Belive in your Dreams

di beky2004
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Some Mistakes ***
Capitolo 2: *** Memories ***
Capitolo 3: *** I Lost ***



Capitolo 1
*** Some Mistakes ***


Believe In Your Dreams  

Some Mistakes- Capitolo 1


-Buio.
Paura.
Una mano mi sfiora.
Urlo.
Mi tocca tutto il corpo, leggera.
Poi inizia a fare pressione, sulla coscia.
La strofina piano, prima di arrivare al linguine.
 Cacciai un urlo, dimenandomi sulla sedia.
Le corde mi facevano male, mi stritolavano.
Tremavo.
Io- ti prego, non farlo. Non farmi male-
Lo implorai distrutta.
Non mi ascoltava, continuava a tormentarmi.
Io- ti prego, non voglio- Continuai con la voce rotta dal pianto.
Stacco, le sue luride mani dalle mie gambe nude.
Mi tirò uno schiaffone, facendomi rigirare dall’altra parte.
Non dissi nulla, ero incapace di reagire.
Le lacrime ricominciarono a scendere e bruciavano al contatto con le mie guancie.
Poi con un ghigno, strinse la corda che imprigionavano le mie mani, legate dietro alla sedia.
X- Sta zitta, oppure sai che ti faccio- mi minacciò lui.
Mugugnai. Sentivo il sangue pulsare nei polsi. Me li stava lacerando.
Poi sentii un urlo, e l’immagine divenne sfocata, sempre di più, fino a diventare il nulla.
Sbattei gli occhi, uno due tre volte.
Poi chinai la testa, cercandomi di liberarmi.
Sentii spingermi, strattonarmi, colpirmi.
E poi, divenne tutto bianco, fino a scomparire-
 
-Mattino-
Sussultai, nel letto. Alzandomi di scatto,
-Anita, calmati era solo il solito incubo.-
 disse la mia testa, cercando di tranquillizzarmi.
Il mio cuore batteva all’impazzata. Sembrava che volesse scoppiare.
Sentivo, gli occhi bruciare, tremavo ancora.
Il solito incubo, che mi tormentava ogni notte.
Scossi la testa, velocemente, cercando di cacciare via quel brutto pensiero, quel brutto ricordo, che ogni notte emerge da non so quale parte della mia testa.
Mi alzai piano, stropicciandomi gli occhi. Passai davanti allo specchio, di camera mia.
Mi fermai a guardarmi. Mi facevo così schifo, mi vedevo così brutta.
I miei capelli biondi, erano raccolti in una treccia tutta disordinata.
I miei occhi, solitamente azzurri, erano rossi, gonfi dal pianto della sera prima. Circondati da due grosse e violacee occhiaie. Mi vedevo obesa, anche se non lo ero.
Ero solamente più grossa delle mie coetanee. Avevo le braccia scoperte, e subito cercai di ricoprirle. Mi vergognavo dei tagli che c’erano sopra.
Andai in cucina, barcollando per il sonno.
Sul tavolo c’era un bigliettino piegato, lo presi e lo portai vicino al naso, profumava di rose.
Lo lessi, diceva-
Ciao principessa, buongiorno. Sono al lavoro, oggi mi hanno allungato i turni. Torno verso sera, ti ho lasciato la tua colazione preferita nel microonde, ti voglio bene.
P.s ha chiamato Meddy, ha chiesto se puoi andare da lei, oggi pomeriggio. Almeno passate un buon pomeriggio, ti amo
Mamma <3
 
