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di BuzzWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.
Pov. Crystal
Il sole stava appena sorgendo, e ormai New York era lontana e insieme a lei la mia vita.
La strada era libera, accelerai, alla radio la dolce e calma voce di una donna, canticchiai quelle parole:

 
I’ve seen the world
Done it all, had my cake now
Diamonds, brilliant, and Bel-Air now
Hot summer nights mid July
When you and I were forever wild
The crazy days, the city lights
The way you’d play with me like a child
 
E si anch’io avevo visto il mondo, ma nella maniera peggiore che possa esiste. Accesi una sigaretta, mentre i ricordi affioravano, ricordi che solo qualche giorno fa avevo vissuto nella mia pelle, e che adesso mi sembravano così lontani.
Quelle parole crude e dolenti risuonavano:
 
– “Sei una vergona! Sparisci! Ignobile” –  la voce di mia madre che negli anni precedenti era sempre stata dolce, si trasformò aspra crudele e dura.
Mi guardai allo specchietto retrovisore, espirai la sigaretta, i miei occhi verdi erano circondati dal viola di un livido che lentamente stava sparendo «Amore» pronunciai quella solo ed unica parola con amarezza.
Era quello che sapevo io dell’amore, fissai i miei bracci, viola per la troppo eroina. L’amore che avevo vissuto era solo fatto di droghe, sesso e derubare la mia famiglia.
Sfiorai la mia pancia, sentì come una stretta, e nella mente rividi quell’istante: i pugni, calci dati dalla persona che credevo di amare, quella persona che credevo fosse stata al mio fianco.
«Ray che tu possa marcire in galera, lurido bastardo» i miei occhi erano lucidi, sentivo le lacrime scendermi in viso.
 Ripensai a quell’istante:
Entrai in casa tremante e agitata, aprì la porta. Come sempre Ray mi stava aspettando impaziente in un angolino.
Stretti la busta che tenevo in mano «Ray-» ma fui interrotta.
«A-allora l’hai p-portata, dov’è?» la sua voce roca, tremante e i suoi occhi erano spaventati.
Deglutii «Ray ti devo dire che ho usato i soldi per fare delle analisi» ammisi, con capo chino, respirai profondamente e decisi di guardarlo nei suoi occhi marroni «Sono incinta» ammisi.
La sua espressione non era quella che mi aspettavo, era furioso, e fu attimo che mi arrivò un cazzotto sullo stomaco, caddi a terra.
«Lurida puttana, hai sprecato i soldi per una cazzo di visita! Che cazzo m’interessa della merda che porti dentro» le sue parole erano dure, sentirle mi facevano dolere il petto.
Cercai di alzami «Ray senti…» e mi tirò un calciò nel viso.
Iniziò a prendermi a calci nello stomaco, e nel viso, mi rannicchiai cercando di proteggermi, chiusi gli occhi, ma le lacrime rigavano il mio viso. Faceva male, ma non fisicamente, mi faceva male il cuore «Perché? Perché mi stai facendo questo?» dissi con voce fioca.
In fine lo sentì sputarmi addosso, non capì bene cosa disse, ma ricordo solo il buio.
Quando presi conoscenza, mi guardai attorno e la casa era sottosopra. Lentamente mi alzai, sedendomi a terra, alzai le ginocchia e mi rannicchiai nascondendo la testa tra le gambe, e iniziai a piangere, quel pianto fu ina liberazione, era come se non piangessi da una vita – devo andare a casa, nella mia casa – presi coraggio, ma mi accorsi che ero sporca di sangue, ma solo i miei pantaloni era macchiati di quel sangue scarlatto.
Spalancai gli occhi, cercai di trattenere le lacrime e  lentamente mi diressi, grazie ad un taxi, da mia madre nel Upper East Side.
Entrai nel grande appartamento lussuoso, quel lusso non faceva per me, quando mia madre mi vide spalancò gli occhi.
«Tesoro!» disse dolcemente.
Le sorrisi «Mamma» e ritornai nel buio.
Quando aprì gli occhi, mi trovai in una stanza bianca, il leggero vento muoveva le soffici tende. Mi voltai e vidi mia madre dormire su una poltrona accanto a me – che ci faccio in ospedale? – cercai di tirarmi su.
Il letto scricchiolò leggermente, e mia madre si sveglio.
«Mamma» dissi indebolita.
Il suo sguardo freddo «Bene ti sei svegliata. Piccola, lurida tossica!» disse quelle tre parole con rabia, delusione e forse odio.
«Posso spiegarti…» iniziai ad agitarmi, e un macchinario che avevo attaccato da qualche parte del mio cuore, iniziò a lampeggiare.
Mia madre m’interruppe «Aspetta che lo sappia tuo padre» era delusa «Come hai potuto alla tua famiglia» i suoi occhi iniziarono ad essere lucidi, e andò via dalla camera.
Un infermiera fece per entrare, e vide mia madre fuggire via, fece cennò d’entrare.
«È arrivato il segnale che si è agitata signorina» m’informò.
«Niente di ché» cercai di sorriderle, facendo in modo che non sospettasse.
L’infermiera si avvicinò a me, e mi sorrise «Credo che lei sia una donna forte, ed è meglio che lo sappia subito» sostenne.
La guardai con aria interrogativa.
L’infermiera si avvicinò, e mi accarezzò una mano «A causa degli ematomi, ecco…» fece un momento di pausa «Lei signorina, ha perso il bambino» mi fisso nei occhi «Mi dispiace tanto» si alzò lasciandomi qualche istante da sola.
Accarezzai la mia pancia «Il mio piccolo angelo» sussurrai guardando fuori il cielo azzurro – li starai meglio – sorrisi, e sentì le labbra tremare, e il nodo alla gola, e le lacrime iniziarono a scendere, e i miei singhiozzi sembravano non volersi chetare.
Passarono diversi giorni prima che mi riprendessi del tutto, anche in fatto psicologico.
Andai a casa, per lo meno per me era ancora la mia casa.
Trovai già le mie valigie pronte, e mia madre con sguardo freddo e distaccato «Sei una vergona! Sparisci».
Mi diede una valigetta «Tinei questi, e sparisci dalle nostre vite» comunicò.
Presi la valigia «Salutami papà» il mio tono era freddo, e cercai di trattenere le lacrime, faceva male essere cacciati dalla propria famiglia, e andai via, senza voltarmi.
 
