love at first fight.

di sensuhaz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


FLASHBACK 

Avevo le cuffie nelle orecchie con la musica al massimo del volume, ero in ritardo e dovevo sbrigarmi, o la signora Parker avrebbe chiuso le porte della scuola. Con lo sguardo basso correvo verso l'istituto, avevo il battito accelerato e il respiro pesante. Salivo le scale, ero quasi all'entrata quando qualcosa, o meglio, qualcuno mi urtò facendomi sbandare. I libri che tenevo poco prima in mano erano disordinatamente sparsi per terra e dei fogli contenuti al loro interno vennero trasportati via dal vento. Mi abbassai subito per raccogliere il disastro appena causato dallo scontro con rapidità, gli studenti erano quasi tutti entrati e la signora stava per chiudere le porte. Sembra strano ma, ero sempre l'ultimo della classe ad arrivare e puntualmente il professore chiamava sempre mia madre. I miei ricci erano scombinati dal vento e, anche se sono la cosa a cui tengo di più i miei capelli, in quel momento lasciai perdere. Raccolto il tutto mi alzai e non degnai nemmeno di uno sguardo colui che aveva causato questo incidente. Correvo verso l'entrata, quando una mano mi bloccò prendendomi per una spalla. "Scusami, non volevo." disse un ragazzo poco più basso di me, con un sorriso piuttosto rassicurante sul viso. Aveva una voce molto dolce e delicata, quasi femminile, solo un po' più mascolina. I suoi capelli erano scombinati, proprio come i miei in quel momento, e facevo fatica a capire come fossero realmente sistemati. I suoi occhi erano blu, ma non un blu qualsiasi, un blu raro, un blu in cui dentro ti ci perdevi rapidamente. Ero timido con tutti, soprattutto con gli estranei, quindi gli degnai solo di uno sguardo, incurvando quasi invisibilmente le labbra. Il ragazzo vide che non ricambiavo alla stretta di mano, così la ritirò con un espressione dispiaciuta. "Qual è il tuo nome?" Chiese il ragazzo. "Io mi chiamo Louis, piacere" aggiunse sorridendo. Louis. Amavo già il suo nome. Un nome angelico, proprio adatto a lui. "Mi chiamo Harry. Ora dei andare o farò tardi, ciao." Dissi. Ero duro, proprio come se non provassi dei sentimenti, ma non volevo che il professore chiamasse di nuovo mia mamma, che poi mi avrebbe messo in punizione il sabato sera.
 
 
“Harry, è pronto! Forza scendi in cucina!"
Sentii una voce chiamarmi dalla parte inferiore della casa. In sottofondo c'erano delle risate e si sentiva dalla mia camera l'odore della cena. Posai il mio diario affiancato da una penna nera in un cassetto del comodino affianco al mio letto, scendendo velocemente le scale per dirigermi in cucina.
“Che buon odore! Che hai preparato di buono stasera amore?” Dissi strofinando le mani tra di loro cercando di riscaldarle, avvicinandomi poi alla fronte di Louis per baciarla.
Si, Louis era diventato il mio ragazzo. Proprio quel Louis che mi fece entrare in ritardo in classe per l’ennesima volta, ma per una buona causa stavolta.
Louis Tomlinson, ventunenne e diciannovenne di allora, era il mio ragazzo da ben tre anni.
Giorni dopo che ci conoscemmo scoprii che veniva nella mia stessa scuola, incontrandolo varie volte nei corridoi. All’inizio la mia timidezza mi diceva di non farmi notare da lui e di evitarlo in tutti i modi possibili, ma un giorno non so cosa mi spinse ad avvicinarmi, ma scelsi il momento sbagliato.
Era con un gruppo di ragazzi dell’anno superiore al mio e quando andai a salutarlo mi sentii molto inferiore rispetto a tutti loro.
“Ehi ciao Harry! Anche tu vieni qui a scuola?” Rispose Louis sorridendo.
Ho sempre amato il suo modo di fare, è sempre così sorridente.
Mi limitai ad abbassare la testa e ad arrossire. I suoi amici capirono che ero debole, così da li iniziò la mia tortura.
“Hei secchione!” “Sei un frocio di merda” “Perché non ti uccidi? Faresti un favore all’umanità!” Ogni giorno gli insulti peggioravano, diventando sempre più pesanti e nessuno intorno a me si accorgeva che io stessi crollando pian piano.
Tutti forse tranne Louis.
Per quasi tutto l’anno, anche a inizio estate, indossavo maglie con le maniche lunghe per non far vedere i tagli. Tornavo a casa con la voglio di suicidarmi sempre più forte ogni giorno che passava, ma una volta stavo davvero per farlo davvero: ero sul punto di togliermi la vita.
Tornai da scuola dopo aver superato i bulli che mi aspettavano puntualmente in un vicolo sotto casa mia. Mi pestarono causandomi lividi su tutto li corpo, mi tirarono per la maglietta impedendomi di scappare, mi sputarono le loro gomme masticate in faccia e quando tutto finì mi diressi verso casa come se non fosse successo niente. Scaraventai lo zaino a terra vicino la porta all’entrata e mi diressi in bagno. Presi la lametta dallo scaffale e mi diressi in camera mia. Strinsi l’oggetto ormai impregnato di sangue per i tagli precedenti in un pugno e mi sedetti su uno sgabello posizionato al centro della camera.
Con le dita cercai di individuare sulle mie braccia le vene che portavano più sangue. Da esse potevo sentire il battito del mio cuore accelerare sempre di più ogni secondo che passava. Individuata la prima, poggiai la parte affilata della lametta su di essa e, con le lacrime che bagnavano rapidamente il mio viso, iniziai a muoverla con rabbia e dolore sul mio braccio.
Urlavo, rischiavo da un momento all’altro di cadere nell’oblio, ma non mi importava: volevo morire.
Persi molto sangue e me ne resi conto abbassando lo sguardo e guardando il pavimento sotto i miei piedi. Nel mio copro ormai erano rimaste le ultime gocce di sangue che mi impedivano non ancora per molto di morire, quando la porta della mia camera fu aperta con violenza.
Tutto intorno a me era sfocato, eppure riuscii a distinguere per bene il viso angelico di un ragazzo, Louis, che a quella scena non fece altro che piangere e a mettersi le mani tra i capelli.
Tremava ed era molto agitato, e questo non faceva altro che mandarmi ancora di più in confusione. La prima cosa che fece fu quella di andare in cucina a prendere uno straccio per poi legarmelo attorno al braccio, in modo da non farmi perdere quel poco di sangue che ancora mi manteneva in vita. Prese il suo telefono dalla tasca: le sue mani erano bagnate del mio sangue e non fece altro che sporcare il suo IPhone bianco. Chiamò l’ambulanza con urgenza, che già dopo meno di due minuti era sotto casa.
I paramedici entrarono in casa iniettandomi qualcosa nelle vene e mettendomi una mascherina per farmi respirare. Il mio corpo fu messo su una barella, che trascinarono poi con molta rapidità nell’ambulanza.
Eravamo diretti verso il pronto soccorso. Durante il viaggio le palpebre mi minacciavano costantemente di chiudersi, ma la presenza di Louis me lo impediva. Sentivo la sua mano calda che stringeva la mia fredda.
Lo vedevo piangere, i suoi occhi blu erano gonfi dalle lacrime e rossi. Non lo avevo mai visto così, eppure con lui trascorrevo la maggior parte del mio tempo visto che era il mio migliore amico.


