Lies, I used to understand them

di virgily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I realized and saw it's light in the night ***
Capitolo 2: *** When I seemed to lose the only thing I care ***
Capitolo 3: *** How do you feel? I don't believe it's real ***
Capitolo 4: *** I'll go crazy for no reason. Because I can't stop that voice inside my head ***
Capitolo 5: *** Run away things are getting worse. Can I stop believing you'll be there? ***
Capitolo 6: *** So, should I stay? should I tremble and remain? Or run away leaving nothing more to say? ***
Capitolo 7: *** All this time you've never comprehended ***



Capitolo 1
*** I realized and saw it's light in the night ***


Lies, I used to understand them
Cap. 1: I realized and saw it's light in the night


 
 
La notte era buia e priva di stelle, soltanto un’ ampia distesa color pece che avvolgeva tutto il mondo. C’era un vasto focolare a portare luce nell’ombra, a riscaldare gli animi e i corpi di tutti coloro i quali, seduti intorno al faló, osservavano le fiamme danzare a tempo con la criniera folta e bruna della  völva, la quale intonava canti agli antichi dei, preparando con cura una lastra di pietra, addobbandola come un altare, accostandogli ghirlande di fiori di campo ed erbe profumate. Il pianto di un bambino squarciò quella mistica armonia. Una donna avanzava nell’oscuritá, trattenendo i singhiozzi sebbene pesanti lacrime bagnassero il suo viso. Tra le mani teneva un piccolo fagotto di calda pelliccia, dondolandolo stretto al suo petto per rassicurarne il fragile contenuto. La völva giunse su di lei, strappandole dalle mani quell'innocente creatura, mentre un uomo distoglieva la donna dallo svenire in preda al dolore che la consapevolezza le stava procurando. Posto nel mezzo dell’altarino in pietra, dall’agglomerato di pelli e stoffa grezza due occhi grandi e scuri, profondi proprio come quella notte, osservavano il cielo e due manine docili e paffute si sollevavano verso l’alto, come se volessero acchiappare quello spesso mantello che gli impediva di vedere la luce. La maga, piroettando attorno all’altare cospargeva sull’intera area una sostanza viscosa, dall’odore secco e acidognolo. Poi, afferrando un legno ardente dal braciere, fece carezzare le fiamme con quella viscida sostanza, la quale immediatamente cominció a bruciare. Un anello infuocato circondava il bambino, che stordito dai fumi che producevano le ghirlande ardenti ricominció a piangere. La sua voce era acuta, spaventata. Era un grido disperato di aiuto che si diffondeva per tutta la foresta e per tutto il cosmo. Le lingue di fuoco avanzavano rapidamente, riducendo in cenere qualsiasi cosa separasse il pargoletto dalle loro carezze distruttrici. Il barlume delle violente vampate brillava dentro quelli iridi grandi e innocenti, e proprio in quell’attimo, pochi secondi prima che le fiamme potessero raggiungere le sue fasce, una luce estranea a quella della pallida luna creò un cono folgorante che illuminó all’improvviso l’altare. Le fiamme si spensero in un attimo a causa della prorompente folata di vento provocata dal  cielo stesso, che sembrava essersi aperto in una voragine avvolta dalle nuvole scure in un grande vortice, spalancando il passaggio sulla terra a un possente cavallo. Un destriero abituato ad andare in guerra, cavalcato dal Padre degli dei in persona. Il nitrito e il fiato condensato dell’animale fece accapponare la pelle di tutti i presenti, i quali, si prostrarono ai suoi piedi, silenti, spaventati. E con il suo unico occhio, Odino osservava la pianura, torreggiando su quei poveri mortali con uno sguardo severo e saggio senza proferire alcuna parola. Prese allora il fagottino tra le braccia, scostando appena quei due lembi di stoffa che gli impedivano di vedergli il viso roseo e tondo. Fitti capelli scuri avvolgevano la sua testolina, e due occhi, lucidi di lacrime e curiosi, dello stesso colore della corteccia delle querce, osservavano le rughe appena marcate sul volto del Padre degli dei. Allungando le manine soffici, accarezzò quella ruvida barba, ridacchiando appena della solleticante sensazione che provava sulle dita. Un sorriso spontaneo si dipinse allora sulla bocca del dio, che stringendo il neonato al petto fece impennare il suo fiero stallone, svanendo in quel cono di luce celestiale che penetrò nuovamente il cielo oscuro, senza lasciare più sue tracce.
 
***
Con le mani chiuse in pugnetti e gli occhi serrati, l’infante era stato riposto in una culla dorata, la stessa dove anni prima aveva vegliato su i suoi due figli, e Odino lo osservava dormire con tenerezza. Ancora sentiva le sue grida straziate nella testa, cosí forti da farsi sentire perfino ad Asgard
-La voce di questa midgardiana ha scosso particolarmente i vostri sensi, mio signore?- Frigga fece il suo ingresso nelle camere reali con un dolce sorriso sulle labbra. A passo lento, la signora degli dei andava a fiancheggiare il re suo marito, posando con dolcezza il capo sulla sua spalla ancora agile e forte
-Non mi ero reso conto che fosse una bambina...- confessò l’uomo portando la mano grande e callosa al piccolo viso della creatura, coccolandole appena una guancia con la punta delle dita, cercando il piú delicatamente possibile di non svegliarla dal suo riposo
-I figli del mio re aumentano lentamente...- bofocchió la sua signora, stringendosi al corpo del dio, che istintivamente l’accolse al suo petto in un caldissimo abbraccio
-Quando pensate di mostrargli la loro nuova sorella, mio signore?- domandò successivamente, scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio del suo re. Odino le sorrise, carezzandole a sua volta il viso, per poi lasciarle il calco di un bacio sulla fronte
-Domani, mia signora. Ora é tardi e svegliarli dal loro sonno non li renderebbe certo in grado di capire...- Frigga annuì ponendosi un altro grande quesito:
-E che nome pensate di dare a vostra figlia, Padre degli dei?- tornando a focalizzare l’attenzione su quella culla, osservò quella bimba dalle guance rosee e l’espressione dolce. Quanta fragilità trasmetteva quella pargoletta, eppure quanta forza aveva dimostrato, piangendo e gridando; lottando fino allo stremo delle sue prime forze. L’angolo destro delle labbra di Odino si sollevó verso l’alto, mentre il suo occhio s’illuminava di un leggero barlume bluastro. E sentiva giá il fiato riempirgli la bocca, pizzicargli la lingua
-Klithilde. Cosí si chiamerá- rispose solennemente, tornando a guardare la sua divina sposa. E a sua volta la signora del cielo, inchinandosi con riverenza innanzi alla sua decisione, disse: 
-E cosí sia, mio signore-   

*Angolino di Virgy*

Bene, che dire?
Mi sto ispirando alla canzone degli Hopes die Last :" Thanks for Coming" perché é una canzone che mi é arrivata molto. 
Spero che vi piaccia l'inizio. So di aver scritto poco ma conto di rifarmi con il prossimo capitolo.
Un bacio
-V-

Ps: le völve erano antiche maghe consultate dagli dei e sacerdotesse presso l'antico popolo dei Germani.

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Capitolo 2
*** When I seemed to lose the only thing I care ***


Cap II: when I seemed to lose the only thing I care


 

Quel mattino, i figli di Odino si erano svegliati di tutta fretta, esaltati ed euforici al solo pensiero che il loro nobile padre gli avrebbe mostrato qualcosa di “prezioso”. E a quelle parole, nella mente dei giovani fanciulli immediatamente era venuta in mente la camera dei congegni, il luogo in cui si custodivano gelosamente tutti i trofei di guerra del valoroso padre degli dei. Silenziosamente seguivano il loro genitore avviandosi per i lunghi corridoi del palazzo; gli occhi del piccolo Thor guardavano in giro, quasi studiandosi attorno, come se non conoscesse giá ogni minimo particolare di quella magione. Loki, al contrario, pareva molto concentrato e si mordeva  appena le labbra per l’agitazione che gli scatenava il batticuore nel petto. Conosceva quella strada, e la lunga scalinata che conduceva al piano superiore, direttamente alle camere reali. E dai numerosi racconti a cui aveva prestato orecchio con cura, non gli pareva di ricordare che quella fantomatica stanza         si trovasse vicino la sua camera da letto
-Di preciso cosa vuole mostrarci padre?- domandó allora con curiosa ingenuitá infantile
-Che domande?! Di sicuro un nuovo trofeo che nostro padre ha vinto in battaglia!- rispose con enfasi sognante, gesticolando come un soldato, un valoroso guerriero che aveva sempre sognato di essere
-Oh no figlio mio. Quello che oggi sto per mostrarvi va al di lá di qualsiasi cimelio vinto sul campo...- affermó il padre degli dei accennando una lieve risata che fece vibrare la sua ruvida barba. Tutti si arrestarono innanzi le immense porte dorate che li separavano dai suoi appartamenti privati, e proprio mentre il dio posava ambo i palmi sulla liscia superficie del portale, un suono curioso giunse alle orecchie dei fanciulli, stordendoli appena. Sembrava un mugugno acuto, una risatina squillante e gioiosa. E i due fratelli si fissarono intensamente, con complicitá. Solo di una cosa erano certi: di qualsiasi cosa si trattasse... Era viva. Guardandosi appena alle spalle, il re notó il pallore sulle gote dei suoi ragazzi, e sorridendo nuovamente spalancó le ampie porte affermando con vigore:
-Ho una persona molto speciale da presentarvi, figli miei!-
Frigga sedeva all’angolo del grande giaciglio, indossava una veste argentea, proprio come la coperta ricamata in filo d’oro che tenva tra le braccia. I suoi occhi fissavano con tenera attenzione il contenuto di quel fagotto di stoffe pregiate, e i due giovani non riuscirono a fare a meno di rimanere impalati e straniti. Le mani di Odino si posarono sulle spalle dei suoi bambini, quasi incoraggiandoli ad avvicinarsi a lei. E sebbene i loro passi fossero pesanti e incerti, i due giunsero abbastanza vicini per poter scorgere delle piccole mani giocare con un lembo di stoffa
-Thor, Loki. Venite piú vicini. Guardate com’é bella...- affermó la dea accostandosi a sua volta piú vicina ai suoi figli, mostrandogli quel viso tondo e roseo dai lineamenti dolci, e il sorriso piccolo e sereno. Aveva delle grandissime iridi scure, proprio come il colore dei suoi capelli, un colore molto vicino a quello che distingueva Loki. E questa somiglianza quasi fece sobbalzare il piccolo poiché questa diversitá per la prima volta non lo stava facendo sentire solo
-É una femmina!- affermó suo fratello scrutando la neonata con stizza
-Si Thor. Il suo nome é Klithilde. Ed esigo che venga trattata come se fosse vostra sorella. Ho grandi progetti per lei...- disse il dio affiancando la sua sposa, scompigliando appena la bionda chioma del ragazzo
-Che genere di progetti, padre?-domandó improvvisamente il piccolo Loki, tornando a fissare quei due pozzi scuri scavati nelle orbite della bambina, la quale lo osservava a sua volta con curiositá. Avvicinandosi, il fanciullo portó una mano sul viso della creaturina fragile, carezzandole dolcemente una guancia con la punta delle dita. E si stupí del fatto che con la medesima delicatezza, le dita minute della pargoletta si andarono a stringere attorno al suo mignolo, agguantandolo in una presa molto salda e vigorosa per essere quella di una neonata. Il giovane Loki sussultó appena, ascoltando silenziosamente la melodiosa risatina che fuoriuscí dalla sua boccuccia rosea
-Quando sarete grandi ve lo spiegheró. Oh bene, vedo che cominci a piacergli figliolo!- affermó Odino compiaciuto di quel gesto amorevole della bimba nei confronti del ragazzo. Un lieve sorriso si disegnó sulle labbra di Loki, che sentendosi afferrato per un braccio, venne scortesemente spostato dal fratello, e fu costretto a sciogliere quel piccolo legame di tenera serenitá che si era venuto ad instaurare
-Madre posso prenderla in braccio?- affermó gesticolando platealmente, attirando di conseguenza tutta l’attenzione su di se
-Certo, fai attenzione a tenerle su la testa, ecco Thor cosí... Con delicatezza- Frigga istruí a dovere suo figlio sul come tenerla tra le braccia, volgendogli i suoi occhi chiari con devota apprensione
-É cosí piccola...- sussurró il biondino cullandola appena
-E delicata- aggiunse la madre degli dei, riprendendo la piccola Klithilde per portarla alla sua culla. Dal momento in cui la piccola venne riposta nel suo comodo lettino, tutti i presenti la circondarono, osservandola muoversi lentamente, mentre uno sbadiglio le gonfiava la bocca, invitandola a chiudere gli occhi, quelle iridi scure che avevano guardato con tanta dolcezza e curiositá quelle dei suoi fratellastri. Nel giro di qualche minuto Klithilde si addormentó, e i due figli di Odino si fissarono nuovamente: Thor da una parte con i suoi occhi ardenti e sprezzanti, limpidi come il cielo; e dall’altra parte c’era Loki, con le sue iridi altrettanto chiare, ma cupe, smorte e svuotate di quella luce che invece caratterizzava suo fratello e suo padre
-Figli miei, ora che siamo piú numerosi questo non cambierá mai quello che siamo: una famiglia. E niente riuscirá a mettere in discussione questo. La famiglia, figli miei, é il bene piú importante. Non dimenticatelo mai- era serio il tono con cui Odino parlava ai giovani, eppure cosí sincero da riuscire a toccare le interiora dei due. Non era il padre degli dei ad aver parlato, ma semplicemente un padre che non voleva altro che esprimere ai suoi figli quell’amore, quel legame che fondeva i fili delle loro vite saldamente assieme
-Si padre!- affermó il piccolo Thor afferrando la mano grande e ruvida del suo genitore, seguito a ruota da Loki, che con piú garbo e discrezione si limitó ad un lieve: –Sí!- ma nei suoi occhi, lí si poteva vedere tutta la sua ammirazione e devozione. Lí si vedeva il vero Loki, suo figlio.

