Love affair

di Shainareth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***





CAPITOLO PRIMO




Sbirciando fra le alte canne di bambù, riuscì finalmente a scorgerli. Erano impegnati in un duello amichevole, come spesso accadeva, e rimase fermo ad osservarli timidamente dietro al suo nascondiglio. In un moto di sconforto, si domandò se non fosse proprio questa la differenza fra loro: quei due si dedicavano costantemente agli allenamenti, temprando anima e corpo, mentre lui era costretto a starsene rinchiuso in cucina per buona parte della giornata, facendo da cameriere e lavapiatti al ristorante. Era logico, poi, che le ragazze preferissero due aitanti combattenti come loro a uno sguattero imbranato come lui…
   Stava già ponderando di tornare da dov’era venuto, senza neanche prendersi il disturbo di farsi vedere, che per poco non fu investito da un proiettile umano che fu scaraventato contro le piante di bambù accanto a lui. Spaventato, lanciò un urlo e si gettò a terra strizzando gli occhi e coprendosi il capo con le braccia.
   «Non credere che sia finita qui!» gridò la voce di Abyo che, tutto dolorante, stava cercando di rimettersi in piedi per tornare alla carica. «Ti assicuro che…!» Si zittì quando notò che l’attenzione del suo avversario era stata attirata da qualcos’altro. Anzi, da qualcun altro. «Dada?» chiamò Abyo, zoppicando nella sua direzione e massaggiandosi un braccio.
   Il giovane lavapiatti, ritenendo di essere fuori pericolo, si azzardò a riaprire gli occhi e ad alzare lo sguardo. «Oh… ehm… Ciao, Abyo…» balbettò, rialzandosi goffamente sulle gambe malferme.
   «Che ci fai qui?» volle sapere l’altro, incuriosito dal fatto che difficilmente Dada si avventurava fino alla foresta di bambù se non vi era una ragione ben precisa.
   Il ragazzo biondo lanciò uno sguardo intimidito verso Garu che, scrutandoli con interesse, si stava avvicinando. «Mah… Niente…» rispose vagamente, massaggiandosi la nuca. Ma poi si rese conto che, se fosse rimasto in silenzio, avrebbe perso la sua occasione. Sospirò profondamente e ammise: «Ecco, in realtà… avrei bisogno di un consiglio.»
   «Di che genere?» domandò ancora Abyo, stupito da quella novità.
   Di nuovo, Dada esitò qualche istante prima di rispondere. Spostò il peso del corpo da un piede all’altro, evidenziando così inconsciamente il proprio disagio. «Si tratta di… ragazze.» Ecco, lo aveva detto. Lo avrebbero aiutato?
   Vide Garu corrucciare le sopracciglia e fissarlo con fare quasi indignato, tanto che Dada fu lì lì per girare i tacchi e andarsene senza aver concluso nulla. Se non lo fece, fu solo grazie ad Abyo che, sentendo quelle parole, si lasciò andare ad un’esclamazione eccitata. «Hai trovato la persona giusta, amico!» lo rassicurò, impettendosi e poggiandogli una mano sulla spalla.
   Parzialmente rincuorato, Dada abbozzò un sorriso sghembo. «Davvero…?»
   «Ma certo!» gli assicurò l’altro con estrema convinzione.
   Il lavapiatti non poté credere alle proprie orecchie: finalmente aveva trovato qualcuno disposto ad ascoltarlo e ad aiutarlo. «Ecco… Io… Non so come ringraziarti, Abyo…»
   «Oh, non dire sciocchezze!» rise lui, tronfio come un tacchino. «Non mi costa nulla condividere alcuni dei miei segreti da latin lover con chi ne ha seriamente bisogno», aggiunse con assai poco tatto, facendo storcere il naso a Garu. Dada, tuttavia, era fin troppo consapevole dei propri limiti, per cui non ebbe nulla da ribattere in proposito e si fece tutto orecchi. «Tanto per cominciare, dovresti curare maggiormente il tuo aspetto», fu il primo suggerimento che gli arrivò, mentre tutti e tre si sedevano a terra per poterne discutere con calma.
   «Curare il mio aspetto», si appuntò mentalmente. In effetti quella non era una cattiva idea e, anzi, il sospetto che dovesse farlo gli era già venuto da tempo. Se non lo aveva ancora fatto era solo perché si reputava bruttino e sgraziato e, perciò, non credeva di poter effettuare miracoli su se stesso.
   «E potresti prendere lezioni di kung fu», fu il secondo suggerimento di Abyo.
   Ecco, questo già poteva essere più complicato: Dada era goffo e completamente scoordinato. «È proprio necessario?» si sentì in diritto di chiedere, infatti.
   «Certo, se vuoi diventare un atleta aitante e muscoloso. Le ragazze impazziscono per i tipi così», fu l’ovvia risposta che ne seguì. «Ma ti avviso: non illuderti di poter diventare anche fico quanto me, sarebbe impossibile», gli garantì Abyo, intrecciando le braccia al petto con fare saccente.
   Garu lo fissò malissimo, ma si guardò bene dall’intromettersi in quel discorso che, a suo avviso, era a dir poco ridicolo.
   «Il fatto è che… sai…» ricominciò Dada, cercando di far capire ad Abyo che per lui era già tanto riuscire a camminare mantenendo in equilibrio una fila di scodelle, figurarsi il resto. Ma come comunicare con un tipo che sembrava piuttosto ottuso, in quel senso?
   Spostò lo sguardo su Garu che sobbalzò. «Ehi, Garu…» iniziò allora, ritenendo forse meglio rivolgersi a lui. «Tu non dici niente?» Il ninja inarcò un sopracciglio, sentendosi preso in giro. «Voglio dire… Come hai fatto a far innamorare Pucca di te?» Ruotò gli occhi al cielo con aria annoiata: magari l’avesse saputo! Avrebbe fatto di tutto per comportarsi nel modo opposto, nella speranza di farla anche disamorare di lui.
