Ice heart - cuore di ghiaccio

di PinkyCCh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Prime conoscenze ***
Capitolo 3: *** Partenza e misteri ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni e primi approcci ***
Capitolo 5: *** Scontri e scoperte ***
Capitolo 6: *** Ricordi e situazioni pericolose ***
Capitolo 7: *** L'ultimo sguardo ***
Capitolo 8: *** Ritorni inaspettati ***
Capitolo 9: *** Risveglio con sorpresa ***
Capitolo 10: *** Festa ed imbrogli ***
Capitolo 11: *** Io ti amo ***
Capitolo 12: *** Torna da me ***
Capitolo 13: *** Innamorata di un bastardo ***
Capitolo 14: *** Hudson abbiamo un problema ***
Capitolo 15: *** Quanto forte può essere un cuore? ***
Capitolo 16: *** Quando il destino è beffardo ***
Capitolo 17: *** Colpo finale ***
Capitolo 18: *** Chiacchiere tra donne - 1pt ***
Capitolo 19: *** Chiacchiere tra donne - 2pt ***
Capitolo 20: *** Fine di una storia? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




 
- Prologo -




Credo che sia arrivato il momento di raccontarvi una storia. Una strana storia. Una di quelle, che almeno per quanto mi riguarda, fa contorcere lo stomaco, creando un groppo in gola, facendo pizzicare gli occhi.

Non credevo che un sentimento bello come l’amore potesse essere tanto distruttivo. Avevo sempre letto di amori fiabeschi, di principi e principesse. Forse avevo sbagliato tutto nella mia vita. Forse ero una semplice ragazza di provincia che sognava troppo e si sa i sogni non creano la realtà.
 
La mia fiaba iniziò in un giorno d’inverno. Una di quelle tipiche giornate invernali, dove il freddo padroneggiava. Persino i miei pensieri si stavano congelando. Tuttavia quel tempo così gelido mi era sempre piaciuto, mi faceva sentire libera, diversa.
Mi piaceva tanto girovagare per le strade del mio piccolo paese mentre il resto della popolazione rimaneva rintanata in casa, era tutto così caratteristico. Quel giorno una strana ansia s’impossessò del mio corpo, come se stessi prevendendo ciò che da lì a breve sarebbe accaduto.
Quando rincasai, alla sera, trovai i miei genitori pallidi in viso. Doveva essere successo qualcosa. Qualcosa di grave? Forse. La nonna? Forse.
Mi avvicinai al tavolo dove i miei genitori stavano bevendo un the e mi accomodai con loro, versando un po’ di liquido nella mia tazza rosa con i coniglietti. Li guardai di sottecchi, analizzando il loro strano comportamento.

“Mamma? Papà? Che succede?” osai domandare.

Nulla. Nessuna risposta. Si limitavano a guardarmi, come se fosse  l’ultima volta che mi avrebbero vista. Avevo forse un male incurabile? Stavo morendo? Ma certo che no! Ero sanissima! Bah..

“Uffa! Volete rispondere?” sbottai ormai scocciata da quel silenzio surreale. La mia casa non era mai così silenziosa. C’era sempre un via vai di amici e parenti e mio fratello che urlava di qua e di là.
“Yama..”  sussurrò mia madre con la voce rotta dal pianto.
“Mamma, gentilmente spiegatemi cosa sta succedendo!” iniziavo davvero a spazientirmi. Odiavo quando si creavano certe situazioni. Volevo solo capire cosa stesse succedendo.
“La nonna..” furono queste due paroline ad uscire dalla bocca di mia madre. Due paroline che mi fecero sussultare.
“Nonna? Sta male? Che succede!?” sembravo una macchina impazzita.
“Zitta e ascoltaci un secondo..” si spazientì mia madre e come darle torto? Non facevo che interromperla.
“Avanti mamma.” L’esortai, enfatizzando il concetto con un movimento nervoso delle mani.

Mio padre, invece, continuava a stare zitto e fissare il pavimento con occhi vuoti. Tristi.

“La nonna, come stavo dicendo, ci ha portato una vecchia lettera del mio defunto padre. E in questa lettera, c’erano le sue ultime volontà.” Oh, mio nonno aveva scritto un testamento?
“E questo sarebbe un motivo per cui rattristarsi?” risi di gusto per la scemenza appena detta e per le loro facce.
“Sì. Perché le sue ultime volontà, volevano che la sua ultima nipote, donna, si trasferisse a 9731 chilometri distante da noi.”

Strabuzzai gli occhi e guardai prima mia madre e poi mio padre.

“Cosa? Ma aveva per caso bevuto?” urlai, alzandomi dalla sedia e sbattendo le mani sul tavolo di vetro della cucina.
“No. Aveva semplicemente stretto un accordo con un suo vecchio conoscente giapponese, affinché gli ultimi eredi diretti delle due stirpi, si unissero in matrimonio.” Rispose risoluta mia madre.

Un mancamento. Mi sentì mancare. Sposarmi? Ma chi? IO? No, stavano scherzando. Forse era il primo d’aprile e io non me ne ero resa conto. Dai loro sguardi però mi resi conto che stavano parlando per davvero. Mi sarei sposata da li a poco.

“M-mamma, ti prego dimmi che state scherzando. Ve ne prego!” piagnucolai. Ero inorridita e spaventata al tempo stesso. Come potevano farmi una cosa simile?
“Piccola mia.. “ Mia madre, cercò di accarezzarmi il capo, ma scostai brutalmente la sua mano. In quel momento li odiavo. Mi stavano vendendo per un fottuto contratto, se così si può chiamare, scritto anni addietro. Come potevano?

Vuoto, freddo, solitudine. Volevo restare sola. lasciai i miei genitori soli in cucina ed io corsi di sopra nella mia camera. Il mio rifugio. Volevo solo stare in quella buia stanza che ora mi teneva prigioniera insieme ai miei pensieri.

“Nonno, come hai potuto?” sussurrai prima che Morfeo decidesse di trasportarmi con lui nel beato mondo dei sogni.





 
        

 

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Capitolo 2
*** Prime conoscenze ***



 
- Prime conoscenze - 






Stavo dormendo beatamente nel mio letto comodo, quando un suono incessante mi destò dal mio sonno quasi tranquillo. Mugugnai infastidita voltando il capo in direzione del suono e ritrovai la sveglia che segnava le otto in punto.
Imprecai ancora una volta poiché avrei preferito dormire un altro po’. Mi stiracchiai, infilai le mie pantofolone rosa e scesi di sotto in cucina, dove trovai mia mamma intenta a preparare le colazione. La trovai spossata e stanca, con un viso così triste che avrebbe suscitato pena anche all’uomo più crudele sulla faccia della terra.

“Buongiorno mammina!”   esordii schioccandole un bel bacio sulla guancia e sorridendole.
“Buongiorno tesoro, sei riuscita a dormire un po’?” s’informò gentilmente la donna che sarebbe dovuta essere la mia genitrice.
“Sì sì, tranquilla.”     Bugiarda, ero solo una gran bugiarda, pensai.

La vidi alzare lo sguardo e posarlo su di me, quasi incerta. Sospirò ed adagiò il mestolo sul piano cottura e spostò completamente il suo corpo in mia direzione.

“Sai tesoro, papà, è già uscito, è andato all’aeroporto  a prendere la famiglia Seiki.” M’informò lei.

Seiki?  Quel cognome arrivò al mio cervello come un fulmine. Strabuzzai gli occhi ed annuii pensierosa.

Questo è il nome del mio carnefice?  Bene, fra poco vedrò finalmente in faccia quello che pretende di diventare mio marito. Non sa cosa gli aspetta!
 A quel pensiero, tuttavia provai un certo ribrezzo. Avrei dovuto baciarlo? Ma che schifo!

Guardai la mia dolce e triste e mamma, forse sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei  vista. La salutai e stancamente  risalii le scale che poco prima mi avevano condotta da lei.
Sembravo l’ombra di me stessa. Trascinavo i piedi malamente, un senso di affaticamento invase il mio corpo e dei continui sospiri uscivano dalla mia bocca.
Tra un sospiro ed un pensiero mi ritrovai nella mia camera. Avanzai verso lo specchio posto sul comò ed arpionai lo sguardo a quella superficie riflettente.
Continuavo a guardare la mia immagine riflessa. Ero davvero io, quella? 
Avevo il viso sconvolto e un colorito tutt’altro che roseo.  Sembravo uno zombie.
Avrei dovuto truccarmi per l’appuntamento? Forse.
Avrei dovuto mettermi in ghingheri per quell’essere che avrei incontrato da li a poco? Forse. 
Decisi di andare sul più semplice possibile: felpa rosa e jeans a sigaretta.
Si sarebbe dovuto accontenta quell’essere immondo che osava presentarsi in casa mia.
Io ero così. Una ragazza semplice di provincia. Ma lui? Lui com’era? Ero curiosa. Avevo paura. Perché stava capitando tutto ciò?
Mi feci una doccia veloce e mi vestii.
Ecco, avevo finito. Ero perfetta.

Semplice!  Sorrisi al pensiero di com’era buffa la mia immagine riflessa in quello specchio.

Fui ridestata dai miei pensieri, dal rumore della porta che si aprii. Erano forse arrivati?

“Cara sono tornato!” urlò mio padre dall’ingresso. Mi sfuggì una risata pensando che forse mia mamma si era chiusa in camera per mettersi in ghingheri. Il pensiero fu subito spazzato via dall’orrore nel sapere che mio padre era in compagnia di Seiki.

Sospirai. Già, erano proprio arrivati.
Mi affrettai a scendere. Certo, la voglia di vedere quella faccia da culo non era molta, ma volevo sembrare almeno educata. Non sia mai che dicano che Yamashita Michiyo sia una maleducata!
Scesi quelle dannate scale, come se fossero il mio patibolo ed ecco che lo vidi. Mi mancò il fiato per quanto? ? Cinque? Dieci? Forse più minuti. Dio, com’era bello. Un angelo.

Possibile che quest’essere sia così dannatamente bello? Pensai.

“Buongiorno, io sono il Signor Seiki. E lui è mio figlio..Shin.” esordii l’uomo seduto sul divano del mio soggiorno. Era la copia del figlio, solo con qualche anno in più.

Capelli castano scuro, occhi a mandorla e labbra carnose. Per i miei stereotipi, incarnavano la perfezione quei due e questo non andava affatto bene.
Scossi la testa e sentii le guancie andare in fiamme.

Pessimo segno! Pensai.

“O-oh buongiorno io sono Maki Michiyo, e questa.. –incoraggiandomi ad avvcinarmi –è mia figlia Michiyo.” Da quando mia mamma era diventata una scolaretta imbarazzata che balbettava ed avvampava dinnanzi a qualcuno?

Inarcai un sopracciglio e fulminai mia madre con lo sguardo.

“Buongiorno Signori Seiki.” Risposi leggermente e visibilmente scazzata, porgendogli la mano. Ero edicata almeno, no?Finsi, in più, un dannato sorriso.

Era tutto così irreale! Un matrimonio combinato e scelto anni addietro, quando ancora non eravamo in programma, i miei genitori imbarazzati, quel giapponese con su figlio che mi squadravano. Ma che volevano da me? Tutti questi miei pensieri, furono spazzati via da quel volto così angelico quanto freddo. I suoi occhi, mi rapirono. Colpo di fulmine? No non poteva essere!

“Che diamine guardi?” ecco, ritiro tutto. Cosa avevo detto? Viso angelico ed altre stronzate? No, era uno stronzo.
 “Se permetti ti guardo eccome, visto che per colpa tua mi ritrovo in questa situazione! Tsk!” sbottai indignata ed oltraggiata. Ma come si permetteva quel diavolo travestito da angelo, di rivolgersi così a me?

Come ho potuto pensare che fosse un angelo?

“Sono indignato, se non schifato quanto te. Papà.. – disse rivolgendosi all’uomo di fianco a lui è proprio necessario adempiere a questo futile contratto? D’altronde ‘sti due vecchiacci, son morti da anni.” Sbottò quel ragazzo che stavo iniziando ad odiare con tutta me stessa. Incominciavamo proprio per il verso giusto, non c’era che dire.
“Bello di mamma, vecchiaccio ci sarai te! Non osare parlare di mio nonno con quel tuo tono strafottente. Chi ti credi di essere stupido..” arrivai ad una spanna dal suo viso ed iniziai ad urlare e dimenarmi. Ero diventata livida in volta e la rabbia ormai era divenuta la mia compagna.
“Stupido…?” m’incoraggiò a continuare con un sorrisetto spavaldo stampato in faccia.
“BAKA!” urlai.
“Oh,che dolce, per me hai imparato il giapponese? –le sue labbra formarono un ghigno quasi malefico. –sei davvero un tesoro.” Ora mi prendeva anche per culo?
“No, amo semplicemente il Giappone, amore! Ma di certo non amo i giapponesi strafottenti come te!” risposi fiera di me stessa e delle mie passioni. Non sarebbe stato di certo l’incontro con un giapponese stronzo a farmi cambiare idea.
“Tsk, ci sarà da divertirsi.” Disse. Sembrava quasi che stesse parlando. Bene era pure matto.

Ci sarà da divertirsi?!? Ma guardalo! E’ troppo spavaldo per i miei gusti.

Non era passata neanche mezz’ora dal nostro incontro e già iniziava a ribollirmi il sangue. Dovevo trovare un modo per aggirare quell’ostacolo. Dovevo riuscire ad annullare quel futile contratto.
Ma come avrei potuto? Entrambi i nostri genitori, sembravano così convinti delle loro scelte, ma quella era la mia vita e non volevo passarla accanto ad uno stronzo.
I miei pensieri furono interrotti dal Signor Seiki che prese la parola.

“Bene, passiamo ai dettagli. La signorina Yamashita, verrà a vivere con noi, nella nostra villa.” vivere con loro? Con lui? Ma che cavolo volevano da me?
“Capisco, ad una condizione. Che il matrimonio venga svolto qui da noi, con il nostro rito religioso. Voglio concedere almeno questo a mia figlia.” questa fu solo la risposta di mio padre.

Continuavo a guardare quella scena, inebetita. Non volevo, volevo ribellarmi, ma niente, ogni singolo muscolo del mio corpo non reagiva.

“Il matrimonio verrà celebrato fra 3 giorni esatti alle 11.00. “ riprese la parola mio padre.
“Perfetto, signori Michiyo. Manderò subito il mio assistente a gestire ogni singolo preparativo.” Rispose con aria sognante il signor Seiki, lasciandomi stupefatta ed inorridita di come chiudessero quell’accordo come se fossimo stati dei pezzi di manzo da vendere ad un macellaio. Con una stretta di mano sancirono la loro, anzi nostra unione ed i due bastardi Seiki si dileguarono, lasciandomi sola con i miei genitori.
“Yama..ascolta..” cercò di parlare mia madre ma l’azzittii subito fulminandola con lo sguardo.
“Sta zitta mamma. Non voglio più ascoltare nulla da voi. Esco a fare un giro.” Urlai ed uscii sbattendo violentemente la porta.



 Appena svoltai l’angolo di casa mi ritrovai uno Shin alquanto furioso e perplesso ad aspettarmi appoggiato al muro di un’abitazione.

“Dobbiamo parlare.” Esordii nervosamente Shin.
“Che cosa vuoi?” risposi acida sorpassandolo e continuando a camminare.
“Non voglio sposare una nana come te.” Ribadì lui iniziando a camminare al mio fianco.
“C-cosa? Nana a me? A ME? Ma tu sei fuso. E comunque, per la cronaca, io ho la stessa tua voglia.” Voleva per caso morire giovane e bello?
“Bene, annulliamo questo assurdo contratto.” Ritentò ancora lui.
“Lo sai che non si può..come dovrei fare eh? Proponi qualche scappatoia.” Risposi affranta e sospirando.
“Uhm…sei già fidanzata, no?” ma come faceva ad essere così stronzo ed inopportuno? Ora stava superando davvero i limiti. Mi fermai di colpo e mi posizionai davanti a lui e lo sfidai con lo sguardo. Poi un sordo rumore interruppe quella situazione. La mia mano destra si era posata violentemente sulla sua guancia. Avevo dato un gran bello schiaffo a quella faccia da culo.
“Stupida! Ma che cazzo ti è preso? “ urlò Shin guardandomi furioso.
“Ti prego, basta… non mentirei mai così..soprattutto sui sentimenti.” Risposi ed un turbinio di ricordi invase la mia mente facendomi ricordare il mio passato amore. Ricordo ancora quando scoprii del suo tradimento. Ci ero stata fottutamente male.
“E credi che sposandomi non menti sui tuoi sentimenti?” chiese Shin come se fosse la cosa più ovvia e semplice del mondo.
“Sì, ma..” non riuscii a proferire parola, avevo colpito dritto al punto.
“Va bene. Troveremo una soluzione. Che ne dici? Sposiamoci, accontentiamoli, ma ognuno per la propria strada. Ok?” pronunciò questa frase con un tono quasi dolce e compassionevole. Lo guardai e mi persi nei suoi occhi. Sembrava una scolaretta in preda agli ormoni.
“D..d’accordo…” mi limitai a rispodere.

Dopo quella breve chiacchierata rientrammo e trovammo i nostri genitori seri e pensierosi.

“Bentornati. Sedetevi , dobbiamo parlare. “disse il signor Seiki.
“Ok.”  rispondemmo all’unisono io e Shin.
“Sappiamo bene che farvi sposare in così breve tempo  è un’assurdità, dunque abbiamo pensato di farvi vivere insieme per un breve lasso di tempo, affinché vi possiate conoscere e che vi capiate meglio. La signorina Yamashita, si trasferirà da noi a Tokyo e fra un anno esatto, si terranno le vostre nozze! Che ne pensate?” le parole dette dal signor Seiki con quel tono solenne, parvero quasi una condanna.
“Papà – disse Shin con un volto decisamente arrabbiato tu sei tutto matto! Un anno?!”
“Massì, è la stessa cosa, ma almeno potrete conoscervi meglio vi pare?” ribattè sempre più convinto il signor Seiki.
“Ma è la stessa cosa..ma va bene, per me va bene e tu? “disse Shin rivolgendosi verso di me.
“Sì… credo sia un’ottima soluzione.” non potetti far altro che annuire tristemente.
“Signor Seiki, la preghiamo di badare a nostra figlia!” esclamò mio padre rivolgendosi all’uomo.
“Stia tranquillo signor Michiyo, con noi è in ottime mani!” disse di rimando il padre del mio futuro marito.

Eccomi nella mia stanza, questa è l’ultima volta che la vedo.

Stancamente mi avvicinai alla mia scrivania. C’erano quaderni, libri sparsi un po’ ovunque e poi LUI. Quella fotografia che ci ritraeva insieme. Il mio Tenshi che mi aveva abbandonata.
 La presi con foga e la seppellii infondo alla mia valigia. Quel ricordo sarebbe volato via con me in Giappone. Era troppo importante. Era il ragazzo che aveva rapito il mio cuore e poi mi aveva abbandonata, tradendomi per giunta.
Ad un tratto la porta si aprii. Mi ritrovai due occhi gelidi che mi fissavano.

“Dobbiamo parlare.” Esordì Shin guardandomi trucemente.
“Oh ma ciao, benvenuto nella mia camera. Sì sto bene e tu? No, ma fai pure. Entra tranquillamente. Vabbè, dimmi Shin.” Sbuffai e gli voltai le spalle.
“Lì, a Tokyo, ho una vita.” Disse con un tono di voce da mettere i brividi.
“E allora?”ma a me cosa importava? Erano solo fatti suoi.
“..e una ragazza.” Continuò a parlare.
“Ah..quindi?” ecco dov’era il nocciolo della questione.
“Lei non deve sapere.” Disse con fare ovvio.
“Come? E quando ci sposeremo?” era più che legittimo il fatto che stessi chiedendo, no? Ma che intenzioni aveva quel ragazzo?
“Mi inventerò qualcosa, magari riesco a far saltare questo assurdo matrimonio.” Disse sovrappensiero, portandosi una mano sulla fronte con fare stanco.
“E come?” domandai curiosa.
“Fatti miei. Tu limitati a fingere di non conoscermi! Avremo rapporti solo dentro casa.” Mi sentivo come una scimmia in gabbia e la sensazione non era di mio gradimento.
“Sei crudele però, sai?” risposi piccata.
Mi si avvicinò ad una velocità inaudita e prendendomi il mento con la sua gelata mano disse una cosa che mi colpì dritta al cuore.
“Attenta ragazzina, so essere peggio di così! Non farmi arrabbiare. Per me sei l’equivalente di un vecchio oggetto pronto ad essere gettato.”
“Sei solo un BA..”  non ebbi il tempo di rispondere che lui mi zittii con un bacio, un bacio al sapore di rabbia. Spalancai gli occhi e persi un battito al cuore. Le gote andarono in fiamme e sul suo viso si dipinse un sorriso beffardo.
“Come vedi..sei solo una bambola con cui giocare e passare il tempo.” Detto questo mi lasciò in lacrime e scese giù dai nostri genitori.
“Sono solo un oggetto, una bambola..” sussurrai e mi toccai le labbra violate poco prima con un dito, pensando perché quel bacio mi avesse ferita e ammaliata al tempo stesso.
 
 

 

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Capitolo 3
*** Partenza e misteri ***


- Partenza e misteri -




Bene, le valigie erano pronte. Io ero pronta. Avevo deciso di affrontare questa nuova sfida col sorriso. d’altronde avevo sempre fatto così. Il sorriso non mi avrebbe mai abbandonata, ne ero sicura.
Alle dieci del mattino una lussuosa macchina arrivò sotto casa mia e suonò. Era la famiglia Seiki che era venuta a prendermi.
Salutai i miei genitori e li lasciai sul’uscio della porta intenti a salutare e piangere. Beh potevano pensarci prima, no?
Decisi di non voltarmi ulteriormente, sapevo che se l’avessi fatto, sarei tornata indietro di corsa. Volevo, però, portare avanti l’onore della mia famiglia e del mio defunto nonno anche se aveva fatto una gran cazzata.
Quando entrai in macchina il signor Seiki non faceva altro che guardarmi, sorridere, dirmi di stare tranquilla e che mi avrebbero trattata come una figlia. Ma lui? Shin invece non faceva altro che guardare fuori dal finestrino, il suo sguardo era triste. Pensava forse a lei?
Arrivammo all’aeroporto e dopo un’ora di check-in e attesa, ci imbarcammo.

Destinazione? GIAPPONE- TOKYO.

Cosa o chi mi avrebbe aspettato lì? In quel posto tanto affascinante quanto spaventoso? Sarei stata a migliaia di chilometri di distanza dalla mia famiglia, dal mio mondo. Ce l’avrei davvero fatta? Era una sfida, una grossa sfida.  Volevo vincere, non so cosa, ma ero agguerrita. Volevo dimostrare che ero all’altezza di quell’assurda faccenda.
Shin, intanto, continuava a starsene zitto in quel suo posto a sedere, guardando un punto indefinito nel vasto cielo blu.

“Ehm..Shin? –Nulla, decisi di riprovare urlandogli nell’orecchio! – SHHHIIIIIIIIIIIIIIIIINNNNNNNNNNNN!“ ecco, finalmente lo vidi sobbalzare e guardarmi
“Ma dico! Sei pazza? Sei idiota? Che vuoi?!?” urlò ormai furioso.
“Ecco, io volevo solo sapere se stavi dormendo!” dissi sorridendogli.
“Dio mio, sta zitta e dormi e non darmi fastidio.” Disse in maniera del tutto scocciata.
“Ma uffa, volevo parlare un po’.” gli feci una faccia imbronciata, degna di una bimba di 5 anni e lui esasperato acconsentii alla chiacchierata. “Ecco senti, ma tu vai a scuola?” domandai curiosa.
“Sì.” Si limitò a rispondere. Che ragazzo di poche parole che era.
“Sei bravo?” indagai ancora.
“Non lo so.” Monosillabico ed emblematico era dir poco.
“Hai amici?” la mia curiosità era epocale!
“Sì. E prima che me lo chiedi sono cinque.” Ora sembrava pure infastidito! Ma che cavolo, io dovevo sapere qualcosa in più sull’uomo che avrei dovuto sposare, no?
“Avete le divise scolastiche?” erano state sempre il mio sogno proibito.
“No, vado all’università..Giurisprudenza. Le divise vengono indossate sino al liceo.” Un moto di delusione m’invase. Quella era l’unica cosa positiva che mi piaceva.
“E lei?” indagai ancora.
“Chi lei?” ma era proprio tonto allora?
“La tua ragazza.” Dissi con fare ovvio, sospirando.
“Sì.” Oh, ma quel ragazzo non parlava per niente. Iniziavo a scocciarmi.
“Wow! Come si chiama??” dissi ormai curiosa.
“Ayumi.” Oh, un bel nome giapponese. Abbassai lo sguardo ed iniziai ad immaginarla. I suoi lineamenti, le sue mani, i suoi capelli. Mi sentivo in colpa per quella ragazza ma non era mica colpa mia tutta quella situazione.
“Ehm… senti..e io?” osai domandare. Mi ero posta quella domanda fin da subito. Io cosa avrei fatto una volta arrivata nella terra del Sol Levante?
“Tu cosa?” sembrava sorpreso.
“Io che farò una volta lì?” rinforzai il concetto.
“Mi sembra ovvio. Starai nascosta a casa, non voglio che qualcuno ti veda.” Sentii una fitta all’altezza del cuore e strabuzzai gli occhi. Voleva tenermi nascosta al resto del mondo? Ma che razza di mostro era?
“Ma io..” cercai di controbattere ma lui mi fermò scuotendo la testa ed accigliando lo sguardo.
­“Niente ma. Non voglio che a causa tua la mia vita e reputazione vengano rovinate. Imparerai a fare la brava mogliettina.”

Non riuscii più a rispondergli. Era questa la vita che mi ero davvero scelta?

Sei un essere odioso. Pensai.
 
Mi girai e mi addormentai. Al mio risveglio sarei arrivata a Tokyo, nel mio personale inferno.
 
 




Una mano ed una voce mi ridestarono dal mio sonno, facendomi letteralmente saltare. Che stava succedendo? Mi voltai e ritrovai il signor Seiki che mi sorrideva e mi diceva che eravamo arrivati.
Scendemmo dall’aereo e ci dirigemmo verso l’uscita dell’aeroporto.  
Trovammo una macchina scura ad attenderci. Scese un uomo in smoking che si premurò di prendere i nostri bagagli e caricarli in macchina.
Finalmente eravamo arrivati nella tanto sospirata Tokyo. La macchina su cui viaggiavamo correva impertinente nelle strade affollate di Tokyo. Dio com’era bella, tutta luminosa, piena di vita.
Il mio piccolo paesino messo a confronto con questa città sarebbe sparito. Nulla a che vedere. C’era vita ovunque: coppie, famiglie, ragazzi. Tutti che giravano per quella città.  La neve caduta durante la notte, poi, l’aveva resa ancora più bella e magica. Dopo un’ora e mezza di tragitto arrivammo davanti una lussuosa villa.

Tenuta Seiki.

Era un castello, cavolo!
All’ingresso, ad aspettarci, c’era tutto il personale, formando un corridoio. Annuendo e sorridendo, non facevano altro che darci il benvenuto. Iniziavo a sentirmi una principessa. Sì, come quelle delle favole Disney!

“Buongiorno e benvenuta signorina!  Io sono la sua dama di compagnia! Mi chiamo Sana Mizuiro! Sono qui per servirla.” Mi si avvicinò una donna sulla trentina vestita in tailleur scuro, con un sorriso da illuminare anche la strada più buia.
Il suo sorriso riscaldò il mio cuore proprio come fa il sole con i suoi tiepidi raggi in una giornata invernale. Seguii la mia dama nella mia stanza. Era enorme. Il profumo che caratterizzava quelle 4 mura sapeva di rose. Quella stanza sarebbe stato il mio rifugio, ne ero certa.
Ad un tratto qualcuno bussò e la mia dama si precipitò ad aprire.
Occhi color cioccolato, capelli neri, spalle così larghe da poter sostenere il peso del mondo ed un sorriso incantevole. Era bello come il sole. Il sorriso caldo di quel del ragazzo che mi stava di fronte, messo a confronto con quello di Shin era luce pura.
“Buongiorno, tu devi essere Yamashita!” esordii il ragazzo avvicinandosi a me e tendendomi la mano.
“E-ehm..si si! Ma tu..” chi era quel ragazzo?
“Io sono Hiroshi, molto lieto di fare la tua conoscenza! Sono il fratello maggiore di Shin. “ era suo fratello maggiore? Avrei dovuto capirlo prima. Erano fratelli eppure in loro tutto era diverso.
“O-oh..sei così diverso da lui.” Ma brava Yamashita, inizi già a fare la figura dell’allocca.
“Dici? Ahahahhah non farti sentire da lui!” disse con le lacrime agli occhi, mentre la sua risata cristallina si propagava per la stanza.
“Che ridi!“ dissi io fingendomi indispettita.
“Sei così carina e buffa..” disse queste semplici parole accarezzandomi la testa con una delicatezza tale da farmi sciogliere. “Sta tranquilla, vedrai che ti troverai benissimo qui da noi.” Continuò, cercando di rincuorarmi, forse notando l’aria di terrore che mi aveva invasa al mio arrivo in villa.
“Sì ma..” cercai di rispondere ma intervenne prima lui, togliendomi la parola.
“Ti va di uscire un po’? ti mostrerò la città!“ domandò con gli occhi che gli brillavano.
“Davvero posso?” domandai timorosa.
“Come?” sembrava incredulo, come dargli torto?
“Sì ecco..insomma..Shin ha detto che non voleva che mi vedessero in giro.” Dissi continuando a torturarmi le mani per la vergogna.
“Ti ha detto questo? Capisco..aspettami qui ok piccola?” disse sorridendomi e dirigendosi fuori la stanza. Annuii quando lui ormai era già uscito e mi diedi mentalmente della stupida. Mezz’ora in quella casa e già avevo creato un bel casino.
C’era da dire, però, che Hiroshi era completamente diverso da suo fratello.

Baka Shin! Pensai corrugando la fronte e sbuffando.
 


Pochi minuti dopo, qualcuno bussò nuovamente alla mia porta.
E adesso chi era? Uffa. Stancamente mugolai un “Avanti..” e davanti a me si ripresentò un elegante Hiroshi: indossava un cappotto nero lungo sino alle ginocchia.

“Bene, sono pronto! Andiamo Yama-chan? “sfoggiò un sorriso talmente bello e solare che mi sembrò di sciogliermi come neve al sole. Riuscii solo a pronunciare un”certo”. Lo seguii di sotto, nell’androne, dove poco prima avevo fatto il mio ingresso. Ad un tratto senti uno sguardo gelido squadrarmi.
“Dove state andando? “ apparve Shin dal salotto.
“In giro.” questa fu la semplice frase che pronunciò il mio accompagnatore.

Con un veloce scatto vidi Shin avvicinarsi a me e prendermi per un braccio. Ma che gli stava prendendo?

“Stupida, ti avevo detto che non volevo che mettessi  il naso fuori da questa casa! Avevo un accordo, ricordi ragazzina?!” mi urlò ad un centimetro dal viso.

Dio, avevo paura. Sentivo gli occhi pizzicare e un bruciore sul braccio. Temevo Shin, mi incuteva paura.
Ad un tratto, però, sentii due braccia forti cingermi dalle spalle. Alzai lo sguardo e vidi Hiroshi.

“Shin, stai esagerando. E’ una nostra ospite non un animale. Ora basta, noi usciamo. A stasera.” Sentenziò Hiroshi  trascinandomi via da quella assurda situazione.

Con la coda dell’occhio fissavo Shin che ci guardava con odio. Avevo paura eppure un qualcosa in lui mi attirava.
Ad un tratto una voce calda mi destò dai miei pensieri.

“Ehi piccola, tutto bene?” domandò Hiroshi scrutandomi attentamente.
“Eh? Sì sì Hiroshi. Tranquillo.” Bugiarda. Sono solo una gran bugiarda.
“Yama.. “Hiroshi mi guardava in un modo strano. Cosa voleva adesso da me?
“D-dimmi.” Balbettai.
“Non devi sopportare in silenzio. Mio fratello fa lo stronzo. Anzi lo è. Ma tu devi reagire dannazione. Sei una persona non un robot.” Gesticolava mentre mi esponeva le sue idee.
“Hiroshi, io..ho paura. Non voglio essere sola! Voglio avere nuovi amici, conoscere nuova gente! Voglio
vivere come una ragazza normale di ventuno anni!” Senza che me ne accorgessi, iniziai a piangere ed a buttare fuori tutta la frustrazione che provavo, che mi affliggeva in quei giorni.
“Sta tranquilla, ci sono io con te. Ti proteggerò dal mondo se necessario.” Ad un tratto Hiroshi mi si avvicinò e con un fare protettivo, mi accarezzò dolcemente la testa.
 
“Eh? Ma perché fai tutto questo? Non mi conosci per niente!” dissi frustata ed in lacrime.
“Ti sbagli Yamashita.. -il suo sguardo divenne improvvisamente serio e duro..- ti conosco, molto bene anche. Ti conosco da una vita.” Disse emblematico.
“Che vuoi dire? SPIEGAMI!“  Non riuscii a capire le sue parole, ma si sa, la curiosità è donna!
“Davvero vuoi saperlo?” disse sorridendomi e facendo accrescere in me una curiosità enorme.

Certo che volevo sapere!

 

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Capitolo 4
*** Rivelazioni e primi approcci ***



Trailer


- Rivelazioni e primi approcci -


 
Dal capitolo precedente
 
“Eh? Ma perché fai tutto questo? Non mi conosci per niente!” dissi frustata ed in lacrime.
“Ti sbagli Yamashita.. -il suo sguardo divenne improvvisamente serio e duro..- ti conosco, molto bene anche. Ti conosco da una vita.” Disse emblematico.
“Che vuoi dire? SPIEGAMI!“  Non riuscii a capire le sue parole, ma si sa, la curiosità è donna!
“Davvero vuoi saperlo?” disse sorridendomi e facendo accrescere in me una curiosità enorme.

Certo che volevo sapere!

 
 




“Certo che sì.”  controbattei accigliata.

Hiroshi mi guardò e sospirò. Ero pronta ad ascoltare il suo racconto e tutto ciò che ne sarebbe potuto derivare.

“E va bene. Allora… circa dieci anni fa, io insieme alla mia defunta madre, venimmo in Italia. Per la precisione nel tuo paese.” Disse solenne Hiroshi, mentre distoglieva lo sguardo.
“E..e che siete venuti a fare?” domandai quasi spaventata.
“Non lo immagini? Originariamente ero io l’ultimo erede della famiglia Seiki. Eri destinata a me. Ma poi mia madre rimase incinta di Shin e così lui fu l’ultimo erede. Volevo seguirti, studiarti. Conoscere la donna che sarebbe stata la mia compagna di vita. Più ti guardavo e più mi rendevo conto di quanto fossi tenera e allegra. Anche durante questi dieci anni ti ho osservata e seguita da lontano. Anche se eri destinata a Shin, ti ho sempre osservata.” Concluse ritornando con lo sguardo sulla mia figura e probabilmente attendendo una mia possibile reazione.
“Hiroshi..ma quindi io…” non sapevo cosa dire. Mi sarei aspettata di tutto, tranne che quelle esatte parole. Che avrei dovuto dire?
“Sì, mi piaci. Ma non farò nulla per intralciare il percorso tuo e di mio fratello. Almeno per ora. Finché ti rispetterà, mi terrò a distanza. Sta tranquilla scemina!” disse colpendomi con un buffetto sulla testa.
“H-Hiroshi..mi sento in colpa…” sussurrai chinando il capo.
“E perché?” ora sembrava persino divertito a giudicare dal sorrisetto sghembo che era apparso sul suo viso. Ma che tipo!
“Non lo so, ma mi sento in colpa!” urlai rossa in viso per l’imbarazzo.

Si avvicinò pericolosamente a me. I nostri visi erano ad un cm di distanza. Avevo il cuore a mille. Sentivo il cuore scoppiarmi e le guance in fiamme. Mi metteva in agitazione quel dannato ragazzo.

“H-hiroshi, che vuoi fare?“ la mia voce, persino, tremava.
“Nulla, voglio solo assaporare le tue labbra. Almeno una volta.” Sussurrò mentre si avvicinava ulteriormente.

Un suono incessante arrivò a rompere l’atmosfera intrisa di tensione.
Cos’era? Ah, il suo cellulare.

“Ehm scusami devo rispondere.” Disse grattandosi la nuca ed estraendo il telefono.

Lo vidi allontanarsi e rispondere al telefono. In quel lasso di tempo, il mio respiro, il mio corpo, il mio cuore, tornarono regolari.
Dopo una manciata di minuti, Hiroshi tornò da me e sorridendomi mi disse:

“Ehi Yama-chan, dobbiamo rientrare! Papà ci vuole parlare!” Ecco, il suo sorriso caldo. Risposi sorridendogli anch’io e seguendolo.
 



 
Arrivammo alla tenuta Seiki ed una volta dentro, all’ingresso, c’era uno Shin arrabbiato ad aspettarci.

“Dove cazzo siete stati eh? Papà mi ha fatto un sacco di domande. Dannazione.” Urlò livido di rabbia.
“Stai calmo fratellino, le ho mostrato il parco.” Disse Hiroshi facendo spallucce.
“Andiamo di là, nel salotto. Vuole parlarci.” Rispose glacialmente Shin.

Ci dirigemmo nel salotto e il signor Seiki era seduto su una grande poltrona ad aspettarci.

“Ben tornati ragazzi! Prego sedetevi, devo parlarvi..-io, Hiroshi e Shin ci sedemmo sul grande divano bianco di fronte a lui. – ecco, allora, da domani Yamashita frequenterà la stessa vostra università ragazzi, l’ho iscritta a psicologia, ti va bene vero?- disse guardandomi. Risposi alla sua domanda con un semplice cenno del capo - bene, in secondo luogo, questa sera partirò per un viaggio di lavoro. Mancherò per due mesi, quindi ragazzi vi prego di prendervi cura della signorina Michiyo."

Fu come un secchio d’acqua gelata. Io sola con loro due? Fantastico. Sola con il mio futuro marito Shin che mi odiava e con suo fratello maggiore Hiroshi che invece mi seguiva da anni!

Bah che avrò fatto di male? Pensai scuotendo la testa.

Dopo quella breve chiacchierata mi rintanai nella mia stanza, sprofondando nella comodità di quell’enorme letto.

Troppo emozioni per oggi.
 



Bene, iniziava una nuova giornata per me. Ero decisamente pronta ad affrontare tutte le sfide che quella dannata città mi riservava.
Scesi le scale della tenuta Seiki pronta a dirigermi nella sala da pranzo.
Varcai la soglia della sala da pranzo e ritrovai la tavola tutta ben apparecchiata. La colazione sembrava degna di un re. A capotavola c’era Shin imbronciato. Iniziai a camminare verso il tavolo e con fare delicato mi sedetti.
Cercavo di fare il meno rumore possibile, non mi andava di essere sgridata nuovamente da Shin. Mi aveva stancata ed era appena una settimana che lo conoscevo.
Presa da quel turbinio di pensieri sbuffai senza rendermene conto.

“Che c’è?” disse Shin, guardandomi con astio.
“Uhm? No niente, pensieri.” Mi affrettai a rispondere, sventolando davanti al viso le mani.
“Mangia e sbrigati, altrimenti farai fare tardi anche a me. “ sentenziò lo stronzo per eccellenza.
“Ora non si può neanche mangiare in pace?” borbottai mentre mi portavo un boccone all’altezza della bocca.
“Hai rotto il cazzo. Muoviti. Ti aspetto fuori.” Shin si alzò di scattò e sferrò un pugno sul tavolo imbandito.

Paura e terrore. Quel suo gesto mi aveva terrorizzata. Ma che diavolo gli era preso?
Decisi di non torturarmi oltre.
Mi affrettai ad uscire da quella tenuta che iniziava a starmi stretta come dei vecchi pantaloni da bambini.
Ed eccolo lì, Shin. Un pensiero si insinuò nella mia mente, come un fulmine a ciel sereno.

Dio che bello. E’ bello come il sole.

Mi schifai dopo poco per quel pensiero che mi era balenato nel cervello. Ma a che stavo pensando? Mi diedi degli schiaffetti in faccia per riprendermi e mi diressi verso Shin.

“Andiamo? “ gli dissi con un tono talmente allegro che mi stupii di me stessa.

Lui annuì soltanto, iniziando ad incamminarsi. Fui costretta a corrergli dietro, perché la distanza tra noi aumentava sempre più.

“Shin eddai aspettami! Ma perché sei sempre così scontroso e asociale? Uffa!” urlai, cercando di farmi sentire da quel ragazzo che mi faceva dannare.

Ma mentre pronunciavo queste parole, non mi accorsi che Shin di colpo si era fermato. Dunque, andai a sbattere  letteralmente contro la sua schiena.

“Ahi! Che male, ma perché ti sei fermato di co..” le parole mi morirono in gola quando vidi tre alti ragazzi fermi davanti a noi.

Chi sono questi? Pensai.

“Mmh..buongiorno Seiki. – il ragazzo moro con gli occhi verdi, pronunciò il cognome di Shin con un fare davvero irritante. –E’ la tua nuova amichetta? Hai già dimenticato Ayumi?”sogghignò.

Irritante, davvero irritante. Pensai.

“Levati Micheal. “ rispose alla provocazione Shin, mantenendo un’apparente calma.
“Tsk, il damerino osa anche dare ordini?” sputò velenoso quello che avevo capito chiamarsi Micheal.

Ma che stava succedendo?

Michiyo, rimani dietro di me. “ mi aveva chiamata per c-cognome? E perché dovevo restare dietro di lui?

Non ebbi il tempo di chiederglielo. Lo vidi avanzare verso quei tre ragazzi con un’agilità degna di una tartaruga ninja. Schivava i loro colpi, li restituiva a doppio. Calci, pugni e poi..un urlo. Il mio.

“BASTA! Shin basta! Li ammazzerai!”

Sentivo gli occhi pizzicare e la vista annebbiarsi. Stavo per piangere, lo sapevo.
Vidi Shin, fermarsi di colpo con il pugno destro teso per aria e il corpo della sua “vittima” sotto di lui.
I nostri sguardi si incrociarono per un lasso di tempo indecifrabile. Vidi il suo sguardo rilassarsi, così come ogni singolo muscolo del suo corpo. Si rialzò e avvicinandosi verso di me, con il braccio che fino a pochi secondi prima teneva teso in aria con un pugno, cingermi  le spalle e girandosi verso le sue “vittime” disse:

“Non intralciate più il mio percorso bastardi.” Disse digrignando i denti.

Finimmo il resto del tragitto in completo silenzio. Non sapevo cosa dirgli. Chi erano quei tipi? Che volevano da Shin? E perché Shin li aveva picchiati? Bah..iniziava a farmi male la testa. Davvero.
Il nostro percorso terminò d’avanti ad un immenso cancello.


Università Fuji.


Eccoci giunti a destinazione. Pensai ammirando estasiata l’imponente cancello dell’università.

Ad un tratto mi accorsi che Shin per tutto il tragitto mi aveva tenuta avvinghiata a se. Con fare imbarazzato mi allontanai da lui, indietreggiando di qualche passo. Sentivo le guance andare in fiamme. Dio che imbarazzo.

“Siamo arrivati. Benvenuta all’università Fuji.” Disse Shin, mantenendo sempre quel suo sguardo freddo come il ghiaccio.

Mi girai ulteriormente verso di lui e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era: com’è bello.
 
 

 
Entrammo in quell’immenso edificio e io, da brava scema, non facevo altro che pensare a Shin e a quanto fosse bello. Dannata me. Mi stavo facendo fregare alla grande!
Il mio respiro ora era diventato affannoso, facevo fatica a respirare. Dovevo togliermi quell’ebete dalla testa. Iniziai a torturarmi le mani, ero nervosa. Lui continuava tranquillo a camminarmi di fianco. Come faceva ad essere così tranquillo? Per cercare di risvegliarmi da quella specie di trance, iniziai a guardarmi intorno.  Era davvero enorme quel complesso. C’era un giardino centrale e poi 3 padiglioni. Dovevano essere le facoltà? Già.


Padiglione A: Giurisprudenza&Economia.
Padiglione B: scienze umane.
Padiglione C: Psicologia.


Bene l’ultimo padiglione era il mio. Almeno ero stata fortunata, non saremmo stati nello stesso padiglione.

“Quello è il tuo padiglione. – sospirò- Cerca di non fare o creare casini. Passa il più inosservata possibile, gentilmente. Non voglio che ci accomunino. Chiaro?” la sua voce mi ridestò dai miei pensieri.
“Chiarissimo come il sole signor Brontolone.” annuii sorridendo.
“Come mi hai chiamato nanetta?” Inarcò un sopracciglio. Dio com’era carino.
“Nanetta? Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole Signor Brontole!” iniziai a cantilenare e prenderlo in giro.
Iniziammo a sfotterci proprio come due bambini delle elementari. Ma non me ne importava, a me piaceva da morire. Piaceva poter ridere con lui. Piaceva poter stare accanto a lui senza sentirmi a disagio.

