Sin-Eater's heart

di BVBarmy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Inizio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** AVVISO! ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** L'Inizio ***


- Qual è il tuo nome? – mi chiese l’uomo.
- Attento devil hunter…mordo. – ero in ginocchio sulla strada.
Non alzai nemmeno lo sguardo sul ragazzo che mi si parò davanti.
Dante.
Dante il devil hunter per eccellenza.
Mi puntò la spada dritta sotto il collo, facendomi sollevare il viso verso di lui.
Mi trafisse con gli occhi, con quegli occhi azzurro ghiaccio.
- Non credo tu mi abbia sentito. Ti ho chiesto il nome, demone. – sul suo volto si aprì un sorriso perfido.
- I-I-Ivory. – balbettai.
- Bene, Ivory. Ammesso e concesso che sia il tuo vero nome, cosa ci fai sulla terra, nuda e del tutto in forma umana? – continuava a tenermi la spada puntata alla gola, facendola scivolare sempre di più verso l’alto, costringendomi ad alzarmi in piedi.
- Non è affar tuo…- risposi.
Anche se mi aveva alla sua mercé con quella spada puntata al collo, non mi sarei mai mostrata debole abbassando gli occhi.
Volevo che i miei occhi lo trafiggessero come una lama.
In un attimo mi trovai contro il muro, schiacciata dal corpo del devil hunter che aveva spostato la spada di traverso sul mio collo.
Era a un soffio dal mio viso.
- Che vuoi fare devil hunter? Uccidermi? – chiesi con tono di sfida.
- Potrei. Ma poi non avrei le risposte che cerco. E per di più, non sei totalmente un demone. Mi sentirei in colpa. – mi provocava.
- Se ora vuoi essere così gentile nel spiegarmi il motivo della tua apparizione qui. -
Non mi costava più nulla confessare tutto. Mundus mi aveva scacciato dagli inferi e condannata a essere un’umana per l’eternità.
Mi presi del tempo per pensare. Dante, intanto, abbassò l’arma e si accorse del mio reale stato.
Lo vidi togliersi il cappotto e appoggiarmelo sulle spalle, chiudendomelo addosso.
Lo guardai stupita.
- Sei nuda e piove a dirotto. – rispose alla mia domanda muta.
In un lampo mi caricò in spalla. E iniziò a camminare.
- Mettimi giù! Lasciami andare!! – iniziai a urlare e scalciare ma Dante aveva la presa ferma su di me.
- Mi devi delle risposte ed io non ho pazienza per stare sotto la pioggia ad aspettare. – rispose freddamente continuando a camminare verso un edificio.
Mi portò dentro quella che era conosciuta come l’agenzia Devil May Cry.
Con un calcio aprì la porta ed entrammo.
Mi mise giù, su un divanetto, in modo poco delicato.
Neanche il tempo di poter formulare una protesta che mi arrivò in faccia quella che doveva essere una camicia nera.
-Mettiti questa. Non mi va di avere una ragazza nuda che gira per l’agenzia. – mi disse quasi scocciato, incrociò gambe e braccia restando appoggiato a quella che dedussi fosse la sua scrivania.
Con evidente disgusto la lanciai via. Non mi piacevano i vestiti e da demone non ne avevo minimamente avuto bisogno.
Quello, per me, era solo un involucro di carne, una prigione.
Dante mi guardò con evidente fastidio.
- Va bene. Resta pure nuda. Ma devi raccontarmi un po’ di cose. – stavolta mi mise sotto tiro con una pistola.
Ero infastidita.
Però potevo capire.
Lui era un devil hunter ed io un demone.
Almeno in parte.
- Sono stata cacciata dagli inferi.-


Salve a tutti! è un pò che sto scrivendo questa storia...spero possa piacervi...
In questi giorni posterò i capitoli successivi e se vedo che piace continuerò a pubblicare la storia di Ivory.
Buona lettura :)
BVB_army

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


- Un demone disubbidiente. E cosa ha scatenato questa punizione?- mi chiese con un ghigno.
Mi voltai per lasciargli intendere che non avrei più parlato.
In un soffio mi trovai con la pistola puntata alla tempia.
- Non farmi ripetere le cose due volte, Ivory. Perché sei stata cacciata?- era pronto a sparare. Glielo leggevo negli occhi. Il mio istinto umano di sopravvivenza mi spinse a parlare.
- Ho protetto Vergil. – risposi d’un fiato. Non era proprio la verità ma nemmeno una bugia.
- Vergil? Il mio fratellino? Questa è bella. – rise. -Direi che per ora mi basta così. Resterai qui. Non sembri pericolosa e credo Mundus volesse finire l’opera. - abbassò l’arma e si accomodò sul divano. Ero stupida dalla sua arrendevolezza.
- Finire l’opera?- chiesi d’un tratto.
- Mentre dormicchiavi in quel vicolo, sei stata circondata da demoni con poche buone intenzioni. Se vuoi vivere, devi starmi attaccata. – rispose.
Avevo proprio fatto incazzare il dio degli inferi-
- Posso usufruire della doccia, devil hunter?- chiesi.
- Poiché resterai con me un bel po’ credo, dovresti chiamarmi Dante. E la doccia è di sopra, seconda porta a destra. Ti porterò dei vestiti che dovrai mettere. Devi abituarti ai vestiti. –
Annuii.  Mi alzai dal divano e salii le scale e mi chiusi in bagno.
Anche se avevo passato gran parte, anzi tutti i miei anni di vita negli inferi, sapevo come funzionava il mondo umano.
M’infilai in quella piccola scatola di vetro e accesi l’acqua. Credo di essere rimasta in quella doccia per secoli. Fuori dalla doccia trovai un panno rosso fuoco per asciugarmi.
Voltandomi verso lo specchio mi osservai. Avevo sembianze umane, anche se per un occhio attento si poteva vedere che ero diversa.
Inizia ad asciugarmi partendo dalle punte dei miei lunghi capelli rossi che, a mano a mano che si avvicinavano alla testa, diventavano neri. Quei capelli mi ricordavano il mio aspetto di demone, rosso e nero, il sangue e il buio.
Mi asciugai il viso e notai che i miei occhi erano color ametista, grandi e sembravano spaventati. Sì, ero spaventata. Terrorizzata.
Dopo gli occhi non riuscii più a osservarmi e mi asciugai il più in fretta possibile.
Fuori dalla porta trovai dei vestiti. Mi richiusi in bagno e mi vestii velocemente.
Dante mi aveva procurato della biancheria intima, un paio di pantaloni aderenti in pelle nera, una canottiera bianca e un paio di anfibi neri.
 
