Hurricanes - Melanie's POV

di Merigold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Moon Boots ***
Capitolo 2: *** Good Ol’ Days ***
Capitolo 3: *** Breakeven ***
Capitolo 4: *** Nothing ***



Capitolo 1
*** Moon Boots ***


Prologo
Moon Boots

  

Potrei fare qualunque cosa se lo volessi. Forse anche volare. Riuscirei a sfiorare il cielo con un dito senza schiantarmi al suolo. La luna non sembrerebbe poi così lontana vista da una nuvola. E forse lì mi sentirei finalmente meno sola di quanto non lo sia in mezzo alla gente.
Sarebbe un mondo migliore, creato su misura per me.
Non ci sarebbero tutte le incertezze che mi assalgono.
Non ci sarebbe tutto il dolore che provo.
Londra, 18 ottobre.
Il tempo ormai ha cessato di scorrere. Non ha più importanza per me. Sono bloccata in un limbo di emozioni dal quale non riesco a uscire. Trattenuta da troppi rimorsi, troppi rimpianti per permettermi l’arroganza di fingere di saper andare avanti.
Non posso.
Londra, 18 ottobre.
Il cielo è troppo azzurro per la stagione, come sono troppo azzurri i miei occhi per questa vita nera.
Conto le foglie che danzano nell’aria. Sembrano così felici di essere finalmente libere.
Libere come io non sarò mai.
Londra, 18 ottobre.
Undici mesi fa la mia vita è stata distrutta.
Londra, 18 ottobre.
Forse potrebbe essere oggi il giorno giusto per ricominciare.
 
La macchina di William sfreccia indisturbata fra le strade londinesi mentre il vento mi scompiglia i capelli tentando di accarezzare la mia anima. Forse lui può ancora sentirla.
Io no.
Sto ancora osservando le foglie che volteggiano sopra la mia testa. Due verdi. Tre gialle. Nessuna rossa. È ancora troppo presto.
William non guarda mai le foglie. Non si sofferma a osservare la loro fragilità, a contemplare quanto siano libere, a pensare a quanto io possa sentirmi in trappola.
Non credo gli interessi.
L’ultima canzone del cd che stiamo ascoltando è quasi finita e, come ogni volta, inizio a sentirmi a poco a poco sempre più vuota.
Insieme alle note va sfumando anche la mia esistenza basata ormai su questo gruppo. Sono gli unici che riescono a farmi provare qualcosa. Sono gli unici che riescono a farmi sentire viva anche quando sono sicura di essere morta. Gli unici che non mi fanno sentire sola.
“Neither one of us wanna take that taxi home”*
Faccio uscire  il disco dallo stereo e lo infilo nella custodia di cartone; #3 dei The Script. Siamo quasi arrivati, ma dovrei avere il tempo per ascoltare un altro paio di canzoni dal secondo disco così lo faccio partire sperando che William non abbia da ridire, ma non sembra farci molto caso.
La batteria di “Moon Boots” mi risuona nelle vene e presto mi fondo con la canzone. Ogni volta rimango senza fiato, esterrefatta da quanto mi faccia sentire completa la loro musica.
“I’m gonna leave this place,
I’ve made a snap decision.
I’m gonna find another earth,
And start my own religion”**
Credo che un giorno ci riuscirò, farò le valigie e me ne andrò via, lontano dal mondo. Lontano anche da me stessa.
Senza che me ne accorga mi ritrovo le guance umide, bagnate da leggere lacrime che percorrono senza fretta il mio viso. Le asciugo subito. William non le deve vedere.
Aspetto che l’auto si fermi per sistemare con più tranquillità il trucco, che sicuramente si è sbavato un po’, lasciando altri segni neri sotto gli occhi. È difficile a dirsi con gli occhiali da sole.
Ormai è quasi un anno che li indosso ogni volta che esco. Me li ha regalati William il giorno seguente a quello in cui mi ha colpito in viso per la prima volta. Non ha detto nulla, li ha semplicemente posati sulla mia scrivania ed è uscito dalla stanza.
È raro che non li metta, solitamente ne ho bisogno, soprattutto quando non ho tempo per sistemare tutto con il fondotinta. Ma oggi ho fatto un buon lavoro, quindi non ho problemi a toglierli per qualche momento.
Intravedo un semaforo in lontananza e quando lo raggiungiamo è già rosso.
Una foglia si posa sul cruscotto, rossa anche quella. Forse dopotutto non è poi così presto.
Mi sfilo velocemente gli occhiali e mi controllo sullo specchietto laterale. Il mascara non è colato, c’è solo un’ombra di matita sotto l’occhio sinistro e per levarla ci vuole un attimo.
Il livido non si nota.
“I'm headed for a great new world,
somewhere were there ain't no fears.
It's gunna look and sound the same,
the only difference is that you’re not here.
You’re not here, no!”**
Un fremito mi scuote e il cuore mi sale in gola cessando per un attimo di battere.
Sono viva.
Mi sento viva.
Come al solito il pezzo che preferisco della canzone passa con troppa rapidità e vorrei soltanto tornare indietro e ascoltarlo all’infinito per sentire di nuovo il mio cuore sussultare.
Delle risate riecheggiano nell’aria e provo una fitta d’invidia per quella spensieratezza che io non ho più. Mi volto verso il viale alberato che si affaccia sulla strada e vedo un ragazzo fermo a pochi metri dalla macchina che mi sta guardando. Mi ci vuole qualche attimo per riconoscerlo, ma appena lo faccio mi convinco di aver ormai perso il lume della ragione. Sbatto le palpebre un paio di volte, ma lui è lì che continua a fissarmi e vedendomi spaesata mi rivolge un mezzo sorriso.
Undici mesi.
Sono undici mesi che nessuno mi regala un sorriso.
Questo è il primo dal giorno in cui i miei genitori sono morti lasciandomi completamente sola. Il primo da quando William è diventato il mio tutore e mi ha strappato alla mia casa portandomi in Inghilterra. Il primo da quando la gente ha iniziato ad accorgersi dei lividi che ho sul viso e sulle braccia ma ha fatto finta di niente. Il primo da quando ho iniziato a sentirmi morta.
Danny O’Donoghue continua a guardarmi. Cerco di ricambiare maldestramente il sorriso e, impacciata, rimetto gli occhiali sperando di non essere già risultata ridicola, ma lui continua a sorridermi.
In quel momento il semaforo diventa verde e la macchina riparte senza darmi il tempo di rendermi conto che ci stiamo allontanando; ma lui continua a seguirmi con lo sguardo e a quel punto decido di ignorarlo pur sentendo ancora lo stomaco in subbuglio.
Danny O’Donoghue.
La sua voce continua a uscire dalle casse per gli ultimi secondi di “Moon Boots” e a quel punto parte “Hurricanes”. È così che mi sento, un uragano di emozioni pronto a scatenare una tempesta. Ma sono troppo debole per farlo e quindi rimango in silenzio perdendomi in quegli attimi rubati in cui il cantante dei The Script mi fissava sorridendo.
La macchina si parcheggia sul viale di casa e vengo bruscamente riportata a quell’inferno che è diventata la mia vita.
Londra, 18 ottobre.
Undici mesi fa la mia vita è stata distrutta.
Londra, 18 ottobre.
Forse potrebbe essere oggi il giorno giusto per ricominciare.


 






 Moon Boots
 http://www.youtube.com/watch?v=HaPfW_0Z5b8
 
Citazioni
* Millionaires – The Script
“Nessuno di noi vuole prendere quel taxi per tornare a casa”
 
**Moon Boots – The Script
“Lascerò questo posto,
ho preso una decisione secca.
Troverò un’altra Terra
e inizierò la mia religione”
 
“Sto andando verso un mondo nuovo,
un posto dove non ci siano paure.
Sembrerà lo stesso,
l’unica differenza è che tu non sei qui.
Tu non sei qui!”
 
Merigold's corner
La regia mi comunica che bisogna essere svitati per scrivere qui sopra e quindi eccomi a rapporto :3
Non voglio annoiarvi con presentazioni chilometriche, quindi vi dirò il minimo indispensabile.
Il mio nome è Eleonora, qui sono Merigold, ma potete chiamarmi semplicemente Mer.
Ho 16 anni e amo i The Script (ma va!? Sono sicura che non ve ne siete accorti u.u)
Vabbe’ ovviamente mi piace anche scrivere, altrimenti non sarei qui, giusto? Giusto.
Per l’iscrizione a efp devo “ringraziare” la mia sorellina ( “-ina” si fa per dire) che non mi voleva rivelare il nome del suo account, ma alla fine l’ho fatta talmente tanto esasperare che me lo ha detto *si batte il cinque da sola*
Okay, ora cerco di fare la normale (“cerco” perché sicuramente normale non lo sono)
Non so perché, ma una mattina mi sono svegliata e ho deciso di scrivere questa fan fiction sui The Script, visto che in giro non ce ne sono molte… (rimedierò presto u.u)
E quindi ecco qui il prologo di Hurricanes.
Il progetto è nato ispirandomi alle loro canzoni, sia come testi che come emozioni, e la regia mi ha gentilmente riferito che qui questo genere di fan fiction si chiamano “song fic” *ringrazia la regia*
Questa storia ha due POV, questo qui sopra è, per chi non lo avesse ancora capito, quello di Melanie (ma dai!?).
L’altro è dal POV di Danny (ovviamente :3)
Ecco qui il link per chi volesse dargli un’occhiata.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2105388&i=1
Pubblicherò i capitoli in parallelo così da poter stare al passo con entrambe le storie perciò i tempi di stesura saranno “leggermente più lunghi” delle normali fan fiction.
Scrivendo 2 fan fiction distinte per i 2 POV si può anche scegliere di leggerne solo una perché le scene sono uguali (almeno quasi tutte), cambia solo la voce narrante. Dato che le pubblico in parallelo però si possono anche leggere entrambe contemporaneamente senza “spoilerarsi” nulla, solo potrebbe risultare noioso leggere la stessa scena due volte. Comunque fate voi :3
 
La regia mi riferisce di aver scritto abbastanza e quindi mi dileguo.
Ci si vede in giro. (Intanto la regia continua a rompere sul fatto che qui non ci si “vede” ma io la ignoro. Mia fan fiction. Mio territorio.)
Sayonara
 
-Mer
 
p.s. perdonatemi, è la mia prima fan fiction :3

 

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Capitolo 2
*** Good Ol’ Days ***


Capitolo 1
Good Ol’ Days
 
Londra, 3 novembre.
 