I pensieri felici, però furono bruscamente interrotti.

“Shin! -chi era quella ragazza castana? E perché si era letteralmente buttata al collo di Shin?-Sei tornato finalmente! Ma perché non mi hai risposto al telefono? Uffa.”

Chi era? A me che importava?

“Niente, sai un viaggio in Italia. Te l’avevo detto Ayumi.” Disse risoluto Shin, scrollando le spalle.

Un momento. Fermi tutti! Lei era Ayumi? Ma non poteva essere. Era..era Figa. Sì, figa. Lunghi capelli castani, tipico dei giapponesi, occhi color cioccolato fondente, labbra rose e carnose, fisico..perfetto. Una modella. Certo le mancavano le curve nei punti giusti, ma pur sempre FIGA.

“Uhm, Shin? Lei chi è?” disse rivolgendo lo sguardo nella mia direzione.

Merda. . Ed ora? Pensai.

“Uhm? Lei? Un’amica di famiglia. E’ la figlia di un vecchio amico di mio padre.” Disse, mentre scorgevo una certa preoccupazione. Allora anche il grande Shin nutriva certi sentimenti?
“E che ci fa qui?” disse con tono accusatorio. Iniziava ad arrabbiarsi sul serio. Figa, sì, ma strega.

A quella domanda mi sentii davvero in imbarazzo, ma volevo rispondere io, cavolo. E così prima che Shin potesse rispondere, lo anticipai.

“Sono qui per apprendere ed imparare meglio la lingua e la cultura giapponese. Tranquilla. “ feci un sorriso tirato, talmente tirato, che sentivo  la faccia tirare, a tal punto che temevo che si sarebbe strappata da lì a poco.

Vidi Shin sobbalzare per un attimo e guardarmi..quasi sorpreso? Che si aspettava? Che l’avrei messo nei guai, con la sua..fidanzata? Baka, baka, baka! Mi faceva impazzire quell’idiota! Lo odiavo, così come odiavo lei, quella situazione..odiavo tutto!
Rivolsi un ultimo sguardo alla coppietta felice e con un cenno della testa li salutai e mi diressi verso il mio padiglione.
Era uno stupido. Lo era per davvero. Ma d’altronde che potevo pretendere?

“C-ciao, tu sei la nuova arrivata vero? “ ma di chi era quella vocina così candida? Mi girai e vidi la figura di un’esile ragazza che mi guardava timidamente.
“Mhh? Sì sono io..e tu sei?” dissi, accennando un sorriso.
“Kaname! “ esordì lei felice. Era felice perché le avevo risposto?
“Piacere, io sono Yamashita Michiyo! Ma puoi chiamarmi Yama..”  le feci un altro sorriso. Non come quello fatto a Shin e  la sua consorte. Un vero sorriso.

Quella ragazza m’ispirava fiducia e simpatia.

“Ehm Yama-chan, ti andrebbe di sederti con me? “ i suoi occhi brillavano speranzosi. Come potevo deluderla? Annuii facendo di sì con la testa. Mi era saltata addosso per la felicità.Era davvero una strana ragazza.

Ridacchiai, felice di aver trovato qualcuno di affettuoso in quella gabbia totale di matti.
Ad un tratto entrò il professore, ci alzammo in segno di rispetto e con uno sguardo indagatore, cercò qualcosa, o qualcuno nell’aula. Ad un trattò il suo sguardo si posò su di me.
Che avevo fatto?

“Prego signorina Michiyo, venga qui a presentarsi.”mi sorrise e tirai un sospiro di sollievo. Mi ero dimenticata delle buone maniere giapponesi. Mi diressi verso la cattedra e mi misi di fianco all’insegnante.

Tirai un sospiro ed iniziai  la mia presentazione.

“Buongiorno a tutti! Mi chiamo Yamashita Michiyo, vengo da un piccolo paesino di provincia in Italia. Ho 21 anni. Sono nata il 14 febbraio del 1991. Sono qui..-un attimo, Shin mi aveva detto che nessuno doveva sapere del nostro legame. Dannazione..mi morsi il labbro e proseguii con la mia presentazione..- sono qui per approfondire la mia conoscenza sulla lingua e cultura giapponese. Sono da sempre appassionata di questa nazione. Mi sono iscritta a psicologia perché amo questa materia. Spero che mi accoglierete nel meglio dei modi” Finì la mia presentazione con un mega sorriso e vidi i miei compagni che mi sorridevano. Bene. Dovevo aver parlato bene il giapponese, visto che non fecero nessuna battutina.

Tornai al mio posto e sospirai nuovamente. Mi girai verso Kaname che mi guardava dolcemente. Mi diede una pacca sulla spalla in segno di conforto.

“Sei stata grande!” sussurrò la ragazza, sorridendomi.

Avevo trovato un’amica. Mi sentivo meno sola finalmente.
 
 
 
 

 

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Capitolo 5
*** Scontri e scoperte ***





 
- Scontri e Scoperte -



Bene, le prime tre ore di università erano andate. Finalmente potevo godermi una meritata pausa post-studio.
Kaname, vivace ed irruente come suo solito, mi trascinò letteralmente alla mensa scolastica. A dire il vero più che mensa scolastica sembrava un ristorante di lusso.c’erano camerieri, tavole apparecchiate, chef che sembravano d’alta classe...ma in che razza di università ero capitata?

“Da voi non sono così vero?” Kaname sembrò percepire i miei pensieri.
“Uhm?” mugugnai.
“Le università.” Precisò la mia nuova amica.
“Ah…no no per niente. È già tanto se ci sono i professori “ ammisi, pensando a quanto fossero diversi i nostri mondi.
“Yama-chan andiamo! Sediamoci- disse, mostrandomi un tavolo ben imbandito- così i camerieri potranno venire a prendere le ordinazioni.”

Annuii. Ero troppo affascinata da quel dannato mondo. Era così strano. Sorrisi impercettibile, pensando a quante cose avevo ancora da scoprire.
Il cameriere si avvicinò come previsto al nostro tavolo, prese le ordinazioni e dopo poco tornò con esse.
Tra un boccone e una chiacchierata, finimmo il nostro pranzo.  Alle 14 in punto, le lezioni ripresero e noi, da brava studentesse, tornammo in classe.
Ad un tratto il mio sguardo si posò su un ragazzo seduto in fondo alla classe. Aveva l’aria stanca ed era strano. Era quasi assente, sembrava che la presenza di noi altri lo infastidisse.

“Si chiama Kyle Masahiro. E’ un tipo strano. Non parla con nessuno, sta sempre zitto e fa parte della Rosa.” Kaname, vedendomi così assolta nei miei pensieri m’informò di qualcosa che riguardava quel tipo strambo.
“La rosa?” che diamine era la Rosa?
“Massì!-sorrise, come se fosse del tutto normale- Sono 5 ragazzi, sono diciamo…uhm come dire? I più ricchi? Stronzi?Strafottenti? sì insomma sono i più gettonati!” concluse unendo le mani.
“Ah sì?” dissi con falso interesse, finché non iniziò a dire i loro nomi.
“Sì sì, si chiamano:Kyle Masahiro, come ti ho già detto, Shane Kyusho, Jess Doji , Mark Call e infine il più stronzo di tutti…- fece una breve pausa per poi pronunciare il nome del mio inferno- …Shin Seiki.”

Strabuzzai gli occhi e persi un battito al cuore.


Shin Seiki..Seiki. Seiki. Seiki. Seiki.


Ma cos’era? Voleva per caso farmi morire?

“Yamaaaaaaaaaaaaaa!”urlò Kaname risvegliandomi dai miei pensieri.
“Uhm? S-sì?” balbettai, spaventandomi per quell’urlo disumano.
“Sei diventata più bianca di un lenzuolo. Che ti prende?” domandò, preoccupata la mia amica.


Che mi prende? Mah nulla guarda. Solo che il mio pseudo-fidanzato fa parte di un gruppetto di rimbambiti che si credono fighi ed io devo pure fare finta di non conoscerlo. No niente di che.


“Eh? Nono niente tranquilla Kaname.”  Ennesima bugia. Ma che diamine c’era di sbagliato in me? Bah.
“Ehm kana-chan?” la chiamai sussurrando il suo nome.
“Sì?”
“Ma cosa combinano questi fantomatici “Rosa”?” volevo saperlo per davvero? Ma perché poi? Dannazione. Mi morsi il labbro con fare nervoso. Certo che volevo sapere.
“Uhm...-si mise un dito sulle labbra con fare pensieroso- come dire? Come posso descriverteli?-continuava ad agitarsi stile Cartoon- Si certo!- disse illuminando i suoi meravigliosi occhioni color ebano.- TEPPISTI!”

Teppisti? Un altro battito perso per il mio povero cuore malandato.

“T-teppisti?” chiesi sempre più sbalordita.
“Sì, non fanno altro che fare casini di qua e di là. Sfottono tutti i ragazzi. Non fanno altro che fare a botte e provocare. Eppure boh, non gli manca nulla, appartengono a famiglie benestanti.” Sospirò, chiudendo gli occhi e portando la testa all’indietro.
“Non hanno nulla da fare. – la interruppi- siamo tutti dei giocattoli per loro.”

Ad un tratto un brivido freddo percorse la mia schiena ed un ricordo si fece largo in me.
Quel bacio, tanto dannato quanto bello. E poi le sue parole: Sei solo un oggetto vecchio.
Mi alzai di scatto, facendo girare tutti i miei compagni di classe e urlai: “BASTARDO.”
Subito dopo mi resi conto che gli occhi di tutti erano puntati su di me e con fare imbarazzato, mi rimisi a sedere.

“Yama ma che diavolo ti è preso?” Kaname era sbigottita, come darle torto? Avevo avuto una reazione inspiegabile.
“Niente Kaname, tranquilla.” Dissi tirando un sorriso forzato.


Bugiarda.
 
 
 
 
 
Ricapitolando: primo giorno di scuola, avevo trovato un’amica, Kaname, avevo scoperto che quella sottospecie di fidanzato faceva parte di un gruppetto di sfigati bulletti chiamati “La Rosa”, avevo fatto una gran figuraccia in classe, mettendomi ad urlare”BASTARDO” ed infine avevo visto un altro componente della Rosa… Kyle Masahiro. Bah, che giornata del cavolo.
Le lezioni erano finite e come Shin mi aveva già detto, per tornare a casa mi sarei dovuta arrangiare, visto che aveva un appuntamento con la strega stile mago di Oz, meglio conosciuta come Ayumi.
Quella strega mi urtava i nervi. La sua voce da gallina, il suo corpo gnocco, i suoi capelli lindi e profumati, i suoi occhioni da cerbiatta color del cioccolato. Per quanto me ne importasse, lui e quella strega, potevano beatamente andare a farsi un giro…nel paese delle meraviglie. Meglio non sbilanciarsi con le parole.
Ma torniamo a noi. Uscii da quell’edificio e mi incamminai lungo il vialone.
Continuavo a crogiolarmi nei miei pensieri quando fui bruscamente interrotta da una risatina alquanto stizzosa. Ma perché non la smettevano di rompere?

“Oh! Guarda chi c’è! L’amichetta di Seiki!” un sogghigno. Sogghigno freddo ed inquietante. Il sogghigno che riconobbi appartenere ad uno di quei ragazzi che la mattina si erano scontrati con Shin.
“Che volete?” cercai di non farmi vedere spaventata. Non potevo permettermelo.
“Oh, ma niente - disse avvicinandosi paurosamente- volevamo solo salutarti come si deve.”
“C-cioè?” deglutii faticosamente. Ok, ora sì che iniziavo a cagarmi sotto.
“Sei molto carina- un altro sogghigno malefico -Seiki le sceglie sempre carine le sue vittime. “
“V-vittime?“ il mio sguardo oscillava tra l’incredulo e l’impaurito.

Si avvicinò ulteriormente, prendendomi dal mento, e alzandolo, affinché potessi guardarlo meglio.
Ma perché non ero tornata con Kaname? Accidenti a me! Tutto perché non volevo farmi vedere da nessuno.

“Tranquilla gattina, non ti faremo male, vogliamo solo mandare un messaggio a Seiki, usando te."

Non ebbi il tempo di rispondere, la sua mano dal mento, scese alla gola, stringendola con una violenza inaudita. Non respiravo più, avevo paura. Ogni singolo muscolo del mio corpo era pietrificato.
Ad un tratto sentii un dolore allucinante all’altezza dell’addome. Un pugno. Mi aveva tirato un pugno, dannazione!
No, non era più solo un pugno. Erano uno, due, tre...iniziavo a perderne il conto.
Chiusi gli occhi, pregando che qualcuno venisse ad aiutarmi. Cosa volevano da me? Neanche li conoscevo.
Odiavo Shin, era tutta colpa sua!
Mentre iniziavo a perdere speranze e sensi, sentii l’altro ragazzo, che fino a quel momento era rimasto appoggiato ad un muretto, gridare “SHOOTER ANDIAMO. STA ARRIVANDO QUALCUNO.”
Shooter? Ma  non si chiamava Micheal? Bah che strano. Poco me ne importava, sentivo troppo dolore. Senza rendermene conto iniziai a piangere. Volevo tornarmene a casa. Nel mio piccolo paesino dove tutti mi conoscevano e mi volevano bene, odiavo quel posto.
Ad un tratto una mano si avvicinò verso di me. Alzai lo sguardo intimorita e lo vidi. Hiroshi. La mia salvezza.

“Stai bene piccola? Che è successo?” il suo tono era misto tra preoccupazione e rabbia.

Tirati su col naso e gli spiegai tutto l’accaduto. Dall’incontro al pestaggio senza senso e del messaggio che volevano che riferissi a Shin.

“Che bastardi.Non sai chi sono?” chiese digrignando i denti.

Annuii.

“Sono dei tipi con cui Shin ha fatto a botte stamattina. Solo che stamattina si chiamava Micheal, mentre ora, il suo amico l’ha chiamato “SHOOTER”.”gli dissi imitando quel bastardo.
 “Andiamo a casa Yama.” Hiroshi mi guardò perplesso e preoccupato. Il suo tono era diventato freddo e duro, proprio come il sguardo. Che diavolo stava succedendo?

Cercai di farmelo spiegare, ma non volle sentire ragioni.
Arrivammo alla Tenuta Seiki e mi rinchiusi in camera a piangere.
Ad un certo punto qualcuno bussò. Mugugnai un “avanti” e vidi entrare uno Shin furioso.
Mi alzò con violenza dal letto e mi sbatté contro il muro.

“Stupida! Perché sei tornata da sola a casa?!” gridò. Sembrava un pazzo furioso.


Perché sono tornata da sola? Ma se è stato proprio lui a dirmi di non dare nell’occhio!


“Shin…”non riuscii a finire la frase che affondai la mia testa sul suo petto e iniziai nuovamente a piangere.

Lo sentii irrigidirsi sotto il mio tocco.

“Shin ho avuto paura. Non faceva altro che dirmi che mi stavano usando per portarti un messaggio, ma io non li conosco. Non mi hanno detto nulla, mi hanno solo picchiata. SHIN- urlai disperata- voglio tornare a casa, ti prego!” la mia voce era divenuta un suono stridente e parlavo ad intervalli tra un singhiozzo e l’altro. Iniziai a darli piccoli pugnetti sul petto. Ero disperata, sola ed impaurtita.

Ad un tratto Shin fece un gesto inaspettato. Mi abbracciò con fare protettivo.

“Sta tranquilla. So io cosa fare.” Sussurrò mentre mi lasciava un bacio tra i capelli.

Mi staccai da quell’abbraccio incredula e lo guardai negli occhi. Aveva gli occhi freddi. La sua voce era fredda. Il suo cuore era freddo.
Lui era un CUORE DI GHIACCIO.
Gli feci un sorriso flebile, susseguito da un altro singhiozzo rinchiuso troppo a lungo nella mia gola.

 “Shh testolina, mettiti a letto e riposa.” Mi accarezzò la testa, mentre pronunciava quelle parole che erano in netto contrasto con la sua espressione fredda.

Mi lasciò sola come un’ebete in quella stanza. Che diavolo gli era preso?
Cercai di non  pensarci troppo, altrimenti il mal di testa sarebbe solo aumentato. Mi misi sotto le coperte e mi addormentai con una lacrima ed un sorriso.

Shin…” quella fu la prima volta che pensai a lui con un sorriso sulle labbra.
 
 


 
 
Bene, dal giorno dell’aggressione passarono due settimane. Due settimane d’inferno.
Shin non faceva altro che ignorarmi sia all’università che a casa. Era come se io non ci fossi, come se fossi trasparente. Per fortuna c’erano Hiroshi e Kaname a tenermi un po’ di compagnia.
Già, Kaname. Ancora non le avevo detto la verità su di me.  Non le avevo detto ne dove abitavo e soprattutto con chi abitavo. Era davvero stressante, doverle raccontare bugie su bugie. Già, perché lei aveva espresso il desiderio di vedere dove abitavo.

“Uffa, devo inventare ancora una bugia da dire a Kana-chan. “ sospirai. Era davvero stancante tessere quell’enorme ragnatela di bugie.
“Che c’è Yama-chan?” Sussultai. Hiroshi arrivò come una fresca brezza marina, alle mie spalle.
“O-oh niente Hiroshi tranquillo! “ sventolai le mani davanti al mio viso, cercando di convincerlo.

Non ci riuscii.

“Dimmi scema, che succede?” sorrise. Come solo lui sapeva fare.

Decisi di vuotare il sacco.

“Ma niente, solo che Kaname vorrebbe vedere dove abito, passare un po’ di tempo con me…e...-mi interruppi un attimo- come ben sai, non posso dirle nulla. Shin mi ammazzerebbe.”Abbassai lo sguardo con fare sconfitto. Mi sentivo a disagio, fin troppo per i miei gusti. Mi sentivo un oggetto per davvero. Non ero libera di fare nulla.
“Sai Hiroshi, forse dovrei trovarmi un appartamento e andarmene da quella casa. Almeno sino al matrimonio. Quando Ayumi viene a casa, devo nascondermi e non fare rumore. E’ davvero umiliante, cavolo!” esordii alzando lo sguardo ed inchiodandolo a quello di Hiroshi.
“Uhm.. credi sia la soluzione giusta?” domandò portandomi una mano sotto il mento con fare pensieroso.
“Sì. Shin, così sarebbe anche più libero di…- feci una pausa e sospirai - di..frequentare Ayumi, senza paura che lei possa scoprire tutta questa storia.”

Sorrisi. Un sorriso forzato. Ma perché mi dava così fastidio pensare a lei e a Shin insieme?
Sentivo gli occhi pizzicare e la voglia di piangere incombere su di me. Dovevo resistere ed essere forte.
Vidi Hiroshi guardarmi in modo serio e sospirare.

“Se credi che sia una scelta giusta ed adatta alla situazione e ti farà stare meglio…fallo.” Disse solenne mentre si avvicinava.

D’istinto mi gettai tra le braccia di Hiroshi, e lo ringraziai infinte volte per avermi dato la sua benedizione.
Andando via da quel posto, forse, avrei potuto costruire per davvero dei ricordi felici del Giappone.

“Yama-chan, che ne dici di tornare a casa ora?” sussurrò vicino al mio orecchio mentre mi accarezzava la testa.
“Sì, è meglio. Così inizio a cercare un po’ su internet  qualche occasione!”Ero felice, mi ero ritagliata un po’ di felicità finalmente.

Ma presto quella felicità sarebbe scomparsa, portando al suo posto tristezza e malinconia. Si sa, ogni cosa bella, porta con se qualcosa di brutto.
Io e Hiroshi arrivammo davanti la Tenuta Seiki.

“E pensare che fra un po’ dirò arrivederci a questo castello” dissi con occhi sognanti e speranzosi.
“Yama-chan, così però mi farai venire malinconia.” Controbatté Hiroshi con tono scherzoso.

Decidemmo che era giunto il momento di entrare in casa, quando ad un tratto una voce familiare, ci agghiacciò.

“Che schifo.“

Ci girammo e la ciò che vedemmo, ci fece gelare il sangue nelle vene.

“A-Ayumi…” balbettò Hiroshi, incredulo.
“Taci Hiroshi.” Sputò velenosa la ragazza.

Ayumi si avvicinò pericolosamente verso di me e con aria minacciosa, puntandomi un dito contro disse:

“Lurida..sgualdrina? Sì Sì è il nome che ti si addice-sogghignò- sapevo che c’era qualcosa che non andava. Shin odia tutti gli amici di famiglia.“

Mi prese per un braccio ed iniziò a strattonarmi con violenza. Guardavo quella scena, come se fossi una normale spettatrice e non l’attrice.

“Vivi con Shin?!” Domandò, urlando.

Silenzio.

“Rispondi!” urlò ancora.

Ancora una volta rimasi in silenzio, fissandola sbalordita. La sua reazione non si fece attendere, però, difatti mi arrivò uno schiaffo in pieno vlto.
Quella strega mi aveva tirato uno schiaffo!

“Brutta stronza ma come ti sei permessa?” gridai, spingendola all’indietro.

Ora aveva superato ogni limite!

“Vivi col MIO ragazzo.” Rispose gelidamente la ragazza.

Boom. Battito perso.
Dannazione, aveva ragione ad essere incazzata. Ero io ad essermi intromessa tra loro due. A vivere con Shin. Aveva perfettamente ragione quella strega.
 
“Hai ragione, ma stai tranquilla. A breve mi trasferirò in un appartamento. Ma ti prego di non dire a nessuno dove vivo. Shin non ne sarebbe molto contento.” Abbassai lo sguardo e con fare sconfitto le risposi con più calma.

Hiroshi che fino a quel momento era rimasto pietrificato dinnanzi a quella scena, mi si avvicinò prendendomi per un braccio e con un “ciao” rivolto ad Ayumi, ci dileguammo.
Cos’era successo? Mi sentivo vuota. Persa. Dannazione e se Shin avesse scoperto di quel battibecco?
Avevo una fottuta paura.

“Piccola stai bene?” mi chiese gentilmente Hiroshi, cercando di sorridermi.
“Sì Hiroshi, scusami vorrei andare a riposare se non ti dispiace.” Mi congedai con un misero sorriso e salii le scale che portavano alla mia stanza.


Paura.
Avevo paura non di Ayumi, ma di Shin e della sua possibile reazione se fosse venuto a sapere tutto.
 
 


 

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Capitolo 6
*** Ricordi e situazioni pericolose ***


 
- Ricordi e situazioni pericolose - 





Pensavo di essere al sicuro in quella camera, in quelle quattro mura che sapevano di rose.
Volevo solo staccare la spina da tutto quello schifo. Volevo poter tornare a vivere come una ragazza normale. Frequentare amici, studiare, uscire, divertirmi e perché no? Trovare qualcuno che mi amasse per davvero. Cosa c’era di così sbagliato in me?
Mi avvicinai alla scrivania e mi sedetti sulla poltrona. Accesi il pc ed iniziai a cercare offerte di appartamenti. Il mio sguardo, però, si posò su quella fotografia accanto al monitor.
Fu come un fulmine a ciel sereno. Un flashback si insinuò nella mia testa.
 
 


 
 
Stavamo passeggiando sul lungomare, mano nella mano, come due perfetti fidanzatini.

“Yamashita - pronunciò il mio nome con una tale dolcezza- sai, dovremmo parlare.” Disse il ragazzo moro che camminava al mio fianco.

Forse, presagendo ciò che sarebbe capitato, il mio cuore iniziò a battere all’impazzata.

“D-dimmi Mark”cercai di sorridere con naturalezza.
“Ti voglio.” Lui si fermò di colpo e con fare serio, avvicinò il suo volto al mio.
“C-come?” Sgranai gli occhi incredula.
“Sì. Voglio che tu sia mia. Ti amo.” Disse risoluto il ragazzo, non staccando i suoi occhi dai miei.
“M-mark…” balbettavo peggio di una bambina.

Dio, ero al settimo cielo. Finalmente lui sarebbe stato mio!
Un bacio, il suo. Le sue labbra posate sulle. Com’erano morbide.
 


Ecco, ero ritornata alla realtà. Feci un lungo respiro per poi riperdermi nei miei pensieri.
 
 
Io e Mark. Mark ed Io. Sempre insieme, affiatati. Sembravano indistruttibili. Io mi sentivo indistruttibile.
La mia vita era perfetta.
Avevo amici, bei voti a scuola, una vita sociale niente male ed un fidanzato da mozzare il fiato.
Ma come ben si sa, ogni cosa bella presto deve finire e così anche il mio bel paradiso.
Eravamo seduti in un bar al centro. Sempre io e lui.
Lo guardavo incantata, come fossi una ragazzina in preda agli ormoni.

“Yamashita” questa volta il tono in cui mi aveva chiamata, era tutt’altro che dolce.
“D-dimmi amore…” Sobbalzai e lo guardai perplessa.
“Dobbiamo prendere strade diverse.” Disse voltando lo sguardo altrove.
“Eh?”lo guardai sbigottita. Che voleva dire?

Sospirò, quasi esausto dal mio non capire, difatti si alzò di scatto tirando un pugno sul tavolo del bar.
Mi limitai a guardarlo sorpresa. Che diavolo gli era preso?

“NON TI AMO Più CAZZO! COME DEVO FARTELO CAPIRE? PORCA PUTTANA. HO UN’ALTRA YAMASHITA. STO CON ASHLEY!”

Boom.
Mi sembrò di morire. Potevo sentire tranquillamente il mio cuore infrangersi in mille assurdi pezzetti. Non riuscii a controbattere, mi limitai ad alzarmi come in trance, prendere le mie cose e scappare via. Scappare, certo, come se avesse potuto aggiustare le cose. Ero sempre stata una vigliacca.
 



Il rombo di una moto mi ridestò dai miei tristi pensieri, così asciugando le lacrime che ormai avevano preso a fare il loro percorso, mi affacciai dalla finestra e vidi Shin. Sembrava davvero incazzato.
Un’agghiacciante brivido mi percorse la schiena. Sembrava davvero arrabbiato, dannazione. Che Ayumi gli avesse già raccontato tutto?
No, non potevo pensare che lei fosse così strega da riferire tutto a Shin.
I miei pensieri, però furono smorzati dalla furiosa entrata di Shin nelle mie stanze.
Fu un attimo. Lui,le sue mani, il muro ed io.
Era entrato come una furia e senza lasciarmi spiegare, mi aveva afferrata dai polsi e sbattuta contro il muro affianco alla finestra. Lo guardavo come se avessi visto un fantasma. Mi terrorizzava. Non riuscivo a parlare ne a guardarlo.
Deglutii a fatica, cercavo di parlare ma niente.

“Pensavo di essere stato chiaro con te!” sbraitò a due centimetri dal mio viso.

Ecco. Quella stronza gli aveva detto tutto.

“Shin, io posso..” cercai di parlare, di spiegargli come fosse andate veramente le cose.
“Non voglio sentire nulla cazzo! Mi hai davvero rotto il cazzo!” Continuava ad urlare, ma non lo sentivo più. Volevo piangere. Ah no, già lo stavo facendo.  Esausta da quella situazione, decisi di rispondergli a tono.
“FOTTITI SHIN! Io non ho fatto nulla, non sapevo che fosse dietro di me, e sinceramente non me ne fotte nulla! Ma sta tranquillo! Ho deciso di trasferirmi.
Almeno fino al matrimonio, così non ti vedo più!” Ecco, ora sì che mi sentivo soddisfatta. O almeno credevo. Solo in quel momento feci mente capace e mi accorsi della vicinanza di Shin. Era troppo vicino. Fin troppo per i miei gusti. Ad un tratto, mentre fissavo le sue labbra, mi venne in mente il nostro primo bacio e le parole che ne seguirono.


“Come vedi..sei solo una bambola con cui giocare e passare il tempo.”
 


Alzai lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi color cioccolato. Avrei voluto saltargli letteralmente addosso. Ma…ma un momento! Che diavolo andavo a pensare?
E Shin, con mio rammarico, sembrò accorgersene, infatti mi sorrise con fare malizioso.

“Che c’è? Vuoi un altro bacio?”sorrise ammiccando.

Ma che stava dicendo? Quel ragazzo sembrava soffrire di bipolarismo. Un attimo prima era stronzo e freddo e l’attimo dopo, giocava come niente fosse.

“M-ma..ma che diamine dici imbecille! “ cercai di difendermi, ma la realtà era ben diversa. Desideravo quelle sue labbra. Troppo morbide, troppo gustose, troppo carnali.
“Sta tranquilla, ti capisco. So bene di essere un gran figo!” sempre il solito sbruffone pieno di se.
“Sei il solito montato.” Ecco, la mia mente e la mia bocca erano fin troppo collegate.
“Forse. Eppure da ciò che percepisco, ti piaccio. E tanto anche.” Concluse sospirando ed assottigliando gli occhi.

Colpita e affondata. Da quando ero lì, giorno dopo giorno, avevo contratto una malattia. La malattia portavo il nome di SHIN. Ero completamente drogata da lui. Dal suo modo di fare. Ma forse fino a quel momento avevo solo negato a me stessa la realtà. D’altronde io chi ero? Nessuno.

“Shin, ti prego vattene.” dissi abbassando il viso per cercare di nascondere il rossore che ormai caratterizzava la mia faccia.
“Altrimenti?”disse lui alzando un sopracciglio.

Cosa voleva fare? Provocarmi?

“Shin ti prego vattene.” Supplicai con le lacrime agli occhi.
“No.” No? Ma che cavolo voleva?
“Sì.” Dissi, cercando di sembrare più autoritaria.
“No.” Andammo avanti così per non so neanche quanto tempo, finché non mi stancai ed urlandogli contro lo spinsi fuori dalla mia camera.

Quel ragazzo era in grado di urtare i miei nervi.
Porca zozzona.
 
 
 
 
 
 
 
Dei caldi raggi solari penetravano attraverso la finestra accanto al mio letto facendomi risvegliare dal mio profondo sonno.

“Uhmmm-uhmm…” mugugnai, siracchiandomi.

Un altro giorno era sorto.
Bene era giunto il momento di alzarmi ed affrontare quella faccia di bronzo di Shin.
Dopo la bisticciata della sera prima non ero neanche scesa per cenare, avevo una gran fame.
Mi infilai le mie pantofolone a forma di cagnolino e mi diressi verso il bagno che avevo in camera, mi infilai sotto  la doccia e ci rimasi per almeno 15 minuti. Mi asciugai per bene corpo e capelli mi vestii. Mi diressi verso le scale che portavano al salone principale, per poi entrare nella sala da pranzo. Una volta entrara in sala, ritrovai al tavolo Hiroshi totalmente assonnato. Era proprio tenero a prima mattina. Senza che me ne rendessi conto, lo stavo guardavo,sorridendo come un ebete.

“Buongiorno piccola.” Disse, regalandomi uno dei suoi meravigliosi sorrisi ed io mi sciolsi come neve al sole.
“B-buongiorno Hiroshi-kun!” esordì come una tipica gallina.
“Vieni, siediti!” m’invitò con un gesto della mano, a sedermi accanto a lui.

Iniziammo a mangiare ma di Shin neanche l’ombra. Feci un sospiro con aria sconsolata ed Hiroshi sembrò accorgersene.

“Non c’è. E’ già uscito.” Disse guardandomi di sottecchi.

Con un cornetto in bocca, lo guardai esterrefatta.

“Andiamo  Yama-chan. So che sei giù di morale perché Shin non c’è.” Si fece scappare un risolino divertito.
“No! MA CHE DICI! Ho dormito male stanotte, tutto qui!” tentai di difendermi.

Finimmo la colazione in un silenzio quasi tombale, gli unici rumori udibili, erano le nostre bocche che sminuzzavano il cibo e le forchette con i bicchieri. Era davvero imbarazzante.
Come ogni mattina, finita la colazione, ci dirigemmo verso l’università. La strada ormai la conoscevo a memoria, i miei piedi camminavano di comando. La mia mente, tuttavia, continuava a pensare a Shin. Dove sarebbe potuto essere a quell’ora? E con chi? Con lei?
Toh, che bello. Di nuovo quel groviglio all’altezza dello stomaco.
Odiavo la mia gelosia. Lui non mi apparteneva. Per niente.

“Smettila di dannare la tua anima per mio fratello. “ disse Hiroshi, continuando a camminare senza guardarmi.
“Ma che dici! - sentii le mie guancie andare letteralmente in fiamme- Non è così, sono solo preoccupata. Non è da lui uscire così presto!” tentai di giusti fare il mio stato pietoso.
“Tu dici? Non lo conosci per niente piccola.” Sembrava piuttosto divertito.
“Eh?” non riuscivo a capire dove volesse arrivare con quelle sue parole.
“Niente, lascia perdere. Su entriamo! “ disse indicandomi il cancello d’ingresso dell’università.

Annuii e lo seguii dentro l’edificio. Una volta giunti al parco centrale che faceva un po’ da centro tra i vari padiglioni, io ed Hiroshi ci salutammo, ognuno diretto nella propria facoltà.
Mentre camminavo sovrappensiero, ad un tratto vidi un uragano scagliarsi addosso.

“BUOOOOOOOOOOOOOOOONGIOOOOOOOOOOOORNOOOOOO YAMAAAAAAAAA!” Cavolo, Kaname, mi aveva stonato un orecchio!
“Ma dico sei impazzita? Che ti prende?” squittii con faccia sbigottita.
“Sono felice! Sono felice! Settimana prossima c’è l’escursione alle terme Hoki. Tu non sei contenta? Eh? Eh? Eh?” Mi guardò con quegli occhioni da cucciolotta che tanto mi facevano tenerezza.
“A dire il vero non sapevo nulla di questa novità!” le risposi con non curanza.

Tuttavia, mentre Kaname stava per rispondermi, la vidi irrigidirsi e così colta dalla mia curiosità mi girai.

La Rosa.

Erano i famosi cinque ragazzi bulletti, ed erano tutti pieni di lividi.
Al centro c’era Shin. Il mio Shin. Aveva un occhio nero e del sangue raggrumato  all’angolo destro della bocca.
Istintivamente mi posai la mano destra sulla bocca.

Paura.
Che cosa hanno combinato?  La mia mente continuava a viaggiare e creare possibili ipotesi.

Appena mossi un passo nella sua direzione, vidi Shin incenerirmi con lo sguardo. Aveva capito le mie intenzioni, quindi mi ritrassi. Mi limitai a guardarlo ammutolita.
Ma dannazione, volevo sapere cosa gli era successo! Ne avevo tutti i diritti!
Vero?
Vero?
VERO?
Dio, come mi sentivo frustrata. Non sapevo neanche io cosa volevo fare. Era giusti impicciarsi dei suoi affari?
Era il mio fidanzato!
Cioè, si, no..in un certo senso lo era.
Lo sentivo davvero mio, o almeno lo speravo.
Presi il coraggio a 4 anzi no a 20 mani e decisi di seguire Shin ed i suoi amici.
I ragazzi proseguirono lungo il corridoio, per poi salire delle scale e ritrovarsi sulla terrazza della scuola.
Mi nascosi dietro la porta appena socchiusa. Aguzzai l’udito e rimasi lì, attenta ad ogni loro spostamento o mutamento della mimica facciale.

“Allora Shin? Come dobbiamo comportarci ora con Shooter? “ a parlare fu Kyle. Il ragazzo che frequentava la mia stessa classe.
“Shin? “ a parlare fu un ragazzo alto su per giù 1.85, spalle larghe, quasi quanto Shin. Occhi colore della pece, così come i suoi capelli. Tutto sommato era un bel bocconcino.
“Deve morire quel bastardo.”ad intervenire fu un terzo ragazzo. 1.70, muscoli ben definiti e simile agli altri due ragazzi.
“Shane- disse il ragazzo dagli occhi color pece(ok una cosa l’avevo capita, occhi color pece si chiamava SHANE!)- non possiamo fare nulla se Shin non si decide ad aprire quella boccaccia!”
“Lo so Mark, ma se non si decide a parlare.” Rispose di rimando Shane.
“Mi avete stancato” intervenne finalmente Shin.
“Shin, ma scusa hanno osato mettere piede nel nostro territorio e poi…” intervenne nuovamente Mark.
“E poi un cazzo. Questa sera andremo nel loro covo e li facciamo fuori.” Controbatté Shin, molto duramente.

Un brivido percorse la mia schiena. Farli fuori? Ma cavolo stava scherzando, vero? Ma, forse mi sbagliavo.

“Perfetto!” esordì Kyle.
“Oh-oh ragazzi – prese la parola Shane - avete visto la nuova arrivata? Massì l’occidentale!” si stava riferendo forse a me?
“Ammazza che bocconcino. Una botta gliela darei!”Mark pronunciò quelle parole che mi fecero gelare il sangue, con una naturalezza disarmante.
“Calma i bollenti, credo che quella sia una preda di Shin già.” questa volta fu Kyle a parlare, girandosi a guardare Shin.
“Non me ne fotte un cazzo. Potete scoparvela anche tutti e tre per quanto mi riguarda.” Sputò velenoso quel bastardo di Shin.

Boom.
Una lama aveva appena trafitto il mio povero cuore. Lo odiavo a quell’ebete! Se la meritava proprio una stregaccia come Ayumi.

“Quando poi la smetti di spiarci, avvisaci mocciosa.” Riprese a palare il bastardo, scostando los guardo nella direzione del mio pseudo-nascondiglio.

Scoperta.

Shin  mi aveva scoperta. Ormai priva del mio nascondiglio, decisi di uscire allo scoperto.

“S-scusatemi... “pronunciai con un filo di voce tremante e torturandomi le dita delle mani.
“Oh!- esordì Shane - parli del diavolo e spuntano le corna!” Lo vidi avvicinarsi a me. Inizia a deglutire ricordando il discorso che stavano facendo su di me fino a poco fa.

Fu un attimo, una mano bloccò l’avanzata di Shane verso di me.

“Lasciala perdere, abbiamo cose più importanti a cui pensare ora.” intervenne Shin. La sua espressione fredda e dura, le sue labbra perfettamente assottigliate ed il suo sguardo di ghiaccio. Non potetti fare a meno di constatare quanto fosse sempre più bello.

I miei pensieri furono interrotti proprio da lui.

“Dopo, sai dove, dobbiamo parlare. E vedi di tenere chiusa quella boccaccia almeno stavolta.” Detto questo, fece un cenno con la testa ai ragazzi e se ne andò, lasciando chiudere la porta che portava alla terrazza, alle mie spalle.

Tirai un sospiro di sollievo e lasciai cadere le mie spalle lungo la porta.

“Devo scoprire dove andranno stasera! Devo seguirli.”
 
 
 
 
 
 


 

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Capitolo 7
*** L'ultimo sguardo ***



 

- L'ultimo sguardo -

 



Anche quella giornata universitaria era giunta al termine. Hiroshi, sarebbe rincasato verso le 22, poiché aveva un appuntamento con la sua comitiva.
Decisi di incamminarmi verso la tenuta Seiki, tutta sola. Mi avrebbe fatto bene passeggiare un po’ sola.
Forse  per la prima volta da quando mi ero trasferita a Tokyo, iniziavo ad ammirare bene il paesaggio circostante. Quel viale che stavo percorrendo, era costeggiato da alberi di Ciliegio. Sakura. La strada ciottolata, il profumo dei fiori, il cielo blu, i ragazzi in divisa dei licei vicini, le famiglie, le coppie innamorate. Era tutto così dannatamente surreale. Dio quanto era bella quella città.
Mentre continuavo a passeggiare persa nei miei pensieri, andai a sbattere dritta contro un muro.
Ma uhm, aspettate, un muro può essere morbido? E con degli addominali da favola?
Alzai il viso, ed andai ad incrociare lo sguardo del mio “Muro”.

Un attimo.
Un brivido di terrore percorse la mia schiena e con fare istintivo, indietreggiai di qualche passo.

“S-Shooter… “ era il mio aggressore.
“Oh, vedo che ti ricordi ancora di me.”  quel fottutissimo sorriso bastardo.
“Cosa vuoi da me? “gli ringhiai contro.
“Sta tranquilla mocciosa, voglio solo farti una proposta.” Inarcai un sopracciglio e mi soffermai a guardare le sue labbra che si erano increspate, andando a creare un ghigno malizioso.
“Non voglio sentire nessuna proposta. Da te poi…” dissi con astio evidente.

Lo vidi irrigidirsi per poi recuperare il suo self-control.   Si dice così, vero?

“Non credo tu sia nella posizione giusta per poter rifiutare.” Mi si avvicinò sempre di più.

Non riuscivo a capire. Ma un attimo dopo mi fu tutto chiaro.
Dagli alberi circostanti, uscirono una decina di ragazzacci che andarono a formare un cerchio intorno a noi.
Ero completamente accerchiata. Ero fottuta.
Punto.

“Cosa vuoi..-m’interruppi un attimo per riprendere fiato-.. da  me?”
“So chi sei.” Sussurrò Shooter.
“Eh?” davvero, non capivo che cavolo stesse dicendo quel bell’imbusto.
“So chi sei. So tutto di te. Del tuo matrimonio imminente con Seiki, del tuo vivere nella Tenuta Seiki, del vostro accordo…so tutto.” Disse sbrigativo il bastardo.


Cazzo, fottuta ancora una volta.


Avevo la gola secca, gli occhi lucidi, le mani mi tremavano. Dalla mia bocca, semi dischiusa, non usciva alcun suono.
Ero terrorizzata.

“Ma cosa dici?“cercai invano di difendermi.
“Non farmi così stupido. Sai, il tuo fidanzatino è venuto a farmi visita stanotte. – disse indicando un ematoma all’altezza dello zigomo.- ha detto che dovevamo pareggiare i conti. Ammetto che all’inizio non ricordavo il motivo. Ma poi quando mi ha rinfrescato la memoria riguardo alla tua “aggressione”, ho capito.” Lo ascoltavo con foga. Volevo sapere.
“Ha detto che l’avrei pagata cara per quello che avevo fatto-disse allargando le sue braccia- ed eccomi qua. Deve essersi proprio rammollito per essere venuto nel mio covo per difendere una come te. “ disse quest’ultima parola con un disprezzo ripugnante.
“E allora?” controbattei io.
“E allora? Tsk. Tu verrai con me.” Sputò velenoso Shooter.
“COSA?” strabuzzai gli occhi incredula. Cosa aveva detto?

Non ebbi il tempo di rispondere o fare altro, che due braccia forti m’immobilizzarono per poi ritrovarmi un sacco in testa.
Tutto improvvisamente si fece buio, così come nella mia mente.
 
 
 

 
Dio che mal di testa.


Inizia ad aprire gli occhi, convinta di trovarmi nel  mio bel lettone comodo, ma purtroppo poco dopo ricordai ciò che era accaduto. Feci uno scatto in avanti e mi resi conto di essere distesa su un vecchio pavimento lurido.
Inizia a scrutare la stanza. Era davvero schifosa.  Una piccola finestrella in alto alla mia destra permetteva ai timidi raggi lunari di entrare. Un momento lunari? Era già sera? O forse notte?
Hiroshi si sarebbe sicuramente preoccupato. Ma ad un tratto ricordai il suo appuntamento e con fare sconfitto mi appoggiai stancamente alla parete dietro le mie spalle.
E poi un lampo.
Shin? Shin si sarebbe accorto della mia assenza? Mi sarebbe venuta a cercare?
Ad un tratto i miei pensieri furono interrotti dalla porta della stanza.
Entrò Shooter con un suo amico.

“Ben svegliata tesoro.” Disse alzandomi il viso con l’indice.

Ringhiai. Che essere merdoso.

“Tranquilla, sono venuto qui per portarti un po’ di compagnia.” Lo guardai con fare interrogativo.

Ad un tratto tutte le mie domande, ebbero una risposta.
Una Ayumi spaventata, apparve alle spalle di Shooter o Micheal o come cavolo di chiamava.

“Già vi conoscete, vero? Bene vi lascio qui sole un attimo.” Il suo solito sorrisetto spavaldo non poteva mancare.

Ayumi fu letteralmente gettata in quella stanza che mi ospitava.
La vidi massaggiarsi i polsi.

“Ti hanno fatto male?” le chiesi.
“Tu che dici?”rispose acida lei.
“Senti Ayumi, io non sto simpatica a te e tu altrettanto, ma come ben vedi non siamo in condizioni da poter giocare a fare le nemiche.” Sbottai infastidita dall’acidità di quella ragazza.

Sospirò con fare sconfitto.

“Tu sai cosa vogliono da entrambe?” Ripresi a parlare.
“Shin.”rispose con naturalezza.
“Lui?”
“Sì, vivi a casa sua ma a quanto vedo non sai nulla di lui. “ sorrise. Ma era un sorriso amaro e malinconico.
“Se sai qualcosa dimmelo ti prego, visto che mi trovo in questa sottospecie di sequestro senza che ne sappia nulla.” Chiesi disperata ed esausta di quella situazione.
“Vogliono far decidere Shin. – la guardai interrogativa e con un cenno della testa, le dissi di proseguire. – vogliono che Shin decida tra me e te. Quella che Shin lascerà qui con loro..-fece una lunga pausa- morirà.”
“COSA? – la guardavo sbigottita- Ma sono forse impazziti? Ma io non ci sto assolutamente e poi perché? Io non ho fatto nulla.”
“Dicono che sei la sua promessa sposa.”