***   
Con il passare degli anni, l’adolescenza non solo cominciava a far sbocciare i loro giovani corpi, ma a far maturare quello che infondo era il loro carattere: Thor diventava ogni giorno sempre piú alto e prestante, trasformandosi lentamente nel guerriero per eccellenza, amante delle lotte e audace sotto ogni fronte. Loki, dal canto suo, manteneva quel suo animo pacato e reservato, maturando un carattere quieto sebbene misterioso e, il piú delle volte, subdolo. Tuttavia questa sua sottile ambiguitá non faceva altro che aumentare quel fascino cupo che non faceva altro che procurargli noiose ragazzine con le quali, il piú delle volte, si dilettava a recargli scherzi pregiati e sopraffini. E quel pomeriggio, mentre suo fratello Thor si era dileguato per la sua cavalcata giornaliera con la giovane lady Sif, il figlio di Odino trascorreva il suo tempo seduto, con la schiena posata sul tronco di un albero, nel giardino che circondava il palazzo reale. Era intento nella lettura di un vecchio libro, studiando le rune e i loro mille significati, affinando le sue tecniche ma sopratutto passando un po di tempo in pace. Le foglie sopra di lui si mossero appena, sebbene non ci fosse vento a scuotere la sua verde chioma. Un ghigno divertito si scolpí sul suo viso, mentre sentiva i rami scricchiolare, e il suono di un respiro soffiare silenziosamente, sibilando tra il fogliame. Sentiva i suoi occhi fissarlo, e sapeva cosa stava per succedere. Per questo rideva, perché senza alcuna difficoltá Loki aveva giá previsto tutto.
Con un movimento rapido, l’intera fronda verdognola venne percossa dal balzo con cui una fanciullina si era lanciata sulla sua “preda”. Teneva le braccia spalancate, pronte per stringerlo e sfrattornarlo a terra, e proprio quando sentiva il suo odore diventare quasi tangibile, il corpo del ragazzo svaní in una nuvola verdognola, costringendola ad un atterraggio di fortuna. Con le mani aggrappate ai fili d’erba e le ginocchia a terra, la ragazzina cominció a guardarsi intorno, sventolando a destra e a manca lo sguardo alla ricerca del suo fratello maggiore. Poi, sentí un suono del tutto simile a quello che aveva provocato lei stessa poco prima provenire dalle sue spalle. Ma quando ebbe il tempo di voltarsi, per lei non ci fu scampo: afferrata per le spalle e stretta al suo petto, i due cominciarono a rotolare sul prato, fino a quando i loro giovani corpi non si fermarono l’uno sopra all’altra. Gli occhi di Loki si tuffarono nel vuoto delle iridi della fanciulla, che sotto di lui rideva gioiosamente. Aveva la pelle chiara, bianca come latte fresco sebbene fosse macchiata di terra, e boccoli color ebano che s’intrecciavano ai vedi germogli
-Non é giusto! Come fai a scoprirmi sempre? Non sarai per caso in grado di vedere ogni cosa come Heimdall?- domandó la bruna imbronciandosi appena, e a quell’espressione buffa, il giovane non risucí a trattenere una risata beffarda
-No, mia cara sorella. Sei solo troppo prevedibile- rispose baciandole una guancia prima di sollevarsi dal suo corpo, tendendole la mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Klithilde era piú bassa di lui di almeno quindici centimetri, se non di piú, e soleva camminare a piedi scalzi e arrampicarsi sugli alberi, sebbene non facesse parte della sua etichetta. Tornarono sotto la robusta quercia e sedendosi l’uno accanto all’altra, Loki tornó alla sua piacevole lettura, mentre la sua sorellina posava il capo sulla sua spalla
-Cosa ci trovi di cosí interessante nelle rune?! Io le trovo cosí noiose- bofocchió la piú piccola stringendosi al suo braccio
-Le rune sono uno strumento molto potente. Sono sorgenti di magia e sapienza. E tu, mia adorata sorella, dovresti impegnartici di piú sullo studio-
-Non ne ho voglia! E poi oggi Thor mi aveva promesso che mi avrebbe portata a cavalcare...-
-E invece é andato con lady Sif. É tipico di lui, se ne sará scordato...- affermó beffardo non accorgendosi dello spesso strato di tristezza che macchiava gli occhi della fanciullina al suo fianco. Ma quando se ne rese conto il figlio di Odino ebbe come un colpo al cuore. Ed era strano, solitamente a stento tratteneva le risa quando vedeva qualcuno ridotto in quello stato, ma non quando si trattava di lei, della sua Klithilde. Chiuse il suo libro dalla copertina scura, e portando una mano al suo viso le carezzó una guancia
-Io non le piaccio. Per questo Thor non mi fa venire quando c’é anche lei...- affermó seriamente, stropicciandosi sgraziatamente gli occhi lucidi
-Ti riferisci a Sif?- domandó il moro osservando la piú piccola annuire mentre tentava con tutte le sue forze di trattenere i singhiozzi
-L-Lei mi g-guarda come s-se mi odiasse...- sussurró lasciando scorrere una lacrima sul suo ovale, lasciando che percorresse una piccola scia luminosa sulle sue gote
-Oh mia piccola Klithilde...- cominció il ragazzo stringendola al suo petto, cullandola appena prima di afferrarle il viso per il mento, portandolo al suo
-Bada a distinguere l’odio dall’invidia...-affermó fissandola intensamente, penetrandola con lo sguardo. Ed era strana quella sensazione che la ragazzina provava ogni qual volta che quegli occhi verdi la fissavano. Come se Loki la conoscesse da sempre, che comprendesse tutti i suoi timori e le sue debolezze. Si sentiva protetta, completamente a suo agio in quello scambio intenso di sguardi
-I-Invidia?- domandó balbettando appena, mentre sfiorandola appena suo fratello le scostava una ciocca ribelle da innanzi al viso
-Certo. Sif é gelosa di tutte le attenzioni amorevoli che Thor ha nei tuoi riguardi- affermó rassicurandola
-Lo pensi davvero fratello?- domandó la piú piccola sorridendogli timidamente
-Ma certo. E adesso, lascia che ti asciughi queste lacrime...- sussurró il fanciullo chinandosi appena, asciugandole le guance con amorevoli baci. Erano vellutate le sue labbra sulla sua pelle, e un risolino genuino si dipinse sulla sua bocca, prima che Klithilde si avvicinasse a sua volta al viso del fratello, carezzandogli il naso con la punta del suo per poi lasciar combaciare la sua fronte con quella del ragazzo
-Grazie Loki-
-Ti voglio bene, sorellina- ridacchió carezzandole il capo. Improvvisamente un nitrito giunse al loro udito, rovinando quel loro piccolo momento. Voltantosi di scatto i due riuscirono a riconoscere loro fratello cavalcare in groppa ad un bellissimo esemplare bianco dalla costituzione slanciata e la criniera elegante. Un cavallo che nessuno dei due aveva visto prima
-Thor!- affermó la brunetta correndogli incontro mentre il ragazzo smontava agilmente dalla groppa dell’animale, avvicinandosi alla sua adorata sorellina, avvolgendola con le sue braccia levigate dai primi cenni dei muscoli. Loki dal canto suo rimase al suo posto, sbuffando appena
-Che cavallo magnifico fratello!- esultó la bambina carezzandogli il muso
-Ti piace? É tuo...- rispose il biondo attirando non solo l’attenzione della giovane sorella ma anche quella del fratello, che sollevando lo sguardo di scatto, lo fulminó severamente
-Mio? Ma fratello questo cavallo é troppo bello per essere mio!- affermó Klithilde spalancando occhi e labbra in una gigantesca “O”
-Solo il meglio per la mia adorata sorella. E poi dovevo farmi perdonare per la mia assenza di questo pomeriggio...- rispose a sua volta prendendole la mano piccola e affusolata nella sua, baciandone il dorso. Le guance di Klithilde vamparono di ardenti macchie rossastre, mentre Loki sentiva i conati di vomito corrodergli l’esofago
-Cavalca con me fratello- gli propose la fanciulla sorridendogli euforica
-Sarebbe un onore...- le rispose montando a cavallo per poi afferrarla per i fianchi asciutti e adagiarla stretta al suo petto, aiutandola a reggere le redini
-Sai che padre non ne sará affatto contento vero Thor?- domandó il giovane Loki dal suo poggio con un sopracciglio sollevato verso l’alto
-Suvvia fratello. Ci divertiamo un po. Cosa che anche a te non farebbe male- disse suo fratello sorridendogli beffardo
-Mi duole informarti che la mia forma di divertimento é decisamente diversa dalla tua, fratello-
-Oh stai tranquillo. Lo sappiamo tutti  Loki. Ma ora basta parlare. Ora corri bello! Ah!- e facendolo impennare, il cavallo sfrecció via, lasciando una scia di risate che in pochi secondi si dileguó nell’aria. Tuttavia Loki riusciva ancora a vederli; ad ammirare i suoi lunghi capelli scuri fluttuare nel vento e mescolarsi alla folta chioma bionda di Thor. Un ghigno cattivo, un sibilo dai suoi denti stretti. Le sue mani si strinsero a pungo, strappando con violenza un ciuffo d’erba. 

*Angolino di Virgy*
Scusatemi il ritardo ma ho avuto un po problemi e un po di cosucce da rivedere!
Ecco il secondo capitolo!
Spero che vi piaccia!
Un bacio
-V-

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Capitolo 3
*** How do you feel? I don't believe it's real ***


How do you feel? I don't believe it's real



Quando il sole s’innalzó su Asgard, l’intero palazzo sembrava essere entrato in un subbuglio generale che aveva coinvolto le intere schiere di servitori e ancelle. Per i ricchi saloni c’era un fittissimo via vai di persone: chi portava vasi ricolmi di fiori appena colti, altri che s’impegnavano a far risplendere i pavimenti e perfino chi si occupava di lucidare il mastodontico trono dorato. E racchiusa nelle sue stanze, Klithilde ascoltava tutto quel caotico trambusto. Rannicchiata in posizione fetale celava il suo corpo slanciato e asciutto sotto le pesanti coperte. Con gli occhi socchiusi osservava quel misero spiraglio di luce che era riuscito ad aprirsi una breccia tra le tende. I folti boccoli scuri si riversavano fluidamente lungo le sue spalle e il cuscino, solleticandole le guance. Sentiva il suo cuore battere forte nel petto; sapeva a cosa erano dovuti tutti quei preparativi e per l’agitazione e l’euforia non era riuscita a chiudere occhio. Il compleanno della principessa era un evento molto atteso in tutto il reame; era il giorno in cui Odino apriva le porte del suo palazzo per festeggiare la fioritura della sua unica figlia. Tuttavia non c’era uomo, donna o bambino in tutta Asgard che non sapesse che quel compleanno in particolare era diverso dagli altri precedenti. Quell’anno infatti, Klithilde sarebbe stata presentata non piú come una bambina, ma come una donna a tutti gli effetti, e la consapevolezza che la sua maturitá era finalmente giunta non aveva fatto altro che aumentare i brividi caldi sulla pelle della fanciulla. Sollevandosi dal suo giaciglio, camminó in punta di piedi per spalancare quelle tende che le impedivano di vedere il panorama: il cielo limpido, la sua gente che addobbava perfino le strade in suo onore. Poi vedeva la quercia, il suo piccolo rifugio, la culla di tutti i suoi pensieri. E appena nascosto dalla sua folta chioma verdeggiante, i suoi occhi riuscivano a vedere il Bifrost. Un sorriso amaro e malinconico si dipinse sulle sue labbra pallide: quante volte aveva cavalcato su quel ponte in quei giorni?
 Thor e Loki erano in missione assieme ai tre guerrieri e lady Sif, e dal giorno della loro partenza Klithilde non aveva fatto altro che assillare Heimdall, chiedendogli dei suoi amati fratelli
“Torneremo per il tuo compleanno mia adorata. É una promessa” cosí l’aveva salutata Thor con un baciamano, e ancora riusciva a sentire le sue labbra vellutate sul dorso della sua mano destra. Si morse appena il labbro inferiore, stringendosi le mani al petto; e se invece non avessero mantenuto la promessa? Se non sarebbero tornati in tempo? Le parve di rivedere nella sua mente gli occhi di Loki, belli e ammalianti proprio come quel mattino, quando salutandola con un riverente inchino era sparito al di lá del Bifrost assieme a suo fratello. E in quel momento, quando la sua testa vagava alla ricerca di ricordi, Klithilde aveva paura. Non voleva diventare adulta senza la loro presenza a sostenerla in un traguardo cosí importante. Trattenendo appena il fiato si catapultó nel suo guardaroba, afferrando una morbida veste ampia, e dopo essersi infilata dei sandali di cuoio, sgattaglioló fuori dalla sua camera. La sua lunghissima chioma si tuffava lungo le sue spalle piccole, ondulando appena per il suo passo frenetico. Destreggiandosi con graziosi inchini, la fanciulla si addentrava nella sua dimora cercando di raggiungere le stalle senza destare troppi sospetti. Sapeva bene che avrebbe dovuto dedicare l’intera giornata alla cura del corpo in vista della festa, ma in quel preciso istante lady Klithilde aveva ben altro a cui pensare piuttosto che alla toletta. Sollevando un lembo della gonna violacea, la giovane scese frettolosamente le scale, ascoltando il nitrito del suo cavallo, il quale sembrava aver immediatamente riconosciuto i suoi passi. Guardandosi attorno la giovane fece uscire il suo destriero dal manto candido, e dopo esservi montata in groppa con agilitá, immeditamente si lanció in una corsa sfrenata lungo tutto il ponte dell’arcobaleno. Il vento batteva forte sulla sua pelle, sollevandole le vesti sino alle cosce mostrandone il candore della carne. I suoi riccioli color ebano fluttuavano nell’aria come i merletti della sua gonna, e alla vista del possente guardiano la sua bocca cominció a stirarsi in un ampio sorriso. Quasi balzando smontó da cavallo, avvicinandosi a grandi falcate innanzi l’uomo dalla prestante forma fisica messa in risalto dalla preziosa corazza d’oro
-Mio signore...- cominció inchinandosi a lui con eleganza. Gli occhi ambrati del guardiano scrutarono quella esile fanciulla, e sebbene il suo ovale non trapelasse neanche la minima espressione, dentro di se l’uomo era colpito da quell’ardore che riusciva a vedere nel suo piccolo petto. Sebbene non fosse una guerriera come Sif, la figlia di Odino mostrava una forza d’animo pari allo stesso Padre degli dei. Ma pur volendo, Heimdall era consapevole di non poterla aiutare
-Perdonatemi vostra altezza. Ma i vostri fratelli ancora non hanno richiesto il mio intervento. Non posso assicurarvi il loro ritorno per questa sera...- serio e inespressivo, come suo solito. E una fitta al petto fece trasalire la povera donna, che abbassando lo sguardo annuí tristemente
-La regina vi sta cercando. Dovreste raggiungerla...- aggiunse l’uomo osservandola un’ultima volta: volto pallido, sguardo schivo e puntato verso il basso, il segno invisibile e indelebile di una lacrima lasciva
-Grazie lo stesso. Mio signore- aveva sussurrato con la voce strozzata da un pesante nodo alla gola che impediva ai singhiozzi di fuoruscire dalle sue labbra. Lentamente rimontó a cavallo, e trottando ritornó alle stalle. Da lontano, Heimdall guardava la sua chioma e le sue spalle scoperte che mano a mano si allontanavano sempre piú. L’angolo destro della sua bocca carnosa si sollevó in un sorriso amaro.

