A year without you. di Willows (/viewuser.php?uid=228480)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Luglio. ***
Capitolo 3: *** Agosto. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
A Year Without You.
{ Prologo }
Controllo
l’ora
dall’orologio appeso in cucina : 22.35.
Non è
possibile.
L’ho
guardato almeno venti
minuti fa e segnava le 22.30, è forse rotto?
Conosco già
la risposta,
funziona benissimo, ma da quando il tempo ha preso a scorrere
così lentamente? Anche
in questo caso la risposta è ovvia: una settimana esatta.
Sono stufa di
aspettare così mi alzo e mi dirigo in salone,
l’unico rumore
quello dei miei passi e lo snervante ticchettio delle lancette
dell’orologio.
È stata
quasi involontaria
come decisione.
No, non posso neanche
definirla una decisione, è stata piuttosto una reazione
spontanea. Un po’ come
quando al ferro aggiungi dell’acqua, cosa ottieni? Ruggine.
E cosa succede se mi
tolgono lui? Distruzione, disperazione, morte.
Sul tavolino di
cristallo
in salone ci sono una bottiglia di vodka, un flacone di pillole per
l’insonnia
e una sua foto, perché voglio che la sua faccia sia
l’ultima cosa che vedrò
prima d’ andarmene.
Apro la bottiglia e il
forte odore di alcool mi fa storcere il naso, poi prendo
il flacone e rovescio
una decina di
pillole sul palmo della mano, meglio abbondare.
È tutto
pronto, tra poco
lo raggiungerò.
Oh che scema, mi stavo
dimenticando della cosa, forse, più importante. Mi alzo a e
afferro al volo un
foglio di carta e una penna per poi inginocchiarmi di nuovo sul
tappeto.
Impugno la biro e inizio
a scrivere quelle che
saranno le mie ultime parole:
“ Caro Niall,”
Cazzo, mi devo già
fermare!
Non ho potuto neanche
scrivere il suo nome senza scoppiare a piangere e le persone pretendono
che io
possa vivere senza di lui? Folli, ecco cosa sono.
Mi asciugo le lacrime
velocemente, ormai sono diventata brava a farlo e
continuo.
“
Mi sento un po’ stupida a lasciare una lettera
proprio a te che non ci sei più, ma sento che sei
l’unica persona a cui debba
una spiegazione, l’unica che deve capire il perché
del mio gesto. Vedi, è
passata una settimana da quando te ne sei andato e in questi giorni mi
è
capitato spesso di pensare se, quando eri ancora vivo io ti abbia mai
detto:
“Non
posso vivere senza di te”.
Spero
di no, avrei mentito. Guardami, sono viva, per inerzia certo, non per
volontà, ma pur sempre viva, no? Il mio cuore batte il
sangue scorre e i reni
funzionano. Niall io posso benissimo vivere senza di te, solo che vivo
così ma
le che, fidati, non ne vale pena…”
Toc, toc.
Qualcuno sta bussando
alla
porta e valuto l’idea di non aprire, ma qualche secondo dopo
capisco che è
meglio se apro e, chiunque sia, lo manderò via.
Arrivo alla porta, con
passo strascicato, la apro e mi trovo davanti Liam.
O quello che una volta
era
Liam, perché io davvero non riconosco in questo ammasso di
carne e disperazione
il ragazzo dolce e solare che una volte era.
Siamo tutti sconvolti
dalla sua morte e lui non fa
eccezione.
« Posso
entrare? » il labbro trema e la voce si spezza.
Mi fa pena e senza
pensarci due volte lascio che si accomodi in casa mia e di
Niall. Guardo il nostro riflesso allo specchio, lui una mia copia
sbiadita e
non è tanto l‘aspetto trascurato a colpirmi, ma i
nostri sguardi: persi vuoti,
alla costante ricerca di qualcuno, di lui.
«Come stai?
» mi chiede gentile.
Che domanda del cazzo,
ho appena perso te, trovo assurda anche solo l’idea di
poter star bene ora.
Non gli rispondo, mi
limito a far spallucce, che capisca ciò che preferisce.
Vedo il suo sguardo
vagare per la stanza, quando qualcosa attira la sua
attenzione e troppo tardi mi rendo conto di cosa sia.
«Cosa stavi
facendo? » mi chiede in un tono che non riesco a decifrare.
Deluso,
sorpreso… arrabbiato forse?
« Davvero
hai bisogno che te lo spieghi? Senti lascia
stare…» rispondo fredda.
«No tu non
lo puoi fare.. » è
arrabbiato
e sconvolto, decisamente.
«Io posso
fare quello che voglio, non dipende né da te né
da nessun’altro ! »
urlo e vaffanculo le lacrime scorrono già sulle mie guance.
«No che non
puoi, cosa direbbe Niall se fosse qui, eh Nat? Tu non puoi, lui non
vorrebbe che tu facessi questo…» Lo vedo
arrampicarsi sugli specchi perché, ora
come ora, anche lui fatica a trovare un motivo per andare avanti.