Boom.

“Ma..ma cosa dicono-risi nervosamente- sono davvero stupidi.”
“So tutto..mi hanno raccontato tutto.”
“Ayumi.. io…” non riuscivo neanche a parlare ormai.
“Tranquilla. Mi hanno spiegato davvero tutto.” Mi sentivo un verme, le stavo portando via il suo fidanzato. Decisi di rincuorarla.
“Ayumi..-la presi per le spalle- vedrai che andrà tutto bene. Sai bene che Shin sceglierebbe te in qualunque caso. –sorrisi amaramente, conscia che le mie parole erano vere. Consapevole che se le cose fossero andate come Ayumi aveva raccontato..avevo davvero le ore contare.”

Mi hai curato ogni cicatrice che avevo sul cuore, ma purtroppo la mia paura è che un giorno su questo cuore, ci siano le tue di cicatrici.”

Guardai Ayumi interrogativa. Da dove l’era uscita una simile frase?

“Shin..me la disse la prima volta che confessò che gli piacevo.” Sorrise.
“Ah…”
“So che ti piace. Non sono scema Michiyo. Ti ho osservata durante questo mese.” Continuò a pugnalarmi silenziosamente.
“No, ma che dici..”
“Non mentire…ma ti prego..non portarmi via Shin, senza di lui..sono il vuoto più assoluto.” Perché ora mi supplicava?

Merda. Mi sentivo una merda. Non riuscivo più a guardarla negli occhi.

“So che è difficile ammetterlo, ma si vede Michiyo. Tu te ne stai innamorando- rise nervosamente - ma è un paradosso, visto che lui non ti degna di uno sguardo.” Abbassai lo sguardo con fare umiliato, aveva ragione. Mi ero innamorata non di lui, forse, ma dello stereotipo che mi ero fatta di lui.
“Ayumi..io..- le parole non facevano altro che morirmi in gola. Le lacrime ormai avevano deciso di venire a fare compagnia ai miei occhi. Dannate lacrime. – perdonami..io non voglio essere un ostacolo per voi..davvero.”

Ayumi fece una cosa del tutto assurda. Forse dettata dalla paura del momento o non so cos’altro. Mi abbracciò. Mi faceva pena.

“Promettilo Yamashita. Promettiti che non mi porterai mai via Shin. Ti prego..-piangeva a singhiozzi. Sentivo lo stomaco bruciare. Sapevo che le parole che stavo per pronunciare, avrebbero ucciso me e il mio cuore.”
“Tranquilla..te lo prometto. Sì. Tranquilla.” Le accarezzai la testa castana.

La porta ad un tratto si aprii e Shooter fece la sua comparsa.

“Oh, scusate ho per caso interrotto una scena lesbica?” e rise di gusto. Disgustoso, pensai.
“Cosa vuoi Shooter? “ sputai come un serpente velenoso.
“Sono venuto a prepararvi.”dietro di lui fecero la comparsa altri due ragazzi che ci raggiunsero per staccarci. Ero immobile, lasciai che quei due energumeni mi legassero con una vecchia corda ammuffita. Così fecero anche con Ayumi, che ormai non la smetteva più di piangere.

Seguimmo Shooter e i suoi scagnozzi in silenzio. Un silenzio scandagliato solo dai singhiozzi rumorosi di Ayumi.
Giungemmo in una stanza con una porta di fronte. Shooter aprì quella dannata porta per poi farci segno di seguirlo. Sbucammo su un balcone interno, era un vecchio magazzino probabilmente. Sotto quel balcone si estendeva un enorme quadrato sottostante pieno di vecchi scatoloni.
La puzza di muffa e il freddo gelido di quell’ambiente, erano pungenti. La puzza mi creò un senso di vomito, mentre l’aria gelida e secca, faceva rabbrividire il mio corpo.
Che sarebbe successo da lì a poco?

“Attaccatele alla ringhiera. “ ordinò Shooter.

I ragazzi annuirono e fecero come indicatogli dal loro capo.

“Ayumi..-bisbigliai- ascoltami, ti prego, andrà tutto bene. “ cercavo di farle forza, forza che io personalmente non avevo.
“Michiyo, e se Shin non si presentasse?”
“Oh, piccole ingenue – intervenne Shooter- certo che verrà.. gli ho detto che ero intrattenuto dalla vostra compagnia. “rise sadico.
“Shooter, pezzo di merda, ti rendi conto di quello che stai facendo? Si chiama sequestro di persona! “ gli sputai velenosa.
“Credi che mi spaventi? Davvero sciocca mocciosa, non sai nulla di Tokyo. Tsè!”

Appena cercai di rispondergli, il grande portone posto a sud del quadrato sottostante il balcone, si spalancò. Io, Ayumi, Shooter ed i suoi scagnozzi, ci girammo per osservare chi aveva aperto il portone.
Loro.
La Rosa.
Shin.
Kyle.
Shane.
Mark.
Erano venuti.
Per un attimo il mio cuore ebbe un sussulto di gioia.
Speravo forse che fossero venuti a salvare me?
Certo.
Ma poi…

“AYUMI! “ urlò disperato Shin. Il suo respiro affannoso, la sua fronte imperlata di sudore.


Boom.


La voce di Shin, mi tagliò come una lama affilata.
Lui era lì. Sì, ma non per me.
Non per me, che era la sua futura sposa.
Non per me che morivo per lui.
Non per me, che soffrivo per lui in silenzio.
Non per me che ero stata aggredita e sequestrata.
Ma per lei. Ayumi.
La sua Ayumi.
La sua donna.
Mi ero illusa ancora una volta.
Lui non sarebbe mai stato mio.
Tantomeno mi avrebbe salvata da quella situazione pericolosa.
Ora avevo davvero paura.
Volevo tornare a casa.
Subito.
 
Volevo scappare via da quell’incubo, volevo nascondermi nuovamente nelle braccia forti del mio papà, sempre pronto a proteggermi.
Volevo rivedere quei luoghi a me tanto cari, i miei amici, i miei cari. Volevo continuare a vivere e sognare di trovare il mio di principe azzurro. E non quello di un’altra.
Mi sentivo inutile.
Continuavo a fissare Shin. Il mio sguardo era vitreo, freddo. Non era il mio sguardo. Io non avrei mai potuto guardare così freddamente una persona.
Sentivo i battiti del mio cuore, ormai andato in frantumi, aumentare e diminuire, in base all’espressioni di Shin.
Triste, arrabbiato, sorpreso, deluso. Era un miscuglio di emozioni.
Tutte emozioni che non erano rivolte a me.
No. Oh povera piccola Yamashita, pensavi davvero di contare qualcosa per quel cuore di ghiaccio?


No,illusa. Sciocca ragazza di provincia.
Lui ha la sua bella.
Ayumi.
Tu sei solo una palla al piede per lui.
Se dovessi morire, lui non piangerebbe, non si dispererebbe per te.
Vali meno di nulla.
Tu sei il nulla più assoluto.


E mentre i miei pensieri continuavano a vagare per la mia mente, immagini di me, di lui, di noi, continuavano a scorrere incessanti.
Il nostro incontro.
Il suo bacio di ghiaccio.
Il suo maltrattarmi.
Il mio piangere.
Il mio soffrire in silenzio, mentre sentivo ogni notte i rumori provenienti da quella fottutissima stanza.
La mia mente aveva proprio deciso di tirarmi un brutto scherzo.
Continuavo a rimanere immobile. Quasi stessi aspettando con pazienza la mia sorte.
La mia morte.
Avevo paura. Ma non riuscivo ad esternare nulla.
Fredda.
Proprio come Shin.

Fredda come il ghiaccio.

In quel momento speravo di veder addirittura arrivare il mio Mark, il mio ex, pronto a salvarmi.
Stavo davvero delirando. Stavo proprio male.
Un groppo in gola e un nodo allo stomaco, s’impossessarono di me, appena vidi La Rosa avanzare al centro del quadratone sotto il balcone dove eravamo imprigionate io e…Ayumi.
Appena furono sotto di noi, prontamente chiusi gli occhi, trattenendo per qualche secondo il fiato.
Avrei tanto voluto abbandonarmi a me stessa e lasciarmi scivolare lungo la parete dietro le mie spalle. Tutta quella tensione, mi aveva resa debole.
Shooter, continuava a guardare in silenzio Shin, con aria divertita.
Il bastardo si stava divertendo.
Shin, di risposta, lo guardava glaciale.
Il mio Shin...com’era bello.
I miei pensieri furono interrotti da Shooter.

“Ben arrivati.” sogghignò.
“Grazie. “risposta tipicamente glaciale del mio Shin.
“Giocate con noi, vero?” disse rivolgendosi finalmente verso me e Ayumi.

Il sangue mi si gelò nelle vene. Che voleva dire?
Non ebbi il tempo di riflettere, che sotto lo sguardo divertito di Shooter e lo sguardo incredulo del gruppetto La Rosa, due scagnozzi del nostro sequestratore, ci appesero a due catene vecchie.
Shooter mi si avvicinò e mi sussurrò qualcosa che mi avrebbe segnato per sempre.

“Yamashita, lui non ti amerà mai. Lui è venuto qui solo perché gli ho detto che avevo Ayumi. Quando gli ho detto che avevo ti avevo rapito, non ha fatto nulla. Ho ottenuto la sua reazione solo nomina dogli Ayumi.”
Non ebbi il tempo di ribattere o capire bene poiché ad un tratto fummo buttate fuori dal balcone, penzolando per aria.
Deglutii paurosamente.
Tremavo.
Ad un tratto guardai sotto i miei piedi e mi accorsi che il resto della gang di Shooter aveva posizionato sotto i nostri piedi due enormi recipienti.

Terrore.

“Acido. “ Shooter sembrò leggermi nella mente.

Aiuto.

“A-acido?”chiesi io tremante.
“Sì, il gioco consiste nel liberare una sola di voi entro un tempo massimo di 5 minuti. L’altra rimasta appesa, morirà sciolta nell’acido. Ovviamente se non riuscirete- voltandosi verso i ragazzi- a liberare nessuna delle due, entrambe moriranno.”

Boom.

Vidi Ayumi sgranare gli occhi terrorizzati.
Cercai di tranquillizzarla, facendole cenno con la testa verso Shin.
Lui l’avrebbe salvata.

“Tu sei pazzo- intervenne Kyle.- queste ragazze sono innocenti! “ringhiò.
“Strano, entrambe sono le donne di Seiki, dunque c’entrano eccome!”
“Entrambe? Ma che dici..solo Ayumi.”s’interrupe Shane per voltarsi verso Shin.
“Seiki, vedo che non hai raccontato nulla ai tuoi scagnozzi di questo bel visino occidentale.” Rise, voltandosi verso di me e guardandomi complice.

No. Dannazione, non volevo che Shin mi odiasse. Poco prima di morire per giunta!
Puntai i miei occhi color cioccolato nei suoi, cercando di fargli capire che non doveva lasciar proseguire Shooter.
Ma lui non fece nulla.
Così, Shooter riprese a parlare.

“Ma come, non sapete che lei è la promessa sposa di Seiki? Abita da lui da un mese. Ahahhahah “ bastardo pensai, fottutissimo BASTARDO.

La gola mi si seccò, gli occhi pizzicavano, un bruciore all’altezza dello stomaco.
Osservavo tutto da spettatrice.
Vidi Shin irrigidire ogni singolo muscolo del suo corpo e posare i suoi occhi su...Ayumi.
Sembravano parlarsi con lo sguardo. In un mondo tutto loro.
Dove io non ne facevo parte e dove mai sarei potuta entrare.

“Shin, ma quello che dice Shooter è vero? “ disse Shane con sguardo interrogativo, seguito dal resto del gruppo.
“State zitti! E’ vero, ma questa mocciosa per me, vale meno di zero.” Urlò Shin continuando ad arpionare il suo sguardo a quello di Ayumi.
“Iniziamo” sentenziò Shooter ridendo di gusto.

Sentii le catene scendere lentamente verso la vasca sotto i miei piedi. Con orrore mi accorsi che stavo finendo nella vasca piena d’acido!
“Shiiiiiin!” urlò disperatamente Ayumi.
“Resisti! Arrivo Ayumi!”urlò di rigetto Shin.

Boom.

Morta.
Vidi Shin correre lungo le scale alla mia destra e giungere sul balcone, che fino a poco fa ci ospitava. Lo vidi cercare qualcosa freneticamente.
Una manopola.
La salvezza.
Non mia.
Di Ayumi.
Lo vidi innervosirsi.
Era una manopola vecchia.
Arrugginita.
Tremava.
Voleva salvarla.
Lo si leggeva in faccia.
Senza rendermi conto iniziai a piangere.
Alzai lo sguardo e andai ad incrociare i suoi occhi.
Mi scrutavano dentro l’anima.
Abbassai di nuovo lo sguardo.
Conscia che quelli erano i miei ultimi minuti di vita.

“Come vedi Yamashita, quello che ti ho detto poco fa è vero. Una persona con dei sentimenti avrebbe cercato almeno di salvare entrambe. –sospirò – diventa mia e ti salverò.” Esordì Shooter spiazzando tutti.

Vidi la catena scendere sempre di più. Mentre quella di Ayumi continuava ad avvicinarsi sempre più al balcone ed a Shin.
Ero finita.

“Scordatelo stronzo! Meglio morire che passare un altro minuto in tua compagnia!” urlai, ormai conscia che la  mia ora fosse giunta.

Chiusi gli occhi, non appena vidi Ayumi fiondarsi tra le braccia di Shin.
Almeno lei era salva.
Almeno lei.
Sorrisi amaramente, sapendo la sorte che mi aspettava.
Avrei sentito dolore? Sarei morta subito?
Almeno volevo morire indolore.

“Sciocca. Ti ho dato l’opportunità di salvarti.” Controbatté Shooter.
“Shin, che cazzo fai? Dobbiamo salvare anche Michiyo!” urlò da sotto Shane.

Iniziavo a sentire l’odore pungente dell’acido sotto di me.
Chiusi gli occhi con foga.
Avevo paura.
Tremavo.
Due secondi e sarei morta.
Aprii gli occhi ed alzai lo sguardo, incrociandolo con quello di Shin.
Volevo vedere i suoi fottuti occhi, almeno un’ ultima volta.

“Addio”. Sussurrai guardandolo negli occhi.

Boom.
 
 
 

 

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Capitolo 8
*** Ritorni inaspettati ***



 
- Ritorni inaspettati -


Boom.

Ero già morta?
Aprii gli occhi come a constatare se fossi morta per davvero.
Ma cos’era successo? Perché non sentivo più il fetore dell’acido?
E perché non ero stata sciolta in quell’intruglio?

Un momento…

I miei piedi erano ancora sollevati da terra, ma le mie mani erano libere da quella lurida e sudicia catena.
Sentivo le braccia forti di qualcuno sorreggermi.
Ero stata salvata anche io?Anche a me era concesso di vivere?
Alzai lo sguardo per vedere, o meglio capire, cosa fosse successo.

Sorpresa!

Ero stata salvata per davvero. Quella persone che ora mi stringeva possessivamente tra le sue braccia, non era altri che Kyle Masahiro.
Non riuscivo a crederci. Quel ragazzo che conosceva a malapena era venuto a salvarmi. Pochi istanti prima di essere sciolta nell’acido, avevo intrapreso una pazza corsa verso di me. Mi aveva salvato, tirando violentemente l’altra manopola, e prendendomi al volo.
Pietà? Boh, poco importava. Ero salva. Cazzo!
Lo guardavo stupita.
Non ero l’unica.
Shane, Mark, Shin e Ayumi, erano rimasti pietrificati.

“Che cazzo guardate? – incalzò prepotente come non mai- vi sembra normale salvarne solo una? Eh Shin? Capisco che lei non conti un cazzo per te, ma da qui a lasciarla morire…cazzo che schifo!” urlò mentre continuava a stringermi.
"Non è affar tuo Masahiro.” ribattè freddo Shin.
“Non litigate ragazzi suvvia!” intervenne Shooter, che sino a quel momento era rimasto ad osservare la scena divertito.

Tornai a guardare il mio salvatore, e feci un sospiro liberatorio.
Anche io ero stata salvata! Davvero.

“G-grazie.”mugolai rossa in viso.
“Dovere piccola...”disse sfoderando un meraviglioso sorriso.

Boom.

Il mio cuore aveva perso un battito.
Poi fui riportata alla realtà dall’acido Shin.

“Bene ora che entrambe sono salve, possiamo anche andare via. Stavolta la battaglia l’abbiamo vinta noi.” Sogghignò Shin rivolgendosi a Shooter.
“Dici davvero? Credimi non è così facile il giochetto. “ poi con un cenno della mano verso i suoi scagnozzi, si dileguò dietro la porta che ci aveva condotti in quel vecchio e sudicio magazzino.
“SCAPPATE!” urlò Shin.

Non ebbi il tempo di capire cosa stesse accadendo che mi ritrovai a correre mano nella mano con Kyle. Non riuscivo a capire! Che stava succendo?
Per capire fu solo necessario voltarmi per vedere quei bastardi inseguirci armati fino ai denti.
Paura. Di nuovo quella fottuta paura!

“Stai tranquilla. Non ti faranno del male. Ti proteggerò io.” Gridò Kyle stringendomi ulteriormente la mano.

Guardai Kyle esterrefatta.  Avrei dovuto ringraziarlo appena saremmo stati in salvo.
Corremmo per più di mezz’ora a perdi fiato.
Alla fine giungemmo in un vecchio casolare. Probabilmente abbandonato da anni, visto lo stato in cui riversava.
Entrammo tutti insieme a passo spedito. Gli scagnozzi di Shooter, ci stavano ancora cercando. Sentivamo le loro urla in lontananza ed istintivamente mi strinsi di più a Kyle che per tutta la corsa, non aveva mai lasciato la mia mano. Quel mio gesto, tuttavia mi fece guadagnare un’occhiataccia da parte di Shin. Che cosa voleva ancora? Se fosse stato per lui sarei morta. Non pensavo che potesse odiarmi così tanto da lasciarmi morire in quel modo schifoso.
Decidemmo di riposarci su dei sudici divani all’interno di una stanza enorme. Era un salotto arredato rusticamente. C’era polvere ovunque e per via della mia allergia iniziai a starnutire come un’ossessa. Dovevo stringere i denti, ero già grata per essere ancora viva e non mi andava di passare per la petulante di turno.
Appena mi sedetti, sentii ogni singolo muscolo del mio corpo rilassarsi e distendersi. Potevo vedere quasi il loro sorriso. Chiusi gli occhi un attimo cercando di assaporare quella tranquillità.
Niente da fare, appena cercavo un po’ di pace, qualcuno rompeva le scatole.

“Come cazzo ti è saltato in mente di salvarla eh?”urlò Shin avventandosi contro Kyle.
“Seiki, sei impazzito o cosa? Siamo dei vandali, bastardi e quant’altro, ok, ma assassini no! “ringhiò Kyle.


Bravo, grande Kyle! Cantagliene quattro a quel vermiciattolo! Tsk!


“E’ affar mio! Cazzo! Potevi mandare tutto in aria! Ayumi poteva esser rimessa nuovamente in pericolo.” Esclamò Shin portandosi una mano sulla fronte con fare frustrato.

Lama. Lama tagliente. Ecco cos’era Shin. Era un’arma affilata capace di proteggere o ucciderti allo stesso momento. Se decideva di ucciderti, ti squarciava fin dentro l’anima, facendoti sentire una nullità.


Non conto proprio nulla.


Kyle sembrò accorgersi del mio stato d’animo.

“Sei davvero un bastardo. – sibilò tra i denti e poi rivolgendosi a me – Andiamo Yamashita, di là c’è un letto dove potrai riposare.” Concluse con un tono di voce più doce.

Annuii silenziosamente.

“No!-Intervenne Shin- Quel letto serve ad Ayumi.” Sogghignò ancora una volta. Come suo solito.


Al diavolo.


Mi avvicinai a Shin con ferocia.
Questione di attimi.
Mano.
Guancia.
Segno.
Cinque dita spalmate.
Gli avevo tirato un ceffone. E che ceffone!


Ben gli sta!


“Bastardo. “ sibilai glaciale.

Mi voltai e tornai da Kyle, che in silenzio mi condusse in quella fottuta stanza.

“Grazie, davvero…” bisbiglia, quasi avessi terrore della reazione del ragazzo.

Mi si avvicinò e mi accarezzo con fare affettuoso la testa.
“Dovere scema! – sorrise ancora una volta- non siamo poi così bastardi. Onestamente non so cosa gli stia succedendo a Seiki. Non è mai stato così.”
“Mi odia. Odia tutta questa situazione. “ sospirai sconsolata.
“Scusami Kyle, vorrei davvero riposare. È stato troppo. Davvero. “Prima che Kyle potesse ribattere, lo azzittii.
 
Cercai di sorridere, ma malamente. Mi uscii solo una stupida smorfia di dolore, che lasciava intravedere tutta l’angoscia e la paura che ormai albergavano in me.

“Ok piccola, riposa...buonanotte. “ lo disse con un tono di voce dolciastro. Poi mi si avvicinò ulteriormente, posandomi un dolce bacio sulla fronte.

Lo vidi uscire da quella stanza e mi ritrovai a pensare di essere stata davvero fortunata ad aver incontrato uno come lui.
Mi misi stesa sul letto e l’ultimo pensiero, fu come al solito verso di lui.

Shin.
 
 
 
 
Mi risvegliai la mattina dopo in quel sudicio letto che mi aveva ospitata. L’odore sgradevole proveniente dalla muffa che caratterizzava le pareti di quello stabile penetrava incessantemente nelle mie narici, provocandomi un senso di nausea pazzesca.
Mi alzai di scatto dal letto e feci mente locale degli ultimi avvenimenti. Mi portai una mano sulla bocca, ancora sconvolta dall’accaduto.
Ad un tratto sentii distintamente dei rumori provenire dal soggiorno, quindi decisi di alzarmi e raggiungere il resto della ciurma.
Appena varcai la soglia del soggiorno vidi Shane e Mark intenti a mangiucchiare qualcosa.
L’odore di cornetti caldi riempiva tutta la stanza. Mi avvicinai ai due ragazzi e con occhi sognanti continuavo ad ammirare quei piccoli cornetti alla nutella, così invitanti.

“Tieni, questo è per te! Sembri un cane per come stai sbavando.” disse Shane rivolgendosi a me e porgendomi un cornetto.

Lo guardai di rimando e con un cenno della testa lo ringraziai.
Ad un tratto ebbi un lampo.

“Uhm…ragazzi? Posso farvi una domanda?” chiesi timidamente.
“Certo. “ rispose Mark.
“Ma che io sappia la Rosa è composta da 5 membri, non quattro.” Conclusi guardando i due ragazzi.

Vidi i ragazzi sobbalzare alla mia pseudo - domanda.

“Beh sì…Jess in questo momento non c’è. Ha…ha come dire...da sbrigare affari personali.” Mi rispose Shane grattandosi la nuca con fare nervoso e contornando il tutto con un sorriso falso.

Già, perché di quei sorrisi io ne facevo a bizzeffe da quando mi ero trasferita a Tokyo.

“Uhm...vabbè ok, affar vostro in fin dei conti.” dissi continuando ad ingurgitare letteralmente il mio adorato cornetto nutelloso.

Finimmo i nostri cornetti e cappuccini tra una chiacchiera e l’altra. Ad un tratto la porta d’ingresso si aprì e fecero la loro comparsa Kyle, Shin e Ayumi.
Che scena disgustosa che mi si presentò, Shin e Ayumi mano nella mano come due innamoratini delle medie.


Bleah che schifo.


Sentivo di nuovo quel groviglio schifoso all’altezza della bocca dello stomaco.
Stizzita da quella visione, decisi di alzarmi dal divano su cui ero comodamente spaparanzata e mi recai sulla veranda.
Sentii una presenza alle mie spalle, ma decisi di fingere di non essermene accorta.

“Scema.” Mi si avvicinò Kyle tirandomi uno schiaffetto sulla testa.

Mi girai e lo vidi bello come il sole.

“Eh? Perché?”
“Se vuoi tenere nascosta la situazione, comportarti così non ti aiuterà di certo.” Continuò, ignorandomi e guardando dinnanzi a se.
“Eh? “Continuavo a non capire.
“So che ti piace, che lo ami. Parlo di Shin ovviamente.” Disse risoluto.

Pronunciò questa frase con una naturalezza disarmante.
Lo fissavo inebetita. Mi sentivo scoperta. Lui aveva capito tutto. Ed ora? Mi morsi un labbro sperando che quel gesto potesse mandare via un po’ di nervosismo.

“Sta tranquilla – riprese a parlare Kyle- non gli dirò nulla. Non sono così bastardo. So benissimo ciò che si prova ad essere rifiutati e non corrisposti. Quindi con me puoi stare tranquilla. Mi chiedo solo come faccia Shin a non rendersene conto.”
“Perché è accecato da quella gallina strega. “sbuffai con rabbia.
“Ahahahah mi fai morire scema!”disse tirandomi un piccolo pugno sulla testa con fare affettivo.

Lo guardai storcendo la bocca per poi sospirare.

“Credo che tutta questa storia porterà alla mia autodistruzione. Visto che già la mia autostima è sotto i livelli minimi storici,uffa.” Borbottai.
“Dai tutto si aggiusterà e vedrai che troveremo una soluzione a tutto. “Mi sorrise divertito.
 
Annuii.

“Senti Kyle posso farti una domanda?” voltai il mio sguardo verso di lui.
“Dimmi.”
“Ma Jess dov’è?”

Vidi il volto di Kyle cambiare da dolce a duro. Dovevo aver toccato un tasto davvero dolente.

“Che t’interessa? “urlò prendendomi dalle spalle e strattonandomi.
“Eh? No no è solo che sapevo che anche lui faceva parte della Rosa...ero solo curiosa…s-scusa i-i-io non volevo.”abbassai lo sguardo. Sentivo le lacrime minacciarmi di uscire. Mi aveva terrorizzata.
“No, scusami tu..è solo che non devi chiedere mai più di lui. Specialmente in presenza di Shin. Chiaro?” Mi lasciò andare e sospirò.

Lo guardavo inebetita e quindi mi limitai solo a fare un cenno della testa.
Ma che cavolo aveva combinato ‘sto Jess? Bah eppure doveva essere loro amico.

Giusto?

 
 
 
Verso le 15.00 io e Shin, ovviamente dopo aver accompagnato la strega a casa sua, tornammo alla Tenuta Seiki.
Lungo il tragitto nessuno dei due osava fiatare. Sembrava essersi ricreata la situazione che c’era al mio arrivo a Tokyo.
Dopo un’ora di cammino, arrivammo d’avanti alla villa. Bene, ero decisa a prendere io l’iniziativa ed aprire un discorso. Volevo chiarire. Ma cosa poi? Boh. Sapevo solo che volevo riparlare ancora una volta con lui.
Ma appena cercai di aprire bocca, vidi Shin fermarsi ed irrigidirsi.
Avevo la visuale coperta dalla figura possente di Shin che fermandosi mi si era parato davanti, quindi non riuscivo ancora a capire il motivo del suo comportamento, finché non mi affacciai e vidi un ragazzo appoggiato al muro della Tenuta.
Sarà stato su per giù alto 1.80, figura slanciata, capelli brizzolati castani e occhi color Ambra. Un sorriso da paura. Era bello da mozzare il fiato.
Ma erano tutti gnocchi questi giapponesi?!
Guardai perplessa Shin cercando di capire cosa stesse succedendo.
Vidi Shin digrignare i denti.

“Ciao Capo!”Esordì il ragazzo.


Capo? Chi cavolo è…


Non ebbi il tempo di formulare la domanda mentalmente che Shin, senza saperlo mi diede la risposa.

“Ciao Jess.” Rispose freddamente, infilando le mani in tasca.
 
 
Lui èJess?!
 
Bene, ora iniziavo davvero a non capirci nulla. Jess non era fuori città per motivi personali?
Perché era tornato?
Perché Shin alla vista dell’amico, si era irrigidito?


Dio che mal di testa.


Continuavo a fissare inebetita quella scenetta da Cartoon. Nessuno dei due ragazzi osava parlare. O forse si parlavano telepaticamente? Come due supereroi da fumetto?
Bah, ma a me che me ne fregava?
Fattacci loro. Ripresi il mio cammino, sorpassando Shin , senza preoccuparmi di una sua minima reazione.

“Questa dev’essere la famosa Michiyo. “sorrise. Ma fu un sorriso..maligno? Malvagio?
“Sì. “ risposi monosillabica, riprendendo a camminare.

Ma a quanto pare avevo una cosa chiamatasi..Sfortuna.
Jess mi fermò per un braccio e mi fece girare, costringendomi a guardarlo negli occhi.

“Non ti va di rimanere un po’ con noi?“ disse rivolgendo lo sguardo verso Shin.

Seguii d’istinto lo sguardo di Jess per poi ritrovarmi due occhi freddi come il ghiaccio trapassarmi l’anima.

“Lasciala.” Disse duramente Shin.
“Lasciarla? E perché? Non le sto facendo male!“ sarcastico il tipo. Mi stava facendo male, eccome!
“Lasciami - sibilai fra i denti. – Dannazione Lasciami!” urlai.

Sentivo le lacrime pizzicare e minacciare gli occhi.
Guardai disperata Shin, che sembrò capire e con una mossa agile mi liberò da quel pazzo.

“M-ma non eravate amici?” guardai impaurita Shin che mi teneva stretta fra le sue braccia.

Potevo sentire il suo profumo di cioccolato. Le sue braccia forti e sicure che mi cingevano le spalle. La sua presa era protettiva, quasi a volermi nascondere agli occhi di Jess. Cosa stava succedendo? Il mio cuore batteva all’impazzita.
Chiusi gli occhi quasi a voler assaporare come per l’ultima volta, quella sensazione di benessere che poche volte mi era concessa dal mio Cuore Di Ghiaccio.

“Come siete noiosi. “esordì ad un tratto Jess.
“Sparisci dalla mia vista. ORA.“ lo minacciò il mio pseudo-fidanzato.
“Sì sì, come vuoi principino. – sorrise, per poi rivolgersi a me – ci vediamo a scuola Gattina.”
“BASTARDO!”  Gli urlai contro. Non so bene neanche io il perché.

Shin,mi prese per mano e mi trascinò letteralmente dentro la Tenuta.

“Shin fermati, per l’amore del cielo! Fra n’po’ cado!”

Si era fermato, si era girato, mi fissava con uno sguardo indecifrabile.

“C-che c’è?” mi metteva in imbarazzo quando mi guardava così. Aveva degli occhi magnetici. Temevo che da un momento all’altro, mi sarei sciolta nel mare di cioccolato che erano i suoi occhi.

Si passò una mano tra i capelli, con fare..nervoso?

“Yamashita – dio com’era dolce il mio nome pronunciato da lui. – promettimi che lo eviterai come la peste, se possibile. Parlo di Jess ovviamente.”
“Eh? Beh, credo che dopo quello che è accaduto poco fa, l’avrei già fatto di mia spontanea volontà.. – feci una piccola pausa e ripresi a parlare- senti Shin, posso sapere, se non sono indiscreta, perché c’è astio tra di voi? Sì, insomma fa parte della Rosa e voi siete tutti grandi amici..da ciò che ho potuto vedere…”

Lo vidi irrigidirsi ancora una volta per poi tramutare l’espressione del viso in pensierosa.

“Ha violentato Ayumi, o meglio ha cercato di farlo.” Disse ed io sentii distintamente qualcosa frantumarsi dentro di me.

Mi portai una mano alla bocca. Ero rimasta di sasso.

“E temo che ora, sapendo chi sei, possa farlo anche a te…e non potrei perdonarmelo per nulla al mondo.” Sussurrò, abbassando il capo.

Poi fece una cosa inaspettata. Non da Shin. Si avvicinò e mi abbracciò. Quasi a non volermi più lasciar andare via.
Lo guardavo con occhi sgranati. Stava succedendo per davvero?

“Promettimi che non mi abbandonerai Yamashita, qualsiasi cosa accada…” bisbigliò tra i miei capelli.

Ma cosa stava succedendo? Ra giunta la fine del mondo e non me ne ero resa conto? Che cosa gli prendeva? Non si era mai comportato così. Sino alla sera prima mi avrebbe lasciata morire ed ora si comportava così.


Shin, sei bipolare? Avrei voluto chiedergli ma mi morsi la lingua.


“Shin – ormai non vi era più differenza tra un incendio  e le mie guance.. – i-io..sì. Te lo prometto. Non potrei mai lasciarti..non ora.”

Mi guardò come non aveva mai fatto. Era dolce.
Era il mio Shin?
Possibile?
Dolce, protettivo ed affettuoso?

“S-shin, forse è meglio staccarci, se dovesse arrivare Hiroshi…” non ebbi il tempo di finire la frase.

Shin si allontanò di scattò. Avevo detto qualcosa di sbagliato?

“Hiroshi? Eh? Bella coppia. Davvero.” No, ok quel ragazzo era davvero bipolare.
“Shin? Ma che ti prende?”
“Vattene al diavolo. Sparisci dalla mia vista inutile insetto.” Il suo tono era divenuto nuovamente glaciale.

Avevo le lacrime agli occhi. Che stava succedendo?
Nel tentativo di fermarlo, lo afferrai dalla manica destra della giacca.
Fu un attimo.
Lui. Le sue mani. Una spinta. La sua bocca che si muoveva.
Non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Poi vidi la sua faccia spaventata.
Ad un tratto sentii la fronte inumidirsi, me la toccai con la mano sinistra.
Sangue.
Oddio, la mia testa sanguinava?
Niente, nessuna risposta alla mia domanda.
Solo buio totale.

“YAMASHITA!” l’ultima cosa che sentii fu l’urlo disumano di Shin.
 


 

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Capitolo 9
*** Risveglio con sorpresa ***











 
- Risveglio con sorpresa -





Era tutto buio, intorno a me.
Mi sentivo strana, leggera. Come se stessi volando, in bilico. Non so se rendo l’idea.
Sentivo un vuoto all’altezza dello stomaco.Ma cos’era successo?
L’ultima cosa che ricordavo, erano gli occhi glaciale di Shin.


Shin!


Dov’era?
Quel posto iniziava a terrorizzarmi. Dove mi trovavo?
Perché era tutto così buio?
Poi sentii un leggero fastidio al braccio sinistro. Pizzicava e bruciava, però sentivo i miei occhi pesanti, quindi non riuscivo a capire bene.
Sentivo solo voci distinte, quasi in lontananza.
Riuscii tuttavia a capire qualcosa.

“Dottore… – la voce disperata di Kaname mi raggiunse, quasi come un uragano- la prego, ci dica che Yama-chan si riprenderà!”Sembrava davvero disperata.

Perché era così stravolta? Sentivo i suoi singhiozzi arrivarmi come urla. Ma cosa stava succedendo? Perché non riuscivo ad aprire i miei dannati occhi?
Ma poi, riprendermi? E da cosa? Che cosa mi era successo? Non ricordavo nulla.
In più la testa mi faceva davvero male.

“Signorina si calmi, la prego. – la voce del dottore era di una tranquillità allucinante. – la signorina Michiyo si riprenderà. Ha bisogno solo di tranquillità e riposo assoluto... detto questo, v’inviterei a lasciarla riposare.” Concluse risoluto quello che avevo identificato come dottore.

Poi sentii il rumore di una porta che si chiudeva. Il dottore doveva essere uscito.

“Kaname andiamo, facciamo come il dottore ci ha chiesto.“ Shane, questa era la voce di Shane. C’era anche lui?
“Non voglio lasciarla sola!” sentii urlare Kaname.
“Kaname adesso basta! Non sta mica morendo!” urlò di rimando Shane.

Stavano davvero esagerando con i toni. Ma che cavolo urlavano? La mia testa sembrava voler scoppiare.

“Ah no? Shane ti rendi conto che un solo centimetro in più e Yama-chan, probabilmente sarebbe morta?!?” detto questo Kaname scoppiò nuovamente a piangere.


Momento, momento. Morta? Ma chi? IO?


Volevo alzarmi, reagire, sbraitare e chiedere che diavolo stesse succedendo, ma le forze sembravano avermi abbandonata.

“Lo so, ma ringraziamo il cielo per come sono andate le cose. Shin ha avuto sangue freddo.  Ha chiamato subito l’ambulanza…e l’ha salvata.” L’ultima frase, Shane la sussurrò, quasi avesse terrore a dirlo ad alta voce.


Shin?Un momento, ora ricordo. Lui, le sue mani, la spinta e il muro.


Ovvio che mi aveva salvata.  Se fossi morta per mano sua, sarei tornata dall’oltretomba per tirargli quei fottuti capelli al sapor di cioccolato!
Era colpa sua se mi ritrovavo in quelle condizioni.
Ma lui ora dov’era? Perché non sentivo la sua voce? Chi c’era in quella stanza oltre me, Kaname e Shane?
Morivo dalla voglia di sapere.

“Shin – ok, ora sapevo che lui c’era, e a giudicare dalla voce, c’era anche Kyle – ma cos’è successo?” domandò Kyle, rivolgendosi allo stronzo per eccellenza.
“Niente. Jess è tornato.” Rispose risolutoo Shin.
“Jess?” ad intervenire fu Mark. Sembrava incredulo.

Forse vedendo che razza di bastardo era, avrebbe fatto meglio a rimanere dov’era Jess!
Ma un attimo, io non mi ritrovavo in quelle condizioni per via di Jess! Perché Shin non diceva la verità? Era stato lui a spingermi via, arrabbiato, dopo che gli avevo detto di sciogliere quell’abbraccio per paura che potesse arrivare Hiroshi.
Poi un fulmine a ciel sereno fece insinuare in me una mezza certezza.
Shin…era forse geloso di Hiroshi? Suo fratello?
Nah, non poteva essere.

“Sì. Si è presentato fuori casa mia. “ immaginai la faccia da bruco che Shin poteva aver assunto mentre diceva queste cose. Dentro di me sorrisi. La consapevolezza dei miei sentimenti per lui, man mano prendevano sempre più forma. Lo amavo davvero. Ecco, finalmente l’avevo ammesso del tutto.
Io amavo quel fottuto cuore di ghiaccio.
“E cosa voleva? “ ad intervenire fu un curioso e furente Kyle.
“Niente, provocare come al solito. Credo abbia adocchiato Michiyo.” Rispose freddamente Shin.
“Come? Dannazione! Che fottuto bastardo.” Urlò furioso Kyle e la mia voglia di aprire gli occhi e di intervenire personalmente in quella conversazione, aumentava sempre più.
“Ehm… ragazzi, ma Jess non faceva parte della Rosa?”brava Kaname- chan, avevo fatto anch’io la stessa domand. Eravamo proprio grandi amiche!
“Sì, ma diciamo che non era ciò che credevamo che fosse. È  un discorso un po’ contorto.” Le rispose dolcemente Kyle.
“Ah, capisco...scusami allora Kyle.” Ma come rispondeva carinamente Kaname. L’avrei quasi definita kawaii.
“Stai tranquilla piccola è lecito che tu voglia sapere visto ciò che ha fatto alla nostra amica.” Kyle usò nuovamente quel suo tono di voce dolce e suadente.

Ma ci stava provando con la mia amica per caso? No eh, gli avrei tirato un pugno in faccia appena mi sarei risvegliata.
Non potrei giurarlo, ma credo che Kaname in quel momento fosse diventata un peperone. Era tanto bella ed ingenua la mia amica.
Dio, quanto avrei voluto alzarmi e parlare ancora con loro. Volevo vederli.


Voglio vederlo. Voglio rivedere i suoi occhi, il suo viso, le sue labbra, le sue spalle larghe. Mi manchi Shin, mi manchi da morire.


Volevo tornare a casa, sedermi su quell’enorme divano bianco che la famiglia Seiki aveva nella maestosa stanza adempita a soggiorno.
Ma a quanto pare da quando mi ero trasferita a Tokyo la sfortuna aveva deciso di diventare la mia migliore amica. Ecco, stavo di nuovo perdendomi nei miei pensieri, invece di seguire i loro discorsi.

“Shin ma perché odi così tanto questa ragazzina? “ Bravo Mark, chiediglielo anche a nome mio a quell’idiota! Pensai.
“Non la odio. Mi è indifferente, è diverso.” Possibile che ogni sua frase mi ferisse così tanto? Che ogni sua singola parola mi entrasse dentro per non uscirne più? Cosa mi aveva fatto?
“Non la odi? Shin la stavi lasciando morire! Se non fosse stato per Kyle, non oso immaginare che fine avrebbe potuto fare questa ragazza! – Mark, se non fossi immobilizzata, ti bacierei!

Sentii un tonfo improvviso. Che era successo? Accidenti! Odiavo questa situazione! Mi creava angoscia. Volevo vedere, sapere e non solo sentire le voci.

“Shin ma sei impazzito? Che cazzo ti prende?! “ era Mark a parlare o meglio urlare. Che aveva combinato Shin ora?
“Shin lascialo, gli farai male sul serio.” Kyle, ancora.
“Non mettetevi in mezzo, cazzo! Anzi andatevene tutti fuori dalle palle!” urlò furiosamente Shin.


Ammazza che caratterino!


Però la sua sfuriata doveva aver funzionato, perché subito dopo si sentì nuovamente il tonfo della porta. Se ne erano andati.
Ad un tratto sentii una leggera  pressione in fondo al mio letto. C’era ancora qualcuno?
Era forse Shin? Che si fosse seduto lui sul letto? Oppure era un fantasma?
Avevo il cuore in gola. Sentii una mano delicata e gelida accarezzarmi la testa.
Testa, fronte, guance e bocca. Il tocco era così delicato e leggero, quasi quella persona avesse terrore di rompermi, proprio come una bambola di porcellana.
Mi aveva accarezzata con una dolcezza unica.


Chi sei? Pensai.


“Mi dispiace Yamashita, mi dispiace davvero. Non riesco a capire cosa mia sia preso. So’ solo che ti avevo tra le mie braccia, sentivo il tuo profumo di rose. E poi…e poi tu...hai nominato Hiroshi. Dannazione, dovevi rovinare proprio tutto? Che razza di stupida bambina che sei! Sei solo un impiastro...già.  Però mi manchi quando non ci sei. Riprenditi presto, idiota.” Quella voce era di Shin. Il mio Shin. Lo stesso ragazzo che mi aveva trattata alla stregua di un insetto, anzi un insetto avrebbe avuto più rispetto. Era lo stesso ragazzo freddo e distaccato. Cosa gli era successo? Da dove proveniva tutta quella dolcezza?
Non riuscii più a formulare alcuna domanda poiché fece un gesto che mai e poi mai mi sarei aspettata, non da lui almeno.
Mi diede un bacio a fior di labbra. Avevo il cuore che batteva all’impazzata.

Quello poteva definirsi il nostro secondo bacio?
Non ebbi il tempo di capire più nulla, poiché mi persi nei miei pensieri. Mi resi conto che lui si era allontanato da me solo quando sentii la porta aprirsi e chiudersi.
 


 
 
« Si strinsero, e tutte le loro incomprensioni si sciolsero come neve sotto il calore di quel bacio. ♥ »


Quella frase continuava a rimbombarmi in testa. Non ricordo chi la disse, uno scrittore, un presentatore tv, un’amica, un parente, non ricordo. Ricordo solo che quella parole mi avevano colpito sin da subito. Un semplice abbraccio poteva davvero spazzare via tutto il dolore e la rabbia? Un semplice gesto era in grado di fare ciò?
Con quei pensieri ricaddi nuovamente in un sonno profondo.
 
Mi risvegliai da quel lungo sonno. Sentivo i muscoli intorpiditi, gli occhi non mi erano mai sembrati pesanti come in quel momento. La testa sembrava volesse scoppiare da un momento all’altro. A dirla tutta mi sentivo come se un camion mi avesse investita.
Istintivamente portai la mano destra all’altezza della testa, tenendomela ben salda. Avrei giurato che stesse per staccarsi dal corpo.


Eh, accidenti, come fa una persona a sopravvivere senza la testa? Oddio, anche in situazioni simile, la mia ironia non manca. Sono un caso patologico, non c’è che dire.


