Storia di un guerriero e della donna che gli insegnò ad amare.

di Ashelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto primo - Il fungo rosa e l'aspirapolvere di metallo. ***
Capitolo 2: *** Thanatos, if I can't be yours. ***



Capitolo 1
*** Atto primo - Il fungo rosa e l'aspirapolvere di metallo. ***


1

«Hai intenzione di restare lì tutto il giorno?» Bulma era in piedi accanto a Vegeta, incurante della pioggia che lentamente aumentava la propria intensità «Capisco che tu sia un saiyan ma penso che anche voi possiate prendere l’influenza, no?»

«Non sono mai stato male in tutta la mia vita, per tua informazione» in realtà non era vero, visto che all’età di sei anni stava per rimetterci la pelle a causa di una malattia infettiva contratta su uno dei tanti pianeti invasi (la quale si pensa, tra l’altro, abbia causato la sua parziale e precoce stempiatura, ma questa è un’altra storia) «Sto bene dove sono, non ho alcuna intenzione di vedere nessuno al momento e l’idea di condividere la stessa casa con voi mi fa venire il voltastomaco» dicendo questo si accigliò ancora di più, premendo gli indici contro le tempie come a voler attenuare un gran mal di testa.

Prevedendo una lunga conversazione, Bulma si sedette sotto il grande albero davanti a Vegeta, chiudendo a quel punto l’ombrello «Ti avverto, so essere molto paziente quando voglio e questo solitamente porta a degli interminabili dialoghi al termine dei quali la spunto sempre io»

«Immagino anche il perché! Deve essere una tortura starti a sentire e io ho già mal di testa, perciò togliti dai piedi prima che perda la pazienza»

«Mi duole intaccare la tua seppur immensa virilità, nonché il tuo mastodontico ego ma io non ho paura di te e, anzi, se proprio ti interessa saperlo, il tuo atteggiamento mi diverte e mi induce a continuare a parlare quanto e più di prima»

«Non puoi semplicemente disprezzarmi come fanno tutti i tuoi patetici amici? Ed evitare così di tediarmi con i tuoi cicalecci da donna? L’unico modo in cui tu possa essermi utile è quello di darmi un’astronave decente che mi permetta di andarmene da questo posto per ritornare soltanto quando potrò scontrarmi con Kakaroth. Qualsiasi altra cosa tu voglia fare mi arrecherà soltanto un immenso fastidio»

«Parli di Goku, immagino. Beh, lui al momento non è qui e, a meno che tu non voglia andare nell’aldilà, dovrai aspettare che torni in vita. Nel frattempo potrai allenarti qui, non hai neppure idea di quanti macchinari infernali mio padre abbia inventato! Uno di questi permette di aumentare la gravità a piacimento, il che suppongo possa esserti utile per un bell’allenamento in condizioni estreme, no? Insomma, perché complicarsi la vita andando su altri pianeti quando qui puoi avere tutto quello che vuoi?» Bulma appariva quasi come una bambina che tentasse di convincere il padre a non andare a lavoro per passare un po’ di tempo con lui, ma non si può dire se il suo infantilismo producesse in Vegeta più fastidio o disgusto.

Egli la guardò, a quel punto, come se stesse cercando di decifrare una tela astratta o un geroglifico che, ovviamente, rinunciò a capire «Non sono un dannato acquirente delle vostre cianfrusaglie tecnologiche, quindi non c’è motivo che tu tenti di pubblicizzarle con me e men che meno devi trattarmi come se fossi tuo amico, perché non è così e non accadrà mai…» Bulma lo interruppe prima che potesse finire di parlare, capendo che nemmeno la sua “dialettica” avrebbe potuto sortire effetti con lui «Ok, ascolta, ti propongo un patto: io adesso ti mostrerò la tua stanza, ti farai una bella dormita fino a domani, quando potrai vedere ciò di cui ti ho parlato e se pensi che non ti sarà utile allora ti metterò a disposizione un’astronave e potrai andare dove ti pare, d’accordo?»

«Perché mai dovrei scendere a patti con te?» rispose con tono più calmo, ormai chiaramente provato dagli ultimi eventi che non gli avevano effettivamente concesso un attimo di riposo. Bulma, notando questa sfumatura nella sua voce, rispose quasi trionfante ma egli non vi prestò attenzione «Perché non hai assolutamente niente da perdere e mi chiedo perché tu ti ostini a voler rimanere qui sotto la pioggia, malanni o no! Avanti, vieni con me, entriamo in casa» dicendo ciò, ottenne ciò che sperava, in quanto Vegeta si decise a seguirla verso casa.