***

In piedi sopra ad un freddo piedistallo di marmo avorio, Klithilde sollevava le mani al soffitto, mentre delle dame rivestivano il suo corpo, cosparso di profumi e unguenti idratanti, con un morbido abito del colore della notte. E proprio come il cielo stellato, la stoffa brillava di minuscole polveri argentee per tutta la lunghezza della veste, la quale scivolava sinuosamente lungo i suoi fianchi stretti. Con una spilla di pietre preziose veniva fissata l’unica bretella  che le incorniciava una spalla. Con le mani giunte al petto, Frigga controllava che la sua prediletta venisse accudita con cura per ogni singolo dettaglio. Dopo tutto era stata lei stessa ad aver scelto il suo vestito per quella serata tanto importante, e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di valorizzare l’innocente freschezza e la pura bellezza di sua figlia. Come da tradizione, quando Klithilde ebbe finito con le vesti, la madre degli dei la fece accomodare sul ciglio del letto nuziale per conciarle lei stessa i capelli. In fondo al suo cuore, Frigga aveva sempre amato quelle soffici onde brune che colavano lungo le sue spalle e la sua schiena. Cosí scure, diverse da quelle degli altri asgardiani, eppure mano a mano che spazzolava quelle folte ciocche con un pettine dorato, queste emanavano un intrigante profumo di fiori e limpida pioggia
-Sei andata da Heimdall anche oggi. Non é vero mia cara?- Domandó improvvisamente facendola trasalire, mentre nel frattempo cominciava a raccoglierle le ciocche superiori della chioma in una treccia
-Mi dispiace madre. So che é da bene non disturbare il guardiano ma io volevo soltanto...-
-Oh mia diletta!- sussultó la regina con un risolino tenero impresso sulle labbra rosee
-Tu non devi scusarti di nulla. L’amore che provi per i tuoi fratelli é piú forte di qualsiasi mio avviso...- disse in seguito facendo cenno alle ancelle di porgerle le perle e i fiori di cristallo per adornarle il capo
-Bada solo a non dimenticare che ora sei una donna. Tra non molto il Padre degli dei designerá il tuo sposo. E sará a tuo marito e ai tuoi figli che donerai tutto il tuo amore- gli occhi profondi e sognanti della giovane donna guardavano un punto indefinito della camera, lo sguardo sperso nel vuoto dei suoi mille pensieri. Con la punta delle dita si sfiorava la veste, respirando profondamente. Non aveva mai pensato al suo matrimonio, e ora che la sua genitrice si era addentrata nell’argomento Klithilde era piuttosto confusa
-E se io non amassi l’uomo che mio padre avrá scelto per me?- sussurró con profonda incertezza, cogliendo la madre alla sprovvista
-Perché non dovresti amarlo?- le domandó di rimando, addolcita da quella sua espressione appena imbronciata e spaventata
-Non saprei. Non sono mai stata innamorata. O almeno credo...- la principessa fece appena una pausa, lasciando che in quel breve lasso di tempo la madre degli dei potesse finire di creare una sottile coroncina di fiori e perle tra i suoi capelli. Poi voltandosi appena, la fanciulla osservó la madre con occhi grandi e dolci; docili eppure ardenti di curiositá
-Madre, come faccio a sapere di essere innamorata di una persona?- Frigga sapeva che prima o poi quella domanda sarebbe giunta al suo udito, e sospirando appena carezzó con amorevole tocco le guance vellutate della ragazza, allungando la sua bocca in un casto sorriso
-Quando sarai disposta a fare anche il sacrificio piú grande per essa...- era la prima volta che Klithilde vedeva sua madre con le celestiali iridi rivolte al cielo e amorosi sospiri gonfiarle le labbra. E quella visione cosí rara e succulenta le scaldó il cuore. Frigga amava Odino, lo leggeva nel suo sguardo ancora lucido e infantile. E fu in quel momento che la principessina si rese conto di desiderare un amore come il suo: un legame profondo, pieno di rispetto. Le mani della giovane donna afferrarono quelle della madre nelle sue, coccolandole. Le porte delle camere reali poi si aprirono all'improvviso, e il padre degli dei fece il suo ingresso con ampie falcate. Immediatamente le due donne si sollevarono dal loro poggio, inchinandosi al suo cospetto mentre l’espressione severa e autoritaria del sovrano si addolciva alla vista delle sue donne
-Klithilde, piccola mia...- affermó Odino spalancando le braccia per accogliere la sua bambina ormai cresciuta tra le sue braccia ancora forti come in gioventú
-Sei bellissima- le soffió in viso posando le ruvide labbra sulla sua fronte, prima di tuffarsi all’interno di quei due pozzi profondi e scuri
-Grazie padre. Anche se dovete ammettere che non sono piú piccola...- ridacchió la brunetta facendo una lenta e sobria giravolta, mostrandosi agli occhi di suo padre per quello che era, una vera donna
-Sarai sempre la mia bambina, mia amata- sottolineó il padre degli dei prendendole ambo le mani nelle sue, sfiorandole il viso con la punta delle dita. Per quanto si sforzasse nemmeno il potente Odino riusciva a credere che quella piccola creatura che tempo prima teneva tra le braccia adesso era diventata una figura leggiadra e delicata, una fanciulla buona e devota. Frigga li raggiunse abbracciando a sua volta sua figlia. Il silenzio era calato su di loro, ma non era pesante, tutt'altro era soffice e morbido, e quasi li avvolgeva in una tenera stretta confidenziale.
Poi un rombo. Un boato. Dalle finestre raggi biancastri squarciarono la notte. Immediatamente gli occhi scuri della principessina s’illuminarono di colpo
-I-Il Bifrost!- sussurró quasi in preda alla commozione osservando euforicamente i suoi genitori, che trattenendo a stento un risolino divertito, entrambi i dei le fecero cenno di avviarsi. Klithilde non se lo fece ripetere nuovamente che giá si era lanciata in una folle e sgraziata corsa contro il corridoio d’ingresso al palazzo. Il Bifrost si era aperto e questo significava solo una cosa: i suoi fratelli erano tornati.
Con il fiatone e i capelli scomposti giunse sulla cima della scalinata che si affacciava nella sala del trono, e proprio in quel momento i portoni d’ingresso si spalancarono. Avvolto da una massiccia corazza adornata da un purpureo mantello, suo fratello maggiore entró brandendo il  Mjöllnir nella mano destra
-Thor!- e il dio del tuono immediatamente riconobbe quel cinguettio adorabile che aveva chiamato il suo nome. Scendeva le scale con la gonna della veste sollevata fino alle ginocchia per facilitarle la corsa. Posando il martello al suolo, l’uomo si preparó ad accogliere la ragazza tra le sue possenti braccia. Le afferró prontamente i fianchi stretti sollevandola quasi a mezzo metro da terra, facendola volteggiare in aria prima di stringerla forte al petto. Aveva immerso il viso nella sua chioma scura, assaporandone il profumo
-Mia adorata...- sussurró con sensuale tenerezza sfiorandole il lobo con le labbra, prima di baciarle la tempia. Gli occhi di Thor erano puntati su di lei, e un fremito le increspava la pelle chiara sotto le sue grandi mani
-Ho avuto paura che non sareste tornati in tempo...- sussurró timidamente abbassando violentemente lo sguardo. Con il pollice e l’indice, il biondo afferró il visetto della fanciulla, sollevandolo prontamente, portandolo al suo con dolce audacia
-Ti avevo fatto una promessa, mia dolce sorella- ridacchió con voce bassa e roca, cullandola ancora con amorevoli carezze. Proprio in quel momento anche i tre guerrieri fecero il loro ingresso, con le loro corazze lievemente scalfite, e Lady Sif con le vesti macchiate di sangue e i capelli spettinati. I suoi occhi glaciali immediatamente la fulminarono, facendola rabbrividire. Infine, con passo lento e sostenuto, il mantello logoro, i capelli corvini arruffati e uno sguardo languido e ammaliante impresso nelle limpide iridi, anche il suo secondo fratello entró finalmente nel salone, chiudendosi le porte alle spalle
-Loki! Loki!- sfilandosi agilmente dalla presa del dio tuono, Klithilde andó incontro al dio dell’inganno, gettandogli le braccia al collo. Le mani del moro scivolarono lungo i suoi fianchi stringendola appena con la mano sinistra mentre con la destra saliva lentamente, carezzandole la schiena. La fronte della principessa combaciava con quella del dio, proprio come le punte dei loro nasi, che amorevoli si strusciavano l’uno contro l’altra, coccolandosi vicendevolmente
-Mi sei mancato, fratello- la bruna sussurró appena con gli occhi socchiusi, quasi assaporando quel soffice respiro che soffiava contro il suo viso. Un risolino sollevato si era disegnato sulle labbra di Loki. Nel suo radicato pessimismo, in tutti quei giorni lontano da casa la speranza che le fosse mancato anche solo un pochino lo aveva sfiorato con audacia, e scoprire che le sue fantasie non erano state solo flebili carezze, in un qualche senso, lo avevano appagato
-Mia dolce sorella...- ridacchió portandosi la mano della giovane al viso, baciandola con elegante pudore, intrecciando successivamente le sue dita con essa, sfiorandola con le gote. Era liscia come seta la sua pelle quella sera, e con occhi sognanti il giovane dio era rimasto in avida contemplazione mentre sentiva gli occhi scuri della sorella guardarlo. Amava quel colore cosí indefinito e enigmatico, quegli occhi che mai lo avevano guardato con disprezzo, quelle iridi piene di gioia e di dolcezza. Piene di amore, un sentimento che stava divorando il petto di Loki giorno per giorno, ma che silente teneva nascosto dalla luce di tutti. Si stavano fissando intensamente, come se fosse piú forte di loro e dall’altro capo della sala, tra una risata e qualche pacca sulle spalle, Thor osservava di sottecchi le loro ambigue effusioni con un certo disgusto. Detestava quegli sguardi lunghi e interminabili, detestava gli occhi languidi con cui suo fratello osservava Klithilde muoversi per il palazzo. Aveva sempre pensato alla principessina come sotto la sua esclusiva protezione, e conoscendo bene i subdoli atteggiamenti del fratello, il giovane dio del tuono aveva sempre tentato di tenerla il piú lontana possibile da lui, come se il suo desiderio non fosse soltanto quello di tenerla tutta per se, ma anche quello di preservarla da ogni possibile “macchia” corrotta del fratello
-Figli miei- la voce di Odino tuonava nella sala, facendo voltare tutti i presenti in direzione della sommitá delle scale, ove il Padre degli dei sostava austero e possente brandendo il suo scettro dorato
-I festeggiamenti stanno per avere inizio. Preparatevi e disponetevi affinché tutto sia perfetto- e fu in quel momento che Thor vide finalmente Loki e sua sorella separarsi, dando quasi un sospiro di sollievo. Era folle per lui pensare di essere geloso di suo fratello, sapeva fin troppo bene di non avere nulla da invidiargli. Eppure gli bastava vederlo al fianco di Klithilde per lacerargli le membra. Che lui fosse geloso di sua sorella? Questo se lo era chiesto molte volte.
“Ma lei non é mia sorella”. Questo si era poi risposto. 


Angolino di Virgy

Avanti ammettetelo! Volevate uccidermi! XD Con questo capitolo chiedo umilmente perdono per essere sparita per tutto questo tempo. 
Sono felice di vedere che la fic comincia a piacervi!! 
Spero che anche questo capitolo vi piaccia come quelli precedenti! E spero altrettanto di aggiornare presto, anche se purtroppo non posso promettere nulla :(
Un bacio
-V-

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Capitolo 4
*** I'll go crazy for no reason. Because I can't stop that voice inside my head ***


I'll go crazy for no reason. Because i can't stop that voice inside my head
 

I cancelli del palazzo reale erano stati aperti, lasciando fluire il lungo corteo di asgardiani in festa acclamando a gran voce il nome della giovane principessa. Klithilde, nascosta nella sala antistante a quella del trono, rimaneva immobile innanzi al portale ancora chiuso. Era paralizzata dalla paura. Sentiva moltissime voci al di là di quella porta, e il pensiero che avrebbe dovuto attraversarla da sola aveva provocato una profonda soggezione da farle venire i crampi alla gambe e le vertigini. Aveva le gote pallide, piú bianche del suo solito candore, e si torturava le mani con morbide carezze, nel vano tentativo di tranquillizzarsi
-Siete agitata, mia adorata sorella?- la voce del fratello maggiore la colse alla sprovvista, proprio come le sue mani grandi e massicce che si erano andate a posare sui suoi fianchi stretti, portando la sua schiena al suo petto ampio e formoso sotto la pesante corazza
-Thor...- sussurró trattenendo a stento un gridolino di spavento, mentre un brivido freddo le aveva percosso l’intera spina dorsale
-Sei troppo rigida...Devi sciogliere la tensione...- affermó soffiandole tra i capelli, sfiorandole appena l’orecchio con le labbra, stringendola ulteriormente a sé, massaggiandole le spalle, aspirando il suo profumo intrigante e dolce. Voltandosi a sua volta, Klithilde immerse il capo nei pettorali del giovane dio del tuono, riscaldandosi nel calore delle sue carezze morbide e protettive
-La fai facile tu. Sei sempre stato abituato a stare al centro dell’attenzione...- rispose osservandolo di sottecchi nei suoi occhi limpidi e beffardi, quasi fulminandolo con un sopracciglio sollevato verso l’alto
-Anche tu, mio dolce tesoro, sei sulla bocca di tutti. Solo che tu non te ne sei mai accorta- ridacchió scostandole una ciocca sgusciata fuori dall'architettata acconciatura che Frigga le aveva fatto. Era rassicurata, forse suo fratello aveva ragione, forse non doveva farsi troppo problemi e rilassarsi di piú. Klithilde allora gli sorrise, e in quell’attimo per il valoroso condottiero asgardiano fu assai arduo destare i suoi pensieri da desideri ardenti, come possedere le sue rosee labbra e mangiarle a suon di baci. Si dovette mordere il labbro inferiore, e chiamó a se un servitore ordinandogli una coppa di vino
-Non dovresti bere prima del banchetto- lo ammoní la giovane
-Oh ma non é per me questo vino. É per te, mia adorata- rispose con un ghigno divertito e beffardo
-Neanche lei dovrebbe bere Thor, lo sai- la voce del secondo figlio di Odino fece ingresso assieme a tutta la sua persona, mostrando una nuova corazza dorata e un mantello decisamente degno della sua elegante figura. Vedendolo, Klithilde immediatamente sorrise
-Loki!- esultó la principessina correndogli incontro per prendergli le mani nelle sue piccole e affusolate, facendo palpitare d’ira il cuore nel petto del dio del tuono  
-Un sorso di vino certo non ofuscherá la sua mente fratello. Anzi le gioverá- si giustificó afferrando la coppa che prontamente il servo gli aveva portato. Poi, avvicinandosi con ampie falcate ai due, porse il dorato boccale nelle mani della piú piccola
-Solo un goccino mia cara! Vedrai che dopo ti sentirai meglio...- la incitó il biondo, mentre lo sguardo severo del dio dell’inganno aleggiava su di loro
-A nostro padre tutto ció non piacerà- bofocchió quest’ultimo osservando la bruna bere due sorsi di quel magnifico liquido color cremisi. Ingoiando a forza quella bevanda troppo amara per i suoi gusti, la principessina sentí come un fuoco pervaderle il petto. Ma una piacevole sensazione aleggiava nel suo corpo e nella sua mente, come una leggerezza interiore che la aiutava a distendere tutti i suoi nervi tirati. Sulle sue guance un rosa tenue tinse la sua pelle, e sulle sue labbra un sorriso si sollevò appagato
-Visto? Cosa ti avevo detto Loki? Sembra rinata!- ridacchió il biondo accogliendo tra le sue mani la coppa ancora mezza piena della giovane, scolandosela in un sorso solo, premendo le labbra nel punto esatto dove quelle piccole e ben disegnate della giovane si erano adagiate. E ripulendosi la bocca e la barba con il dorso della mano, il giovane dio ebbe la prelibata occasione di vedere lo sguardo rammaricato del fratello
-Pensiamo a fare il nostro ingresso piuttosto. É giunta l’ora...- rispose con stizza il dio degli inganni, avvelenato dalla superbia del maggiore che in ogni evenienza riusciva a renderlo bello agli occhi della sorellina. Quest’ultima, colta dalla parole di Loki, ebbe per qualche istante il fremito della paura pervaderla un’ ultima volta
-V-Voi mi accompagnerete vero?- domandó improvvisamente spezzando quel silenzio e quella tensione che nel frattempo si era venuta a creare. Ambedue i figli di Odino si voltarono, posando i loro sguardi sulla graziosa figura al loro fianco. Per la prima volta sorrisero allo stesso tempo, e allo stesso modo: genuino, sincero   
-Certo che lo faremo. Sai che non ti abbandoneremmo mai, mia adorata- rispose sicuro il Thor, fiancheggiandola mentre anche il fratello lo imitava, passando al fianco opposto. Gli occhi della giovane s’immersero prima in quelli forti e vigorosi del dio del tuono, poi immediatamente a quelli ammalianti di Loki, fissandoli ambedue con la stessa gioia e ammirazione, come se non fosse mai esistito un favorito, perché li amava entrambi piú della sua stessa vita, e sapendoli al suo fianco, niente avrebbe potuto renderla infelice. I figli di Odino cominciarono a camminare verso quel portale in oro cesellato dal quale, una volta varcato, Klithilde non sarebbe piú tornata indietro uguale a prima. No, entrata nella sala del trono, la principessa di Asgard appariva per la primissima volta come una vera donna. Uno spiraglio di luce cominció a brillare, accecandole per un istante la vista mentre i grandi portali si aprivano. Socchiuse gli occhi e tutto quello che vide furono fila infinite di asgardiani che incorniciavano il cammino per la navata centrale che portava innanzi al trono, ove suo padre sostava in piedi in tutto il suo austero splendore. Avanzarono lentamente, accolti da una pioggia di petali di fiori che si andarono a posare sul loro capo e le spalle. Stentava a crederci ma le piaceva quella sensazione che le attanagliava lo stomaco, tanto che cominciava non sentire piú dolore. Al fianco del padre degli dei, Frigga osservava con occhi fieri la sua diletta avvicinarsi sempre piú, e quando i loro sguardi s’incrociarono, la ragazza sorrise. Finalmente furono ai piedi della scalinata che li divideva dal grande trono dorato, con un cenno della mano il grande Odino zittí l’intrepido pubblico, lasciando che un sottile silenzio carico di adrenalina velasse l’intera area. Klithilde restava in ginocchio mentre i suoi fratelli andavano a fiancheggiare la madre, lasciandola, cosí che potesse godere del suo momento. Il cuore le batteva forte nel petto e cominció a temere di svenire lí, davanti a tutti, prima che padre potesse aprir bocca
-In questo giorno glorioso, Asgard festeggia la venuta di una nuova dea. Alzati Klithilde, figlia di Odino- sollevandosi lentamente, la giovane tornó in piedi e si lasció penetrare dallo sguardo del padre, con il suo unico occhio era in grado di vagare nelle profonditá piú intime del suo intero essere. Continuarono a guardarsi intensamente mentre un’ancella giungeva al fianco del sovrano, trasportando un piccolo scrigno di argento. Suo padre si avvicinó piano, sollevando quel piccolo coperchio inciso e intarsiato di pietre preziose, lasciando fuoriuscire una candida luce bianca che brilló con la stessa inensitá di una esplosione di stelle. L’intera sala venne pervasa da quella splendida luce, quando il padre degli dei prese in ambo le mani una finissima catenina di argento dalla quale pendeva la scintillante pietra. Una sottile scia di sussurri si mosse tra i presenti, ma bastó un occhiata di Odino per far tornare il silenzio. Le labbra della principessa si schiusero appena, e i suoi occhi parevano come catturati da quel pendente cosí luminoso. Non aveva mai posato lo sguardo su un gioiello talmente bello, sebbene non amasse indossare monili di alcun tipo. Ebbe un fremito che la percosse da testa a piedi, mentre suo padre scendeva lentamente quei gradini di marmo che la separavano da lui
-La luce di Asgard, frammento di una stella che é esplosa centinaia di anni or sono. La sua é pura energia, e solo un cuore altrettanto puro puó permettersi di sfruttarla- specificó arrestandosi innanzi a sua figlia, fissandola nel suo piú totale stupore
-Con questo dono io, Odino padre degli dei, ti consacro dea della misericordia. Fonte di luce e speranza per tutti noi- e con queste parole, le mani del sovrano scesero sul suo collo candido e slanciato, legandogli il prezioso cimelio al collo. Ebbra dalla felicitá, una lacrima sfuggí dal suo autocontrollo, rigandole la pelle rosea. Un sorriso si dipinse sulla bocca di suo padre, che con una carezza amorevole colse quella piccola gemma stillata dai suoi occhi profondi. Tra la commozione e la sorpresa, tutta Asgard in quel momento acclamó il nome della nuova divinitá, e i festeggiamenti ebbero finalmente inizio.
 
