My Guardian

di Bradamantee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


 
 
La neve cominciava a cadere dalle grigie nubi che ricoprivano il cielo.
Quell’anno l’inverno era arrivato prima del previsto cogliendo molti di sorpresa.
I contadini dovettero affrettarsi nel trovare la legna necessaria a riscaldarsi in quelle gelide notti se volevano sopravvivere e sbrigarsi nel tosare la lana alle pecore per aumentare il calore sui giacigli di paglia.
La freschezza dell’aria invernale veniva spezzata dalle braci che ancora ardevano alle spalle dei guerrieri.
L’attacco era riuscito senza riportare grosse perdite nell’esercito. Dall’altra parte, non si poteva dire lo stesso degli avversari. Davanti ai loro occhi si estendeva una fila di lunghi corpi freddi non per il contatto con la neve ma per la mancanza di spirito nelle membra. La neve era ormai impregnata del sangue delle vittime diventando così di una tonalità scarlatta che faceva venire i conati al primo sguardo.
Quando Caleb scendeva sul campo nessuno era in grado di gestire la sua furia, era una belva che nessuno poteva domare. Al suo passaggio i corpi dei nemici cadevano come pedine del domino. Colpiva, dilaniava, massacrava. Si cospargeva del sangue delle sue vittime e l’odore di esso pareva avere un effetto eccitante su di lui. Non ne aveva mai abbastanza, di uccidere. Viveva di quello, della guerra, era parte del proprio essere,la sua vita, la sua anima.
Darren guardava i cadaveri con religioso rispetto nonostante buona parte di questi fossero stati opera sua mentre Nigal li osservava con disprezzo poiché non erano riusciti a difendersi on le proprie armi, non li considerava guerrieri che avevano combattuto per difendere il loro regno, erano inutili morti.
“Dovresti provare compassione per loro, Nigal. Dopotutto hanno combattuto fino all’ultimo per difendere il loro paese” disse Darren dopo essersi inchinato porgendo l’ultimo saluto alle vittime. Come risposta Nigal sputò nella neve “Compassione? Col dovuto rispetto per i tuoi usi ma la compassione è l’ultimo sentimento che provo per queste nullità. Già, perché oramai non sono più nulla, solo la dimostrazione che Caleb resta ancora il comandante imbattuto”.
Ed era vero perché nessuno era ancora stato in grado di batterlo. Caleb non aveva mai perso uno scontro, figuriamoci una guerra. Sul campo era il guerriero più feroce, negli accampamenti lo stratega più astuto.
Per questo quando il regno di Grosen dichiarava guerra ad un altro, il dado veniva già tratto: per gli avversari non c’erano speranze. Non importava con quante armi, quanti uomini, quanta forza di volontà ci fosse, avrebbero perso a prescindere.
I due cavalieri si affrettarono a tornare all’accampamento che fra poco avrebbero smontato per ritornare a casa, per informare il re dell’aspettata vittoria.
Quando arrivarono alle rispettive tende, un messaggero li chiamò informandoli che il comandante richiedeva la loro presenza nella propria tenda.
Non volendo far aspettare il principe Caleb, i due si diressero immediatamente ai suoi alloggi e quando fu ordinato loro di entrare, trovarono il loro comandante intento a leggere una lettera, stranamente, con fare preoccupato. Insolito da parte sua.
“Mio signore” dissero i due all’unisono inginocchiandosi.
Caleb sembrò non accorgersene, era troppo preso da quanto riportava la lettera.
“Preparatevi a partire” fu tutto quello che disse e senza ulteriore spiegazioni li rimandò nelle loro tende non prima di aver disposto gli ordini agli altri soldati di smontare l’accampamento.
Mi domando cosa possa aver indotto il nostro comandante ad una ritirata così veloce fu il pensiero di molti dei soldati al seguito dei tre cavalieri in sella ai loro stalloni.
Anche Nigal e Darren non riuscivano a spiegarselo, soprattutto quel lampo di spavento nei suoi occhi. Preferirono non fare domande poiché al generale non piaceva che si discutessero i suoi ordini. Lo seguirono senza chiedere spiegazioni.
Intanto Caleb pensava già a come evitare l’imminente scontro che fra non molto sarebbe scoppiato se non si fosse arrivati ad un punto di accordo.
 