Uscì dall’auto strada, i miei occhi erano lucidi, gettai la sigaretta dal finestrino.
Le strade iniziarono ha essere circondate dalla vegetazione, e lentamente sempre di più.
Guardai il navigatore mancava circa un miglio «Sto arrivando nuova vita» asciugai gli occhi e sorrisi.
Guardai la valigetta con su attaccata una lettera di pochi righi:
 
“Cara Crystal,
In una piccola cittadina della Virginia, Mystic Falls, situata vicino a Charlottesville. Si trova un piccolo appartamento di mia proprietà, dove potrai viverci, e iniziare una nuova vita.
Con affetto
Papà”

 

Pov. Alexandria
Un giorno nuovo, una vita nuova , forse devo solo dimenticare e andare avanti , costruirmi una nuova vita, una vita migliore, una vita anche per mia figlia .
Ormai erano quasi otto ore che stavo viaggiando – sono davvero stanchissima e non vedo l' ora di riposarmi su un letto –  mia figlia Sophie è accanto a me, e stava dormendo – sembra così serena , beata lei – io non riuscivo a trovare un momento di pace, ogni minuto, secondo, mi passavano nella mente le immagini del mio passato... Piene di dolore, tristezza e angoscia.
Ormai sono passati sette anni da quel giorno, il giorno in cui dissi a miei e a John che ero incinta. A quel epoca ero piccola e credevo nel amore di John, mi sbagliavo.
 
Appena glielo dissi, lui mi guardò schifato e mi spinse fuori da casa sua, provai un dolore enorme.
Quando tornai a casa dei miei genitori, mi fecero trovare le valige già pronte. Gli chiesi spiegazioni e loro mi dissero queste esatte parole, non le dimenticherò mai «I genitori di John ci hanno offerto un sacco di soldi per farti tacere. Tu adesso te ne andrai, e non vogliamo né te né quel essere schifoso che ti porto dentro. Vattene davanti ai nostri occhi, non sei niente» le parole di mia madre erano ancora incise nella mia mente, «Non ce l’hai fatta a stare senza scopare vero, hai bisogno sempre di avere un cazzo tra le gambe. Puttana! Ora avrai quello che ti meriti. Vattene! Sei uno schifo di figlia, mi vergogno troppo. Vattene ho detto!».
In quel momento, mi ricordo, provai la sensazione peggiore al mondo, Sentì il mondo cadermi addosso, ero sola.
Non avevo nessuno, non volevo vivere, decisi di uccidermi.
Quel giorno se non fosse stato per quella Desy, avrei fatto lo sbaglio più brutta della mia vita.
«Signorina, cosa fa in piedi sul ponte? È pericoloso. Scenda la prego» mi disse, la guardai, era una vecchia signora, con i capelli bianchi, mi guardava preoccupata.
«Perché io? Cosa ho fatto di male? Perché non possono accettare il mio bambino?» dissi piangendo.
Lei mi guardò e si sedette su una panchina, accanto a me «Tu non ti butterai. E lo sai perché?  Perché non è il tuo momento di morire. Tu non ti butterai, perché non sei sola, tu adesso. C'è una vita in te, e non puoi decidere anche per lei. Lei vuole vivere, crescere e darti quel calore che ti hanno tolto. Vuole renderti orgogliosa. Tu non puoi decidere per la sua vita. Perciò figlia mia, scendi da lì! Non sei sola, ora hai tuo figlio e non puoi lasciarti andare ora. Avanti prendi la mia mano» il calore di quella mano, così morbida e rugosa.
Da quel giorno Desy e suo marito Rick , mi aiutarono a crescere mia figlia. Desy morì e suo marito entrò nella depressione più profonda, dopo pochi mesi di tolse la vita. Ed allora io ero di nuovo sola, con una figlia di sette anni, ma dovevo darmi forza se non per me, per mia figlia. Così decisi di trasferirmi a Mystic Falls.
 
