L'Era del fuoco e delle tenebre

di Lady Warrior
(/viewuser.php?uid=94059)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La rinascita di Sauron ***
Capitolo 2: *** Minas Morgul ***
Capitolo 3: *** E la guerra inizia ***
Capitolo 4: *** Ferite di guerra ***
Capitolo 5: *** Scontro con Sauron ***
Capitolo 6: *** L'ipotesi di Gandalf ***
Capitolo 7: *** Una vendetta sventata ***
Capitolo 8: *** La cavalcatura ***
Capitolo 9: *** Il ritrovamento di Faramir ***
Capitolo 10: *** Il Capitano di Mordor ***
Capitolo 11: *** La morte di Denethor ***
Capitolo 12: *** Saruman! ***



Capitolo 1
*** La rinascita di Sauron ***


La rinascita di Sauron
 

 
 
Note dell’autrice: prima di tutto vorrei ringraziare tutti voi che leggete la mia storia e la recensite, perché senza di voi non sarei mai arrivata sin qui. Sinceramente non ho ancora in mente come sarà esattamente la trama di questa seconda storia, perché ho più ispirazione per quella che seguirà. ( sì, è una trilogia). Comunque sono sicura che con voi la storia si evolverà in modo alquanto sorprendente! Davvero, non avrei creduto di arrivare fin qui … quando ho pubblicato il primo capitolo ho pensato “ ok, pubblico questo schifo ma tanto nessuno si degnerà di leggerlo” e invece mi ero sbagliata! Certo, non è che abbia 200 visite, ma questo può essere dato dal fatto che la sezione de “Il Signore degli Anelli” è meno visitata di quella di Harry Potter, per esempio. E comunque meglio pochi lettori ma buoni, no? J  comunque non voglio annoiarvi con le mie chiacchiere, quindi colgo l’occasione di ringraziare ancora una volta coloro che mi recensiscono. Ah, e una cosa: il capitolo è un po’ corto, mi perdonerete?
Poi vorrei proseguire con la riflessione del titolo della storia quindi bando alle ciance!
“Riflessione sul titolo”: Allora, dovete sapere che io sono un completo disastro riguardo a due cose. La fine delle storie 8 infatti il termine di quella precedente faceva schifo)e dare titoli. Detesto intitolare le cose. E insomma, questa era del fuoco potrebbe essere un titolo provvisorio ( vi avviserò se lo cambio, tranquilli!). quindi, se mano a mano che aggiorno vi verrà in mente un titolo più adatto proponetelo pure, vi sarò perennemente grata! E poi una seconda cosa riguardo al titolo: Non fatevi trarre in inganno dalla parola “Era”. Non ha nulla a che fare con la terza o la quarta era della Terra di Mezzo! È solo, non so come spiegarmi, a voce si dice meglio, è solo un modo per indicare che qualcosa è cambiato. Come a dire prima era tutto tranquillo o quasi, e invece ora domina il male, cioè il fuoco, le tenebre. C’è la guerra tra bene e male, insomma. Non lambiccatevi il cervello per questa benedetta era!
 
 

 
Sauron, con una luce malvagia negli occhi, contemplò le sue mani, il suo corpo. Per troppo tempo aveva bramato ritornare quello di un tempo, e adesso finalmente c’era riuscito!. C’era solo un problema: l’Anello. Come aveva ragione di pensare, sua figlia doveva averlo indossato. Ma se lei se lo fosse tolto sarebbe ritornato nella sua vecchia forma, se non morto. Lui voleva l’Anello, lo  bramava, e doveva trovare un modo per riaverlo. Per il momento poteva lasciarlo a sua figlia, così avrebbe potuto tranquillamente condurre la guerra.
Udì un battito d’ali dietro di sé, così si voltò. Il Re Stregone di Angmar scese dalla cavalcatura con Rebean, che si posizionò dietro di lui. Al dito della ragazza scintillava l’Anello. Rebean emise un profondo sospiro e poi si avvicinò a Sauron, chinando la testa.
<< Papà >> balbettò << Ho il tuo anello>>. Sauron emise un verso di disapprovazione per il linguaggio usato dalla ragazza.
<< Sono riuscita a prenderlo a quei due ragazzi bassi … vorrei restituirtelo …>> mormorò la ragazza, dopodiché fece per togliersi l’Anello dal dito, ma non ci riuscì. Questo si era come ancorato al suo arto, nonostante applicasse forza. << Non si leva>> disse.
<< Non è vero!>> esclamò Sauron venendole incontro.
Le prese il braccio per privarla dell’Anello, e fece per toglierlo dal dito.
<< Non sta mentendo. La conosco, non mentirebbe>> disse il Signore dei Nazgul, preoccupato per la ragazza.
<< Tu non hai il diritto di replicare>> disse freddo Sauron, e iniziò a spingere con violenza. Rebean urlò dal dolore, e l’Anello non accennava a togliersi. La ragazza iniziò a lacrimare dal dolore e fu allora che Sauron mollò la presa.
<< Non vuole andarsene da lì>> constatò mentre la ragazza si massaggiava il dito dolente.
<< Tuttavia>> continuò Sauron << Ritengo che il tuo gesto meriti un premio. Sarai addestrata all’arte della guerra e poi avrai una cavalcatura tua personale e al momento opportuno potrai guidare parte dell’esercito in guerra>>. E poi Sauron fece un rapido gesto di commiato.
Rebean si accinse allora, con la mano ancora dolente a sedersi dietro al Re Stregone. Egli la portò davanti alla fortezza dalla quale era uscita, e per tutto il viaggio la ragazza tacque. Ad accoglierla trovò una schiera di verdi e puzzolenti orchi. Quanto desiderava adesso tornare a casa! Quanto desiderava in quel momento riabbracciare sua madre … e chiederle il perché di tutto. Rebean represse a stento le lacrime. Non aveva mai immaginato, nonostante le voci, di non essere figlia di Aldarel. E quando aveva saputo che quelle voci erano vere, aveva sperato in un padre migliore, in un padre che avesse voluto amarla. E invece aveva trovato una persona fredda e scostante, che non pareva provare alcun sentimento, né per lei né per nessuno. La ragazza si gettò sul letto in un impeto di collera. Magari suo padre l’avrebbe amata, in seguito. Magari lui doveva immagazzinare tutto, proprio come lei. E il fatto che non fosse una persona particolarmente sociale non significava per forza che … Rebean scosse la testa, prese il cuscino e lo affondò sul suo volto e poi lo scaraventò sulla parete.
Dopo aver pianto per almeno un’ora si alzò dal letto, e notò solo in quel momento che da una parte c’era una porta che conduceva  in un luogo all’aperto, arido, con una sorta di pozzo d’acqua al centro. Rebean si avvicinò ad esso e si specchiò. L’acqua era limpidissima. Vide i suoi stracci coprirle il corpo, i suoi occhi gonfi e arrossati, e i suoi capelli. Con meraviglia notò che erano cambiati: prima non aveva avuto il tempo di accorgersene. Da lisci che erano adesso erano un poco mossi, e alcuni riflessi rossi illuminavano il loro colore nero. Era cambiata. È quest’anello? Rebean guardò l’Unico, nel quale brillava una scritta che non riusciva a leggere.
 
 
Frodo e Sam erano riusciti a fuggire da Mordor, anche grazie alle aquile, che come sempre erano riuscite a scampare grandi pericoli.
Arrivati a Minas Tirith, dove si erano riuniti tutti, compresa Eowyn, nella sala centrale, dovettero narrare tutto per filo e per segno.         
<< Eravamo finalmente arrivati>> iniziò frodo << Quando abbiamo visto quella ragazza che osservava le profondità del Monte Fato …>> e continuò raccontando tutto.
Gandalf gemette, Faramir si coprì il volto con una mano ed Eowyn sospirò, gli altri ebbero reazioni simili.                                                                                                                                                    
<< E adesso che ne sarà di noi e del nostro tempo?>> chiese Frodo, spaventato e insieme preoccupato.
<< E adesso … adesso ci sarà l’era del fuoco, e delle tenebre. L’era di Sauron>> rispose Sam, rammaricato.
<< Adesso più che mai dobbiamo combattere ed essere uniti. Se falliremo di nuovo l’era degli uomini cadrà>> disse Gandalf.
Frodo si sedette, stanco. << E di quella ragazza, cosa ne faremo?>> chiese Gimli.
Gandalf sospirò. << L’Anello per sua decisione e per il destino è finito nelle sue mani. Sauron vuole anche egli l’Unico, ma non sono sicuro che Esso voglia ritornare da lui. C’è una profezia. Non penso che Rebean sia ancora malvagia: è stata la speranza a guidarla, la speranza di avere un padre migliore, la speranza vana di una vita migliore. Lei non conosce la crudeltà di Sauron. Ma se continuerà a stare a Mordor il suo cuore potrebbe venire corrotto, dal potere, dalla malvagità che là alberga …  dobbiamo portarla via da Mordor, ma prima dobbiamo combattere questa guerra>> disse Gandalf.
<< Se solo riuscissi ad incontrarla … me mi ascolterebbe, eravamo amiche>> disse Eowyn.
L’assemblea tacque, in pensiero.
 
 
Il Signore dei Nazgul si riunì insieme agli altri otto nella sala principale della fortezza, davanti a Sauron.
<< Necessito di una guerra. Bramo conquistare Gondor>> disse.
<< Faremo ciò che ci avete ordinato>> disse il Signore dei Nazgul, poi esitò un poco. << Cosa dovremo fare riguardo alla ragazza?>> chiese infine.
Sauron iniziò a passeggiare per la tetra stanza. << Insegnale a combattere. E insegnale bene, pretendo che diventa esperta. E istruiscila sulle tattiche di guerra, sulle strategia. Ho intenzione di mantenere la promessa e di nominarla generale di una parte del mio esercito e di donarle una cavalcatura sua, perciò dovrai insegnarle anche a cavalcare un semplice cavallo e anche la tua creatura volante>>
<< Ai vostri ordini>> rispose l’altro << Ma vorrei informarvi che Rebean non è come … diciamo come voi. È tutto il contrario. Non sono sicuro che la guerra faccia per lei>>
<< Si adatterà>> rispose Sauron.
Il Signore degli Stregoni annuì e se ne andò.
<< Portala a Minas Morgul>> ordinò poi Sauron, prima che l’altro uscisse dalla stanza. << Verrà fatto>>
Il Signore degli stregoni s’incamminò per i bui corridori della fortezza, fino a che non arrivò nella stanza di Rebean. La porta era socchiusa, così egli guardò. La ragazza era seduta sul letto, cogli occhi rossi e gonfi, a guardare l’Anello. Pareva triste. Entrò. Rebean lo guardò, triste.
<< Pensavo fosse diverso>> gli spiegò.       
Egli le si avvicinò. << Cosa ti aspettavi? Un padre pietoso e compassionevole? O per caso uno gentile e affettuoso?>> le chiese bruscamente. L’altra abbassò lo sguardo.
<< Non mi capisci nemmeno tu>>    sussurrò.
<< Voi due siete molto diversi. Avresti dovuto immaginartelo. O forse avrei dovuto dirtelo, ma non potevo rivelarti della profezia e del fatto che lui è tuo padre>> disse l’altro. << Devi venire con me>>   
<< Dove mi porterai?>>
<< A Minas Morgul. Lì ti insegnerò l’arte della spada e della guerra. Conoscerai ogni forma di tattica bellica, ogni tecnica di guerra, ogni mossa di spada>>
<< Io non voglio combattere! Io non sono fatta per far guerra! Io voglio tornare a casa, sposarmi, avere dei figli! Voglio, adesso l’ho capito, essere una ragazza normale, come tutte le altre …>> protestò Rebean, alzandosi.
<< Ma tu non sei una ragazza come le altre. Tu sei nata per combattere, è il tuo destino! Il tuo elemento è il fuoco, tu sola lo puoi dominare. Tu sei destinata a essere la protagonista di questa epoca. Tu non desideri veramente ciò che hai detto. Tu non sei la tipica ragazza il cui unico scopo di vita è quello di sposarsi, fare la brava mogliettina, fare figli e pulire la casa e i panni! Tu sei figlia di un sovrano, quello di Mordor! Tu sei l’oggetto di una profezia, sei nata per combattere e importi, Rebean, è il tuo destino! Tu stessa, prima, volevi avventure e gloria: ebbene, adesso potrai averle! Tu sei la guerriera del fuoco!>> esclamò l’altro, stupendosi: se n’era accorto solo ora, ma stava cambiando da quando era con lei.
 
Eowyn si sedette sotto l’Albero Bianco di Minas Tirith. Stava attendendo Faramir, pensando al loro bacio. Amava Aragorn o Faramir? Quest’ultimo ricambiava il suo amore, ma l’altro era stato a lungo nel suo cuore … è di un’ombra e di un pensiero che sei innamorata, le aveva detto Aragorn. Ed era vero? Faramir o Aragorn?
In quel momento arrivò il capitano di Gondor. Si sedette accanto a lei, accarezzandole un ginocchio. Ella lo guardò, e Faramir si avvicinò per baciarla, ma ella indietreggiò.
Egli la guardò, stupito e addolorato.
<< Perché?>> le chiese.
La ragazza mosse leggermente la testa. << Amavo un altro prima di incontrarti. E ora mi chiedo: lo amo ancora? O amo te?>>
<< Era Sire Aragorn?>>
Eowyn annuì dolcemente.
<< Capisco. Egli è uomo d’onore: ha compiuto molte imprese, più di me. Ha vinto numerose battaglie, io nessuna. Mi sono illusa se ho pensato che una fanciulla tanto bella e valorosa come te potesse amare uno come me. Sono una nullità. Me lo ha sempre detto anche mio padre, ma quando ti ho incontrata mi sono illuso che … non importa. Mi dispiace>> disse, alzandosi. Poi le voltò le spalle e si avviò dentro.
<< No! Faramir, aspetta!>> gli gridò dietro Eowyn, ma egli non si fermò e continuò il suo cammino.
Allora la ragazza si alzò e gli corse dietro, ma era troppo tardi: egli era entrato a palazzo. Eowyn batté i pugni sul portone che conduceva nel palazzo e iniziò a piangere, amareggiata e pentita per il suo comportamento.                                                                                                                                                                                                       
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Minas Morgul ***


Minas Morgul
 
 
Note dell’autrice: Buongiorno a tutti! Ecco qua il secondo capitolo! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito. Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, ne sono particolarmente grata.
 