Tornai di sotto e trovai Dante, intento a spingere con un bastone delle piccole sfere che dopo il colpo rotolavano su un tavolo verde provvisto di buche.
- Vedo che i vestiti di Lady ti calzano a pennello. – disse mentre dava un colpo alla sfera bianca, che rotolò fino a colpire una rossa che finì in una buca.
Rimasi sorpresa. Non sapevo cosa fosse.
Mi avvicinai al tavolo verde e osservai le sfere. Presi in mano quella bianca e me la rigirai tra le mani. Sembrava essere solo una sfera.
- Sai giocare a biliardo? – mi chiese Dante.
- Biliardo?- chiesi continuando a osservare le sfere.
- Non hai la più pallida idea di cosa io stia parlando, vero? – mi chiese appoggiandosi sul bastone. Mi osservava, mi scrutava. Con quegli occhi pensavo riuscisse a leggermi dentro da un momento all’altro.
- I demoni non si crogiolano in stupidi giochi per umani. – risposi freddamente rimettendo la sfera bianca sul tavolo.
- Adesso sei umana quindi ti ci puoi crogiolare quanto vuoi. – disse passandomi uno dei bastoni.
Così m’insegnò e passammo la serata a giocare a biliardo.
Poi il mio corpo ebbe una sensazione strana. Sentivo gli occhi pesanti e il corpo si reggeva a malapena. Mi sentii presa dal panico.
- Dante…- chiamai, ma la mia voce era un sussurro e sentii il mio corpo cedere.
Fui presa prontamente dalle braccia di Dante.
- Cosa mi succede?..mi sento…debole…- riuscii a dire.
- Hai solo bisogno di dormire, non preoccuparti.-
Forse non sapevo abbastanza delle sensazioni umane. Sapevo cosa era “dormire”, ma non sapevo che implicasse questo.
Il mio corpo ondeggiava, stretto tra le braccia di Dante.  Poi mi sentii come cadere e mi aggrappai al collo di Dante.
- Ehi ehi, tranquilla. Ti sto solo mettendo a letto. – disse divertito. Mi adagiò su un letto, scostando le coperte per mettermi sotto e coprendomi con esse.
Era come un giaciglio morbido.
Con tutta la forza che mi rimaneva, trascinai Dante con me e mi rannicchiai contro di lui.
- Ma tu guarda…un demone coccolone.- lo sentii borbottare.
- Taci…e solo perché sento…come si chiama….freddo?- chiesi.
- Sì, freddo. Aaah.- sospirò. – Vuol dire che rimarrò qui a farti da calorifero.-
E così ci addormentammo. E da quella sera ebbe inizio la mia vita insieme al devil hunter Dante.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Piano piano adottai lo stile di vita umano (solo in presenza di altri umani), anche se con Dante potevo comportarmi come più preferivo.
Adattarmi ai vestiti però era ancora una cosa..come dire….troppo per me, anche se Dante mi aveva lasciato via libera per indossare i vestiti di questa fantomatica Lady.
Dante cercava di spiegarmi in tutti i modi che era “sbagliato”.
- Se entra qualcuno e ti trova nuda non credo apprezzerebbe.- mi spiegò, nascosto da una rivista. Non riuscivo a spiegarmi questo modo di fare umano.
- Ma tu vai sempre in posti, dove ci sono un sacco di donne nude.- protestai.
- E non mi pare di essere così brutta da poter essere da meno a quelle che guardi tu.- continuai imbronciandomi. Sì, stavo prendendo sempre di più i modi di fare umani.
Dante alzò gli occhi dalla rivista e mi guardò, con quello che avevo imparato a definire sguardo da devil hunter, detto semplicemente incazzato nero.
- Mi hai seguito?- mi chiese con voce arrabbiata, alzandosi e avvicinandosi a me.
Me lo trovai a un soffio dalla faccia. Mi strinsi di più nella sua camicia nera.
Non mi piaceva quando si arrabbiava.
- Solo una volta. – confessai, abbassando gli occhi.
- Non ti azzardare a rifarlo. – mi prese per la camicia costringendomi ad alzare il viso fino a incrociare i suoi occhi.
L’azzurro degli occhi fiammeggiava dalla rabbia. Anche se leggevo qualcos’altro.
Non avrei mai potuto decifrare quello sguardo, ma appena mi accorsi di quel qualcosa sentii il mio corpo avere una strana reazione.
Il mio viso sembrava andare in fiamme, il respiro era corto, il cuore batteva all’impazzata, percepivo il corpo di Dante vicino al mio, ma sentivo di volerlo più vicino.
- Perché sei rossa?- mi chiese scocciato, lasciandomi ma non spostandosi da davanti al mio viso.
- Credo di sentirmi male.- dissi velocemente.
- Che cosa senti?- mi chiese in un sussurro.
- Caldo…il cuore batte all’impazzata…ho il respiro corto…e sento che…ti voglio più vicino.- risposi non distogliendo gli occhi dai suoi.
- Oh cazzo.- disse lui spostandosi.
- Cosa mi succede?- dissi stringendomi sempre di più la camicia addosso.
Mi guardò, poi si sedette alla scrivania e tornò alla sua rivista.
- Non è nulla. Succede sempre se qualcuno ti sta troppo vicino. Non preoccuparti.- disse in tono neutro.
Sentivo nell’aria odore di menzogna ma non indagai sulla cosa.
 
Da quell’episodio, Dante iniziò a tenere le distanze: mi rivolgeva poche parole, era freddo come i ghiacci del profondo inferno.
Cominciai a sentirmi sola. E iniziai a vagare da sola per le strade della città.
Non ero prigioniera nell’agenzia e Dante non si preoccupava.
Passavo molto tempo al bar in centro (quasi tutto il pomeriggio fino a sera), dove servivano il miglior strawberry sundae. Per colpa di Dante non riuscivo più a smettere di mangiare quel dolce.
Ero sempre da sola al tavolo, Dante non voleva mai venire quando glielo chiedevo.
Diceva che aveva da fare.
Sentivo uno strano legame con lui. La sua compagnia mi rassicurava.
Pur di vederlo rivolgermi ancora qualcosa di più che due parole, avevo preso l’abitudine di vestirmi sempre.
Forse avrei dovuto scusarmi per il fatto di averlo seguito.
- Umani…- sussurrai a una fragola, come se avesse potuto capirmi.
- Cosa ci fa una bella ragazza come te, sempre sola?- qualcuno aveva interrotto i miei pensieri.
Alzai lo sguardo dalla fragola e mi trovai di fronte un ragazzo. Mi osservava con uno sguardo serio, con la testa piegata di lato.
- Mi piace godermi il mio strawberry sundae. – risposi, infilandomi la fragola in bocca.
- A me non sembra. Mi sembri più una ragazza che si sente sola. E affoga le pene in un gelato.- un ragazzo diretto e che aveva visto giusto.
- Cortesemente, sparisci. Non mi sento per nulla sola e non ho bisogno di compagnia.- mi alzai dal tavolo, pronta a uscire ma il ragazzo mi fermò tenendomi per un braccio.
Notai che era molto più alto di me, forse quasi quanto Dante, spalle larghe fasciate da una camicia nera e una giacca di pelle del medesimo colore che facevano risaltare la carnagione chiara. Il viso pallido contrastava anche con i capelli corvini corti e gli occhi color oceano.
Mi guardò un attimo con quegli occhi che s’incatenarono ai miei.
Mi lasciò il braccio e mi sorrise. Sentii il sorriso allargarsi anche sul mio viso.
Non ci dicemmo nulla, io mi voltai e uscii per tornare all’agenzia.
Mi sentivo strana, “elettrica” diciamo.
Quando rientrai in casa, Dante era sul divano a dormire. Con passo leggero mi diressi verso la piccola cucina per trovare qualcosa da magiare, ma a metà strada la voce di Dante mi fece fermare.
- Che cosa è quel sorriso?- mi chiese. Era sdraiato sul divano, con le braccia dietro la testa e gli occhi ancora chiusi.
- Quale sorriso?- chiesi. Sentii il viso infiammarsi.
- Sei arrossita. Vuoi forse nascondermi qualcosa Ivory?- stupido corpo umano, mi tradiva ogni volta.
- Forse ho conosciuto una persona.- dissi guardando il pavimento.
La fantastica visione del pavimento fu oscurata da Dante che mi si era fatto vicino.
Ancora quella sensazione: batticuore, fiato corto caldo e la smania di volerlo toccare.
Ero totalmente in tilt. Ma Dante aveva detto che era normale, se qualcuno era tanto vicino.
E allora perché con quel ragazzo non era successo?

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
Dante.
Ancora. Sentivo il suo piccolo cuore battere all’impazzata.
La osservai. Era così…fragile.
Anche se era stata un demone, aveva tutta l’aria di aver bisogno di protezione.
I capelli lunghi fino alla vita, le ricoprivano le spalle e nascondevano i suoi occhi color ametista.
Quel giorno indossava una maglietta nera scollata a V aderente che metteva in risalto il seno non troppo abbondante e un ventre piatto; i blue jeans che le fasciavano le gambe alla perfezione e gli anfibi.
Quei vestiti donavano quasi più a lei che a Lady.
Non mi guardava, continuava a tenere lo sguardo basso.
Le presi il volto e glielo alzai, fino a poterle osservare gli occhi.
Anche se i miei occhi caddero su tutto il viso: un ovale perfetto dalla carnagione pallida, occhi viola con ciglia lunghissime accentuati da sopracciglia sottili, naso piccolo e dritto e infine le labbra morbide e rosa.
Inconsciamente le passai il pollice sulle labbra. Mi veniva voglia di assaggiarla, ma come potevo? Lei neanche sapeva cosa fosse quell’attrazione verso di me.
A livello di emozioni era al pari di un sasso.
Sentii le sue labbra schiudersi. Era tutta rossa ed emanava un sacco di calore.
- D-D-Dante…che mi stai facendo?- chiese in un sussurro. Era spaventata.
Lasciai la presa su di lei e tornai al divano.
 
 
 
Ivory.
Dante mi lasciò e tornò al suo amato divano.
Feci l’unica cosa che mi sentivo di fare: corsi nella camera che avevamo condiviso i primi giorni fino all’episodio della litigata.
Dante diceva che non potevamo dormire insieme perché era “sbagliato”.
- Sempre tutto sbagliato quello che faccio!- sussurrai di rabbia. Stringevo sempre di più i pugni e guardavo fuori dalla finestra scendere sempre di più il buio.
La gola e gli occhi iniziarono a bruciarmi finché non cominciarono a scendere lacrime dai miei occhi.
-Stupido corpo umano! Mi stai rendendo debole!- presi il tavolino accanto al letto e lo scaraventai contro il muro.
Era il momento per una passeggiata notturna.
Furiosa, uscii dalla stanza scontrandomi con Dante.
- Ma che diavol…?-
La rabbia fece il resto. Senza accorgermene, i miei poteri di demone si mostrarono e scaraventai Dante contro il fondo del corridoio.
Spaventata, con le lacrime agli occhi, scappai.
Udii Dante chiamare il mio nome ma non mi fermai.
Corsi fino allo sfinimento.
 