Ma infondo ero io. Yamashita Michiyo, 21 anni, italiana, solare, introversa, dolce, acida. Insomma ero un continuo contrasto di aggettivi.
I miei amici mi avevano sempre definita lunatica e strana. I miei amici, già. Mi mancavano terribilmente, chissà se mi pensavano almeno  la metà di quanto lo facessi io. Chissà se anche a loro venivano in mente tutte le stronzate fatte assieme.
Ero sempre stata una tipa che odiava la gente troppo appiccicosa e di conseguenza appena vedevo o sentivo un rapporto stringersi troppo, allontanavo tutti. Facendo terra bruciata. Ero proprio stronza.
Ricordavo ancora i tempi del liceo, quando mi divertivo ad infastidire le povere ragazzine più deboli. Lo facevo per auto-difesa. O così giustificavo quelle azioni riprovevoli. La verità era ben altra. Ci godevo nel farlo, perché infondo ero così. Ma col tempo e crescendo, decisi di redimere la mia anima ed iniziai a calmarmi, a cambiare anche giro d’amicizie. In un anno avevo stravolto  la mia vita. Ero diventata  la cosiddetta brava ragazza provinciale.
Quel mio nuovo modo di essere mi piaceva per davvero. Ero diventata finalmente una persona e non un animale che attaccava alla prima occasione. Mi sentivo bene con me stessa. Sapevo che la persona che ero diventata era migliore. Anche l’atteggiamento della gente che mi circondava era cambiato.
Le ragazze ed i ragazzi avevano iniziato a fidarsi di me, a confidarsi.  Se avevano qualche problema cercavano il mio aiuto. Mi sentivo così appagata e rilassata. Ero, finalmente, ben voluta.
Avevo imparato a mie spese cosa significasse la crudeltà della gente ed ero decisa a non tornare più la Yamashita di un tempo. Avrei lottato con tutte le mie forze per rimanere ciò che ero.
L’unica pecca in quel mio bel mondo fatato era l’entrata in scena di lui.

Il mio incubo, il mio sogno proibito.
Il mio tutto e il mio niente.
Shin Seiki.

E come un lampo a ciel sereno, quel nome, mi fece tornare alla realtà. Mi ero persa ancora una volta nei ricordi. Mi alzai lentamente, poggiandomi sui gomiti. Una volta sistemata per bene gettai un’occhiata fugace alla stanza.
Era bianca, quasi squallida. L’odore forte e sgradevole di spirito mi disgustava alquanto. La tenda che sovrastava la finestra era di un giallo sbiadito, simile al colore che assume la nicotina o dei denti poco puliti.
 

Che razza di paragoni! Oh!


In più il mio letto era scomodissimo, sembrava fatto di legno. Ricordai la conversazione che avevo origliato pochi giorni prima tra i miei “amici”, quindi mi fu facile capire che mi trovavo in una stanza d’ospedale.
Ma un momento, non c’era nessuno al mio capezzale! Ma che gran bei amici del…

“Oddio, ti sei svegliata! Tesoro mio ero preoccupatissima! “ ecco appunto...amici del CUORE! Sorrisi al pensiero che stavo facendo poco prima. Kaname mi era saltata addosso stritolandomi in un abbraccio da mozzare il fiato.
“Kana-chan, oddio, lasciami, non riesco a respirare.” Cercai di allontanarla poiché mi stava strozzando per davvero.
“Oddio scusami. È solo che hai dormito così tanto tempo che avevo paura di non rivedere più i tuoi occhioni da cucciolotta!” rispose sorridendomi e con le lacrime agli occhi.


Cucciolotta? Sono diventa un cane? E poi...un momento…


“Ho dormito...quanto?” osai chiedere.
“Cinque...cinque giorni. “ disse aggrottando la fronte, come fosse stata infastidita.

Mi limitai solo ad annuire.

“Ma i dottori hanno detto che è tutto ok. Vado a chiamare i ragazzi, così torniamo a casa!” Non ebbi il tempo di ribattere nulla, che la mia amica era già uscita dalla camera.

Dopo pochi minuti, in cui nella mia stanza calò un silenzio inquietante, fece ritorno la mia amica con al seguito La Rosa, eccetto lui.


Shin.


Mi guardavano...perplessi?

“Ehm…Ok, so di non aver un bell’aspetto, ma da qui a guardarmi in quel modo...” dissi abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Scusaci Yamashita è solo che sì insomma... “ Kyle, era nervoso?

Che stava succedendo? Perché ora sembravano  tutti nervosi? Possibile che per me non c’era mai un attimo di pace?

“Che succede?” Sospirai ormai esausta da tutti quegli eventi imprevisti che stavano capitando nella mia vita.
“Eh? “ sussultò Kaname, cercando con lo sguardo l’aiuto dei ragazzi.
“Oh andiamo! Non sono mica stupida. So benissimo che c’è qualcosa che non va! Avanti, sputate il rospo.” Dissi scocciata.
“Non credo sia il caso. “ intervenne allora Shane.

Shane era il classico Peter Pan, o almeno così lo vedevo. Era sempre allegro, spensierato, giocava sempre. Per lui la vita era un gioco. E poi i suoi occhioni trasmettevano vitalità da tutti i pori. Mark era il suo opposto invece. Il suo sguardo glaciale t’impediva i vederci attraverso, di provare a capirlo. Era come se avesse innalzato un muro invisibile ed impenetrabile, era sempre sulle sue con quell’aria da bello e dannato.

“Shane è giusto che sappia invece. “ ecco, Mark avevo sfoggiato il suo lato glaciale.

Vidi Shane sospirare e Kyle serrare la mascella, mentre Kaname restava muta in un angolo. Lo sguardo della mia amica trasmetteva tristezza.

“Mi dite che sta succedendo?” ora avevo perso davvero la pazienza.
“Shin è partito con Ayumi.” Esordì glacialmente Mark.

Boom.
Il cuore faceva male. Gli occhi mi si inumidirono. Io ero su un letto di ospedale per colpa sua e lui partiva con quella stronza? Ma chi cavolo era quel ragazzo? Non poteva baciarmi e poi andare via con la strega.
Abbassai lo sguardo.

“Yamaascolta noi sappiamo e capiamo…quindi…” cercò di consolarmi Kyle.
“Tranquilli, va tutto bene. Vorrei restare sola con Kaname, se non vi dispiace.” Alzai la testa e cercai di fare un sorriso.

I ragazzi annuirono all’unisono ed uscirono fuori.

“Kaname…” Riuscii solo a dire questo prima di scoppiare a piangere.

Vidi la mia amica avvicinarsi ed accarezzarmi la testa con fare materno. Tra un singhiozzo e l’altro, senza aspettare che lei mi chiedesse nulla, le raccontai ciò che era accaduto pochi giorni prima. Le raccontai del bacio che Shin mi aveva dato, delle sue bellissime parole, del mio povero cuore ormai in frantumi. L’avevo vista sgranare gli occhi.

“Tesoro calmati andrà tutto bene.” Continuava a ripetermi Kaname mentre mia accarezzava la testa.
“No! Tu non capisci Kaname. Lui mi odia, quello è stato solo un momento di debolezza. Si sarà sentito in colpa o solo Dio sa che cosa! Dio mi sento una stupida!” Continuai in questo modo per una mezz’oretta, finché la mia amica esasperata iniziò ad urlare.
“Adesso Basta! Guardami. GUARDAMI!”

La guardai sbigottita. Non l’avevo mai vista così arrabbiata.

”Sei forte. Sei bellissima. Sei buona.“ disse sorridendomi dolcemente.
“No, non lo sono. Sono l’opposto. E Shin ormai sembra lontano anni luce da me. Dovrei rinunciare a tutto. Devo seppellire questi stupidi sentimenti infondo, ma proprio infondo al mio fottutissimo cuore! Dannata me!” Dannato amore, più che altro. Inconsciamente, dentro di me, diedi inizio ad un’epica battaglia.

Mente e cuore.

Io e Kaname rimanemmo a chiacchierare per un’oretta abbondante, poi ad un tratto la porta si aprì ed ecco che fecero il loro ingresso i ragazzi.

“Ragazze è ora di andare. Abbiamo già sbrigato tutte le pratiche necessarie per le dimissioni di Yamashita.”disse Kyle avvicinandosi al mio letto e sorridendoci.

Raccogliemmo tutti i miei effetti personali, richiusi perfettamente in una borsa di fortuna.
Uscimmo dall’ospedale e ci dirigemmo verso la macchina di Mark. Una Jeep nuova fiammante. I ragazzi furono così gentili da lasciarmi il posto anteriore di fianco al guidatore.
Inutile dire che durante tutto il tragitto non feci che rimuginare sugli eventi accaduti nell’ultima settimana.
Ripensare al rapimento mi provocò un brivido agghiacciante lungo la schiena.
Mai, e dico mai, avevo provato così tanta paura in vita mia.
Kyle mi aveva  salvato. Se non ci fosse stato lui probabilmente sarei morta.
Dopo quasi un’ora e mezza di strada, Tokyo era davvero enorme, arrivammo d’avanti la tenuta Seiki. Non mi era mancata per niente.
Scesi dalla macchina liquidando i miei amici con un cenno della mano dicendo di non preoccuparsi per  me e che volevo restare sola.
Ovviamente non fu facile convincerli, ma bastò ricordargli della “fuga” di Shin per farli acconsentire.
M’incamminai verso il portone di quell’enorme complesso. Tirai un lungo respiro ed abbassai la maniglia.

“Sono tornata!”dissi.

Ma come volevasi dimostrare la mia voce si perse nell’immensità di quella casa. Ero sola. O forse sola insieme ai domestici.
Salii le scale che portavano alla mia stanza. Entrai e posai le mie cose sul divano affianco alla scrivania.
Era rimasto tutto intatto. Lindo e pulito. il mio sguardo, mentre vagavo per la camera, ricadde su un pacco appoggiato sul mio letto.
Mi avvicinai curiosa e timorosa. Tesi una mano verso il pacco, ma  la ritrassi poco dopo, quasi fossi stata scottata. I miei occhi erano increduli.


Da Shin per Yamashita


Un pacco per me? Da lui?

Presi un respiro profondo e aprii il pacco.


“Ma che diamine…”

 

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Capitolo 10
*** Festa ed imbrogli ***


 
- Festa ed imbrogli -







[ Dio mio, ma cos’era quello? Uno scherzo?
Mi voleva forse far morire? Si divertiva così tanto? Dannazione!
Era un bastardo, nel vero senso della parola!
Il cuore continuava a battere all’impazzata. Mi sentivo come Cenerentola, era una sensazione splendida, ma al tempo stesso paurosa. Avevo paura che quella felicità potesse scomparire da un momento all’altro.
Oh, un momento.
Il pacco, il famoso pacco che Shin mi aveva fatto recapitare in camera.
Cosa conteneva? Un sogno, ecco cosa conteneva.
Se il ragazzo che amate ed odiate più della vostra stessa vita, vi bacia mentre siete moribonde su un letto di ospedale, sparisce, parte con la sua fidanzatina strega barra gnocca, lasciandovi in camera vostra un pacco regalo...beh...SCAPPATE a gambe elevate. Si prospetteranno solo guai per voi e per il vostro cuore. ]




Mi avvicinai a quel pacco timorosa e preoccupata del contenuto. Chiusi gli occhi stringendoli il più possibile, mentre le mie mani aprivano lentamente quel cofanetto rosa.
Nulla era esploso, dunque doveva essere qualcosa di relativamente innocuo. Riaprii gli occhi e rimasi shoccata dal contenuto.
Era un abito da sera lungo, nero, scintillante e dannatamente sexy. Troppo per una con il mio fisico. Era davvero un vestito principesco. Era un monospalla con manica lunga. La cosa lunga su per giù un paio di metri. Le scarpe abbinate di un argento quasi fiabesco e  coordinate con la borsetta.
E poi un messaggio, il suo.



Non chiedermi ne come ne il perché di questo pacco. Indossa questo abito. Fallo per me. Kyle verrà a prenderti questa sera alle 20.00. Divertiti.



No, ma cioè…vi sembra normale? A me no.

In un impeto di rabbia presi il bigliettino, lo accartocciai e lo gettai nel cestino affianco la scrivania.

Crede che basti questo a ricucire un cuore fatto a pezzi? Sbuffai.

Tuttavia la mia mente mi fece capire che lui non sapeva e non aveva colpe del mio stato d’animo e del mio cuore a pezzi.  L’unica colpevole ero io. Io che mi ero innamorata. Io che avevo abbassato le difese e lasciato che lui mi perforasse l’anima.
Sospirai ormai affranta da quei pensieri così felici e decisi di fare una chiamata.Una chiamata oltre oceano.

Squilla. Il telefono squilla. Dai rispondi, ti prego.

“Pronto? “ sorrisi, sentendo la voce del mio interlocutore. Mi aveva risposto.
“Nyaaaaaaaaaaaaaa! – esordii gridando come una pazza. – mi sei mancata così tanto!”
“Dio mio, Yamashita, calmati! O finirai per farmi diventare sorda. Dannazione.” La mia amica Nya non era cambiata per niente. Quanto mi mancava.
“Si può sapere che succede? “ indagò la mia amica. Lei capiva sempre tutto. Al volo per giunta.
“Nya… – piagnucolai come una bimbetta. – ho fatto una grossa cazzata.”
“Sarebbe?” non potevo vederla, ma conoscendola aveva alzato un sopracciglio. La conoscevo come le mie tasche.
“Mi sono innamorata.. – feci una piccola pausa – del mio fidanzato.” Detto così poteva sembrare davvero uno scherzo, ma era la realtà dei fatti.
“E allora? Dovrebbe essere una cosa brutta?” rispose scocciata.
“SI’.” Risposi monosillabica.
“Mah, a volte sei proprio strana.”
“Nya tu non capisci, è un amore a senso unico. “ presi un respiro e le raccontai tutto. In ogni singolo particolare.
“Uhm… capisco. E’ un gran bel casino. Davvero. Cosa conti di fare?”A quella domanda sussultai.

Già, che dovevo fare? Stancamente gettai un’occhiata al pc e vidi che c’era ancora la pagina aperta sulle offerte d’affitto.

“Mi trasferisco. Almeno fino alle nozze. Nel frattempo troverò un modo per evitare questo “matrimonio”.
“Ne sei sicura? Secondo me, dovresti lottare per lui.” Insistette la mia amica.
“Lottare? – dissi cinica – lottare, ma per chi? Nah Nya, credimi, io sono solo la celebre terza incomodo. Lui ora è chissà in quale località balneare con la sua gnocca fidanzata. Che schifo!” conclusi facendo la voce disgustata da quell’ipotetica visione.
“Ahahahah sei arrivata al punto di non ritorno. La gelosia ti fa male lo so…” canticchiò, stonata, la canzoncina.
“Che amica sei, davvero! Grazie! Ahahah- risi di gusto. – ora ti lascio Nya, grazie di cuore per avermi ascoltata.”
“Ciao scema! Miraccomando!”

Chiusi la conversazioni e mi avviai al pc iniziando a spulciare tutte le offerte possibili.
Avrei cambiato casa.Al suo ritorno, Shin non mi avrebbe trovata.
Ok, una decisione finalmente l’avevo presa. Avevo trovato un appartamentino perfetto e prendendo il coraggio a due mani avevo contattato il proprietario di un piccolo bilocale non molto distante dalla mia università.
Avevo appuntamento  per il giorno dopo alle 11.00 d’avanti il negozio di arredamenti. L’unico negozio che riuscissi a ricordare a dire il vero.
Come al solito avevo viaggiato troppo con la mia fantasia e non mi ero resa conto di un grosso problema.
Come avrei fatto a pagare l’affitto?

Dio, che imbecille che sono!

Mi sarebbe toccato anche cercarmi un lavoro. Non si vive di pane e amore. Non ero in un romanzo rosa dove tutto è rosa e fiori. Quindi tornai al mio adorato pc ed iniziai a cercare offerte di lavoro, ma proprio sul più bello fui disturbata da una musichetta snervante.
Era la suoneria del mio cellulare.

Caspio, caspio, caspio. Il cellulare continua a suonare imperterrito!

Mi alzai svogliatamente  dalla sedia e andai a prendere il cellulare.

Kyle Masahiro.

Che voleva?
Poi ricordai.
Gettai un’occhiata al vestito poggiato sul mio letto.

“Pronto?” alla fine risposi.
“Finalmente Yama! Pensavo ti fosse successo qualcosa!” Era fin troppo agitato, per i miei gusti.
“Che c’è?” acida, come al solito.
“Come che c’è? Tra mezz’ora passo a prenderti! Forza sbrigati! Aspettano tutti te!” urlò dall’altro capo del telefono.
“Ma chi? Ma si può sapere che state architettando?” stavo perdendo nuovamente la pazienza.
“Dai su non fare domande e va a prepararti! A frappè!”  Frappè? Era un nuovo termine per dire a fra poco? Comunque non mi diede il tempo di ribattere.

Controvoglia mi diressi verso il bagno, mi lavai, mi asciugai, aggiustai i capelli in un modo barbaro ma elegante, indossai il vestito e mi meravigliai nel constatare quanto mi stesse bene.

Mi calza a pennello! Shin sapeva la mia taglia?

A quel pensiero diventai rossa come un peperone.
Mi truccai, leggermente. Phard, eye-liner, mascara e rossetto rosa pesco. Infine scarpe e borsetta coordinate.

Et voilà! Pronta  per la...serata?

Appena ebbi finito, sentii un clacson. Kyle era arrivato puntuale come un orologio svizzero.
Scesi velocemente le scale salutando la mia dama di compagnia alias Sana e il resto dei domestici.

“Ciao.” sorrise Kyle.
“C-ciao! “ dio, com’era bello! Elegante, affascinante e tremendamente sexy. Il mio Shin se li sceglieva bene i compagni.
“Sei pronta per la serata?” chiese dolcemente Kyle.
“Uhm, no. Non so neanche dove stiamo andando. “ sbuffai.
“Shin aveva ragione – disse osservandomi. – questo vestito ti dona proprio.”
“Tsè, lasciamo perdere.”

Forse avrei dovuto dire a Kyle delle mie intenzioni di trasferirmi. Ho detto forse, appunto. Perché non spiaccicai una singola parola.
Dopo un’ora abbondante di strada arrivammo d’avanti ad un immenso palazzo stile Barbie e le 7 principesse. Rimasi estasiata da quella visione. Mentre osservavo quel castello con occhi sognanti Kyle scese dalla macchina e mi venne ad aprire il portello dell’auto.

“Prego, signorina.” Fece l’imitazione di un autista, facendomi ridere.
“Oh ma com’è galante questa sera! “ ironizzai io ridestandomi dal mio sogno ad occhi aperti e porgendogli la mia mano.
“Oh, ma io lo sono sempre! “ disse imbronciandosi come un bimbetto dell’asilo.

Lo guardai sorridendo. Quel ragazzo era davvero un pezzo di pane. Era grazie a lui se ero ancora viva.

“Kyle…” bisbigliai tirandogli un lembo di giacca.
“Uhm? Si?”
“Credi che sia il caso?” chiesi timidamente.
“Di cosa parli?”
“Tutto questo! Non mi sento adeguata ad un simile ambiente.” Sputai diventando rossa in viso.
“Stai tranquilla e poi non sai neanche di cosa si tratta!”  e mi diede una pacca sulla spalla proprio come si fa tra vecchi amici.

Sospirai e lo seguii all’interno di quel castello.
Appena salimmo le scale vidi due uomini ben piazzati che identificai come guardie.
Kyle disse loro qualcosa e questi di rimando mi sorrisero e si diressero all’interno della struttura.
Guardai interrogativo Kyle e lui mi sorrise di rimando come a dirmi di stare tranquilla e che era tutto a posto.
Dopo poco i due uomini tornarono e dissero che potevamo entrare.
Trattenni il fiato ed entrai.
La sala era completamente immersa nel buio ed una strana sensazione s’impossessò di me.

“Kyle ma che succede? E’ andata via la luce? Hanno dimenticato di pagare le bollette? Oh, ma forse non pagate le bollette in Giappone? “ ok stavo vaneggiando, non sapevo neanche cosa stessi dicendo ma quella situazione mi metteva a disagio. Fin troppo.

Nel buio sentii Kyle ridere di gusto. Era proprio imbranata e goffa.
Mentre pensavo a quanto fossi ridicola, un fascio di luce si posizionò su di me.

“Ehm, che succede?” Iniziai a sudare freddo.
“Sorpresa!” mi sussurrò Kyle nell’orecchio.

Sobbalzai per quel contatto ravvicinato inatteso, chiusi gli occhi.
Deglutii a fatica.
Ad un certo punto una voce proveniente dal buio m’invitò ad scendere le scale e io come mio solito…

“Si certo! Scendere le scale! Come se fosse possibile! Non ci vedo un tubo secco! O fico secco, insomma si è capito!”Ero imbarazzata, totalmente.

Le luci si riaccesero ed io rimasi sbigottita.

“C-che ci fai qui!?” urlai in direzione di un ragazzo che aveva lineamenti familiari.

Era Shin.
Mi tendeva una mano.
Lo guardavo allibita.

“C-cosa significa? Non eri partito con la str..ehm..Ayumi?” chiesi balbettando.

Si limitò solo a ridacchiare e tendermi ulteriormente la mano.

“Sì, cioè no. Oh quante domande. Vieni qui!”mi attirò a se abbracciandomi.

Poco dopo spostò le sue mani sui miei fianchi e la melodia di un lento risuonò per la sala.

“Sei bellissima stasera.” Sussurrò Shin attirandomi ulteriormente a se.
“G-grazie. Ma che succede?” Arrossii.
“Niente di importante. E’ solo che è il ricevimento indetto per il nostro fidanzamento.” Disse risoluto lo stronzo.

Alzai lo sguardo e lo guardai più confusa di prima.

“L’hai organizzato tu?” domandai innocentemente.
“Certo che no. E’ stato mio padre.” Rispose stizzito.
“Il vestito…”
“Quello l’ho scelto io. Mio padre ti avrebbe propinato un vestito da confetto.” Concluse rivolgendomi un occhiolino

Inorridii al pensiero di come mi avrebbe conciata mio suocero.
Purtroppo però, come ero solita fare, mi rovinai la serata. Capii che non era merito suo tutto quel lusso che mi circondava. Che non era per me.  Lui era stato costretto a venirci, proprio come me.
Sospirai.

“Che c’è? Non sembri contenta. Eppure la mia vicinanza dovrebbe farti piacere.” Sobbalzai. Lo guardai negli occhi e poi li riabbassai.

Che vergogna!

“No, tranquillo.” Mi limitai a rispondere mentre sentivo gli occhi pizzicarmi.

Non proferimmo più parola. Ogni movimento era automatico, come dei robot.
A fine canzone ci staccammo e lui tornò dalla sua bella e dai suoi amici senza degnarmi di uno sguardo. Sentii un’improvvisa sensazione di vuoto all’altezza dello stomaco. Sedotta ed abbandonata.
Sconsolata ed affranta mi rintanai in un angolino sperduto di quell’immensa sala, ingurgitando un cocktail che avevo rubato da uno dei camerieri.

“Ciao piccola!” una voce calda alle mie spalle mi fece sobbalzare.
“O-oh..Hiroshi.” Da quanto non lo vedevo? Avevo perso il conto.
“Tutto bene?” s’informò gentilmente il ragazzo.
“Mi trasferisco.” Non feci caso alla sua domanda ed esordii in quel modo. Lo guardai di sottecchie lo vidi sobbalzare.
“Domani ho l’appuntamento con il proprietario dell’appartamento, poi cercherò un lavoro per mantenermi.” Continuai imperterrita.
“Vuoi che…” non gli diedi il tempo di finire.
“No, preferisco andarci sola. Scusa.” Tagliai corto io.

Passammo il resto della serata in silenzio. Sembrò capire che non era proprio aria e momento per intraprendere una conversazione di qualunque genere.
 
 
 
 


Mi ero illusa. Punto.
Mi ero illusa che lui potesse aver capito di amarmi e quindi contraccambiare i miei stupidi sentimenti.
Mi ero illusa che il nostro pseudo-fidanzamento barra matrimonio potesse divenire ufficiale.
Sarei rimasta sempre la palla al piede di Shin Seiki.
Ero distrutta.
Ancora una volta avevo concesso al mio cuore di innamorarsi della persona sbagliata. Ma cos’avevo fatto di male? Avevo solo voglia di piangere e rifugiarmi nel mio letto.
Quella volta non sarebbe bastato però un bicchiere di cioccolato caldo, un film horror – comico e delle amiche fantastiche.

Per due motivi:
- Lì, in Giappone, ero sola. Totalmente sola. Non c’era nessuno a farmi compagnia e farmi ingozzare di schifezze;
- Shin mi era entrato talmente in profondità da farmi male. Mi aveva perforata proprio come una pallottola sparata da una pistola fumante, quando penetra nella pelle, creando un buco da cui fuoriesce del liquido rossastro.
 
Ero davvero spacciata. Quella volta sarei rimasta sola col mio dolore. Sola a crogiolarmi e domandarmi dove avessi sbagliato per ricevere simile punizione da Dio.
 
La serata per fortuna finii e Hiroshi capendo il mio stato d’animo, congedò gli altri dicendo che mi avrebbe riaccompagnato lui a casa.
Per tutto il tragitto restammo in silenzio.
 
 
 
 
 
Il mattino dopo la festa, mi risvegliai con un gran mal di testa.

 Ricordarsi di non immischiare mai Alcoolici con Lacrime per un ragazzo, riuscireste ad ottenere solo un post-sbornia allucinante.

Decisi di farmi una bella doccia calda per riprendermi un po’. Appena ebbi finito di sistemarmi come un pupazzo, scesi giù. In soggiorno stranamente non trovai nessuno al tavolo.
Il mio sguardo però fu catturato da un bigliettino lasciato sul tavolo.


Yama-chan, questa mattina ho convinto Shin ad uscire presto per fare una luuuunga passeggiata tra fratelli. Non preoccuparti, così avrai tutto il tempo per fare quella cosa. La colazione è stata già preparata. Buona fortuna piccola. Un bacio.”


Hiroshi.
Sorrisi come un’ebete. Quant’era dolce quel ragazzo? Quanto eh?
Aveva capito tutto alla perfezione.
Feci colazione in santa pace, dopo tanto tempo.

“Dio mio! E’ tardissimo! Sono  le dieci e un quarto! Santo cielo!” urlai in preda all’agitazione.
“Signorina, si calmi! Che succede?” chiese preoccupata Sana.
“Oh Sana! Sono nei pasticci… come al solito! Se non mi sbrigo farò tardi ad un appuntamento importantissimo!” piagnucolai.
“Perché non chiede all’autista del signorino Shin di accompagnarla?” chiese cordialmente la donna.

Inarcai un sopracciglio. Chiedere all’autista del motivo per cui soffrivo, di accompagnarmi?
Feci spallucce. Che me ne fregava, sempre meglio di andare a piedi e fare tardi!

“Grazie mille Sana! Ottima idea.” le schioccai un bacio sulla guancia.
“…Signorina?”
“Si?” mi voltai verso la donna che mi guardava accigliata.
“Io sono con lei. Per qualsiasi cosa, se l’appuntamento dovesse andare bene, io sarò sempre con lei.” E mi regalò uno dei suoi sorrisi più belli.

Le sorrisi.
A lei avevo confidato fin da subito le mie intenzioni di trasferirmi. Sapeva del mio amore per quel cuore di ghiaccio. Sapeva tutto, tutto.
Chiamai l’autista e mi feci accompagnare d’avanti il negozio di arredamenti.
Ero nervosissima, tesissima. Tutto!
Ero arrivata anche in anticipo!
Per il nervosismo avevo costretto il povero Francis a correre.
Dopo circa venti minuti arrivò l’uomo con cui avevo parlato per telefono il giorno prima.
La prima impressione che mi fece non fu delle migliori.Era bassotto, alto 1 e ottanta voglia di crescere, grassoccio, pelato. Aveva degli occhiali stile Arisa. In più era tutto sudaticcio. Avrà avuto una cinquantina d’anni. Aveva per caso fatto una maratona prima di venire all’incontro?
Mi tese la mano in segno di piacere.

“P-piacere io sono Kei  Doumoto. “ ansimava mentre parlava. Bleah che schifo.
“Oh, piacere, io sono Yamashita Michiyo!”Feci un sorriso talmente finto che avrei potuto vincere l’oscar come peggior attrice dell’anno.
“Bene, saltiamo i convenevoli Yamashita, posso darti del tu, vero? – mi faceva proprio schifo quell’uomo. – bene, vieni con me.”

Mi limitai ad annuire.
Camminammo per dieci minuti e ad ogni passo che facevamo,ci allontanavamo sempre più dal quartiere popolato.

Che brutta sensazione.

“Eccoci arrivati!” disse l’uomo indicandomi un palazzo fatiscente.

Che…che squallore di posto!

Le scale erano tutte arrugginite. La gente che ci abitava,inoltre  mi sembrava tutto fuorché affidabile.
Salimmo le scale, ben attenti a non toccare quasi nulla. Arrivammo dinnanzi ad una porta verde pisello.

Appartamento numero 16. Eccolo finalmente.

Appena varcammo  la soglia della porta una strana sensazione s’impossessò di me.
La porta mi si richiuse alle spalle con un tonfo sordo. Mi girai di scatto e ciò che vidi non mi piacque per niente.
Un uomo, più viscido di Kei, mi era apparso alle spalle.
Istintivamente feci due passi indietro ma andai a sbattere proprio contro Kei che mi guardava con fare malizioso.

“C-che sta succedendo? “ero terrorizzata.
“Oh, tesoro, niente. Ora ci divertiamo solo un po’.” mi soffiò Kei all’altezza del collo, per poi leccarmelo con la sua viscida lingua da serpente.
 


 

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Capitolo 11
*** Io ti amo ***






 
- Io ti amo -




“Dannazione.“ cercai di divincolarmi, purtroppo la presa era troppo forte per me. Sentivo il sangue smettere di circolare e le gambe molli. Ma perché accadeva tutto a me?

L’altro uomo a quel punto si avvicinò, prendendomi con due  dita il mento. Cerchò di alzarmi il viso per guardarlo negli occhi, d’istinto serrai gli occhi, cercando di non sputargli in faccia e peggiorare la situazione già precaria di suo.

“Stai tranquilla gattina, se farai la brava andrà tutto bene.” Ridacchiò il compagno del viscido numero uno, se ricordavo bene doveva chiamarsi Kemi, Kei o giù di lì.

A quel punto i miei buoni proposito di non commettere azioni stupide ed avventante, andò a farsi benedire e gli sputai letteralmente in un occhio.
La calma e la pazienza non erano mai stati i miei punti forti. Anche quella volta quei miei difetti giocarono a mio sfavore.
Uomo viscido numero 2 (perché il primo era per l’appunto Kei) mi tirò uno schiaffo in piena regola.
La potenza del colpo fece sì che un rivolo di sangue uscisse dalla mia bocca.


Che gran figli di…


“Puttanella che non sei altro. Peggio per te!” sbraitò Kei trascinandomi con forza su un vecchio e sudicio materasso buttato per terra. Prese una corda lurida e mi legò ben stretti polsi e piedi. Tutta quella situazione era un deja-vù bello e buono quello. Mi tornò in mente il rapimento fatto da Shooter. Ma possibile che in Giappone tutti vedessero troppi film? Era assurdo! Rapire ragazze sembrava essere un passatempo, o forse ero io che ero una calamità vivente per pazzi psicopatici?

Un brivido percorse la mia schiena. La storia stava per ripetersi ma  la trama era nettamente diversa.
Quella volta non ci sarebbe stato nessun Kyle a salvarmi. Nessun cavaliere dall’armatura scintillante pronto a salvarmi, sarebbe arrivato.
Ero sola e nessuno sapeva dove mi trovavo.


Dannazione a me ed alla mia idea geniale di tenere tutto nascosto. Pensai tra me e me, mentre i due viscidi parlottavano tra di loro. Vaffanculo pure a Shin!


Fui ridestata dai miei pensieri dalla mano viscida di Kei che mi accarezzava il corpo. Il mio sguardo disgustato doveva averlo eccitato parecchio visto la piccola protuberanza che si scorgeva nei suoi paesi bassi.

Che schifo, che schifo! Chiusi di getto gli occhi, cercando di immaginarmi su una spiaggia in bikini e circondata da tutti quei bei attori di drama che tanto amavo.


“Keith – era il nome del viscido numero 2 a quanto pare– la puttanella ha due bocce enormi, guarda un po’! “ esclamò palpandomi il seno destro.


Dio che schifo.


“Non toccarmi, stronzo!” cercai di divincolarmi dalla sua presa.
“Non osare ribattere o sarà peggio per te!” sbraito Kei, strattonandomi ulteriormente.

Chiusi gli occhi, quasi a volermi proteggere da quella visione rivoltante.
Avrei fatto meglio a tenerli aperti, poiché la visione che mi si parò d’avanti fu peggio di una pugnalata al cuore. Il volto di Shin si materializzò nella mia testa.


Oh, come sarebbe stato bello vederlo arrivare con un’armatura scintillante, per salvare me, la povera donzella in pericolo.


Anche i  miei pensieri stavano vaneggiando. Ma cosa potevo fare? L’unica cosa che mi era rimasta era sognare. Era l’unico modo per sfuggire a quel presente che stavo vivendo. A quell’orrore che mi si presentava. Perché tutto stava capitando a me? Perché il destino mi era così avverso? Perché amavo qualcuno che non mi avrebbe mai considerata? Perché non potevo vivere una fiaba?
Ma quella era la realtà e non un fumetto o un cartone animato della Disney.
Non sarei stata salvata, inutile sperarci. Dovevo trovare io stessa un modo per salvarmi da quella situazione.
Iniziai a divincolarmi dalla presa di Kei. Volevo fuggire, scappare da lì.
Dannazione, avevo cercato un appartamento per sfuggire via dal dolore de invece mi ero ficcata solo in un guaio schiferrimo.
Nonostante le mie urla ed il mio dimenarmi,Keith e Kei iniziarono a spogliarmi.

“Via le scarpe, via il jeans, via la felpa.” Sghignazzò Keith.
“Mutande e reggiseno.” Sghignazzò di rimando Kei.

Ancora una volta mi ritrovai ad assistere ad una scena orripilante da spettatrice. Mi ero estraniata da quella situazione. Era come se io non fossi nel mio corpo, come se avessi abbandonato le mie membra ed il mio spirito vagasse in quella stanza cercando una via di fuga.
Continuavo solo a pregare affinché arrivasse qualcuno a salvarmi.
Kei non faceva altro che palparmi il seno, mentre Keith leccava il mio ventrespostandosi sempre più giù, quasi ad arrivare all’inguine.


Che schifo. Che schifo. Che schifo!


Ormai le lacrime avevano iniziato il loro percorso. Il mio corpo era mosso dai singhiozzi. Possibile che non provassero un po’ di pietà per me?

“Sta un po’ zitta puttanella!” Ma sta un po’ fermo tu brutto porco di un Kei.

Ovviamente quelli erano solo pensieri, non avevo neanche la forza di ribellarmi ormai.
Ad un tratto Keith mi sfilò le mutandine, ammirando con il suo sguardo da maniaco la mia femminilità.


No, no, no, no. Vi prego fermatevi. Pensai.


Ma proprio quando pensavo di essere spacciata, la porta si aprii. Sobbalzai per il rumore della porta, continuando tuttavia a serrare lo sguardo. Avevo paura che qualche loro amico pervertito fosse venuto per unirsi.

“Allontanatevi da lei.” Urlò una voce maschile ed io aprii gli occhi di scatto, il fiato per un attimo venne a mancare.
“Ho detto allontanatevi da lei.” sibilò il mio salvatore.

Shin. Urlai di gioia nella mia testa.

Era venuto a salvarmi.
Dietro di lui fecero il loro ingresso un furioso Kyle, un sorpreso Shane e un incazzato Mark.
La rosa.


Oh miei adorati salvatori!


“E voi sareste?” biascicò stizzito Kei, continuando a tenermi ben stretta.
“Credetemi, meglio per voi se non sapete chi siamo.” Rispose furioso Kyle.
“Questa puttanella l’abbiamo prenotata noi. Provate a passare più tardi. “ disse Kei, mentre tornò a leccarmi il lobo dell’orecchio.

Ma Shin, alquanto incazzato, intraprese una furiosa corsa verso il letto dove ero sdraiata e tirò un bel destro in pieno viso a Kei.
A quel gesto anche il resto dei ragazzi scattò, avventandosi su Keith che nel frattempo aveva cercato di darsela a gambe.
Pugni, calci, sangue.  Sembrava uno scenario da  battaglia.
Ad un tratto, mentre i ragazzi si stavano occupando dei due viscidi, Shin mi si avvicinò.

“Stai bene?” chiese mentre iniziava a slegarmi le caviglie.

Annuii debolmente.

“Aspetta, finisco di liberarti.” Disse dolcemente.

Mi slegò del tutto, posandomi sulla spalla il suo giaccone.

“Metti questi, i tuoi vestiti sono ridotti a brandelli.”

Lo guardavo sognante. Mi aveva salvata.

“Non guardarmi come se avessi visto un fantasma. Ora usciamo di qua. E poi la ramanzina.” Disse piuttosto arrabbiato.

Non m’importava se si sarebbe arrabbiato, perché lui era arrivato con la sua armatura scintillante a salvarmi.
Una volta che i ragazzi ebbero finito la ripassata, come l’avevano definita, e messo in fuga i viscidi minacciando di chiamare la polizia, uscimmo da quell’appartamento degli orrori.
Purtroppo la mia felicità per essere stata salvata, durò poco.
Appena fummo scesi nell’atrio, Shin si girò verso me, arrabbiato.
Lo guardavo stralunata. Un po’ per ciò che era accaduto e un po’ perché non capivo più nulla.

“Punto primo: ringrazia il mio intuito che mi ha fatto capire che Hiroshi non voleva fare davvero una passeggiata e che quindi sotto tortura mi son fatto dire tutto. Del tuo appuntamento con quel coglione e quindi ti abbiamo seguito... – poi riprese fiato, mentre io  lo guardavo ancora allibita e stralunata- punto secondo: che cazzo ti è saltato in mente eh? Andare ad un appuntamento in una città come questa, senza sapere chi era il tuo interlocutore?! Punto terzo: a che cazzo ti serviva un appartamento? Se ti serve un posto per fare orgie o roba simile, puoi usare la casetta in piscina! Stupida!” sbraitò, mentre i ragazzi ci guardavano in maniera e strana e con sguardo compassionevole.
 
 A quel punto non ci vidi più.


A cosa mi serviva? A cosa mi serviva? Ma brutto…


“Allora senti razza di idiota che non sei altro! Punto primo: non immaginavo che fosse un viscido maniaco bastardo! Punto secondo: vuoi sapere il perché mi serviva un appartamento? Vuoi saperlo per davvero eh? Eh? – dissi iniziando a punzecchiare il suo petto col mio dito indice – te lo spiego subito Seiki. Perché non voglio più vedere il tuo brutto muso! Perché sono stufa di dovermi nascondere tutte le volte. Sono stufa di sentire i rumori molesti provenienti dalla tua stanza quando viene Ayumimissperfettamentegnocca2013 a dormire da te. Perché sono stufa di non poter invitare Kaname a casa. Perché sono stufa di dover soffrire in silenzio. Perché sono stufa. Stufa. Stufa di te! Stufa di essermi innamorata di te! ECCO, Sì, L’HO AMMESSO! TI AMO BASTARDO!” finii il mio monologo con il fiato corto ed il viso completamente rosso.

I ragazzi mi guardavano attoniti. Shin mi guardava attonito.


Un momento… che eho detto? Cos’ho combinato?  Aprivo e chiudevo le palpebre incredula per le mie stesse parole.


“S-shin..io…” iniziai a balbettare. No, non poteva essere vero. Ma perché non stavo mai zitta? Non potevo fermarmi al fatto di soffrire in silenzio?

Ok dire che avevo fatto la più grossa cazzata della mia vita era dire poco. Ma da dove mi era uscito poi tutto quel coraggio?


Io? Ma dico, io? Io che confesso in quel modo il mio amore!


Dovevo essere per forza drogata o robaccia simile.


E adesso?


Deglutivo a fatica, le mani sudavano, il cuore a mille e il corpo tremava.
Shin continuava a fissarmi con uno sguardo alquanto indecifrabile.

“Ehm… forse è meglio se noi andiamo a fare un giro.“ intervenne Shane molto nervosamente.

I ragazzi in poche parole, scapparono letteralmente.


Fifoni. Tsè. Pensai, imbronciandomi. Il problema principale, però era Shin e non la fuga dei ragazzi.


“E-ehm Shin, senti...io…” Dio, che imbarazzo. Abbassai lo sguardo, non sapevo dove mettere più la faccia.
“Andiamo. “ fu la risposta glaciale di Shin.

Alzai gli occhi e lo guardai sbigottita.
Lui iniziò a camminare. Io un po’ per paura che quei tizi potessero essere nei paraggi ancora e un po’ perché volevo sapere cosa mi avrebbe detto, lo seguii in silenzio.
Il suo atteggiamento mi metteva a disagio. Era strafottente. Le mani infilate nelle tasche dei pantaloni, la schiena ricurva in avanti,  lo sguardo altezzoso di chi odiava ogni singola cosa e la mascella contratta.
Possibile che il mio rivelargli i sentimenti che nutrivo per lui, non lo avessero sconvolto minimamente?
Dopo un po’ mi fece cenno di entrare in un piccolo parchetto. Quelli con le altalene, i giochini per bimbi e le isole di sabbia.
Ci eravamo seduti su una panchina. Avevo il cuore che minacciava di uscire. Appena cercai di proferire parole, lui mi anticipò.

“Yamashita – disse voltandosi verso di me, inutile dire che appena i nostri sguardi s’incrociarono, io andai letteralmente a fuoco – a me non importa. Non importano i tuoi sentimenti. Ho messo le cose in chiaro sin da subito. Ayumi, la strega, come la chiami è la mia ragazza. È lei che voglio al mio fianco. Pensavo ti fosse chiaro e avessi accettato la situazione, ma alla luce dei fatti noto che non è così.” Concluse guardandomi intensamente con la sua solita aria spavalda.

Perché sentivo gli occhi pizzicare? Perché sentivo il rumore del mio cuore sgretolarsi come creta di infima qualità?
Mi stava rifiutando nel peggior modo possibile.
Shin continuava a parlare, ma ormai ero da tutt’altra parte. Ormai non seguivo più una sola parola.
Tanto il concetto di quel discorso era ben chiaro.
Io e lui non avremmo mai potuto essere una coppia. Lui stava rifiutando i miei sentimenti.
Ma come avevo potuto sperare che tra noi potesse nascere qualcosa?
Lui in quei mesi, infondo, non aveva dimostrato chissà che interesse  nei miei riguardi.
Io per lui ero solo l’ennesimo giocattolo.
Sì, un giocattolo rotto oramai.
Non potevo più rimanere. Avevo ormai raggiunto il limite di sopportazione massima.
Quasi come un automa mi alzai dalla panchina.
Iniziai a camminare, dapprima lentamente poi sempre più velocemente.
Dovevo, volevo, andare via da lì. Lontano da lui.
Lacrime e corsa, sono un mix davvero stancante.
Ad un tratto, però, sentii qualcuno afferrarmi per il polso.
Che fosse Shin?

“S-shooter. – ecco, ci mancava solo lui per chiudere in bellezza quella giornata – c-cosa vuoi?”
“Stai tranquilla. Non sono venuto qui per te.” Disse risoluto ed osservandomi attentamente.
“Chissà perché questa cosa  non mi rassicura poi molto. “ brava Yamashita. Acida e sarcastica al punto giusto. Uno a zero per me.
“Sempre molto energica tu, eh. – poi accortosi di qualcosa sulla mia faccia, fece un sogghigno – Oh oh, ma cosa abbiamo qua? Lacrime? Chi osa far piangere la mia bambolina preferita? Dovrei essere io il motivo delle tue lacrime.” A queste parole strinse di più la presa sul mio polso.
“Lasciami, mi stai facendo male. Ma cosa diamine vuoi ancora? Hai già avuto la prova che io non sono la vera fidanzata di Seiki, dunque cerca Ayumi se proprio devi colpire Seiki.” Sbraitai.
“Bah – fece spallucce – eppure pensavo fossi tu.”
“C-come? Te l’ho appena detto idiota!” urlai ancora, cercando di fargli comprendere il suo errore.
“Ehi, ehi calma i bollenti spiriti bambolina.” sogghignò e con la mano libera alzò il mio mento affinché potessi guardarlo dritto nelle palle degli occhi.

I suoi occhi erano un qualcosa di magnetico. Le sue labbra perfettamente serrate invogliavano a baciarlo. Le sue spalle così larghe erano una visione celestiale. Un dio greco.
 
Accidentaccio. Non mi ero mai accorta di quanto Shooter fosse sexy.


“Shooter, cosa vuoi ancora…” il mio tono risultò ancora più rassegnato di quanto lo fosse in realtà.
“Niente. Ma dove ci sei tu c’è Seiki. Semplice calcolo matematico.” Sorrise in maniera maliziosa.
 
 
“Non credevo fossi così bravo in matematica.” Shin era di fronte a noi.
“Visto bambolina? I miei calcoli non sbagliano mai.” soffiò Shooter vicino il mio orecchio.
“Allontanati da lei.” Disse Shin digrignando i denti.
“Altrimenti? Cosa fai? Chiami i tuoi amichetti?”
“Shooter non farmi incazzare.”Shin si passò una mano tra i capelli. Dio quant’era bello. Ogni gesto, se fatto da lui era fottutamente bello.