« Si ma tu
lo vedi? Io no perché non è qui, lui non
c’è e io ,senza di lui, non
voglio vivere. Mi vedi? Questa non sono io, non sono
io…»
Non posso accettare
quella che sono diventata come me stessa.
Ciò che
sono stata se n’è
andato con lui, solo il mio corpo è rimasto qui.
Urliamo a lungo, o
meglio lui urla, io sono calma, sicura della mia decisione.
Lancia minacce a vuoto a cui faccio finta di non credere, ma un
po’ mi
spaventano. L’ultima cosa che voglio succeda… Oh no aspetta, quella
è già successa.
Diciamo che,
l’ultima cosa di cui ora ho bisogno è ritrovarmi
rinchiusa in una
clinica alla mercé di chissà quali strambi
dottori.
Ad un certo punto lo
guardo, stanca di quella lotta e disperata gli dico:
« Ti prego
Liam lasciami finire, lasciami andare da lui…»
Mi abbraccia forte e
sussurra sull’orlo delle lacrime:
«Non posso,
non posso»
« Lo sai che
lo farò lo stesso, vero? » ribadisco atona.
«Un anno,
datti un anno di tempo, vedi come va, magari migliora,
magari…» dice proponendomi
un patto disperato.
« Poi
potrò fare quello
che voglio? »
« Se lo
vorrai ancora… Si » afferma con le spalle basse,
stanco di combattere
per una vita,che non è neanche la sua.
Lo accompagno alla
porta e prima di
uscire mi dice:
« Devi
promettere che aspetterai l’anno, che proverai ad andare
avanti. Giuramelo
su di lui»
NO, NO, NO! Non me lo
può chiedere.
Mi fissa, aspetta una
risposta.
Annuisco, non ho la
forza
di parlare, ma qualcosa nel mio sguardo sembra averlo convinto
perché se ne va,
con la sola promessa che questo patto rimarrà fra di noi.
Mi giro e come se
nulla fosse successo torno al mio foglio di carta.
“ Ho accettato Niall, mi ha fatto giurare
su di te, quindi manterrò la promessa, ma ogni mese ti
scriverò, ti racconterò
i miei giorni per farti capire quanto sono vuoti senza di te. Ti
racconterò del
mio anno senza Te”
Ho
Hey.
Ehii,
eccomi qui con
questo nuovo progetto.
Avevo già pubblicato
questa storia su un altro account, ma poi l’avevo cancellata
e rileggendola mi
è venuta voglia di continuarla, quindi l’ho
pubblicata :)
Come avrete capito, Niall
è morto e Natalie era la sua fidanzata, credo che ci saranno
dodici capitoli (
uno per ogni mese) e l’epilogo.
Tengo moltissimo a questa
storia quindi se vi piace mi lascereste una recensione?
Grazie per aver letto
T&P
Ps: Se qualcuno sta leggendo la mia altra storia
Hoping
for a better life aggiornerò
a breve anche quella.
|
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Capitolo 2 *** Luglio. ***
A Year Without You.
{
Luglio }
È
una cosa
curiosa la morte di una persona cara.
È come salire le scale al buio per andare
in camera da letto e credere che ci sia ancora uno scalino.
Il tuo piede cade
nel vuoto e c'è un nauseante momento di tetra sorpresa.
Caro
Niall,
Novembre
è stato il primo mese che ho vissuto senza
di te. Ho tante cose da raccontarti, ma mi sembra giusto partire dal 9,
il
giorno in cui te ne sei andato.
Eri
uscito con Zayn quella sera, doveva essere una
specie di serata fra uomini, per questo non sono venuta, Perrie
l’aveva appena
lasciato e, di certo, passare una serata in compagnia della coppietta
felice,
non l’avrebbe aiutato.
Prima
di uscire ti sei avvicinato a me, che stavo
distrattamente guardando un programma alla televisione, mi ha sorriso e
mi ha
lasciato un bacio a fior di labbra, per poi mormorarmi
all’orecchio:
«Ti
amo ».
Hai
preso le chiavi della macchina e te ne sei andato, promettendomi che
non
avresti fatto tardi, ma che comunque non era il caso che ti aspettassi
sveglia.
«
Va bene, ti amo » ti ho urlato, ma non so se mi hai sentito,
visto che eri
per metà già fuori di casa.
Spero
di si.
Quella
è stata l’ultima volta che i miei occhi ti
hanno visto, l’ultima volta che le mie orecchie hanno sentito
il suono della
tua voce, l’ultima volta che le mie labbra hanno sfiorato le
tue.
In
un certo senso sono contenta che le ultime parole che tu abbia sentito
uscire
dalla mia bocca siano state quelle, “Ti amo”.
Spero
tu abbia pensato al suono della mia voce nel
pronunciarle, mentre giacevi sull’asfalto e sentivi le forze
abbandonarti.
