Attimi di famiglia

di hikarisan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attimi di famiglia ***
Capitolo 2: *** Nazionale ***



Capitolo 1
*** Attimi di famiglia ***


L’ uomo si girò verso la moglie seduta al suo fianco e notò le piccole lacrime che cominciavano a rigare le sue guance rosee e

L’ uomo si girò verso la moglie seduta al suo fianco, e notò le piccole lacrime che cominciavano a rigare le sue guance rosee e tremanti; stava per circondarle le spalle con un braccio, ma si trattenne, e spostò lo sguardo verso il campo da gioco.

 

“Ti prego, fermalo…”

 

Sussurrò lei tremante, coprendosi il viso con le mani per non assistere allo spettacolo che le si parava davanti.

 

“Non posso… La decisione spetta a lui e, se vuole andare avanti, non sarò io a fermarlo…” rispose lui duro, guardando suo figlio scattare in avanti verso il leader della squadra avversaria; aveva subìto un grave infortunio alla spalla destra, riusciva a malapena a correre a causa del dolore lancinante che non gli dava tregua un solo istante e, per quanto il fratello cercasse di aiutarlo, la sua voglia di dare il massimo non si placava.

 

“Fallo per lui e per me… Ti prego, digli di uscire.”

 

Il marito si volse ancora a guardarla e rimase paralizzato alla vista della sua donna disperata. Anche lui era in pena per suo figlio ma non poteva e non voleva intromettersi nelle sue scelte; suo figlio aveva deciso di giocare nonostante le sue avvertenze e quelle del medico? E allora non poteva fare altro che stare lì a guardare mentre lui cercava di fare ilo possibile.

 

“No.”

 

La donna si girò a guardarlo con gli occhi sgranati e trattenne a stento un singhiozzo di disapprovazione; si alzò e gli volse un ultimo sguardo pieno di rabbia e frustrazione.

 

“Lui non è te, Tsubasa. Ricordatelo bene.”

 

E dopo aver detto questo, la sua compagna se ne andò, lasciandolo rimirare la partita con un sguardo vuoto e pensoso.

 

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Il ragazzo aprì gli occhi e si guardò intorno spaesato, notando le pareti bianche di una stanza a lui poco familiare. Provò ad alzare la testa, ma gli doleva talmente tanto da farlo ricadere lentamente giù, sul cuscino.

 

“Ehi, bentornato tra noi!”

 

Il ragazzo piegò leggermente la testa sulla destra e notò suo fratello che lo guardavo curioso, seduto su una sedia, e con i gomiti poggiati sul bordo del letto.

 

“Daibu…”

 

“So già cosa vuoi chiedermi… 1. Sei svenuto alla fine della partita. 2. Sei all’ospedale. 3. Hai una spalla fratturata e quindi almeno tre mesi di stop. 4. Papà è orgoglioso di noi due e 5… Siamo i campioni nazionali!!!!! Yoohooo!”

 

Hayate rise contagiato dall’entusiasmo del fratello, ma subito si contrasse in una smorfia di dolore dovuta alla spalla ed alla testa.

 

“Punto 6. La mamma è furiosa.”

 

I ragazzi si guardarono seri e poi dissero all’unisono “Quando si parla di calcio, la mamma è sempre furiosa!”

 

Scoppiarono a ridere, ricordandosi esperienze passate della loro mamma che li rincorreva per tutta casa minacciandoli di fargli sparire il pallone se non la smettevano di pensare solo al calcio.

 

“Scherzi a parte, Daibu… Sarà arrabbiata sul serio… Non mi sono mai spinto così in là con il mio fisico, e stavolta ho proprio esagerato…”

 

“Falle gli occhietti dolci e dille che non capiterà mai più!”

 

Hayate rise all’ingenuità del fratellino minore, tipica degli 11 anni… Faceva tutto facile lui, anche nelle situazioni più catastrofiche. E anche quando pensava sul come risolvere delle situazioni serie, metteva su un piccolo broncio e i suoi occhi fissavano un punto qualunque, tanto che tutti gli chiedevano “Risolto la situazione?” e lui rispondeva facendo spallucce ed esclamando “Mica posso fare tutto io!”. Quando lo faceva durante gli allenamenti, scoppiavano a ridere tutti per ore e addio flessioni!