 
Rebean partì subito il mattino seguente col Signore dei Nazgul per Minas Morgul. “Un’altra città” pensò la ragazza. “ Magari sarà migliore di quella che ho lasciato!”. La speranza di una vita migliore, di un mondo migliore, non l’abbandonava mai, neppure quando le tenebre sembravano avvolgere lei e tutto ciò che la circondava, perché se c’è qualcosa che può tener testa al male nascente, questo è proprio la speranza. Purtroppo, però, per quella volta, la speranza fu vana. Impiegò poco tempo per arrivare alla città morta, e già dall’esterno non le piaceva, anzi, la atterriva.
L’unica cosa che all’esterno si vedeva erano edifici alti e quasi appuntiti, e uno strano alone circondava l’aria. Le immense porte si spalancarono davanti agli occhi della ragazza, e le parve di essere una piccola formichina persa in una città di giganti, sensazione che, ormai, provava praticamente quasi sempre. In effetti, non aveva mai visto porte grandi come quelle di Minas Morgul, e forse nemmeno edifici più alti. Tutto infatti, si accorse entrando, era pensato in altezza: gli edifici svettavano come aghi conficcati in terra, e se la ragazza alzava lo sguardo provava una fastidiosa sensazione di vertigini. “Bella città” pensò “ Almeno non c’è tutto quel fuoco”. Ben presto comprese perché Minas Morgul venisse chiamata “città morta”: per le strade si udiva solo il rumore dei suoi passi, e c’era un silenzio raggelante, come se fosse in una tomba. Non che la città fosse completamente deserta, anzi, le truppe risiedevano lì, ma ora che gran parte di esse, se non tutte, erano in guerra, la città era veramente deserta. Quegli edifici così grandi ed alti avevano un non so che di lugubre, forse perché le sembravano come lapidi nel cimitero. Soffiava un vento gelido che fischiava  passando tra le fessure e faceva oscillare ogni cosa sporgesse. Perché non la portavano mai in un luogo tranquillo, ridente, normale?
<< Questo luogo è quasi peggiore di Mordor>> disse Rebean. Lungo la strada erano state poste statue orripilanti, di serpenti avvinghiati, esseri umani al punto di morire, e altre cose orripilanti. E poi la vide: l’alta torre di Minas Morgul, un tempo detta Torre della Luna. Adesso quell’alone, che era verdastro, la circondava facendole emanare un bagliore sinistro ed inquietante. Il solo pensiero di entrare là dentro fece tremare la ragazza, che si fermò. Il Signore dei Nazgul era davanti alla porta che stava per essere aperta quando si accorse che Rebean si era fermata.
<< Entra>> le ordinò.
<< Non ci penso proprio>> rispose lei << Mi fa paura!>>
<< Allora rimani là fuori>>
Il Re Stregone di Angmar entrò e si fece richiudere la porta alle spalle, con un rumore cupo e sordo. Adesso Rebean era sola. Sola nella città morta. Rabbrividì. Le parve di udire rumori sinistri, fruscii inquietanti, fischi raggelanti. E adesso? << C’è nessuno?>> chiese. L’eco riprodusse la sua voce, prima uguale e poi più inquietante. Tutto lì pareva terribilmente spaventoso. Rebean si fece coraggio e fece qualche passo, cercando di non far caso al risuonare dei suoi movimenti. Davanti a lei, però si stanziò un’enorme ombra. Presa dal terrore la ragazza indietreggiò senza guardare, e inciampò andando a sbattere contro una statua. Cadde per terra, e sopra di lei vide il monumento di un essere spaventoso, che, presa dal terrore, scambiò per vero. Così lanciò un grido e si coprì la testa con un braccio. Quando si accorse che non stava accadendo niente, si alzò con circospezione e camminò lentamente e guardinga fino alla porta della torre e iniziò a bussare freneticamente nel desiderio di andar via dalle strade di quella città. I battenti furono aperti all’improvviso, e Rebean cadde a pancia in giù sul pavimento di marmo. Qualcuno la aiutò a rialzarsi e richiuse la porta.  Tutti gli orchi servitori re iniziarono le loro mansioni, e uno di loro comunicò a Rebean che era attesa nei sotterranei. La ragazza aprì la porta che le mostrarono per accedervi, e la richiuse con un cigolio. Si trovò davanti una lunga rampa di scale nere a chiocciola, col solito alone verdastro attorno, illuminata da sole cinque fiaccole. Iniziò a scendere un gradino per volta, tremando sia dal terrore che dal freddo. I suoi passi risuonavano nell’ambiente angusto e buio, e proiettate sulla fioca luce delle fiaccole le pareva di vedere inquietanti ombre. Alla fine giunse davanti a una porticina di legno. Si fece coraggio e la aprì.
 
Eowyn corse nella sua stanza ( dopo aver saputo della sua presenza a Minas Tirith le avevano assegnato una camera, così non doveva stare tra i soldati), adirata con se stessa e nello stesso tempo disperata. Si richiuse la porta alle spalle con un boato tremendo, e si gettò sul letto a pancia in giù, iniziando a singhiozzare e a piangere. Non si era accorta di essersi così affezionata a Faramir, ma evidentemente lo era. La stanza, illuminata alla perfezione, non le dava conforto. Perché era destinata a soffrire per amore? Prima Aragorn, e poi lui … Doveva assolutamente andare da Faramir a chiedergli scusa, ma non ne aveva le forze, né il coraggio. Ricordò così le parole di suo zio, Thedoen: vorrei che tu sorridessi di nuovo … Non piangere per coloro per cui è giunta l’ora. Tu vivrai per vedere questi giorni rinnovati. Basta con la disperazione. Ma come faceva, come faceva a non disperarsi? Tutto era così buio e nero: le tenebre avanzavano sul mondo che conosceva e che amava, Faramir, l’unico uomo che le aveva davvero voluto bene, se n’era andato, e tutto sembrava perso. C’erano tutte le ragioni del mondo per disperarsi: a cosa serve sperare, a cosa sognare, quando il futuro è un buco nero, quando tutto è perso?
Qualcuno bussò alla porta ed entrò.
<< Eowyn … >> sussurrò Theoden << Cosa sta logorando il tuo animo?>>
La ragazza si voltò e col viso bagnato dalle lacrime lo guardò.
<< Tu hai detto che non bisogna disperarsi. Hai detto che vedrò giorni rinnovati. Ma non è vero, le tenebre avvolgono questo mondo e il mio futuro è buio. Dimmi, a cosa serve sperare quando tutto è perso?>>
Theoden sospirò e si sedette accanto alla nipote, accarezzandole la testa.
<< Hai torto, Eowyn. Sarà tutto perso quando nell’ultimo istante della tua vita ti renderai conto di non aver realizzato i tuoi sogni, sarà tutto perso quando non ci saranno più uomini buoni ed onesti a questo mondo, sarà tutto perso quando né il sole né le belle stelle splenderanno su questo mondo. Eowyn … non tutto è perso>>
La ragazza singhiozzò e posò la testa sulla spalla dello zio.
<< Ma se io avessi detto a una persona a cui voglio molto bene una cosa che l’ha ferita, se io l’avessi fatto, come posso recuperare?>>
<< Corri da quella persona e chiedile scusa, capirà, poiché noi tutti sbagliamo. Ora ho delle faccende da sbrigare, devo andare. Ma tu fa’ come ti ho detto>>
Eowyn fece il suo primo timido sorriso dopo tante lacrime, simile a un raggio di sole che fa capolino dopo tanti giorni di pioggia.
Eowyn si alzò, si lavò il viso e uscì in cerca di Faramir. Lo trovò di nuovo in giardino, a guardare l’orizzonte ad est.
<> disse Ewoyn, raccogliendo tutto il suo coraggio.
L’altro si voltò, e la guardò con occhi dolci e gentili.
<< Ti ringrazio per essere stata sincera con me, prima. Penso che abbiamo corso troppo. Cerca di comprendermi, una parte di te ama Aragorn, e io non voglio impegnarmi in una storia dall’esito incerto con una donna che non sa a chi appartiene veramente il suo cuore>> rispose l’altro.
<< Faramir … ti prego!>>
<< Dovremo conoscerci meglio. Avremmo molto tempo>> disse l’altro, deciso. Eowyn abbassò gli occhi e annuì. Non tutto era perso. Se ci si fosse messa d’impegno, lo avrebbe convinto a stare con lei. Ma prima doveva convincere se stessa. Faramir le porse il suo braccio << Ti va di fare una passeggiata?>> chiese.
Eowyn afferrò l’arto e iniziò a camminare. Dapprima passeggiarono in silenzio, ammirando le bellezze della natura. Poi Faramir prese la parola.
<< Gondor era bella una volta, e Minas Tirith era la città più splendida. Prima fiori e meravigliose piante crescevano nelle aree verdi della città, adesso non cresce più nulla, e l’erba muore. Vorrei trovare una rosa., una bella rosa, e donartela, per mostrarti la sua bellezza, anche se …>>
<< Anche se?>> chiese Eowyn.
<< Anche se pur bella non eguaglierebbe te>> completò l’altro.
La ragazza arrossì e rallentò un poco.
<< Non ho mai sentito parlare delle rose di Gondor>> osservò poi.
<<  Non ho detto che le rose di Gondor siano la cosa più bella di questo territorio in assoluto, dico solo che lo sono per me>>.
Attimi di silenzio.
<< Posso farti una domanda personale?>> chiese Eowyn, e l’altro annuì.
<< Puoi parlarmi di tuo fratello?>>
<< Mio fratello era il prediletto di mio padre, questo te lo ho detto. Era un uomo valoroso e coraggioso. Alcune volte mi ritrovo a pensare al perché un uomo come lui possa essere morto, perché non sono morto io al suo posto. Io non sono nulla in confronto a lui>>
<< ti sbagli. Tu sei il giovane Capitano di Gondor che ha resistito alla tentazione dell’Anello. Nemmeno il grande e valoroso Boromir c’era riuscito, né altri come lui. Ma tu sì. vali più di quanto pensi>>
<< Non cogli occasione di ripetermelo, vero? Boromir  amava combattere sin da piccolo. Sognava di diventare un grande soldato>>
<< E tu cosa sognavi?>>
<< Io?>> Faramir esitò un attimo << In verità non lo so. Forse di diventare come lui. O forse, più probabilmente, di avere l’amore di mio padre, almeno per una volta>>
<< Tuo padre non merita il tuo amore, Faramir. Io penso che tu sia un eccellente Capitano e un uomo meraviglioso>> rispose Eowyn.
Faramir cessò di camminare e si posizionò davanti a Eowyn.
<< Grazie di condividere con me i miei problemi, i miei pensieri, le mie paure e i miei sogni. Sei una donna straordinaria, dama Eowyn >> disse. Eowyn lo guardò nel profondo dei suoi begli occhi, poi distolse un attimo lo sguardo, distratta dal rumore di passi. Poco distante da loro c’era Aragorn.
 
Rebean aprì la porta ed entrò. Stranamente la stanza era molto grande.
<< Finalmente>> disse il Signore dei Nazgul. << Prendi questi>> disse, porgendole una spada e un pugnale. Quando la ragazza afferrò la prima arma, fiamme nacquero su di essa senza incenerirla. Rebean aprì la bocca, stupita.
<< è simile alla mia>> disse il Re Stregone di Angmar<< La differenza è che nella tua prende fuoco anche l’elsa>> spiegò.
Rebean non poteva smettere di osservare la sua nuova arma, e guardando nella lama vedeva il suo volto. Poi rinfoderò l’arma e prese il pugnale. Aveva un qualcosa di sinistro e una lama molto affilata.
<< Quello è un pugnale Morgul>> spiegò l’altro << Un’arma che può infliggere ferite pronde. Più di quanto immagini>>
<< Io non sono rponta per combattere>>
<< Questo me lo hai già detto, e io ti ho già risposto. Fa’ come ti dico e ti assicuro che ognuno avrà terrore nel vedere il tuo volto, tutti ti temeranno e ti onoreranno, ogni popolo si piegherà e s’inchinerà dinnanzi a te. avrai, e hai già, un potere enorme, un potere che non puoi nemmeno immaginare. Potrai decidere della vita e della morte dei tuoi nemici, vendicarti … Tu sei nata per questo, tu hai il fuoco, Rebean>>
La ragazza lo guardò con occhi stupiti, e qualcosa in lei cambiò. Qualcosa nel suo cuore cambiò. Fu un mutamento impercettibile ma avvenne. Rebean osservò il suo pugnale. Vendicarmi …. Nella sua lama vide il volto di tutti coloro che la avevano a lungo fatta soffrire. Poteva veramente vendicarsi?
Sua madre le aveva sempre detto che il potere porta cattivi consigli, e che spesso l’uomo inizia a utilizzarlo per scopi buoni, ma poi finisce per compiere azioni malvagie. Non sdarà così per me. Io mi vendicherò e basta.
<< Voglio combattere. Voglio essere come mi hai detto. Voglio imparare a leggere, a cavalcare, a conoscere le strategie di guerra>> disse al Signore dei Nazgul.
Quello alzò l’arma e la posizionò davanti a sé, e Rebean lo imitò.
Il Signore dei Nazgul era un bravo maestro, capace di insegnare bene e di correggere gli errori dell’allieva. Piano piano il desiderio di vendetta si rafforzò in misura proporzionale alle capacità di spada acquisite. Tuttavia la paura della città non cessava, tanto che Rebean non usciva mai dalla torre. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** E la guerra inizia ***


E la guerra inizia
 
 
 
 
 
Aragorn si avvicinò ai due. << Scusate la mia intromissione>> disse << Ma credo che dovreste seguirmi fuori>>.
I due annuirono e lo seguirono, senza guardarsi.
Aragorn li condusse velocemente sulle mura della città. Quando Eowyn vide, le prese un colpo al cuore dallo spavento. All’orizzonte, da Mordor, si avvicinava una nera schiera. Ma quel che più intimoriva la ragazza era l’immensità di quel nero esercito e la velocità con cui procedeva. Ben presto si levarono in cielo grazie alle loro cavalcature otto Nazgul.
<< Si preparano all’attacco. La tregua è terminata. Schieriamo l’esercito!>> esclamò Faramir.
<< Dovremmo fare in fretta. Non abbiamo un esercito tanto grande per sconfiggere la forza che sta venendo da Mordor. Oltretutto, c’è un potenza che temo, e questa è Rebean. Vedete? Manca un Nazgul all’appello, e sono sicuro che sia il più forte. Temo che stia preparando la ragazza a qualcosa. Qualcosa contro di noi>> disse Aragorn.
<< Conosco Rebean. Non si alleerà con loro. Lei non è cattiva>> rispose Eowyn.
<< Purtroppo la mente umana non è formata dal solo bene o dal solo male, ha molte sfumature. Chissà se la ragazza non si allei veramente con Sauron, pensando di aver ritrovato un padre che le voglia bene, e volendolo compiacere!>> rifletté Aragorn.
<< Tuttavia necessitiamo di un esercito. Vado a radunare quello della città. Se esso e quello di Rohan non dovessero bastare, temo che sarà la fine. Potremo far combattere i ragazzi abbastanza grandi ma sarebbe comunque la fine dell’era degli uomini. Ma tu, Aragorn, conosci gli elfi. Chiedi loro se hanno un esercito a disposizione per noi!>> disse Faramir.
<< Gli elfi stanno andando ai Porti Grigi per partire verso Valinor. Non penso che verranno, non sono ormai molti nella Terra di Mezzo>> rispose Aragorn.
Faramir annuì lentamente e sospirò, poi se ne andò.
Eowyn non aveva mai visto né sentito parlare di un esercito così immenso. Chissà se assieme a tutti quei soldati c’era anche Sauron in persona! Al sol pensiero le si accapponò la pelle. Aragorn era lì accanto a lei, intento a guardare l’orizzonte. Eowyn voleva dirgli qualcosa, ma non sapeva cosa. Guardandolo si accorse che quel sentimento che aveva provato per lui si stava affievolendo, e anzi, forse era già scomparso. Silenziosamente si voltò e se ne andò via, verso l’armeria: era giunta l’ora di prepararsi alla battaglia, anche se avrebbero avuto ancora del tempo prima di combattere.
Nell’armeria scoprì che non era sola. In piedi davanti a una spada c’era Faramir, che sembrava guardare nel vuoto.
<< Non dovevi riunire l’esercito?>> chiese Eowyn.
Quello si voltò di scatto, interrompendo la sua profonda riflessione. << Io …  ho delegato il compito al mio secondo. Volevo venire qui e ricordare i bei momenti per l’ultima volta>>
Eowyn gli si avvicinò.
<< Ci saranno ancora dei bei momenti>>.
Faramir le sorrise, come si sorride ad un bambino quando dice un’ingenuità. << Non ci saranno più bei momenti, Eowyn. Fra poco moriremo tutti, e il sole cederà terreno all’oscurità>>
<< Ti sbagli. C’è sempre speranza, specialmente quando tutto sembra ormai sparire, quando tutto sembrai ormai perso>>.
Faramir non rispose, ma prese la sua spada. << Ti sfido a duello, dama di Rohan>> disse, scherzando. Eowyn accettò e prese un’arma, iniziando a duellare con Faramir.
L’uomo si accorse con non poca sorpresa che nonostante i suoi lunghi anni di allenamento, la ragazza era quasi più brava di lui. Dopo qualche minuto Faramir venne disarmato.
<< Dubitavi di me?>> chiese scherzando Eowyn, con la spada ancora in mano, di fronte a lei.
<< Chi ti ha insegnato a duellare così bene?>>
<< In realtà ho fatto molto da sola. La battaglia mi è sempre piaciuta. Penso che voi maschi siate molto arroganti a non accettare le donne nei combattenti. Possiamo essere davvero brave>> disse Eowyn.
<< Già. E poi dopo Sauron è una ragazza colei che può nuocerci di pi ù … >> disse Faramir, e subito dopo socchiuse gli occhi, guardando Eowyn, come se avesse compreso qualcosa ma non fosse completamente convinto della scoperta.
<< Cosa pensi?>> chiese lei, curiosa.
<< Niente, nulla di importante>>
Faramir le si avvicinò.
<< Sai, prima, quando te ne sei andato, sono stata da sola con Aragorn>>
<< Cosa vi siete detti, se mi è permesso?>>
<< Niente. Era sorto a guardare l’orizzonte, e io a guardare lui, e ho notato che non provavo più niente o quasi per lui>> rispose lei.
Faramir rimase in silenzio, a guardare gli occhi di lei. << Fra poco combatteremo e probabilmente moriremo. Donami un ultimo bel momento>> le disse poi, avvicinando il suo volto a quello di lei.
La ragazza si lasciò abbandonare a  quel bacio, lasciando cadere per terra la spada che teneva ancora in mano.
 
