Tutta questione di sentimenti.

di Starships
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1 

Stanca.
Era come mi sentivo dopo cinque ore di scuola. E ne mancavano ancora due prima del meraviglioso suono della campanella che preannunciava il week-end.
In classe mi sorpresi a disegnare strani volti sul foglio. Gente deformata. Non so perché ogni volta che dovevo disegnare un volto veniva fuori qualcosa alla Picasso.
Sapevo solo che disegnare così era più divertente delle solite facce che incontravo ogni giorno tra i corridoi della scuola. 
Nonostante l’anno scolastico fosse appena iniziato ero già annoiata dalle lezioni. Bastava poco per distrarmi.
Quando l’ultima campanella suonò mi precipitai fuori dall’aula come se dopo scuola avessi un impegno improrogabile. La mia compagna di banco, Lucy, era convinta che nel week-end mi vedessi con qualcuno, ma l’unica persona che frequentavo era il mio computer.
Lo utilizzavo per qualunque cosa. Per vedere dei film, per giocare a carte, per studiare, per tenere le foto che facevo da sola e per custodire un documento word di 1000 e passa pagine di pensieri che non avevo mai rivelato a nessuno. Commenti su persone che detestavo. Cose che avrei voluto fare o avere.
Non mi fidavo di Lucy tanto da dirle tutto. E  non mi fidavo neanche delle sue amiche che di conseguenza erano diventate anche mie amiche.
 
Quando arrivai a casa due auto erano parcheggiate nel vialetto.
Entrai in casa incerta di chi avrei trovato al suo interno. Guardai nel soggiorno. Una donna dai capelli lunghi e neri era seduta accanto a mia madre. Mio padre invece era intento a scherzare con un uomo molto più alto di lui e ben piazzato.
«Julia, sei tornata!» Esclamò mia madre contenta.
Sentivo che qualcosa non andava. Il suo sorriso era troppo marcato. E mio padre era venuto ad abbracciarmi.
Strano.
Ero abituata a tornare a casa e trovarla vuota. E se c’era uno dei miei genitori di certo non mi salutava con tanta enfasi.
«Ti presento Isabel e Alex.» Disse sciogliendo l’abbraccio e avvicinandosi al suo amico. Rimasi in silenzio tutto il tempo non capendo perché tante smancerie.
 «E lui è Michael.»
Lui chi? Pensai voltandomi a guardare chi stava indicando.
Accanto a me c’era un ragazzo alto, bruno e con gli zigomi alti. Dal maglioncino che indossava si vedevano i lineamenti dei suoi muscoli.
Mi morsi il labbro inferiore fissandolo, senza dire nulla.
«Ciao.» Si era limitato a rispondere il ragazzo. Giusto per educazione, non perché volesse salutarmi davvero.
«Julia loro sono i Vergas, ti ricordi? Qualche settimana fa ti avevo detto che un mio carissimo amico sarebbe venuto a vivere con noi. Per via della società che stiamo formando.» Puntualizzò mio padre con un bicchiere di vino rosso in mano.
Annuii. La cosa non mi importava più di tanto. La casa era abbastanza grande per due famiglie.
Quello che mi importava in quel momento era il ragazzo accanto a me. Con le mani nelle tasche dei jeans.
Si accorse che lo stavo fissando con troppa intensità. Presi fiato.
«Vado in camera mia a studiare.» Dissi e mi dileguai.
 