 

Lo aveva fatto entrare in squadra qualche mese prima, sotto le insistenze dell’allenatore del team dei più piccoli, visto che il fratello aveva superato il livello di quella categoria. Non lo faceva ancora allenare allo scontro fisico tanto quanto alla velocità, visto che ancora non riusciva a tener testa ai ragazzi più grandi; non era ancora in prima squadra, ma faceva strada, come lui del resto.

Doveva solo imparare a non saltare addosso a tutti i ragazzi-armadio che gli si paravano di fronte per potergli rubare la palla.

Ricordava ancora quando si era trovato a fronteggiare, durante una partita d’allenamento, un ragazzo tutto muscoli di nome Carlos… Che tragedia! Il piccolino gli era saltato addosso cercando di bloccargli le spalle con le sue esili braccine e gridando ai suoi compagni di squadra “Prendetegli la palla! Lo blocco io!”. Carlos l’aveva preso per la maglia come un sacco di patate e l’aveva riposto a terra, dicendo che aveva fegato da vendere e facendo scoppiare a ridere tutti quanti.

 

I pensieri del ragazzo furono interrotti dal scricchiolio che fece la porta aprendosi.

 

Vide sua madre, suo padre e il dottore che lo scrutavano severi.

 

Certo, Daibu aveva detto che il padre era orgoglioso di lui, ma non che fosse contento del suo comportamento, e questo doveva immaginarselo.

 

“Hayate, come ti senti?”

 

La madre si avvicinò preoccupata al letto e si sedette sul bordo, carezzandogli una guancia.

 

“Sto bene, mamma…”

 

“Non avresti dovuto sforzarti così, lo sai… Ma tu sei come tuo padre…” disse il dottore avvicinandosi ed aiutandolo a sedersi; il ragazzo si contrasse in una smorfia di dolore e si poggiò addosso alla madre.

 

“Ora mi punirai mamma?”

 

“Credo che i mesi di stop siano sufficienti come punizione…”

 

Il ragazzo si girò verso il fratellino e gli fece un occhiolino per rassicurarlo, poi si voltò verso il padre, che lo guardava con uno sguardo indecifrabile. Tsubasa parve accorgersi solo ora dello sguardo del figlio e gli sorrise forzatamente per dirgli che era stato bravo.

 

“Ora ti portiamo a casa e ti incateniamo al letto.”

 

Hayate si allontanò un po’ dalla madre e la guardò in viso; c’era qualcosa di strano. Aveva gli occhi notevolmente gonfi, segno di un pianto prolungato… E cercava di sorridere naturalmente, ma era come se fosse bloccata da qualcosa… E non si era neanche arrabbiata con lui…

 

No, era successo qualcosa, per forza.

 

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“… E poi Hayate ha passato a me, e io sono scattato in avanti con la palla…”

Da quando erano partiti, il piccolo Daibu non aveva fatto altro che parlare della partita; non aveva tralasciato neanche un piccolo particolare di quella sua prima vittoria insieme al fratello più grande.

 

Hayate fissava il padre mediante lo specchio retrovisore, cercando di trovarci una risposta al cattivo umore della madre. L’uomo lo fissò serioso e cercò di tranquillizzarlo con un sorriso, ma non riuscì nell’intento; volse lo sguardo verso sua moglie per qualche secondo, appoggiata al finestrino con un braccio, tornando poi a guardare la strada.

 

“Ehi, qualcuno mi sta ascoltando?!”

 

Disse Daibu imbronciato sporgendosi dal posto dietro.

 

“Piccolo, mettiti composto.”

 

Il bambino seguì l’ordine del padre e si rimise giù, incrociando le braccia al petto.

 

“Tesoro, ti sto ascoltando, è solo che ho un po’ di mal di testa, oggi…” Sanae si portò una mano alla fronte e poggiò la testa sul sedile. Tsubasa si voltò preoccupato verso di lei e cercò di avvicinare una mano alla sua per capire cosa avesse, ma lei si ritrasse a quel contatto.

