Clash of the Legends

di LokiSoldier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arrivo ***
Capitolo 3: *** Loki, da Asgard ***
Capitolo 4: *** Accordo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 
Prologo








La Terra stava per conoscere la distruzione nella sua forma più pura e devastante.
Stava per dire addio ai suoi giorni felici, a quella pace che aveva conosciuto a lungo sebbene continuasse a lamentarsi dicendo d’essere in guerra. Tutte le sue fazioni intestine si sarebbero unite per un unico e solo obiettivo, per debellare ed eliminare una unica ed immensa minaccia.
 
Ma i suoi eserciti di umani soldati ed armi facilmente neutralizzabili sarebbero mai riusciti ad eliminare e tener testa alla squadra di diaboliche creature che stava minacciando la sua pace?


 
La salvezza del pianeta era da riporre nelle mani della squadra governativa segreta dello S.H.I.E.L.D. 

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Capitolo 2
*** Arrivo ***


L'idea di scrivere questa storia mi ha solleticata un sacco di volte e devo dire che non ho ancora in mente una idea ben precisa di come realizzare il progetto. Mentre scrivo la storia prende forma e così la personalità dei personaggi sui quali non mi sono mai soffermata particolarmente. Non su tutti, per lo meno. Mi auguro che la lettura vi interessi e riesca a coinvolgervi almeno in parte e che possiate divertirvi e interessarvi a scoprire il seguito di questa crossover. ^^
NB: I fatti scritti in questa fan fiction modificano un po' di cose avvenute nelle varie saghe, temporalmente infatti alcune cose non coincidono. Per esempio la storia di "Avengers" non è avvenuta... spero comunque che nonostante le mie modifiche possiate gradire questa storia. ;) Buona lettura!





Il buio era fitto, la notte inoltrata. Un vento leggero scuoteva le chiome degli alberi in un fruscio rilassante e sonoro. La pioggia aveva cessato di cadere ormai da una decina di minuti ma nell’aere rimaneva quasi palpabile l’odore intenso e selvaggio dell’erba bagnata.
Nel bel mezzo di una radura isolata, distante dal vicino centro abitato di qualche kilometro, un lampo di luce straordinariamente intenso si manifestò per qualche istante svanendo così com’era giunto in completo e totale silenzio. Laddove quella colonna di luce aveva colpito il suolo ecco ora comparire, chino a carponi sul terreno, un uomo. Il viso era pallido, di un bianco latteo e quasi mortale. Un velo di sudore freddo imperlava il suo volto delicato, fine, mentre alcune ciocche corvine si erano incollate alla sua pelle. Sulle gote, sul collo. I suoi capelli erano di un nero lucente, lisci erano tenuti all’indietro sul capo fino a solleticare la nuca e, più giù, il profilo delle spalle. Respirava affannosamente, appariva stanco e provato e rimaneva in equilibrio con le ginocchia puntate nella terra umida. Con una mano si reggeva ad un lungo bastone dorato la cui punta terminava in una sorta di ghirigoro nel quale era custodita una gemma di un azzurro luminescente e sinistro. Quel colore era così bello ed intenso quanto misterioso e preoccupante.
- C’è mancato… poco… - ansimò con un ghigno amaro e quasi folle l’uomo ergendosi sulle sue gambe malferme mentre tentava di riprendere aria. Le labbra erano sottili e rosee e il naso dritto, piccolo, perfettamente in sintonia con i lineamenti della sua figura. Era elegante e delicato in ogni suo gesto, in ogni sua apparenza. Gli occhi erano attorniati da ciglia lunghe e nere e le iridi erano di un verde innaturalmente intenso.
Le sue vesti erano così strane da farlo apparire strambo e quasi ridicolo, tuttavia il suo sguardo glaciale e spiritato gli dava modo di apparire ugualmente minaccioso. Indossava una sorta di strano pantano nero, di pelle, con degli stivali del medesimo colore e di medesima fattura. Qua e là vi erano diverse rifiniture dorate e stoffa verde a ricoprire le braccia esili. Era alto e slanciato, i muscoli erano appena delineati sotto la sua pelle, per niente evidenti. A guardarlo nessuno l’avrebbe detto che fosse un guerriero.
Si guardò attorno confuso, il respiro che lentamente tornava regolare così come il suo battito cardiaco. Infine ce l’aveva fatta. Quella, ne era più che certo, era Midgard.  
 
