Desiderio di una notte di mezza estate

di Mia4ever_TheBest
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. C'è chi cade per farti sperare ***
Capitolo 2: *** L'undicesima ***
Capitolo 3: *** Quegl’attimi prima che Sexy finisse di auto-ripararsi ***
Capitolo 4: *** Quando lui si inchinò alla potenza degli umani e lei fu pronta a partire ***
Capitolo 5: *** E poi scoprì che c’era qualcosa di più bello del più grande all’interno del Tardis ***
Capitolo 6: *** Epilo… Nessun finale quando compresi perché al Dottore non piacevano ***



Capitolo 1
*** Prologo. C'è chi cade per farti sperare ***


Desiderio di una notte di mezza estate

Prologo. C’è chi cade per farti sperare
Esprimere un desiderio la notte di San Lorenzo per tutti è guardare il cielo in un giorno preciso dell’anno, puntinato di insignificanti bagliori pulsanti e vedere piccole scie luminose che tagliano il cielo improvvisamente. Per me non è solo questo. Per me significa osservarlo per arrivare puntuali all’appuntamento con sé stessi, in queste serate estive della prima settimana di agosto. Rinnovare le speranze e le forze prosciugate durante l’anno dalla routine così monotona per cui l’intelligenza serve più a scervellarti per rendere diverse le giornate che prendere un 8 nel compito di matematica. Solitamente quando si parla di speranze, si associano sogni chiusi in un cassetto in attesa di essere avverati in una maniera o nell’altra. In altri casi si parla di cose astratte che devono rimanere chiuse in quel cassetto, con la sicura, così, -valori- perché semplicemente le hai lì e sai già che se non sono fisicamente con te, sai che ci sono, -ideali- ma che in quel senso mai potranno avverarsi in carne ed ossa. Se rimangono chiuse lì dentro è perché costituiscono il tuo carburante per andare avanti ogni giorno. Insomma così pensavo, da umana in fase di esame di coscienza, dopo vari periodi di intensa meditazione e cambiamenti nella mia vita. Sì, una filosofia strana questa, ma che anche quella sera come le altre credevo immutabile e che guardando la vastità di quel cielo puntinato di bagliori, era inevitabile pensare ai se e ai forse del passato e del futuro, che ti assillano quando sei solo.

Ero in pace con me stessa. Brillavo, come le stelle che mi sovrastavano, dalla gioia, nel vedere quell’immenso spettacolo così vicino che lo potevi toccare, ma anche così lontano che se prendi un aereo è come se non ti fossi spostato di un millimetro. Loro sono lì, immobili, proprio come le tue speranze ben ancorate al tuo DNA. Ti guardano, ti scrutano silenziose, facendoti sentire piccolo, ma in pace. Loro scrutano te e tu rispondi ai loro sguardi silenziosi, indagatori. In attesa. Fino all’evento  più grande di tutti e che ti aspetti ti offrano a te, mortale, dopo un anno in attesa: quando oltre a satelliti ed aerei di passaggio che ci tengono a farti rimanere vigile e per confonderti meglio,a volte si degnano della loro comparsa certe stelle cadenti..e non aspetto altro dopo aver superato il tranello degli altri concorrenti sulla piazza, per formulare subito dopo il desiderio, per paura di perdere secondi preziosi.

“Dove cade una stella muore qualcuno” dicono in molti, ma sin da piccola sono stata cresciuta secondo la credenza che se esprimi un desiderio quello si avvera o almeno rimane lì con te per sempre. Quella sera si prospettava proficua. Ne sarebbero cadute tante, per cui con il mio desiderio non volevo ammazzare nessuno, semplicemente chiedendo l’ultimo respiro di un ammasso di materia incandescente. Ma solo provare il tentativo che si avverasse, tanto nel 91.9% dei casi nessuno di questi è portato a termine, il 5% si avvera solo in parte, il restante 3,1% bhè..probabilità che possa avverarsi, ma veramente molto scarse.
Per cui giocai la mia carta stella-che-cade-desiderio-non-fa-male.
Ero già a 9 ed ero tutta intenzionata ad arrivare alla decina perfetta, a causa del mio spirito un po’ scaramantico, un po’ whovian..
Nella zona del punto di domanda rovesciato non scorgevo nulla, preferivo guardare nella parte più alta del cielo dove in un altro momento della giornata vi sarebbe stato lo zenit.

Poi..fiuuuuuuuuu!! 10. Fu silenzioso ma immaginai il rumore spacca-timpani della meteora che si infrangeva e si sbriciolava ad alta quota. Espressi il desiderio. QUEL desiderio. Di vederlo. Di incontrarlo. Quel desiderio che volevo solo provare e sapevo già chiuso nel cassetto con il lucchetto. Mi dava immensa felicità solo averlo espresso, amarezza per il resto che non poteva essere. Sorrisi. Immaginai come potesse essere viaggiare tra quei puntini luminosi. Viaggiare e andare dovunque tu voglia.

Chiusi gli occhi e fu l’attimo.
 
Angolo autrice
Ciao ragazzi! :) Ho constatato come le note dell’autore siano mortalmente noiose se messe all’inizio quindi, mi faccio piccola piccola e me ne sto qui, buona buona.. dopo di voi, alla fine :)
Ammetto che questo inizio può avere effetti collaterali di noia, quanto una nota dell’autore inserita prima del testo, ma se avete avuto pietà di questa povera anima e siete arrivati a leggere fin qui, vi prometto che almeno il prossimo capitolo sarà più ricco di entusiasmo e ottimista, rispetto a questo prologo, più somigliante ad un trattato filosofico che all’inizio di una normale storia..
Riguardo al fatto del “se siate arrivati fin qui”, mi piacerebbe sapere di quegli eventuali  effetti collaterali o della vostra opinione in generale, ringraziando tutti coloro che andranno a recensire *si guarda attorno, quattro gatti* Dopotutto sono ancora una novellina e consigli o critiche costruttive, su miglioramenti per il mio stile di scrittura sono ben accetti! :)
PS: la zona con il punto di domanda rovesciato è riferita alla costellazione del Grande Carro che ha questa caratteristica forma :)
Ci si tardisizza :)
MiaXD

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Capitolo 2
*** L'undicesima ***


Capitolo 1. L’undicesima
Un altro fiuum attraversò sulla diagonale opposta il cielo, verso la Cintura di Orione. Poi scomparve. Ero a 11 ora. Un istante dopo ero lì con la mia mente già programmata, a pensare un desiderio che potesse essere più interessante del precedente. Più interessante di Lui. Ma non lo trovai per quanto mi sforzassi e mi convinsi che non esisteva. Poi cominciò tutto.
Woom-woom.. -Oddio mi è arrivato un sms-  pensai  avendo la stessa suoneria e da brava umana con una vita sociale, cominciai a frugare alla ricerca tattile del cellulare, nella piccola borsetta Eastpack blu da una vaga forma rettangolare..
..woom-woom..-ma dove cavolo si è cacciato- fu il risultato. Gli alberi ormai avevano preso parte alla mia ricerca personale e ondeggiavano in maniera anomala per una semplice brezza serale estiva…
..woom-woom. Finalmente il rumore cessò anche se avrei continuato a sentirlo in eterno: il rumore più bello dell’universo.- Lascia perdere il cellulare-. Davanti a me e al lettino dove ero distesa, si erano materializzati gradualmente dopo ogni woom, i particolari di una cabina blu, di quelle londinesi degli anni 50, con scritto sopra Police Box e Public Call in mezzo. Anzi no, non una di quelle.  QUELLA. Nessun’altra poteva fare un’entrata in scena del genere. Nessun’altra poteva materializzarsi, così, dal nulla, nel giardino dell’agriturismo dell’amica di tua madre.