Con grande lungimiranza, Bulma fece entrare Vegeta da una porta secondaria, così che potesse evitare di vedere gli altri, i quali avrebbero sicuramente riempito Bulma di improperi per avergli permesso di mettere piede in casa dopo tutto ciò che aveva fatto. Ne sarebbe poi scaturita una lite furibonda tra Yamcha e Vegeta, che avrebbe portato alla distruzione di mezza casa (che è sicuramente grande) e alla prematura departita di Yamcha, che, detto tra noi, è sicuramente meno forte di Vegeta. Pensando a tutto ciò Bulma saliva le scale, un po’ divertita e un po’ spaventata, seguita da un “fantasma” bagnato fradicio, con le occhiaie e i capelli che non sfidavano più la legge di gravità, a causa della pioggia (nda vorrei a tal punto aprire una parentesi sui capelli di Vegeta: qualcuno sa dirmi perché si appiattiscano a causa dell’acqua, come nella puntata in cui Vegeta fa la doccia, ma non in conseguenza della supergravità? Chiunque sappia rispondere mi invii un’email J). Forse per questo egli non si accorse che il vestito di Bulma le si era parzialmente appiccicato alla pelle, producendo un effetto sicuramente molto sensuale per la maggior parte degli uomini eterosessuali. Senza volerci addentrare in simili questioni, giungiamo infine alla porta della camera, la quale era molto spaziosa e dotata di molti confort come il bagno in camera e i vetri delle finestre oscurabili a piacimento, al pari delle altre camere da letto. Per non parlare della sua posizione: era strategicamente lontana dal resto delle camere e la più vicina alla suddetta uscita secondaria, il che, vista la grandezza della casa, poteva anche permettere al suo inquilino di evitare incontri sgraditi, anche perché sicuramente nessuno avrebbe osato avvicinarsi a lui di proposito. Nessuno tranne Bulma, ovviamente, che aveva appena aperto la porta scorrevole con un gran fracasso «E’ da molto tempo ormai che nessuno entra qui, è una stanza un po’ isolata e l’ultima persona che ci ha dormito era un dipendente che adesso è andato in pensione»

«Vuoi dire che qui ci abitano anche i vostri dipendenti?»

«Certo, ci saranno un centinaio di stanze e molti dipendenti che praticamente lavorano incessantemente, quindi è molto più pratico che alcuni di loro abitino direttamente qui, per la durata del loro contratto. Non fraintendere, non sono certo sfruttati, in quanto loro stessi non vogliono staccarsi dalle loro ricerche, sono cocciuti come mio padre!»

«E’ davvero interessante…ma potresti limitare l’apertura della tua bocca a funzioni quali il nutrirti o respirare? Non c’è nient’altro che, nel tuo caso, ti sia utile per vivere o che eviti di tediarmi»

«Wow, questa dovrò scriverla, non credi? Accidenti, datti una calmata! Comunque ti ripeto che il tuo sarcasmo mi scivola addosso come l’acqua…cavoli, ma perché mi sono bagnata così tanto anch’io, a proposito? Mi chiedo perché mi ostini ad usare l’ombrello quando ci sono metodi molto più efficaci…dovrò provare quelle nuove capsule protettive»

Ovviamente Vegeta, al contrario di Bulma, non aveva voluto proteggersi dalla pioggia, dichiarando di non voler stare sotto un “ridicolo fungo rosa appuntito”. In ogni caso, nemmeno quelle parole destarono il suo interesse per le forme di Bulma e si limitò a guardarla distrattamente, seduto sul letto, mentre stava cercando qualcosa nello spazioso armadio.

«Ma dove li ho messi, erano qui! Ah, eccoli…chissà perché fatico sempre a trovare le cose negli armadi…devo inventarne uno che si ordini da solo» così dicendo posò il pesante fardello di vestiti sul letto, evidentemente compiaciuta per gli sforzi compiuti «Ecco qua, scegli quelli che preferisci!»

Vegeta guardò i vestiti come se fossero stracci bucati dalle tarme e non li toccò nemmeno «E cosa dovrei farci con questi, esattamente?»

«Beh…metterli? La tua tuta ormai è strappata e sudicia e quindi va lavata e rattoppata…»

«Rattoppata?» la interruppe Vegeta, alzandosi di scatto «tu o chiunque altro non metterete le mani sulla “mia” tuta, è chiaro? E sia chiaro anche che io non indosserò mai questi…questi “vestiti” terrestri, sarebbe un insulto alla mia persona!»

A quelle parole, Bulma, invece di arrabbiarsi o sentirsi semplicemente ferita, rise in maniera del tutto naturale, come se avesse appena sentito raccontare una barzelletta. L’intento di Vegeta era, chiaramente, opposto ma un orecchio attento, si sarebbe accorto che il suo modo di rapportarsi con lei era diverso da quello che riservava agli altri. Era quasi come se, più o meno consciamente, cercasse di moderare i suoi toni, ottenendo però un effetto a metà tra il ridicolo e l’arrogante. E’ pur vero che, il carattere particolarmente “positivo” di Bulma, avallasse in lei la percezione del lato ridicolo e quindi la conseguente reazione divertita. Inutile dire che Vegeta si arrabbiò ancora di più perché l’ultima cosa che si aspettasse era proprio questa «Ma come osi ridere di me? Pensi che non possa procurarti delle fratture multiple solo perché sei una donna? Sappi che ho ucciso per molto meno!»

Con uno sforzo notevole Bulma si contenne, più per amor della pace che non per paura di essere picchiata «Dicono tutti così, sai? Ormai è un cliché, dovresti saperlo…insomma, tra voi “malvagi” dovreste evitare di copiarvi a vicenda con queste frasi fatte…»

«…(grugnito incomprensibile)»

«Ok, ok, ho recepito il messaggio, non ho voglia di provocare la mia morte, sta’ tranquillo! Non toccherò la tue “sacre vesti” da guerriero, ma mi permetto di osservare che faresti comunque meglio a cambiare vestiti. Questi, tra l’altro, li ho presi apposta per te, non sono certo del tizio che stava qui prima! Vedi, sono tutti neri o al massimo di tonalità scure e molto, come dire “cattive”, sì…ti staranno bene, vedrai! E poi è una situazione temporanea, giusto il tempo di lavare la tua tuta e la riavrai come nuova…beh, buchi a parte, s’intende»

«Mi hai comprato dei vestiti?» disse lui con estrema riprovazione, ovviamente per nulla abituato a ricevere questo tipo di attenzioni.