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


Le urla degli uomini che si trovavano nel cortile del palazzo riecheggiavano nella stanza come se la scena si stesse svolgendo davanti ai suoi occhi.
 
Sentiva il rumore delle armi che battevano contro le lame dei nemici, il nitrito dei cavalli sempre più acceso per i continui scontri e il rumore delle armature che cadevano a terra, esanime.
 
Eva non aveva il coraggio di guardare fuori dalla finestra perché, se lo avesse fatto, sarebbe corsa senza alcuna esitazione ad aiutare i suoi cavalieri che stavano combattendo duramente per salvare il suo regno.
 
Quale ironia: lei era la principessa ma al suo regno ci stava pensando qualcun altro.
 
Questo era quello che più la infastidiva: l’inerzia, l’inoperosità, il rimanere fermi, al proprio posto, non curandosi di quanto stava accadendo nel frattempo attorno a lei.
 
Non tanto il non interesse, perché se pur con il corpo non era al fianco dei cavalieri a difendere le mura della propria casa, con la mente, il cuore e lo spirito era schierata in prima linea insieme a loro.
 
Ma in un simile momento tutto questo era inutile.
 
Lei era nella sua camera, intenta a preparare il più velocemente possibile i bagagli per andarsene da quel territorio impregnato dall’odore della morte che nemmeno le peggiori piogge torrenziali sarebbero riuscite a portare via.
 
Stava svolgendo quello che le avevano ordinato, quello che suo padre, il re, le aveva imposto totalmente controvoglia: non voleva scappare, non voleva rifugiarsi in un posto sicuro, voleva, anzi doveva adempiere al suo ruolo di principessa di Brudure, proteggendo con tutte le sue forze e tutto il suo cuore il popolo che tanto amava. Quel popolo che rappresentava la sua vita.
 
Che non si metterebbe in gioco pur di difenderla?
 
Eva sicuramente no di certo, ma suo padre e i consiglieri del regno l’avevano costretta ad abbandonare il regno finché ce n’era la possibilità.
 
 
Stava passeggiando con le sue dame di compagnia per i giardini del palazzo.

Nonostante fosse tutto ricoperto da un candido manto bianco e il freddo entrava fin nelle ossa, Eva non era propensa a sprecare un altro pomeriggio fra quelle mura di pietra. Voleva godersi appieno quella splendida giornata di sole, quel lieve tepore che sentiva a contatto con il suo viso.

Ma il sole sarebbe presto scomparso dietro nubi di fumo.

Le giovani donne vennero sorprese dal numero di cavalieri che continuavano ad entrare e uscire dal portone senza interruzione, ma con uno sguardo di terrore sul volto.

Eva ancora non capiva quello che stava succedendo intorno a lei e quando Malcom, il primo cavaliere del regno, corse da lei per dirle di rifugiarsi all’interno del palazzo, capì che qualcosa stava succedendo e non prometteva nulla di buono.
 
Appena entrata, corse subito alla ricerca del padre che trovò, insieme ai suoi consiglieri, nella sala del trono, intenti in un’accesa discussione.

“Bisogna andarsene da qui al più presto, maestà, fra poco quei dannati mercenari abbatteranno tutte le nostre linee difensive ed entreranno a palazzo uccidendo senza esitazione chiunque incontrino sul loro tragitto!” urlò Libargot, il più fidato fra i consulenti.

“Non dire idiozie, Libargot! Come puoi pretendere che io, Futor, re di Brudure, possa abbandonare il mio popolo nel momento del bisogno! Io resterò qui e se dovrò morire così sia. Non ho la minima intenzione di allontanarmi da queste mura”.