“Ho preparato delle salsicce e le patate al forno, ti piace?” Chiese il ragazzo, asciugandosi le mani con uno straccio.
Mi limitai a sorridere. Avvicinai il mio corpo a quello di Louis facendo passi piccoli e disinvolti. La distanza diminuiva sempre di più, finchè non mi ritrovai a sovrastare l’altezza del ventunenne.
Non potetti non sorridere, infondo Louis aveva sempre fatto quest’effetto su di me sin dall’inizio. Sentii le sue due dita sulle mie guance, segno evidente che erano sbucate le mie fossette, una cosa che Louis amava. Misi le mie mani sui suoi fianchi e ci limitammo in un bacio semplice, eppure fummo interrotti.
“Ehm, io avrei una leggera fame!” Disse una voce femminile con tono sarcastico.
Lottie Tomlinson, nonché la sorella del mio ragazzo. Aveva un carattere solare e comico, proprio come quello di Louis, ma aveva la brutta abitudine di interromperci sempre.
Fu la prima insieme a mia sorella Gemma a sapere della storia tra me e Louis, visto che tutti ci odiavano.
“Ehi piccola, non ti lasciamo di certo digiuna! Forza inizia a mangiare.” Risposi, mettendole la cena nel piatto.
La cena fu accompagnata da risate e barzellette a volte squallide di Lottie.
Amavo questi momenti tra noi tre, erano diventati la mia famiglia, e non c’era niente di più bello di loro.
Quando persi i miei genitori e mia sorella in un incidente aereo mia nonna si prese cura di me, finchè non divenni maggiorenne. Poi conobbi Louis, e da li la mia vita cambiò totalmente.


 
***



 
ciao bella gente:)
bene, come potete vedere questo è il mio spazio autore.
diciamo che ho sempre voluto scrivere una fan fiction larry, anche se all'inizio l'intenzione era quella di scrivere una os, ma vabbè.
questo diciamo che è una sorta di primo capitolo, ma fa anche da trama.
anyway, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate quindi recensite!:)

