L'ombra dell'anima

di Angemon_SS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Doremi ***
Capitolo 2: *** Magical stage ***
Capitolo 3: *** Chiudi gli occhi ***
Capitolo 4: *** Ruji ***
Capitolo 5: *** Setta ***
Capitolo 6: *** Croissant ***
Capitolo 7: *** Sangue ***
Capitolo 8: *** Onpu ***
Capitolo 9: *** Il treno ***



Capitolo 1
*** Doremi ***


Il grosso furgone bianco si fermò

Finalmente ecco il primo capitolo rivisto, corretto e completamente riscritto carattere per carattere, spero che la nuova versione di questa FF piaccia a chi ha seguito la vecchia versione e prometto che questa volta la FF avrà una fine il prima possibile senza buchi di tempo. Scusate se vi ho fatto attendere

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Si consiglia la lettura solo ad un pubblico maturo

L’autore non si assume nessuna responsabilità in caso di lettura

da parte di persone che non rientrano nella restrizione precedente

Capitolo 1

Il grosso furgone bianco si fermò. I suoi lampeggianti rossi illuminavano tutto intorno e squarciavano le tenebre e la fievole luce giallastra dei lampioni. Dal furgone scesero due uomini vestiti uguali, tutti e due di bianco, presero delle valigette e poi accesero una sigaretta a testa.

Era notte tarda e la città ormai stava dormendo, ma non tutti.

Un uomo ben vestito si avvicinò due uomini, aveva un distintivo appuntato sul petto e camminava lento e deciso.

« Che fine ha fatto Harukaze? » Disse l’uomo con voce sgarbata.

« Noi non lo sappiamo. » Disse uno dei due uomini vestiti di bianco agitando la mano e lasciando dietro la sigaretta una lunga striscia di fumo che invase il viso di chi aveva parlato. « Lei non fa mica parte della scientifica. »

« Il caso è stato affidato a lei e quindi… »

« …non dobbiamo muovere dito finché non arriva lei a tenerci per il guinzaglio…conosciamo la procedura, capo. »

« E’ un caso delicato, saremo costantemente sotto l’occhio delle telecamere, se falliamo l’intero corpo di polizia del Giappone cadrà nel disonore e nella vergogna, non sono ammessi errori, sono stato chiaro? »

« Come il sole, capo. »

L’uomo ben vestito si allontanò dai due uomini e dopo essere salito su di una volante questa partì per andare lontano e perdersi nelle luci della città.

« Come il sole che le brilla in testa, capo. » Disse l’altro uomo che era stato zitto sfottendo per la sua calvizie l’uomo che se ne era appena andato.

« Caffè? » Chiese l’altro porgendo un bicchiere al collega che continuava a ridere.

« Si, grazie. » Una mano prese il caffè prima che il secondo uomo potesse prendere il bicchiere fumante, i due rimasero spaventati per la strana apparizione ma poi capirono che era il loro nuovo capo e si misero sull’attenti. « Non c’è bisogno di fare il saluto, andiamo, prima iniziamo prima finiamo. »

Il loro capo per quel caso, Doremi Harukaze, era una donna, una bellissima donna, la più bella di tutto il distretto, capelli rossi fino alle spalle, occhi scuri che sembrano rossi al sole, corpo non troppo snello e seno un po’ piccolo.

Si fece guidare da un poliziotto all’interno dell’edificio. Percorsero il lungo corridoio pieno di strumenti musicali e poliziotti fino ad una stanza chiusa con un foglio attaccato.

Scena del crimine, vietato l’ingresso ai non autorizzati. –

« Chi è stato l’ultimo ad essere entrato? » Chiese Doremi con lo sguardo stanco.

« L’organizzatore della serata, non trovando la vittima per la fine del concerto l’ha cercata nel suo camerino e poi il resto dovere ricomporlo voi. » Rispose il poliziotto.

« Va bene, puoi andare ora, se abbiamo bisogno ti mando a chiamare. » Doremi congedò il poliziotto ed attese che questo si allontanasse abbastanza. « Mio Dio che serata di merda, chi è il morto? »

« Non c’è il morto. »

« E’ un caso di stupro con tentato omicidio. » Risposero i due della scientifica.

« Allora…chi è la vittima? »

« Onpu Segawa. » Disse uno dei due e Doremi non disse nulla. Si limitò ad osservarli, nel frattempo nella sua mente si raggruppavano decine e decine di ricordi, tutti gli anni passati in compagnia delle amiche, le vacanze, la scuola, il Maho, i sorrisi, le lacrime…le lacrime. »

« Datemi un guanto. » Disse Doremi e le venne dato un guanto bianco in lattice, lo indosso e delicatamente aprì la porta del camerino.

Uno dei due della scientifica sorrise: « Sembra che abbia piovuto sangue.»

Il pavimento era un lago di sangue, tutto era sottosopra, vestiti, specchio in frantumi, soldi, mobili a pezzi, ogni cosa era sta messa a soqquadro.

« Sembra un film dell’orrore e non la scena di uno stupro. » Disse Doremi. Lasciò che i due della scientifica entrassero nel camerino con i loro strumenti.

Iniziarono con prendere vari campioni di sangue, il sangue era nei muri, sulla moquette, sui mobili. Raccolsero i pezzi di vetro, capelli e peli ritrovati in terra.

In messo alla grande pozzanghera di sangue c’era anche dello sperma, lo raccolsero in vari campioni e lo misero insieme alle altre prove nella loro cassetta grigia.

La serratura era intatta e non sembrava esserci alcun segno di scasso, quindi molto probabilmente la povera Onpu conosceva l’aggressore o gli aggressori.

« Ehi. » Disse uno dei due della scientifica prendendo un microscopio dalla valigetta e una striscia adesiva per raccogliere le prove. « Qui c’è polvere bianca, molto probabilmente è droga. »

Raccolsero parte della polvere bianca. Poi l’altro trovo sotto ad un mobile rovesciato delle pastiglie rosa. Ipotizzò che potesse essere altra droga.

Doremi osservava il lavoro degli uomini della scientifica dall’uscio della porta. Erano il migliori del distretto e non lavoravano mai in coppia, doveva essere un caso importantissimo, perché proprio lei, Doremi faceva parte della squadra di investigazione sugli omicidi ma non c’era il morto, non lavorava nemmeno nei casi di tentato omicidio, ipotizzò che fosse stata la stessa vittima a chiedere il proprio aiuto.

« Trovato qualcosa di interessante oltre alla droga? » Chiese Doremi.

« L’arma del delitto. » Disse uno dei due uomini mettendo dei frammenti di ferro dentro la bustina trasparente per le prove. « Si tratta di certo di un coltello da cucina e dovrebbe essere a occhio e croce di una ventina di centimetri, però è stato fatto a pezzi, il problema è che ci è voluta una grande forza per fare a pezzi così piccoli un coltello da cucina.»

« Scoprire questo non è un problema, piuttosto, idee per la dinamica? »

« Dalla serratura che non è stata forzata o manomessa si può dedurre che l’aggressore o gli aggressori conoscessero la vittima, per la droga si può ipotizzare che fossero corrieri o conoscenti e che si sia dato inizio ad un coca party in miniatura, finito poi con lo stupro. »

« E il sangue? »

« La vittima aveva una profonda ferita sul fianco destro, possiamo ipotizzare che si sia deciso di tapparle la bocca per sempre e che quindi l’abbiano accoltellata e poi sbattuta da ogni parte della stanza finché non ha perso i sensi e credendola morta sia stata abbandonata qui. »

« Mi sembra l’opzione più plausibile, anche io avevo pensato a qualcosa del genere.»

« Bene…noi qui abbiamo finito, portiamo tutto in laboratorio e poi le facciamo avere i rapporti appena possibile, faremo un altro sopraluogo domani per capire come ha fatto l’aggressore a scappare lasciandosi la porta chiusa a chiave dietro e con la chiave nella toppa. »

I due della scientifica si congedarono da Doremi che rimase sull’uscio della porta ad osservare la scena del crimine che era un lago di sangue.

Perché ho accettato l’incarico, non devo niente ad Onpu, è tutta colpa sua, ma ormai sono dentro e dovrò andare fino in fondo, sarà anche l’occasione per fare una bella ramanzina alla piccola celebrità. ”

Doremi si allontanò dalla scena del crimine percorrendo il lungo corridoio, fece solo pochi metri e poi sentì una strana sensazione, conosceva benissimo quella vibrazione nell’aria. Corse più che poteva verso il camerino ed entrò pistola in pugno puntandola contro l’uomo che vi si trovava dentro.

« Polizia, mani in alto. » L’uomo non ubbidì e continuò ciò che stava facendo, raccogliendo il sangue in una boccetta. « Stai contaminando delle prove di un reato, sei perseguibile penalmente, alza le mani. »

L’uomo si mise delicatamente la boccetta in tasca e poi si avvicinò lentamente a Doremi. Non ebbe il tempo di reagire che già le stringeva la gola e dovette abbassare la pistola per cercare di liberarsi. Ogni tentativo era vano e l’uomo stringeva sempre di più la presa ad ogni movimento di Doremi. Il sangue e l’ossigeno cominciavano a mancare al cervello e la vista diventava sempre più scura, le orecchie fischiavano e nella mente incominciavano a susseguirsi immagini.

Doremi per istinto puntò la pistola verso il braccio ed esplose quanti più colpi poteva. L’uomo fu ferito più volte e scaraventò Doremi sul sangue di Onpu e scomparve dietro l’angolo.

Doremi si trovava ansimante a terra in mezzo al sangue non suo, respirò profondamente mente prendeva da tasca il cellulare e componeva un numero che conosceva a memoria.

« Sono stata aggredita da un sospetto sulla scena del delitto, si dirige verso il palco, fermatelo. »

« Sta bene? » Dissero i due della scientifica che attirati dagli spari raggiunsero doremi nel camerino poco prima analizzato.

« C’era un sospetto sul posto, stava raccogliendo del sangue. » Spiegò doremi con la voce soffocata.

« Ora le prove sono inquinate. »

« Ho sparato al braccio del sospetto perché mi ha aggredita, il suo sangue dovrebbe essere quello li, se mi portate una tuta vi do anche i miei vestiti. »

Doremi venne aiutata ad uscire dall’edificio dove c’era un’ambulanza che sostava li fin dall’inizio dello spettacolo. I paramedici le fecero un veloce controllo al collo e alla gola e Doremi iniziò a respirare di nuovo bene.

« Signore. » Disse un poliziotto avvicinandosi a Doremi seduta sul bordo degli sportelli dell’ambulanza. « Abbiamo seguito il sospetto per tutto lo stadio fino al parcheggio principale ma ci è sfuggito scavalcando una recinzione protettiva. »

« E perché non lo avete inseguito anche voi oltre la recinzione? » Chiese Doremi con la voce scocciata.

« Perché oltre la recinzione c’è uno strapiombo di diverse decine di metri. Il sospetto ha saltato e poi è sparito nel buio, una squadra e due pattuglie lo stanno cercando dove finisce lo strapiombo e tutto intorno. »

« Va bene, continuate a cercarlo, io ora vado in ospedale dalla vittima, tenetemi aggiornata. »

Doremi venne lasciata tranquilla all’ambulanza ed ebbe modo di guardarsi intorno e cercare di captare altre vibrazioni magiche come quelle che aveva sentito poco prima.

Doremi era una strega fin dalle elementari, purtroppo aveva rinunciato ai suoi poteri insieme alle amiche, Aiko, Hazuki, la sorella Pop, Momoko ed Onpu. Dopo svariati anni però Hanna la regina delle streghe aveva deciso di riconsegnare alle ex streghe i loro cristalli magici e quindi i poteri. Era stata spinta dal consiglio in seguito alla minaccia fin troppo evidente dell’aumentare della violenza nel mondo e per una leggende che narra la fine della vita umana sulla Terra.

“ Sembra proprio che io debba rispolverare i poteri magici. Un uomo che corre con un braccio sanguinante come un fiume in piena e che sparisce saltando in uno strapiombo non può essere che uno dotato di poteri magici, forse c’è un collegamento con Onpu. Vado da lei.”

Dopo un ultimo controllo da parte del paramedico, Doremi, si avviò verso la propria macchina parcheggiata poco lontano dallo stadio. Entrò e si stropicciò gli occhi poco prima di mettere in moto.

L’ospedale non era troppo lontano, le strade della città erano vuote e i semafori erano l’unica cosa viva nei paraggi, tutto era deserto e nero.

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Capitolo 2
*** Magical stage ***


Onpu era distesa immobile a terra, nel suo stesso sangue, la faccia livida, l’inguine dolorante, le braccia stanche

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L’autore non si assume nessuna responsabilità in caso di lettura

da parte di persone che non rientrano nella restrizione precedente

Capitolo 2

Onpu era distesa. Immobile, a terra, nel suo stesso sangue, la faccia livida, l’inguine dolorante, le braccia stanche, come morte. Le orecchie le fischiavano ed il mal di testa non le dava pace, tutto intorno non riusciva a vedere che buio, nero, il nero totale che sembrava volesse prenderla e non lasciarla mai più. Si rigirò continuamente ma quegli uomini erano sempre su di lei, abusavano di lei nonostante tutto, avrebbe tanto voluto fermarli, allontanarsi da loro per sempre dimenticando tutti gli anni tristi e cupi che hanno fatto radici nella sua mente.

Buio, sospiri, ansimi, dolore, lacrime

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Buio sospiri ansimi dolore lacrime

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Buoisospiriansimidolorelacrime

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Buiosospiriansimidolorelacrime

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Doremi apparve nell’oscurità come se fosse fatta di luce. Illuminò ogni cosa facendo sparire il buio, la sua voce parve potente come un vulcano in eruzione, un’esplosione, quelle semplici parole fecero sparire le lacrime di dolore per le lacrime di gioia: « Onpu, svegliati. »

Onpu riaprì lentamente gli occhi, tutto era così luminoso e acceso, ogni cosa sembrava emanare luce, niente era rosso sangue, niente era buio, niente era grigio come lo sperma, era tutto vivo e limpido come il sole che sorge la mattina.

Vide i capelli di Doremi ed il suo viso con un’espressione mista alla preoccupazione e la collera, c’era una virgola di rimprovero nello sguardo fisso di Doremi, la osservava dritta negli occhi come se stesse per colpirla con un coltello. Onpu era davvero felice di rivederle, c’era anche Aiko con Doremi, lei era sorridente, contenta perché aveva riaperto gli occhi, felice perché anche Onpu stava accennando un sorriso.

Accanto alle sue amiche c’era anche un medico, lo riconobbe, era il ginecologo che aveva supervisionato l’operazione chirurgica e che l’aveva esaminata subito dopo.

« Scopriti ed apri le gambe. » Disse fredda Doremi. Onpu rimase un po’ disorientata ma poi capì che doremi aveva tutte le ragioni del mondo per essere così fredda, non poté fare altro che ubbidire. Lasciò che il medico la osservasse e la toccasse, in quel momento le tornarono in mente altri ricordi, orrendi. Le lacrime ripresero a sgorgare dagli occhi di Onpu. Aiko se ne accorse.

« Osservate qui. » Disse il medico. « In caso di penetrazione volontaria, ovvero quando la donna lascia che ci sia il rapporto le parti della vagina ad essere livide o più rosse sono queste. Invece, in caso di violenza ovvero quando la donna non vuole la penetrazione gli arrossamenti o i lividi sono presenti qui sotto. »

« In questo caso… » Disse Aiko.

« In questo caso gli arrossamenti sono presenti in tutte e due le parti. »

Doremi alzò lo sguardo ed incrociò gli occhi lucidi di Onpu. La osservò per qualche secondo che sembrò interminabile, poi senza nemmeno fiatare uscì dalla stanza inseguita di corsa da Aiko.

La stanza si trovava al secondo piano dell’ospedale e Doremi non prese l’ascensore ma si fece le scale seguita da Aiko. Arrivata all’ingresso principale uscì dall’ospedale e fu in quel momento che Aiko la afferrò per un braccio e la trattenne.

« Aiko. » Disse Doremi liberandosi dalla presa dell’amica. « E’…una troia. »

« Ma che dici? »

« Non l’hai capito? Ha scopato con quelli li, si è drogata, ci ha preso gusto, non hai letto la cartella clinica? I valori di alterazione nel sangue erano alle stelle. »

« Senti Doremi… »

« No ascolta tu….» La interruppe Doremi e poi gridò come non aveva mai gridato in vita sua raccogliendo tutta la rabbia accumulata in tutti quegli anni e che non era mai riuscita a smaltire in nessun modo. « VENT’ANNI, CAZZO, VENT’ANNI CHE NON LA VEDI DI PERSONA, NON UNA LETTERA, UNA CARTOLINA, UN MESSAGGIO, UN E-MAIL, NESSUN AUGURIO DI NATALE, DI COMPLEANNO, DI MATRIMONIO…PERCHE’ CAZZO DOVREI AIUTARE QUESTO VERME? PER QUANTO MI RIGUARDA NON E’ PIU’ MIA AMICA…RESTEREMO AMICHE PER SEMPRE, MA VAFFANCULO…questo è tutto. »

Aiko rimase ad osservare Doremi, non abbasso lo sguardo ne fece alcuna espressione che potesse svelare qualche suo pensiero, si limitava ad osservare gli occhi di Doremi cercando di capire ciò che provava veramente, se gli occhi si illucidivano oppure se volesse aggiungere qualcos’altro.

« Hai finito? » Chiese Aiko.

« Se ne potrebbero dire su Onpu per ore ed ore ma in questo momento non ho ne la testa ne la voglia di continuare. »

« Ecco, brava. »

« Ma si può sapere come fai ad essere così fredda? Non provi proprio niente? Ci ha lasciato per vent’anni come stupide ad aspettare qualche sua notizia, ad aspettare che si facesse viva in qualche modo, le abbiamo inviato gli inviti per i nostri matrimoni ma non ci ha mai risposto…proprio non provi rabbia? »

« Penso che avesse i suoi buoni motivi. »

« Voglio proprio sentirli questi venti anni di buoni motivi…amiche per sempre un cazzo. »

« Doremi… » Disse Aiko ma lei già si dirigeva verso la propria auto entrandovi e chiudendo la portiera con rabbia. « Doremi. »

Aiko aveva riaperto lo sportello della macchina ed osservava Doremi impugnare il volante e stringerlo forte tra le mani. Osservava avanti e sembrava non avesse intenzione di voltarsi verso l’amica.

« Che ne dici di usare il cerchio magico? Ti dimostrerò che Onpu aveva i suoi buoni motivi. »

« Mi sono riproposta che se avessi fatto pace con Onpu è perché è stata lei a chiedere scusa per tutti questi anni, non sarei andata a frugare nella sua vita privata con la magia. »

« Non dico di andare a frugare nel passato di Onpu, dico solo di andare a sapere la verità sul delitto. Sono sicurissima che lo hai fatto tantissime altre volte per capire come si sono svolti gli omicidi e per capire chi fosse l’assassino, tu sei la migliore perché possiedi la magia. »

« Si è così. » Disse Doremi cessando di torturare il volante della propria auto.

« E allora perché non andiamo a vedere cosa è accaduto? » Chiese Aiko.

Doremi osservò Aiko negli occhi, non se la sentiva di coinvolgerla, si, era anche lei poliziotta ma non voleva immischiarla proprio durante le ferie. Aiko era anch’essa poliziotta, era sposata e con un figlio ricoverato proprio nell’ospedale per un’operazione alle tonsille.

« Non voglio immischiarti in qualcosa che potrebbe rivelarsi troppo grande anche per me, so che c’è di mezzo magia…un sospetto poco prima di venire qui c’è sfuggito dalla scena del crimine usandola. »

« Attenzione…devo ricordarti anche questa volta che sono tua amica… »

« …e che sei poliziotta come me? »

« Esatto, per favore Doremi, tira fuori il cristallo e facciamola finita con questa storia. » Aiko entrò in macchina e si sedette nel sedile del passeggero accanto all’amica.

Doremi tirò fuori da sotto la maglietta una gemma rosa che teneva sempre al collo. Quello era il suo lasciapassare per il regno delle streghe e dei maghi, era la propria fonte di lunga vita che purtroppo le avrebbe fatto assistere alla morte di tutti i suoi cari e amici, del marito, del figlio. Essere una strega comportava una vita praticamente millenaria, può sembrare una cosa buona ma non si smette mai di soffrire vedendo gli altri che invecchiano al posto tuo.

« Cerchiamo di non fare una cosa troppo esaltante con luci suoni e quant’altro. » Disse Aiko prendendo la tasca la sua gemma blu.

Avvicinarono le gemme e chiusero gli occhi. Nella loro mentre presero possesso decine e decine di lettere che componevano le formule magiche per l’incantesimo. Occorreva grande concentrazione.

Avvertirono una sensazione di rilassamento e subito dopo sentirono una grande pressione sui loro corpi, si sentirono schiacciate e sballottate, fichi, boati, grida, cori, musica, una voce cantava animando il pubblico esaltato come una mandria di persone strafatte.

Aiko e Doremi aprirono gli occhi. Onpu era a meno di un metro da loro.

Stava cantato e ballando sul palco, secondo la scientifica e il medico è stata aggredita durante l’intervallo del suo concerto. L’ultima canzone prima dell’interruzione finì proprio in quell’istante. Onpu salutò il proprio pubblico e si voltò verso Doremi ed Aiko passandoci attraverso come se fossero fatte di fumo. Le due la seguirono verso il camerino passando per il backstage affollato da tecnici ed altri artisti che si sarebbero esibiti dopo l’intervallo. La pedinarono lungo il corridoio bianco fino al suo camerino e si infilarono li dentro per godersi lo spettacolo. Il camerino pulito e senza una goccia di sangue sembrava totalmente diverso da quello analizzato.

La osservarono. Andava su e giù per la stanza senza sosta con una pastiglia in mano. Si spogliò e ricominciò a camminare, osservava snervantemente l’orologio e dopo un po’ inghiottì la pillola mandandola giù senza nemmeno un bicchiere d’acqua.

« Stanno per arrivare. » Disse Onpu rompendo il silenzio scandito dalle lancette dell’orologio. Bussarono alla porta e tutte e tre sobbalzarono. Onpu corse verso la porta chiedendo chi fosse. Non ebbe risposta e quando si voltò nella stanza c’erano due persone.