Camminò a lungo cercando qualche luogo abitato, qualche umano cui ordinare risposte, ma nulla vide se non alberi e cespugli per miglia e miglia. Finalmente, dopo quasi un’ora e mezza di cammino a passo marziale, ecco che giunse in un piccolo paesello. Era un agglomerato di case dall’aria anonima, una piazzetta sabbiosa con una fontana apparentemente antica, e degli strani mezzi meccanici dotati di ruote nere blu e bianche. Sulla cima di queste attrezzature delle spie luminose facevano gran vista. L’essere si fermò a poca distanza dall’auto della polizia guardandosi attorno con aria contrariata ed enormemente seccata: era un posto troppo piccolo per permettergli di iniziare i suoi piani di conquista, un paese troppo piccolo ed insignificante per un grande Re come lui. Avrebbe preferito essere teletrasportato in una delle numerose metropoli di quel Regno invece che in un villaggio così misero e povero.
- Mpf… - sbuffò quindi rassegnato. Per lo meno era riuscito a partire in tempo, prima che le guardie asgardiane che lo stavano cercando lo prendessero per consegnarlo a suo fratello o, ancor peggio, suo padre. Una stretta al cuore prese al ragazzo pensando alla figura stanca del padre ma si impedì subito di pensare ancora una volta a lui. Non era suo padre, era un uomo che l’aveva rapito da piccolo dal suo mondo. Non era suo padre, era un Re ingiusto e sbagliato. Non era suo padre, ma l’avrebbe tanto desiderato.
- Mi scusi, sono un agente della polizia, vorrei farle qualche domanda.
Ad interrompere la valanga di pensieri che gli stava attraversando la mente, fu un uomo più basso di lui di una decina di centimetri, vestito con una sorta di uniforme nera e con uno sguardo serio e quasi sfrontato.
- Osi parlare così a me? Re di Asgard? – domandò subito trattenendo il respiro e rimanendo a labbra schiuse, gli occhi ridotti a fessure, in una espressione palesemente oltraggiata. E ostile.
L’agente rise a quelle sue parole con fare beffardo per poi tornare serio e fulminarlo con lo sguardo. – Qualcuno qui ha esagerato con l’alcool vedo… e non credo sia opportuno che in questo stato lei giri con quest’affare per le mani. Me lo consegni. – disse osservando il bastone dorato che, con maggior forza, l’altro strinse nella sua mano. La sommità dell’oggetto era particolarmente appuntita e poteva destare qualche sospetto o preoccupazione nell’ingenuo poliziotto che, nella sua ignoranza, non aveva idea quanto la vera minaccia fosse invece nascosta nella luminescente pietra azzurra lì trattenuta.
Per tutta risposta alle sue irriverenti e poco rispettose parole, l’asgardiano rise beffardo, sprezzante, con uno sguardo carico di sarcastica rabbia.
- Consegnarlo a te? Consegnare nelle tue sporche e deboli mani l’arma forse più potente e rara di questo intero universo? E perché mai dovrei? Un leone cederebbe i suoi artigli all’inerme topolino? – domandò con gelida ed elegante calma alla volta dell’agente mostrando un sorriso glaciale e pericoloso. All’udire la parola “arma” il poliziotto subito si allarmò e, mettendo mano alla fondina ne estrasse la pistola che subito puntò contro l’altro.
- Mi dia immediatamente quell’arma! – esclamò ansioso aggrottando le sopracciglia ed alzando la voce per sollecitare perciò i suoi compagni a scendere dall’auto e stare attenti alla situazione. L’asgardiano non gradì la mossa dell’umano e, senza scomporsi, si limitò a chinare appena il bastone in modo da puntarlo verso di lui e in un lampo di luce azzurra… lui svanì. Neutralizzato, come bruciato istantaneamente dalla luce fredda fuoriuscita dalla punta del bastone. La squadra di polizia tentò di far fuoco verso la creatura ma a nulla valsero i loro tentativi. Le loro pallottole furono disintegrate prima ancora di colpirlo e, come con un colpo di bacchetta, ognuno di loro svanì da quell’universo in un lampo di luce blu.
Dal sedile posteriore dell’auto, fra il terrore generale e l’euforia interna, una giovane donna dai corti capelli neri, con un eccitato sorriso sulle labbra… sparì.
   
*
 
 
Gli umani si sa sono famosi per tante cose nei vari Regni che compongono Yggdrasil.
La loro debolezza, la loro ingenuità -per certi versi- e malvagità -per altri-. La loro strana tecnologia, la loro ignoranza e… la capacità di comunicare anche ad immense distanze. Grazie a questa loro strana particolarità ecco che ben presto la notizia iniziò a circolare in tutto il mondo e ovunque si spargeva la voce di quanto accaduto la scorsa notte negli Stati Uniti. Uno strano uomo vestito in maniera insolita e armato di una sorta di scettro luminescente aveva ucciso una pattuglia di poliziotti insospettiti dall’arma che recava con sé.
 
Non si tratta di nessuna arma convenzionale, era come se fosse stata magia! Un attimo prima i poliziotti gli puntavano la pistola al petto e un attimo dopo un raggio di luce azzurro li ha neutralizzati ” dichiarò una delle testimoni della scena del delitto.
 
Le autorità furono tutte allertate, pattuglie e squadre di forze armate furono mandate a ispezionare e controllare la zona mentre il panico iniziò a serpeggiare fra la popolazione. Ad essere estremamente incuriositi dalla notizia, più che spaventati dall’eventuale minaccia, furono i mutanti che ormai da tempo si erano riuniti e nascosti per difendersi dalla minaccia umana. Erano visti come abomini, come pericolosi individui pronti ad uccidere e attaccare, oppure come risorse da sfruttare per far soldi in virtù delle loro capacità. In ogni modo qualcuno li vedesse loro risultavano essere oggetti e non persone. Il dolore e la sofferenza patita per anni a causa della loro natura li portò ben presto a provare una rabbia tale da portarli ad unirsi e organizzarsi per vendicarsi del dolore sofferto.
Saltellando per i corridoi della loro abitazione, la donna dai corti capelli rossi e la bellissima pelle blu giunse nella stanza del suo superiore. Non avrebbe potuto definirlo amico, come invece un tempo definiva Xavier, né tanto meno compagno. Lei, come gli altri, sapeva perfettamente che erano strumenti nelle sue mani, che lui li utilizzava per poter rivendicare i loro diritti. Lui era superiore a tutti loro e nessuno si riteneva all’altezza della sua persona o dei suoi poteri. In gran parte, tutti ne avevano timore in verità.
Magneto levò gli occhi dal libro che stava leggendo e si volse a salutare la sua sottoposta, la sua fedele e preferita.
- Mystica, sembri di buon umore quest’oggi – salutò l’uomo con fare tranquillo, l’elmo suo caratteristico sempre in testa per evitare che la sua nemesi, il Dottor Xavier, gli leggesse la mente con i suoi strabilianti poteri. La donna scrollò le spalle andando ad accomodarsi sul bracciolo della poltrona ove l’altro era seduto.
- Non particolarmente in verità; più che altro sono curiosa di sentire cosa pensi circa quel tipo che ha ucciso quei poliziotti. Credi che sia un mutante ribelle come noi? – domandò lei inclinando il capo e guardando intensamente l’altro. Lui per tutta risposta la osservò in silenzio per un attimo per poi fare spallucce e voltarsi a fissare il muro dinnanzi a sé.
- In verità, ti dico, non ne ho idea. A quanto ho letto i suoi poteri derivano da quella specie di bastone, non da sue capacità, quindi potrebbe solo trattarsi di un’arma portentosa, e non di un essere portentoso. Di sicuro però è pericoloso e sarebbe interessante poterne sapere di più. – spiegò l’uomo portando una mano al viso, strofinandosi dito indice e pollice sotto al mento regolare. La donna con i suoi movimenti estremamente sinuosi e sensuali, si alzò dalla poltrona andando alle sue spalle e chinando il viso fino a poggiarlo sullo schienale della poltrona. Le sue mani andarono a poggiarsi sotto al proprio mento mentre cristallina la sua voce giunse all’udito altrui.
- Vuoi che vada ad investigare?
- No. Andremo insieme, voglio conoscerlo di persona ed in caso, piegarlo.
La risata entusiasta ed eccitata della giovane chiuse definitivamente la discussione.