Ebbene, ora immaginerete me che mi alzo e immacolata raggiungo la cabina miracolosa, che un attimo prima non c’era e uno dopo invece è lì, davanti a te, del dio sicuramente rintanato da qualche parte al suo interno, forse intento a stabilizzare i comandi alla consolle. E molto vicino all’entrata. A TE.
Stop. Stop. No. Fermi lì dove siete  con i vostri viaggi mentali. Credo che invece fosse andata più o meno così;

Era buio, ma capii come la mia faccia avesse mutato in tutti i colori dell’arcobaleno in poco meno di qualche secondo. Me ne servirono altri cinque almeno, per realizzare di non essere su Candid Camera e che se continuavo a camminare sarei andata a sbattere contro la porta di legno blu, di quel bolide alto due volte me, guadagnando nient’altro che un bel livido sulla fronte. –Ok, questo non è un messaggio sul cellulare- constatai. Che fossi pazza o che quello fosse un sogno preferii continuare a pensarlo.

Eppure avevo immaginato tutto diverso: lui che usciva, mi invitava ad entrare e a viaggiare con lui e io che stavo zitta riguardo al fatto che fosse più grande all’interno. Invece mi precipitai verso l’ufo appena atterrato, preoccupata dallo strano fumo che trapelava dall’uscio e dalle finestrelle, che notai solo allora e che prima era stato l’ultimo dei miei problemi, e cominciai a picchiare contro esso, in cerca di qualche conferma, di segnali di vita. Chiesi mentalmente e umilmente perdono alla Tardis, sapendo che lei sentiva.

Poi non so come successe, se a causa della mia ansia di vedere il mio sogno finito ancora prima che iniziasse o per la protesta della Tardis, stufa di essere picchiata così selvaggiamente, le porte si aprirono...

Un uomo alto e magro, con occhiali da aviatore d’inizio novecento e farfallino fuori posto, né uscì tutto intento a disintossicarsi dalla foschia di fumo bianco che lo avvolgeva. Tossicchiò e dopo qualche gesto gongolante fatto con le braccia e qualche passo indietro, riuscì a liberarsi dalla prigione di fumo in cui era stato rinchiuso fino a quel momento. Sembrava non essersi accorto né di essere ancora capace di respirare, né di me.
Ne uscì spaesato, forse nel rivedere qualcosa che fosse terra più stabile sotto i suoi piedì e aria aperta intorno a sé; non più un pavimento e nebbia bianca,insomma.
“Maledette queste porte che non si aprivano!” esclamò d’un tratto come avesse preso vita.
“Stai bene?” chiesi incerta, con un filo di voce. Lui non fece caso alla mia presenza.
“Devo recuperare la carta psichica, l’ho lasciata dentro!! Oh, per tutti i dalek che devo ancora ribaltare! Quei circuiti cadetti..così piccoli..eppure così fffffffff” disse agitato tentando inutilmente di rientrare nella prigione di fumo. E fece uno strano gesto teatrale che imitava lo stesso, che fino a qualche momento prima stava per inghiottirlo.
“Ok, Tardis in fumo. Tu che non puoi entrare e devi restare fuori. E per almeno un’ora, prima che si auto-ripari” disse scandendo ad alta voce, gesticolando a fendenti l’aria.

Ma come faceva?Insomma sono un essere pensante. Yu-uuuuu. -Si questo è il Dottore, non c’è dubbio-
Intanto molto lentamente cominciò a voltarsi verso di me, come fosse un dovere ormai, come ultima spiaggia alla situazione. “Ciao” disse più tranquillo che mai. Allora l’educazione gliel’avevano insegnata. “Ciao” risposi.  Finalmente esistevo.
“Ti serve aiuto, per caso?” feci io. Domanda più gentile che intelligente: non ne avevo idea di come far ripartire la nave.“Ehm no,grazie, cioè si anzi nel frattempo, se considero il fatto che tra un’ora tutto si auto-riparerà e potrò ripartire..come ti chiami?”

Ok, una cosa è vederlo dietro uno schermo, ma così reale e con la sua parlantina..devi fare i conti per digerire il fatto, che quella sembra una persona vera, troppo reale per essere solo un sogno, anche se è già un po’ che lo conosci e che lo segui nelle sue avventure in giro per il tempo e lo spazio.
Poi ti accorgi che non lo hai mai fatto realmente.

Mi serviva un secchio d’acqua, uno schiaffo: un qualcosa che sbrigasse quel nodo così stretto che avevo nello stomaco.“Mi..a” balbettai allo stremo delle forze, nel capire se un sogno poteva durare così tanto.
“Mia, Dot..Signore e lei?” Non potevo mica fargli sapere che lo conoscevo. Era lui che aveva la parte dell’estraneo comparso all’improvviso nel mio giardino.
“Dottore” e mi fissò intensamente da dietro quegli occhiali che lo avevano protetto, con occhi che sicuramente cercavano la domanda che chiunque gli avrebbe posto. “Dottore solo.” continuò quasi sussurrando e scandendo la risposta, dove la domanda che avrebbe dovuto essere posta, riuscì a malapena ad alleggiare nell’aria. La domanda che qualunque mortale con un minimo di buon senso gli avrebbe posto.
Ero lì, invece. Restavo immobile, con parole che non passavano per la gola.

“Hai qualche problema alle corde vocali per caso?” fece lui. “E non mi dare del signore per carità. Mi fa più vecchio..ti sembro vecchio?” disse indicandosi il viso con gli indici.
“Oh no” dissi “ Però signore ti fa più vecchio di quanto tu sia veramente” rimandai, indagando il suo sguardo. Il Dottore era già abbastanza frastornato dal fumo che gli era entrato dalle narici e dalla sua entrata in scena; non ne aveva voglia di confrontarsi con una ragazzina come me che tentava di tenergli testa. “Ma tu come fai a sap..” cominciò incredulo. “Niente Dottore, scusa..io..non volevo” lo interruppi.
“A quanto pare” si avvicinò ancora di più sondandomi con gli occhi dal basso verso l’alto e molto vicino ala mia fronte con la sua “dovremo passare, anzi dovrò passare, un’ora qui bloccato in un posto sperduto, qui, sul pianeta Terra, per l’ennesima volta, bloccato in compagnia di un’umana” fece annusandomi. Come se dubitasse di me e delle mie origini.

Wow, accidentalmente un Signore del Tempo era atterrato nel giardino non propriamente mio, proprio quando avevo espresso un desiderio alla decima stella cadente. E nell’arco di qualche minuto  gli avevo instillato il dubbio e l’avevo pure interrotto mentre parlava. Considerato il Tardis in fumo, lui non poteva andare da nessuna parte, se non stare lì in piedi a fissarmi. Quando ebbi la certezza di ciò mi decisi a parlare. “Tu sei 11..” sussurrai. “Cosa scusa?” fece lui “Bhe, oh sì, è uno dei miei nomi, perché sai, ne ho molti e mi chiamano in tanti modi, non sei la prima: questa faccia è l’undicesima, o 11, come preferisci”.
“..no, tu sei l’undicesima..”continuai sussurrando. D’un tratto però risalii dalla mia specie di trans e mi ripresi per tornare tra il mondo dei viventi.