« Salve ragazzi. » Sospirò Onpu avvicinandosi nuda com’era verso i due uomini.

Doremi osservava disgustata quello spettacolo, non era come con Kotake, era molto più spinto, più schifoso, più violento, le grida inondavano la stanza ma erano coperte dalla musica a tutto volume della televisione accesa poco prima. Onpu ebbe finito. Si stava allontanando dai due quando uno di loro la afferrò e la tirò verso di se.

Se prima Onpu era stata disponibile ora non lo era affatto. Era iniziata la violenza. Quel secondo atto dello spettacolo era ancora più tremendo di prima, Aiko dovette voltarsi. Doremi preferì continuare a guardare anche se non poteva fare nulla per mettere fine a tutto ciò.

« Abbiamo infranto le regole. » Disse uno dei due uomini alzandosi dal corpo di Onpu . « Dobbiamo cancellare le prove e chiudergli la bocca, diremo che minacciava di divulgare tutto senza badare alle conseguenze. »

I due uomini avevano tenuto per tutto il tempo degli occhiali da sole ma se li tolsero non appena colui che aveva parlato prese un coltello dalla tasca dell’impermeabile.

Onpu era ancora riversa a terra con il ventre volto al pavimento. L’uomo che impugnava il coltello la voltò. Osservò il suo corpo nudo e i suoi occhi bagnati dalle lacrime e pieni di paura. Non distolse lo sguardo dalle pupille viola quando affondò il metallo della carne. Doremi si voltò solo in quel momento e continuò ad osservare ciò che accadeva attraverso le ombre proiettate sul muro. Finché i due non se andarono così come erano arrivati, sparendo nel nulla.

Ne Doremi ne Aiko ebbero il coraggio di voltarsi ad osservare Onpu. Chiedeva aiuto con un filo di voce. Volse la testa verso le due come se sapesse che Doremi ed Aiko erano li ed avessero assistito a tutto quanto, teneva lo sguardo fisso su quell’angolo della stanza, sospirava, vaneggiava, provava a parlare ma l’unico suono che riuscì ad emettere era “Doremi”.

L’interessata si voltò di scatto e si ritrovò davanti al volante con in incastonato il simbolo Nissan. L’incantesimo si era esaurito.

Le due restarono immobili ed in silenzio per un po’ di tempo poi Aiko esclamò rompendo con un po’ di paura il silenzio: « Domani…domani dimettono mio figlio, poi ti aiuterò nel caso, voglio trovare i due bastardi e tagliarglielo lentamente…senza anestesia. »

Doremi ci rifletté un po’, poi annuì, non avrebbe di certo fatto male un po’ di aiuto da un’amica.

« Però non vorrei trasportarti in qualcosa di troppo grande, quando vuoi abbandonare fallo senza problemi. »

Aiko sorrise. Scese dall’auto e si diresse verso l’ingresso principale dell’ospedale mentre Doremi metteva in moto la macchina, attese che l’amica rientrasse nell’edificio, poi la macchina si mosse. Vagò per la città, guidare la faceva pensare. Ripensò a ciò che aveva appena visto, era una cosa traumatica. Aveva anni ed anni di servizio alle spalle ma non le era mai capitato di vedere una cosa simile.

Fece la strada più lunga per arrivare a casa e poi parcheggiò l’auto dietro quella di Kotake. Come aveva fatto poche ore prima entrò in casa e mentre camminava si spogliava, passò davanti al pianoforte e si fermò. La luce della città entrava dalla finestra e faceva brillare il vecchio pianoforte con il quale aveva imparato a suonare fin da molto piccola.

Si sedette sullo sgabello e dopo aver liberato i tasti di avorio dal coperchio cominciò a suonare. La casa silenziosa venne inondata dalle note di Beethoven, ogni stanza venne toccata da quelle vibrazioni chiamate musica.

Il dolce suono arrivò fino all’orecchio di Kotake. Si svegliò preoccupato dopo avere sentito in sonno l’inconfondibile sonata al chiaro di luna, la canzone preferita della moglie. Doremi non era solita suonare il pano la notte, lo suonava solo se c’era qualcosa che la preoccupava o qualcosa di pericoloso. Si alzò e scese in soggiorno.

Lei era chiana a suonare alla luce della città che penetrava dalle finestre. Quando Kotake entrò Doremi smise di suonare e richiuse il piano con una delicatezza senza eguali. Corse tra le braccia del marito e lui sentì che la propria spalla si bagnava sotto il viso della donna.

« Promettimi una cosa. » Sussurrò Doremi cercando di trattenere i singhiozzi. « La prossima volta che faremo l’amore, sarà perché ci amiamo, non per sesso, non voglio il sesso, voglio da ora in poi solo l’amore. »

Kotake strinse forte Doremi al proprio petto e la baciò sulla fronte per tutto il tragitto che portava dal salotto alla camera da letto.

Fine secondo capitolo

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Capitolo 3
*** Chiudi gli occhi ***


Angemon_SS

Salve.

Questo è il terzo capitolo della FF. Spero che vi piaccia e che continuiate a leggerla.

Purtroppo il quarto capitolo sarà pubblicato molto in ritardo a causa dell’esame di stato che mi accingo ad affrontare. Da oggi infatti sono in clausura. Devo fare un esame perfetto perché ho anche i crediti bassi. Mi scuso per i prossimi ritardi e prometto che pubblicherò appena possibile.

Grazie.

Capitolo 3

Doremi le teneva la mano.

Osservava la scena davanti a se, impassibile, senza lasciar trapelare alcuna emozione. Anche lui le stringeva la mano, come spaventato da ciò che gli stava avvenendo davanti agli occhi. Doremi abbassò lo sguardo osservando la massa di capelli rossastri che gli nascondevano il viso.

« Mamma. » Disse l’ammasso di capelli indicando davanti a se Onpu intenta a soddisfare i due uomini. « Questo è bello? »

« Si. » Sorrise la madre piegandosi sulle ginocchia in modo da essere alla stessa altezza del bambino. « Ai grandi piace tanto stare abbracciati e coccolarsi in quel modo. »

« Anche tu e papà vi abbracciate così? »

« Si, e anche di più, ogni volta che facciamo la nanna. »

NOOOOOOOOOOO

Il grido di Doremi fece vibrare l’intera casa. Ci mise poco per riconoscere le lenzuola del proprio letto e la stanza. Si guardò un po’ disorientata a poi si toccò la pancia come volendola abbracciare. L’altra metà del letto era fredda: Kotake era già andato a lavoro da un po’. Un’occhiata alla sveglia, erano le sette e mezza del mattino.

Le palpebre cominciavano a farsi pesanti per le poche ore di sonno. Però. Addormentarsi a quell’ora era da stupidi, aveva un’indagine da portare avanti e purtroppo non aveva tempo per poltrire. Corse in bagno, non si era alzata tutta la notte a causa del sonno inarrestabile.

Non impiegò molto tempo a lavarsi e vestirsi. In poco meno di mezz’ora era già pronta per il lavoro. Andò in cucina dove notò sul tavolo un foglietto ed un paio di chiavi. Capì subito cosa significava. Il foglio diceva: Devo andare fuori città, prendo la macchina, divertiti e non correre. Vi amo, Kotake.

Doremi sorrise mentre tornava in camera da letto e dopo vari frugamenti nell’armadio tornò in cucina con indosso un pesantissimo giubbotto in pelle nera con rinforzi nelle braccia e nella schiena.

Presa la borsa uscì di casa chiudendo la porta con tutte le mandate e si diresse dietro l’edificio dove c’era un piccolo box di legno costruito da Kotake stesso. Aprì la porta con le chiavi e dopo aver acceso la luce tirò fuori quella che lei chiamava la “belva di kotake”. Si mise il casco e imbucò la borsetta nel bauletto.

L’accese e il rombo fu assordante. Il motore si svegliò facendo sentire i suoi 650 centimetri cubi di cilindrata targati Suzuki tutti in una volta. Doremi saltò sopra e dopo aver tolto il cavalletto e messo la prima rombò sulla strada.

Davanti a lei la strada scorreva fluida come un fiume, le auto e le altre moto sfrecciavano dietro di lei come moscerini senza significato, in pochi minuti Doremi stava già parcheggiando davanti al bar.

Entrò e subito le arrivò alle narici il dolce profumo delle paste appena sfornate e del caffè caldo. La mattina era proprio ciò che ci voleva per svegliarsi bene e cominciare la giornata altrettanto bene. Si sedette al balcone e appoggiò il casco su un’altra seggiola in attesa di Momoko.

« Ciao, Doremi. » Disse la ragazza bionda avvicinandosi all’amica.

« Buongiorno Momoko. » Sbadigliò Doremi.

« Ti ho sentito arrivare con la moto, era un po’ di tempo che non ti vedevo nelle vesti di Tomb Raider. »

« Già…Kotake doveva andare fuori città e mi ha lasciato la moto, a secco per giunta, devo anche fare benzina per lui. »

« Eh, questi uomini. » Disse Momoko porgendo a Doremi il solito caffè e il cornetto gonfio come un uovo di pasqua.

« Tu mi vizzi troppo…vuoi farmi ingrassare a dismisura. »

Momoko sorrise mentre porgeva il caffè ad altri clienti. Poi notando che non c’era nessun altro da servire si sedette in una seggiola vicino a quella di Doremi: « Ho sentito di Onpu. »

« Mi sarebbe parso strano il contrario. » La gelò Doremi dopo un istante di silenzio.

« Perché questa freddezza? »

Doremi mandò giù tutta la tazzina di ottimo caffè italiano importato. Ormai era stufa di ripeterlo.

« Non ti sei accorta che sono passati vent’anni? »

« Si, ma avrà avuto i suoi buoni motivi. »

« Ma chi è che vi ha fatto il lavaggio del cervello? Aiko, tu e Pop dite la stessa cosa, ci manca solo che incontri Hazuki ed Hanna e mi ripetano la stessa frase…non lo capite che non gli è mai fregato niente della nostra amicizia? »

Ne Doremi ne Momoko dissero niente per moltissimi minuti. Poi Doremi addentò il cornetto e fece un sorriso a 234 denti.

« Momoko…questo invece non mi stancherò mai di dirlo…i tuoi cornetti, sono i migliori di tutto il pianeta. »

Momoko era sempre stata brava nel fare i dolci, fin da bambina quando il suo più grande sogno era di aprire una pasticceria. Ci era riuscita ma aveva fatto molto di più, aveva aperto l’MM Candy.

Era un bar che però faceva anche da pasticceria e offriva un servizio unico ed inimitabile come il satellitare, internet point, pasticceria con i migliori ingredienti del mercato, bar con un incredibile caffè importato dall’Italia e fatto con macchine italiane, birreria e altri piccoli servizi che facevano contenti i clienti. Aveva appena un anno di vita ma i clienti abituali non mancavano, una di questi era Doremi.

« Grazie…hanno affidato a te il caso, vero? »

« Si e ho accettato senza pensarci, codardi, mi hanno chiamato ieri notte quando ero mezzo addormentata. »

« Mi terrai informata, vero? »

« Perché? Non è più nostra amica. »

« Forse per te non lo è più, ma per me si, con voi ho passato i due migliori anni della mia vita e non ci credo che Onpu da un giorno all’altro smetta di essere nostra amica. »

« Ne ho viste tante in questi anni al distretto…comunque non ti preoccupare, ti terrò informata di sicuro, tanto la mattina faccio sempre colazione qui. »

« Grazie. »

« Ora devo andare a lavoro altrimenti il capo mi strilla contro, quanto ti devo? »

« Lascia perdere, per oggi offre la casa. » Sorrise Momoko rimettendosi in piedi perché chiamata al tavolo.

« Va bene. » Disse Doremi prendendo tutte le sue cose. « Se stasera finisco prima passo qui con Kotake che di sicuro starà guardando la partita…e…posso usare il bagno? »

« Certo, vai pure. »

Momoko sorrise mentre osservava Doremi correre in bagno, ormai doveva essere verso la fine del secondo mese di gravidanza, riusciva ancora a muoversi bene ma di sicuro da un giorno all’altro non ce l’avrebbe più fatta.

Servì altri due tavoli e poi salutò Doremi che andava via in moto sfrecciando nel traffico.

“Kotake mi deve 3000 yen.” Pensò Doremi uscendo dal distributore.

Stava per immettersi nella strada quando vide un’auto rosa sfrecciare a grande velocità davanti a lei tagliandole la strada. In quell’istante in cui Doremi vide il conducente gli parve di vedere colui che l’aveva aggredita sulla scena del crimine. Un viso orrendo come quello era impossibile da scordare e poi era anche nelle vicinanze della scena del delitto.

Senza pensarci su due volte mise la prima e inseguì l’auto rosa zigzagando tra le altre vetture. Vide che il mezzo si fermava ad un semaforo rosso e non ci pensò molto a piazzarsi li davanti con la moto bloccando la strada. Mise il cavalletto e si avvicinò minacciosa e pistola in mano allo sportello dell’auto. Si concentrò, era molto probabile che lui fosse in grado di usare la magia, quindi Doremi era prontissima a scagliare qualsiasi incantesimo difensivo.

Allungò la pistola verso la faccia che stava oltre il finestrino.

« Polizia. Le mani bene in vista, questa volta non mi freghi. »

L’uomo sembrò che si fosse accorto della presenza di Doremi solo in quel momento. Voltò lo sguardo sorridente ed alzò le mani appoggiandole al finestrino.

Doremi si avvicinò lentamente all’auto ed aprì lo sportello mentre teneva la canna della sua beretta puntata contro il viso dell’autista. Spalancò lo sportello.

Sulle gambe dell’uomo c’era appoggiata una pistola. Ancora prima che Doremi potesse fare qualcosa la pistola si alzò senza essere toccata dall’uomo ed esplose dei colpi silenziosi.

Le grida di dolore di Doremi fecero vibrare l’intera via. Il sangue macchiò l’asfalto sotto i suoi piedi. La pistola le cadde di mano finendo sotto l’auto. Doremi si sentì le gambe pesanti e per non cadere in ginocchio davanti al suo aggressore si resse allo sportello dell’auto. La canna della pistola la guardava pronta ad esplodere altri micidiali colpi mentre l’uomo restava impassibile ad osservare il semaforo in attesta del verde.

Doremi crollò a terra, aveva perso la concentrazione e non riusciva nemmeno a scagliare un semplice incantesimo o a muovere le braccia per raccogliere la pistola.

Scattò il verde e Doremi si sentì tirare per un braccio. Si ritrovò accasciata sopra un sedile rivestito di pelle chiara e morbida. Udì uno stridio di pneumatici e vide la propria moto che veniva scaraventata sul marciapiede.

“Kotake mi ucciderà” e divenne tutto buio.

Quando Doremi riaprì gli occhi la testa le stava per scoppiare. Il dolore era immenso.

Attorno sentiva solo il rumore pesante e sordo di un martello che batteva incessantemente su un incudine. Si udivano grida, risate, parole indefinite e senza senso.

Cercò di muoversi ma era stata immobilizzata nuda in posizione ginecologica. Si osservò, le avevano fatto un tatuaggio proprio sopra l’inguine, da li però non riusciva a vederlo bene.

Si ricordò di cosa era accaduto. Le avevano sparato. Però non aveva ferite, eppure si ricordava del dolore e del sangue. Era tutto sparito.

Si accesero delle luci e davanti a lei vide decine di uomini nudi ed incappucciati. Uno di loro avanzò lentamente.

« Tu, donna. » Disse l’uomo da sotto il cappuccio. « Conosci la primavera e da questo momento ne entrerai a far parte, è un onore concesso a poche persone quindi ritieniti fortunata. Tu sarai una delle fonti della nuova vita del pianeta, sarai la linfa della nuova primavera. »

“Questo è scemo” Pensò Doremi. Cercava di non guardare nessuno, si vergognava della propria nudità esibita in quel modo.

« Fra poco avrà inizio il rito di iniziazione, nessuno dovrà sapere della primavera, chi sa morirà. »

Doremi vide che un uomo si avvicinava verso di lei mostrando le proprie nudità. Doremi rabbrividì. L’uomo si stava già calando su di lei quando lanciò un grido di dolore inimmaginabile. Cadde in ginocchio stringendosi con le mani l’inguine sanguinante. Nessuno dei presenti mosse un muscolo mentre Doremi guardava compiaciuta la scena: « Chi è il prossimo che vuole vederselo tagliato? »

L’uomo si trascinò via lasciando dietro di se una striscia di sangue che spariva con lui dietro ad una porta.

Doremi era riuscita a far apparire nella propria mano un coltello e a liberarsi almeno un braccio. Puntò la lama contro gli uomini che continuavano impassibili ad osservarla: « Scommetto che siete stati voi a violentare la mia…a violentare Onpu. » Disse Doremi liberandosi anche il secondo braccio. « Beh non la passerete liscia. Vi dichiaro tutti in arresto per violenza carnale e… » Doremi non riuscì a finire la frase. Il coltello le volò via di mano e venne sbattuta da una forza invisibile nella posizione dalla quale si era appena liberata. Non riusciva a muoversi, prima le braccia erano legate, ora doveva essere senza dubbio qualcosa di magico a tenerla immobile.

« E così abbiamo adescato nella primavera un’altra strega. »

Doremi cercò con lo sguardo l’uomo con che aveva appena parlato. Era un altro tizio incappucciato ma vestito diversamente dagli altri. Si avvicinò verso di lei e le mise una mano sul petto.

« Da ora non puoi più usare i tuoi poteri finché il rito di iniziazione non sarà terminato. »

Doremi sentì che le veniva risucchiato tutto il suo potere, si sentì attirata di colpo verso la mano dell’uomo, come se le stessero aspirando via il sangue. Urlò cercando di dimenarsi. Era tutto inutile.

« Che il rito continui. »

Doremi osservò un altro uomo avvicinarsi e calarsi su di lei come stava facendo quell’altro di prima. Questa volta non c’erano coltelli a salvarla, non c’era magia, non c’erano pugni o calci. Non poté fare altro che chiudere gli occhi e sopportare.

“Doremi”

“Doremi”

“Doremi”

Finalmente l’interessata aprì gli occhi. Vide davanti al proprio, il viso di un altro uomo. Un altro uomo che stava per calarsi su di lei. Chiuse di nuovo gli occhi bagnati dalle lacrime.

“Doremi, parlami nel pensiero, sono Akazuki, non usare la voce.

Sentendo il nome di Akazuki Doremi aprì di colpo gli occhi. Solo allora riconobbe il viso del ragazzo di cui un tempo si era innamorata perdutamente. Anche se era incappucciato non aveva dubbi, era proprio lui.

“Akazuki.” Pensò Doremi cercando di trattenere le lacrime. “Portami via da qui.”

“Mi dispiace ma non posso. Sono infiltrato un questa organizzazione da ormai quattro anni, se mi scoprono adesso ci uccidono ed io non avrei risolto nulla.”

“Ho capito.”

Questa organizzazione ha scopi non molto buoni, vuoi trasformare il mondo in una landa senza vita, stanno per attuare il loro piano ed io sarò li a fermarli con la polizia magica.”

“Akazuki, almeno tu, ti prego…fai piano.”

Akazuki si calò su Doremi come avevano fatto gli altri. La accontentò, cercò in ogni modo di non farle male. La osservava dritta negli occhi e non distoglieva lo sguardo. Era rimasto molto addolorato quando seppe che si sposava con Kotake, a lui era sempre piaciuta ma non lo aveva mai capito del tutto, come accade sempre.

Doremi aveva gli occhi bagnati dalle lacrime, la faccia stanca e la bocca altrettanto stanca di gridare per il dolore.

Stava per fare un’altra domanda ad Akazuki però lui si alzò da sopra di lei e dovette allontanarsi mentre avanzava l’uomo che prima aveva imprigionato Doremi. L’uomo non si saziò di lei bensì le mise di nuovo una mano sul petto.

« Il seme è impiantato. » Disse l’uomo. « Da adesso tu, floreale, sei un membro della primavera, starai alle sue regole e sarai una delle protagoniste del ritorno alla natura incontaminata dalla mano assetata di ricchezze dell’uomo. »

Le palpebre di Doremi si fecero di colpo pesanti e si addormentò di botto senza quasi accorgersene.

Le riaprì di colpo. E si dimenò come se qualcuno la stesse tenendo ferma. Gridava, dava quanti più pugni poteva a destra e a manca. Nella sua mano fece addirittura apparire una sfera creata con la magia e pronta a colpire. Riconobbe una voce ed allora si fermò facendo sparire la sfera e lasciandosi ricadere nel letto.

Accanto a lei c’era Kotake con il viso preoccupato. Vide anche Aiko e Momoko. Sorrise mentre si riaddormentava pesantemente sognando Akazuki.

Fine terzo capitolo

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Capitolo 4
*** Ruji ***


Doremi accanto a lei

Salve a tutti. In un momento di follia pre esame ho steso questo capitolo in appena quindici minuti e non vedevo l’ora di postarlo

Spero che vi piaccia anche perché è un po’ il fulcro per Onpu lungo tutto la storia.

Vi prego commentate che ne ho bisogno così mi posso migliorare, non abbiate paura a commentare, non costa nulla, solo pochi secondi

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Capitolo 4

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Doremi era nel letto accanto al suo. Non aveva il coraggio di guardarla. Si limitava ad ascoltare il suo respiro regolare nella notte. Il sibilo era quasi ipnotico. Onpu ricordò bene quella scena. Una camera di ospedale quasi deserta e silenziosa, due pazienti, la notte, il silenzio.

Chiuse lentamente gli occhi. Buio. Poi dal buio minuscoli puntini di colore che andavano ad unirsi velocemente, per formare figure, colori, sensazioni.

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« Buongiorno Onpu. » Disse il medico svegliandola.

Alzarono completamente le tapparelle ed aprirono le finestre lasciando entrare nella stanza buia la luce e l’aria fresca delle mattinate di maggio. Il sole si intrufolò nella stanza disturbando gli occhi ancora assonnati di Onpu che si dovette nascondere sotto le coperte.

« Su, svegliati. » Disse la madre entrando nella stanza con dietro un’infermiera con la colazione.

« Ma ho sonno. » Mugugnò la figlia da sotto il cuscino. « Ancora mezz’ora. »

« No, mangia la colazione e vai in bagno a lavarti. »

Onpu non poté fare altro che ubbidire ed ingerì l’obbrobriosa colazione che servono negli ospedali. Poi prese le stampelle e scese delicatamente dal letto assistita dalla madre.