 
Seduta sul letto della sua stanza, Rebean pensava. Sapeva che suo padre era in guerra contro Gondor. Si chiedeva se la guerra fosse iniziata, se Aragorn e gli altri fossero ancora vivi, se tutto ciò era giusto. Da quale parte doveva stare? Rebean era ancora divisa a metà: una parte di lei voleva fuggire e andare a Minas Tirith, perché sapeva che Sauron era malvagio e non le avrebbe mai voluto bene, e che lei non voleva essere come lui, ma l’altra parte le consigliava di restare lì, perché così si sarebbe potuta vendicare, perché magari Sauron le avrebbe veramente voluto bene. Avrebbe voluto dire così tante cose ai suoi amici!
Pensava ciò giocherellando col suo pugnale. Cosa avrebbe dato per rivedere un’ultima volta i suoi amici! Magari poteva fuggire, solo per poco … ma questa era follia: come poteva andarsene da lì?
“Tanto vale provarci” pensò ad un certo punto. Così si sdraiò sul letto gettando via l’arma, intenta a pianificare qualcosa. In realtà doveva pensare due piani: uno nel caso non incontrasse il Signore dei Nazgul, l’altro per il caso contrario.
Ammesso e non concesso che non lo incontrasse, doveva comunque sfuggire alla vista di tantissimi servi. Fino al piano inferiore non ci sarebbero stati problemi, ma poi avrebbe dovuto essere attenta e scaltra: due piani la separavano dall’esterno. Poteva fuggire tentando di nascondersi tra le colonne o in qualche luogo abbastanza adatto, ma scartò questa ipotesi: c’erano troppi servi. Più pensava a un piano più lo sentiva irrealizzabile. A un certo punto si sedette improvvisamente. << Ma certo!>> disse. Oltre ai servi c’erano le guardie, orchi vestiti con un’armatura che non lasciava intravedere quasi niente. Se fosse riuscita a trovare una guardia solitaria e a stordirla avrebbe potuto prendere la sua armatura, e la fuga sarebbe stata molto più semplice! Il problema era dove nascondere la guardia stordita.
Così si alzò e prese la sua spada: un colpo d’elsa ben assestato avrebbe funzionato. Doveva solamente essere attenta a non farsi vedere.
Uscì dalla stanza e iniziò a camminare per il corridoio, e alla fine la trovò: una guardia voltata di spalle, stranamente da sola. Rebean si guardò attorno: non c’era nessuno. Così, silenziosamente, si avvicinò a quella e la colpì in testa con l’elsa. L’orco cadde in terra tramortito. Rebean lo prese per le gambe e lo trascinò via, in una stanza che non veniva mai visitata che si trovava lì vicino. Indossò l’armatura, che le stava molto larga e non era certo della sua misura. << Tanto vale provare>> disse sottovoce la ragazza.
Così scese le scale tentando di apparire disinvolta e sicura di sé.
Arrivata al pian terreno, dovette inventarsi una scusa per uscire dalla torre, dicendo che le era stato comandato di aiutare coloro che facevano la guardia alla città. Vista la poca intelligenza degli orchi, essi ci credettero. Così riuscì ad uscire.
L’aria terribile della città la avvolse, facendole accapponare la pelle. Doveva vincere la sua paura o non avrebbe mai realizzato il suo piano. Così fece un respiro profondo e proseguì.
 
 
 
Eowyn si posizionò in prima fila, sul suo cavallo. Cercava di sembrare sicura di sé e fiera, ma aveva paura, e lo sentiva. Lo schieramento di fronte a lei restava immobile, e così anche loro, in attesa di un qualche segno: non volevano essere i primi ad attaccare.
Ad un certo punto qualcosa, o meglio, qualcuno, si fece strada tra i soldati avversari. Era un essere di una corporatura imponente, che indossava un’armatura nera e un elmo terrificante. Sulla mano destra stringeva un’arma che Eowyn non vide bene, e li stava guardando: dietro di lui, in alto, le tenebre rubavano spazio alla luce.
<< L’era delle tenebre sta giungendo. Preparatevi a morire>> disse con una voce profonda e glaciale. Poi fece un segno,. Prima che chiunque potesse ribattere, e i nemici si abbatterono sui difensori come pioggia. Eowyn riusciva a difendersi bene grazie al suo talento, ed era capace anche di difendere molti suoi compagni. Quindi, per buona parte della battaglia, non si trovò in molta difficoltà. Tuttavia, ad un certo punto, enormi figure si stanziarono all’orizzonte, e dopo una decina di minuti Eowyn riuscì a distinguerle: erano creature simili ad elefanti, ma con zanne in più.
<< Olifanti!>> urlò.
Qualcuno si accostò a lei.
<< è la rovina>> sussurrò Theoden.
<< Dobbiamo abbatterli>> rispose Eowyn.
<< Non abbiamo possibilità>>
<< Ti sbagli>> rispose la ragazza, procedendo al galoppo verso quelle enormi creature e travolgendo molti nemici.
<< Fermati!>> le urlò Theoden, ma ormai ella era andata, confondendosi tra i combattenti.
Se avesse ferito uno di quegli esseri alle zampe, si sarebbe indebolito e avrebbe iniziato a barcollare, travolgendo anche l’esemplare vicino. Sarebbero caduti per terra e gli uomini sopra di loro sarebbero morti o avrebbero ucciso loro stessi gli olifanti per paura.  Era ormai vicina, e la creatura la stava osservando. Eowyn vide gli arcieri tendere l’arco e scoccare frecce, che lei abilmente evitò. Con fatica riuscì a passare sotto la pancia degli olifanti, tra le zampe. Allora allargò le braccia tenendo strette le spade e provocò alla bestia profonde ferite. Essa iniziò prima a garrire, poi a barcollare, ma i conducenti dei vicini olifanti fecero in tempo a scansarsi con  la bestia. Di quelli invece che erano sulla belva ferita, alcuni cercavano invano di placarla, altri miravano ancora con l’arco verso la ragazza. Eowyn non sapeva che fare: era pressoché in difficoltà, nessuno l’aveva dei suoi l’aveva seguita, e pensò veramente alla fine.  Ad un certo punto, però, notò che il baldacchino su cui sedevano i nemici era legato alla bestia da una corda, così con un veloce colpo di spada la tagliò e poi fece un affondo all’animale. Gli uomini caddero dalla cavalcatura, che, libera da costrizioni e più ferita, iniziò, imbizzarrendosi, a barcollare qua e là riuscendo a travolgere alcuni suoi simili prima di cadere a terra.  Allora Eowyn, fiera, corse indietro, e vide che molti dei suoi si stavano recando a combattere contro gli olifanti, presi da rinnovato coraggio.
 
 
Rebean era ormai giunta fuori Minas Morgul, davanti a lei vedeva la pianura rocciosa di Gondor. Era quasi calato il buio, gli eserciti si stavano ritirando. Era trascorsa un’ora da quando la ragazza era fuggita, e si chiese se avessero notato la sua mancanza. Non aveva appuntamenti in quelle ore, ma il re Stregone poteva essere passato per la sua camera, o l’orco essersi risvegliato. Ormai non poteva abbandonare l’impresa. Doveva riuscire. S’incamminò con passi lunghi e veloci, nascondendosi talvolta tra le rocce se udiva qualche rumore sospetto. Finalmente la città di Minas Tirith le si presentò davanti agli occhi in tutta la sua imponenza. Gli eserciti si erano ritirati, i comandanti radunati per decidere le sorti della battaglia. Si mise il cappuccio del mantello che aveva indossato, in modo che non si intravedesse il volto e si incamminò verso le porte della città.
<< Desidero entrare>> disse alle guardie.
<< Non può entrare in città nessuno che il sovrintendente non conosce. Dicci il tuo nome>> dissero le guardie. Rebean esitò: non voleva rivelarsi; non ora.
<< Desidero parlare con Dama Eowyn, è urgente. Ditele che sono una ragazza che ha conosciuto a Rohan>>. Le guardie prima parvero indecise, poi una di loro annuì. Rebean iniziò a camminare in su e in giù, nervosa, dando fugaci occhiate al cielo verso Mordor, sperando di non vedere un Nazgul.
Alla fine, dopo una decina di minuti la guardia uscì dalla città, e dietro di lei camminava Eowyn. Rebean la prese per un braccio e la condusse più in là, dove nessuno avrebbe potuto udirle né sentirle e si tolse il cappuccio.
<< Rebean! Sapevo che eri tu!>>
<< Eowyn …>> esclamò l’altra, e si abbracciarono affettuosamente.
Eowyn le prese le mani. << Cosa ti è successo? Raccontami tutto! Qui sono accadute così tante cose! Devo presentarti una persona! E poi Aragorn, Gimli, Legolas … saranno tutti così felici di vederti!>>
Rebean però scosse la testa. << No. non tornerò con voi, Eowyn>> disse.
L’altra lasciò le mani di Rebean e indietreggiò di un passo. << Come?>> chiese.
<< Eowyn … Io non sono contro di voi, tu devi capirmi. Ho incontrato mio padre! Ho finalmente una nuova possibilità! Lo convincerò a non conquistare Gondor e a proclamare la pace>> spiegò.
Eowyn quasi rise e scosse la testa pure lei. << Ti sbagli, non lo convincerai mai. Lui è il male. Rebean, tu non sei come lui, tu sei diversa. Sei riuscita non so come a fuggire, resta qui, ti proteggeremo noi>>
<< Eowyn tu non capisci>>
<< No, Rebean, sei tu a non capire. Prima o poi Sauron ti coinvolgerà in questa guerra, e allora sarà troppo tardi>>
Rebean non voleva credere a questo, e  cambiò discorso.
<< Chi mi volevi presentare?>> chiese.
<< Un uomo, si chiama Faramir, è il capitano di Gondor>>
<< E ti piace>> disse la ragazza.
Eowyn arrossì. << E mi piace>>
Rebean non le disse della sua avventura col re Stregone, ma la guardò, felice per lei. << Eowyn, è tardi. Devo andare o noteranno la mia assenza anche se temo che l’abbiano già fatto. Abbi cura di te e per favore non dire niente del nostro incontro agli altri. Spero di poterti rivedere>> disse Rebean, prima di rimettersi il cappuccio e fuggire via. 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Ferite di guerra ***


Ferite di guerra
 
Note dell’autrice: buooongiorno lettori! Perdonate il ritardo L che ritardo … quant’è che non aggiorno???? Scusate! La prossima volta farò del mio meglio!!!!! Anzitutto un paio di cose:
  1. Penso che il capitolo faccia leggermente schifino ma non potevo fare altrimenti o avrei ritardato ulteriormente la pubblicazione e avrei perso tutti i miei lettori!! ( ammesso che non li abbia già perso XD).
  2. Questa noticina è rivolta a Talia_Federer: so già che il capitolo probabilmente non ti piacerà molto. Ho questa sensazione … ma dal prossimo ci saranno guerre, scontri, viaggi, eccetera.
  3. Il titolo del capitolo c’entra poco ma non sapevo come chiamarlo.
  4. Ringrazio tutti coloro che mi seguono e mi recensiscono!!!! GRAZIE! THANK YOU VERY MUCH!
 
 
 
 
Rebean riuscì a entrare nel castello senza a suo parere essere vista. Così corse fino alla sua stanza, aprì la porta e la richiuse dietro di sé, tirando un sospiro di sollievo.
<< Dove pensavi di andare?>> chiese una voce, e il Re Stregone apparve nell’ombra.
<< Io? Ero andata giù un attimo, volevo sgranchirmi le gambe>> accampò la ragazza come scusa, ma l’altro iniziò a ridere glacialmente.
<< Sono costernato dal fatto che tu mi creda così ingenuo. Ho notato sin da subito la tua assenza, e ho inviato alcuni orchi a cercarti, temevo tu fossi fuggita. Ma a quanto pare non ti hanno rintracciato>>
<< Mi dispiace. Ma dovevo uscire. È da tanto che non sento più l’aria fresca>> rispose Rebean.
<< Spero per te che sia così>> disse l’altro, avvicinandosi a lei e sollevandole il viso con una mano << o preferiresti non esserti mai allontanata>>. Detto questo se ne andò senza dir nulla.
Rebean si sedette sul letto, ansimando. Poi si sdraiò guardando il soffitto. C’era mancato poco: la prossima volta sarebbe dovuta essere più attenta. “ Sempre che ci sarà una prossima volta”.
 
Erano settimane che la ragazza era rinchiusa in quella torre senza poter uscire. Voleva vedere suo padre, voleva camminare nelle pianure di Gondor, rivedere il cielo, ma soprattutto il sole. Dopo tutti gli allenamenti spossanti e gli studi faticosi aveva poco tempo per rilassarsi. Aveva imparato finalmente a leggere e a scrivere e le si era aperto un mondo: adorava esplorare i libri, immergersi in essi per scoprire ogni piccolo particolare e adorava anche piangere quando essi terminavano e il loro mondo spariva dinnanzi ai suoi occhi.
Rebean si recò al suo ennesimo allenamento. Era molto migliorata, sembrava nata per la guerra, e si vociferava che potesse essere ancora meglio di così, che il fuoco era suo “amico”, ma non capiva il senso di tali parole.
Anche per quel giorno si allenò per ore, ma quando esso terminò accadde qualcosa. Il Signore dei Nazgul le aveva dato il permesso per andare in camera sua, ma lei aveva esitato. Si chiedeva, infatti, il modo in cui qualcuno potesse diventare come il Re Stregone. Aveva paura a chiederglielo, ma tutti gli uomini che aveva conosciuto, più o meno malvagi, non erano come lui, non indossavano una veste nera e non si coprivano il volto con essa, non erano soprattutto né morti né vivi, come lui. Sapeva che c’entrava qualcosa con l’Anello, ma voleva conoscere tutto.
Così rimase immobile e chiese al Signore dei Nazgul: << Come sei diventato così?>>
Lui si voltò e Rebean immaginò che avesse un’espressione stupita.
<< Così come?>>
<< Né morto né vivo, asservito all’Anello>>
<< Ho un grande potere>> tuonò quello << Di meglio potrei desiderare solo l’unico ma …>>
<< Ma non puoi. Perché sei asservito. Non è assurdo? Cosa ti ha spinto a diventare così?>>
Il re Stregone si avvicinò a lei.
<< Dimmi, cos’è che desideravi di più prima l’Anello?>>
<< Quello che tutt’ora desidero. Rivedere mia madre, abbracciarla, e farle sapere che sto bene e che la amo. Ma tu non hai risposto alla mia domanda>>
<< Non ti credo. Stai mentendo>>
<< Non ne avrei il motivo>>
<< Io desideravo il potere, più d’ogni altra cosa>>
<< E perché? mia madre mi ha sempre detto che il potere dà cattivi consigli e fa credere alle persone di essere invincibili quando invece non lo sono>> disse Rebean.
<< Perché? tu mi chiedi perché desideravo il potere? Solo col potere ci si può vendicare. Tanto tempo fa, prima ancora di diventare re, ero un principe. Ricordo che volevo bene a mio padre, molto, ma non so come si fa ad amare, non lo ricordo. Ero ancora molto piccolo quando il popolo si rivoltò, e alcuni ribelli uccisero mio padre e mia madre davanti ai miei occhi. Io venni istruito, in attesa di diventare re, insieme ad altri figli di nobili ed allevato da una nutrice. Prima che i miei genitori morissero ero rispettato da tutti i miei coetanei, ma dopo non ero quasi più nulla: il potere era nelle mani di una sorta di sovrintendente e non era sicuro che sarei diventato re a causa del suo dispotismo e dell’avversione del popolo. Io quindi non ero più niente o quasi, e i miei coetanei iniziarono a deridermi, a perseguitarmi, a denigrarmi, e tutto ciò continuò per anni. Le persone del popolo, invece, mi scansavano perché figlio del re deceduto. Ma quando fui abbastanza grande capii. C’era un rimedio: il potere. Se avessi ristabilito la mia carica sarei di nuovo diventato qualcuno. E ci riuscii. Dopo provvidi a eliminare tutti coloro che mi avevano fatto del male e a seminare il terrore tra il popolo: solo con esso la massa informe della folla può essere domata.  Ma quel potere non mi bastava: perché accontentarsi solo di quel potere quando ne puoi ottenere molto di più? Così ebbe inizio la storia degli Anelli>> raccontò il re stregone con rabbia nel ricordare le sue brutte vicende. Probabilmente al soffrire così tante cose brutte, il suo cuore si era indurito ed era diventato malvagio. Rebean si chiese se ci fosse una cura. Può un cuore indurito dal male ritornare al bene?
<< Sai, noi due siamo molto simili per quanto diversi. Visto che tu mi hai raccontato la tua storia io ti racconterò la mia, anche se penso che tu già la conosca. Mia madre era di umile famiglia, era povera e andò in moglie a un falegname. È lì che sono cresciuta, senza ricchezza e senza potere. In un certo senso ero felice. mia madre mi voleva bene, il mio paese era molto carino e c’era spesso il sole. Quello che ritenevo mio padre, però, era un uomo dispotico e focoso. Spesso lo sentivo urlare a mia madre, e io mi rinchiudevo in camera, mi sdraiavo sul letto e mi coprivo la testa col cuscino pregando che i miei genitori finissero di urlare e che tutto ritornasse normale. Mia madre era una bella donna ma da quando si era sposata con quel falegname aveva iniziato a mangiare sempre di più. Il mio presunto padre, inoltre, non nutriva per me particolare affetto e non perdeva occasione per rimproverarmi e umiliarmi: perciò spesso litigava con mamma. La mia vita, da piccola, si svolgeva in paese, e sentivo tanta gente dire che ero frutto di un amore clandestino, di un amore colpevole. Le donne mi indicavano schifate e i loro figli mi denominavano con nomignoli poco carini e anche loro non perdevano occasione per umiliarmi, come quando mi gettarono nel freddo lago vicino. Ricordo che fui malata per giorni. Mi rinchiudevo sempre in camera e piangevo la maggior parte della notte. Poi venni promessa in sposa a quell’uomo e da qui conosci certamente tutto>>
<< Non desideri il potere?>> chiese l’altro, ma lei scosse la testa.
<< No. Desidero vendetta. Solo che ci sono momenti in cui penso che non sia la soluzione giusta, perché io per prima soffro nel meditarla. Oltretutto non cancellerebbe il male che ho sofferto, anzi, farei star male molte persone innocenti. Un’altra parte di me urla vendetta, però. È come se il mio cuore fosse spaccato a metà, e luce e tenebre lì si contendessero. Sai cosa penso, però? Che entrambi abbiamo trascorso troppo tempo a compiangerci e a disperarsi. Penso che a son di vedere il male siamo diventati ciechi di fronte alle cose belle che avevamo. L’ho capito grazie al nostro viaggio che mi ha portato lontana da casa, e a questa sorta di prigionia che mi impedisce di vedere fuori. Penso che mi sono lasciata sfuggire molte cose belle. Sai quant’è che non vedo il sole? Settimane. Forse di più: a Mordor non c’era. E solo ora mi rendo conto di quanto il sole sia bellissimo: riesce da solo a illuminare gran parte del n ostro paese. E il cielo stellato? Non è meraviglioso’ ho trascorso troppe poche notti a contar le stelle e a mirarle. La stessa erba verde e delicata che cresce è un miracolo: è un mistero come possa crescere dalla umida terra. E i fiori, quanti fiori c’erano nel mio paese! Erano rossi, verdi, rosa e blu. Ed erano profumatissimi. Lo stesso lago in cui mi hanno spinta era stupendo: la sua acqua era talmente cristallina che potevi mirarti e rimirarti. E l’acqua che disseta, cosa può esserci di più bello di questa? E gli animali, gli animali! Io adoro i gatti, la loro dolcezza e la loro astuzia. Non sono anche essi meravigliosi? E poi mia madre. Il suo sorriso, mi rendo conto solo ora, è la cosa più bella che possa esserci a questo mondo, e pagherei tutto per rivederlo. Il suo amore per me era infinito e mi ha permesso di andare avanti. Non è splendido, l’amore di una madre? Non è un miracolo il suo averti messo al mondo? E la stessa vita, non è anche essa un prodigio? L’amore non è un miracolo?>>
Il Signore dei Nazgul tacque e rimase in silenzio per molto tempo, poi le ordinò di andarsene.
 