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Capitolo 2
*** 2 ***


Arrivammo al pronto soccorso. La mia mano era avvolta strettamente tra le due di Louis e potevo benissimo sentire le sue lacrime cadere su di essa. La fuoriuscita del sangue sembrava essere diminuita, ma era sempre attiva.
“Ce la farà?” La voce di Louis era l’unica cosa che riuscivo a distinguere.
“Non lo sappiamo, ma faremo il possibile.” Un paramedico rispose, incurvando leggermente le labbra in un sorriso di comprensione.
I soccorsi fecero scendere prima Louis dall’ambulanza con velocità, seguito da me sulla barella. Fui trascinato con molta rapidità all’interno dell’edificio. Potevo avvertire la presenza di Louis e questa cosa mi faceva stare bene, perché sapevo che lui non se ne sarebbe mai andato, insomma, un migliore amico così è più unico che raro!
“Ce la farai Harry, io sono qui con te.”  La voce angelica di Louis era infastidita dal parlare delle persone. Mi trovavo in un ambiente strano, non mi piaceva, e sono sicuro che anche a Lou non piaceva per niente.
Ma ad un tratto tutto intorno a me diventò strano, buio per meglio dire. Non riuscivo nemmeno più a distinguere il viso del ragazzo, le mie orecchie non riuscivano più ad ascoltare la sua voce, mi stavo perdendo in me stesso.
Passate molte ore mi  svegliai: ero in una stanza singola. Attorno a me avevo vari macchinari che provocavano un indistinto rumore. Guardai le mie braccia: avevo delle cuciture sulle lesioni provocatomi prima. Ero disorientato, non capivo bene dove fossi, o forse non volevo rendermene conto. Provavo un senso di ribrezzo nei miei confronti nel sapere che tutto ciò si era creato solo per colpa mia: i sensi di colpa per tutti questi anni, l’autolesionismo, l’anoressia, il bullismo, Louis.
Ma, un attimo… Dov’è Louis?
Mi strofinai velocemente gli occhi ed iniziai a muovere la testa nell’ invano tentativo di trovare il ragazzo in quella camera, che ai miei occhi appariva un obitorio.
Si, un obitorio perché ormai mi consideravo morto, interiormente intendo, senza un motivo per continuare.
Solo dopo aver visto in tutti i posti della stanza realizzai che Louis non era lì con me, ma era tardi.
E se aveva deciso di abbandonarmi? Lui diceva sempre che amava aiutare le persone in difficoltà, ma quando lui ci si trovava dentro, non riusciva ad uscirne.
Cercavo di ripetere a me stesso che non mi aveva abbandonato, perché infondo me lo aveva giurato più volte.
“Arrenditi Styles. Ora sei rimasto completamente solo, fottiti.” Quella dannatissima voce nella mia testa non smetteva di torturarmi.
Forse però aveva ragione, infondo se non se ne era andato sarebbe stato con me e avrebbe aspettato il mio risveglio.
“Metti fine a tutto, ora è il tuo momento. Stacca quel tubo che ti permette ancora di vivere questa vita infame, lo vedi? E’ proprio li, appoggiato tra le tue labbra asciutte, insipide e senza un colorito. Forza, estrailo dalla tua bocca e sarà tutto finito.” Quel suono dentro di me non aveva intenzione di abbandonarmi, ma forse ora aveva ragione.
Distinguevo per bene le figure attorno a me, forse i medici mi avevano dato qualche sostanza che stimolasse i miei occhi a reagire.
Ero deciso a terminare tutto, quando la porta si aprì lentamente. Era accostata e dall’apertura sbucava una testa.
Sgranai gli occhi. Non potevo crederci, era Louis.
I suoi occhi erano pieni di lacrime, il suo viso spento e i capelli erano tutti spettinati. Le occhiaie sotto i suoi occhi blu e stanchi erano molto evidenti e le gambe lo minacciavano da un momento all’altro di abbandonarlo, visto il lunghissimo tempo che è dovuto rimanere in piedi ad aspettare i risultati delle mie analisi e soprattutto il mio risveglio.
Ma quando vide che ero cosciente qualcosa in lui cambiò, precisamente nei suoi occhi. La sua espressione triste e priva di vita si era trasformata in una di commozione e gioia nel vedermi di nuovo “bene”
Corse velocemente da me, lasciando sbattere violentemente la porta alle sue spalle. Mi abbracciò forte, anche se i dottori glielo avevano vietato dato il caso di debolezza in cui mi trovavo.
“Sapevo che ce l’avresti fatta Harry, sono così fiero di te.” Una lacrima bagnò la sua guancia destra, accompagnata poi da un sorriso. “Sono così fiero di te. Sai, sono stato tutto la nottata li fuori ad aspettare il tuo risveglio-“ iniziò a raccontare Louis, con un accenno di tenerezza. “-ho passato la notte insonne e solo ora, alle sette del mattino, ti sei svegliato.”
“Perché hai fatto tutto questo per me Louis? Infondo non me lo merito, lo sappiamo entrambi che sono una persona sbagliata, sono pieno di difetti e-“ Louis mi interruppe poggiando il suo indice sulle mie labbra.
“Ehi, tu non sei un errore come dici di essere. Sei una persona che andrebbe invidiata invece, dopo tutto quello che hai passato sei ancora qui, non vedi? E sai che ti dico? Forse sei ancora più forte di prima.”
Certo che Louis era proprio bravo a dare consigli, non trovi? Soltanto che tutto ciò non sapeva dirlo a se stesso.
Potevo vedere il riflesso dei miei occhi nei suoi dato la loro lucidità, ma per la timidezza abbassai lo sguardo accennando un piccolo sorriso.
“Ehi piccolo, non aver paura.” Sussurrò Louis con una voce angelica, una voce che solo lui aveva.
Mi sollevò la testa poggiando la sua mano sul mio mento, facendo rincontrare di nuovo i nostri occhi. Mi soffermai sulle sue labbra: erano così secche e rovinate, erano labbra che avevano disperatamente bisogno di amore, ed io ero pronto a dargliene.
Sollevai leggermente la schiena dal lettino su cui ero steso, avvicinandomi a Louis per baciarlo.
All’inizio il nostro bacio era timido, provavamo entrambi una strana sensazione piacevole, perché infondo fino a due minuti fa eravamo migliori amici, ma ora qualcosa era cambiato e fortunatamente per la prima volta in vita mia, qualcosa era cambiato in meglio.
Sai una cosa diario? Avrei voluto che questa scena si sarebbe ripetuta all’infinito, come una playlist musicale impostata in modalità continua: play, stop, replay, fino alla fine dei tempi.



“Harry forza vieni a letto, sono distrutto.” Disse Louis poggiando la sua spalla destra vicino all’entrata della porta della cucina.
“Si, ora vengo.”
Chiusi il mio diario in pelle e lo lasciai sul tavolo, consapevole che nessuno lo avrebbe toccato, anche se già tutti sapevano della mia vita.
Mi diressi nel bagno per lavare i denti. Durante il lavaggio mi guardai allo specchio e notai di avere la barba. La accarezzai, rendendomi conto che domani al mio risveglio avrei dovuta tagliarla. Mi asciugai la bocca e uscii dal bagno, spegnendo la luce.
Mi diressi verso la camera mia e di Louis, ma come mi era solito fare ogni sera mi fermai per dare un bacio alla fotografia di mia madre, mio padre e mia sorella posta su uno scaffale del corridoio.
Quando dovetti fare le valigie per venire a vivere qui con Louis scelsi proprio quella fotografia perché era quella che li rappresentava di più, erano tutti e tre sorridenti; avevano un sorriso da fare invidia al mondo intero.
Arrivato in camera chiusi la porta; Louis era già sotto le coperte. Il suo viso stanco era illuminato dalla luce della televisione a pochi metri dal letto. A quella scena non potetti fare altro che sorridere.
Mi tolsi la maglietta e i pantaloni lanciandoli per terra ai piedi del letto per poi indossare il pigiama situato sotto il mio cuscino. Subito dopo mi infilai sotto le coperte, avvolgendo il mio piccolo uomo tra le mie braccia.
“Quale film guardiamo stasera?” Disse Louis, cambiando canale con aria insoddisfatta.
“Che ne dici di un film horror?” Proposi con tono divertito. Sapevo che a Louis non piaceva quel genere di film, ma glielo chiedevo ogni sera perché puntualmente si trovava sempre una scusa come risposta visto che aveva paura.
“Stavolta dico di si, Styles. Non ho paura.” Disse il maggiore, soddisfatto.
Rimasi meravigliato, così decisi di scegliere il film più pauroso in circolazione di questi ultimi anni.
“Va bene Tomlinson, accetto la sfida.”
Mi alzai dal letto e mi diressi verso il comodino su cui era poggiato il televisore. Mi sedetti a terra incrociando le gambe e iniziai a scegliere il film guardando tra la categoria “horror”
“Trovato! Guarderemo l’esorcista!” Urlai leggermente alzando il film per farlo vedere a Louis, compiendo un sorriso sarcastico.
Dopo aver detto quella frase sentii dal piano di sotto Lottie imprecare, voleva cercare di dormire ma il mio chiasso glielo impediva.
Risi sottovoce. Mi alzai da terra in modo molto bizzarro e inserii il film nel lettore dvd. Pigiai il tasto “play” ed il film partì automaticamente.
Mi diressi di corsa sotto le coperte con fare grossolano, motivo per cui Louis scoppiò in una grande risata. Lo abbracciai nuovamente baciandogli una tempia.
“Buona visone piccolo.” Gli sussurrai dolcemente all’orecchio.
La mia mano era sotto la sua maglietta poggiata sul  petto e potetti sentire la sua pelle rabbrividire al mio sussurro.
“Harry, va bene mi arrendo: hai vinto tu. Ho paura.” Ammise Louis, girandosi verso di me.
Toccai la sua fronte con la mia, guardandolo negli occhi.
“Hey piccolo, ci sono io qui non aver paura.” Sussurrai dolcemente sulle sue labbra per poi baciarlo.