Spero
che pensandomi, tu
mi abbia
sentito un po’ più vicina, visto che in quel
momento, io non c’ero e - giuro
Nial-, non me lo perdonerò mai.
Avrei
dovuto essere al tuo fianco e stringerti la mano, asciugando con dolci
baci le tue lacrime.
Avrei
dovuto rassicurarti, dirti di non aver paura, dirti che ti amavo e che
ce
l’avresti fatta, saresti sopravvissuto e insieme avremmo
formato una famiglia,
la nostra famiglia.
E
se anche non fosse stata la verità, perché i
medici me l’hanno detto che, tutto- la corsa in ospedale,
l’intervento
d’urgenza, l’attesa infinita- era stato
completamente inutile, la mia bugia ti
avrebbe rassicurato in quei pochi minuti che ti separavano dal buio.
Scusa
Niall, scusa se non era lì con te, ma in quel momento ero a
casa, stavo cucinando
una torta, perché sapevo che mi avevi detto di non
aspettarti sveglia, ma senza
di te quel letto mi sembrava troppo grande e freddo.
Ero
in cucina, avevo appena infornato la torta al cioccolato, la tua
preferita,
quando è suonato il telefono.
Sai,
lì per lì non mi sono preoccupata , molto
spesso ci capitava di ricevere telefonate alle ore più
disparate, avevamo tanti
amici all’estero e nessuno di loro s’era mai curato
troppo del fuso orario.
Così
ho sollevato la cornetta e ho chiesto chi
fosse.
«…»
silenzio.
Dall’altra
parte, sentivo soltanto dei respiri
pesanti, pensavo fosse uno scherzo di cattivo gusto e ho fatto per
attaccare la
cornetta quando ho sentito la voce di Harry.
«Nat…» mi ha
detto.
Dio,
Niall!
Una
parola, una sola parola è stata sufficiente a
farmi capire cosa fosse successo, che poi non è stata la
parola a farmelo
capire, ma il modo in cui l’ha pronunciata.
C’era
di tutto nel suo tono di voce: dolore, paura,
insicurezza, angoscia, sgomento, dolore, dolore,
dolore…quanto dolore in una
sola parola.
«No…»
ho sussurrato.
«Niall
ha avuto un incidente in macchina, Zayn è
all’ospedale con lui…» qui si
è interrotto, la voce spezzata e il respiro
affannoso.
«…Noi
stiamo andando tutti lì… scendi ti passiamo a
prendere»
Ringrazio
che me l’abbia detto e non domandato, perché non avrei saputo come
rispondere, era come se
il mio cervello fosse andato in tilt, non potevo crederci.
In
quel momento ho compiuto una scelta e ho scelto
la speranza, la speranza che tu fossi ancora vivo, che
l’incidente si, fosse
stato grave, ma che tu comunque ce l’avresti fatta.
In
seguito mi sarei pentita di quella scelta, ma se non l’avessi
fatta non
penso sarei riuscita a spegnere il forno, prendere le chiavi di casa e
precipitarmi giù ,così com’ero vestita,
ad aspettare che i tuoi amici
arrivassero.
Non
so quanto ci abbiano messo, siano stati cinque,
dieci o venti minuti, per me erano comunque troppi, magari eri ancora
vivo e mi
stavi aspettando, magari…”
Mi fermo e mi alzo di
colpo, quelle parole intrise di speranza bruciano più del
ferro rovente, riesco più o meno a sopportare i nostri
ricordi insieme, ma non
il pensiero di come potrebbe essere la nostra vita se lui fosse ancora
qui.
Faccio un giro per la
casa, bevo un bicchiere d’acqua per calmarmi e, una volta
smesso di piangere, torno al mio foglio, a lui.
“
Quando sono arrivati, sono subito salita sulla
Range Rover nera di Liam, di fianco a me avevo Louis, mentre Harry era
seduto
davanti, vicino al proprietario dell’auto.
Credo
che abbiamo detto qualcosa, ma non ne sono
sicura, ero troppo presa dal pensiero che tu potessi andartene.
Appena
arrivati al parcheggio dell’ospedale mi sono
fiondata giù, la macchina che ancora era in moto, le grida
dei ragazzi…
Inutili, non li ho ascoltati, non mi interessava cosa avessero da
dirmi, avevo
solo un pensiero in testa: Te.
Ho
chiesto di te ad un’infermiera che mi ha
indicato il terzo piano, sono corsa su per le scale, non riuscivo a
stare ferma
neanche per aspettare l’ascensore, e si che sono sempre stata
io quella pigra.
Ho
visto Zayn, era in piedi le mani appoggiate al
muro e la testa nascosta tra le braccia, sentendo i miei passi ha
alzato lo
sguardo.
«Nat…»
lo stesso tono di Harry.
«Dov’è?
» non mi interessavano i particolari
dell’incidente, non ora.
«In
sala operatoria…»
Sono
rimasta immobile, la bocca spalancata e lo
sguardo vitreo, dovevo aspettare… ancora.