Shooter mi lasciò scocciato e si avvicinò a Shin. Io non facevo altro che guardare la scena preoccupata.

“Cosa credi di fare Seiki?” lo sfidò Shooter.
“Nulla – Shin fece spallucce e lo sorpassò, avvicinandosi a me – semplicemente prendere ciò che è mio e tornarmene a casa.”

Sbattei più volte le palpebre incredula.
Secondo il suo ragionamento, se non avevo errato, io ero di sua proprietà.


Ma dico, stiamo scherzando?


Le mie supposizioni non erano sbagliate, anzi.
Shin mi afferrò per un braccio cercando di trascinarmi via da lì. Ma io, più cocciuta di lui, puntai i miei piedi per terra.

“No Seiki, io non vengo da nessuna parte con te.” ringhiai furiosa.
“Non è il momento di fare storie. Muoviti.” Riprese a trascinarmi.
“Adesso basta. Mi hai stancata. Non sono il tuo giocattolino” feci un gesto buffo quanto strano. Gli tirai un morso sulla mano. La mano con cui mi teneva stretta.

Lo vidi irrigidirsi e una smorfia di dolore percorse il suo viso. Soddisfatta della mia azione mi liberai dalla sua presa ed indietreggiai di qualche passo.
Poi, un’idea assurda, quanto pericolosa mi balenò in testa.
Con passo spedito mi diressi verso Shooter. E proprio sotto gli occhi di quest’ultimo e di Shin, mi avvinghiai a quello che in passato era stato il mio sequestratore.

“Andiamo Micheal?” esordii, guardando Shooter e regalandogli uno dei miei sorrisi più finti.

Ma che diavolo avevo in testa? La ghiaia?
E poi, chiamarlo Micheal?
No no, dovevo essere per forza drogata.
Vidi la faccia sconvolta di Shin. Ma come dargli torto? Avevo fatto un gesto stupido e pericoloso.
Avevo chiesto a Shooter di uscire insieme praticamente.
Shooter sembrò gradire, infondo avevamo un nemico in comune.
Così io e Shooter ci allontanammo insieme lasciando uno Shin confuso e sbigottito.
Dire che non proferii parola era un eufemismo. Ero completamente paralizzata.



Continuavo ad osservare Shooter da dietro con la speranza che magicamente si tramutasse in Shin. Ma ormai era troppo tardi. Per il mio fottuto orgoglio mi ero cacciata nuovamente nei guai.

“Hai fame?” Shooter girò il suo viso verso di me.
“Eh? E-ehm no no no no! Grazie”come mai ora si preoccupava di me? E perché mi sembrava più…dolce?
“Il tuo stomaco brontola. Guarda, li c’è un MC’s. Andiamo!” gridò, trascinandomi verso il fast food.


Ma da quando in qua è diventato premuroso? Attenzione Yamashita, mai abbassare la guardia.


Entrammo nel locale e sentivo gli sguardi indiscreti delle ragazze e di alcuni ragazzi.
Ma come dargli torto? Ero in compagnia di un figaccione.

“Cosa vuoi mangiare?” s’informò il ragazzo guardandomi in modo totalmente differente di come aveva fatto in passato.
“Fa un po’ tu! “risposi acida. Era già imbarazzante di per se quella situazione, se poi si metteva anche a fare il fidanzatino…beh...addio mondo!
“Ok – poi rivolgendosi verso la ragazza dietro il bancone disse- due hamburger, due patatine e due Pepsi. – poi tornò verso di me- forza andiamoci a sedere!”

Mi limitai ad annuire, come in trance. Continuava a fissarmi come se fossi stata un alieno.

“La smetti di guardarmi così?” sbottai.
“Oh scusa principessina. Troppo permalosa.” Mi prese in giro.

Sbuffai.

“Non credi che merito delle spiegazioni?” chiese spavaldamente.

Lo guardai interrogativa, poi capii.

“Oh…"abbassai lo sguardo. Troppo imbarazzante.

La situazione era alquanto surreale. Era strana. Ma la cosa più strana è che gli stavo raccontando tutto. Dall’inizio. Con una disinvoltura allucinante e lui sembrava capire. Capire tutto. Senza alcuna traccia di scherno da parte sua.
Mi sentivo sicura e protetta. Ma ci si può sentire sicuri con colui che ti ha rapita e quasi uccisa? Bah.


Yamashita Michiyo sei proprio strana.


Alla fine del mio racconto, lo vidi sgranare gli occh

“Cioè, fammi capire...è assurda come cosa. Sei innamorata del tuo fidanzato,  ma è fottutamente sbagliato. Che cazzo di storia!” concluse iniziando a ridere.

Il mio sguardo fulminante però lo fece riprendere subito dal suo attimo di scherno.

“Mi sembra di capire che tu lì, non ci vuoi restare eh.” lo vidi sospirare e passarsi una mano tra i capelli.

Mi limitai ancora una volta ad annuire silenziosamente.

“Uhm, forse avrei una soluzione. Così entrambi avremo la nostra vendetta.”
“Cioè?” la sua frase m’incuriosii parecchio.
“Vieni a stare da me. Cioè nel mio covo. Sarai sicura e protetta e Seiki appena lo verrà a sapere, sicuramente darà di matto e poi…voglio proteggerti.”

Uhm, ammetto che quella proposta mi allettava e parecchio. No, un momento…aveva detto di volermi proteggero? Alzai lo sguardo e lo fissai sbigottita. Tuttavia non dovevo mostrargli quanto quelle sue parole dolci mi avessero spiazzata.

“E se Shin perdesse le staffe del tutto? E se…” Non ebbi il tempo di finire che Micheal, sì, ora lo chiamavo per nome, mi precedette.
“Tranquilla, con noi sarai sempre al sicuro.” Cercò di calmarmi Micheal.


Fottiti allegramente Shin Seiki.


Avevo Micheal ed i suoi dalla mia parte. Dovevo cogliere la palla al balzo.

“O-ok, però dovrei andare a prendere le mie cose da casa sua.” Sussurrai, abbassando lo sguardo.
“Manderò qualcuno a prendere tutto.” Sorrise il ragazzo che mi sedeva di fronte.

Bene, un nuovo capitolo di storia stava per essere scritto.
Chissà se Shin avrebbe reagito.
 

 

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Capitolo 12
*** Torna da me ***


 
















 
- Torna da me -






Mi ero rintanata nel covo di Shooter. I ragazzi mi trattavano come un essere umano e mai l’avrei creduto possibile. Ero convinta che fossero degli animali privi di cuore e coscienza, invece si erano rivelati umani e pieni di comprensione. Mi tenevano compagnia, mi accompagnavano a turno all’università cercando di farmi dimenticare il brutto periodo che stavo passando. Forse avevo sbagliato fazione. Forse non erano loro i cattivi della storia, forse era La rosa ad essere cattiva ed io non ci avevo capito nulla.
Shooter inoltre si era rivelato essere un vero gentiluomo. La mattina mi portava un cornetto ed un cappuccino bollente.
Il mio nuovo amico Shooter, aveva mandato due suoi scagnozzi a racchetare tutte le mie cose a casa Seiki, poiché ormai i miei abiti iniziavano a scarseggiare.
Ero contenta di poter avere finalmente le mie cose, ma i due giovani tornarono a mani vuote. Guardai sbigottita Shooter ed i ragazzi, chiedendo loro spiegazioni.
Da ciò che avevano raccontato, i due ragazzi una volta arrivati alla tenuta Seiki si erano ritrovati La Rosa al completo sulla soglia della tenuta. Certo, era normale poiché lì abitava il loro capetto da due soldi, però non era normale che gli scagnozzi di Shooter fossero tornati a mani vuote. Senza le mie cose per giunta!
Da ciò che ci avevano riferito, Shin non li aveva pestati o altro, si era limitato semplicemente a dire che le mie cose erano state impacchettate e rispedite in Italia a casa mia. Attenendoci sempre alla versione fornita dai due ragazzi, Seiki era letteralmente incazzato.
Terrore per i miei effetti personali a parte, godevo da matti nel sapere Shin incazzato. Se lo meritava quel farabutto. Voleva anche avere ragione, cavolo!

“Non preoccuparti, mi accerterò se le tue cose sono state rispedite per davvero in Italia.”cercò di rassicurarmi Micheal.
“Micheal, quello è capace di tutto. Come farò senza le mie cose? Dannazione!” imprecai.

Per come si erano messe le cose, non potevo fare poi molto. Era pur sempre casa sua, ma quelle erano le mie cose!
Sospirai affranta.


Come faccio senza le mie scarpe da ginnastica? Senza i miei jeans? Senza le mie mutandine a pois? Dannazione a me, a mio nonno, al contratto, ai miei genitori. Dannazione e vaffanculo a tutto.


“Vaffanculo!” sbottai innervosita.
“Ehi, ehi tranquilla. Sistemeremo tutto.” disse Micheal abbracciandomi dolcemente.

Per quanto quei suoi gesti affettuosi fossero ormai all’ordine del giorno, ancora stentavo ad abituarmi.

“Micheal, devo andare all’università.” Mugolai cercando di divincolarmi dalla presa.
“Stai dicendo in maniera molto elegante di lasciarti andare?” sbottò divertito il mio interlocutore.
“Eh beh, sai com’è!” Risi di gusto.
 “Sei proprio terribile testolina! Vai su su, missperfettamente studiosa!” mi prese in giro, strizzando l’occhio.
“Antipatico!” gli feci una linguaccia degna di una bambina, presi le mie cose ed uscii.
 
 


Dio, com’era bello sentire l’aria fresca di prima mattina. Adoravo quel clima, mi faceva sentire così leggera e priva di problemi.
Già, problemi.

Problemi in vista.

“Buongiorno.” Sussurrò qualcuno alel mie spalle, facendomi sobbalzare.

Dio mio. Mi girai molto lentamente, quasi temessi la figura che mi sovrastava alle mie spalle.

“B-buongiorno Kyle.” Sussurrai, diventando rossa in viso.
“Non credi che dovremmo parlare?” disse Kyle sorridendomi maldestramente.
“Ah sì? E di cosa?” dissi innalzando il sopracciglio destro.
“Del tuo nuovo alloggio. Non ti sono bastati quei due viscidi?” mi sfidò con lo sguardo.
Micheal non è viscido. “ dissi il nome di Micheal con fare sarcastico, premendo di proposito.
“Ora lo chiami anche per nome? – rispose stizzito, passandosi una mano con fare nervoso tra i capelli – ti rendi conto che poco più di un mese fa ha cercato di ucciderti?”
“No, ma lui non è cattivo. Ha fatto quelle cose orribili per via di Shin. E’ lui il cattivo della situazione.” Risposi con fare altezzoso.
“YAMASHITA MICHIYO, TI E’ FORSE ANDATO IN TILT IL CERVELLO? “ sbraitò Kyle prendendomi per le spalel e scuotendomi.

Spalancai gli occhi e lo guardai terrorizzata. Ora Kyle era più che incazzato, era furibondo.

“K-Kyle, ti supplico, lasciami. Mi stai facendo male!” balbettai in preda al terrore.

Solo in quel momento il ragazzo si rese conto della sua presa troppo forte da sopportare per le mie esili spalle.
“Mi dispiace, ma dannazione...non posso credere che tu, proprio tu abbia fatto una cosa simile.” Tentò di giustificarsi il ragazzo.
“Kyle non puoi capire. Non puoi capire come mi sento. Mi sento una stupida. Innamorata del mio fidanzato, capisci? È un paradosso.  Dovrebbe essere normale amare il proprio fidanzato, ma per me, dannazione è solo una colpa. Cosa credi mi abbia detto Shin dopo che voi ve la siete data a gambe, eh? MI HA RIFIUTATO. Sai come mi sono sentita? Sporca, umiliata ed inutile. Sai – dissi abbassando lo sguardo e riprendendo un po’ di fiato- Innamorarsi è come dare a qualcuno una pistola, lasciargliela puntare contro il tuo cuore e sperare che non premano il grilletto. Purtroppo, per me, il grilletto è stato premuto. Più volte. Capisci Kyle? Sono stanca. Sono arrivata qui che mi sentivo fuori luogo. Sono stata gettata letteralmente nel vortice della vostra vita. Mi sono innamorata di Shin e lui mi ha rifiutato. Posso pensare anche a me stessa per una volta? È così sbagliato? Micheal mi tratta bene, è un bravo ragazzo infondo.” Volevo far valere le mie ragioni.
“Yama…” cercò d’intervenire Kyle, guardandomi con fare compassionevole.
“No, niente compassione ti prego. Voglio solo dimenticarmi di questa faccenda...almeno fino al matrimonio. Poi si vedrà.” Dissi risoluta, guardando in un punto non definito dinnanzi a me.
“Shin è arrabbiato.” Tagliò corto Kyle, guardandomi di sottecchi.
“Non m’interessa.” Risposi in maniera glaciale ed apparentemente priva d’interessa. La verità era che sapere di essere la fonte della sua arrabbiatura mi faceva piacere e non solo per la mia vendetta, ma anche perché forse un po’ gli interessava di me.
“Credimi, dovrebbe interessarti invece.” Continuò imperterrito Kyle.
“E perché?” lo guardai negli occhi.
“Perché sta andando da Shooter.” Sentenziò Kyle.
“C-cosa?” la mia voce divenne un suono stridulo e l’incredulità fece da padrone a quella mia esclamazione.
“Pensa che lui ti abbia preso con se per vendetta. Teme per la tua incolumità, scema.” Sorrise sinceramente il ragazzo.

Non diedi tempo a Kyle di finire il discorso. Le mie gambe, come per volontà propria, iniziarono a correre sole verso il covo di Shooter.
Avevo il fiatone, i muscoli irrigiditi, ero stanca. Sentivo i polmoni che stavano minacciando di esplodere. Non dovevo arrendermi, dovevo raggiungere Micheal prima che fosse troppo… arrestai di colpo la mia corsa, spalancando gli occhi terrorizzata.

“Oh, merda.” Esclamai.

Era già troppo tardi.
Shin e Micheal, l’uno di fronte l’altro.


Che bella scena.  Pensai sarcasticamente.


Osservavo la scena nascosta dietro uno dei tanti alberi che circondavano quel vecchio e puzzolente magazzino che ormai mi faceva da casa.

“Oh, che piacere Seiki. A cosa devo la visita?” esordì spavaldo Micheal e guardandolo con sfida.
“Penso che tu abbia qualcosa che mi appartiene.” Rispose Shin sorridendo sarcastico.


Appartiene? Ma che sta dicendo?


“Uhm… forse, ma lei credo, si trovi meglio qui con me.” Rispose di sbieco Micheal.


Oh, che genio. Parlano di me.


“Tu dici?” bravo Shin, sarcastico come al solito.
“Eeeeeh già.” Lo prese in giro Micheal.

Quella discussione sembrava fin troppo infantile per i miei gusti.
Purtroppo non sono mai stata una brava spia. E con la mia solita grazia, mentre spiavo la scena sbigottita, una foglia dell’albero mi sfiorò il naso, facendomi starnutire.
Shin e Shooter, si girarono sorpresi.


Merda netta. Sgamata. Ed ora?


“Esci da lì, mocciosa.” M’intimò Shin.

Tentennai un po’ prima di uscire allo scoperto. Lo sguardo fulminante di Shin, però mi convinse ad uscire dalla mia base, con una vergogna inaudibile.

“Ehm…buongiorno.” dissi chinando la testa per l’imbarazzo.
“Yama, che ci fai qui? Non eri andata in Facoltà?” chiese gentilmente Shooter.

Alzai  la testa di scatto ed incastrai i miei nei suoi.


Dio, che imbarazzo.


“Ehm sì, però mi sono ricordata di aver dimenticato degli appunti.” Era la prima scusa che mi fosse balenata in testa.

Shin mi guardava con fare sospetto. Non doveva aver creduto minimamente alla mia bellissima bugia.

“E sentiamo, quali appunti? “oh ma diavolo, Seiki mai che si facesse una manciata di cazzi suoi.
“Fatti miei.” sbottai innervosita.
“Piccola, Shin è venuto qui a rivendicarti.” Intervenne Micheal

Dire che avvampai è dire poco.  Non facevo altro che balbettare.
“Problemi suoi.“ dissi glaciale. Shin mi aveva dichiarato guerra rifiutandomi in quel modo brutale.

Oddio, non dico che avrebbe dovuto amarmi o chissà cos’altro, ma semplicemente rifiutarmi in maniera elegante. Ecco. Ero pur sempre una persona.

“Non farmi perdere altro tempo, mocciosa. Muoviti a raccogliere le tue cose e torniamo a casa.” Ordinò Shin, guardandomi di traverso.

Come? Mi stava per caso dando degli ordini? Ma chi cazzo si credeva di essere?

“Fottiti.” sibilai infastidita.


Gran bella mossa. Davvero.


Shin mi si avvicinò prendendomi per un polso.

“HO DETTO:MUOVITI.” Sbraitò ad una spanna dal mio viso.

Era totalmente incazzato. Gettai uno sguardo supplichevole a Micheal che sembrava avermi capito al volo.

“Io credo che la signorina non voglia venire. No no.” disse accentuando la sua frase con i movimenti della testa.
“Non t’immischiare.” ringhiò Shin.

Ma Shooter non accolse la sua richiesta.
Si avvicinò velocemente.
Fu un attimo.
Shin lasciò di scattò il mio polso.
Shooter lo aveva colpito in pieno volto.
Bene, due ragazzi lottavano per me. Sempre se così poteva definirsi quella rissa da club.
Uno, due, tre, quattro...CINQUE pugni sferrati nello stomaco di Shooter.
Ero inorridita.
Dovevo intervenire.
Mi gettai addosso a Shin stringendo il suo braccio destro con le mie braccia vistosamente esili.
Bene, ora iniziavo anche a piangere. Fantastico.

“Shin, ti supplico, smettila.” Piagnucolai mentre lo stringevo a me.
“Torna a casa con me.” sibilò.

Fu un sibilò quasi inesistente, ma nella mia testa arrivò come un urlo.


Torna a casa con me.


Perché mi sembrava una supplica la sua?
Perché mi faceva tremendamente male all’altezza del petto? Perché io amavo quel fottuto cuore di ghiaccio.
Shin imprigionò il mio sguardo con il suo. Mi ci perdevo in quelle pozze color cioccolato.
Abbassai lo sguardo e mi limitai ad annuire. Perché mi faceva quest’effetto? Perché bastava una sua supplica, anche piccola, per farmi dimenticare ogni male?
Poi voltandomi verso Micheal, ancora steso per terra e troppo debole per rialzarsi dissi:

“Micheal, perdonami. Torno a casa.”
 
Shin aveva vinto questa battaglia.
Ma non la guerra.
Quella guerra che si svolgeva nel mio cuore.
 
 


 
Bene, ero tornata di nuovo in prigione. Tenuta Seiki, per la precisione.
Shin dal mio ritorno a casa non mi aveva degnata neanche di uno sguardo. Quasi fossi come la peste, da evitare.
Mi sentivo completamente ed irrimediabilmente umiliata da quella situazione.
Innamorata, dichiarata, respinta, scappata, rifugiata e tornata nuovamente al punto di partenza.
Che merda di vita.
I mesi iniziarono a passare.
Dapprima lenti, poi sempre più velocemente.
Fu così che tra una lezione all’università ed un’uscita con la mia ormai migliore amica giapponese Kaname, arrivò Agosto.
L’inizio delle vacanze estive. Finalmente avrei avuto un po’ di pace e relax.
Letto, doccia, uscite con Kaname e di nuovo letto.
 
“Buongiorno ragazze!” ci salutò Shane, sventolando una mano.
“Buongiorno a te Shane!” dissi al mio interlocutore.
“Ho una grande notizia per voi giovani donzelle sexy!” ridacchiò il ragazzo, posandoci un braccio intorno al collo e stringendoci in un abbraccio.

Sia io che Kaname, trattenemmo una risata. Noi giovani donzelle sexy? Forse aveva bevuto, sbattuto la testa e/o chissà cos’altro!

“Sarebbe a dire? “Kaname sembrava già tutta eccitata.
“Si parte!” urlò Shane.

Io e Kaname ci guardammo sbigottite. Le nostre bocche si aprirono in una maniera talmente assurda che andarono a formare una “O”.

“E...e per dove?” ecco, ora iniziavo ad avere uno strano presentimento.

Shane posizionò l’indice ed il pollice sotto il mento con fare pensieroso.

“Elementare Watson! Si parte, si parte per la mia villa a mare a Johgashima! Relax, sole, divertimento, spiaggia, mare, belle ragazze e tante feste!” disse tutto d’un fiato per poi strizzarci l’occhio, cercando di essere il più seducente e convincete possibile.

Mi voltai verso Kaname che sembrava aver già deciso per entrambe.

“Non vediamo l’ora! Vero Yama-chan?” disse facendomi due occhioni dolci da far invidia al cerbiattolo più tenero.

Annuii ormai affranta ed esasperata. Non sarebbe servito a nulla controbattere.

“Bene! – esordì Kaname- scappo a casa, devo avvisare i miei, preparare le valigie e...oddio devo andare dall’estetista! Scappo ciao!” disse schioccandomi un bacio sulla guancia e salutando con un cenno della mano Shane.
 

Avevo una domanda fissa in testa che non accennava a voler andare via.

“Sì, lui verrà.- disse Shane che oltre ad essere estremamente gnocco era anche un veggente– eh no, lei no. Ha uno stage in Europa. A Parigi.”

Lo guardai di sottecchi. Aveva stampato in faccia un sorriso divertito e soddisfatto.

“Grazie…” mormorai tutta rossa in viso.

Con La Rosa mi sentivo sempre una bimba. Una bimba da proteggere. Era come se loro nei miei confronti, nutrissero un senso di protezione indecifrabile.

“Ora credo sia meglio andare.” disse indicandomi La Rosa.

Annuii e mi dileguai in un attimo. Non avevo alcuna intenzione di trovarmi nello stesso posto con Shin.
Almeno finché non saremmo stati in vacanza.
 
 



Il giorno prestabilito per la partenza arrivò in un lampo. Così mi ritrovai con due enormi valigie e con tanto di beauty-case.

“Buongiorno a tutti!” esordii come mio solito, cercando volutamente di ignorare la presenza irritante di Seiki.
“Buongiorno a te Yama!- mi sorrise Kyle. –Ma Hiroshi? Non viene?” chiese gentilmente.
“No, ha da fare. “risposta tipica del iosonoilfigoeglacialeShinSeiki.

Mi schiarii  la voce. “No, non viene, perché è già andato in vacanza con la sua comitiva.” precisai.
I ragazzi annuirono con fare ovvio. Ci dirigemmo nell’atrio della tenuta Seiki, dove trovammo un pullman ad attenderci.
Per l’occasione Mark avevo tirato fuori il suo pullman personale.


Ragazzi, cavolo. Mark aveva un pullman personale! Con tanto d’autista. Per tutte le orche del Mar Caspio!


Durante il viaggio non si fece altro che cantare al Karaoke, parlottare, fingere piccole risse…sì, insomma cose del tutto normali.


Per loro. Forse.


Io, al contrario, me ne stavo rintanata nel mio posticino infondo al pullman con le cuffie nelle orecchie ad osservare quelle scene esilaranti.
Kaname si era integrata bene in quel gruppo di matti.


Almeno lei. Pensai. In fondo è la tipica ragazza perfetta.


Curve al posto giusto, occhi da mangiare, solare, divertente, alla mano, insomma la perfezione assoluta.
Tutto il contrario della sottoscritta.
Sospirai affranta.
Forse partire per quella vacanza non era stata proprio un’ottima idea.



 
Dopo un’ora e mezza di estenuante strada, perché sì, stare nello stesso posto rinchiusa con Shin, per me era estenuante, arrivammo nella fantomatica villa di Shane a Johgashima.

“Wow...”furono le semplici parole che riuscii a dire, o meglio boccheggiare.

Dio, era da urlo quella villa. Era praticamente sulla spiaggia. C’era un’enorme veranda che si affacciava sulla spiaggia. Tutta in legno. Insomma, non so neanche come spiegare! Bella, enorme, grande, di legno, con una veranda sulla spiaggia, con la brezza del mare che soffia et voilà avrete la villa di Shane!

“Forza entriamo!” Shane era solo ad inizio vacanza ed era già su di giri. Si prospettava una vacanza memorabile.

Entrammo nella villa e ci fermammo nel salone posto all’ingresso. La stanza era completamente ammobiliata in stile moderno. Era davvero da mozzare il fiato.

“Ragazze le vostre stanze sono qui a piano terra. Ho pensato di sistemarvi in questop unto della casa perché conoscendo le manie femminili di restare in bagno per ore…” ci provocò Shane ridacchiando.
“A cosa stai alludendo?“ disse fintamente offesa Kaname.

Inutile dire che iniziarono a bisticciare amichevolmente.
Sorrisi involontariamente a quella scena, era da scaldare il cuore.
Sembravamo una vera comitiva.
Ad un trattò mi sentii rabbrividire. Mi sentivo osservata.
Spinta dalla curiosita, mi voltai di scatto e la visione che mi si propinò  sotto gli occhi, fu allucinante. Shin appoggiato ad una finestra del salone che mi fissava con sguardo indecifrabile.
Che voleva ancora da me?                                                                                        


Fottiti Shin. Pensai.


Non gli avrei permesso di rovinare quella vacanza, per nulla al mondo.
 

 

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Capitolo 13
*** Innamorata di un bastardo ***


Note autore:
Ragazze questo capitolo contiene scene un po' spinte. Non ho descritto tutto minuziosamente per mantenere il rating giallo.
 
- Innamorata di un bastardo -




Mi ero diretta nella camera assegnatami da Shane, per cambiarmi ed indossare il costume.  Mi ero data appuntamento con Kaname e Shane per andare a prendere un po’ di sole in spiaggia. Finalmente la vera vacanza, sarebbe iniziata. O almeno così speravo.
 
 
Mentre ero semi-nuda, la porta della mia camera si aprii di scatto, lasciandomi sbigottita, mentre con una mano mi coprivo i seni ancora nudi e con il sotto del costume messo alla rinfusa.

“C-cosa ci fai qui? Esci pervertito!” squittii totalmente imbarazzata.

Shin era entrato senza chiedere permesso o bussare. Ma che cavolo voleva ancora?

“Non hai niente che possa interessarmi.” Sbuffò Shin continuando ad avvicinarsi.
“Come scusa? Shin, che cazzo vuoi!?” urlai in preda all’imbarazzo ed al nervosismo.

Shin continuava ad avvicinarsi imperterrito e la mia salivazione era arrivata praticamente a zero. Prese il mio mento tra l’indice ed il pollice facendo si che alzassi la testa per guardarlo meglio negli occhi.

“Non credere di essere la benvenuta qui. “ soffiò sul mio viso.
“C-che vuoi dire? “ perché le sue parole sembravano lame affilate che mi tagliuzzavano la pelle?
“Che devi ringraziare Kyle se sei venuta con noi. Non sei simpatica a nessuno sai? “ disse con tono sarcastico e tagliente alzando un sopracciglio.

Fantastico, da lì a poco sarei scoppiata a piangere., me lo sentivo.
Shin riprese il suo ormai monologo.

“Sei qui solo perché Shane si è preso una bella botta per la tua amichetta e tu sei il solo punto in comune. Quindi non rompere a nessuno e rimani chiusa qui. Non ti vogliamo tra i piedi. Patti chiari, amicizia lunga.” Poi, così com’era venuto, se ne andò.

Lasciandomi lì, inebetita e sola. Mi sentivo sfinita. Parlare con lui mi sfiniva, vederlo mi sfiniva, essre ferita mi sfiniva. Ma perché ero tornata da lui? Perché ero stata così stupida da lasciare il mio porto sicuro, Micheal, per lui? Che cosa avevo in testa?
Mi accasciai a terra piangendo.
Il mio corpo non faceva altro che muoversi a ritmo dei singhiozzi che ormai erano l’unica cosa che si udivano in casa. Gli altri dovevano essere già usciti.


Mi ha ferita ancora.


Mi sentivo una completa nullità, impotente.
Avevo lasciato che, ancora una volta, mi ferisse, mi denigrasse. Avevo lasciato  entrare ancora una volta un uomo  nel mio cuore per poi distruggerlo.
Mi sentivo una di quelle vecchie pezze per lavare per terra. Mi sentivo usata e dimenticata. Ma poi, usata? Per cosa? Eppure, mi sentivo così.


Mi sento irrimediabilmente innamorata e fottuta dall’amore stesso.
 
Mi buttai sul letto stremata.


Il pianto stanca. Davvero, eh!
 

Tra una lacrime e l’altra mi addormentai su quell’enorme lettone.

“Uhmm...ma che diavolo.” mugugnai con la voce impastata dal sonno.

Continuavano a bussare alla porta della mia camera da letto.
Ma chi diavolo era?
Gettai uno sguardo fugace alla sveglia.
Le 3 di notte.
Che diavolo stava succedendo?
Lentamente aprii la porta ancora assonnata.

“Che diam…” non ebbi il tempo di finire la mia frase.

Shin era di fronte a me, aveva un’aria strana.

“Shin che succede?” Oh ma che diavolo, perché continuo a preoccuparmi per lui?

Non ricevetti risposta, o almeno non verbale.
Shin mi prese dalle spalle chiudendomi in un abbraccio. Forte, forte.
Non si limitò a quel semplice abbraccio.
Voleva di più, molto di più.
Mi baciò, ma non fu come le altre volte. Quel bacio era violento, salato, rabbioso.
Uno strano retrogusto amaro mi fece arricciare il naso disgustata. La sua bocca sapeva di...birra?


Ha bevuto?


“Ti voglio…ora. “ Shin mi sussurrò queste parole che arrivarono come un pugno nello stomaco.

Che stava succedendo?
Non ebbi il tempo di riflettere.
Mi limitai ad assecondare quel bacio che tanto avevo bramato.
Insinuò la sua lingua nella mia bocca. La esplorava, la leccava e la gustava.
La sua bocca lasciò la mia ormai arrossata  e gonfia da quel bacio violento.
Mi fissò per un decimo di secondo, per poi scendere a baciarmi il collo.
I suoi baci sembravano infuocati. Sentivo la pelle bruciare ad ogni suo bacio.
Le sue mani avevano intrapreso un giro perlustrativo  del mio corpo vestito del solo costume da bagno.
Le sue carezze erano avide.  Sentivo il suo desiderio. Sentivo il suo desiderio di possedermi, di farmi sua.
Con uno scatto deciso mi lanciò sul letto.
La sua bocca, con i suoi baci, scendevano sempre più giù.
Clavicola.
Seno. Oh, che goduria!
Pancia.
Ombelico.
Inguine.
 
Cosa? No... no…


Come risvegliata da un sogno con le mani cercai di fermare la corsa di Shin verso la mia femminilità.
Non ricevendo risposta, raccolsi le poche forze rimaste e aprii finalmente bocca.

“Shin ti prego, fermati. Non sai quel che fai. Sei ubriaco.” Lo supplicai con le lacrime agli occhi.

Finalmente si degnò di rispondermi. Alzò il viso incastrando il suo sguardo con il mio.

“So quello che faccio. Ti voglio.” Sussurrò guardandomi intensamente.

Detto questo sfilò via le mutandine del costume da bagno, iniziando a baciare la mia femminilità.
Mi sentivo completamente persa. Iniziò a torturarmi con un gioco fin troppo erotico per i miei gusti da pudica verginella.

“S-shin..ti prego…” non riuscivo neanche più a pensare decentemente. Sentivo l’adrenalina scorrermi in corpo, l’eccitazione farsi largo in me ed una strana sensazione di calore nel basso ventre.

Shin si rialzò e si avvicinò al mio viso, continuando col dito a torturarmi.

“Dimmi che lo vuoi.” Bisbigliò in maniera maliziosa facendomi sussultare.

Lo guardai allibita. Non avevo mai detto una cosa simile a nessuno. Anche perché non mi ero mai spinta con nessuno fino a questo punto.
Neanche col mio ex, ma con lui era tutto diverso.
Mi sentivo persa.
Mi limitai ad annuire e dire un “lo voglio” mugugnato per l’imbarazzo del momento senza rendermi conto delle conseguenze del mio consenso.
Shin non se lo fece ripetere due volte.
Con uno scatto delle mani spalancò le mie gambe, andandosi a posizionare al centro.
Poi mi resi conto che lui era ancora vestito.
Lo guardai imbarazzata per un attimo ma poi pensai che forse gli avrebbe fatto piacere se avessi preso anch’io l’iniziativa.
Detto fatto.
Iniziai a togliergli la maglietta.


Sciò! Mi ostacola. Pensai imbarazzata.


Poi passai ad occuparmi dei pantaloni.
Uno, due, tre, quattro…I bottoni erano stati sbottonati.
Lentamente iniziai a sfilarglieli ma evidentemente Shin si rese conto della mia poca esperienza per non dire nulla, così mi aiutò.
Ora restavano solo i boxer, ma a quelli ci pensò lui.

“Sei pronta?” sussurrò dolcemente.

Incastrai ancora una volta i miei occhi nei suoi.
No, non ero pronta, ma per lui lo sarei stata.
Lo volevo.
Annuii.
Iniziò ad entrare in me prima con delicatezza, procurandomi un bruciore dapprima leggero poi sempre più forte. Strinsi gli occhi cercando di concentrarmi sull’intensità di quel momento. Sentivo i suoi movimenti lenti ed il mio corpo adattarsi lentamente al suo.
Appena si rese conto di avere del tutto la via libera iniziò a spingere sempre più forte.
Arrivammo alla gioia insieme. Potevo sentire il suo cuore battere forte proprio come il mio.
Era una sensazione stupenda.
Ricadde a peso morto su di me, ansimando furiosamente e con un sorrisetto soddisfatto in volto. Lo guardai di sbieco rendendomi sempre più conto di quanto fosse bello.
Shin si staccò da me posizionandosi al mio fianco e cingendomi con un braccio.
Mi accoccolai a lui poggiando la mia testa sul suo petto muscoloso e con l’indice destro iniziai a disegnare dei cerchi invisibile sul suo addome. Sentivo il suo respiro farsi sempre più pesante, stava per addormentarsi.


Dio,quant’è carino.


Approfittai del suo stato di dormiveglia per dargli un leggero bacio a fior di labbra. Durante tutto il rapporto non aveva mai cercato il contatto con le mie
labbra, ma solo con il mio corpo. Desideravo avere un contatto con quelle labbra così invitanti.


Sanno di me.


“Ti amo…” mugnugnò Shin nel sonno.

Persi un battito al cuore. Mi aveva davvero detto ti amo?

“Ti amo Ayumi…”
 
Fu come ricevere  un secchio d’acqua gelata.
Io avevo fatto l’amore con lui.
Lui aveva fatto l’amore con lei.
 
 
 
 

 

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Capitolo 14
*** Hudson abbiamo un problema ***


- Hudson abbiamo un problema -






Dopo il “fattaccio”, Shin si era beatamente addormentato, ignorando che il suo interlocutore ero Io e non la sua bella stregaccia.
Approfittando di quel momento ero sgattaiolata via da quella stanza degli orrori, rifugiandomi sulla spiaggia.
Avevo bisogna di prendere un po’ d’aria.
Avevo fatto la cazzata più grossa della mia vita. Mi ero donata per la prima volta a qualcuno.


Un bastardo. Un vero, fottuto, bastardo.


“Merda! Come cazzo ho fatto ad essere così stupida? Oh ma fantastico, ora divento anche volgare! No ma complimenti Yamashita, tu sì che sei un gran genio!
“Ora parli anche sola?” esordì Kyle alle mie spalle facendomi spaventare.
“Dio mio, Kyle! Mi hai spaventata!” squittii.
“Che ci fai qui? Tutta sola per giunta. “ disse il ragazzo, sedendosi al mio fianco.
“Uhm…avevo solo voglia di respirare un po’ di aria genuina.” Dissi la prima scemenza che mi venne in mente.
“Come attrice sei pessima, sai?”
 “Dai Kyle, non mi va di parlarne.” Sbuffai.
“Dalla faccia da funerale che hai, deduco che debba essere qualcosa d’importante.” Indagò ancora Kyle.
“Kyle!”lo ripresi. Se avesse continuato, sarei crollata da lì a poco spifferandoli tutto l’accaduto.
“Credi che non parlandone,tutto possa svanire per magia? Avanti Yamashita, credevo fossi grande per credere alle favole.” Cercò di convincermi il ragazzo.

Ero esasperata.

“Kyle…- ero esausta – sono andata a letto con..,-feci una piccola pausa per riordinare forze ed idee -...Shin.”

La bomba era stata sganciata.

“Tu..cosa?!” urlò Kyle spalancando gli occhi e guardandomi sbigottito.
“Oh, hai reagito meglio del previsto. Non sei scappato a gambe elevate!” sorrisi falsamente.


Ironica del cazzo.


“Che cazzo avete combinato?” Kyle era davvero arrabbiato, come dargli torto?

Feci spallucce.

“Nulla. E’ venuto in camera da me, ha iniziato a baciarmi. Mi son resa conto che era ubriaco, ho cercato di fermarlo  ma lui ha detto che sapeva quello che faceva. Alla fine in dormiveglia ha detto di amare Ayumi. Ma vabbè, mi è piaciuto ed ora soffro le conseguenza. Cazzi miei.” Avevo raccontato tutto, senza esitazioni, senza emozioni, senza nulla. Mi sentivo un robot.

La faccia che aveva Kyle di certo non mi aiutava poi molto.

“M-mi sento così stupida Kyle. Al suo risveglio domani mattina, ops poche ore, non so cosa farò. Kyle mi sento una puttana. Io ho fatto l’amore con lui e lui con lei. E’ semplice in fin dei conti ma fa dannatamente male. Mi sento un bruciore proprio qui.” dissi indicandomi il cuore.

Non una parola, Kyle non proferì parola. Si limitò a stringermi in un abbraccio comprensorio, lasciandomi sfogare. Lasciandomi piangere cullata dalle sue forti braccia.
Mi addormentai così, cullata dalle sue braccia e dai baci che mi lasciava sui capelli.
Forse senza Kyle non sarei stata in grado di sopportare quel peso che portavo nel cuore. Forse non era vero che non ero la benvenuta. Forse avevo davvero qualche amico a Tokyo. Forse potevo contare su qualcuno, finalmente.
 
 


 
***
 


I raggi del sole filtravano attraverso  la finestra coperta per metà da una tenda a pois.
I miei occhi non volevano proprio saperne di aprirsi. Sentivo la testa pesante e mi faceva un  male cane.
Mi sentivo come se un camion mi fosse passato da sopra infinte volte.

“Che mal di testa mmmh.” Mugolai.

Mi stiracchiai, sentendo i muscoli sciogliersi a poco a poco. La porta si aprì ed un Kyle allegro entrò, tenendo in mano un vassoio pieno di leccornie.

“Buongiorno piccola, come ti senti stamattina?” chiese dolcemente sorridendomi.
“Uno straccio vecchio, grazie.” Lo informai.
“Ecco, tieni – disse porgendomi quel vassoio delle meraviglie– cornetti alla nutella,brioche e cappuccino caldo. Tutto per te!“
“Oh mio salvatore, cosa posso fare per sdebitarmi? “ enfatizzai il concetto della frase aiutandomi con le mani ed alzando verso l’lato.
“Uhm…” assunse un aria pensierosa.
“Fingi anche di pensarci? Villano! – dissi tirandogli un finto pugno sulla spalla sinistra – avresti dovuto dire: Oh no signorina, si figuri! E’ un vero piacere!” dissi imitando un vocione non ben definito .
“Quanto sei scema Yama-chan. –disse scompigliandomi i capelli- dai forza, fa colazione e scendi di sotto. Kaname è preoccupata per te. Non ti vede da ieri, da quando siamo arrivati.”

Feci un segno d’assenso con la testa.
Sarei scesa, sì. Avrei affrontato le conseguenze della cazzata che avevo commesso la notte prima.
 




 
 ***



 
 
Finii la colazione con tutta la calma possibile ed immaginabile. Mentalmente mi stavo preparando ad affronta Shin Seiki.  Il mio paradiso e il mio inferno al tempo stesso.
 
“Buongiorno a tutti.” Esordii, salutando i ragazzi.

Dovevo aver detto qualcosa di anomalo, visto che i miei compagni di vacanza si girarono, guardandomi come se avessero visto un fantasma.

“Yamaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! Dio mio, pensavo ti fosse successo qualcosa!” ecco, la mia Kaname era super-preoccupata per me. Che carina!
“Ma dai, tranquilla, son rimasta in camera tutto il giorno...era solo stanchezza.” Tentai di giustificare la mia assenza del giorno prima. Cercai di sembrare il più naturale possibile, non volevo che vedessero quanto in realtà stessi male.

Non volevo far sapere a nessuno del mio errore. Non volevo vedere i miei sentimenti calpestati ancora una volta.

“Buongiorno.” Salutò Shin freddamente.

Forse avrei dovuto aspettare un altro po’ di scendere giù da loro.

“Oh, buongiorno Shin. Ammazza, non ti faceva così dormiglione.” Oh sì Mark, proprio dormiglione. Sìsì.

Shin non rispose, si limitò a fare spallucce e venire spedito verso di me.

“Vieni, dobbiamo parlare.” Disse, prendendomi per un braccio saldamente.

Lo sapevo io. Gettai un’occhiata veloce a Kyle che mi fece segno di stare tranquilla.


Ma tranquilla un corno! Cazzo!


Seguii Shin nel salottino. Avevo le mani sudate, bianca cadavere, tremarella alle gambe e cuore a mille.

“D-dimmi..che succede?” fantastico, iniziavo anche a balbettare. Ero un caso perso, inutile.
“Cos’è successo stanotte?” chiese risoluto.

L’unica domanda che non avrei mai e poi mai voluto sentire.

“Stanotte?”
“Sì, mi sono risvegliato in camera tua.” Disse, trucidandomi con lo sguardo.


Ecco, ed ora cosa gli devo dire?


“Oh, no niente. Tranquillo. – bugiarda,bugiarda, Bugiarda! – sei venuto in camera mia, verso le uhm...le 3 penso. Eri ubriaco. Non ho fatto in tempo a chiederti cosa fosse successo che mi sei crollato addosso. Ti ho dovuto trascinare di peso! Che fatica! Dovresti metterti a dieta! “ conclusi iniziando a ridere nervosamente.

Ero risultata abbastanza convincente, vero?

“Il letto era sporco di sangue.” Tagliò corto lui.

Lo guardai sbigottita. Di sangue?
Oh porca vacca. Ero vergine, ovvio. Stupida!

“Oh..si! Mi son tagliata!” che giustificazione.
“Ed hai perso un quantitativo di sangue pari ad un lago? YAMASHITA! “tuonò. Ecco, ora sì che era arrabbiato.

Abbassai lo sguardo, umiliata.

“Cosa vuoi che ti dica eh? “ sorrisi malinconica.
“La verità. Semplice e diretta.”
“Abbiamo fatto sesso.” Sussurrai, quasi avessi paura delle mie stesse parole.

Lo vidi irrigidirsi e sbiancare.

“Tranquillo, pensavi che fossi Ayumi. Non ne farò parola con nessuno se è questo che ti preme.” Alzai lo sguardo, cercando di sorridere e far vedere quanto stessi bene.
“Eri vergine.”Non era una domanda, era un’affermazione.


Colpita ed affondata.


Sentivo le guance andare in fiamme. Abbassai nuovamente lo sguardo. Ero stata scoperta.

“Perché non mi hai fermato? “tuonò ancora.
“Ci ho provato, ma hai detto che sapevi quello che facevi. Solo alla fine, quando stavi per addormentarti ed hai detto “Ti amo Ayumi”, ho capito che credevi fossi lei. Ormai il danno era fatto, cosa potevo fare? Ricucirmela? Andiamo Shin, non siamo più dei bambini. Ho fatto un errore. Tutto qui.” Conclusi risoluta ed alzando la testa per mostrargli la mia fierezza, anche se in quel momento sarei voluto semplicemente scomparire.

Mi si avvicinò prepotente e ancora più prepotentemente  mi prese per i polsi e mi sbatté al muro.

“Brutta stupida che non sei altro! Eri vergine cazzo! VERGINE! Avresti dovuto tirarmi un calcio nelle pa…lì. Cazzo, cazzo! Come fai ad essere così tonta? Come? Ti sei comportata peggio di una puttana!” continuava ad urlare e sbraitare come se fosse impazzito.

Ma cosa voleva da me? Io avevo solo amato l’uomo che custodivo nel mio cuore. Era stato lui ad usare me.


Oh, no. Questo è davvero troppo.


Gli mollai uno schiaffo.