   «Fammi capire, Dada», ricominciò Abyo, che ormai aveva preso a cuore la faccenda. «Ci stai chiedendo consigli sulle ragazze in genere, oppure ne hai puntata una in particolare?»
   Quello arrossì vistosamente e abbassò lo sguardo, ridacchiando scioccamente. «Oh, beh… beh…» tartagliò, colto in flagrante. «Mi hai scoperto…» ammise con un certo imbarazzo. «Ci sarebbe una certa ragazza che…»
   «Oh, non dirmelo», lo interruppe Abyo, che aveva già intuito di chi stesse parlando. «Ring Ring, eh?» Dada si fece ancora più rosso in volto ed annuì. «Diamine, quella sì che è una bella pollastrella!»
   Aggrottò la fronte, infastidito da quel modo di parlare. «Beh… Sì», convenne. «Però, per favore, non riferirti a lei in quel modo», lo pregò, vagamente risentito. In cuor suo cominciò a temere che Ring Ring potesse piacere anche a lui. «Insomma…» iniziò a giustificarsi, rigirando la frittata per autodifesa. «Se Ching ti sentisse…»
   Fu il turno di Abyo, stavolta, di corrucciare le sopracciglia. «Che c’entra Ching?»
   Dada lo fissò stupito, mentre Garu si batteva una mano sulla fronte, chiedendosi come potesse, il suo amico, essere tanto orbo. «Beh… tu e lei state insieme, no?» volle sincerarsi il lavapiatti, colto improvvisamente dal dubbio di aver preso un abbaglio colossale.
   Abyo scoppiò a ridere, agitando una mano a mezz’aria come se volesse sminuire la questione. Garu, tuttavia, avrebbe potuto giurare di vederlo sudare freddo, per nulla certo di quello che stava per affermare. «Oh, siamo solo buoni amici…» fu infatti quel che rispose Abyo, in tono molto vago, fra un finto colpo di tosse e l’altro. Era palese che non ci credesse nemmeno lui, viste tutte le volte che aveva dato corda agli approcci affettuosi della figlia del loro maestro.
   Anche Dada ebbe la sensazione che stesse mentendo, ma preferì non questionare: alla fine si trattava di faccende private e, al momento, lui aveva già i suoi bei problemi con l’altro sesso, senza stare a preoccuparsi di quelli degli altri. Fu sul punto di aprire di nuovo bocca, rompendo l’imbarazzo che era sceso dopo l’enorme bugia di Abyo, quando una voce tuonò sopra le loro teste.
   «Garu! Preparati a combattere! Oggi si compirà finalmente la mia vendetta!»
   I tre ragazzini alzarono lo sguardo e, sulla cima di una delle canne di bambù che li circondava, scorsero la figura di un ninja che, incappucciato, se ne stava in perfetto equilibrio su una gamba sola.
   «Non ora, Tobe!» lo redarguì Abyo, infastidito da quel contrattempo. «Non lo vedi che abbiamo cose più importanti a cui pensare?»
   Sulle prime, non aspettandosi affatto una reazione del genere, l’ultimo arrivato rimase a dir poco sbigottito. «Come sarebbe a dire?!» protestò animatamente, balzando giù e atterrando accanto a loro. «Cosa può esserci di più importante della mia vendetta?!» pretese di sapere, mostrando minacciosamente il pugno a quel fanfarone.
   «Donne», tagliò corto l’altro, con un gesto eloquente della mano che avrebbe dovuto far capire la gravità della questione e, di conseguenza, farlo tacere.
   Tobe parve calmarsi all’istante e inarcò entrambe le sopracciglia. «Oh», mormorò confuso. «Beh, in tal caso…» fu costretto a dargli ragione, accomodandosi fra lui e Dada come se fossero stati amici da una vita. «Qual è il problema?»
   «Dada ci sta chiedendo dei consigli su come riuscire a conquistare Ring Ring», gli spiegò subito Abyo, non curandosi minimamente della privacy del povero lavapiatti – che difatti arrossì, vergognandosi non poco di dover raccontare i fatti propri ad uno come Tobe.
   Cercando di fare mente locale, quest’ultimo socchiuse le palpebre e si portò una mano davanti alla bocca, coperta già dal cappuccio blu. «Ring Ring è la ragazza che si crede Miss Mondo, giusto?» chiese conferma, suscitando nuovo fastidio nell’animo di Dada. D’accordo, forse l’oggetto del suo amore non era priva di difetti, ma non gli piaceva che si parlasse di lei in quel modo.
   «Proprio lei», annuì Abyo.
   Tobe si lasciò andare ad un risolino beffardo. «E questo smidollato sta chiedendo aiuto a due mocciosi come voi?»
   «Guarda che l’unico bambino, qui, è Garu», affermò con convinzione l’altro, piccato. «È l’unico a cui non interessano ancora queste cose.»
   Garu li guardò in cagnesco: forse era davvero il più giovane fra loro, per via dei suoi dodici anni, ma avrebbe tanto voluto far notare a quei due sbruffoni che proprio quel bambino era in grado di suonarle ad entrambi, e pure di santa ragione.
   «Però è anche l’unico ad avere la ragazza fissa», prese le sue difese Dada, che, dopo gli ultimi scambi di battute, cominciava a credere che forse avrebbe fatto meglio a starsene zitto sin dal principio.
   Il ninja dai buffi codini incrociò le braccia al petto ed annuì, concordando con quelle parole: forse non era corretto confermare quella diceria che girava per il villaggio da tempo immemore, ma al momento il suo orgoglio virile ruggiva di sdegno. In verità si trattò soltanto di un gesto istintivo che Garu compì senza l’ausilio della ragione; tant’è che, quando tornò in sé, arrossì vistosamente e, accigliato, si alzò in piedi come se volesse andarsene, indignato con se stesso e gli altri.
   «Comunque», riprese Abyo, non curandosi di aver offeso il suo amico definendolo un bambino benché avesse appena un anno meno di lui, «non ci hai ancora detto che cosa intendi fare, Dada.»
   «In che senso?»
   «Vuoi chiedere a Ring Ring di uscire con te?»