Nel sentire queste parole, Eva capì che il regno era sotto assedio e che le possibilità di vittoria erano ridotte al minimo. Rimaneva la speranza, seppur flebile.

In quel momento il re si accorse della figlia e dal suo sguardo preoccupato capì che aveva sentito tutta la conversazione.

Le si avvicinò e le disse di non preoccuparsi: c’era ancora la possibilità di farla uscire dal palazzo senza che i mercenari potessero vederla, tanto meno ucciderla.

Ma la sola idea di abbandonare suo padre e con lui il regno la faceva sentir male.
Sarebbe rimasta al suo fianco cadendo insieme al padre e a Brudure.

“Bambina mia non capisci. Tu sei l’ultima speranza di salvezza per il popolo. Se ti salvi, potrai tornare a riprenderti il regno una volta giunto il momento”

“No, padre, non accadrà. Brudure ha già combattuto altre guerre, più impegnative di questa, e ne è sempre uscita vittoriosa. Vedrai che ce la faremo anche questa volta” disse tutto d’un fiato Eva, con le lacrime agli occhi. Sarebbe stato bello credere che veramente avrebbero potuto vincere, ma dall’imprevedibilità dell’attacco i cavalieri e l’esercito erano stati colti impreparati e costretti a difendersi al meglio che potevano con quello che riuscirono a trovare.

“Eva ascoltami. Tu ora andrai via da questo palazzo accompagnata da Malcom e altri cavalieri fra i migliori che abbiamo. Ti proteggeranno lungo il cammino e ti porteranno in un luogo sicuro. Verrà con te anche la tua dama di compagnia, così non ti sentirai tanto sola. Adesso vai in camera con la tua ancella a preparano l’indispensabile per il viaggio. Dovrai arrivare fino a Grosen, il regno di un mio vecchio amico e lì sarai al sicuro. Ho inviato poco fa un messaggero: sanno del tuo arrivo. Perciò non perdere tempo e vai a prepararti”.

Detto questo, l’ancella accompagnò la principessa nelle sue stanze perché da sola non riusciva a muoversi, sconvolta da quanto le aveva detto il padre. Era sotto shock.
 
 
Stava scendendo le scale in tutta fretta seguita dalla sua dama e dai cavalieri.
Andarono nelle stalle dove montarono in sella ai destrieri e, quando ricevettero la conferma che la via era libera, che stavano coprendo loro le spalle, partirono per prendere la via dei boschi.
Stava per addentrarsi in quella selva oscura quando si fermò per un attimo.

Si voltò per osservare per un ultima volta il suo regno, la sua casa.
Era tutto ridotto in fiamme e cenere. Nubi di fumo s’innalzavano fino al cielo coprendo quel sole che fino a poco prima aveva rischiarato la sua giornata.

In lontananza poteva scorgere i guerrieri che si dibattevano per contrastare, per quanto potevano, gli avversari. Molti avevano perso la vita in quello scontro e altri li stavano per raggiungere.

Il solo pensiero che suo padre fosse ancora lì le fece inumidire gli occhi ma non poteva piangere, non davanti alla scorta. Non poteva mostrarsi debole, tutti loro contavano su di lei, sul fatto che un giorno sarebbe tornata a riprendersi quelle che le spettava di diritto. E sicuramente l’avrebbe fatto.

Col suo orgoglio di principessa cominciò a cavalcare superando tutti gli altri che la seguirono immediatamente e si addentrò per quei sentieri, quegli alberi che con la loro ombra avrebbero coperto la tristezza nei suoi occhi. Perché oramai, anche se era in viaggio e non poteva vederlo, sentiva che alle sue spalle non c’era più nulla e quello era rimasto di lei: niente.

Ma giurò sulla sua vita e su tutto ciò che le era più a cuore, che un giorno sarebbe tornata, un giorno sarebbe divenuta regina di Brudure.
 