 
Angolo dell'autrice
Beh, che dire! Mi auguro che qualcuno sia giunto fino alla fine del capitolo senza chiudere prima xD
Spero che questa prima parte di storia vi sia piaciuta e 
che non sia stata pesante o noiosa e che almeno in parte siate curiosi di vedere cos'accadrà in seguito.
Bacioni, LokiSoldier -Anesthetic Sadako per i miei vecchi lettori <3

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Capitolo 3
*** Loki, da Asgard ***


Ed eccoci qui per un nuovo capitolo! Innanzitutto volevo ringraziare chiunque abbia letto i precedenti e soprattutto chi ha commentato, è stato davvero un pensiero gradito; in secondo luogo vorrei augurarvi una buona lettura e sperare vivamente che vi sentiate a vostro agio leggendo queste mie strambe parole! ^^ 




Arrivare a Midgard era stato difficile, ma giungere in una grande metropoli, in quel momento, gli sembrava ancora più complicato. Quel paesino era qualcosa di assurdamente insignificante e i suoi abitanti erano terrorizzati da lui. Ci si era stabilito da un paio di giorni neutralizzando chiunque osasse attaccarlo. Le forze di polizia del posto erano state decimate e alla fine era stato deciso di non mandare più nessuno da lui. Alte cariche delle forze armate si erano riunite e stavano pensando a qualcosa che potesse allontanarlo o renderlo in qualche modo inoffensivo. Le loro riunioni si concludevano tutte con un “Speriamo di esserci ancora domani”.
Ogni piano, ogni idea, cadeva nel vuoto della distanza fra le loro capacità belliche e l’unica idea che appariva come ottima per poter annullare la sua potenza era togliergli dalle mani il bastone d’oro con il quale uccideva il prossimo. Certo, l’idea era ottima, ed anche giusta, ma come avrebbero mai potuto avvicinarsi tanto da strappargli il bastone dalle mani? E soprattutto: come potevano sapere che non avesse altri poteri ed altre capacità disconnesse da quell’oggetto? Per il momento, comunque, erano sollevati nel constatare come non avesse ucciso nessuno che non fossero i loro poliziotti. Solo quando dimostravano comportamenti ostili nei suoi confronti venivano neutralizzati e questo lasciava loro supporre che magari non avrebbe compiuto nessuna strage fra i poveri cittadini di quel paese sperduto fra i boschi.
Da un paio di giorni si era inoltrato nella foresta e si faceva vedere solo quando aveva bisogno di mangiare qualcosa. Nessuno aveva il coraggio di chiudergli le porte della locanda e nessuno aveva il coraggio di chiedergli il conto. Grosse quantità di cibo svanivano per sfamarlo e così anche gran parte dello stipendio dei poveri lavoratori. Nel bosco si era rifugiato ai piedi di un albero particolarmente grande e imponente e, gran parte del tempo, lo passava seduto al suolo, a gambe incrociate, pensando ad un piano per attuare i suoi progetti di conquista.
Innanzitutto aveva bisogno di giungere in una delle grandi metropoli del posto e, una volta giunto a destinazione, avrebbe rovesciato il trono o il governo imponendosi come unico Re e sovrano. Se Asgard non lo voleva, avrebbe trovato qualcun altro da sottomettere e da cui farsi obbedire e rispettare. Avrebbe trovato qualcun altro che riconoscesse la sua superiorità, che accettasse di farsi ordinare e governare da lui e, ben presto, tutti avrebbero realizzato di essere felici così. Di essere stati finalmente asserviti come bramavano, di aver trovato qualcuno che lui guidasse nella giusta via. Qualcuno che interrompesse quel loro continuo brancolare nella vana illusione del vivere secondo le leggi del libero arbitrio.
- Mhh… così è qui che ti rifugi tutto il tempo?
Una voce femminile risuonò nell’aere interrompendo il silenzioso meditare della creatura che, aprendo gli occhi, non si mosse. Si guardò attorno, col capo leggermente inclinato verso il basso, le braccia lasciate ricadere lungo il ventre con la lancia ben stretta fra le dita. Nessuna figura era visibile lì attorno eppure quella voce era vicina. Non era un collegamento mentale, non era uno scherzo della sua testa. C’era qualcuno lì e lui non riusciva a vedere nessuno.
- Mostrati – rispose a quell’affermazione con la voce tranquilla, bassa. Un ordine secco, preciso.
- Per farmi uccidere da te come quei poliziotti? Sono mica stupida, sai? – rispose con una risatina la voce. Adesso ne era ancor più sicuro di prima. Era lì! Fra i cespugli, dietro un albero, era lì… eppure non la vedeva… com’era possibile? Gli umani non erano capaci di cose del genere ne era più che sicuro. Non avevano capacità né poteri straordinari e per rimediare alla loro debolezza ricorrevano a strane e bizzarre macchine frutto del loro studio e della loro tecnologia. Ma lì, ne era certo, non c’era alcun macchinario che potesse nascondere quell’essere alla sua vista.