 

La cosa non sfuggì al primogenito, che cominciò ad avere un vaga idea che, durante la partita, i genitori avessero avuto una qualche diatriba per colpa sua.

 

“Mamma… Sei arrabbiata con me per oggi?”

 

Daibu si volse a guardare il fratello con stupore; ma come, proprio lui che cercava di evitare sempre punizioni e che si inventava mille scuse per poter sfuggire alle prediche dei suoi, ora chiedeva alla madre se era arrabbiata per una cosa di cui lo era al cento per cento?!

 

“Secondo te dovrei esserlo, Hayate?”

 

“Beh… Sì…”

 

“E allora evita di chiederlo. Lo sai benissimo che sono furiosa con te. Ti avevo detto di evitare di giocare, ma tu dai ascolto solo a tuo padre.”

 

Tsubasa chiuse per un istante gli occhi e poi li riaprì, fissando attentamente la strada ma seguendo con attenzione anche la conversazione, senza proferir parola.

 

“Ma mamma, potevo farcela e dovevo vincere.”

 

“Vincere rischiando danni permanenti al tuo fisico? Hayate, sei stato incosciente e non ci sono scuse che tengano! Dai un pessimo esempio a tuo fratello! Non si può continuare così, e la prossima volta ti scordi ogni sorta di campionato! È chiaro?”

 

“Ma mamma…”

 

“Niente ma, ho detto!”

 

Il ragazzo si lasciò andare sullo schienale del suo posto senza ribattere, sapendola una causa persa dal principio.

 

“Mamma, a me non sembra giusto.”

 

Hayate e Sanae si girarono verso il più piccolo della famiglia e lo guardarono stupiti; davvero quella piccola peste aveva risposto a sua madre?

 

“Cosa?”

 

“Non è una scelta sua? Se non vuole studiare è lui che si rovina la vita, se vuole farsi male in campo è stato lui ad averlo deciso.”

 

“Tesoro, il dovere di un genitore è cercare di evitare tutto questo.”

 

“Mamma, davvero pensi che Hayate non lo farebbe comunque? Non è cocciuto più di te e papà messi insieme?”

 

La donna lo fissò incredula con quel faccino mogio e mortificato per aver detto chissà che cosa, ma comunque fiero di aver detto parole in cui credeva.

 

“Ma tu non sei mio fratello! Sei un alieno!”

 

Passarono attimi interminabili di silenzio.

Tsubasa accostò la macchina ad un lato dell’autostrada e si voltò indietro per valutare la situazione: sua moglie fissava sbalordita il loro secondogenito quasi fosse un alieno, Daibu guardava intimorito la madre con gli occhietti che si alternavano tra lei ed il tappetino della macchina, Hayate stava per tapparsi gli orecchi e cercava di aprire lo sportello della macchina per sfuggire alla furia omicida della madre.

 

“Se non fermo Sanae saranno guai amari!”

 

La donna allungò le mani verso Daibu e Tsubasa temette il peggio!

 

“TESSSSSSSORO della tua mamma! Come sei saggio!”

 

Sanae aveva abbracciato forte il piccolo sporgendosi dal sedile davanti e ora lo stava soffocando di baci sotto lo sguardo allibito del marito e del primogenito.

 

“Lo sai che non devi rivolgerti così alla tua mamma, ma hai dimostrato grande maturità, sai? Hai voluto difendere tuo fratello, come sei caro! Stai diventando un ometto!”

 

“Mamma, mi soffochi!!!”

 

Hayate e Tsubasa fissarono increduli la scena, notando lo strano cambiamento di umore della donna e credendo che fosse più o meno “impazzita”.

 

“Stasera ti preparerò la torta di frutta che ti piace tanto, sei contento? Il mio piccolo ometto saggio, quanto sei tenero!”

 

“Mamma, ti senti bene?” chiese il ragazzo più grande indagando con cautela.