 
La battaglia stava di nuovo per iniziare e l’esercito era riunito davanti alla città, nonostante tutto ancora con un morale abbastanza alto per combattere.
Eowyn aveva un brutto presagio, come se quel giorno dovesse accadere qualcosa di brutto. Così quando insieme all’esercitò si scagliò contro i nemici, lo fece poco motivata, e seppur non volesse ammetterlo, anche inquieta. I nemici venivano travolti dal suo cavallo come sempre, gli urli di battaglia erano i soliti, eppure ….
Ad un certo punto vide poco distante da lei Sauron in tutta la sua imponenza. Riusciva da solo ad uccidere molti nemici, troppi. Nessuno pareva spaventarlo, anzi. Quindi guardò di fianco a sé, dove avrebbe dovuto esserci Faramir. E non lo vide.
<< Faramir!>> chiamò, mentre decapitava un orco. Non ricevette risposta.
Lo chiamò di nuovo, senza risultato. Presa dal terrore, allora, senza riflettere, avanzò guardandosi attorno, cercandolo tra la massa informe di orchi e uomini, e finalmente lo vide.
Lo vide dinnanzi a Sauron, con la spada alzata e un’espressione determinata.
<< Faramir, fuggi!>> gli urlò Eowyn.
Egli però parve non udirla, ma poi le rispose : << no, Eowyn. Sta venendo il mio momento di gloria: finalmente sarò degno di mio padre. E di te>> le disse, prima di scagliarsi con ingenua stoltezza contro l’invincibile nemico.
<< No, Faramir!>> urlò Eowyn. I pensieri le vorticarono velocemente nel cervello mentre restava quasi paralizzata e tutto si muoveva velocemente attorno a lei e i rumori si facevano ovattati. Restò per qualche secondo, che parve un anno, a guardare Faramir andare in contro a quella che probabilmente sarebbe stata la sua morte. No, non poteva morire! Finalmente aveva trovato qualcuno che l’amava veramente. Così, con un atteggiamento che alcuni riterrebbero incoscienza, altri coraggio, spronò il cavallo slanciandosi anche lei contro Sauron.
Ella lo attaccò con un paio di fendenti, che andarono a vuoto, e l’altro l’attaccò poi a sua volta, scaraventandola un po’ più in là per concentrarsi su Faramir. Eowyn vide che Sauron stava per attaccarlo con violenza, e temette che se l’avesse colpito l’avrebbe ammazzato. Così si alzò e corse con velocità incredibile contro il nemico, e si pose dinnanzi a Faramir, incassando il colpo al posto suo. Così la ragazza perse i sensi e cadde in un buio profondo.
Quando si svegliò, Eowyn si trovava nelle case di guarigione. Suo fratello era chino davanti a lei, e le tenebre dominavano il cielo. Egli l’accarezzò sulla fronte. << Eowyn … quanta paura ho avuto! Temevo tu morissi! Per due giorni hai perso i sensi>>
<< Due giorni?>> chiese Eowyn, stanca.
<< Due giorni>>
<< E Faramir?>> chiese poi.
<< Sta bene. Lui è stato qui fino ad ora>>
Eowyn emise un sospiro e chiese al fratello con un fil di voce di vedere Faramir.
Finalmente dopo una decina di minuti il Capitano di Gondor arrivò.
<< Eowyn!>> esclamò << stai bene!>>
Lei sorrise debolmente e allungò una mano verso di lui.
Egli la prese a sé e la accarezzò.  << Tranquilla. Sono qui e ci sarò per sempre>>
 
Rebean era finalmente giunta in camera e si era seduta sul letto. Ben presto la raggiunse il Signore dei Nazgul. << Preparati>> le disse << Partiamo per il tuo paese. Sarà un’occasione per farti confrontare coi nemici>> le disse.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Scontro con Sauron ***


Scontro con Sauron
 
 
 
 
 
 
 
La settimana seguente la ragazza poté uscire fuori dalla spettrale torre autorizzata, perché accompagnata dal Signore dei Nazgul, che aveva chiamato a sé anche altri due Nazgul, che Rebean riconobbe come Cinque e Due.  L’aria, già spaventosa, era terrificante con la presenza dei due Nazgul.
Rebean camminava di fianco a Cinque, guardandosi attorno con circospezione, ma non trovò niente di strano. Ne fu in parte rincuorata: non voleva certo urlare di paura in presenza dei  Nazgul. Così uscirono da Minas Morgul, arrivandosi a trovare nelle pianure di Gondor. La guerra era finita da poco, dal luogo dove si trovava Rebean, che era stato parte del campo di battaglia, si vedevano ci corpi dei caduti che giacevano a terra, spesso con le braccia aperte e gli occhi vitrei rivolti al cielo, forse l’ultima cosa che avevano visto. Sangue scorreva dovunque, e la terra, da grigio-marrone che era, adesso si colorava di un rosso cupo. Le ferite dei deceduti, che squarciavano loro membra e pelle, e che spesso lasciavano intravedere ossa e tessuti lacerati. Le mani avevano lasciato la presa sulle armi, che giacevano abbandonate vicino ai loro padroni, sporche a loro volta di sangue. Rebean si fermò ad osservare tali figure.
Chissà se quelle persone avessero famiglia. Chissà se avessero figli, che in quel momento stavano sognando di rivedere i loro padri, di correr loro intorno e abbracciarli, chissà quando era l’ultima volta che lo avevano fatto. Si domandò se quegli uomini avessero delle mogli che stavano tuttora accudendo i loro giacigli in attesa del loro ritorno, mogli che magari ancora in quel momento stavano guardando fuori dalla finestra pregando il ritorno dei mariti, tentando di vedere il loro volto in ogni passante. Mogli magari da poco, mogli incinte, mogli che amavano …
Rebean si accucciò davanti ad un uomo e gli chiuse gli occhi, sussurrando una preghiera per tutti coloro che lì erano deceduti.
<< Questo lo chiamate coraggio?>> chiese ai suoi accompagnatori.
<< Il coraggio è andare in guerra affrontando il proprio destino>> rispose il Signore dei Nazgul.
<< Uccidendo altri uomini. Uomini innocenti, costretti a combattere, uomini che avevano famiglia, uomini che avevano mogli e bambini, fratelli, sorelle, genitori che li aspettano tuttora a casa confidando nella speranza! Guardate! Alcuni di loro hanno appena la mia età, altri sono persino più piccoli. Non sarebbe questa l’età della gioia e della spensieratezza? Non è troppo presto per morire? Uccidere persone poco più che ragazzi, appena adolescenti, quasi bambini, lo chiamate coraggio? Uccidere altri esseri umani come voi lo chiamate coraggio? Negare amore e gioia a molti lo chiamate coraggio?>> chiese Rebean, indignata.
<< è la guerra>> rispose il Signore dei Nazgul.
<< è la guerra>> sussurrò indignata Rebean << è la guerra … >> ripeté. << Questa è solo viltà>>
<< Andiamo. Prima o poi torneranno>> disse il Re Stregone.
Rebean si alzò e non guardò i due accompagnatori, bensì mirò l’orizzonte che si stanziava in direzione di Minas Tirith. Una figura esile, dai lunghi capelli lunghi era sul campo di battaglia, e sembrava osservarli, con una spada in mano. Eowyn. Si guardarono per pochi secondi, secondi che parvero ore. Spesso uno sguardo può valere più di mille parole, e il loro pareva che dicesse che sarebbero rimaste continuamente amiche. Quello di Rebean, inoltre, implorava Eowyn di lasciarla andare. Vide la figura annuire e voltarsi. Quando il Signore dei Nazgul si accorse della distrazione di Rebean, si voltò anch’egli in quella direzione ma non vide niente.
<< Andiamo>> disse con la sua solita voce gelida. La ragazza annuì e  lo seguì.
Compirono il medesimo percorso dell’andata, ma a Rebean parve alquanto diverso, forse perché adesso era molto più tranquilla. Si accamparono di sera, quando lei disse di essere stanca. Si sedette davanti al fuocherello che aveva acceso, osservandone le fiamme inseguirsi tra loro.
 
 
Eowyn si era recata sul campo di battaglia per compiangere i morti e trovare eventuali feriti, anche se sapeva che si trattava solo di una lieve speranza. Si era fermata quasi al limite del campo perché le era sembrato di vedere un uomo muoversi. Non si era rimessa ancora del tutto, ma poteva passeggiare, e, sebbene suo zio e il guaritore non volessero, si era intrufolata nel campo di battaglia per vedere tutta la morte e la disperazione che lì regnava. I suoi capelli volavano al vento, e lei era in piedi, decisa, sul terreno impregnato di sangue e violenza. Ad un certo punto udì alcuni passi e guardò davanti a lei: fu così che incrociò il suo sguardo. Le due ragazze si scrutarono e si osservarono, mentre tutti i ricordi con Rebean venivano in mente a Eowyn. Le parve che Rebean le porgesse una richiesta, forse quella di farle attraversare il campo inosservata, senza che nessuno venisse a sapere della sua presenza. Che cosa mai avrebbe fatto quella ragazza? Perché non farla passare? In fondo era di poco più piccola di lei. Così annuì impercettibilmente con la testa e fuggì via velocemente. Entrò di soppiatto nella città e silenziosamente si recò nella sua camera nell’edificio dei guaritori, tirando un sospiro di sollievo per il fatto che nessuno l’aveva notata. Tuttavia dovette ricredersi: seduto sul letto, di spalle, c’era Faramir.
<< Dove sei stata?>> le chiese.
<< Non mi sembra affar tuo>> rispose lei, presa da un moto d’ira per la domanda.
Faramir si voltò, ed Eowyn vide che aveva pianto.
<< Hai idea da quanto ti stiamo cercando? Tuo fratello ha inviato numerosi soldati in città. Temevamo il peggio>>
<< Forse tu e mio fratello dovete rendervi conto che so badare a me stessa>> rispose Eowyn, ancora adirata.
Faramir si alzò.
<< Non basta saper brandire una spada per essere al sicuro. Molti guerrieri più capaci di te sono morti questo giorno. Occorre prudenza e buon senso! Non sai tu chi c’è là fuori? Sauron! Egli è molto potente, anzi, troppo, persino per uomini come Aragorn>> rispose Faramir.
<< Io ho molto buon senso, più di quello che tu credi. E adesso vattene via dalla mia stanza>> disse Eowyn.
Faramir scosse la testa e fece come ordinato, ma non appena uscì, entrò Eomer tutto trafelato.
<< Eowyn!>> esclamò.
Eowyn lo guardò stufata.
<< Se sei anche tu qui per ricordarmi come mi devo comportare puoi anche andartene, ci ha già pensato qualcun altro>>
Eomer però scosse la testa e si avvicinò a lei a braccia aperte, abbracciandola. << Temevo solo che ti fosse accaduto qualcosa>> le disse. << Sai come la penso sulla guerra e su chi deve parteciparvi>>. Eowyn si divincolò dall’abbraccio, stizzita. << Andatevene entrambi>> disse.
Finalmente riuscì a stare da sola. Il guaritore le aveva imposto di non fare assolutamente sforzi di alcun genere, ma la ragazza trepidava dal desiderio di recarsi in battaglia. Poteva travestirsi un’altra volta. Non poteva certo attendere un’altra settimana o due come voleva il guaritore! Aveva già atteso troppo per i suoi gusti.
Così il giorno seguente uscì furtivamente dalla stanza e riuscì a rubare un’armatura e a far svenire il proprietario grazie a un colpo in testa. Fece così parte dello schieramento, di nuovo in incognito. Si trovò di nuovo davanti a sé uno schieramento enorme di orchi, uruk-hai e altre creature di quella risma. La ferita al ventre le doleva ancora, ma la ragazza era decisa a continuare il suo piano: d’altronde ormai non poteva più ritirarsi. L’aria era pregna di un odore acre e nauseante che proveniva probabilmente dagli orchi. E pensare che una volta quegli esseri erano elfi! Eowyn stentava ancora a crederci. Ben presto i nemici iniziarono a urlare e a suonare corni di battaglia dai suoni rauchi. C’era ancora qualche olifante sopravvissuto ed erano arrivati anche i temibili pirati. Ormai si poteva ben dire che Minas Tirith stava opponendo una difesa disperata e senza speranza. Denethor, in preda alla pazzia, sragionava e si opponeva a qualunque cosa dicesse Aragorn, il vero re di Gondor che doveva ancora pazientare per trovare il regno che gli spettava di diritto nelle sue mani.
Finalmente la battaglia iniziò: lo schieramento dei difensori si scagliò per primo contro l’ammasso nero dei nemici. Iniziarono a volare le frecce. Sibili squarciarono l’aria quando esse venivano tirate, e, una volta descritto il loro arco mietevano vittime in entrambi gli schieramenti. Eowyn combatteva disperatamente, seppur sentisse che la ferita le doleva sempre più, e che stava pagando caro il suo capriccio: quandanche fosse rimasta in vita e avesse anche sconfitto un gran numero di nemici, nessuno sarebbe venuto mai a conoscenza della sua identità e il suo onore sarebbe volato via come lacrime al vento.
In mezzo alla mischia, le grida, i versi rauchi, il clangore delle spade e il fracasso degli scudi frantumati le rimbombavano nel cervello. Si sentiva sempre più debole, ma continuò la sua battaglia, nonostante tutto.
 