   Il giovane lavapiatti sussultò, colto alla sprovvista da quella domanda tanto diretta. «No, no, no!» replicò velocemente, quasi incespicando in quelle due semplici lettere. «Non potrei mai farlo!» Gli altri tre corrucciarono lo sguardo, confusi, e lui comprese che avrebbe dovuto essere più chiaro. «È che…» Riprese fiato. «Andiamo, guardatemi! Una come lei non uscirebbe mai con uno come me!»
   «Ecco perché ti dicevo di curare il tuo aspetto fisico», tornò a consigliargli Abyo. «E di prendere lezioni di kung fu.»
   «Fossi in te», s’intromise invece Tobe, rivolgendosi direttamente a Dada, «lascerei perdere in partenza. Anche perché le donne sono una vera rogna.» E per una volta Garu fu d’accordo con lui.
   «Ma lei mi piace davvero tanto!» protestò vivacemente Dada, disperato poiché nessuno, fra loro, era in grado di dargli un consiglio sensato o anche solo una minima parola di conforto. «Secondo voi, se le facessi un regalo, potrebbe concedermi un po’ della sua attenzione?» provò a domandare, aggrappandosi ad ogni possibilità. «Cosa potrebbe piacerle? Vestiti? Scarpe?»
   «Ehi, mi è venuta un’idea!» esclamò di colpo Abyo. «Perché non chiediamo a Ching? Lei e Ring Ring sono cugine, dopotutto, sicuramente la conosce meglio di noi.»
   In questo non aveva torto, ma Dada non aveva alcuna voglia di spargere ulteriormente la voce riguardo alle sue sofferenze d’amore. «No, no… Lasciamo perdere, d’accordo?» cercò di dissuaderlo, tornando a credere di aver fatto un colossale errore, rivolgendosi a loro. «Ci ho ripensato, lasciamo perdere», ripeté con voce affranta.
   «E perché?» non si capacitò Abyo, troppo insensibile per accorgersi del suo tormentato stato d’animo. «Oh!» fu poi colto da un nuovo lampo di genio. Si rivolse a Tobe. «Essendo il più grande fra noi, sicuramente hai più esperienza», trasse le sue conclusioni senza alcuna certezza di fondo. «Di’, come hai fatto a conquistare tua moglie?»
   Il ninja col cappuccio blu imprecò fra i denti. «Io non ho alcuna moglie!» ci tenne a sottolineare, battendosi i pugni sulle gambe. Possibile che nessuno riuscisse a capire che si era trattato soltanto di un maledettissimo, colossale fraintendimento?!
   «E il matrimonio dell’altra volta, allora?» gli fece notare Abyo con tono ovvio, come a volersi far beffe di lui. E forse se le stava facendo davvero, tant’è che Tobe saltò su, pronto a suonargliene se non l’avesse piantata seduta stante.
   «Ehi, ehi…» cercò di intervenire timidamente Dada, dispiaciuto di aver creato disagio.
   Sinceramente stufo di tutte quelle chiacchiere, Garu sbuffò e volse loro le spalle, intenzionato ad andarsene per davvero, questa volta. Forse era vero che a lui quel genere di discorsi non interessava poi granché, vuoi per la giovane età, vuoi perché troppo preso dai suoi doveri di ninja; tuttavia, era fermamente convinto che, fra tutti, fosse anche l’unico ad aver capito che, per conquistare una donna, bastava essere semplicemente se stessi. Non lo dimostrava il fatto che Pucca si ostinasse a ronzargli fastidiosamente intorno nonostante lui continuasse a scoraggiare i suoi approcci, nella vana speranza di essere lasciato in pace?
   Non fece neanche in tempo a pensarlo, che una furia umana spuntata dal nulla lo investì in pieno, mandandolo giù disteso a terra, proprio sotto al naso degli altri tre. Scosse il capo, intontito, e la risata gioiosa di Pucca lo riportò alla realtà. Irritato, il giovane tentò di scollarsela di dosso, domandandosi come diamine riuscisse, quella matta, a rintracciarlo ovunque lui si trovasse.
   «Beato te, Garu!» sospirò Dada, ammirato e anche un po’ invidioso della fortuna del ninja. «Sapessi che darei, per essere al tuo posto!»
   L’altro gli lanciò un’occhiata eloquente, come a dirgli che, se proprio ci teneva, il suo posto glielo avrebbe ceduto più che volentieri. Quella distrazione, tuttavia, gli costò caro: approfittando della situazione, infatti, Pucca non esitò a schioccargli un sonoro bacio sulle labbra, capace di fargli rizzare i codini e stordirlo più di prima.
   «Ehi, Pucca!» esordì Abyo, troppo abituato a quello spettacolo per farci granché caso. «Tu sei femmina!» Alzandosi a sedere sullo stomaco del povero Garu, la bambina lo fissò come se il suo amico avesse appena scoperto l’acqua calda. «Magari puoi aiutarci!»
   Allarmato da ciò che poteva dire, Dada tentò di dissuadere il figlio del poliziotto del villaggio. «A-Aspetta, Abyo…»
   Quello, com’è logico supporre, lo ignorò a bella posta. «Cosa dovrebbe fare, Garu, per convincerti ad uscire con lui?» domandò, assai imprudentemente.
   Garu inorridì, mentre Pucca si portò entrambe le mani al volto sorridente e cominciò a sprizzare cuoricini da ogni dove. «Sai, non credo che gli occorra sforzarsi molto, per convincerla», fece notare Tobe, che aveva assistito alla scena con un certo disgusto. «Semmai dovresti invertire le parti.»
    «Giusto», dovette dargli ragione Abyo. Guardò verso l’amico, ancora steso a terra, sotto al dolce peso di quella che era universalmente riconosciuta come la sua fidanzata – con suo grande scorno, si intende. «Garu, cosa dovrebbe fare, Pucca, per convincerti ad uscire con lei?»