Era quasi ora di cena. Avevo collegato il pc alle casse e avevo acceso la musica a tutto volume. Iniziai a ballare lasciandomi trasportare dalla musica. Volteggiavo come se fossi una ballerina di danza classica sulle punte. Non avevo mai fatto danza, ma ballare da sola in camera mi piaceva molto.
Con gli occhi chiusi immaginai di essere su un palco con la gente che mi guardava ammaliata dal mio corpo e dal modo in cui volavo da un lato all’altro.
La musica rallentò, segno che stava per finire la canzone e come ogni ballerina di danza classica che si rispetti rallentai anch’io.
Qualcuno iniziò a battere le mani, ma non era nella mia immaginazione, quel battito di mani continuo era reale.
Mi voltai e vidi Michael sorridente appoggiato allo stipite della porta.
«Non ho mai visto nessuno ballare così male!» Esclamò prendendosi gioco di me.
«Dalle tue parti non si usa bussare?» Chiesi acida a mia volta.
Non mi rispose. Rimase fermo a guardarmi.
«Sei qui per…?» Chiesi.
Partì un’altra canzone.
«Sono venuto solo a vedere con chi condividerò la casa per il prossimo anno!» Esclamò.
«Da quanto mi stavi osservando?» Chiesi preoccupata per la mia figuraccia.
«Abbastanza.» Disse guardandosi intorno.  
Guardai l’orologio. Era tardi. Avevo detto a Lucy che avrei cenato con lei.
«Io devo prepararmi per uscire. Potresti andartene?» Chiesi spegnendo il pc.
Senza dire niente uscì chiudendo la porta alle sue spalle.
Mi vestii di corsa e scesi le scale inciampando sui miei stesi piedi con il risultato di ritrovarmi di fronte alla cucina con i capelli tutti scompigliati e il volto spaventato. Spaventato come una che aveva visto i propri incisivi sul pavimento.
«Io  esco!» Gridai con il piede sinistro rivolto verso l’uscita.
«Julia!» Gridò mia madre. «Non puoi uscire abbiamo ospiti!»
«Sì e li avremo per chissà quanto…» Non riuscii a finire la frase.
«Non essere maleducata. Questa è la prima sera che sono qui. Hai almeno invitato Michael a venire con te?» Mi rimproverò mia madre.
«Ho invitato chi?» Dissi li per lì. «Sì che l’ho invitato, ma lui ha detto di no!» Mentii convinta che Michael avrebbe retto la menzogna.
Ero convintissima che lui non volesse uscire con me, almeno io non volevo. Non dopo la figuraccia di prima.
Mi piaceva ballare, ma questo non significava che ne ero capace.
«Non me lo ha chiesto!» Esclamò lui quasi gridando.
Lo fulminai con lo sguardo e lui mi sorrise beffardo.
«Sarei onorato di poter uscire con lei.» Disse il ragazzo guardando mia madre con aria rattristata.
«Se vuoi uscire lui verrà con te. Altrimenti non esci neanche tu!» Sentenziò.
Michael prese la giacca «allora andiamo?»
Sbuffai e mi trascinai fuori.
In auto accesi la radio, ma abbassai il volume. Ero talmente innervosita dalla presenza di quel ragazzo che la musica troppo alta mi faceva venire il mal di testa.
Forse mi dava fastidio che lui fosse così bello.
Io non ero il tipo da sbavare dietro i ragazzi come una cagna in calore, ma questo ragazzo mi lasciava senza parole. Sembrava così forte, così virile.
Insomma un vero maschio e la cosa mi intimoriva parecchio.
«Conosciamoci!» Disse come se mi stesse prendendo in giro. «Da quant’è che balli come una gallina che sta per essere spennata?»
«Come scusa?»
«Sì dai, hai capito!»
«Chi ti credi di essere?» Chiesi alterandomi.
Non mi ero mani lasciata trattare male da nessun ragazzo. E nessuno mi aveva mai insultato come aveva appena fatto lui.
«Io sono una persona normale, tu… non lo so!» Disse guardandomi divertito.
Inchiodai di colpo ed accostai. Spensi il motore girando la chiave bruscamente, slacciai la cintura di sicurezza e mi voltai a guardarlo.
Mi sorrideva con aria soddisfatta. Come se farmi arrabbiare era sempre stato il suo obbiettivo.
Gli tirai uno schiaffo in pieno viso. Sentii la sua pelle calda sotto la mia mano infreddolita.
Quando il palmo lasciò la sua guancia iniziò a bruciarmi e il suo sguardo da contento ero diventato furioso. Mi guardò con gli occhi di fuori. Per un momento mi sembrò che del fumo gli uscisse dal naso.
Mi resi conto di aver fatto una cazzata. Avrei potuto semplicemente rispondergli a tono.
Ora invece non ero pronta alla sua reazione.
Aveva slacciato la cintura di sicurezza e mi sembrava pronto a sbattermi la testa contro il cruscotto. 
 

- "This is impossible"      

- "Only if you believe it is.
 