“Sei solo un figlio di puttana! Ti amo! Ecco perché son venuta a letto con te! Sembrava che desiderassi me! Vaffanculo Shin, vaffanculo! Io facevo l’amore con te, tu lo facevi con lei! Con lei che ti ha mollato per scappare a fare uno stage dall’altra parte del mondo! Vaffanculo tu e missperfettamentegnocca!”Lo spinsi con tutta la forza che avevo in corpo, non ne potevo più.
“Sono stanca Shin, stanca! Stanca di te, di lei, di tutto.  Lo so, so perfettamente che lei è l’unica per te, lo so! Ma lasciami almeno l’illusione di amarti. Non ti chiedo tanto. Non ti rompo, non ti inseguo, non ti faccio stalking, cosa vuoi di più? Per favore Shin, per favore...lasciami sognare ancora un po’. Prometto che non ti sarò mai d’intralcio. Ma ti prego, non trattarmi come se fossi una puttana. Ho fatto un errore, ma l’ho fatto perché credevo che finalmente avessi capito di provare non dico amore, ma almeno bene, nei miei confronti.” Iniziai a piangere come una bambina. Ormai ero un fiume in piena di parole e difficilmente mi sarei fermata. Ero frustrata e ferita, un mix fin troppo letale per il mio povero cuore.
“Stupida!”Uscì sbattendo violentemente la porta.

Ecco, ora sì che ero fottuta. Ed io che avevo fatto anche un monologo!


Fottiti.


Dovevo essere io quella ferita e non lui.
Io quella umiliata, non lui.
Io quella tradita, non lui.
Eppure aveva il potere di rigirare ogni singolo frittata.
Lui era Shin Seiki.
Lui era il padrone del mio cuore.
Ed io la sua schiava.
La schiava d’amore.
 
 
 
 
 
 
 
 ***


 
 
 
Il resto della vacanza la passai come un’asociale, rinchiusa o in camera o in cucina ad ingurgitarmi di schifezze varie.
Ero stata una stupida. Gli avevo praticamente donato il mio cuore, ricevendo l’ennesimo rifiuto.Ma d’altronde che potevo pretendere? Che mi giurasse amore eterno? Fedeltà? O Dio sa cos’altro?
Lui non era proprio il tipo. Lui era sempre e solo un cuore di ghiaccio.
Ed io? Io ero sempre e solo la ragazzina di provincia, convinta che l’amore, quello vero, potesse superare qualsiasi ostacolo.
Ma Yamashita cara, questa non è una favola. Qui non ci sono principi dall’armatura scintillante pronti a rischiare la loro vita per te. Tra te e loro, sceglierebbero indubbiamente se stessi.

“Che schifo di situazione.” sospirai affranta.
“Ehi scema, che succede?” sentii la voce di Kaname alle mie spalle. Sobbalzai. Ci mancava solo lei.
“Kaname, mi hai spaventata.” Soffiai, portandomi le mani all’altezza del petto.
“Dai confessati con Suor Kaname! “ come faceva ad essere sempre di buon umore quella ragazza?
“Nulla tesoro, tranquilla. Non ho nulla.” Non mi andava di parlarne con altra gente. Kyle era più che sufficiente per i miei gusti.
“Andiamo non sono così scema. C’entra Shin? Di nuovo? Vero?”
“Ma..,sei una strega o cos’altro? Ahahahh” non avevo voglia di parlarne e cercavo tutti i modi per sviare il discorso.
“Comunque so già tutto.”
“Come scusa? “ chi cazzo Ha parlato? Chi ha raccontato i miei segreti? Kyle!
“Ho sentito la tua confessione con Kyle. Non pensavo che quel tipo fosse così bastardo. Cioè, lo sapevo, ma non fino a questo punto. AAAAAAAAAAAAAAHHHH che nervi. E’ un brutto, viscido, insignificante bastardo. Lo amma…” stava davvero vaneggiando la mia amica.
“Ehi ehi, calmati! Ho capito. Ma ormai è andata. Lasciamo perdere. Ok? “ le tappai la bocca, cercando di non farci sentire da nessuno.
“Lasciar perdere? Dovresti fargliela pagare! Dovresti farlo morire di gelosia.”
“Uno muore di gelosia se prova interesse verso l’altra persona, tesoro. Lui non prova nulla.” Controbattei.
“Io non ne sarei così certa. In questi giorni aveva la faccia da cane bastonato. Sìsì!” enfatizzò il concetto con la testa e guardandomi dritta negli occhi.
“Mah.” Shin con la faccia da cane bastonato?
“Credimi! Secondo me lui gatta ci cova. Si dice così, no?” socchiuse gli occhi facendo una faccia buffissima.
“Non sai neanche tu cosa vuoi dire. Ahahahhah sei irrecuperabile.” Iniziai a ridere di gusto per la scemenza appena detta dalla mia amica.

Kaname mi si gettò al collo continuando a soffocarmi in abbracci senza vie d’uscita.

“Lo sai Yama-chan  che io ti amooooo!” iniziò a fare le fusa come una gatta.
“Ok ok, lo so, ma ti prego mollami! Mi soffochi così!”
“Ok, uffa. Comunque dobbiamo elaborare il piano: Far soffrire faccia di marmo!” e la sua faccia assunse un’aria malefica, malvagia oserei dire.
“Faccia di che? Chi è ora?” lei ed i suoi piani strampalati. Era davvero strana alcune volte.
“E’ Shin, stupida!” disse con fare ovvio.

La mia amica era pazza, non c’erano altre spiegazioni.
Però l’idea di una vendetta era davvero allettante.

“Che cos’hai mente Kaname?” indagai.
“Dobbiamo trovare un bel bocconcino da far passare per il tuo fidanzatino! Oh, ho fatto anche la rima. Sono un genio, IO!” iniziò a ridere da sola e vantarsi per le sue doti intellettuali.
“E chi avresti in mente? Sentiamo?”

Il lampo che attraversò gli occhi della mia amica sembrava presagire nulla di buono.


No, per niente.


“Uhm, quel tipo carino con cui sei scappata un po’ di tempo fa.” Si portò l’indice destro sotto il mento, iniziando a pensare.
“Chi? Non ti seguo.” Domandai ormai incuriosita.
“Oh, lo gnoccone dagli occhi verde smeraldo!” Oh, merda.
“S-shooter?” balbettai.

Kaname annuì tutta contenta.

“Ma tu sei matta. Non ci pensare minimamente. È il peggior nemico di Shin e poi…-mi fermai a riflettere un attimo- ok è andata!” Shooter era il nemico di Shin e forse vedermi con lui avrebbe potuto smuovere qualcosa, visto gli episodi precedentemente accaduti.
 


Passammo il resto della mattinata a parlare dei dettagli del nostro piano.
Secondo Kaname era un piano sadico ma necessario. Secondo me era solo un piano di autodistruzione, ma infondo non avevo niente da perdere se non la mia autostima che in quel momento era scesa sotto lo zero.
I ragazzi verso le 15.00 ci avvisarono che avremmo anticipato il rientro per problemi “lavorativi”.
Se c’era una cosa che avevo imparato su di loro era che: problemi lavorativi uguale a risse.
Onestamente a me e Kaname andava bene così, perché avremmo potuto anticipare l’inizio del piano.
Raccattammo tutte le nostre cose in fretta e furia, i ragazzi avevano davvero fretta.
Io e Kaname passammo tutta la durata del viaggio a spettegolare proprio come due liceali.
In così breve tempo, quella ragazza aveva occupato un posto speciale nel mio cuore. Era riuscita a farmi dimenticare gli avvenimenti dei giorni scorsi.
 
 
Dopo circa due ore di strada giungemmo a Tokyo.

“Bene ragazze, scusateci ma dobbiamo lasciarvi qui, andiamo un po’ di fretta.” Disse sbrigativo Mark, gettandoci praticamente per strada.
“Come? Ci lasciate qui? E i bagagli?”  che maschi stronzi. Abituatici Kaname.
“Tranquille ragazze, portiamo noi i bagagli al nostro ritorno. “ Kyle era sempre disponibile e gentile. Se solo non sapesse la verità, avrei potuto usare lui come manichino da gelosia.
“Va bene ok. – sbuffò Kaname ma subito dopo si riprese, come illuminata da qualcosa – Yama-chan – disse sottovoce- chiama Shooter. E’ un’ottima occasione!”

Mi limitai ad annuire e salutare i ragazzi con un cenno della mano. Dalla velocità con cui ripartirono, dovevano proprio andare di fretta.

“E adesso?” domandai, voltandomi verso Kaname.
“Adesso chiami Shooter te l’ho detto.” Rispose con fare ovvio la mia amica.
“Sì, lo so. Ma guarda dove siamo. – dissi indicando il grande vialone pieno di negozi e fast food – io ho fame.”
“Oh Yama-chan, a volte sei peggio dei bimbi. Su andiamo all’MC’s.” sbuffò, trattandomi come una bambina.

I miei occhi diventarono a forma di cuoricini ed iniziai a saltellare, aggrappandomi al maglione della mia amica.

“Grazie, grazie, grazie piccola Kaname!” saltellavo sul posto, come se avessi appena ricevuto una caramella buona buona.
“Ringraziami a piano terminato.” sogghignò malefica.
“A volte mi fai davvero paura.” sbuffai.
 
Entrammo all’MC’s ed ordinammo i nostri menù fissi: Hot dog, patatine e coca-cola.
Prendemmo posto sedendoci ad un tavolino a forma di sole sotto la grande vetrata.

“Yama?” mi chiamò Kaname.
“Mhh?”
“Quando ti decidi a chiamare Shooter?” mi fulminò con lo sguardo.
“Ma sto mangiando! Mmhhh” dissi mentre masticavo un altro boccone gigante del mio panino.
“Ma che schifooooo! Mastica con la bocca chiusa!” urlò la mia amica facendo una faccia disgustata.
Sìsignoramaestrina!” la presi in giro.

Finimmo di mangiare e Kaname tornò a tormentarmi per la chiamata.

“Ok ok, va bene ora lo chiamo, dammi il tempo di comporre il numero.” Dissi ormai esasperata dall’insistenza della mia amica.

Kaname non faceva altro che saltellare tutta eccitata.
 
Tu-tu-tu.
Uno, due, tre squilli.

Stavo per riattaccare.

“Pronto?” una voce metallica rispose alla chiamata.

Persi un battito al cuore. Da quando aveva una voce dannatamente sexy?

“E-ehm pronto Micheal? Sono Yamashita…” ormai io e l’imbarazzo avevamo stretto amicizia.
“Oh ciao piccola! A cosa devo questa piacevole telefonata?” il tono della sua voce era allegro e dolce.
“Ecco… – ok ora era il momento più difficile, raccolsi tutte le mie forze seppellendo quel poco di orgoglio che mi era rimasto.– ecco vedi..,io non so come dirtelo..,
“Dai avanti dimmi!” m’incitò Micheal.

Sembrava...eccitato?

Vorreichediventassiilmioragazzo!” parlai velocemente, diventando rossa in viso.

Ecco l’avevo sputato fuori tutto d’un fiato.

“Come? Scusa? Non ho capito! Se parli veloce non capisco, accidenti. Che succede? Ehi? Yama?”

Feci un lungo respiro.


Vai Yama, puoi farcela.


“Vorrei che diventassi il mio ragazzo.” Ripetei più lentamente.


Bomba sganciata.


Hudson abbiamo un problema. Il mio cuore ha smesso di battere.
 


 

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Capitolo 15
*** Quanto forte può essere un cuore? ***


 
- Quanto forte può essere un cuore? -



“Diventare il tuo ragazzo? Yamashita, ma ti senti bene? Che succede?” Micheal sembrava in preda al panico. Ma come dargli torto?

Sbuffai. Ma possibile che i maschi fossero tutti degli emeriti idioti patentati?

“Sì. “ secca e concisa.
“Credo sia meglio parlarne di persona e non per telefono.” Rispose freddamente Shooter.

Annuii come se potesse vedermi.

“Yamashita, ci sei? “ la voce di Micheal arrivò fredda e tagliente come non mai.
“Uhm? Sìsì. Ci vediamo davanti l’università fra mezz’ora, va bene?” conclusi sbrigativa ed in preda all’agitazione.
“Ok” Chiuse la conversazione.


 Mah. Almeno un ciao poteva dirlo.
 



“Che ha detto? Che ha detto?” squittì Kaname tutta agitata.
“Kaname per l’amor del cielo calmati. Ho appuntamento con lui davanti l’università fra mezz’ora e prima che lo chieda: no, tu non vieni. Devo andarci sola.”

Dissi voltando lo sguardo.

“Ma uffa!” sbuffò la mia amica incrociando le braccia sotto il seno.

Ma quant’era carina la mia amica quando faceva la bambina? La guardai, sorridendole e facendole segno di abbassare tono della voce perché la gente ci guardava.

“Dai, prometto che poi ti racconto tutto! “le dissi strizzando l’occhio destro. Una sottospecie di occhiolino, ecco.
“Va bene...allora ci conviene incamminarci, altrimenti farai tardi.” Concluse Kaname alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso l’uscita del locale. Fui costretta a raccattare in fretta e furia le mie cose da sopra il tavolo e seguirla a ruota.
 


Iniziammo a percorrere il lungo viale illuminato dai negozi, parlottando come due vecchie zitelle acide. Ogni occasione per noi era buona per parlare e spettegolare, ma infondo a noi andava bene così.
Arrivammo dinnanzi all’università ed arrestammo il nostro cammino.

“Bene Yama-chan, ti lascio. Mi raccomando! Aggiornami su tutto! Lascio acceso il cellulare, aspetto una tua chiamata, eh! “ esordì Kaname sorridendomi sorniona.
“Sì sì, vai tranquilla!” la liquidai. Ero già imbarazzata di mio se poi si fosse aggiunta Kaname, sarei morta dall’imbarazzo.
 
Kaname se ne andò lasciandomi sola. Iniziai a camminare avanti ed indietro nervosamente.
 


 
Che fare adesso?
 


 
Mi appoggia al muro della scuola. Mi sarei rilassata annusando i profumi tipici di Tokyo. Quel viale era davvero rilassante, metteva un’allegria ed una spensieratezza disarmante.
Continuavo a torturarmi le dita delle mani. Era stata davvero una pessima idea chiedere a Shooter di diventare il mio ragazzo. Che scusa avrei usato? Non era uno stupido ragazzino da imbacuccare facilmente.
Non lo era per niente.
 
“Ehi piccola!” sentì Shooter urlare mentre correva verso di me.

Sobbalzai.


Cazzo, è arrivato.


 
“Ehi Micheal, sei arrivato, finalmente!” risposi cercando di sembrare il più naturale possibile.Ma quanto brava ero come attrice?
“Ho fatto il più presto possibile. Ma bando alle ciance, dimmi tutto.” Andava dritto al punto il tipo, non c’era che dire. Sembrava impaziente, impaziente di sapere il motivo della mia richiesta.
“Ehm, ecco, sì insomma.. lo sai già!” divenni rossa come un pomodoro ed abbassai la testa, trovando improvvisamente interessante l’asfalto grigiastro della strada.


Ma che cavolo sto combinando?


Vidi Micheal avvicinarsi lentamente verso di me. Sembrava così strano, felice?
Mi posò le mani sulle spalle ed avvicinò il suo viso al mio.

“Accetto più che volentieri. “ soffiò ad un centimetro dalla mia bocca.

Mi sentii avvampare all’improvviso.
Accettava?
Forse dovevo dirgli del piano?
O forse dovevo tenerlo segreto?
Magari quella vendetta  sarebbe diventata un meraviglioso paradiso per me.
 
Raccolsi tutto il mio coraggio e feci un gesto tanto inaspettato quanto piacevole.
Azzerai la distanza tra me e Micheal, baciandolo.
Proprio così. Yamashita Michiyo aveva baciato un ragazzo.
Non uno qualunque.
Ma Micheal. Shooter.
Sentii Micheal irrigidirsi in un primo momento ma dopo poco rispose al mio bacio.
Dischiusi la bocca per permettere alla lingua di Micheal di scrutare e girare liberamente all’interno.
Ma cos’era quella sensazione piacevole, quanto spiacevole, all’altezza dello stomaco?
Perché sentivo un formicolio lungo  la schiena?
Perché tremavo?
Perché provavo paura e felicità nel medesimo momento?
Che stava succedendo?
Mi sentivo così sporca. Un paio di giorni prima ero stata con Shin ed in quel momento slinguazzavo con il nemico del mio cuore di ghiaccio. Iniziavo a farmi schifo, tuttavia sentivo un calore remoto all’interno del mio cuore. Mi sentivo in pace.
 
Quel momento idilliaco, però fu interrotto dall’arrivo di uno stronzo.
 
Oh, ma sempre fortunata io.
 
“Ma bravi. Vedo che vi date da fare.” Ringhiò lo stronzo , squadrandomi dalla testa ai piedi.
“Che cosa vuoi?” ringhiai.
“Oh, la gattina tira fuori gli artigli!” rispose in tono di sfida.
“Vaffanculo Jess! Vaffanculo.” Sbraitai mentre mi stringevo ulteriormente a Micheal.
 
Quel tipo era peggio di tutte le calamità naturali messe insieme.

“Chissà cosa penserebbe Seiki se vedesse il suo nemico con la sua donna. “ non era una domanda, ma un’affermazione.
“Fatti i cazzi tuoi. Non ti riguarda.” Sibilai a denti stretti.
“Piccola, lascia stare. “ Micheal continuava ad essere sempre protettivo nei miei confronti. Mi nascose dietro di se, quasi a volermi far scomparire.
“Jess, è questo il tuo nome se non ricordo male, vero? Ti consiglio di portare via quelle tue chiappe fradice e puzzolenti.” Ringhiò il mio neo-fidanzato.
 

Ammazza, il mio Micheal si sta innervosendo. Parecchio pure.
 

“Ti consiglio di non fare lo spavaldo pivellino. La tua bella sta giocando con qualcosa di molto più grande di lei. – disse per poi rivolgere lo sguardo su di me – sai vero, che rischi di far scoppiare una guerra fra bande?
“M-ma che dici! Perché mai dovrebbe accadere una cosa simile?” iniziavo a spaventarmi. Non  avevo preso in considerazione quell’eventualità.

Probabilmente avrei ottenuto una reazione di Shin solo per la rivalità che scorreva tra lui e Micheal.

“Sei la donna di Seiki, tsè!” sputò velenoso Jess.
“E questo che c’entra? Sai meglio di me chi è la sua vera donna.” Cercai di giustificarmi, anche se non avrei dovuto.
“Tu credi?” disse Jess in tono di sfida.
“Smettila. Smettila! Non sai un cazzo tu.” Sbraitai nascondendomi ulteriormente dietro Micheal.
Ma perché mi stavo arrabbiando così? Che me ne importava?
“Stai attenta gattina, qualcuno finirà per farsi male.” Regalandoci la sua ultima perla di saggezza, si dileguò.
“Ehi piccola –Micheal quando si era avvicinato così tanto a me? E perché mi stringeva in un abbraccio così protettivo? E perché mi sentivo così bene? – stai tranquilla. Qualsiasi cosa accada io starò al tuo fianco. Ti proteggerò io.”
 
 
Ok, ora mi sentivo una completa merda.
Micheal mi stava offrendo affetto e protezione, ed io?
Io solo una grande e bella vendetta nei confronti di Shin.
Del mio fidanzato.
Bella merda.
 




Da quel giorno era passata una settimana ed io mi stavo recando in università per seguire le lezioni. Jess non aveva ancora detto nulla Shin della mia relazione con Micheal ed onestamente per quanto lo temessi, un po’ mi dispiaceva. Dopotutto aveva fatto quel gran caos solo per cercare di smuovere un po’ la gelosia di Shin, sempre che la nutrisse per me.
Ma come si dice? I guai non arrivano mai da soli.
Vidi Shin appoggiato al cancello dell’università con le mani conserte e lo sguardo tutt’altro che dolce. Che gli prendeva? Sembrava veramente arrabbiato, tanto per cambiare.
Rallentai il passo, sentendo una strana sensazione allo stomaco assalirmi. Arrivai all’ingresso dell’università ed abbassai la testa, sperando di diventare invisibile anche per pochi istanti per non essere vista da Shin. Le mie speranze tuttavia furono vane.

“Dobbiamo parlare.” Esordì glacialmente Shin afferrandomi per il braccio destro.

Deglutii a fatica e voltai lentamente il capo senza però guadare negli occhi il mio interlocutore. Ora capivo cos’era la sensazione sgradevole provata poco prima. Avevo una fottuta paura.

“C-che vuoi?” balbettai in preda al panico.

La presa sul mio braccio divenne più forte e gemetti per il dolore provocatomi. Sentivo il sangue defluire lentamente. Guardavo con occhi sbarrati Shin mentre digrignava i denti.
Poi come un lampo al ciel sereno, un’idea mi attraverso la testa.

“Possibile che Jess…” sussurrai.
“Sì. Devo dire che questa volta si è comportato stranamente come un amico.” Ringhiò Shin.
“Shin, ecco io…” ma cosa stavo facendo? Volevo per caso giustificarmi con lui? Che ne sarebbe stato del piano? No, non potevo permettermelo. Dovevo reggere la pressione ed andare avanti con il piano. Scossi la testa e ripresi a parlare. “Non è affar tuo la mia vita privata, chiaro? E lasciami!” urlai e con n colpo secco mi liberai dalla presa di Shin.
“Giuro che ti uccido se ti vedo insieme a quel bastardo! –urlò Shin afferrandomi per le braccia e strattonandomi- lui è il mio peggior nemico e tu ci esci insieme? Ma che razza di stupida donna sei? Eh?!” urlava ed il suo viso ormai era livido dalla rabbia.

Non avevo mai visto Shin così arrabbiato e la cosa mi spaventava enormemente. Senza che me ne potessi rendere conto, un singhiozzo uscì dalla mia gola e le lacrime iniziarono a bagnare il mio viso. Vidi Shin spalancare gli occhi ed allentare la presa.

“Ma cosa vuoi da me Shin? –sussurrai abbassando il capo – dici che mi odi, che non t’importa di me, però ti arrabbi se esco con Micheal. Sei arrabbiato
solo perché odi che il tuo nemico abbia come fidanzata qualcuno che conosci o perché sono io?” era giunto il momento di tirar fuori gli artigli e cercar di capire se il piano stesse funzionando.

Shin prese un grosso respiro e rilassò le sue spalle, lasciando del tutto la presa sulle mie esili spalle. Stavo finalmente per avere la risposta che tanto attendevo da tempo?

“Michiyo – il tono che usò Shin non presagiva nulla di buono, ne ero certa -  credi davvero che la mia rabbia sia dovuta a te? Tu che sei un essere così…ripugnante? Credi di essere così importante per me? Lurida ragazzina occidentale, mi fai davvero pena. Per me sei solo un peso, un inutile peso che mi sta rendendo la vita insieme ad Ayumi un inferno. Ho già chiamato un avvocato di fiducia per trovare un modo per sciogliere questo stupido contratto. Appena avrò notizie, ti sbatterò fuori a calci in culo. Ora evapora insetto.” Concluse guardandomi con fare altezzoso.

Sentii distintamente qualcosa andare in frantumi e purtroppo sapevo già cosa fosse. Era il mio cuore già ammaccato che veniva rotto.
Rimasi imbambolata là, ferma ed inerme proprio come una stupida, proprio come un essere inutile.

 

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Capitolo 16
*** Quando il destino è beffardo ***


- Quando il destino è beffardo -






Da quel fatidico giorno erano passate ben due settimane. Due estenuanti settimane. Due interminabili settimane.  Due settimane in cui Shin, una volta appresa la notizia del mio fidanzamento con Shooter, aveva iniziato a dare di matto. Continuava a sbraitarmi contro in ogni occasione, chiedendomi se avessi mollato Micheal e quando rispondevo negativamente, urlava ancora di più. Non riuscivo a capire perché si comportasse in quel modo. Lui aveva detto che ero una nullità, giusto? Perché allora dare di matto a quel modo? Lui aveva contattato un avvocato, non io. Lui e solo lui mi odiava, io l’amavo.


Bella merda, davvero.
 


Non facevo altro che maledirmi mentalmente e fisicamente per ciò che stavo combinando.
Io e solo io soffrivo per tutta quella assurda situazione.
Io e solo io amavo e soffrivo.
Io e solo io stavo illudendo un ragazzo che sembrava interessato per davvero.
Ma poi, da quando Micheal era interessato per davvero? Possibile che non mi fossi accorta di nulla?


Dio che gran casino. Pensai, grattandomi la nuca con fare nervoso.


Iniziava a farmi male la testa, non ero abituata a pensare così tanto, eppure da quando avevo messo piede a Tokyo non facevo altro che farlo.
 
“Ehi, piccola, tutto ok?” Guardai il ragazzo seduto di fronte a me con uno sguardo interrogativo.

Poi feci mente locale. Mi trovavo in un bar del centro, una meta fissa ormai, la nostra. Il White Lady Cafè.

“Sei sempre distratta.” Continuò Micheal imperterrito.
“Oh, ehm…no tranquillo, tutto ok Micheal.” sorrisi fintamente.
“Non prendermi in giro.” Controbatté indispettito Micheal.
“Non ti sto prendendo in giro.” sbuffai infastidita.
“So’ a chi e cosa pensi. Credi che sia così scemo? “disse avvicinandosi pericolosamente al mio volto.
“Ma che fai! Siamo in un luogo pubblico!” risposi imbarazzata e con le gote in fiamme.
“Tranquilla, è una cosa normale fra fidanzati, no?”

E prima che potessi rispondergli incollò le sue labbra sulle mie. Un bacio delicato. Nulla di irruento come quelli di Shin.


Ma dannazione il mio ragazzo mi sta baciando ed io penso a quell’ameba?Che cretina.


“Ma cosa ti prende, piccola?” Micheal mi rivolse uno dei tanti sguardi interrogativi.
“Nulla, scusami. È solo che tutte queste attenzioni…non ci sono abituata. Ecco.” Chinai il capo vergognosamente. Infondo era una mezza verità.

Micheal si era dimostrato l’esatto opposto del ragazzo freddo e bastardo che faceva vedere. Era dolce, premuroso, simpatico, protettivo e fottutamente bello. Un Dio sceso in terra. Il mio Dio personale.
Mi accarezzò la testa gentilmente mentre continuava a studiarmi, quasi a voler cercare qualcosa.

“Non c’è fretta. Abbiamo tutto il tempo del mondo.” Sussurrò suadente mentre un leggero sorriso apparve sul suo volto.

Scossi la testa.

“No. Abbiamo 4 mesi. “ sussurrai.
“Quattro mesi?-  la sua espressione sbalordita mi fece tenerezza. Come potevo fargli una cosa simile? Come potevo a lui che mi trattava come una principessa? Ero una persona davvero schifosa -  Che vorresti dire?”
“Che fra quattro mesi scade il termine del mio  anno di fidanzamento con Seiki. Il 25 dicembre, Natale, si terrà il nostro matrimonio se non troviamo un modo per annullarlo.” Cercai di essere il mio esauriente possibile.

Micheal mi fissava atono. In realtà anch’io avevo fatto lo stesso sguardo quando mi era stato comunicato il tutto.

“Troverò un modo, tranquilla.” Esordì freddamente e con lo sguardo sempre atono.
“Troverai un modo? - alzai uno sopracciglio, guardandolo scetticamente – e sentiamo, come farai?” Iniziava ad irritarmi, sul serio.
“Tranquilla. “

Mi alzai di scatto, spattendo le mani sul tavolino non potendone più di tutti quei suoi “tranquilla”, “ non preoccuparti” e via dicendo.

“Tranquilla? Non sai dire nient’altro? Cazzo Micheal, cazzo! Sto per sposarmi col tuo peggior nemico e tu non sai dirmi nient’altro che non sia tranquilla? Vaffanculo! Vaffanculo stronzo!” sbraitai ormai furiosa. Raccolsi borsa e giacca, alzandomi e dirigendomi verso l’uscita del locale lasciandolo solo.
 
 
Fottiti Micheal. Fottiti Shin. Fottetevi tutti, bastardi.
 
 
Assorta com’ero nei miei pensieri e con la camminata stile marcia, non mi accorsi di essere andata addosso a qualcuno.

“Oh, mi scusi, non volevo, io…io…” le parole mi morirono in gola. Le mani iniziavano a tremare, il cuore a galoppare.
“Ehi Yamashita tutto bene? Non ti sei fatta male, vero? Non credevo di avere la fortuna dalla mia parte e trovarti così velocemente.” Esordì il ragazzo.

Lo guardavo basita. Era forse un miraggio? E perché dietro la sua immagine vedevo un fascio di luce così luminoso da far male ai miei occhi?

“Ehi, ti sei incantata?” il cuore, fottuto traditore, iniziò nuovamente a galoppare e fare le capriole.

Scossi la testa in segno di no.
Il ragazzo si chinò verso su di me porgendomi  la sua mano in segno di aiuto. Mi aiutò a racchetare i miei effetti per poi sfoderarmi un sorriso da urlo.

“C-che ci fai qui? “ giusto, che ci faceva LUI, la?
“Non avevo nulla da fare e così sono venuto a farmi un giro, qui! – disse tirandomi un finto pugno in testa.– mannò scema! Ho saputo che ti eri trasferita qui e sono venuto a trovarti.” Rispose facendo spallucce e lasciandomi allibita.
“Che vorresti dire? “ deglutii faticosamente. Era come se un macigno si fosse schiantato all’altezza dello stomaco.
“So’ che ti sposi. “ rispose facendo spallucce.
“E quindi? Devo tirarti le parole di bocca con le pinze?” incalzai.

Si girò verso di me scrutandomi, poi lo vidi irrigidirsi.

“Non voglio che ti sposi.”
“Come? Scusa?” avevo sentito bene? Ma che voleva ora lui da me? Ci mancava solo quest’altra rogna.
“Non voglio che ti sposi. Dannazione, un altro con te nel letto? “ si passò nervosamente una mano tra i capelli. Sembrava, anzi, era agitato.
“Smettila per piacere. Non mi sembra il caso. “ eh no, non lo era per davvero. Ma come ben si sa, le preghiere non vengono quasi mai esaudite.

Il ragazzo mi si avvicinò e posando la mano destra dietro la mia nuca e quella sinistra a cingermi le spalle, mi attirò a se, annullando le nostre distanze.
Mi baciò come un tempo. Le sue labbra avevano ancora lo stesso sapore.
Gioia e dolore.
Fragola e Lampone.
Ripresi le mie facoltà mentali e fisiche e lo allontanai bruscamente. Che diamine aveva fatto?

“C-cosa hai fatto?! MARK COS’HAI FATTO!” sbraitai iniziando a tirargli pugni sul petto, mentre lui continuava a cingermi le spalle con le sue mani.
 
Perché, perché proprio ora? Perché il mio ex era spuntato fuori dal passato a darmi fastidio?
 
“Complimenti. Davvero brava. Ottima giocatrice.” Una voce glaciale arrivò tagliente dietro di me ed io strabuzzai gli occhi.

Freddo e paura.
Mi voltai lentamente, molto lentamente.

“S-shin…” balbettai in preda al panico.



Che diamine ci faceva lui lì?
Possibile che la sfortuna mi perseguitasse? Oltre sette miliardi di persone sulla terra e lei perseguitava proprio me?

“S-shin...che ci fai qui?” balbettai.
“Un giro.“ fece un sogghigno agghiacciante tanto da provocarmi brividi di freddo, nonostante l’aria di settembre fosse ancora abbastanza mite.
“L-lui è...“ cercai di spiegargli che non era come sembrava, che non passavo da un uomo all’altro, ma non ebbi il tempo.
“Affar tuo, ma complimenti. Vedo che non ti demoralizzi. Passi da un letto all’altro. Io, Shooter e adesso questo qui.” Concluse facendo cenno con la testa verso Mark.
“Questo qui ha un nome. Piacere Sono Mark.” disse il mio ex tendendogli la mano.
“Piacere tuo. “ sorrise beffardo.

Gettai un’occhiata dispiaciuta a Mark che ricambiò con fare comprensivo.

“Sono l’ex di Yamashita.” Sentenziò Mark, guardando divertito Shin.

Ma che diamine diceva? Ora si che peggiorava la situazione.  Vidi Shin irrigidirsi e trapassarmi col suo sguardo di ghiaccio. Sembrava volesse perforarmi l’anima, quasi disintegrarla. Ora cosa gli prendeva? Perché i suoi occhi mi incutevano terrore ed amore al tempo stesso?

“Ehm, Mark scusami ora dobbiamo proprio andare! “ congedai malamente Mark, avviandomi nervosamente verso Shin.

Lo afferrai dal polso destro, tirandolo verso di me, affinché capisse che doveva seguirmi.
Dovevamo parlare e in fretta.
Speravo veramente che Mark fosse solo una meteora nel mio universo. Speravo davvero che Mark non complicasse ulteriormente la situazione già precaria tra me e Shin.
Shin capì al volo le mie intenzione e con un cenno della mano salutò Mark incamminandosi al mio fianco.
Giungemmo in un parco abbastanza isolato per noi due. Gli indicai una vecchia panchina logora e lo invitai con lo sguardo ad accomodarsi al mio fianco.

“Siediti.. .– sussurrai - per favore... “ chinai il capo.

Per un attimo mi guardò scettico ma poi ascoltò la mia preghiera. Osservai con la coda dell’occhio ogni suo movimento. Sembrava che si muovesse con una lentezza estenuante di proposito, quasi a volermi esasperare volutamente.
Il mio corpo tremava. Non sapevo neanche cosa volevo dirgli ma mi sentivo in dovere. Di cosa poi?

“Shin, scusami.” Sussurrai mentre le mie guance si tingevano di un leggero rosso porpora.
“Di cosa?” mi guardò scetticamente Shin.
“Di tutto. – abbozzai un sorriso triste – sono piombata nella tua vita come la peggiore delle calamità. Mi rendo conto di aver sbagliato tutto. Lo so. Me ne sto rendendo conto solo  ora dopo otto mesi. Otto mesi in cui ti ho rovinato la vita. Ti ho creato problemi con Ayumi, con tuo fratello, con tutti. Mi dispiace. Mi dispiace, lo giuro! Non volevo dare fastidio. Non era in programma di invaghirmi di te, non era in programma nulla di tutto quello che è successo! Te lo giuro Shin, te lo giuro! E Mark, non sapevo nulla! Non lo vedo da due anni…da quando… – chinai la testa e sospirai affranta. – da quando mi ha lasciata per un’altra. Io non sono una poco di buono, non lo sono! È vero, sto con Micheal, l’ho fatto perché stupidamente ho cercato di farti ingelosire, senza risultati, ma col tempo mi sono affezionata a lui e ora come ora non credo di poterci rinunciare. Alla sua presenza intendo. Shin, io...”
“Adesso basta! BASTA GIOCARE YAMASHITA! CAZZO! Stai giocando col fuoco! E’ un gioco pericoloso il tuo.” Urlò Shin improvvisamente, alzandosi dalla panchina e guardandomi in modo strano. I suoi occhi non erano più ghiaccio ma solo fuoco. Fuoco vivo.
“Ma che stai dicendo? Shin! Guardami, cazzo!” mi avvicinai a Shin  chiudendo le mie mani a coppa sul suo viso. Ero disperata, il mio mondo, le mie convinzioni si stavano sgretolando miseramente.
“Cosa vuoi? “ ringhiò.

Non ebbi il tempo di riflettere sulle mie azioni che avevo incollato le mie labbra alle sue. Sentii Shin irrigidirsi ancora una volta.  Avevo paura, paura che mi rifiutasse, che sbraitasse o altro, ma dopo un momento lo sentii rilassarsi sotto le mie mani e cingermi i fianchi con le sue mani. La sua bocca si dischiuse, insinuò la sua lingua nella mia bocca, ricambiando il bacio con foga. Avido.
Questo bacio era diverso dal precedente, questo bacio sapeva di...amore?
Era dolce ed irruente al tempo stesso. Possessivo e gentile. Un miscuglio di emozioni contrastanti.
Mi allontanai con fatica, imprigionando i miei occhi ai suoi. Avevo le labbra arrossate, il fiato corto, le mani sudaticce ed una domanda fissa.

“Perché?” domandai curiosa ed intimorita.

Si avvicinò al mio orecchio e soffiò un: “Anch’io.”
 

 

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Capitolo 17
*** Colpo finale ***















 
- Colpo finale -







Avevo sentito bene? Aveva detto “Anch’io”? Ma a cosa si riferiva?
Continuavo a guardarlo, sbalordita ed incredula. Ad un tratto sembrò accorgersi del mio stato d’animo e mii sorrise, ma non come al solito, dolcemente. Appoggiò la sua fronte sulla mia e continuò a fissarmi negli occhi.
Occhi contro occhi.
Fronte contro fronte.
Cuore contro cuore.
I nostri.

“Quanto sei scema.” Sussurrò Shin e sentii il suo fiato solleticarmi il viso.
“Come scusa?” alzai lo sguardo  ritrovandomi le labbra di Shin all’altezza  della fronte.

Ma perché doveva sempre rovinare tutto?

“Sei scema, testolina. Mi guardi come se avessi visto un fantasma.” Mi schernì lui ridacchiando.
“Scusa eh, scusa se hai risposto al bacio! Scusa se hai detto.. “ non riuscii più a proseguire, troppo imbarazzo. Sbuffai.
“Ho detto anch’io, e allora? Ho risposto al tuo monologo di un po’ di tempo fa.” Rispose risoluto Shin
“Tu rispondi a scopo ritardato alle cose?” inarcai un sopracciglio ma poi come un fulmine a ciel sereno..





[ “Allora senti razza di idiota che non sei altro! Punto primo: non immaginavo che fosse un viscido maniaco bastardo! Punto secondo: vuoi sapere il perché mi serviva un appartamento? Vuoi saperlo per davvero eh? Eh? – dissi iniziando a punzecchiare il suo petto col mio dito indice – te lo spiego subito Seiki. Perché non voglio più vedere il tuo brutto muso! Perché sono stufa di dovermi nascondere tutte le volte. Sono stufa di sentire i rumori molesti provenienti dalla tua stanza quando viene Ayumimissperfettamentegnocca2013 a dormire da te. Perché sono stufa di non poter invitare Kaname a casa. Perché sono stufa di dover soffrire in silenzio. Perché sono stufa. Stufa. Stufa di te! Stufa di essermi innamorata di te! ECCO, Sì, L’HO AMMESSO! TI AMO BASTARDO!” finii il mio monologo con il fiato corto ed il viso completamente rosso. ]





Divenni rossa come un pomodoro se possibile, le mani tremavano, le labbra tremavano, il cuore tremava.
Mi amava? Mi voleva bene? Cosa voleva dire?

“Ti amo, stupida. Ci vuole tanto a capirlo?” biascicò con un tono di voce suadente Shin.
 
Boom.
 
Lo guardavo shoccata. Il cuore aveva perso un battito.
Mi amava? Mi amava! E allora perché non ero felice? Perché non sentivo le farfalle nello stomaco?

“No… – indietreggiai di qualche passo continuando a guardarlo-  no, è una bugia. Bugiardo! Come puoi amarmi?” iniziai a dimenarmi come un’ossessa.
“Sei impazzita?” ringhiò Shin continuando a trattenermi.
“No, tu lo sei! Prima dici di odiarmi poi vieni a letto con me pensando ad Ayumi, poi...poi...Shooter…” finii  la frase abbassando il tono della voce, quasi a vergognarmi di aver nominato Michel.
“Ami quel tipo? “ Shin sembrò innervosirsi di botto.
“Sì, no cioè...no..ecco...ecco...io...” abbassai la testa, quasi scoperta. Quel ragazzo aveva il potere di farmi sentire nuda e priva di ogni barriera difensiva.

No, non amavo Micheal, gli volevo bene, mi ero affezionata, ci tenevo. Stavo bene con lui. Mi aveva curata, quando proprio lui, il ragazzo che mi era di fronte, mi aveva umiliata e ferita.
Come potevo lasciarlo? Come potevo farmi abbindolare dal ragazzo che aveva ridotto in mille pezzi il mio cuore?

“Rispondimi Yamashita.” Il tono di voce divenne freddo. Shin divenne freddo.
“Shin, ecco, io... come faccio a crederti? E Ayumi? Dove la metti, eh? E noi? Shin vorrei credere che tutto questo fosse realtà, che i tuoi sentimenti lo fossero. Vorrei poter dimenticare tutto il male subito in questi mesi. Vorrei poter correre tra le tue braccia e buttarmi alle spalle tutto. Vorrei poter urlare al mondo che finalmente sei mio. Ma la vita non è fatta di vorrei, è fatta solo di posso. Ed io non posso. Non posso, perché so che dietro il tuo ti amo c’è qualcosa di oscuro, qualcosa di indecifrabile, qualcosa che forse neanche tu sai. Shin guardami...mi ami per davvero? Ami davvero la ragazza che hai di fronte? Oppure è solo possesso? Oppure è solo paura di perdere il controllo su qualcosa che davi per scontato? Shin io sono qui se mi ami, sono qui...per te… per noi. Pensaci bene.” Sospirai abbassando lo sguardo sconfitta ed umiliata.
 
Shin continuava a guardarmi allibito, quasi spento. Vidi la sua mascella serrarsi ed il suo sguardo diventare nuovamente di ghiaccio. Avevo colto nel segno.

“Stupida! Cosa pensi? Ho una ragazza eccezionale, amici eccezionali e dovrei perdere tutto per una che non amo? Se non ti amassi non metterei tutto in pericolo per te.” Urlò Shin ormai esasperato. Il suo viso si tinse di un rosso leggero e le sue mani si chiusero a pugno.


E se i suoi sentimenti fossero veri?


“Dimostralo. “ sibilai a denti stretti. Avevo bisogno di certezze. Avevo bisogno di lui.
“Lascerò Ayumi, davanti ai tuoi occhi. Questa sera. Al Pink Moon.”  Sospirò Shin socchiudendo gli occhi.
“Pink Moon?” domandai incuriosita. Non avevo mai sentito quel nome. Cos’era? Un locale in voga a Tokyo?
“Sì. è la discoteca dove ci riuniamo tutti i sabato sera. Vieni con Kaname.” Rispose risoluto Shin.

Mi limitai ad annuire silenziosamente.
 


 
***
 
Ore 21.30



La mattina avevo chiamato Kaname per aggiornarla sugli ultimi avvenimenti. La mia pazza amica appena le avevo comunicato la grande notizia, si era precipitata a casa Seiki pronta ad agghindarmi per la sera.
Pensava che rendendomi più sexy avrei preso due piccioni con una fava: avrei fatto ingelosire Shin e lo avrei fatto impazzire. Con Micheal, avevo trovato la scusa di serata tra ragazze e lui aveva acconsentito dicendomi che sarebbe stato con i ragazzi.
Mi sentivo agitata ed eccitata.
Shin stava per lasciare la strega, per me. Per la sua fidanzata. Finalmente.
Ero felice, ansiosa, gelosa. Ero tutto e niente. Un controsenso vivente.
 
“Yama-chan te ne rendi conto? Finalmente la stregaccia avrà pan per focaccia!” starnazzò Kaname mentre si agitava per la felicità.

Mi limitai ad annuire allegramente. Non avevo metabolizzato tutto quello che era successo e quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
 

Già, finalmente
.


Arrivammo davanti al famoso Pink Moon.  Era da mozzare il fiato, era un paradiso. Le luci rosa che illuminavano la grande porta bianca. Le grandi finestre al primo piano dove s’intravedevano le luci psichedeliche ed il fumo artificiale all’interno del locale. La musica arrivava attutita ed il vociare dei ragazzi come controvoce a tutto quel delirio. All’ingresso c’era una fila abnorme, dove due omaccioni alti e robusti avevano in mano dei fogli bianchi, probabilmente delle liste con i nomi dei ragazzi. Avevano delle facce, poco rassicuranti.
Appena ci mettemmo in fila vidi i due omaccioni confabulare tra di loro e subito dopo uno di loro, quello pelato, ci si avvicinò.

“Chi di voi è Yamashita Michiyo?” domandò l’uomo scrutandoci attentamente.

Alzai la mano.

“Bene, potete entrare. Il signor Seiki ci ha avvisato del vostro arrivo.” Sentenziò indicandoci l’ingresso. Guardai Kaname con fare sorpreso e lei con un gesto della mano m’invogliò ad entrare nel locale.

Shin li aveva avvisati? Allora ci teneva per davvero.
Entrammo nel locale con passo fintamente sicuro. La musica penetrava nel mio corpo, sentivo le vibrazioni trapassarmi. I timpani iniziavano a chiedere pietà. C’era gente ovunque.
Coppie che si avvinghiavano tra di loro.
Ragazze con ormoni sballati che si strusciavano addosso a chiunque.
Ragazzi con bicchieri pieni di alcool ovunque. Sembrava il caos più totale.
Kaname mi tirò una gomitata nel fianco destro. Mi girai stizzita, incenerendola con lo sguardo.

“Eddai Yama! Guarda lì piuttosto!” Disse indicandomi un tavolo sul soppalco di fronte a noi.

C’erano loro, La rosa. C’era lui, Shin. C’era lei, la strega.