Sentì mia figlia muoversi e mugugnare «Mamma siamo arrivate?» mi chiese sbadigliando.
Le sorrisi e le accarezzai i capelli «No, tesoro. Manca davvero poco. Vuoi un succhino così prendi anche le medicine?» lei annuì.
Le diedi il suo succo, con calma, la guardai e pensai – È la cosa più bella del mondo – le accarezzai i suoi capelli biondo scuro, lisci con dei piccoli boccoli alle punte, le sue guance rosee e paffute , il suo sorriso che amavo – È la bambina più bella del mondo. Anche se penso che ogni mamma consideri suo figlio il più bello del mondo –  i suoi occhi erano ambrati e molto espressivi  potevi leggerle l’anima da quei due grandi occhioni – Ha preso molto da me, e di questo ne sono molto fiera. È la mia bambina è l’unica cosa che mi dà la forza di alzarmi la mattina e affrontare la giornata. Lei è il mio mondo. Ho giurato davanti a Dio. il giorno della sua nascita: che l' avrei sempre protetta , l’avrei educata bene, non avrei mai commesso gli stessi sbagli dei miei genitori. Le avrei insegnato ad essere una persona buona, che non c' è niente di più bello dell'amore. Mia figlia sarà quello che io non sono mai stata. Lei è l'unica cosa buona che abbia fatto nella mia vita – pensai mentre la guardavo.
«I gentili passeggeri sono pregati di allacciare le cinture di sicurezza. Fra qualche istante inizieremo la manovra di atterraggio» disse la hostess all’altoparlante.
Mia figlia si girò verso di me «Siamo arrivate mamma?».
Io annui, inizia a mettere le nostre cose nel bagaglio a mano «Sofie metti il giubbottino che farà freddo» presi il giubbotto dallo zaino, e glie lo porsi.
Sofie si mise il giubbotto con fare maldestro «Fatto mamma».
L’aereo atterrò, e scendemmo.   
Ad aspettarci c'era l’agente immobiliare, da cui comprai la casa.
Uscimmo dall'aeroporto e entrammo in un taxi .
Dopo un po’ vidi il cartello con scritto: "BENVENUTI A MYSTIC FALLS ".
«Mamma io ho fame. Andiamo a mangiare» mormorò Sofie.
Le sorrisi «Ora andiamo a mangiare. Mi scusi ma c'è un ristorante non troppo lontano dall' abitazione?» gli chiesi all’agente immobiliare.
Lui mi rispose «Certo. Ora ci andiamo» fece una piccola pausa «In verità è un grill, si chiama Mystic Grill, ma si mangia bene. Io però proporrei di andare prima a vedere la casa e poi vi accompagno al Grill».
Annuii, cinque minuti dopo arriviamo davanti a una piccola casa con un  piccolo giardino.
«Ecco a voi, la vostra nuova casa. Come le sembra?» domandò.
 Rimasi incantata, era così bella e normale e felice.
 Sofie esultava felice, esclamando «Mamma è bellissima!».
La guardai, con le lacrime agli occhi.
Questa casa è il nostro nuovo inizio, la possibilità di ricominciare «È perfetta».

 




Angolo Autrici:
Salve a tutti! Siamo 
Eva Wolf & Marika Buzz.
Siamo due ragazze che Amano scrivere.
Spero che la nostra storia vi piaccia. 
Grazie per aver Letto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***



Capitolo 2
Pov. Crystal
Fermai l’auto.
«Destinazione Giunta» comunicò il GPS.
Mi voltai verso il finestrino e ammirai la casa in pietra dai contorni definiti dal bianco legno, a due piani, dalle grandi finestre bianche, un delizioso portico dove si trovava: una sedia a dondolo e un tavolino. Davanti alla casa si trovava un acero rosso, ed era tutto circondato da una staccionata bianca.
Scesi dall’auto, aprì il piccolo cancelletto nero di ferro battuto, percorsi la piccola stradina, mi fermai ad ammirare il grande acero rosso, salì i tre gradini, e mi guardai attorno.
La porta davanti a me, era rossa, alla mia sinistra la sedia a dondolo e il tavolino.
Prima che inserirsi la chiave nella serratura mi accorsi di un bigliettino:
“La casa è stata ristrutturata e riammobiliata. Spero che sia di tuo gradimento.
-Papà”
 