Quando uscì dal bagno con la faccia lavata e il capelli sistemati notò che due infermiere stavano preparando un letto mentre il medico sistemava della apparecchiature.

« Da oggi avrai un compagno di stanza. » Disse il medico sorridente. « Mi raccomando fate amicizia. »

« Non si preoccupi. » Disse Onpu risalendo nel letto e accendendo la tv. Andò subito al canale 26, gli anime. Noto l’ora e si voltò verso la madre: « Sono appena le nove del mattino, perché mi avete svegliato così presto? »

« Perché devi fare delle analisi fra poco. »

« Uffi, analisi, analisi ed ancora analisi. »

Onpu non ebbe il tempo di vedere neanche metà puntata. Fu chiamata a fare le analisi in un’altra stanza dell’ospedale e dovette di nuovo alzarsi dal suo, per modo di dire, comodo letto. Stava per uscire dalla stanza quando dovette spostarsi per fare entrare una barella spinta da un’infermiera. C’era una ragazzo li sopra ed aveva una maschera per respirare sul viso, glielo nascondeva ed Onpu non poté vederlo bene. Sembrava però un bel ragazzo e sorrise, poi si ricordò del suo triste destino, scosse la testa per scacciare ogni pensiero che le era appena affiorato nella mente e seguì la madre e il medico lungo il corridoio.

Ormai conosceva la procedura a memoria anche se ogni volta le sembrava che fosse sempre più lunga. Finalmente finirono, quella volta ci avevano messo quasi due ore. Si rivestì e acchiappò le stampelle per trotterellare fino alla propria stanza.

Si fermò davanti ad un distributore di bibite e la madre le diede qualche spicciolo per prendersi ciò che voleva.

« Tu vuoi qualcosa, mamma? » Chiese Onpu dopo aver digitato il codice per una pepsi.

« No, non prendo niente, anche perché sto andando via. »

« Come mai? »

« Devo passare agli studi e poi devo aiutare tuo padre con il lavoro, tornerò per la cena non ti preoccupare. »

« Naa, sei tu che non ti devi preoccupare, vai tranquilla, tanto mi trovi sempre qui. »

“ Evviva, televisione tutta per me, anime non stop dalla mattina alla sera. “

« Ti ho lasciato i compiti sul letto, mi raccomando falli e non restare indietro. »

« Si mamma. » “ Ho esultato troppo presto. “

Onpu salutò la madre mentre le porte dell’ascensore si chiudevano nascondendone la grande figura materna. Sospirò e saltellò lungo il corridoio impregnato d’odore di alcool e detersivi vari. Era pieno di pazienti che facevano la loro passeggiata mattutina. C’erano persone in sedia a rotelle, altre che se ne andavano in giro chiacchierando e portandosi dietro l’a flebo. Dalle stanze aperte Onpu scorgeva tante altre persone nei propri letti intenti a guardare la televisione, a discutere animatamente con altri pazienti o parenti e a leggere un libro.

Onpu finì di saltellare davanti alla porta della propria camera e la trovò stranamente chiusa. Bussò ma una voce da dentro le disse di attendere qualche minuto ed Onpu non poté fare altro che sedersi su di una sedia nel corridoio e attendere che la facessero entrare.

Quando finalmente poté accedere alla propria sistemazione vide il ragazzo nel letto accanto al suo. Non aveva più la maschera per respirare e stava dormendo beato su di un fianco. Avanzò silenziosamente per non svegliarlo, mise i compiti che aveva portato la madre sotto il letto e si butto sopra il materasso accendendo senza indugi la televisione. Tenne il volume basso per non svegliare il nuovo inquilino dell’ospedale.

Rimase a guardare gli anime fino all’ora di pranzo quando spense la televisione perché non ce la faceva più a tenere gli occhi sullo schermo.

« No, perché hai spento? »

Onpu si spaventò un po’ a sentire quella voce, poi voltandosi verso l’altro letto capì che il ragazzo era sveglio e anche lui stava guardando la televisione. Era stato così silenzioso da non fare rumore mentre si voltava.

« Scusa. » Disse Onpu riaccendendo la televisione. « Credevo che fossi ancora addormentato. »

« Mi sono svegliato due puntate fa. » Sorrise il ragazzo mettendosi seduto sul letto. Tese la mano verso Onpu e sorrise mentre lei gliela stringeva cordialmente. « Mi chiamo Ruji Sato. »

Onpu aprì la bocca per dire il proprio nome ma in quel momento un inserviente entrò nella stanza facendo un gran baccano mentre trascinava un carrello con il pranzo: « Il pranzo è servito. »

Come consuetudine l’uomo mise i vassoi sulle gambe dei pazienti e poi i piatti con la solita brodaglia ospedaliera che sembrava uscita da un centro di sperimentazioni chimiche.

L’uomo del pranzo andò via e lasciò i due soli a mangiare in pace.

Onpu si fece forza e diede una cucchiaiata alla sua minestra verde, se la infilò in bocca e un po’ disgustava la mandò giù. Ruji la osservò e fece lo stesso anch’esso un po’ schifato. Dopo aver finito lasciarono i piatti e i vassoi ai piedi del letto in attesa che tornasse il tipo del pranzo. Onpu si distese nel proprio letto facendo in modo di avere la gamba ingessata in una posizione abbastanza comoda.

Il tipo passò e ritirò i piatti sporchi e le posate. Non appena uscì dalla stanza, e quando Onpu fu sicura che non ci sarebbero state altre distrazioni tese sorridente la mano a Ruji e questo la strinse amichevolmente: « Io sono Onpu Segawa. »

« Si, lo so, tu non hai bisogno di presentazioni per me, ti vedo sempre alla televisione e al cinema. » Onpu sorrise un po’ abbattuta, sperava proprio di non incontrare un accanito fan almeno in ospedale. « Comunque, puoi stare tranquilla: non ti chiederò autografi, interviste, foto, video o balle varie, se vuoi posso trattarti come una persona normale. »

« Grazie mille, lo apprezzerei molto, quando sono in città la gente non fa altro che assalirmi per chiedere autografi o interviste, almeno mentre sono ricoverata voglio stare serena. »

« Non hai dei gorilla? »

« Naa, non sono così importante da aver bisogno di guardie del corpo. »

Onpu riaccese la televisione e si sistemò il cuscino a pugni per darle una forma un po’ più comoda anche se sembrava sempre la solita roccia.

« Ti va bene se metto di nuovo il canale degli anime? » Chiese Onpu indicando la televisione.

« Perfetto. »

Passò una puntata di un anime comico e i due risero di gusto per tutti venti minuti. Durante la pubblicità Ruji si voltò verso Onpu che ancora aveva le lacrime per le grandi risate.

« Tu perché sei ricoverata? »

« Durante le riprese di un video musicale ho preso una brutta caduta. Mi sono lesionata una costola ed in più frattura scomposta ed esposta della gamba sinistra. Mi hanno ricoverato d’urgenza mentre ero svenuta. »

« Immagino il dolore. » Disse Ruji facendo una faccia addolorata.

« Inimmaginabile, mamma mi ha detto che avevo l’osso spezzato di fuori e che perdevo tantissimo sangue, è per questo che mi hanno ricoverato, il midollo è entrato nella circolazione. Ho rischiato tantissimo e mi hanno ricoverato d’urgenza. Ora ho un ferro sotto il gesso per dare la forma originale della gamba. »

« E fra quanto esci? »

« Ho ancora i punti e il medico dice che ne ho ancora per circa un mesetto. »

« Quindi sei parcheggiata qui fino ad allora… »

« …ad oziare lontano dal lavoro, che bello…e tu? »

« Cancro al braccio. » Rispose Ruji con noncuranza.

Ad Onpu sembrò che le stessero picchiando sulle budella con un cric d’auto. Rimase spiazzata, non sapeva proprio che dire. L’unica cosa che riuscì a far uscire dalla sua bocca furono poche parole quasi impercettibili: « Mi…dispiace, non…sapevo. »

« Non ti preoccupare, ormai ci convivo da un po’ di tempo, ci sono abituato, dopodomani mi operano e finalmente mi tolgono quest’intruso. Non vedo l’ora. »

Iniziò un’altra puntata e il ragazzo la guardò incantato ridendo ad ogni battuta o gaf, Onpu non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso sorridente del ragazzo. Fino a quel momento si era sempre lamentata del proprio incidente e della propria condizione. Aveva capito che sarebbe stata all’ultimo posto in graduatoria se non fosse stato per la sua fama.

Passarono i giorni ed Onpu e ruji divennero ottimi amici in pochissimo tempo. Passarono le giornate a vedere anime, a giocare a carte, col portatile di Ruji navigavano in internet, ascoltavano musica e facevano giretti per l’ospedale con Onpu sulla sedia a rotelle e Ruji autista sfrecciando nei corridoi e nel prato. Ogni tanto c’erano state delle piccole fughe in fast food fuori dalle mura dell’ospedale.

« E’ arrivato il gran giorno. » Sorrise Onpu mentre ammirava la dedica che le aveva appena fatto Ruji sul gesso.

I medici stavano già entrando nella stanza per prelevare il ragazzo. Onpu saltellò fino al letto di Ruji per darle la buona fortuna: « In bocca al lupo…amico. »

I due si diedero la mano amichevolmente mente i medici spingevano via la barella. Onpu tornò al proprio letto mentre sentiva dal corridoio un grido che diceva “crepi” e rimbombava per tutto l’ospedale.

La sala operatoria era allo stesso piano e poco distante da quel corridoio. Con le stampelle faceva su e giù per la stanza preoccupata. Dentro di lei tutto si muoveva controcorrente. Le sensazioni si mischiavano. Paura, ansia, freddo, caldo, sorrisi. Faceva la spola tra il letto e la finestra della stanza per guardare fuori il sole che illuminava il giardino dell’edificio.

Sentì nel corridoio dei medici che correvano. Si affacciò anche lei alla porta ma non riuscì a vedere dove stessero andando.

La barella Ruji non fece ritorno quella notte.

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Onpu si svegliò la mattina dopo e la passò tutta interamente dicendosi che era stato trasferito di reparto. Che stava bene. Che le avrebbero portato sue notizie. Poi sentì delle rotelle lungo il corridoio e che poi entrava nella stanza.

Il suo sorriso sparì subito quando vide Ruji che dormiva con dei tubi nel naso e una decina di strumenti tutti intorno alla sua barella. Onpu era ansiosa di vederlo riaprire gli occhi,di sentirlo parlare, di sentirsi dire che era andato tutto bene, e di non preoccuparsi. Solo in quel momento Onpu sentì la scintilla.

Attese che i medici finalmente lo lasciassero e poi saltò a leggere la cartella clinica appesa al letto.

Lesse e rilesse attentamente ciò che c’era scritto. La lasciò e si diresse alla finestra con il vetro chiuso. Appoggiò la fronte al vetro e pianse. Le lacrime sembrava che non volessero smettere di uscire. I singhiozzi erano interminabili. Tutto era andato in malora.

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Rapporto operazione

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Durante l’operazione chirurgica all’arto superiore sinistro del paziente è stato drammaticamente riscontrato che il tumore è entrato nel vaso sanguigno e si è allargato nel braccio……… Il tumore ha viaggiato nel sangue ed è arrivato contro ogni previsione all’apparato respiratorio e all’apparato digerente……… In seguito alla grande propagazione del tumore è stato deciso di eliminare l’arto da operare per evitare un maggiore allargamento del tumore ad altri organi vitali. Nei giorni successivi verranno effettuate altre operazioni per cercare di aspirare il tumore.

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Onpu pianse senza sosta. Non riusciva a smettere nemmeno per mangiare ed arrivò all’ora di cena a stomaco vuoto. Non aveva ancora fame.

Restò nel letto. Il suo sguardo faceva avanti e indietro tra il viso di Ruji e la dedica che le aveva fatto poco prima dell’operazione.

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Alla mia grande, solare, divertente e sorprende amica.

Con tutto l’affetto che ho in corpo.

Ruji

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« Onpu. »

Il cuore si fermò per qualche lunghissimo secondo e poi Onpu in lacrime si buttò sul letto di Ruji, abbracciandolo e stringendolo forte a se. Pianse. Pianse tantissimo. Riempiva la stanza di singhiozzi e sibili mentre le coperte sotto il viso si bagnavano sempre di più.

Le uniche parole percettibili tra i singhiozzi di Onpu erano Braccio e polmoni.

Ruji riuscì a calmare Onpu solo verso la mezzanotte quando lei avvicinò il suo letto a quello di Ruji incurante di ciò che le avrebbero detto i medici la mattina dopo.

« Voglio farti vedere una cosa. » Disse Onpu continuando ad asciugarsi le lacrime.

Chiuse la mano a l’avvicinò a Ruji. La aprì e si illuminò l’intera stanza davanti agli occhi stupefatti di Ruji. Osservò bene la mano di Onpu. C’era una chiazza di luce che aveva la forma di una ballerina e danzava armoniosamente sul palmo di Onpu.

« Ruji…io sono una strega. Ho ricevuto i poteri nove anni fa. »

« Perché mi dici questo? Non dovrebbe essere un segreto? » Disse Ruji mentre Onpu lasciò che la ballerina di luce continuasse la sua danza sulle coperte bianche.

« Avevo troppa voglia di dirtelo. »

« Ma se tu sei una…strega…cosa ci fai qui? Avresti potuto guarire in un attimo. No? »

« Avevo voglia di un po’ di vacanza e poi se mi fossi curata non ti avrei mai conosciuto e ne sono felicissima. Il fatto è che le malattie non posso curarle, una volta una mia amica strega ci ha provato e perdendo i suoi poteri ha rischiato grosso. » Le lacrime di Onpu ripresero a scendere giù per le guance. Ruji si chiese se quelle lacrime avevano anche loro della magia. Non si esaurivano mai.

Ancora prima che lui potesse dire qualcosa, ancora prima che potesse muovere anche solo un muscolo la ballerina di luca esplose trasformandosi in tantissime foglie di luce che cadevano dal soffitto sui due ragazzi. « Sai la magia è l’unico vero specchio dell’anima di una strega. »

Onpu arrossì di colpo mentre avvicinava il viso a quello di Ruji e faceva incontrare le due labbra con una delicatezza indicibile. Onpu si allontanò quasi subito rossa in viso. Le foglie di luce continuavano a cadere dal soffitto e dalla lieve luce che emanavano Ruji riuscì a notare il rossore di Onpu e sorrise mentre le stringeva la mano.

« Mi sono proprio presa una cotta. » Rise Onpu mente le lacrime ricominciarono a bagnarle le guance. Lo sguardo le era caduto sul braccio. Non c’era più.

Ruji tossì pesantemente mente accarezzava le guance lisce di Onpu.

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Nei giorni successivi i medici permisero ad Onpu di tenere il letto vicino a quello di Ruji e lei dai loro discorsi capiva che le sue condizioni peggioravano di giorno in giorno. Ruji tossiva sempre più frequentemente e se prima riusciva a fare a meno del respiratore ora non riusciva più a starle lontano per troppo tempo.

« No grazie, non ho fame. » Disse Ruji all’inserviente che porta il pranzo nelle camere.

Onpu si rattristò di colpo. Ormai i sintomi erano troppo evidenti. Aveva fatto una ricerca in un libro trovato nella biblioteca dell’ospedale.

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Sintomi frequenti del tumore ai polmoni:

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Tosse, dispensa o respiro difficoltoso, spossatezza, dolori al torace, alla spalla, alla parte superiore della schiena, al braccio, polmoniti e bronchite con frequenti ricadute, presenza di sangue nell’espettorarto o abbondante emissione di sangue dalla bocca dopo attacchi di tosse, perdita dell’appetito, dolori diffusi alle articolazioni, raucedine, affanno, gonfiore del viso o del collo.

Purtroppo Onpu li ricordava uno ad uno ed a memoria. Ruji tossi di nuovo mentre si massaggia la spalla con l’unico braccio che gli era rimasto dopo l’operazione. La notte prima lo aveva visto ripulirsi la bocca dal sangue dopo aver tossito pesantemente. Aveva fatto finta di continuare a dormire ma in realtà teneva un occhio aperto ed evitava di versare altre lacrime.

Si sentiva impotente. Non riusciva nemmeno a immaginare cosa potesse fare per farlo stare meglio. Era straziante vederlo peggiorare di giorno in giorno mentre lei invece migliorava. I medici non riuscivano a fare niente, nemmeno a rallentare l’avanzata del cancro, cercavano di capire piuttosto perché andasse così veloce.

Arrivò l’ultima notte di Onpu nell’ospedale. Era già passato un mese e la gamba sembrava essere praticamente tornata normale. Ruji invece era uno straccio. Attaccato perennemente al respiratore e ad altri apparecchi. Affannato, sudato, dolorante, aveva il collo gonfio e perennemente le lacrime agli occhi pronte a scendere. E la tosse scandisce i minuti.

« Onpu. » Disse Ruji alzando la mano verso la ragazza che subito si avvicinò a lui. « Stammi vicino…ho paura. »

Onpu si sentì nuovamente impotente, non riusciva a dire nulla. Le sembrò che l’unica cosa buona da fare fosse piangere ma nemmeno le lacrime avevano il coraggio di uscire.

« Morirò e sono infelice. »

« Anche io. »

Calò il silenzio tra i due scandito solo dal cinguettare degli uccellini fuori dalla finestra.

Ruji prese la penna e scrisse di nuovo sul gesso di Onpu anche se sapeva che lo avrebbero rotto l’indomani mattina. Aggiunse semplicemente poche parole a ciò che aveva già scritto.

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Alla mia grande, solare, divertente e sorprende amica.

Con tutto l’affetto che ho in corpo.

Ti amo, Ruji

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..

Onpu si sdraiò nel suo stesso letto tenendolo forte tra le sue braccia. Accese la televisione ed insieme guardarono anime fino a notte. Il petto di Ruji si alzava e si abbassava regolarmente. Si assicurò che non ci fosse nessuno in giro e dopo aver chiuso la porta lo sveglio.

Lui riaprì gli occhi con le foglie di luce che cadevano dal soffitto e illuminavano con la loro fievole luce il viso rigato dalle lacrime di Onpu.

« Mi prometti una cosa? » Disse Ruji dopo un lungo respiro e lei annuì singhiozzando. « Promettimi che non butterai la tua vita al cesso come ho fatto io. Promettimi che almeno tu farai qualcosa di buono nella vita. Aiuta qualcuno, renditi utile ma non fare la menefreghista come ho sempre fatto io. Devi essere migliore di me. Te ne prego. »

« Te lo prometto. » Sorrise Onpu mentre una foglia di luce le cadeva sui capelli facendoli brillare di un viola chiaro.

Onpu si sdraiò accanto a lui e lo tenne stretto tutta la notte. Lo sognò che correva con lei sulla superficie del mare. Camminavano sull’acqua, si rincorrevano e si baciavano mentre il mare rifletteva le loro immagini nude ed unite.

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Finchè non strattonarono Onpu e la rigettarono a forza nel proprio letto. Onpu riaprì gli occhi. I medici lo avevano accerchiato. Stava tirando il campanello di allarme e non si muoveva. Non riuscì a fare o dire niente mentre lo portavano via di corsa gridando di preparare la sala d’intervento.

Il suo letto era vuoto. E rimase così fino alla mattina dopo quando le infermiere arrivarono a cambiare le lenzuola e il materasso.

Solo allora Onpu camminò.

Attraversò l’intero ospedale più volte vangando per i corridoi e le scale. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento ma non aveva mai minimamente immaginato quella sensazione di vuoto. Il non sentire nulla intorno a lei. Il non vedere altro che buio mentre si cammina. Sentirsi il corpo svuotato dal proprio stesso sangue, sentire il cuore che pompa a vuoto, che pompa senza una ragione.

Non aver voglia di vivere, di respirare, di ascoltare. Tutto sempre inutile. La mente vuota, le mani e le gambe che si muovono da sole.

Camminò fino al giardino dove il vengo scuoteva le chiome degli alberi e lasciava cadere alcune foglie verdi sul prato. Onpu si fermò dove cadevano quelle foglie. Solo allora caddero anche le lacrime.

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**********************

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Onpu riaprì gli occhi. Il cuscino era bagnato.

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- Fine quarto capitolo -

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Capitolo 5
*** Setta ***


Capitolo 5

«Ecco qui.» Disse Aiko gettando sul letto di Doremi una decina di fascicoli strapieni di documenti.

Le uniche nella stanza erano Aiko, Doremi ed Onpu, che sembrava dormisse, nel letto li accanto. Doremi si era ripresa da poco dallo stupro di due giorni prima. Kotake le era rimasto vicino tutto il tempo sino a pochi minuti prima quando dovette andare al lavoro col permesso e l’insistenza della moglie.

Doremi prese in mano il primo fascicolo con scritto 2000-2006 ed osservo i documenti e le foto presenti all’interno. C’erano diversi articoli di giornale, foto ritagliate da chissà dove, testi scritti a computer e a mano, contratti e disegni strani.

«Che cosa sono tutte queste cose?» Chiese Doremi mentre osservava la foto di una donna barbaramente uccisa.

«Sono i documenti riguardanti la primavera in nostro possesso.» Doremi abbassò la fotografia mentre le riaffioravano alla memoria quei terribili istanti di buio e dolore. «Sono riuscita ad avere un permesso per visionarli e portarli via, ci saranno molto utili.»

«Ehm, Aiko…mi hanno tolto l’incarico. Non lavoro più a questo caso.»

«Ufficialmente no, ma in pratica si.»

Doremi sospirò mentre sfogliava il secondo fascicolo con scritto 2007-2010. Quella seconda cartella non era molto diversa dalla prima in fatto di contenuti. Doremi prese un’altra foto. Il soggetto era una bambina accoltellata alla gola.

«Noi abbiamo da qualche hanno un infiltrato della polizia terrestre mentre le streghe e i maghi ne hanno uno loro sin dalla formazione di questa setta.» Disse Aiko.

«Si…ma cos’è la primavera?»

«..per quanto ne so io la primavera è un’organizzazione segreta che mira alla rinascita del pianeta e della natura incontaminata a discapito dell’uomo, unico nemico e unica piaga del pianeta terra.» La voce di Onpu veniva da sotto le coperte dove Aiko e Doremi credevano stesse dormendo.