***
 
hei bella gente(?)
allora, che ne dite della storia? lo so che forse è un po' presto per espimere un giudizio, ma almeno un'idea ve la siete già fatta? aw
ringrazio tutte quelle ragazze che in quelle poche recensioni mi hanno fatto i complimenti ma soprattutto chi mi ha dato consigli per migliorare. Beh, spero di averli seguiti e che questo capitolo sia venuto meglio:)
se volete dirmi qualcosa su twitter sono @sensuhaz e aspetto con ansia altre vostre recensioni su questo capitolo:)
 

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Capitolo 3
*** 3 ***


“Mmh.”
Agitai velocemente la mano destra vicino al mio orecchio scoperto, infastidito dal ronzio di un’evidente zanzara, la quale interruppe il mio sonno.
Mi rigirai più volte nel letto nella speranza di ritrovare il sonno, ma invano. La luce abbagliante del giorno che penetrava tra la persiana socchiusa mi infastidì maggiormente, causandomi inoltre fastidio agli occhi.
“Buongiorno amore! Forza, in piedi!” Urlò Louis carico di energia, scuotendomi.
“Hey dormiglione, sveglia!” Proseguì Lottie che iniziò a saltare sul letto con il cuscino del fratello in mano.
Feci finta di continuare a dormire, aspettando il momento giusto per attaccare.
Louis avvicinò il suo volto più vicino al mio con l’intento di urlare e fammi spaventare, ma non aveva calcolato che questa volta la vittima stava per essere lui.
Con la coda dell’occhio osservai tutti i suoi movimenti e, quando arrivò il momento giusto, afferrai il suo viso tra le mie grandi mani per poi baciarlo bruscamente. I suoi occhi blu erano sbarrati per la sorpresa, non se lo sarebbe mai aspettato.
I gemiti di commozione della piccola in sottofondo erano ben udibili, ma onestamente non mi importava più di tanto, infondo io e Louis eravamo entrambi abituati a tutto.
Presi il ventunenne per i fianchi, posizionandolo a cavalcioni su di me. Il nostro bacio era interminabile e Lottie, sotto uno specifico punto di vista, era sempre più emozionata.
Amavo quando ci svegliavamo in quel modo, proprio come una famiglia normale. Si, perché noi non eravamo una famiglia normale, almeno tutti così dicevano. Anche se Lottie non era nostra figlia, io la consideravo come tale. Amavo prendermi cura di lei; accompagnarla a scuola, aiutarla a fare i compiti, a scegliere insieme a lei cosa indossare per il sabato sera, ad asciugarle i capelli data la loro eccessiva lunghezza e, quando me lo chiedeva, a scegliere tra dei ragazzi.
Ritornando al discorso di prima, non eravamo una famiglia che rispettava la norma.
“Il nucleo familiare è generato da maschio e femmina, proprio come Nostro Signore ci ha detto.”
Onestamente? Anche se avevo smesso di essere fedele a Dio ormai da anni, ho sempre creduto che questa frase fosse una grandissima stronzata.
Intendo, se il Signore rende onore a tutti noi ugualmente e senza distinzioni, perché dovrebbe impedire a noi omosessuali di amarci proprio come una coppia eterosessuale? E’ un concetto idiota, inventato da una persona tale.
 
“Ti ho preparato la colazione, latte e caffè con un cornetto caldo alla nutella.” Disse Louis accarezzando e delineando i contorni del mio labbro inferiore con il suo pollice.
Sorrisi. Quel ragazzo sapeva sempre cosa volevo, era eccezionale.
Eppure ancora non riesco a trovare una risposta alla mia domanda secolare: perché io, Harry Styles, orfano e senza soldi, abbia incontrato un ragazzo come lui, Louis Tomlinson, proveniente da una famiglia economicamente ricca?
Quando ancora ero religioso, più volte in un arco giornaliero mi recavo in un angolino della mia camera ed iniziavo a pregare, sperando che prima o poi Dio mi avesse dato una risposta.
Ogni domenica andavo in chiesa alla messa di mezzogiorno e, conclusa, mi recavo subito da Padre Christian nel confessionale.
Oltre che a liberarmi dai miei peccati, gli parlavo anche di Louis e di quando fosse fantastico, nonostante allora lo avessi appena conosciuto.
 