Dopo
una decina di minuti sono arrivati anche gli
altri ragazzi, hanno sommerso Zayn di domande, lui era in
difficoltà, non
sapeva cosa dire o in che modo.
Che
minuti, Niall, che minuti!
Non
saprei raccontarti cosa mi è passato per la testa,
forse tutto, forse niente.
Avevo
il vuoto e contemporaneamente potrei dire di
aver rivisto ogni singolo attimo passato insieme, ma anche in questo
caso non sono
in grado di dire quanto tempo ho aspettato, sempre troppo. Dopo una
mezz’ora ci
hanno fatto accomodare in una saletta privata, la notizia si stava
diffondendo
e non volevano che fossimo disturbati da un’orda di fan
preoccupate per la
salute del loro idolo.
Ero
seduta su di una poltroncina quando un medico
dal camice bianco e lo sguardo impassibile è entrato. Mi
sono alzata di scatto,
come tutti gli altri ragazzi, e di nuovo, per la terza volta in una
sola sera,
ho aspettato.
Quanto
ho sperato negli attimi che hanno preceduto
le sue parole, li ho riempiti di tutta la speranza del mondo, tu dovevi
essere
sopravvissuto, non c’erano alternative.
Ha
scosso la testa
e quello è stato sufficiente
a
farci capire l’esito del tuo intervento.
«Abbiamo
fatto tutto il possibile…trauma troppo
esteso… ha lottato… tutto inutile…mi
dispiace»
stralci di frasi, ecco quello che sono riuscita a capire.
Dopo
averci dato la notizia se n’è andato come se
nulla fosse, come se dire a cinque ragazzi che il loro amico ventenne è morto fosse
normale.
Non
è normale ,non lo è.
Che
modi Niall, hanno gli uomini ,alle volte, per
dimostrare che ci tengono.
Liam
è stato il primo a cedere, si è alzato e ha
cominciato a tirare pugni al muro fino a farsi sanguinare le nocche,
fino ad
urlare dal dolore, a
quel punto Zayn lo
ha fermato, soffocando i suoi singhiozzi con un abbraccio.
Io
ero immobile quando il silenzio è stato rotto da
un urlo, no, non era un urlo, un lamento più che altro,un
lamento disumano,
straziante, come quello di una mamma orsa che ha appena perso il suo
cucciolo.
Chi
mai aveva potuto produrre tale suono?
Di
sicuro non un essere umano era troppo atroce,
troppo penoso…
Mi
sono guardata attorno e ho incontrato lo sguardo
dei ragazzi, ero stata io Niall, io avevo emesso quel suono, ho chiuso
la
bocca, e ho stretto la mia pancia con le mani, stavo cadendo a pezzi e
non
sapevo come fare per rimanere in piedi. Mi sono guardata il corpo
confusa,
tutto quel dolore non poteva venire solo dal cuore, dovevo avere
qualche
ferita, qualcosa…
«Natalie…»
hanno sussurrato all’unisono.
Mi
sono venuti incontro e mi hanno abbracciato, io
ero immobile, lo sguardo appannato dalle lacrime e il corpo bloccato
dal
dolore.
Siamo
rimasti così per un tempo infinito, poi, quando ci siamo
staccati, io mi
sono lasciata scivolare contro la parete portando le ginocchia al
petto, non
riuscivo a stare in piedi, era come se mi fosse crollato il mondo
addosso e
contemporaneamente sparita la terra da sotto i piedi.
Avevo
le vertigini, la nausea, ero davvero…un
casino.
Ho
alzato lo sguardo e ho osservato gli altri
ragazzi, erano tutti disperati nessuno se l’aspettava nessuno
era pronto a
vivere senza di te, non sapevano come affrontare la cosa,in che modo
reagire
cosa fare…così ho preso in mano la situazione mi
sono alzata e ho detto:
«Qualcuno
deve avvertire i suoi genitori, non è
giusto che lo sappiano dal telegiornale o da qualche
giornalista.»
«Faccio
io » ha risposto Louis, io ho scosso la
testa, spettava a me, per quanto straziane potesse essere, era un mio
compito.
«Passami
il tuo telefono, io l’ho lasciato a casa»
mi sono limitata a dire. Lui me l’ha lanciato e dopo averlo
preso al volo sono uscita
dalla stanza, non potendo più reggere i loro sguardi puntati
su di me.
Ho
composto il numero di casa dei tuoi genitori,”ti
prego fa che rispondano, ti prego fa che rispondano” ho
pensato in quei
momenti, non potevo lasciare un messaggio in segreteria.
«Pronto?
» ha detto la voce calda e assonnata di
tua mamma. Cavolo erano le tre di notte, non ci avevo nemmeno fatto
caso.
«Maura…
sono Natalie… Niall…» mi sono portata
la
mano davanti alla bocca per coprire i singhiozzi che scuotevano il mio
petto
«
Oh mio Dio…» aveva capito Niall, aveva capito
tutto.