- Mi avete preso, nella vostra immensa ignoranza, per un volgare assassino?
Una risata appena accennata uscì dalle sue labbra mentre alzava il capo e lo puntò dinnanzi a sé. Rimase estremamente colpito dal vedere di persona quanto fossero sciocchi e superficiali gli umani. Aveva sempre sentito che fossero diversi da loro asgardiani, che fossero semplici, quasi elementari forme di vita, eppure vedere come i loro ragionamenti fossero così rozzi ed effimeri era stato un colpo. Era bastato vedere un uomo vestito in maniera differente per allertarli. Era bastato dire qualcosa che loro non comprendessero per far sì che credessero non fosse in sé. Ed era bastato dire di possedere un’arma per essere attaccato. Poveri sciocchi… se solo avessero riconosciuto la sua supremazia da subito nessuno sarebbe stato ucciso.
- Non lo sei? Hai disintegrato senza batter ciglio quattro agenti di polizia – rispose la voce. Il tono non era accusatorio, più che altro si rivelò curioso, interessato. L’asgardiano mise su il suo sorriso più innocente, le labbra che si distesero e le pieghe attorno agli angoli degli occhi che definivano la sua espressione fintamente ingenua.
- Mi difendevo dai loro attacchi – disse innocentemente allargando appena le spalle e le braccia. – Se non mi avessero attaccato per primi, non sarebbe morto nessuno.
- Potevi difenderti senza contrattaccare; perché ucciderli se non per il gusto di farlo?
Il ragazzo chiuse gli occhi scuotendo appena il capo e levandosi in piedi.
- Per esempio. Se non li avessi uccisi avrei fatto intendere che chiunque avesse osato attaccarmi sarebbe rimasto impunito, e così non deve essere. Ogni oltraggio ha una sua punizione. Così è sempre stato e così è giusto che sia. – spiegò lui con una calma tale da far raggelare il sangue. – Nessuno più ha osato attaccarmi da ieri ed io non ho attaccato nessuno. Come vedi, tutto ritorna.
Un silenzio leggero scese nel bosco in quel momento, interrotto semplicemente dal fruscio delle foglie sugli alberi, dal suono del vento. Lontano, lo scrosciare di un ruscello che corre veloce nel suo letto.
Improvvisamente, a circa cinque metri dalla figura dell’asgardiano, ecco comparire dal nulla una ragazza. Una giovane dai corti capelli neri ribelli e scompigliati, la pelle olivastra ed una espressione incuriosita. Indossava un paio di stretti jeans azzurri ed una attillata felpa nera.
- Chi sei tu? – domandò con le mani nelle tasche e gli occhi ben fissi sul viso dell’altro.
Egli si eresse in tutta la sua altezza, la quale ad occhio e croce si aggirava attorno al metro e novanta, e gonfiò in fuori il petto levando ben dritto ed all’insù il capo fiero. – Io sono Loki, da Asgard, e sono venuto qui per farvi il più gran dono che qualcuno possa mai farvi –
- Un dono?
Sorrise egli mentre il sangue nelle sue vene ribolliva eccitato. Gli piaceva quella situazione, gli piaceva vedere negli occhi di quella giovane umana la curiosità, l’interesse. Non era contro di lui, né, avrebbe scommesso, al suo fianco, ma era affascinata dalle sue parole e per la prima volta qualcuno sembrava seriamente coinvolto in una conversazione con lui. Non leggeva paura nel suo sguardo, non vedeva titubanze o dubbi. Semplice interesse, curiosità. Come una bambina ignara del pericolo. – L’asservimento. Voi umani siete così… sciocchi. Anime perse nel buio delle vostre illusioni. Rincorrete sogni impossibili e inesistenti nella convinzione di poter essere padroni delle vostre vite. – si fermò tacendo per pochi istanti per poi riprendere il suo discorso. – Ma in realtà pascolate senza una meta, confusi, sperduti, spaventati da ogni novità perché non sapete verso cosa vi state dirigendo. Io posso guidarvi e far sparire il vostro timore. Posso regnare su di voi ed essere il vostro riferimento ed unica luce. Decidere per voi, come desiderate inconsciamente da sempre e regalarvi ciò che più desiderate al mondo: la sottomissione.
I suoi sembravano i discorsi e le chiacchiere di un folle, di un fanatico forse, ma la convinzione nella sua voce ed il tono solenne e sacro delle sue parole impediva alla giovane di credere che egli fosse pazzo, malato. Era la creatura più lucida e seria che avesse mai conosciuto e nulla delle sue parole sembrava essere irrealizzabile per lui. Appariva così convinto e così acceso in quel suo parlare che nessuno avrebbe potuto mai credere fossero menzogne le sue.
- E perché per te c’è una scelta oltre l’essere sottomesso? Perché noi dovremmo stare al sicuro nel vivere sotto la tua guida, mentre tu devi correre il rischio dell’andare avanti in totale libertà ed autonomia nel buio cammino del libero arbitrio? – domandò lei nascondendo del sarcasmo sotto le sue parole.
- Qualcuno deve pur caricarsi di questo fardello -.
 