***
In molti, quella sera si erano presentati a lei facendole gli auguri, elogiando la sua straordinaria bellezza, e con un sorriso sulle labbra la principessa si limitava a ringraziarli con il velo della timidezza che le coloriva le gote di un rosa tenue e pudico. Frigga era al suo fianco, quasi per infonderle sicurezza mentre continuava ad inchinarsi innanzi agli invitati che continuavano ad entrare nella sala del ricevimento. Improvvisamente Klithilde ebbe un sussulto, stremata. Non pensava che seminare convenevoli fosse cosí stancante, sopratutto per lei, che non era mai stata abituata a tutti quegli occhi puntati addosso. Si sentiva soffocare, letteralmente oppressa da tutte quelle presenze accalcate assieme nella stessa stanza. Approfittandone quindi di un momento di distrazione da parte di sua madre, la principessina sgattaiolò inoltrandosi tra gli ospiti, serpeggiando alla ricerca di una via di uscita da quell’inferno di nobili che le toglievano letteralmente le energie. Dopotutto non aveva mai amato gli eventi mondani, ed aveva partecipato solamente a pochi di essi poiché era ancora “troppo piccola”. Ebbene in quel preciso instante Klithilde desideró con tutta sé stessa tornare bambina. Quando ancora era spensierata, immersa nella sua vita priva di cerimonie sperperate in lungo e in largo. Vide l’uscita per il portico che incorniciava il giardino reale, e la consideró come la piú ghiotta delle occasioni per scappare senza essere notata. Cosí, fingendosi vaga, si avvicinó lentamente all'uscio, e giá pregustava quella ventata d’aria fresca che sulla sua pelle suonava con un inno alla libertá. Poi, delle dita sottili si allacciarono al suo braccio, bloccandola con forza
-Stavate per caso tentando di fuggire, vostra altezza?- voce tenue eppure ben impostata, quando si voltó gli occhi scuri della piccola s’imbatterono nel mare impetuoso delle iridi della donna dai lunghi capelli scuri e un ghigno beffardo sulle labbra
-L-Lady Sif...- tentennó appena lasciando il suo cuore scalpitare per qualche attimo. Non le era mai piaciuta, e questo lo sapeva bene. Secondo suo fratello era l’invidia la causa di tanta freddezza nei suoi riguardi, ma per quanto fosse fedele alla tesi di Loki, Klithilde sapeva che nel profondo Sif la odiava
-Non volevo fuggire. Stavo solamente... Ehm...- ebbe un attimo di esitazione, presa dal panico. In quel breve lasso di tempo, la guerriera ne approfittó per trascinarla via con sé. Era molto forte per essere una donna, ma dopotutto era la prima combattente di tutta Asgard, e riusciva a manovrarla per la sala come un burattino
-Dove mi state portando?- domandó con un filo di voce. A malapena si salutavano durante i loro incontri, e questa improvvisa presa di posizione era decisamente sospetta
-Non avete nulla da temere principessa- rispose voltandosi a guardarla, sorridendole divertita. E a quel gesto Klithilde non sapeva se esserne felice oppure terrorizzata. Svicolarono nei lunghi corridoi del palazzo, giungendo innanzi una porta adiacente alla sala del banchetto. Solo ora Sif le lasció andare il braccio, e guardandola osservó quella sua espressione curiosa e allo stesso tempo diffidente
-Entrate- la incitó successivamente. La giovane dea non rispose, ma rimase immobile al suo posto, passando con lo sguardo dalla guerriera alla porta. Non si fidava, non si era mai fidata di lei. Eppure c’era un tempo in cui erano amiche, ma se lo ricordava oramai come se fosse stato solo un sogno. Erano bambine, e Klithilde guardava Sif come una sorella maggiore, una fonte di ispirazione e bellezza, con i suoi lunghissimi capelli biondi e fluenti e gli occhi audaci e limpidi. Ma un pomeriggio, quando stavano giocando a nascondino come loro solito nella foresta ai piedi del palazzo, Sif le aveva assicurato un posto sicuro per non farsi trovare da Thor: una roccia massiccia nel cuore del bosco, rivestita da muschi e funghi. Il piano era quello di rimanere lí finché Sif non fosse tornata dandole il via libera fino alla tana. E la piccola Klithilde era rimasta lí, appollaiata con le ginocchia al viso, aspettando che la sua compagna tornasse. A ritrovarla, ormai a notte fonda, poi fu Loki, che perlustrando la zona assieme alle guardie reali l’avevano data per dispersa. Dormiva aggomitolata al suolo, infreddolita e tremante a causa del calo della temperatura. E al suo risveglio, il giorno dopo, l’oro dei capelli di Sif si era tramutato in pece, e da quel momento il gelo attraversó le loro occhiate. E sentiva ancora quelle fredde iridi penetrarla anche in quel momento, davanti quella porta. Ebbe un attimo di esitazione, ma dopo aver preso un bel respiro profondo spalancó il grande portale. Grandi bracieri di bronzo ardevano illuminando la sala grazie al riflesso contro le lucide pareti, una tavola era stata imbandita di cibi e bevante, e ovunque ghirlande con freschi fiori di campo. Le labbra della giovane si spalancarono appena, e quasi trattenendo il fiato si voltó di scatto verso Sif, che sorridendole le fece cenno di andare avanti. Proseguendo per l’ingresso, dalle alte colonne tortili sbucarono i tre guerrieri, mentre sul fondo, Thor e Loki sembravano aspettarla impazienti
-M-Ma cosa significa tutto questo?- domandó stupita guardandosi intorno. Non c’era il lusso pacchiano che veniva ostentato nel salotto del ricevimento, ma anzi sembrava che le pareti stessero trasudando una sorta di intimitá affettuosa
-Beh, ci é ben noto quanto non siete amante dei festeggiamenti sfarzosi ed esagerati, vostra altezza, per questo abbiamo pensato che un banchetto per noi pochi amici stretti sarebbe stata una bella idea per salvarvi dal vostro compleanno- Affermó lo spadaccino di Asgard inginocchiandosi ai suoi piedi, ammiccandole un occhiolino malizioso che la fece trasalire
-Suvvia Fandral! Cosí mi fate arrossire!- radacchió la giovane offrendogli la mano per farlo rialzare
-Sarebbe un onore, principessa- sussurró lasciandole l’impronta di un casto bacio sul dorso della mano. Ma alle spalle del valente asgardiano, una montagna di carne e barba rossa torreggió su di lui, posandogli la mano grande e ruvida sulla spalla sinistra, spostandolo bruscamente
-Ragazzino! Smettila di fare il cascamorto con la mia piccola Klithilde- affermò burbero abbracciandola forte, sollevandola perfino da terra. E rideva a cuore aperto sebbene si sentiva quasi soffocare da quelle possenti braccia
-La tua piccola Volstagg?- domandó beffardo il Dio del Tuono, facendosi avanti con passo sicuro e audace
-Beh? L’ho vista crescere e allora?- rispose il leone di Asgard lanciandogli una sarcastica occhiata di sfida
-Oh Thor, sei incorreggibile!- affermó la principessina portandogli una mano al capo, scompigliandogli la folta chioma dorata. Preso dalla foga del momento allora, portandogli le mani sui fianchi stretti, la strinse forte a se. In quell’istante la risata della giovane si quietó. Le labbra premute sulla sua guancia, le sue braccia avvolte attorno al suo corpo. Klithilde sentí un calore diverso dai suoi soliti abbracci. Sembrava un fuoco ardente che bruciava nel suo petto, scottandola e facendola sciogliere. Portó le mani sul suo busto, scostandolo appena. Vide uno strano barlume di luce nei suoi occhi. Era felice, se non addirittura ebro. E lo era... per lei?
-E tu sei splendida, mia adorata- un sussurro talmente soffice da carezzarle le gote. Era strano il suo sguardo, cosí languido e amorevole. Rimase interdetta a fissarlo per qualche secondo, fin quando anche Lady Sif e Hogun si avvicinarono a loro, porgendole i loro auguri. Fece appena in tempo a finire di ringraziarli che i suoi occhi, quasi inevitabilmente, andarono alla ricerca di suo fratello. Loki era rimasto con le spalle contro una colonna, in disparte. Gli occhi vuoti, velati da un sottilissimo velo di tristezza. Non la solita aria malinconica e sognate che caratterizzava il suo bel viso, ma tristezza vera che sprofondava e si radicava nello sconforto. Tutti si diressero al tavolo per cominciare a mangiare e brindare in suo onore, ma la sua mente era oramai sconnessa da tutto il resto. Non riusciva a fare tenere a bada i suoi pensieri: Thor infervorato da una gioia quasi sovrannaturale; Loki ammantato da una cupa afflizione. Cosa poteva essere successo?
-Loki! Klithilde! vi conviene sbrigarvi. Non mi sembra che Volstagg sia intenzionato a lasciarvi qualcosa- bofocchió Fandral invitandoli a prendere posto assieme a loro, mentre di sottofondo le imprecazioni del guerriero dalla folta barba rossa si levavano alte
-Arrivo...- rispose la giovane, osservando ancora una volta il moro che sostava immobile al suo posto, lí addossato contro quel fusto dorato. Un ghigno amaro si era dipinto sulle sue labbra, e senza rispondere si era avviato verso il terrazzo retrostante. Erano rare le volte in cui Klithilde era costretta a vederlo in quello stato, e in quelle occasioni non riusciva a non farsi prendere dall'ansia che gli annodava lo stomaco. Tutti gli altri parevano felici, mangiavano e bevevano con la stessa armonia delle cene passate in compagnia dopo ogni battaglia. Camminò lentamente, superando i suoi amici, troppo intenti a badare alle frecciatine tra lo spadaccino e il leone per accorgersi della festeggiata, che silenziosamente varcó le colonne dorate. Il vento soffiava forte, scompigliandole i capelli, congelandole la pelle con il suo vellutato tocco. E Loki era lí, guardava il panorama di Asgard immersa nelle tenebre con occhi malevoli. Le dava e spalle e probabilmente non si era accorto della sua presenza. Aveva le mani strette contro il cornicione in marmo, sembrava che stesse dicendo qualcosa. Klithilde fece qualche passo in avanti e lo sentí chiaramente: Loki stava imprecando in nome di Thor. Ebbe un sussulto, e il principe di Asgard si voltó di scatto, colto di sorpresa. Eccola lí, la giovane principessa che lo fissava con occhi sbarrati, le mani al petto, le spalle strette dal freddo. La sua veste brillava sotto la luce della luna, e danzava a passo con il vento che le scioglieva i lunghi boccoli color mogano. Era cosí bella, ma la sua sola presenza imponeva al suo corpo una morsa avvilente al petto che gli stritolava il cuore
-Loki...- lo chiamó, con quella dolcezza disarmate che lo fece trasalire. Si stava avvicinando a lei, e ad ogni passo il dio speró che qualcuno la portasse via da lui, la allontanasse il piú possibile. Era devastato, e non voleva farsi vedere ridotto in quello stato da lei
-Non dovresti stare qui fuori. Prenderai freddo...- rispose bruscamente, abbassando violentemente lo sguardo. Prese un respiro profondo, ascoltando il silenzio fra loro. Era cosí vicina, cosí inconsapevole di ció che in veritá gli stava facendo. Ma la ragazza decise di ignorarlo, portandogli una mano al viso, scostandogli una ciocca corvina dal viso. Immediatamente si fissarono, intensamente e languidamente. Le sue iridi, cosí cristalline e ammalianti, cosí tristi eppure seducenti, amorevoli. Sentí le sue labbra tremare, e mentre le sue guance prendevano colore abbassó timidamente lo sguardo. Loki sapeva che stava per dire qualcosa, e sapeva altrettando bene che gli conveniva mentire se ci teneva a salvaguardare ció che lo stava uccidendo lentamente
-Perché odi cosí tanto Thor?- gli domandó timidamente, guardandolo di sottecchi 
-Io non provo alcun odio nei suoi confronti mia cara- rispose beffardo
-Stai mentendo-
-Perché mi dici questo mia dolce sorellina?- Loki portó le mani al viso pallido della giovane, carezzandogli le guance con tenerezza. Solo sfiorandole la pelle, ardenti brividi tentarono l'animo del dio. Lei lo guardava con quei pudici occhi profondi come due buchi neri, troppo sinceri e docili per sostenere lo sguardo con il dio dell'inganno
-Perché é piú forte di te Loki. Tu menti. Sempre- era una veritá assoluta che silente aveva imparato ad accettare, ma non per questo lo disprezzava. Il dio rimase in silenzio, tornando a fissare le case e i giardini sottostanti. La mascella contrita, il volto affilato. Klithilde fece per prendergli la mano, ma con un gesto rapido e brusco, il Dio dell’Inganno la prese a se per un braccio. Pareva che la rabbia sgorgasse dai suoi occhi. E per la prima volta intravide un barlume rossastro pervadergli le iridi cristalline, incutendole timore. Non sapeva se quello era uno dei suoi soliti trucchi per spaventare la sua preda, ma fatto sta che ci stava riuscendo. La principessa cominció a tremare come una foglia, e un vomito di parole giunse al suo orecchio
-Sei cosí ingenua che non ti rendi minimamente conto di quello che ti succede intorno. La tua stupiditá mi disgusta. E non pensare di ricevere alcuna motivazione sul perché odio Thor con tutto il mio cuore, la mia anima e il mio corpo. Perché alletteresti ancora di piú la mia fantasia con il pensiero di ucciderlo- la bocca della giovane si spalancó, basita e inorridita allo stesso tempo. Perché la stava trattando cosí? Perché cosí all’improvviso?!  Dov’erano i suoi sguardi fugaci? Le sue calde carezze? Che fine aveva fatto suo amato fratello?
-L-Loki tu n-non sei in te...- con la voce rotta dal pianto, la bruna lo scanzó via, correndo con le lacrime che gli gonfiavano le palpebre. Era ferita. E aveva paura. Non di lui, ma per lui. Doveva essergli successo qualcosa di terribile, e lei lo avrebbe scoperto. Ma la fitta al petto era troppo forte, e le lacrime continuavano a rigarle il viso, colando lungo le sue gote, inumidendole le labbra.
Il Dio degli Inganni invece preferí restare ancora lí fuori, a maledirsi e maledire suo fratello. La veritá, ah l’amara veritá... Klithilde certo non avrebbe mai potuto comprenderla. Si morse un labbro, talmente forte da riuscire ad assaporare il sapore del suo stesso sangue sulla lingua. Strinse i pugni e sollevó il capo. Guardó la luna, cosí pallida e luminosa, proprio come la sua dea, la nuova luce di Asgard
-Perdonami. Se puoi- una preghiera che si perse nel vento della sera, e non arrivó mai alle orecchie della diretta interessata.
Quando rientró nella sala, Volstagg e Fandral erano passati alle maniere pesanti, come loro solito del resto. E sebbene Thor e Hogun fossero gli unici divertiti dalla scenetta, Sif rimaneva impassibile, seduta al fianco del Dio del Tuono
-Avanti botolo ringhioso fammi vedere cosa sai fare!- lo incitó lo spadaccino pavoneggiandosi e vantandosi di poterlo battere anche senza l’ausilio della spada
-Ti servo subito, femminuccia!- borbottó il leone correndogli in contro, caricandolo in spalla per poi spingerlo contro il muro. Klithilde aveva subito notato i forti rossori sulle guance causati dai fumi del vino, e pensó che vedendoli sarebbe riuscita a dimenticare le parole amare di Loki. Ma non sarebbe bastata una comune zuffa tra compagni per distrarla. Forse doveva bere anche lei, lasciarsi annegare da tutto quel liquido cremisi e perdere la ragione, almeno avrebbe passato le ultime ore del suo compleanno senza pensieri tristi per la testa. Eppure era piú forte di lei, ricordare quegli occhi spietati puntati su di lei, sentire ancora la sua stretta sulla sua pelle. Sentí un groppone in gola, e ebbe l’impulso di scoppiare nuovamente a piangere, ma prontamente riuscí a soffocare i singhiozzi, troncando la sua disperazione sul nascere. Si avvicinó al tavolo, afferrando la brocca d’oro ricolma di vino. La sollevó appena, versandosi da bere in una coppa, indiscreta sotto gli occhi della guerriera che taceva innanzi a lei. Un brivido freddo le percosse la spina dorsale, arrampicandosi con i suoi affilati artigli sulle sue vertebre. Le sue mani tremarono, e la brocca le scivoló di mano, spargendosi a macchia d’olio sul pavimento. Udito quel tonfo, tutti, tranne i due ubriachi, si voltarono verso di lei, osservandola di sottecchi
-Mia adorata, é successo qualcosa?- le domandó apprensivamente il fratello, e per quanto si sforzasse di calmarsi, una lacrima scivoló dalla sua palpebra, brillando timidamente
-M-Mi dispiace- singhiozzó appena, voltandogli le spalle. Con ampie falcate cominció a camminare verso l’uscita. Era inutile rimanere, la sua festa in veritá era finita nel momento incui Loki le aveva detto di disgustarla
-Prendi questo ciccione!- Fandral si liberó della possente presa del guerriero con un calcio ben assestato. Volstagg indietreggió di cinque passi, andando a sbattere contro uno dei braceri, che inevitabilmente si riversó sul pavimento, cominciando a prendere fuoco. Cosí, senza che neanche potesse accorgersene, la principessina si ritrovó un muro di fiamme che le impedí di uscire. Sussultó, e le andó il cuore in gola, strozzandola. Lingue di fuoco color ocra che parevano danzare sinuosamente, invitandola ad unirsi a loro. Gli occhi scuri e svuotati della fanciulla si riempirono di immagini che neanche la principessa di Asgard pensava di poter vedere; con il fiato corto, la testa cominció a girarle forte, mentre nella sua mente, non riusciva a vedere altro che quelle fiamme
-Klithilde! Spostati di lí, subito!- ringhió suo fratello, sollevandosi di scatto dal suo seggio. Ma la ragazza pareva stordita, paralizzata. Una voce le entró in testa; il pianto disperato e spaventato di un neonato. Un verso cosí angosciante che dovette portarsi le mani alle orecchie nel tentativo di scacciarlo via. Le meningi parevano scoppiarle e le lacrime avevano formato una patina opaca nei suoi occhi, impedendole di vedere. Con le mani ancora trai i capelli, la giovane emise un grido di aiuto talmente forte che tutto il cosmo pareva averlo sentito. Poi, priva di ogni forza, si lasció cadere. Ma il suo corpo non si accasció mai al suolo, poiché le braccia di Thor l’afferrarono prontamente. Sif era giunta assieme a Hogun per spegnere le fiamme, e perfino Loki, alla fine, si era rifatto vivo. Tutto quello che aveva sentito era il grido di Klithilde, e con lo sguardo lucido, la ritrovó tra le braccia di suo fratello, priva di sensi. Il nodo che gli stritolava il petto si strinse ancora di piú, e avvicinandosi con ampie e agitate falcate, fiancheggió suo fratello. Tremava e sudava a freddo, gli occhi appena socchiusi che guardavano il vuoto. Sussurrava qualcosa, ma nessuno riuscí a comprenderla. Come il rombo di un tuono, le porte si spalancarono accogliendo un Padre degli Dei dai lineamenti piuttosto duri e marcati. Era preoccupato, sebbene non volesse darlo a notare. Torreggiò sui suoi figli, osservandoli severamente. Poi, senza dire una parola, posó lo sguardo sulla sua amata bambina. Sapeva bene cosa i suoi occhi grandi e profondi avessero visto, e in cuor suo sperava che questo giorno non arrivasse cosí presto
-Padre...- Thor fece per parlare, ma senza lasciarlo finire, Odino prese il corpo debole della fanciulla, e voltandogli le spalle disse
-É arrivato il tempo di dirle tutta la veritá-
La veritá, quella che innalzava il cuore del Dio del Tuono, la stessa che avvelenava il sangue del Dio degli Inganni. La veritá, quella maledetta veritá finalmente sarebbe uscita allo scoperto.

