A year without you.

di Willows
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Luglio. ***
Capitolo 3: *** Agosto. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A Year Without You.

{ Prologo }

 

 

 

Controllo l’ora dall’orologio appeso in cucina : 22.35.
Non è possibile.
L’ho guardato almeno venti minuti fa e segnava le 22.30, è forse rotto?
Conosco già la risposta, funziona benissimo, ma da quando il tempo ha preso a scorrere così lentamente? Anche in questo caso la risposta è ovvia: una settimana esatta.
Sono stufa di aspettare così mi alzo e mi dirigo in salone, l’unico rumore quello dei miei passi e lo snervante ticchettio delle lancette dell’orologio.
 
È stata quasi involontaria come decisione.
No, non posso neanche definirla una decisione, è stata piuttosto una reazione spontanea. Un po’ come quando al ferro aggiungi dell’acqua, cosa ottieni? Ruggine.
E cosa succede se mi tolgono lui? Distruzione, disperazione, morte.
Sul tavolino di cristallo in salone ci sono una bottiglia di vodka, un flacone di pillole per l’insonnia e una sua foto, perché voglio che la sua faccia sia l’ultima cosa che vedrò prima d’ andarmene.
Apro la bottiglia e il forte odore di alcool mi fa storcere il naso, poi prendo il flacone e  rovescio una decina di pillole sul palmo della mano, meglio abbondare.
È tutto pronto, tra poco lo raggiungerò.
Oh che scema, mi stavo dimenticando della cosa, forse, più importante. Mi alzo a e afferro al volo un foglio di carta e una penna per poi inginocchiarmi di nuovo sul tappeto. Impugno la biro e inizio
a scrivere quelle che saranno le mie ultime parole:

Caro Niall,”


Cazzo, mi devo già fermare!

Non ho potuto neanche scrivere il suo nome senza scoppiare a piangere e le persone pretendono che io possa vivere senza di lui? Folli, ecco cosa sono.
Mi asciugo le lacrime velocemente, ormai sono diventata brava a farlo e continuo.
 
“ Mi sento un po’ stupida a lasciare una lettera proprio a te che non ci sei più, ma sento che sei l’unica persona a cui debba una spiegazione, l’unica che deve capire il perché del mio gesto. Vedi, è passata una settimana da quando te ne sei andato e in questi giorni mi è capitato spesso di pensare se, quando eri ancora vivo io ti abbia mai detto:
“Non posso vivere senza di te”.
Spero di no, avrei mentito. Guardami, sono viva, per inerzia certo, non per volontà, ma pur sempre viva, no? Il mio cuore batte il sangue scorre e i reni funzionano. Niall io posso benissimo vivere senza di te, solo che vivo così ma le che, fidati, non ne vale pena…
 
Toc, toc.
Qualcuno sta bussando alla porta e valuto l’idea di non aprire, ma qualche secondo dopo capisco che è meglio se apro e, chiunque sia, lo manderò via.
Arrivo alla porta, con passo strascicato, la apro e mi trovo davanti Liam.
O quello che una volta era Liam, perché io davvero non riconosco in questo ammasso di carne e disperazione il ragazzo dolce e solare che una volte era.
Siamo tutti sconvolti dalla sua morte e lui non fa eccezione.
« Posso entrare? » il labbro trema e la voce si spezza.
Mi fa pena e senza pensarci due volte lascio che si accomodi in casa mia e di Niall. Guardo il nostro riflesso allo specchio, lui una mia copia sbiadita e non è tanto l‘aspetto trascurato a colpirmi, ma i nostri sguardi: persi vuoti, alla costante ricerca di qualcuno, di lui.
«Come stai? » mi chiede gentile.
Che domanda del cazzo, ho appena perso te, trovo assurda anche solo l’idea di poter star bene ora.
Non gli rispondo, mi limito a far spallucce, che capisca ciò che preferisce.
Vedo il suo sguardo vagare per la stanza, quando qualcosa attira la sua attenzione e troppo tardi mi rendo conto di cosa sia.
«Cosa stavi facendo? » mi chiede in un tono che non riesco a decifrare. Deluso, sorpreso… arrabbiato forse?
« Davvero hai bisogno che te lo spieghi? Senti lascia stare…» rispondo fredda.
«No tu non lo puoi fare.. »  è arrabbiato e sconvolto, decisamente.
«Io posso fare quello che voglio, non dipende né da te né da nessun’altro ! » urlo e vaffanculo le lacrime scorrono già sulle mie guance.
«No che non puoi, cosa direbbe Niall se fosse qui, eh Nat? Tu non puoi, lui non vorrebbe che tu facessi questo…» Lo vedo arrampicarsi sugli specchi perché, ora come ora, anche lui fatica a trovare un motivo per andare avanti.
« Si ma tu lo vedi? Io no perché non è qui, lui non c’è e io ,senza di lui, non voglio vivere. Mi vedi? Questa non sono io, non sono io…»
Non posso accettare quella che sono diventata come me stessa.
Ciò che sono stata se n’è andato con lui, solo il mio corpo è rimasto qui.
Urliamo a lungo, o meglio lui urla, io sono calma, sicura della mia decisione. Lancia minacce a vuoto a cui faccio finta di non credere, ma un po’ mi spaventano. L’ultima cosa che voglio succeda… Oh no  aspetta, quella è già successa.
Diciamo che, l’ultima cosa di cui ora ho bisogno è ritrovarmi rinchiusa in una clinica alla mercé di chissà quali strambi dottori.
Ad un certo punto lo guardo, stanca di quella lotta e disperata gli dico:
« Ti prego Liam lasciami finire, lasciami andare da lui…»
Mi abbraccia forte e sussurra sull’orlo delle lacrime:
«Non posso, non posso»
« Lo sai che lo farò lo stesso, vero? » ribadisco atona.
«Un anno, datti un anno di tempo, vedi come va, magari migliora, magari…» dice proponendomi un patto disperato.
« Poi potrò fare quello che voglio? »
« Se lo vorrai ancora… Si » afferma con le spalle basse, stanco di combattere per una vita,che non è neanche la sua.
Lo accompagno alla porta e  prima di uscire mi dice:
« Devi promettere che aspetterai l’anno, che proverai ad andare avanti. Giuramelo su di lui»
NO, NO, NO! Non me lo può chiedere.
Mi fissa, aspetta una risposta.
Annuisco, non ho la forza di parlare, ma qualcosa nel mio sguardo sembra averlo convinto perché se ne va, con la sola promessa che questo patto rimarrà fra di noi.
Mi giro e come se nulla fosse successo torno al mio foglio di carta.