«Sì, proprio poco prima di venirti a tirare via da sotto quel dannato albero. Ho giustamente pensato che ne avessi bisogno»

L’umore di Vegeta a quel punto era indescrivibile e rimase a guardarla sconcertato, senza dire più niente. Aveva molta voglia di contraddire Bulma ma in fondo sapeva che lei aveva ragione e non sapeva, invece, come affrontare la situazione senza uscirne sconfitto.

«Io adesso ti lascio solo, così farai un bel bagno e poi deciderai con più calma cosa fare, devi essere molto stanco»

«E tu devi essere completamente suonata. La tua gentilezza è stucchevole e del tutto inutile, visto che non riuscirai mai a rabbonirmi e qualsiasi cosa tu stia architettando, sappi che non funzionerà» a quel punto non sapeva chiaramente più cosa dire.

«Ma di che cosa stai parlando? Io sarò anche suonata ma tu sei paranoico, hai davvero bisogno di una dormita e anche di un bravo strizzacervelli…» così dicendo, chiuse l’armadio, lasciando i vestiti sul letto e si avviò verso la porta, per nulla contrariata «Ah, dimenticavo, tra un po’ verrà servita la cena per chi è in camera dal robot, basta che tu prema questo pulsante per far salire il montacarichi e poi lo riprema per far tornare giù le stoviglie, ok?»

Senza aspettare una risposta che non sarebbe mai arrivata, lo salutò e usci dalla stanza, mentre lui stava ancora cercando di capire cosa lei avesse detto.

2

Un anno e qualche mese più tardi, Vegeta era ancora lì alla Capsule Corporation, senza essere andato su un altro pianeta come, invece, si sarebbe aspettato di fare. I macchinari di cui parlava Bulma erano realmente utili per il suo allenamento e la convivenza con gli altri inquilini non risultò essere poi così traumatica, dato che, praticamente, non li vedeva quasi mai, fatta eccezione per qualche sporadico scontro (a sfondo più o meno ludico) con Yamcha che lo vedeva sempre vincitore. Aveva anche trovato un’occupazione ben retribuita che consisteva in periodici tornei clandestini interplanetari nei quali la sua rabbia e la sua sete di potere trovavano sfogo con alcuni tra i guerrieri più preparati della galassia, anche se erano realmente pochi quelli in grado di tenergli testa. Inutile dire che tutto ciò non era neanche lontanamente sufficiente per la sua soddisfazione personale e non era altro che un mero palliativo, se non altro utile a tenerlo impegnato in attesa del grande scontro con i cyborg predetto mesi prima dal giovane Trunks e a permettergli di non dipendere del tutto da Bulma, cosa che il suo orgoglio non avrebbe di certo sopportato. Il suo rapporto con lei era, infine, profondamente mutato in quel tempo, senza che se ne accorgesse quasi nessuno, a parte Yamcha, ovviamente, che ogni tanto faceva a Bulma delle scenate di gelosia degne di Otello, per un sorriso languido rivolto a Vegeta o un’occhiata di troppo da parte di quest’ultimo, alle quali lei non rispondeva quasi mai in maniera del tutto soddisfacente, come se fosse realmente consapevole della loro fondatezza ma non riuscisse ad accettarlo. In verità, lei gli aveva sempre rimproverato di essere un dongiovanni (nda termine usato proprio nel manga da Trunks, in riferimento alla rottura dei due, anche se la traduzione in questi casi è sempre da verificare J) e anche lui le aveva più volte dato motivo di essere gelosa, anche se, ultimamente non le importava più come prima.

Si era ormai fatta quasi sera in una di quelle tante giornate tranquille d’autunno, quando Vegeta, sentì un rumore di vetri rotti provenire da una delle cucine. Precisamente quella più vicina all’entrata secondaria, situata quindi nell’ala più isolata della casa, che da qualche giorno in particolare, Bulma aveva preso a frequentare più spesso del solito. Si appoggiò alla porta, curiosando all’interno della stanza, e vide che Bulma era intenta a raccogliere dei vetri.

«Accidenti, mi sono tagliata di nuovo! Ho le dita martoriate, dovrò cominciare ad indossare i guanti…fortunatamente comincia ad esserci più freddo»

«E’ la quinta cosa che rompi questa settimana, o sbaglio?»

«Oh, sei tu! Non posso credere che tu ne tenga il conto, non ti preoccuperai certo della mia incolumità? Comunque mi hai fatto spaventare, credevo non ci fosse nessuno qui.»

«Infatti, sono tornato adesso, appena in tempo per assistere ad un nuovo attacco di nervi a quanto sembra. Penso che farò meglio ad uscire di nuovo e, in ogni caso, no, non mi preoccuperei mai dell’incolumità di qualcuno, non ho ancora sradicato dal mio cuore tutta l’empietà che alberga dentro di esso»

«Ti adoro quando fai il sarcastico utilizzando vocaboli forbiti, stai imparando bene, sai? Potresti avere un futuro da commediante, vedo già le locandine del tuo spettacolo affisse nelle più squallide bettole della città. In ogni caso non sono certo una pazza nevrotica soltanto perché ultimamente rompo qualche bicchiere e mi alleno di più con il punching ball»

«Davvero? Eppure non si nota, la tua figura è così poco atletica e sottolineo adesso la mia serietà nel dirlo»

«Beh, immagino che in confronto alle culturiste alle quali eri abituato sul tuo pianeta io debba essere flaccida, ma lo prendo decisamente come un complimento, detto da te»

«Io veramente ti avrei confrontato con una comune terrestre, e poi le donne del mio pianeta non erano “così” muscolose…beh, non tutte almeno…e in ogni caso sei davvero fuori forma» così dicendo prese una birra dal frigorifero.