“Vado a prenderti qualcosa? Un succo, acqua, tè? Oh si il tè ti piace, sicuro, siccome adori gli inglesi. Bastoncini di pesce e crema? Non ce gli ho mi dispiace, ma se vuoi rimedio, una coperta? Sì, una coperta farebbe bene, siccome la giacca ti è rimasta dentro con la carta psichica” Il Dottore stavolta mi guardò strano non sapendo più cosa fare con me. Prima non parlavo, poi lo facevo alla rinfusa. Evidentemente sfidavo i suoi limiti. “No grazie, Mia” E stavolta si tolse gli occhialini e potei finalmente vedere i suoi occhi verdi di un bagliore così strano, intenso, eppure flebile e stanco anche nel buio.

“Hey, comunque io non sono te e ho freddo ” feci io. Mi precipitai a prendere la prima coperta sottotiro dentro casa, girando l’angolo, con la paura che quel sogno così reale potesse finire d’un tratto. Presi anche una banana, curiosa della fine che avrebbe fatto. Quando tornai, ero certa che nessun Tardis fosse mai atterrato e che nessun Dottore vi fosse mai uscito.

Invece lui era lì, disteso comodamente sul lettino dove fino a qualche attimo prima vi ero io, persa nell’infinità dello spettacolo del cielo. Improvvisamente era già a suo agio e definii quel comportamento decisamente non comprensibilmente umano.
“Dottore ti ho portato una banana” dissi con entusiasmo, inchinandomi di fianco a lui sul lettino, che mi aveva da poco scippato. Mi sedetti sull’erba umida e bagnata di fresco, stringendomi nella coperta di pail.
Lui invece era sempre lì. Non sembrava soffrire gli spasmi del freddo, né quelli della mia presenza. Solo quelli di qualcosa che dal profondo lo turbavano. Lo avevo letto nei suoi occhi.

“Allora Dottore” cercai di alleggerire quell’atmosfera cupa.
“Non è normale che il Tardis faccia così..com’è che è successo?”
 
Angolo dell’autrice
Ebbene eccomi qui, ragazzi! Al primo capitolo di questa storia, nonché seconda tappa di questo  viaggio. Cosa sarà successo al Dottore prima del suo atterraggio? Cosa succederà in quest’ora in cui il Signore del Tempo è costretto ad aspettare l’auto-riparazione di un Tardis, che non lo fa entrare finché non ha finito?
Qui, bloccato con un’umana piuttosto strana per i suoi standard..
Qualunque recensione o idea che vogliate scrivere è assai gradita  J Purché sia costruttiva
MiaXD
 

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Capitolo 3
*** Quegl’attimi prima che Sexy finisse di auto-ripararsi ***


Quegl’attimi prima che Sexy finisse di auto-ripararsi
 
 “Io..io..”  Stavolta era lui a balbettare  “..stavo correndo via..” E capì che non dovevo chiedere altro, perché lui correva sempre e ovunque. Sempre.
Guardai il cielo entrando nella sua atmosfera pensierosa, e rivolsi lo sguardo alle stelle.
“Tu ci sei stato, vero?  Hai visto ogni singola stella che stiamo osservando ora, giusto?”
Lui non rispose ma sapevo la risposta e andava bene così. Volsi a lui lo sguardo e percepii la sua impazienza del  ritornare da dov’era venuto, nel suo continuare a fingere che quasi non ci fossi. Poi d’un tratto cominciarono a salirmi parole dallo stomaco, cose pensate e mai dette che volevo chiedere : dire la profonda stima che avevo di lui, di tutto ciò che aveva dovuto e doveva ancora sopportare nella sua lunga esistenza e che mai avrei compreso quel dolore a pieno, di ogni colpo che doveva sempre incassare a mai tornare indietro. Ma non chiesi nulla. Per tutte le cose che il Dottore aveva dentro e mai avrebbe dovuto e potuto condividere, per non far impazzire chi lo circondava. Quel dolore sarebbe stato suo e solo suo perché il domani potessi continuare ad andare a scuola e a vivere la mia vita noiosa, eppure bellissima, fatta di compiti, mare e docce, ma vita. Perché il mondo potesse continuare a vivere in quella routine monotona, ma almeno non pericolosa come la sua.
 
E per quello quel dolore che avevo dentro sarebbe stato mio e solo mio nel rispetto del suo.
 
-O-
 
“Puoi fare cadere una stella con il tuo coso sonico?” cambiai improvvisamente argomento, per non finire in un pozzo che sarebbe stato troppo profondo, perché avessi potuto risalirlo. Alla sottolineatura di “coso sonico” il Dottore esplose e divenne quel robot inarrestabile di parole che era sempre stato.
“Coso sonico? Ma dico stiamo scherzando? Lo sai per caso che ha un nome? È cacciavite, cacciavite sonico per la precisione”. E si mise a fare le presentazioni .
“Cacciavite, questa è Mia. Mia, questo è cacciavite. Sono certo che siamo partiti con il piede sbagliato e che nulla del genere si ripeterà.” Fece accarezzando il suo aggeggio come a consolarlo.
-Scusati subito- mi bisbigliò attraverso la mano ruotando la testa verso di me.
Annuì comprensiva. La mia vena provocatoria era stata stuzzicata dalla curiosità di sapere la reazione del Dottore. Sapevo della sua suscettibilità in queste cose e non era stato male sperimentare sul  campo, ma..una parte di me se ne era pentita subito. Stavo per riferire le mie sentite scuse quando..
“.. e si posso far cadere una stella con il mio cacciavite..” esordì. Lo puntò al cielo e si rivolse a me con un tono amareggiato “..sempre che non si sia offeso”.
 
Tuttavia quando sonicizzò verso il cielo con quell’oggetto un po’ insolito per una cassetta degli attrezzi da meccanico, il suo gesto deciso fu accompagnato dalla stella più luminosa di tutte che avessi mai visto. Di più dell’undicesima che avevo ammirato minuti..o forse ore prima.
“Dottore, penso che più di così non potesse offendersi, cacciavite” sottolineai. Il Dottore notando il mio sguardo pieno di orgoglio, si accorse di come stavo assaporando il mio momento di gloria.
“Umani, tutti uguali, così sognatori, pieni di credenze ancestrali. Una perfetta trappola per un vecchio Signore del Tempo. E poi alla fine mi fanno fare queste figure.. sarei dovuto andare in pensione molto tempo fa!” parlò tra se e sé alzando gli occhi al cielo, ma in maniera che io potessi sentire.
“Cos’hai detto Dottore?” feci terribilmente perplessa. “Oh nulla, Mia, niente che un vecchio come me non possa borbottare.” E si girò dalla altra parte a braccia conserte.
 
“E poi le stelle non cadono” continuò come nulla fosse accaduto “Nascono, crescono e muoiono proprio come voi, ma non possono spostarsi  di un centimetro da dove sono”.
Si girò verso di me guardandomi intensamente negli occhi.
“Ed è proprio per questo che vi adoro: siete così umani. Nemmeno a distanza di secoli potete smettere di credere in un forse nell’esistenza di dèi, cani parlanti o..stelle cadenti”.
-Adoro quando si diletta nelle spiegazioni scientifiche- pensai.
 