Ma quanto potevo amarla.
Lei era una delle uniche persone che mi hanno salvato la vita.
Letteralmente.
Sorrisi, e mangiai di fretta tutta la colazione, poi mandai un messaggio a Meddy, dicendole che sarei arrivata verso le 2 del pomeriggio. Lei era la mia migliore amica, e io le volevo un gran bene.
Andai di fretta in camera mia, feci il letto, aprii le finestre illuminando tutta la stanza, e lasciando che il venticello mi scompigliasse i capelli. Il sole splendeva alto nel cielo.
Milano era bellissima, anche se mi mancava Mullingar. Lì C’ero vissuta fin da piccola, e amavo quel posto, anche se mi faceva tornare alla mente brutti ricordi…
Ero venuta in Italia 3 anni fa, sono venuta a vivere con Susanna, la mia madre adottiva.
Il mio passato e stato orribile. Mia mamma biologica mi abbandonò appena nata, e mi lascio a quel lurido e schifoso padre. Subii violenze da lui, mi picchiava, voleva del sesso. Poi un giorno, non mi ricordo come all’età di 10 anni mi dissero, che era morto di droga, e così fui adottata da Susanna, una donna magnifica. L’amavo con tutto il mio cuore. Lei era italiana, ma viveva a Mullingar. Tre anni fa, visto che avevo 16 anni, ed ero grande decidemmo di trasferirci in qui a Milano, per dimenticare tutto quello che era successo e ricominciare una nuova vita.
Mi cambiai, e mi stesi sul letto, prendendo il mio diario.
Lessi velocemente le ultime pagine che avevo scritto, parlavano della mia vita, ma risalivano a qualche mese fa. Non avevo mai voglia di continuarlo. Lo buttai a terra, scocciata. Mi alzai sbuffando e andai di sotto, in garage. Avevo voglia di andare a fare un giro. Aprii il portone, pesante ed entrai piano in quella stanza ormai ammuffita. Mi guardai intorno alla ricerca della mia bici, ormai decrepita.
Ma dove caspita era finita?
Mi avvicinai, ad una parete piena di scatoloni. Non so perche, ma ero curiosa, insomma mi attiravano. Iniziai a sfiorare una scatola, impolverata. Non sapevo se aprirla oppure no.
Optai per un si, tanto ormai non ci perdevo nulla.
Con un colpo secco aprii quello che ormai era il rimanente di una scatola.
Con una mano, presi dei pezzi di carta, inizialmente non sapevo cos’erano,. Li guardai meglio.
Tuffo al cuore.
Iniziai a tremare.
Foto.
Lettere
Ricordi.
Tutto ciò che in questi anni avevo cercato di dimenticare.
Sbalordita mi inginocchiai, rigirando tra le mie mani quella che era una delle cose più belle, che avevo come ricordo della mia infanzia.
Foto sbiadita.
Due bambini, dietro un laghetto, che ridevano e giocavano insieme.
*Inizio FlashBack*
 Io- hei tanto non mi prendi, tanto vinco io- urlai al biondino
x- Hahaha nooo adesso ti prendo, scappa che e’ meglio
Mi prese, e ci buttammo a terra, rotolando sull’erba.
Ci alzammo in piedi e lui mi prese la manina.
X- lo sai che ti voglio bene?
Io- anche io te ne voglio- lo abbracciai, e gli diedi un bacino sulla guancia
Poi i nostri genitori ci chiamarono, e andammo a mangiare un gelato.
*Fine FlashBack*
 
Strinsi quella foto al petto.
Era uno dei pochi ricordi che mi rimanevano di lui, del mio principe azzurro. Del mio migliore amico, del ragazzo che mi faceva battere il cuore. In quella foto avremmo avuto nemmeno 5 anni, ma ci volevamo già un gran bene. Quel ragazzo, che crescendo era diventato come un fratello per me, eravamo inseparabili, ma diversi come il giorno e la notte. Quel ragazzo che amava suonare la chitarra, e aveva una voce d’angelo. Quel ragazzo che ogni volta che scriveva una canzone, se non la faceva sentire prima a me, non la faceva ascoltare a nessun altro. Ero innamorata di quel ragazzo da ben per 15 anni, ma non ho avuto mai il coraggio di dirglielo, e così adesso mi ritrovo fregata. Non ci vediamo da ben 3 anni. Colpa di quelle maledette audizioni. All’inizio ero felice per lui, quello era il suo sogno, e se era felice lui, lo ero anche io. Mi aveva promesso che non mi avrebbe dimenticata, che sarei stata per sempre la sua piccola Anita e lui per sempre il mio piccolo… Non riuscivo a pronunciare il suo nome, no. Lui mi aveva dimenticata, non ero più nessuno per lui. Ero arrabbiata con lui.
Tirai fuori dallo scatolone altre fotografie, e poi eccola, quella lettera. Colei che mi spezzo in parte il cuore. Quella lettera  che mi aveva scritto prima di partire, e prima di non tornare più. Le lacrime cominciarono a scendere, silenziose. La strinsi  al petto, come se fosse la cosa più preziosa che possedevo, e forse lo era.
Mille ricordi.
Mille emozioni
Mille avventure.
Mille cose che non torneranno mai, che non accadranno più, cose che scompariranno per sempre.
Soliti errori.
Ti accorgi troppo tardi di quanto vuoi bene ad una persona, accorgi che l’ami davvero quando ormai e’ troppo tardi, e non potrai averla indietro.
Continua…

