corpo era avvolto da un vestitino di pizzo nero che lasciava intravedere alcune zone del suo corpo. Si manteneva in perfetto equilibrio su dei tacchi, in tinta unita col vestitino, alquanto vertiginosi. I capelli corti, ricci, biondi e ribelli le ricadevano sugli occhi tinti di un nero intenso che faceva risaltare il loro colore azzurro. «Non sta accadendo veramente.» Disse Jake in preda all’ansia. Una risata beffarda da parte dell’insolita Lydia fu la reazione che suscitò quell’affermazione. Quella donna si avvicinava sempre di più a Jake che, prontamente, indietreggiava verso l’interno della doccia. E, appena fu ad un palmo da lui, il suo bellissimo viso si mutò in un viso demoniaco e pauroso. «Ora hai paura dei morti?.» Fu l’unica cosa che si riusciva a comprendere in quelle urla. Jake urlò, a sua volta, e sbraitò scivolando sull’acqua e sbattendo la testa contro le mattonelle della doccia perdendo i sensi per un po’ mentre quell’essere scompariva nel nulla. Si risvegliò con la testa dolorante, era ancora un po’ frastornato e confuso da quello che gli era successo poco prima. Si asciugò e si rivestì. La giornata doveva trascorrere normalmente, questo era il pensiero di Jake. Ordinò da mangiare, vide la TV e, nel pomeriggio, ricevette una visita. «Oh, cazzo.. Jake,ma cosa ti è successo?» Domandò Charlie, il suo migliore amico. «Lei è qui.» Disse Jake mettendo le mani sulle spalle di Charlie. «Lei, chi? Una donna? Vuoi che torno più tardi?» Domandò Charlie. «No, non una donna qualsiasi, Lydia.» Disse guardandolo con occhi terrorizzati. «Ma che cazzo dici, amico? Lydia è morta. Me l’ha detto il detective Green quando è venuto in ufficio l’altro giorno.» Disse Charlie. «Abbiamo visite?» Domandò Lydia comparendo alle spalle di Charlie, il suo viso era di nuovo apposto. Jake lanciò un urlo disperato indicandola. «Guarda, Charlie. È proprio dietro di te!» Disse Jake. Charlie si girò ma non vide nessuno. «Amico, ma cosa ti fumi? Lydia non è qui.» Disse Charlie ridendogli in faccia. Lydia guardò Jake con il suo solito sorriso beffardo e gli faceva ‘no’ col dito. Nessuno, oltre Jake, poteva vederla e sentirla.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***




Trailer.

Capitolo 3
«You belong with me.»
 