Grazie Dottoredissi improvvisamente come rappresentante della mia specie.
A un trattò si voltò e ormai avevo capito quanto fosse bravo a cambiare sia faccia che umore ogni qualvolta gli fosse possibile. “Senti Mia, ma perché non ti sei ancora chiesta cosa ci faccia uno sconosciuto nel bel mezzo del tuo giardino, nel cuore della notte? Mi sembra piuttosto strano e c’è da preoccuparsi che una cosa per me sia strana”. Mi sonicizzò dalla testa ai piedi. “Stai bene?” disse cercando quel qualcosa di strano che non riusciva a trovare, nemmeno con cacciavite, aspettando la mia reazione. Si avvicinò a me socchiudendo gli occhi, scrutandomi.
“Bhè, si sto bene, anche se per me non sei esattamente uno sconosciuto. Sei il mio desiderio che ho espresso dieci minuti fa e che si è avverato, perciò adoro continuare a fingere quanto sia bello questo sogno, non ponendomi nemmeno il problema”. Cercai di dare la risposta che desse meno a vedere tutti gli altri spoiler, che invece il Dottore era abituato a sentirsi non dire, ma comunque a saperne l’esistenza.
E io non potevo permettermelo.
“Ohh, giusto questo spiega molte cose..” Sembrava che si fosse accesa una lampadina nella sua mente e il suo viso si illuminò improvvisamente.
“..Ad esempio il fatto che tu mi abbia fatto così poche domande e che la tua reazione non sia stata così repulsiva come sarebbe invece dovuto accadere..” Fece questa sua acuta osservazione alzandosi dal lettino e camminando velocemente avanti e indietro. Lo seguii  alzandomi in piedi.
“..no in realtà in questa cosa non l’ho capita molto bene? Non l’ho capita..” sottolineò. Si fermò a fissarmi nuovamente. La sua illuminazione svanì. Cominciò a grattarsi nervosamente la testa e prese la banana, che nemmeno fino a qualche tempo prima aveva neppure notato, e ne divorò metà in pochi istanti.
“Stupido, stupido Dottore” e si risistemò sul lettino a guardare le stelle.
 
-O-
 
“Non importa il perché tu sia qui, Dottore, non penso sia rilevante. Perché non riesci ad accettare il fatto che tu ci sia e basta, semplicemente?” dissi tentando di salvarmi da quella sua sete di sapere.
“Tutto è rilevante Mia, soprattutto quando non sai. E io odio non-sapere” esordì lui.
Ero in trappola. Cosa dovevo fare? Dirgli che era il mio eroe e il mio idolo tutto in una volta per poi mortificarlo ancora di più? Non riuscivo più a sopportare quella sua insofferenza per cui decisi di ripagarlo con la sua stessa moneta. “Se proprio insisti..diciamo solo che per me sei in circolazione già da un pò..Sei come una sorta di modello da imitare per molti che sanno quello che fai” dissi balbettando incerta su cosa sarebbe stato dopo.
 
E infatti..
Esplose come le stelle fanno alla fine della loro vita con le supernove.
 
“Modello da imitare?! Ma stiamo scherzando?! Io sono il tipo che fa cose che non si rifanno a casa, non sono uno showman!” disse girando la testa dall’altra parte stizzito, scroccando i magri pollici.
“No Dottore, non intendevo questo! Non riuscirei certamente a buttarmi giù da un burrone senza esitare come faresti tu, se si trattasse di salvare il mondo. Tu sei..un concentrato di valori che suscitano la curiosità e la voglia di vivere! Non ti sembra abbastanza?”  risposi risoluta ad un Dottore divenuto troppo irritabile per i miei gusti. “Ma come fai a dirlo? Ho visto cose che nessuno dovrebbe vedere e per ultima una ragazzina come te! Sterminato mondi e persone! Salvato l’universo un’infinità di volte!”
 
-E te la stai tirando un po’ troppo caro mio. Sei veramente cocciuto, però. Inconvincibile.- pensai.
 
Si accorse di aver esagerato nel momento in cui ritornò a galla la ragione. Si ricompose continuando con il suo tic nervoso. Dottore o no, comunque, mi ero stufata di quel suo comportamento nei miei confronti.
“Perdi tempo qui con me finché la tua nave non ti consentirà di far saltare in aria un altro pianeta! Ma perché a volte sei così insensibile? Trovi qualcuno che ti fa qualche complimento e ricambi così..Ecco perché rimani solo alla fine!” dissi ferma.
“Non osare pronunciare quella parola piccola umana..ins..insolente!” disse puntandomi il dito e cercando di fare la parte del padre che sgrida la figlia, ma inevitabilmente ancora con quella sua punta d’ironia che non era riuscito a nascondere. “Io sono solo perché voi morite e io sopravvivo alla vostra morte!”  A quel punto smisero di cantare i grilli e le fronde degli alberi che avevano volteggiato più intensamente del solito all’atterraggio del Tardis, di muoversi.  Tutto si fermò.
 
Poi si accorse di come lui era stato insolente per tutto quel tempo cercando di far prevalere il suo orgoglio su qualsiasi cosa, quando ormai era troppo tardi. Si portò la mano al capo come per riflettere.
“Perché dico queste cose? Perché le dico a te? Chi sei tu? Io non ti conosco!”disse gesticolando.
 E vidi nei suoi occhi quanto fosse smarrito.
Non più arrabbiato con sé stesso. Non era mai stato arrabbiato veramente con me.
Ma perso nei suoi pensieri.
 
“Dottore, fa quest’effetto solitamente quando uno sconosciuto atterra nel tuo giardino nel bel mezzo della notte” dissi sorridendo. Neanche dopo due secondi eravamo lì a ridere insieme, come l’avessimo sempre fatto. IO ridevo con lui.
Rivolse per l’ennesima volta il suo sguardo al firmamento.
“Sai ce ne sono più di quante tu possa immaginare” disse tornando in sé.
“Wow, chissà quanto deve essere meraviglioso essere tra di loro. Non vedi l’ora di tornarci vero?” mi immedesimai.
 
“Si, non sai quanto”.
 

(Piccolo)Angolo dell’autrice:  Salve bella gente! Il mio ritardo per l’aggiornamento della storia è imperdonabile, ma chiunque passasse per di qui sa già cosa deve fare. Pena: frustat..ehm volevo dire mi raccomando, mi farebbe piacere saperne di più sulla vostra opinione, perché ogni vostra recensione per me è molto preziosa, per potermi non solo migliorare, ma per essere anche meno noiosa le prossime volte! :)
Ho figurato un Dottore più irritabile del solito, lo ammetto, ma spero di aver reso quanto a volte sia stressante anche per lui una vita come la sua.. E Mia non può assorbire solo passivamente la situazione, ma sta a lei rimetterlo in riga, il nostro vecchio brontolone.
Ora il Dottore ha espresso nuovamente il desiderio di tornare tra le stelle. Cosa accadrà?
Ma il suo Tardis non potrà cadere dal cielo come lui ha fatto in risposta al desiderio di Mia, perché la sua nave più grande all’interno, l’abbiamo lasciata ad auto-ripararsi, piena di fumo denso e bianco e ha quasi finito..il Dottore dunque ripartirà? Lascerà Mia sola al suo sogno? Che ne sarà di lei?
Ci si tardisizza in giro per il fandom :)


 
 
 

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Capitolo 4
*** Quando lui si inchinò alla potenza degli umani e lei fu pronta a partire ***


Quando lui si inchinò alla potenza degli umani e lei fu pronta a partire

 “Bene” disse ad un tratto, risvegliando il suo carisma adolescenziale. “Penso, sia giunta l’ora” e guardò il suo orologio da polso scoprendo leggermente la manica della sua camicia nera, nel buio della sera.
“Un’ora, due minuti e tre secondi passate. Direi può andare” disse alzando lentamente la schiena dal lettino e sistemandosi i capelli del ciuffo, che gli erano venuti davanti agli occhi nell’alzarsi. Si alzò in piedi di scatto in piedi e corse verso la porta del Tardis, sperando di sentire nuovamente tutta la sua vitalità. Cosa che accadde, toccando la sua superficie blu e una volta che ebbe varcato con sicurezza la sua soglia. Poi si sentì esclamare da dentro una roba tipo “Oh, la mia Sexyy..quanto sei miticaa!” e lui che emetteva grida di gioia a intervalli regolari, ogni volta che scopriva un comando che aveva ricominciato a funzionare a dovere.