«Grazie! Devo cominciare a pagarti? Non pensavo fossi diventato il mio personal trainer»

«Mi diverto così, demolisco le persone moralmente quando non mi è possibile farlo fisicamente»

«Ormai non capisco più quando tu sia sarcastico o meno, anche se posso ipotizzare che raramente esca dalla tua bocca qualcosa che valga la pena di essere ascoltata»

«Pensa a te stessa, piuttosto, dovresti curare di più l’unica cosa che può renderti interessante agli occhi dell’umanità» indicando il suo corpo con la bottiglia di birra.

«Il fatto che tu abbia premura solo di incrementare la tua massa muscolare anziché la tua capacità intellettiva non significa che sia realmente questo ciò che conta nelle relazioni interpersonali ed è verificabile analizzando in particolar modo il tuo caso, data la tua scarsa, anzi pressoché nulla, abilità nelle pubbliche relazioni. Non puoi certo ritenerti un despota se non hai carisma e il carisma risiede principalmente nella capacità di utilizzo della parola, caro il mio principe degli egocentrici ipercritici» dovette, quindi, prendere un bel respiro, incrociare le braccia e inarcare le sopracciglia in segno di trionfo.

«Hai mai pensato che invece il tuo carisma risieda nelle tue tette? Ci ha costruito un bell’appartamento dalla tua pubertà e devo dire che adesso ha qualche problema nelle fondamenta, se capisci cosa intendo»

«Questa discussione sta diventando imbarazzante per me, devo supporre che le tue frecciatine nascondano un insospettato interesse per il mio corpo! E’ forse questa una rudimentale dichiarazione d’amore che i tuoi scarsi mezzi comunicativi ti mettono a disposizione? Somigli tanto a quei bambini che tirano le trecce alle ragazze perché non sanno come dire che in realtà sono pazzi di loro»

«Hai finalmente scoperto il mio malcelato interesse nei tuoi confronti! E, prima che tu possa aggiungere altro in proposito, ammetto anche di essere sarcastico con te solo perché so che non posso averti e tutto il resto»

«Fai poco lo spiritoso, stupido…risparmia questi...»

D’improvviso si udirono un rumore metallico e degli ingranaggi incepparsi, finché non uscì del fumo dal robottino che stava aspirando i pezzi di ciò che prima era un’insalatiera. Come colta da un lampo, Bulma si guardò l’anulare della mano destra e un sussulto la pervase.

«Oh, merda! L’anello!»

Velocemente prese il robot e lo sbatté sul tavolo, cominciando a smontarlo molto poco accuratamente.

«Si può sapere cosa stai facendo? Te la prendi anche con gli esseri inanimati adesso?»

Incuriosito, Vegeta, si avvicinò al tavolo per capire fino a che punto Bulma stesse dando i numeri. Vide, invece, che la ragione di tale accanimento era una piccola pietra di un azzurro delicato, fuoriuscita dalla macchina aspiratrice, che si distingueva dagli altri pezzetti di vetro per la sua lucentezza e per il fatto che fosse rimasta integra.

«Che accidenti è?»

«Faceva parte di un anello che adesso è chissà dove tra questi rottami…me lo aveva regalato Yamcha» mentre lo disse, la sua espressione si fece vitrea come la piccola pietra che teneva in mano ma non si perpeciva nella sua voce la vera e propria tristezza causata normalmente dalla perdita di un oggetto caro.

«Beh, suppongo che tu possa recuperarlo senza troppi problemi oppure puoi sempre metterti a piagnucolare e sperare che si ricomponga da solo»

«Non mi interessa affatto ricomporlo, lo avrei comunque venduto o gettato in mare»

Il suo tono si discostava nettamente da quello canzonatorio che avevano mantenuto entrambi nella conversazione appena sostenuta e colse Vegeta alla sprovvista.

«Non ti facevo così venale! Cos'è, avete litigato per qualche stupida idiozia delle vostre?»

«Più semplicemente è andato a letto con un'altra donna»

Il tono di Bulma si era fatto inequivocabilmente serio. Da circa una settimana lei e Yamcha dormivano in stanze separate e non si parlavano affatto. Lei aveva mascherato quel momento di crisi (sia relativa alla coppia che al suo sistema nervoso) lavorando praticamente tutto il giorno ad uno dei soliti esperimenti di robotica, così che anche i suoi genitori, di solito molto attenti a ciò che poteva succedere nella sua vita privata, non si accorsero di niente. Tra le persone che non avvertirono la separazione, oltre ai suoi amici più intimi, si trovava anche Vegeta, il quale rimase stranamente sorpreso da quella rivelazione che, teoricamente, non avrebbe dovuto toccarlo in alcun modo.

«Adesso si spiega la decimazione degli oggetti infrangibili e la tua lingua più tagliente del solito…se fossi realmente intelligente come dici avresti già dovuto capire che la monogamia maschile è una puttanata estranea a molti altri pianeti maggiormente senzienti del vostro»

«Non preoccuparti, Vegeta, io sto bene, grazie della consolazione, ‘tsk’…guarda che anche sulla Terra ci sono molti luoghi nei quali la bigamia o addirittura la poligamia sono ampiamente concesse e praticate. E’ comunque solitamente buona norma non tessere rapporti con altre persone quando si provano quei sentimenti che tu tanto disprezzi soltanto perché ti sono estranei, ma non mi aspetto certo che tu possa capirlo, sarebbe per te uno sforzo enorme anche il solo pensarlo»

«Può darsi che non ti trovi più attraente o che, semplicemente, volesse solo spassarsela ma è stato scoperto…è proprio quello che ci deve aspettare da un imbranato come lui»