 
 
AGOLO AUTRICE:
 
per favore vi supplico non uccidetemi! So che sono in ritardo colossale ma con l’inizio della scuola, degli allenamenti e chi più ne ha più ne metta, non ho avuto la possibilità di aggiornare la stoia.
Comunque spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento. È molto più lungo del precedente perché mi serviva fare il punto della situazione prima di entrare nel vivo della storia.
Allora che ve ne pare? Ho ricevuto molte visualizzazioni nel capitolo precedente e spero di trovarne anche per questo ma vi chiedo, con tutto il mio cuore, di lasciare anche una piccola recensione per farmi capire se avete apprezzato o meno il mio lavoro. Non fatevi problemi a criticare perché mi potrà solo servire a fare meglio la prossima volta se questa non è andata come speravo.
Tornando a noi, inizierò ad aggiornare la storia ogni settimana durante il weekend probabilmente perché in settimana sono sempre impegnata.
Adesso vi lascio perché non vorrei dilungarmi troppo
Un grossissimo enorme gigantesco bacione
 
alinalaali

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Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


Dopo tre giorni di cammino, Eva e quei pochi cavalieri al suo seguito videro davanti ai loro occhi il regno di Grosen.
Finalmente dopo tutto quel vagare erano arrivati a destinazione.

Davanti a loro si mostrava in tutto il suo splendore la città alta, la parte ricca del regno.
A dominare era l’immenso palazzo di pietra che si ergeva dalla cima di una rocca estendendo la sua bellezza e la sua potenza agli edifici circostanti, appartenenti alla nobiltà del luogo.
Al di fuori delle mura si allargava a perdita d’occhio la campagna completamente innevata, intervallata da piccole macchie scure sparse qua e là: erano i villaggi dei sudditi del reame.
Senza perdere troppo tempo ad ammirare il panorama, il gruppo percorse l’ultimo tratto di strada che li separava dal palazzo.
Arrivati davanti al portone, vennero annunciati e fatti entrare nel cortile interno.
Ad attenderli vi erano il re con la moglie e i due figli, il maggiore e la secondogenita.
Eva si ricordava bene di tutti loro, soprattutto del ragazzo, che non smetteva di fissarla.

Ogni estate, quando era più piccola, trascorreva le sue vacanze fra queste mura giocando insieme a lui e, più avanti, anche con la ragazza. Questa però non le era mai stata tanto simpatica: interpretava alla perfezione lo stereotipo della principessa viziata che comandava su tutto e su tutti e che otteneva sempre quello che voleva quando lei lo richiedeva.
Per questo preferiva mille volte la compagnia del fratello, il quale ricambiava a sua volta.
Insieme i due ragazzi si divertivano come non mai: andavano a cavallo, si rincorrevano e combattevano fra di loro perfino!
Già, perché Eva non era mai stata la classica principessa che trascorreva i suoi pomeriggi chiusa in camera a ricamare e cucire. No, lei preferiva l’aria aperta, la sensazione del fango addosso, il rumore delle spade che si scontrano.
Fu questo che colpì Caleb, sin dalla prima volta che la vide.

E da quel giorno non riuscì più a non pensare a lei.

Aspettava con ansia la stagione estiva per poter trascorrere con lei tutti i caldi pomeriggi e passare le giornate a ridere e scherzare. Era troppo preso da quella ragazza.
Ma col tempo quei sentimenti mutarono, poiché la sua età non gli permetteva più di trascorrere le giornate a gozzovigliare. Lui era un principe e come tale doveva comportarsi.
Fu così che finirono i bei giorni della loro infanzia.

“Sono lieto di vedervi sana e salva principessa Eva”  la accolse il re, Thoris “Sono anni che non ci si vede, siete diventata davvero una bellissima donna” disse baciandole la mano.
Osservò subito gli sguardi della moglie e della figlia farsi più cupi mentre quelli del principe non la perdevano di vista nemmeno per un secondo.
La mettevano quasi in soggezione ma non cercò di non pensarci.