 
A son di osservare il fuoco Rebean riuscì a notare alcune figure all’interno di esso. Sembravano figure di guerra, di uomini che combattevano tra loro. Si sentiva stanca ma non riusciva ad addormentarsi. Ad un certo punto udì  un urlo gracchiante e sentì due magre mani afferrarla alla gola. Rebean cadde per terra, spaventata. Ma il terrore perdurò poco: dopo qualche secondo la creatura che l’aveva afferrato veniva scaraventata via dal Re Stregone. Egli estrasse la spada per uccidere la creatura, ma Rebean gli corse incontro e lo bloccò.
<< Deciderò io >> disse.
Quando la vide, Rebean si ricordò di averla già notata in precedenza. Era una creatura scarna, dalla testa abbastanza grossa e da due occhi grandi e di un celeste innaturale. Il suo corpo era eccessivamente magro, ed era coperto da un solo cencio marrone e sporco. Continuava a emettere versi gracchianti e a dire fra questi la parola tesoro, munita di più “s” del dovuto.
<< Qual è il tuo nome? È probabile che mi sia stato già riferito, ma non lo ricordo>> disse Rebean.
<< Tessoro … ladra! >> gracchiò questi.
Rebean gli mollò un calcio in testa e lo intimò di rispondere.
Quella creatura iniziò a piangere e a divincolarsi, e fra tanti lamenti pronunciò la parola “Gollum”.
<< è una sorta di degenerazione di un hobbit, unico nella Terra di Mezzo. È perennemente in  cerca dell’Unico>> spiegò Cinque. << Dovremmo ucciderlo prima che tenti di nuovo di rubare l’Anello>> continuò, sfoderando a sua volta la spada.
Rebean si accucciò e lo guardò negli occhi, chiedendosi come una persona potesse ridursi a quel modo. Inizialmente aveva desiderato ucciderlo, ma in quel momento stava provando pena per quell’essere, e si ricordava dell’insegnamento di sua madre, che era solita dirle che nessuno ha il potere di giudicare se una persona sia degna di vivere o morire.
<< Va’>> gli disse << e non tornare più, o morirai>> disse.
La creatura guardava terrorizzata tutte quelle spade minacciose, e fuggì via.
<< Ritornerà>> disse Cinque, deluso.
<< E allora manterrò il mio giuramento>> disse Rebean.
 
 
Eowyn si fece spazio tra i nemici, uccidendone a fatica alcuni, mentre gli altri soldati si affaticavano tutt’attorno.  Voleva trovare Faramir, ma non riusciva a vederlo nella mischia, ove tutti i soldati parevano uguali. Più in là Eomer urlò un ordine, che Eowyn non comprese bene. Continuò ad avanzare, fino a che non riuscì a scorgere Sauron alla sua destra. Voltò un po’ lo sguardo, e il terrore la paralizzò. Il ricordo del suo breve scontro le ritornò alla mente e temette per la sua vita. “ Forse non saresti dovuta scendere in campo” le bisbigliò una vocina nella sua mente. No. Doveva mantenere il suo onore, doveva dimostrare a tutti che era in grado di combattere e badare a se stessa.
<< Combatti, idiota!>> gli urlò nell’orecchio un suo commilitone. Eowyn lo avrebbe volentieri colpito, ma si trattenne. Uccise il nemico alla sua sinistra e continuò la battaglia, tenendo sempre d’occhio Sauron.
Alla fine, però, lo perse nella mischia. Ad un certo punto però udì tutti attorno a lei urlare e ritirarsi. Se ne accorse troppo tardi, e non riuscì ad indietreggiare. Si ritrovò da sola, di nuovo contro Sauron.
è la fine” pensò. Alzò la spada, tremando.
<< C’è ancora un intrepido soldato che osa sfidarmi. Morirai per la tua sfrontatezza>> disse Sauron, avanzando con arroganza e sicurezza. Due Nazgul lo affiancarono, ma rimasero immobili per ordine del loro signore.
Sauron attaccò la ragazza, che, con sua grande sorpresa riuscì a bloccare l’attacco.
A quel punto decise di rischiare tutto: pensava infatti che sarebbe morta comunque. Lo attaccò a sua volta, con più forza che poteva. La sua spada e quella di Sauron s’incontrarono, e si staccarono poco dopo. Il nemico fece un verso di stizza. A quanto pare tutti la sottovalutavano.
Questa volta fu Sauron ad attaccare, e lo fece velocemente, troppo. Mirò al collo della ragazza che riuscì miracolosamente a parare il colpo con lo scudo, ma non calcolò bene la distanza con l’attaccatura dell’elmo: lo scudo si incastro in essa e quando la ragazza fece per togliere lo scudo, esse fece leva con l’elmo, che volò via ferendola ad una guancia.
<< Eowyn!!!>> urlarono in coro Eomer e Faramir. Quest’ultimo corse verso di lei.
<< Fermati!>> urlò Eowyn << Tu devi difendere Gondor, ma il mio destino è segnato. Pensa alla tua patria, non a me! E così anche tu, Eomer>>
Faramir, però, non ne volle sapere e continuò la sua disperata corsa. I due Nazgul allora gli vennero incontro e ingaggiarono battaglia con lui.
<< Una donna>> disse Sauron << Non sapevo che fosse uso di Rohan far combattere le donne>> continuò a mo’ di scherno.
<< Anche tu lo farai>> disse Eowyn, mentre i suoi capelli volavano al vento, tenendo la spada in mano.
<< Mi porterà alla vittoria>>
<< Ordina ai tuoi servi di allontanarsi da Faramiur. Sono io il tuo nemico, non si avvicinerà a noi>> disse Eowyn, decisa. Non sentiva quasi più il dolore alla ferita, seppur esso non fosse cessato.
<< Se proverà a venirci incontro lo ucciderò>> disse Sauron. Eowyn annuì, e i Nazgul se ne andarono mentre Faramir urlava disperato.
Così il duello fra Eowyn e Sauron continuò ancora per lunghi minuti, poi Eowyn attaccò. Aveva notato che il rivale, nell’attaccare a destra, aveva lasciato scoperto il lato sinistro. Probabilmente si sarebbe protetto, ma lei avrebbe dovuto sfruttare il tempo che ole era concesso per tentare di colpirlo. Riunì quindi tutte le sue forze e lo attaccò. Con suo grande stupore, e con ancor più meraviglia da parte di Sauron, riuscì a colpirlo al fianco sinistro perforandogli la corazza dura. Certo, non era un colpo mortale e il nemico si sarebbe presto rimesso, ma era comunque una conquista. Sauron indietreggiò ponendosi la mano destra sulla ferita. Eowyn accennò al sorriso, ma poi la sua vista si offuscò per il grande sforzo effettuato. La terra tutt’attorno a lei iniziò a vorticare, i suoni delle urla si fecero ovattati, sentì due braccia che la sorressero, e l’ultima cosa che vide fu il volto disperato di Faramir.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** L'ipotesi di Gandalf ***


L'ipotesi di Gandalf
 
 
 
 
 
 
Faramir guardò adirato Sauron. Ad un tratto tuta la paura che aveva provato in precedenza nei suoi confronti era svanita, e avevano preso il suo posto l’ira e un sentimento di vendetta. Le sue mani erano intrise del sangue della ragazza amata; certo, il gesto di lei era stato avventato , se non sciocco, ma ciò non poteva certo placare la sua ira. Temeva infatti che la ragazza non avrebbe più aperto gli occhi a causa di Sauron.  Tuttavia il gesto di scagliarsi a sua volta contro il pressoché invincibile nemico gli pareva anch’esso avventato. Sapeva infatti di non essere capace di tener testa a Sauron: se lo avesse sfidato sarebbe certo morto, e in tal caso, se Eowyn fosse vissuta, non avrebbe più potuto vederlo, né lui avrebbe potuto godere della compagnia della ragazza. Un altro fattore a favore dell’attaccare il Nemico, era che suo padre non lo avrebbe più ritenuto un fallito, un niente, un inutilità. Se avesse attaccato Sauron suo padre lo avrebbe ritenuto coraggioso, come Boromir. E forse e anche di  più. Tuttavia lui pensava che spesso tra coraggio e incoscienza c’è una linea sottile. E lanciarsi incontro alla morte in quella maniera per odio e vendetta era da incoscienti. Quindi prese in braccio la ragazza e si fece strada tra i soldati per portarla alle Case di Guarigione.
I capelli biondi di Eowyn ondeggiavano verso il basso, abbandonati, e il loro colore dorato era macchiato dal rosso cupo del suo sangue. Il volto di lei era pallido, come quello mdi una persona che vede la morte da molto vicino. E la sua pelle delicata era gelida. Gelida come i petali d’un fiore ghiacciati da un freddo mattino d’inverno.
A Faramir parve fossero trascorse ore quando arrivò a destinazione. I guaritori presero immediatamente la ragazza e la portarono lontano da lui. Faramir rimase fuori ad attendere. Iniziò a camminare avanti e indietro, a torturarsi le mani, a dare calci agli alberi, a gettare sassolini nell’acqua dei laghetti, finché qualcuno non lo distrasse.
<< Faramir, devi venire a palazzo. Gandalf ci ha convocati>> gli disse Aragorn, ponendogli una mano sulla spalla.
<< Non posso venire. A cosa mai servirà la mia presenza? Non pensate tutti che io non valga nulla? Non sono stato nemmeno capace di proteggere la donna che amo! E cosa mi importa venire in una stupida riunione? L’unica cosa che voglio è lei!>> esclamò Faramir.
<< So come ti senti, ma … >> iniziò a dire Aragorn.
A quel punto gli occhi di Faramir bruciarono d’ira ed egli si voltò di scatto.
<< No!>> urlò << Tu non sai cosa provo. Tu non sai cosa significa non essere mai ritenuto abbastanza. Tu sei destinato a diventare re, tu sei un ramingo per scelta! Tu non sai cosa si prova quando la donna che ami non conosce i suoi sentimenti, quando non ti senti all’altezza delle situazioni! Tu non sai cosa si prova quando guardi negli occhi l’uomo che probabilmente ama la ragazza che tu tanto desideri! La tua amata non sta per morire!>> continuò.
<< Non è vero. Tu non sai niente, Faramir>> disse Aragorn, e s’allontanò.
Faramir aprì adirato le braccia e poi le lasciò andare. Così si avviò verso il palazzo. Entrò in quelle gelide mura prive d’affetto per lui e s’avviò nella grande sala del trono.
Suo padre sedeva sul trono con la testa appoggiata su una mano, col capo chino e stanco, come affaticato. Alla sua destra stava Gandalf, con il suo portamento fiero che stonava con l’espressione dubbiosa del volto e con la mano che accarezzava la grigia barba.
Alla sinistra di sire Denethor, invece, era posizionato Aragorn.
Oltre a loro erano presenti anche gli hobbits al completo, Eomer, Theoden, Legolas e Gimli.
<< Allora? Perché questa riunione? Parlate, e in fretta!>> disse Faramir, con un’irruenza che non lo caratterizzava.
<< Placa il tuo animo, Faramir. Siamo qui per discutere di cose importanti>> disse Theoden.<< A quanto pare Gandalf ha qualcosa da dirci>>  
<< Esatto>> disse lo stregone << Ho a lungo pensato a ciò che è capitato ad Eowyn, e ammetto di trovar l’accaduto molto strano. Nessuno tra i soldati più addestrati, nessun Capitano, nessun valoroso è mai riuscito a sconfiggere Sauron. Certo, Isildur è riuscito a indebolirlo oltre misura, ma non l’ha fatto per capacità personali o per una forza tanto straordinaria da poter rivaleggiare con quella di Sauron, bensì per fortuna. È stato grazie alla sorte che è riuscito a mozzare il dito a Sauron. Ma Eowyn è persino riuscita a ingaggiare un seppur breve duello con lui e a uscirne quasi vincitrice>>
<< Può darsi che anche in quel caso sia stata la sorte a determinare l’esito del duello>> ipotizzò Eomer.
<< Non penso proprio. La ragazza ha colpito il Nemico grazie alla sua abilità>>
<< Qual è la tua spiegazione, Gandalf?>> chiese allora Legolas.
<< In realtà avrei un’ipotesi, ma non ho elementi sufficienti per appurarla: non voglio, finché non sarò certo della sua effettiva verità, riferirvela, perché sarebbe nocivo per la ragazza se qualcuno di voi si lasciasse sfuggire qualcosa. Per ora teniamo gli occhi ben aperti>>
<> disse Theoden.
<< Anche Sauron prima di essere sconfitto da Isildur era sicuro di vincere. Spesso la sicurezza non è sinonimo di ragione, bisogna sempre tenerlo presente>> rispose Gandalf.
Theoden allora tacque e chinò la testa.
<< Presto Saruman ci attaccherà e avrà un esercito persino più numeroso di quello al fosso di Helm>> disse Denethor.
<< Riusciremo a sconfiggerlo, padre>> lo rassicurò Faramir.
<< E chi lo farà? Chi lo sconfiggerà? Tu? Tu, che ti sei fratto salvare da una donna? Tu che non hai nemmeno avuto il coraggio di proteggere la tua amata? Gondor cadrà se si affiderà a te>> esclamò Denethor.
<< Tu non capisci>> disse Faramir, andandosene amareggiato.
 
 
Frodo e Sam erano usciti dal palazzo poco dopo il termine della riunione.
Sam stava osservando una scatoletta nelle sue mani, accarezzandone dolcemente il coperchio.
<< Cos’è quella, Sam?>> chiese Frodo.
<< è un regalo degli elfi. Dama Galadriel non m’ha donato solo la corda elfica, ma anche questa scatola. All’interno c’è il seme di una pianta. Non ricordo bene il suo nome in elfico, so solo che nella lingua comune si chiama “Speranza”*>>
<< Che tipo di pianta è?>> chiese frodo, interessato.
<< Una strana pianta. È un arbusto. Anzi, no: un cespuglio, come una siepe, e produce delle bacche rosse. Vuoi sapere qual è la sua caratteristica?>>
Frodo annuì.
<< Le fogli di questo cespuglio sono di un verde brillante, come la speranza. Io lo voglio piantare proprio qui, a Gondor. Diciamo che le foglie della pianta misurano in qualche modo la speranza: quando essa tra gli abitanti di Gondor è tanta, le foglie della pianta saranno verdi brillanti, quando la speranza si affievolirà molto, e quindi ve ne sarà poca, il colore delle foglie si farà verde cupo. Infine, quando la speranza svanirà da Gondor, la pianta morirà>>
<< Perché proprio qui, Sam? Perché non vuoi piantarla a casa?>>
<< Penso che qui le persone ne abbiano più bisogno. Sire Aragorn è destinato per nascita a diventare re di Gondor, e a lui è tanto cara la speranza! Ne trarrà certo piacere da questa pianticella. A casa non c’è guerra, i campi continuano a produrre, tutto continua come deve procedere. Qui c’è guerra, e gli uomini necessitano molto di speranza>>
Sam iniziò a piantare il piccolo semino verde. Straordinariamente esso crebbe dopo pochi minuti fino a diventare un germoglio dalle foglie verde scuro.
<< Non c’è molta speranza>> convenne tristemente Sam.
<< Presto ce ne sarà>> lo tranquillizzò Frodo.
 