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Capitolo 2
*** Memories ***


FF-Belive in Your Dreams

-Capitolo 2- Memories

M-Tesoro, che succede, perche piangi? –
Mi chiese preoccupata Maddy, alla soglia della porta di casa mia.
Non risposi, ero incapace di spiegarle cosa avevo trovato. Qualcosa me lo impediva. Avevo paura di dirglielo.
-Cosa succede?- mi chiese dolcemente. Sorrisi in modo sarcastico e poi abbassai la testa con lentezza. Volevo solo scoppiare a piangere. Ne avevo davvero bisogno. Non risposi. La guardai nell’abisso che aveva negli occhi. Non ci vidi più. La abbracciai forte.
In quel momento avevo bisogno di qualcuno. E lei c’era.
Mi sentivo fragile. Mi sentivo crollare. Sentii le sue braccia cingere con dolcezza i miei fianchi mentre pian piano il suo voltò, si avvicinò al mio. Sentii le sue morbide labbra appoggiarsi sulla mia fronte. Mi dava sicurezza. Volevo restare così, tra le sue braccia per sempre. Mi lasciai coccolare a lungo.
M- Cucciola, me lo dici cosa succede? Mi stai facendo preoccupare. -
Mi chiese dolcemente, dandomi forza e coraggio.
Sciolsi l’abbraccio frettolosamente. Avevo ancora gli occhi gonfi e rossi, e il mascara colato da tutte le parti. La guardai negli occhi.
Io- E’ tornato, di nuovo. L’ho rivisto, mi ha parlato. Maddy, ho ricominciato a stare male, lui ha ricominciato a tormentarmi
Confessai indietreggiando e ricominciando a piangere. Il mio stomaco incominciò ad attorcigliarsi, mi veniva la nausea, al solo pensiero.
Lei mi venne incontro, entrando nel grande salone di casa mia.
M- no, non dirmi che hai di nuovo avuto le allucinazioni.
Io- non è colpa mia, lui è riapparso, dopo che be, dopo che…-. 
Dissi asciugandomi le lacrime con la manica del mio pigiama, ormai nera. Mi appoggiai al divano, di spalle. Non riuscivo a continuare, non riuscivo a dirgli che ho ritrovato dopo tanti anni, le nostre foto, le nostre lettere, i nostri ricordi, il nostro passato.
. M- dopo che cosa? Non capisco-
Le indicai lo scatolone appoggiato al divano.
Lei appoggiò la borsa e la giacca a terra e mi venne incontro piano. Si avvicino, e prese la scatola. La aprii lentamente ed estrasse le fotografie.
Se le rigirò tra le mani, con estrema delicatezza. Le fissò, per pochi secondi, poi sgranò gli occhi.
M- M-ma dove le hai trovate?- mi chiese incredula.
Io- In garage, erano insieme a tutto il resto- le confessai a bassa voce.
Colpo basso. ll mio cuore batteva velocissimo mentre sentivo un grande nodo alla gola. Un nodo che volevo si sciogliesse. Ma troppi tentativi. Troppo tempo perduto. 
Chiusi gli occhi. Li sentivo bruciare. Una nuova lacrima attraversò la mia guancia, rigandola di nero. Pensai. Riflettevo su ogni piccolo attimo. Su cosa sarebbe stata la mia vita. Nero, tutto nero si vedeva. Nero come la mia vita.
M- non ho parole
Io- e credi che io le abbia. – Esplosi, iniziai a urlare e a far uscire parole, quelle parole che mi tenevo dentro da anni, che non avevo mai detto a nessuno, e che magari in quel momento non volevo nemmeno dire.
-Tu credi che sia stato facile dimenticarlo, credi che sia stato facile smettere di pensare a lui?  Sai quanto ho sofferto?
Sai quante notti ho passato in bianco pensando al mio angelo?
Di tutto quello che ho passato da piccola, lui era forse l’unica cosa positiva che mi rimaneva, poi è scomparso dal mio cazzo di vita, lasciandomi completamente nella merda. Quando sono venuta a vivere in Italia, e ti ho incontrata, sei stata l’unica persona a cui ho confessato il mio passato,Tutto quanto.
Sei l’unica, assieme a mia madre che sa, quanto è stato difficile per me accettare che non faccio più parte della sua vita, e lui della mia.
Per un momento ho pensato di averlo dimenticato, di essere forte, di aver sorpassato tutto. E invece dopo anni di sforzi, dopo pianti e sofferenze eccomi al punto di partenza.-
Ricominciai a piangere, le lacrime scorrevano veloci per tutto il mio viso.
Senza fermarsi, come se non avessero fine, come se fossero tutte quelle che in questi anni non avevo versato.
Non credetemi pazza, non lo sono.
E’ stato difficile per me tutto questo. All’inizio ho sofferto troppo. Tutti i giorni, sentivo nella mia testa la sua voce, che mi parlava, che m’implorava di non piangere, che non dovevo soffrire per lui, perche aveva semplicemente seguito un sogno.
Quanto volevo che fosse lui, quanto volevo che fosse lì,personalmente a dirmelo, e invece era solo una stupida voce, nella mia stupida testa, nella mia stupida vita.
M- Basta. So che stai male, ti capisco. Ma non puoi deprimerti per il resto della tua vita.
Lui è un grande idiota, lo sai? E’ vero che ha inseguito il suo sogno, ma almeno poteva chiamarti, mandarti un messaggio. Non meriti di rovinarti in questo modo per un deficiente.
Adesso guardami, asciugati quei tuoi bellissimi occhi, e fai un bel sorriso, che è il più bello di tutti. -
Mi sorrise, e mi asciugò le guancie da quel mare di lacrime.
Mi afferrò per mano, mi fece sedere sul divano, e si stese accanto a me.
Mi sentivo uno schifo, l’unica cosa che volevo in questo momento, era lui. Cosa impossibile da ottenere. Ero stanca, di tutto. Stanca di essere sempre presa in giro, stanca di essere sempre messa da parte, stanca di soffrire, stanca di tagliarmi, stanca della mia vita, ero stanca di essere stanca, stanca di vivere.
Maddy mi accarezzò una guancia, poi prese il telecomando e accese la televisione.
Guardammo un film, anche se io non ero per nulla presente con la testa.
Continuavo a fissarla e ad ammirare la sua bellezza.
Perche lei era davvero bellissima.
Aveva dei lunghi e lisci capelli neri, come la pece.
I suoi occhi, grandi e verdi risplendevano, intorno al grigio che ci circondava.
Era alta, snella. Perfetta.
Quanto volevo essere come lei.
Quanto volevo, per una volta, essere popolare, solare, meravigliosa, Perfetta come lei.
Chiedevo solo una vita normale, felice, spensierata. Con due genitori, con dei fratelli e sorelle, con dei nonni, con degli zii, con degli amici. Una vita come tutti gli altri.
La mia, era uno schifo.
Mia madre naturale mi aveva abbandonato da piccola.
Di lei sapevo poco. Giusto il nome, e dove viveva.
Il resto non m’interessava. Mia zia la conoscevo, perche alloggiavo da lei quando per due anni ho vissuto a Londra. Era una donna gentile, educata. La chiamo zia Rossella, e le voglio un mare di bene. Suo marito si chiama Paul, e fa il manager per Star mondiali. Rossella mi telefona spesso, per sapere come sto, come va la scuola ecc.
Pensai quasi tutto il pomeriggio a lei, e a quanto mi mancava.