“Indosso una maglietta e vengo, aspettami giù.” Risposi, lasciando un bacio sulla sua bianca fronte. Il colore la faceva sembrare di porcellana, data anche la lucentezza del sole che rifletteva su di essa.
Fece come gli dissi, portando anche la sorella con sé.
Mi alzai dal letto con molta fatica, nonostante il sonno avesse ancora il sopravvento su di me. Aprii l’armadio e indossai la prima maglietta che mi capitò tra le mani: non so nemmeno se quello si poteva definire un indumento, dati i vari buchi che la rivestivano.
Era piuttosto sgualcita, ma emanava l’odore di Louis visto che ne era il proprietario, e questa cosa mi piaceva.
Scesi le scale a piedi scalzi e senza provocare alcun rumore. Louis e Lottie erano già seduti intorno al tavolo che mi aspettavano, pronti per iniziare a mangiare.
L’odore del caffè arrivò velocemente alle mie narici, colmandole poi di piacere. Il sentore di pane caldo era percepibile in tutti i punti della stanza in cui ci trovavamo e, ad invitarmi a sedere, c’erano i sorrisi dei due fratelli.
“Wow. Per essere una colazione è il massimo che si possa chiedere.” Dissi con un’aria piuttosto divertita, scostando dei ricci che cadevano leggeri sulla mia fronte.
La tavola era piena di prelibatezze: alcuni toast farciti con insalata e altri con burro, biscotti di vario genere, bruschette con i pomodorini freschi raccolti dal nonno di Louis in un piccolo orticello di Doncaster, città natale della famiglia Tomlinson, e molto altro.
“Che ne dici di una passeggiata al parco oggi?” Mi chiese Tommo mentre addentava con ferocia il suo panino, segno evidente di fame acuta.
Risposi con un leggero ritardo, il tempo di finire il latte che mi era stato preparato. Mi asciugai le labbra con una manica della maglietta che indossavo, sapendo che, anche se si sarebbe sporcata non sarebbe importato a nessuno visto le sue condizioni.
“Per me va bene.” Risposi sorridente, allungando il mio braccio per afferrare un altro toast.
“Ehm… Non vi dimenticate qualcosa? O meglio… Qualcuno?” Aggiunse la piccola, ingrandendo gli occhi e scoprendo il suo labbro inferiore.
Non potevo resistere a quel suo viso dolce, i suoi occhi blu come il mare e a quei capelli biondo chiaro con delle piccole sfumature leggermente più scure in qualche zona che incorniciavano il tutto. Era perfetta.
“Come potremo dimenticarci di te, piccola?” Dissi con tono dolce, scoprendo le mie fossette.
E fu proprio in quel momento che Louis, amando follemente i miei buchi sulle guance, ci infilò il mignolo dentro. Ciò lo divertiva tantissimo e devo ammettere che un po’ divertiva anche me, perché infondo quando lui iniziava a ridere, io iniziavo a vivere nuovamente.
“Tu non devi uscire con quella tua amica? Com’è che si chiama? A..Ale..” Domandò il maggiore alla sorella, non desiderando la sua presenza quel giorno.
Non riusciva a ricordare il nome della sua amica e questa cosa mi fece abbastanza ridere.
“Tu smetti di sghignazzare Styles. Al..Ale..” Disse Louis, ancora immerso nel tentativo di ricordare quel nome.
Era molto applicato e concentrato su ciò, con la sua mano sinistra reggeva la sua fronte e con l’altra mano schioccava le dita tra di loro.
“Si chiama Alexie, cretino.” Lottie lo interruppe, emettendo una risata quasi invisibile.
“Beh, non dovresti uscire con lei?” Chiese nuovamente Louis con aria piuttosto femminile. Il suo polso era piegato in avanti e la mano morbida, si trovava in una posizione molto compromettente direi, e inoltre aveva ancora il cibo in bocca che masticava da tempo.
Non feci altro che ridere nuovamente, era impossibile trattenersi in una scena del genere.
“E’ andata dal padre, i suoi genitori sono divorziati. La domenica è l’unico giorno in cui può stare con lui. Uno a zero per me imbecille.” Rispose la ragazza con aria divertita e con un atteggiamento da superiore.
“Beh, ha vinto mini-Tomlinson.” Commentai in seguito ad una risata.
Louis si rese conto che non c’erano altre vie d’uscita, non voleva che la sorella rimanesse da sola in casa e l’unico modo per impedire ciò era portarsela con sè.
“E va bene, avete vinto voi.” Sbuffò il maggiore, rivolgendomi un’occhiata fulminante.
Ci fu un attimo di silenzio, poi ci guardammo e il nostro sguardo serio si trasformò in uno di sfida.
“Il bagno è mio!” Urlò Lottie alzandosi da tavola bruscamente.
“Hey dove credi di andare! La precedenza alla sassy queen, grazie!” Rispose Louis, assumendo un atteggiamento alquanto effeminato dopo essersi alzato anche lui.
“E’ qui che vi sbagliate di grosso, stavolta sarò io il primo. Baby fate largo!” Aggiunsi, correndo verso la mia camera per prendere i vestiti.
Fui seguito da Louis, nella quale durante la corsa Lottie gli fece lo sgambetto facendolo inciampare nelle scale per guadagnare tempo.
Scelsi rapidamente i vestiti, dovevo vincere io stavolta. La bionda essendo femmina trascorreva un’eternità in quel bagno solo per sistemarsi i capelli.
Va bene lo ammetto, non era l’unica.
Louis invece perdeva tempo nel farsi la doccia: passava la maggior parte del tempo a “cantare” invece di insaponarsi ed eseguire il risciacquo.
Io ero il più normale: al massimo ero chiuso li dentro per dieci minuti.
 