   La ragazzina si fece tutta orecchi, mentre il ninja intrecciava le braccia al petto, inalberando un’espressione ostinata: non c’era pericolo che accadesse una cosa del genere, perché lui non sarebbe mai uscito con quella peste di sua spontanea volontà. Beh, di certo non per un appuntamento di tipo amoroso. Pucca gli pizzicò le guance, tirandogliele per avere la sua attenzione. I loro sguardi si incrociarono, ma Garu non parve intenzionato a recedere dalla propria posizione, nemmeno quando lei forzò la mano, facendogli lacrimare gli occhi per il dolore.
   «Forse dovremmo davvero chiedere a Ching», concluse Abyo, decidendo di ignorare quei due e tornando a rivolgersi a Dada.
   Il quale davvero non voleva saperne. «No, davvero… Lasciamo perdere, per favore.»
   «Ma come? Non ti importa più di Ring Ring?» si lasciò scappare l’altro, mandandolo nel panico più totale, dal momento che, essendo a due passi, sicuramente Pucca doveva aver sentito tutto.
   Difatti quest’ultima alzò la testa nella loro direzione, lasciando perdere momentaneamente Garu, al quale aveva iniziato a tirare anche codini e orecchie pur di fargli ammettere di essere innamorato di lei – e, per amor di logica, noi non indagheremo sulla possibile utilità di queste azioni.
   «Ops…» mormorò Abyo, scusandosi con il lavapiatti per mezzo di un sorrisetto mortificato.
   Pucca li fissò entrambi e comprese: dunque Dada voleva chiedere a Ring Ring di uscire con lui e non sapeva come fare? Se non fosse stata sinceramente affezionata al suo collega, la ragazzina gli avrebbe fatto notare che stava sprecando il suo tempo, a correre dietro a quella fanatica di una modaiola. Non perché Dada non avesse davvero speranze, quanto perché era Ring Ring a non meritare un ragazzo tanto dolce e premuroso. Bastava soltanto ripensare a tutte le volte che si era presa gioco di lui, sfruttandolo e illudendolo per i propri comodi, senza mai ricambiare le sue gentilezze. Tuttavia, Pucca voleva bene a Dada; e forse Ring Ring non era poi così pessima come poteva apparire. In effetti in un paio di occasioni aveva persino dimostrato di possedere un cuore.
   Liberando finalmente il povero Garu dal proprio peso, e consentendogli così di recuperare il fiato, Pucca si alzò in piedi e si avvicinò al lavapiatti con un sorriso d’incoraggiamento sulla labbra.
   Bastò quello per accendere la speranza nel cuore del ragazzo. «Dici… Dici che ho qualche chance?»
   La piccola cameriera annuì.












Nuova long di due capitoli. Nelle mie intenzioni iniziali doveva essere una semplice shot, ma i personaggi (soprattutto Abyo, per la miseria!) hanno vita propria e decidono di testa loro cosa dire e cosa fare. Spero che si siano comportati bene e che non siano andati troppo OOC.
Quanto al resto, domani sera dovrei riuscire a postare anche il secondo capitolo, visto che è già pronto e che ha solo bisogno di una revisione. In realtà, forse anche questo ne avrebbe bisogno, benché lo abbia già letto e riletto un paio di volte, ma sicuramente mi saranno sfuggiti diversi errori di battitura e/o ripetizioni. Bon, con calma correggerò tutto.
Al secondo capitolo!
Shainareth
P.S. Fan di Tobe, perdonatemi se insisto sulla faccenda del matrimonio: sono una sciocca fangirl. :°D





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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***





CAPITOLO SECONDO




Seduto in un angolo con le braccia conserte, Garu si domandò perché avessero dovuto scegliere proprio casa sua come base operativa. D’accordo, era la più vicina alla foresta di bambù dove si erano incontrati, però questo non li giustificava di certo. Per lo meno, c’era di buono che Pucca avesse smesso di sbaciucchiarlo e di strapazzarlo impunemente.
   Spostò lo sguardo annoiato su di lei che, in piedi davanti a tutti, se ne stava accanto ad una lavagna, spuntata da chissà dove, sulla quale aveva appena annotato, ed illustrato con dei graziosi disegnini, il primo degli step che sarebbero andati a comporre il suo piano di conquista. Garu doveva riconoscere che quella ragazzina aveva carisma da vendere e che, dal modo in cui gli altri pendevano dalle sue labbra, ne era perfettamente consapevole; eppure, e questo il ninja non poteva negare di apprezzarlo, Pucca non se ne faceva un vanto e, anzi, metteva a disposizione del prossimo tutte le sue doti, senza neanche chiedere nulla in cambio.
   Una delle estremità della sua bacchetta da maestra, presa anch’essa chissà dove, indicò un punto sul foglio della lavagna e Abyo annuì. «Giusto. Il primo passo è quello di fargli un bel bagno.»
   Dada corrucciò lo sguardo, chiedendosi perché mai dovessero trattarlo come se fosse un cane. Soprattutto, non gli pareva di essere poi così sporco. Afferrò un lembo della propria maglia e lo annusò: okay, forse non profumava, ma non era neanche così puzzolente…
   «Forza, Dada», riprese Abyo, afferrandolo per un braccio e spronandolo a seguirlo. «Ora ti immergiamo in una bella vasca piena zeppa di bagnoschiuma.»
   «Ma… è necessario?»
   «Certo che sì!» confermò, iniziando a trascinarlo verso il bagno senza neanche chiedere a Garu il permesso di usarlo. «Tobe, aiutami.»
   Questi, che era inspiegabilmente rimasto con loro fino a quel momento, esibì una smorfia di disgusto. «Perché cavolo dovrei farlo?» pretese di sapere. Ma quando rivolse lo sguardo su Pucca, notò la sua aria assai contrariata. Ingollò un bel po’ di saliva. «Beh… ehm…» balbettò allora, seguendo Abyo e Dada. «A ben pensarci, non ho nulla da fare, quindi…» Non ci teneva affatto ad affrontare quella furia umana con gli odango in testa.