“Dai avviciniamoci!” bisbigliò Kaname al mio orecchio.
“No Kaname, non voglio che mi vedano.” Dissi risoluta e guardando intensamente il tavolo dove stavano i ragazzi.
“Ma che dici? Shin…”
“Appunto. Voglio vedere se mantiene la promessa fatta.” Sbottai infastidita dall’insistenza della mia amica.

Kaname si ammutolì, fissando incessantemente il tavolo dove stavano i nostri “amici”.

“Almeno avviciniamoci di nascosto.” Cercò di convincermi.
“Sì, questo sì.”

Salimmo sul soppalco e ci piazzammo in un tavolino poco distante dal loro. Da lì si poteva vedere ciò che facevano e con le abilità di Kaname di leggere il labiale e con un po’ di fortuna avremmo potuto capire i loro discorsi.

“Riesci a capire che stanno dicendo?” m’informai guardando di striscio la mia amica.
“Sì, stanno decidendo dove andare dopo.” Rispose Kaname continuando a fissare i ragazzi.
“E loro due?” volevo sapere di loro, non della loro prossima meta.
“Litigano.”
“Davvero?” squittii girandomi completamente verso Kaname.

Kaname annuii.
 
“Oddio!” urlò la mia amica facendomi salire il cuore in gola.
“Che c’è Kaname? Cosa succede?” iniziai a parlare velocemente, rischiando di soffocare nella mia stessa saliva.
“Non ti girare, non ora almeno, ma Shin ha fatto segno di seguirlo.” Continuava ad agitarsi come un’ossessa.
“A chi?” chiesi stupidamente.
“A te idiota!”disse Kaname tirandomi un pugno in testa.
“E come ha fatto?” sembravo una stupida, vero?
“Mi ha fatto segno stupida! Forza andiamo!” Non ebbi il tempo di ribattere che la mia amica mi stava già trascinando fuori.
“Non facciamo rumore o ci scopriranno.” Sussurrai mentre camminavamo a carponi nascondendoci dietro le macchine parcheggiate.
“Sì lo so Yama-chan, tranquilla.” Bisbigliò Kaname mentre continuava a carponare.
“Sì, certo…” bisbigliai alzando gli occhi al cielo e sbuffando.
 
“Shin mi dici cosa ti prende, eh?” fummo disturbate dal nostro siparietta dalla voce squillante di Ayumi che fissava Shin come un’indemoniata.
“Nulla.” Rispose freddamente Shin.
“Bugiardo, sono giorni che sei freddo e scostante!” urlò Ayumi cambiando voce e mimica facciale. Sembrava disperata.
“Ayumi dobbiamo parlare.” Continuò Shin ignorando completamente il tono disperato della ragazza.
“Vuoi lasciarmi, vero?” sorrise malinconicamente Ayumi abbassando il capo.

Shin la guardava in silenzio, serrando la mascella.

“Oddio, tu vuoi lasciarmi per quella, vero?” alzò di scatto la testa.
“Ayumi…”
“No Shin, non puoi lasciarmi proprio ora. Non ora che…” si fermò ed un singhiozzò uscì dalla sua gola.
“Non ora cosa?” incalzò Shin.

Perché avevo una brutta sensazione all’altezza dello stomaco?

“Sono incinta.” Sentenziò la strega.


Boom.


Il cuore lo sentivo cadere a pezzi. Ecco cos’era quella brutta e strana sensazione.

“Tu cosa? Ayumi, che cazzo dici.” Shin era davvero sorpreso e potevo vederlo il suo sguardo straziato.
“Sono incinta di tre mesi Shin. Avrei voluto dirtelo prima ma non avevo il coraggio.” Ayumi sembrava sincera ed il suo viso contratto ne era la prova.

Ero un mostro. Stavo portando via il padre di suo figlio. Ma come mi permettevo? Chi ero io per fare una cosa simile? Chi ero io per arrivare da un altro Paese dall’altra parte del mondo e portare via gli amori altrui?
Kaname mi guardava preoccupata. Ora che sarebbe successo? Che posto avrei ricoperto? Dovevo andare via?

“Ayumi dimmi che stai scherzando.” Shin era disperato e le sue mani chiuse a pugno non facevano altro che straziare il mio povero cuore martoriato.
“No Shin, no.” Biascicò la ormai ex strega.

Basta, non avrei ascoltato una sola parola in più. Mi alzai dal mio nascondiglio iniziando a camminare come uno zombie. Mi allontanai frettolosamente da quello scenario da disgusto.
Come avevo potuto credere che tutto si sarebbe sistemato?
Come avevo potuto crede che tra noi potesse diventare tutto normale?


Stupida. Stupida Yamashita.


Senza rendermene conto mi ritrovai davanti la tenuta Seiki. Alzai lo sguardo verso quell’edificio che ora mi sembrava improvvisamente un porto sicuro. Fu
allora che scoppiai in un pianto liberatorio accompagnato dai rumorosi singhiozzi che echeggiavano nel silenzio della notte.
Ora che sarebbe successo?
Forse, con un bimbo in arrivo, il nostro matrimonio sarebbe stato annullato.
Forse.
No, non volevo.
Mi rifiutavo di crederci.
Entrai in casa e mi ritrovai Hiroshi davanti con una faccia preoccupata. Da quanto non lo vedevo?

“Ehi Yama, tutto bene?” si avvicinò Hiroshi accertandosi del mio stato. Posò la sua mano sul mio viso bagnato dalle lacrime e lo asciugò.
“Sì.” Risposi atona.
“E’ successo qualcosa?” perché non poteva essere Hiroshi, il dolce Hiroshi, il mio futuro marito?
“No.”
“Sei di poche parole.” Constatò il ragazzo che continuava a fissarmi intensamente.
“Sì.”
“Uhm, vabbè. Richiama tua madre, sembrava nervosa. Voleva parlarti.” Tagliò corto Hiroshi, capendo che non avrei detto una sola parola in più.

Senza rispondergli mi avviai in camera, presi il telefono e digitai il numero di casa.
 


“P-pronto?” rispose mia madre con la voce rotta dal pianto.
“Mamma? “ che stava succedendo? Era scoppiata una bomba del dolore ed io non ne ero a conoscenza?
“Oh tesoro, finalmente…” tirò su col naso mia madre.
“Mamma che succede?” domandai spazientita.
“Devi correre subito qui.” Rispose mia madre con la voce flebile.
“Mi vuoi dire che succede?” sbottai.
“La nonna, la nonna sta male.”


Colpo finale al cuore. L’unica persona che mi aveva capita in tutto, durante la mia breve vita, stava male ed io mi trovavo dall’altro capo del mondo.
 
 

 

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Capitolo 18
*** Chiacchiere tra donne - 1pt ***


A te nonna che ci hai lasciato per raggiungere il tuo amato.
A te che nonostante i vari disguidi alla fine ci sei stata.
Addio nonna.
28/12/2013


 

Trailer 







- Chiacchierata tra donne -







 
Perché quando pensavo che non ci fosse mai fine al peggio, succedeva qualcosa che scombussolava ulteriormente i miei piani?
Ero seduta su quella poltrona sudicia di terz’ordine, di un aereo trovato all’ultimo minuto, mentre mi torturavo le mani per il nervosismo.
Dopo la telefonata di mia madre, dove mi chiedeva, supplicava, di tornare da loro, non ci avevo pensato due volte ed avevo preparato la valigia in fretta e furia.
Ero letteralmente scappata da quella casa che mi stava stretta ultimamente. Avevo avvisato solo il signor Seiki, telefonandolo visto che era nuovamente fuori per lavoro, e la mia dama di compagnia.
Alla domanda che mi era stata posta sulla data del mio ritorno non avevo saputo dare una risposta, perché in effetti non sapevo quando sarei ritornata e soprattutto se sarei tornata.
Ero stata talmente vigliacca da non aver aspettato il rientro di Shin. Non volevo vederlo, parlarci, non volevo fare nulla che riguardasse la sua persona. Mi aveva già ferita ed umiliata a sufficienza. Era giunto il momento di prendere in mano le redini della mia vita. Vita che da quando mi ero trasferita a Tokyo avevo bellamente accantonato.


Fottuto Seiki. Sbuffai mordicchiandomi un’unghia già malconcia di suo.


Mi ero lasciata incantare dalle belle parole, dai suoi gesti, dalle sue mani, dal suo corpo e dalle sue labbra. Mi ero lasciata incantare semplicemente da Lui.
Poteva una ragazza essere così ingenua e stupida da farsi abbindolare così? Ebbene sì. Io ne ero la prova vivente. Avevo abbassato ulteriormente le mie difese dinnanzi a lui. Stupida, stupida donna. Alla fine ne ero uscita con un cuore infranto e un bimbo in arrivo. Non il mio, non il nostro, ma il loro.
Volevo solo poter chiudere gli occhi, dimenticare tutto e tornare a vivere la mia vita di sempre, da normale ragazza di provincia. Era troppo per me? In fondo non avevo mai fatto del male a nessuno eppure quel Dio lassù mi voleva così male da farmi morire lentamente. Giorno per giorno.


Come si può sopravvivere in una situazione come quella? In un triangolo che non è neanche considerato tale?


Perché di triangolo non c’era proprio nulla. Erano solo loro due. Due punti, uniti dal filo rosso del destino. Io ero il nulla più assoluto. Io ero solo un insulso ostacoletto per quel filo indissolubile.
Ero un’emerita cretina. Lo ero, oh sì.
A ridestarmi dia miei pensieri fu la voce del capitano che comunicava a noi passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza per essere pronti all’atterraggio. Eravamo già arrivati? Avevo rimuginato sugli ultimi avvenimenti della mia vita per 14 ore di fila? Ero proprio fusa.
Racchetai le mie cose e mi diressi verso l’uscita per fare il check-out. Una volta finite tutte le pratiche burocratiche mi avviai verso l’uscita del Gate dove c’era mio fratello ad attendermi.
Presi un bel respiro e cercai di scacciare via tutti quei brutti pensieri che mi balenavano nella testa.
Dovevo dimenticare Shin, Ayumi, Kaname e tutto ciò che riguardava quell’ultimo anno passato dall’altra parte del mondo. Dovevo prendere in mano le redini del mio destini e decidere finalmente quale sarebbe stato l’atto finale della mia travagliata storia. Percorsi il corridoio ed alzai la testa appena giunta fuori e mi ritrovai dinnanzi quel timidone di mio fratello. La visuale che mi si parò d’avanti fece crollare le mie certezze. Cosa gli era successo?Non lo ricordavo così alto, così muscolo e così dannatamente bello.
Sembrava un’altra persona e quel sorriso strafottente poi? Da dove l’aveva tirato fuori? E quell’atteggiamento da bello e dannato con gli occhiali da sole e le mani in tasca? Forse avevo sbagliato persona? Magari era solo uno identico a lui.

“Ciao impiastro! “ esordì lui e con rammarico, constatai che si trattava proprio del mio fratellino pestifero.

Mi avvicinai a lui stritolando e baciandolo ovunque.

“Oh mio piccolo e gigantesco Ryo! Mi sei mancato tanto tanto!” non accennavo minimamente a voler allentare la presa su di lui.
“Calma calma, sorellina così mi farai soffocare!” il suo della voce di mio fratello mi arrivò attutivo per via della mia testa spiaccicata contro il suo viso.
Poveretto, gli stavo facendo proprio male.
“Oh scusami!” dissi allontanandomi da lui e sistemandomi la maglietta che nel frattempo si era alzata di qualche cm per il mio troppo muovermi.
“Vieni su! Mamma e papà ci stanno aspettando a casa.” Rispose allegramente Ryo prendendo le mie valigie.

Annuii contenta e lo seguii. Tornare a casa mi avrebbe fatto bene, decisamente.
Avrei rivisto finalmente i miei amici, i miei posti, i miei affetti e tutto ciò che mi rendeva felice. Avrei rivisto finalmente la mia migliore amica Nya.
Uscimmo fuori dall’aeroporto e ci avvicinammo ad una macchina nera. Una Mercedes classe A. Perché mi sembrava familiare? Assottigliai gli occhi cercando di fare mente locale. No, niente. Non ricordavo proprio.
Poi vidi Ryo estrarre dalla tasca dei jeans una chiave. Premette un bottoncino e la macchina di fronte a noi fece il classico click che segnalava l’apertura delle portelle. Mi girai sbigottita verso di lui trovando un sorriso spavaldo stampato in volto.

“Che ti guardi? Ho prese la patente, sai? “ma quanto tempo era passato? Ero mancata solo otto mesi.
“Ma...ma… “ero allibita.
“Dai sorellina, non aver paura. Ti farò provare nuove emozioni.” Mi stuzzicò mio fratello che nel frattempo era salito a bordo dell’auto.
“Si certo...emozioni.” sbuffai facendo roteare gli occhi. Lo seguii e mi sistemai sul sedile anteriore, affianco a lui.

Lo vidi inserire la chiave nel quadro d’accensione. Sentii il rombo dell’auto, segno che si era messa in moto. Lo vidi sistemarsi i capelli, mettere la prima e togliere il freno a mano. C’era qualcosa che non mi quadrava.

“Scusa, ma la cintura?” sbottai guardandolo in malo modo.
“Scherzi? E’ da bimbi.” Sbuffò lui di rimando.
“È per la tua incolumità!” dissi avvicinandomi a lui e prendendo la cintura tra le mani per agganciarla nell’apposito spazio.
“Yama, sempre petulante tu.” disse fingendosi infastidito.

Ridacchiai. Era tanto che non avevamo questi piccoli battibecchi e la cosa mi era mancata da morire.

“Suvvia, non fare l’acido. Lo sai che è per il tuo bene figliolo!”  imitai la voce di nostra madre, corrucciando il viso con fare altezzoso. Ci guardammo e scoppiammo a ridere proprio come eravamo soliti fare anni addietro.

Il mio mondo mi era decisamente mancato.
Dopo tre quarti d’ora di tragitto in macchina, arrivammo finalmente a casa. Sentivo la tensione e l’adrenalina salirmi alle stelle.  Scesi dall’auto lentamente, quasi a voler assaporare a pieno l’aria di casa, quasi a volerla immagazzinare per racchiuderla nei miei ricordi. Non ebbi il tempo di sistemarmi che mia madre mi saltò letteralmente al collo.

“Oh amore mio, finalmente! Dio quanto ci sei mancata! Tutto bene? Com’è andato il viaggio?” sembrava una macchina spara parole. Non riuscivo a fermarla.
“Tesoro, calmati, falla respirare.” intervenne mio padre ed io lo ringraziai con lo sguardo.
“Mamma, papà che ne dite di entrare? Ho le braccia a pezzi.” intervenne Ryo, mostrandoci le mie valigie.

Tra una chiacchiera e l’altra arrivammo in salotto. Mia madre si recò in cucina per prepararmi il mio solito caffè. Era un’abitudine che però avevo perso durante il mio soggiorno nella tenuta Seiki. A quel pensiero mi rabbuiai e mio padre se ne accorse.

“Yama, tutto ok?” alzai lo sguardo di scatto ed annuii con troppa enfasi, aggiungerei.
“Come mai Shin non è venuto con te?” continuò imperterrito mio padre.


Domanda da un milione di Euro.


“Ehm...ecco...aveva da fare.” Balbettai in preda al panico. Come avrei potuto dire ai miei genitori di tutti gli avvenimenti e le avventure che mi erano capitate a Tokyo?
“Sarà…” rispose vago mio padre.
“Dai papà, chissenefrega! - intervenne il mio adorato ed amato fratellino – meglio! Quel tipo non mi è mai piaciuto! Troppo pieno di se e rigido. Sembra di ghiaccio.” Brontolò Ryo.

Sobbalzai a sentire quella parola. Era il modo con cui definivo il comportamento di Shin. Accennai ad un sorriso di circostanza, visto che nel frattempo gli sguardi di mio padre e di mio fratello si erano posati su di me.

“Yama – disse mio fratello avvicinandosi e sussurrando nel mio orecchio – c’è una cosa di cui vorrei parlarti.”

Lo guardai di sbieco ed annuii indicandogli con un gesto della testa le scale che portavano al piano superiore dove c’erano le nostre camere da letto. Ci scusammo con i nostri genitori, dicendo che dovevamo parlare di faccende tra fratelli e ci dileguammo come una nube.
Entrammo nella camera da letto di mio fratello e richiusi la porta alle mie spalle. Gettai uno sguardo fucage alla stanza e con piacere mi resi conto che era proprio come la ricordavo.
Le pareti tinte di un verde quasi sbiadito con le tende a tinta. La scrivania sempre incasinata con un pc portatile pieno di riviste da motociclisti, magliette e jeans sparsi un po’ ovunque. L’armadio verde con un onda al centro delle varie ante color pesco, il letto a castello sempre rigorosamente disfatto. Sorrisi sinceramente, ricordando le nostre litigate quando dividevamo ancora la camera prima che mi buttasse a calci nel di dietro fuori di lì. Era un adolescente, diceva. Sorrisi ancora a quei ricordi così familiari e caldi.


Finalmente sono a casa.


Ryo continuava a guardarmi perplesso  mentre si torturava i capelli con la mano destra.

“Allora, dimmi. Cos’è successo?”Dritta al punto com’ero solita fare.
“Ecco...-continuava con fare nervoso a torturarsi quei poveri capelli color nervino-  mi sono innamorato. Credo.”
“Finalmente fratellino!” Non gli diedi il tempo di continuare che mi avvinghiai a lui, saltellando e gioendo.
“Ecco, è un po’ complicato. Io...- disse abbassando lo sguardo- amo…- prese un lungo respiro- Nya.”

Fu peggio di una doccia ghiacciata.
Cercai di aprire bocca ma la sola cosa che ottenni fu la mascella contratta e spalancata.

“Ecco, da quando sei partita mi sono avvicinato molto a lei. Entrambi sentivamo la tua mancanza e così…”
“Ci sei andato a letto?” ancora diretta.

Si limitò ad annuire.

“Oh.” Fu la sola parola che uscii dalla mia gola. Troppo stupita e troppo sbalordita.
“Si, ma non c’è stato un seguito.” Si sbrigò a dire mio fratello, quasi avesse timore di un mio possibile rifiuto.
“Ti ha scaricato?” domandai sarcastica.
“No. Semplicemente mi sono allontanato io. Stavo bene con lei e mi sembrava strano. Solo dopo aver passato del tempo lontano da lei mi sono reso conto di amarla.” Soffiò tutto d’un fiato, chinando il capo.
“Su forza, vedrò cosa posso fare. Oggi pomeriggio ho appuntamento proprio con Nya! “ dissi strizzando l’occhio sinistro a mo di occhiolino.
“Grazie sorellona. “ arrossì. Che tenero che era. Era innamorato.
 
Il pomeriggio, come ho già detto, avevo appuntamento con la mia amica Nya che non vedevo da ben otto mesi.  Mi preparai in fretta e furia perché come al solito mi ero addormentata al pc leggendo un po’ di fan fiction. Uscii di casa già col fiatone per la corsa nel prepararmi. Arrivai, correndo come un fulmine al luogo d’incontro stipulato con la mia amica: il Newlife Cafè.
Era il nostro bar preferito. Ci passavamo interi pomeriggi sedute a quei tavoli scomodi. Sempre col nostro espressivo decaffeinato a portata di mano. Alcuni vizi erano duri a morire.
All’ingresso c’era già una Nya abbastanza nervosa ad aspettarmi. Forse avevo esagerato col ritardo ma infondo erano solo tre quarti d’ora di ritardo. Che poteva mai essere?

“Ma dico io! – ecco era partita- sono condizioni? Il soggiorno a Tokyo ti ha fatto diventare ancora più ritardataria! Brutta...” non finì la frase perché prese una rincorsa e mi si avvinghiò al collo, lasciandomi innumerevoli baci sulle guancie. Era sempre lei, la solita vecchia Nya.
“Mi sei mancata anche tu!” dissi con voce strozzata. Mi stava letteralmente soffocando quella matta.
“Forza, entriamo!” disse trascinandomi all’interno del locale.

Ci sedemmo al nostro solito tavolino, ordinando i soliti vecchi ed adorati espressini decaffeinati.

“Yama...- disse mentre si portava all’altezza della bocca il bicchiere- è successo qualcosa, laggiù. Vero?”

Colpita ed affondata. Lei e Kaname si somigliavano e parecchio pure. Mi capivano al volo.
Sospirai affranta ed iniziai a raccontarle le ultime novità non tralasciando nulla.

“No ma cioè, dico io. È proprio un idiota quel coglione! Ma come ha potuto! E poi, Mark è venuto in Giappone? Oddio! Sapevo da voci di corridoio che aveva dato di matto appena saputa la notizia del tuo imminente matrimonio…ma da qui a venire fin laggiù…”
“Credimi, son rimasta allibita nel ritrovarmelo davanti. Boh – dissi finendo il mio espressino – Ah, forse dovresti raccontarmi qualcosa anche tu, non credi?” dissi ammiccando verso di lei.

La vidi diventare rosso fuoco in meno di due secondi. Colpita ed affondata. Sorrisi compiaciuta del mio modo diretto di rapportarmi con lei. Il nostro rapporto era così.

“Sono andata a letto con tuo fratello. “fece spallucce.
 
Anche se mio fratello mi aveva già detto di essere andato a letto con la  mia migliore amica, detto da quest’ultima faceva tutt’altro effetto. Mi sembrava quasi un incesto vergognoso. Che stupidi pensieri, per una stupida ragazza.

“Yama? “ richiamò la mia attenzione Nya.
“Uhm? Si dimmi.”
“Mi dispiace... – disse Nya abbassando lo sguardo con fare imbarazzato – non era in programma.”
“Lo ami?” ancora una volta, in quella giornata, ero stata fin troppo diretta.

La vidi sussultare sul posto, muoversi freneticamente, torturarsi le mani e sudare freddo.

“Rispondimi Nya, non puoi nascondermi queste cose! Sono importanti.” Insistetti ancora.
“Sì.” Sospirò affranta.

Sorrisi compiaciuta. Mio fratello, almeno lui, era ricambiato. Almeno qualcosa di buono nella nostra famiglia sarebbe capitato.

“Va’ da lui, stupida.”
“Come? Nono...lui è sparito. Non vuole più vedermi. Sono stata solo una scopata per lui.” Biascicò tristemente la mia amica.

Sbuffai infastidita dalla stupidità di mio fratello e di Nya. Potevano due esseri umani innamorati follemente l’uno dell’altra, non accorgersi che entrambi
morivano d’amore?
L’amore faceva letteralmente schifo.

“Nya, ascoltami bene. Va da lui parlaci e digli tutto quello che senti.” Cercai di convincerla.
“No, mi rifiuterà!”
“Stupida, io non posso dirti certe cose perché è suo dovere dirtele ma tu corri subito da lui. Ascoltami, suvvia!” Forse e ribadisco forse, fu il mio sguardo deciso ma al col tempo dolce a convincerla ad alzarsi da quel maledetto tavolino e correre da mio fratello per urlargli il proprio amore.
“Chissà se anche per me arriverà questo momento un giorno.” sbuffai tristemente.
“Ora  parli anche sola Yamashita?” una voce a me conosciuta mi fece sobbalzare.

Mi girai nervosamente e mi ritrovai due pozze color cioccolato intente a scrutarmi. Da quanto non lo vedevo?

“Oh, ciao Franz…mi hai spaventata.” Biascicai mentre continuavo a guardarlo sbigottita.
“Ho notato! – disse divertito– ma quando sei tornata?“
“Questa mattina.” Risposi secca.
“E non mi hai nemmeno chiamato? Mi ritengo ufficialmente offeso!” disse incrociando le braccia all’altezza dei pettorali ben visibili sotto la maglietta aderente che indossava.
"Ehm, eddai scusami ma ho avuto un po’ di cose da fare.” cercai di giustificarmi.

Franz allora prese la sedia dove pochi minuti prima era seduta Nya e mettendo lo schienale contro il tavolino, si sedette a cavalcioni per poi posare il suo sguardo magnetico su di me.
“E dimmi, cosa c’era più importante del tuo vecchio e caro amico d’infanzia?” disse sornione guardandomi in maniera scettica.
“Cose personali.” bofonchiai impacciata.

Già, io e Franz eravamo amici da tempo immemore. Ricordavo perfettamente tutte le nostre avventure, le nostre cazzate. Ricordavo ancora quando impacciatamente cercammo di baciarci, giusto per provare. Per scoprire quello che per noi era ancora un mistero. Dopo quella sottospecie di bacio ci promettemmo a vicenda che mai più sarebbe accaduta una cosa simile. Ci schifava perché ci consideravamo fratelli, uniti nel bene e nel male. Il nostro rapporto era quasi maniacale, vivevamo in perfetta simbiosi. Ci eravamo allontanati solo quando lui si fidanzò con un’arpia più piccola di due anni ma poi fortunatamente Franz capì il suo errore e la mollò, in malo modo per giunta.

“Che pizza, mi sa che Tokyo ti ha letteralmente fuso il cervello...- assottigliò gli occhi con fare indagatore – o forse il tuo presunto fidanzato.” Non fu una domanda, fu un’affermazione. Purtroppo.
“Franz, non mi va di parlarne.” Scostai lo sguardo sentendo le guancie andare in fiamme.
“Ti ha fatto del male quel bastardo? Ha abusato di te? Giuro che…”ringhiò digrignando i denti.
“Tranquillo. Non ho fatto nulla contro la mia volontà.“ Infondo era vero. Ci avevo fatto l’amore, Sesso, di mia spontanea volontà.
“Tu – disse Franz puntandomi un dito contro – non me la conti giusta. È successo qualcosa,ne sono sicuro! Avanti, spara!”
“Franz, davvero, nulla d’importante. “ forse.
“Ci rinuncio. Con te è un’impresa impossibile. Non riuscirei a cavare un ragno dal buco.” Disse sbuffando e fulminandomi con lo sguardo.

Accennai ad un lieve sorriso.
Franz era l’unico della comitiva con il sorriso stampato perennemente sulla faccia da schiaffi che si ritrovava. Aveva un sorriso ed una parola di conforto per tutti, nessuno escluso. Era stato l’ancora di salvezza di molti di noi. Era il classico ragazzo per bene. Di buona famiglia, agiato, studioso, diligente. Rasentava la perfezione.

“Senti Franz, scusami ma ora devo tornare a casa dai miei. Ci becchiamo in giro, ok?” esordii.
“Uff, vabbè, tanto si fa sempre come dici tu.”

Gli diedi un piccolo buffetto sulla spalla e poi mi dileguai.
No, non sarei tornata a casa. Volevo solo stare un po’ sola e ripercorrere i luoghi a me tanto cari.
M’incamminai per i viali cementati del mio piccolo paese di provincia. C’erano case e palazzi ovunque. Il mio paese era così diverso da Tokyo. Quella Tokyo così illuminata, solare, vivace, vitale e verde. Estremamente verde.
Era tutto così grigio e buio. Di certo la pioggia del giorno prima non aiutava lo scenario collettivo. Era tutto triste. Io ero triste.
Ero scappata da Tokyo, da Shin, dalla Rosa, da Hiroshi, da Kaname, da Micheal e da Mark che era volato in Giappone solo per me.
Che vigliacca che ero. Non avevo mai avuto il coraggio di affrontare le scelte e le conseguenze delle mie azioni. Mi limitavo a scappare ogni qualvolta la situazione diventata difficile. Questa volta avevo usato il pretesto di mia nonna che stava male. Ero scappata nel silenzio più assoluto. Che diamine pretendevo? Non lo sapevo neanch’io.
Ero una fottuta codarda del cazzo. Fine della storia. Avrei fatto meglio a non essere mai nata. Portavo solo rogne. Ero una mina vagante. Dove c’ero io, c’erano guai e litigi. La gente mi aveva sempre abbandonata, lasciandomi sola nel mio fottuto dolore.
Ero arrivata allo stremo. L’età della mia adolescenza era stata una schifo assoluto.
Ed a ventuno anni suonati ero nella stessa merda di anni addietro. Grandi cambiamenti, davvero. Grandi passi avanti, davvero.
Dovevo smetterla di buttarmi giù e reagire, questo lo sapevo anch’io, ma le forze mi avevano abbandonata.
La delusione di Shin pulsava e bruciava ancora fortemente in me.
Non ero ne la prima ne l’ultima a subire una delusione d’amore, eppure mi sentivo incredibilmente sola e sperduta.
Ero impaurita, dolorante, esausta, depressa. Ero un miscuglio di emozioni e sensazione che mi avevano portata a distaccarmi dalla realtà.
Io e Shin non eravamo destinati a stare insieme ed amarci.
Io e Shin eravamo due opposti.
E la storia degli opposti si attraggono è sempre stata una forte puttanata.


Nessuno si attrae, nessuno si desidera. Due opposti sono due opposti. Non c’è un se o un ma.  L’amore è una puttanata in se per se.


Shin aspettava un bambino da Ayumi, per giunta. Loro sarebbero stati una famiglia.
Ed io? Io sarei stata sempre la terza in comodo, la sfascia famiglie. La puttana di turno che cerca di rubare il fidanzato ad un’altra.
Dovevo racchiudere i miei sentimenti e speranze in un cofanetto, chiuderli a chiave, rinchiuderli nei meandri del mio cervello e buttare la chiave di tutto in fondo al pozzo del mio cuore.
Dovevo dimenticare. Non avevo vie di fuga. Dovevo superare tutto ancora una volta, sola. Ce l’avrei fatta come ogni singola volta. Saremmo stati io ed io.
Mi sentivo una pazza a fare questi pensieri sola soletta ma infondo era sempre stato così.Non c’era un’alternativa.

“Oddio, ma che ore sono? Dannazione! Devo correre dalla nonna.” Come risvegliata da un sogno o un incubo, fa lo stesso, mi resi conto che erano le 19.30 ed ero in netto ritardo. Dovevo correre dalla nonna. Dovevo e volevo vederla. L’adoravo.
 
 
Corsi a perdi fiato. Corsi per le strade grigi e tristi del paese.
Col fiatone e con un rossore evidente sulle guance, arrivai finalmente a casa della nonna.
Abitava in un vecchio palazzo costruito negli anni quaranta probabilmente. Grigio, spoglio, buio, tetro e con un portone in stile moderno. Che incoerenza.
Mi avvicinai al citofono e premetti il piccolo bottoncino accanto al nome di mia nonna.mMi rispose mia madre alquanto alterata.
Salii lentamente le scale, quasi ad assaporare il profumo di pulito che emanavano. Arrivai al portone dell’appartamento e suonai il campanello.

“Yamashita Michiyo ti sembra l’ora di arrivare? Eravamo preoccupatissimi!” sbraitò mia madre rossa in viso per la rabbia.
“Scusami mamma, sono colpevole.”le rivolsi uno dei miei sorrisi più finti.
“Forza entra e va dalla nonna, vuole vederti.” Sospirò.

Annuii con forza e la seguii. Percorsi il piccolo corridoio che conduceva alla camera da letto di mia nonna.
Avevo una strana agitazione. Iniziai ad avere freddo. Che stava succedendo? Avevo paura?
Appoggiai la mano tremolante sulla maniglia della porta e con fare delicato l’abbassai.
Era tutto buio. In penombra scorsi la sagoma della mia anziana nonna stesa nel letto.

“Nonna?- azzardai –nonna?” ripetei ancora.
“Oh piccola Yamashita sei arrivata finalmente.” La voce stanza e spossata di mia nonna arrivò ovattata.

Sorrisi nel buio della camera.

“Posso accendere la luce?” azzardai timidamente.
“Certo tesoro. Avanti.”

Premetti il pulsante alla mia destra e l’illuminazione invase la camera.
Dio com’era cambiata.
Le rughe più accentuate, i capelli arruffati, il viso infossato, le occhiaie violacee a far compagnia a quel viso ormai stanco. Eppure, il suo sorriso era sempre uguale, era dolce e materno.

“Nonnina mia come stai?” chiesi dolcemente posando una mano sulla fronte imperlata di sudore di mia nonna ed accennando una carezza.
“Male. Molto male. Ma non importa. Tu piuttosto, dimmi…come vanno le cose laggiù?” chiese mia nonna mentre la sua mano destra andò ad accarezzarmi il volto.

Quella mano, quella stessa mano che mi aveva preparato sin da bambina le polpette che tanto adoravo, che mi aveva accarezzato così tante volte. Mani che avevo sempre desiderato toccare. Mani che avevo paura di perdere.
I miei pensieri furono ridestati dalla domanda che mia nonna mi aveva appena posto.
Ed ora? Cosa raccontare alla moglie dell’uomo che mi aveva cacciato in quella situazione?  Mentire era l’unica soluzione.

“Bene bene, mi trovo benissimo.”
“Non dire bugie, non a me, per favore. Lo vedo dai tuoi occhi tristi e spenti, che qualcosa non va.” Mia nonna mi osservò con fare sospettoso e poi chinando il capo sorrise malinconica.
“No, ma cosa dici!”dovevo migliorare le mie doti d’attrice.
“Dovremmo fare una chiacchierata tra donne, credo. “ disse sorridendomi.


Ti voglio bene nonna.
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 19
*** Chiacchiere tra donne - 2pt ***


 




- Chiacchiere tra donne -
2 pt


















“Di cosa dovremmo parlare nonna? “ci mancava solo una chiacchierata tra donne.


E che donne.


“Di te, del tuo dolore nascosto, del tuo amore. Non credi? “ disse accarezzandomi una guancia dolcemente.

Ma come faceva a sapere tutto solo guardandomi negli occhi?


Quella sua capacità è rimasta sempre un mistero.


La guardavo basita ed interdetta. Mi sentivo nuda e scoperta. Come faceva a capire ogni singolo problema alla perfezione?
Mi morsi il labbro inferiore, cercando di provocarmi un dolore che potesse distogliermi dai miei pensieri, ma fu tutto vano. Mia nonna era lì, col suo sguardo furtivo, che mi squadrava, mi perforava l’anima.
Sbuffai e mi accomodai sulla sedia adagiata di fianco al letto.

“Nonna, ti prego, non credo sia il caso. Sono qui per te, per parlare di te, non di me. “ cercai di sorridere e sembrare il più naturale possibile, ma era tutto vano.
“Io invece credo sia il caso e sai che non mi farai cambiare idea per nulla al mondo Yamashita Elisabetta Michiyo.” Disse accigliandosi.

Oddio, quando mi chiamava col mio nome per intero erano davvero guai.  Odiavo quando mi si chiamava col nome completo. Era odioso. Metà Giapponese e metà italiano.

“Nonna dannazione, sai che odio quando mi chiami così. E poi perché diamine ho questi nomi assurdi? Bah.” Sbottai inacidita.

Mia nonna mi regalò un altro dei suoi amorevoli sorrisi e mi fece segno di accomodarmi accanto a lei sul suo letto.

“Perché sai, tesoro, nelle tue vene scorre sangue giapponese. Tuo nonno era giapponese, ecco perché esiste quel contratto con la famiglia Seiki.”

Ok, ora il discorso m’interessava, eccome.

“Che vuoi dire?“dissi sistemandomi meglio sulla sedia.
“Vuoi sapere tutto?”

Annuii con forza. Ovvio che volevo sapere.

“Tuo nonno, che come ti ho già detto era giapponese, arrivò in Italia all’età di vent’anni. Era solo un ragazzo all’epoca. Era spaesato, in un Paese straniero, non conosceva la lingua, non conosceva niente e nessuno. Poi trovò un lavoro come cameriere in un vecchio ristorante che ora non c’è più. Lì, a lavorare come cameriere c’era un altro ragazzo Giapponese. Shin Seiki.” La voce di mia nonna si disperdeva nell’aria ed io iniziai ad immaginare quel passato lontano dove mio nonno aveva vissuto.

Tuttavia, nell’udire quel nome, il mio cuore perse un battito.

“Shin?” chiesi sorpresa.
“Eh sì, tesoro. Secondo te, il tuo fidanzato perché si chiama così? Ma riprendiamo il discorso. I due ragazzi iniziarono a fare amicizia, ad affiatarsi sempre più. Più i giorni passavano e più il loro legame diventava solido e vero. Un giorno tuo nonno ricevette una lettera. La lettera di sfratto. L’appartamento dove viveva, serviva alla figlia del proprietario, prossima alle nozze. Ti lascio immaginare la disperazione che provò. La sera arrivò al ristorante che sembrava uno zombie e il signor Seiki s’interessò del motivo di tale atteggiamento. Tuo nonno gli raccontò dell’accaduto e Seiki gli propose di trasferirsi da lui. Sarebbe stato comodo per entrambi dividersi le spese e così tuo nonno accettò. Sarebbe iniziato un nuovo capitolo della sua vita italiana. Andarono a vivere insieme. I mesi passavano e le cose andavano a gonfie vele, finché un giorno tuo nonno si sentì male. Shin lo portò al pronto soccorso e lì, diagnosticarono una polmonite. Shin fu sollevato in qualche modo da tale notizia, ma tuo nonno no. Non aveva soldi per permettersi i medicinali necessari per curarsi. Shin lo scoprì e si accollò tutte le spese. Tuo nonno si sentì in imbarazzo e promise di restituirgli tutto il capitale speso per le medicine. Lavorò sodo e restituì sino all’ultimo centesimo. Poi, un nuovo incombente ostacolo, si avventò sulle loro vite. La seconda guerra mondiale. Furono richiamati in patria per arruolarsi. Partirono per la guerra. E lì, sui campi di battaglia, avvenne. Avvenne il contratto. Tuo nonno rischiò di morire attaccato dal nemico e Shin lo protesse col suo stesso corpo. Per riconoscenza, tuo nonno sottoscrisse un contratto dove affermava che l’ultima discendente donna della sua famiglia, si sarebbe sposata con l’ultimo discendente uomo della stirpe Seiki. In breve questa è la vostra storia.”

Per tutto il tempo del monologo di mia nonna trattenni il fiato, quasi per paura di perdermi qualche passaggio del racconto.

“Nonna, io...non so cosa dire. “ ed era vero. Ero basita.
“Non dire nulla. Dimmi solo la verità.” Biascicò stancamente mia nonna.
“Lo amo.” Sentenzia chinando il viso.
“Questo lo sapevo già.”

Alzai lo sguardo andando ad incontrare i suoi occhi stanchi ma ancora vitali.

“Nonna, tra noi è impossibile. Ama un’altra...” non so neanch’io il perché, ma le raccontai tutto. Mi sfogai come non avevo mai fatto. Le mie pene d’amore, le mie paure. Il piano:far soffrire faccia di marmo. Di Shooter, di Mark, di tutti. E lei mi guardava, ogni tanto annuendo e sorridendo.
“Capisco… è una situazione spiacevole ma dunque lui non sa che tu sei praticamente scappata qui, dalla tua famiglia, giusto?” chiese gentilmente mia nonna.
“Giusto.”
“E non sa che tu hai assistito al suo dialogo con questa Ayumi e che non hai visto com’è finita, giusto?” ma mi stava prendendo in giro o cosa?
“Giusto.”
“E quindi non sa che ho una nipote stupida e ancora ingenua, giusto?” disse sorridendo.
“Giu..ehi no, aspetta un momento nonna!” strabuzzai gli occhi, guardandola sbigottita.
“Tesoro avresti dovuto ascoltare tutto il loro discorso. Ora sai solo l’inizio, ma non la fine. Vuoi davvero lasciare che i tuoi sentimenti rimangano in bilico?” mia nonna era davvero saggia e con le sue parole soavi, riusciva a raggiungere il cuore delle persone.

Abbassai la testa colpevole.  Ero scappata da perfetta codarda. Che schifo.

“Cosa avrei dovuto fare? Lasciare che il mio cuore ricevesse l’ultima pugnalata? Nonna io sono stanca di essere forte e di soffrire.” Sbottai guardandola.
“Tesoro mio  il cuore di una donna lo si può calpestare, ferire, distruggere, mangiarlo, strapparema per la forza che ognuno di noi ha, lo si può sempre ricucire, sai? Chiamalo, digli che sei qui, che sei da noi e chiedigli di raggiungerti. Solo con la risposta che ti darà, potrai capire la verità.” Alzai lo sguardo inchiodando i miei occhi con quelli di mia nonna.
“Vabbè, tanto è inutile discutere con te, vero? “ sbottai, sorridendo appena.
“Lo sai benissimo! Forza va a chiamarlo.” Disse tirandomi uno schiaffetto in testa e facendomi un occhiolino.

Mi alzai di scatto dalla sedia, mi avvicinai a lei e le schioccai un bacio sulla fronte.

“Ci vediamo dopo nonna! Ti voglio bene!”

Uscii da quella stanza e da quella casa, correndo. Correndo a perdi fiato col cellulare stretto tra le mani.
Arrivai in un piccolo parco giochi, l’unico ancora decente in quel paese triste. Mi sedetti su una panchina, ancora miracolosamente integra, e composi un numero, il suo.
Uno, due, tre squilli.

“Rispondi ti prego.” Implorai stringendo saldamente il cellulare tra le mie mani.
“Pronto? “ aveva risposto? Era la sua voce quella?
“S-shin? Sono...sono io. Yamashita…” balbettavo come una bambinetta.
“BRUTTA IDIOTA CHE NON SEI ALTRO! SAI QUANTO CAZZO STIAMO IN PENSIERO? DOVE TI SEI CACCIATA IDIOTA? DIMMI SUBITO DOVE SEI E TI VENGO A PRENDERE! NON STARAI MICA CON QUEL COGLIONE DI SHOOTER SPERO!” Shin sbraitava come un matto ed avrei giurato di potermelo immaginare mentre la sua faccia andava a fuoco.
“SHIN! Frena un attimo. Non sono ne da Shooter, ne a Tokyo, ne...-presi fiato e ripresi a parlare – in Giappone. Sono tornata a casa, in Italia. Mia nonna aveva bisogno di me. Non sta molto bene. E poi avevo bisogno di staccare la spina.” Sputai tutto d’un fiato.
“E ti sembra una giustificazione per non avvisarmi? Sai quanto mi sono spaventato eh?” la sua voce sembrava più calma, più rilassata.
“Shin, mi dispiace...io…” non riuscii a concludere la frase perché  sentii due braccia cingermi le spalle in un abbraccio. Sbarrai gli occhi spaventata e lentamente mi girai per vedere chi fosse l’autore di tale gesto.
“Oh mio Dio..” dissi portandomi le mani sulla bocca e spalancando gli occhi.
“Credevi che ti lasciassi scappare?” il suo sorriso brillava come lui.
“Cosa ci fai qui? “ muovevo lo sguardo dal cellulare al ragazzo che avevo di fronte.
“Ho costretto Sana a dirmi dov’eri scappata, stupida. Ed ho preso il primo aereo disponibile. Kaname mi ha raccontato tutto. Sei una stupida lo sai?” disse abbracciandomi forte ed accarezzandomi la schiena.
“Colpevole. “ dissi abbassando lo sguardo imbarazzata.
“Posso sedermi?” disse indicando il posto vuoto al mio fianco.

Feci un cenno di consenso con la testa e gli feci spazio.

“Ho detto ad Ayumi che amo te, ma che comunque mi prenderò le mie responsabilità riguardo il bambino. E non voglio rifiuti, chiaro?” disse tutt’un fiato.
“Shin ma è tuo figlio. No, non puoi.” Avrei davvero voluto che quella fosse la scelta giusta per tutti, ma la verità era che non potevo essere così egoista da togliere il padre ad un bimbo innocente.
“Zitta! “  urlò Shin e dopo di che, in una frazione di secondo, spalmò le sue labbra sulle mie.

Dapprima un bacio dolce e casto che sapeva di disperazione e d’amore. Le nostre bocche si schiusero all’unisono intrecciando le nostre lingue in una danza conosciuta solo per noi.
I nostri cuori, si unirono.
Le nostre anime si unirono.
Il nostro desiderio si unii.
Noi, ci unimmo.

“Ti amo Yamashita. Ora basta soffrire. Basta, intesi?” disse chiudendo le sue mani a coppa sul mio viso.

Annuii rossa in viso e con le lacrime agli occhi. Il mio sogno, il mio desiderio, finalmente si era avverato.
Sorrisi compiaciuta, mentre stringevo stretto a me Shin. Ora era mio. Mi apparteneva. Finalmente. Non volevo più pensare a nessuno oltre noi.
A fior di labbra gli dissi ciò che di più vero e dolce potesse esserci, per me almeno.

“Ti amo Shin Seiki. – poi sorridendo aggiunsi – la nonna aveva ragione.”
Ora sarebbe iniziata una nuova vita. Io e lui insieme.
 
 
 
 
Sarei dovuta essere contenta, vero?
In fondo ora il mio desiderio più nascosto si era finalmente avverato. Shin era diventato mio. Ora sarebbe rimasto con me, giusto?
Eppure un senso di inquietudine aleggiava in me. Mi sentivo strana e tesa. Una paura insensata si era impossessata del mio essere.
Camminavo fianco a fianco con Shin, mano nella mano, cuore contro cuore, eppure mi sentivo in un altro luogo. Fuori dal tempo.
Che diavolo mi prendeva? Perché ora che avevo ottenuto ciò che volevo, mi sentivo così irrequieta?
Poi un volto si fece largo tra i miei pensieri: Micheal.
Già. A lui che avrei raccontato? Come gli avrei spiegato di me e Shin? Ma in fondo Shin avrei dovuto sposare, non Micheal. Ma perché mi ficcavo sempre nei guai? Perché non me ne stavo ferma e zitta? Dannazione a me ed alla mia testaccia.