 
*
 
 
- Ammiro davvero la sua costanza Professore ma, seriamente, sono stufo di doverla vedere ogni mese per discutere di questa storia. Se cerca di convincerci per sfinimento, mi creda, può arrendersi anche adesso. E’ una grazia che decida di accettare le sue convocazioni ogni volta, ma le garantisco che non potrò continuare così per sempre.
Il governatore richiuse i fascicoli che aveva sul tavolo e si alzò dalla poltrona afferrando la sua valigetta da terra. La verità è che aveva timore a rifiutare i suoi regolari colloqui con quell’uomo ma è una cosa che non avrebbe mai ammesso con nessuno, specialmente con quell’…essere.
- Allora riconosca che state sbagliando atteggiamento e rimedi ai suoi errori e non dovrà più vedermi ogni mese – disse pacato l’uomo con una serietà quasi innaturale. I suoi occhi incontrarono quelli del politico che, con uno sbuffo sonoro estrasse il suo cellulare dalla tasca della giacca gessata.
- Se ne vada, per favore! La riunione di oggi è finita e, come sempre, non cambieremo idea! –
Rassegnato il Professore chiuse gli occhi per un attimo voltandosi infine con la sua sedia a rotelle. Senza essere fiaccato dai continui rifiuti, ma determinato nella sua missione, si incamminò verso l’uscita della stanza la cui porta si spalancò senza che nessuno la sfiorasse sotto lo sguardo raggelato e semi composto del Governatore.
Da quando era stata istituita la legge per i Mutanti, il Professore si avviava verso la sede del Governo regolarmente per cercare di convincere i politici di quanto fosse sbagliata la loro idea. Secondo questa legge, infatti, ogni mutante doveva rivolgersi ad un apposito ufficio e farsi registrare. Un vero e proprio censimento ove si registrava e catalogava ogni specie di potere. Venivano catalogati per utilità e pericolo e, coloro i quali avevano i poteri più potenzialmente inarrestabili o minacciosi venivano accuratamente tenuti d’occhio e sorvegliati. Alcuni venivano addirittura costretti a vivere in determinati stabilimenti ove i loro poteri potessero essere tenuti sotto controllo.
Tutto questo discriminava enormemente i “mutanti” che iniziarono pian piano a nutrire odio e rancore verso gli umani che li temevano o ancora di più li schifavano. Per rimediare a questa situazione il Professor Xavier – o Professor X – cercava di contattare quanti più mutanti possibili per far capire loro che gli umani hanno solo paura perché non sono dotati delle loro capacità e che erano da compatire e non da odiare. Cercava di riunirli sotto la sua Scuola, il suo Istituto, dove permetteva a questi ragazzi di conoscersi e di essere se stessi senza timore d’essere giudicati o maltrattati. La legge non vedeva di buon occhio questa sorta di organizzazione, ma per lo meno non sembrava essere una riunione fatta per organizzare piani di rivalsa verso di loro e questo li rassicurava in parte. Credevano nella buona fede del Professore che cercava solo di rendere tranquilli i ragazzi e di evitare che si vendicassero dei torti che dovevano subire dalla legge.
D’altro canto, non tutti i mutanti erano così propensi al perdono ed alla comprensione, e odiavano profondamente il modo in cui vedevano trattati e ignorati dalla società. L’odio e il rancore era troppo potente in loro e spesso finiva per portarli dalla parte di un altro gruppo di mutanti. Un gruppo unito dalla rabbia e dall’astio, un gruppo pericoloso e indigesto capitanato dal potentissimo Magneto. La legge non osava neppure avvicinarsi a loro e finché non compivano malefatte non intervenivano per cercare di fermarli. Loro ignoravano qualsiasi censimento e spesso ricorrevano alla forza per farsi rispettare. Questa lotta intestina fra uomini e mutanti avrebbe rischiato –prima o poi – di tramutarsi in una guerra portentosa e terribile e il Professore cercava di fare tutto il possibile per evitare che ciò avvenisse.
- Si è smosso qualcosa? – domandò una donna dai corti capelli bianchi e vestita con comodi pantaloni di pelle e canotta nera guardando l’uomo calvo seduto sulla sedia a rotelle, appena giunto fuori dall’edificio. Xavier la osservò con un sorrisetto tranquillo, scuotendo appena il capo.
- Sono cocciuti, ma non posso arrendermi. Non possono negare il pericolo di una possibile guerra a causa delle loro decisioni. Non sono stupidi, solo spaventati. Non sanno come comportarsi, cercano di tenere tutto sotto controllo. – spiegò l’uomo avanzando per la via al fianco della donna dalla splendida pelle scura.
- Dovranno arrendersi prima o poi… non potremo difenderli tutti in caso di una guerra – sospirò la giovane donna avanzando al fianco dell’uomo.
Xavier annuì grave.
- Piuttosto c’è qualcos’altro che mi sfugge e mi preoccupa. Sai quel tipo di cui parlano i giornali? Quello che ha disintegrato quei poliziotti e che sembra essersi nascosto nei boschi? – cambiò argomento il Professore mentre la sua fronte andava aggrottandosi e lo sguardo concentrarsi.
- L’assassino col pantano di pelle?
- Proprio lui. Mi è… nascosto –
- In che senso, Professore? – domandò quindi la donna volgendo il capo verso di lui e aggrottando le sopracciglia, confusa.
- Non riesco a percepirlo, a leggere la sua mente. Mi è preclusa. Anche Cerebro ha perso contro la sua resistenza. E’ frustrante… e sconvolgente. Temo che sia un pericolo assai più grande della guerra fra umani e mutanti, Tempesta –
Le sue parole furono come una cascata d’acqua gelata dritta sulla testa per la donna che spalancò le labbra carnose sentendo un brivido percorrerle la spina dorsale. Il Professore aveva poteri incredibilmente vasti, le sue abilità da telepate erano qualcosa di infinitamente forte e nessuno poteva sfuggire alla sua mente. Non c’erano segreti per lui, non c’erano menzogne o angoli di memoria che non potesse scoprire o setacciare. La sola idea che esistesse qualcuno che potesse nascondere i propri pensieri a lui… qualcuno che usasse i suoi poteri per uccidere e che il Professore non poteva scoprire o fermare metteva la pelle d’oca.
- Questo è… terribile – disse Tempesta riprendendosi da quella sorpresa mentre dentro di sé lo stomaco si contorceva dall’ansia e dalla preoccupazione. – Quindi è davvero un mutante? – domandò sospirando alla volta dell’uomo.
- Così sembrerebbe… e se è così allora anche Magneto sarà interessato a lui e non possiamo permettere che ci arrivi prima di noi. Se dovessero unirsi… beh, potrebbe essere catastrofico. –
- Ma credi davvero che potremo avere qualche possibilità di portarlo dalla nostra? Non sembra essere molto pacifico… ha ucciso a sangue freddo delle persone… per quanto mi riguarda credo che sia ovvio il suo schieramento
- Forse hai ragione Tempesta, ma questo non vuol dire che non dobbiamo provarci. E poi potremo sempre cercare di capire quali sono i suoi poteri. – aggiunse pacato cercando di razionalizzare e mantenere la calma anche per la sua collega ed amica. – Partiremo oggi. Nel pomeriggio.
Tempesta lo fissò sorpresa.
- Noi due? –
- Noi due, Ciclope e Jean. –
- Non Logan? –
- Oh no, si farebbe ammazzare prima ancora di arrivare a destinazione, è troppo impulsivo e quell’arma troppo pericolosa. Non è molto portato al patteggiamento
I due risero cercando di smorzare appena la tensione. 