Senza fiato e con le gambe doloranti, mi fermai in un parco.
Era buio ma i lampioni illuminavano la piccola piazzetta circolare in mezzo al parco.
Al centro della piazzetta, una statua di un guerriero a cavallo.
Riconobbi in quel guerriero le fattezze del demone Sparda.
Mi lasciai andare su una panchina davanti alla statua. Ero ancora spaventata e senza fiato.
Dante mi avrebbe dato la caccia. Avevo dimostrato che non ero così innocua.
- Cacciata di nuovo.- sospirai.
- Che strano caso trovarti anche qui.- una voce interruppe la mia commiserazione.
Mi voltai verso la voce e a pochi passi da me c’era il ragazzo dello stesso pomeriggio.
Che cavolo, mi aveva forse seguito?
- Ciao.- salutai in modo un po’ scontroso.
- Siamo di cattivo umore, vedo.- si sedette dalla parte opposta della panchina.
Silenzio.
Imbarazzante silenzio. Che cosa voleva da me quello stupido umano?
- Non mi sono nemmeno presentato. Io mi chiamo Erik. E tu sei…- tentava di instaurare una conversazione.
- Ivory.- dissi. Io, però, non avevo voglia di conversare.
- Ivory. Bel nome. -
Ancora silenzio.
Una mano infranse il mio campo visivo, spostandomi una ciocca che avevo davanti agli occhi.
Il ragazzo si era mosso fino ad arrivare accanto a me, senza il minimo rumore.
- Hai degli occhi così belli, non dovresti lasciarli coperti. – un sorriso caldo e accogliente si aprì davanti ai miei occhi.
Erik iniziò ad accarezzarmi la guancia, sorridendo e guardandomi.
Sentii, dentro il mio petto, accendersi un calore. Un tiepido e dolce calore che si scaldava.
Era una sensazione diversa da quella che provavo quando Dante mi stava così vicino; con Erik era meno turbolenta e non mi scombussolava.
Sembrava che da dentro il petto arrivasse una consapevolezza di cui io ero del tutto all’oscuro, finchè Erik non cominciò ad avvicinarsi sempre di più.
Non riuscivo a capire cosa stava facendo ma non lo respinsi.
Le sue labbra poggiarono all’angolo delle mie.
Mi guardò negli occhi come a chiedere il permesso per qualcosa.
Istintivamente chiusi gli occhi e sentii le labbra di Erik sfiorare le mie.
Un contatto leggero che scosse il mio essere.
….e mi fece pensare a Dante.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
Dante.
Sparita nel nulla. Pazzesco.
Era uscita sconvolta. Forse avevo esagerato nell’avvicinarmi così a lei.
- Sono un idiota. – ero arrabbiato.
Poi, un barlume. Una piccola scintilla demoniaca nel parco. Poteva essere lei.
Di corsa, mi diressi verso il centro del parco, nascosto dal buio della notte.
Giunto lì, trovai una scena poco “chiara”.
Ivory con un ragazzo. Il ragazzo la stava baciando.
Per forza la stava baciando lui, lei neanche sapeva cosa era un bacio.
O forse volevo convincermi che non era stata lei?
Osservando quella scena, percepii una fitta al cuore.
Ero…triste. E volevo ammazzare quel bastardo.
Mi permisi di fare una cosa che mai facevo nei confronti di Ivory: lessi i suoi pensieri.
E rimasi sconvolto.
Me.
Lei stava pensando a me.
 
 
 
Ivory.
Mi voltai di scatto, prendendomi la testa tra le mani. Cosa mi stava accadendo?
- Scusami, perdonami. Non ho resistito.- Erik iniziò a blaterare un sacco di scuse.
Non volevo voltarmi. La mia mente desiderava che ci fosse Dante, non Erik.
- Devo tornare a casa. – mi alzai e mi incamminai.
Erik, prontamente, mi afferrò la mano e mi fece voltare.
- Non volevo offenderti. Ti prego resta. -
- Non preoccuparti. Ora però devo rientrare.- feci per ritornare sui miei passi ma la stretta di Erik divenne dolorosa.
- Tu non andrai da nessuna parte, piccola traditrice. – una voce sgradevole mi alitò sul collo.
Davanti  a me si parò una figura mostruosa: un demone del più profondo inferno era lì, davanti ai miei occhi.
Una trappola. Ero stata ingannata.
Con tutte le mie forze, tentai di liberarmi ma il mostro era pronto a colpirmi con una lama che aveva preso il posto di una sua mano.
Ero spaventata. Chiusi gli occhi e aspettai che la mia fine sopraggiungesse.
Udii una serie di spari. E un fendente nell’aria.
Caddi tra le braccia dell’unica persona che avrebbe potuto salvarmi.
Spalancai gli occhi e trovai gli occhi azzurri di Dante.
- Stai bene?- mi chiese preoccupato.
- Sto bene.- risposi in un sussurro.
Mi rimisi in piedi ma Dante teneva saldamente la mia mano stretta nella sua.
- Torniamo a casa.- guidata da lui, ritornammo all’agenzia.
Non vi furono scambi di parole. Sapevamo perfettamente cosa era accaduto e io mi sentivo umiliata dal fatto di essere stata così ingenua.
 
 
Dante.
C’era mancato un soffio. Così umana era una preda facile. Avrei dovuto immaginarlo.
Mundus non lasciava lavori in sospeso.
Non capivo perché ce l’aveva così tanto con Ivory.
La ragazza mi nascondeva qualcosa.
E sicuramente quel qualcosa comprendeva Vergil, mio fratello. Ammesso che mi avesse detto la verità quella sera.
Ivory camminava al mio fianco, a testa bassa. Si lasciava guidare come una bambina.
Forse non era quella la sera per discutere con lei.
 