«Ha
fatto un incidente… mi dispiace, ma non ce l’ha
fatta.» e qui sono scoppiata a piangere, come si fa a dire ad
una mamma che suo
figlio di soli vent’anni è morto?
La
linea è caduta, ma non ho richiamato, mi
sembrava giusto lasciarle il suo spazio e darle il tempo di comprendere
ciò che
era appena successo.
Quando
mi sono girata ho incontrato lo sguardo di
Zayn, era arrivato il momento che mi spiegasse cos’era
successo.
«Stavi
guidando tu? » gli ho chiesto chiudendo gli
occhi e poggiando la testa alla parete.
«No»
«Perché?
Era la tua macchina, no? » non so perché
lo stessi attaccando, ma non riuscivo a smettere.
«Si,
ma…» mi ha detto, incerto se continuare o no.
«Cosa?
» stesso tono duro, aggressivo, accusatorio.
«Ero
un po’ brillo, così gli ho chiesto se poteva
guidare lui, che non aveva bevuto. Era tutto tranquillo poi non so
cos’è
successo, penso che una macchina non abbia visto uno stop, o forse
è stato lui
a non averlo visto e ci siamo scontrati, mi ricordo poco… la
sirena
dell’ambulanza, il suo corpo steso a terra»
«
Quindi se tu non avessi bevuto lui sarebbe ancora
qui, eh? È per questo che lui è morto,
perché avevi bisogno di bere » ho
iniziato ad urlare, lui non rispondeva ,forse perché stavo
semplicemente
dicendo quello che anche lui pensava. È
«
È tutta colpa tua! Se tu non gli avessi chiesto
di uscire, se tu non avessi bevuto, se avessi guidato tu , lui sarebbe
ancora
qui. È tutta colpa tua! » gli ho urlato contro.
I
ragazzi sono usciti, hanno cercato di calmarmi di
farmi ragionare, ma io avevo già emesso la mia sentenza e
anche Zayn lo aveva
fatto.
Mi
ha guardato con gli occhi lucidi mimando un « Non
volevo » con le labbra ed è sparito.
Non
so perché ho detto quello cose, non le pensavo e mi
dispiace, non ero
l’unica a soffrire per la tua morte e non avevo alcun diritto
di trattarlo
così.
I
ragazzi mi hanno guardato in silenzio, ma non
hanno fatto in tempo a dirmi niente siccome un’infermiera dai
fianchi larghi e
il viso stanco si è avvicinata dicendoci, con tutto il tatto
e la comprensione
possibile, che il tuo corpo era pronto e che ,se avessimo voluto,
avremmo
potuto vederti.
Ci
siamo avvicinati tutti e quattro insieme, mano
nella mano, per non crollare, per resistere almeno fino a quando ognuno
non si
sarebbe trovato al sicuro nella propria casa e allora si che ci saremmo
potuti
lasciare andare, disperare, piangere, urlare, fino a che non ci fosse
rimasta
più voce, ma non lì.
Non
era quello né il momento né il luogo.
Ho
alzato lentamente il lenzuolo con le mani
che tremavano, ma
che fatica sollevarlo
e farlo scendere fino al tuo collo, ogni millimetro era una conquista,
ogni
centimetro un traguardo inaspettato.
Alla
fine sono riuscita a scoprire del tutto il tuo
volto, ma non starò qui a descriverti il modo in cui mi sono
sentita nel
momenti in cui ti ho visto, ti basta sapere che ,per me, è
stata la morte.
Dopo
che tutti si sono allontanati, mi sono chinata
sul tuo corpo freddo e ti ho sussurrato:
«Ti
amerò sempre»
Mi
hai sentito, ne sono sicura.
Uscendo
dall’ospedale sono stata accolta da una
folla di paparazzi, mi ricordo Louis che mi stringeva e le guardie del
corpo
che mi schiacciavano per coprirmi dai fotografi, le facce dei ragazzi
una volta
saliti in macchina e le parole gentili di Paul.
Mi
ricordo che sono salita in casa e appena ho
messo un piede dentro sono crollata, non saprei dirti se sono svenuta o
mi
semplicemente lasciata andare schiacciata dal peso di tutta la mia
speranza.
L’unica cosa
di cui avevo bisogno in quel momento, eri tu.
I
giorni subito dopo la tua morte sono stati in un
certo senso i più facili da sopportare, visto che
c’era sempre qualcosa da fare,
non avevo tempo per fermarmi a pensare e realizzare appieno
ciò che era
accaduto.
Il
tuo funerale è stato straziante, davvero.
Ricordo
di aver abbracciato tante persone che ti
volevano bene, tua mamma che non faceva altro che piangere, tuo padre
impotente
di fronte a tanto dolore e tuo fratello che non poteva accettare la tua
scomparsa.
Ovviamente
c’erano anche i ragazzi, tutti con gli
occhi lucidi e lo sguardo spaesato. Ho abbracciato anche loro, ma non
Zayn, ero
ancora arrabbiata con lui, lo credevo il responsabile, il solo
colpevole della
tua morte.