“Il piacere è tutto mio, maestà, e grazie per la vostra generosa ospitalità che mostrate nell’accogliere me e i miei fidati nel vostro castello”

“E’ il minimo che ho potuto fare per un mio caro vecchio amico che spero di rivedere al più presto”

Nel sentir nominare suo padre, Eva non poté che rattristarsi perché le parole pronunciate dal re erano il suo pensiero costante ma dentro di sé sapeva che si trattava solamente di un sogno, una mera speranza. Si ricompose subito, non volendo mostrarsi debole davanti a coloro che l’avrebbero ospitata e salutò il resto della famiglia reale.

“Piacere di rivederla, principessa Eva” disse Caleb col sorriso sulle labbra. Non poteva nascondere di essere felice e turbato allo stesso tempo di rivederla.
La sua voce profonda provocò dei brividi lungo tutto il corpo di Eva.
“P-piacere mio, principe Caleb. Ho sentito molto parlare di voi a palazzo e di quanto siate un abile combattente. Non siete cambiato da quando eravate solo un ragazzino”.

Invece era cambiato eccome ed Eva l’aveva notato subito: era divenuto un uomo alto con delle spalle davvero possenti, gli occhi, chiari come il ghiaccio, ti ipnotizzavano sin dal primo sguardo, la mascella era ricoperta da un leggero strato di barba e quella piccola cicatrice sul labbro inferiore non chiedeva altro se non di essere baciata.
Accorgendosi della linea che stavano percorrendo i suoi pensieri, un rossore ricoprì le guance della principessa che cerco subito un argomento per sviare l’attenzione.
“Questi sono i più fedeli cavalieri del regno di Brudure e questo è Malcom, il primo cavaliere del regno” presentò Eva il suo seguito e Michaela, la sua dama di compagnia.

Dopo le presentazione, venne ordinato ai servitori di mostrare ad Eva e al suo accompagnamento le loro stanze.
“Stasera si festeggerà il vostro arrivo con un banchetto, principessa. Adesso andate nelle vostre stanze a prepararvi. Sarete l’ospite d’onore” e con questo si congedò assieme al resto dei suoi familiari.
Eva non voleva altro se non un letto caldo dove dormire, ma i piani non lo prevedevano ancora, per il momento; sarebbe stata una lunga serata.
 
All’ora di cena, Eva fece il suo ingresso nella sala dove era stato allestito il banchetto per la sua venuta.
Non appena varcò la soglia, tutti gli occhi vennero puntati su di lei e si sentirono alcuni sospiri di ammirazione.

Indossava un lungo abito blu stretto in vita e il corpetto era di un azzurro tendente al celeste, le maniche ricadevano lunghe e strette fino ai polsi, la gonna ricadeva sulle gambe come una fluente cascata e in vita portava una cinturina d’oro. I capelli corvini erano raccolti in una crocchia, con delle ciocche che ricadevano sulla spalla destra. Infine il viso: non serviva del trucco per far risaltare la sua bellezza, bastavano i suoi occhi smeraldo.
Andò a sedersi al fianco del re e dall’altro lato stava Caleb.
Non appena tutti si furono seduti arrivarono le prime portate.

“Vi siete sistemata bene nelle vostre stanze” cominciò a conversare Caleb, senza abbandonare il suo sorriso.
Era una domanda facile, ma ad Eva mancarono le parole, troppo intenta a perdersi in quegli occhi di ghiaccio.
Si limitò ad annuire.
“Avete perso la parola? Strano, eppure non vi ricordavo così timida” la stuzzicò un po’ il ragazzo.
“Scusatemi, avevo la testa da un’altra parte. Certo che non è cambiato nulla in questo posto. Quand’è stata l’ultima volta che sono venuta qui, cinque anni fa?” cercò di difendersi Eva.
“Possiamo anche darci del tu, Eva? Ci conosciamo da quando eravamo bambini”
“Certo, Caleb. Ad essere sincera faceva un po’ strano anche a me”
Sorrise e si rilassarono entrambi.
Non si era accorta che Caleb si stava trattenendo, non notava ancora l’effetto che la sua persona aveva su di lui.