«Tu come lo sai?» Chiese Aiko chiudendo il fascicolo che aveva in mano.

«Perché anche io faccio parte della primavera...e da ieri anche Doremi.»

«Spiegati meglio.» Doremi non si accorse di avere alzato la voce così tanto. Onpu stette in silenzio per qualche secondo poi parlò di nuovo dopo essersi scoperta il volto facendo vedere i propri lividi che le annerivano il volto tanto amato dai suoi fan: «Non so bene come funzioni, so solo che vengono da te quando vogliono loro, ti fanno quello che vogliono che tu sia d’accordo o no, e poi se ne vanno sempre senza lasciare tracce.»

Doremi si voltò con sguardo interrogativo verso Aiko che aprì di nuovo il fascicolo.

«Nella setta ci sono tre ranghi: le Floreali, gli Aratori e l’Albero. Le floreali sono le donne che subiscono la violenza dagli aratori mentre l’albero è il pezzo grosso della setta.»

Doremi arricciò le sopraciglia.

«Da quanto ci ha riferito il nostro infiltrato, mago, si tratta di una setta che preleva le donne, volenti o nolenti, e le stupra.»

«A sentirla così sembra che si tratti semplicemente di una setta che raccoglie le ragazze, le porta in un posto segreto e le violenta indisturbate.»

«Sbagliato.» Continuò sottovoce Onpu ma poi alzò di più il tono della voce così da poter essere sentita da Doremi ed Aiko. «In realtà sono tutte persone dotate di qualche strano potere. Appaiono indisturbate dove e quando vogliono, possono fermare il tempo se lo desiderano anche se non tutti i componenti riescono a farlo, e ti fanno ciò che vogliono, resistere è impossibile perché non vengono mai meno di due alla volta e poi se ti rifiuti o ne parli con qualcuno, anche con la polizia o i parenti, ti uccidono amici e familiari e poi, anche a te.»

«Quindi siamo di fronte a qualcosa di molto ben organizzato, i ranghi che ho nominato prima ne sono la prova inconfutabile.» Disse Aiko, continuando a sfogliare i fascicoli.

«Come fai ad esserne sicura?» Chiese Doremi.

«Doremi.» Cominciò Onpu. «C’è un personaggio dello spettacolo che adori più di qualsiasi altro, tipo un bell’uomo di qualche serie televisiva o di qualche film di successo?»

«Certamente, l’attore che fa CSI Okinawa…è stupendo…»

«Se non avessi Kotake, senza dubbio ritrovandotelo di notte nel tuo letto gli salteresti addosso senza nemmeno pensarci.»

«Può darsi…ma questo che centra con la setta e con il fatto che io sono stata violentata, con il fatto che tua sia stata la vittima di uno stupro?»

«Sono quella che viene visitata più spesso per essere violentata o per meglio dire inseminata.» Disse Onpu e si voltò dall’altra parte coprendosi completamente con le lenzuola. «Mi chiamano principessa ed ignoro in significato di questo appellativo ma credo che serva per qualche strano motivo al giorno del raccolto così come lo chiama l’albero; e Doremi a te ti hanno reso un componente della primavera per poterti controllare e per farti togliere l’incarico.»

Calò il silenzio nella stanza, nessuno aveva intenzione di dire qualcos’altra, l’unica cosa ad infrangere il silenzio erano il rumore dei fogli mossi da Aiko.

Doremi ripesò a quella terribile notte. Tutti quegli uomini con gli occhi affamati, il respiro pesante e fetido sul proprio viso, la bava che dalla bocca cade sulle sue guance, il calore di un liquido che non è quello di Kotake, un calore che spaventa.

«Doremi… stai piangendo.» Disse Aiko e Doremi si nascose il viso tra le mani mentre non riusciva a trattenersi dal tremare. Aveva cercato di trattenersi per non sembrare debole, ma quello che stava provando in quei giorni, ciò che aveva sentito era troppo per chiunque, si sentiva lurida, sporca all’inverosimile. Si alzò dal letto e corse in bagno seguita da Aiko.

Quando Aiko entrò nel bagno la vide seduta in terra a piangere mentre si guardava le mani.

«Siamo streghe, abbiamo di nuovo i nostri poteri, non facciamo che usare i nostri poteri per tutto il giorno tutti i giorni eppure, eppure mi sento impotente. Con questi poteri non sono riuscita a fermare quegli uomini ed ho l’infrenabile desiderio che mi riportino in quel posto per poter fare strage dei loro insulsi corpi. Voglio tagliarlo a tutti ad uno ad uno lentamente. Farli gridare per il dolore ce hanno fatto provare a me.»

Aiko si inginocchiò davanti a Doremi ma lei l’allontanò spingendola a terra mentre si rialzava in piedi con lo sguardo impaurito.

«Doremi che ti prende?»

«Il simbolo, mi brucia.» Ansimò Doremi. Si udirono dei rumori provenire dalla stanza nella quale si trovava Onpu. Aiko si rialzò ed aprendo la porta notò con sorpresa che un uomo si stava saziando di Onpu immobile e con lo sguardo perso rivolto al soffitto.

Sul letto di Doremi c’era un altro uomo che fumava tranquillamente una sigaretta infestando di fumo la stanza immacolata: «Oh, ma guarda: tre al prezzo di due. La primavera attira sempre più persone a se.»

Aiko si voltò verso Doremi e con grande sorpresa la vide in piedi e con la testa china. La osservò camminare mentre usciva dal bagno e si avvicinava all’uomo avvolto dallo stesso fumo che liberava dalla propria bocca.

«Oh, mai visto una donna che subito dopo l’iniziazione è così accondiscendente.»

«Non hai capito niente.» Sussurrò Doremi ed allungando le mani in avanti prese a se il collo dell’uomo ancora prima che questo potesse accorgersi del rapido movimento delle braccia. Aiko sganciò la fodera della pistola.

All’uomo era andato il fumo della sigaretta di traverso, giù nello stomaco, tossì mentre Doremi affondava le mani nel morbido collo.

«Brutta…» L’uomo non poté finire la frase perché Doremi lo colpì con una testata in pieno volto. Quando rialzò la testa era ricoperta del sangue dell’uomo al quale invece sgorgava dal naso. «Aiutami tu invece di goderti Onpu da solo.»

L’altro uomo che si stava saziando di Onpu si alzò da sopra di lei con modi di uno che viene disturbato sul più bello. Quando si diresse verso Doremi si ritrovò ad osservare un profondo tunnel nero dall’odore di povere da sparo.

Aiko gli stava puntando la pistola in mezzo agli occhi. «Ora sdraiati a terra e metti le mani in avanti e bene in vista. Sei in arresto e non ho voglia di recitarti i diritti, ricordati qualche film poliziesco.»

L’uomo ubbidì ma non appena Aiko gli si avvicinò vide che Doremi veniva scaraventa dall’altra parte della stanza. Quando si voltò verso l’uomo con il viso insanguinato notò che aveva le mani puntate contro Doremi e queste brillavano lievemente.

“Ma certo, sono ancora principianti e riescono a compiere poche magie, la loro magia si concentra sulle mani, semplice.”

Premette il grilletto e il proiettile attraversò da parte a parte la mano destra dell’uomo dalla faccia sanguinante. Le si avvicinò puntando la pistola verso la testa. L’uomo si accasciò a terra dolorante riempiendo la stanza di grida di dolore, dopo qualche secondo si rialzò in piedi e puntò l’altra mano contro Aiko.

“Allora riesce ad usare tutte e due le mani”

«Tu brutta troia…» Un proiettile lo raggiunse in pieno volto facendolo accasciare a terra senza vita.

Aiko si voltò verso l’altro uomo che stava a terra ma con grande sorpresa notò che era sparito. Controllò in bagno, sotto i letti e negli armadi, non c’era, come era arrivato se ne era andato indisturbato.

Quando Doremi riaprì gli occhi vide il viso sorridente di Aiko e dietro di lei quello di altri due medici chele tastavano le spalle e le braccia.

«Cos’è successo?» Chiese Doremi ma poi vide che uno dei due uomini era a terra e immobile in una pozzanghera rossa.

«Ricordi? Quei due ci hanno aggredito, uno l’ho colpito con la pistola l’altro è scappato non appena mi sona distratta,tu sei stata scaraventata contro il muro da uno di loro mentre … gli stavi dando filo da torcere.»

Doremi si sedette sul letto aiutata dai medici che continuavano a tastarla in tutto il corpo, forse alla ricerca di eventuali fratture. Volse lo sguardo al letto di Onpu, lei stava dormendo beatamente come se non fosse successo niente. Sotto le lenzuola il suo ventre saliva e scendeva lentamente mentre sul viso dominava un’espressione di beatitudine strana.

«Aiko.» Cominciò Doremi. «Sono stanca, vorrei dormire, vai in centrale e prova a cercare altre notizie sulla primavera, quando le hai trovate vieni a svegliami, voglio strozzare anche tutti gli altri.»

Fine quinto capitolo

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Capitolo 6
*** Croissant ***


Capitolo 6

«Pronto?» Disse Aiko rispondendo al cellulare. «Si sono io … Harukaze è ancora in ospedale … vengo io … no, n … va bene» Chiuse la chiamata e si voltò verso Doremi che Dormiva nel proprio letto dopo un’altra notte passata insonne.

I medici su consiglio della polizia avevano deciso di trasferire Doremi ed Onpu in un’altra stanza e durante la notte furono spostate in un’altra ala dell’edificio e poste sotto stretta sorveglianza. Svegliò delicatamente Doremi: «Doremi io sto andando via: mi hanno chiamato per un altro caso di stupro con omicidio che si pensa sia riconducibile alla primavera.»

«Vengo anche io. » Sussurrò Doremi mentre si scopriva dalle coperte.

«Meglio di no: sei ancora troppo scossa ed affaticata da questi ultimi giorni, non appena finisco torno qui con un bel cornetto, uno di quelli che solo Momoko riesce a fare.»

«Grazie.» Dopo quelle parole di Doremi, Aiko, si chiuse la porta dietro di se ed attese l’arrivo dell’ascensore.

Appena uscita dall’ospedale vide che un’auto della polizia la stava spettando con i lampeggianti rossi in funzione. Aiko si avvicinò camminando e salutò i colleghi sui sedili: «Ciao, come mai qui?»

«Ci hanno mandato a prenderti, dobbiamo portarti sul luogo dell’omicidio, sali.»

Aiko si sedette nei sedili posteriori e l’auto della polizia partì a sirene spiegate. Procedeva veloce nel traffico cittadino che si faceva da parte al suo passaggio.

Si rilassò sul sedile. Le auto della polizia non erano così comode nei sedili posteriori. Era nuova, l’ultimo modello di volante per la polizia giapponese, sapeva di nuovo.

L’odore di nuovo gli fece tornare alla testa una gita fatta da bambina con le altre apprendiste. La madre di Onpu si era offerta di accompagnarle a fare un viaggetto durante le vacanze estive lungo la costa nipponica fino a Disneyland. All’ora anche l’auto di Onpu odorava di nuovo, si ricordò che addormentandosi per forte odore di fabbrica le svegliava spesso.

L’ultima volta che si svegliò durante il viaggio vide il viso sorridente di Onpu che le indicava oltre il finestrino. In fondo sulla baia c’era Disneyland illuminata per la notte. Sembrava di guardare un film, la notte non esisteva in quel mondo di fiabe e divertimento, era buio pesto tutto intorno ma le luci del parco illuminavano tutto intorno. Poi l’auto svoltò e il parco in lontananza fu coperto da palazzi ed alberi. Dopo le elementari il gruppo di amiche si separò. Rimasero lo stesso in contatto: Momoko dall’America, Aiko da Osaka, Doremi ed Hazuki da Misora. Di Onpu nessuna traccia. Le amiche non ebbero più sue notizie per i venti anni successivi, le uniche cose che sapevano di lei era ciò che si leggeva sulle riviste ed alla televisione. Aiko non si sarebbe mai immaginata che per venti lunghi anni venisse stuprata senza tregua.

«Siamo arrivati.» La voce del collega risvegliò Aiko da quel suo dormiveglia fatti di ricordi e malinconia.

Scese dall’auto e si ritrovò davanti ad un edificio bianco dalle poche finestre. Il circondario era già addobbato con il nastro giallo della polizia e tutt’intorno una fola di curiosi notturni rallegrava l’ambiente cupo, ed arrivavano anche gli avvoltoi del telegiornale.

Aiko entrò dentro l’edificio e la prima cosa che percepì fu l’odore di morte ce le risaliva su per le narici, era un odore presente su ogni scenda di un delitto, in certi casi era debolissimo, in altri ti dava alla testa.

Incrociò gli agenti della scientifica con ancora addosso le tute bianche per le rilevazioni.

«Ditemi tutto.» Li fermò Aiko

«E’ una donna. E’ stata decapitata e l’ora del decesso è come minimo di ventiquattro ore fa. Non abbiamo trovato la testa.»

«In che senso?»

«Nel senso che abbiamo frugato per tutto l’edificio e non abbiamo trovato la ben che minima goccia di sangue, a parte quelle sulla scena del crimine, o il resto del cadavere, ovvero la testa. Per il resto ci sono chiarissimi segni di violenza sessuale, ipotizziamo che prima sia stata violentata e poi eliminata per non parlare. Forse lo stupratore o gli stupratori non erano bendati.»

«Qualcos’altro che devo sapere?»

«Prima di essere uccisa è stata ferita in più parti del corpo e poi sospettiamo che sia riuscita a difendersi, infatti impugnava un coltello che la lama è stata asportata e non sembra ci sia il sangue dell’aggressore, abbiamo rilevato moltissimi campioni di sangue, capelli, liquido seminale, fibre ed altre svariate cose. Non appena abbiamo i risultati del laboratorio glieli faremo avere.»

Gli agenti vestiti di bianco continuarono per la sua strada e solo allora Aiko poté entrare nella stanza e dopo aver visto il corpo non poté non provare una sensazione di nausea.

Aiko, come promesso, tornò in ospedale con una bustina bianca dalla quale prese un cornetto fumante dall’aspetto più che delizioso. Lo porse a Doremi e questa non poté resistere dall’addentarlo subito.

«E’ impossibile superare Momoko in fatto di dolci e cibi che fanno bene alle maniglie dell’amore.» Disse Doremi a bocca piena. Si voltò verso Aiko e la vide avvicinarsi al letto di Onpu, la quale se ne stava tranquilla sotto le coperte. Per non svegliarla appoggiò la busta sul comodino accanto al letto e tornò da Doremi.

«Dimmi tutto.» Disse Doremi dopo aver finito il suo cornetto.

«Un vero massacro. Una donna, sui trenta, è stata violentata a poi decapitata ma la testa non è ancora stata recuperata. Il suo corpo era totalmente devastato come se chi l’ha violentata non voleva farla sembrare umana. Poi, è incredibile cosa succede ad un cadavere se lo lasci in uno scantinato in balia dei topi.»

«Continua.» Aggiunse Doremi leccandosi le dita.

«Ho qui i risultati della scientifica sullo stupro di Onpu, il tuo e quest’ultimo. C’è subito una notizia cattiva: lo sperma non contiene DNA.»

«In che senso? E impossibile.»

«Ed invece è così, non c’è dna all’interno degli spermatozoi e non riusciamo a spiegaci il perché, sembrano più che altro involucri vuoti e di materiale sconosciuto alla nostra genetica. Inoltre il sangue ritrovato non corrisponde a nessuno già presente nei nostri archivi. E questo vale per tutte e tre le aggressioni.»

«E la buona notizia?» Sospirò Doremi.

«Non ci sono buone notizie. Siamo di fronte a gente molto ben organizzata.»

«Merda»

Era una situazione più complicata di quella che sembrava. Erano praticamente punto e a capo. Come se non avessero fatto nemmeno un passo verso i colpevoli. Doremi non li aveva visti in faccia, Onpu non era in grado di descriverli, non avevano il loro DNA.

Aiko era sola, la situazione era completamente passata nelle sue mani. Doremi non era in grado di proseguire il suo lavoro, faceva la forte, la dura ma Aiko notava benissimo che ancora non era in grado nemmeno di reggersi in piedi senza avere la paura che qualcuno la stesse per afferrare da dietro. La osservava, si sentiva sporca e per questo si faceva la doccia più di una volta al giorno e con più insaponate.

“Va tutto bene” per Aiko significava “sto bene solo fuori, dentro sono un rottame”. Onpu, invece, degli ultimi due giorni aveva visto solo la faccia, il resto del corpo sembrava non esistere, l’ultima volta era stato durante l’aggressione, poi si era rintanata sotto le coperte. Anche lei non doveva passarsela tanto bene.

«E l’identikit dell’aggressore scappato?» Chiese Doremi dopo aver riflettuto.

«Qui in ospedale nessuno l’ha visto entrare o uscire, abbiamo fatto avere la ricostruzione a tutte le pattuglie ed anche ai distretti delle città vicine mentre i posti di blocco stanno controllando tutti coloro che escono od entrano in città, a piedi e con qualunque altro mezzo.»

«Ho l’impressione che sarà tutto inutile»

In quel momento entrò l’infermiera preceduta dal carrello della biancheria. Era l’ora del cambio delle lenzuola. Doremi si alzò dal letto aiutata da Aiko. Le sembrava di avere l’inguine in fiamme. Aspettarono in piedi che l’infermiera cambiasse le lenzuola poi Doremi poté tornare a sdraiarsi nel letto.

L’infermiera si avviò verso Onpu e cominciò a scuoterla delicatamente per svegliarla.

«E’ un po’ che Onpu non si alza da quel letto, neanche per andare in bagno.» Osservò Aiko mentre Doremi si sistemava sotto le lenzuola.

«Avrà i suoi buoni motivi, magari è ancora scossa per quello che è successo l’altra volta»

L’infermiera si allontanò dal letto gridando e tenendosi la faccia con le mani. Aiko si avvicinò al letto di Onpu per vedere cosa poteva aver spaventato la donna.

Il letto era un bagno di sangue. Suonò il campanello d’allarme e subito nella stanza si precipitarono due medici. Costato cosa stava succedendo caricarono Onpu su di una barella e la portarono via sotto gli occhi increduli e spaventati di Doremi.

Nella stanza rimasero sole, solo Aiko e Doremi. Il letto era diventato praticamente tutto rosso eppure Aiko non sapeva come potesse essere accaduto. Poco prima si era avvicinata ad Onpu per portarle la busta con dentro il croissant e non aveva notato niente di strano. Ma perché Onpu non aveva avvertito che stava male, non aveva nemmeno tirato il campanello che teneva sempre in mano. Che fosse svenuta era impossibile perché ha detto qualcosa ai medici mentre veniva caricata sulla barella. E se avesse voluto suicidarsi?

Erano centinaia i pensieri per la testa di Aiko in quel momento mentre restava a fissare il sangue lentamente gocciolava sul pavimento.

Le infermiere iniziarono a cambiare le coperte mente Aiko osservava l’intera scena. Prima che potessero mettere la biancheria sporca nella cesta Aiko le fermò:

«No. Lasciate tutto così com’è, serve a noi della scientifica.»

«Ma sono assolutamente da cambiare, si è sporcato addirittura il materasso.» Dissero le infermiere

«Non ha importanza, piuttosto mi sapreste dire dove è stata portata la paziente?»

«Alla fine del corridoio qui accanto c’è una sala operatoria con delle stanze per la rianimazione, credo che sia stata portata da quella parte.»

«Grazie mille per la vostra collaborazione.» Sorrise e le due infermiere lasciarono la stanza seguite dal carrello della biancheria.

«Sono Senoo.» Disse Aiko dopo aver digitato sul suo cellulare. «Mandatemi qui qualcuno della scientifica il prima possibile. Si dove si trova Harukaze. Grazie.» Poi riattaccò.

«Perché …» Cominciò Doremi.

«Ho un sospetto.»

Aiko attese in spaventosa calma per un’ora intera, non perdeva di vista quel sangue sul letto sfatto di Onpu, non aveva distaccato lo sguardo neanche per un secondo. Poi entrò un uomo con una sacca a tracolla con scritto Polizia Scientifica di Tokyo.

«Salve a tutti.» Esordì il poliziotto camminando allegramente, poi notò Doremi sdraiata nel letto a guardare la televisione. «Salve bellezza.»

«Piantala, con tutti i poliziotti bravi che abbiamo proprio a te dovevano mandarci?» Ringhiò Doremi.

Quello che aveva di fronte era l’agente Yagami. Ci provava con Doremi dal primo giorno di servizio nonostante sapesse che ella fosse felicemente sposata. Irritante oltre il limite umano.

«Smettila di fare la corte a Doremi e vieni qui.» Disse Aiko e non appena Yagami vide il letto sanguinante lanciò un lungo fischio di sorpresa.

«Di che hai bisogno?»

«Imbusta tutto, materasso compreso.»

«Senza fare alcun rilievo?»

«Fai come ti ho detto.»

L’agente si vide costretto a fare come ordinato e imbustò nel sacchetto gialli con scritto prova lenzuola, coprimaterasso, federe e cuscino. Poi Aiko le indicò il sangue sul coprimaterasso: «Potresti verificare se è sangue umani facendo un rilievo, diciamo … adesso?»

«Niente di più facile.»

Yagami tirò fuori dalla sacca una tavoletta di plastica con dei colori sopra, dei coton fiocco e uno spruzzino. Spruzzo il liquido neutro sul sangue ormai secco e questo divenne liquido sulla parte bagnata, con il coton fiocco bagnò la punta del cotone di sangue, lo appoggiò sulla confezione mentre toglieva la patina trasparente alla tavoletta di plastica e ne riempiva un piccolo solco con il liquido in dotazione, vi intinse il cotton fiocco e appoggiando la tavoletta in terra si sedette in attesa.

«Allora?» Chiese Aiko insistente.

«Aspetta qualche secondo.»

Furono i tre secondi più lunghi dell’intera giornata. Poi il liquido dove aveva intinto il sangue divenne celeste.

«Che significa?» Chiese Aiko mentre la mano già le tremava.

«Che non è sangue umano.» Aggiunse Yagami. «Anzi, stando alla leggenda non sembra nemmeno sangue animale o altro composto, non credo di aver sbagliato.»

Yagami ripeté il tutto e il risultato non cambiò. Celeste.