A un certo punto Maddy decise di uscire, per fare una passeggiata. Non ne avevo voglia, ma lei mi convinse, così mi vestii e uscimmo. Andammo a vedere le vetrine dei negozi in centro. Passammo dal Duomo, e andammo in un bar, vicino. Era una bellissima giornata di metà Giugno, il sole splendeva alto nel cielo, e un venticello mi scompigliava dolcemente i capelli. Passammo davanti ad un’edicola, Maddy comprò un giornale, ed io mi fermai a vedere le locandine con le notizie di cronaca appese ovunque. Mi diressi piano all’ingresso di un palazzo dove, attaccata a una colonna, c’era un volantino. Mi avvicinai, e guardai meglio. La scritta ONE DIRECTION era stampata a caratteri cubitali, talmente grande da riempire quasi tutto il volantino.
Mi venne la nausea a quel nome tanto schifoso, e sentii il cuore battere più velocemente.
Quanto gli odiavo, quanto odiavo che fossero mondiali, quanto odiavo il fatto che erano così perfetti.
Un brivido mi percorse lungo la schiena quando lessi che il 28 Giugno sarebbero venuti in concerto, qui a San Siro.
No, impossibile.
I One Direction in concerto qui?
Non riuscivo a crederci.
Un misto di euforia, rabbia, delusione, ed eccitazione iniziò a mescolarsi nel mio stomaco.
In quel volantino, apparivano bellissimi.
Li guardai uno a uno, erano i classici ragazzi montati, che si credevano delle super star. Uno era riccio, alto con degli occhi verdi smeraldo.
Un altro aveva i capelli cortissimi, e aveva un sorriso da far paura.
Vicino a lui, c’era un ragazzo con i capelli nerissimi, l’orecchino, pieno di tatuaggi e con gli occhi color nocciola.  Un po’ più indietro c’era un bellissimo ragazzo, con una maglietta a righe le bretelle, e i capelli castani, un pochino lunghi.
Li guardai bene solo loro quattro.
Avevo paura di ammirare l’ultimo.
Paura di rimanere delusa, di ripensare a tutto quanto.
Chiusi gli occhi.
Sospirai.
Mi girai per vedere che non ci fosse nessuno, e accarezzai il volantino, sfiorando con la punta delle dita, il mio unico grande amore.
Sentii come delle pugnalate al cuore.
Tante pugnalate, che mi trafiggevano, che mi laceravano.
Era cambiato.
Totalmente.
I suoi denti, ora perfetti, gli incorniciavano un sorriso spettacolare.
Eccolo lì.
Il suo sorriso.
Quel sorriso, mi faceva battere il cuore, quello che amavo.
Quel sorriso che mi faceva quando ci rincorrevamo, per i grandi parchi di Mullingar.
Quel sorriso che faceva quando suonava la chitarra, e quando cantava.
Quel sorriso che faceva, quando a scuola, prendeva in giro i professori, beccandosi note su note, perche lui odiava andare a scuola, ed era un bulletto.
Toccai i suoi capelli.
I suoi lunghi capelli erano spariti.
Quei capelli che amavo scompigliare mentre di mattino andavamo a scuola, insieme.
Quei capelli che amavo toccare, anche se lui si arrabbiava, per fargli un dispetto.
Quei capelli che gli coprivano metà del suo dolce viso, lasciando intravedere solo i suoi meravigliosi occhi.
Quei capelli che mi facevano ridere, quando la mattina erano tutti ruffi.
Quei capelli ora sono volati via, insieme alla mia felicità, e insieme con lui.
Ora erano corti, inutili, immobili.
Era diventato più alto, ancora di più. Aveva un fisico perfetto, ben scolpito.
Feci scorrere la mano, vicino ai suoi occhi.
Lì fissai.
Quelli non erano cambiati.
Erano rimasti Infiniti, come sempre.
Quell’abisso, che mi faceva sognare, che mi faceva arrossire ogni volta che mi guardava,ogni volta che piangeva, ogni volta che rideva, ogni volta che cantava.
Quegli occhi immensamente perfetti.
Credo che sia il cielo sia il mare si siano ingelositi, quando per la prima volta il 13 settembre del 1993 videro per la prima volta i suoi occhi.
Lui aveva due anni in più di me, ma ne dimostrava molto meno, perche appariva come un bambino, dalle sue cavolate, dal suo modo di fare.
Chiusi gli occhi, e cercai di ripescare da qualche remoto angolo del mio cuore, alcuni ricordi, di quando tre anni fa vivevamo insieme in Irlanda.
Cercai di ricordare quegli occhi, il giorno della sua partenza.
Erano più grigi del solito, spenti.
Era dispiaciuto a partire, ma mi aveva promesso che quella settimana mi avrebbe chiamata.
Be, quella settimana non arrivò mai.
Non una chiamata, non un messaggio, ne una cartolina.
Nelle settimane successive, provai a chiamarlo, ma aveva cambiato il telefono.
Sapevo sue notizie solo guardando la televisione, solo guardando uno schifo di  programma, che lo ha fatto diventare quello che e’ adesso.
Ogni volta che passavo davanti a casa sua, era grigia, vuota senza di lui. I suoi genitori sono sempre stati gentili con me, ma non mi hanno mai dato spiegazioni.          
Ora Lui è solamente una star mondiale, che gira il mondo, che fa impazzire milioni di ragazzine, che come me hanno il sogno di incontrarlo.
Però c’e differenza.
Le fans vogliono incontrarlo, io ne ho bisogno.
E’ strano, quando vedi scomparire una persona dalla tua vita, dall’oggi al domani.
Sembra che quel viaggio, gli abbia cambiato la vita, cancellato il passato, e l’abbia catapultato in un mondo nuovo.
So che se un giorno se lo incontrerò, non mi riconoscerà nemmeno più.
Sono cambiata, come lui, anch’io.
Prima ero molto più grassa, poi ho iniziato a non mangiare più e a dimagrire, ora non sono magra, ma nemmeno grossa com’ero prima.
Prima ero mora, adesso sono bionda
Prima ero felice. Ora sono uno schifo.
Ero infuriata con lui. Lo odiavo.
Ma ero ancora innamorata persa.
Odiavo i One Direction.
Li odiavo perche c’era lui.
E se c’era lui, io stavo male.
Sentii chiamare il mio nome, così mi allontanai dal volantino.
Andai incontro a Maddy che mi stava aspettando, non le dissi nulla, riguardo al concerto.
Andammo a casa. Era sera, ed ero stanchissima
Andai in camera, preparai le cose per il giorno successivo a scuola, mi cambiai e mi stesi sul letto.
Ripensavo a tutte quelle persone che non avevano fatto altro che condannarmi. Pretendere tutto. Che cosa avevo potuto fare di così orribile? Cosa mi aveva portato a essere odiata da tutti?
Il mio nome è Fallimento. Il mio nome è Stronza. Il mio nome è Sola. Tre parole, tra aggettivi che forse nessuno si sarebbe dovuto mai sentir dire. Guardavo fuori dalla finestra, cercando la pace. Abbassai poi lo sguardo. Guardai bene i miei polsi guariti. Guariti dalle ferite che mi ero causata da sola. Quelle ferite che erano state difficili da chiudere.  Mi buttai sotto il cuscino,aspettando di addormentarmi. Aspettando di sognare, aspettando un qualcosa, una vita migliore. Aspettando la felicità. Sì, perche oramai avevo dimenticato cosa volesse dire “Felicità”. Una parola un po’ troppo grande per me. Eppure era così semplice da capire. Io invece no… non riuscivo a capirla. Anche se poi, pensandoci bene, capii che pian piano quella parola che tutti pronunciavano, quella sensazione che tutti provavano, era molto più facile di quello che credevo.
Continua…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** I Lost ***