«In verità, me lo ha semplicemente confessato durante una delle solite litigate nelle quali io lo accusavo di essere un donnaiolo e lui per difendersi ha persino osato dire che io mi fossi in…» si fermò per un attimo, come se stesse per dire qualcosa di sconveniente «che fossi meno attenta, per così dire, nei suoi confronti da molto tempo. E in fondo forse è la verità…dovrò parlargli prima o poi per chiarire questa situazione e separarci in modo più civile, non posso certo evitarlo per sempre e, in fondo, se mi ha tradito è anche colpa mia, devo ammettere che è la verità…»

«Hai finito di piangerti addosso? Siete davvero patetici, immersi nella paura di ferirvi a vicenda e troppo preoccupati di urtare i vostri candidi sentimenti…ma per favore, se vuoi tenertelo fallo e basta, altrimenti lascialo e va’ col primo che incontri, sempre che questo sia altrettanto disperato, s’intende…»

«Tu non hai mai provato niente per nessuno in vita tua, vero? Non parlo necessariamente di donne ma magari un tuo familiare…tua madre? Tutti vogliono bene almeno alla propria madre, anche i più grandi bastardi mai esistiti»

«Non ho mai creduto che i rapporti familiari meritassero più importanza degli altri e poi mia madre è morta quando ero piccolo, non mi ricordo neanche che faccia avesse»

«Adesso si spiegano moltissime cose, ecco perché sei così arido! Ti è mancato l’affetto materno e sei vissuto in un mondo che avallava la violenza e la poneva come valore supremo… forse anche Goku sarebbe diventato cattivo se fosse vissuto in un ambiente simile, nonstante la sua indole di partenza sia sicuramente migliore della tua. Non riesco davvero a biasimarti, anzi, provo pena per te»

«Richiama l’esercito della salvezza, donna, la cosa è senz’altro reciproca e i tuoi tentativi di trovare in me qualcosa di buono sono…beh, lasciamo perdere…mi sto ripetendo anche troppo nel dirlo. Fermati a pensare un attimo che forse è il tuo, di mondo, che ha qualche problema nella scala dei valori morali. Siete solo una massa di ipocriti incoerenti che non sanno più neanche quale dio pregare per nascondere il vuoto che è dentro di loro e soprattutto per reprimere quella che è la loro vera natura…»

«Che sarebbe la volontà di uccidere tutti indiscriminatamente?» disse Bulma sorridendo.

«No, razza di stupida, è la volontà di potenza1 che asseconda il naturale desiderio di primeggiare sugli altri anche e soprattutto usando la violenza che è la migliore forma di attestazione della propria supremazia sugli esseri più deboli. E se proprio ci tieni a saperlo, i bambini del nostro pianeta venivano separati dalla propria madre in tenera età per essere immediatamente addestrati al combattimento e quelli che non erano ritenuti adatti venivano semplicemente uccisi (nda ogni riferimento agli spartani è puramente casuale), in quanto inutili e anche perché, prima o poi, sarebbero comunque stati fatti fuori da qualcun altro a causa della loro incapacità»

«Però! Sei qui da poco più di un anno e ti meggi già a parlare di filosofia…cominci a sorprendermi, non ti credevo capace di tali ragionamenti. Anche se non reggono in quanto giustificazione della conquista di altri popoli tramite il genocidio, sono comunque ben congeniati, devi solo allenarti un po’ di più e poi potrai diventare un perfetto oratore»

«Mi chiedo perché sprechi il mio tempo con te a dire stronzate, devo essermi bevuto il cervello»

«Io lo apprezzo. Da quando ti conosco non avevamo mai parlato così apertamente, almeno adesso so che sei capace di esprimerti in modo intelligibile»

«Quando parlavo del ‘primo che incontri’ non mi riferivo a me, non tentare di mettere in ballo i sentimenti, ti ho già detto che non funziona, non li possiedo..e anche se così fosse non li proverei certo per te, solo perché ti degno della mia attenzione»

«Non ti credo affatto, non è possibile che il tuo cuore non abbia mai battuto per qualcuno…forse sei omosessuale, ci hai mai pensato?»

«E cosa diavolo c’entra l’orientamento sessuale adesso?»

«Magari finora hai solo incanalato le tue attenzione in direzione sbagliata, si spiegherebbe anche la tua repressione»

«Repressione? Ma di che diavolo stai parlando, io non sono affatto represso!»

«Non mi riferisco solo alla repressione di tipo sessuale, sei insoddisfatto e si vede anche dal modo in cui sei perennemente accigliato, mi domando come mai non ti si sia ancora scavato un solco in mezzo alla fronte!»

«Ascoltami bene perché questa è l’ultima cosa che dirò questa sera e per molto altro ancora: sono insoddisfatto soltanto perché sono bloccato su questo pianeta orrendo, la mia vita non è affar tuo sotto ogni punto di vista e il mio cuore non batte…e basta!»

«Sei un non-morto che cammina tra noi, non sarai anche fotofobico, spero! Adesso scoprirò che sei anche un vampiro, forse, e che magari non respiri…quando parlo di repressione intendo anche questo, sei pur sempre un essere umano, anche tu provi delle emozioni, per quanto tu ti ostini cocciutamente a rifiutarle e a sottovalutare la tua capacità cardiaca…»

«Il mio dannatissimo ritmo cardiaco è sempre costante, tranne in situazioni di estremo, e sottolineo estremo, ed eccezionale sforzo fisico al quale, purtroppo, raramente mi soppongo e per lo stato di eccitazione dovuto al combattimento e stop, niente altro, ti è definitivamente chiaro o devo dartene una dimostrazione che sarebbe per te traumatica?»