«Grazie, porta tutto in sede come prova e non toccare Doremi.» Poi si rivolse verso l’amica sul letto. «Torno subito, o per lo meno lo spero.» Tirò fuori la pistola dalla fondina e corse oltre la porta sbattendosi a Kotake che per poco non perse l’equilibrio.

«Ciao tesoro. Disse Kotake baciando la fronte della moglie di nuovo sorridente. «Dove corre Aiko?»

«Non lo so.»

Il corridoio era lungo e vuoto. La pistola sembrava tremare nelle sue mani mentre passo dopo passo sentiva qualcosa di opprimente provenire da davanti a lei, oltre le porte della sala operatoria. Un grande porta in vetro oscurato con scritto Vietato l’ingresso agli estranei le si parò davanti a separarla dai suoi sospetti. Non c’era tempo di rallentare. Passo attraverso il vetro infrangendolo.

Sentì distintamente le lame vetrate lacerarla la pelle delle mani e di un guancia ma quando superò il vetro sbianco di colpo nel vedere che il vetro era niente in confronto a cosa aveva davanti agli occhi.

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Capitolo 7
*** Sangue ***


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Dall’autore:

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Ci si avvia con i prossimi due capitoli (l’8 e il 9) alla fine si questa tanto sofferta fan fiction, ringrazio già da adesso tutti coloro che l’hanno letta e che la finiranno. Ah, per la cronaca, io sono maschio.

Grazie mille anche perché probabilmente questa è la mia ultima fan fiction. Da ora mi dedicherò alla letteratura vera perché vorrei provare a pubblicare un mio romanzo. Magari la mia prossima Fan Fiction potrebbe essere considerata d’autore, chissà!

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Capitolo 7

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«Onpu?» La stanza era buia. L’unica luce proveniva dal corridoio alle proprie spalle. In terra era disseminato di schegge di vetro che scricchiolavano sotto le scarpe. La luce non funzionava, l’impianto della stanza era andato.

La sala operatoria doveva essere alla fine di quel tratto di corridoio. Sbirciò dentro le stanze che si affacciavano sulla corsia ma lo spettacolo non cambiava: buio e desolazione.

Strinse il calcio della pistola come se volesse piegarlo mentre le mani sudavano freddo. Quando arrivò davanti alla sala operatoria si stupì di vedere che la lampada rossa con scritto accanto “operazione in corso” era in funzione. Si inchinò silenziosamente ad ascoltare eventuali rumori che provenissero dall’interno ma anche lì regnava il silenzio più assoluto. Abbassò lo sguardo e notò che del liquido avanzava sotto la porta. Sangue. In quel momento rimpianse di aver lasciato la squadra speciale, le sarebbero tornati utili i loro equipaggiamenti.

Spalancò la porta con un calcio. Un viso insanguinato gli si parò di fronte. Scansandosi notò che si trattava di una persona senza vita, cadde a terra con un rumore che ricordava quello di un sacco di ortaggi. Il resto della sala era un bagno di sangue, di cadaveri di medici e infermiere mutilati. Era stata loro orrendamente tolta la vita ed ora giacevano a terra con gli occhi vuoti e la bocca spalancata in una smorfia di terrore dalla quale non uscirà più alcuna parola, ma solo il sangue della morte.

«Sai benissimo che io non sono una persona violenta, non ti avvicinare, ti prego» La voce di Onpu proveniva dalla penombra. Aiko la vide nel buio scendere lentamente dalla barella e dirigersi verso la canna della pistola con una lentezza snervante.

«Onpu…cos’è successo? Dimmelo.»

«Non sono stata io…non controllo me stessa…sono la principessa e… mi devi stare lontano.»

«Onpu, io, ti sto lontano ma tu spiegami cos’hai fatto e…»

«Le mie braccia si muovevano da sole, ho spezzato dei colli solo con la forza della mano, poi ho impugnato i bisturi e li ho affondati nella loro pelle: tagliavo, penetravo, frugavo finché non smettevano di gridare.» Onpu sparì nel buio della stanza e gli occhi di Aiko non riuscirono a seguirla, che ascoltando la sua voce sembrava che provenisse da qualsiasi punto intorno a lei.

«Onpu, vieni alla luce.» Disse Aiko puntano la pistola avanti a se in cerca di una sagoma che le indicasse il punto in cui si trovava Onpu pronta a colpire.

«Non posso, non riesco a comandare il mio corpo, ho un bisturi in mano e ti sto per pugnalare, scappa finché sei in tempo.»

«Non scappo perché devo sapere di più sulla primavera, stano per arrivare i rinforzi. Ti aiuteremo Onpu, combatti contro ciò che ti controlla, liberati.»

«Scusa Aiko.» La voce di Onpu era rotta dal pianto ed Aiko intuì da dove provenisse e voltandosi sparò due colpi. Udì che uno andava a vuoto bucando la parete mentre l’altro fendeva la pelle di Onpu accompagnato da grida di dolore.

«Scappa Aiko.» Aiko sparò di nuovo ma senza risultato. Si fermò in ascolto.

Ci fu un sibilo e poi un bagliore, il riflesso del bisturi che fendeva la mano di Aiko. Le grida di dolore rimbombarono più degli spari mentre il sangue precipitava a terra come una cascata.

«Scusa Aiko, ma adesso devo andare.» Si udì un boato e poi un soffio d’aria fresca. La sagoma di Onpu era illuminata dalla luna che penetrava dallo squarcio nel muro.

Un altro botto e gli occhi di Aiko venero abbagliati da una fortissima luce e da altre torce che illuminavano la stanza. Le voci innondarono la sala.

«Agente a terra ferito.»

«Avvisate la squadra medica, sembra grave»

«Ci sono dei deceduti.»

Poi le voci cambiano alla visione di Onpu.

«Alza le mani.»

«Faccia a terra e mani sopra la testa.»

«Niente scherzi.»

La sagoma di Onpu sparì tra gli spari lasciandosi cadere nel vuoto e sparendo come fumo sotto gli occhi increduli dei poliziotti accorsi.

«Via libera, stanza sgombra.»

La squadra speciale della polizia di Tokyo, specializzata nei mandati di cattura ad alto rischio e liberazione di ostaggi aveva fatto il suo ingresso nel tentativo di fermare la fuga di Onpu.

«Aiut…» Fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare Aiko mentre si distendeva a terra in preda ad un lancinante dolore al braccio. Era come se avesse due ganci infilati nella pelle, uno nella mano ed uno nella spalla e la stessero tirando senza pietà nel tentativo di sventrarla.

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-- …Non ci sono ancora notizie della idol in fuga Onpu Segawa, scappata alla squadra speciale della polizia di Tokyo la notte di venerdì scorso. Ricordiamo che si tratta di un individuo estremamente pericoloso. E’ accusata dell’omicidio di tre medici, due infermiere e del ferimento di un agente di polizia. Chiunque abbia qualsiasi tipo di informazione o abbia visto l’idol in fuga è pregato di contattare subito la polizia. –

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Aiko spense la televisione e poi gettò lontano il telecomando che grazie al suo corpo in gomma rimbalzò meno rovinosamente. Nel fare lo sforzo di gettare lontano il telecomando si sentì tirare dolorosamente la spalla destra e si rilassò di nuovo sul divano.

Con il dolore tornò con la mente alla corsa lungo la corsia sulla barella. Il sangue che colava lungo il corridoio, l’emorragia che i medici non riescono a fermare e il rischio di arrivare in sala operatoria dissanguata. Il dolore e le grida. Tornarono alla mente i momenti dell’anestesia e del dolore che lentamente diventava meno acuto ma non spariva. Il momento del laccio emostatico sul braccio e del fiume di sangue che si ferma mostrando l’orrore.

Il bisturi aveva inciso la pelle, la carne. La mano risultava come aperta in due. Tendine danneggiato e nervi recisi. Dieci punti di sutura e l’impossibilità assoluta che la mano torni a funzionare come un tempo. Aveva seguito istante per istante i medici durante l’operazione e ad ogni punto che chiudeva la ferita si ripeteva che avrebbe portato la primavera all’estinzione.

Dopo la fasciatura, l’affidamento alle cure del marito e il viaggio verso casa ancora con le lacrime agli occhi quando il figlio la abbraccia regalandole un fiore. La visita di alcuni colleghi a casa, parenti, del capo del distretto e delle vecchie conoscenze da strega, infine la felice telefonata di Doremi che la informava di essere stata dimessa.

«Mamma? Sei arrabbiata.» Un ciuffetto celestino spuntò dalla cucina a passi piccoli verso il divano.

«Ma no, tesoro, vieni qui, la mamma non è arrabbiata, le fa solo un po’ male la mano.»

«Papà era molto preoccupato. Guidava come in formula uno quando ci hanno detto di venire in ospedale a prenderti.»

Squillò il telefono ed Aiko allungò il braccio sano verso l’apparecchio telefonico rispondendo alla chiamata con il solito: «Pronto?»

«Ciao Aiko sono, Poppu.» Risposero dall’altro capo del telefono.

«Ciao, che bella sorpresa. Tutto bene il viaggio di nozze? Com’è la Francia?»

«Va tutto benissimo ed io e Kenji ci stiamo divertendo da pazzi qui nell’hotel dato che non possiamo girare per disneyland con questo acquazzone… Parigi è più bella di quanto mi aspettassi ma parliamo di cose serie.»

Aiko annuì.

«Onpu è affermata a livello mondiale, non ha più dieci anni. Degli omicidi e della fuga ne parlano anche in Francia, dove se non sbaglio aveva tenuto da poco un concerto acustico proprio sotto la torre Eifel

«Qui è successo un gran casino ed adesso è impossibile raccontarti tutto via telefono, posso solo dirti che tutto è successo quando Onpu è stata violentata da una setta segreta.»

«Una setta segreta?»

«Non dovrei nemmeno dirtele certe cose al telefono, ma chi se ne frega: si, violentata, ed anche Doremi, siamo stati aggrediti dalla stessa setta in ospedale più di una volta, poi Onpu è sotto il loro influsso ed è scappata alla nostra SWAT dopo aver sterminato un’intera squadra di medici e mi ha quasi segato la mano con un bisturi.»

«Come sarebbe a dire? E’ stata violentata anche mia sorella! Quelli vogliono proprio morire!»

«Stai calma, tu goditi solo la luna di miele.»

«Come posso godermi la luna di miele sapendo che mia sorella è stata violentata, domani prendiamo il primo volo per il Giappone.»

«Poppu…forse è meglio che resti li, è magia molto potente non si se sia il caso di metterti in mezzo, insomma, noi siamo ad un livello più alto del tuo, e loro del nostro, non voglio altro sangue innocente.»

«Sangue innocente un corno. Kenji, fai i bagagli, domani si torna a Misora e poi a Tokyo a rompere il culo ad un po’ di persone che non sanno tenere gli attributi a posto.»

«Sei proprio sicura?»

«Ecco perché Doremi cercava sempre di cambiare argomento quando poco fa sentendola per telefono le chiedevo come andasse il lavoro. Grazie di avermi avvisato…conoscendo quella testona di mia sorella non me lo avrebbe mai detto, appena torno a Misora ci sentiamo, tanto per il mio datore di lavoro sarò ancora in viaggio di nozze.»

«Va bene, allora ci risentiamo appena arrivi a casa. Bon viaggio.» e terminò la chiamata.

“Scusami Poppu, ma questa volta ho bisogni di tutto l’aiuto possibile. Ti farai un altro viaggio se riusciremo a sopravvivere.

Aiko digitò sul touch screen del telefono il numero di cellulare di Momoko.

«Mamma, c’è qualcuno davanti alla nostra casa.»

Aiko udì che dall’altra parte del telefono rispondevano alla chiamata ma riattaccò ancora prima che Momoko potesse dire una parola. Lasciò il telefono sul divano e si avvicinò alla finestra dove si trovava il figlio. Vide che c’era un uomo che fumava una sigaretta proprio sulla soia di casa. Era un uomo distinto, ben vestito e con degli occhiali da sole nel taschino. Spense la sigaretta in terra quasi con disprezzo verso ciò che aveva appena consumato e suonò sorridente al campanello mentre si metteva sul naso gli occhiali da sole.

«Tesoro, vai in camera tua!»

«Ma mamma…»

«Ubbidisci!»

Il figlio salì in camera sbuffando ed aiko attese finché non udì la porta della camera chiudersi. Aprì la porta lentamente con la mano sinistra e sbirciò fuori notando che non c’era più nessuno sulla soia.

«Non vi facevo così eleganti voi della primavera.» Sorrise Aiko mentre si voltava e vedeva l’uomo distinto che si rilassava sul divano di salotto.

«Dobbiamo apparire normali agli occhi degli altri peccatori.» Rispose l’uomo mentre si toglieva dal naso gli occhiali da sole appoggiandoli sul tavolino, con una scioltezza come se in quella casa ci avesse vissuto da sempre.

«Le persone normali non vanno in giro con gli occhiali da sole in un giorno di pioggia dove non c’è nemmeno un raggio di sole. O per lo meno, quelle non narcisiste.»

«Sai di sicuro il perché sono qui, ti sono scappato quando hai ucciso il mio compagno in ospedale, ora hai messo al corrente terzi di cosa fa la nostra organizzazione, ti teniamo d’occhio.»

«Lo sapevo. Caffé?» Aiko mise in funzione la macchina del caffé che cominciò a scaldare il liquido nero e l’aroma si diffuse per tutto il salotto.

«Non fare scherzi.» L’uomo balzò in piedi in tutta la sua maestosità.

«E chi scherza. Anzi, come si fa ad entrare nella primavera?»

«Che cazzo dici? Tu ora dovrai morire.»

«Perché dovrei morire se voglio essere una floreale e donarmi a voi?»

«Ti è andato di volta il cervello?»

«Che male c’è ad essere un po’ ninfomane?» Aiko prese le tazze del caffé e si avvicinò lentamente all’uomo che continuava a restare in piedi e ad osservarla da cima a fondo sospettoso. «O mi stai dicendo che se non violenti una donna non provi piacere.»

«Non ti permetto di parlare in questo modo…»

«Allora spiegamelo tu.» Lo interruppe Aiko dopo aver sorseggiato un po’ del caffé fumante.

Il campanello avvertì che alla porta c’era qualcuno ed i due si guardarono tesi. L’uomo fece un cenno con il capo ad Aiko e lei senza farselo ripetere due volte andò ad aprire uno spiraglio sulla soglia di casa e sbirciò fuori.

«Ciao Aiko, mi hai per caso chiamato in caffetteria?» Era Momoko.

«Oh ciao, si ma ho sbagliato numero, intendevo chiamare Doremi a casa ma ho fatto automaticamente il tuo numero. Scusa se ti ho fatto preoccupare.»

«Non fa niente, stavo chiudendo e sono passa per vedere come stai, comunque…ah, forse non è l’ora più appropriata per, disturbarti, fra poco è ora di pranzo, ripasso più tardi, e magari ci facciamo una chiacchierata davanti ad un buon caffé. Ciao.»

Momoko se ne andò così come era arrivata ed Aiko chiuse lentamente la porta. Si voltò verso l’uomo che si era intrufolato nella sua casa e lo guardò più volte da cima a fondo. Sembrava molto pericoloso nell’uso delle arti magiche, soprattutto dopo la sua fuga indisturbata dall’ospedale, di sicuro non era un principiante.

«Chiudi la porta a chiave.» Intimò l’uomo.

Aiko ubbidì sorridendo e per un instante la sua mente corse al figlio da solo nella propria camera. “Stolto”, pensò mentre riponeva la chiave su una mensola vicino alla porta. Il suo sguardo cadde sulla finestra più di una volta. Entrava una lenta luce pomeridiana mentre la strada si bagnava con la lenta pioggerellina che anticipa il temporale.

«Chi c’è fuori dalla finestra?»

«Nessuno.» Rispose Aiko allontanandosi dalla porta. Teneva una certa distanza tra lei e quell’uomo, era piuttosto pericoloso e non bisognava prenderlo sottogamba.

«Sciocca bugiarda.» L’uomo non si mosse di un millimetro ma Aiko sentì come se le stessero stringendo la gola con una tenaglia. Vide in uno specchio situato nel salotto affacciava sul salotto che sul suo collo erano apparsi dei solchi simili a quelli che lasciano le dita sulla pelle. Era una magia e stringeva sempre di più. «Chi c’è li fuori?»

Aiko non rispose, si limitava a cercare di non soffocare, la mano stringeva sempre più forte e non le lasciava scampo, non riusciva nemmeno ad alzare il braccio sinistro per tentare almeno una magia.

«Io.» Un fulmine giallo penetrò stridendo all’interno della casa travolgendo tutto e tutti. La morsa sul collo di Aiko smise di stringere lasciandola cadere debole ed ansimante a terra. Momoko attraversò lentamente la finestra sventrata tenendo puntato davanti a se lo scettro giallo.

«Con comodo…quando vuoi!…quando va bene a te, io sto solo soffocando!» Tossì Aiko.

«Scusa ma c’era troppa gente nel vialetto. Dov’è?»

«Non lo so, sta attenta, è molto potente.»

Momoko si sentì tirare per la gamba e cadde rovinosamente a terra sbattendo la faccia al pavimento ed ai cocci di vetro della grande finestra del soggiorno.

«Maledetta donna, le hai fatto capire che eri in pericolo.» L’uomo era ferito e si premeva il braccio dolorante.

«A quanto pare riesci a manipolare l’aria e concentrandola riesci ad imitare una mano.» Disse Momoko rialzandosi con la faccia dolorante ed il sangue che colava dal naso e dalla fronte. «Invisibile e letale. Complimenti.»

Momoko ricevette un pugno d’aria alla testa e sbatte di nuovo la fronte al pavimento.

«Esatto, siete perspicaci voi streghe.»

«E’ il nostro mestiere.» Momoko si rialzò dolorante e venne afferrata dalla mano d’aria al collo. Aiko vide i solchi della mano sul collo e la faccia di Momoko cambiare rapidamente colore. Non riusciva a fare niente e quando sentì un calore strano alla mano destra notò con orrore che stava formando una pozzanghera di sangue. I punti non avevano retto. Il suo sguardo cadde si nuovo su Momoko che veniva lentamente posata a terra davanti al viso sconcertato dell’uomo.

«Hai mai visto da piccolo i cavalieri dello zodiaco?» Chiese sorridente Momoko mentre l’uomo lentamente indietreggiava. «Non si usa mai per due volte la stessa tecnica contro un avversario.»

Momoko mosse lentamente lo scettro e l’uomo venne scaraventato e immobilizzato verso il muro a braccia aperte in modo da non poter evocare alcun incantesimo.

«Puttana, aspetta che venga il giorno del raccolto e ti squarterò, ti aprirò in due con le mie stesse mani, farò scorrere il tuo sangue, non avrò pietà, ti»

«Uomini. Siete bravi solo a parlare.» Momoko corse verso Aiko e le tamponò la ferita con un fazzoletto di stoffa che aveva in tasca. «Vorrei tanto aver imparato come curare le ferite.»

«Attenta.» Momoko non fece in tempo a reagire che venne raggiunta da un pugno in pieno volto e scaraventata lontano.

«Anzi.» Sorrise l’uomo leccandosi le labbra. «Perché aspettare?»

“Dannazione, si è liberato, non è poi così debole come può sembrare ad una prima occhiata. Oh No.”

Momoko aveva scorto in cima alle scale la figura del figlio di Aiko, subito dopo anche l’aggressore si accorse del bambino e già correva verso il pianerottolo, con le mani avanti. Lo prese per il collo e lo alzò con una mano minacciando di soffocarlo e di scaraventarlo giù per le scale.

«Lascialo stare.» Urlò Aiko mentre il figlio piangeva respirando a fatica.

Momoko si rialzò lentamente tenendo d’occhio quello strano uomo. Non riusciva a capire se era un mago a tutti gli effetti oppure se lo fosse diventato in seguito. Per le streghe non c’era mai stata differenza perché alla fine anche le apprendiste che un tempo erano umane riuscivano ad avere gli stessi poteri e caratteristiche delle streghe di nascita, ma per i maghi era diverso, un mago non di nascita restava sempre molto inferiore ad un nato mago.

«Fermo.» Gridò Aiko e l’unico suono che si udì fu il pianto del figlio. «Sei venuto per uccidere me, lui non centra niente, lascialo stare ed avrai la mia vita.»

«Mi sembra ragionevole.» Sorrise l’uomo e rimise il bambino con i pied a terra ma senza lasciare la presa sul colo. Aiko si alzò ed avanzò lentamente versò l’uomo lasciandosi dietro una lunga striscia gocce di sangue. Salì lentamente per le scale avvicinandosi sempre di più allo sguardo minaccioso di quell’uomo. «Anche se a guardarti sarebbe più divertente lasciarti morire dissanguata.»

«Quindi ti piace vedere il sangue che scorre.» Si fermò Aiko sulle scale.

«Infatti, la tua morte avverrà nel sangue più scuro.»

«Se ti piace tanto il sangue…» Cominciò Aiko e l’uomo strinse ancora di più la presa sul collo del figlio. «…allora guardalo più da vicino.» Gridò e muovendo veloce la mano riuscì a schizzare il proprio sangue direttamente in faccia e negli occhi dell’uomo che vedendosi accecato lasciò il bambino per portarsi d’istinto le mani sul volto. Con il braccio dolorane Aiko prese di peso il figlio e scese veloce giù per le scale mentre Momoko non facendosi trovare impreparata scagliava una potente magia contro l’uomo. Quando il corpo incontro il muro si udì un “crack” sordo, simile ad un ramo che si spezza, si accasciò a terra e rimase immobile.

Il primo pensiero di Momoko fu quello di verificare le condizioni di madre e figlio. Lui stava bene ma la ferita di Aiko non smetteva di perdere sangue.

Momoko udì un alto rumore sordo e voltandosi verso il corpo dell’uomo notò con stupore che sul pavimento non c’era più nessuno. Fece un rapido giro della casa ma non trovò nessuno nascosto. Era scappato.

Tornò da Aiko e dopo averla presa di peso la caricò sulla macchina aiutata dal figlio. Mise in moto e si diresse il più presto possibile verso l’ospedale.