FF- Belive in your Dreams
Capitolo 3-  I LOST
I giorni passavano.
L’angoscia saliva.
Avevo paura di quel 28 Giugno.
Paura di non so cosa.
Continuavo a ripetermi di stare calma. Di rilassarmi.
Infondo sarebbero stati solo 2 giorni, e poi sarebbe ritornato tutto alla normalità, Giusto?
Non sapevo cosa rispondermi. Ero nel panico totale.
 
Una mattina mi alzai più presto del solito. Mi cambiai cercando di non far rumore per non svegliare Susanna. Erano ormai gli ultimi giorni di scuola, e poi sarebbe iniziata l’estate.
Già. Gli ultimi giorni di Carcere.
Quell’edificio brutto, grigio, spento.
Quell’edificio dove ,più di 400 ragazzi, passavano mattine intere a studiare ad imparare.
Già. La scuola.
Per me era un inferno, ecco perche la chiamavo -Carcere-
Tutti Lì dentro mi odiavano. O almeno io credevo mi odiassero.
Non so se sinceramente si trattava di odio, so solo che per tutti io non esistevo.
Anita Bloom?
era solo un nome, comune, come tutti gli altri.
C’era chi non mi considerava, e chi invece mi torturava.
Soliti bulli, soliti ragazzini idioti che non avevano nulla da fare, se non rendermi la vita un inferno, più di quello che era già.
Ero al terzo anno, al liceo linguistico.
Amavo le lingue, ero molto brava a scuola. Parlavo inglese, e Francese, e stavo studiando tedesco e spagnolo.
 