Diluvia.
Il cappuccio della mia felpa ormai è completamente zuppo e anche i miei capelli iniziano a bagnarsi. Questa non ci voleva proprio. Sono in ritardo e non farò mai in tempo e come se non bastasse ho freddo e le gambe iniziano a farmi male. William si arrabbierà. Mi aveva dato un paio d’ore per uscire; mi restano tre quarti d’ora, ma se non inizia a spiovere non basteranno.
Sono le sei e mezza e tutti i negozi iniziano a chiudere, quindi la mia unica speranza è il “tree’s pub” anche se è un po’ distante.
Spero che si tratti solo di un acquazzone momentaneo o questa volta sono davvero nei guai.
Dopo circa un quarto d’ora mi trovo davanti al locale completamente bagnata e infreddolita. Da fuori si sente della musica, ma non riesco a capire quale sia la canzone. Qualcuno sta suonando dal vivo; molta gente applaude e agita le mani travolta dall’euforia.
Apro la porta infilandomi dentro di corsa. E a quel punto riconosco la canzone.
Good Ol’ Days.
“Play a sad song, ye, sing it from the hearth.
Tell a sad story, ye, tell it from the start.
Pass me on that pain that you made into art, ye.
Pierce it through my skin like a heroin dart.”*
La voce di Danny riempie tutta la stanza trapassandomi come una spada. È la prima volta che lo sento cantare dal vivo. Cerco di intrufolarmi tra la folla per vedere se è davvero lui, e soprattutto per scorgere anche Mark e Glen.
Un signore anziano mi lascia passare davanti e lo ringrazio silenziosamente.
I The Script sono sopra la pedana dove solitamente il sabato sera si esibiscono delle piccole band locali; suonano come se fossero nel bel mezzo di un concerto in uno stadio con migliaia di persone. Eppure dentro il locale saremmo al massimo una cinquantina, di cui la maggior parte vecchi alquanto brilli che passano il tempo giocando a carte.
“We’ll remember this night when we’ll old and grey,
‘cos  in the future these will be the good ol’ days.
We’re arm in arm as we sing away.
In the future these will be the good ol’ days.”*
In quel momento inizia a cantare Mark saltellando come suo solito e continuando a suonare senza perdere la concentrazione nemmeno per un attimo mentre Danny gli fa da supporto mentre balla anche lui. Glen alla batteria picchia senza sosta i tom diffondendo un beat da capogiro nella stanza.
Sono senza parole. Non avrei mai creduto di potermi sentire in questo modo. Così piena. Così viva. Sapevo che vederli suonare mi avrebbe sconvolta, ma non pensavo fino a questo punto.
D’un tratto Danny mi vede e senza fare una piega mi rivolge un mezzo sorriso come aveva fatto più di due settimane prima. Sono ancora a bocca aperta.
Dopo qualche altro verso le gambe iniziano a tremarmi minacciando di cedere e decido che forse è meglio godermi lo spettacolo seduta, così mi intrufolo in mezzo al gruppo di ragazze urlanti alla mia destra e vado a sedermi su uno degli alti sgabelli in legno di fronte al bancone togliendomi gli occhiali.
- Sorpresa, vero? -
Dave mi porge come sempre una tazza di tè fumante e ricomincia a pulire.
È il proprietario del locale e anche una delle rare persone qui a Londra che sembrano preoccuparsi un minimo di come va la mia vita da quando mi sono trasferita circa 10 mesi fa dall’Italia. Ha superato i 65 ma i suoi occhi sono ancora vispi e luminosi come quelli di un ragazzino e si dà un gran da fare per aiutare i figli a cui ha ceduto la gestione del locale. Mi ricorda vagamente mio nonno.
- Non immagini quanto. Perché non mi hai detto che sarebbero venuti?-
Scrolla le spalle e piega leggermente la testa di lato. - Si sono presentati qui oggi pomeriggio chiedendomi se potevano suonare un po’ come ai vecchi tempi. Potevo dirgli di no? –  Poi indica la mia tazza. - Quando sei entrate ero sicuro che fosse una giornata da gelsomino. Ma a quanto pare i ragazzi l’hanno fatta diventare da vaniglia. – Mi strizza un occhio.
Annuisco sorridendo. – Decisamente vaniglia. –
Da quando mi sono trasferita vengo circa una volta ogni 2 o 3 giorni al “tree’s pub” e ordino sempre una tazza di tè cambiando il gusto in base al mio umore. Dopo il primo mese non c’è più stato bisogno di dirgli come lo volevo: secondo lui basta una sola occhiata per capire di quale tipo di tè ho bisogno.
Pesca: per quando sono agitata o qualcosa mi preoccupa. È il più difficile da riconoscere secondo Dave, perché a quanto pare c’è sempre qualcosa che mi mette in ansia ma non tanto da tè alla pesca.
Vaniglia: per quando sono di buon umore. Lo prendo di rado.
Gelsomino: per le giornatacce, quelle nere dove non si vede via d’uscita. È il gusto che scelgo più di frequente e ci vuole solo un attimo per capire quando ne ho bisogno.
Verde: per quando sto per cadere a pezzi. Quelle giornate in cui non mi levo mai gli occhiali.
“These are my people, these are my crowd
and I’m never too proud to sing about”*
- Cosa intendi per “vecchi tempi”? -
Smette di nuovo di pulire e guarda verso la pedana assorto.
- Eh cara, conosco questi ragazzi da molto tempo, ancor prima che diventassero i The Script, quando erano solo tre giovani di Dublino in cerca di fortuna. Si incontravano qui quasi ogni sera. Dovevi vederli, erano pieni di sogni e progetti e a quanto pare sono finalmente riusciti a realizzarli. Se lo meritano, ne hanno passate tante. – si ferma un attimo per dare un paio di boccali di birra ad un signore con una camicia rossa evidentemente ubriaco. Io lo ascolto rapita sorseggiando il mio tè. Potrei bere tè alla vaniglia per sempre. – E sai una cosa? Nonostante ora abbiano coronato i loro sogni e ottenuto il successo continuano a venire qui di tanto in tanto quando non sono pieni d’impegni. Entrano, si siedono qui, proprio dove sei tu, oppure su quel tavolo all’angolo sotto la finestra e passano la serata parlando e bevendo come tanti anni fa. Alcune volte si mettono anche a buttar giù qualche idea per i loro pezzi. Non sembra passato neanche un giorno. A quei tempi venivano a esibirsi spesso, esattamente come ora, su quella pedana. Sono sempre quei tre ragazzi pieni di sogni, ma hanno già cominciato a realizzarli. -
“We’re arm in arm as we sing away.
In the future these will be the good ol’, the good ol’ days.”*
La canzone va verso le sue ultime e note e il pubblico esplode con un boato in una serie di applausi, fischi e urla facendomi venire voglia di unirmi a loro.
- Come ti sono sembrati? -
Non riesco ancora a credere che stiano suonando qui. Mi volto e credo che Dave sia rimasto alquanto sorpreso di vedermi radiosa. Non sono mai stata così felice in tutta la mia vita.
- Grandiosi. –
Fa un lieve sorriso, più per loro che per me, e si rimette al lavoro, ma pochi attimi dopo alza lo sguardo e assume un aria divertita. - A quanto pare il nostro caro Danny non ha ancora bevuto abbastanza oggi. -
Una leggera risata calda e profonda risuona alle mie spalle – No infatti. –
Mi ritrovo a nascondere il viso nella tazza mentre finisco silenziosamente il tè. Danny si siede sullo sgabello accanto al mio sorridendo. La mano destra mi trema leggermente.
Oh, andiamo Melanie. Non vorrai perdere il controllo proprio ora!?
- Solo una birra. Grazie Dave. -
Lui invece riempie tre boccali. Uno glielo passa mentre gli altri li posa davanti agli ultimi due sgabelli liberi accanto a quello dove è seduto Danny.
 - Allora, siete riusciti a finire quel pezzo che stavate scrivendo qualche giorno fa? -
Danny dimezza il boccale di birra senza batter ciglio. – Quasi. Il testo è praticamente pronto. Solo il bridge va un po’ modificato. Per la parte musicale invece abbiamo qualche problema sul finale. Però sta venendo abbastanza bene. Chissà, magari riusciamo anche a inserirlo nella track list del nuovo album. – e finisce la birra.
Fuori la pioggia sembra essere aumentata e la strada è completamente allagata. Controllo l’orologio. Altri venti minuti. Non penso ce la farò. Spero solo che William sia rimasto bloccato nel traffico.
Dave asciuga i boccali di vetro appena lavati e li ripone uno alla volta sullo scaffale dietro il bancone, accanto ai super alcolici.
- Ei, Dave! Che si dice in giro? -
Mark si accomoda sullo sgabello e si scola l’intero boccale di birra battendo di gran lunga Danny in fatto di velocità. Glen sembra più tranquillo, ma anche lui finisce il suo bicchiere in pochissimo. Irlandesi.
Li sento parlare dei nipoti di Dave, e di come siano svogliati e ovviamente non manca una battuta sarcastica di Mark sui “giovani d’oggi” guadagnandosi la disapprovazione di Dave che scuote la testa mentre prepara un altro paio di drink per una coppia appena arrivata. – Si, si. Continuate pure a prendermi in giro. Un giorno ve ne pentirete. –
Poi lo sguardo gli cade sull’orologio appeso sopra alla porta d’ingresso. Il volto s’incupisce subito e si rivolge a me abbassando il tono di voce: - Quanto hai? –
- Meno di venti minuti mi pare. –
Il suo volto si rabbuia ancora di più. – Non so se ce la puoi fare. Non sembra dar segno di smettere lì fuori. –
Sospiro. – Appena inizia a spiovere un poco esco. Forse se corro … - scrollo le spalle. Non voglio pensare a quello che mi aspetta una volta tornata a casa. È abbastanza ovvio che non arriverò in tempo. Correndo ci metto poco meno di un quarto d’ora per tornare a casa. Ma piove e sono stanca. Anche se uscissi adesso sarebbe inutile.
- Dave, potresti farmi un’altra tazza di tè? -
- Certo. Sempre vaniglia? –
- Sì, grazie. –
- Adesso ti sei dato alle tisane, Dave? – Danny ridacchia sotto i baffi porgendogli il boccale di vetro.
 - Ti farebbero molto bene Danny. Non avevi detto che ne volevi solo una? –
Alza le spalle facendo un mezzo sorriso con aria innocente – Ho cambiato idea. –
Dave scuote la testa. - Tu sottovaluti i poteri lenitivi del tè. -
- E tu quelli di una bella sbornia. –
- Ho avuto trent’anni anch’io. Non dimenticarlo. –
E mi riempie la tazza di tè fumante. Un lampo illumina il cielo scuro precludendomi ogni possibilità di uscire. 15 minuti. Sono nella merda.
- Dalle una birra. Offro io. –