«Oh, ma io ti credo…sei tu che non credi a me e quindi forse dovrei essere io a darti una dimostrazione traumatica di ciò che sostengo»

«Ascoltami attentamente perché non mi ripeterò una seconda volta, io so quello che dico e tu non hai prove tangibili delle tue illusioni da femmina con scarso senso pratico»

Anche Bulma possedeva un orgoglio ben celato ma ugualmente suscettibile ed era stato già più volte offeso. Desiderosa di ottenere una piena rivincita, ella sorrise con malizia guardando Vegeta negli occhi come un falco osserva la sua preda prima di arpionarla, anche se, in questo caso, si trattava di una difficile conquista. Si avvicinò a lui, quindi, con passo deciso e si fermò a pochi centimetri da lui, poggiandogli tutt’e due le mani sul petto e continuando a guardarlo negli occhi, quasi alla alla stessa altezza dei suoi.

«Questo è il tuo battito normale»

«Non capisco cosa…» abozzò Vegeta, visibilmente imbarazzato dalla ridotta distanza che, per la prima volta, li separava l’uno dall’altra.

Con grande dolcezza Bulma cinse il viso di lui tra le mani, avvicinandolo leggermente a sé e poggiò delicatamente le proprie labbra sulle sue, chiudendo gli occhi mentre quelli di Vegeta rimasero aperti a guardare il vuoto. La forte tensione che era sempre stata presente tra i due si era infranta in quel semplicissimo bacio, il quale stava producendo in lui delle sensazioni del tutto inaspettate e, suo malgrado, difficilmente controllabili. In quegli interminabili secondi, nei quali non riuscì a non rispondere a quelle labbra, rimase quasi del tutto immobile e solo i suoi occhi leggermente si socchiusero come segno di un mite abbandono. Il suo tentativo di calmarsi, per dimostrare principalmente a se stesso la propria impassibilità, non fece che accrescere ulteriormente la sua agitazione e il cuore cominciò effettivamente a martellargli il petto, pulsando in maniera evidente.

1 cito a tal punto un passo dell’Encarta che recita così: ‘Il superuomo si distingue inoltre perché accetta e dispiega la propria "volontà di potenza", anziché mascherarla come fa colui che è schiavo del risentimento morale. La volontà di potenza non va intesa semplicemente come volontà di dominio o di sopraffazione, ma come volontà che tende continuamente a potenziarsi e accrescersi, in un rapporto dinamico nei confronti della vita. Seppur possa sembrare fuori luogo, io trovo che sia una perfetta interpretazione del pensiero di Vegeta e dei saiyan in generale, con le dovute precauzioni, ovviamente (soprattutto per quel che riguarda il ricorso alla violenza come mezzo per attestare la propria supremazia e la concezione del bene e del male). Il mio è soltanto un accostamento della concezione (o più propriamente, dell’ulteriore interpretazione di essa) Nietzscheiana del superuomo alla visione della vita da parte del suddetto popolo guerriero. E anche ‘Secondo Nietzsche, l'Occidente ha costruito sistemi di credenze, dottrine e obbligazioni morali, presentandole come vere, disinteressate, giuste: esse però finiscono per reprimere la dimensione vitale e istintuale dell'uomo. La morale ad esempio ha assoggettato la vita a valori che si vogliono trascendenti e assoluti, ma che hanno invece la loro origine nella vita stessa, essendo il prodotto di fattori e istinti umani […] Tutti questi costrutti normativi, a detta di Nietzsche, rivelano alla loro base lo spirito di risentimento e la malafede, cioè l'atteggiamento tipico di chi riesce a trovare la vita accettabile soltanto se riesce a imputare agli altri la causa della propria infelicità, ovvero di chi vuole mascherare e razionalizzare la propria debolezza.’

Tengo inoltre a precisare che tutte le mie considerazioni e ciò che ho scritto nella storia prima di questa nota, non tenevano conto di tali citazioni, in quanto ho controllato l’articolo solo dopo aver pensato che ciò che effettivamente stavo scrivendo poteva essere ricondotto al pensiero di Nietzsche, che in questo momento si starà rivoltando nella tomba J

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Capitolo 2
*** Thanatos, if I can't be yours. ***