 
Quella mattina, erano le 6.30.
L’autobus passava alle 7.00, così andai piano verso la cucina, temporeggiando
Mi preparai una colazione veloce, misi la merenda dentro lo zaino, e mi sedetti sul divano.
Presi una rivista di Gossip.
Sfogliai, disinteressata quelle nuove pagine, fresche di stampa.
Riuscivo a vedere a mala pena qualche immagine, e qualche titolo, ma non di più.
Ad un certo punto mi soffermai a guardare una pagina con un titolo bello grande, e con una foto immensa al centro.
PRONTI PER IL GRANDE CONCERTO?
TANTO ATTESO PER LE FANS, IL 28 GIUGNO.
GRANDE GIORNO PER CHI AMA GLI ONE DIRECTION.
 
Tu-tum
Tu-tum.
 
Il mio cuore perse due colpi. Restai meravigliata. Non potevo credere che avevano riscontrato così tanto successo in pochi anni.
-Mi fate schifo- Pensai tra me e me.
-Piccola, non dire così, mi offendi sai?-
Eccola la sua voce.
Quella voce che mi tormentava.
-Lasciami in pace-
Dissi secca. Mi sentivo così stupida a parlare da sola.
-Perche non dici mai il mio nome?- Mi chiese lui
-vuoi sapere il perche? Mi fai così schifo che a pronunciarlo mi viene la nausea-
Tutte cavolate.
In realtà non volevo dire il suo nome, perche quando lo dicevo mi sentivo male.
quel nome mi distruggeva, non lo pronunciavo da 3 anni, e non avevo intenzione di ricominciare a rifarlo.
In nostro era un segreto. Un segreto banale, inutile.
Nessuno sa che io e lui eravamo migliori amici. Nessuno. Nemmeno lui, perche se ne era dimenticato.
-Anita, perdonami.- mi implorò
-No, Troppo tardi. Dovevi pensarci prima. E poi sei solo una stupida voce nella mia testa, non sei reale, non ti incontrerò mai.-
Dissi io, cercando di convincere più me stessa che lui.
-Ti sbagli. Dai il tempo al tempo, e vedrai che diventerò il tuo presente.- Sussurrò piano
-anche tu ti sbagli, tu sei solo il mio passato. Un lurido, e odioso passato.- Gli risposi io.
Restai lì a fissare il vuoto di fronte a me, fino a quando a farmi tornare nella realtà ci penso un fastidioso Clackson.
 
Mi presi un mezzo accidente.
Mi girai di colpo lasciando cadere la rivista.
Dalla grande e luminosa finestra della sala, si vedeva uno sporco Pullman giallo, in moto di fronte alla fermata davanti a casa mia.
-Oh cazzo- pensai.
Mi alzai di scatto, con una corsa fulminea, piombai in camera mia, afferrai lo zaino appoggiato sul letto.
Lo tirai con forza, e per sbaglio feci cadere la scatola, con tutte le foto.
Buttai un occhio a terra, e vidi una fotografia di quando io e lui eravamo piccoli, a Mullingar. La raccolsi e la infilai frettolosamente dentro lo zaino. Poi volai giù dalle scale, e uscii fuori .
Iniziai a correre come una matta per raggiungere quello stupido Pullman, sbracciandomi e urlando.
Riuscì a salire, mentre tutti mi fissavano e ridevano
Mi vergognavo troppo.
Avanzai per lo stretto corridoio, tra le poltrone,cercando disperatamente un posto libero. Lo trovai quasi in fondo. Perfetto.
Mi buttai esausta su quel vecchio sedile.
Sbuffai.
Infilai la mani nella taschina del mio zaino. A tastoni cercai l’ipod.
Misi le mie amate cuffie, e premetti il tasto Play.
In un secondo tutto ciò che c’era intorno a me svanì, nel nulla totale.
La musica.
Ecco ciò che mi rendeva felice.
Ecco ciò che guariva parte delle mie ferite.
Appoggiai la testa al vetro, mentre canticchiavo nella testa il ritornello di una vecchia canzone.
Chiusi gli occhi e sospirai.
 