Presi il bigliettino ed entrai.
Le pareti erano un color crema, e davanti a me delle scale dove salendo si trovavano delle foto.
Mi voltai a destra, dove si trovava un piccolo muricciolo con un arco, dove s’intravedeva un divano ad angolo nero, con dei cuscini rossi.
Mi incamminai, e mi diressi dietro il divano, dove davanti un mobile bianco: al suo centro si trovava un televisore a schermo piatto, e ai lati le vetrinette dove all’interno si trovavano dei servizi, foto, e dei fiori. Davanti al divano un piccolo tavolino da salotto bianco, situato sopra a un tappeto nero, tutto di un stile inglese.
Mi voltai e si trovava una graziosa cucina bianca in stile classico-country, mi avvinai sfiorando col dorso della mia mano la superficie levigata, aveva una forma a “U” e nel centro si trovava una penisola con dei sgabelli neri in ferro battuto.
Alla destra della grande sala si trovava un tavolo bianco, dalle sedie di identico colore, e in mezzo un vado si fiori un po’ appassito. La grande sala era illuminata dalle grandi porte finestre.
Guardai incantata la grande sala,
Salì le scale incuriosita, dove si trovava un piccolo corridoio.
Aprì la prima porta dove si trovava il bagno: dalla bianca vasca da bagno dalle zampe di leone e il rubinetto d’oro, come anche quello del lavandino, tutto era di un color beige e oro.
Nella seconda porta a destra, una camera da letto: difronte si trovava il grande letto a baldacchino in ferro battuto nero, dalle coperte da un motivo floreale marrone pastello, ai lati due comodini color crema. Entrai e mi sedetti nella piccola panca che si trovava davanti al letto, alla sinistra di fronte alla porta, l’armadio color crema, e fronte a esso una scrivania anche essa di ugual colore. Accanto alla scrivania si trovava una grande finestra dove vi erano appoggiati alcuni libri. Difronte al letto una televisione. Le pareti bianche, e il parquet scuro, tutto in stile Classico.
Mi sdraiai nel letto, respirai profondamente sentendo il dolce odore della casa, mi rialzai togliendomi il dubbio su cosa si trovasse nell’ultima stanza.
Appoggiai la mano al pomello della porta, e quando aprì la porta rimasi sorpresa. Entrai e girai su me stessa, alle pareti si trovavano delle librerie sommerse dai libri, davanti una grande finestra, dove si una scrivania dal colore nocciola. L’altra parte della stanza si trovava una piattaforma più alta dove si trovava un tappeto con dei cuscini dove ci si poteva sedere e un tavolino, mi sedetti su uno di quei cuscini, ammirando i libri intorno a me.
Urlai di gioia, una gioia che non provavo da tempo, mi sentivo come una bambino il giorno di natale.
«Questa si che si chiama casa» urlai con tutta la felicità in corpo.
Allegramente, saltellai gioiosa fino alla macchina dove lentamente sistemai tutte le mie cose.
 