Mi giro verso di Danny sorpresa. Lui mi rivolge il solito mezzo sorriso che tanto lo caratterizza, quello che fanno i bambini quando vengono sorpresi con le dita nel barattolo di marmellata.
- Non credo sia una buona idea. L’ultima volta che si è sbronzata ha dato spettacolo, peggio di voi là sopra. -
Non ha tutti i torti…
- Davvero? Allora sarei dovuto esserci. – Danny continua a guardarmi sorridendo. A quel punto mi porge la mano. – Danny. -
- Non serve, ti conosce meglio di tua madre. –
Abbasso lo sguardo arrossendo violentemente.
Bene, adesso sembrerai sicuramente una di quelle pazze urlanti che si strappavano i capelli sotto il palco. Complimenti Melanie.
Però vedo che lui mi sorride ancora continuando a tendermi la mano. Gliela stringo anche se un po’ incerta. – Melanie. –
- Allora, Melanie, cosa hai fatto di tanto sconvolgente da non permettermi di offrirti una birra? -
- Be’, ecco… - Mi guardo intorno cercando di non arrossire di nuovo. - … non credo di ricordarmi esattamente cosa sia successo… Ero un po’… fuori. –
Scoppiano tutti a ridere e per un attimo anch’io mi unisco a loro.
- Interessante… Dave, vuoi illuminarci tu? -
Lui posa sul bancone un boccale che stava finendo di asciugare e si sporge verso di noi alzando un sopracciglio. – Potresti pentirtene. – poi fa un cenno verso di me e mi strizza un occhio.
- Dovete sapere che questa ragazza qui non regge praticamente per niente l’alcool, e dopo un paio di birre comincia a essere già un po’ brilla. Ecco, quella sera aveva bevuto, ma bevuto sul serio, ed era completamente andata. – io inizio già a rimpicciolirmi. Sono sicura di essere diventata viola. – . Arrivata a metà serata ha deciso che voleva ascoltare un po’ di musica, così si è alzata ed è andata al jukebox. I miei nipoti lo aggiornano circa ogni mese aggiungendo gli ultimi singoli in cima alle chart e levando quelli ormai passati di moda. Ovviamente lei lo sa, ma in quel momento non era esattamente in grado di ricordarsene… - Mi accorgo che Danny ogni tanto mi lancia qualche occhiata divertita, come se potessi ripetere la scena davanti ai suoi occhi da un momento all’altro.
- E quindi? Si è messa a tirare calci a quel vecchio coso? Non credo avesse tutti i torti. -
Da quel momento capisco ben poco di quello che dice Dave perché tutto quello che voglio è sparire all’istante. A quanto pare volevo ascoltare i The Script, ma non c’erano fra gli artisti caricati. Così ho iniziato a prendere a calci davvero il jukebox sbraitando e insultando la musica commerciale. Infine, non contenta, ho iniziato a cantare le loro canzoni.
-  Ho posato un cilindro su un tavolo lì affianco, e non potete immaginare quanti soldi ha fatto. Stanno ancora tutti lì. – Dave indica un cappello nero su uno degli scaffali più in alto. – Lo conservo per le eventuali prossime “esibizioni”. – La parte delle “eventuali esibizioni” mi mancava.
- Un motivo in più per offrirle qualcosa. -  questa volta è Danny a farmi l’occhiolino. Vorrei sparire.
Finisce la seconda birra e si gira completamente verso di me.
- Quindi sai cantare, o c’era qualche altro motivo per cui ti lasciavano delle monetine? - quel suo tono malizioso mi fa avvampare ancora di più. Cerco di assumere un’aria vaga. – No, nessun altro motivo. So cantare…più o meno. Non sono particolarmente brava e… -
- Canta con me. -
Mi blocco. Lo guardo a bocca aperta aspettando che si metta a ridere e mi dica che stava scherzando, ma sembra fare sul serio.
E ora?
- Io… io non… -
- E dai, non fare la difficile. Abbiamo promesso che avremmo fatto un altro paio di pezzi più tardi. Vieni anche tu. Tanto a quanto pare le canzoni le sai. Basta che mi vieni dietro. –
Quanto vorrei dirgli di sì. Dopotutto è il mio sogno.
Ma se William venisse a saperlo… i lividi sono quasi scomparsi del tutto. Non ho voglia di ricominciare adesso.
- Io… non posso. Il… medico. Il medico mi ha detto che non posso cantare perché… ho un problema… alle adenoidi; sono infiammate. E anche la gola. Sto prendendo delle medicine che mi rendono roca la voce. E…-
Lui alza un sopracciglio – Le adenoidi? – Io faccio cenno di sì con la testa, ma non sembra molto convinto e chiede a Dave un'altra birra.
La mia voce è ormai un sussurro - Non posso, mi dispiace. -
Do un’occhiata all’orologio. 7 minuti. A questo punto probabilmente se cantassi non cambierebbe nulla…
- Non vedi l’ora di andartene, vero? –
Sobbalzo.
No che non voglio andarmene. Se potessi passerei il resto della giornata, anzi della vita a parlare con te, ma William non approverebbe.
- No, no. In realtà, dovrei essere da un'altra parte… non è che non voglia cantare, è solo che non posso proprio. –
- Faresti tardi? -
Sospiro rassegnata. – In realtà sono già in ritardo. - scrollo le spalle. - Non avrei fato in tempo comunque. –
- Potevi dirlo subito. Stai facendo attendere qualche bel ragazzo? Non dovresti. – quel solito mezzo sorriso gli si incespica fra le labbra.
Le mie guance che avevano appena cominciato a sfiammarsi riprendono colore - No, nessun ragazzo. – lancio un veloce sguardo alla porta a vetri, ma l’acqua non smette di scendere.
Sto quasi per cedere e dire a Danny che forse una sola canzone non mi farebbe poi così male alla gola, quando la porta si apre e viene richiusa con violenza. Metà delle persone nel locale si bloccano. Non c’è bisogno che mi giri per capire di chi si tratta, mi bastano le espressioni contrariate della gente.
Lentamente uno alla volta tutti i presenti spostano lo sguardo verso la porta smettendo di fare qualsiasi cosa. Alcuni guardano anche me, ma con compassione e appena si rendono conto che li ho notati distolgono lo sguardo tornando alle loro faccende facendo finta di niente. Allo stesso modo piano piano tutti nel locale tornano alla loro solita vita.
Tutti tranne me. Non ho più la mia vita da oltre 11 mesi…
Mi volto e non mi sorprendo di vedere William sulla porta che si sta avvicinando. Mancano 5 minuti. È inutile contarli. Non ce l’avrei mai fatta.
William mi squadra, poi fa lo stesso con la tazza sul bancone e infine sposta gli occhi su Danny, ancora voltato verso di me, che ricambia il suo sguardo di sfida senza dare il minimo segno di esitazione. Alla fine è William a cedere.
Continuando a osservare la mia tazza fa un cenno a Dave: - Quanto ti deve? –
Per un attimo lui sembra indeciso, ma poi sceglie di non rispondere facendolo spazientire. Non è mai un buon segno quando inizia a perdere la calma.
- Ei vecchio, non ho alcuna intenzione di mettermi a discutere ora. Quanto ti deve? -
- Nulla. – ma non è Dave a rispondere. Mi volto verso Danny sbigottita. Anche William sembra sorpreso.
- È sul mio conto. Non gli deve nulla. –
No! No, no!
William si acciglia per un attimo. – Sul tuo conto? –
- Sì. Perché, c’è qualche problema? -
Oh sì, tu.
- No, nessuno. - la voce di William è troppo calma. Troppo controllata. Se Danny lo conoscesse se ne renderebbe conto, come sta facendo Dave, ma lui non sa cosa si celi veramente dietro quella maschera di finta pacatezza. Cerco di catturare il suo sguardo per fargli capire che forse farebbe meglio a smettere di ribattere, ma lui continua a fissarlo quasi come per sfidarlo, e a quel punto capisco che non c’è più niente da fare.
Vorrei urlare.
- Daniel O’Donoghue, giusto? -
- Sì, ma non credo di conoscerla, signor… -
- Addnell, William Addnell. No infatti, non direi. Ma forse di nome… d’altronde lavoriamo in campi molto simili signor O’Donoghue. –
Solo io posso scorgere la velata minaccia. William sa essere un mago con le parole.
Danny sembra come assorto in qualche strano pensiero, ma poco dopo risponde – No, non mi sembra. Ma vede signor Addnell, il nostro campo è estremamente vasto. È abbastanza normale non poter conoscere tutte le persone che sono dell’ambiente. – e gli concede un sorriso.
Sento William irrigidirsi. Non credo che qualcuno abbia mai osato tentare di tenergli testa.
- Infatti, ha ragione. -
Tira fuori il portafoglio e lascia 5 pound sul bancone. – Tieni il resto. – e mi tira un braccio per farmi scendere. Ceco di non opporre resistenza, ma lui mi trascina comunque con forza verso la porta.
A quel punto sento la voce di Danny e il sangue mi si congela nelle vene. - Ei, lascia… - ma si blocca. Mi volto di scatto sgranando gli occhi e vedo Mark che lo tiene per una spalla e Dave che gli sta sussurrando qualcosa, mentre William mi lascia per un attimo, giusto il tempo per voltarsi verso di lui. - Come, scusa? -
Danny sta per rispondergli ma prima di farlo mi guarda. E a quel punto mi rendo conto che forse sto  veramente decidendo il mio futuro. Potrei porre fine a tutta questa storia se solo mi lasciassi aiutare. Ma so che sarebbe un gesto egoista, perché William potrebbe distruggere la vita di chiunque facendogli vivere l’inferno che sto passando io e non voglio che accada a qualcun altro. Non voglio che accada a una delle uniche tre persone sulla faccia della terra in grado di rendermi ancora felice. In grado di farmi sentire viva. Quindi faccio l’unica cosa possibile in quel momento. Scuoto la testa.
E lui capisce.
- Nulla. -
Un sorriso trionfante si stampa sulla faccia di William – Bene. –
Arrivati davanti alla porta si ferma.
- È stato un piacere conoscerla signor O’Donoghue. Spero ci rincontreremo presto. - e dopo un ultimo sguardo verso il bancone mi trascina fuori sotto la pioggia.
Arrivati davanti alla macchina sto per parlare, ma William mi da uno schiaffo in pieno viso e tutte le parole che avevo intenzione di pronunciare mi muoiono in gola.
- Ti ho detto mille volte che non devi attirare l’attenzione. E soprattutto non devi farti trattare come una puttanella in cerca di facili prede. Cosa ti è saltato in mente, eh? Filtrare con quel cantante da quattro soldi la cui massima aspirazione è ubriacarsi il sabato sera. -
Cerco di trattenere le lacrime - Mi ha solo offerto un tè… - sussurro.
Un altro schiaffo.
- Sali in macchina. Ne discutiamo a casa. -
Forse se avessi chiesto aiuto non sarei costretta a infilarmi di nuovo gli occhiali da sole.
 