Dopo nemmeno cinque minuti, il pullman si bloccò di colpo, facendomi rimbalzare in avanti.
Classico.
L’autista lo faceva sempre.
Quello era un matto.
Nessuno gli rivolgeva mai la parola, tutti avevano paura di lui.
A me più che altro faceva pena.
Era un vecchio, solitario, che parlava da solo.
Delle volte pensavo a quanto ci si possa sentire soli, nelle sue condizioni.
E pensavo che  forse da una parte potevo capirlo.
Riguardai fuori.
Non mancava molto.
Dal vetro sporco potevo intravedere quella vecchia e malinconica scuola.
Un brivido mi percorse la schiena.
Non volevo andarci.
Avevo paura.
L’autista, con un cigolio, bloccò il pullman.
Tutti iniziarono ad uscire, facendo un grande chiasso.
-3,2,1 Ecco che inizia l’inferno-  pensai tra me e me.
Sbuffando uscii anche io, in quella grande confusione.
 
Procedevo dritta, senza voltarmi, con passo svelto e deciso.
Il mio obbiettivo? Era quello di arrivare in classe senza incontrare ne Alissa,ne Zayn i miei miglior nemici.
Impossibile purtroppo.
Avanzai per il grande cortile, pieno di persone che chiacchieravano allegramente.
Cercai Maddy con lo sguardo, in mezzo a quel mare di studenti.
Non la trovai.
Continuai a camminare in direzione dell’ingresso,sperando di arrivarci il prima possibile, senza incontrare nessuno
Una richiesta troppo grande forse, perche mentre stavo per entrare una voce femminile, che conoscevo fin troppo bene e che odiavo,mi chiamò.
x- oh, eccola qui… ma buongiorno Bloom- mi disse.
Feci finta di nulla, cercando di rimanere calma e di contare fino a 10. Non mi voltai nemmeno. Quella voce si riconosceva anche a chilometri di distanza. Era Alissa.
Ragazza ricca, bella, popolare, piena di ragazzi, piena di amiche, rifatta dalla testa ai piedi
Alissa- be, perche non rispondi? Adesso oltre ad essere diventata cieca sei anche sorda?- ci fu un ridolino da parte di tutto il gruppo che si era creato intorno a noi
Lei mi prendeva sempre in giro perche portavo gli occhiali.
Mi aveva rotto con tutte quelle sue battutine del cavolo.
Mi girai stringendo i pugni, perche la voglia di tirargli uno schiaffone era tanta.
Io- Mi lasci in pace? Oppure la chirurgia plastica ti ha dato alla testa?-
Gli chiesi ironica, guardando tutta la gente intorno a noi. Accanto a lei c’era Zayn. Alzò un sopracciglio. Faceva paura, da quanto era alto, muscoloso.
Z- Bloom, ti conviene stare calma, altrimenti sai che fine fai vero?- Disse lui cercando di farmi paura.
Un brivido mi percorse la schiena, al ricordo di quella volta che mi avevano chiuso nel bagno per quasi due ore.
Non risposi.
Mi girai dall’altra parte e avanzai un passo verso l’ingresso della scuola.
Iniziai a camminare.
Ero a metà, mancava poco e sarei entrata.
Mancava poco e sarei stata finalmente in pace.
Avanzavo a passo lento, ignorando i vari commenti delle persone.
Ad un certo punto sentii strattonarmi per un braccio.
Una stretta, dolorosa e forte.
Mi voltai di scatto.
A pochi centimetri da me c’era Zayn, quello sbruffone.
Il suo profumo mi avvolse, lasciandomi senza fiato.
Lui era del quinto anno.
Era il ragazzo più temuto della scuola ed era fottutamente carino.
Aveva i capelli corti, castani scuro, quasi neri, con un ciuffo lungo e biondo.
Mi fissava, pieno di odio.
Era a pochi centimetri dal mio viso.
Mi persi in quei suoi occhi color nocciola.
Iniziai a tremare.
La sua stretta era decisa, forte.
Mi ricordava tanto quell’idiota dei cantati dei One Direction, si chiamavano allo stesso modo, ed erano deficienti allo stesso modo.
Z- Dove credi di andare?- mi chiese con voce secca.
Non riuscivo a parlare, ero bloccata.
Non facevo altro che fissarlo negli occhi.
Strinse la presa attorno al mio braccio, facendomi urlare dal dolore.
Io- CRETINO MI FAI MALE MOLLAMI-
Urlai dimenandomi.
Ma cosa avevo detto?
Troppo tardi.
Quelle parole mi uscirono d’istinto.
Lui digrignò i denti e strinse i pugni.
Mi faceva paura.
Alissa, dietro di noi, fissava la scena divertita.
Zayn fece un sorrisetto e con forza mi spinse indietro, facendomi cadere di schiena, e calciando il mio zaino per aria, che sia aprii facendo volare per aria. tutte le mie cose.
Mi sbucciai un ginocchio, e tutto il braccio.
Volevo scoppiare a piangere.
Tutti iniziarono a ridere, prendendomi in giro.
Z-  Prova un’altra volta a dire quello che hai appena detto, e ti spacco la merda di faccia che ti ritrovi.- Urlò insultandomi.