Guardai l’orologio 19:28
«Cavolo!» esclamai «Meglio che vada a cercare un luogo dove servano del cibo» dissi fra me e me.
Spensi il televisore, e guardai soddisfatta i scatoloni ormai tutti vuoti.
Andai bagno, e aprì l’acqua della vasca, mi sedetti davanti alla specchiera. Pettinai i miei lunghi capelli rossi, mi avvicinai allo specchio e vidi il colore violaceo del livido più lieve, misi la crema attorno ai miei occhi verdi. Chiusi l’acqua della vasca, mi tolsi gli abiti e m’immersi nell’acqua calda della vasca, rilassando tutti miei muscoli, chiusi gli occhi – qui è il luogo dove posso ricominciare, il luogo dove posso avere un’altra possibilità, una nuova vita – aprì gli occhi, e fissai il cielo azzurro dalla finestra – ho sempre pensato che la vita fosse come una melodia, come in un orchestra: nei momenti felici i clarinetti possono suonare allegri, mentre nei momenti difficili il suono del violino lento e triste. La mia vita è sempre stata suonata da un violino, e per dipiù in modo non melodico. Ma sono qui per far risuonare la mia orchestra per far sentire l’assolo allegro dei clarinetti – pensai, mentre mi insaponavo.
Usci dalla vasca, avvolsi l’asciugamano lungo il mio corpo e andai in camera, prendendo i primi vestiti: i soliti aderenti Jeans, una lunga canottiera larga con su stampato la dolce faccia di un panda, e presi una larga felpa, e infilai le mie sneakers preferite.
Uscì di casa – e adesso dove cazzo vado? – pensai, e andai verso la casa di fronte.
Suonai il campanello.
Si sentì un voce profonda urlare «Arrivo!»
La porta si aprì, e spalancai gli occhi.
Si trovava davanti a me, un ragazzo alto, a dorso nudo col fisico da atleta. I suoi occhi blu come le acque del mare, e i capelli colore del grano.
Sentì le guance accaldarsi «Ciao, sono Crystal. Abito qui difronte» indicai la casa alle mie spalle.
Lui si guardò, e mi guardò imbarazzato «Aspetta vado a mettermi una maglia»
Sparì – cavolo perché mi è cascato l’occhio – rimpiansi.
Ricomparve, con una T-shirt addosso «Ciao, sono Matt Donovan»
Sorrisi a vedere quel dolce sorriso «Volevo sapere se conoscevi un luogo dove si mangia bene?»
Alzò le sopracciglia «Certo, ci sto andando. Vuoi un passaggio?» domandò.
«Sì, grazie» risposi – sono tutti così cordiali – .
Il ragazzo ritornò dentro, e uscì, e mi fece cenno di seguirlo fino al suo pick-up.
«Che cosa ti porta a Mystic Falls?» domandò, mentre uscì dal vialetto di casa sua.
Stetti qualche istante a pensare «Una vita» fissai fuori dal finestrino, le strade circondate dal verde degli alberi – a New York se volevi vedere un albero dovevi andare a Central Park – guardai Matt.
«Tu cosa fai qui a Mystic Falls?» domandai a mia volta, con fare divertito.
«Beh! Studio e lavoro» spiegò.
Spalancai gli occhi «Studi? Ma quanti anni hai?» chiesi sbalordita.
«Faccio l’ultimo anno delle superiori…» spiegò.
«Cavolo! Sembri molto più grande» ammisi.
L’auto si fermò «Siamo arrivati» avvisò sorridente, aggiunse «Scusa ma tu quanti anni hai?» domandò con un aria confusa.
«Primo non si chiede mai l’età a una donna. Secondo ho ventidue anni» risposi.
Lui spalancò gli occhi «Pensavo fossi più piccola» ammise.
Risi divertita, lui mi sorrise.
Scendemmo dal veicolo.
«Quella è la tua entrata» indicò la grande porta a vetro.
Annuii «Perché tu da dove entri?» domandai stranita.
«Dall’entrata del personale» spiegò.
«Aah ok! Allora esigo che tu sia il mio cameriere» sorrisi.
Lui sorrise e si avviò alla sua entrata.
M’incamminai all’entrata e attaccato alla porta trovai un cartello:

“CERCASI DISPERATAMENTE Cameriere/a e un/a Barman”

Sorrisi – oggi è il mio giorno fortunato – sorrisi, e presi il cartello.
Mi accomodai su un tavolo, presi tra le mani un menù.
«Cosa desidera?» domandò la voce familiare.
Alzai gli occhi, e vidi quegli occhi blu che fissavano quel blocchetto di appunti.
«Un lavoro» sorrisi, e mostrai il cartello.
 
 

 
Pov. Alexandria
«È perfetta» ammisi.
L’agente immobiliare sorrise soddisfatto «Bene sono felice che vi piaccia. Allora se volete vi faccio vedere l’interno?» chiese.
Sentii un brontolio, e abbassai lo sguardo, e vidi Sofie con una mano sullo stomaco.
«Mamma, ho tanta fame» si lamentò.
Le sorrisi, e guardai l’agente immobiliare «No, grazie non c'è bisogno. Vorrei andare a questo Mystic grill» comunicai.
lui annuì «Ok! Allora ci incamminiamo a piedi. Non è molto lontano» spiegò «Ma prima volete posare le valigie?» chiese l’uomo.
Annuii ed andammo a prendere le valige.
Uscimmo e ci avviammo al Mystic Grill.
 