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Anticipazione del capitolo 8

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Una volta terminata la cerimonia Doremi intravide tra la folla il viso dell’amica e corse verso di lei ma ancora prima che potesse avvicinarsi Onpu era già sparita con le lacrime agli occhi. Avrebbe tanto voluto riabbracciarla, spiegare tutto, per chiedere aiuto, ma era impossibile. Poi l’avrebbero uccisa o ancora peggio, stuprata.

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Si appoggiò al muro e attese osservando le nuvole in cielo. Scorrevano veloci sospinte dal vento, da quello stesso soffiare che faceva ondeggiare la gonna della divisa. Il vento che ferma il suo respirare continuo e le nuvole che s’immobilizzano come ghiacciate non si vede tutti i giorni. Non si vede nemmeno tutti i giorni un uomo che cammina minaccioso apparso dal nulla. Circondato da un alone di magia cupa, la più scura che esista. Ben presto Onpu capì che tutto ciò che era attorno a loro si era bloccato, come congelato.

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[…] Si avvicinò ad Aiko. Il suo respiro sapevano di morte e gli occhi parevano vuoti come quelli di un cieco. Allungò la mano verso il collo e lo tasto, la ritrasse ed avanzò verso Kotake che stava sudando. Doremi allungò la mano verso il suo collo e cominciò a stringere sempre di più mentre il marito gemeva e cercava di trattenere le grida.

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Capitolo 8
*** Onpu ***


Capitolo 8

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Onpu si abbandonò.

Il suo corpo andava contro la sua volontà. Non aveva più voglia di combattere, di lottare contro quella forza che muoveva i suoi arti. Lasciò l’intera realtà. Si rilassò mentre braccia e gambe si muovevano da sole. Ebbe come la sensazione di cadere lentamente in un baratro infinito. Come una piuma libera e leggera mentre gli occhi osservavano la città illuminata dalle luci della notte. La luce artificiale si rifletteva sulla baia come un arcobaleno quando il temporale si calma dopo la furia; da lì sopra tutto sembrava calmo: le macchine nelle strade parevano quasi immobili, le persone non si vedevano se non quando erano in gruppo, allora assomigliavano a tanti granelli di sabbia uno accanto all’altro. La rossa struttura della torre sembrava incandescente ma lì, nel punto più alto, tutto poteva essere visto sotto un’altra luce. Il vento fresco primaverile faceva ondeggiare la punta dell’antenna scricchiolando le muoveva i capelli che seguivano il vento come se l’aria stesse giocando, come una bambina dispettosa con i capelli della madre.

Onpu si rilassò tanto da addormentarsi mentre il resto del corpo restava sveglio, la mente dormiva, vagava. Negli ultimi anni le capitava raramente di sognare, più che altro ricordava, riviveva attimi passati. La maggior parte delle volte riusciva a rivivere i momenti più felici della sua vita, la giovinezza, le elementari, le amiche, Doremi, Aiko, Momoko, Hanna, Hazuki, Poppu, le fatine, Majo Rika, la magia. Ricordava distintamente ogni singolo giorno passato alle elementari, al Maho, gli stage, le lezioni di danza, di recitazione, di canto, la madre, il padre, i registi, gli attori, Ruji. Poi il resto erano incubi.

Gli incubi non erano frutto della sua immaginazione ma erano brutti ricordi. Il più ricorrente era il ricordo della sua prima violenza subita a causa della primavera.

Aveva solo dodici anni e tutto ciò che sapeva sul sesso erano pochissimi dettagli. Una sola cosa gli aveva sempre detto la madre ed era che il proprio fiore doveva farlo vedere solo a chi le piaceva davvero, solo a chi amava follemente con tutto il cuore, così follemente da dare anche la vita. Non osava mai spogliarsi nemmeno davanti a suo padre fin da quando era bambina.

Una dodicenne che cammina lieta e felice sulla strada della scuola in pieno giorno, attorniata dai fotografi era in un certo senso una ragazzina al sicuro. Ma quando la ragazzina si ritrovava da sola nel cortile dietro la scuola, non era più al sicuro.

Un foglietto lasciato nel suo armadietto delle scarpe gli fissava un appuntamento sentimentale all’ora di pranzo in quel posto dove nessuno quasi mai andava se non per prendere eventuali palloni lanciato troppo lontano in mezzo alla vegetazione.

Si appoggiò al muro e attese osservando le nuvole in cielo. Scorrevano veloci sospinte dal vento, da quello stesso soffiare che faceva ondeggiare la gonna della divisa. Il vento che ferma il suo respirare continuo e le nuvole che s’immobilizzano come ghiacciate non si vede tutti i giorni. Non si vede nemmeno tutti i giorni un uomo che cammina minaccioso apparso dal nulla. Circondato da un alone di magia cupa, la più scura che esista. Ben presto Onpu capì che tutto ciò che era attorno a loro si era bloccato, come congelato.

L’uomo che si avvicinava così tanto da poterla toccare dove non deve, da schiaffeggiarla. La spingeva schiena al muro immobilizzandola mente con la mano libera metteva in mostra ai propri occhi ciò che la madre le aveva sempre detto a Onpu di celare agli sguardi. Le mani gelide dell’uomo. L’inizio dell’orrore. Le grida che nessuno può sentire. La fine dopo tantissime lacrime. La minaccia di morte. Le nuvole che riprendevano a muoversi nel cielo e l’uomo che spariva soddisfatto portandosi dietro l’innocenza di una ragazza colpevole solo della sua fama.

Gli anni passavano e anche gli uomini della primavera. Non c’era settimana che la lasciassero in pace, le dicevano sempre che la sua era una condanna e che non poteva rifiutarsi altrimenti le conseguenze sarebbero state tremende. Di lì a poco la decisione di troncare completamente i rapporti con tutte le persone che conosceva. Doremi e le altre comprese. Non le rivide più, tranne una volta.

Ci fu Ruji, in quel mese le sembrò di vivere per due volte.

Anni più tardi nel regno delle streghe c’era stata una rivolta propagatasi fin sulla terra e Doremi ed Aiko furono in grave pericolo. La regina decise di formare un gruppo speciale di streghe, in grado di vigilare il loro regno e la Terra per mantenere la pace. Doremi e Aiko vollero prendervi parte dopo essere diventate poliziotte sulla Terra. Onpu partecipò alla cerimonia al cospetto della regina. Una volta terminata Doremi intravide tra la folla il viso dell’amica e corse verso di lei ma ancora prima che potesse avvicinarsi Onpu era già sparita con le lacrime agli occhi. Avrebbe tanto voluto riabbracciarla, spiegare tutto, chiedere aiuto, ma era impossibile. Poi l’avrebbero uccisa o stuprata.

L’unica volta che Onpu provò a rifiutarsi uno della sette la ferì a morte lesionandole gravemente un braccio e il seno destro, di certo una cosa del genere non sarebbe passata inosservata alla stampa scandalistica così riuscì a convincere i paparazzi che si trattava di un incedente durante le riprese di una scena pericolosa.

La stampa non aveva fatto altro che perseguitarla a causa del suo nuovo carattere chiuso, nessuno poteva immaginare che stesse facendo tutto per salvare altre vite. La perseguitavano durante i viaggi di lavoro, gli spostamenti, gli stage e la assillarono quando registrò il suo primo disco rock metal. Era stanca, esasperata da anni ed anni di dolori e lacrime conobbe un giorno un gruppo metal che cenava in uno dei ristoranti delle città dopo un concerto. Onpu era già famosa a livello mondiale quanto loro e la invitarono al loro tavolo, si appassionò alla loro musica e trovò in essa un punto di sfogo, poteva gridare, muoversi, comporre liberamente, vestirsi come voleva. Perse molti fan ma almeno si sentiva più leggera.

Poi arrivò Akazuki, infiltrato, e per la prima volta Onpu fece l’amore con qualcuno. Per la prima volta provò piacere. Per la prima volta sorrise. Non pianse e si addormentò beatamente tra le braccia dell’unico ragazzo che l’aveva trattata bene. Al suo risveglio Akazuki era ancora li, dormiva accanto a lei. Fece in modo di andare da Onpu il più possibile e senza destare sospetti, una volta le aveva sussurrato all’orecchio che aveva deciso di salvarla dai dolori.

Onpu era felice di fare l’amore con lui.

La notte degli Asian Award, lo stupro non organizzato dai vertici della primavera, uno dei due che esagera, le regole infrante e il tentativo di porre rimedio accoltellandola. Ricordava perfettamente il dolore provato quando il coltello penetrò nel fianco e scavava nella sua carne, il sangue caldo sulla pelle, le lacrime e il ghigno dei due uomini.

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Onpu percepì un forte vento e una luce puntata sulla sua pelle nuda. Tornò in se e vide un grande elicottero nero con degli uomini pronti a far fuoco. Si chiese come avrebbe reagito il proprio corpo.

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«Qualcuno illustri la situazione!» Disse Momoko. La casa di Doremi era stata presa d’assalto dalle amiche. C’erano tutte tranne Onpu.

«C’è una setta che vuole distruggere il mondo e Onpu ne è inconsciamente uno dei pilastri.» Rispose Aiko mentre si massaggiava la mano fasciata. «Dobbiamo aiutare la polizia magica, Onpu è nostra amica, dobbiamo accettare il rischio e cercare di farla rinsavire. Non ci sono altre possibilità!»

«E’ troppo rischioso e noi non siamo adatte a questo compito.» Disse Doremi mentre sorseggiava la sua tazza di the fumante.

«Io, sono d’accordo con Doremi ma Onpu è pur sempre una nostra amica, mi sentirei in colpa a non fare almeno una minima parte.» Aggiunse Hadzuki. Trillò il telefonino di Poppu.

«Vorrei ricordarvi cosa è successo a me e ad Aiko quando abbiamo cercato di fare la nostra parte.» Rispose prontamente Doremi, voleva descrivere ciò che le era capitato ma le parole si fermarono in gola come un fastidioso singhiozzo. Abbassò la testa e si diresse alla finestra per guardare fuori.

«Presto, accendete la televisione!» Disse Poppu dopo aver risposto al cellulare.

Doremi attraversò il salotto con la vestaglia rosa che sventolava come un mantello. Accese la televisione e aumentò il volume.

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«…ci troviamo sotto la nuova torre di Tokyo dove la polizia sta effettuando un arresto ad alto rischio. Si tratta dell’arresto di Onpu Segawa, l’idol accusata della strage all’ospedale di Tokyo. Come si può vedere l’area sottostante alla torre è bloccata dalle forze dell’ordine e…» La giornalista fu interrotta da un elicottero che cadeva esplodendo con un grande boato su delle auto parcheggiate ai piedi della torre. Si scatenò il fuggi fuggi e la telecamera inquadrò la cima della torre dove si poteva ben vedere la sagoma di Onpu con in mano un pezzo dell’elica del velivolo. Si gettò dalla torre e la telecamera ne seguì la caduta.

Quando arrivò a terra si vide un fiotto di sangue e la giornalista che spariva dall’inquadratura. Il viso insanguinato ed impassibile di Onpu apparve nel teleschermo, fece un movimento veloce e l’immagine mutò in un fastidioso effetto nebbia. La rete mandò in onda la pubblicità.

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«La situazione è più grave del previsto.» Disse Poppu bianca in viso. «Come possiamo aiutarla? Se proviamo ad avvicinarci facciamo la fine di quei giornalisti.»

«Eppure dobbiamo farcela. Quando mi ha ferita riusciva a parlare e mi avvertiva di cosa stesse per fare, sembrava che riuscisse a controllare almeno in parte il suo corpo, forse è grazie a lei se il bisturi ha colpito la mano invece del … collo.»

«E’ molto pericoloso.» Sbottò Doremi spegnendo la televisione. Dobbiamo lasciar fare alla polizia magica, ed io ed Aiko non ci possiamo intromettere perché ci hanno tolto l’incarico.»

«Ma si tratta di Onpu, abbiamo passato l’infanzia con lei e non possiamo starcene qui senza far niente mentre uccide innocenti.» Momoko si alzò in piedi rossa in faccia.

«Vuoi morire tu al loro posto?» Gridò Doremi ed a tutte si gelò il sangue nelle vene. «Non voglio perdere altre amiche! Non fare la bambina capricciosa, non hai idea di cosa accade a chi s’intromette!»

Momoko non riuscì a ribattere e si sedette sprofondando nella poltrona.

«Oggi è il 19 marzo, festa del papà.» Esordì Hazuki controllando se le lenti degli occhiali fossero pulite. «Sta nevicando.»

Tutte si precipitarono alla finestra per costatare ciò che aveva appena detto Hazuki. Dal cielo grigio scendevano lenti migliaia di piccoli fiocchi di neve che lentamente si depositavano sulla strada e sulle auto. La strada vene invasa da decine di persone incuriosite dall’insolito avvenimento mentre i bambini correvano felici da una parte all’altra.

«Inutile dire che è tutto molto strano.» Disse Aiko allontanandosi dalla finestra. «E non avete notato che il 21 inizia la primavera e la setta ha proprio lo stesso nome?»

«Già, per questo vi ho fatto venire appena ho collegato le due cose.» Cominciò Doremi. «Non credo sia tutto un caso, Onpu veniva violentata da questa setta magica fin da quando era ragazza e mi sembra strano che venga posseduta proprio adesso, dopo così tanti anni, proprio vicino a questa data. E poi c’è un’altra cosa.» Doremi si scoprì l’inguine mostrando il segno che le venne tatuato sul corpo poco prima di essere violentata. Era visibile.

Poppu sospirò spaventata mentre Doremi mostrava quello strano segno.

«Ricordate? La primavera mi ha violentato e volente o nolente ora ne faccio parte anch’io. Di sicuro tutto ciò avrà ripercussioni anche su di me. Se divento come Onpu, non importa come farete, mi dovete fermare a tutti i costi.»

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«Non riesci a dormire?» Kotake stava scendendo le scale. Durante la notte la lieve nevicata era diventata una vera e propria tempesta di neve e la città era completamente imbiancata. Le compagne avevano deciso che finché non sarebbe finito tutto avrebbero dormito da Doremi. Aiko non era riuscita a chiudere occhio e gironzolava per il soggiorno dove le altre dormivano su divani e poltrone.

«A quanto pare nemmeno tu riesci a dormire. Doremi?» Sorrise Aiko.

«Russa come un treno e si dimena come un cavallo.»

Aiko sorrise di nuovo mentre seguiva Kotake in cucina. Lui accese la caffettiera elettrica. Lei si sedette al tavolo e dopo non molto tempo Kotake la raggiunse con due tazze fumanti di caffè.

«Ti ricordi quando sei arrivata per la prima volta nella nostra classe?» Cominciò Kotake riesumando i vecchi ricordi della scuola elementare frequentata a Misora.

«Indimenticabili: ricordo perfettamente ogni minimo particolare e quando ci penso rido ancora della maestra Seki che ci lanciava il gesso quando non la ascoltavamo.»

«Già, bei ricordi.» Kotake finì il suo caffè caldo in un unico sorso. «Ti prego: salva Doremi.»

Lo sguardo di Aiko cadde sulla propria mano ancora fasciata. In quello stato non poteva fare proprio niente, anche compiere delle magie più semplici era rischioso. Il cristallo vicino al corpo serve per risvegliare la magia, poiché la magia viaggia dal cuore ed usa gli arti superiori per diffondersi fuori dal corpo. La bacchetta e lo scettro sono solo dei catalizzatori con lo scopo di stabilizzare la potenza magica durante l’apprendista o per avere più portata.

«Per adesso Doremi è con te: non può essere più al sicuro di così.»

«Ma io non ho alcun potere magico, non ho alcun talento speciale, affido la sua vita nelle vostre mani.»

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Un vaso rotolò a terra infrangendosi al tocco con il pavimento. Lo udirono dal piano terra. La figura di Doremi apparve sulle scale e si fermò sul primo gradino guardandosi intorno.

«Parli del diavolo…»

«Resta seduto! Non ti muovere e parla sottovoce.» Disse Aiko mentre Kotake si rialzava per andare da Doremi.

«Ma che cosa succede?»

«Doremi non si alza mai di notte: inizia ad avere paura.»

Doremi avanzò silenziosa tra le amiche addormentate sul divano. Aiko fece cenno a Kotake di stare zitto e fermo. Entrò in cucina e si fermò sull’uscio. Aveva il respiro affannto, come se fosse una macchina a vapore, si guardò intorno ed avanzò verso il tavolo. Lo aggirò e si avvicinò ad Aiko. Il suo respiro era pesante e gli occhi parevano vuoti come quelli di un cieco. Allungò la mano verso il collo e lo tasto, la ritrasse ed avanzò verso Kotake che stava sudando. Doremi allungò la mano verso il suo collo e cominciò a stringere sempre di più mentre il marito gemeva e cercava di trattenere le grida.

La presa di Doremi si staccò dal collo mentre del sangue cominciò a colarle dal naso macchiando il pigiama con le note musicali. Si voltò e lentamente si diresse di nuovo verso il soggiorno nel quale le altre stavano dormendo. Sostò anche lì ma non allungò le mani, mosse semplicemente la testa disordinatamente, come fanno gli uccelli quando osservano qualcosa di nuovo. Alcune gocce di sangue caddero sul pavimento. Doremi uscì dalla casa lasciando la porta aperta dalla quale entravano dei fiocchi di neve.

«Kotake non uscire da casa per alcun motivo.» Disse Aiko alzandosi in fretta dalla sedia e gettandosi sopra le amiche per svegliarle. «Anche Doremi è stata posseduta! Svegliatevi dobbiamo inseguirla, lei ci porterà sicuramente dalla primavera!»

Anche se con qualche difficoltà tutte si misero in piedi e passarono dal caldo della casa al freddo della nevicata esterna. Poi si pietrificarono.

La neve cadeva di nuovo lenta sulla strada già innevata e sulle persone. Davanti alla casa di Doremi c’erano oltre alla padrona di case altre donne nude. Doremi si denudò e insieme alle altre persone prese il volo verso il centro della città e lontano dalla vista delle amiche.

«Dannazione.» Disse Aiko facendo apparire la scopa.«Inseguiamole.»

Inseguirono Doremi per l’intera città. Faceva freddo e le mani e la faccia si congelavano, era come se bruciassero, se si stessero per rompere in due. A Poppu e Momoko più di una volta si congelarono le palpebre e dovendosi fermare.

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Doremi decise di partecipare alla stessa audizione di Onpu. I registi stavano cercando il co-protagonista per una fiction tv. Incredibilmente Doremi era riuscita ad arrivare in finale e grazie alla magia si era travestita per interpretare un noto personaggio della letteratura giapponese. Non era andata male voleva vedere se Onpu riuscisse a fare di meglio, se davvero era così brava anche nella recitazione oltre che nel canto.

Contro tutte le aspettative Onpu si presentò sul palco nelle vesti di apprendista strega. Mossa rischiosissima. Si presentò e fece una magia contro la giuria costringendoli a votare lei come vincitrice alla fine delle audizioni. Naturalmente Onpu ebbe la parte.

Doremi sorrise nel profondo del suo cuore ricordando quell’episodio. Onpu aveva imbrogliato, anche se sapeva che l’avrebbero scelta di sicuro. O forse no, forse Onpu si sentiva insicura, c’era una possibilità che Doremi potesse essere scelta e che diventasse una nuova idol. Non lo seppe mai.

Doremi ora sapeva che si provava a essere come Onpu. Non riusciva a muoversi, gli unici movimenti che poteva fare era aprire e chiudere gli occhi. Il suo corpo si era destato durante la notte ed era avanzato lentamente per stringere le mani intorno al collo di Kotake.

La sua forza di volontà aveva fatto si che mollasse la presa. Aveva lottato come poteva. Era tremendo non riuscire a muovere i propri arti e allo stesso tempo sentire le proprie dita che affondano nel collo della persona amata. Aveva gridato interiormente. Il suo cuore batteva così forte che sembrava che stesse per esplodere. Il sangue colò dal naso e poi mollò la presa. Dovette lottare anche affinché il proprio corpo non mettesse le mani addosso a tutte le altre. Poi era uscita dalla casa e aveva iniziato a volare.

Non sentiva freddo nonostante stesse nevicando. Chiuse gli occhi e si arrese al proprio corpo, sentiva che la stavano seguendo, ora era nelle mani di Aiko e delle altre.

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Quando furono vicino alla nuova torre di Tokyo videro che, oltre a Doremi, si dirigevano in quella direzione decine e decine di altre donne nude. Chi a piedi e chi in volo andavano tutte ai piedi la torre.

Aiko udì un sibilo ed accanto a lei vide una strega ed un mago a bordo della scopa che intimavano loro di dirigersi verso dei gazebo bianchi lontani dalla torre. Scesero nel punto loro indicato e non appena Aiko mise i piedi a terra gli si parò davanti un furgone nero con scritto sul fianco Polizia. Le due persone che le avevano affiancate le condussero sotto i gazebo dove decine e di persone correvano da una parte all’altra. Incrociarono una persona dall’aria arrabbiata che imprecò contro Aiko.

«Che cazzo avevi intenzione di fare Senoo?» Era il suo capo della polizia istituita dalla regina delle streghe. «Quale parte della frase “L’incarico non è più tuo!” non ti è arrivata fino al cervello?»

Aiko sorrise: «Il punto esclamativo, credevo fosse una domanda.» Poppu rise ma uno sguardo della donna le fece raggelare il sangue. Era più giovane di Aiko, si vedeva benissimo ma sembrava la persona più autoritaria del mondo, una di quelle persone che è in grado di farti compiere qualunque cosa con appena uno sguardo.

«Ti ho detto: Riposati, da adesso ci pensiamo noi…»

«Ed io le ripeto che si tratta di una mia amica, anzi, ora sono due le amiche coinvolte.»

«Non mi interrompere!» La donna gridò così tanto che tutti interruppero ciò che stessero facendo impauriti. Era evidentemente una donna che faceva paura. «Si tratta di una donna che non ha esitato a tagliarti la mano e non credo che una prossima volta ti andrà tanto bene. Inoltre nonostante le molte informazioni di cui disponiamo, ti ho sempre detto che è molto pericoloso agire come fai tu.»

«Agire in che modo? Salvando le persone alle quali voglio bene e cercare di arrivare direttamente alla testa di tutto ciò invece di girarci attorno come fa lei.» Questa volta fu Aiko a gridare.