“ Ho accettato Niall, mi ha fatto giurare su di te, quindi manterrò la promessa, ma ogni mese ti scriverò, ti racconterò i miei giorni per farti capire quanto sono vuoti senza di te. Ti racconterò del mio anno senza Te

 

 

 

 

Ho Hey.

Ehii, eccomi qui con questo nuovo progetto.
Avevo già pubblicato questa storia su un altro account, ma poi l’avevo cancellata e rileggendola mi è venuta voglia di continuarla, quindi l’ho pubblicata :)
Come avrete capito, Niall è morto e Natalie era la sua fidanzata, credo che ci saranno dodici capitoli ( uno per ogni mese) e l’epilogo.
Tengo moltissimo a questa storia quindi se vi piace mi lascereste una recensione?
Grazie per aver letto T&P
Ps: Se qualcuno sta leggendo la mia altra storia  Hoping for a better life aggiornerò a breve anche quella.

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Capitolo 2
*** Luglio. ***


A Year Without You.

{ Luglio }

È una cosa curiosa la morte di una persona cara.
È come salire le scale al buio per andare in camera da letto e credere che ci sia ancora uno scalino.
Il tuo piede cade nel vuoto e c'è un nauseante momento di tetra sorpresa.




Caro Niall,
Novembre è stato il primo mese che ho vissuto senza di te. Ho tante cose da raccontarti, ma mi sembra giusto partire dal 9, il giorno in cui te ne sei andato.
Eri uscito con Zayn quella sera, doveva essere una specie di serata fra uomini, per questo non sono venuta, Perrie l’aveva appena lasciato e, di certo, passare una serata in compagnia della coppietta felice, non l’avrebbe aiutato.
Prima di uscire ti sei avvicinato a me, che stavo distrattamente guardando un programma alla televisione, mi ha sorriso e mi ha lasciato un bacio a fior di labbra, per poi mormorarmi all’orecchio:
«Ti amo ».
Hai preso le chiavi della macchina e te ne sei andato, promettendomi che non avresti fatto tardi, ma che comunque non era il caso che ti aspettassi sveglia.
« Va bene, ti amo » ti ho urlato, ma non so se mi hai sentito, visto che eri per metà già fuori di casa.
Spero di si.
Quella è stata l’ultima volta che i miei occhi ti hanno visto, l’ultima volta che le mie orecchie hanno sentito il suono della tua voce, l’ultima volta che le mie labbra hanno sfiorato le tue.
In un certo senso sono contenta che le ultime parole che tu abbia sentito uscire dalla mia bocca siano state quelle, “Ti amo”.
Spero tu abbia pensato al suono della mia voce nel pronunciarle, mentre giacevi sull’asfalto e sentivi le forze abbandonarti.
Spero che pensandomi, tu mi abbia sentito un po’ più vicina, visto che in quel momento, io non c’ero e - giuro Nial-, non me lo perdonerò mai.
Avrei dovuto essere al tuo fianco e stringerti la mano, asciugando con dolci baci le tue lacrime.
Avrei dovuto rassicurarti, dirti di non aver paura, dirti che ti amavo e che ce l’avresti fatta, saresti sopravvissuto e insieme avremmo formato una famiglia, la nostra famiglia.
E se anche non fosse stata la verità, perché i medici me l’hanno detto che, tutto- la corsa in ospedale, l’intervento d’urgenza, l’attesa infinita- era stato completamente inutile, la mia bugia ti avrebbe rassicurato in quei pochi minuti che ti separavano dal buio.
Scusa Niall, scusa se non era lì con te, ma in quel momento ero a casa, stavo cucinando una torta, perché sapevo che mi avevi detto di non aspettarti sveglia, ma senza di te quel letto mi sembrava troppo grande e freddo.
Ero in cucina, avevo appena infornato la torta al cioccolato, la tua preferita, quando è suonato il telefono.
Sai, lì per lì non mi sono preoccupata , molto spesso ci capitava di ricevere telefonate alle ore più disparate, avevamo tanti amici all’estero e nessuno di loro s’era mai curato troppo del fuso orario.
Così ho sollevato la cornetta e ho chiesto chi fosse.
«…» silenzio.
Dall’altra parte, sentivo soltanto dei respiri pesanti, pensavo fosse uno scherzo di cattivo gusto e ho fatto per attaccare la cornetta quando ho sentito la voce di Harry.
«Nat…» mi ha detto.
Dio, Niall!
Una parola, una sola parola è stata sufficiente a farmi capire cosa fosse successo, che poi non è stata la parola a farmelo capire, ma il modo in cui l’ha pronunciata.