Come sempre.
 
Probabilmente, anzi sicuramente, il Dottore era troppo impegnato a fare il giro-giro-tondo attorno alla consolle, per ricordarsi dell’umana imbambolata fuori dal Tardis, appena restaurato, costretta al ruolo di un cactus perché nemmeno si era degnato di uno straccio di saluto. Quindi, sì ero leggermente spinosa.
Ansimai forte.
-Senza speranze questo qui- pensai.
Poi il rumore scricchiolante dell’uscio accompagnò l’uscita di una testa paonazza dall’eccitazione.
“Non mi auguri buona fortuna?” disse un Dottore che non riusciva star fermo un secondo, sfregandosi le mani.
“NO” risposi secca e un tantino imbronciata. Accavallai le braccia e girai la testa dall’altra parte.
La faccia super-allegra del Dottore si trasformò di colpo in una che non capiva. “Oh, su dai Mia. Come si può essere così permalosi? Cos’è che avrei combinato ora?” chiese deluso.
Non risposi. Era abbastanza grande e vaccinato per arrivarci da solo.
“Forse ho capito..è per prima giusto? Oh mi dispiace, per averti trattato così..a volte il mio alter-ego insensibile litiga con quello sensibile e..e..la vittoria non è sempre scontata..come posso farmi perdonare?”
Girai la testa verso di lui e gli feci capire che ci dovevo pensare prima di concedergli il mio perdono.
“Mia, Mia, che cosa vuoi farmi fare..” e si inginocchiò davanti a me.  “Piccola umana ins..” borbottò ruotando gli occhi al cielo. Ma lo fermai prima che terminasse la frase.
Lo fulminai con uno sguardo pieno di orgoglio. Era in mio potere in quel momento.
 
“Imploro il tuo perdono, Mia” cominciò timido.
“Impegnati di più, Dottore” dissi con le mani ai fianchi.
“Ma fai sul serio?” fece lui. Ridussi a fossette gli occhi e quello dovette pentirsi della domanda che aveva fatto. “Ohh, e va bene..”
Io, il Dottore di Gallifrey,imploro solennemente il tuo perdono, Mia, umana della Terra. Così va meglio?”
“Mmm, dai sì, non posso lamentarmi..dato che è il minimo” feci chinandomi verso di lui.
“Però sono abbastanza soddisfatta, dai sì, può andare”dissi convinta, ma non troppo.
Avevo fatto inginocchiare ai miei piedi il Dottore, certo che poteva andare. Nessun uomo dovrebbe inginocchiarsi di fronte a nessun altro uomo, ma lui era senza speranza ed io ero dovuta giungere per forza ad un limite così estremo.
Quello però dopo un po’ di tempo, si rialzò come nulla fosse stato e tornò nel Tardis.
“Non ci posso credere..” mormorai.
“In bocca al lupo?” chiese riaffacciandosi dopo due secondi con il suo bel sorriso a 32 dentoni.
“Crepa” risposi. Di colpo i suoi denti scomparvero sotto quelle labbra che avevano nuovamente rilassato le fossette. Ormai sapevo come farlo. “Porta sfortuna, Dottore” gli dissi.
Lui tornò dentro e sentii qualcosa tipo “Umani superstiziosi” e “Sempre gli stessi” e poi qualcosa che si riavviava. Pronta a partire. Di nuovo.
 
Il Dottore tornò fuori vestito di tutto punto, scrollandosi la giacca impolverata che gli nascondeva le bretelle e che era rimasta nel fumo del Tardis per tutto quel tempo.
“Ancora bene” disse il Dottore strofinandosi le mani e le mise in tasca.
“Penso sia venuto il momento di salutarci, Mia. Grazie mille della chiacchierata. Mi serviva proprio un’aiutino per recuperare la ragione. E per di più da un’umana come te. ”
“Vorrai forse insinuare una bella strigliata” dissi in tono altezzoso.
“Bh..Bh..Bhè..sì..diciamo così” fece balbettando e cercando di nascondere l’evidenza, ma senza riuscirvi.
Lo presi per le spalle e interruppi la sua confusione momentanea.
“Promettimi che starai bene” gli chiesi cercando una conferma, ma senza punto di domanda.
 
Gli stavo per chiedere se poteva rimanere ancora un po’, soltanto un secondo in più. Vedere il Tardis e il suo “più grande all’interno” era sempre stato il mio sogno da whovian, che non poteva vedere il Dottore senza la sua amata cabina, dall’anima grande come l’universo. Vi starete chiedendo del perché non lo chiesi subito. Perché non esitai a correre come aveva fatto lui, verso la porta del Tardis.
Ebbene che ci crediate o no, era diverso averlo davanti; a tal punto che non ebbi il coraggio di chiederlo;
Che la mia gola non ebbe l’aria necessaria per pizzicare le corde vocali, né l’ebbe mai.
“Si, Mia. Te lo prometto” e si avviò al Tardis con la sua nota aria spavalda.
La scena più bella che il Dottore potesse offrire ad una sua whovian, per cui nemmeno lui, forse e in fondo, non riusciva a comprendere l’importanza che quest’ultima era così presa ad avere nei suoi riguardi. E forse, mai l’avrebbe fatto. Dopotutto lui faceva cose che non si sarebbero dovute invidiare o osannare. Lui era quello “delle cose che non si rifanno a casa”. E io quella che non riusciva a smettere di guardarlo.
 
-Di guardarlo andare via-
Ebbi un pugno allo stomaco
 
“Ah” fece prima di entrare “Mi dispiace ma non posso. C’è una persona che devo assolutamente vedere. L’ho quasi ritrovata. E non posso mancare. Ma tornerò, te lo prometto.”
Maledetta la sua telepatia.
 “Dottore non fare promesse che poi non manterrai” dissi malinconica.
-Dice sempre così- E lo sapevo. Ma sapevo che non era vero. Lui sorrise. Ricambiai.
“Addio” disse. E rientrò. E io seppi che stavo perdendo lo spettacolo più bello che avessi mai visto.
“Dottore!!” urlai. Ma era troppo tardi. Arrivavo sempre tardi io, del resto. Sentì il Tardis che si smaterializzava e mi cascò il mondo addosso. Ma nessun peso.
Incredibile come la mia mente si fosse svuotata di tutto. Non riuscivo a pensare se non a ciò che avevo appena fatto. Che avevo appena permesso che succedesse. Un momento prima era lì con me che parlava. Poi d’un tratto non c’era più, proprio come quando non c’era ancora stato.
Dopotutto lui era solo un sogno.
 