Presi i vestiti e mi diressi verso il bagno, lasciando da solo il ragazzo nella stanza ancora sommerso nel dubbio di cosa indossare.
Ero primo, ce l’avevo fatta.
“Alla faccia vostra, stupidi babbani!” Urlai dall’interno del bagno, chiudendomi al suo interno sigillato da una chiave.
Si, ero un fan sfegatato di Harry Potter, problemi?
Amavo quella serie, anche se solitamente il genere fantasy e magico non mi affascinava.
Mi spogliai, infilandomi velocemente nella doccia.
Mi spostai in un angolino dato che il primo impatto con l’acqua mi era sempre difficile. Dopo averla regolata mi ci buttai sotto, facendola scorrere su tutto il corpo.
Notavo i tatuaggi diventare più brillanti subendo l’impatto con l’acqua. Dopo essermi inumidito presi il bagnoschiuma, capovolgendo il contenitore per rendere più facile la fuoriuscita della sostanza al suo interno.
Iniziai non solo ad insaponarmi, bensì anche a pensare.
Mi piaceva fare la doccia anche per quest’ultimo motivo, mi rilassava e dava libero sfogo alla mia mente. Mi ricordavo di frasi sentite in passato, di esperienze indimenticabili vissute, di Louis.
Ebbene si, a quanto pare Louis era un punto fisso nella mia mente. Non esisteva pensiero senza di lui.
“Hey riccio, ti muovi?” Una voce maschile arrivò alle mie orecchie, seguita da una serie di bussate che interruppero bruscamente tutti i miei pensieri.
Insaponai per bene anche i capelli con dello shampoo alla camomilla per cute sensibile.
Risciacquai il tutto, uscendo poi dalla doccia e racchiudendo il mio corpo in un accappatoio in microfibra verde, in corrispondenza con il colore dei miei occhi.
Mi posizionai davanti allo specchio con il rasoio in mano ed iniziai a levare quella barba notata la sera precedente. Asciugai per bene tutto il corpo ed iniziai a vestirmi, per poi passare al lavaggio dei denti.
Terminato il tutto sistemai l’accappatoio al suo posto e presi i panni indossati prima. Mi avvicinai alla porta per aprirla, ma non ebbi nemmeno il tempo di farlo che i due fratelli si spinsero a vicenda per decidere chi sarebbe entrato per primo.
“Hey ragazzi, che ne dite intanto di farmi uscire?” Dissi con aria piuttosto divertita dal litigio che stava appena accadendo.
“Togliti checca, è una questione tra fratelli.” Rispose Louis mentre cercava di spingere Lottie all’indietro per permettergli di avanzare.
Non volevo perdere tempo, così feci il solletico ai fianchi del ragazzo, in modo da fargli lasciare la presa sulla sorella.
Louis fece un salto all’indietro per la reazione da me rcevuta, permettendo così a Lottie di entrare prima di lui. Quest’ultima fece una smorfia al fratello e chiudendo velocemente la porta alle sue spalle iniziò a lavarsi con molta rapidità.
“Harry! Perché lo hai fatto? Ero sul punto di farcela!” Disse Louis con tono intristito.
“Dovrebbe farti piacere, no? Almeno stiamo un po’ insieme, solo noi due…” Risposi, avvicinando il corpo del maggiore al mio, oramai con la schiena poggiata al muro.
I suoi occhi blu erano mischiati nel miei verdi. Erano un’opera d’arte, un misto di due colori ormai troppo fusi l’uno con l’altro per essere divisi.
La mia altezza dominava sulla sua, nonostante la mia inferiore età. Mi piaceva farlo sentire protetto, era la cosa che sapevo fare meglio infondo.
Aggiustai con le dita ancora aromatiche di bagnoschiuma usato poco prima alcune ciocche del ciuffo che dominava sulla sua testa, ben distinguibile tra i capelli per l’altezza.
Le sue labbra così sottili e rosee erano socchiuse, e al mio tocco i suoi occhi si accostarono immediatamente, poggiando poi il suo capo sul mio petto.
Lo strinsi forte a me, come se non volessi mai lasciarlo andare, e con il pollice iniziai ad accarezzare la parte posteriore del suo collo su cui vi erano pochi capelli.
“Perché ti prendi cura di me?” Domandò Louis portando le sue mani dietro la mia nuca.
Questa domanda mi fece riflettere, perché in effetti non sapevo nemmeno io il motivo per cui facevo tutto ciò. Forse era questa la risposta alla mia domanda principale, ma perché continuavo a farlo? Semmai sotto il più comune punto di vista quello che andava protetto ero io.
Forse dovevo proteggerlo in futuro? Magari qualcosa o qualcuno mi stava preparando in un eventuale occasione.
“Sai una cosa piccolo? Non lo so. Io non so niente, sono un ignorante. Non so perché continuo ad amarti, perché continuo ogni notte a dormire al tuo fianco, perché continuo a prendermi cura di te, io davvero non lo so. Ma tutto ciò mi fa sentire completo quindi, anche se uno scopo non c’è, io continuerò a farlo.”


 
***


saaalve.
allora, ho letto tutte le vostre recensioni e ringrazio in particolare tutti quelli che hanno messo questa storia tra le seguite e le preferite aw.
ci tenevo a dirvi che ho inziato a scrivere questo capitolo ieri sera alle nove e l'ho finito a mezzanotte, ci sono stata tutta la nottata insomma.
poi stamattina l'ho corretto e ora eccomi qui a postarlo.
anyway, ieri sera non sono uscita per scrivere ciò.
spero che questo capitolo vi piaccia e se volete dirmi o chiedermi qualcosa scrivetemi su twitter, sono @sensuhaz

un bacio e alla prossima :)x

 

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Capitolo 4
*** 4 ***


“Sono pronta! Louis è il tuo turno.” Gridò la più piccola, uscendo velocemente dal bagno con il pigiama in mano.
Gli occhi del maggiore tolsero lo sguardo dai miei, dirigendosi nella toilette. Sapevo di quanto fosse lento, così andai in camera mia ed iniziai a scrivere sul mio diario.