 
Angolo dell'autrice:
Bene, ed anche questo capitolo è terminato! ^^
Spero davvero che vi sia piaciuto e che vi sentiate coinvolti ed interessati dalla lettura
che non sia per voi una noia od un peso xD
Spero di aggiornare presto con un nuovo capitolo e soprattutto che la cosa importi a qualcuno u.u'
A presto! **

Ps: Se ve lo siete chiesto... sì, la ragazza che parla con Loki non è nessuno di conosciuto, l'ho inventata io! ;)

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Capitolo 4
*** Accordo ***


Eccomi finalmente di nuovo qui su questa storia! Ho appena finito di scrivere questo capitolo e sono gasatissima quindi eccomi che in fretta e furia lo posto qui per chi avesse voglia di continuare a leggere questa storia... >.< Spero che possiate godervi la lettura <3 



Una nuova notte è scesa silenziosa nel piccolo paesino della parte meridionale dell’America del Nord recentemente sconquassato dai caotici e terribili eventi di cui è stato il teatro. Un odor di pioggia e salsedine si leva nell’aria e la piazza è particolarmente silenziosa. Vasi e mazzi di fiori vengono lasciati ancora ove quei poveri poliziotti son stati uccisi e la gente non ha il coraggio di uscire di casa e passare la sera a chiacchierare fuori dalle proprie case, o vicino ai locali, per via della vicinanza di quell’uomo. E’ ancora da quelle parti, nascosto nel folto dei boschi e ogni volta che viene in paese a mangiare da qualche parte l’aria si carica di tensione e paura. I bambini tremano e si stringono alle gonne delle povere madri, le vedove dei loro mariti uccisi stringono i coltelli e cercano la forza per non attaccarlo. Dal canto suo Loki cercava di far capire a quella massa di insulsi straccioni di campagna che avrebbero fatto meglio a rispettarlo e servirlo piuttosto che nascondersi e riserbargli rancore ma nessuno ancora sembrava volerlo compiacere.
Poco male, prima o poi avrebbero capito e lui li avrebbe sottomessi sotto il suo Governo. Per ora solamente una donna sembrava essere così assennata da essersi avvicinata a lui. Una donna con la strana capacità di poter diventare invisibile ed incorporea, solo lei ebbe l’ardire di inoltrarsi nel bosco e parlare con lui. Non ne sembrava intimorita, spaventata, quanto più era curiosa, interessata a scoprire e capire cosa volesse da loro.
- Ma quindi sei un mutante anche tu? – domandò seduta a gambe incrociate sull’erba, dinnanzi a Loki che con la solita elegante e distaccata postura sedeva poco più in alto, su una roccia liscia e levigata, tenendo ben saldo fra le sue mani quel bastone dorato, quella sorta di scettro.
Alla domanda della giovane, il cui nome era Lenia, Loki inarcò un sopracciglio assottigliando lo sguardo con fare quasi offeso e schifato. – Mutante? A quale strana aberrazione mi stai paragonando, umana? – chiese lui non sapendo ciò di cui la giovane stava parlando. Da dove veniva lui, dopotutto, i mutanti erano paragonati ai mutaforma e lui non aveva particolare stima per quelle ignobili creature. Amavano fare scherzi di pessimo gusto per il loro semplice diletto. Seminavano discordia e odio e spesso venne definito come loro compagno perché abile stratega ed ingannatore. Ma lui no, non era così! Non traeva gioia dal mettere una persona contro l’altra solo perché era capace di farlo, no! Lui ricorreva alle sue capacità solo per poter arrivare ai suoi fini, e i suoi scopi erano grandi, austeri, e alti. Nulla di volgare o basso come il semplice godere dei litigi altrui, per lui erano frivole sciocchezze da cui non avrebbe goduto alcun ché.
La ragazza sembrò accigliarsi un attimo nel sentirsi chiamata “aberrazione” dall’altro ma la sua irritazione non durò che un attimo: sebbene non capisse chi l’altro forse, né avesse idea di dove si trovasse Asgard sulla Terra, aveva intuito che la sua non era follia, che sinceramente non aveva idea di quanto essi stessero dicendo. Glielo leggeva negli occhi. Ed era estremamente colpita dalla convinzione delle sue parole, della sincerità che trasudava dalla spiegazione dei suoi ideali e dei suoi obiettivi. Credeva davvero nelle sue parole ma questo non rendeva più facile accettare che probabilmente sarebbe riuscito senza troppi problemi a realizzare i suoi scopi.
- Ehi ehi, piano con le parole! – esclamò lei. – I mutanti sono umani speciali. Abbiamo delle capacità che altri non possiedono, abbiamo delle variazioni a livelli genetici e molecolari che ci rendono capaci di fare cose impossibili per gli altri. Io per esempio posso diventare invisibile, cosa che nessun altro umano sa fare. Capisci che intendo? –.
Loki sembrò interessato e colpito dalle sue parole e con un ghigno sprezzante quindi inclinò il capo al suo indirizzo.
- Allora no, signorina. Non sono affatto un mutante, non essendo io un… umano -.
- Scusami? Non sei… umano? -.
- Non ci senti? No, non lo sono. Come ti ho già detto io vengo da Asgard. Il glorioso Regno di Asgard, il ramo più magnifico e brillante di Yggdrasil! Io ne ero e dovrei essere il legittimo Re! – esclamò con una vena di furia nella voce e di rancore. Lenia sgranò gli occhi, sconvolta dalle sue parole ed elettrizzata all’idea di star parlando con qualcuno di… alieno. Certo, qualcuno potrebbe pensare che lei fosse folle a credere alle parole di un pazzo che rivela di venire da un altro mondo, ma dopotutto, signori, se una persona può diventare invisibile o leggere il pensiero, perché mai non si potrebbe credere all’esistenza di forme di vita aliene approdate sulla Terra?
-Avevo dunque ragione a credere che tu non fossi uno di noi – disse una voce maschile levandosi dall’ombra, mentre pian piano un fruscio, un suon di passi sull’erba umida e le foglie secche diveniva sempre più vicino. Loki levò alto il capo in direzione del punto da cui era giunta la voce, col solito fare fiero e composto, lo scettro d’oro ben stretto nella sua mano sinistra. Lenia, dal canto suo, si alzò in piedi e guardandosi attorno arretrò fino a mettersi alle spalle dell’alieno, in silenzio, pronta a svanire in caso di necessità e bisogno. L’asgardiano inarcò appena un sopracciglio con fare interessato e colpito. Null’altro lasciò trapelare dalla sua espressione ferma e determinata e finalmente dall’ombra del fogliame ecco comparire due figure. Una era quella di un uomo, un uomo maturo, adulto, dall’aria austera e oscura. Il viso era vecchio e rughe profonde ne solcavano la pelle. Dalle tempie si scorgeva una chioma argentata nascosta però da un elmo assai curioso che lasciava scoperto l’intero viso mentre il resto dell’abbigliamento era assai semplice e spartano. Una maglia a collo alto nera abbinata ad un paio di pantaloni del medesimo colore ed un lungo mantello color pece. Al suo fianco, poco più indietro, faceva bella vista una donna. Una donna strana, non umana si direbbe a prima vista: la pelle era di un blu elettrico e abbacinante ed il suo corpo era straordinariamente sinuoso, affascinante. Magra era, con due seni pieni e sodi, e cosce che scendevano morbide dai fianchi tondi. Nuda era e l’unico colore che aveva indosso era il rosso dei corti capelli. Capelli che, quasi come Loki stesso, portava all’indietro sul capo, corti.