*Angolino di Virgy*
Vacanze finite! si torna a sgobbare! E nel mio caso a scrivere!
Spero che il capitolo vi piaccia, sono molto contenta del fatto che la trama si sta facendo sempre piú interessante. Enjoy! 
Un bacio
-V-

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Capitolo 5
*** Run away things are getting worse. Can I stop believing you'll be there? ***


Run away... Things are getting Worse. Can I stop believing you'll be there? 




Era notte fonda nei suoi pensieri, come se le avessero stretto un velo di stoffa scura attorno al capo. Un fitta lancinante alla testa la destava violentemente dal suo riposo, costringendole a schiudere gli occhi. Durante i suoi primi tentativi non riuscí a vedere quasi nulla, se non delle figure sfocate. Poi, sbattendo piú volte le palpebre per mettere bene a fuoco, riconobbe le pregiate intarsiature nelle colonne tortili del possente letto a baldacchino. Fuori brillavano ancora le stelle, e quando la fanciulla si sollevó dal giaciglio, le lenzuola si riversarono lungo i suoi fianchi. Si osservó intorno, scrutando il mobilio e la pavimentazione in marmo candido, e si chiese sconcertata come mai si fosse ritrovata in camera dei suoi genitori. Che avesse bevuto troppo? Non sapeva dirlo, poiché non ricordava pressoché nulla. Ma quella luce color cremisi che aveva infiammato gli occhi di Loki, quella non era riuscita a dimenticarla. Scivolando con i piedi fuori dal letto, la principessa posó le piante nude a terra, lasciando scorrere sulle sue lunghe gambe la soffice gonna del suo abito blu notte. Si sentiva debole, eppure non esitava ad arrancare pochi e brevi passi verso lo scrittoio posto accanto alla finestra. Con una mano alla fronte, Klithilde si sorresse il capo, sedendosi pesantemente sulla seggiola imbottita e rivestita di velluto rosso. Il silenzio attorno a lei era talmente pesante da sembrare un macigno che le pendeva dal collo. Ricurva in se stessa, socchiuse i suoi grandi occhi scuri, cercando di fare mente locale e capire cosa le fosse successo. La celebrazione; la festa; Sif... Fin qui rammentava piuttosto bene. Il banchetto appartato, i Tre Guerrieri, Thor e gli occhi di Loki. E poi? Il nulla piú totale. Non c’era altro da percepire se non il vuoto dopo quelle parole amare. Un sospiro le gonfió le labbra, stringendogli la gola. Singhiozzó appena, portandosi le ginocchia al petto. I capelli sciolti le ammantavano il corpo, proteggendola da occhi indiscreti. Tutto, perfino le pareti potevano vedere. Una gemma incolore attraversó il suo viso, riversandosi sulle sue guance, carezzandole l’angolo delle labbra. Sgraziatamente si ripulí il viso, implorando la quiete che regnava nelle camere reali di entrarle in testa e fare tabula rasa con tutto il resto dei suoi pensieri. Sollevó lo sguardo, osservando un punto indefinito di quella scrivania che la fiancheggiava. Inchiostro color pece, penne dalle folte piume candide. Lettere smistate, con i rispettivi sigilli spezzati. Un foglio di pergamena sovrastava su tutti gli altri. Delle parole messe in riga, riconobbe la calligrafia del re.

“Thor, Il dio del Tuono”

Era l’unico nome della lista che la giovane era riuscita a leggere, poiché tutti gli altri erano stati depennati con una dritta riga marcata. Tutti uomini di alto rango comunque. Perché suo padre avrebbe dovuto stilare una lista di tutti i giovani uomini di Asgard? Poi, come un fulmine a ciel sereno, la voce di sua madre si fece largo nella sua testa

“Bada solo a non dimenticare che ora sei una donna. Tra non molto il Padre degli Dei designerà il tuo sposo. E sará a tuo marito e ai tuoi figli che donerai tutto il tuo amore”