Angolo dell’autrice:
Ciao bella gente! :) Mi sento di usare ancora il linguaggio segreto di Clara, perché ci siamo quasi..non manca molto al 50esimo rendiamocene conto e penso che prima di tutti anche voi che passate per questo fandom, ne abbiate sentito parlare, almeno un pochino..appassionati o no ;)
Bhè cosa dico? Parlo del cinquantesimo quando ho appena infranto le vostre speranze? Sono cattiva?
Si molto, perché il Dottore se ne è appena andato senza neanche tanti “Baci, baci, ci vediamo ”, nemmeno da lontano. E Mia, la whovian baciata dalla fortuna delle stelle, ha dovuto vederlo andare via senza batter ciglio. Impotente. Lo siamo tutti d’altronde di fronte al Dottore, come non saremmo whovian se lui non ci fosse. E anche voi lo siete di fronte ad un “finale” del genere e lo dico tra “” perché se avete visto il Dottore, c’è una cosa che avreste sicuramente imparato: a lui non piacciono i finali.
E con questo lascio la parola a River, che quella parola la sa dire meglio di me: SPOILER.
Mi piacerebbe sapere la vostra opinione a riguardo ma dato che sono stata cattiva con voi, non me ne aspetto una, se non costruttiva e che possa aiutarmi a migliorare. :)
Ci si tardisizza in giro per il fandom :)
MiaXD

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Capitolo 5
*** E poi scoprì che c’era qualcosa di più bello del più grande all’interno del Tardis ***


E poi scoprì che c’era qualcosa di più bello del più grande all’interno del Tardis


Poi bho..
 
..Il rullino sembrò riavvolgersi e vidi nuovamente un Tardis, forse piuttosto restìo a partire, che si ri-materializzava lì, dove era qualche istante prima. Noi umani la chiamiamo retromarcia, ma per i Signori del Tempo non esiste la retromarcia, soprattutto per un Tardis che ha finito da poco di auto-ripararsi.
“Vi prego. Ricoveratemi” dissi rivolgendomi a non so chi e in procinto di svenire, seduta stante.
 
Il Dottore ne uscì confuso. “Oh, non è possibile! Ho controllato tutto 16 volte..deve, dico DEVE, funzionare tutto alla perfezione!” disse trafelato. Sonicizzò la porta dal basso verso l’alto. Controllò il risultato.
 “Questo è strano. Molto strano”disse tra sé e sé. Poi sonicizzò me.
”Comincio a pensare che tu non stia veramente bene come dici, Mia. Non ti conviene mentirmi. Cos’hai fatto al mio Tardis?” chiese allarmato. “Niente. Lo giuro, Dottore!” mi affrettai a rispondere.
“Rilevo un campo di energia psichica residua..” disse osservando attentamente il cacciavite.
“..e la fonte dovrebbe essere vicina..”disse con fare indagatore. E la sua attenzione ormai era altrove.
Cominciò a sonicizzare tutti i cespugli, gli alberi e ogni singolo stelo d’erba intorno a lui. Pure quelle povere lumache che avevano pensato di attraversare tranquillamente quel prato, proprio quella sera..
“..dovrebbe essere qui, proprio qui, da qualche parte..fuochino..” Sembrava Sherlock Holmes. Solo che il cacciavite era meglio della lente.
La sua ronda arrivò fino a me e lo portò a passare su di me quella luce verde brillante, dalla punta delle mie infradito, fino alla mia testa.
 
“Ciao” disse dopo un’ora, come la prima volta che era uscito dal Tardis. Cominciò a dondolare sui talloni.
“Ciao” risposi alzando il sopracciglio.
“Come stai?” chiese portandosi il cacciavite al petto.
“Oh, Dottore non sono mai stata meglio in vita mia. Non sai quanto.” dissi piena di tante cose.
Incontrarlo una volta mi aveva fatto pensare al puro caso e alla fortuna. Ma due di seguito..un privilegio.
Prese a pensare, ossia entrò nel suo mondo impenetrabile, di parole che uscivano e tu non lo potevi fermare. Solo ascoltare, al limite.
“C’è qualcosa che trattiene qui il Tardis e non lo fa partire. Bhè..in realtà parte, solo non riesce a decollare.
Cominciò con quel suo camminare avanti e indietro.
“..e quel qualcosa sei tu Mia” disse ad un tratto venendo verso di me.
 
Ecco perché si era fermato si di me. Ero io il fuoco dopo il suo fuochino.
Mi prese delicatamente le meningi. Io non ebbi il tempo di fermarlo, ma nemmeno ebbi l’intenzione di farlo. Diede il via alla sua esplorazione telepatica dentro la mia testa. Lui chiuse gli occhi e io come trasportata da qualcosa che non controllavo, feci lo stesso. Non capii da subito lo scopo della sua ricerca, ma nemmeno ebbi voglia di farlo. Chissà com’era essere nella mia testa, non sicuramente come essere nella sua, certamente, ma non facevo a meno di chiedermelo.
 
-Niente male ,Mia. Te l’assicuro-disse una voce dentro di me. Rimasi di sasso nel sentirlo parlare dentro di me. Era il Dottore, ma non era lui. Non lo vedevo da nessuna parte. Lui era semplicemente una voce nella mia testa.
“Dove sei Dottore? Non ti vedo” disse la me corporea con gli occhi chiusi. Tastai nel buio e sentii la sua giacca ruvida.
“Sono di fronte a te, Mia. Non me ne sono andato. Vedi? Sono tornato. Te l’avevo promesso.” disse in tono pacato. Questo mi rassicurò. “Ora cercherò il collegamento e camminerò nel corridoio dei tuoi ricordi e delle tue esperienze. Sono di fronte a te fisicamente ma parte di me è dentro la tua mente. Dove vuoi che non entri, chiudi la porta.”
-Oh,Dottore, so bene come funziona- pensai forte. Un po’ troppo perché lui non lo percepisse.
Ricordavo come fosse ieri il Dottore e Madame de Pompadour, insieme, nelle finestre sul tempo di quest’ultima. Pensiero che purtroppo non sfuggì al Signore del Tempo che poteva facilmente valicare le resistenze psichiche di una principiante, che non aveva mai avuto un’esperienza del genere.
“Oh, ora capisco perché..” fece lui. Lo vidi dentro la mia mente in procinto di entrare in quella porta, per saperne di più. “Non cancellerò questo tuo ricordo perché non è pericoloso ma.. come fai a saperlo?”
Chiusi quella porta.
“Perché?” chiese, quasi amareggiato da quella mia reazione. “Sai cose di me che non dovresti sapere. Tu non c’eri!”
“E tu, Dottore sai cose degli altri che non dovresti sapere! Tu più di tutti. Più di me. Sicuro.” Risposi.
 
Poi vidi uno spiraglio..
E mi accorsi che anch’io avevo un corpo all’interno di quella dimensione irreale e proiettata.. Fu dapprima un bagliore, poi sempre luminoso, fino ad essere accecante. Chiusi gli occhi ancora una volta. Li riaprii e vidi un lungo corridoio di porte aperte di fronte a me. Da ciascuna di esse usciva una luce che ti invitava ad esplorarle. Ma soprattutto sentii grida, risate di bambini, delle sue compagne che lo chiamavano. Voci che ripetevano tutte la stessa parola. Supplicanti, allegre o odiose che fossero chiamavano lui. E fu allora che me ne accorsi: ero nella testa del Dottore. Il processo allora poteva essere anche inverso. Non male per una che era alle prime armi con i viaggi astrali. Non riuscivo a crederci. Fui tentata a cedere a quell’esplorazione, indecisa su quale porta scegliere ma appena mossi un passo..
 
Tutte le porte si chiusero all’istante eccetto una, in fondo al corridoio.
-Mmm, non male come scelta- pensai. Anche se non ero stata io e non avevo la più pallida idea di che cosa potesse esserci al suo interno. La raggiunsi e vidi quel che da tempo avevo sempre desiderato vedere.
Forse meglio della vista del “più grande all’interno” del Tardis. Quasi incomparabile, anzi. Entrai.
La luce non fu più bianca ma di un giallo intenso. Vidi un paesaggio tutto arancione e una cupola in lontananza stagliarsi sopra un’immensa torre. Impossibile descrivere cosa provassi in quel momento. Stupore? Troppo banale. Sgomento?Troppo negativo. Magnificenza? Più probabile piccolezza di fronte a una vista del genere, che quasi mi venne voglia di inchinarmi. Constatai, però, che d’ora in avanti avrei immaginato così il paradiso, se davvero esisteva.
Poi tutto finì..
Fui trascinata indietro da una forza insormontabile e mi ritrovai nel punto del corridoio in cui ero prima, e anche quella porta si chiuse come le altre.
 