Questa è una nuova storia, spero che vi piaccia.

xx Cla' 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2 

Tirò un pugno sul cruscotto. Aveva la mascella talmente serrata che il suo viso ero tirato.
Aprì lo sportello, scese e lo richiuse sbattendolo con forza.
Lo guardai… andare via.
Se ne era andato. Rimasi confusa.
Non aveva reagito?
Senza pensarci troppo rimisi in moto e partii per andare a prendere la mia amica.
Quando Lucy salì in macchina le raccontai tutto. Non ero solita farlo con tutti i particolari, ma stavolta avevo bisogno di non tralasciare niente.
 
«Brava hai fatto bene a tiragli uno schiaffo. Al tuo posto gli avrei tirato un pugno sulle palle!»
«Ringrazia che non mi ha fatto a pezzetti e gettato in un pozzo.» Dissi fermandomi al semaforo.
«Potrebbe sempre soffocarti con un cuscino quando torni a casa.» Osservò Lucy guardandomi con aria saccente.
«Pensavo di dormire da te stanotte!» Esclamai.
«Ehm… NO!» Esclamò Lucy.
 
Arrivammo al pub dove avremmo cenato. Ci accomodammo e poco dopo ordinammo. Continuavo a ripensare a Michael.
Ero convinta che mi avrebbe picchiata, invece se ne era andato.
Sentii Lucy blaterare tutta la sera di quanto amasse le scarpe che aveva ai piedi.
Dopo cena andammo a bere qualcosa in un locale e poi tornammo a casa.
Quando mi chiusi la porta alle spalle vidi una sagoma scusa vicino le scale. Iniziai a tremare.
Era Michael, me lo sentivo sin dentro le ossa. 
Sapevo che la mia reazione ai suoi insulti non era stata tanto giusta. Avrei dovuto rispondergli a tono. Non picchiarlo.
La luce si accese e vidi mio padre con un orribile pigiama a quadrettoni.
Tirai un sospiro di sollievo e portai una mano al petto felice.
 
«Per un momento mi hai spaventata!» Esclamai ridendo e avanzai verso di lui.
«E cosa c’è da ridere? Sei in punizione per due settimane!» Esclamò serio.
«Mi metti in punizione perché quando ti ho visto mi sono spaventata? Non ha alcun senso!»
«Non è quello il motivo della punizione! Michael è tornato a casa a piedi dopo neanche dieci minuti che eravate usciti. Si è chiuso in camera e non è uscito per tutta la sera… o quasi. Quando è venuto a bere, ci ha detto che gli hai tirato uno schiaffo!» Era troppo buffo con quel pigiama addosso. Non riuscivo a prenderlo sul serio.
«E’ stato per una buona ragione!» Esclamai.
«Solo perché sei permalosa non vuol dire che la tua reazione sia stata giusta!»
«Permalosa? Che ti ha raccontato??»
«Ha fatto una battuta sul tuo modo di ballare e ti sei offesa!» Esclamò sottovoce.
«Mi ha chiamata gallina spennacchiata!» Esclamai stringendo i pugni.
«Voglio che domani mattina tu gli chieda scusa e che lo aiuti a svuotare gli scatoloni!» Esclamò e salì le scale per raggiungere la camera da letto.
 
In casa c’era silenzio, segno che erano tutti tra le braccia di morfeo.
 
«Quasi dimenticavo, ho dato il tuo computer a Michael il suo è chiuso in qualche scatolo.» Disse in cima alle scale.
«COSA HAI FATTO??» Chiesi inchiodandolo con lo sguardo.
 
Mio padre fece spallucce e si chiuse in camera sua.
Sentii una fitta alla bocca dello stomaco, come se qualcuno mi avesse tirato un pugno. Sentii piano piano la gola stringersi e il respiro iniziò a diventare affannato.
Il mio computer con il mio diario su word era tra le mani di Michael.
Lo stesso Michael a cui avevo tirato uno schiaffo.
Lo stesso Michael che era furioso con me.
Lo stesso Michael di cui avevo scritto qualche ora prima.
Cercai di tornare in me. Feci dei bei respiri profondi e cercai di fare mente locale su cosa avessi scritto su di lui. Salii le scale lentamente e quando fui in camera mia lanciai la borsa sul letto.
Feci su e giù per la stanza.
 
Dunque ho scritto che Michael è davvero bello fisicamente.  
 
Era la prima cosa che avevo scritto subito dopo averlo conosciuto.
 