Un sussulto, un fremito congelato che le percosse la schiena, facendole inarcare la colonna vertebrale mentre il brivido la scalava affondando le sue moleste unghie nella sua carne. Che fosse la lista dei suoi pretendenti? Perché aveva nominato Thor? Sedendosi correttamente si allungó, afferrando la pagina tra le mani. Lasció scorrere i suoi occhi avanti e indietro, rileggendo come una cantilena infantile tutti i nomi presenti nell’elenco. Non c’era neanche la minima parvenza del nome di Loki.
-Klithilde?- chiudendosi la porta alle spalle, suo padre fece ingresso nella camera da letto, ritrovandola con quel prezioso documento tra le mani. La voce roca e seriosa di suo padre la fece sobbalzare, ma non lasció andare il foglio di pergamena dalle sue mani. C’erano troppi punti interrogativi nella sua mente, e qualcuno doveva aiutarla a risolvere quella grande confusione che aveva in testa. Si fissarono intensamente. Odino era in piedi, austero. Eppure nella profonditá del suo unico occhio, vi leggeva un affetto disarmante, un amore incontrollabile. Paura. Sí, anche la paura velava il suo sguardo. Non lo aveva mai visto cosí
-P-Padre. Che cosa significa?- le domandó con un filo di voce. Le tremavano le labbra, e non sapeva cosa aspettarsi da quella espressione totalmente assente e indecifrabile del suo genitore. Il Padre degli Dei cominció a farsi avanti
-Era abitudine dei Midgardiani fare sacrifici umani agli Dei in cambio di favori. E fu in una notte stellata come questa, che il popolo di Midgard accese una pira in mio onore- cominció senza sciogliere quel forte contatto visivo che si era instaurato tra i due
-U-Una pira?- aveva la voce mozzata, i suoi occhi furono nuovamente travolti da quelle visioni: Alte fiamme che ballavano nella notte. Un profumo acre di fiori morti, il calore soffocante del fumo
-Non avevano prigionieri di guerra, se non un neonato, strappato dalle braccia della madre mentre ancora era in fasce- il grido straziato e agonizzante di un bambino tappó le sue orecchie. E non voleva ascoltare. Scalpellava nelle sue tempie, scavandole le interiora
-Il suo pianto, cosí esasperato e vigoroso che giunse perfino al mio orecchio. E stupito da cosí tanta forza d’animo, ho deciso di prendere in salvo quella piccola creatura- giunto innanzi a lei, il padre degli dei la fissó dall’altro in basso. Il cuore della principessa cominció a batterle freneticamente nel petto. Il re si inginocchiò al suo fianco, prendendole la mano piccola e candida nella sua, grande e callosa. Klithilde si sentí quasi mancare: forti giramenti di testa, difficoltá respiratorie... Brividi. Non riusciva a crederci, non voleva. Una lacrima corse veloce contro le sue gote arrossate, rigandole l’ovale delicato. Con la punta delle dita, il sovrano di Asgard colse quella piccola gemma umida
-P-Perché non me lo avete detto prima?- sussurró tra un singhiozzo e l’altro, tremando come una debole foglia al vento. Dolore, rabbia... Eppure non riusciva a provare odio. Le bastava scrutare quel volto solcato dai segni del tempo, avvolto dalla folta barba bianca, lo sconforto e la vergogna impresso nelle sue occhiate per farle capire che per quanto volesse odiarlo, l’affetto che provava nei suoi confronti sarebbe sempre stato piú forte di qualsiasi altro sentimento. Si lasció andare, priva di forze, abbandonandosi al petto dell’uomo, proprio come quando era bambina, lasciandosi cullare dalle sue braccia. Allo sconforto e alla delusione poi, si aggiunse la gratitudine. Lui le aveva salvato la vita, l’aveva allevata come figlia sua. Gli doveva tutto
-Avevo paura che non avresti capito. Ma temo di averti delusa piú di quanto aspettassi...- rispose stringendola forte a se, immergendo il viso tra i suoi folti boccoli bruni. Sentí il suo fiato mozzarsi in gola, mentre con un flebile sussurro la fanciulla rispose
-Voi non mi avete delusa. Mi avete tratta in salvo dalle fiamme. Mi avete accudita con amore. Non riusciró mai a ringraziarvi a bastanza, Padre degli Dei...- distaccata, riverente ma dolce e sincera come lo era sempre stata. Gli si strinse il cuore, e posandole le mani sulle spalle, il dio la scostó appena, quel poco che bastava per ammirarne la bellezza di quelle iridi scure e lucide
-Non devi ringraziarmi di nulla. Klithilde tu sei mia figlia...- le carezzó il viso con dolcezza
-E allora perché Thor é l’unico pretendente rimasto? É mio fratello... Teoricamente- colto alla sprovvista, Odino, rimase immobile a fissarla con un nodo alla gola. Sospiró, profondamente, sommessamente. Come se stesse cercando di trovare delle parole adatte
-Ho dei grandi progetti per te...- risultó piuttosto vago alle sue orecchie, ma per il suo cervello, che aveva appena cominciato a mettersi in moto, quella breve frase invece svelava un grande mistero. Ora vedeva tutto piú chiaro e nitido, come se tutti i disegni del Padre degli Dei si fossero mostrati ai suoi occhi
-Unificare Midgard con Asgard. Per questo tenete in considerazione Thor!- i denti stretti, lo sguardo sperso nel vuoto
-M-Mi avete salvata per questo? Per scopi politici?!- rizzó in piedi, amareggiata. Imitandola, Odino si fece avanti. Ma ad ogni suo passo la fanciulla indietreggiava, fissandolo con occhi ancora increduli, smorti
-Klithilde. Io non ho mai avuto intenzione di usarti per gli affari del regno. Ti ho accolta ed educata affinché tu fossi pronta...- afferrandole le mani, l’uomo la sfrattonó a se, tentando di tranquillizzarla. Sentiva calore, ma provava angoscia. Era tutta quella confusa nuvola di informazioni nella sua testa a terrorizzarla
-Pronta per cosa?- chiese titubante. Troppe emozioni tutte insieme, e onestamente stentava a credere di riuscire a sopportare una nuova notizia
-Per regnare...- rispose penetrandola con lo sguardo, osservando le sue gote arrossate sbiadirsi di colpo, tornando pallida, candida come bianco latte. Fece per dire qualcosa, ma si accorse immediatamente che non aveva parole in gola. Non si era mai sentita pronta per diventare una dea, come poteva pretendere di essere pronta per governare un intero regno? Che, tra l’altro, neanche le apparteneva. Boccheggiando come senza fiato, la principessina si guardó intorno come se volesse cercare una via di uscita da quell’incubo. Certo, le conveniva sperare di essere  ancora dormiente e priva di sensi, perché il solo pensiero di salire al trono le faceva accapponare la morbida pelle al di sotto delle vesti leggiadre
-Klithilde io ho sempre voluto il meglio per te. E questo é un privilegio unico!- inclinando il capo, la giovane lo scrutó in viso. Lineamenti dolci, sinceri
-I-Io... Non posso farcela...- leggero come un bisbiglio, la sua voce tremolante raggiunse l’udito del sovrano, che tuttavia non si lasció cogliere impreparato. Vedeva il suo sconforto tormentarle lo sguardo, i brividi incresparle le braccia. Conosceva la sua paura, e sapeva altrettanto bene che non si sarebbe tirata indietro senza tentare di combatterla. Le sue iridi corvine erano timidamente puntate contro il pavimento, lasciando che i capelli scuri scivolassero in aiuto della sua vergogna
-Guardami. Solleva lo sguardo Dea della Misericordia...- sbattendo di colpo le palpebre, gli occhi della ragazza si sbarrarono, basiti. Era la prima volta che Odino la chiamava in quel modo. Perché lei era una Asgardiana, non di corpo, ma di spirito. La sua cultura, le sue tradizioni. Questo tentava di sottolineare il Padre degli Dei con quell'appellativo. Alzó il capo, stringendosi le mani al petto, carezzando il ciondolo che ancora pendeva inosservato dal suo collo
-Non ha importanza la tua spoglia mortale, ma il tuo cuore. Non sono le tue origini a fare quello che sei. Asgard, tutto il tuo popolo, un giorno avrá bisogno di una regina buona e saggia che sappia monitorare le scelte del suo re. E tu puoi farcela bambina mia- non sapeva esattamente cosa dire. Era ancora stordita. Prese un respiro profondo, abbandonandosi al lento scorrere dei suoi pensieri, passeggiando con le mani raccolte al petto. Sentiva lo sguardo del padre posarsi su di lei, attendendo un qualche cenno, una parola. Si affacció alla grande finestra della camera reale, osservando il panorama notturno del giardino attorno al palazzo. Ascoltava i sospiri del vento, cercandovi un qualche suggerimento. E cosa avrebbe potuto mai dire? Lei si sarebbe sposata con Thor e sarebbe diventata regina. Non poteva rifiutarsi. E perché mai avrebbe dovuto? Dopo tutto si trattava di Thor, non di uno sconosciuto. Ma cosa provava veramente? Lei, sola in un grande palazzo, mai stata innamorata. E se invece, quell’affetto incondizionato e smisurato che aveva provato per tutto quel tempo non fosse altro che il suo amore, non ancora maturato? Disarmata, confusa piú di quanto pensasse. E come una stilettata al cuore, i suoi occhi si puntarono su di una esile figura che camminava lentamente nel parco: capelli corvini, sguardo sperso nel vuoto, lineamenti aguzzi, levigati da un profondo senso di malinconia. Eccola lí, un’altra incognita nella sua testa
-Perché non avete mai preso in considerazione Loki?- chiese piano, senza neanche rendersene conto. Ma non potendo piú fermare il susseguirsi delle parole, decise di proseguire:
-Leggendo la lista dei miei pretendenti, ho notato che non avete mai menzionato il suo nome. Eppure avete elencato tutti i piú valenti asgardiani. Loki, essendo principe doveva essere posto almeno subito dopo Thor...- in veritá le sue supposizioni stavano proseguendo per una tangente che non portava a nulla di buono, ma in quel momento, quando finalmente le era stata svelata la veritá, non si sarebbe accontentata di vaghe spiegazioni. Voleva i dettagli, voleva conoscere, scoprire tutto ció che prima della sua “maturitá” le era stato negato. E Odino lo aveva capito, scrutando il barlume audace e ardente che pervadeva i suoi ammalianti buchi neri. E persino lui, il Padre degli Dei, non aveva alcuna via di scampo
-A meno che lui non sia...- voltandosi di scatto, la giovane si permise di sfidare il sovrano di Asgard, e lui glielo aveva concesso. Il dio sospiró amaramente, abbassando lo sguardo
-Come te, Loki é stato adottato. Per questo non l’ho nominato.- Klithilde si aspettava la sua affermazione, ma ora che ne aveva avuto la conferma, quasi si sentí sollevata. Erano state trovate risposte ai suoi quesiti, e si rese conto di non essere mai stata sola. Perché vivevano la loro diversitá all’oscuro di tutto, ma almeno la vivevano insieme. Si giró appena, constatando che il giovane Dio dell’Inganno si stava dirigendo verso un albero solitario, lo stesso che ammirava al di fuori della sua finestra ogni mattino. L’angolo sinistro delle sue labbra si sollevó appena
-Devo andare da lui...- disse, avviandosi veloce e impetuosa verso l’uscio delle stanze. Non pensava alla presenza del padre, non pensava ai suoi piedi nudi che mano a mano si congelavano sul freddo marmo. Tutto quello che aveva in testa erano soltanto le parole acide del Dio dell’Inganno, torturandola
-Klithilde!- la voce bassa e roca di Odino la fece arrestare di colpo. Austero, si avvicinava a lei, scrutandola con severitá. Onestamente temeva il peggio. Che sarebbe scappata, che l’avrebbe persa
-Mio signore...- cominció la fanciulla inchinandosi appena, con eleganza
-Sposeró Thor. Faró quello che é giusto e adempiró ai miei doveri di principessa e futura regina. Ma non deturperó il mio legame con Loki. Non adesso che so la veritá- affilata. La sua voce era un sussurro soave se non fosse stato per la sua loquenza tagliente. La sua reazione era inevitabile, e ne era cosciente. Perché lei li amava entrambi, bastava osservarla quando erano lontani, a combattere chissá quali guerre, smorta... Cupa e sconsolata. Avrebbe fatto di tutto per tenersi stretti i suoi “fratelli”. La guardó un ultima volta, fiera, composta. Sussultó, immaginandola al fianco del suo primogenito. Lui, forte, valoroso... E lei sarebbe stata la sua luce, la sua guida sicura. Ponderó bene sulla situazione, giungendo alla conclusione che, tutto sommato, era un compromesso piú che valido per la sua felicitá. Perché era quello che lui voleva in fondo
-Vai...- e non se lo fece ripetere due volte, che con le mani che agguantavano la sua lunga gonna bluastra, correva a perdi fiato lungo gli scintillanti corridoi del palazzo. Ora prendeva pian piano coscienza di quello che stava per affrontare: doveva sposarsi... Con suo fratello. No, non suo fratello... Ma Thor, il Dio del Tuono. Ebbe un fremito che quasi le fece perdere l’equilibrio, accorgendosi che senza essersene resa conto, era giá giunta a destinazione. Sotto il loro albero, Loki l’aveva osservata sfrecciare contro di lui, per poi fermarsi improvvisamente a pochi metri di distanza. Era cosí pallida che la sua morbida pelle pareva una pellicola trasparente, tempestata da piccole gemme di sudore freddo. Lo sguardo ricco di una consapevolezza maggiore, di rammarico. E aveva paura. Loki riusciva a riconoscere il terrore farle vibrare le labbra. Ora, ora che era finito tutto Klithilde aveva paura. Non ci aveva pensato, ma cosa sarebbe successo? Che cosa gli avrebbe detto? E sopratutto, come avrebbe dovuto comportarsi?
-Klithilde...- una voce vellutata e calda provenne alle sue spalle, facendola fremere. I suoi occhi fissavano l’ovale del moro, scrutando le sue labbra. Ma non era stato Loki a parlare. Giunse al suo fianco, e le bastó sollevare lo sguardo per ammirare le celestiali iridi del poderoso Dio del Tuono. Riuniti nello stesso luogo, tra i tre caló un asfissiante silenzio. Perfettamente piazzata tra due traiettorie diverse di sguardi, la Dea della Misericordia per la prima volta si rese conto del vero significato che si celava dietro le loro iridi chiare. Vedeva l’accentuarsi di quel barlume che irradiava gli occhi di Thor, l’orrore e la rabbia che offuscava quelli di Loki. Sentí il suo sangue raggelare nelle sue vene, mentre la tensione poteva essere tagliata con un coltello
-Vieni con me. Klithilde- la invitó il giovane dalla folta chioma dorata, porgendole la mano grande e callosa. Era serio, ma sapeva che il suo tono era dovuto alla presenza del Dio dell’Inganno, che senza parlare, sostava innanzi a loro e masochista non aveva la minima intenzione di smettere di guardarli. Spiazzata, la donna rimase in silenzio, portando i suoi grandi buchi neri contro il moro, in piedi sotto la quercia dei loro mille pomeriggi passati insieme. Si fissarono intensamente, con occhi talmente eloquenti che potevano quasi parlarsi. Era triste, la sua Klithilde. Gli si strinse il cuore nel petto, quando senza dire una parola, la bruna abbassó violentemente lo sguardo, lasciando intrecciare le sue dita con quelle di Thor. Loki trattenne il fiato, e allo stesso tempo quell'ardente furia omicida che gli avvelenava il sangue. Si stavano allontanando, mano per mano. Acidi conati di vomito cominciarono a torturargli l’esofago, corrodendogli lo stomaco. Ma doveva abituarcisi, lei ormai era sua. Aveva perso. Non era degno. Era “diverso”. Lei era la dolcezza racchiusa dentro un sorriso, la luce che tutta Asgard stava aspettando. Mentre lui non era altro che un mostro, l’ombra scura che marcisce in una cupa notte. Come veleno e velluto, l’uno avrebbe prima o poi deteriorato l’altro. Eppure, per quanto fosse convinto della sua amara sconfitta, perché gli risultava cosí difficile arrendersi?

***

Passeggiavano indiscreti nella notte che oramai si era inoltrata. Il vento soffiava forte, e il ponte dell’arcobaleno brillava sotto la luce di quel manto di stelle che li avvolgeva. In silenzio, mano nella mano, un passo dopo l’altro. Lo sguardo della principessa fissava ininterrottamente i suoi piedi avanzare sul pavimento cristallino, senza minimamente cercare gli occhi del suo compagno. Un imbarazzo silenzioso, scandito dal suono dei loro cuori, che all’unisono battevano nelle loro casse toraciche. Era la prima volta che non riuscivano a parlarsi. Era la prima volta che s’incontravano come promessi sposi. In quel preciso istante, Klithilde si chiese se il Dio del Tuono avesse veramente mai provato qualcosa per lei. Forse aveva soltanto accettato le disposizioni del padre, proprio come aveva fatto lei. Ma allora perché si sentiva cosí... insicura? La veritá era che si sentiva fragile. Nella sua testa poche idee confuse. Ripensó a Frigga, ai suoi occhi languidi. Cosí sollevó appena lo sguardo, osservando il profilo ben marcato del giovane al suo fianco. I folti capelli biondi, la barba dorata, lo sguardo dritto, puntato altrove ma al contrario suo, Thor sembrava molto piú convinto, sicuro di sé; spavaldo e sprezzante come suo solito. Era a suo agio. Ecco, lui era l’uomo con cui avrebbe passato il resto della sua vita. Continuó a studiarlo di sottecchi, mentre l’uomo s’arrestava di colpo nel bel mezzo del ponte
-T-Tutto bene?- domandó sussultando quando i suoi occhi elettrici la penetrarono
-Fermiamoci qui...- le rispose imbastendo un sorriso rassicurante. Osservandosi intorno, tutto quello che la giovane vide fu il vuoto, il cielo infinito e in lontananza poteva udire il suono delle cascate di Asgard. Faceva freddo, e stringendosi le spalle, tentó di riscaldarsi, arrossendo vistosamente quando Thor prese ambo le sue mani nelle sue. Automaticamente si perse nella profonditá limpida e ignota del suo sguardo
-Questo é il punto esatto dove Odino ha chiesto la mano a mia madre...- affermó facendola vibrare. Forse doveva sentirsi emozionata, su di giri. Invece si sentiva solo al sicuro, protetta dal suo sguardo vigile
-Lo vuoi davvero?- domandó con curiositá, lasciando che il suo cuore si quietasse nel suo petto. il Dio, divertito dalla sua domanda, lasció disegnare un’espressione beffarda sul suo volto, e portando la mano destra della fanciulla alla sua bocca, la bació con eleganza e passione. Klithilde sentí una scossa elettrica correre lungo il suo braccio, folgorandola
-Non ho mai disiderato altro, mia adorata- con uno scatto leggiadro, l’uomo aveva accorciato in un battito di ciglia le distanze tra loro. Scivolando le mani sui suoi fianchi, le carezzó la schiena, inoltrandosi tra i suoi folti boccoli color ebano. E il suo viso, ad una vicinanza pericolosa, giungeva lentamente alla sua bocca. Colta impreparata, la ragazza rimase completamente immobile mentre le sue labbra si fondevano con quelle del Dio. Era ruvida, ma il suo sapore era gradevole, dolciastro. Sapeva di miele mescolato al vino. Si stava lasciando andare, presa dalla frenesia e dall'ebrezza del momento. Ma c’era qualcosa. Un nodo nel suo stomaco, un dolore nel suo petto. Due occhi glaciali e maligni, brillavano di una flebile e ardente luce cremisi. Fece per discostarsi, ma la presa di Thor era ben salda, e pareva non essere intenzionato a separarsi da lei tanto facilmente. Serró lo sguardo. cercando di ammorbidirsi, abbandonarsi a lui. Era il suo primo bacio, e nella sua mente, un paio di occhi spietati. Loki.