- Con chi avrei mai l’onore di parlare io mi chiedo? – domandò Loki alla volta dell’uomo ivi giunto.
- Il mio nome è Magneto e sono il Signore della lotta per la libertà del nostro genere.
Una risata sprezzante si levò dalle labbra di Loki che, fluidamente, scivolò dalla roccia ove era seduto ponendosi in piedi, eretto in tutta la sua altezza, con le braccia aperte verso l’esterno, una luce divertita negli occhi di smeraldo.
- Libertà. Quale dolce illusione annunciano le tue labbra… Magneto.
- Illusione? Perché mai dovrebbe esserlo? Chi potrebbe mai fermarci dal renderla reale?
- Beh… se non siete ancora liberi evidentemente qualcosa che vi frena c’è. Non trovi?
Le labbra dell’uomo si assottigliarono un attimo prima di distendersi in un ghigno divertito e compiaciuto.
- Sì, sì c’è qualcosa che ci frena. I nostri stessi sciocchi simili. Nostri compagni, fratelli, che preferiscono rimanere sotto le distorte e animali regole di questo popolo di inferiori e immondi esseri piuttosto che combattere assieme a noi per eliminarli e garantirci il nostro posto nel mondo. Ma ben presto capiranno anche loro qual è la parte da dove schierarsi e finalmente potremo raggiungere e realizzare il nostro scopo.
Piano a piano la voce di Magneto si fece più intensa, più accorata e la determinazione nelle sue convinzioni risultò evidente persino a Loki. Egli, dal canto suo, sorrise divertito di quella sua dichiarazione d’intenti e facendo un passo indietro lasciò lo sguardo vagare da lui alla donna.
- E’ la natura dell’essere umano lasciarsi comandare, sottostare alle imposizioni di altri, adesso l’avrete capito anche voi. E tuttavia non è sicuramente sterminandoli che potrete garantirvi la supremazia su di loro.
Il suo tono appariva conciliante, comprensivo, quasi suadente. Magneto inarcò un sopracciglio, confuso.
- Ah, no?
- No, affatto. Nell’istante in cui li avrete uccisi non ci sarà nessuno che potrà riconoscervi la vostra supremazia perché saranno morti. Ma, se invece riusciste ad asservirli, a comandarli, guidarli, come segretamente anelano per loro stessa natura, allora loro stessi potranno finalmente capire e riconoscervi la vostra superiorità. Una superiorità che va garantita e dimostrata ogni volta che ce n’è bisogno punendo i trasgressori e i rivoluzionari.
Magneto tacque ascoltando quelle sue parole e per la prima volta si soffermò a pensare a quel lato della questione. Lui tuttavia non era affatto interessato alla cosa. Ciò che lui desiderava era la vendetta, vendicarsi di quella infima razza che li ha umiliati, temuti e sfruttati per anni, per secoli, mettendo a tacere la loro natura col sangue e la violenza perché superiori in numero e quantità. Così scuotendo appena il capo Magneto proseguì.
- Ciò che io voglio però è la loro distruzione, totale. Voglio vendicarmi di tutto il male che hanno compiuto e perpetrato per anni e secoli su di me e la mia specie e punirli. Non m’interessa governarli.
Una risata nacque sentita e fredda dalla gola di Loki.
- Allora è una fortuita coincidenza che invece sia esattamente ciò che a me interessa. E se tu non dovessi essere d’accordo allora avresti un nuovo e ben più pericoloso rivale da affrontare per raggiungere la tua tanto agognata e irraggiungibile libertà. – disse l’asgardiano con un sorriso gelido e ostile. Un sorriso tanto ampio quanto minaccioso su quel suo viso apparentemente cordiale.
Magneto strinse le labbra e assottigliò lo sguardo come se si stesse concentrando o sforzando su qualcosa. Dopo qualche secondo digrignò appena i denti.
- Chi sei tu e cosa vuoi da noi?
- Io sono Loki, da Asgard, e sono ricolmo di gloriose intenzioni. Sono qui per guidare questo popolo di vili uomini perduti e confusi. Sono qui per realizzare i loro più profondi desideri: asservirli. Dar loro la guida di cui hanno bisogno per andare avanti. L’uomo è nato per seguire una rotta tracciata per lui da qualcuno di superiore ed io sono qui per tracciare il loro cammino. – esplicò con voce calda, convinta, composta. – I nostri scopi sono vicini e potrebbero combaciare fra loro. Posso darti l’opportunità di essere, assieme ai tuoi compagni mutanti, lo strumento che compirà la tua tanto amata vendetta. Sotto il mio comando e controllo potrete essere un esercito, una forza indomabile e indistruttibile che punirà i ribelli e i detrattori e garantirà l’ordine e l’equilibrio su questa Terra sprofondata nel caos.
- Oppure? – domandò quindi Magneto al termine del discorso dell’asgardiano curioso di sapere cosa sarebbe potuto accadere se avesse deciso di rifiutare quell’accordo che l’altro gli stava proponendo.
- Oppure finiresti col metterti sul mio cammino e sarei costretto a combattere te e i tuoi compagni e, credimi, sarei capace di vincervi con estrema facilità e subito dopo passerei ugualmente al mio piano per il controllo di questo Regno. In ogni caso io posso raggiungere il mio scopo e tutti i miei obiettivi. Ciò che ti sto proponendo è un accordo che potrebbe salvarti la vita e che in ogni caso potrebbe realizzare anche i tuoi scopi.
Magneto si prese qualche attimo di silenzio per pensare mentre Mystica alle sue spalle osservava alternativamente il suo capo e l’alieno. Attendeva qualche ordine da parte del compagno e si limitò a rimanere in disparte a osservare la scena che le si stava preparando davanti. Dopo qualche secondo il mutante diede in un verso di frustrazione e rabbia stringendo i pugni con forza. Ad un paio di centinaia di metri di distanza delle urla di terrore si levarono dalla piazza del paese mentre nel buio della notte si vide perfettamente levarsi in volo un’automobile. Mystica aggrottò la fronte non comprendendo il motivo per cui Magneto avesse fatto una cosa simile proprio in quel momento.
Sospirando il mutante lasciò crollare a terra la macchina che si schiantò al suolo in un fracasso assai fastidioso e lasciò che le sue mani si aprissero avanzando verso l’altro.
- Direi che abbiamo raggiunto un accordo.
Sogghignando, Loki strinse la mano che l’altro gli porgeva. – Ottima decisione.
 