Arrivati all’agenzia, la portai in camera.
- Non parli più.- constatai a voce alta.
Alzò il viso e mi guardò con occhi persi. Era come se i suoi occhi fossero diventati due pozze indefinite.
Non feci in tempo a chiederle cosa potesse avere che mi abbracciò.
Con il suo fragile corpo si strinse a me, poggiando la testa sul mio petto.
Quel fragile corpicino si era stretto a me con amore, una cosa che forse non provavo da una vita.
Rimasi spiazzato.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ivory.
Ero frustrata, triste, del tutto indifesa.
Mi aggrappai all'unica persona di cui potevo fidarmi ciecamente.
Abbracciai Dante, senza la minima vergogna.
In confronto a lui ero così piccola, con la testa non gli sfioravo nemmeno il mento.
Mi rifugiai tra le sue braccia, appoggiandomi sul petto dove percepivo ogni battito del suo cuore.
Il mio abbraccio non fu ricambiato, ma non mi importava.
In qualche modo volevo dimostrargli la mia gratitudine.
Rimasi in quella situazione per minuti, forse ore ma potevano anche essere anni e secoli, finchè non sentii una mano di Dante stringermi per le spalle e con l'altra accarezzarmi i capelli.
Scoppiai in un pianto disperato.
Capii in quel momento che non ero sola. Avrei sempre potuto contare su Dante.
Mi lasciò piangere, continuando ad accarezzarmi i capelli.
Poi la sua mano si spostò sul mio viso e mi asciugò le lacrime.
- Non devi piangere.- mi sussurrò.
- Perché? È sbagliato anche questo forse?- risposi acida.
- No. – rispose continuando ad asciugarmi il viso.
- Semplicemente non mi piace vederti triste. – un barlume di sentimento forse?
- Forse è meglio dormire. È stata una giornata stressante per te.-
Sentendo quelle parole, automaticamente trascinai Dante nel letto.
Mi accoccolai accanto a lui come la prima sera.
-Non mi importa se è sbagliato. Io voglio che tu dorma con me. Non voglio più sentirmi sola.- sussurai.
Silenzio.
Ancora silenzio.
Forse Dante si era già addormentato.
-Mi dispiace, Ivory. Non volevo che tu ti sentissi sola per colpa mia.-
Fu un sussurro, ma per me era come se avesse squarciato l’aria.
- Mi dispiace anche per prima. Non mi sarei dovuto avvicinare tanto. Non avrei dovuto scherzare con i tuoi sentimenti, anche se tu non sai nemmeno quali siano. E…-
- Basta Dante. Ti stai scusando per troppe cose adesso.- lo interruppi. Mi ero alzata fino ad averlo faccia a faccia.
Ricordai il bacio con Erik e come mi aveva fatto pensare a Dante.
- Dante?- chiesi.
- Cosa c’è?-
- Prima è successa una cosa.- volevo raccontargli tutto.
- Il demone che hai ucciso prima che succedesse tutto…mi ha baciato.- continuai. All’ultima frase lo vidi stringere la mascella. Mise le mani dietro la testa e chiuse gli occhi.
- Deve essere stato un trauma per te. – sembrava quasi…scocciato.
- In effetti, sì.- ammisi.
- Dove vuoi arrivare Ivory?-
Ci ripensai. Non mi sentivo pronta a confessare che c’era lui nei miei pensieri.
- Nulla. Scusami. Sono stanca e ancora un po’ spaventata. È meglio se dormiamo.- mi sfilai i jeans e la maglietta per rimanere solo in intimo.
Mi misi sotto le coperte e feci finta di essermi già addormentata.
Dante passò qualche minuto sdraiato accanto a me, poi lo sentii alzarsi ma non si allontanò. Udii dei leggeri tonfi; doveva essersi tolto dei vestiti.
Si infilò a letto e si avvicinò a me cingendomi i fianchi. Appena mi sfiorò la schiena con il petto, capii che era senza maglietta; intrecciò le gambe con le mie e capii che era rimasto in boxer.
Aveva una mano sulla mia pancia, così feci scivolare la mia sopra la sua e intrecciai le dita con le sue.
Pensai che, forse, sarebbe stato l’inizio di qualcosa.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 
I giorni seguenti trascorsero pacificamente.
Dante divenne più disponibile e non mi lasciò più sola. Si prendeva cura di me.
Decise anche che per me era giunto il momento di imparare a combattere.
- Sei un ex-demone, ma hai sempre contato solo sui tuoi poteri.- mi disse un giorno.
- Ma io ho ancora i miei poteri.- risposi dalla cucina.
- Sì ma stanno diventando troppo latenti. Devi imparare a combattere. Non voglio tu sia indifesa. - era pensieroso. Non avevamo più ricevuto attacchi da Mundus ma secondo Dante non si era ancora arreso.
- DANTEEEEEEEE!- una voce all’ingresso distrò entrambi.
- Dante dove ti sei nascosto?- la voce femminile era alquanto adirata.
Sulla porta della cucina si presentò una donna: capelli corti neri, occhi bicolore (uno blu e uno rosso), dal fisico muscoloso ma del tutto adatto ad una donna, fasciato da un paio di pantaloncini aderenti neri e una camicetta bianca, armata fino ai denti.
- Lady, è sempre un piacere vederti.- rispose con quello che intuii fosse un tono sarcastico.
- Quella chi è? E perché indossa i miei vestiti ormai dimenticati qui?- la fantomatica Lady mi aveva notato.
Ma non riuscivo a spiccicare parola.
Lady fece per dirigersi verso di me ma Dante la puntò con una pistola, mettendosi davanti a me.
- Se ci tieni alla vita, non ti consiglio di toccarla.- una risposta tranquilla ma che celava una minaccia diretta.
- Tranquillo, volevo solo presentarmi.- alzò le mani in segno di resa la donna.
Dante mi prese per mano e mi portò vicino a Lady.
- Io sono Lady.- mi allungò la mano.
Guardai la sua mano, pensando a cosa andavo incontro nel stringergliela.
Dante però era vicino a me e sapevo che non avrebbe permesso che mi si facesse del male.
Strinsi la mano a Lady.
- Io sono Ivory.- mi fissò negli occhi.
- Quindi ora ti porti i demoni a casa, eh Dante?-
-Non è affar tuo quello che faccio. E poi lei non è un demone.- rispose Dante.
- Di questa faccenda ne parleremo più tardi. Ora abbiamo un altro problema.- la ragazza si incamminò verso lo studio.
- Ivory resta qui. Mi sbarazzo di lei e arrivo.- mi diede una stretta alla mano prima di lasciarla e seguire Lady. Per una volta avrei fatto quello che mi era stato chiesto.
 
 
Dante.
Chiusi la porta della cucina dietro di me. Qualunque cosa Lady volesse dirmi doveva rimanere tra me e lei.
Né a lei né a Trish avevo raccontato di Ivory. Il mio lavoro di devil hunter era una cosa del tutto divisa da quella mezza demone.
- Un demone?- mi chiese Lady mentre mi sedevo sulla scrivania
La sua smania di curiosità era accentuata dalla sua vicinanza.
- Dannazione Lady, scendi dalla mia scrivania.- mi dava ai nervi quando si sedeva sulla MIA scrivania.
- Non hai risposto alla mia domanda.- mi ammonì.
- Non è per questo motivo che sei venuta a farmi visita oggi. Perciò vieni a un dunque.-
- Lo sai che è un sin-eater vero?- mi chiese sedendosi sul divanetto.
Un sin-eater? Cazzo. Non avevo fatto caso a questo piccolo dettaglio, nè sinceramente mi ero preso la briga di indagare su che demone fosse.
- Una mangiatrice di peccati, Dante. Sei fuori di testa?- mi chiese ancora.
Chiusi gli occhi e con una mano mi massaggiai le tempie.
Questa conversazione non doveva essere fatta con Lady.
Ivory doveva raccontarmi alcune cose.
- Lady, ti ho già detto, non è questo il problema. Ivory è innocua. E me ne posso occupare tranquillamente. Ora dimmi qual’è il problema.- ero così pensieroso che non notai Lady, appoggiata alla mia scrivania.
Aveva uno strano sorriso sul volto.
-Indovina…chi mi ha fatto visita oggi?-