   Fu soltanto quando i tre furono scomparsi alla sua vista che Garu si rese conto di essere rimasto da solo con Pucca. La quale, chiaramente, non si lasciò pregare prima di spiccare un balzo nella sua direzione, pronta come sempre a travolgerlo con un’ondata di baci e di cuoricini rossi come la passione che ardeva dentro di lei. Facendo appello a tutte le proprie forze e alle proprie tecniche ninja, Garu riuscì nella titanica impresa di sfuggirle e, reputandolo l’unico rifugio sicuro in cui lei non lo avrebbe seguito, fu costretto a nascondersi in bagno insieme agli altri.
   Quando tornarono da Pucca, la trovarono stesa a pancia in giù sul tatami, intenta a giocare con Mio. «Il bagno è stato fatto», annunciò Abyo, mostrandole Dada che, ancora sgocciolante, era stato avvolto in un accappatoio che gli stava un po’ corto. «Avendo usato il suo bagnoschiuma, adesso profuma come Garu.»
   Sia il ninja che la sua innamorata corrucciarono la fronte. Lei, in particolar modo, si mise subito in piedi e zampettò verso di loro, iniziando ad annusare Dada con insistenza, il quale quasi indietreggiò per pudore. Soddisfatta dal risultato ottenuto, Pucca annuì. Tuttavia, per confutare la tesi di Abyo, annusò anche Garu, che, per ovvie ragioni, fece parecchi passi indietro. La ragazzina fu sul punto di sciogliersi, trovando decisamente diversi gli odori emanati dai due giovani. Possibile che gli altri non se ne accorgessero?
   «Dopo il bagno cosa c’è? Il trucco?» s’interessò Abyo, cercando di ricordare come lo avessero conciato quei tre esaltati che volevano farlo diventare un modello di successo, definendolo addirittura Il Prescelto. «Ehi, Garu. Ce l’hai un lucidalabbra?»
   Quello gli lanciò un’occhiata furibonda: cosa diamine avrebbe dovuto farsene, lui, di robaccia del genere?!
   «Allora, qual è la prossima mossa?» li ignorò Tobe, spazientito da quelle chiacchiere, ma anche seccato per quello che gli era toccato fare. «Prima la finiamo con questa storia, prima potrò affrontare Garu in duello.»
   Pur sprizzando ancora alcuni cuoricini in direzione dell’amato, Pucca tornò a saltellare verso la lavagna ed illustrò loro il secondo step.
   «Uno smoking?» Abyo arricciò il naso. «E dove lo troviamo? Garu, tu non hai nemmeno questo, vero?» Il ragazzino lo fissò come se avesse detto l’ovvietà del secolo. «Ehi, Pucca, non possiamo ripiegare su un completo da ninja?»
   Lei scosse il capo con decisione. Forse un ninja sarebbe potuto piacere a lei, ma di certo non a una come Ring Ring, troppo concentrata sull’aspetto fisico piuttosto che su altre qualità ben più importanti. Quella riflessione, tuttavia, le ricordò una cosa importante: Dada conosceva le arti marziali ed era persino diventato il duecentesimo campione dell’Annuale Mischia Bestiale con il nome d’arte di Sguatterus, a riprova del fatto che tanto imbranato non era. Probabilmente, si disse, il suo amico aveva soltanto bisogno di credere maggiormente in se stesso e nelle proprie capacità.
   D’altro canto, Ring Ring era anche pretenziosa, soprattutto in fatto di uomini. Bisognava escogitare subito qualcosa.
   Pucca tornò immediatamente alla lavagna, svoltò il foglio su cui aveva precedentemente scritto e con l’ausilio di un pennarello tornò a darsi da fare. Quando finì, gli altri poterono ammirare uno splendido disegno di lei e Garu che si sbaciucchiavano con tanto amore.
   «E questo come ci aiuta a rendere Dada interessante agli occhi di Ring Ring?» cercò di capire Abyo, mentre a Tobe veniva nuovamente il disgusto e Garu cercava affannosamente di strappare di mano il pennarello alla sua presunta fidanzatina, così da riuscire a cancellare quello scempio – o capolavoro, a seconda dei punti di vista.
   Abbattuto, il lavapiatti si lasciò andare ad un sospiro. «Comincio a credere di non avere la minima speranza…»
   Pucca si liberò dell’amato, svoltò nuovamente la pagina della lavagna e scrisse ancora, questa volta senza lasciarsi distrarre dai propri sentimenti.
   «Geniale!» saltò su Abyo, entusiasta della sua trovata. «In questo modo Ring Ring accetterà di sicuro!»
   Lei si lasciò andare ad un ampio sorriso, che però non incontrò quello degli altri. «Mi rifiuto di prendere parte a questa pagliacciata!» protestò difatti Tobe, trovando quell’idea assurda oltre ogni dire. «Garu, diglielo anche tu!» continuò, cercando qualcuno che gli desse man forte.
   Lui però parve valutare attentamente la proposta di Pucca, fissando la lavagna con interesse. Quindi, rivolgendosi a Dada con sguardo serio e deciso, sorrise a trentadue denti e gli mostrò il pollice della mano destra, dandogli tutto il proprio sostegno. Avrebbero barato un po’, certo, ma se fosse servito ad aiutare qualcuno ad aprire gli occhi, andava bene così.
   «Bah!» tornò a dissentire Tobe, incrociando le braccia al petto con fare ostinato. «Per me vi siete bevuti il cervello! E non sperate minimamente che mi abbassi a recitare questa pantomima per voi!»
   Abyo scrollò le spalle. «Mettiamola così: se non ci aiuti, puoi pure levare le tende e tornare a casa da tua moglie.»
   A quelle parole il ninja scattò in avanti, pronto a suonargliele, ma un improvviso lampo di genio lo fece desistere da quel proposito. Ma certo!, si disse, tutto soddisfatto. Potrei approfittare della situazione per prendere Garu di sorpresa e compiere finalmente la mia vendetta! Si lasciò scappare una risata inquietante, che ovviamente alle orecchie degli altri suonò come quella di un folle. Resosi conto del modo in cui lo stavano guardando, Tobe si schiarì la voce e dichiarò: «D’accordo, ci ho ripensato. Vi aiuterò.»