C’era di tutto nel suo tono di voce: dolore, paura, insicurezza, angoscia, sgomento, dolore, dolore, dolore…quanto dolore in una sola parola.
«No…» ho sussurrato.
«Niall ha avuto un incidente in macchina, Zayn è all’ospedale con lui…» qui si è interrotto, la voce spezzata e il respiro affannoso.
«…Noi stiamo andando tutti lì… scendi ti passiamo a prendere»
Ringrazio che me l’abbia detto e non domandato, perché non avrei saputo come rispondere, era come se il mio cervello fosse andato in tilt, non potevo crederci.
In quel momento ho compiuto una scelta e ho scelto la speranza, la speranza che tu fossi ancora vivo, che l’incidente si, fosse stato grave, ma che tu comunque ce l’avresti fatta.
In seguito mi sarei pentita di quella scelta, ma se non l’avessi fatta non penso sarei riuscita a spegnere il forno, prendere le chiavi di casa e precipitarmi giù ,così com’ero vestita, ad aspettare che i tuoi amici arrivassero.
Non so quanto ci abbiano messo, siano stati cinque, dieci o venti minuti, per me erano comunque troppi, magari eri ancora vivo e mi stavi aspettando, magari…”
Mi fermo e mi alzo di colpo, quelle parole intrise di speranza bruciano più del ferro rovente, riesco più o meno a sopportare i nostri ricordi insieme, ma non il pensiero di come potrebbe essere la nostra vita se lui fosse ancora qui.
Faccio un giro per la casa, bevo un bicchiere d’acqua per calmarmi e, una volta smesso di piangere, torno al mio foglio, a lui.
“ Quando sono arrivati, sono subito salita sulla Range Rover nera di Liam, di fianco a me avevo Louis, mentre Harry era seduto davanti, vicino al proprietario dell’auto.
Credo che abbiamo detto qualcosa, ma non ne sono sicura, ero troppo presa dal pensiero che tu potessi andartene.
Appena arrivati al parcheggio dell’ospedale mi sono fiondata giù, la macchina che ancora era in moto, le grida dei ragazzi… Inutili, non li ho ascoltati, non mi interessava cosa avessero da dirmi, avevo solo un pensiero in testa: Te.
Ho chiesto di te ad un’infermiera che mi ha indicato il terzo piano, sono corsa su per le scale, non riuscivo a stare ferma neanche per aspettare l’ascensore, e si che sono sempre stata io quella pigra.
Ho visto Zayn, era in piedi le mani appoggiate al muro e la testa nascosta tra le braccia, sentendo i miei passi ha alzato lo sguardo.
«Nat…» lo stesso tono di Harry.
«Dov’è? » non mi interessavano i particolari dell’incidente, non ora.
«In sala operatoria…»
Sono rimasta immobile, la bocca spalancata e lo sguardo vitreo, dovevo aspettare… ancora.
Dopo una decina di minuti sono arrivati anche gli altri ragazzi, hanno sommerso Zayn di domande, lui era in difficoltà, non sapeva cosa dire o in che modo.
Che minuti, Niall, che minuti!
Non saprei raccontarti cosa mi è passato per la testa, forse tutto, forse niente.
Avevo il vuoto e contemporaneamente potrei dire di aver rivisto ogni singolo attimo passato insieme, ma anche in questo caso non sono in grado di dire quanto tempo ho aspettato, sempre troppo. Dopo una mezz’ora ci hanno fatto accomodare in una saletta privata, la notizia si stava diffondendo e non volevano che fossimo disturbati da un’orda di fan preoccupate per la salute del loro idolo.
Ero seduta su di una poltroncina quando un medico dal camice bianco e lo sguardo impassibile è entrato. Mi sono alzata di scatto, come tutti gli altri ragazzi, e di nuovo, per la terza volta in una sola sera, ho aspettato.
Quanto ho sperato negli attimi che hanno preceduto le sue parole, li ho riempiti di tutta la speranza del mondo, tu dovevi essere sopravvissuto, non c’erano alternative.
Ha scosso la testa e quello è stato sufficiente a farci capire l’esito del tuo intervento.
«Abbiamo fatto tutto il possibile…trauma troppo esteso… ha lottato… tutto inutile…mi dispiace» stralci di frasi, ecco quello che sono riuscita a capire.
Dopo averci dato la notizia se n’è andato come se nulla fosse, come se dire a cinque ragazzi che il loro amico ventenne è morto fosse normale.
Non è normale ,non lo è.