Londra, 3 novembre.
Nell’inferno che sto vivendo mi ci sono confinata da sola.

 


Good Ol’ Days
 http://www.youtube.com/watch?v=NvwgzaTM-hg
 
Citazioni
* Good Ol’ Days – The Script
“Suoni una canzone triste, suonala con il cuore.
Racconti una storia triste, raccontala dall’inizio.
Trasmettimi la tua sofferenza che hai trasformato in arte.
bucandomi la pelle come una siringa di eroina.”
 
“Ci ricorderemo di questa notte quando saremo vecchi e grigi
perchè nel futuro, questi saranno i bei vecchi tempi.
Siamo sotto braccio mentre cantiamo insieme
nel futuro questi saranno i bei vecchi tempi.”
 
“Questa è la mia gente, la mia folla
e non mi stancherò mai di cantare di loro.”
 
“Siamo sotto braccio mentre cantiamo insieme
nel futuro questi saranno i bei vecchi tempi.”
 
Danny’s POV -------> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2125309
 
Merigold’s corner
Salve a tutti. Ebbene sì, sono ancora qui.
Come già detto mi ci vuole un po’ per uplodare entrambi i capitoli, quindi pubblicherò circa una volta a settimana, sperando di riuscire a continuare con questo ritmo nonostante la scuola.
Ho tante belle idee per i prossimi capitoli e sono pronte da mesi, ma purtroppo non ho mai messo nulla per iscritto… vedrò di sveltirmi.
Eccoci al ricongiungimento dei nostri due protagonisti. Finalmente Melanie ha l’opportunità di ascoltare i suoi idoli dal vivo, e anche di farci una bella chiacchierata, ma ovviamente non può aprirsi troppo.
Onestamente ci ho messo parecchio per ideare questo capitolo, perché nel progetto originale non c’era, ma serviva come anello di congiungimento con il prossimo. Lì entreremo un po’ più nel vivo della storia.
Grazie a mia sorella (ebbene sì, ringrazio anche te) e ilaperla che hanno recensito il mio primo capitolo e  anche a tutti quelli che hanno seguito o semplicemente letto.
E alla mia beta reader ErisElly :3 (mi sento come uno scrittore che scrive i ringraziamenti alla fine di un suo romanzo u.u)
Spero vi sia piaciuto nonostante la lentezza e soprattutto la lunghezza ;)
Al prossimo capitolo
Sayonara
 
-Mer

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Capitolo 3
*** Breakeven ***


Capitolo 2
Breakeven
 
Londra, 5 novembre.
 