*Angolino di Virgy*
Eccomi qui! Finalmente! Non vedevo l'ora di postare questo capitolo, che ho steso con tanta tanta fatica!
Considerate che ho dovuto letteralmente "fare a botte" con il mio blocco dello scrittore!
Vorrei ringraziarvi! Giuro non pensavo che la mia storia potesse piacervi cosí tanto! (che bello waaaaaaaaaaaaaaaaaa)
Hem hem *ricomponiamoci* spero che questo capitolo vi piaccia! ;P
Un bacio grande!
-V- 
      

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Capitolo 6
*** So, should I stay? should I tremble and remain? Or run away leaving nothing more to say? ***


So, should I stay? should I tremble and remain? Or run away leaving nothing more to say?

Con uno scatto improvviso, le tende della sua camera da letto si spalancarono di colpo, lasciando che la luce invadesse la stanza, puntandosi con i suoi calorosi raggi sulle gote pallide della fanciulla ancora dormiente. A quella vista, i suoi occhi si erano aperti e immediatamente richiusi, fortemente provati da quell'improvviso cambio di luminositá che le irritó lo sguardo. Portandosi le mani al viso, si sollevó pesantemente dal morbido guanciale, lasciando scivolare le lenzuola al suo grembo
-Suvvia mia diletta! Alzatevi é tardi!- la voce della signora del cielo giunse morbida alle sue orecchie, stupendola. Sbattendo velocemente le palpebre, vide Frigga sostare innanzi la grande finestra, irradiata dalle prime luci del sole. Aveva lo sguardo vispo, euforico, a differenza della principessa che dal canto suo esponeva due iridi cupe e ancora addormentate. Dopo tutto non aveva chiuso occhio per tutto il resto della nottata, e onestamente si sentiva pesante, priva di energie. Tuttavia era la prima volta che la regina si presentava personalmente nei suoi appartamenti per destarla dal suo risposo, e a giudicare dal magnifico sorriso impresso sulle sue labbra, intuiva che c’era qualcosa che aveva a che fare con le sue future nozze
-Perdonatemi ma non sono riuscita a dormire molto...- si giustificó lasciando scivolare i suoi piedi dalle coperte, lasciandole a ciondoloni sul suo giaciglio. Rimase immobile, seduta con lo sguardo che guardava un punto indefinito del pavimento, dove i raggi solari baciavano il freddo marmo
-Lo credo bene mia cara! Devi avere il cuore a mille!- ridacchió divertita la regina, avvicinandosi al suo giaciglio, sedendosi al suo fianco. Con la punta delle belle dita affusolate, le carezzó il viso, scostandole con delicatezza uno dei suoi riccioli ribelli del primo mattino, sollevando l’angolo destro delle labbra in un timido sorriso
-Oggi si effettuerá la promessa davanti a Odino. Poi ti sará vietato di vedere il tuo futuro sposo fino al prossimo venerdí di luna piena- affermó la donna scrutandola in viso. Era seria, probabilmente ancora stordita. Ma Klithilde si fece coraggio, e sollevando lo sguardo annuí con un sorriso piccolo e genuino. Annuì, sospirando silenziosamente, arrancando verso il grande guardaroba scavato nella lucida parete. Con la punta delle dita sfiorava con delicatezza le vesti colorate e pregiate, fissando quei piccoli gioielli di sartoria con uno sguardo malinconico, confuso…
-Dovrei indossare qualcosa in particolare?- cominciò la giovane, chiedendo consiglio alla nobile madre dei cieli
-Non sei obbligata ad indossare una veste da cerimonia, se è questo quello che mi stai chiedendo…-
-Forse- disse la principessa –Dovrei mettere qualcosa che attiri l’attenzione di mio frat…- Klithilde si morse prontamente la lingua, sussultando appena:
-Di Thor…- era agitata, si carezzava freneticamente le mani tremanti, e oltretutto teneva i suoi magnifici occhi color nocciola puntati contro il freddo pavimento, camminando aventi e indietro dal suo giaciglio all’armadio come un’ossessa. Stava per cadere in un grosso errore. Thor non era suo fratello, non lo era mai stato; e presto sarebbe diventato suo marito. Non fu affatto difficile per Frigga leggere lo sconforto e il disagio che velavano le pallide gote della fanciulla, e di certo non poteva biasimarla. Con un dolce sorriso allora, la madre degli dei spalancò le sue esili e sinuose braccia, esponendo un dolce sorriso.
-Vieni qui, mia diletta…- e senza fiatare Klithilde era affondata nel petto di quella donna che per lei era più di una madre, abbandonandosi completamente in un pianto soffocato da piccoli singhiozzi strozzati e tremolanti. Con morbide carezze, la regina affondava le labbra nella folta chioma scura della figlia, cullandola e rassicurandola con parole gentili, di conforto:
-So che sei spaventata piccola mia. Ti senti disorientata, e questo posso capirlo. Ma sappi che il padre degli dei non ti avrebbe mai affidato questo compito se non fosse stato certo che tu sei in grado di affrontare tutto questo…-
-Questo lo so, madre. È solo che mi sembra tutto così… Affrettato-  sussurrò piano, asciugandosi sgraziatamente le lacrime con le mani, cercando gli occhi limpidi della regina. Questa, di rimando, sospirò a sua volta, sommessa.
-Lo so, piccina. Purtroppo,non sempre possiamo essere noi gli artefici del nostro destino. Avvolte, occorre solo lasciarsi andare, seguire il corso delle cose…- Frigga sciolse quel caldo e tenero abbraccio, prendendo un piccolo fagotto di stoffa che teneva già da prima sulle sue ginocchia, porgendolo elegantemente tra le mani della principessa. Klithilde sapeva di cosa di trattasse, ma sciolse ugualmente il piccolo nodo per potersi accertare che non si sbagliava. L’angolo destro delle sue labbra si sollevò piano, dipingendo un timido sorriso sulle sua labbra fine: una tiara d’oro. Semplice, senza adorni eccessivi o diamanti incastonati, soltanto un cerchietto finemente lavorato. Il simbolo della sua purezza.
-Questi saranno i tuoi ultimi giorni con addosso il tuo kransen.- affermò con un tenero accenno di malinconia nella sua voce, sollevando l’elegante coroncina. Aveva sempre desiderato una figlia a cui tramandare l’antico gioiello, e adesso che la sua Klithilde era diventata grande, Frigga attendeva con altrettanta gioia e curiosità la nascita di una nipotina, di una nuova principessa che avrebbe indossato con fierezza e orgoglio il kransen reale.   
-Già…- con due dita, la regina sfiorò delicatamente il volto della giovane, attirando su di sé l’attenzione di quei due grandi pozzi scuri e magnetici.
-È ora…- disse, cercando nello sguardo della figlia il suo assenso. Klithilde prese un respiro profondo, calmando i nervi, mordendosi ansiosamente il labbro inferiore. E senza dire nulla annuì.

***

I reali avevano predisposto il fidanzamento ufficiale con una cerimonia più intima e semplice. Odino stesso comprendeva bene che la folla accalcata sugli spalti non avrebbero fatto altro che gravare, con i propri sguardi, sulla futura sposa; e certamente mettere in soggezione la sua amata Klithilde era l’ultimo dei suoi desideri, soprattutto in un’occasione importante come questa. In quel momento, il tempo sembrava essersi fermato, perdendo senso oltre che la misura. Klithilde sostava innanzi al padre degli dei, con le mani strette appena contro il petto e gli occhi fissi sul dio inginocchiato al suo cospetto, e che di rimando la fissava con uno sguardo altrettanto folgorante e carico di passione. Frigga e Loki, silenti alle spalle della futura sposa, osservavano la scena con solenne austerità, sebbene la regina dei cieli fosse ebbra di felicità e suo figlio, al contrario, si stava lasciando corrodere dal veleno del suo stesso animo geloso e maligno. La fissava mantenendo un’inespressività disarmante, sebbene la mascella contrita e i lineamenti affilati lasciassero dedurre più che bene una leggera nota di disappunto sul suo volto. Era lì la sua Klithilde, ad un passo da lui. Ma non era sua, non poteva essere sua. Ed era proprio questa consapevolezza a tormentarlo, rendendo così anche la sua sola vista la più straziante delle torture, e sebbene in quel momento la fanciulla gli stesse dando le spalle, mostrandogli i soffici capelli bruni ornati dal kransen dorato, e la curva dell’elegante schiena sinuosa, Loki ormai conosceva a memoria il disegno sottile del suo bel viso. Così la immaginò come sempre l’aveva vista: spaventata ma pronta a combattere la sua paura. Perché era coraggiosa la sua amata, lo era sempre stata.
-Io sono Thor, figlio di Odino, Dio del tuono. Vengo a prostrarmi innanzi a voi, Klithilde, luce di Asgard, e al padre degli dei stesso per reclamare la vostra mano…- le parole del dio erano fluide, sentite, sincere. E più le sue labbra si muovevano più quegli occhi blu sembravano assumere la stessa brillantezza e forza di una pioggia di fulmini. Klithilde sentì il cuore batterle fortissimo nel petto, le gambe tremare. Sapeva che cosa doveva dire, ma non ci riusciva. Era terrorizzata e non riusciva a non darlo a vedere, ma lo aveva promesso a Odino, il suo re, il suo salvatore. Forse Frigga aveva ragione, magari doveva soltanto lasciarsi andare, permettere al destino di scorrere, fluire senza che potesse far qualcosa che impedire il suo giusto corso. Eppure, sentiva il peso di quei due grandi occhi roventi alle sue spalle, e non riusciva ad interpretare quel brivido che la percosse tutta da capo a piedi quando facendo un respiro profondo le sue labbra pronunciarono quelle parole:
-Salute a te, mio signore…- le labbra del valente dio del tuono si distesero in un dolce sorriso, e senza neanche rendersene conto anche la principessa sorrideva timidamente, lasciando che un caldo rossore colorisse le sue gote rotonde.

***

Era finita, la cerimonia ormai era giunta al suo termine, e gli sposi si concessero un ultimo saluto in vista del lungo periodo che avrebbero trascorso separati l’uno dall’altra. Con forza, Thor aveva preso a sé la sua piccola Klithilde, stringendola al petto e baciandola con vigore, mentre Loki con ampie falcate gli dava le spalle. Non avrebbe assistito a quel pietoso amoreggiare, non più. Con lo sguardo basso e i pugni serrati, il dio delle malefatte si chiuse il portale d’accesso alla sala del trono alle spalle. Poi continuò dritto per i lunghi corridoi dorati del palazzo, solo come lo era sempre stato. Sentiva il cuore bussare freneticamente nel petto, una tachicardia ansiosa e difficile da tenere sotto controllo, proprio come l’urlo che tentava di soffocare nel profondo della sua gola. Era un grido di disperazione, un lamento silenzioso che nessuno avrebbe percepito, perché nessuno doveva scorgere il suo dolore. Un suono lontano gli ricordò quella grande porta che si era lasciato alle spalle, uno scudo intarsiato che gli aveva concesso di non vedere ciò che probabilmente lo avrebbe ferito a morte: le labbra di Klithilde premute su quelle di suo fratello.
-Loki!- una voce dolce, un richiamo timido. Immediatamente gli si strinse lo stomaco. Rallentò il passo, ma non si fermò. Continuò a camminare, consapevole che lei era alle sue spalle. Doveva lasciarla andare. Era giusto così. Come al solito.
-Loki ti prego!- la sua voce era più chiara sebbene affannata. Forse lo stava rincorrendo. Il dio si morse con forza il labbro inferiore, maledicendosi. Ma non si fermò.
-Loki, ti ordino di fermarti!- un brivido gelido si arrampicò lungo la sua colonna vertebrale, e in men che non si dica, il giovane si fermò. La sua voce era cambiata, alta e ben impostata era stata fredda e diretta come la lama di un pugnale, e lo aveva trafitto. Il moro si voltò allora con l’espressione più beffarda e cinica che conoscesse, incrociandosi finalmente con quella donna che avrebbe dovuto lasciar stare. Immobile, a pochi metri da lui, Klithilde sostava impettita e seriosa, fissandolo ardentemente negli occhi, come se tutta la sua timidezza fosse svanita, o meglio si fosse assopita, concedendole un fascino audace e per niente fanciullesco che per Loki fu difficile non notare. Ma lui era il dio degli inganni, e certo non avrebbe lasciato che tutto questo potesse renderlo vulnerabile:
-È curioso che tu dia ordini a me, Klithilde- affermò con stizza avvicinandosi alla donna, esponendo uno spietato sguardo di sfida. La fanciulla deglutì silenziosamente, titubando appena poco prima di ricambiare quell’occhiataccia con un ghigno divertito e altrettanto provocatorio.
-Sono la tua futura regina. Posso concedermi il lusso di darti ordini d’ora in poi…- Loki immediatamente rise, ma con sua sorpresa era spaventosamente eccitato dal modo in cui si stava rivolgendo a lui. Klithilde stava crescendo di tutta fretta, non le restava altra scelta dopotutto. Fregandosi di quel briciolo di buon senso che aveva, il dio accorciò sempre più le distanze tra loro, incurvandosi spaventosamente sulla giovane, torreggiandola, sfidandola per osservare fino a che punto la sua piccola amata si sarebbe spinta in quel botta e risposta che preannunciava un gioco più grande e pericoloso di quanto potesse immaginare.
-Questo è un colpo basso da parte tua, mia cara…-
-Forse, ma dopotutto sto parlando con il dio dei colpi bassi.- disse, afferrandogli impulsivamente la mano accentuando quella scossa elettrica che il moro tentava di affievolire invano dentro di sé. Subito Loki tentò di fulminarla con lo sguardo, spaventarla e ripudiarla crudele come aveva fatto la sera prima, proteggendola da sé stesso. Ma non ci riuscì. I suoi occhi scuri e gentili catturarono la sua attenzione, disarmandolo.
-Klithilde che cosa vuoi da me?- Silenzio. Le dita sottili e morbide della donna si strinsero forti alla mano dell’uomo.
-Resta con me, Loki.- un sussurro che parve una carezza, e una lacrima che solcò le guance della principessa. Per il dio, quella visione fu come morire. E così, pur ripetendosi che era sbagliato, che doveva smetterla di logorarsi e annientare ogni minima traccia di affetto nei suoi confronti se ci teneva a rimanere integro nell’animo, già di per sé travagliato, Loki con uno scatto repentino prese la giovane per i fianchi, portandola al suo petto, stringendola come mai l’aveva stretta prima.
-N-Non posso affrontare tutto questo senza di te al mio fianco-sentiva le sue manine piccole aggrappate all’altezza dei suoi pettorali, e i singhiozzi soffocarsi tra le sue braccia. Accarezzò i suoi boccoli color ebano, lasciandovi impressa l’impronta di un bacio.
-Non temere- disse, immergendo il viso nella folta chioma della dea
-Non ti lascerò- sussurrò piano, ghignando –Mai-
Quella fu la solenne promessa del dio del caos
.  