Che modi Niall, hanno gli uomini ,alle volte, per dimostrare che ci tengono.
Liam è stato il primo a cedere, si è alzato e ha cominciato a tirare pugni al muro fino a farsi sanguinare le nocche, fino ad urlare dal dolore, a quel punto Zayn lo ha fermato, soffocando i suoi singhiozzi con un abbraccio.
Io ero immobile quando il silenzio è stato rotto da un urlo, no, non era un urlo, un lamento più che altro,un lamento disumano, straziante, come quello di una mamma orsa che ha appena perso il suo cucciolo.
Chi mai aveva potuto produrre tale suono?
Di sicuro non un essere umano era troppo atroce, troppo penoso…
Mi sono guardata attorno e ho incontrato lo sguardo dei ragazzi, ero stata io Niall, io avevo emesso quel suono, ho chiuso la bocca, e ho stretto la mia pancia con le mani, stavo cadendo a pezzi e non sapevo come fare per rimanere in piedi. Mi sono guardata il corpo confusa, tutto quel dolore non poteva venire solo dal cuore, dovevo avere qualche ferita, qualcosa…
«Natalie…» hanno sussurrato all’unisono.
Mi sono venuti incontro e mi hanno abbracciato, io ero immobile, lo sguardo appannato dalle lacrime e il corpo bloccato dal dolore.
Siamo rimasti così per un tempo infinito, poi, quando ci siamo staccati, io mi sono lasciata scivolare contro la parete portando le ginocchia al petto, non riuscivo a stare in piedi, era come se mi fosse crollato il mondo addosso e contemporaneamente sparita la terra da sotto i piedi.
Avevo le vertigini, la nausea, ero davvero…un casino.
Ho alzato lo sguardo e ho osservato gli altri ragazzi, erano tutti disperati nessuno se l’aspettava nessuno era pronto a vivere senza di te, non sapevano come affrontare la cosa,in che modo reagire cosa fare…così ho preso in mano la situazione mi sono alzata e ho detto:
«Qualcuno deve avvertire i suoi genitori, non è giusto che lo sappiano dal telegiornale o da qualche giornalista.»
«Faccio io » ha risposto Louis, io ho scosso la testa, spettava a me, per quanto straziane potesse essere, era un mio compito.
«Passami il tuo telefono, io l’ho lasciato a casa» mi sono limitata a dire. Lui me l’ha lanciato e dopo averlo preso al volo sono uscita dalla stanza, non potendo più reggere i loro sguardi puntati su di me.
Ho composto il numero di casa dei tuoi genitori,”ti prego fa che rispondano, ti prego fa che rispondano” ho pensato in quei momenti, non potevo lasciare un messaggio in segreteria.
«Pronto? » ha detto la voce calda e assonnata di tua mamma. Cavolo erano le tre di notte, non ci avevo nemmeno fatto caso.
«Maura… sono Natalie… Niall…» mi sono portata la mano davanti alla bocca per coprire i singhiozzi che scuotevano il mio petto
« Oh mio Dio…» aveva capito Niall, aveva capito tutto.
«Ha fatto un incidente… mi dispiace, ma non ce l’ha fatta.» e qui sono scoppiata a piangere, come si fa a dire ad una mamma che suo figlio di soli vent’anni è morto?
La linea è caduta, ma non ho richiamato, mi sembrava giusto lasciarle il suo spazio e darle il tempo di comprendere ciò che era appena successo.
Quando mi sono girata ho incontrato lo sguardo di Zayn, era arrivato il momento che mi spiegasse cos’era successo.