 

“Certo! Mai stata meglio!” rispose lei avvicinandosi pericolosamente a Hayate “E fatti abbracciare pure tu! Non ti fai mai fare le coccole!”  Sanae lo agguantò e lo strinse a sé stando attenta alla spalla dolorante, ignorando i continui rimbrotti del figlio che le diceva di staccarsi dal suo collo perché si vergognava “Scusa se mi sono arrabbiata, ma ero in pensiero per te! Sei stato bravissimo in campo!”

 

Tsubasa rise e si rigirò verso il volante, portando nuovamente la macchina sulla corsia dell’autostrada…

 

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“Ma, la mamma è impazzita tutto insieme?” chiese il bimbo più piccolo addentando un pezzetto della sua porzione di torta e guardando con fare curioso il fratello seduto di fronte a lui e suo padre a capotavola.

 

“Beh, io me la sono scampata bella!” rispose il primogenito ridendo soddisfatto e prendendosi un’ altra fetta di torta dal centrotavola.

 

“Evidentemente anche la mamma invecchia, anche se rimane comunque una bella donna!”

 

“Ehi, Hayate, porta rispetto a tua madre! Oggi te la sei scampata per merito di tuo fratello ma non credere che la passerai liscia! Ti aspettano una serie di allenamenti che neanche ti immagini!”

 

“No! Papà, non puoi farmi questo!”

 

“Oh, sì che posso!” rispose Tsubasa severo “E non credere che tua madre invecchi nell’animo, è impossibile! È, e rimarrà sempre giovane… E, purtroppo, ha sempre ragione lei!”

 

I tre scoppiarono a ridere constatando l’esattezza delle parole usate dal padre.

 

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La donna sorrise sentendo i discorsi dei suoi uomini in cucina. Effettivamente, si era comportata un po’ stranamente, quella giornata… In meno di ventiquattro ore aveva capito che i suoi bambini stavano crescendo; Hayate cominciava a voler decidere da solo della propria vita, mentre Daibu cominciava a mettere giudizio. Tsubasa era stato irreprensibile come sempre, e aveva cercato di fargli capire la vera importanza delle decisioni individuali.

 

“Mi sa che la più immatura sono io, in questa famiglia…”

 

“DAIBU OZORA, RESTITUISCIMI SUBITO L’ ULTIMO BOCCONE DI TORTA!”

 

“Ma, come faccio? Ormai è nella mia bocca! Dai, fratellone!”

 

 

“Ehi, Hayate, quel pezzo era mio!”

 

“Papà, io devo crescere e devo guarire! Tu sei bello che cresciuto ormai!”

 

“Allora il pallone te lo scordi, caro figliol prodigo!”

 

“MAMMA! Papà mi ricatta!”

 

“SANAE! Tuo figlio mi ha rubato la torta!”

 

Sanae rise felice e tagliò altre tre fette di torta.

 

“Questi momenti di “saggezza maschile” sono belli apposta perché passano in un secondo… Ma, come farebbero quei tre senza di me?!”

 

La donna prese il vassoio e si diresse in cucina, ridendo sotto i baffi, sapendo benissimo la risposta alla sua domanda.

 

Fine.

 

Momenti di pura follia mi hanno portato a scrivere questa ff...

Il problema è che mi piace un sacco...

Alla prossima!

 

Buone feste a tutti!

 

HK^^

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Capitolo 2
*** Nazionale ***


La donna entrò silenziosamente in camera dei suoi ragazzi, accostando lievemente la porta per evitare risvegli troppo bruschi;

La donna entrò silenziosamente in camera dei suoi ragazzi, accostando lievemente la porta per evitare risvegli troppo bruschi; si avvicinò al più piccolino e gli carezzò una guancia affettuosamente.

 

“E questo è goal! Yeah!” strillò il piccolo Daibu, mimando una rovesciata nel sonno e catapultando le coperte addosso alla madre. Hayate fu svegliato dalle urla del fratello e si voltò a guardare nella sua direzione.

 

“Mamma, ci sei tu sotto quella massa informe di coperte?” Il ragazzo la sentì sbuffare e la vide drizzarsi per togliersi le coperte di dosso; sorrise osservando il fratellino dormire nonostante il fracasso che aveva provocato.