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ivory.
Dante non impiegò molto.
Quando tornò in cucina, però, c’era qualcosa di diverso. Un’aura fredda come il ghiaccio lo circondava, uno sguardo serio segnava il suo volto.
Cosa aveva detto Lady da farlo infuriare così?
 Osservai Dante sedersi al piccolo tavolo della cucina. Appoggiò i gomiti sul tavolo e intreccio le mani davanti al viso, guardando fisso davanti a sé.
-Credo tu mi debba raccontare qualcosa.- quell’affermazione mi fece trasalire.
Lady era forse a conoscenza del mio segreto? Impossibile.
Nessuno poteva sapere.
- Cosa vuoi sapere Dante?-  mi ero voltata,  fintamente presa nel lavare i piatti.  Forse non gli sarei sembrata nervosa se continuavo in quello che stavo facendo.
- Preferirei ti sedessi e mi guardassi in faccia.- merda.
Mi asciugai le mani e mi sedetti di fronte a Dante. Sperai con tutto il cuore che per una volta il mio corpo non mi tradisse ma già sentivo le mani umide dal nervosismo.
- Sei scocciato perché non ti ho detto che sono…- feci una pausa. -…che ERO un sin-eater?- chiesi.
Lo vidi pensare un attimo. Magari era solo per questo.
- Sinceramente, non è a questo a cui mi stavo riferendo. Anche se eri uno dei demoni della peggior specie, non mi interessa. Hai avuto più di un’occasione per uccidermi e non l’hai fatto. Mi fido di te.- rispose risoluto.
Sudavo freddo. Cosa voleva sapere da me allora?
Abbasso le mani e iniziò a guardarmi dritta negli occhi, come se stesse scavando nel mio corpo alla ricerca di una risposta.
- Tu però…perché non ti fidi di me?-  questa fu un po’ un colpo allo stomaco.
- Io mi fido di te!- risposi arrabbiata. L’impeto della rabbia mi aveva portato ad alzarmi e a battere i pugni sul tavolo. Dubitava di me.
- Menti, ragazza. Perché sei stata buttata fuori dall’inferno?- il suo tono era calmo ma al contempo nascondeva dell’ira.
- Dante, te l’ho già dett…-
- NON MENTIRE!- era infuriato. Per imporre la sua rabbia su di me si era alzato anche lui per sovrastarmi, come se fossimo due demoni che si affrontano per decidere la supremazia.
Mi risedetti, mostrandomi calma.
- Hai detto che ti fidi di me giusto? Se non te lo dico, devi fidarti del fatto che so cosa sto facendo.  E se non ti fidi di questo, stai mentendo a te stesso e a me dicendo che ti fidi. – avevo deciso di prenderla sul lato umano, toccando il tasto del senso di colpa.
Tenevo gli occhi chiusi ma capii di aver fatto centro quando sentii Dante andarsene e lasciarmi in cucina.
Dovevo scoprire cosa Lady avesse detto a Dante.
Avrei rischiato di essere uccisa da lui stesso ma poco importava.
Il mio segreto doveva rimanere al sicuro.
Uscii dalla cucina e trovai Dante sul divano che dormiva.
Meglio per me. Quello che stavo per fare era ignobile nei suoi confronti.
Mi sedetti accanto a lui. Non ero sicura di poter evocare i miei poteri ma era un’emergenza.
Avvicinai il mio viso al suo, misi le mie mani sulle sue tempie e pregai che i miei poteri sorgessero.
Non dovetti aspettare gran che.
La forza del mio potere scorreva viva nelle mie vene, come l’acqua di un ruscello.
Il mio corpo sembrava preso da una scossa elettrica che risvegliava ogni parte del mio io.
In quel momento dovevo solo riuscire a entrare nei pensieri di Dante.
Click.
Il grilletto di una pistola.
- Togli le tue sudice mani da lui, Ivory.- quella visita chi se l’aspettava. Sulla porta dell’agenzia c’era una donna. Una vecchia conoscenza.
- Trish.- salutai, alzandomi dal divano.
- Pensavo Lady stesse scherzando. – il suo sguardo mi studiava e mi teneva d’occhio.
-Dante svegliati, cazzo!-  urlò.
Sentii Dante svegliarsi.
- Trish perché devi urlare?- chiese Dante ancora intontito di sonno.
- Perché il tuo demone da compagnia stava trafficando con il tuo cervello!- continuava a tenermi sotto tiro con la pistola.
Non provavo il benché minimo timore di essere nella stessa stanza con due devil hunter.
- Vuoi uccidermi, Trish? – chiesi sarcastica.
Dante, ormai sveglio, mi si parò davanti con anche lui la pistola puntata su di me.
- Hai trenta secondi per spiegarmi tutto.- il suo sguardo era duro e gelido. C’era una nota di delusione che mi fece tracollare.
Non per questo mi scomposi o supplicai.
- Volevo solo sapere cosa ti aveva detto Lady.- dissi diretta.
-Non bastava chiedermelo?- chiese lui all’apice della furia.
Risi di cuore.
- Non me l’avresti mai detto. Non sono così sciocca.- con quella certezza, Dante abbassò l’arma.
Anche se l’arma puntata di Trish intimava di stare alla larga, mi avvicinai a lui.
-Non avrei mai osato farti del male. – ero sincera. Il mio intento era solo di storcergli informazioni, non appropriarmi della sua anima.
- Perché l’hai fatto?- i suoi occhi erano pieni di delusione. Avevo tradito la fiducia che aveva riposto in me.
- Se ti senti minacciato cosa fai? Alzi la pistola e spari. Senza pensarci due volte. Io mi sono sentita minacciata e ho usato i miei poteri per estorcerti informazioni. Non è forse lo stesso?- cercai di fargli capire da cosa ero stata mossa.
Lo vidi pensare, soppesare le mie parole.
- Non le crederai, spero.- Trish era alle spalle di Dante.
Dante continuava a guardarmi negli occhi.
- Cazzo, non farti…- Trish venne interrotta dalla mano di Dante che le intimava di chiudere la bocca.
Infastidita, smise comunque di parlare. Senza abbassare l’arma.
- Una persona ha fatto visita a Lady, chiedendo di te. Fortunatamente lei ignorava la tua esistenza, ma dopo averti vista si è posta una domanda: perché ti sta cercando?- le informazioni che cercavo. Il mio segreto era ancora celato a Lady e Dante. Ma…
- Chi è che mi sta cercando?- posi quella domanda ma temendo la risposta.
- Tu sai chi ti sta cercando.- mi rispose Dante.
Non poteva essere.
- Vergil…- sussurai.

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Capitolo 9
*** AVVISO! ***


Salve a tutti,
per chi avesse già letto i capitoli 9 e 10 pubblicati recentemente consiglio di rileggere quelli nuovi che ho riscritto.
Spero siano molto più belli di quelle mezze cartucce che avevo pubblicato prima.
Purtroppo l'ispirazione va e viene...mi scuso ancora per quei "capitoli" orridi.
Un bacio, BVBarmy

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Mi accartocciai su me stessa, come una foglia secca.
Non poteva essere.
Vergil.
Stava rischiando la vita cercandomi.
Strinsi le braccia attorno al mio corpo.
Dante di fronte a me studiava ogni mia mossa. Forse pensava che avrei potuto attaccarlo, o tentare di ucciderlo. In quel momento però la mia testa pensava a ben altro.
Vergil mi aveva promesso che non sarebbe venuto a prendermi, qualunque cosa fosse successa.
Solo in un caso…
- Mundus è morto.- dissi guardando il pavimento. Ne ero sicura. Lasciai che le braccia mi cadessero lungo i fianchi.
Mi voltai e mi appoggiai alla scrivania. Cercai di guadagnare un tempo che non avevo prima che le domande sopraggiungessero a raffica.
- Cosa??!?- esclamarono Dante e Trish all’unisono.
- Come è possibile? Chi è stato?- domande su domande. A cui io però non avevo risposta certa.
Poteva essere solo per quello che Vergil era tornato sulla terra.
Ero decisa  a trovare le risposte che cercavo. Dovevo trovare Vergil.
Mi rimisi in posizione eretta e mi diressi verso l’uscita dell’agenzia ma un braccio mi venne afferrato da una presa ben salda.
- Non puoi andartene come se nulla fosse!- Dante. Era su tutte le furie.
I suoi occhi azzurri fiammeggiavano dalla rabbia e la presa sul mio braccio mi diceva che non era deciso a farmi uscire.
-Lasciami andare.- dissi risoluta.
- No.- quella risposta secca mi fece salire le lacrime agli occhi. Non sapevo nemmeno il perché, ma il suo comportamento mi feriva.
- Ti prego, Dante… lasciami.- tentai di divincolarmi ma era come prendere a pugni un pietra. Quella stessa pietra però, senza che io potessi fare alcun che, mi strinse in un abbraccio.
Un gesto del tutto fuori luogo in quella situazione. O forse era l’unico modo per tenermi lì.
Tentai invano di ribellarmi. Dovevo allontanarmi da lì.
Dante sapeva quanto la sua vicinanza ridestasse in me sentimenti quasi del tutto sconosciuti. Ma più tentavo di liberarmi, più Dante mi stringeva a sè.
Alla fine mi arresi, crollando tra le lacrime. Mi strinsi di più al petto di Dante piangendo e urlando.
Mi aggrappai alla sua giacca come fosse la mia ancora di salvezza.
Tutto quello che avevo trattenuto fino a quel momento, si liberò nell’aria: il disgusto per me stessa per aver tentato di usare i miei poteri su Dante perché che non mi ero mai fidata di lui.
Lui mi aveva accolto in casa sua, mi aveva fatta sentire protetta. E forse tutto questo celava un certo “amore” per me.
Come avevo potuto?
- Mi dispiace, Dante.- mi uscì di getto tra le lacrime.
Dal canto suo Dante mi strinse e mi accarezzò i capelli tutto il tempo, cercando di calmarmi. Quando fui calma, lasciai la presa sulla sua camicia e mi scostai.
Guardandomi attorno, mi accorsi solo in quel momento che Trish se n’era andata.
Tirai le maniche del maglione e le usai per asciugarmi il viso.
Dante, con fare gentile, mi prese il viso tra le mani. I suoi occhi di ghiaccio mi scrutavano.
- Che succede, Ivory? Perché Vergil è qui e ti sta cercando?- mi chiese in un sussurro, facendosi vicino al mio viso.
Eravamo a pochi centimetri di distanza.
Bastava solo un piccolo passo e avrei reso vere quelle fantasie che mi portavo dietro da mesi.
Ancora qualche millimetro e avrei sfiorato le labbra di Dante con le mie.
In quel momento, la porta dell’agenzia di aprì in un colpo assordante.
La figura di Vergil era ferma sulla porta.
Si guardava intorno con quei suoi occhi gelidi finchè i nostri sguardi non si incrociarono.
Un sorriso si aprì sulle sue labbra. Il sorriso più sincero che gli avessi mai visto.
Sentii il mio cuore battere all’impazzata.
Corsi per abbracciarlo, colma di felicità.
 Lui ricambiò l’abbraccio stringendomi e affondando il viso tra i miei capelli.
Una lacrima solitaria si fece strada sulla mia guancia.
Mi scostai da lui per avere una certezza. Lui mi passo una mano sulla guancia raccogliendo quella lacrima.
- Ivory.- lo sentii sussurrare.
 
