Another Blood

di Nutellosa
(/viewuser.php?uid=354711)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter. 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter. 2 ***



Capitolo 1
*** Chapter. 1 ***


Andai nel salone con il mio i-pod il cellulare e dopo essermi spaparanzata sul divano presi il telecomando e accesi la televisione alla ricerca di qualche novità, programma interessante…un qualcosa d’insolito.
“Marilyn fai una cosa alla volta!” feci finta di non ascoltarla e continuai a cercare tra i vari canali un programma decente. Telegiornale, cento vetrine, Violetta, Pappa pig, ancora telegiornale e per concludere in bellezza Uomini e Donne
“uh lascia!! Uomini e Donne aaah quanto tempo che non lo guardo!” sia per farle un dispetto che per non guardare quel programma imbecille misi uno dei due telegiornali
“Marilyn!!! Ti ho detto di lasciare!!! Rimetti quel canale!!! Insomma sei una bestia! Come ti comporti?”
“meglio bestia che gallina come te” mormorai per non farmi sentire da quella finta bionda, taglia -38, tette enormi, denti bianchi bhè una barbie vera e propria.
 L’avevo odiata dal primo momento in cui allungò la mano verso di me parlando come ad una bambina di 8 anni e non come ad una ormai sedicenne anche se guardando in faccia la realtà dopo la “tragica morte” dei miei genitori tutte le persone che conosco cominciarono a parlarmi così. Tutti i miei amici anche se non erano molti, parenti e persone care -anche queste poche- ormai mi guardavano con occhi diversi e non si comportavano con me come una volta. Mentre tutto quello che desideravo era essere trattata come una ragazza qualsiasi, anche la scuola faceva delle eccezioni con me.  
Fissai quello schermo che passava immagini di giovani ragazze mentre di sottofondo una donna tra singhiozzi  implora i presunti rapitori di ridar loro la figlia viva. Pagherebbero qualsiasi prezzo per riaverla. Come dovrebbe essere bello avere dei genitori…
“Da monteral, canda è tutto. Linea allo studio” Monteral. La mia futura città. Abbandonare tutto, dimenticare tutto in una nuova città con nuove persone.
“Oh.Mio.Dio… Marylin hai sentito??? Monteral… come posso mandarti la se accadono queste cose?? No no no non posso!” alzai gli occhi al cielo e misi il programma che lei tanto desiderava per non farle prendere un attacco d’ansia. Mi alzai e andai a guardare cosa stava cucinando per la nostra ultima cena: pasta col sugo alla bolognese e fettine panate. Perfetto.
“Marilyn… non voglio mandarti dai tuoi nonni… cosa mangerai? Dove farai shopping? Oh ti prego resta…” rosicchiando un ravanello le risposi sinceramente
“starò molto meglio nel mondo dei vecchi con Jessica che qua con te” e salii in camera mia a controllare se era tutto pronto.
Nella stanza ormai c’era solo l’armadio vuoto, la libreria vuota e la scrivania anche quella vuota; mi misi seduta a terra e guadai il mio immortale zaino nero ma poi lo sguardo cadde subito sulla valigia fuxia che mi aveva comprato Anne. Fuxia… che colore odioso così femminile e così…rosa.
 Anne era la mia tutrice dal giorno del "tragico incidente" fino al giorno in cui i miei nonni del Canada non avrebbero firmato tutti i documenti per adottarmi. Ma lei era una donna-barbie e questo mi spingeva a non sopportarla ancora di più. Odiava sporcarsi, vestiva solo marca, perennemente a dieta, continuamente informata sulla moda. Io, invece, l’esatto opposto.
“tesoro la cena!!” misi il cellulare in tasca, l’i-pod nella tasca dello zaino e poi scesi di sotto, aprii la porta che portava alla sala da pranzo e li trovai Anne con il suo “ken” che si baciavano appassionatamente.
“mi fate schifo…” sobbalzarono al suono della mia voce e Erick si alzò di scatto in piedi e urlò come un cretino:”SORPRESAAAA!”