«Stavi guidando tu? » gli ho chiesto chiudendo gli occhi e poggiando la testa alla parete.
«No»
«Perché? Era la tua macchina, no? » non so perché lo stessi attaccando, ma non riuscivo a smettere.
«Si, ma…» mi ha detto, incerto se continuare o no.
«Cosa? » stesso tono duro, aggressivo, accusatorio.
«Ero un po’ brillo, così gli ho chiesto se poteva guidare lui, che non aveva bevuto. Era tutto tranquillo poi non so cos’è successo, penso che una macchina non abbia visto uno stop, o forse è stato lui a non averlo visto e ci siamo scontrati, mi ricordo poco… la sirena dell’ambulanza, il suo corpo steso a terra»
« Quindi se tu non avessi bevuto lui sarebbe ancora qui, eh? È per questo che lui è morto, perché avevi bisogno di bere » ho iniziato ad urlare, lui non rispondeva ,forse perché stavo semplicemente dicendo quello che anche lui pensava. È
« È tutta colpa tua! Se tu non gli avessi chiesto di uscire, se tu non avessi bevuto, se avessi guidato tu , lui sarebbe ancora qui. È tutta colpa tua! » gli ho urlato contro.
I ragazzi sono usciti, hanno cercato di calmarmi di farmi ragionare, ma io avevo già emesso la mia sentenza e anche Zayn lo aveva fatto.
Mi ha guardato con gli occhi lucidi mimando un « Non volevo » con le labbra ed è sparito.
Non so perché ho detto quello cose, non le pensavo e mi dispiace, non ero l’unica a soffrire per la tua morte e non avevo alcun diritto di trattarlo così.
I ragazzi mi hanno guardato in silenzio, ma non hanno fatto in tempo a dirmi niente siccome un’infermiera dai fianchi larghi e il viso stanco si è avvicinata dicendoci, con tutto il tatto e la comprensione possibile, che il tuo corpo era pronto e che ,se avessimo voluto, avremmo potuto vederti.
Ci siamo avvicinati tutti e quattro insieme, mano nella mano, per non crollare, per resistere almeno fino a quando ognuno non si sarebbe trovato al sicuro nella propria casa e allora si che ci saremmo potuti lasciare andare, disperare, piangere, urlare, fino a che non ci fosse rimasta più voce, ma non lì.
Non era quello né il momento né il luogo.
Ho alzato lentamente il lenzuolo con le mani che tremavano, ma che fatica sollevarlo e farlo scendere fino al tuo collo, ogni millimetro era una conquista, ogni centimetro un traguardo inaspettato.
Alla fine sono riuscita a scoprire del tutto il tuo volto, ma non starò qui a descriverti il modo in cui mi sono sentita nel momenti in cui ti ho visto, ti basta sapere che ,per me, è stata la morte.
Dopo che tutti si sono allontanati, mi sono chinata sul tuo corpo freddo e ti ho sussurrato:
«Ti amerò sempre»
Mi hai sentito, ne sono sicura.
Uscendo dall’ospedale sono stata accolta da una folla di paparazzi, mi ricordo Louis che mi stringeva e le guardie del corpo che mi schiacciavano per coprirmi dai fotografi, le facce dei ragazzi una volta saliti in macchina e le parole gentili di Paul.
Mi ricordo che sono salita in casa e appena ho messo un piede dentro sono crollata, non saprei dirti se sono svenuta o mi semplicemente lasciata andare schiacciata dal peso di tutta la mia speranza.
L’unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento, eri tu.