*
 
Nel frattempo, alla sede dello S.H.I.E.L.D. a Los Angeles, un temporale impazzava da qualche minuto. I tuoni rombavano furiosi e potenti e la pioggia scrosciava incessante e copiosa dal cielo. Lampi d’argento infrangevano il buio di tanto in tanto illuminando per pochi secondi l’intera volta celeste. Grondante d’acqua, osservato da chiunque per via del suo aspetto bizzarro e curioso, un uomo avanzava a grandi passi fino a giungere ai piedi dell’edificio. Le due guardie lo osservarono richiedendone l’identificazione e solo dopo pochi istanti lo lasciarono avanzare.
Egli varcò la soglia dell’edificio e salì scale e percorse corridoi fino a giungere nella Sala che gli serviva visitare. Senza neppure bussare, il biondo aprì la porta e fece un paio di passi dentro la stanza, col martello in pugno che gocciolava acqua sul pavimento.
- Agente Coulson, Loki è scappato, temo che sia… - iniziò a dire subito il Dio del Tuono con la voce ansiosa e lo sguardo preoccupato. Phil, vestito come sempre in nero, impeccabile come al solito e professionale come solo lui sapeva essere, si voltò verso di lui interrompendolo prima che potesse terminare la sua frase e mostrando solo ora la presenza di un uomo su una sedia a rotelle alle sue spalle.
- Qui? Sì, infatti. Il nostro sospetto è stato appena confermato dal Professor Xavier. 


 
Angolo dell'autrice:
Dunque eccoci qui alla fine di quest'altro capitolo!
Loki e Magneto hanno un accordo diabolico e terribile per le sorti del genere umano
e il Professor Xavier ha avvisato l'Agente Coulson del pericolo corrente ma... come avrà fatto?
Non era in partenza? Eh boh, chi lo sa!
Per saperlo vi toccherà per forza leggere il prossimo capitolo <3

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