Pugnalata al cuore.
Ci ero abituata ormai.
Mi dicevano anche di peggio alle volte.
Ansimavo a terra.
Chiusi gli occhi.
Le ferite mi facevano un gran male, ma non quanto la ferita che si era aperta sul mio cuore, quando vidi volare a terra la fotografia mia e del mio ex-migliore amico.
Alissa avanzò verso il mio zaino, si chinò e raccolse la foto.
Sgranai gli occhi, incredula.
Io- LASCIALA A TERRA- gridai.
Alissa- Oh, perche?
Intanto Maddy mi raggiunse aiutandomi ad alzarmi.
Andai piano verso Alissa.
Io- Lasciala- dissi con tutta la calma che riuscì a trovare dentro di me
A- Perche dovrei? E’ così importante per te?
Io- Cosa ti interessa?
A- Oh nulla. Dato che non vuoi dirmi cos’e posso anche strapparla allora- Disse con aria di sfida, Sventolandomi la foto davanti agli occhi.
Non potevo dirglielo.
Era un segreto, non volevo.
Sentii raggelarmi il sangue.
Alissa- quindi, mi dici chi sono questi dolci bambini in un parco?- disse ironica, afferrando la fotografia con due mani.
Io- N-nessuno, non sono nessuno- balbettai io.
Alissa-  Bugiarda, dimmi chi sono-
Io-NO
Lei mi fece l’occhiolino, e poi iniziò a strappare il bordo, di quella che era la cosa più importante che possedevo.
Io- NOOO FERMA- Urlai saltandogli letteralmente  addosso.
Tutti i presenti si zittirono, Maddy si precipitò su si me, trattenendomi per le braccia e tirandomi indietro.
Troppo tardi.
Alissa Iniziò a strappare quel ricordo in mille pezzi, davanti ai miei occhi.
Ogni volta che un frammento della foto cadeva a terra, un pezzo del mio cuore si staccava, dolorosamente.
Iniziai a piangere.
Alissa-  Ops, non l’ho fatto apposta.-
 Disse lei incrociando le braccia.
Io- TI ODIO- Urlai, singhiozzando
Lei si fece seria e con aria di sfida si avvicinò a me.
Maddy- Allontanati deficiente, non vedi cosa hai fatto? Hai frantumato una foto, per lei importante.- Le disse Maddy difendendomi.
Alissa- oh, poverina, mi dispiace… Ora mi dici chi c’era in quella foto?
Non avevo parole. Avevo gli occhi chiusi, mentre le lacrime mi scorrevano veloci per il viso.
Maddy mi lasciò andare.
Feci un passo avanti.
Mi inginocchiai, e provai a raccogliere quei frammenti, ormai andati perduti.
Una raffica di vento mi scompigliò i capelli.
I pezzi rimasti a terra, volarono via, insieme a tutti i ricordi che mi rimanevano di lui.
Dai pochi ritagli che avevo tra le mani, potevo distinguere ancora il suo dolce viso angelico, i suoi occhi infiniti, il suo bellissimo sorriso e I suoi fantastici capelli biondi.
Mi alzai piena di odio.
Piena di rabbia.
Strinsi i pugni,
Alissa-  Dimmi chi e’- mi ordinò con aria dura
Io- Vuoi sapere chi e’?- Urlai con tono di sfida.
No, non potevo dirglielo.
La mia testa mi diceva una cosa, mentre il cuore un’altra.
Sentivo rimbombare il suo nome, sentivo voci su voci che mi ripetevano di urlare al mondo intero come si chiamava il mio migliore amico.
Alissa- oh, comunque posso immaginare chi era. Era uno dei tuoi stupidi amichetti quando anche da piccola eri una troia, come tua madre.-
Non ci vidi più.
Ma come si permetteva?
Sentii la rabbia salire, e da quel punto scoppiai.
Ricominciai a piangere.
Io- SEI TU LA TROIA, SEI TU UNA DEFICIENTE. MI FAI SCHIFO. TI AUGURO IL PEGGIO, DOVRESTI SCOMPARIRE DAL RESTO DELLA TERRA. TU NON SAI NULLA DI  ME, NIENTE. NON MI PUOI GIUDICARE. NE ME, NE MIA MADRE.
 LUI CHI ERA? ME LO CHIEDI? VUOI SAPERLO? LUI ERA NIALL JAMES HORAN.
urlai con tutto il fiato che avevo.
Quelle parole mi rimbombavano in testa.
L’avevo detto.
Avevo detto tutto.
Avevo pronunciato il suo nome.
Quel odioso nome, quello che non pronunciavo da anni.
Quello Sarebbe stato l’inizio di un incubo, lo sapevo.
Avevo rivelato ciò che doveva rimanere segreto, ciò che era proibito.
Alissa spalancò al bocca.
Zayn- c-cosa? Quel frocio dei One Direction? HAHAHAHA-
Zayn scoppiò a ridere, continuando a prendermi in giro.
Io non lo ascoltavo nemmeno.
Fissavo il pavimento in cemento, sotto di me.
Fissavo il vuoto, alla ricerca di una risposta, di un segno, di un qualcosa.
Nulla.
Nemmeno la sua voce.
Continua…
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Spazio alla scrittrice.
Ciao a tutti <3 ecco il nuovo capitolo della mia FF-
Se avete piacere, lasciate una recensione, a me farebbe più che piacere <3 Grazie
-Rebecca

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