 
Le nostre labbra si staccarono, ma avevo ancora tremendamente bisogno delle sue.
Era incredibile, in quel momento io ero morente, eppure lui mi fece  sentire pieno di vita.
Ho sempre pensato che Tomlinson fosse una persona fantastica, una di quelle persone che dà tutto e in cambio non vuole niente, una persona debole.
Si, perché Louis non era forte. Louis fingeva, e devo ammettere che era un ottimo attore. Louis odiava il suo carattere.
Gli altri si approfittavano del carattere di Louis, lui era troppo buono per accorgersene. Louis si sentiva costantemente insicuro, Louis non si piaceva, vorrebbe cambiare, ma non ne era affatto consapevole che per me era perfetto.
“Ti amo Harry, ti ho sempre amato. Il tuo timore, la tua insicurezza, i tuoi grandi occhi verdi che non lasciano trapelare mai nessuna emozione, il tuo volere sentirti amato, il tuo costante bisogno di avere qualcuno al tuo fianco, il tuo sorriso debole che deve tornare ad essere forte. Sei la parte più bella che non ho mai avuto, ma che forse ora ho.”
Ho sempre amato quella frase. E’ la frase più bella che sia mai uscita dalle sue labbra sottili e rosee, non credi diario?
In quel momento avrei voluto abbracciarlo, baciarlo, fare l’amore con lui, ma quei fottuti macchinari mi tenevano bloccato sul lettino di quell’ospedale cupo.
“Il signor Styles è sveglio?” Chiese una voce maschile aprendo la porta.
Un uomo sulla quarantina dai capelli neri quasi sul castano, occhi di un verde muschio con dei riflessi gialli all’interno, appartenente alla fascia medio/alta.
Indossava un camice bianco, con in mano un block notes.
“Eccomi.” Dissi, facendomi notare dal dottore.
L’uomo si incamminò verso il lettino su cui ero disteso. Louis tornò a sedersi sulla sua sedia con aria timida, osservando tutti i movimenti del medico.
“Bene bene, e così lei è uno psicopatico che ha tentato il suicidio, dico bene Styles?” Disse il dottore, annotando qualcosa sul suo porta note.
Guardai con la coda dell’occhio Louis, sembrava si stesse agitando. La sua mascella era contratta e questa cosa mi faceva abbastanza preoccupare.
“Ehm, si.” Sussurrai insicuro, rivolgendo lo sguardo verso il suolo. Iniziai a giocherellare con le mie dita e a torturarmi l’interno guancia con i denti.
“Bene, dovremmo spostarla nel reparto psichiatria per qualche settimana e poi sarà dimesso.”
“Cosa?” Gridò Louis alzandosi di scatto dalla sedia. Aveva la mascella tesa e i suoi occhi blu erano oscurati dalla rabbia.
“Si calmi signore.” Disse l’uomo con un tono che avrebbe irritato chiunque, anche una persona calma come Louis.
“Sei un figlio di puttana, pezzo di merda.” Il ragazzo  avanzò verso il dottore, sbattendolo e bloccandolo contro il muro.
Mise una mano sul suo collo, cercando di alzarlo da suolo.
“Ascoltami bene stronzetto-“ Disse, puntandogli un dito contro “-oggi Harry viene con me e tu e questo tuo atteggiamento del cazzo ve ne uscite da questa stanza mentre io porto il ragazzo con me, ora.” Concluse il maggiore, sputando poi a terra.
“Hey ragazzino, il signore non è ancora in forma e deve fare ancora molti esami ed accertamenti. Lasciami o chiamo la polizia.” Rispose il dottore, cercando di liberarsi dalla presa di Louis.
“Quale parte di ‘esci di qui e dimetti Harry’ non ti è chiara? Se non ti è chiara questa frase, posso anche ripetertela nuovamente, accompagnata da pugni in faccia però.”
“Bene, se vuoi portarlo con te devi venire con me e firmare alcune carte.”
Louis lasciò l’uomo, che cadde a terra con segni evidenti di una stretta violenta sul collo.
Si diressero verso l’ufficio, lasciandomi da solo nella stanza, chiuso.
Ero vuoto, proprio come l’ambiente in cui mi trovavo.
Dentro di me c’era il silenzio assoluto, che era riempito dal rumore dei macchinari.
Portai le mie grandi mani sugli occhi ed iniziai a pensare.
Quindi io piaccio a Louis? Ma come è possibile?
Lui pensa che io sia bellissimo, dice di voler trascorrere tutta la sua vita al mio fianco, mettere su una famiglia con me, amarmi fino all’apocalisse.
Ed io ancora non me ne rendo conto, sono uno stupido, un ingenuo. Provo anche io qualcosa di indescrivibile nei suoi confronti, è la mia bussola, ma non riesco ad esprimermi a parole, così mi tatuo ciò che vorrei dirgli.
Ora, caro diario, hai capito il perché ho la pelle marcata da inchiostro indelebile? Perché il mio carattere di merda non mi fa parlare, mi fa rimanere in silenzio, quando in realtà ho mille cose da dirgli, da urlargli in faccia.
Ho sempre desiderato essere una di quelle persone che non si ferma davanti a niente, che se un ostacolo intralcia il suo percorso lui lo scosta, una di quelle persone che sa guardare la vita in faccia senza voltarsi, ma semplicemente non credo di esserlo o forse non lo sono.

 
“Harry, Louis è pronto. Possiamo andare!” La voce entusiasta di Lottie arrivò fino al piano di sopra in cui mi trovavo.
“Ora vengo piccola.”
Chiusi il mio diario in pelle, riponendolo nella borsa a tracolla che avrei portato con me. Scesi le scale con rapidità, prendendo da una mensola lungo il corridoio le chiavi della mia moto.
“Hey Harry, credo tu ti sia confuso. Queste sono le chiavi della moto, non della macchina.” Disse Louis, credendo che avessi sbagliato mazzo di chiavi.
Sorrisi, non sapeva che in realtà lo avevo fatto apposta. E anche se in tre su una moto non si poteva andare, volevo rischiare.
“Lo so che sono del motorino, Louis. Forza andiamo!” Presi la mano del mio ragazzo, trascinandolo verso la porta.
“Ma…” Il maggiore non sapeva cosa dire, era confuso.
“Dai cretino, calmati. Se ha preso queste chiavi vuol dire che sa cosa sta facendo. C’mon, meno chiacchiere e più rapidità.” Aggiunse Lottie, rivolgendo un occhiolino al fratello.
Ogni giorno ero sempre più colpito dal loro amore fraterno, erano così educati.
Finezza, fatti sentire ogni tanto.
Uscimmo di casa, dirigendoci verso il mio motorino.
Era un modello pitturato in nero, molto semplice con un motore che ruggiva.
L’avevo appena lavata, e sapendo la goffaggine dei due fratelli, gli dissi di fare molta attenzione.
Presi i due caschi posti sotto il sedile e li diedi ai Tomlinson, io rimasi senza, ma non importava. La loro sicurezza prima di tutto.
Salii io per primo. Feci manovra ed invitai la più piccola a salire, dicendole di sedersi dietro di me.
Ora era il turno di Louis, il quale si sedette davanti a me.
Ci dirigemmo con rapidità verso il parco, precisamente a novanta all’ora.
I ricci anteriori cadevano incasinati sulla mia fronte in modo disordinato, mentre quelli posteriori erano mossi velocemente dal vento.
Sentivo dietro di me Lottie che si muoveva in continuazione, non trovava pace, ma era comunque adorabile.
Louis davanti a me sembrava piuttosto preoccupato. Sapevo che non voleva andare sul motorino, soprattutto in tre.
Ma onestamente poco mi importava, amavo il rischio.
“Tutto bene piccolo?” Chiamai il ragazzo seduto davanti a me, portando la mia mano sinistra sul suo fianco.
“Si, sto bene.” Sussurrò Louis, spingendo il suo corpo all’indietro facendolo toccare con il mio.
Voleva sentirsi protetto, quando aveva paura era suo solito fare così.
“Ehm, non è che potresti rallentare?” Aggiunse in seguito.
“Che hai detto?” Feci finta di non sentire, aumentando la velocità.
“Rallenta Harry, ho paura!” Urlò Louis, stringendosi più forte a me.
Non poteva cadere dato che lo tenevo stretto a me, perciò ero tranquillo, altrimenti non lo avrei mai fatto. Dissi a Lottie di reggersi forte, e così fece.
“Non ti sento Louis!” Dissi, aumentando sempre di più la velocità.
Dietro di me sentivo la più piccola che rideva tantissimo, amava questo genere di cose, era molto simile a me.
Gli occhi di Louis erano serrati e ormai la sua schiena era diventata una cosa sola con il mio petto.
 