«Non ti permetto di alzare la voce in questo modo contro un tuo superiore, non stiamo giocando.» La donna puntò il dito contro il viso di Aiko e questa dovette indietreggiare. Poi anche lei alzò la voce. «Si tratta di vite umane. Non possiamo permetterci errori, non possiamo agire senza una strategia, non possiamo agire d’impulso come fai sempre tu.»

Aiko fece per parlare la donna la interruppe avvicinando ancora di più il dito al suo viso: «Avvicinandoti ancora saresti morta. Onpu uccide qualunque cosa si avvicini a meno di 150 metri dalla torre, ci ho già rimesso due streghe, cazzo! Due streghe, te ne rendi contro?»

«Non m’importa, sono sopravvissuta una volta, so cosa mi attende.»

«Non hai capito a dove voglio arrivare: sei sospesa fino a nuovo ordine, consegna il distintivo.»

«Me l’avete già requisito quando sono stata ferita in ospedale.»

«Allora che cazzo ci sei venuta a fare qui?»

«Comandate!» Un’altra donna urlò.

Tutti si voltarono e una ragazza dai lunghi capelli biondi come il sole avanzava a passo spedito. Tutti si inchinavo al suo passaggio ed anche Aiko, Momoko, Poppu e Hadzuki fecero lo stesso in contemporanea con il comandante.

«Maestà» Disse il comandante quando la regina Hanna le fu davanti.

«Grida un po’ più forte la prossima volta: forse in Europa non ti hanno sentito.» Poppu sorrise di nuovo ed alzando lo sguardo incrociò quello di Hanna che la fissava. Si voltò verso Aiko: «Venite con me.»

Si alzarono e seguirono Hanna. Al suo passaggio tutti s’inchinavano in segno di rispetto alla sovrana del regno delle streghe. Aiko sapeva che Hanna aveva cercato di eliminare quell’usanza ma ben presto capì che era l’unico modo per essere ascoltata dalle streghe molto più grandi di lei.

Hanna le condusse all’interno di una tenda circondata da maghi, poliziotti e streghe. Aiko sorrise. Era incredibile come si era incrementata in modo esponenziale la nascita di maghi e di come sulla Terra si registrarono aumenti di apprendisti maghi ed una così vertiginosa diminuzione delle apprendiste streghe. Forse era un bene.

«Appena ha cominciato a nevicare ho mobilitato tutti e siamo venuti.» Esordì Hanna. «La situazione è questa: C’è come un campo di forza attorno alla torre. Chiunque ci entri dentro e non fa parte della primavera viene attaccato immediatamente da Onpu e l’attacco non si ferma finché lei non ti uccide. Sotto la torre si stanno radunando decine e decine di donne nude, supponiamo siano le floreali. Attendiamo che si faccia vivo il capo della setta, poi attaccheremo.»

«Eh?» Poppu non sapeva niente.

«Lascia stare: noi dobbiamo solo salvare Doremi e Onpu.» Spiegò Aiko.

«No! Tu lascia stare.» Intervenne Hanna. «Ora che conoscete la situazione andatevene a casa, e subito!»

«Ma Hanna.» Protestò Aiko. «Noi vogliamo solo aiutare.»

«Ed io voglio aiutare voi, quindi dovete andare via e lasciar fare a noi, io non voglio che vi capiti qualcosa di male, rischio … di perdere Doremi e Onpu e non vorrei piangere su altre tombe.»

«Perché dici così?» Chiese Momoko.

«Io le do per morte! Il nostro informatore ci ha riferito che una volta che vengono impossessate in questo modo appena non servono più vengono uccise.» Hanna abbassò la testa. «Vi prego, andate via. Ve lo chiedo come regina, come amica e come … figlia.»

Momoko trascinò via le altre e si allontanarono a testa bassa dalla zona presidiata dalla polizia. Lì vicino c’era un piccolo parco ed Aiko si gettò sull’erba in lacrime e prendendo a pugni il terreno per la rabbia.

«Sei una stupida Hanna.» Gridò Aiko e poi riversò tutte le sue lacrime alla terra.

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“Ehi” una voce si fece largo nelle loro menti. “Sono Akazuki, parlatemi nel pensiero e non verremo scoperti dalla primavera, se volete aiutare Doremi ed Onpu dovete spogliarvi completamente. Nascondete tutto e raggiungetemi, non abbiamo molto tempo.”

Aiko fu la prima a denudarsi.

Commentate vi prego!!!!

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Capitolo 9
*** Il treno ***


Finalmente siamo alla fine della storia. Ringrazio tutti coloro che l’hanno letta fin dall’inizio ed invito tutti a commentare questo capito anche perché ci ho messo tutto me stesso e non c’è niente di più bello di un commento finale anche se brutto.

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Grazie!

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“Se lì da qualche parte c’è un dio ti prego ascoltami! So di non essere una buona persona ma sono disperata e ti cerco purtroppo solo quando non ho altre vie di fuga se non la speranza. Ti prego, salva la mia vita affinché il mio bambino possa crescere sano e forte, poi sei libero di fare di me ciò che vorrai. Salva la vita alle persone che ho più care, alle persone che amo, a tutti quelli che conosco. Ti prego!”

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La polizia magica era schierata. Pronti ad entrare in azione c’erano decine e decine di agenti che ad un ordine del proprio comandante avrebbero fatto irruzione nel campo di forza, immobilizzato Onpu ed arrestato tutti coloro che si muovessero. Sembrava facile a parole.

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Aggirarono il campo di forza imposto dalla primavera e si fecero trovare nel punto indicato loro da Akazuki. Lui le attendeva nascosto dietro un cassonetto. Quando le vide arrivare si rimise in piedi e corse loro incontro. Era completamente nudo anche lui ma non se ne vergognava, proprio come Aiko. Momoko, Pop e Hadzuki, invece, cercavano in tutti i modi di coprirsi il più possibile con le mani.

“Mi dispiace dirvelo” Pensò Akazuki. “Se vi coprite in questo modo sospetteranno qualcosa: dovete cercare di essere le più naturali possibile.”

Non ebbero altra scelta che spostare le mani e mostrarsi in tutta la loro nudità. Akazuki non le degnò nemmeno di uno sguardo e si voltò verso Aiko indicando un punto sotto la torre.

“Lì sotto si concentreranno tutti i membri della primavera e s’inginocchieranno, poi non so che cosa accadrà; le floreali, invece, come puoi ben vedere si stanno già disponendo a cerchio attorno alla torre e da quanto ne so, dovrebbero dare la loro vita all’albero che sta sopra la torre, sulla punta, insieme alla principessa, Onpu.”

“E quale sarebbe il nostro compito?” Chiese Aiko.

“Voi v’infiltrerete e vi schiererete con le floreali ai piedi della torre.” Spiegò Akazuki mentre il sole si affacciava sulla città con i suoi tiepidi raggi di sole. “Io invece mi mischierò agli altri membri sotto la torre ed attenderemo.”

“Che cosa?”

“Qualsiasi cosa: più precisamente, l’intervento della polizia. Conosco il generale Maya da troppo tempo, non permetterà che si sparga anche una sola goccia di sangue. Appena vedrà che le floreali sono in pericolo di vita sarà la prima a varcare il campo magico e ad affrontare Onpu.

“Tutto ciò che dobbiamo fare consiste nell’immobilizzare Onpu e Doremi e portare il più lontano possibile. Poi si vedrà il da farsi.” Aggiunse Aiko sedendosi sull’erba ghiacciata. “Sedetevi ora, sono sicura che ci sarà da stare in piedi per molto tempo.”

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Quando notarono che le floreali erano quasi tutte disposte era già mezzogiorno. Avevano passato tutta la mattina a girare intorno alla torre come zombie, solo poche si erano fermate, ma poi si erano date un ordine e si stavano disponendo in un grande cerchio. Aiko, Momoko, Poppu e Hazuki seguirono Akazuki verso il grande cerchio senza attirare troppo l’attenzione. Lui continuò fin sotto la torre a passo spedito, loro, invece, si fermarono nel cerchio e si disposero come le altre facendosi spazio e creando non poco disordine. Nessuno sembrava essersene accorto.

Le ore passavano e riprese a nevicare debolmente. I fiocchi bianchi si posavano sulla pelle nuda delle floreali e ben presto Poppu cominciò a sentire freddo, però non poteva muoversi, era immobile già da qualche ora come tutte le altre floreali con le braccia lungo i fianchi e le gambe leggermente divaricate. Le gambe si addormentarono e il formicolio cominciò ad essere una tortura. Volse leggermente lo sguardo a Momoko, sembrava che anche lei fosse nella sua stessa situazione.

Guardò oltre la torre. Era così alta che da sotto si poteva vedere che cosa capitava da una parte all’altra. Vide un grande movimento di lampeggianti, uomini, scope a mezz’aria, streghe, vigili del fuoco, giornalisti e curiosi.

Poppu aveva rimpicciolito con la magia il proprio cristallo magico e dato che era completamente nuda lo teneva in bocca. Aiko e Momoko e Hazuki lo tenevano stretto nel pugno chiuso.

Capitò tutto in pochi secondi. Ci fu un lunghissimo e straziante grido maschile che la fece rabbrividire Davanti ad ogni floreale comparve un lungo pugnale. Notò con orrore che tutte le floreali lo prendevano tra le mani e lo puntavano al proprio corpo.

Non apparve davanti a Momoko, Poppu, Aiko e Hazuki. Si guardarono spaventate, in pochi secondi sarebbero state scoperte. Le floreali impugnarono l’arma e si accoltellavano lentamente facendosi spazio nel ventre. Senza un grido, senza un gemito, senza una smorfia.

Si udirono degli spari e delle grida. I membri della primavera si alzarono e contrattaccarono alla carica della polizia. In testa c’era il generale Maya in tenuta antisommossa e lo scettro illuminato. Onpu si lanciò dalla torre verso Maya e dopo lo scontro vennero entrambe scaraventate lontano da una fiammata blu. Maya nello rialzarsi gettò lontano il casco e corse verso Onpu gridando ordini agli altri che come lei avevano fatto irruzione.

«Io penso a creare ancora più confusione, voi pensare ad Onpu e Doremi.» Gridò Akazuki e corse all’interno del grande tumulto generato dagli scontri tra la polizia e i membri della primavera.

«Io penso a Doremi.» Poppu si sputò sulla mano il proprio cristallo rosa e corse via seguita da Hazuki. Aiko e Momoko si guardarono per un attimo e poi corsero alla ricerca di Onpu.

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Doremi vagava nella propria mente. Cercava un modo per potersi liberare di quella magia che le controllava il corpo intero.

Si udì un grido. Appari il pugnale davanti al proprio viso e impassibile il suo corpo lo prese e lo punto al ventre.

“NO”

Il figlio. Doremi portava in grembo il suo unico figlio e lo stava per perdere da un momento all’altro. Vide che tutte le floreali si accoltellavano nel ventre. Anche il corpo di Doremi fece lo stesso.

«NON LO PERMETTERO’!» L’urlo di Doremi era straziante. Da quando lei e Kotake si erano sposati avevano desiderato con tutto il cuore un bambino. Un figlio da crescere, da coccolare, da accarezzare, nutrire, lavare, guardare mentre dorme. Tutto stava per finire ancora prima di iniziare. Avrebbe tanto desiderato insegnare al figlio a suonare il pianoforte come la madre aveva fatto con lei, Kotake gli avrebbe insegnato a giocare a calcio e ad usare il computer. Lo avrebbero accompagnato al parco, al suo primo giorno di scuola, alle visite mediche, avrebbero scelto solo il meglio per lui senza badare ai soldi.

Il sangue che le colava dal naso bagnò i piedi infreddoliti di Doremi. Pianse.

Il pugnale si era fermato sulla pelle, non era penetrato nella carne. Poi capi. Era riuscita a fermare lei stessa la lama e stava riuscendo a liberarsi di quel potere che la controllava.

Eppure non era ancora finita. Sentiva che il suo corpo stava ancora cercando di pugnalarsi. Il suo sguardo cadde sulle altre floreali. Erano un bagno di sangue. Immobili con il viso volto alla testa della torre. Un sottile raggio dorato partiva da ognuna di loro e si dirigeva alla punta. Dal corpo di Doremi non partiva nessun raggio.

«Tu, brutta puttana.» L’uomo che era riuscito a scappare durante l’attacco all’ospedale appoggiò le proprie mani su quelle di Doremi con l’intento di accoltellarla lui stesso. «Se non lo farai tu, lo farò io, il tuo sangue completerà il rituale.»

Doremi stava lottando contro due persone contemporaneamente. Il membro della primavera e il suo stesso corpo. Non poteva vincere.

«Lascia andare mia sorella.» Poppu stava correndo verso Doremi con il cristallo in mano. L’uomo non si fece intimidire e dopo un rapido movimento della mano Poppu e Hazuki vennero scaraventate lontano.

Avvicinò il proprio viso sghignazzante a quello di Doremi e con tutta la forza che aveva in corpo la colpì con la lama del pugnale.

Il sangue che bagnò i piedi di Doremi ora non provenivano dal naso ma dalla propria pancia. Urlò per il dolore e perse i sensi cadendo sulla neve.

«Perché non succede niente?» Gridò l’uomo. Si ripulì con la neve dal sangue di Doremi. Poi fu raggiunto alla testa da un proiettile.

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Onpu prese di nuovo possesso del suo corpo. Sulla torre di Tokyo spirava un fortissimo vento e per non cadere di sotto camminava carponi. Si appoggiò con la schiena alla torre tremante per il gran freddo e la neve che le gelava le ossa. Era completamente nuda e non vedeva l’ora di morire. Almeno sarebbero finite le sofferenze.

Già, le sofferenze. Era stufa di essere la vittima preferita. Osservò la neve che lentamente cadeva sulla torre e quella che andava oltre, verso la strada, lentamente come una foglia. Foglie lente, foglie di luce, le foglie che aveva fatto vedere a Ruji. Le aveva confessato di essere una strega. Si era innamorata di lui e da quel momento in poi senza di lui si sentiva vuota.

Forse era meglio così. Meglio che fosse morto piuttosto che sapere cosa le facevano ogni giorno della sua vita fin dall’età di 13 anni. Non avrebbe mai sopportato di poterle dire bugie.

La torre era così alta. Si trascinò fino all’orlo e guardò i fiocchi di neve che cadevano lenti. Anche lei sarebbe potuta cadere lentamente. Da quell’altezza sarebbero passati molti secondi prima di arrivare a terra. Osservò un fiocco e lo prese in mano. Così fresco e così delicato, come un essere umano. Si rilasso e si lasciò cadere.

«Non credevo che tu potessi essere così debole!» Fu come se fosse stata la voce a prenderle la caviglia e a riportarla nella piattaforma sulla punta della torre. «Mi deludi.»

Onpu restò sdraiata sulla neve che si era depositata. Non ebbe la forza di alzare nemmeno il viso, le sarebbe piaciuto scivolare giù verso la terra e sfracellarsi al suolo.

«Lasciami in pace! Morire ora o fra pochi minuti per me non ha alcuna differenza.»

«Non puoi ancora morire: servi alla primavera.»

Solo allora Onpu alzò la testa e vide un uomo intento a potare i rametti di un bonsai. Onpu lo osservò bene e notò che era un uomo sui trent’anni. Era nudo ed aveva lunghi capelli che gli ricadevano sul petto e sulla schiena, barba incolta e gli occhi erano chiari e profondi.

«Fammi indovinare: tu sei l’albero.»

«Esatto.» Sorrise l’uomo mentre osservava i sottili rametti. «Sei una delle poche persone che mi abbia mai visto.»

«Quindi tu sei quel mago fuori di testa che vuole a tutti i costi la fine del mondo?» Onpu riabbassò la testa appoggiandola sulla soffice e fredda neve. L’era venuta ancora più voglia di gettarsi dalla torre, strisciò lentamente verso il bordo e guardò giù. Era una visione molto allettante.

«Non lo fare: mi servi per far rivivere la primavera. Fra non molto le floreali ti daranno la loro vita e tutta l’energia accumulata la rilascerai dopo che ti avrò ucciso. Avrai dentro di te un potere così immenso da distruggere praticamente l’intero pianeta ed ogni creatura umana esistente in questo mondo. Così la natura regnerà sovrana.»

«In questo modo morirai anche tu.» Disse Onpu acchiappando con la mano un fiocco di neve.

«E’ il prezzo da pagare, non voglio che il pianeta muoia, l’uomo è una piaga incontrastabile per questo mondo, io voglio che il pianeta viva senza umani così vivrà in eterno nella perfezione della natura.»

«Tu sei tutto pazzo.» Onpu si gettò di nuovo dalla torre e per un momento le parve di volare leggera come il fiocco di neve che aveva acchiappato, poi tornò sulla piattaforma e fu immobilizzata.

«Ti prego: lasciami morire in pace. Trovati un’altra principessa!»

«Non a caso eri la più utilizzata, sei la persona più adatta allo scopo.»

Onpu osservò di nuovo oltre la piattaforma. Il vuoto era così bello, voleva smettere di soffrire per sempre, porre fine a quella pagliacciata della primavera.

«Resta lì: è arrivata l’ora.»

L’albero si alzò in piedi e si avvicinò al bordo. Osservò di sotto e lanciò un lunghissimo urlo con tutto il fiato che aveva in corpo. Lei percepì che da quel momento in poi non avrebbe più potuto controllare il suo corpo. Si mise in piedi guardinga ed osservò le floreali disposte a cerchio attorno alla grande costruzione rossa. Notò un grande movimento da parte della polizia. Poi la carica. Il corpo si gettò dalla punta della torre verso colei che era a capo della carica di polizia. Ci fu lo scontro ed una grande fiammata blu scaraventò Onpu contro una delle gambe della torre. L’urto fu violentissimo e un rigagnolo di sangue fece capolino dalla bocca.

Il generale Maya si rialzò e gettò lontano il casco con lo stemma della polizia. Impugnò uno scettro e corse contro Onpu urlando ai propri uomini vari comandi. Il corpo di Onpu si rialzò e volò verso quello di Maya. La magia del generale della polizia era potentissima ed Onpu fu scaraventata prima verso l’alto e poi a terra dove lasciò una piccola chiazza di sangue fuoriuscito dalla bocca.

Onpu provava dolore. Sentì il dolore dell’urto contro la torre, dei colpi del generale Maya e della caduta. Eppure non riusciva a ribellarsi. Decide di attendere che Maya si decidesse ad eliminarla.

Ci fu un bagliore gallo e successivamente uno celeste. Davanti a lei c’erano due donne nude. Onpu riconobbe la siluette di Aiko e Momoko, poi chiuse gli occhi.

«Lasciala a noi, Maya» Urlò Aiko.

«Possibile che tu debba sempre fare di testa tua, Senoo? Allontanati immediatamente.»

«Sai benissimo che Onpu non agisce di propria volontà, lascia che ce ne occupiamo noi.»

«Mai, quella donna va presa in custodia e…» Onpu sfrecciò tra le due amiche ed andò a colpire Maya. Un fiotto di sangue la accompagnò a terra mentre lo scettro rotolava via e diventava lentamente grigio.

Onpu era inginocchiata accanto al corpo senza vita di Maya. Aiko si avvicinò e non poté fare altro che constatarne la morte. Il cranio era completamente sfondato e si intravedeva nel sangue la materia grigia. Onpu aveva la mano insanguinata ed osservava la bocca aperta della povera donna.

«Onpu … sono io: Aiko. La tua amica, ci conosciamo dai tempi del Maho, dai tempi di MajoRika. Sono felicissima di rivederti.»

Onpu piangeva dentro di se mentre il proprio corpo si rialzava minaccioso. Si osservò intorno, sembrava che non sapesse con chi cominciare. C’erano così tanti intrusi. Poi lo sguardo cadde su Aiko e Momoko.

«L’albero… la torre.» Riuscì a balbettare solo due parole e poi si scaraventò contro di Momoko.

Aiko capì al volo. L’albero si trovava sulla punta della torre e si stava godendo lo spettacolo da là sopra. Indisturbato e sorridente. Fece apparire la scopa e volò verso l’alto sicurissima che il corpo di Onpu non avesse permesso che si avvicinasse troppo al capo della setta. Infatti Onpu l’aveva preceduta sulla torre, sopra il tetto del piano panoramico.

Aiko si voltò e vide che Momoko le era accanto sulla propria scopa. Un po’ ammaccata ma tutta intera.

«Giusto in tempo: stava per tagliarmi la gola.»

«Ti rendi conto che sarebbe in grado di tenere testa a tutte e due?» Sussurrò Aiko senza mai perdere di vista il corpo di Onpu.

«Me ne sono accorta e poi io non sono tanto pratica con le magie difensive. Vorrei tanto evitare questo genere di scontri. Non so se riuscirei a colpire una mia amica.»

«Ora lo scopriremo.»

Onpu si scagliò contro Momoko ed Aiko che sfrecciarono via sulle scope inseguite dall’amica. Aiko fece un cenno a Momoko e questa volò lontano. Separarsi sembrava una buona strategia ma che cosa avrebbe fatto colei che sarebbe stava seguita?

Onpu passò così vicino a Momoko che questa udì solo un forse sibilo. Si voltò e vide che Onpu tornava indietro. Volò verso terra nel tentativo di seminarla o di confondersi tra la confusione generale delle cariche della polizia. Non ottenne alcun risultato. Onpu continuava a seguirla e si era avvicinata così tanto da poterle toccare la coda della scopa.

Diede un colpetto alla scopa e questa volò verso l’alto contro senso ai fiocchi di neve che le si depositavano sul viso e la pelle nuda. Onpu non si fece attendere e le si affiancò. Per un momento Momoko le osservò la faccia e la bocca e vide che grondavano sangue, erano sicuramente i risultati dello scontro con Maya. Sentì un lungo sibilo e poi una massa di capelli azzurri che colpiva Onpu con il manico della scopa e la scaraventava verso terra.

«L’unica cosa che possiamo fare è tramortirla e sperare che resti svenuta il più possibile.» Disse Aiko e poi volò via seguita da Onpu. Momoko invece volò verso la punta della torre ed atterrò sulla piattaforma della punta. La prima cosa che sentì fu il freddo della neve sui piedi nudi e poi la voce di un uomo: «Ben arrivata strega. Sei al cospetto dell’albero.»

Momoko poggiò la scopa sulla neve e fece apparire uno scettro giallo e lucente.

«Metti fine a questa pagliacciata e lascia andare tutte queste persone innocenti.»