Iniziarono a parlare dei tempi passati, delle loro estati nel castello e di quello che avevano fatto finora, finché non si raggiunse l’argomento sensibile.
“Ho saputo quello che è successo al tuo regno, sono davvero dispiaciuto. Avessi potuto avrei dato una mano ma quel giorno ero lontano da casa a combattere un’altra battaglia”
Eva non voleva parlare di quanto accaduto nei giorni precedenti, non voleva aprire ferite non ancora chiuse ma non poteva evitare di rispondere, sarebbe sembrato scortese.
“Mentirei se dicessi che sto bene. Ho appena perso tutto quello che mi rappresentava: la mia famiglia e il mio regno. Mi sento in colpa anche ad essere seduta a questo banchetto a ridere e scherzare spensieratamente con tutti voi. Non mi sembra giusto nei confronti del mio popolo”. Infatti i cavalieri di Brudure non sembravano apprezzare ciò che vi era sotto i loro nasi e non prestavano attenzione nemmeno a quello che li circondava.
Solo Malcom di tanto in tanto scambiava qualche parola con i vicini e la osservava da lontano. Gli altri rimanevano in silenzio.
Eva era l’unica tra i nuovi ospiti a sorridere e parlare apertamente.

“Non devi sentirti così, Eva. È giusto distrarsi in situazioni del genere. Pensare troppo a quanto accaduto ti farà soffrire ancora di più. Cerca di pensare a qualcosa di positivo. Dai vieni a ballare, così magari sul tuo volto ritornerà quel sorriso che amo tanto” quando si rese conto delle ultime parole che aveva detto, Caleb cambiò espressione, assumendone una da scocciato per così dire.

Eva invece sembrò non accorgersene poiché pensava a quando le aveva detto prima e, dopo pochi secondi, si ritrovò fra le forti braccia del principe sulla pista da ballo.
Strano descrivere le sensazioni che provò in quel momento: si sentiva protetta, al sicuro tra le sue braccia. Si sentiva in un certo senso a casa. Sulle sue guance si diffuse un lieve rossore che non sfuggì agli occhi di Caleb che sorrise di fronte al suo imbarazzo.
Nemmeno si resero conti degli occhi degli altri invitati puntati contro. Alcuni erano sorpresi di vedere il principe Caleb in quello scambio di effusioni, sereno e rilassato al tempo stesso. Non l’avevano mai visto in questo modo.
Per loro lui era il principe sanguinario che non esitava di fare stragi tra le masse dei nemici.
Davanti a quella ragazza sembrava assumere un aspetto più umano.

Ad incenerirli con lo sguardo era la madre di lui, Isma, che non approvava questo scambio di carezze fra i due.
Ma ai diretti interessati tutto ciò non importava.
Erano persi l’uno negli occhi dell’altra.
 
Trascorse così la prima serata a palazzo per Eva e quando andò a coricarsi, si ritrovò a sognare due grandi pozze azzurre.



ANGOLO AUTRICE:
Ciao a tutte! Con largo antcipo pubblico il terzo capitolo della storia.
Finalmente è avvenuto l'inconro tra i due protagonisti e da adesso in avanti non mancheranno colpi di scena fra i due!
Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto e sarei più che felice se lasciaste una recensione come simbolo del vosro aprezzamento.
Detto questo ne approfitto per ringraziare i due angeli che hanno recensito il capitolo precedente: light10 e Sheloveslife
Vi saluto tutte con un grossissimo bacio e al prossimo capitolo che dovrei pubblicare nel weekend scuola e partite permettendo :)
Alla prossima

alinalaali

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