Forse lo credo ancora.
Ci
è rimasto male, si sentiva in colpa e io non ho
fatto niente per aiutarlo, mi dispiace.
Appena ti hanno seppellito sono scappata a casa,
davvero non potevo e non posso tuttora credere che te ne sei andato,
che il tuo
corpo giacerà per sempre sottoterra.
Una settimana esatta dopo il tuo incedente Liam si
è presentano da me e abbiamo stretto quel patto scellerato,
ma non me ne pento,
voglio ancora raggiungerti.
Giro
per casa come uno zombie, non rispondo alle
chiamate e non esco di casa, non sono ancora pronta per affrontare il
mondo,
per affrontare la tua assenza.
Il
primo mese è passato così, in una sorta di
impasse, tu non ci sei, è vero eppure sento la tua presenza
ovunque.
Mi
manchi sempre.
Puoi
tornare da me?
Ti
amerò sempre.
Natalie
Ho
Hey
Ehilà
(:
Finalmente sono riuscita ad aggiornare, come vedete in questa lettera
Natalie
parla di Luglio, il primo mese senza Niall.
Lo so è lungo e triste, ma
non aspettatevi niente d’allegro in questa storia.
Comunque ringrazio tutti
quelli che hanno letto lo scorso e spero di avervi fatto commuovere
almeno un
pochino. Mi dite cosa ne pensate in una recensione?
A presto T&P
|
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Capitolo 3 *** Agosto. ***
{Agosto}
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio.
Agosto, il secondo mese senza te, amore.
Anche se in modo confuso e incostante, il tempo passa, molto spesso non ci faccio neanche caso.
Certe mattine mi sveglio e mi stupisco del fatto che sia passato più di un mese da quando… sei morto.
Sai, è la prima volta che lo scrivo –o lo penso in assoluto- di solito uso sempre altre parole, sinonimi come andato, scomparso, ma non morto. Non riesco ad accettarlo e ad essere sincera, non credo nemmeno di averlo realizzato a pieno. In qualche modo sono convinta che tu tornerai, ti vedrò entrare dalla porta d’ingresso, sorridente come al solito, avrai le guancie rosse per il freddo e i capelli scompigliati dal vento, ti avvicinerai con passo sicuro e mi lascerai un bacio a fior di labbra.
«Bentornato» ti sussurrerò felice e tu riderai, riderai e riderai.
Perché tu sei Niall e Niall ride.
Vedi? Non posso fare a meno di parlare al presente.
Di nuovo mi alzo, non riesco a sopportare il pensiero di come sarebbero andate lo cose se lui non fosse morto, ma non posso fare a peno di pensarci. Lentamente mi risiedo, impugno la penna e riprendo da dove mi sono interrotta.
Dai basta parlare solo di me… Agosto, giusto? Si è questo il mese di cui ti devo parlare.
All’inizio del mese mia mamma è venuta a trovarmi, era dispiaciuta e visibilmente spaventata dallo stato in cui mi trovavo. Indossavo una tua vecchia tuta, le indosso spesso a dir la verità, sono così calde e confortanti, hanno ancora addosso il tuo profumo. Sono come delle sostitute delle tue braccia - quando mi stringevi forte e te e il tuo profumo mi rimaneva addosso- delle pessime sostitute, per la cronaca, ma in qualche modo aiutano.
I capelli erano legati in uno chignon alto, da cui uscivano numerose ciocche.
Lo so che tu mi preferivi con i capelli sciolti, ma tu non ci sei, quindi che senso avrebbe portarli così?
Appena mi ha visto mi ha subito abbracciato, scusandosi per non essere venuta al funerale.
Era impegnata con papà, sai, no? Con l’Alzheimer e tutto il resto…
Le ho detto di non preoccuparsi, che capivo e stavo bene, non appena mi ha stretto, però, sono scoppiata a piangere. Ni, mi sono sentita così piccola fra le sue braccia che sapevano di casa, quassi fossi tornata in un lampo una bambina che corre fra le braccia della mamma per un ginocchio sbucciato.
Ma si cresce Niall e i ginocchi sbucciati diventato cuori infranti.
Solo quando abbiamo sciolto l’abbraccio mi sono accorta che eravamo ancora di fronte all’ingresso, così mi sono spostata e l’ho fatta accomodare. Era la prima volta che entrava nel nostro appartamento e avrei preferito lo vedesse in uno stato migliore, ma se devo essere sincera non me ne importava poi molto.
In cucina avanzi delle settimane passate erano sparsi sui vari ripiani e credenze, il soggiorno era immerso nel caos, così come il bagno e la nostra camera da letto.
«Beh tesoro, è molto carino» mi ha detto guardandosi attorno a disagio.
Normalmente avrei riso del suo comportamento, perché so bene che odia il disordine –praticamente si stava trattenendo dallo spolverare anche me- e ha detto quelle parole solo per essere gentile, ma non ci sono riuscita. Riuscirò a ridere nuovamente? Non credo, Niall.