-Non dovresti stare qui- disse un’ombra cupa dall’altra parte del corridoio, lontano da me, nella mia testa.
 
-Bello vero?- aggiunse l’ombra misteriosa sottolineando, quasi a cercare una conferma. Poi venne allo scoperto illuminata di quella stessa luce brillante. –Mi manca così tanto-
Un scarica di dolore e comprensione mi percorse tutta la spina dorsale.
-Oh, Mi a, sei così sensibile. Mi dispiace, tanto. Davvero tanto. Essere nella mente di qualcun altro procura quest’effetto di empatia. Soprattutto se si tratta della mia-
-No Dottore, va bene non dire così..-
 
“Ho trovato il collegamento” disse il Dottore reale poggiando le sua mani sulle mie spalle.
 
Tornai alla realtà nella stessa posizione in cui ero prima. “Non farla mai più quella cosa di trascinarmi indietro: peggio di un brutto sogno..” sospirai.
“Che cosa?” aggiunsi “Davvero?”
“Ti ricordi prima?” fece il Signore del Tempo cercando di farmi entrare nel ragionamento, ma non più nella sua testa. “Hai detto che io ero il tuo desiderio
“Ehm..sì” risposi alquanto imbarazzata dalla circostanza in cui l’avevo espresso, ossia che mai si sarebbe avverato. “E allora?”
“Bene, allora come io sono entrato nella tua testa e così anche tu nella mia anche nel caso di un desiderio espresso, il processo si può invertire.” Disse in maniera molto razionale.
“Dottore, cosa vorresti insinuare con questo?” risposi scettica e con un cattivo languore che si ingrossava sempre di più e che stava salendo dallo stomaco su per la gola.
 
“Dovrai desiderare che io me ne vada” disse senza un minimo turbamento.
 
 
Angolo dell’autrice: salve raga! Come butta? Se vi state rispondendo mentalmente, ciò significa che siete arrivati a leggere fin qua..per cui grazie mille per aver avuto pietà di me, in questo caso. Se così fosse mi piacerebbe sapere cosa pensate come sempre, ma soprattutto del Ritorno del Dottore , per cui doveva esserci per forza un “To be continued..” siccome c’era qualcosa che non qual quadrava.. XD
A parte ciò, cosa deciderà di fare Mia? Il Dottore le ha chiesto una cosa di proporzioni enormi che nessuno vorrebbe desiderare..è qualcosa di piccolo eppure di enorme, che potrebbe decidere  il destino del Dottore. Lo sappiamo poi, sono i particolari ad essere i più importanti e a fare la differenza :)
 

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Capitolo 6
*** Epilo… Nessun finale quando compresi perché al Dottore non piacevano ***


 

Epilo… Nessun finale quando compresi perché al Dottore non piacevano


-Che cosa??!! Nono caro mio te lo puoi scordare-pensai, anzi urlai dentro la mia testa.
“Non se ne parla proprio” dissi fredda. E non pensai a lui e alle conseguenze che si sarebbero create, in quel momento.
“Allora dovrò rimanere per sempre intrappolato qui, per uno stupido desiderio, a condurre una vita normale. Tutte cose con cui non sono mai andato d’accordo e con cui non sono mai stato bravo” disse triste, profondamente assorto nella sua riflessione sul prossimo futuro imminente, portandosi la mano alla fronte.

E capii cosa avevo fatto. Mi sciolsi. Come non potevo? Lui aveva sfoderato una delle sue armi migliori, per me micidiali, da viaggiatore errante che non ha il tempo di fermarsi.
-Il suo posto è tra le stelle e sulla Terra- constatai. Non le due cose separate. Ne sarebbe morto, e magari nel suo caso, rifiutando pure la rigenerazione. Che creatura orribile che sarei stata, pure peggio di un Dalek.
Ma ciò non lo dissi, avrei peggiorato ulteriormente la situazione se avesse saputo la mia conoscenza a riguardo. Quindi agii subito.

“Ok” mormorai quasi con un filo di voce. “OK” dissi più forte, amareggiata.

Già mi pentii di quello che stavo per fare, anzi per dire. “Va bene, che devo fare?” chiesi preoccupata.
Lui tirò fuori orgoglioso il suo cacciavite. –Ecco, un’altra performance, non vedo l’ora-pensai.
“Ora, Mia, vorrei che tu mi ponessi QUELLA domanda. disse con l’umore all’ennesima potenza.
Quale, Dottore?” chiesi incredula. Mi ritrovai spaesata. Insomma con lui bisognava far lavorare il cervello con gli straordinari.

“Ce ne sono tante di domande che ti si possono fare..” borbottai.

Poi posai nuovamente lo sguardo sul suo cacciavite, di un verde insolitamente abbagliante, e capii..
“Oh Dottore, tu sei..” dissi entusiasta. Provai per circa due secondi a trovare il termine giusto e nel frattempo gesticolai come una forsennata, con il Dottore che si stimava. E infatti lo trovai.
“..GENIALE”. Immediatamente dopo ero lì che infatti mi pentivo di quello che avevo fatto e detto, a tal punto che avrei voluto cancellare quegl’ultimi cinque minuti della mia vita. Poi formulai quella domanda che il Dottore attendeva..

“Puoi far cadere una stella con il tuo cacciavite?”
Senza perdere tempo lui trafisse il cielo con il suo aggeggio sonico (perché dentro di me continuavo a chiamarlo così), come la spada di Zorro, e il suo movimento fu accompagnato da un fievole bagliore luminoso, meno del primo, anzi di tutti gli altri.
Come avrebbe potuto esserlo se avrebbe portato in seno un desiderio doloroso? Ma questa era la sua unica salvezza, la cosa più importante in quel momento nell’universo. Per cui non esitai ad esprimere il desiderio di lasciarlo andare. Libero come uno spirito selvaggio.

“Questa sì che era una stella cadente! Uh ahahah!” esordì il Dottore, facendo salti che esprimevano la gioia di un bambino che aveva appena vinto una partita a calcio.
-Altrochè se lo era, Dottore. In tutti i sensi- fu il mio pensiero malinconico che ne seguì. Ma non riuscivo ad essere triste se lui era così felice.
“Ora posso ripartire, grazie Mia! Ti ricorderò come la ragazza che sa cose di me che non so..oppure come la ragazza che ha desiderato andassi via..non ne ho mai incontrata una!”
La sua eccitazione era alle stelle, così vicino a quei corpi celesti a cui stava per ricongiungersi.
“Oh Dottore, tu mi hai costretto a farlo. Io non volevo essere un’ennesima porta nel tuo corridoio, dal lato dei ricordi dolorosi” dissi con quella punta di malinconia scaturita dal pensiero.
“Oh, mia cara, ma tu sarai sull’altro lato perché non mi hai procurato nessun dolore” rispose comprensivo.

Basta non ce la facevo più.
Mi scese una lacrima.

“Tu lo sapevi, vero? Quella porta non l’hai semplicemente dimenticata aperta, per caso. Sei stato TU a lasciarla così. Hai voluto che guardassi dentro, che vedessi cosa vi si nascondeva. Ho visto una parte del tuo passato di cui pochi sono a conoscenza. Ho sentito grida e risate di persone che hanno vissuto con te. Persone che ti chiamavano..Perché l’hai fatto? Perché proprio io?” chiesi risoluta.