Dopo cinque minuti arriviamo a destinazione.
L’insegna del locale era in legno “Mystic grill”.
Entrammo, e la maggior parte delle persone erano parecchio giovani. Andammo verso il bancone, passando in mezzo ai tavoli – È molto carino come posto –  notai i tavoli da biliardo. Arrivati al bancone, si trovava un ragazzo muscoloso, altro e dai occhi blu, ci sorrise «Buona sera. Mi chiamo Matt, cosa volete prendere» domandò il ragazzo, con fare gentile.
«Voglio mangiare Matt» disse Sofie.
Lui le sorrise, e si porse per accarezzarle i capelli «Davvero piccola. Cosa vorresti mangiare? Abbiamo di tutto» esclamò sorridente.
«Vorremmo un tavolo» chiesi.
Il ragazzo mi squadrò e mi sorrise maliziosamente – Mamma mia! Ho mia figlia qui davanti, e tu che fai il marpione – pensai.
Il ragazzo si ricompose «Ok, volete ordinare»  chiese.
«Io voglio un toast e delle patatine. Io amo le patatine» ordinò Sofie sorridente – ha solo sette anni è ha già le idee chiare – sostenni.
Matt rise divertito «Ok piccolina toast e patatine. Vuoi anche una bibita? Una coca-cola?» le chiese.
«No, niente coca-cola, solo dell’acqua grazie» m’intromisi «Per me un panico con pollo e insalata, e patatine anche per me» ordinai. Mi voltai verso l’agente immobiliare «Vuole rimanere a cena con noi?» proposi.
«No, grazie per l’invito, ma devo scappare. Ecco le chiavi» mi diede il piccolo mucchietto argentato «Buona permanenza a Mystic Falls» mi augurò.  
Gli sorrisi «Grazie e arrivederci»
Sofie col gesto della mano salutò l’uomo, lui ricambiò il gesto, e andò via.
 
«Siete appena arrivate» chiese improvvisamente Matt.
Annuii «Siamo arrivate prima»
«Oh! Allora benvenute a Mystyc Falls» aprì le braccia.
Risi «Ti ringrazio Matt» lo ringraziai
«Ok potete andare a sedere. Vi porto tutto io quando è pronto» avvisò.
Annuii e presi mia figlia per mano, e ci andammo a sedere ad un tavolino appartato.
Mi guardai intorno: c’erano parecchi ragazzi e ragazze, che scherzavano bevendo birra, alcuni giocavano a biliardo e altri stavano seduti a parlare e scherzare
A un certo punto vidi Matt avvicinarsi a u  tavolo, parlava con una ragazza dai capelli rossi che gli fece vedere un annuncio.
Ritornai a fissare Sofie «Ti piace questo posto?» chiesi.
Lei mi sorrise e annuii
«Ok dopo mangiato devi prendere le medicine» le menzionai
Lei mise il broncio
«Non cominciare Sofie, ti servono le medicine, lo sai» la rimproverai.
I suoi occhi diventarono lucidi «Io non voglio. Non voglio prenderla. Divento sempre stanca» protesto «Per favore mamma, io non voglio prendere più le medicine» i pregò con la voce rotta dal pianto.
«Amore lo sai che ti servono. Neanche io vorrei dartele le medicine, ma ti servono. Lo capisci amore mio» spiegai accarezzandole la test
Lei abbasso lo sguardo e annuì.
 Mi si spezzò il cuore a vederla in quello stato – ma deve prenderle, per non avere gli attacchi di epilessia – pensai.
Ricordai la pirma volta che le venne un attacco:
Era al asilo, la portarono al ospedale.
Io ero a lavoro, e quando ricevetti la chimata corsi in ospedale. Ricordo di avere avuto paura, una delle sensazioni più brutte. I medicini mi spiegarono cosa le era successo e spiegarono «La bambina ha avuto questo attacco epilettico a causa di quando da piccola, quando la partorì, non riuscì subito a respirare. L’hanno attaccata a un macchinario per respirare».
Ero spaventata, non sapevo cosa fare.
Quando mi informarono che era epilettica, sentì il mondo cadermi addosso – la mia bambina – .
Da quel giorno le sto accanto, e le do le medicina che l’aiutano.
 
«Ecco a voi quello che avete ordinato » mi risveglio dai miei pensieri Matt che stava mettendo sul tavolo i due piatti e i bichieri d’acqua.
Gli sorrisi e lui andò via.
Finimmo di mangiare e diedi le medicine a Sofie, e ci dirigemmo alla porta.
Notai un annuncio:
“CERCASI DISPERATAMENTE Cameriere/a e un/a Barman”

Lo lessi – un lavoro proprio quello che cercavo, ed è anche vicino casa – riflettei.
Andai da Matt «Matt ma quell’annuncio è ancora disponibile» chiesi.
Lui si voltò «Ah! Questo annuncio? Comunque si ma solo per il Barman» spiegò.
«Beh! Io ho lavorato come barman» spiegai – beh! Meglio di niente – pensai.
«Quando posso parlare con il titolare» domandai.
«Vieni domani mattina verso le 10:00, lui c’è a quell’ora»
Annuii «Ok! Allora a domani Matt» salutai.
«Ciao Matt» salutò Sofie a sua volta.
Lui la salutò, facendole il gesto del batter il cinque.
Ci avviammo all’uscita, quando andai a sbattere contro qualcuno «Oddio! Mi scusi tanto» dissi dispiaciuta.
Alzai lo sguardo e vidi quel ragazzo dai capelli neri, quei occhi color ghiaccio e un sorriso malizioso.
«Tranquilla piccola, non mi ha fatto niente» disse lui, facendomi l’occhiolino.
Alzai un sopracciglio « “Piccola” ci chiami qualcun altro, cafone! Adesso fammi passare, addio» andai dandogli una spallata.
«Ehi! Gattina stai calma» disse lui.
Scoppiai a ridere «Madonna! Ora ti faccio vedere io cafone che non sei altro» dissi, ma mi incamminai verso casa.
 