I giorni subito dopo la tua morte sono stati in un certo senso i più facili da sopportare, visto che c’era sempre qualcosa da fare, non avevo tempo per fermarmi a pensare e realizzare appieno ciò che era accaduto.
Il tuo funerale è stato straziante, davvero.
Ricordo di aver abbracciato tante persone che ti volevano bene, tua mamma che non faceva altro che piangere, tuo padre impotente di fronte a tanto dolore e tuo fratello che non poteva accettare la tua scomparsa.
Ovviamente c’erano anche i ragazzi, tutti con gli occhi lucidi e lo sguardo spaesato. Ho abbracciato anche loro, ma non Zayn, ero ancora arrabbiata con lui, lo credevo il responsabile, il solo colpevole della tua morte.
Forse lo credo ancora.

Ci è rimasto male, si sentiva in colpa e io non ho fatto niente per aiutarlo, mi dispiace. Appena ti hanno seppellito sono scappata a casa, davvero non potevo e non posso tuttora credere che te ne sei andato, che il tuo corpo giacerà per sempre sottoterra. Una settimana esatta dopo il tuo incedente Liam si è presentano da me e abbiamo stretto quel patto scellerato, ma non me ne pento, voglio ancora raggiungerti.
Giro per casa come uno zombie, non rispondo alle chiamate e non esco di casa, non sono ancora pronta per affrontare il mondo, per affrontare la tua assenza.
Il primo mese è passato così, in una sorta di impasse, tu non ci sei, è vero eppure sento la tua presenza ovunque.
Mi manchi sempre.
Puoi tornare da me?
Ti amerò sempre.
Natalie

Ho Hey

Ehilà (:
Finalmente sono riuscita ad aggiornare, come vedete in questa lettera Natalie parla di Luglio, il primo mese senza Niall.
Lo so è lungo e triste, ma non aspettatevi niente d’allegro in questa storia.
Comunque ringrazio tutti quelli che hanno letto lo scorso e spero di avervi fatto commuovere almeno un pochino. Mi dite cosa ne pensate in una recensione?
A presto T&P

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Capitolo 3
*** Agosto. ***


{Agosto}
 
 
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio.


 
 
 
 
 
Agosto, il secondo mese senza te, amore.
Anche se in modo confuso e incostante, il tempo passa, molto spesso non ci faccio neanche caso.
Certe mattine mi sveglio e mi stupisco del fatto che sia passato più di un mese da quando… sei morto.
Sai, è la prima volta che lo scrivo –o lo penso in assoluto- di solito uso sempre altre parole, sinonimi come andato, scomparso, ma non morto. Non riesco ad accettarlo e ad essere sincera, non credo nemmeno di averlo realizzato a pieno. In qualche modo sono convinta che tu tornerai, ti vedrò entrare dalla porta d’ingresso, sorridente come al solito, avrai le guancie rosse per il freddo e i capelli scompigliati dal vento, ti avvicinerai con passo sicuro e mi lascerai un bacio a fior di labbra.
«Bentornato» ti sussurrerò felice e tu riderai, riderai e riderai.
Perché tu sei Niall e Niall ride.
Vedi? Non posso fare a meno di parlare al presente.
 
Di nuovo mi alzo, non riesco a sopportare il pensiero di come sarebbero andate lo cose se lui non fosse morto, ma non posso fare a peno di pensarci. Lentamente mi risiedo, impugno la penna e riprendo da dove mi sono interrotta.
 
Dai basta parlare solo di me… Agosto, giusto? Si è questo il mese di cui ti devo parlare.
All’inizio del mese mia mamma è venuta a trovarmi, era dispiaciuta e visibilmente spaventata dallo stato in cui mi trovavo. Indossavo una tua vecchia tuta, le indosso spesso a dir la verità, sono così calde e confortanti, hanno ancora addosso il tuo profumo. Sono come delle sostitute delle tue braccia - quando mi stringevi forte e te e il tuo profumo mi rimaneva addosso- delle pessime sostitute, per la cronaca, ma  in qualche modo aiutano.
I capelli erano legati in uno chignon alto, da cui uscivano numerose ciocche.
Lo so che tu mi preferivi con i capelli sciolti, ma tu non ci sei, quindi che senso avrebbe portarli così?
Appena mi ha visto mi ha subito abbracciato, scusandosi per non essere venuta al funerale.