“Siamo arrivati gente!” Urlai, accostando il motorino vicino ad un albero.
Appena frenai Louis scese di scatto, senza pensarci due volte. Si tolse velocemente il caso lanciandolo a terra e assumendo un atteggiamento alquanto effeminato iniziò a parlare.
“Io con te sulla moto non ci vengo più, che sia chiaro Styles.”
Lottie fu la seconda a scendere. Era entusiasta di ciò che aveva appena fatto e aveva un sorriso stampato in faccia: era meravigliosa.
“A volte mi vergogno di essere tua sorella, sei un fifone.” Disse la minore.
Louis la fulminò con uno sguardo, facendola intimorire.
“Ma lo sai che ti voglio bene, io scherzo! Sei un simpaticone!” Aggiunse Lottie, con un sorriso isterico.
Sorrisi leggermente, senza che nessuno se ne accorse. Scesi dal motorino mettendo il cavalletto, legandolo poi vicino all’albero a cui era poggiato.
“Forza piccoli, andiamo.” Dissi, prendendo per mano i fratelli.
Ad accoglierci c’era un insegna con su scritto “Welcone to the Hyde Park”.
“Voi avviatevi, io vado a prendere i gelati.” Comunicai, lasciando le mani ad entrambi.
“Noi ci andiamo a sedere su quella panchina, ti aspettiamo lì.” Rispose Louis, indicandomi una panca vicino all’entrata.
Mi incamminai verso un piccolo chiosco nei paragi. Avevo il capo chino, le mani nelle tasche dei jeans e un paio di rayban neri coprivano i miei occhi spenti.
Era un luogo pieno di vita, persone che ad ogni passante sorridevano e a cui tu eri costretto a ricambiare anche se in quel momento di sorridere proprio non ti andava, schiamazzi di bambini che giocavano a rincorrersi, altri che invece giocavano a pallone e che se sbagliavano il tiro tu dovevi mandargli la palla indietro, neonati che piangevano nel passeggino in cerca del loro ciuccio o delle loro madri, adolescenti con le cuffiette nelle orecchie, innamorati che si baciavano sulle panchine o che camminavano abbracciati per la strada, disabili sulla sedia a rotelle o semplicemente persone che anche se avevano tutto, si sentivano come se non avessero niente, proprio come me.
 
“Buongiorno, vorrei tre gelati al limone e due birre St. Peter’s.” Dissi, rivolgendomi al signore all’interno del chiosco.
“Sono £5.” Rispose il signore regalandomi un sorriso.
“Ecco a lei.” Porsi i soldi all’uomo senza neanche guardarlo in faccia.
Mi diede le birre, seguite poi dai tre gelati.
Misi quest’ultimi nella mano destra, portando le bibite in un sacchetto nella mano sinistra.
Ripercorsi la stessa strada di prima, questa volta con passo più veloce cercando di non far squagliare i gelati.
 
“Finalmente! Ci hai messo tantissimo!” Disse Louis, prendendo il suo gelato ed iniziandolo a leccare impedendogli di squagliarsi.
“Lo so, sono rimasto molto tempo ad osservare il luogo in cui mi trovavo.” Risposi, porgendo uno dei due gelati rimasti alla piccolina.
“Sei il solito romanticone Harry.” Rise Lottie, iniziando anche lei a gustare il suo gelato.
Cosa c’era da ridere su questo? Mi sembrava una cosa normale, non divertente. Mi rispecchiavo in quel genere di cose, riuscivo a vedermi dentro com’ero realmente, anche se ormai non mi era rimasto niente.
“Che c’è dentro quella busta?” Domandò Louis indicando l’oggetto incuriosito.
“Ehm, due birre. Ne vuoi una adesso o dopo?”
“Meglio dopo, altrimenti mi disgusto.”
Non le avevo comprate per lui, bensì tutte e due per me, ma mi sembrava poco garbato nei suoi confronti non offrirgliene una. Volevo ubriacarmi questa sera, volevo provare a dimenticare e a stare meglio.
“Io vado a bere alla fontana, torno subito.” Disse Lottie, alzandosi dalla panchina.
Eravamo rimasti soli. Volevo baciarlo ma non potevo.
A Londra i gay erano discriminati, noi eravamo considerati una razza diversa, inferiore.
Ricevevamo insulti orribili dalla gente etero, dai ragazzini di dodici anni ingenui che non sapevano neanche cos’era l’amore e si permettevano anche di giudicare, tutti ci auguravano la morte costantemente senza sapere a quali conseguenze saremmo potuti ricorrere.
“E’ molto bello qui.” Disse Louis, guardandosi attorno.
“Per questo ho voluto portarvi qui.” I miei occhi incontrarono i suoi, e finalmente sorrisi.
“Sei bellissimo Harry.” Disse il maggiore, accarezzandomi una guancia.
“No Louis, non lo sono. Io sono una persona orribile. Tu non dovresti essere qui con me, io sono un mostro. Ho cose orribili dentro di me che non riesco a vomitare, ho dei mostri interiormente che nessuno può immaginare. Faccio schifo. La mia vita fa schifo.”
Risposi al complimento del mio ragazzo, abbassando la testa ed iniziando a torturare la stoffa del mio jeans.
“Ma cosa stai dicendo Harry?”
“Purtroppo la verità, Louis.” Dissi, con tono sommesso.


 
***
 
hey bella gente.
allora, scusatemi se ho aggiornato così tardi ma in questo periodo ho avuto un casino di compiti e problemi familiari, quindi mi scuso:(
anyway, continuate a d aggiornare che mi fa sempre piacere leggere quello che pensate sulla storia.
se dovete dirmi qualcosa contattatemi su twitter, sono @hazftlou
a presto x

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