 
Rebean si sorprese ancora una volta a giocherellare con l’Anello: era già da molto che trascorreva gran parte del tempo a rigirarselo sul dito. La scritta era sempre illuminata, e ora lei era in grado di leggerla. Chissà cosa avrebbe detto sua madre non appena avesse saputo che sapeva leggere e scrivere!
Rebean chiuse la mano e si guardò attorno. Poco distante da lei c’era il Signore dei Nazgul. Lo chiamò.
<< Hai detto che quando l’Anello sarebbe ritornato dal suo padrone tu saresti diventato umano. Non è così?>> gli chiese.
<< Non ho detto questo. E se lo avessi detto, l’ho proferito in modo sbagliato. Ho detto che se l’Anello fosse ritornato al suo padrone, avrei assunto forma umana, ma ciò non significa che io adesso sia un essere umano. Rimango sempre un Nazgul, uno spettro dell’Anello, né morto né vivo, solo che ho una forma umana>> spiegò l’altro.
Rebean assunse un’espressione delusa.
<< Puoi almeno toglierti quell’indumento?>>
<< Non ho intenzione di farlo>>
<< Mi hai detto che tu servi il padrone dell’Anello. Ora come ora esso sono io. Quindi tu devi obbedirmi, e io ti ordino di toglierti quella veste>> disse Rebean. Non sapeva nemmeno perché lo avesse fatto.  In realtà una parte di sé desiderava ardentemente vedere di nuovo l’aspetto di quell’essere, tanto bello e magnifico. Non si era dimenticata quel bacio, anche se aveva cercato di farlo, anche se credeva fosse stato uno stupido errore. Udì un mormorio o qualcosa del genere, e l’altro si levò la veste.
<< Ecco qua>> le disse.
Ancora una volta Rebean ammirò colui che aveva di fronte e si perse nel suo sguardo.
<< Così va meglio>> disse.
Trascorsero attimi di silenzio.
<< Secondo te mio padre mi vuole bene? Secondo te cesserà mai la guerra?>>
<< Certo che non cesserà la guerra. È da tempo innumerevole che brama conquistare Gondor, e non  solo: tutta la Terra di Mezzo e diventarne il signore. Perché dovrebbe fermarsi solo ora che finalmente può raggiungere il suo obiettivo? Solo perché una figlia da lui non voluta è contraria?>> rispose lui.
Rebean non rispose, ma assunse un’espressione triste e poi una lacrima le scese dall’occhio destro. Per la prima volta il Signore dei Nazgul non provò odio, né ira, né vendetta, né qualche altro sentimento negativo, ma una sorta di compassione.
<< Vorrei dirti ciò che si dice in genere in questi casi, cioè che lui ti vuol bene a suo modo, che imparerà a farlo, o altro, ma non posso. Lui, come me, come ognuno di noi, non è in grado di amare: ogni persona è per lui solo uno strumento, un mezzo per il potere, e tu non fai la differenza.>> disse poi.
Rebean allora si alzò, adirata e strinse i pugni.
<< Ti sbagli. Mio padre mi vuol bene! E se non me ne vuole ora, me ne vorrà in futuro!>> esclamò più per convincere se stessa che l’altro.
Guardò negli occhi il suo interlocutore, e poi fuggì via il più velocemente possibile.
Non sapeva se il Signore dei Nazgul la stesse seguendo o meno,  Rebean correva velocemente senza sapere dove andare, finché non andò a sbattere contro qualcuno e cadde per terra.
Una persona l’afferrò per un braccio e la strattonò via, verso sinistra, continuando a trascinarla per molto tempo, mentre un altro la imbavagliava.
Rebean cercava di dimenarsi, di urlare, ma non ci riusciva e ogni tentativo era vano. Le radici le sgraffiavano le braccia, i sassi aguzzi la tagliavano, e il suo volto era pieno di ferite.
Alla fine, dopo un’ora di tale trascinamento, si fermarono.
Un uomo calvo dalla corporatura massiccia e dalle molte cicatrici sul volto le si piazzò davanti, ghignando. Si affiancò poi a lui un altro energumeno dai capelli lunghi.
Uno di loro le mollò un calcio alla gamba destra.
<< Hai qualcosa che può servirci>> disse quello calvo. Poi afferrò la mano destra della ragazza e tentò di sfilarle l’Anello, inutilmente.
<< Dacci quel maledetto aggeggio!>> urlò quello coi capelli lunghi.
Il cuore di Rebean iniziò a martellare velocemente mentre lei cercava una soluzione: non poteva dar loro l’anello, ma non poteva nemmeno fare il contrario.
Mentre pensava ciò il calvo stava per calciarla di nuovo, ma accadde qualcosa. Mentre lui stava per farlo, Rebean si era coperta il volto con le mani dal terrore, e quando lui l’aveva appena sfiorata era stato catapultato all’indietro da una sorta di forza invisibile.
Rebean rimase sorpresa, si strappò il panno che la imbavagliava e si alzò in fretta. I due erano per terra, sorpresi, e si guardavano a vicenda.
Rebean allora riprese fiducia in se stessa, anche se non aveva capito cos’era accaduto. Sfoderò la spada infuocata e la puntò contro di loro.
<< Avete di nuovo intenzione di attaccarmi?>> chiese, minacciosa. I due si guardarono e poi indietreggiarono frettolosamente, come due gattini impauriti.
Rebean rinfoderò la spada solo quando non li vide più. Si guardò attorno. Doveva capire come tornare indietro.
 
 
 
 
 
 
 
 
*Versione modificata dell’extended edition de “Il Signore degli Anelli, Le Due Torri, dove si vedeva Sam con in mano una scatoletta contenente delle spezie. Nel libro, invece, la scatoletta conteneva alcuni semi. 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Una vendetta sventata ***


Una vendetta sventata
 
 
 
Note dell’autrice: ciao! Ecco qua il nuovo capitolo, in ritardo come sempre! Tanto ormai è consuetudine … allora, che dire? Siamo quasi a metà della storia probabilmente. Urca! Fra poco dovremmo incontrare Saruman … ah beh!
Comunque, spero vi piaccia!
Fatemelo sapere :)
 

 
 
 
 
 
Rebean doveva solamente trovare la strada per tornare indietro, e non era cosa semplice. Osservò l’Anello: era sicura che quella forza fosse provenuta da esso. Doveva parlarne col Signore dei Nazgul.
Vagò per il bosco avanti e indietro, in cerca dei Nazgul, finché non sorsero le prime luci dell’alba facendo capolino tra gli alberi.
<< Dovremmo metterci in marcia>> disse una voce dietro la ragazza.
Ella si voltò in fretta e vide il Signore dei Nazgul.
<< Cosa ci fai qui?>>
<< Pensavi che non ti avrei seguita?>>
<< Perché non ti sei fatto notare prima? Perché non mi hai aiutata contro quei banditi?>>
<< Non ne avevi bisogno: ti sei difesa da sola. Perché non ti ho avvisato prima della mia presenza? Non ne vedo il motivo: mi mostro solo quando voglio o qualora sia necessario>>
Rebean incrociò le braccia. << Sono stanca>> disse << Devo riposare>>
<< Dovevi farlo prima. Dobbiamo ritornare a Minas Morgul al più presto>>.
Rebean sbuffò e lo seguì. Il Signore dei Nazgul era ancora senza il mantello e anche se non voleva, Rebean non riusciva a smettere di guardarlo, anche se lui era di spalle. Presto si riunirono con gli altri Nazgul e si prepararono al viaggio.
Rebean stava decidendo con chi cavalcare, quando si sentì sollevare da due braccia forti e si ritrovò su seduta su un cavallo, dietro al Signore dei Nazgul.
Rebean voleva dire qualcosa, quando il cavallo iniziò a galoppare velocemente. Per la spinta si ritrovò molto vicina al Signore dei Nazgul.
Visto che il cavallo andava molto velocemente Rebean dovette abbracciare il suo compagno per non cadere da cavallo. Sentì il suo torace muscoloso che ormai aveva preso forma.
Viaggiarono per un po’ in silenzio, ma Rebean c’era abituata: i Nazgul non erano certo tra gli individui più loquaci.
<< Perché non siamo andati con quelle bestie volanti? Avremmo fatto prima>> chiese Rebean.
<< Quelle creature non possono trasportare più di una persona: si fanno cavalcare solo dal loro padrone>> spiegò il Re Stregone.
<< Interessante. E dimmi, anche la creatura che sarà mia si comporterà nello stesso modo?>>
<< Non è detto che diventi tua>>
<< In che senso?>>
<< Per quanto ne sappiamo potrebbe anche decidere di incenerirti. Dipende tutto da te>>
<< In tal caso non sono molto sicura di avere questa cavalcatura>>
<< Devi farlo, così vuole tuo padre>>
Reban ebbe un tremito di paura: l’idea di essere abbrustolita per colpa di una strana creatura non l’allettava proprio. Cercò di autoconvincersi che sarebbe ritornata indietro viva e vegeta. Cominciò allora a pensare al suo paese, nel quale sarebbero arrivati entro qualche giorno.
 
 
Faramir si sedette accanto al letto di Eowyn. La ragazza era ancora pallida e senza sensi, il suo petto si alzava e si abbassava a intervalli regolari, ma molto lentamente, e Faramir temeva sempre non si muovesse più. La sua pelle era fredda e le sue labbra avevano perso colore. Faramir strinse la mano della ragazza.
<< Eowyn … ti dirò una cosa. So che non puoi udirmi, ne vedermi, né percepire la mia presenza in alcun altro modo, ma desidero dirtela ugualmente. Fra poco la guerra inizierà e io potrei morire, ma non voglio farlo senza averti detto questo. Io ti amo, Eowyn. Amo i tuoi capelli color del sole e del grano mietuto, amo i tuoi occhi fieri e decisi, ma al contempo dolci e comprensivi, amo le tue labbra rosee, amo il tuo volto magro e perfetto, così bello che pare un’opera d’arte, amo il tuo seno delicato, il tuo corpo snello e delicato, ma tuttavia forte e resistente, ma soprattutto amo te, il tuo carattere determinato, il tuo portamento da regina, la tua voce che mi trasmette pace e tranquillità, il tuo sguardo, il modo in cui arrossisci e quello con cui mi rimproveri. Amo ogni parte di te, ogni tuo pregio e ogni tuo difetto, ogni tua luce e ogni tua oscurità, ogni tua forza e ogni tua debolezza con tutto me stesso. Ti amo e ti amerò senza condizioni. Se potessi donerei la mia stessa vita per te, se potessi farti svegliare ora e rendere la tua vita migliore lo farei, a qualunque costo. Se io morirò in battaglia, se tu ti risveglierai e non potrai più vedermi, ricorda questo: io ti sarò sempre accanto, e ti aiuterò, anche se non mi vedrai, non mi udirai e non mi percepirai, proprio come adesso. Ti amo, Eowyn, ti amo e voglio che tu lo sappia>> disse, e le baciò la mano. Poi guardò il suo volto e la baciò delicatamente sulle labbra, come quando si tocca un bocciolo di rosa senza volerlo rovinare. Le scostò i capelli dal volto e una lacrima cadde sulle guance della ragazza. Faramir si voltò per andarsene.
<< Faramir … >> sussurrò Eowyn.
Il ragazzo si voltò e corse da lei, inginocchiandosi.
<< Eowyn … sono qui>>
Ma la ragazza non rispose. Faramir si alzò e cercò il guaritore.
<< Eowyn ha parlato. Ha detto il mio nome>> disse.
Il guaritore allora andò dalla ragazza, ma Faramir venne chiamato per la guerra e dovette andarsene.
Indossò l’armatura e per ultimo il suo elmo. Odiava la guerra, perché essa era capace di portare via tutto. La guerra era per uomini come Boromir o suo padre, non per quelli come lui.
 
 
<< Fra quanto arriveremo?>> chiese Rebean al Signore dei Nazgul.
<< Ci siamo quasi. Dovremmo esserci questo pomeriggio>>
Rebean era felice: avrebbe potuto rivedere sua madre, riabbracciarla, e avrebbe mostrato a tutti chi era diventata. Nessuno le avrebbe fatto del male, poiché era scortata dai Nazgul.
Dopo qualche ora riuscì a vedere il bosco dove si era persa e il luogo in cui l’aveva trovata Gandalf. Quanto tempo era passato e quante cose erano accadute da allora! Si chiese se l’avessero riconosciuta.
<< Vorrei tanto che mi temessero>> confidò al Signore dei Nazgul.
<< Lo faranno. E se non ti basterà potrai anche vendicarti di qualcuno>>
<< Non voglio far del male a nessuno, ma hai ragione: mi temeranno. E come non farlo con te al mio fianco? Desidero però che gli altri non entrino in paese, dobbiamo farlo solo noi due>>
L’altro annuì e trasmise l’ordine agli altri, che si fermarono.
Ora Rebean poteva vedere i tetti delle case e cercò con lo sguardo quello di casa sua, e poi alla fine entrarono.
Le persone iniziarono a urlare e a fuggire. Rebean intravide le persone che le avevano fatto del male, terrorizzate, e sorrise.
<< Fermati. Voglio scendere>> ordinò al Signore dei Nazgul.
Egli ubbidì e la ragazza scese da cavallo. Tutti arretrarono alla sua vista.  Rebean sfoderò la sua spada infuocata che illuminò la sua armatura leggera, e il suo mantello decorato dallo stemma di Mordor. Fece un giro su se stessa con la spada tesa, mentre tutti indietreggiavano.
<< Allora?>> chiese << Allora? Chi vuole affrontarmi? Chi mi vuole far del male? Avanti! Dov’è finito il vostro coraggio! Chi vuole sfidare me, Rebean di Mordor, figlia di Sauron l’Oscuro Signore?>>
Nessuno si fece avanti. Dentro di sé Rebean era soddisfatta e paga.
indicò coloro che l’avevano umiliata e denigrata e fece loro segno di avvicinarsi. Tremando, questi obbedirono. Rebean dette un calcio ben assestato negli stinchi al primo della fila e questi cadde in ginocchio; allora la ragazza gli puntò la spada sul collo, procurandogli una piccola ferita.
<< Ho potere di vita e di morte su di te. Cosa pensi che farò?>> chiese Rebean.
<< Ti prego, risparmiami>> balbettò l’altro, terrorizzato.
Rebean stava per rispondere quando qualcuno alla sua destra la chiamò.
<< Rebean! Sia lodato il cielo! Ma cosa stai facendo?>>
<< Mamma!>> esclamò Rebean, abbandonando tutti i suoi propositi di poco prima. Le corse incontro e abbracciò la madre.
<< Madre … Per quanto tempo ho desiderato rivederti!>> disse.
Si abbracciarono per molto tempo, poi la madre accarezzò il volto gioioso della figlia, che in quel momento pareva quello di una volta, quello di una ragazzina ingenua che non conosceva il mondo né la sua vera identità. Ma era cresciuta, e sua madre l’aveva visto.
Quando la madre vide il Signore dei Nazgul, la sua espressione mutò celermente.
<< Tu>> disse, indicandolo << Sta lontano da mia figlia!>>.
<< Mamma cosa dici? È mio amico>> spiegò Rebean, contrariata.
<< Vedo che ti ricordi di me>> disse il Signore dei Nazgul.
Gadriel non disse niente, e prese per mano Rebean, conducendola a parte.
<< Guarda come sei cresciuta. Non ti riconosco quasi più, specialmente nel comportamento: mai avrei immaginato che mia figlia potesse agire in quel modo>>
<< Loro mi hanno umiliato e denigrato e la devono pagare>> rispose Rebean.
<< Chi ti ha insegnato a pensare così? Tuo padre o quello?>> chiese Gadriel, adirata.
<< Innanzitutto, quello è il Signore dei Nazgul, e non mi pare proprio che tu sia nella condizione di criticare mio padre, visto che se sono cresciuta in questo maledetto paese, attorniata da tali persone, senza sapere l’identità del mio vero padre, è colpa tua e delle tue menzogne>> rispose la ragazza.
<>
<< Forse hai ragione madre, a volte è come se perdessi me stessa. Come se tutto l’odio e la tristezza che ho provato prendessero il sopravvento su di me. Mi dispiace … ma madre, io ho visto speranza in loro, ho visto una luce nei Nazgul. Fidati di me, non sono come sembrano, e poi mi sono devoti. Almeno finché sono la padrona dell’Unico>> spiegò Rebean.
<< Tempo scaduto, bellezza. Dobbiamo portarti dalla tua cavalcatura e non abbiamo tutto il tempo del mondo>> disse il Re Stregone, appena giunto.
Rebean sospirò, riabbracciò la madre e poi salì in groppa al cavallo nero.
<< Ci rivedremo, madre>> disse, prima di partire al galoppo col Signore dei Nazgul.
 