Dante.
Era lì. Mio fratello.
L’impulso di ucciderlo salì repentino al mio cervello.
Perché erano così vicini?
- Scusate, non vorrei interrompere il momento romantico. –ero già pronto, pistola in mano puntata alla tempia del mio gemello.
I due si voltarono nella mia direzione. Ivory sembrava spaventata dalla mia reazione e si spostò davanti al mio gemello. Vergil rimase impassibile
- Salve, fratellino.- salutò freddamente Vergil.
- Ciao, Ver. Qual buon vento ti porta in casa mia?- chiesi.
- Dante, metti giù la pistola.- Ivory si avvicinò, con una mano prese la pistola e con l’altra mi fece abbassare il braccio.
Riempì la mano, lasciata vuota dall’assenza della pistola, intrecciando la sua mano con la mia.
Mi guardò e mi sorrise, tentando di rassicurarmi. Risposi con un accenno di sorriso.
Tornai ad osservare mio fratello che sembrava infastidito da quella scena.
- Sono venuto a riprenderla.- disse seccamente.
Lasciai la mano di Ivory e in poche falcate fui davanti a mio fratello, pronto a sguainare Rebellion.
- Credo che ora dovremmo darci una calmata.- Ivory si mise in mezzo a noi, dividendoci.
Il suo corpicino faceva da scudo a entrambi nel caso uno dei due avesse tentato di uccidere l’altro.
- Ma…- io e il mio gemello tentammo di ribattere all’unisono.
- Dante, Vergil.- ci interruppe.
 Entrambi volevamo darci battaglia.
- Rinfoderate quelle armi, stupidi.- ci ordinò la ragazza ma nessuno dei due era intenzionato a cedere.
- Mettete a posto quelle armi altrimenti giuro sull’inferno più profondo che vi riduco il cervello ad  un vegetale!- era spazientita e il tono non ammetteva repliche.
Vergil sembrava scioccato da tanto coraggio da parte di Ivory, ma rinfoderò Yamato come gli era stato chiesto.
Lo sguardo dolce di Ivory si era trasformato in uno sguardo di pietra.
- Come desideri.- disse mio fratello.
Io stesso misi le armi al loro posto ma pronto in qualsiasi caso a tirarle fuori nuovamente.
Mi sedetti sul divano. Guardai Ivory camminare avanti e indietro per la stanza, tra me e Vergil.
Si fermò di fronte a lui.
- Mundus, è morto vero?- chiese Ivory.
- Non ancora. Stanno aspettando noi per l’esecuzione.- rispose Vergil.
- Capisco.- fu l’unica risposta.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Ivory.
Vergil mi osservò, tentando di leggere qualcosa da miei occhi. Fui più scaltra e mi voltai.
Libera. Ero libera da Mundus.
Potevo ritornare negli inferi con Vergil.
Ma come potevo abbandonare Dante?
Dovevo parlare con lui, dargli delle spiegazioni. Di tutto ciò che era successo.
Da dove cominciare? Forse sedermi sarebbe già stato un passo avanti e così feci.
Mi sedetti accanto a Dante, temendo una sua qualsiasi reazione a ciò che stavo per raccontargli. Ero nervosa e continuavo ad arricciare le maniche del maglione.
Dante, spazientito, mi fermò. I suoi occhi cercarono i miei.
- Ti prego, parla.- mi supplicò.
Pensai e pensai a come iniziare.
- Dante, tu sai come nasce un sin eater?- chiesi. Forse partire dal principio era la cosa migliore.
- No. Come nasce un sin eater?- i suoi occhi erano fissi nei miei.
Senza accorgermene la sua mano si era intrecciata alla mia. 
Da lì a poco quella stessa mano poteva uccidermi.
Mi fermai ad osservare le nostre mani intrecciate.
- Ivory, sei sicura? Non so se reggerà il colpo come ho fatto io.- Vergil interruppe il mio flusso di pensieri e si avvicinò a me. Mi voltai a guardarlo negli occhi: era come se avesse letto le mie paure.
Appoggiò una mano sulla mia spalla cercando di darmi forza. Con la mano libera strinsi la sua. Avrei voluto rimanere così per sempre. Con i due uomini che avevano avuto cura di me più di qualsiasi creatura. Quel momento però non aveva destino.
-Devo rischiare. Necessita spiegazioni, ben più di quelle che si aspetta realmente.- dissi afflitta.
- Cosa mi state nascondendo? Ivory cosa c’è?- Dante sembrava cadere nel panico. I suoi occhi andavano da me a Vergil, e da Vergil a me.
Stringendo di più le mani dei gemelli, ripresi la mia storia.
- Un sin eater nasce da un corpo di donna torturato e straziato dal dolore. È come un parto umano, forse un po’ meno naturale e biologico. Il sangue di demone viene inserito nel grembo della donna e questo si sviluppa come un embrione, cibandosi del dolore della donna e, alla fine,…- esitai-…del suo cuore.- non riuscivo. Non potevo dare a Dante un dolore così.
Coprii il mio viso in preda alla disperazione.Mi alzai e corsi nella mia stanza tra le lacrime, chiudendomi dentro.  Non ero in grado di sostituire quell’amore.
Presi qualsiasi oggetto che mi capitava tra le mani e li lanciai contro i muri.
Il dolore e la frustrazione mi stavano consumando.
Mi ritrovai davanti allo specchio.
Mi osservai e mi studiai. La rabbia montò con la forza di un vulcano.
Chiusi il palmo della mano in un pugno. Con tutta la forza che avevo in corpo lo scaraventai contro lo specchio, infrangendo la mia immagine.
Io non dovevo esistere, non dovevo essere lì.  LEI doveva essere lì.
 
Dante.
Ivory corse via tra le lacrime. Tentai di raggiungerla ma Vergil mi fermò.
Il suo sguardo era duro ma celava il mio stesso desiderio di poterle essere vicino.
- Sta soffrendo più di quanto tu possa pensare. Lasciala sola. – disse.
Mio fratello. Sempre ragionevole.
Io però ero io, e non sono mai stato ragionevole.
Avevo promesso. Non potevo lasciarla sola.
Sentii dei rumori provenire dal piano di sopra. Oggetti che rimbalzavano dappertutto.
Tentai di divincolarmi dalla presa di Vergil, ma lui non mollava.
Mi voltai verso di lui con sguardo furente.
-Lasciami fratello!- gli urlai contro.
Il mio sguardo venne ricambiato dal suo, tetro e pieno di tristezza.
Non mi importava quello che provava lui. Lei non doveva stare così.
- Perché soffre tanto? Per la donna da cui lei è stata creata? Non ha colpe! Lei non c’era, non poteva scegliere! –
Vergil continuava a tenermi per il braccio, rimanendo in silenzio.
- Siediti, fratello. Finirò io la storia.- disse infine. Mi fece sedere sul divano e si piazzò davanti a me in modo da potermi ostacolare il cammino.
Incrociò le braccia e iniziò a parlare.
- Ivory non è un sin eater come tutti gli altri. Lei è stata selezionata, creata con un determinato scopo. Uccidere i figli di Sparda. – si interruppe per un attimo. Riprese.
- Le cose però non andarono secondo il previsto. Quando lei nacque non si cibò del cuore della donna bensì fu allattata dalla stessa donna. Un miracolo o una maledizione. Appena scoperta, la donna fu uccisa e Ivory fu lasciata alle altre sin eater per essere cresciuta.
Accadde qualcosa però, quando la piccola fu attaccata al seno. Ogni ricordo, ogni singolo aspetto umano venne passato alla bambina.-
Vergil si fermò e alzò lo sguardo verso le scale. Seguii il suo sguardo incrociando degli occhi color ametista.
Ivory era tornata.
Il viso di Vergil non lasciava intravedere alcun tipo di sorriso, ma nei suoi occhi leggevo le stesse emozioni che provavo io per quella donna.
Che scena straziante: due fratelli, gemelli, innamorati della stessa donna. E probabilmente lei stessa innamorata di entrambi.
Lasciando perdere questi pensieri le andai incontro, stringendola in un abbraccio.
Così piccola e così fragile alla vista, ma che dentro di sé porta la forza di un esercito.
Mi tuffai nei suoi capelli, assaporando l’odore dolce che emanava.
-Non è colpa tua.- le sussurrai all’orecchio.
Il mio abbraccio non fu ricambiato. Pieno di dolore la lascia fare mentre si liberava dalle mie braccia avvolte intorno al suo corpo.
Come a non voler esser toccata, si strinse le braccia intorno al corpo.
Con voce roca, reduce da un pianto disperato, parlò.
- Ero una pedina nelle mani di Mundus. Voleva che soffriste e moriste con la consapevolezza che una parte di lei vi stava uccidendo.- teneva gli occhi bassi, ancora pieni di lacrime.
Una parte di “lei”?
- Lei chi, Ivory? Chi era la donna da cui sei nata?- mi avvicinai a lei tenendole le mani. Ero terrorizzato dalla sua risposta ma volevo saperlo.
Alzò gli occhi verso di me, pieni di lacrime.
Nell’esatto momento in cui stavo per avere una risposta, le vetrate della mia agenzia esplosero e un’orda di demoni si riversò nell’abitacolo.
D’istinto portai Ivory dietro di me per proteggerla.
Vergil si mise al mio fianco, prendemmo in mano le nostre armi e cominciammo a combattere. Spalla contro spalla,per proteggere il soggetto del nostro amore.
- Perché ci attaccano?!- chiese Ivory urlando.
Vergil schivò gli artigli di un demone e vidi con la coda dell’occhio che si era portato più vicino a Ivory.
Iniziò a parlarle velocemente ma io ero troppo impegnato a difenderci da due demoni per dargli attenzione.
 