 

“È tutto suo padre… Io lo sveglio dolcemente e lui mi ripaga così…” borbottò lei sedendosi sul letto e chiamando Daibu per destarlo dal suo bel sogno.

 

“Mh… Mammina…” disse il piccolino voltandosi verso di lei ed aprendo i suoi occhioni neri “Perché urli?” Lei lo baciò sulla guancia “Non sto urlando, ma dico solo che dovresti imparare a dormire più composto… Ma, da quel che ho capito, tuo padre ha cominciato a farlo quando era un po’ più grande e visto che tu sei uguale a lui… Credo che dovrò rassegnarmi…” Sanae si alzò e si diresse verso Hayate. “Buongiorno tesoro…” “Buongiorno mamma…” La donna gli baciò una guancia e poi si diresse verso la porta “La colazione è pronta, lavatevi e scendete.”

 

I ragazzi si alzarono e corsero immediatamente verso il bagno, facendo a gara per impossessarsene per primi.

 

“Togliti piccoletto!” “C’ero prima io!” “Vi sbagliate, c’ero prima io!” disse un ragazzo alto prendendoli entrambi per l’orecchio e spostandoli dall’entrata del bagno.

 

“Zio Daichi, non vale!” sbraitò il più piccolo attaccandosi alla gamba dello zio.

 

“Sapete che non dovete litigare così… Vostra madre odia vedere certe scene… Almeno, litigate per qualcosa di più serio, accidenti!” I ragazzi lo guardarono curiosi, ma poi ricominciarono a discutere per il bagno.

 

“Daichi, così non avrai mai influenza su di loro…” Gli disse Sanae accostandosi a lui. “Guarda…” La donna si schiarì la voce e poi disse autoritariamente “Allora? Ancora discutete come due bimbi piccoli? Dimostrate di essere adulti e fate i turni, forza!” Hayate e Daibu abbassarono lo sguardo imbarazzati e si misero a parlare per stabilire i turni.

 

“Wow, Sanae, sei un portento!” disse Daichi seguendola per le scale “Non è che avresti una sorella gemella da presentarmi? Sai com’è…” Sanae sorrise “Daichi, piantala… Se ti sentisse Tsubasa…” Entrambi scoppiarono a ridere e Daichi si ritrovò ad immaginare la faccia di suo fratello “Sì, me l’immagino… -DAICHI OZORA, Sanae non ha gemelle, e non pensare di fare il carino con lei perché rimane tua cognata, e cioè mia moglie!-…” disse Daichi imitando la voce e i gesti del fratello “È troppo geloso, lo dico sempre, io…” “Sì, ma a casa comando io…” Scoppiarono un’altra volta a ridere e smisero soltanto quando entrarono in cucina e videro la signora Ozora guardarli in maniera interrogativa.

 

“Prima che tu me lo chieda mamma, la risposta è sì, scimmiottavo mio fratello!”

 

La madre lo guardò severa, ma poi si sciolse in un sorriso “Lo puoi scimmiottare quanto ti pare, ma si vede lontano un miglio che gli vuoi un bene dell’anima e che è il tuo fratellone preferito.” “Per forza, è l’unico…” La madre stava per ribattere, ma lui la fermò immediatamente “È vero, gli voglio un gran bene, ma ha sempre lui tutte le fortune… Insomma, trova Sanae e la sposa, tutta la generazione d’oro ha la sua età o quasi, dimmi tu se queste non sono fortune…” E mentre madre e figlio discutevano, Sanae li guardava e si rendeva conto di quanto fossero diversi Daichi e Tsubasa.

 

Innanzi tutto, erano due generazioni completamente diverse, ma erano anche due caratteri che non si sarebbero presi tanto facilmente se fossero cresciuti insieme. Tsubasa era timido, riservato, con una gran voglia di crescere e completarsi, Daichi era aperto, un po’ impiccione, un gran burlone ed un eterno bambino… L’unica cosa che li accomunava era la passione per il calcio. pensò la donna vedendo sorridere il cognato.