 
La battaglia, per quel giorno, era terminata. Faramir doveva essere ricevuto da suo padre, e già temeva. Non voleva sentirsi ripetere ancora una volta quanto poco valesse, niente in confronto a Boromir. Era per caso colpa sua se non era avventato come il fratello? Se era in un certo senso più saggio e più prudente? Ma soprattutto, c’era colpa in questo?
Faramir percorse il lungo corridoio che lo portava davanti al trono lentamente, come sempre. Ogni mattonella gli era familiare, ogni colonna, ogni decorazione, eppure gli pareva di essere in terra straniera, e non a casa.
S’inchinò davanti al padre, il sovrintendente di Gondor, che entro poco tempo avrebbe dovuto abbandonare il trono per farci sedere Aragorn, il Re di Gondor. Tuttavia denethor non ne aveva la minima intenzione, e questo Faramir lo sapeva. Sperava solo che tutto sarebbe andato per il meglio, senza complotti o problemi di alcun genere.
<< Ecco mio figlio, il Capitano di Gondor. Penso che sia d’accordo con me, se dico che non dovremmo lasciare che il nemico tragga ancora a lungo aiuto dalle guarnigioni che ha a Osgilliath>>
<< La città è stata presa, padre>>
<< Lo so. Ma niente vi impedisce di annientare i soldati che lì sono accampati in un’escursione notturna>>
<< Padre, questa è una missione ai limiti dell’impossibile>>
<< C’è ancora un Capitano di Gondor che voglia eseguire gli ordini del suo superiore? Va’ con il tuo esercito a Osgilliath la notte di domani e uccidi quanti tra i nemici la occupano>>
<< Ma padre, moriremo tutti>>
<< E morirà anche qualche nemico. Sempre meglio che niente. Se davvero il tuo esercito è forte, sopravvivrà. E non provate a tornare senza aver ucciso tutti i nemici, dal primo all’ultimo!>> ordinò Denethor.
Faramir s’inchinò di nuovo, e uscì dalla stanza.
Probabilmente quella del giorno seguente sarebbe stata una missione suicida.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La cavalcatura ***


 
La cavalcatura
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: Per tutti i fan della coppia Rebean/Nazgul e per tutti coloro che mi facevano pressione affinchè il loro bacio non fosse stato solo un bel sogno, eccovi accontentati! Da qui si entra nella Love Story, vi avviso eh,eh … una love story un po’ OOC devo ammettere, anzi, un bel po’ OOC. Ma non vi preoccupate: in guerra il Signore dei Nazgul sarà terrificante come sempre! Un capitolo bello lungo, eh? È stato scritto tutto in un giorno! Eheh! Comunque, ho scritto la reazione di Eowyn alla partenza di Faramir. Visto il carattere della ragazza, molti si aspetteranno un tipo di reazione, ma quello che ho scritto io è un altro comportamento: ho messo in evidenza la parte più istintiva e fragile di Eowyn perché pur essendo forte anche lei è un essere umano e come tale può soffrire.
 
 
 
 
Rebean e i Nazgul arrivarono dopo pochi giorni nel luogo stabilito. La foresta si era diradata e di fronte a loro si innalzava un’alta montagna con una grande cava. La creatura doveva risiedere all’interno.
<< Non penso di tornare indietro viva. Qualunque cosa ci sia là dentro sarà certo più forte di me>> disse Rebean.
Il Signore dei Nazgul le si avvicinò dopo essersi tolto la veste, mentre gli altri erano un po’ più lontani per controllare il territorio.
<< Sono sicuro che tornerai indietro, e con quella cavalcatura. Sei più di quello che credi, Rebean>> disse.
La ragazza lo guardò negli occhi.
<< è la prima volta che mi chiami per nome. Come mai?>> chiese, e poi socchiuse gli occhi e  aggiunse: << Forse temi che non possa ritornare indietro? So che tu vuoi apparire freddo e scostante, perciò non mi hai più accennato a quel bacio, perciò mi hai sempre fatto credere di non averci più pensato, ma io ti dico che tu non sei quello che tutti credono, tu ti stai imponendo questa maschera, vuoi che tutti pensino che non sei capace di amare o affezionarti a qualcuno, non è vero? Vuoi autoconvincerti di non provare sentimenti, ma non sei fredda roccia. Accettali, prima della fine>>.
Il volto del suo interlocutore si rabbuiò.
<< è l’ora di andare>> disse Rebean, e facendo un passo avanti per entrare nella caverna.
Solo qualche tempo prima avrebbe urlato e pianto cercando di distogliere i Nazgul dal proposito, per non entrare in quella terrificante caverna, ma ora era cambiata. Forse era stato l’Anello, forse era cresciuta e maturata. Dopo aver passato così tante avventure, dopo aver visto tutte quelle cose, dopo aver conosciuto la sua vera identità, come poteva non essere cambiata? Non era la stessa Rebean che aveva lasciato il suo paese, e lo avevano già notato tutti quando era ritornata lì, fiera e sicura di sé.
Il Signore dei Nazgul l’afferrò per un braccio, e la ragazza si voltò.
<< Ho spesso riflettuto sul nostro bacio, Rebean. E alcune volte ho pensato anche di dirti qualcosa, ma nella mia concezione provare sentimenti è da vili e rammolliti. Ma poi tu mi hai insegnato molte cose, fra cui l’amore. E le mie convinzioni sono crollate. Non so cosa troverai là dentro, ma sono sicuro che la dominerai. Tu sei più forte di tuo padre: non so in cosa, ma lo sento>> disse.
Rebean annuì accennando a un sorriso, ma fu un attimo.
Il Signore dei Nazgul era già accanto a lei, e le sue labbra fredde erano a contatto con quelle della ragazza, calde e morbide. Le loro lingue s’intrecciavano e vorticavano in una dolce danza senza fine, i secondi parvero ore, e i minuti secoli. Poi, alla fine, si allontanarono.
<< Dimmi che non finirà qui un’altra volta>> disse Rebean.
<< No, Rebean, perché tu sei per me come il caldo sole che riscalda un mattino d’inverno>>
Rebean sorrise e entrò nell’antro.
 
 
Il giorno dopo Faramir avrebbe voluto far visita a Eowyn, ma in tal caso avrebbe dovuto dirle che doveva partire per una missione che richiedeva con ogni probabilità la sua vita e non voleva procurarle ulteriori dolori. Ora che lei si era risvegliata e lui avrebbe potuto trascorrere fantastici momenti assieme a lei, ecco che lui doveva andare a morire.  Tuttavia non era nemmeno giusto che la ragazza non venisse a sapere della sua missione, ma era bene che non cercasse di fermarlo, e che non compiesse gesti avventati.
Faramir sospirò e si sedette a tavolino, inzuppò la piuma nell’inchiostro e iniziò a scrivere bagnando il candido foglio di lacrime:
 
Cara Eowyn,
mia amata, quando leggerai questa lettera io sarò già partito
per Osgilliath, e forse già morto. Mi dispiace non averti detto niente prima,
di non esserti venuto a trovare prima di partire ma non volevo arrecare ulteriore
dolore né a te né a me. So che avresti cercato di fermarmi, e che forse avresti compiuto
gesti avventati, perciò ti scrivo questa lettera: perché quando la leggerai sarà
per te ormai troppo tardi per compiere gesti avventati. Eowyn, perdonami. Ma
la tua vita mi è più cara della mia, e morirò tranquillo se tu sarai al sicuro.
Eowyn sai che ti amo, e io so che tu mi ami. Spero che troverai qualcuno che possa contraccambiare meglio di me i tuoi sentimenti. Obbligatoriamente sono dovuto
Partire in questa missione: io non voglio più guerra, solo pace. Io t’amo, Eowyn,
e il mio desiderio più grande è avere figli con te, sposarti, e morire al tuo fianco.
Tu sei la luce che illumina la mia vita, tu il calore che permette al mio cuore di
non gelarsi, tu sei per me bella e dolce come un fiorellino che nasce in un terreno
arido, ritenuto sterile. Tu hai fatto breccia nel mio cuore come una balista che
ha distrutto la porta di una città inespugnabile, tu hai occupato la mia mente
e da lì non te ne sei più andata, tu hai reso la mia vita, in questo piccolo lasso di tempo,
bellissima e perfetta. La guerra ha perso valore dinnanzi a te, e così anche la
gloria e l’onore, l’odio e il timore, la vendetta e il risentimento. Tu sei il solo
motivo che spinge l’anima mia, tu il rifugio a cui costantemente tendo, tu l’unico
sogno nelle notti buie, tu l’unico raggio di luce in quest’oscurità che ci circonda,
tu, il mio unico vero amore, colei che mi ha ascoltato e compreso per la prima volta.
A te affido il mio cuore e i miei sentimenti. Non so se morirò ma ricordati questo:
ovunque andrai, qualunque cosa farai, io sarò sempre con te, pronto ad aiutarti,
a sostenerti, a proteggerti. Mi dispiace, Eowyn, nome dolce e soave come musica,
ma devo partire: il rude squillo delle trombe mi chiama.
Addio
Faramir
 
Faramir si asciugò le lacrime. Non aveva mai pianto, prima. Suo padre diceva che chi piange è un rammollito, ma adesso capiva che non era così. Si sentiva libero, e vero.
Andò dal guaritore e gli affidò la lettera, ordinandogli di consegnarla a Eowyn solo dopo che lui fosse giunto a Osgilliath.
Poi scese le scale, indossò l’armatura e uscì.
il popolo era tutto riunito, e piangeva.
Piangeva perché quella sera mogli avrebbero certamente perso i cari mariti, i figli avrebbero perso i loro padri, sorelle i loro fratelli, ragazze i loro fidanzati. Perché quello era un giorno di morte dettato dalla follia di un uomo. Faramir si chiese se tutto questo aveva un senso. Sauron era il nemico, ma suo padre mandava a morire per niente molti dei suoi uomini. Era bontà questa? Purtroppo Faramir si dovette render conto che spesso fra bene e male c’è una linea sottile, quella della pazzia.  
Le donne donavano fiori ai soldati, con le lacrime agli occhi.
Faramir vide disperazione nei loro occhi.
<< Ascoltatemi!>> disse << Questa notte andremo a Osgilliath e forse non faremo ritorno, ma non disperate! Non è ancora finita la speranza, e ricordatevi che non solo c’è speranza finché c’è vita, ma che c’è anche vita finché c’è speranza! Forse noi non torneremo mai più, ma un re è giunto qui, e questo re vi porterà verso un futuro nuovo, di pace, di libertà, di amore! Noi moriamo perché voi viviate, perché la speranza viva! Perché se c’è una cosa che il Nemico odia è la speranza, perché può essere più forte di un terremoto, può essere come un’eruzione vulcanica, solo essa può sconfiggerlo>> disse Faramir.
 
Rebean fece il primo passo all’interno della caverna. C’era caldo. Molto caldo. Quasi come a Mordor.
Ad un tratto la vide.
La creatura.
Dormiva assopita in un giaciglio, pronta a svegliarsi ad ogni minimo rumore.
Era immensa, le sue fauci erano enormi, il corpo squamato: si sarebbe detto un drago, ma non lo era. Le dimensioni, infatti, erano di poco minori, e dal suo corpo scaturivano fiamme. Era terrificante.
Spaventata, Rebean fece un passo indietro, ma una pietra scricchiolò.
Allora la creatura aprì un occhio dorato, la vide, e si alzò e squadrò la ragazza.
<< Chi sei?>> chiese con voce profonda.
Rebean riprese tutto il coraggio che aveva perso.
<< Io sono Rebean di Mordor, figlia di Sauron, l’Oscuro Sire, Signora dell’Anello e della terra di Mordor e ti ordino di sottometterti alla mia volontà>>
<< Un così grande orgoglio in un corpo così piccolo>> disse la creatura << E così debole … Dimenticate che l’Anello vi rende quasi invincibili, non onnipotenti. Da molto tempo so che avrò un  padrone, ma niente mi dice che esso sei tu>> disse la creatura.
Poi mosse la testa e sputò fuoco.
Rebean si sentì avvolgere dalle fiamme, sentì il loro calore senza rimanere bruciata. Quando esse svanirono lei era ancora lì, ferma.
<< Questa prova ti basta?>> chiese Rebean.
La creatura la guardò.
<< Volerò con te su mari e montagne, su terre conosciute e sconosciute, mi chiamo Gron e d’ora in poi sarò la tua cavalcatura>>
<< Cosa sei esattamente?>>
<< Una sorta di drago, diciamo>> rispose l’altro. << Ma ora salta su. È ora di compiere il nostro primo volo assieme>>
Rebean accettò e salì con fatica su quella creatura. Essa iniziò a correre malamente, e una volta uscita dalla caverna spiccò il volo.
Rebean sentì un’emozione fortissima travolgerla, e le vennero quasi le vertigini.
<< Wow .. non era nemmeno nei miei sogni più reconditi>> disse.
<< E questo non è niente, Ragazza della Profezia. Dimentica quella che eri un tempo, ora non lo sei più>> disse la creatura, girando su sé stessa.
<< Assieme conquisteremo terre e ne distruggeremo altre. Saremo imbattibili>>
 
 
Faramir era ormai fuori dalla città, davanti a lui si vedevano i contorni offuscati di Osgilliath.
Paura.
Paura di morire, di perdere tutto.
Tristezza.
Tristezza di non poter più rivivere i bei momenti.
Rimorso.
Rimorso per tutte le colpe commesse.
Era vicino alla morte, lo sentiva, lo percepiva. Poteva vederne i contorni scuri, sentire il suo eloquente silenzio, annusare il suo acre odore, percepire il suo freddo avvicinarsi.
Se la ricordava, una canzone che quel buffo hobbit di nome Pipino aveva cantato a Denethor, suo padre, dopo che gli aveva offerto i suoi servigi a causa della morte di Boromir.
 
Casa è alle spalle
 
Casa. La sua Minas Tirith. La sua città, dove aveva giocato da piccolo, studiato da ragazzo, e conosciuto Eowyn. La città a cui apparteneva. Conosceva molti dei suoi abitanti: erano tutti gente onesta, e umile. La sua casa! L’aveva sempre amata, non come la sua vera casa, quella di mattoni, in cui viveva oppresso dall’astio di suo padre nei suoi confronti. Ma avrebbe voluto ritornarci.
 
Il mondo avanti
 
Osgiliath era davanti ai suoi occhi, bella e cupa come una notte senza stelle. Aveva sempre combattuto lì per difendere quella città, ma i suoi sforzi erano stati inutili, e adesso doveva morire per lei. No. Sarebbe sopravvissuto. Per Eowyn. Per il loro amore.
Aveva il mondo davanti, e ne aveva paura. E la ebbe ancora di più quando vide gli orchi con gli archi tesi.
Frecce.
Si abbatterono su alcuni soldati. Che gli orchi sospettassero di un attacco? Ma aveva senso in quel momento pensarci? Quella guerra aveva un senso? La guerra ha un senso?
 
Le strade da seguire, tante. Nell'ombra il mio viaggio va finché luce nel cielo sarà
 
C’erano altri modi per vincere quella maledetta guerra, ma suo padre aveva scelto proprio quello. Una missione suicida per affermare il valore di suo figlio, per dimostrarlo più a se stesso che alla città. Tutto attorno a Faramir era ombra e oscurità, ma almeno per ora le stelle brillavano nel cielo sopra di lui, l’incantesimo di Sauron non c’era ancora.
 
Nebbia e ombra, oscurità, tutto svanirà. Tutto svanirà
 
Ma adesso aveva attraversato quel cielo. Adesso non c’era più luce, solo nebbia e oscurità. I soldati morivano colpiti dalle frecce e Osgilliath, seppur vicina, pareva molto lontana. Tutto sarebbe svanito tra le braccia della morte.
 