 
Ivory.
I demoni si erano riversati come una valanga nell’agenzia.
Dante mi aveva spostato per mettersi come scudo davanti a me e lo stesso aveva fatto Vergil.
I gemelli combattevano insieme per proteggere me.
Più demoni uccidevano e più se ne riversavano dalle finestre.
Vergil schivò un demone poi si avvicinò e iniziò a parlare rapidamente.
- Deve essere successo qualcosa durante la mia assenza. Vai con Dante, lui saprà proteggerti. Tornerò a prenderti, te lo giuro.- Vergil mi strinse in un attimo a sé e, senza che io potessi realizzare, avvicinò le sue labbra alle mie per un fugace bacio. Non riuscii nemmeno a realizzare il gesto.
- Vai, ora!!- mi strattonò e senza perdere tempo si buttò nella mischia. Ancora scioccata dal bacio mi attaccai al braccio di Dante.
I demoni per un secondo sembrarono statue.
Dante sembrava allibito.
Mi voltai verso Vergil, in procinto di utilizzare un incantesimo.
- Muovetevi a uscire! Non posso tenerli così a lungo!- urlò Vergil.
Sapevo quanto costava un incantesimo simile. Sarebbe rimasto debole.
Dante guardò il gemello.
-Proteggila, a costo della vita!- gli urlò Vergil.
Mi salirono le lacrime agli occhi.
- Vergil…io…- iniziai ma non potei finire.
- VAI!- mi urlò.
Sentii la presa salda di Dante sul mio braccio. Mi trascinò fuori dall’agenzia
Iniziammo a correre alla volta di un posto sicuro, lasciandoci alle spalle la battaglia.
Lasciando solo Vergil.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Dante.
Tenevo stretta la mano di Ivory e correvo, sempre più lontano. Dovevo proteggerla.
Dovevo trovare un posto sicuro, subito. Ma dove?
La soluzione arrivò come un'illuminazione. 
Iniziai a correre nelle strette e buie vie secondarie, diretto verso l'est della città. Per ora quella zona sarebbe stato il posto più sicuro, almeno per la notte.
Ivory aveva smesso di piangere, si era fatta forza e correva accanto a me senza domandare.
Strinsi di più la sua mano, per farle capire che non doveva fuggire. Sapevo che dentro di lei celava il desiderio di tornare indietro, per salvare mio fratello.
O per condannarsi a morte.
Dal canto mio però volevo io stesso tornare indietro ad aiutare Ver. Per quanto diversi, per quanto nemici, per quanto avessimo obiettivi diversi, era pur sempre mio fratello. La mia unica famiglia.
Ancora tra i miei pensieri, raggiungemmo una piccola casa abbandonata, nascosta tra tutte le altre case abitate da criminali e gente poco raccomandabile.
Davanti alla porta mi guardai intorno, per controllare che nessuno ci avesse seguito e che nessuno fosse nei dintorni. Dovevamo essere invisibili.
Neanche un'anima attorno a noi.
Aprii la porta, trascinando Ivory dentro, e la richiusi, sprangandola.

Ivory.
Ero distrutta. Moralmente, scossa dal senso di colpa per aver abbandonato Vergil, e fisicamente, causata dall'estenuante corsa.
Il mio protettore mi aveva stretto la mano per tutto il tempo. Sapeva che se mi avesse lasciato anche solo per un attimo sarei tornata indietro.
Dante mi aveva trascinato ai limiti della città, in una vecchia casupola. 
All'erta si era guardato intorno prima di trascinarmi dentro la costruzione decadente.
Dentro la casa, osservai Dante mentre bloccava la porta. 
Cessati i rumori del suo trafficare con la porta, rimase un silenzio di tomba. 
Intorno a me non c’era altro che polvere, il soffitto aveva le travi di legno distrutte in alcuni punti dove riuscivo a scorgere il piano superiore. Le scale poste a qualche metro di fronte alla porta erano anch’esse di legno e un po’ distrutte. Doveva essere disabitata da moltissimo tempo.
Dante mi passò accanto e si sedette su un divanetto consumato, di fronte ad una finestra bloccata da assi di legna. Con la testa tra le mani, lo sentii borbottare e inveire contro Vergil.
- Stupido, idiota. Fregato da quel…quel…- continuava a stringersi le mani sulla testa, come a voler scacciare i brutti pensieri.
Sapevo cosa stava provando. Impotenti, incapaci di proteggere ciò a cui teniamo.
Forse ero io quella messa peggio. Non ero riuscita a proteggere nessuno dei due, anzi, li avevo messi in una situazione ben peggiore.
- Mi dispiace. – sussurrai. Avevo infranto una promessa, una promessa molto importante.
Dante con il suo finissimo udito mi sentì. Alzò la testa e mi fissò.
- Perché mai dovresti dispiacerti di una cosa di cui non hai colpa? – mi chiese.
- Tutto questo è colpa mia. – risposi dura.
Chiusi gli occhi e abbassai la testa. Poi, percepii una leggera carezza sui capelli.
Di scatto, alzai gli occhi trovandomi davanti gli occhi color ghiaccio di Dante.
Dimenticavo sempre quanto potessero essere silenziosi i suoi movimenti.
I suoi occhi erano duri e freddi. Rabbia, ecco cosa celavano.
- Smettila di attribuirti colpe che non hai. – disse gelido.
Scostai la sua mano dalla mia testa e mi voltai.
Non poteva capire. Non sapeva nulla di me.
- Sono stanco di essere all’oscuro di tutto. Non posso stare ai giochetti tuoi e di Vergil. – alle mie spalle la sua voce era piatta, ma sotto sotto piena di tormento.
- Volevi sapere chi è la donna che si è sacrificata per me, no? – chiesi di getto.
- Sì. -
Strinsi le braccia contro al mio corpo, conficcai le unghie nelle mia braccia il più forte che potevo.
Non era abbastanza come dolore per punirmi del male che avrei inferto a Dante con quella rivelazione.
- La donna che mi ha dato la vita era…- esitai. Chiuse forte gli occhi per evitare che le lacrime sgorgassero.
-…era vostra madre.- dissi d’un fiato.
- Mundus ha voluto che nascessi da lei così che quando io vi avrei ucciso, avreste sofferto sapendo che io stessa sono stata la causa della morte di vostra madre. Ma è successo qualcosa. Io custodisco dentro di me tutti i suoi ricordi, il suo amore per voi. Il giorno che ho conosciuto Vergil stavo per ucciderlo, come mi era stato ordinato. Non ci sono riuscita, però. Dentro di me si scontravano l’ubbidienza per Mundus e l’amore di Eva. Lei è stata sacrificata per me, e quel giorno ho giurato che io mi sarei sacrificata per voi. – le lacrime rigavano il mio viso senza sosta. Ormai le mie braccia erano perforate dalle mie unghie per il dolore.
Era preda di una serie di singhiozzi che sembravano non volersi più fermare.
Sentivo il dolore farsi strada in ogni punto del mio corpo, del mio cervello, del mio cuore.
Dante non spiccicava parola. Era rimasto in silenzio e distante da me.
Non sapevo se stesse per uccidermi o inveirmi contro per poi andarsene.
Il silenzio faceva da padrone, scandito solamente dai miei singhiozzi.
Poi udii un passo.
E un altro.
E un altro ancora.
Stavo per morire. Dante mi avrebbe ucciso.
Ero la causa della morte di Eva.
Mi prese un braccio con forza e mi costrinse a voltarmi.
Di fronte a me, la cosa più straziante che potessi vedere.
Il suo viso era serio ma questa serietà era spezzata dalle lacrime che gli rigavano il volto.
Di istinto, posai una mano sul suo viso per asciugargli le lacrime.
- Mi dispiace, Dante. Non sarei mai dovuta entrare nella tua vita. – erano scuse e basta. Non potevo fare nulla per alleviare il suo dolore.
Feci per togliere la mano dal suo viso ma lui mi fermò, e se la tenne vicino.
- Come ho già detto…non è colpa tua. Mi hai dato solo un motivo in più per uccidere quel bastardo di Mundus. – mi sentii come scoppiare. Dante non mi odiava!
- E io…sono più che felice che tu sia entrata nella mia vita. -