 

“… Scherzi a parte, voglio davvero un gran bene a Tsubasa… In fondo, è il mio fratellone maggiore un po’ rompiscatole, no?” La madre annuì e lo baciò sulla testa.

 

“Buongiorno!” dissero all’unisono i bambini entrando in cucina.

 

“Buongiorno piccoli…” rispose la nonna baciandoli sulla testa entrambi “Dormito bene?”

 

“Io sì!” rispose il più piccolo sedendosi su una sedia, seguito dal fratello “Ma sei stato sveglio fino a tardi perché eri emozionato alla sola idea di vedere un ritiro in Nazionale di papà!”

 

“Devi capirlo Hayate, l’ultima volta era piccolino…” Sanae si alzò e cominciò a preparare la colazione ai due bambini.

 

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“Siamo arrivati! Siamo arrivati!” Il bambino si slacciò la cintura ed aprì immediatamente la portiera.

 

“Daibu, aspetta lo zio, ti porta lui!” gli disse la madre tirando il freno a mano e togliendosi la cintura.

 

“Andiamo, andiamo!” il bimbo era talmente euforico che non si accorse della persona avanti a lui e ci andò a sbattere contro cadendo poi con il sederino a terra.

 

“Ehi, piccolino, ti sei fatto male?” gli disse l’uomo chinandosi alla sua altezza e dandogli la mano. “Ma, tu sei Daibu…” “Eh?” Il bimbo alzò gli occhi e la sua bocca si allargò in un sorriso.

 

“Ciao senpai, grazie per averlo fermato!” disse Daichi tirando su suo nipote “È una furia questo bambino…” “Lo so Daichi, in fondo, anche tuo fratello da piccolo era molto esuberante... Vedo che hai seguito il mio consiglio e sei venuto a vedere gli allenamenti.” “Sì, ho detto al mister che me lo avevi consigliato tu e subito ha acconsentito…” “Sto cercando di inserirti in qualche speciale programma di allenamento di qualche squadra professionista o quasi, ma fai in ogni caso pressione su Tsubasa, chissà che non riesca a farti fare qualche allenamento nella sua squadra…” Daichi sorrise e stava per rispondere che già aveva provveduto a parlare con il fratello, ma il piccolo Daibu si buttò tra le braccia di Misaki.

 

“Zio, è vero che oggi farete una partita d’allenamento?”

 

“Sì, è vero…” rispose lui scompigliandogli i capelli.

 

“Daibu Ozora! Non si fugge così dalla macchina!” gli disse Sanae raggiungendoli con il primogenito.

 

“Ciao Sanae, ciao Hayate.” “Ciao Taro… Manco ti rivedo che già approfitto di te per cercare di contenere Daibu…” “Ciao zio…” Disse Hayate sorridendo, e Taro ricambiò il sorriso per poi rivolgersi a Sanae “Tranquilla, tanto siamo diventati una grande famiglia allargata e loro sono un po’ come miei nipoti…” “Ma potresti far ingelosire la tua deliziosa nipotina…” “No, la bimba di Yoshiko sa di essere la mia principessina… Sarà meglio andare, o stavolta il mister mi butta fuori davvero…”

 

Cominciarono tutti a dirigersi verso l’interno dello stadio, passando direttamente dalle porte di servizio riservate agli addetti “Io vado a cambiarmi…Andate sugli spalti e godetevi la partita…” Taro li salutò con un cenno della mano e si avviò versi gli spogliatoi.

 

“Forza bimbi, salite…” Salirono le scale e sbucarono sugli spalti; appena il tempo di riconoscere i giocatori, che Daibu era già arrampicato su una sedia ad incitare il padre.

 

“Daibu, scendi subito da lì!” disse lo zio prendendolo in braccio e mettendolo a terra “Ma io voglio tifare per papà… Ehi, ma quello è lo zio Hiyuga, giocherà contro papà? E lo zio Misugi con chi giocherà?”