Sarà anche bello, ma è uno stronzo.
 
Con quella frase avevo chiuso il documento di word. E con quella frase avevo descritto Michael a Lucy.
Dovevo riprendere il mio computer.
Uscii dalla stanza e mi precipitai davanti alla porta della camera di Michael.
Alzai la mano e chiusi il pungo pronta a bussare, ma mi fermai qualche centimetro dal legno freddo. Stava sicuramente dormendo, dovevo entrare senza bussare.
Appoggiai la mano sulla maniglia e aprii la porta.
Entrai in silenzio e lasciai la porta semi aperta per far entrare un po’di luce.
Intravidi degli scatoloni a terra, appena sotto i piedi del letto e occupavano tutto lo spazio tra il letto, la scrivania e l’armadio.  Riuscii a vedere il mio computer.
Era sul comodino e per arrivarci dovevo passare tra tutti quegli scatoloni.
Feci un respiro profondo e iniziai a camminare lentamente mettendo un piede tra una scatola e l’altra.
La stanza si fece più buia quando con il corpo coprii quell’unica fonte di luce che proveniva dal corridoio. Affondai il piede in qualcosa di morbido, troppo morbido per reggere il peso del mio corpo. Scivolai in avanti cadendo tra degli scatoloni impilati e me li buttai addosso facendo un rumore assurdo.
L’angolo di uno scatolo mi finì su un fianco e sentii una finta lancinante.
 
«Ahh!» Esclamai a bassa voce. Con la speranza che Michael non si svegliasse.
 
Di colpo si accese il lume sul comò.
 
L’ho svegliato.
 
Sentii il suo letto cigolare segno che si stava alzando. Con tutte quelle scatole non riuscii a vedere la sua immagine riflessa sullo specchio. Ad un certo punto la sua testa spuntò da sopra il letto.
Il mio sguardo incrociò il suo. Avevo il cuore a mille. Sarei potuta morire d’infarto da lì a qualche minuto. 
 
 

- "This is impossible"      

- "Only if you believe it is.
 

Buongiorno a tutti.
Sono tornata con un nuovo capitolo spero vi piaccia.

Ho cercato di farlo il più lungo e interessante possibile.
Aspetto di sapere che ne pensate. 

xx Cla' 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 


«COSA STAI FACENDO?» Chiese arrabbiato.
«Controllavo che il pavimento fosse abbastanza comodo per tutti questi scatoloni!» Dissi in preda al panico.
 
Fece un leggero sorriso, si morse il labbro inferiore e tornò serio.
 
«Sono venuta a prendermi il computer. E visto che sei sveglio ti avverto che domani passeremo la giornata insieme.» Dissi sposando le scatole che avevo addosso. «Quasi dimenticavo. Mio padre vuole delle scuse. Quindi SCUSA se ho reagito tirandoti uno schiaffo. Te ne avrei dovuti dare due.»
 
Ormai ero in piedi e lui era ancora carponi sul letto. Quando si accorse di avere la faccia in corrispondenza delle mie tette si mise in ginocchio.
 
«Mi fa piacere che passeremo del tempo insieme!» Esclamò spostandosi per prendere il computer e passarmelo.
«Mi prendi in giro?!»
«No. Anzi. Non vedo l’ora di passare del tempo con te!» Esclamò mettendosi in piedi accanto a me.
 
Era così vicino che sentivo il suo respiro sul mio viso. Il cuore iniziò a galoppare.
 
«Penso che potremmo aiutarci a vicenda.» Disse con aria maliziosa. 
«Aiutarci come?» Chiesi curiosa.
«Te lo dirò domani. Ora vai a dormire!»
 
Come un robot obbedii.
Stranamente presi subito sonno.
 
Qualcosa mi sfiorò il naso facendomi starnutire. Mi passai il dorso della mano sul naso e continuai a dormire. Ma qualcosa mi fece il solletico sul collo e poi intorno all’orecchio.
Sentii un respiro leggero sul collo. Adesso qualcosa di solido e leggero mi stava accarezzando il collo. Stavo sognando. Era meraviglioso. Mi piaceva quell’aria calda sul collo, tutte quelle carezze.
Sorrisi.
Poi non riuscii a respirare, qualcuno mi aveva tappato il naso. Spalancai gli occhi e mi alzai.
Michael seduto sul bordo del letto se la rideva come un matto.
 