“…facevi più bella figura se rimanevi a casa” e mi misi seduta al mio posto. I spaghetti fumanti con sopra il sugo rosso mi fecero sorridere e chiusi gli occhi per inspirare quel aroma di pomodoro,basilico e carne fino in fondo. Aprii gli occhi e senza degnar di uno sguardo quella coppietta cominciai a mangiare il mio piatto. Finii prima di loro due che non facevano altro che scambiarsi sguardi maliziosi, risatine e ovviamente messaggi sui cellulari. La gente da sempre la colpa ai giovani che stanno continuamente col cellulare eppure loro sono peggiori di chiunque altro io conosca. Presi il mio piatto e lo portai al lavandino, dopo averlo sciaquato lo misi nella lavastoviglie e poi salii di sopra. Mi sdrai sul materasso che stava a terra e indossai le cuffiette mettendo la musica il più alta possibile. “è così che va ascoltata così la musica Marilyn. Ricorda queste sacre parole cara” daddy mi ripeteva sempre così. E Veramente la musica si ascolta così. Devi sentire solo a lei. Nessun’altro deve intromettersi.
Mi rigirai nel letto varie volte prima di addormentarmi. Sognai di nuovo l’incidente e di nuovo mi svegliai di scatto. Guardai lo schermo del cellulare 6.30. Era ora di preparasi, avevo un viaggio da affrontare. Canada. Finalmente.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter. 2 ***


Quella mattina non aspettai il secchio d’acqua gelida per alzarmi, indossai i soliti jeans neri e la canotta e mentre scendevo le scale mi pettinavo con il pettine di scorta che tenevo in una scatola di scarpe insieme ad altri oggetti di scorta. In cucina la tavola era già apparecchiata per tre, purtroppo. Presi una di quelle tazze monocolore pentendomi di non aver lasciato qui la mia tazza, l’avrei potuta mettere dopo nello zaino. Osservai la tazza girare nel microonde con dentro il latte “Marylin non guardare il microonde mentre è in funzione potresti rimanere sterile” “pazienza” risposi continuando a fissare la mia tazza girare “non la ascolti mai a Anne?” “a te cosa t’importa Erick?” e presi la tazza, calda ma non abbastanza da riscaldarmi. “stupida orfanella” chiusi gli occhi e inspirai. La mia giornata non andava rovinata. Nemmeno da un cretino, presuntuoso, egoista. Mi misi seduta e appena finita la colazione salii di sopra entrai nella mia stanza per l’ultima volta e guardai quei muri spogli, quella libreria vuota, nulla mi era più famigliare in questa casa. Misi lo zaino sulle spalle, presi la valigia e scesi quelle scale per un’ultima volta, Anne e Erick già erano in macchina ad aspettarmi. Chiusi la porta misi la valigia nel portapacchi, poi mi voltai chiusi gli occhi e pensai:”Scusa mamma se ti ho delusa, scusa papà se non seguo sempre i tuoi piani. Scusatemi davvero se non sono la figlia perfetta ma mi mancate. Addio casa.” Quando riaprii gli occhi tutto era come prima, cosa che io non avevo sperato. Entrai in macchina ed il viaggio fino al aeroporto sembrava non finire più, proprio come le raccomandazioni di Anne sulle cose che dovevo-potevo e quelle che assolutamente mi era vietato fare. Ero continuamente tentata di ricordarle che vado a casa dei miei nonni e non in una casa di sconosciuti. Al check in mi voltai per guardargli e per la prima volta abbracciai quei due individui. Non mi sarebbero mancati ma mentii e guardando le lacrime di Anne dissi “mi mancherai Anne” grossa bugia. “oh piccola tu già mi manchi” e mi riempì di baci, la lasciai fare. Feci tutti i controlli che andavano fatti e quando mi obbligarono a togliere la collana della mamma esitai un pochino, ma dovevo farlo. Una volta sul aereo mi misi ad ascoltare la musica e per fortuna il mio posto era accanto al finestrino così cominciai a guardare il piccolo mondo sotto di me. Per qualche strano motivo mi