 

“Per caso è arrivato Daibu?” disse Yayoi in tono ironico verso Sanae “Non si sente, vero?” rispose questa avvicinandosi all’amica “Come stai, Yayoi?” “Bene, grazie” “Mamma, guarda, c’è papà!” strillò Daibu indicando un uomo al centro del campo “Tesoro, vieni qui a salutare prima, poi tiferai per papà quanto vorrai…” Il bimbo si avvicinò e inchinò leggermente la testa in segno di saluto “Ciao zia!” Non diede neanche il tempo di rispondere che già era ritornato in prima linea “Scusalo, non cambierà mai..” “Ma ti pare…”

 

“Ah, un tempo c’era Sanae, ora c’è suo figlio… Sugli spalti non c’è mai un attimo di pace!” sbuffò Hiyuga in direzione del capitano “Almeno, Daibu è meno rompiscatole…” “È il tuo modo di dire che, in fondo, quel bambino ti ispira simpatia? Stai invecchiando Kojiro, un tempo non saresti stato così…Come posso dire?… Dolce.” Disse Misaki entrando in campo “Taro, piantala o ti metto a fare il palo per reggere le porte…” “Oh, che paura…” Tutti scoppiarono a ridere, ma furono interrotti dal mister che cominciò ad urlare “Piantatela di fare i cretini e cominciate con i giri di campo, forza!”

 

Intanto, gli spalti cominciarono a riempirsi di tutti i familiari e gli addetti che potevano assistere a quegli allenamenti speciali.

 

“Hayate, ora che fanno? Ma papà gioca, vero? E perché si fermano?” “Daibu, mi stai esasperando…” Rispose il fratello con le mani poggiate sulle ginocchia “Da chi può aver preso? Io non sono mai stata così loquace…” disse Sanae, rimediandosi solo un’occhiataccia da Yukari e Yayoi che le erano sedute accanto “Non è vero, non ero chiacchierona!” disse la donna mettendo il muso alle sue due amiche.

 

“Mamma, voglio giocare con loro! Ti prego!” disse Daibu attaccandosi a lei “Tesoro, non puoi…” “Perché??” “Perché sei ancora piccolino…” Ma il piccolo non le diede ascolto e cominciò a scendere dalle gradinate “Non ti preoccupare Sanae, ci penso io…” disse Daichi correndo dietro al nipote.

 

“Scusi…” disse il bambino affacciandosi dal parapetto delle gradinate ed attirando l’attenzione del commissario tecnico che era vicino agli spalti “Posso giocare anch’io?” “Ciao piccolino… Tu sei il figlio minore di Tsubasa Ozora, vero?” Il bimbo annuì vivacemente con la testa “Daibu, non devi affacciarti, è pericoloso!” disse lo zio prendendolo per le braccia e staccandolo dal parapetto.

 

“Ehi, Daichi Ozora… Vieni qui e porta quel bambino…” “S… Subito signore…” disse il ragazzo allontanandosi dal parapetto e prendendo per mano suo nipote.

 

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“Allora piccolino, facciamo così…” disse il commissario tecnico piegandosi alla sua altezza “Vedi quell’uomo?” disse lui indicando Aoi “Beh, se riuscirai a prendergli la palla, darò il permesso a tutti i ragazzi di rientrare a casa per la notte, altrimenti dormiranno al centro e domattina si alzeranno alle sei per allenarsi…” “Ci sto!” disse il bimbo convinto e stringendo la mano al signore di fronte a lui.

 

“Ragazzi, venite qui!” I ragazzi si radunarono tutti attorno a loro “Aoi, questo bambino ha deciso di sfidarti, vediamo se riesce a prenderti la palla… Tieni…” Il mister gli passò la palla e si sedette sulla panchina “Facci vedere cosa sai fare…” disse rivolto al bambino che annuì vivacemente.

 

“Bene, ci mancava un altro Ozora in campo!” sbuffò Hiyuga “E dai, è solo un bambino…” rispose Tsubasa facendo il segno della vittoria in direzione del figlio minore.