«Avresti dovuto vedere la tua faccia!» Esclamò con una mano sullo stomaco.
 
Gli diedi uno spintone e lo feci cadere dal letto, ma lui imperterrito continuò a ridere.
 
«Ammettilo che ti stava piacendo!» Disse alzandosi.
«Neanche un po’» Dissi coprendomi con il piumone.
«Ho visto che sorridevi.» Disse avvicinandosi.
«Non sorridevo affatto. Anzi ero irritata.»
«Alzati hai detto che mi avresti aiutato!» Disse togliendomi il piumone dalle gambe.
«Vuoi che dica ai tuoi che ti sei comportata male?»
«Sai che sei proprio uno stronzo?!» Esclamai mettendomi in piedi.
«Sarò anche uno stronzo, ma sono bello! Non credi?» Aveva letto il documento word. «Sbrigati ti aspetto in camera mia.»
 
Rimasi a fissare la porta chiusa per qualche minuto. Mi cambiai. Non riuscivo a pensare a nulla. Sapevo solo che avrei dovuto fare tutto quello che lui mi avrebbe chiesto.  
Feci un respiro profondo e girai la maniglia della porta della sua camera.
 
«Che vuoi che faccia?» Chiesi senza guardarlo.
 
Avevo scritto un sacco di cose personali. Ragazzi che mi piacevano. Sentimenti che non volevo ammettere ad alta voce… .
 
«Tira fuori le cose che sono in quelle scatole e mettile sul letto. Poi vedremo dove sistemarle.» Disse.
 
Restammo in silenzio tutto il tempo. Non sapevo come chiedergli cosa avesse letto.
Continuavo a pensare a delle domande. A cosa mi avrebbe risposto. O come avrei reagito.
Dovevo essermi fermata con un oggetto in mano, perché Michael mi passo una mano davanti agli occhi e mi chiamò.
 
«Scusa, mi ero incantata.» Dissi tornando in me.
«Ho visto.» Disse guardandomi fisso negli occhi. «Ti ho chiamato tre volte.»
«Scusa, ero sovrappensiero e… »
«…e stavi pensando se ho letto o no il tuo diario segreto che hai sul computer?» Chiese.
 
Spalancai gli occhi. Allora era vero lo aveva letto.
 
«Lo hai letto tutto?» Chiesi incerta.
«Cosa sei disposta a fare perché io tenga la bocca chiusa?» Chiese a mo’ di sfida.
«Tu cosa vuoi?» Chiesi accettando la sfida.
«Voglio fare sesso con te!» Esclamò.
 
Un tuffo al cuore.
 
No. Non potevo. Non ci sarei mai riuscita. Non lo conoscevo neanche. Lo avevo già fatto, ma non con uno che conoscevo da meno di 24h. Non potevo però lasciare che spiattellasse tutti i miei segreti in giro. Ci pensai su.
Il gioco non valeva la candela.
Era bello. Con quelle labbra carnose pronte per un bel bacio. Gli zigomi pronunciati. Quei capelli sparati in aria. L’aria da vero duro. I muscoli fasciati dalla maglietta.
Iniziai seriamente a pensare che alla fin dei conti non era poi così sgradevole l’idea di fare sesso con lui.
 
«Allora?» Chiese con gli occhi neri fissi sui miei.
Il fatto che si comportasse da duro mi eccitava… ma solo un po’.
«Okay!» Esclamai avanzando.
Gli poggiai le mani sull’addome e sentii tutti i suoi muscoli. Mi morsi il labbro inferiore. Lui mi cinse i fianchi e mi avvicinò a se, senza far toccare il suo corpo con il mio. Iniziò a respirarmi vicino il collo e poi vicino l’orecchio. Ero pronta per il bacio. Il bacio sulle sue labbra. Ero convinta che fossero morbidissime. 
 

- "This is impossible"      

- "Only if you believe it is.
 

Buona. 
Sono ancora qui con il 3 capitolo. 
Siete in pochi a recensire, quindi non riesco a capire se la storia vi piace o no. 
Quindi se poteste farmelo sapere, ne sarei grata. 
Detto questo vi lascio leggere. 

Un bacio Cla' 


 

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