Sono in questo studio da quasi due ore, ma a quanto pare non registrerò neanche oggi. È circa un mese che William mi rinchiude qui dentro per tutto il giorno senza ammettere repliche. Non ha tempo per occuparsi di me, così mi lascia allo staff in modo da poter essere costantemente controllata. È come essere in una prigione. Inoltre dopo domenica mi ha vietato di tornare al tree’s pub fino a quando, dice, non imparerò a restare al mio posto. Stranamente questa mattina mi ha accompagnato lui in studio perciò non ho avuto il tempo di truccarmi e devo portare gli occhiali.
Nessuno ha fatto domande quando mi hanno vista entrare, ma non posso fargliene una colpa, d’altronde William glielo ha proibito e non vale la pena mettersi contro di lui per una sciocchezza del genere. L’unica che si preoccupa un po’ di più è Amber, ma non dico niente nemmeno a lei. Will la licenzierebbe in tronco e farebbe in modo di non farle trovare un altro lavoro.
Perciò mi siedo da sola in un angolino mentre lo staff continua a lavorare sulle basi. Odio questa canzone, ma per William contano solo le vendite, e qui dentro è lui che comanda. Io non ho nessuna voce in capitolo, devo solo metterci la voce e la faccia.
Quando sono stata affidata a lui non immaginavo lavorasse in campo discografico, ma una volta trasferita a Londra mi ha spiegato che stava cercando un nuovo talento e che io sarei stata perfetta. Non mi ha chiesto se volevo cantare, mi ha semplicemente informato che avrei inciso un disco. Non ho deciso nulla è la corrente che mi ha trascinato. Tutto ciò mi ha quindi precluso ogni possibilità di poter cantare le mie canzoni. Sono scritturata per vendere, non per coronare i miei sogni.
Una marionetta nelle sue mani.
Nonostante tutto però mi faccio in quattro per non deluderlo, anche se sembra che per quanto mi sforzi non vada mai bene. Sono stanca di tutto questo.
Un beat elettronico si diffonde nello studio accolto dall’approvazione di tutti. Questa volta a Will piacerà sicuramente e i ragazzi non saranno costretti a ricominciare tutto da capo. Hanno fatto un ottimo lavoro.
- Melanie, tutto bene? Vuoi uscire? –
Amber mi si avvicina premurosa come sempre. È la mia assistente personale ed è uno dei pochissimi membri dello staff assunti personalmente da William. Si occupa di me anche fuori dallo studio quando lui ha troppi impegni o deve viaggiare per affari.
Lei sa. Ma aspetta che sia io a parlare. E io non sono pronta. Non credo lo sarò mai. Dire qualcosa significa perdere l’unico stralcio di vita che mi è rimasto. Significa rimanere completamente sola. E non voglio che accada di nuovo. Anche se tutto questo mi sta portando sull’orlo del baratro.
Ho paura di schiantarmi.
Amber mi sorride dolcemente aspettando che il filo dei miei pensieri s’interrompa e ritorni alla realtà.
- Sì, un po’ d’aria mi farebbe bene. -
Percorriamo il corridoio camminando fianco a fianco mentre fuori minaccia di piovere.
All’inizio mi sentivo ridicola a indossare gli occhiali durante queste giornate, ma ben presto ci ho fatto l’abitudine. Non posso rischiare che la gente veda i lividi.
Amber mi sta informando dell’andamento delle varie basi. Se viene tutto approvato dovrei iniziare a incidere la voce dalla prossima settimana. Il problema rimane la ballata; non sono ancora riusciti a trovare un produttore che se ne possa occupare. William ha lasciato carta bianca, non ha preferenze, non vuole nemmeno sapere di chi si tratta, basta che faccia un buon lavoro.
Sta ancora parlando quando, girato l’angolo, sbatto contro qualcosa, o meglio, qualcuno. E mi cadono gli occhiali.
Merda.
Sto per chinarmi per raccoglierli, anche se l’uomo a cui sono andata addosso mi anticipa scusandosi. Cerco di nascondermi dietro i capelli, ma rimango paralizzata non appena lo riconosco: Danny.
Non voglio che mi veda. Non voglio che inizi a evitare il mio sguardo come tutti gli altri. Voglio che continui a trattarmi come aveva fatto domenica, come una ragazza normale. Voglio che mi chieda di cantare ancora.
Ma appena mi vede il sorriso che mi stava facendo scompare dal suo volto sostituito dallo shock.
- Melanie… cosa…? – ma non riesce a parlare. È scosso e continua a fissare i miei occhi.
Sapevo che sarebbe successo, ma speravo che il mio idolo mi trattasse come una ragazza normale almeno per un altro poco. Sono solo un’illusa. Perché avrebbe dovuto farlo? Dopotutto è come tutti gli altri. Ho sbagliato a riporre fiducia in lui e nella sua musica. Non dovevo aggrapparmi a loro.
Non ce la faccio, non posso più sopportare tutto questo. Mi sento… vuota.
All’improvviso scoppio in lacrime. Tutto lo stress e la tensione accumulata questi giorni mi sta facendo impazzire e per la prima volta da quando sono qui piango davanti a qualcuno. Non ho mai voluto dare alla gente un altro motivo per guardarmi con compassione ed evitarmi, ma questa volta non me ne preoccupo, d’altronde difficilmente potrei peggiorare la situazione.
Sento il braccio di Amber circondarmi con premura.
- Vieni, ci penso io. -
E mi porta via lungo il corridoio. Non ho il coraggio di guardare Danny, non voglio rivedere quell’espressione.
Non voglio vederlo più in tutta la mia vita.
Mi ritrovo dentro un grande bagno pieno di specchi. Fuori dall’enorme finestra Londra è allagata e mi sembra come se stessi annegando anch’io.
Amber mi fa sedere su di un piccolo sgabello nero mentre apre un armadietto e tira fuori una trousse. - L’abbiamo comprata con le altre ragazze così da non dover portare tutto da casa ogni volta. Sai, è utile. -
Mi sorride. E inizia a tirare fuori tutto l’occorrente per coprire i lividi.
- Vediamo cosa riusciamo a fare. -
Mi asciuga gli occhi con delicatezza calibrando ogni gesto. Sta cercando di rassicurarmi e piano piano ci riesce. Non so proprio cosa farei senza di lei.
In un quarto d’ora il mio viso ha cambiato aspetto. Gli occhi non sono più viola, e un leggero velo di ombretto li ravviva un poco. I graffi sono appena visibili ma solo se ci si fa molta attenzione. Amber ha sistemato anche un piccolo livido che avevo sul collo nascosto dai capelli.
Sembra quasi che William non mi abbia mai picchiata.
Mi accarezza i capelli mentre mi osserva dal riflesso.
- Dobbiamo andare. Ci staranno sicuramente aspettando. -
Annuisco e la seguo verso lo studio nel più totale silenzio.
Quando entro stanno ancora tutti lavorando. Ma non mi sarei mai aspettata di vedere Danny insieme a loro. È in un angolo accanto a Max con dei fogli in mano mentre discutono con molta enfasi di qualcosa. Non capisco cosa ci faccia qui. Non vedo un valido motivo per cui debba perder tempo con me e il mio staff. Ha visto i lividi, no? Perché è ancora qui…?
Per di più mi osserva sorridendo. Ogni traccia di shock o pena è svanita dal suo volto. Sembra quasi che tutto sia tornato come prima. Ma così non è e non posso illudermi che lo sia.
- Cosa… ci fai qui? -
Max mi aggiorna velocemente sulla situazione con il suo solito entusiasmo senza mai guardarmi nemmeno per un attimo: - Serviva qualcuno che si occupasse di “In pieces” ed eccolo qui. Danny penserà a tutto. Abbiamo già moltissime idee per rendere questo pezzo una vera hit. Vedrai, finirà per piacerti. –
Danny come produttore? Ha davvero accettato? Non posso credere che sia disposto a farlo… Mi sento di nuovo leggera, felice. Ma subito la realtà mi riporta di schianto con i piedi per terra.
- William non sarà contento. –
Già, William. Non permetterebbe mai una cosa del genere. Eppure, con mia enorme sorpresa Danny sembra non demordere.
- Ma è il tuo album, giusto? -
- In realtà decide tutto lui. Io canto solamente. -
- Allora faremo in modo che con questo pezzo sia diverso. Ne discuteremo insieme e potrai apportare tutte le modifiche che vorrai. William non deve per forza venire a sapere che sono stato io a occuparmene e a me non interessa di averne riconosciuto il merito. Stai serena e vedrai che verrà fuori un ottimo lavoro. Renderemo il tuo pezzo un capolavoro. -
- Non è mio. –
- Non lo hai scritto tu? –
Scuoto la testa. – Neanche uno. –
Per lui che è abituato a cantare solo i suoi brani deve sembrare strano, e lo è anche per me, ma mi sono rassegnata all’idea. D’altronde non avevo alternative.
- In realtà Melanie avrebbe un suo brano … - Amber mi affianca incoraggiandomi. Si riferisce sicuramente a “Back to the surface”, l’unica mia canzone che aveva uno stralcio di speranza di essere inserita nell’album. Uno dei miei tanti sogni sfumati.
- Sì, ma William non… -
- Nessuno gli dirà nulla. Coraggio, a questo punto mi hai incuriosito. –
Danny mi sorride.
Di nuovo.
L’unico che continua a farlo nonostante abbia visto i lividi. Nonostante abbia capito che non appartengo più a me stessa. Nonostante sia pericoloso anche solo rivolgermi un saluto.
Sento di potermi fidare e mi pento di aver pensato il contrario poco prima. È una persona speciale e mi sta offrendo la possibilità di aprirmi anche se con solo una canzone.
È in grado di leggermi dentro.
Lentamente entro nella piccola stanza insonorizzata mettendocela tutta per non tremare. Con me ci sono anche 3 dei musicisti, Adam, Phill e Kate che sanno già esattamente cosa fare. Mi siedo al pianoforte e sistemo il microfono prima di infilarmi le cuffie. Aspetto il consenso di Gabriel e appena mi fa un cenno inizio a suonare accompagnata dal violino di Kate.
Ogni volta che faccio scorrere le dita sui tasti è sempre come se venissi colta dalla consapevolezza di appartenere a un altro luogo, fatto interamente di note ed emozioni, fuori dal tempo e dallo spazio, nascosto solo nel più profondo del mio cuore, imprigionato nella mia anima persa. Sento fondermi con la musica e lentamente la mia voce esce da sola senza che debba fare il minimo sforzo.
Danny O’Donoghue mi sta ascoltando. Quante volte avevo confessato a mio padre questo sogno? Forse dalla prima volta in cui avevo ascoltato “The Script” il 12 settembre 2008, quando al ritorno da scuola lo avevamo sentito seduti sul pavimento del suo piccolo studio, mentre divoravamo la crostata che la mamma aveva preparato per noi la mattina.
- Un giorno andrò da loro e canterò tutto l’album. -
Rise. - Be’ un album intero è molto lungo Mel. –
- Allora solo la mia preferita. -
- E qual è?. –
- Ci devo pensare… mi piacciono tutte. E poi manca ancora una traccia. –
Sorrisi a mio padre mentre mi dava un colpetto sulla testa.
- E invece qual è la tua preferita? -
Non ebbe un attimo di esitazione: - “The End Where I Begin”. –
- Hai già imparato i titoli? – questa volta fui io a ridere.
- So anche tutti i testi se è per questo. Ho sentito già tantissime volte l’album, in Irlanda è uscito più di un mese fa. Su internet non è difficile trovarlo. –
- Perché non me lo hai fatto sentire prima? –
- Volevo essere sicuro che potessero piacerti. E poi dovevo pur consolarti in qualche modo per questo primo giorno di scuola. –
- Non è andato così male! –
- Si, si, certo. -
Ridiamo. Sappiamo entrambi che è stato uno schifo, come tutti gli altri del resto, ma non ce ne curiamo. Adesso ci siamo solo noi due e i The Script.
- Desideravo farti conoscere la mia band preferita nel migliore dei modi sperando che magari potesse diventare anche la tua. -
- Credo lo sia già. –
E quando “I’m Yours” giunge alle ultime note prendo il telecomando dello stereo tornando indietro alla traccia 7.
La canzone che un giorno canterò ai The Script.
Anche se non sto cantando quella canzone so che prima o poi lo farò e per ora mi accontento della mia.
“Persa in questo oceano che non conosco.
Tutti lo chiamano vita.
In un mare d'incertezze che mi stanno uccidendo.
Dicono siano sogni infranti.
Sono sprofondata in questo abisso,
eppure cercavo aiuto.
Vorrei permettermi di respirare,
ma non ci riesco.
Credo di stare annegando.
Potrei non tornare.
Un giorno qualcuno mi riporterà in superficie?”
Fusa con la musica giungo alla fine prima di quanto mi aspettassi.
Delle lacrime mi bagnano il viso e quando le asciugo mi accorgo che il trucco ha iniziato a colore. Alzando leggermente la testa e vedo Danny a bocca aperta che mi sorride, ma ho paura che possa rivedere i lividi, così mi nascondo un poco fra i capelli fino a quando non arriva Amber che mi asciuga il viso sistemando di nuovo tutto quanto con le dita.
Mi avvio verso l’altra sala e in un attimo sono di nuovo accanto a Danny e Max
- Tu non eri quella che aveva “le adenoidi infiammate”? –
Accenno a un sorriso ricordandomi quella scusa assurda.
- Credi sia andata bene? -
- Bene è riduttivo. Questo pezzo è fantastico. Non capisco perché dovresti rinunciarci. Trasmetti qualcosa di indescrivibile, è strabiliante. –
Mi sento realizzata. Se è piaciuta a lui posso farcela. Mi assicura che farà in modo che piaccia a William così da inserirla nell’album. “In pieces” verrà definitivamente cestinata. Questa volta ho vinto io. Finalmente.
Danny continua a parlare con Max di questioni pratiche e quindi mi allontano di poco chiamata d Amber.
 “I'm still alive but I'm barely breathing.
Just prayed to a god that I don't believe in.
‘Cos I got time while she got freedom.
‘Cos when a heart breaks no it don't breakeven.”*
Le note di “Breakeven” mi fanno sobbalzare e mi rendo conto che il mio telefono sta squillando. So chi mi sta chiamando, ho messo la sua canzone preferita apposta per riconoscerlo ogni volta che mi chiama e non “perdere tempo prezioso a cercare il telefono per rispondere a quel pazzo squilibrato” come dice William.
Ma Mattia non è un pazzo squilibrato.
Mattia è l’unico ragazzo che abbia mai amato e che è riuscito a farmi sentire completa. L’unica persona a cui penso costantemente giorno e notte. L’unica persona che ho dovuto lasciare indietro in Italia. L’unica persona da cui vorrei tornare. L’unica che ho tentato di cancellare dalla mia vita perché le avrei fatto solo del male.
Eravamo felici insieme, una coppia fantastica dicevano tutti. E così era. Ci amavamo. Ci amavamo come pochi erano in grado di fare. Ma il tempo passa, la vita va avanti e non sai mai cosa può riservarti. Dopo la morte dei miei genitori William mi ha costretta a troncare totalmente i rapporti con Mattia perché non voleva che frequentassi un tipo come lui. Ma i primi tempi non l’ho ascoltato e quindi, seppur distanti chilometri e chilometri l’uno dall’altra continuavamo a sentirci giorno dopo giorno, ad amarci attimo dopo attimo. Era doloroso avere una relazione a distanza, ma per lui avrei fatto qualsiasi cosa. Fino a quando William non ha iniziato ad accorgersene. Inizialmente mi minacciava solamente, poi però ha iniziato a picchiarmi. Non mi importava. Continuavo a sentire Mattia, senza però dirgli nulla, anche se lui intuiva che c’era qualcosa che non stava andando. Continuai così per un’altra settimana, fino a quando William non minacciò di fare del male anche a lui. E così posi fine alla nostra relazione. Non volevo che soffrisse. Da quel giorno mi è totalmente vietato rispondergli al telefono, anche se ogni tanto continua a chiamare.
Ma oggi non riesco a ignorarlo. Non ce la faccio. Non so perché, forse è per via di “Back To The Surface” che ho scritto per lui. Fatto sta che non ho nemmeno il tempo di rendermi conto che ho preso in mano il telefono e sto rispondendo.
- Pronto? -
- Melanie?
Sento qualcosa andare in pezzi dentro di me.
Ripenso alle parole di “Breakeven” e mai come ora mi sembrano così vere e vicine. Non faccio in tempo a parlare che lui mi anticipa sommergendomi nelle parole.
- Oh Melanie… amore… avevo perso completamente le speranze… -
- Mattia… cosa vuoi? – cerco di apparire dura ma dentro sto morendo.
“They say bad things happen for a reason.
But no wise words gonna stop the bleeding”*
Non riesco a levarmi la voce di Danny dalla testa…
- So che è finita, ma… sai, “When a heart breaks, no, it don't breakeven”*… e il mio è ancora a pezzi. -
Anche il mio, amore, anche il mio…
- Come mai citi i The Script? -
- Non so… mi fanno pensare a te… a noi… -
- Mattia, non c’è più nessun “noi” –
- Voglio vederti. –
Mi blocco. Non so che dire. Non posso vederlo, non posso. Non riuscirei più a lasciarlo. E poi se lo venisse a sapere William…
- Ho bisogno di parlarti. – riprende – Sono venuto a Londra e non ho intensione di tornare in Italia fino a quando non avremo chiarito… ti prego, voglio vederti un’ultima volta. Poi ti giuro che sparirò dalla tua vita. Non ti cercherò più, non mi vedrai più. Solo, un’ultima volta… -
Non ho il coraggio di rispondergli.
“I’m falling to pieces”*
- Io… non posso… -
- Domani verso le 10 sarò al Southwark Bridge. Ti aspetto lì. –
- Mattia, non… -
- Ti amo. -
Il mio mondo smette di girare mentre cerco di asciugare le lacrime e recuperare un tono fermo.
- Lo so. –
- Ci vediamo domani… –
Ma chiudo la chiamata prima di rispondergli.
 