 

Aoi guardò il bimbo di fronte a lui e sorrise “Scusa, piccolino, avresti fatto meglio a scegliere qualcuno del tuo calibro…” Daibu si guardò intorno in cerca di un modo per poter rubare la palla e vincere così la sua scommessa; mentre era impegnato a pensare, fece capolino nella sua testolina un ricordo poco lontano…

 

Quando Shingo vede mia sorella non capisce più nulla ormai… Quando vado a casa loro, o sta sempre appiccicato a Yoshiko o alla loro bambina… Basta che Shingo veda le sue due donne e va in tilt…“ “Lo sai come sono i padri con le loro figlie femmine…”

 

… Poi il ricordo sfumava con una serie di chiacchiere tra sua madre e suo zio Taro che trattavano argomenti noiosi che lui non aveva sentito. Il bimbo alzò lo sguardo e sorrise, poiché gli era balenata in testa un’idea niente male.

 

“Zio Taro, guarda! C’è Yoshiko con la tua principessina!” Strillò il bimbo spostando lo sguardo sulle gradinate per qualche secondo; tutti seguirono il suo sguardo, compreso Aoi che si voltò con il viso illuminato da un sorriso sperando di vedere sua moglie e sua figlia.

 

“Ora!” Il bimbo scattò in avanti e rubò la palla ad Aoi passando poi sotto le sue gambe; dopo si diresse tranquillo verso il padre.

 

“Aoi, brutto imbecille, ti ha fregato la palla!” gli strillò Hiyuga quando vide Daibu attaccato a suo padre “Ti fai fregare da un bambino, ti pare normale?!”

 

Shingo volse lo sguardo di fronte a lui e fissò interrogativo il punto in cui c’era la palla; quando realizzò di essere stato fregato cominciò a sbraitare “Non vale, bricconcello, mi hai fregato!” Il bimbo cominciò a ridere nascosto dietro le gambe del padre.

 

“Sei stato tu a dirgli di Yoshiko, vero?” “Non è un segreto che tu sei sposato con mia sorella, sai? E neanche il fatto che stravedi per tua figlia…” rispose Misaki tranquillo alle accuse del cognato “E neanche il fatto che io straveda per mia nipote…” “Argh! Non vale!”

 

“Ho vinto la scommessa…” disse il bimbo rivoltò al mister, che lo guardava con aria stralunata “D’accordo…”

 

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“Non vale però… Tu hai sempre tutte le fortune…” Sbottò Daichi mentre guardava fuori del finestrino “Almeno qualcuna potevi lasciarmela…” “ E sentiamo, cosa vorresti?” disse Tsubasa mentre guardava attentamente la strada “Per esempio, Sana…” “Non ti azzardare… Lo sai che sono geloso di lei più di chiunque altro…” “Ok…” Sbuffò il ragazzo poggiando la testa allo schienale “Allora il senpai Misaki… Almeno lui potevi lasciarmelo… Ah, se fosse stato più giovane vi avremmo superato già da un pezzo…” Sognò Daichi chiudendo gli occhi.

 

“Daichi…” Lo chiamò Sanae dal posto dietro “Ho fatto pressione su tuo fratello e ha promesso che ti porterà con lui, questa estate, e ti allenerà personalmente con Rivaul…” “Grazie Sanae, sei un tesoro…” disse il ragazzo girandosi verso di lei e mandandogli un bacio con la mano “Ti sposerei se non fossi già occupata!” “Daichi, io ti…” “Oh, guarda fratellone, siamo arrivati, ciao ciao!” disse Daichi saltando giù dalla macchina e fuggendo dalle grinfie del fratello.

 

“Tu non hai fatto solo pressione, mi hai minacciato e irretito, Anego!” disse lui mettendo il broncio “Mi farò perdonare…” rispose lei cominciando e scuotere i figli addormentati.

 

“Tanto, comanda sempre e solo lei…” mormorò sottovoce Tsubasa slacciandosi la cintura.

 

“Tsubasa, ovviamente, anche i bambini saranno allenati, quest’estate…”

 

“Appunto…”

 

 

Tornata dopo un periodo faticosissimo...

Non so ogni quanto riuscirò a scrivere, ma spero che mi seguirete sempre...

 

Buone feste a tutti (anche se in ritardo!)

 

HK^^

 

 

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