Eravamo davanti alla nostra nuova casa, era bellissima.
Le pareti in lego dipinte di bianco, le tante finestre, davanti alla porta d’ingresso c’erano dei scalini e delle colonne nere. Il giardino era un po’ trascurato ma ci avrei pensato un altro giorno.
Misi le chiavi nella serratura feci un respiro profondo, guardai mia figlia e sorrisi.
«Entriamo?» domandai, anche se sapevo quell’era la risposta.
Lei annuì.
Feci scattare la serratura e davanti a noi il bellissimo salotto che prima non avevo notato dalla fretta.
Accanto alla porta un attaccapanni nero e accanto uno sgabello, dove ci si poteva sedere, e di fronte una scarpiera.
Posai le chiavi sopra la scarpiera ed entrai nel salotto.
C’erano alcuni scatolini sparsi con su scritto “Salotto”. Si trovava un divano di pelle bianca e accanto una poltrona dello stesso colore. Dietro alla poltrona di trovava una grande finestra e sopra a essa una alta ma di forma circolare e i vetri erano a mosaico colorati.
A destra del salotto c’era una scala a chiocciola in ferro battuto.
Guardandomi attorno «Mi sembra un po’ vuoto, ma lo riempiremo con qualche cianfrusaglia».
Alla sinistra dei divani, a posto di una porta, si trovava un arco dove si vedeva la cucina.
«Mi piace il fatto che non ci siano troppe camere chiuse. Le voglio ampie» ammisi.
Il salotto comunicava con la cucina, anche essa molto bella: le pareti bianche, al centro la penisola e alla sua destra un tavolo con due sedie.
«Sarà il tavolo dove mangeremo» comunicai.
Davanti al tavolo c’era una finestra molto grande dove si poteva vedere la strada. Accanto al tavolo un grande tavolo attaccato al muro, dove c’erano i piani di cottura, sopra gli armadi per l’occorrente della cucina, e i fornelli. Dall’altra parte della stanza il frigo.
«C’è molta luce in questa stanza, e la cosa mi piace molto» ammirai.
Era meravigliosa, era davvero bellissima, così luminosa tranquilla. Era casa mia, il mio inizio.
«Mamma andiamo a vedere camera mia?» Mi chiede mia figlia ...
Io annuii, e le s’illumina il viso. Corriamo al piano di sopra, c’era un corridoi, la scala divideva il corridoio in due parti il corridoio. C’erano tre porte: due alla sinistra, l’altra a destra.
Apri la prima porta, era bellissima, tutta rosa e bianca, c’era un letto a baldacchino bianco con un materasso spoglio e diversi mobili anche quegli bianchi.
«Mamma questa è la mia stanza?» Mi chiese Sofie speranzosa.
Guardai la stanza, e poi le annuii sorridente, lei mi abbracciò e corse veros il letto e cominciò a saltarci sopra.
Le piaceva, la guardavo – è così felice, ed io con lei – volevo solo che fosse felicie, perché era il mio sole e aveva bisogno di me.
Lascia mia figlia a divertirsi e usci dalla sua camera.
Andai alla porta che stava di fronte a camera di mia figli, aprì la porta e restai immobile, le lacrime cominciarono a scendere
«È la… e la mia camera! O mi Dio! Com’è bella, è così normale» esclamai felice.
I muri erano color verde pastello, ed era molto illuminata, mi sedetti sul letto, era morbido e grande. La camera non era molto grande, me cerano lo stesso tanti mobili, ma a me piaceva. Si trovavano dei scatoloni con su scritto “Badroom”. Uscii dalla mia camera, e andai all’ultima porta rimasta – dovrebbe essere il bagno – dedussi, quando aprì la porta vidi questo bellissimo bagno «in legno» ero stupita. L’atmosfera era calda e accogliente. C’’era una vasca abbastanza capiente, per entrarci c’era qualche scalino per entrarci, e sopra c’era una finestra e accanto i servizi igenici – anche questa è perfetta – l’avrei arredata come più mi piaceva.
«Mamma hai visto la tua camera? È bellissima!» disse Sofie entusiasta «Quando cominciamo a mettere le nostre cose?» chiese «Dai! Dai! Voglio mettere le mie cose» cominciò ad esultare.
La guardai divertita «Ok! Amore. Allora cambiamoci e mettiamo dei vestiti più comodi e poi cominciamo» dissi gioiosa, e la presi in braccio come un sacco di patate.
Lei cominciò a ridere e urlare, dopo esserci cambiate, andammo al piano di sotto e la prima cosa che tiriamo fuori sono i fiori e lo stereo, tiro fuori un CD e lo mostro a Sofie.
«Allora tesoro, ci scateniamo a ritmo di Elvis» proposi imitando alcune sue mosse.
Annuì divertita, ridendo.
Misi il CD e partì la canzone, la melodia si diffuse nella stanza e cominciammo a ballare, e dopo poco iniziammo adaprire gli scatoloni del salotto.
Continuammo così finche non avessimo finito di svuotare tutti gli scatoloni.
Guardai l’orologio 21:00.
«Amore hai fame? Vuoi dei cracker. Domani vado a fare la spesa» chiesi.
Lei annuì e cominciò a mangiucchiare i cracker.
Non avevo molta fame, quindi andai in cucina a bere un po’.
«Mamma, ho sonno. Voglio andare a letto» disse Sofie sbadigliando.
La presi in braccio e la portai in camera sua, la stesi sul letto e le imboccai le coperte.
«Mamma, io voglio vivere sempre qua. È bellissimo e staremo bene. Io avrò tanti amici e ti avrai il tuo principe azzurro e sarà anche il mio papà» fece una piccola pausa «Sai che bello avere un papà?» disse con innocenza.
Sorrisi e annuii.
«Vai a letto. Sogni d’oro amore» l’augurai baciandole la fronte.
«Notte mammina» disse.
Socchiusi la porta e andai in camera.
Mi stesi nel letto «Un papà?» sussurrai – Lei ha bisogno di una figura paterna, ha bisogno di un papà. Ma ho paura che mi lasci, o che ci lasci. Non voglio vedere mia figlia soffrire, già ha soffre troppo, e io voglio solo renderla felice – con questi pensieri mi addormentai.