“Ehi, tutto bene?” chise Shin guardandomi con la coda dell’occhio.

Mi girai verso Shin guardandolo spaesata e spaventata, quasi avessi paura che potesse scoprire i miei pensieri nascosti. Mi limitai ad un mugugno. Non volevo che sapesse. Non volevo che sapesse che pensavo a Micheal.
Che diamine mi stava succedendo?

“Che ti succede? Sei sovrappensiero. E’ successo qualcosa?” indagò Shin dolcemente.

Dio quanto era dolce. Lo Shin che avevo di fronte non aveva quasi nulla del cuore di ghiaccio che avevoimparato a conoscere nei mesi trascorsi a Tokyo.

“Perché? “ mi limitai a dire. Quel perché era pieno di significati. Perché era venuto? Perché mi amava? Perché dirlo ora? Perché farmi soffrire? Perché mettere incinta Ayumi? Perché tutto?
Shin si fermò di colpo, arrestando anche il mio cammino. Ora i nostri sguardi erano incatenati l’uno all’altra. Nei miei occhi si poteva leggere la brama di sapere e nei suoi l’imbarazzo e l’incertezza.

“Yama, ecco…forse dovremmo sederci? Che ne dici?”
“No. Voglio sapere tutto, ora! Ne dopo, ne domani, ora. In questo momento. “ dissi puntando i piedi per terra, proprio come fa una bimba cocciuta.
“Yama, c’è gente. Dai avanti. “ disse grattandosi con la mano destra la nuca.

Ma poi, vedendo la mia determinazione, sospirò rassegnato e si preparò al monologo da me richiesto.

“E va bene. Vedi... – iniziò continuandosi a grattare dietro la nuca – all’inizio ti vedevo come una palla al piede. Pensavo che per colpa tua avrei perso Ayumi. Poi col passare del tempo, vedevo che eri parecchio apprezzata dai ragazzi dell’università. Questo mi faceva sia piacere perché pensavo che ti saresti messa con uno di quelli ma anche fastidio. Non riuscivo a capire. Poi la “nostra prima volta” – disse mimando le virgolette – scoprire che eri vergine, e che ti eri concessa a me, mi aveva creato un senso di disagio ma orgoglio al tempo stesso. Eri stata solo mia ed io da coglione ho detto di amare Ayumi. Poi sei scappata via con quel coglione di Shooter. Lì, già rodevo dalla gelosia. Poi l’ospedale. Cazzo ho davvero avuto il terrore di perderti. Poi ti sei addirittura messa con Shooter e lì non ci ho visto più. Ti volevo solo per me. Sei mia cazzo. MIA! – urlò posando le sue mani sulle mie spalle e stringendo - Poi Ayumi ed il bambino, tu che scappi. Dannazione Yama, ti amo per davvero. Sarei disposto a fare qualsiasi pazzia pur di dimostrartelo.”

Non gli diedi il tempo di proseguire perché mi avvinghiai a lui, alzandomi sulle punte gli tappai la bocca. Lo baciai. Un bacio dolce e pieno di sentimenti. Di amore. Il mio. Il suo. Il nostro.

“Shin ora nessuno ci dividerà più. Resterò per sempre al tuo fianco. Qualsiasi cosa accada.” Soffiai sulel sue labbra sorridendo.

Shin per tutta risposta mi cinse più forte le spalle. I nostri corpi sembravano appiccati da una colla invisibile. O forse no? Perché la nostra colla invisibile si chiamava: Amore.

“Ehi piccola, che ne dici se domani, ci prendiamo la giornata tutta per noi?” domandò accarezzandomi la testa con fare affettivo.

I miei occhi, se possibile, diventarono a forma di cuoricini. Io e lui passare un’intera giornata insieme? Come una vera coppia?

“Sì, sì. Mille volte sì!” squittii allegramente.

Gli gettai le braccia al collo e spalmai le mie labbra sulle sue,con fare possessivo.


È mio. Mio. Mio. Mio. Mio. Mio. Solo e soltanto mio!


“Così finirai per strozzarmi Yamashita! Mollami almeno un po’ dai!” la voce attutita dal mio corpo di Shin, mi fece sorridere.

Dio mio, sembravamo davvero una coppietta felice ed innamorata.

“Oddio Shin, devo...ehm dobbiamo tornare a casa! È tardissimo. I miei saranno preoccupatissimi!” iniziai ad agitarmi immaginandomi già la ramanzina che mi avrebbe fatto mia madre.
“Tranquilla. Non è tardi, vedrai che non saranno preoccupati o arrabbiati.” Cercò di tranquillizzarmi il mio fidanzato.


Vi ho già detto che Shin versione innamorata, era davvero gnocco? Non ve l’ho mai detto? Bene ora lo sapete. Era davvero una visione celestiale. Sublime.


Ci incamminammo lungo il viale principale. Avevo timore ad avvicinarmi, ad unire le nostre mani in un unico gesto. Avevo timore che la mia felicità al quel tocco potesse dissolversi come polvere.
Però,  Shin doveva essersi accorto dei miei timori perché fu proprio lui ad unire le nostre mani.


Proprio come i veri fidanzatini stile telefilm.


L’emozione che provavo era indescrivibile. Mi sentivo una regina. Mi sentivo completa ed amata. Però mi sentivo costantemente in bilico. Il viso di Micheal continuava a tormentare i miei pensieri. Al mio ritorno in Giappone avrei dovuto parlare anche con lui.

“Ehi, siamo arrivati.” Interruppe i miei pensieri Shin sventolandomi una mano davanti al viso.

Alzai finalmente gli occhi da terra e mi accorsi che eravamo per davvero già arrivati. La mia casa era di fronte ai miei occhi. Ma quando ci eravamo arrivati? Non mi ero accorta di nulla.

“Entriamo piccola?”
“Sì...” dissi con un filo di voce. I miei pensieri mi stavano distruggendo.

Ci avvicinammo al cancello e Shin premette il bottoncino del citofono con sopra la targhetta col nome della mia famiglia.

“Si? Chi è? “ che voce squittante che aveva mia madre. Ma perché non mi sembrava la sua voce?
“Siamo Shin e Yamashita, signora.” Disse risoluto Shin.
“Shin e Yamashita...oh…cosa? oddio si..si. “

Uno, due, tre minuti e il cancello ancora non accennava ad aprirsi.

“Ma che sta combinando mia madre?” sbottai spazientita.
“Boh, forse la casa sarà in disordine.” Ipotizzò Shin.

Gli tirai un pugno sul braccio, talmente forte che lui per ripicca mi tirò un pizzico sul fianco.
Dopo cinque minuti abbondanti che eravamo praticamente parcheggiati sotto casa, il portone si aprì, rivelandoci e confermando i miei sospetti, una Nya sconvolta. Capelli arruffati, vestito sgualcito, giacchetta messa alla rinfusa. Decisamente quella non era mia madre. Dietro di lei fece capolino mio fratello Ryou. Lui era messo peggio. Aveva anche la zip abbassata.


Che gran porcellini. Ecco spiegato il motivo del ritardo.


Nya attraversò velocemente il vialetto. Arrivò al cancello dove eravamo io e Shin e con lo sguardo rivolto verso terra, si dileguò con un semplice e sussurrato ciao.
Io e Shin ci guardammo divertiti, per poi avviarci verso il portone, dove c’era ancora un Ryou sconvolto.

“E lui che ci fa qui? “ ecco che Ryou iniziava con la paternale da pseudo-fratello geloso.
“È il mio fidanzato. – dissi alzando un sopracciglio – tu piuttosto, dimmi, come mai tu e Nya siete così sconvolti? Eh? Sporcaccione!”
“Stai zitta impicciona di una sorella!” sbraitò Ryou provocandomi una risatina.
“Lo dirò a mamma e papà, tiè! Così ti faranno il terzo grado! Ahahahah come godo!” dissi continuando a ridere.

Vidi Ryou prendere la rincorsa, per poi sollevarmi da terra e mettermi a mo’ di sacco di patate sulle sue spalle e catapultarmi dentro.

“Forza Seiki, entra. “ecco ora era tornato il solito petulante fratello.

Rivolsi lo sguardo verso Shin che aveva un’aria divertita. Bastardo, anche lui si prendeva gioco di me. I due uomini più importanti della mia vita,si beffavano di me. Me l’avrebbero pagata!

“Mettimi giù Ryou Michiyo. Adesso. Te lo ordino.” Sbraitai continuando ad agitarmi.
“Altrimenti? Che mi fai? Avanti Yamashita, sei alta un metro ed una banana. “ mi prese in giro mio fratello guardando complice Shin.
“Spiritoso. Shiiiiiiiiin – piagnucolai- aiutami ti prego.” per accentuare la mia sceneggiata, inarcai il labbro inferiore facendolo tremare appena. Volevo sembrare il più dolce possibile.
“Niente da fare. Concordo con tuo fratello.” Rispose Shin incrociando le braccia al petto ed alzando il mento con fare altezzoso.
“Bravo cognatino. Tra uomini ci si capisce, sorellina.” Intervenne mio fratello beffandosi di me.
“Mettimi giù! Dannati bastardi! Stronzi!” imprecai. Erano davvero stronzi quei due.
“Dai su, mettila giù. Così ci prepara da mangiare.” Propose Shin strizzando l’occhio destro.
“Giusto! Forza scendi!- disse Ryou scaraventa domi sul pavimento- prepara donna!”
“Stronzi! “rivolsi loro una linguaccia e mi rintanai nella cucina. Me l’avrebbero pagata. Oh sì. E loro stessi mi avevano servito l’opportunità su un piatto d’argento.
 


Ero in cucina intenta a preparare una semplice pasta alla carbonara. Veloce e deliziosa e perfetta per la mia vendetta.
Riempii una pentola d’acqua, accesi il gas e la posizionai sul fornello. Presi una padella, la riempii con un po’ d’olio, appena fu riscaldato, aggiunsi la pancetta a pezzi, facendola rosolare. Preparai l’intruglio di uovo e formaggio.
Ora il piano poteva avere inizio. Presi il barattolo del sale. Versai tre cucchiai grandi nell’acqua, due sulla pancetta e due nell’intruglio. Avrebbero mangiato non pasta alla carbonara, ma SALE, alla carbonara.
Appena l’acqua iniziò a bollire, aggiunsi gli spaghetti. Dopo 20 minuti circa la mia pasta speciale al sale era pronta.
Presi la pentola contenente il cibo e mi diressi nella sala da pranzo, dove i ragazzi nel frattempo avevano apparecchiato la tavola.

“Bene ragazzi, la cena è servita! “ dissi strizzando l’occhio sinistro.

Posizionai la pentola al centro, iniziando a riempire i loro piatti.

“Tu non mangi? “ disse mio fratello.
“No a dire il vero no. Mi accontenterò di un po’ di pane. Grazie. “ non vedevo l’ora di assistere alla loro reazione.

Ecco, stavano portando il primo boccone in bocca.
Tre, due, uno…

“Che cazzo è..aiutoooooooooo! E’ salatissimo.”  urlò Shin.
“Porca puttana, è immangiabile. “ Urlò Ryou.

Ed io? Io ridevo come una matta fissando le loro facce schifate e disgustate. Era davvero una goduria!

“Ahahahah vi sta bene.” Avevo le lacrime agli occhi e la risata non accennava a diminuire.
“Stronza che non sei altro! Vieni qua.” M’intimò Shin.

Ora iniziavano i guai. Shin e Ryou che mi inseguivano?
Salii velocemente le scale, chiudendomi a chiave nella mia stanzetta. Almeno lì sarei stata al sicuro.
O almeno così pensavo.
Ad un tratto sentii dei rumori molesti ed indefiniti provenire dalla finestra.
Appena cercai di muovere un piede, vidi la finestra spalancarsi e fare il suo ingresso uno Shin infuriato.
L’avevo combinata grossa. Davvero grossa.

“Ora me la pagherai.” Ringhiò Shin.

Lo vidi avvicinarsi molto velocemente. Non ebbi il tempo di riflettere, pensare e reagire, perché Shin mi aveva avvinghiata a se, fondendo i nostri corpi.
Avvicinò la sua bocca vicino il mio orecchio. Quel gesto, mi provocò dei brividi.
Mi stavo eccitando.

“Voglio fare l’amore con te. Questa volta da lucido voglio entrare in te, sentirti.” Sussurrò sensualmente.

Ero letteralmente impazzita. La sua voce, le sue braccia, il suo corpo, mi avevano drogata.

“Facciamolo.” sussurrai appena.

Shin non se lo fece ripetere sue volte. Mi gettò letteralmente sul letto. Iniziò a baciarmi. La sua lingua aveva intrapreso una danza con la mia. Le sue mani, avide, accarezzavano il mio corpo. La sua bocca lasciò la mia per lasciare baci umici e dolci lungo il collo.
Sentivo la pelle bruciare. Il cuore accelerare ad ogni cambiamento del suo tocco.
Le sue mani sfottevano i miei seni, il mio addome, la mia femminilità.
Ero in ecstasy. Lo desideravo.

“Shin non ce la faccio più.” Biascicai.
“Shh piccola. Tempo al tempo.” Sussurrò lui di rimando.

Mi morsi il labbro inferiore.  Era una dannato bastardo.
Il mio dannato bastardo.
Iniziò a spogliarmi. Mi tolse la magliettina, lasciandomi in reggiseno. Sganciò il bottone dei jeans ed abbasso la zip, liberandomene infine. Rimasi in biancheria intima.
Sentii le sue mani indugiare, aprii gli occhi per vedere cosa stesse succedendo.
Lo vidi guardare il mio corpo, con una luce nuova negli occhi.
Non come quella della prima volta.
No, quella luce, ora, era amore.
Il nostro.

“Sei bellissima, amore.”

Mi aveva chiamata amore?


Oddio.


Tornò ad occuparsi degli ultimi stracci che mi erano rimasti addosso.
Ero completamente nuda.
Ora toccava a me, giusto?
Imitai tutti i suoi gesti, lasciando anche lui nudo.
Era una visione idilliaca.
Il suo corpo era proprio come lo ricordavo.
Era perfetto.
Ed era tutto mio.

“Sei pronta?” chiese gentilmente Shin.

Annuii.

Questa volta non ci sarebbero stati preliminari.Avevamo troppa foga e voglia di stare assieme.
Di unirci.
Di sentirci nostri, finalmente.
Di appartenerci, finalmente.
Quella notte ci amammo più volte.
Più volte il mio corpo ospitò il suo.
Più volte vedemmo la gioia insieme.
Più volte i nostri cuori si unirono.
Più volte i nostri sguardi s’incrociarono.
Più volte le nostre bocche si unirono.
Più volte, fummo finalmente noi stessi.
 
Ora eravamo finalmente Shin e Yamashita.

Finalmente.

 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 20
*** Fine di una storia? ***










Nota autore: Salve ragazzi!
Ho scritto e rivisto questo capitolo con una canzone fissa. Vi posto il link della canzone in questione, poiché è un po' la colonna sonora di questo epilogo. Spero che l'ascolterete durante la lettura e mi diciate cosa ne pensate.
Detto questo...buona lettura ragazz*!



 


- Fine di una storia? -







Era passato un mese dal giorno in cui io e Shin diventammo una coppia a tutti gli effetti.
Un mese che aveva stravolto la vita di entrambi.
Per un mese avevamo dovuto tenere nascosta la nostra relazione poiché Ayumi era sempre in agguato ed a Micheal non avevo ancora trovato il coraggio di parlare.
Era una situazione assurda. Nonostante fossi  la legittima fidanzata di Shin mi sentivo un’amante. Costretta a ritagliarmi dei momenti da sola con lui, a notte inoltrata quando il resto del mondo ormai dormiva.
Era una situazione umiliante, eppure non demordevo. Lui, Shin, era mio. Dovevo lottare con tutte le mie forze per far sì che rimanesse tale.
 
Eravamo seduti sulla panchina del parco vicino casa, nostra meta fissa ormai. I tiepidi raggi solari di fine ottobre facevano risaltare la pelle candida di Shin, facendolo apparire ancora più bello se possibile.
Era perfetto in ogni suo singolo movimento o gesto.

“Ehi, Yama, tutto ok?” richiamò la mia attenzione Shin.

Colta alla sprovvista, mi girai di scatto incatenando i miei occhi nei suoi.
Erano sempre stati così profondi? Erano sempre state delle pozze di cioccolato fuso?
In quel momento, sentii il click del cervello spegnersi.
Era gnocco, ed era mio. Tutto mio.
Annuii timidamente accocolandomi di più tra le sue braccia, sempre forti e pronte ad accogliermi.

“Shin ho paura che se qualcuno scoprisse cosa c’è tra di noi, tutto questo possa finire. “ semplice e diretta.
“Nessuno riuscirà a dividerci. Non lo permetterò mai più. Ah, vedi di mollare quel coglione di Shooter.” Sbuffò Shin stringendomi ulteriormente a se.
 
In quel mese avevo trovato mille e una scusa pur di non vederle Micheal o di limitare le nostre uscite.
In quel mese ne erano successe di cose.
Da dove iniziare a ricordare tutti gli avvenimenti?
Ah sì, dalla nostra partenza direi.
Gli unici a sapere del soggiorno di Shin a casa mia erano Kyle, Hiroshi ed il signor Seiki, ovviamente.
Una volta arrivati in Giappone, Shin ed io avevamo cercato tutti i modi possibili per lasciare una Ayumi incinta e uno Shooter geloso ed innamorato, e purtroppo da vigliacchi quali eravamo, non eravamo riusciti a portare a termine i punti prefissati. Così ci eravamo ritrovati a fare i fidanzati-amanti. Era una situazione frustrante, eppure in quel momento ci era sembrata l’unica soluzione possibile.
E così fra uscite forzate ed inevitabili con i rispettivi “fidanzati” e incontri clandestini tra di noi, quel mese era passato. E senza rendercene conto mancavano poco meno di tre mesi alle nostre nozze.
Non sapevamo come risolvere la situazione.
Lui aveva Ayumi che aspettava un bambino e doveva prendersene cura. Lui doveva prendersi le sue responsabilità. Lui doveva sposare me.
Quella situazione, però, in fondo, mi stava distruggendo. Kaname non faceva altro che consigliarmi di vivermi il momento e di far scegliere semplicemente a Shin. Ma lui l’aveva già fatto, aveva scelto me.
Ma io? Io potevo accettare un bambino che non fosse il mio? Potevo accettare che Shin avesse un legame così indissolubile con quell’arpia? Poteva sopportare?
La risposta era semplice: NO.
Io non ero il tipo di persona altruista. Non ero quel tipo di persona che accettava tutto incondizionatamente. Io ero una fottuta egoista o almeno con Shin lo ero. Lo volevo soltanto mio. Non volevo che quel bambino me lo portasse via. Non volevo avere sempre paura che tra noi potesse finire. Lo so, ero una fottuta bastarda un altro al mio posto come si sarebbe comportato? Non c’era un manuale di sopravvivenza per chi viveva una situazione come la nostra.
Rodevo di gelosia, ecco tutto.
 
“Terra chiama Yamashita! Pronto? Pronto? Ci sei?” Shin continuava a sbracciarsi d’avanti al mio viso.
“Oh? Eh? Ah sì, scusami amore, ero sovrappensiero. Scusami.” Risposi furtivamente.
“A cosa pensavi?” domandò divertito il mio ragazzo.
“Nulla d’importante. Solo una ricerca che devo fare con Kaname. “ bugiarda.
“Uhm – innalzando un sopracciglio-  sarà…allora ti lascio andare da lei. Ok?” disse poi schioccandomi un bacio a fior di labbra.

Annuii con vigore,per poi alzarmi di tutta fretta e dirigermi verso casa di Kaname.
 
 




“Kaname! Kaname, aprimi! Sono Yamashita!” urlai.

Ero fuori casa di casa da dieci interminabili minuti. Perché diamine non rispondeva? Che le fosse successo qualcosa?
Mossa dalla preoccupazione girai l’angolo di casa e scavalcai il muretto che circondava l’edificio. Mi ritrovai nel giardino, esattamente sotto la finestra della mia amica.
Mi arrampicai stile scimmia sull’albero che si trovava in giardino, cercando di arrivare all’altezza della finestra per vedere se almeno era in casa.
Forse avrei fatto meglio a starmene ferma. La visione che mi si parò d’avanti  fu davvero shoccante.
Kaname seduta a cavalcioni sopra…Shane.


Shane? Shane?


L’amico di Shin?
Uno dei membri della rosa?
Ma cosa mi ero persa?
Purtroppo non sono mai stata brava a fare gli appostamenti ed agitandomi un po’ troppo, caddi dall’albero  sbattendo di schiena sulla terra.

“Dio che male. Dannazione. “imprecai a gran voce.
 
“Oddio, chi è...” le parole morirono nella gola secca della mia migliore amica. Era spaventata e terrorizzata.

Mi rialzai a fatica e tutta dolorante.

“Credo di essermi persa qualcosa, ragazzi. “ dissi ironica.
“Ehm...Yama..ascolta non è…” balbettò Shane.

Non diedi il temo a Shane di finire la frase perché lo precedetti.

“Ragazzi va tutto bene, non dovete mica darmi spiegazioni. Anzi sono contentissima per voi!” E in fondo lo ero. Diamine, la mia migliore amica si era fidanzata con uno gnocco.

Ma io, dov’ero? Dov’ero mentre lei si innamorava? Perché non mi aveva mai detto nulla? Ero una pessima amica.

“Ehm...forse dovrei andare.-.meglio lasciarvi sole.”  Shane si dileguò, lasciandomi sola con i miei sensi di colpa e la mia migliore amica.
“Yama, avrei voluto dirtelo..però…”
“Però ero troppo presa da me stessa per rendermi conto che anche tu ti stavi innamorando e che avevi bisogno di sostegno. Mi dispiace. Sono stata un’egoista del cazzo Kaname. “ conclusi buttandomi sopra Kaname, stringendola in un abbraccio da mozzare il fiato.
“Scema, la tua situazione è più complicata e difficile della mia.” Mi consolò Kaname accarezzandomi la testa.

Oddio, sapevo che dovevo raccontarle tutto. Glielo dovevo.
E così feci. Le raccontai del mio ultimo mese con Shin e di Shooter che avrei dovuto lasciare al più presto.
 
 
 
 
 
 


15 novembre



Mancava un mese e dieci giorni al mio matrimonio con Shin.
Le cose tra noi non erano cambiate, eccetto per il fatto che avevo lasciato Micheal venti giorni prima.
Ovviamente non l’aveva presa bene in un primo momento, giurando vendetta a Shin, ma poi qualche giorno dopo si presentò sotto casa chiedendomi perdono e dicendo che mi augurava ogni felicità possibile.
Ora era rimasta solo Ayumi da sistemare, ma questo toccava a Shin.  Era una questione privata, la loro ed io non potevo farne parte, non ancora almeno.
 
Ero in camera mia intenta a girovagare per il web cercando una qualche idea per un abito da sposa decente ed alla moda. Ad un tratto sentii un bussare incessante alla porta.

“Avanti! “ urlai.
“Ehi, piccola.” Salutò



Oddio Hiroshi.



Da quanto non lo vedevo? Non riuscivamo quasi mai a trovarci per i vari impegni che ci risucchiavano intere giornate.

“Ehi tesoro, che succede?” esordii, guardandolo attentamente,
“Niente  – fece spallucce-sono venuto a salutarti cognatina adorata.”

Inarcai un sopracciglio. C’era qualcosa che non andava.

“Sputa il rospo.” Sbottai.

Era nervoso ed impacciato.  Lo vidi grattarsi la nuca con la mano sinistra quasi a voler smorzare la tensione che lo attanagliava.

“Ecco, vedi, sto per partire.” Sputò ad un tratto Hiroshi, distogliendo lo sguardo.
“P-partire? E dove vai..?” Sgranai gli occhi sbigottita.
“Mi hanno offerto di fare tirocinio a New York, sai com’è…è un’ottima occasione. Ho deciso di accettare senza ripensamenti.”

Avrei dovuto essere felice, vero? Ed infatti lo ero.
Gli saltai al collo lasciandogli innumerevoli baci sulla guancia, sulla fronte e di nuovo sulla guancia.

“Oddio, non sai come sono felice e soddisfatta di te! Complimenti Hiroshi! Complimenti!” gridai dalla felicità.
“Ok,ok…ma adesso mollami!-disse allontana domi con forza da lui – ah...non credi di dovermi dire qualcosa, TU?” disse guardandomi attentamente.
“Chi? Io?” dissi indicandomi con l’indice della mano destra.

Lui annuì convinto.

“E sentiamo di grazia, su cosa? “ripresi.
“Uhm vediamo, forse del fatto che tu e mio fratello state insieme?” disse socchiudendo gli occhi e sbuffando,

Deglutii faticosamente e nervosamente e chinai il capo vergognosamente.
Ma cavolo, mica era un reato amare il proprio fidanzato, giusto?
Giusto?

“Sì. – sospirai – stiamo insieme per davvero però c’è Ayumi, il bambino..insomma un casino.”
“Ma vi sposerete a breve.”incalzò lui.
“Oh grazie, non lo sapevo.” Alzai gli occhi al cielo, esausta.
“Yama non potete andare avanti così. Presto o tardi la questione “Ayumi” – mimò le virgolette- verrà fuori e sia mio padre che i tuoi lo verranno a sapere, cosa credi che accadrà allora?”
“Non lo so e non lo voglio sapere. Voglio solo godermi tutta questa felicità che mi ha invasa. È così sbagliato?” conclusi, andandomi a sedere sul mio enorme letto.
“No che non lo è, ma è sbagliato il modo in cui ti costringi a vivere questa felicità. Non è una cosa sana. Ti distruggerà Yama. Devi rimboccarti le maniche e combattere.” Mi fulminò con lo sguardo Hiroshi.
“Sono stanca di combattere. Mi accontento di quello che ho. In fondo ora Shin è mio, no? Non pretendo nient’altro. Il resto spetta a lui. Io ho già fatto il mio.”
Risposi freddamente.
“Stupida, perderai tutto continuando così.” Urlò Hiroshi guardandomi truce.

Aveva maledettamente ragione ed io lo sapevo. Sapevo che avrei perso tutto non combattendo.
Ma che potevo farci? In un modo o nell’altro avrei perso. Combattendo o no.
E per quello che potevo, volevo godermi Shin e la felicità che mi dava, anche se per poco.
Era così sbagliato?
 
 
 
 
 
17 novembre


Hiroshi era partito da meno di 24 ore e in casa si sentiva  già la sua mancanza.
Il signor Seiki, come suo solito, era partito per un lungo viaggio di lavoro che l’avrebbe tenuto lontano da casa sino alla data del matrimonio.
Shin come al solito era fuori con La rosa. Ed io?
Io ero sola, nel salotto, persa nei miei pensieri più oscuri ed inconfessabili.
Ero confusa, punto.
Fui ridestata dai miei pensieri, dal rumore incessante del campanello.

“E adesso chi diavolo è? “imprecai nervosa.

Mi diressi verso la porta, strascicando i piedi stancamente.

“Si? Chi è?” chiesi.
“Aprimi immediatamente.”


Oh cazzo.


“Ehi...che ci fai qui? “ tirai il viso in una smorfia che voleva sembrare un sorriso.
“Me lo chiedi? Ti scopi il mio ragazzo, il padre del mio bambino e me lo chiedi?!” urlò Ayumi.


Ecco appunto.


“Ayumi ascolta..io..” Non ebbi il tempo di finire la frase, che mi ritrovai il segno di cinque dita spalmate in faccia.


Mi ha schiaffeggiata. Cazzo.


“Lascialo in pace. –sibilò Ayumi a denti stretti – non capisci che io e lui ora siamo una famiglia? Dannazione!  Manda a puttane questo stupido matrimonio! Cazzo Yamashita, mi avevi promesso che non me l’avresti mai portato via! Come hai potuto!” urlò ancora Ayumi.
Fu un attimo. Vidi Ayumi avvinghiarsi a me stringendo dei pezzi di stoffa della mia maglietta tra le sue esili mani. Tremava dai singhiozzi che le morivano in gola.

Mi faceva pena. Stava soffrendo e la colpa era solo la mia.
Ma potevo io, rinunciare alla felicità dopo tutto quello che avevo passato in quell’ultimo anno?

“Ti prego…ti prego Yamashita, non portarmelo via.” Implorò Ayumi in lacrime.
 

Ecco e adesso?


Le suppliche, erano sempre state il mio punto debole.

“Ma..io lo amo…” cercai di giustificarmi.
“Lo amo anch’io. – poi passandosi una mano sul ventre aggiunse- tocca qui… – prese la mia mano e la posò sulla sua pancia. – qui dentro c’è il frutto del nostro amore.”
 
Fottuta.
Ero dannatamente fottuta.
Punto.
 
 
 
 
 
Al tocco della mia mano sul suo ventre indietreggiai quasi scottata.
Pensare che lì dentro c’era il frutto del loro amore, mi schifava.
Pensare che loro due avevano fatto l’amore mi schifava.
Pensare che lui fosse entrato in lei, mi schifava.
Pensare che lui dopo, fosse entrato in me, mi schifava.
Lui era mio, eppure lei lo aveva posseduto.
Forse, lui, non era mai stato mio.
Perché Dio mi odiava così tanto?
Perché prima mi donava felicità e poi me la toglieva?
Cosa avevo fatto di male?

“Yamashita,ti prego...esci dalla sua, dalla nostra, vita. Noi ora siamo una famiglia. Rinuncia a questo assurdo matrimonio. Sai benissimo che io e lui siamo destinati a stare insieme e questa creatura -toccandosi il ventre- ne è la prova.”
“Ayumi, io…”ero senza parole. Ecco cos’ero. Mi sentivo in trappola.

Ayumi scosse la testa.

“Yamashita non dire nulla. Dimmi solo che andrai via. Che ci lascerai in pace. Che tutto tornerà come prima. Prima del tuo arrivo.” Mi supplicò.
 

Cosa avrei dovuto fare?
Sparire ed accettare tutto, come avevo sempre fatto? O restare e combattere per me e Shin?


Perché tutte a me?


Non risposi alla preghiera di Ayumi. Mi limitai a chiuderle la porta in faccia ed accasciarmi, distrutta, per terra con le spalle contro la porta.

“Cosa devo fare? “ dissi prendendomi la testa tra le mie esili mani.

Ero persa, confusa e vuota.
Ero sola.
Lo avevo ammesso.
Ero sola con me stessa.
 
 
 
 
 
18 dicembre



Era passato un mese da quell’incontro con Ayumi di cui non ne avevo fatto parole con nessuno.
Nessuno sapeva di quella mia chiacchierata con la strega. E nessuno doveva saperlo.
In quel mese avevo preso in considerazione ogni tipo di decisione possibile, ma mai nessuna che mi appagasse completamente.
In più, alla confusione ed alla solitudine, si era aggiunto il mio stato fisico pessimo.
Nell’ultimo periodo avevo avuto continui capogiri, dovuti allo stress pre-matrimonio ed Ayumi che continuava ad assillarmi.
Non mangiavo quasi più, il sonno ormai era andato perduto da tempo. Ero davvero ridotta ad uno straccio. Avevo delle occhiaie da far concorrenza alle borse di Mary Poppins.
 
“Signorina Michiyo?” mi chiamò Sana.
“Uhm? Dimmi Sana.”
“Ecco, dovrebbe scendere un attimo giù nel salone, c’è la signora delle bomboniere. Dovrebbe scegliere quella che le piace di più.” M’informò gentilmente Sana.
“Uh fa un po’ tu. Non importa. “ dissi liquidandola con un gesto della mano.
“Signorina si sente bene? Ha un’aria strana.”
“No, a dire il vero no. Vomito da stamattina.” Risposi stancamente.
“Chiamo il dottore?” domandò.
“No tranquilla, sarà una banale influenza.” Risposi stufa.

Però il viso sospettoso della mia dama di compagnia non mi rilassava affatto.

“C’è qualcosa che non va?” sbottai.
“Signorina per caso ha nausee?”
“Sì, e allora?” dove voleva arrivare?
“Ha un ritardo con il ciclo mestruale?” indagò ancora.
“Cosa? No no credo, aspetta…- dissi avvicinandomi alla mia scrivania e prendendo il mio diario – oh cazzo...sì. Due settimane… oh no. Aspetta. No no no no non vorrai intendere che sono incinta?!” squittii in preda al panico.
“Potrebbe essere signorina. Potrebbe essere.” Disse con il suo solito sorrisino indiscreto.


Cazzo. Ed ora?


“Signorina forse dovrebbe fare un test di gravidanza, non crede?”
“Sì, credo anch’io Sana. – dissi posando una mano sul mio ventre. – senti, potresti…”
“Vado subito a comprarlo.” Tagliò corto Sana.
“Non dire nulla a Shin.” Sussurrai.
“Come desidera. “ ed uscì dalla mia stanza, lasciandomi sprofondare nella desolazione più totale.


Sono fottuta.
Se sono incinta? Come farò? Cazzo. Devo chiamare Kaname. Subito.
 
La mia amica si precipitò letteralmente a casa Seiki.

“Tesoro mio..-disse abbracciandomi – come stai?”
“Male, come vuoi che stia? Che farò se sono..oddio non riesco neanche a dirlo.” Dissi tra le lacrime.
“Nulla! È una cosa bellissima. Bellissima cazzo. Avrete un bimbo insieme!”

La faceva facile lei.
Qualcuno bussò alla mia porta.

“Signorina..- ecco il momento della verità – ecco a lei “ disse Sana porgendomi il pacchettino.
 “Forza piccola Yamashita, puoi farcela. “ M’incoraggiò Kaname.

Annuii ed entrai in bagno. Seguii alla lettere le istruzioni del test.
Attendemmo sedute l’esito del test, con i palpiti cardiaci a mille.

“Sono passati i dieci minuti. “ mi avvisò Sana.

Annuii e mi diressi nuovamente in bagno.

“Oh cazzo.” Imprecai.
“Allora?”Dissero all’unisono Kaname e Sana.
“È...è positivo. “ risposi atona.


E adesso?


“Oddio che bello! “ dissero entrambe le mie “amiche”, abbracciandomi.
“Sì..che bello” dissi in un sussurro flebile.

Ora sarebbe iniziata la parte più difficile.

“Ragazze vi prego scusatemi, ma vorrei restare sola per un po’.” Dissi abbassando la testa.
“Ok, noi siamo di là se dovessi aver bisogno.” Rispose Kaname sorridendomi gentilmente.
 
 


 
24 dicembre


Da quel dannato 18 dicembre mi ero chiusa in me stessa. A Shin non avevo detto ancora nulla della mia gravidanza ed avevo implorato Kaname e Sana di fare altrettanto.
Avevo preso una decisione, avevo deciso sul mio futuro.
Avrei tenuto il mio bambino a qualunque costo.
E quel costo era abbandonare tutto e tutti.
Abbandonare la mia vita a Tokyo.
Mancavano meno di 24 ore al mio matrimonio ed io ero nella mia stanza a preparare le valigie.
Con Shin ero diventata sempre più fredda, ogni giorno di più. Volevo che mi odiasse, ma sembrava non andare bene. Lui mi amava sempre di più.
Avevo scritto una lettera da lasciargli. Una a lui ed una a Kaname. Lo dovevo ad entrambi. Loro, lì, erano stati la mia famiglia.
Sarebbe andato tutto bene, vero?
Avevo un’ultima cosa da fare prima di andare via.
Chiamare Ayumi.
 
 
Sentii bussare alla porta della mia stanza. Mugugnai un “avanti” e fece il suo ingresso la str...ehm Ayumi.

“Ciao.” Mi salutò.
“Ciao a te “ risposi fredda.
“Cosa vuoi, eh?” rispose acida Ayumi.
“Prima di attaccarmi, siediti ed ascolta.” La intimai.

La vidi curiosare con lo sguardo nella mia stanza soffermandosi sulle mie valigie.

“Parti?”

Feci un segno di assenso con la testa.

“Torno a casa.” Risposi atona.
“Davvero?” rispose allegramente.
“Sì, hai vinto.”
“Hai preso la decisione più giusta.” Sentenziò, creando in me un moto di rabbia.


Malefica.


“Devi farmi un favore però.” Incalzai.
“Ovvero?” rispose inarcando un sopracciglio.
“Vedi lì? – dissi indicando l’armadio – lì c’è l’abito da sposa. L’ho preso con le tue misure. Prendilo. Presentati domani in chiesa e sposalo.“

Dio solo sa quanto mi costarono quelle parole.
Dio solo sa.

“Dici sul serio?” squittì la stronza.
“Sì certo… tranquilla è tutto pronto. Lui sarà tuo. Ora prendilo e va a farti bella. “dissi accennando ad un sorriso malinconico.

Mi si avvicinò e mi abbracciò baciandomi la guancia.

“Grazie. “ed uscì dalla mia stanza per sempre.
 
 
 
25 dicembre – Mattina di Natale. Ore 4.30
 
Casa Seiki era ancora nel pieno sonno, ed io, con le mie valigie, ero scesa in giardino aspettando il taxi che mi avrebbe condotta all’aeroporto.
Arrivò alle 4.45 del mattino puntuale. Salii e partii, lasciandomi dietro l’amore e la felicità che quel posto mi aveva saputo donare.
Se mi fossi soffermata a pensare o indugiare ulteriormente, avrei rischiato di prendere in considerazione l’idea di non partire più ed io non potevo permettermelo.
Avevo lasciato la lettera destinata a Shin sul tavolo da pranzo, dove da un anno, facevamo colazione insieme.  Avevo lasciato il mio cuore in quella lettera.
 
Ore 6.30
Shin doveva essersi già alzato. Aveva letto la lettera? La sua reazione?
Ero all’imbarco del Gate aspettando il mio turno per il check-in.
Mai mi era sembrato così angosciante l’attesa.
 
 



POV NARRATORE ESTERNO
Casa Seiki ore 6.33
Shin si era appena svegliato, scendendo le scale dell’enorme villa. La casa sembrava immersa in un sonno profondo. Tutto taceva.
Ad attenderlo c’era una Sana alquanto titubante e spaventata. In mano teneva, tremante, una busta.
Appena ebbe sceso l’ultimo scalino, la donna gli porse la busta.

“Tenga è per lei.” Balbettò Sana porgendo la lettera a Shin.

Qualcosa in Shin sembrò sgretolarsi. Conosceva quella scrittura e la paura di leggerne il testo, lo bloccava.
 

Per il mio Shin.

Shin aprii titubante la lettera. Aveva un brutto presentimento.

Shin perdonami. So che ti sembrerò una bastarda ma credimi, era l’unica soluzione possibile.
Con te  ho passato i momenti migliori e peggiori della mia vita. Mi hai fatta tornare ad amare. Hai innaffiato giorno per giorno quel terreno arido che era diventato il mio cuore. Con te mi sono sentita nuovamente viva, eppure qualcosa mancava.
Il tuo amore.
Il tuo cuore è sempre stato occupato da un’altra persona, che nonostante tutto, ti ama profondamente e che non merita un simile trattamento da parte tua.
In grembo porta il frutto del vostro amore. Non sarebbe giusto abbandonarla così. Non per una come me.
Va da lei, sposa lei, vivi con e per lei. Vivi con lei le gioie ed i dolori di essere genitori.
Il vostro amore è puro.
Combatti per lei.
Perdonami, se puoi.
Oggi sull’altare, ad attenderti, non ci sarò io, ma lei.
Non scappare, non fuggire.
Va, prendila ed amala.
Pensa a voi.
Pensa a lui.
Amali.
Tua e per sempre
Yamashita.
 
 
“Ma…che cazzo significa? Sana? Sana che significa tutto questo?” sbraitò Shin in preda al panico.

La donna non rispose, si limitò a piangere. A piangere per il dolore della sua padrona. A piangere per il sacrificio della sua padrona.
Cosa si può fare quando la donna della tua vita sacrifica se stessa per un amore fasullo? Per un valore che messo a confronto con un amore come quello, impallidiva?
Cosa di può fare quando senti il tuo cuore andare in frantumi e vedi la felicità dissolversi?
Cosa si può fare quando provi quel senso di abbandono e non sai come porvi rimedio?

“Io..non riesco a capire…era tutto perfetto.” Singhiozzò Shin passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
Sana si avvicinò al suo padrone poggiando la sua esile mano sulla sua spalla tremante.
“Non sempre la perfezione è la cosa giusta signorino. Molte volte la vita ci costringe a prendere una decisione importante. Anche se non è quella che vorremmo realmente e la signorina Yamashita, l’ha fatta.” Disse Sana iniziando a piangere.
“Sana, noi ci amiamo..” sussurrò Shin.
“Lo so, lo so. Ma forse per la signorina Yamashita la felicità della signorina Ayumi e del bimbo sta davvero a cuore.”
“Mi sento..”
“Solo?” incalzò Sana.

Il ragazzo annuii.

Era veramente solo.

“Cosa intende fare?” domandò titubante la donna.
“Fare la cosa giusta” sorrise amaro.
“Ovvero?” insistette la donna.
“Prendermi le mie responsabilità. Rispose freddo il ragazzo.
 
 
 
POV YAMASHITA


Ore 9.30
Aeroporto di Tokyo

La voce metallica che annunciava il volo Tokyo – Bari era snervante, quasi surreale.
Me ne stavo seduta lì, su quelle panchine scomode, pronta a salire su quell’aereo che mi avrebbe riportata alla realtà.

“Ultima chiamata per il volo Tokyo – Bari. I signori passeggeri sono pregati di recarsi nelle loro postazioni. Grazie.” Una voce metallica si propagò nell’aria.

Raccolsi le mie cose e mi apprestai ad imbarcarmi, pronta a lasciarmi dietro tutti i miei ripensamenti.
Pronta ad intraprendere una nuova avventura.
Questa volta da sola.
 
 
 
 
POV NARRATTORE ESTERNO
 
Cattedrale di Tokyo
Uno Shin nervoso  attendeva una sposa sull’altare.
Le porte della Cattedrale si aprirono e fece il suo ingresso una maestosa e bellissima Ayumi con un abito bianco.
La marcia nuziale partì ed Ayumi iniziò il suo percorso che l’avrebbe condotta, finalmente, dal suo amato.
Arrivò dinnanzi a Shin, il quale porse la sua mano, che lei prontamente afferrò.
La funzione religiosa iniziò.
Shin per quanto cercasse di reprimere il senso di nausea che l’aveva invase, non poteva fingere che tutta quella situazione era assurda. La donna al suo fianco non era la persona che amava. Non era la donna della sua vita.
Aveva sbagliato tutto sin dall’inizio. Se solo avesse messo da parte l’orgoglio tempo prima, probabilmente al suo fianco ci sarebbe stata Yamashita e non Ayumi.
Aveva giurato di prendersi le proprie responsabilità ma in quel momento si rese conto che gli era costata la felicità.
Mai avrebbe amato Ayumi, mai sarebbe stata la donna alla quale avrebbe pensato giorno e notte.
Mai avrebbe permesso a quella strega di prendere il posto di Yamashita nel suo cuore.
Quanto era stato stupido?
Avrebbe dovuto inseguire Yamashita ed invece da povero codardo bastardo qual’era, si era limitato a presentarsi in chiesa e fare il bravo ragazzo.
Aveva sbagliato tempistica. Avrebbe dovuto comportarsi da bravo ragazzo prima e non in quel momento che tutto era vano.
Shin fu ridestato dai suoi tristi pensieri dalla voce del prete che pose la fatidica domanda.

“Vuoi tu Shin Seiki prendere come tua sposa la qui presente Ayumi in salute ed in malattia, finché morte non vi separi?
 
“Sì. Lo voglio.”
 
 
 
 
E così, mentre un aereo partiva, portando con se il dolore di Yamashita, in quella cattedrale veniva commesso un omicidio.
L’omicidio dell’amore più puro e forte, quello di Yamashita e Shin.
 
Shin e Yamashita non sarebbero più stati un insieme, ma solo una divisione.
 
 
 
 
 
 
 
18 anni dopo…
Mamma, mamma...uffa! Ma è un’occasione unica! Una borsa di studio per Tokyo! Tutta spesata!" urlò la ragazzina cercando di convincere la madre.

La donna, intenta a cucinare, si girò verso la figlia con un viso contrariato.

“No. Ti ho detto no, Sheena. Tu non andrai mai a Tokyo.” Sbottò Yamashita contrariata.
 
 
 
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Ed eccoci giunti alla fine di quest’avventura.
Pensandoci mi sale un magone.
Vi ringrazio di cuore, davvero, per avermi seguita.
Vi ringrazio per le vostre splendide recensioni che mi hanno regalato sorrisi ed emozioni.
E vi ringrazio anche a nome di tutti i personaggi.
Arigato minna!



 

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