Era impegnata con papà, sai, no? Con l’Alzheimer e tutto il resto…
Le ho detto di non preoccuparsi, che capivo e stavo bene, non appena mi ha stretto, però, sono scoppiata a piangere. Ni, mi sono sentita così piccola fra le sue braccia che sapevano di casa, quassi fossi tornata in un lampo una bambina che corre fra le braccia della mamma per un ginocchio sbucciato.
Ma si cresce Niall e i ginocchi sbucciati diventato cuori infranti.
Solo quando abbiamo sciolto l’abbraccio mi sono accorta che eravamo ancora di fronte all’ingresso, così mi sono spostata e l’ho fatta accomodare. Era la prima volta che entrava nel nostro appartamento e avrei preferito lo vedesse in uno stato migliore, ma se devo essere sincera non me ne importava poi molto.
In cucina avanzi delle settimane passate erano sparsi sui vari ripiani e credenze, il soggiorno era immerso nel caos, così come il bagno e la nostra camera da letto.
«Beh tesoro, è molto carino» mi ha detto guardandosi attorno a disagio.
Normalmente avrei riso del suo comportamento, perché so bene che odia il disordine –praticamente si stava trattenendo dallo spolverare anche me- e ha detto quelle parole solo per essere gentile, ma non ci sono riuscita. Riuscirò a ridere nuovamente? Non credo, Niall.
Era una spesso io e te, ridere dico.
Anche una minima cosa, come una delle battute- pessime- di Harry, era sufficiente a farci scoppiare in una risata. È una delle cose che mi hanno fatto innamorare di te, la facilità con cui sapevi farmi ridere e sorridere, anche nei momenti peggiori, anche quando sembra che il mondo ti stia crollando addosso.
Dio, quanto mi manchi.
Comunque, ci siamo sedute sul divano e abbiamo iniziato a parlare, o meglio mamma parlava e io rispondevo a monosillabi, sforzandomi in tutti i modi di sembrare normale. Cercando, con tutte le mie forze, di nascondere la voragine che si staglia nel mio petto, dove un tempo c’era il cuore.
Ha provato anche a farmi  qualche domanda, mi ha chiesto ei ragazzi e dei tuoi genitori, ma poi, capendo che non era nell’umore, ha lasciato perdere e mi ha raccontato di Matt e di papà.
All’inizio ho ascoltato, ma poi non ce l’ho fatta, ero tanto stanca e le palpebre si sono fatte pesanti.
Mi sono addormentata nel giro di qualche secondo.
Quando mi sono svegliata ero un po’ confusa - mi capita spesso ultimamente e la colpa credo sia del sonno agitato e pieno di incubi in cui cado ogni volta in cui chiudo gli occhi- e guardandomi attorno che il soggiorno era più ordinato, lo sesso per la cucina.
Solo quando ho sentito dei rumori provenienti dalla nostra camera da letto ho collegato e capito cosa stava succedendo: mia mamma aveva deciso di sistemare casa, credendo di farmi un favore, peccato che si sbagliava di grosso. C’era un motivo per cui avevo deciso di non toccare nulla, di lasciare tutto esattamente com’era prima che tu te ne andassi, soprattutto la nostra camera da letto. Niall, io ti aspetto ancora e forse, se non vado avanti se lascio tutto com’era, tu, un giorno tornerai da me.
Mi sono precipitata in camera da letto e credo anche di averla spaventata, perché le ho urlato si fermarsi e non toccare nulla, per fortuna non aveva ancora iniziato. Penso di aver usato un tono più duro e arrabbiato del previsto, visto che ha subito lasciato cadere il berretto che aveva in mano- si quello verde, il tuo preferito- e con un espressione mortificata si è scusata, lasciando subito la stanza. Forse avrei dovuto notare che i suoi occhi si erano fatti improvvisamente lucidi, ma l’unica cosa che sono riuscita a fare è stata chiedere gli occhi, sospirare e dire che non importava, che la ringraziavo per quello che stava facendo, ma che la nostra stanza non doveva essere toccata. Non ricordo le parole precise Ni, ma temo di essere stata piuttosto sgarbata.
Sento di star crollando a pezzi  e non posso fare niente per impedire che questo accada.
Mi sento così vuota, così distrutta, voglio solo raggiungerti.
Mia madre è rimasta a dormire qualche giorno a casa nostra, ma non poteva sopportare che io stessi così male, così è partita con la scusa che papà aveva bisogno di lei.
Non la biasimo, non dico che io avrei lo stesso eh,  ma so di non essere mai stata facile da gestire, ora meno che mai.
I ragazzi chiamano spesso, ma sono poche le volte che rispondo, non ne ho ma la forza e in qualche modo trovo ingiusto che loro siano ancora in vita, che anche io sia ancora in vita, mentre tu giaci tre metri sotto terra, relegato in un sonno eterno.
Liam è troppo opprimente e apprensivo, da quando abbiamo fatto quel patto non fa altro che assicurarsi che io lo rispetti. Louis prova sempre a strapparmi una risata, con una delle sue battute, ma non fanno più ridere e non ci crede nemmeno lui, quindi trovo i suoi tentativi patetici, per quanto dolci. Zayn non voglio sentirlo - si in qualche modo lo incolpo ancora della tua morte- e Harry sta semplicemente zitto.
Davvero, alle volte chiama e stiamo ore al telefono senza dire una parola.
Eppure aiuta.
Aiuta eccome sapere che dall’altra parte c’è qualcuno, che non sei sola e che non importa se sei arrabbiata, sei stai piangendo o semplicemente respirando.
Lui è lì.
 
Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Mi capita spesso di ripensarci ultimamente, forse perché saranno due anni esatti fra qualche giorno.
Stavo lavorando al bar e quel giorno c’era davvero poca gente, insomma ad Agosto la città si svuota sempre, tutti i cliente vanno in vacanza e c’erano solo un paio di persone che avevo servito per altro. Comunque ero seduta sul bancone a leggere un libro, il Grande Gatsby, ed ero così presa che con non mi sono accorta che eri entrato, ci è voluta la voce tonante del mio capo che mi ha urlato «Natalie ti vuoi svegliare! Non ti pago mica per stare lì ferma a leggere.»
Con calma ho appoggiato il libro sul bancone e ho aspettato che si voltasse per alzare il dito medio nella sua direzione, un sorrisino falso sul volto.
 Era un despota quell’uomo, mi pagava una miseria e dava orari impossibili, c’erano volte che tornavo a casa alle due di notte, anche se avrei dovuto staccare alle undici, solo perché Becky – sua figlia- era una totale imbranata a servire, fare i cocktail o qualsiasi cosa non fosse messaggiare con il cellulare.
Solo in quel momento mi sono accorte della tua presenza, e come non avrei potuto?
Mi guardavi con un sorriso strano sul volto come se ti aspettassi di essere riconosciuto da un momento all’altro, come se credevi che io ti conoscessi.
Ti ho guardato attentamente per qualche secondo e poi mi sono illuminata
«Ma io ti conosco!» ho detto spalancando gli occhi puntandoti un dito contro.
Tu mi ha sorriso, di nuovo, e hai annuito come se non stessi aspettando altro.
Ti ho abbracciato con un po’ troppo slancio forse e:
«Tu sei il piccolo Timmy! Oh mio dio, quanto tempo è passato? Quindici anni?»
Ebbene si Niall, ti avevo scambiato per il piccolo Timmy ovvero il mio vicino di casa, nonché primo fidanzatino, di quando avevo cinque anni più o meno.
Tu hai risposto all’abbraccio e:
«Si, credo che siano passati circa quindici anni» hai confermato.

Abbiamo passato il resto del pomeriggio a ridere e parlare di quando eravamo piccoli, ed  ancora oggi mi chiedo come e perché tu l’abbia fatto.
Insomma ho creduto per tutto il tempo che tu fossi il mio vicino di casa, anche quando mi raccontavi qualche episodio della nostra infanzia di cui non avevo memoria.
Credevo semplicemente di essermene dimenticata e non che tu ti stessi inventando tutto si sana pianta.
Quando te ne sei andato mi ha lasciato il tuo numero scribacchiato sul retro di un posa bicchiere, dicendo di chiamarti che saremmo potuti uscire insieme, qualche volta.
 
Una volta uscita dal locale, verso le sette e mezza di sera ho guardato in altro, verso il palazzo di fronte al bar e il sangue mi si gelato nelle vene.
La tua faccia, e quella di altri quattro affascinanti ragazzi, era stampata su un gigantesco cartellone, “One direction Up All Night tour”recitava l’insegna e io avrei voluto sparire in quel momento.
Credo di non essermi mai sentita più stupida in tutta la mia vita, non tanto per il fatto di non averti riconosciuto, ma più che altro per il modo in cui mi avevi presa in giro.
Ero così incazzata che ho composto il tuo numero di fretta e furia, pronta a dirtene quattro.
«Si può sapere quando avevi intenzione di dirmelo?» ti ho praticamente urlato nell’orecchio una volta che hai risposto.

«Scusa, chi parla?» hai detto con tono confuso.
«Sono Natalie, la ragazza del bar, ti sei divertito a prendermi in giro, eh? Beh scusa tanto se non tutti conoscono i One Attention»
«Direction e comunque non volev…» mi ha corretto prontamente.
«Fa lo stesso!» e ti ho attaccato in faccia.
Ho pensato che ti eri fatto quattro risate in barba ad una ragazza che non ti aveva riconosciuto, ho pensato che non ti avrei mai più rivisto. Ho pensato che sarei stata solo una piccola, piccolissima parentesi nella tua vita, una di quelle che neanche un mese dopo e te le dimentichi.
 
Ma il giorno dopo eri davanti al bar, prima che aprisse, ad aspettarmi.
Mi ha chiesto scusa e io ti ho detto di andare al diavolo.
La cosa è continuata per circa una settimana e mezza, tu venivi al bar di mattina, pomeriggio o sera, a seconda dei mie turn), ti sedevi sullo sgabello di fronte al bancone e iniziavi a parlare.
Parlavi della tua nuova vita e dei tuoi amici, dell’Irlanda e della tua famiglia, mi parlavi di tutto e niente e ogni volta, prima di andartene, mi chiede di uscire insieme.
Alla fine, dopo dieci giorni di assedio ho ceduto e siamo usciti insieme.
Un mese dopo mi hai chiesto di diventare la tua ragazza.
Mi manchi Niall, tanto.
Puoi tornare da me?
Ti amerò sempre,
Natalie.
 

 
Hey ho.
Emh, cosa si dice in questi casi? Scusate l’assenza?
No davvero mi dispiace un sacco per il ritardo con cui aggiorno questa storia (anche perché è una delle mie preferite) ma ho attraversato una specie di crisi e non riuscivo più ad andare avanti, mi perdonate? :(
In questo capitolo scopriamo di più sulla vita di Natalie dopo la morte di Nall e il modo in cui lo ha conosciuto. Vi piacciono queste specie di flashback della loro vita insieme?
Cosa ne pensate della storia?
Grazie mille per aver letto e scusate il ritardo, a presto T&P.
 
Passate dall’altra mia long Who Poisoned Odette Stevens?
O la mia one shot Wonderwall
 

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