 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrici:
Spero che questo nuovo capitolo ci sia piaciuto?
Per farvi capire meglio come siano fatte le case
delle nostre protagoniste, abbiamo deciso di mettervi i URL/Link
delle immagini delle case.
Grarie per aver letto
 
Casa Alexandria:
http://1.bp.blogspot.com/-Nh0xAmCoX7U/TlzDRhx6VvI/AAAAAAAAK1U/3SWBKnE9pYM/s400/tumblr_lqlddjCZtO1qd11c7o1_500.jpg
 
Soggiorno:
http://iyume.com/wp-content/uploads/2013/01/room-design-for-living-room.jpg
 
Cucina:
http://25.media.tumblr.com/39d46de8ffefc4e2e6376069a1f7e56b/tumblr_mlswizrBBs1qb1g3zo1_500.jpg
 
Camera Sofie:
http://bs2h.com/wp-content/uploads/2013/02/fancy-blue-and-pink-bedroom-ideas.jpg
 
Camera Alexandria:
http://www.evollt.com/images/2013/07/kids-bedroom-sea-green-contemporary-little-girls-bedroom-decorating-with-white-classic-furniture-cute-little-girls-bedroom-decorating-ideas.jpg
 
Bagno:
http://www.goodhousekeeping.com/cm/goodhousekeeping/images/Bathroom-Decor-Gallery-1-fb.jpg
 
Casa Crystal:
http://thumbs.dreamstime.com/z/family-house-front-lawn-fall-colors-17149632.jpg
 
Cucina:
http://www.interiordir.com/photobank/1920x1440-bath-country-design-french-kitchen-kitchen-designs.jpg
 
Soggiorno:
http://atcasa.corriere.it/catalogo/immagini//prodotto_5977/minacciolo-libreria_big_1.jpg
 
Divano:
http://media.bodaclick.com/img/img_blogs/2diezmil/83cien/28320.jpg
 
Bagno:
http://img.archiexpo.it/images_ae/photo-g/piastrella-ceramica-rivestimento-bagno-aspetto-pietra-52378-4349597.jpg
 
Camera da letto:
http://www.grandisconti.com/arredamentiveneto/27751-camera-classica-bianca-letto-in-ferro-battuto.s.jpghttp://www.grandisconti.com/arredamentiveneto/27751-camera-classica-bianca-letto-in-ferro-battuto.s.jpg
 
 Studio:
http://www.tuttolibrerie.it/wp-content/uploads/2012/07/dzn_Shelf-Pod-by-Kazuya-Morita-Architecture-Studio-7.jpg

 

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