- Ma sei pazza? Cosa cavolo credevi di fare? Ci farai licenziare tutti. - Il sangue mi si gela nelle vene mentre Helena mi aggredisce senza farsi troppi scrupoli. Ha ragione, cosa credevo di fare? Amber si mette in mezzo cercando di calmarla.
- Helena, Melanie ha tutto il diritto di rispondere al… -
- No, non ce l’ha. E se William scoprisse che ha risposto mentre era qui e nessuno di noi l’ha fermata ci licenzierebbe tutti in tronco. –
- Mi dispiace. – sussurro, ma questo non fa altro che aumentare l’ira di Helen.
- Ti dispiace? Certo, a te può solo dispiacere, perché tanto quella che ci va a rimettere non sei mai tu. Datti una svegliata principessina, non sai cos’è la vita. –
- Ei, ei, diamoci una calmata qui. Helena vai a farti un giro e vedi di schiarirti un po’ le idee. Sai che in questo studio si mantengono toni civili. – Max la accompagna sulla porta mentre Danny mi si avvicina con cautela.
- Cosa le è preso? –
Alzo le spalle. – Capita. –
Mi guarda sbalordito, ma non aggiunge altro, fino a quando non nota il mio telefono e lo indica con un cenno del capo. - Vuoi parlarne? –
È come una doccia fredda.
Ne voglio parlare? Nessuno me lo ha mai chiesto. Hanno sempre tutti fatto finta di niente, o come Helena, giudicato preventivamente la situazione. Mai qualcuno che se ne fosse interessato. Mai nessuno che mi abbia offerto ascolto.
- Non lo so… -
- Se vuoi possiamo uscire. -
- … Va bene. Dov’è Amber? –
Danny la chiama e lei ci raggiunge subito. Decido che sì, voglio parlarne e usciamo tutti e tre fuori dallo studio sotto gli sguardi incuriositi dello staff.
Prendo fiato e cerco di riordinare i pensieri. Da dove comincio? Cosa gli dico? Non posso raccontargli tutto, anche se ha già visto molto. Troppo. Decido di menzionare solo la storia di Mattia.
- Era il mio ex. È venuto a Londra per qualche giorno e dice di volermi incontrare, ma non posso. Anche se lo vorrei davvero… -
- Addnell? –
Annuisco. - Inoltre devo arrivare al Southwark Bridge e non saprei come fare senza essere notata. In giro lo conoscono quasi tutti… -
- Posso portarti io. –
Danny O’Donoghue si è appena offerto di accompagnarmi da Mattia?
- Non voglio essere un peso… -
- Figurati. Tanto devo passare qui per prendere dei fogli. Ti porto lì e poi ritorniamo in studio. –
Sembra così facile. Forse lo è davvero. Mi basterebbe dire di sì e rivedrei Mattia.
Ma posso permettermi di rischiare così tanto?
- Lo ami ancora, vero? -
Guardo Danny negli occhi. Quegli occhi scuri in cui ho trovato conforto ogni volta che ne avevo bisogno da quando mi è venuta a mancare ogni cosa.
E all’improvviso sento di potermi fidare. Voglio fidarmi. Lui mi ha aiutato a continuare ad andare avanti quando non volevo far altro che abbandonare tutto e farla finita. La sua musica, la sua storia, mi hanno fatto trovare il coraggio di sopportare tutto. Anche se mi sto spezzando. Anche se non ho più un motivo per cui vivere.
Ma forse lui può darmelo. Può aiutarmi a uscire da quest’incubo, insieme alla sua musica.
La musica. Forse è per lei che devo vivere ora.
No. Devo vivere per me.
Sono l’unica in grado di cambiare il mio destino. Ma non sapevo come fare. Ora forse lo so. Posso iniziare ora. Posso dirgli la verità. Posso ammetterlo finalmente. Posso confessare il mio più profondo dolore. Posso essere libera di farlo.
- Sì -
Mi sorride accarezzandomi una guancia.
- Domani ti porto da lui. -
E non trovo la forza di rifiutare.
 