3

La stanza era insopportabilmente silenziosa e le faceva eco il resto della casa, completamente sgombera a quell’ora. I due si guardarono per pochi secondi, durante i quali Bulma aveva perso tutta la sua sicurezza e si sentiva tremendamente imbarazzata: il suo doveva essere quasi un gesto canzonatorio e, invece, le si stava rivoltando contro facendola sentire del tutto inadeguata di fronte allo sguardo imperturbabile di Vegeta, apparentemente molto infastidito da quell’esternazione. Credeva di essersi sbagliata sull’effetto che quell’azione aveva avuto, eppure, le pulsazioni che aveva sentito sotto il palmo della sua mano non lasciavano adito a dubbi di alcun tipo e la facevano sperare nell’esistenza di un lato emozionale del saiyan, ancora cocciutamente rinchiuso all’interno della fortezza eretta a protezione di se stesso, nonostante fosse a contatto con una realtà del tutto diversa da quella alla quale era abituato ormai da molto tempo. Egli era, nonostante ciò, inspiegabilmente confuso, teso e terribilmente adirato con lei e con il mondo intero. Che senso aveva avuto vivere in quel modo, sovrastando tutto e tutti in ogni circostanza, senza provare alcuna remora, se adesso era bastato un bacio dalla donna più insignificante che lui avesse mai conosciuto per farlo vacillare così vistosamente? Un gesto che fino ad allora per lui non aveva avuto alcun significato preciso, che aveva ripetuto meccanicamente per assecondare i suoi desideri, senza che ciò mutasse in alcun modo il corso degli eventi. Si sentiva davvero stupido; lo era sul serio se pensava di potere realmente essere perfetto, incorrutibile dai sentimenti umani, così dolorosi e orribili, intollerabili. Cosa direbbe suo padre se fosse ancora vivo? Egli non aveva mai voluto bene alla sua donna, l’aveva fatta morire ed era giusto così. Quella povera pazza, non faceva che piangere e disperarsi, intrappolata in un mondo che non le apparteneva. Era un peso, non doveva essere lì; non doveva esistere. Aveva quasi permesso a colui che doveva essere al di sopra dei suoi sudditi e dell’intero universo di ripensare a ciò che aveva fatto e di pentirsene. Com’è banale amare, tanto in fondo è un sentimento passeggero, prima o poi viene lavato via dalla realtà. La realtà è sempre inesorabile e ti riporta alla ragione prima che sia troppo tardi. Se, invece, hai la sfortuna di non accorgertene, rimani invischiato nella menzogna e nell’atrofizzazione dei sensi che ti sembreranno estendersi all’infinito, illudentoti di poter evitare il dolore, la paura e l’odio. Quando in realtà ciò è solo il preludio della disperazione e dell’oblio per coloro i quali rimangono intrappolati in quello stadio onirico, dai contorni evanescenti e inafferabili che fanno paura, terrorizzano e possono renderti pazzo se non fai attenzione.

Non stai forse esagerando? Non ti stai nascondendo dietro l’unica cosa che ti ha tenuto in piedi per tutto questo tempo? Da quando sei nato. Il tuo orgoglio ti ha aiutato a non vedere ciò che non volevi, a credere in ciò in cui speravi e a convincerti che quella fosse la realtà. In fondo, la realtà è soggettiva, vero? Che male c’è a fare ciò che si vuole se ti rende felice, se ti rende infelice? Hai mai davvero pensato a come stessero gli altri? E non mentire, non è da te. Chi sono gli altri se non la proiezione di ciò che “tu” vuoi che essi siano? In fondo, solo tu esisti in realtà perché la realtà non è altro se non ciò che tu senti e che pensi essa sia. Senti ancora le loro voci, bugiardo! Tu non hai mai sbagliato niente, ricordalo sempre. Ricordalo se non vuoi morire. Perché tu non lo vuoi, non è vero? Ci hai pensato spesso, di’ la verità, non essere così vigliacco. Sei solo un essere meschino, privo di senso, troppo mutevole e corruttibile. Dovresti ripugnarti. Hai paura di morire e ne hai sempre avuta, da quando hai preso coscienza di esistere, di stare al mondo. Tutte quelle volte nelle quali ti ci sei avvicinato, allora, hai mentito? Sorridi, tanto ormai la tua fama è crollata e non conti più niente. Per cui, fa’ un po’ come ti pare d’ora in avanti per sfuggire alla morte. Nasconditi e non avrai più paura. Nasconditi dentro di lei, è abbastanza forte per tutti e due adesso che non sei niente. Fallo e basta, come hai sempre fatto tutto il resto, senza pensare alle conseguenze. Nessuno ti sgriderà, hai già fatto il tuo dovere e adesso non servi più a nessuno. Puoi gettarti nel vuoto senza volare. E non ricordare ciò che hai fatto, per nessuna ragione. Se ci ripensassi potresti credere di avere torto. Potresti davvero? Mettere in discussione la tua vita! Stai impazzendo, stai perdendo il contatto con la realtà. E tutto questo perché non vorresti che lei morisse. Sei patetico e fai orrore se stai davvero pensando a ciò. Credi di poter sopportare l’affetto di qualcuno? Dopo tutto quello che ti hanno fatto. Svegliati adesso se non vuoi dormire per sempre. Ammesso che tu sappia come fare, s’intende. E adesso, cosa farai? La tua mente è letteralmente in sovraccarico, affollata da fantasie mendaci e non è piacevole. Fa’ qualcosa, qualunque cosa. Fallo smettere, adesso. Te l’ho già detto mi sembra, ma non mi hai mai voluto ascoltare. Sarà appagante guardare la tua disfatta perché è ciò che meriti.