   Ingenuamente, i quattro ragazzini gli credettero e in un batter d’occhio iniziarono i preparativi per mettere in atto il loro piano. Mentre Pucca saltellava allegra fuori dall’abitazione per consentire a Dada un po’ di privacy, quest’ultimo fu costretto ad indossare un completo da ninja, compreso di cappuccio che gli celava il volto, esattamente come quello di Tobe.
   «Però gli si vedono lo stesso le orecchie a sventola», fu il poco delicato commento di Abyo, mentre raggiungevano la loro amica all’aria aperta. «Hai visto quanto ce le ha sporgenti?» infierì, scoraggiando il povero Dada.
   Pucca lo zittì distrattamente con un man rovescio, mentre si avvicinava al lavapiatti e gli girava attorno con sguardo critico. Infine, applaudì soddisfatta del risultato ottenuto e fece cenno agli altri di seguirla.

Aggirandosi furtivamente per le vie del villaggio, finalmente furono in grado di trovare la persona che stavano cercando: in uno di quei rari momenti in cui se ne stava buona e tranquilla, Ring Ring era impegnata a saltare la corda con fare spensierato insieme a sua cugina.
   «Uhm…» ponderò Abyo a mezza voce, mentre sbirciava nella loro direzione, nascosto dietro all’angolo di un palazzo a debita distanza. «Speriamo che la presenza di Ching non rovini tutto.» Pucca lo spintonò per un gomito e lui la fissò perplesso per qualche istante, prima di comprendere. «Vuoi che la distragga? E come?» Ridacchiando, la ragazzina afferrò brutalmente Garu per la casacca scura e iniziò a sbaciucchiargli il viso, fra mille proteste da parte della sua povera vittima, che frattanto cercava inutilmente di liberarsi dalla sua ferrea presa. Abyo ebbe un moto d’imbarazzo. «Sei pazza?!» gracchiò, grattandosi la nuca con fare impacciato. «Non posso andare da Ching e… sbaciucchiarla!» spiegò con una punta di finta ripugnanza nel tono della voce. «Come minimo mi prenderebbe a ceffoni!» Pucca e Garu lo fissarono come se lui li stesse prendendo in giro.
   «Per favore, Abyo…» prese timidamente parola Dada, che non si era ancora detto propriamente d’accordo con tutta quella farsa. Ma, d’altra parte, chi era lui per proibire a qualcuno di dargli una mano a conquistare il cuore della donna per cui spasimava da tanto tempo? «Non puoi fare un piccolo sforzo?»
   L’altro fu costretto alla resa, altrimenti tutto il piano sarebbe andato a monte. «Va bene, va bene!» accettò allora, puntando un dito contro Dada. «Ma tu mi devi un favore, sia chiaro!» E fra i ringraziamenti dell’improvvisato ninja, si avviò a passo di carica verso le due ragazzine.
   Non appena fu a pochi metri da loro, tuttavia, il coraggio iniziò a venirgli meno: era già stato baciato più volte da Ching, in passato, ma l’idea di dover prendere lui l’iniziativa, per una volta, cominciò a fargli tremare le gambe. Il pensiero che un prode guerriero del kung fu se la facesse sotto davanti ad un bel faccino lo irritò. «Oh, al diavolo!», disse a se stesso. «La distrarrò, ma a modo mio.»
   «Ciao, Abyo!» lo salutò l’amica quando, fermando la corda, si accorse della sua presenza. «Credevo che ti stessi allenando con Garu.» Lui non disse nulla, spostando però ripetutamente lo sguardo accigliato da lei a Ring Ring, che lo scrutava incuriosita. «Che c’è?» domandò Ching, notando il suo strano atteggiamento. Insomma, non era cosa di tutti i giorni che Abyo rimanesse zitto tanto a lungo. «È successo qualcosa?»
   Il giovane finalmente si riebbe e, riempendosi d’aria i polmoni, esordì: «Rifatevi gli occhi, belle pupe!» E facendo appello a tutto il proprio fascino, gonfiò i muscoli per strapparsi di dosso la casacca e mostrare la mercanzia alle due fanciulle.
   «Che pezzo di cretino…» fu il lecito commento di Tobe, che fissava la scena da lontano insieme agli altri. Garu si ritrovò a dargli ragione per la seconda volta in meno di ventiquattr’ore.
   Di tutt’altra opinione era invece Dada che, davanti a quello spettacolo, cominciò a temere che Abyo, così bello e sicuro di sé, potesse attirare l’attenzione di Ring Ring al posto suo, senza accorgersi che in realtà la ragazzina stava assistendo a quella contorta danza dell’accoppiamento con espressione piuttosto confusa in volto.
   «Ammirate la perfetta simmetria del mio fisico meravigliosamente scolpito!» stava blaterando il galletto del gruppo, atteggiandosi a culturista e lasciando totalmente di sasso le due ragazzine.
   «Ehm… Abyo?» cercò di farlo tornare in sé Ching, preoccupata per la sua sanità mentale. Non che non fosse abituata a quel genere di assurdità da parte del giovane, in effetti; tuttavia difficilmente si comportava in modo tanto vanesio con lei col proposito di attirare la sua attenzione come invece faceva spesso con le altre fanciulle del villaggio. «Ti senti bene?»
   «Che domande fai? Non lo vedi da sola?» replicò lui, muovendo sfacciatamente il bacino nella sua direzione e regalandole un sorriso da gran seduttore, a cui aggiunse un occhiolino per far breccia nel suo cuore.
   Per quanto dotata di senso logico, Ching rimaneva pur sempre una donna innamorata. Bastò quell’ultima mossa di Abyo, infatti, per abbattere ogni sua difesa e lei prese ad ammirarlo con espressione sciocca e melliflua.
   Accortosi del risultato ottenuto, il ragazzo l’afferrò immediatamente per un braccio e iniziò a trascinarla via da lì. «Vieni con me, Ching. Ho qualcosa da farti vedere», disse con fare avventato.