Era una spesso io e te, ridere dico.
Anche una minima cosa, come una delle battute- pessime- di Harry, era sufficiente a farci scoppiare in una risata. È una delle cose che mi hanno fatto innamorare di te, la facilità con cui sapevi farmi ridere e sorridere, anche nei momenti peggiori, anche quando sembra che il mondo ti stia crollando addosso.
Dio, quanto mi manchi.
Comunque, ci siamo sedute sul divano e abbiamo iniziato a parlare, o meglio mamma parlava e io rispondevo a monosillabi, sforzandomi in tutti i modi di sembrare normale. Cercando, con tutte le mie forze, di nascondere la voragine che si staglia nel mio petto, dove un tempo c’era il cuore.
Ha provato anche a farmi qualche domanda, mi ha chiesto ei ragazzi e dei tuoi genitori, ma poi, capendo che non era nell’umore, ha lasciato perdere e mi ha raccontato di Matt e di papà.
All’inizio ho ascoltato, ma poi non ce l’ho fatta, ero tanto stanca e le palpebre si sono fatte pesanti.
Mi sono addormentata nel giro di qualche secondo.
Quando mi sono svegliata ero un po’ confusa - mi capita spesso ultimamente e la colpa credo sia del sonno agitato e pieno di incubi in cui cado ogni volta in cui chiudo gli occhi- e guardandomi attorno che il soggiorno era più ordinato, lo sesso per la cucina.
Solo quando ho sentito dei rumori provenienti dalla nostra camera da letto ho collegato e capito cosa stava succedendo: mia mamma aveva deciso di sistemare casa, credendo di farmi un favore, peccato che si sbagliava di grosso. C’era un motivo per cui avevo deciso di non toccare nulla, di lasciare tutto esattamente com’era prima che tu te ne andassi, soprattutto la nostra camera da letto. Niall, io ti aspetto ancora e forse, se non vado avanti se lascio tutto com’era, tu, un giorno tornerai da me.
Mi sono precipitata in camera da letto e credo anche di averla spaventata, perché le ho urlato si fermarsi e non toccare nulla, per fortuna non aveva ancora iniziato. Penso di aver usato un tono più duro e arrabbiato del previsto, visto che ha subito lasciato cadere il berretto che aveva in mano- si quello verde, il tuo preferito- e con un espressione mortificata si è scusata, lasciando subito la stanza. Forse avrei dovuto notare che i suoi occhi si erano fatti improvvisamente lucidi, ma l’unica cosa che sono riuscita a fare è stata chiedere gli occhi, sospirare e dire che non importava, che la ringraziavo per quello che stava facendo, ma che la nostra stanza non doveva essere toccata. Non ricordo le parole precise Ni, ma temo di essere stata piuttosto sgarbata.
Sento di star crollando a pezzi e non posso fare niente per impedire che questo accada.
Mi sento così vuota, così distrutta, voglio solo raggiungerti.
Mia madre è rimasta a dormire qualche giorno a casa nostra, ma non poteva sopportare che io stessi così male, così è partita con la scusa che papà aveva bisogno di lei.
Non la biasimo, non dico che io avrei lo stesso eh, ma so di non essere mai stata facile da gestire, ora meno che mai.
I ragazzi chiamano spesso, ma sono poche le volte che rispondo, non ne ho ma la forza e in qualche modo trovo ingiusto che loro siano ancora in vita, che anche io sia ancora in vita, mentre tu giaci tre metri sotto terra, relegato in un sonno eterno.
Liam è troppo opprimente e apprensivo, da quando abbiamo fatto quel patto non fa altro che assicurarsi che io lo rispetti. Louis prova sempre a strapparmi una risata, con una delle sue battute, ma non fanno più ridere e non ci crede nemmeno lui, quindi trovo i suoi tentativi patetici, per quanto dolci. Zayn non voglio sentirlo - si in qualche modo lo incolpo ancora della tua morte- e Harry sta semplicemente zitto.
Davvero, alle volte chiama e stiamo ore al telefono senza dire una parola.
Eppure aiuta.
Aiuta eccome sapere che dall’altra parte c’è qualcuno, che non sei sola e che non importa se sei arrabbiata, sei stai piangendo o semplicemente respirando.
Lui è lì.
Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Mi capita spesso di ripensarci ultimamente, forse perché saranno due anni esatti fra qualche giorno.
Stavo lavorando al bar e quel giorno c’era davvero poca gente, insomma ad Agosto la città si svuota sempre, tutti i cliente vanno in vacanza e c’erano solo un paio di persone che avevo servito per altro. Comunque ero seduta sul bancone a leggere un libro, il Grande Gatsby, ed ero così presa che con non mi sono accorta che eri entrato, ci è voluta la voce tonante del mio capo che mi ha urlato «Natalie ti vuoi svegliare! Non ti pago mica per stare lì ferma a leggere.»