“Perché Mia” chiese ad un tratto “Non è il tuo vero nome, l’ho visto nella tua mente. Una porta del tuo inconscio di secondo livello che hai lasciato aperta. Perché ti fai chiamare così?” disse, senza dare risposta. C’era da aspettarselo. Avevo creduto per un attimo di essere stata l’eccezione. E vedere quell’arancione intenso lo era stato, eccome. Ma non fino a quel punto. Chissà quanto ancora il suo passato sarebbe rimasto nascosto dentro quella porta.

Forse per sempre.

"E tu Dottore, qual è il tuo vero nome? Non lo è nemmeno il tuo e la porta che apre la stanza in cui è chiuso, è chiusa a chiave. Come tutte le altre d’altronde. Ma di questa mi chiedo se tu abbia ancora le chiavi o le hai perse.” L’avevo vista di sfuggita, piccola e grande allo stesso tempo, ma diversa dalle altre. Sigillata e senza nessun bagliore che fuoriusciva. Il senso di smarrimento e di terrore che mi aveva dato, era stato tale da non riuscire a soffermarmi. Dopotutto, ero anche guidata dalla forza del pensiero del Signore del Tempo, in quel momento.

“Dottore chi?” chiesi infine. Ecco. Finalmente l’avevo chiesto.
Lui rispose voltandosi e correndo verso il Tardis.
“Augurami almeno buona fortuna, solo per questa volta” disse in tono speranzoso.
“No” risposi.
“Ahah, cosa devo fare con te allora? Non lascerò mai questo pianeta per colpa tua..”

Dottore io ti ho liberato. Tu lo sapevi . Hai lasciato quella porta aperta come esca, perché io vi potessi entrare e tu tranquillamente vedere il mio collegamento a te. Quel desiderio giusto? Sì, davvero meraviglioso il tuo pianeta Gallifrey..” dissi in tono solenne.
Era..quasi da impazzire” sottolineo un Dottore assorto nei ricordi.
“Grazie per avermelo fatto vedere..” dissi. “..Dottore di mondi”.
“é stato un piacere Mia..” rispose facendo un saluto galante con un cappello invisibile. “..che appartiene solo a sé stessa.”

Tornò nel Tardis a prendere un qualcosa. Lo sentii cercare tra rumori strani e imprecazioni del tipo “Ahi!” e “Dove si è cacciato? L’ultima volta era qui..”.
Una volta tornato fuori vidi un oggetto strano tra le sue mani, che si rivelò essere un ciondolo e che mi mise al collo.
“Così, non avrai più bisogno di desiderare e io non dovrò più tornare indietro. Consideralo come un patto di alleanza. Ha qualche annetto, ma la vecchiaia indica la serietà del patto. Quindi ogni volta che lo guarderai potrai pensare che io e te ci capiamo” disse serio, indicando prima sé stesso poi me.

-Mi serviranno gli anni di questo coso, per capirti veramente Dottore- pensai immediatamente.

In realtà quel “coso”, era tra le cose più belle che avessi mai visto. Una collana con un semplice ciondolo a forma di cabina blu. Eppure bellissimo.
“Guarda. Ti faccio vedere un cosa. Molto divertente.” Disse ad un tratto un Dottore che mi stava lasciando il tempo per ingranare l’importanza del dono che mi stava facendo.
Prese tra le mani la cabina junior appesa al mio collo e vi soffiò sopra.
Il contatto di quel soffio con il ciondolo scaturì un minuscolo bagliore di energia arancione.
“Ora soffia tu” ordinò. E io non feci altro che obbedire, quasi osannata. Produsse lo stesso effetto e il ciondolo si illuminò per il breve istante di quell'energia.
“Grazie Dottore, grazie infinite” dissi con tutta la gratitudine del mondo. Mi commossi e la mia lacrima scesa prima, decise di non voler scendere sola, ma accompagnata da altre sorelle.
“Così sarò sempre con te..però solo quando lo terrai nascosto tra le mani” disse solennemente.
Lui tornò al Tardis per l'ennesima ed ultima volta, con la sua aria spavalda.
“Ci vediamo, giusto?” dissi ricomponendomi, speranzosa, guardandolo negli occhi.
Lui sbiancò per un secondo.

“Ahah Dottore, scherzavo.” dissi tornando in me. “Addio” lo salutai con la mano.
Continuavo a guardarlo negli occhi.
Lui rispose sorridendo, affacciato al Tardis. Poi arretrò e chiuse la porta, che produsse il solito scricchiolio. E poi..
Woom-woom..il vento si sollevò imperioso..
Woom-woom..l'imponente cabina cominciò a rifiutare i suoi dettagli alla realtà che divennero sempre più invisibili..
Woom-woom..et voilà..cabina smaterializzata.

E questa volta seppi che non era un semplice messaggio del cellulare. Ma qualcosa che andava via.
Per sempre, ma non del tutto. Lui sarebbe rimasto nel mio cuore e nella mia mente ancora per un bel po' di tempo.
Sorrisi, quasi come fosse una risposta in ritardo a quello del Dottore.
Al desiderio più bello che avessi mai espresso e al sogno migliore che si fosse realizzato nella mia vita.

A un tratto sobbalzai. Sentii un voce che mi chiamava.
Era mia madre venuta a richiamarmi al rapporto. Dovevo tornare alla vita di tutti i giorni.
Corsi da lei svoltando l'angolo della casa e abbandonando quel luogo, divenuto ormai sacro per me.
“Ma dov'eri finita?!” disse il caporale stizzito. “é un'ora che ti chiamo!”
“Scusa mamma, mi sono addormentata!” risposi cercando di difendermi. E con una scusa che appariva alquanto banale.
-Non male nemmeno questa, direi- E lo pensai, perchè nonostante tutto, avevo ancora seri dubbi se tutto ciò che era accaduto, lo era stato realmente. D'istinto portai la mano al ciondolo.
-Bene- sospirai -Almeno questo è concreto..ma la cosa di soffiare e dell'energia dorata?- e passai a verificare. Lo chiusi tra le mani proprio come mi aveva detto di fare.

Una polvere dorata scaturì da quell'azione, come se pulsasse di vita.

 

E seppi che era vero, tutto lo era.

 

Angolo dell'autrice: Shiao raga!! Non riesco ad esprimere la mia gioia per essere riuscita a pubblicare proprio il giorno dell'uscita del 50° anniversario! Che dire..in questo modo posso non solo ringraziare tutti coloro che hanno avuto pietà di questa povera anima, arrivando a leggere fino a qui e pure di recensire, ma tutti gli whovian e non che hanno anche solo semplicemente letto qualche capitolo di sfuggita, con una sola occhiata o la storia intera :)
Non posso fare altro quindi che dedicarla a tutti voi questa storia, alla meravigliosa serie tv che Doctor Who è (tutti tranne a Moffat..muahahahahah!) e le emozioni che è in grado di regalare. Forse avrò deluso le speranze di molti con questo finale (stavolta davvero), ma ho voluto dare la speranza che il Dottore incarna in sé, al di là del semplice viaggio nel tempo e nello spazio che lui compie. Dopotutto lui è il sogno e il desiderio che vive dentro di noi e diventa sempre più grande..un desiderio che ha probabilità di avverarsi più degli altri in un particolare periodo dell'anno..un desiderio di una notte di mezza estate. :)

Ci si tardisizza :)

MiaXD

 

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