   Garu, Dada e Tobe sgranarono gli occhi. «Detta così…» commentò il maggiore dei tre, che davvero non si capacitava di come potesse essere riuscito, quel bellimbusto, ad averla vinta con quello spettacolo da voltastomaco.
   Non cogliendo l’allusione, Pucca lo fissò con un enorme punto interrogativo sulla testa e Garu, preoccupato per la sua innocenza, tentò di distrarla agitando le mani per convincerla che non c’era nulla da capire nella battuta di Tobe. Funzionò, perché lei trovò quella premura assai dolce e, per premiarlo, gli posò un bacio sul naso, facendogli ammosciare i codini per la rassegnazione.
   «Ma che è? Stupido?» si stava frattanto chiedendo Ring Ring, rimasta sola con la corda in mano, mentre osservava Abyo e Ching sparire dalla sua vista. «E mia cugina lo è anche di più, per correre dietro ad un esibizionista del genere», decretò, puntellando una mano chiusa a pugno contro l’anca.
   Si mosse per riprendere la strada di casa, quando improvvisamente fu costretta ad arrestare il passo perché davanti a lei si parò Tobe, pronto a fare la sua parte in quella sporca faccenda. «Dove credi di andare, bellezza?» cominciò, piantando gli occhi nei suoi e cogliendola alla sprovvista.
   «Che vuoi, tu?» volle sapere Ring Ring, quando si riprese dalla sorpresa, senza mostrare il minimo timore e, anzi, fronteggiandolo con una certa spavalderia. Quel tipo non era solito prendersela con Garu o infastidire i suoi amici? Che c’entrava lei?
   Quella domanda prese il ninja in contropiede, anche perché non si aspettava una risposta del genere. «Cosa voglio?» ripeté meccanicamente, battendo le palpebre con fare stupito. Gettò un’occhiata oltre le spalle della ragazzina, dove i suoi complici gli fecero cenno di andare avanti senza farsi scoraggiare. Tobe esplose in due colpetti di tosse, concedendosi il tempo di pensare a qualcosa. «Voglio… ehm… uscire con te, si intende», buttò lì, non troppo sicuro di quel che stava dicendo.
   «Oh!» si meravigliò Dada, mostrandosi entusiasta per quella trovata. «Adesso lei gli dirà di no e lui fingerà di aggredirla, com’era nei patti!» esclamò, rivolgendosi a Garu e Pucca, gli unici rimasti nascosti insieme a lui.
   Questo, in effetti, era stato il progetto iniziale a cui avrebbe dovuto partecipare anche Abyo se non fosse stato costretto ad uscire allo scoperto anzitempo: lui e Garu sarebbero dovuti accorrere in difesa della povera Ring Ring, ma sarebbero stati sconfitti entrambi da quel prepotente di Tobe, sia pure per finta, che a sua volta sarebbe stato messo fuori gioco proprio da Dada, al fine di dimostrare alla sua bella che, in barba alle apparenze, era forte anche più dei migliori guerrieri del villaggio e che avrebbe sempre fatto di tutto per proteggerla. E poi, mostrandosi superiore a Garu, per Ring Ring sarebbe stata un’appetitosa occasione, quella di mettersi insieme a qualcuno che era più valente del fidanzato dell’odiata Pucca. In più – ma questo nessuno di loro lo sapeva – Tobe avrebbe davvero cercato di malmenare Garu durante quella che avrebbe dovuto essere una falsa colluttazione, in modo da toglierlo di mezzo una volta per tutte.
   Accadde, tuttavia, qualcosa di imprevedibile che mandò in frantumi ogni loro speranza.
   «Io uscire con te?» disse Ring Ring, squadrando Tobe dalla testa ai piedi con il suo solito fare altezzoso. «Non farmi ridere! Non potrei mai stare con uno che vive in una catapecchia!»
   «Come ti permetti, razza di…?!» Ma l’accesa replica del ninja venne prontamente interrotta dalla stessa ragazzina che, avvalendosi dei portentosi poteri dei propri capelli celesti, lo afferrò e lo scaraventò a destra e a manca, stordendolo spaventosamente prima di scagliarlo in orbita senza neanche lasciargli il tempo di scomparire di scena con una frase ad effetto.
   Non sapendo cosa fare per evitare di mandare del tutto in fumo il piano, l’unica idea che venne in mente a Garu, fu quella di prendere il posto di Tobe, lasciando a bocca aperta tutti gli altri. «E adesso che c’è?» sbuffò Ring Ring, seriamente stufa di tutta quella perdita di tempo, quando se lo ritrovò davanti. Ma nessuno aveva niente di meglio da fare che seccarla in qualche modo?
   Abituato com’era a battersi per cause giuste, lì per lì il ninja non seppe davvero che pesci prendere: come poteva fingersi cattivo? Forse avrebbe dovuto prendere esempio da Tobe.
   Mossa sbagliata, perché non appena si inginocchiò davanti alla ragazzina, porgendole un mazzo di fiori comparso dal nulla, ecco che, ferita nei sentimenti e giustamente preda della gelosia più nera, Pucca partì alla carica peggio di un toro nell’arena, pronta ad incornare quello scellerato che aveva osato fare il cascamorto con un’altra, per di più sotto ai suoi occhi.
   E mentre lei si dannava per le sue beghe amorose, picchiando il poveretto, Ring Ring esplose in una risata di scherno. «Hai visto, Pucca? Persino Garu riconosce la mia superiorità nei tuoi confronti! Arrenditi all’evidenza: sono molto più bella di te!»
   Quella provocazione ebbe il potere di scatenare la bestia che era in Pucca. Non che in effetti le interessasse davvero essere più bella di Ring Ring; quello che non poteva davvero mandare giù era piuttosto che quell’esaltata si vantasse di riuscire ad esercitare maggior fascino di lei sul suo adorato Garu.