Chiedo tremendamente perdono per il ritardo ma ho avuto problemi con il mio computer principale e la mancanza di ispirazione non ha aiutato.
Sono riuscita a scrivere questo undicesimo capitolo. Corto, lo so, però i prossimi saranno più sostanziosi...qui ho voluto lasciare spazio al rapporto tra Ivory e Dante, costellato di segreti e leggermente incrinato.
Spero vi sia piaciuto, BVBarmy :)

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Dante.
- E io…sono più che felice che tu sia entrata nella mia vita. – era la verità.
Avevo ascoltato il suo racconto attentamente e non riuscivo a trovare alcun motivo per avercela con lei.
Ucciderla sarebbe stato come condannare un soldato per i crimine del suo generale, del tutto ingiusto.
- Non vuoi uccidermi? – chiese lei, scrutandomi negli occhi alla ricerca di qualcosa.
- No. – risposi. Strinsi di più la sua mano contro il mio viso. Chiusi gli occhi, assaporando la sensazione piacevole delle sue leggere carezze.
In un certo senso, capivo da dove provenisse la sua purezza e la sua ingenuità.
Anche se nata demone, non ne portava gran chè segno.
- Ivory, ti sei condannata da sola. Suppongo che anche Vergil non ce l’abbia mai avuta con te per questo. Né io, né lui abbiamo avuto voce in capitolo. Ti sei costruita la tua versione della storia e basta. – volevo che capisse quanto avesse sbagliato nel giudicarsi un’ assassina.
- Dante, tu non sai le vite che ho ucciso, le anime di cui mi sono cibata  - i suoi occhi erano spaventati, persi in qualche ricordo lontano.
Fece per indietreggiare, per allontanarsi da me ma la presi per le spalle.
- Ivory, stammi a sentire una buona volta. Chiunque tu abbia ucciso non l’hai scelto tu. Eri una pedina. Da quando ti conosco, non ho mai visto niente di malvagio in te. Anche quando hai cercato di entrare nella mia mente, l’hai fatto solo per proteggerci. Tu sei buona, e niente di quello che tu dirai mi farà cambiare idea. – i suoi occhi si spalancavano ad ogni mia parola. Era del tutto sorpresa.
Non si aspettava certo tutta queste lodi da parte mia, dopo la sua confessione.
La guardai negli occhi. Da sorpresa era passata a pensierosa.
- Spero che il messaggio sia stato recepito. – le scompiglia i capelli e iniziai a girare per il piccolo abitacolo.
Sudicia, come me la ricordavo.
Ivory si era rannicchiata sul divano.
Andai al piano di sopra a controllare.
Il pavimento era costellato di buchi, niente mobili. Nulla di interessante, non era ciò che cercavo.
Salii ancora e, ben nascosta dal disegno delle assi del soffitto, trovai la botola del sottotetto.
Solo un occhio molto attento avrebbe potuto individuarla, non sicuramente l’occhio di un demone inferiore. Aprii la botola e cacciai la testa dentro.
Era rimasto tutto come l’avevo lasciato: un materasso con delle coperte e una piccola stufa a gasolio.
Era un piccolo rifugio di emergenza che avevo utilizzato solo in rare occasioni.
Tornai di sotto. Ivory era ancora sul divano.
La vidi finalmente sorridere.
 
Ivory.
Ero rimasta scioccata, positivamente, dalle parole di Dante.
Non c’era rancore, non c’era più odio ma un sensazione bellissima: il perdono.
Forse da quel giorno avrei potuto iniziare a perdonare me stessa.
Sorrisi da sola.
- Ivory. – mi chiamò Dante.
Mi voltai verso al sua voce. Era proprio accanto al divano.
Chissà da quanto tempo mi stava osservando.
Lui mi porse la sua mano, che afferrai. Con gentilezza, mi fece alzare e mi guidò su per le scale.
Arrivammo alla fine delle scale. Mi guardai intorno interrogativa.
Voleva forse dirmi che avremmo dovuto dormire nelle scale?
Lo guardai con aria interrogativa e lui di rimando scosse la testa ridacchiando.
Tese il braccio e aprì un passaggio sul soffitto.
- Prima le signore. – mi disse. Aiutandomi, mi diede una spinta per salire.
Il passaggio era l’entrate del piccolo sottotetto.
Un materasso e una stufa erano gli unici arredamenti.
Mi trascinai fino al materasso e mi ci buttai sopra.
Osservai Dante richiudere attentamente la botola.
- Per stanotte staremo qui. Domani ti porto da Lady e io sistemerò questa faccenda. – disse lui, osservando la botola chiusa.
- Dove mi porteresti tu scusa? – chiesi accigliata, tirandomi su di scatto.
- Da Lady. Niente storie, dolcezza. Si fa come dico io. – Dante si spostò davanti a me, braccia conserte per lasciarmi intendere che lui aveva già preso la sua decisione.
Mi voltai sul materasso, infuriata,  dandogli la schiena.
- Non sono il tuo cucciolo domestico. – risposi.
Non l’avrei mai lasciato andare da solo, io dovevo proteggerlo e salvare Ver.
Sentii il materasso dietro la mia schiena sprofondare leggermente, segno che Dante si era seduto.
Poi una morbida carezza mi coprì il corpo: Dante mi aveva coperto con una spessa coperta.
Sentii il suo respiro vicino all’orecchio.
- Lo so che non sei il mio animaletto. Devo proteggerti però. – quel sussurro e quella vicinanza mi fecero avvertire un forte caldo sul viso.
- Dante, potresti…ehm…- iniziai a balbettare.
Sembrava come se nulla fosse cambiato dalla prima volta che mi si era fatto così vicino.
Con fare delicato, lui mi voltò e mi trovai il suo viso a pochi centimetri dal mio, le sue mani che affondavano all’altezza delle mie spalle nel materasso.
I miei occhi si ritrovarono incatenati ai suoi, ametista e ghiaccio fusi insieme.
Sulle sue labbra si dipinse un mezzo sorriso. Quelle labbra erano lì, ad un passo dalle mie.
Raccolsi tutto il mio coraggio, lo afferrai per la giacca e lo tirai più vicino a me.
 
 
Dante.
Ivory era lì, rossa sul viso, il respiro accelerato, il cuore che batteva all’impazzata.
Non avrei più resistito, volevo prendermi ciò che desideravo dalla prima volta che mi ero avvicinato a lei.
La feci voltare. Il suo viso era leggermente arrossato, gli occhi viola spalancati, le labbra leggermente schiuse e il tutto circondato dai suoi capelli rossi e neri.
Era uno spettacolo guardarla.
Quegli occhi viola come l’ametista mi erano entrati nel cuore ancor prima che io me ne potessi rendere conto. Sorrisi a quel pensiero.
Poi, successe in un attimo.
Le mani di Ivory si attaccarono alla mia giacca e mi trascinarono vicino alle sue labbra rosee.
Lo scontro delle nostre labbra fu irruente. Un bacio famelico, pieno di desiderio represso.
Dentro il mio petto, sembrò che il mio cuore stesse esplodendo.
Sentii le mani di lei scivolare dal bavero della giacca sulle spalle, poi sul collo fino a stringersi nei miei capelli.
Strinsi le mia braccia attorno al suo piccolo corpo.
Le nostre labbra si mescolavano ma io desideravo di più.
Tentai di addolcire il bacio, rendendolo più lento e dolce. Non appena però le passai la lingua sulle labbra e lei le dischiuse per lasciarmi “giocare” con la sua di lingua, fu una totale tempesta di fuoco.
Sembrò un bacio di secoli e non di una manciata di minuti, ma non volevo finisse.
Ivory però, con grazia, si allontanò e si avvicino al mio orecchio.
Sentii che aveva il fiato corto.
- Io vengo con te. -

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