Con calma ho appoggiato il libro sul bancone e ho aspettato che si voltasse per alzare il dito medio nella sua direzione, un sorrisino falso sul volto.
Era un despota quell’uomo, mi pagava una miseria e dava orari impossibili, c’erano volte che tornavo a casa alle due di notte, anche se avrei dovuto staccare alle undici, solo perché Becky – sua figlia- era una totale imbranata a servire, fare i cocktail o qualsiasi cosa non fosse messaggiare con il cellulare.
Solo in quel momento mi sono accorte della tua presenza, e come non avrei potuto?
Mi guardavi con un sorriso strano sul volto come se ti aspettassi di essere riconosciuto da un momento all’altro, come se credevi che io ti conoscessi.
Ti ho guardato attentamente per qualche secondo e poi mi sono illuminata
«Ma io ti conosco!» ho detto spalancando gli occhi puntandoti un dito contro.
Tu mi ha sorriso, di nuovo, e hai annuito come se non stessi aspettando altro.
Ti ho abbracciato con un po’ troppo slancio forse e:
«Tu sei il piccolo Timmy! Oh mio dio, quanto tempo è passato? Quindici anni?»
Ebbene si Niall, ti avevo scambiato per il piccolo Timmy ovvero il mio vicino di casa, nonché primo fidanzatino, di quando avevo cinque anni più o meno.
Tu hai risposto all’abbraccio e:
«Si, credo che siano passati circa quindici anni» hai confermato.
Abbiamo passato il resto del pomeriggio a ridere e parlare di quando eravamo piccoli, ed ancora oggi mi chiedo come e perché tu l’abbia fatto.
Insomma ho creduto per tutto il tempo che tu fossi il mio vicino di casa, anche quando mi raccontavi qualche episodio della nostra infanzia di cui non avevo memoria.
Credevo semplicemente di essermene dimenticata e non che tu ti stessi inventando tutto si sana pianta.
Quando te ne sei andato mi ha lasciato il tuo numero scribacchiato sul retro di un posa bicchiere, dicendo di chiamarti che saremmo potuti uscire insieme, qualche volta.
Una volta uscita dal locale, verso le sette e mezza di sera ho guardato in altro, verso il palazzo di fronte al bar e il sangue mi si gelato nelle vene.
La tua faccia, e quella di altri quattro affascinanti ragazzi, era stampata su un gigantesco cartellone, “One direction Up All Night tour”recitava l’insegna e io avrei voluto sparire in quel momento.
Credo di non essermi mai sentita più stupida in tutta la mia vita, non tanto per il fatto di non averti riconosciuto, ma più che altro per il modo in cui mi avevi presa in giro.
Ero così incazzata che ho composto il tuo numero di fretta e furia, pronta a dirtene quattro.
«Si può sapere quando avevi intenzione di dirmelo?» ti ho praticamente urlato nell’orecchio una volta che hai risposto.
«Scusa, chi parla?» hai detto con tono confuso.
«Sono Natalie, la ragazza del bar, ti sei divertito a prendermi in giro, eh? Beh scusa tanto se non tutti conoscono i One Attention»
«Direction e comunque non volev…» mi ha corretto prontamente.
«Fa lo stesso!» e ti ho attaccato in faccia.
Ho pensato che ti eri fatto quattro risate in barba ad una ragazza che non ti aveva riconosciuto, ho pensato che non ti avrei mai più rivisto. Ho pensato che sarei stata solo una piccola, piccolissima parentesi nella tua vita, una di quelle che neanche un mese dopo e te le dimentichi.
Ma il giorno dopo eri davanti al bar, prima che aprisse, ad aspettarmi.
Mi ha chiesto scusa e io ti ho detto di andare al diavolo.
La cosa è continuata per circa una settimana e mezza, tu venivi al bar di mattina, pomeriggio o sera, a seconda dei mie turn), ti sedevi sullo sgabello di fronte al bancone e iniziavi a parlare.
Parlavi della tua nuova vita e dei tuoi amici, dell’Irlanda e della tua famiglia, mi parlavi di tutto e niente e ogni volta, prima di andartene, mi chiede di uscire insieme.
Alla fine, dopo dieci giorni di assedio ho ceduto e siamo usciti insieme.
Un mese dopo mi hai chiesto di diventare la tua ragazza.
Mi manchi Niall, tanto.
Puoi tornare da me?
Ti amerò sempre,
Natalie.
Hey ho.
Emh, cosa si dice in questi casi? Scusate l’assenza?
No davvero mi dispiace un sacco per il ritardo con cui aggiorno questa storia (anche perché è una delle mie preferite) ma ho attraversato una specie di crisi e non riuscivo più ad andare avanti, mi perdonate? :(
In questo capitolo scopriamo di più sulla vita di Natalie dopo la morte di Nall e il modo in cui lo ha conosciuto. Vi piacciono queste specie di flashback della loro vita insieme?
Cosa ne pensate della storia?
Grazie mille per aver letto e scusate il ritardo, a presto T&P.
O la mia one shot Wonderwall
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