Londra, 5 novembre.
Domani il mio cuore spezzato potrebbe riprendere a battere.


 

Breakeven
http://www.youtube.com/watch?v=0jjHrolhqf8
 
Citazioni
*Breakeven – The Script
“Sono ancora vivo ma respiro a malapena. 
Ho appena pregato un dio in cui nemmeno credo. 
Perchè io ho ottenuto tempo mentre lei libertà.
Perchè quando un cuore si spezza non si spezza allo stesso modo”
 
“Dicono che le cose brutte accadono per una ragione.
Ma nessuna parola saggia mi farà smettere di sanguinare.”
 
“Quando un cuore si spezza non si spezza allo stesso modo”
 
“Sto cadendo a pezzi”
 
Danny’s POV ----->http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2141890
 
Merigold’s corner
Salve a tutti bella gente :D
Ho anticipato di un giorno la pubblicazione del capitolo perché forse domani non potrò farlo. Sono previdente u.u
Anche questo capitolo è luuuuungo (mea culpa), troppo lungo… si, lo so, mi faccio prendere troppo la mano. Vedrò di iniziare a darmi una regolata.
Che ne pensate della nostra cara Melanie?? È un po’ particolare… e spaesata. Non stupitevi di questa cosa; dopo aver passato quasi un anno circondati soltanto dalla totale indifferenza è normale essere un po’ scettici… Vale la pena fidarsi di Danny O’Donoghue? A quanto pare per ora sì…
Come sarà Mattia? Come andrà l’incontro sul ponte? Avete una settimana per pensarci. Per chi indovina… un biscotto :3
Grazie ad AnneC e ilaperla per aver recensito il capitolo precedente, a ErisElly che continua a farmi da beta reader nonostante la mia follia e a tutti quelli che leggono e mi seguono.
Ci vediamo la prossima settimana!!
 
Sayonara
-Mer

P.S. "Backe To The Surface" l'ho scritta io, ma per motivi tecnici non l'ho tradotta, anche se Melanie la canta in inglese.
Il corsivo nei dialoghi segna il cambio di lingua: italiano.

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Capitolo 4
*** Nothing ***


Capitolo 3
Nothing
 
Londra, 6 novembre.
 