addormentai e al mio risveglio l’aereo traballava e un hostess con una voce da bambina ripeteva: “preghiamo i gentili signori di allacciare le cinture di sicurezza ci saranno varie turbolenze nel atterraggio” feci quanto aveva detto la signorina e continuai a guardare fuori dal finestrino come quel lontano mondo si faceva sempre più vicino. Canada. Monteral. “mi scusi signorina…” voltai il mio sguardo verso quella donna anziana seduta alla mia destra “sì?” stringendo forte il rosario che teneva tra le mani mi chiese “…le dispiace se le prendo la mano?” sorrisi e presi la sua piccola mano rugosa “no signora non si preoccupi” mi sorrise. Aveva degli occhi azzurri, capelli bianchi e ricci; mi ricordava Rose del titanic da vecchia. Ci fu una torbulenza e la signora strinse più forte la mia mano “scusami cara… è la prima ed ultima volta che prendo un aereo.” “non si preoccupi e piacere Marylin” m guardò attentamente e nei suoi occhi sembrava che si designavano due punti interrogativi “Marylin? Come Monroe? Adoro quella donna… i tuoi genitori devono essere suoi grandi fan” riguardai fuori dal finestrino “già…” le ruote del aereo toccarono terra e la signora allentò la presa fino a lasciarla completamente quando tutti applaudevano. Battei le mani anche io ma senza capire il perché, non è forse il lavoro di un pilota portare i passeggeri sani e salvi a terra? A me nessuno mi aveva mai appaludito quando prendevo un 10 a scuola. La donna mi salutò ed io una volta scesa andai dritta a riprendere le valigie:non vedevo l’ora di rivedere mio nonno. Fu facile riconoscere quel fucsia tra le tante valigie nere e marroni, forse Anne aveva fatto bene a scegliere quel colore. Non appena la porta automatica si aprì mio nonno mi corse incontro e mi abbracciò forte ed io ricambiai quel tanto atteso abbraccio. Trattenni le lacrime mentre mio nonno si era lasciato trasportare dalle emozioni e piangeva stringendomi sempre più forte. “Marylin… la mia bellissima merylin” sorrisi e presi mio nonno sotto braccio “andiamo a casa nonno” prese la valigia e mi accompagnò al parcheggio dove sostava la sua bmw metallizzata. Mark, mio nonno, si faceva chiamare da tutti così anche se il suo vero nome è Marcangelo. Tutti tranne che io potevano chiamarlo così. Adorava sentirmi pronunciare la parola “nonno”, forse perché ero la sua unica nipotina. Ma a me non dispiaceva soddisfarlo dicendo solo quella parola. Anche se ormai era un ultrasettantenne sembrava che avesse quaranta o quarantacinque anni, praticava molto sport e la sua pensione da ex generale della marina militare la spendeva in moto, macchine e altre cose non da vecchi. Jessica, invece è la compagnia di mia nonno è una vecchietta simpatica e molto premurosa. Mia nonna morì quando io avevo 6 anni e dopo quasi due anni di solitudine mio nonno si consultò con me e mi chiese se gli era permesso avere un’altra donna accanto a lui. Approvai senza esitazioni. È orribile restare soli ed era anche per questo che io mi trasferii in Canada. Non volevo rimanere sola. Per tutto il viaggio raccontai a mio nonno cosa stavo passando nella mia casa con Anne e il suo ragazzo e lui sembrava non crederci. Parcheggiò e mi aprì la porta di quella che adesso e per sempre sarebbe stata la mia nuova casa. Jessica appena mi vide mi abbracciò forte e dopo aver fatto un suo monologo decise di andarmi a preparare una cioccolata calda perché sarebbe stata benissimo con le frittelle al miele. Il nonno m’indicò la strada verso la mia stanza e non appena aprii la porta della mia stanza rimasi senza parole. -Be continued- (scusate ma non riesco a cambiare il testo -grafia,dimensione etc.- spero si riuscirci il più presto possibile:)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2174409