L’uomo rise: «Le persone di cui parli sono ormai morte.»

Per Momoko fu un duro colpo immaginare Doremi distesa nel suo stesso sangue priva di vita. «Sei un bugiardo, non ci credo che hai inscenato questo spettacolino solo per togliere la vita a qualche povera ragazza.» Alcune lacrime caddero sulla neve. «Sei solo un pazzo.»

«Non appena Onpu tornerà qui sulla piattaforma riceverà le vite delle floreali ed allora la primavera sovrasterà città e strade. Le persone moriranno. Gli animali sopravvivranno e contribuiranno al cerchio della vita naturale.»

«E se non fossero morte tutte?»

«IMPOSSIBILE» Urlò l’albero e poi torno a parlare a voce normale. «Niente può interferire con tutto ciò, in questo momento a New York, Canberra, Sud Africa, Buenos Aires e Parigi sta succedendo tutto ciò che accade qui a Tokyo. Mancano solo le nostre vite e poi l’uomo sarà definitivamente sopraffatto.»

L’albero si spostò di lato lasciando che l’incantesimo di Momoko lo mancasse.

«Mi aspettavo qualcosa di più!» L’uomo fece qualche passo verso Momoko. Lei sentì che era in possesso di un grandissimo potere. «Uccidila!»

Accanto all’albero apparve Onpu. Passò qualche secondo e si scagliò contro l’amica colpendola alla spalla destra e facendole cadere di mano lo scettro che rotolò nel vuoto oltre la torre. Le urla di dolore lasciarono intendere che le ossa si erano rotte. Momoko si distese dolorante sulla neve. Udì i piedi scricchiolanti di Onpu e capì che le stava girando attorno.

«Ti ho ordinato di ucciderla: ubbidisci!»

«Mo…Momoko.» Onpu balbettò e poi mosse lentamente le mani verso la testa bionda dell’amica.

«ONPU!» Aiko si scagliò con la scopa contro l’amica e la fece cadere oltre la torre. «Momoko, come stai?»

«Mi ha rotto la spalla e il mio scettro è caduto di sotto.»

«Questo perché fai di testa tua, dovevi volare lontano.»

Onpu riapparve sulla torre impugnando lo scettro di Momoko. Scagliò un incantesimo ed Aiko tentò di proteggere l’amica con il proprio corpo ma entrambe vennero spinte oltre la torre. Aiko riuscì ad aggrapparsi al bordo e sospirò. Si guardò intorno e non vide Momoko. Un brivido le attraversò più volte la schiena: era caduta di sotto. Senza scettro e senza scopa.

«MOMOKO!» Aiko chiamo disperata il nome dell’amica senza ottenere alcuna risposta. Poi con le lacrime agli occhi si fece forza e risalì sulla torre. Vide Onpu e le corse incontro colpendola ripetutamente. «TU: BRUTTA TROIA, MOMOKO, HAI UCCISO MOMOKO, ERA TUA AMICA, RITORNA IN TE, SE TE NE FREGA QUALCOSA DI QUESTO MONDO, DI QUESTE PERSONE, TORNA IN TE, VENDICA TUTTE LE PERSONE CUI CUOI BENE, UCCIDI LA PRIMAVERA OPPURE SARÒ IO AD UCCIDERE TE!» Aiko colpiva Onpu con tutta la forza che aveva in corpo. Era odio, frustrazione, rabbia, tristezza. Dopo qualche colpo Onpu cadde sulla schiena e Aiko la colpì ancora più forte sul viso, sul petto, allo stomaco. Le mani di Aiko si sporcarono del sangue dell’amica, del sangue che sgorgava dalla ferita nella mano, e il suo viso diventò un bagno di lacrime e schizzi rossi.

Quando non riuscì più a tenere i pugni chiusi per il dolore, si rialzò ed afferrò lo scettro.

«E’ meravigliosa la forza e la rabbia che hai sprigionato. Se non fosse stata posseduta l’avresti di certo uccisa.»

Le parole dell’albero fecero arrabbiare ancora di più Aiko. Le tornò in mente la vecchia formula magica di quando era apprendista. La formula magica per una strega apprendista serviva per sprigionare la magia che altrimenti non sarebbe riuscita a controllare, serviva per controllare gli incatesimi. Per una strega già formata ed esperta significava sprigionare tutta la magia di cui disponeva, tutta in un unico incantesimo. In alcuni casi si arrivava alla morte.

«Pameruku…» L’urlo di Aiko era così forte che poteva essere udito fin da sotto la torre. «…raruku…»

«Voi streghe siete troppo divertenti.» L’albero sorrise e Onpu si rialzò in piedi.

«…laliloli…»

«Principessa, tagliale la testa e fai in modo che nessuno la possa ricomporre.»

«…poppun

Un potentissimo raggio azzurro e un’esplosione squarciarono l’aria devastando la punta della torre di Tokyo e investì l’albero e Onpu. I detriti caddero nel vuoto e la neve sciolta in acqua rese scivolosa la piattaforma. Non ci impiegò molto tempo a ritrasformarsi in ghiaccio.

Aiko crollò sulle ginocchia e lasciò andare lo scettro. Il suo cristallo appeso al collo si ingriggì e cadde in avanti sul ghiaccio a peso morto. Immobile. Non un gemito, non un fiato.

Quando il fumo si diradò apparve la figura dell’albero. Era inginocchiato e si premeva il braccio sanguinante mentre Onpu, che le aveva fatto da scudo era rimasta in piedi ma con il corpo cosparso di bruciature e ferite.

«Bastarda, questa strega era dura a morire.»

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Onpu piangeva. Quando vide Momoko cadere nel vuoto fu come se ci fosse stata lei al suo posto. Le parve di sentire l’aria gelida e poi l’incontro con l’asfalto innevato. Vide Aiko saltarle addosso con tutta la collera che aveva in corpo e colpirla. Sempre più forte. Sentiva il calore del proprio sangue sulla faccia, sentiva i pugni dell’amica affondare nella pelle. Poi Aiko si alzò e fece esplodere tutto liberando la magia che aveva in corpo tutta in una volta.

Dopo l’esplosione si ritrovò in piedi e quando il fumo si diradò vide il corpo immobile di Aiko.

“Aiko, non anche tu.”

Udì l’albero imprecare alle proprie spalle. Gli si affiancò e tirò un calcio ad Aiko.

«Falla a pezzi.» Il proprio corpo si mosse di nuovo da solo e s’inchinò per prendere tra le mani la testa di Aiko. Udì un sospiro e poi gli occhi di Aiko che lentamente si aprivano e chiudevano.

«Onpu.» La voce dell’amica era rotta dal dolore. «Perché non cerchi di ribellarti? Perché non cerchi di fare qualcosa contro quella ombra che t’imprigiona? Non buttare via la tua vita … combatti.»

Quell’ultima frase fu come se l’avesse pronunciata Ruji in quello stesso istante. Torno con un grande flash a quando aveva fatto quella promessa a Ruji. Lui gli aveva detto: “Promettimi che non butterai la tua vita al cesso come ho sempre fatto io, promettimi che almeno tu farai qualcosa di buono nella vita, aiuta qualcuno, renditi utile ma non fare la menefreghista, devi essere migliore di me, te ne prego.”

Poche lacrime caddero sulla testa bagnata di Aiko.

Onpu la mise seduta con la schiena appoggiata a ciò che restava della torre.

«Che stai facendo?» Gridò l’albero ma nel vedere Onpu che si voltava verso di lui con il volto insanguinato fece un passo indietro. «Ti ho dato un ordine

Onpu tremava. Non voleva continuare a far del male. Si disse che era arrivato il momento di portare a termine la promessa che aveva fatto a Ruji la notte in cui era morto. Il suo corpo tremò per tutto il tempo in cui Onpu cercò di riprenderne possesso. Perse altro sangue dal naso a causa della pressione alta, poi le gambe non la ressero e cadde a terra.

«Principessa, dobbiamo portare a termine il rituale.» L’albero guardò verso il cielo e si intravidero centinaia di sfere gialle fluttuanti nell’aria. «Le anime delle floreali attendono.»

Onpu guardò il cielo e tra la neve che continuava imperterrita a cadere leggere c’erano centinaia di sfere gialle. Era uno spettacolo tremendo. Ognuna di quelle sfere era una donna uccisa.

Si rimise in piedi ed osservò l’uomo. Lui non aveva ancora capito in che stato si trovasse Onpu. Era libera. Era di nuovo con il proprio corpo. La caduta ne era la prova; riprendendo possesso delle gambe non era riuscita a ritrovare subito l’equilibrio ma ora era di nuovo tutto come prima.

Il dolore dei colpi inferti da Maya, da Aiko e dall’esplosione cominciarono a farsi sentire. Doveva avere almeno cinque fratture e il sangue non smetteva di uscire dalle ferite.

Vomitò. Era vomito nero. Sangue e ombra. L’ombra che la controllava.

Ricominciò a piangere e le lacrime si mischiavano al sangue che non smetteva di uscire dal naso e dalla fronte. La vista si stava appannando ma riuscì a tenere l’equilibrio.

Quando l’albero si voltò era già troppo tardi. Onpu lo aveva afferrato con entrambe le mani al collo e stringeva più che poteva.

«Pazza.» Gridò l’albero. «Se mi uccidi quelle anime si infrangeranno sulla terra e distruggeranno ogni cosa che toccano. In tutta la Terra sarà il caos più totale ed in tutte le altre città della primavera accadrà la stessa cosa. Ci saranno milioni di morti. Non puoi interrompere il rituale a metà!»

Onpu singhiozzava mentre osservava le smorfie di dolore dell’albero. Ne era sicura. Le stava arrecando così tanto dolore che non era nemmeno in grado di evocare incantesimi difensivi.

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In quel momento si ricordò di cosa le aveva insegnato MajoRuka quando era diventata apprendista. Gli aveva insegnato ad assimilare il potere degli avversari e a riutilizzarli nello stesso momento in cui loro li usavano contro di lei, sarebbe bastato toccarli.

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«Cosa pensi di ottenere in questo modo?» L’albero appoggiò le proprie mani sulla braccia che le stringevano il collo.

Onpu percepì che nelle dita dell’uomo si concentrava una grande quantità di energia magica. Cercò di ricordarsi in fretta tutti gli insegnamenti della piccola rana magica.

«RUJI. IO NON BUTTERO’ LA MIA VITA. STO FACENDO QUALCOSA PER TUTTI COME TI AVEVO PROMESSO. TI AMO!» Le grida di Onpu stordirono le orecchie dell’albero.

Fu un istante. Per qualche secondo gli occhi viola di Onpu fissarono quelli dell’uomo. Vide una scintilla nei suoi, la percepì nelle mani e poi un grande fiotto di sangue le investì il volto finendo negli occhi e nella bocca. Sentì le sue mani che si incontravano attraverso il collo e poi più niente.

Cadde a terra e vide le proprie braccia lontane dal corpo.

La testa dell’albero rotolò giù dalla torre.

Era tutto finito.

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Le sfere che volteggiavano sopra la torre cominciarono a girare sempre più veloci e poi schizzarono via in ogni direzione esplodendo quando incontravano il minimo ostacolo. In tutta la città si verificarono esplosioni, crolli, incendi. Furono colpiti senza distinzione ospedali, case, scuole, grattacieli.

Onpu rimase per qualche minuto distesa a terra ad osservare le chiazze di sangue che da ciò che restava delle sue braccia si allargavano sulla superficie grigia della torre. Si ricordò ciò che doveva fare e si trascinò fino al bordo.

Aveva smesso di nevicare e nell’aria non si sentiva altro che odore di strada bagnata, di fumo, di terra. Il vuoto era ancora così attraente. Fece un ultimo sforzo finché non cadde.

Stava volando. Stava finalmente volando senza che nessuno la potesse fermare. L’aria fresca le solleticava le ferite e la faccia. I capelli seguivano il vento e si sentiva finalmente libera. Dopo tanti anni stava sorridendo dall’ombra.

Cadde per molti metri finché l’aria che le smuoveva i capelli non si fermò. Si era di nuovo fermata nel vuoto.

Voltò lo sguardo e vide una persona inondata di luce che saliva nell’aria come in una scala invisibile. Si fermò a pochi centimetri e la guardò dall’alto verso il basso. Quando la luce si diradò, solo allora Onpu riconobbe il viso angelico della regina Hanna.

Rimase per qualche istante a fissarlo poi ricordando i bei tempi e l’affetto che sempre le ha legate. Voltò la testa vergognandosi del proprio aspetto da cadavere.

«Perché mi hai fermato?»

«Sapevo che avresti fatto questa stupida domanda: perché non voglio che tu muoia.»

«E perché non vuoi che io muoia?»

«Che razza di domande fai? Sei una delle mie mamme, come potrei desiderare la tua morte, a te devo tutto, capisco come ti senti ma non posso lasciarti fare questa pazzia.»

«Tutto ciò potevo farlo tempo fa.» Sospirò Onpu. «Non l’ho fatto perché la primavera avrebbe ucciso le altre persone a cui volevo bene, ho vissuto una vita di stupri e ricatti ed ora mi sento libera di fare ciò che sto rimandando da tantissimo tempo.»

«E non pensi a chi ti vuole bene? Ai tuoi fan?»

«Dopo la mia morte, le vendite dei miei diritti, di cd, dvd e altri gadget triplicheranno in pochissime ore; e di persone che mi vogliono bene non credo di averne più, l’unica persona che mi abbia detto un “Ti Amo” sincero ora mi sta aspettando in un altro mondo. Ed io ho intenzione di raggiungerlo.»

«Ti sbagli ancora: noi non abbiamo mai smesso di volerti bene. Tu sei la mia mamma, poi, ricordi cosa vi siete dette con Doremi, Aiko e Hadzuki quando ti hanno risvegliato dal sonno dei 100 anni? Siamo migliori amiche. E Momoko? Lei ti adora, ti ha aiutato con il tuo lavoro, c’era e ci sarà sempre per te. Ricordi che nonostante non tu non ti facessi viva da anni non ha mai smesso di scriverti invitandoti più volte nella sua casa?»

«Momoko, Aiko e Doremi sono morte.»

«Sono morte per te, per salvare te dalla primavera, perché dovresti vanificare in questo modo il loro sacrificio?» Hanna si sedette in aria, accanto ad Onpu. «Perché non vieni con me al palazzo? Farai finta di essere morta nell’esplosione, il tuo corpo non verrà mai ritrovato e vivrai in tranquillità per tutto il resto della tua vita nel mondo delle streghe. Basta che tu non scelga la morte.»

Onpu abbassò lo sguardo, pensierosa. Osservò ciò che le restava delle sue braccia. L’albero gliele aveva staccate nello stesso momento in cui lei le aveva tagliato la testa. Era il prezzo da pagare. I moncherini che le restavano gocciolavano lentamente sangue e lei si sentiva sempre più debole.

«Grazie Hanna. Tutti questi ragionamenti li ho fatti pochi secondi prima di gettarmi dalla torre ed ho già fatto la mia scelta.»

«Lascia almeno che le altre ti salutino un’ultima volta.»

«No. Rischio di cambiare idea. Porgi loro le mie scuse per tutti questi anni di assenza, salutale una ad una con un forte abbraccio ed un semplice grazie.»

«Non posso fare proprio niente per farti cambiare idea? Non c’è proprio altra alternativa alla tua scelta del suicidio?»

«Credo di no.» Onpu sorrise e versò alcune lacrime. «Ma sono felice che da oggi nessun’altra donna possa essere schiava della primavera come lo sono stata io.»

Stettero in silenzio ad osservare la neve che lentamente si scioglieva con il sole e con la temperatura della stagione in corso. La primavera aveva fatto in modo che nevicasse ma con la morte dell’albero tutto stava lentamente tornando alla normalità.

«Va bene.» Sospirò Hanna. Si alzò in piedi e aprì le mani in direzione di Onpu. Schioccò le dita ed Onpu si sentì come rinata. Il sangue sul suo corpo era scomparso, le ferite rimarginate e le braccia erano riapparse al loro posto.

«Hanna…»

«Ho riportato le tue braccia dalla torre al loro posto. Per il resto, non voglio che ti trovino in uno stato pietoso. Guarda questo gesto come un mio regalo personale.»

«Grazie, piccola.» Onpu pianse e dopo essersi rialzata in piedi abbracciò la regina delle streghe con tutta la forza che aveva in corpo bagnando con le proprie lacrime il collo di Hanna. La regina le accarezzava delicatamente i capelli e le guance.

Quando i singhiozzi di Onpu diminuirono Hanna sorrise prendendo le mani di Onpu tra le sue: «Lascia che sia io a portarti verso la morte, non voglio vederti andare a sbattere contro un marciapiede.»

Onpu annui tra i singhiozzi e tra le lacrime vide il viso sorridente di Hanna che chiudeva gli occhi.

Si sentì incredibilmente leggera. Come quando stava lentamente cadendo dalla torre. Sentì che Hanna la baciava sulla fronte, vide un lungo treno che si fermava lento accanto a loro due. Il treno era guidato dal defunto padre ed accanto vi sedeva sorridente la madre. Sul mezzo c’erano tante altre persone sconosciute sedute che osservavano malinconiche fuori dal finestrino.

Si sentì una piuma quando il treno aprì le porte e ad attenderla c’era Ruji sorridente pronto a prenderla tra le proprie braccia. Onpu lasciò indietro il proprio corpo che chinò la testa in avanti e salì sul treno lasciandosi alle spalle Hanna. Non si voltò finche le porte non si richiusero per paura di cambiare idea.

Le braccia di Ruji si serrarono attorno al corpo di Onpu contemporaneamente alle porte. Onpu finalmente si volto e vide Hanna che reggeva il suo corpo. Sorrideva e si avvicinò al treno. Ruji abbassò il finestrino.

«Doremi, Aiko e Momoko sono vive.» Disse con le lacrime agli occhi. «Doremi non si è pugnalata, è riuscita solo a ferirsi ad un fianco ed ora è nella tenda medica. Aiko respira ancora ed è stata appena raggiunta da una squadra medica. Anche Momoko si è salvata. Sapevo che era sulla torre con Aiko quando ti ho visto raccogliere il suo scettro ed ho inviato una squadra per portarle via, mentre la squadra saliva l’hanno vista cadere e l’hanno salvata, stavo per inviare un’altra squadra ma poi si è verificata l’esplosione.»

Onpu annuì dalle braccia di Ruji.

«Riposa in pace.»

Ci fu un lungo fischio ed il treno ripartì lentamente verso la propria meta. Onpu osservò la città che diventava sempre più piccola. Riconobbe gli studi televisivi, lo stadio, i giardini imperiali, la baia.

Quando le nuvole le oscurarono la visuale si voltò verso Ruji e si rilassò tra le sue calde braccia.

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Hanna depositò il corpo ai piedi della torre e sul prato ancora innevato. La raggiunsero Pop e Hazuki. Hanna le abbracciò a nome di Onpu e diede loro il compito di non fare avvicinare nessuno al di fuori delle streghe che lei stessa avrebbe inviato.

Fece più volte il giro della torre. Contava i morti ed i feriti. La città era semidistrutta ma la sua mente era oltre. Le sembrava ancora di stringere tra le braccia la singhiozzante Onpu. Si osservò le mani: erano bagnate dalle lacrime.

Udì un urlo disperato: era Akazuki.

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Onpu nacque dopo trenta settimane.

32 settimane erano la soglia sopra la quale un neonato prematuro poteva sperare di vivere e crescere normalmente. Al di sotto rischiava la morte. Naturalmente con la tecnologia era possibilissimo che il prematuro crescesse tranquillamente e in tutta sicurezza, ma la città era quasi completamente stata rasa al suolo dalla primavera ed anche l’ospedale aveva riscontrato parecchi danni, inoltre in ogni parte della città c’erano macerie, malattie, i medicinali scarseggiavano, l’acqua corrente non era ancora stata ripristinata del tutto, c’erano polvere, sporcizia e ancora molti cadaveri sotto le macerie dei grattacieli.

Doremi, Kotake e la figlia vennero inviati a Misora, la loro città natale. Lì Doremi e la figlia vennero presi in cura dall’ospedale civile. Doremi era ancora convalescente a causa del parto prematuro e del taglio cesareo che fu indispensabile secondo i medici.

Dopo il parto Doremi era svenuta a causa della grande quantità di sangue che aveva perso. Quando si era ripresa Kotake le aveva felicemente comunicato che era una femminuccia e le prime parole di Doremi furono: «Si chiamerà Onpu.»

Kotake annuì e lasciò riposare la moglie. Passava le giornate accanto all’incubatrice con dentro la piccola Onpu. I medici le consentirono per qualche minuto ti tenere la manina alla figlia. Lui sorrideva nel vedere quelle piccole dita a confronto delle sue.

Restò accanto alla figlia finché i medici non gli comunicarono che era fuori pericolo di vita. In quel preciso istante ringraziò i medici e si recò al tempio più vicino per ringraziare.

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Quando Onpu crebbe arrivò all’età in cui si fanno tante domande. La prima fu: «Mamma perché il mio nome è Onpu e significa nota musicale.»

Doremi aveva sorriso: «Il tuo è un nome bellissimo. Lo aveva una mia carissima amica innamorata della musica, suonava il flauto traverso proprio come te, è stata apprendista strega e siamo diventate streghe insieme, le volevo tanto bene. Poi ha dato la vita per il mondo quando c’è stata la primavera. Sai di cosa parlo vero?»

«Si, l’ho sentito oggi alla televisione.» Onpu fece si con testa. Aveva i capelli scuri ma restavano pur sempre rossi. Un viso adorabile e due grandi occhi castano con al centro un piccolo naso a punta.

«Il suo colore preferito era viola e tu porti la sua stessa formula magica.»

«Davvero la mia formula magica è la stessa di Onpu Segawa?»

«In tutto e per tutto…ora però fila in camera tua, il maestro di flauto sarà qui fra poco, non vorrai presentarti in pigiama?»

Onpu corse su per le scale e si chiuse nella propria camera.

Doremi ascoltò i passi della figlia lungo tutta la casa e quando questi si fermarono si tolse il grembiule da cucina e si diresse verso il pianoforte. Liberò la tastiera.

Inondò la casa con le note delle canzoni più famose di Onpu mentre la foto dell’amica la guardava sorridente da sopra il pianoforte.

«Grazie, amica.»

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Fine

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