   Ne nacque una rissa furibonda che, tanto per cambiare, coinvolse anche il povero ninja, peggiorando ulteriormente le cose. Preso dal panico, istintivamente Dada uscì allo scoperto, accorrendo in aiuto dell’amata senza pensare alle conseguenze delle sue azioni. Non fece che pochi metri, però, perché inciampò nei propri piedi e cadde a terra, rotolando fino a che non arrivò a cozzare contro le gambe di Ring Ring. Quell’intrusione imprevista ebbe il miracoloso potere di calmare momentaneamente gli animi.
   «E tu chi saresti?» domandò la fanciulla, riacquistando tutto d’un colpo la propria compostezza a causa della curiosità.
   Dada, che non era stato riconosciuto a causa del cappuccio indossato sul capo, si rimise prontamente in piedi e si schiarì la gola. «Eh-Ehm!» cominciò, impostando la voce. «Ciao, bellissima», improvvisò, tentando il tutto e per tutto pur di riuscire nel suo intento. «Che ne diresti di fare un giro con me?»
   Ring Ring intrecciò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio. «E perché dovrei?»
   Già, convenne Dada, cominciando a sentir scemare la propria baldanza. Perché mai, uno schianto come lei, avrebbe dovuto accettare di uscire con un perdente nato come lui? Non sarebbe mai accaduto, nemmeno fra un migliaio di anni. Sospirando con rassegnazione, il giovane fu sul punto di gettare la spugna. Se non lo fece, fu soltanto grazie al primo colpo di insperata fortuna che gli capitò in vita sua.
   Un insistente e reiterato rumore di sottofondo, quello di uno sbaciucchio prolungato nel tempo, indusse i due a voltarsi nella direzione del povero Garu che, dimenticato in un angolo e già perdonato dalla propria assalitrice nonostante gli avesse fatto un occhio nero, cercava inutilmente di liberarsi dalle sue dimostrazioni fin troppo esplicite di affetto – non richiesto, fra l’altro.
   Fu allora che Dada riacquistò il proprio sangue freddo e, ringalluzzendosi, risolse di rispondere alla sua adorata: «Perché è un insulto alla decenza che tu sia l’unica, qui, a non avere un cavaliere.» E, ad essere onesti, lo pensava davvero. Non che volesse sminuire Ching e Pucca come donne, ma Ring Ring era la regina indiscussa del suo cuore.
   Lei lo fissò ammirata. «È quello che penso anch’io!» esclamò difatti, premendo la punta delle dita di una mano contro il petto. «Dove s’è visto mai che una ragazza tanto affascinante venga ignorata?»
   «Non più, mia cara», la rassicurò il giovane, offrendole il braccio. «Vieni con me, ti porto fuori a cena», ebbe il coraggio di aggiungere, mostrandole il portafogli pieno di banconote. Essendo un lavoratore instancabile e non avendo tempo né modo di spendere il proprio stipendio, poteva vantarsi almeno di essere il più benestante fra i suoi coetanei, anche se, a vederlo vestire sempre in modo piuttosto sciatto, nessuno ci avrebbe scommesso su un soldo bucato.
   «Oh, volentieri, mio bel tenebroso ammiratore!» flirtò la fanciulla, accettando il suo invito ed affiancandosi immediatamente a lui. E dimostrando anche per l’ennesima volta la propria superficialità riguardo a certe faccende. «Cielo, che buon odore!» le venne spontaneo commentare, quando alle narici le arrivò il profumo del bagnoschiuma con cui Dada era stato strigliato meno di un’ora prima. «Scommetto che sotto quel cappuccio si nasconde un viso bellissimo!»
   Il suo misterioso spasimante si lasciò andare ad una risatina nervosa. «Ehm… Magari un giorno lo scoprirai…» replicò in tono scherzoso, come a volerla lasciare sulle spine. In cuor suo sperò che, se la sfortuna non fosse tornata alla carica come al solito, sarebbe stato in grado di conquistare l’amore di Ring Ring con i suoi modi galanti, in modo che, col passare del tempo, lei non avrebbe fatto poi troppo caso a tutto il resto. Forse. In effetti non ne era affatto sicuro, ma il detto non recita forse meglio un uovo oggi che una gallina domani?
   E mentre loro due si allontanavano verso il Goh-Rong, Garu si domandò se davvero a Dada stesse bene ingannare Ring Ring in quel modo. Beh, si disse poi, a conti fatti avrebbe comunque dovuto essere quello, il risultato del piano che avevano escogitato tutti insieme, a dispetto di tutti gli imprevisti che avevano minacciato di mandare all’aria tutto quanto. E poi Ring Ring non si era già presa gioco di Dada in moltissime occasioni? Bene, quello sarebbe stato un modo come un altro per rendere pan per focaccia a quella smorfiosa.
   Neanche finì di pensarlo, che Pucca si appropriò nuovamente di lui, affondando la bocca contro la sua guancia con energia tale che Garu per poco non perse l’equilibrio. Tentò di staccarla da sé e quando ci riuscì, lanciandole uno sguardo arrabbiato, la ragazzina gli rinfacciò la sua colpa più grande, additandogli con indignazione il mazzo di fiori che aveva offerto prima a Ring Ring e che adesso giaceva al suolo, in parte rovinato. Sudando freddo, il ninja le fece dono di un ampio sorriso e, recuperando il bouquet, glielo mise fra le mani, salvandosi in corner e mandandola in brodo di giuggiole. In fin dei conti, dovette rassegnarsi Garu mentre Pucca gli si avviticchiava al collo per fargli le fusa, era molto meno doloroso subire la tortura dei suoi abbracci piuttosto che incorrere nelle sue ire. E il suo occhio nero glielo avrebbe ricordato per un bel pezzo.












E qui si conclude anche questa seconda, breve long. Non sono soddisfatta, a dire il vero, così come non mi aveva soddisfatta la prima. Credo di essere maggiormente portata per le shot veloci, quelle scritte di getto, senza che si dilunghino troppo nella trama. Non so, non mi sento brava nell'elaborare storie troppo lunghe.
Fisime a parte, spero comunque che questa sia piaciuta lo stesso a qualcuno o che per lo meno possa essere stata considerata uno svago più gradevole del semplice girarsi i pollici.
Shainareth





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