Il caldo abitacolo della macchina sa di cuoio e muschio, lo stesso odore che c’era in quello di mio padre, e stranamente mi sento di nuovo a casa dopo tanto tempo. Sono rannicchiata sul sedile nero da quando sono entrata, mentre osservo Londra passarmi davanti agli occhi al di là del finestrino. Anche oggi il cielo è scuro, ma non tanto da minacciare pioggia. Spero non peggiori.
Questa notte non ho chiuso occhio, troppo agitata per quello che mi aspetta. Dopo quasi un anno lo rivedrò, ma questa volta, ne sono sicura, sarà l’ultima. Non è facile accettarlo, ma se voglio proteggerlo devo farlo. Non ho altra scelta.
Danny guida in silenzio, senza fare domande, e gliene sono grata. Quando è entrato nello studio questa mattina ero certa che ci avesse ripensato, invece mi è parso ancora più convinto della sua decisione. Non sarò mai in grado di ringraziarlo abbastanza.
Il Southwark Bridge si avvicina sempre più e ormai non ho tempo di pentirmi della mia scelta. Devo arrivare fino in fondo. Ci fermiamo all’inizio del ponte accostando sul marciapiede. È stranamente deserto, ma non ci faccio molto caso. Tutto ciò che vedo è un ragazzo appoggiato alla balaustra, a circa metà della strada, intento a fissare il fiume sotto di lui.
E il mio cuore si ferma.
Dimentico come si respira. Dimentico tutto. Niente ha più importanza, nemmeno questo anno passato lontano da lui. Tutto quello che importa è che ora siamo qui.
Sapevo che non sarei dovuta venire.
- È lui? –
Per un attimo la voce di Danny mi riporta indietro, ma non mi volto. Annuisco semplicemente mentre continuo a osservare Mattia. Non sembra passato neanche un istante. Non posso permettermi di rincontrarlo, non posso. Non troverei la forza di lasciarlo un’altra volta. Sarebbe stato tutto inutile.
- Per qualsiasi cosa sono qui. -
Sposto il mio sguardo su Danny, e stranamente il suo sorriso mi fa ritrovare la forza di persistere nella mia decisione. Qualsiasi cosa accadrà sarà qui ad aiutarmi, me lo ha promesso.
- Va da lui. –
Non me lo faccio ripetere due volte.
Scendo dalla macchina, seppur ancora in dubbio sulla mia decisione, e inizio a camminare senza distogliere un attimo lo sguardo dalla mia meta. Mattia è lì, a pochi metri da me esattamente come lo ricordavo. Quegli occhi neri in cui annegavo senza riemergere più per ore intere, il suo solito sorriso vagamente malinconico che gli si incespica appena fra quelle labbra che non mi sarei mai stancata di baciare.
Quelle labbra… Avrei potuto vivere solo di loro.
Avrei potuto vivere solo di lui.
Ma a quanto pare non era così che doveva andare.
- Ciao Melanie. – la sua voce profonda fa vibrare le corde più basse della mia anima facendole suonare. Era così tanto tempo che non sentivo più questa melodia…
- Ciao.
- È bello rivederti. –
Non rispondo. Non posso ammettere che anche io provo le stesse identiche emozioni. Dovrei spiegare troppo, ed è proprio per questo che mi sono allontanata da lui. Devo resistere all’impulso irrefrenabile di gettarmi fra le sue braccia e raccontargli ogni cosa, lasciare che mi consoli e mi illuda che fino a quando saremo insieme andrà tutto bene.
Non andrà mai bene.
- Non sei contenta di essere qui, vero? -
Sospiro. Lo sto ferendo ed è l’ultima cosa che voglio. Mi sono allontanata da lui proprio per questo in fondo.
- Non lo so. -
- Sempre così enigmatica, Mel?
- Perché tutte queste domande? Non credo tu mi abbia fatto venire qui per perdere tempo ad analizzarmi. –
Non parla più. Guarda fisso il Tamigi mentre cerca le parole per dirmi chissà cosa. Questa attesa mi sta uccidendo. Non mi avrebbe mai chiesto di incontrarci senza un buon motivo. Lo vedo prendere un respiro profondo mentre si schiarisce la voce per poi ricominciare a parlare.
- In questo anno ho riflettuto molto… su noi. E mi sono reso conto che… non abbiamo mai effettivamente ammesso che è finita. Dopo tutto quello che abbiamo passato non possiamo chiudere questa storia semplicemente facendo finta che non sia mai esistita. Credo di meritare qualcosa di più di un semplice “Addio” per telefono. Non trovi? -
Non questo, ti prego. Non posso continuare a mentire…
Mentre aspetta una risposta incatena il suo sguardo al mio e mi ci vuole tutta la forza di volontà che possiedo per svincolarmene.
- E cosa vorresti che ti dicessi? -
I suoi occhi ardono lasciandomi stupita. Dopo tutto questo tempo non se ne è ancora fatto una ragione. Ma d’altronde nemmeno io.
- Perché” Non si smette di amare qualcuno da un giorno all’altro. -
- Mattia, non… Non possiamo stare insieme… tu sei in Italia, io… -
- È la distanza il problema?
- No… insomma… non solo… -
- Si tratta di lui? -
Sta guardando alla mie spalle, e quando mi giro scorgo Danny appoggiato alla portiera della macchina mentre fuma una sigaretta. Mi sembra assurdo che possa anche solo lontanamente essere geloso di lui. Non ne ha motivo. Ma non è questo che deve sapere, anche se non voglio mentirgli più dello stretto necessario.
Sono meschina.
- No, assolutamente. Come puoi pensarlo? -
Alza le spalle, lasciandomi intendere che non ne rimarrebbe poi così sorpreso.
- Per averti portato qui dovete essere molto… intimi. Perchè non dovrei pensare che ci sia qualcosa fra di voi. Non è difficile affezionarti a te… dopotutto lo hai sempre adorato… Ed è più di un anno che non so niente della tua vita… se non lui magari qualcun altro… ci deve essere stata una valida ragione per farla finita… -
- Non c’è nessuno. – lo interrompo - Non c’è mai stato nessun altro. Su questo devi credermi.
Rimane in silenzio a lungo meditando sulle mie parole. Non se lo aspettava. Un motivo in più per non capire il mio gesto. Se solo potesse sapere…
- Cosa ho fatto allora? – il senso di colpa lo dilania, divora i suoi occhi, si annida fra le sue parole.
- Niente Mattia, niente.
Passano alcuni istanti in cui non mi guarda. Attimi interminabili fatti di rimpianti e sogni infranti.
“Sometimes love's intoxicating.
You're coming down, your hands are shaking.”*
Ho toccata il fondo. Non potrò più tornare indietro. Ho scelto di percorrere una strada senza uscita, ed ecco dove mi ha condotta.
Mi ritrovo a fissare la punta delle mie scarpe mentre ricevo l’ultima pugnalata.
- Dillo. Dillo che non mi ami più, ti prego. Ho bisogno di sentirlo per crederci o non mi rassegnerò mai. -
Voglio porre fine a tutto il suo dolore sprecato.
Voglio dargli la possibilità di ricominciare.
Voglio lasciarlo libero.
E quindi ingoio il dolore e glielo dico con le lacrime agli occhi.
- Non ti amo.
Il mio fragile castello di carta cade in frantumi. Migliaia di schegge affilate che lacerano il mio cuore. Così come il suo.
Mi sembra assurdo averlo appena detto, e vorrei negare tutto, ma non posso.
Non ce la faccio più. Voglio solo che tutto questo finisca.
Quando riprende il controllo della sua voce questa sembra appartenere a un’altra persona.
- Posso chiederti un’ultima cosa? Solo una, poi sparirò. -
Non rispondo, ma lo vedo infilare in tasca una mano e tirare fuori una lettera chiusa con cura. Sopra, nella sua disordinata calligrafia, c’è scritto un nome. Il mio.
- Prendi questa e leggila quando avrai tempo. Non chiedo molto. Voglio solo che ti rimanga qualcosa che ti ricordi di me. Accettala, ti prego. -
La osservo mentre penso agli anni in cui siamo stati insieme. Vorrei prenderla. Vorrei avere qualcosa di suo da poter rileggere a’infinito. Le altre lettere sono stata costretta a buttarle. Potrei avere un nuovo ricordo. Ma è un rischio e non posso correrlo per un desiderio così egoista.
Un giorno lo capirà anche lui.
- Non posso. Mi dispiace. -
La tiene ancora per qualche attimo fra di noi, ma poi la rimette in tasca annuendo. Non riesco più a trattenere le lacrime, ho bisogno di allontanarmi il prima possibile. Devo fuggire da questi sentimenti.
- Devo andare ora. -
Annuisce ancora senza aggiungere niente.
“I got nothing.”*
Quando sto per voltarmi lo sento parlare.
- Ti amo. -
“I, dialed her number and confessed to her
I'm still in love but all I heard.
Was nothing.”
Mi fermo, ma non mi volto. Rischierei di farmi avvolgere dal suo sguardo e cedere.
Asciugando le lacrime che stanno iniziando a bagnare le mie guance aspetto che allenti la presa per ricominciare a camminare. Vedo Danny fare qualche passo verso di me con aria preoccupata. Per un attimo vorrei semplicemente correre e gettarmi fra le sue braccia, ma mi rendo conte che è un’altra la persona che voglio mi stringa. Altre le mani che voglio mi asciughino le lacrime. Altre le labbra che voglio bacino le mie.
Non posso continuare a contare solo su me stessa, da sola non riuscirò mai a uscirne, Danny mi ha fatto aprire gli occhi. Senza di lui non sarei qui. Senza di lui non starei iniziando a prendere in mano le redini della mia vita; anche se sono consapevole di non aver fatto assolutamente nulla. Sono sempre al punto di partenza.
Cambiare la mia vita non significa venire qui , significa andare dove voglio stare, e il mio posto non è qui.
Se dicessi tutto a Mattia… fra poche settimane sarà il mio diciottesimo compleanno, se riuscissi a liberarmi in qualche modo di William potrei tornare in Italia, la mia casa. Il mio posto. Amber e Danny mi aiuterebbero, lo so. E Mattia… Mattia farebbe qualsiasi cosa pur di riavermi con sé.
Mi ama. E io amo lui. E casa non sarebbe più la stessa senza di lui.
Lui è la mia casa. La mia famiglia. Tutto ciò che mi rimane.
Mi volto, sicura della mia decisione.
Ma con grande sorpresa mi accorgo di non averla presa in tempo. E me ne pento. Mi sento morire.
Mattia è in piedi sulla balaustra del ponte mentre fissa il fiume scuro a un passo da lui. Contempla l’acqua silenzioso come sempre, come se stesse cercando le parole giuste per dire qualcosa, per farla finita per sempre.
Io sono paralizzata, incredula, incapace di realizzare appieno cosa sta accadendo. Sono immobile mentre il mio cuore si ghiaccia.
Amore…
Si volta verso di me e i suoi occhi incrociano i miei.
Li sgrana.
Non si aspettava mi voltassi.
Ma non scende.
Anzi, mi sorride.
Quel mezzo sorriso che mi aveva donato la gioia di vivere.
Quel mezzo sorriso che mi aveva fatto innamorare.
Non abbassa lo sguardo nemmeno per un momento.
Mi ha.
E lo sa.
Vedo le sue labbra muoversi lentamente.
Scusa” dicono.
Ma non ho tempo di chiedergli perché.
Fa un passo avanti.
E precipita.
Il mio mondo va in frantumi.
Sono ancora immobile.
È solo un attimo.
Inizio a correre.
Sento un nome.
Il suo.
Qualcuno sta gridando.
Sono io.
Non me ne rendo conto.
La mia mente è fuori dal mio controllo.
Ho perso la ragione.
Corro verso la balaustra da dove si è lanciato, forse per raggiungerlo Per riaverlo con me. Per farla finita anch’io. Non saprei dirlo, so solo che sono a un passo dal baratro. Quando inizio ad arrampicarmi sul parapetto però delle braccia mi afferrano saldamente riportandomi giù
 E impedendomi di andare avanti.
Mi dimeno.
Scalcio.
Graffio.
Strillo.
Piango.
Annego nelle lacrime.
Danny mi stringe forte impedendomi di scappare, sussurrandomi qualcosa, ma non sento più nulla. Non voglio più sentire nulla.
In lontananza vedo il corpo di Mattia trascinato dalla corrente. Ormai la vita lo ha abbandonato.
Vorrei poter baciare un ultima volta quelle labbra. Stringerlo forte per sentire il calore del suo corpo. Trattenerlo qui con me. Non lasciarlo più andare. Stare con lui per sempre.
Ma l’ho perso. Non lo riavrò più. Ed è solo colpa mia. Sarà sempre colpa mia. Vorrei solo aver preso la lettera…
La lettera.
Mi divincolo e riesco a liberarmi dalla presa di Danny e inizio a correre verso le scalette che portano alla riva.
Devo riuscire a prenderla. Devo farlo. Per lui. Per noi. È l’unica cosa che posso fare ora. È l’ultima cosa che mi ha chiesto.
Corro.
Non mi fermo.
Danny mi chiama.
Non mi fermo.
Le lacrime mi appannano gli occhi.
Non mi fermo.
Le gambe stanno cedendo.
Non mi fermo.
Il corpo di Mattia sta lentamente raggiungendo la riva e mi avvicino per cercare di trascinarlo a terra. Rapidamente Danny mi raggiunge con il fiato corto e mi aiuta senza aggiungere nulla.
Una volta sull’erba non riesco a porre un freno alle lacrime. No ce la faccio. Non posso. Non posso farcela.
Voglio morire.
Ma lui non vorrebbe. Non vorrebbe che mi arrendessi. Non lo ha mai voluto. Ha sempre creduto in me. Ed è per questo che non l’ho ancora fatto. È per questo che nonostante tutto  non ho mai gettato la spugna.
Non posso farlo ora. Devo vivere anche per lui
Prendo la lettera. È asciutta. Ma ci penserò dopo. Ora mi accovaccio semplicemente sul suo corpo esanime. E piango. Lo stringo. Non lo lascio. Non voglio più farlo. Non posso più farlo.
Sento la voce di Danny, ma non mi volto. Rimango lì, immobile, nel mio dolore. Come sempre.
Guardo il suo volto per l’ultima volta.
Sembra in pace.
Forse lo è.
Ora non ha più nulla di cui preoccuparsi.
Osservo le sue labbra.
Le bacio un ultima volta.
Sono ancora calde, ma so che presto le ricoprirà il ghiaccio.
Mi stendo accanto a lui con la testa sul suo petto.
Non c’è battito.
E svengo.
 
Londra, 6 novembre.
 
 
Nothing
http://www.youtube.com/watch?v=3zZWwNk_7-Y
 
Citazioni
*Nothing – The Script
“A volte l’amore è intossicante.
Vieni giù le tue mani stanno tremando”

“Non ho niente.”
 
“Comporrei il suo numero e le confesserei
sono ancora innamorato, ma tutto quello che ho sentito
è stato niente”

Danny’s POV ----->http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2185735&i=1
 
Merigold’s corner
Salve (:
Allora, lo so, lo so che sono una persona orribile e vi chiedo umilmente perdono per essere sparita, ma sono stata sommersa dalla routine annuale che è da poco ricominciata -.- Praticamente non sono quasi mai a casa, e quando ci sono studio. Mi sono ridotta a correggere i capitoli durante le ore di scienze e inglese…
 
Tornando al capitolo… *si nasconde dietro la tastiera del computer sperando che la ripari dalle sassate che sa che voi le lancerete*
Non sono cattiva, lo giuro… ha deciso lui, non io!! Mattia mi ha fatto scrivere quello che voleva ç___ç
Chiedo venia.
 
Ora sparisco perché so che mi volete tutti morta. Prometto di tornare presto (sempre se avrete ancora voglia di avere a che fare con me dopo questo capitolo…)
Non credo riuscirò a pubblicare lunedì prossimo, quindi rinvio al 7 sperando non mi carichino di compiti…
 
grazie alle mie beta reader che continuano a sopportarmi anche se vogliono uccidermi :3 ci vuole paziensa con me ;)
e anche a tutti quelli che continuano a leggere e recensire, Sono contenta che seguiate la mia storia  ^-^

Una bacio a tutti
Sayonara
- Mer

 

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