Charlie, vedendo lo stato in cui era l’amico, decise di rimanere finchè non si fosse calmato. Lydia lo stava perseguitando. Lamenti e improvvise grida riecheggiavano nelle orecchie di Jake e, lui non sapeva cosa fare oltre ad imprecare di smettere. Charlie era sempre più convinto che l’amico dovesse aver bisogno di uno specialista, di uno di quei “strizzacervelli”. Quasi provava pena per Jake. La moglie era morta e lui era caduto in depressione, questo era il pensiero di Charlie. Un così audace e temerario avvocato non dovrebbe trovarsi senza difese davanti a tali avversità. Scuoteva ripetutamente il capo mentre sorseggiava la sua birra. Un talk-show era quello che ci voleva, Charlie avrebbe scacciato Lydia dai pensieri di Jake. Ma la cosa sembrò non funzionare, Jake continuava a parlare con Lydia imprecandole di smettere e, questo, a Charlie spaventava non poco. Allora il paffuto uomo dai capelli rossi decise che per risanare la tranquillità dell’amico. Doveva assecondarlo, solo così Jake sarebbe stato bene. E così fece.. ad ogni imprecazione di Jake lo assecondava dicendo: «Sì, Lydia, va via. Lascia stare il mio amico!.» La notte passò in modo lento, Jake sembrava più tranquillo ma non lo era del tutto. Il mattino seguente Charlie abbandonò la casa dell’amico promettendogli che si sarebbero rivisti presto. A Jake fece piacere avere Charlie accanto in uno di quei giorni bui. L’avvocato Chandler era ancora in ferie, a lunedì mancavano ancora quattro giorni.. «Ci sei?.Lydia..» Disse Jake in salotto. «Sono qui, Jake.» Disse Lydia, la sua voce proveniva dalla camera da letto. Jake si reco lì e la vide seduta sul letto che sfiorava con le dita le lenzuola bianche. Un sorriso furtivo si accese sulle labbra di Lydia, ricordava di lei e Jake quella notte.. quegli intensi minuti in cui lei era stata sua.. Sfortunatamente quel letto non ha assaporato solo il sapore dei corpi nudi e sudati di Jake e Lydia, ma anche quello di Jake e la sua presunta amante. «Che schifo!» Disse di getto Lydia con le lacrime agli occhi. Jake non capiva cosa avesse. Il suono del campanello bloccò Jake che era sul punto di domandare il perché di quell’affermazione insolita. Andò in tutta fretta ad aprire. «Salve signor Chandler. Avrei alcune cose da dirle, posso entrare?» Domandò il detective Green. Jake gli fece spazio e lo fece accomodare in salotto. Il detective Green aveva rinterrogato la signorina Julie McLeod, la segretaria dell’avvocato Chandler, la quale gli aveva raccontato della sua “scappatella” con Jake quel fatidico giorno in cui Lydia si suicidò. In quel salotto regnava una strana calma, Jake non riusciva più a fare la differenza tra un cimitero e il salotto di casa sua. Il detective, ogni tanto, durante il suo racconto, si prendeva delle lunghe pause. Lydia era in piedi dietro di lui, stretta nel suo vestitino nero con lo sguardo fisso su Jake. «Signor Chandler, questo è tutto da revisionare ma per ora posso dirle che, da come parlano i fatti, lei ha indotto suo moglie ad uccidersi.» Disse il detective. Jake non credeva alle sue orecchie. «La signorina McLeod mi ha detto che quel pomeriggio era in questa casa con lei. Sua moglie si è uccisa mentre voi stavate nel pieno dell’atto sessuale o, non è così, signor Chandler?. Sia lei che la sua segretaria mi avete detto di essere rimasti in questa casa tutto il pomeriggio quindi non ci sono altre spiegazioni: Lydia Allis vi è morta sotto il naso e voi, presi dalle vostre voglie, non avete potuto impedirglielo.» Continuò il detective. Lydia iniziò a piangere e ad annuire mentre guardava Jake. La sua espressione era un misto di frustrazione e rabbia. Jake la guardò, poi guardò il detective e scosse la testa. «Adesso basta, detective. Se Lydia si è uccisa perché era gelosa non è colpa mia.» Disse urlando. Il detective non proferì parola, preferì togliere il disturbo e lasciare che Jake si calmasse da solo. Ora il caso era davvero chiuso, Green aveva collegato ogni cosa. Non c’era più niente da riparare. Le cose stavano così. Pianse Lydia, pianse tanto. La sua morte non era più un segreto per nessuno. Se ne vergognava così tanto. Tradita. Delusa. Seppellita. «Neanche morta trovo pace. La gente continua a parlare di me, della povera cornificata.» Disse sottovoce Lydia. Jake le si avvicinò ma, prontamente, Lydia gli diede uno spintone. «Hai sentito il detective?. È tutta colpa tua, stronzo.» Disse inveendo contro di lui. «Io non capisco cosa vuoi ancora da me.» Disse confuso Jake. «Ancora?. Ti pare che mi hai dato mai qualcosa?. Solo dispiaceri e corna. Ti pare una cosa da andare fieri?.» Disse Lydia concludendo con un urlo disperato e stordente. Jake si tappò le orecchie, dove aveva nascosto tutto quel fiato?. La faccia di Lydia mutava in quella di un demone. A Jake tremavano le ginocchia dalla paura. Le urla cessarono e Lydia svanì, ancora una volta, nel nulla. Jake tirò un lungo respiro per poi aprire una bottiglia di whisky e iniziare a berla. Le sue labbra tremavano all’impatto con la bottiglia. Era davvero terrificato dalla presenza del fantasma di sua moglie che lo perseguitava. Nei sogni, nei pensieri, in casa, ovunque c’era la presenza Lydia. Come se non se ne fosse mai andata sul serio. Una cosa però c’era da dire: la signora Chandler era totalmente diversa da quel fantasma raccapricciante. Jake scoprì dei tratti, in quel “mezzo-demone”, che in sua moglie non erano mai vagamente esistiti. Due giorni prima che Jake riprendesse il suo lavoro decise di uscire un po’ di casa. Il suo umore era strano quella mattina, conviveva con la paura che il fantasma di Lydia apparisse da un momento all’altro dato che la notte precedente l’aveva lasciato in pace. Prese la macchina e sgattaiolò fuori dal garage spingendo il piede sull’acceleratore verso il nord di Manhattan. «Sei disperato, Jake?.» La voce di Lydia rimbombava in quella Land Rover maleodorante di whisky. Jake stringeva le mani sul volante mentre spingeva il piede sull’acceleratore. Era teso, non poteva più sopportare quella presenza oscura nella sua vita. In fondo non aveva fatto nulla di male. Jake si dichiarava innocente. «Basta Lydia. Va via..» Disse Jake nelle lacrime. «Ma se sono appena arrivata!.» Disse Lydia ridendo sguaiatamente. Stavolta Jake la vide seduta sui sedili posteriori tramite lo specchietto retrovisore. «Ma cosa vuoi da me?.» Domandò urlando. «E’ brutto, vero, essere perseguitati da qualcosa?!.» Disse Lydia facendo sparire la sua aria divertita. Jake aveva gli occhi fissi sulla strada, quando li alzò verso lo specchietto retrovisore vide che Lydia non era più nell’auto. Tiro un mezzo respiro di sollievo e ritornò a prestare attenzione alla strada anche se tutto era un po’ confuso, il whisky iniziava a fare effetto. Jake stava guidando in stato di ebbrezza. Quel poco di lucidità che gli rimaneva la sfruttò per premere con maggior forza sull’acceleratore e schiantarsi contro un camion in piena corsa. I soccorsi furono subito chiamati dal guidatore del camion coinvolto in quel violento incidente. I medici tirarono fuori il corpo di Jake dalla Land Rover. Gli usciva sangue dappertutto. I suoi occhi erano semiaperti e vide che un medico lo sosteneva fra le sue braccia. Jake stava morendo e questo lo rallegrava abbastanza quindi accennò un sorriso e, un ultimo boccheggio, fu tutto quello che lasciò in questo mondo. «Ti sei illuso, Jake. Credevi, davvero, che con la morte avresti risolto i tuoi problemi liberandoti di me?. Ebbene, ho una triste notizia da darti: staremo insieme fino all’eternità. La morte non ha fatto altro che spingerti di più verso di me. Tu mi appartieni.»
 
The End.

 

   Lydia Allis.
    Jake Chandler.  

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