Vegeta prese istintivamente il viso di Bulma e la baciò nuovamente ma questa volta con impeto, quasi con rabbia. Avidamente morse le sue labbra e affondò la mano destra fra i suoi capelli, così morbidi, attirando la sua testa a sé. La spinse contro il tavolo, appoggiandovisi con l’altra mano, mentre accostava con energia il suo bacino a quello di lei che aveva dovuto divaricare le gambe e tenersi allo stesso tavolo con entrambe le mani per mantenere l’equilibrio. L’eccitazione di entrambi crebbe esponenzialmente con il passare dei secondi e il membro eretto di Vegeta cominciò a premere con forza contro il corpo di Bulma, sopraffatto da quell’ardore, quasi inerme eppure pervaso dal piacere che a poco a poco stordiva la sua mente e la sgomberava da qualunque pensiero estraneo a quel momento che da tanto attendeva, senza esserne mai stata pienamente consapevole. Lo desiderava da ancora prima di rendersene minimamente conto, in modo sottile e costante, ma sempre più pressante, tanto che spesso si era soffermata a guardarlo, senza che mai quello sguardo venisse ricambiato. Senza mai sapere quanto in realtà lui avesse avuto voglia di guardarla, anche solo di nascosto, per pochi secondi soltanto, reprimendo continuamente il desiderio di toccarla, tormentandosi nel dubbio del perché non riuscisse a farlo veramente. Lo stesso dubbio che si insinuava in lui adesso: avrebbe dovuto essere molto più rude e, invece, ancora esitava e indugiava su quel corpo, accarezzandolo con vigore ma senza arrecargli alcun male. Il suo respiro era terribilmente affannoso, troppo perché fosse normale per lui, quasi tremante quando sfiorò dapprima e poi finalmente strinse uno dei suoi seni turgidi, stimolandone i punti più sensibili mentre lei emetteva gemiti soffocati da quel bacio che non si era mai interrotto. Il loro ritmo era sempre più veloce e frenetico e cominciarono inevitabilmente a togliersi goffamente i vestiti: Vegeta le sbottonò la camicia strappando molti bottoni, insieme all’allacciatura del reggiseno che era di un color rosa pallido e di una finitura molto semplice: lei in realtà lo odiava perché la faceva sentire una ragazzina, quando ancora aspettava con ansia di ricevere il suo primo bacio e sposare il ragazzo dei suoi sogni. Fino a poco tempo prima quel ragazzo era ancora Yamcha e adesso lei era tra le braccia di un uomo il cui ultimo pensiero era quello di renderla felice. Eppure provava un’emozione inspiegabile mentre veniva toccata da quelle mani ruvide e cinta da quelle braccia possenti tra le quali molti avevano, invece, trovato la morte e che a lei avrebbero lasciato soltanto dei lividi. Quel pensiero non la sfiorò neppure e neanche si sentiva in colpa per non aver mai provato niente di simile per Yamcha, benché lo avesse amato tanto. Entrambi erano a petto nudo e si sfregavano voluttuosamente, affannati e ormai imperlati di sudore e lei, le gambe avvinghiate alla sua vita, gli sbottonò i pantaloni e insinuò la mano dentro la sua biancheria, accarezzando e massaggiando lascivamente il suo membro, prossimo all’estasi. Vegeta riusciva ormai davvero a malapena a controllarsi per l’eccitazione: avrebbe voluto possederla con tutta la forza che aveva in corpo, penetrandola con violenza fino a farla urlare di dolore, stringendola senza che lei potesse ribellarsi ma non riusciva a farlo per quanto la sua parte più spietata, apparentemente prevalente, lo tentasse e bramasse quella violenza che si era sempre concesso. Lui era ormai completamente nudo e tolse anche a lei gli ultimi vestiti che le restavano addosso, molto poco delicatamente come aveva fatto col resto, comprimendola contro la superficie del tavolo, sgomberato dai resti dell’aggeggio meccanico, con le braccia allungate sopra la sua testa mentre ne afferrava l’altra estremità. Provò, allora, l’irresistibile impulso di contemplare finalmente quel corpo nudo che tanto aveva immaginato nelle sue inconfessabili fantasie. Smise quindi di baciarle la bocca e cominciò a succhiarle e mordicchiarle dapprima il collo e poi praticamente quasi ogni centimentro del suo corpo, con gli occhi rigorosamente aperti, ascoltandola appagato ed ebbro del suono di quella voce, ansimare sempre di più e gemere sempre più forte e in modo più acuto a seconda del punto sul quale egli si soffermava. Era soddisfatto nel sentirla contorcersi al passaggio della sua lingua e al tocco delle sue labbra e a guardare i lineamenti del suo viso, vistosamente contratti per il piacere: la sua pelle era diafana, liscia e profumata e lui ne assaporava il gusto con oscena avidità. Era giunto alla parte terminale del suo corpo, la testa tra le sue cosce, provocandole il primo orgasmo, accompagnato da gemiti talmente acuti da sembrare quasi un lamento mentre le mani di lei erano affondate tra i capelli di Vegeta, graffiandogli leggermente la cute coriacea. Bulma aveva oramai del tutto abbandonato ogni ritegno e la sua sensualità non era più contenuta da alcun freno che la potesse inibire. Tornandole sopra, Vegeta le divaricò ulteriormente le gambe entrando con forza dentro di lei: dapprima, sentendo il suo leggero grido di dolore, si frenò e si mosse lentamente ma presto cominciò ad accelerare il suo ritmo, andando sempre più veloce mentre il tavolo barcollava e si manteneva ancora integro per miracolo. Lei intervallava i gemiti alle urla nelle quali il piacere e il dolore si mischiavano, finché non versò qualche lacrima quando era l’ultimo a prevalere, eppure non gli chiese nemmeno una volta di fermarsi o di andare più piano. Lui ansimava affannosamente, non potendo fare a meno di gemere anch’esso un paio di volte, pur se mai prima di allora si era lasciato andare a simili esternazioni, secondo lui poco virili. Nei secondi che precedettero l’apice del piacere che ormai li avviluppava completamente, Bulma affondò le sue unghie sulla robusta schiena di Vegeta, afflitta da numerose cicatrici che testimoniavano altrettante battaglie, graffiandola e facendola leggermente sanguinare: questo seppur minimo dolore gli fece raggiungere definitivamente l’estasi e non riuscì più a controllare la sua voce e lo spasmo delle sue membra, così come Bulma, che poco dopo raggiunse ugualmente l’orgasmo. Vegeta si staccò, quindi, da lei ma le rimase sopra, respirando faticosamente e inabissandosi nell’azzuro di quei capelli dannatamente inebrianti con gli occhi comunque sbarrati e iniettati di sangue mentre lei guardava il bianco del soffitto con gli occhi velati di lacrime prive di pianto e le dita ancora strette sulla sua schiena, desiderando che quell’istante non avesse mai fine.

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