*Angolino di Virgy*
Dopo quasi un anno, credo, sono tornata ad aggiornare questa fic. Lo so, probabilmente adesso sarò linciata ma sappiate che non era mia intenzione lasciare così tanto indietro questa storia. Confesso che è una delle mie preferite, ma disgraziatamente sono una di quelle scrittrici che scrive molte cose contemporaneamente, senza sosta, continuando ad elaborare a oltranza finchè non ti sfugge il controllo. A me, ed è proprio di questo che vi chiedo scusa, è sfuggito il controllo. In molti in realtà si sono fatti sentire, spronandomi a continuare a scrivere, anche quando ero in un periodo di vuoto, in cui fissavo la pagina e mi dicevo " e adesso?". Ed è a loro che forse devo questo ritorno <3 .Sfortunatamente ho il vizio di essere imprevedibile, perciò non mi sento di promettervi che d'ora inanzi scriverò solo questa fic, ma mi impegnerò per pubblicare con più frequenza (blocco dello scrittore permettendo) perchè ci tengo a questa storia e merita di trovare un finale. Tornando al capitolo, beh che dire? Spero vi piaccia, che vi incuriosisca e sopratutto che vi convinca a perdonarmi per tutto questo casino, insomma XD.
Un Bacio
-V-      

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Capitolo 7
*** All this time you've never comprehended ***


All this time you've never comprehended

L’imbrunire velava con i suoi ultimi e caldi abbracci la maestosa Asgard, e osservando il sole nascondersi lentamente al di là dell’immenso Bifrost, Loki e Klithilde restavano immobili, con gli occhi fissi al cielo, sotto quella fronda sempreverde che fin da bambini li aveva ospitati come in un rifugio segreto di cui soltanto loro ne erano a conoscenza. In silenzio, con le spalle posate sul vecchio tronco, i due non si erano più rivolti la parola. Era strano, per la prima volta si erano rifugiati lì non più come fratello e sorella, ma come Klithilde, dea della misericordia e futura regina di Asgard, e Loki, il dio dell’Inganno. Come due sconosciuti. La donna teneva le ginocchia strette al petto, in mento posato sulle sue gambe e lo sguardo sperso nel vuoto, sebbene il più delle volte quel vuoto magicamente andava a scontrarsi con il profilo affilato dell’altro: i suoi grandi occhi magnetici fissavano un punto indefinito al di là del grande giardino, e sebbene dal suo aspetto esteriore potesse lasciar trapelare una sorta di pace, la principessa sapeva bene che Loki non era affatto in pace con sé stesso, e questo la fece fremere. In quel istante, mentre i brividi accapponavano la sua morbida pelle, la fanciulla rammentò quel fatale abbraccio di qualche ora prima, quando il dio le aveva promesso che mai l’avrebbe lasciata. Petto contro petto, le sue mani che scorrevano sulla sua schiena esile, le labbra premute contro il suo orecchio. Stentava a crederci, ma per qualche istante si convinse che quel contatto le aveva scatenato la medesima scarica d’adrenalina che subiva ogni qual volta che Thor la teneva tra le sue braccia. Sollevò appena il capo, scuotendo la testa come per scacciare quel pensiero dalla sua mente. Non poteva permettersi di fare paragoni del genere, ma fu più forte di lei. I boccoli scuri colarono lungo le sue clavicole e un sospiro quasi impercettibile gonfiò le sue labbra
-Sei ancora turbata?- la voce del dio al suo fianco immediatamente la convinse a voltarsi e a guardarlo in viso, cercando necessariamente il suo sguardo, sebbene questo continuò a guardare dritto per una tangente invisibile che portava al nulla:
-Fino a ieri sera non sapevo neanche di essere una midgardiana. E oggi ho promesso la mia mano a tuo fratello. Come faccio a non essere turbata?- abbassò appena i suoi occhi contro il suolo erboso, concentrandosi sulla lenta e sinuosa danza dei fili d’erba sotto il soffio leggero della brezza.
-Thor non è mio fratello, Klithilde…- la corresse aspramente l’uomo al suo fianco. Nuovamente le iridi nocciola della giovane si sollevarono contro di lui, e questa volta rintracciarono l’occhiata rovente e polverizzante del dio che in pochi secondi la trapassò da parte a parte. I suoi lineamenti si erano irrigiditi di colpo, e un ghigno tutt'altro che benevolo si era scolpito sulle sue labbra.
-Hai ragione. Perdonami…- rispose piano, senza tuttavia distogliere la traiettoria del suo sguardo da quello del corvino. Per qualche attimo i due si fissarono intensamente, senza proferire parola, semplicemente lasciando che fossero i loro occhi a parlare per loro: nelle iridi scure della principessa, il dio dell’Inganno vide nuovamente quella consapevolezza che aveva notato anche la notte precedente, quando gli era corsa incontro, subito dopo essersi ripresa dallo svenimento. Poco prima che Thor gliela portasse via. Klithilde, a sua volta, scrutò gli occhi di Loki, perdendosi all’interno di quella distesa luminosa e malinconica. Solo a lei era concesso entrargli dentro, intravedere quel dolore che sempre lo aveva accompagnato. Sapeva che l’animo di Loki era complesso, e con il suo modo pacato e dolce aveva tentato di alleviare, per quanto le veniva permesso, quella tristezza  che avida e gelosa non voleva mai lasciarlo andare. Tuttavia, mai la donna poteva aspettarsi di riuscire a scorgere un vero e proprio duello interiore. In quel momento allora, Klithilde capì. Capì le sue parole spietate la sera del suo compleanno, il tentativo di allontanarla, il suo voler fuggire dalla cerimonia di fidanzamento; ma soprattutto, comprese ogni sfumatura di quella promessa ricevuta. Lui non l’avrebbe mai lasciata, e questa era una seria minaccia per il suo matrimonio.
-Loki…- lo chiamò piano, sollevando la mano contro il viso del dio, in un gesto di ingenuo impulso. Con la punta delle dita, sfiorò la guancia del moro, patendo un’improvvisa scossa elettrica che la fece impetrare seduta stante. Klithilde sgranò lo sguardo, sussultando in preda al flusso di pensieri che inesorabilmente la fecero sprofondare in un vicolo cieco dal quale non avrebbe fatto più ritorno. Loki poteva specchiarsi negli occhi profondi di lei, che timidamente arrossì.
-I-Io, è meglio che vada…- la principessa fece per sollevarsi di scatto e andarsene. Voleva letteralmente scappare, non da lui, ma da quello che sarebbe successo, da quello che le avrebbe detto. Ma neanche fece in tempo a fare un passo, che senza neanche accorgersene, il dio degli inganni aveva stretto i suoi teneri polsi nelle sue grandi mani, e con forza l’aveva braccata con la schiena contro l’alto fusto dell’albero. Un sussulto di spavento e dolore si fece largo tra le labbra fine e rosee della fanciulla, mentre Loki oramai la teneva saldamente in pugno. Il respiro di Klithilde era affannato, e i suoi occhi erano lucidi e gonfi di lacrime mentre un ghigno beffardo si levava sulla bocca del corvino.
-Tu lo ami?- domandò improvvisamente, spezzando quell'inquietante silenzio che si era venuto a creare tra i due. La giovane cominciò a tremare, ma alla sua domanda non seppe rispondere. Certo, provava un affetto profondo per il dio del tuono, e anche un discreto desiderio da quando le aveva rubato il suo primo bacio, ma poteva davvero chiamarsi amore? Chissà, magari con il tempo avrebbe imparato ad amarlo, ma il suo cuore davvero sarebbe stato disposto ad aspettare fino a quel momento?
Cattivo e sadico come solo lui sapeva essere, Loki le scoppiò a ridere in faccia, e di rimando la principessa non seppe far altro che abbassare lo sguardo, mentre una lacrima le rigava il viso. Si sentiva così confusa, e il comportamento del dio certo non migliorava la sua situazione. Loki non amava vederla così, ma non aveva altra scelta. Klithilde doveva capire prima che fosse troppo tardi. Non temeva un rifiuto, desiderava soltanto che sapesse cosa le stava celando da molti, moltissimi anni. Che ogni qual volta che partivano in missione il suo unico pensiero era lei, con la speranza che anche la principessa pensasse a lui. Sospirò piano, ritrovando il suo decoro. Gentili e aggraziate, le dita dell’uomo sollevarono appena l’ovale roseo della principessa, e accorciando le distanze tra loro, Loki asciugò le sue lacrime con suadenti baci. Le sue labbra, sulle sue guance, parvero la rovente carezza di un fuoco inestinguibile, una fiamma che condensava, nelle sue roventi lingue, una passione distruttiva, un desiderio sconsiderato e incosciente che la fecero sussultare e, inconsapevolmente, inarcare contro di lui, stringendosi ulteriormente contro il corpo del dio. Una morsa letale attanagliò il petto della ragazza, sentendosi il cuore accelerare all’impazzata. Le labbra del dio allora, divertite dall’interessante reazione che stava ricevendo, fece scivolare la sua bocca sulle guance di Klithilde, per poi sollevarla dalla sua pelle arrossata. Lasciò combaciare la fronte con quella della più piccola, sfiorando appena, come una seducente tortura, le labbra della dea con le sue. Il fiato di Klithilde era mozzato, e caldo entrava morbido nelle fauci di Loki, nutrendolo. La giovane dea sapeva bene che prima o poi il suo fragile corpo avrebbe ceduto alle sue provocazioni, ma cercò di resistere il più a lungo possibile. Era stata promessa a Thor, era inevitabile. A lui avrebbe concesso il suo amore, a lui avrebbe dato dei figli e con lui avrebbe regnato su Asgard, proprio come Odino aveva stabilito. Ma allora, perché non riusciva a reagire contro il famelico dio dell’inganno? Sensi di colpa, rabbia, vertigini, leggerezza e tante altre emozioni contrastanti stavano facendo esplodere le meningi della fanciulla, mentre Loki continuava con il suo gioco, facendole perdere la testa. Rise, e cercando gli occhi languidi e bagnati della donna, il dio finalmente disse:
-Ricordati, Klithilde, che Odino avrà pure concesso a Thor di prendersi la tua mano. Ma non è detto che ora che è diventato il tuo promesso sposo allora avrà anche il tuo cuore- ringhiò spavaldo sulle sue labbra, facendola tremare nelle sue forti braccia
-T-Tu non sai quello che dici. Se interferirai con le nostre nozze Thor sarà legittimato a chiedere la tua morte. Lo sai questo?- gli domandò la dea, riacquistando lentamente la lucidità momentaneamente persa. Cercando il suo sguardo, in un vano tentativo di dissuaderlo dalla folle, ma diabolicamente allettante, idea che forse poteva esistere una possibilità per “loro”. E al solo pensiero Klithilde ebbe un brivido di piacere.
-Non mi importa. Preferisco morire piuttosto che vederti con…- Loki non fece neanche in tempo a finire la frase che con uno schiocco possente, la mano della ragazza si era imprudentemente tesa contro la guancia del dio. Il viso chino, la pelle che pulsava e un leggero dolore pizzicava le gote del corvino, che immediatamente fissò a lungo la sua piccola Klithilde: nuove lacrime solcavano il suo docile viso, e stavolta un sottile velo di disperazione aveva macchiato il suo lucido sguardo:
-Non dirlo- singhiozzò appena –Non devi dirlo neanche per scherzo, Loki-  L’adrenalina che sentiva circolare nel suo corpo era come un veleno, un male che tuttavia le stava facendo saggiare solo una misera parte di un piacere più grande e mai provato prima. E proprio per questo, proprio perché forse Loki aveva ragione sui suoi sentimenti e sul suo cuore, lei doveva essere inflessibile, e così salvargli la vita.
Il silenzio calò nuovamente su di loro, soffocandoli in un’atmosfera glaciale e torbida. Il cielo oramai si era tinto di un manto nero, privo di stelle. La brezza si era raffreddata, e si levò alta su di loro, facendo muovere le vesti e scompigliare i capelli. Klithilde osservava il dio con occhi supplicanti. Sentiva il cuore galoppare nella sua cassa toracica, ma sarebbe stata in grado di sacrificare se stessa e la sua felicità pur di salvarlo da una condanna certa, e questo anche Loki lo sapeva. Ma Klithilde non sapeva quanto lui tenesse a lei, non sapeva che era solo grazie a lei che trovava la forza di non sentirsi solo, diverso rispetto a tutti gli altri in quel grande palazzo. E non avrebbe rinunciato a lei senza lottare, non più. Così, colto in pieno da un impeto incontrollabile, Loki azzerò di tutta fretta il distacco dei loro corpi, spingendo le belle membra della fanciulla contro la ruvida corteccia, e tenendole il viso tra le mani, inoltrando le dita sottili e affusolate tra le sue soffici onde brune, le sue labbra finalmente si posarono su quelle di lei. E non erano spietate e impetuose come quando voleva tentarla qualche minuto prima. Fu un bacio dolce. Breve, ma intenso. Paralizzata, Klithilde rimase senza fiato, sciogliendosi poco dopo nella bocca di lui. Sapeva di buono, ed era gentile… Suadente e intrigante al contempo. La dea teneva le mani premute contro i sui pettorali, i palmi distesi pronti per scacciarlo via. Ma non lo fece, al contrario si aggrappò alla veste del moro. Soltanto quando le labbra del dio si scostarono da lei si rese amaramente conto che quel bacio le era piaciuto più di quanto avesse immaginato. E il fatto che già le mancava quel tiepido contatto le faceva intendere, purtroppo, che quello era soltanto l’inizio della fine.
  
            

*Angolino di Virgy*
Nuovo capitolo! Non ci credo che ho aggiornato così presto! Sarà che necessitavo di scrivere questo capitolo. Sul serio, desideravo ardentemente scrivere questa scena che ho mandato al diavolo tutte le idee che avevo. Spero solo che vi piaccia. Mi rendo conto che sia piuttosto breve come capitolo, ma spero che almeno sia riuscita a renderlo intenso tanto quanto la mia mente lo aveva elaborato.
Recensite! E fatemi sapere che cosa ne pensate, dopo così tanto tempo ho bisogno di sapere se sto soddisfacendo le vostre aspettative o no, e come migliorare!!! 
Grazie per la lettura.
Un bacio
-V-   

 

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