 
Erano trascorsi circa due giorni da quando Eowyn si era rimessa. Non aveva più visto Faramir, e ciò la faceva preoccupare non poco. Il suo cuore era inquieto, la sua espressione cupa.
Un guaritore le porse una lettera, che Eowyn si accinse a leggere.
Il suo cuore cessò di battere per pochi secondi, e la ragazza lasciò cadere la lettera a terra. Le ginocchia le tremarono, gli occhi iniziarono a lacrimare.
<< NOOO!>> urlò, spalancando gli occhi e mettendosi le mani tra i capelli. Cadde in ginocchio, piangendo. Prese la lettera e gridando la fece a pezzi.
<< Ti odio!>> urlò.
“ Non dovevi partire! Perché l’hai fatto? Tu mi hai abbandonata! Io … io non posso vivere senza te!” pensò. I guaritori accorsero ma lei li intimò di lasciarla da sola.
Arrancò fino alla finestra. Da lì si poteva vedere Osgiliath.
Aprì l’imposta e urlò il nome di Faramir. Lo chiamò, e gli disse che lo odiava, perché l’aveva abbandonata, perché non doveva partire. Urlò che aveva capito che il suo posto era con lui, e avrebbe rinunciato a tutto, all’onore, alla gloria, alla battaglia, per lui. Ma era troppo tardi. Chiuse l’imposta, e con labbra tremanti dette un pugno al vetro, che andò in mille pezzi. La sua mano sanguinò e lei la osservò.
<< Eowyn!>> la chiamò Aragorn, appena giunto.
Eowyn corse nella sua direzione e gli afferrò le mani.
<< è tutta colpa tua! Tu l’hai lasciato partire! Tu l’hai lasciato morire! Sei tu il Re di Gondor, non quel pazzo di Denethor? Perché hai permesso ciò? Ti odio, Aragorn! Ti odio!>> urlò, piagnendo, e poi fuggì.
Uscì in giardino e respirò ampie boccate d’aria, ma le sembrava d’affogare. Di nuovo si piegò in ginocchio e appoggiò le mani per terra.
Era lì che si erano incontrati, era lì che aveva iniziato ad amarlo.
<< No, Faramir. Io ti amerò, senza condizioni>> sussurrò, prima di cadere a terra. Prese la terra con le mani e si sporcò il volto e i bei capelli con essa. Il viso venne sgraffiato dalle sue unghie e iniziò a sanguinare. Si distese e guardò piangendo il cielo.
<< Ti amerò per sempre >> sussurrò. Era troppo stanca per urlare, troppo per disperarsi, troppo per muoversi. si limitò a piangere e a bere lacrime amare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il ritrovamento di Faramir ***


Il ritrovamento di Faramir
 
 
 
 
Note dell’autrice: salve a tutti! Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo! Se vi eravate chiesti se ero morta, la risposta è no: avevo solo la simulazione della terza prova! e poi va beh ho trascorso giorni infausti e infelici a pensare al greco, ma lasciamo perdere …. Senza tralasciare tesine, compiti e interrogazioni varie. Insomma, il periodo da ora a luglio è un po’ incasinato XD. Comunque, so che non ve ne frega un emerito niente, ma mi sfogo un po’, tanto per rompervi: indovinate su che cosa faccio la tesina? ( al 99%) Sul Signore degli Anelli!!! Sul significato dell’opera, le importanza delle figure femminili eccetera. Tanto voglio dire, col liceo classico c’entra molto ! XD ( sempre meglio della vita e l’operato di Bill Gates o sul computer!!!). Comunque, va beh, smetto di rompervi.
Ah ecco, tanto per aggiungere: ci terrei molto che leggeste una mia nuova fanfiction, si chiama “City of dark souls” e è nella categoria originali, soprannaturale, vampiri. Si non c’entra nulla col Signore degli Anelli, ma va bene.
E mi raccomando: Recensite!!!
 

 
 
Nelle prime ore di quella notte Eowyn trascorreva molto tempo seduta sul letto o affacciata alla finestra, nella vana speranza di veder ritornare Faramir e poterlo riabbracciare, e confessargli il suo amore. Ma ben sapeva che quella era un’impresa suicida. “Può un padre mandare a morte il proprio figlio?”. Quella le pareva una follia abnorme, lei e qualunque persona sana di mente avrebbe fatto di tutto per proteggere il proprio figlio, e non per mandarlo a morte! Chissà se quell’uomo se ne sarebbe pentito.
Iniziò a camminare nella stanza, triste. Eomer e suo zio le avevano già fatto visita, con la promessa che sarebbero ritornati, ma lei non si era mostrata felice della loro visita: non che non lo fosse stata, ma era troppo triste per mostrarsi anche solo lontanamente contenta. Lei si era risvegliata e Faramir doveva praticamente morire. Più ci pensava e più le pareva reale. Si conoscevano appena da due mesi o poco più eppure sentiva il suo amore crescere sempre di più, specialmente in quella notte buia e senza speranza. Lui moriva, e lei viveva. Non riusciva a non pensarci: quel pensiero le vorticava infinitamente nel cervello e la convinceva che in un certo qual modo, se Faramir fosse veramente morto, lei stesse vivendo la sua vita.
Avrebbe fatto di tutto per annullare quegli eventi, o per far ritornare Faramir vivo: avrebbe forse dato anche la sua stessa vita. Sospirò e si sedette sul letto, accarezzando le morbide coperte, e poi stringendole saldamente.
Qualcuno entrò.
Erano Eomer e Theoden. Lo zio si sedette accanto a lei e le accarezzò il volto.
<< Cosa ti sta turbando, Eowyn? Tu stai bene, dovresti gioire di questo>>
<< Troppe volte mi è stato detto cosa debba fare>>
<< Eowyn … >>
La ragazza strinse le mani allo zio.
<< Ti voglio bene, zio. Ma non posso dirti quello che provo, non ce la faccio>>
Theoden rimase in silenzio, ma questa volta fu Eomer a prendere la parola.
<< è stata la guerra, non è vero? Ciò che hai visto e hai udito ha turbato la tua anima, non è vero? La guerra non è cosa da donne>>
<< Non è vero, Eomer. Non è la guerra. Non la guerra in se stessa, almeno. E ti sbagli: tu credi che gli uomini siano più forti delle donne perché, a tuo parere, resistono meglio al combattimento anche psicologicamente. Ma dimmi, davvero la guerra non lascia un segno anche nei vostri cuori? Non sai che un dolore tenuto in segreto all’interno dell’ombra del nostro cuore è forse più duro e crudele di uno dimostrato apertamente?>>
Eomer tacque.
<< In ogni caso, secondo me, è stata la guerra a farti questo>>
Eowyn stava per rispondere, quando entrò un uomo trapelato.
Era un soldato. La sua armatura era pregna di sangue, come il suo volto. Aveva profonde ferite nel viso, fra cui una enorme che le trapassava la parte sinistra del volto da parte a parte. Era un taglio appena fatto. L’occhio sinistro era un insieme di sangue e cornea. Nel suo incedere zoppicava.
<< Ho riferito la notizia a sire Denethor, ma dovete saperlo anche voi: tutti morti. I soldati a Osgilliath. Tutti … morti>> pronunciò l’ultima parola in un rantolo e poi si accasciò al suolo.
Eowyn spalancò gli occhi, impallidì più di quanto già non fosse, e la sua pelle si gelò. Per pochi secondi udì soltanto il suo cuore battere e pulsare nel petto. Poi iniziò a tremare e  lacrime spontanee solcarono il suo volto, e iniziò a respirare a fatica, mentre gli altri due assumevano espressioni preoccupate.
<< Faramir>> sussurrò Eowyn, e s’alzò.
Guardò spaesata la stanza, come una bambina che si è persa, e poi corse via.
 
<< Lasciami qui, accanto a lui>> ordinò Rebean, indicando il Re Stregone. La creatura atterrò su due zampe, impennandosi davanti al Signore dei Nazgul, che però rimase impassibile.
Rebean scese.
<< Ce l’ho fatta!>> esclamò.
<< Non ne dubitavo. Ora bisogna ritornare a Mordor prima che sorga l’alba di domani>> disse il Re Stregone. << Le nostre cavalcature saranno pronte a breve>> continuò.
Come aveva detto, dopo alcuni minuti arrivarono le creature volanti dei Nazgul. Il re stregone salì sulla sua e capeggiò il gruppo, mentre Rebean lo seguiva subito dopo.
<< Da quanto vivevi in quella caverna, Gron?>> chiese Rebean alla sua creatura.
<< Da innumerevoli anni, penso che voi li chiamiate secoli, in attesa della venuta della Guerriera del fuoco, l’unica che avrebbe potuto condurmi finalmente in guerra>>
<< Perché sarei l’unica?>>
<< Perché chiunque morirebbe a causa delle mie fiamme, ragazza>>
Rebean annuì. Giusto. Non ci aveva pensato.
<< E cosa sei esattamente?>>
<< Ciò che vedi>>
<< Beh, intendo che specie di … bestia sei. Mia madre mi ha insegnato che esistono gli animali, e poi i draghi, che sono grandi creature sputafuoco, e poi orchi, troll … ma tu non appartieni a nessuna di queste categorie>>
<< Sono unico nella mia specie in questi tempi, discendente di una razza che durante l’antichità dominava questi cieli, assieme ai draghi>>
<< Ma la tua razza non ha un nome?>>
<< Se l’aveva, l’ho dimenticato tempo fa>>
A quel punto Rebean tacque, contemplando il paesaggio di nuvole compatte e raggi di sole filtrati. Erano in alto, molto in alto, ed era sera. Entro la notte sarebbero giunti nei pressi di Osgilliath, dove si sarebbero riuniti con gli altri Nazgul per pianificare i prossimi attacchi.
Anche se non voleva, Rebean si rendeva conto che avrebbe dovuto combattere quella guerra e ormai non poteva tornare indietro, non che avesse mai potuto farlo.
Arrivarono a notte inoltrata a Osgilliath. Rebean scese da Gron un po’ distante dalla città tramutata in accampamento. Lo accarezzò in testa e gli sorrise.
Corse dietro al Signore dei Nazgul. Era accaduto qualcosa a Osgilliath. Molti orchi erano stesi a terra, morti, e insieme a loro c’erano i cadaveri degli uomini di Gondor. Tutti gli altri orchi se n’erano andati.
<< Cos’è successo qua? Cosa li ha indotti a fuggire? Moriranno tutti!>> disse il Signore dei Nazgul.
Rebean osservava ogni soldato di Gondor caduto. Tutti morti, tranne uno.  Questi indossava un’armatura degna di una persona importante, e aveva dei lunghi capelli color rame. Rebean vide il suo petto alzarsi a abbassarsi ritmicamente ma a fatica.
Voleva aiutarlo, ma non poteva.
S’inginocchiò davanti a lui.
<< è giusto tutto questo? Vorrei curarti ma non posso. Perché nessuno capisce che la guerra nuoce a tutti, vincitori e vinti, forti e deboli?>>
Sospirò, e poi si alzò, avvicinandosi al Signore dei Nazgul che stava guardando Mordor.
 
 
Eowyn corse fuori dal castello, in camicia da notte, con le ossa doloranti. Ma il dolore fisico non le importava, non era niente in confronto a ciò che provava dentro. La pallida luce delle stelle illuminava i suoi capelli dorati, il suo volto pallido e le sue labbra rosee. Era freddo, molto freddo, di un gelo che penetrava fin nelle ossa.
Eowyn voleva raggiungere Faramir, da una parte perché la parte più ingenua e fanciullesca di lei credeva davvero di poter salvare Faramir disarmata e in camicia da notte, dall’altra si era resa conto che se non poteva vivere con lui, desiderava morire, vicino a lui.
Corse verso Osgilliath, non curandosi di grida rauche e minacciose che risuonavano nell’aria, grida che avrebbero allarmato chiunque. Osgilliath era ancora lontana. Il sangue le si gelò nelle vene, e non per il freddo, ma per il pensiero di dover morire. Urlò il nome di Faramir, pur sapendo che non avrebbe ricevuto risposta.
Durante la sua corsa disperata si materializzarono come fotogrammi i momenti della sua vita, da quando era piccola, fino a quel momento. Si ricordò dell’infanzia trascorsa con Eomer e suo cugino, della prima adolescenza, in cui già suo zio era stato preso dalla follia, e lei aveva dovuto crescere da sola, perché suo fratello era sempre fuori, dei cupi momenti trascorsi a piangere in camera, delle insidie di Grima Vermilinguo, dell’incontro con Aragorn e poi la guerra, e infine lui, Faramir.
Ora poteva vedere Osgilliath. Per un momento la ragazza si voltò indietro: Minas Tirith quasi non si vedeva più. Volse di nuovo lo sguardo su Osgilliath. Si fermò e respirò profondamente.
Entrò nella città. Cadaveri di orchi appena morti erano ammassati sopra quelli putrefatti. Eowyn non camminava più su terra, ma su sangue. E presto, con orrore, si accorse che gran parte di quel sangue apparteneva ai soldati di Minas Tirith, tutti caduti. Cercò di non pensare se quel sangue fosse anche di Faramir.
Ad alcuni soldati mancavano degli arti, che Eowyn intravide sparsi, altri erano semplicemente decapitati, e le teste erano affisse su paletti di legno, o penzolavano dalle finestre. Le mosche volavano e si posavano sui cadaveri, in un ininterrotto ronzio, ma di orchi vivi neppure l’ombra.
Camminò a lungo per la città.
E alla fine lo vide.
Abbandonato, con le mani aperte e la spada vicina, stava per terra, abbandonato, Faramir.
<< Faramir!>> esclamò Eowyn, correndogli incontro.
Si inginocchiò davanti a lui e gli prese la testa fra le mani, portandosela al cuore.
<< Faramir, ti amo., ti prego, non abbandonarmi, prometto che farò qualsiasi cosa per te, prometto che mi terrò lontana dalla guerra se tu lo vorrai, che … Faramir ti prego!>> disse Eowyn scoppiando a piangere. E poi urlò, e il suo grido fu straziante, fu assordante, fu disperato, mkentre stringeva con più forza Faramir.
<< Cosa abbiamo qua? Femmina umana? Buono spuntino!>> disse una voce gracchiante, e si accinse a decapitare la ragazza con un’ascia arrugginita. Eowyn lo guardò spaventata, ma poi vide l’essere afflosciarsi senza vita, e al posto suo apparve Rebean.
Ella sorrise e gli porse la mano.
<< Cosa ci fai qui, Eowyn? Lo conosci? È ancora vivo, me ne sono accorta quando sono arrivata, ma non ho potuto curarlo>> disse.
Eowyn stava per rispondere, quando impallidì, perché aveva visto una figura nera, terrificante, il terrore di ogni persona umana: il re Stregone di Angmar.
Cacciò un urlo.
<< Tranquilla, non ti farà del male, però forse può guarire quel ragazzo>>
<< Non lo affiderò mai a quella creatura!>> sbottò Eowyn.
<< Devi fidarti di me, Eowyn. O lui morirà, non faremo in tempo a curarlo>> spiegò Rebean.
Eowyn la guardò, e nei suoi occhi lesse sincerità. Poteva tentare.
<< Sai chi è costui?>> chiese il Signore dei Nazgul a Rebean. Ella scosse la testa, ma si vedeva che non le importava.
<< è il Capitano di Gondor. È un bene che muoia>>
<< No! Non lo devi dire! Morte e distruzione sono una brutta cosa. La guerra è nefasta, per tutti. Non voglio morte, né disperazione. Non sappiamo niente di lui, cosa ne sai tu se merita di morire?>> rispose Rebean. << Prova a guarirlo>>
<< Non assicuro niente. Potrebbe riprendersi tra molto tempo, potrebbe rinvenire subito o potrebbe anche morire>> disse quello. Si avvicinò a Faramir, e Eowyn temette veramente per lui. Era stata un’incosciente! Perché si era fidata di Rebean? Si era forse dimenticata che era la figlia del Nemico?
Rebean la prese per mano e la condusse più lontano, per non disturbare l’altro.
<< Lo conosci?>> chiese a Eowyn.
Ella annuì.
<< è Faramir>> rispose.
<< Quello che ti piaceva?>> chiese Rebean, sorridendo. E in quel sorriso Eowyn non vide tenebre, bensì ombra.
<< Sì. ma ho capito solo ora di amarlo>>
<< Non sei l’unica allora>>
<< Perché? Ti piace qualcuno anche a te?>>
Rebean si guardò attorno, circospetta, poi rispose.
<< Sì. Quello che hai visto, il Signore dei Nazgul, non è come pensi. È … diverso, e non solo fisicamente. Non è così cattivo come vuole apparire. Probabilmente non capirai, ma …>>
<< Rebean, sai cos’è quello. Non ti devi fidare>>
<< … ma io lo amo, Eowyn. Probabilmente mia madre avrebbe voluto qualcun altro per me. Ma anche tuo zio forse avrebbe desiderato un nobile di Rohan per te. L’amore viene quando meno te lo aspetti, e nei confronti di qualcuno che non avresti mai pensato di amare>>
<< Forse hai ragione. Ma sta’ attenta>>
<< Voglio rivederti, Eowyn>>
<< Anche io>> rispose l’altra, e si abbracciarono.
<< Ho terminato>> disse il re Stregone di Angmar.
Allora Eowyn corse verso Faramir. Era ancora disteso a terra, il petto ancora si alzava e si abbassava, ma dopo qualche secondo aprì leggermente gli occhi.
<< Eowyn … >> mormorò.
<< Sono qui con te. non ti preoccupare. Faramir … non t’abbandonerò più: io ti amo>> rispose la ragazza.
Rebean le si avvicinò e sorrise a Faramir.
<< Ciao! Sono un’amica di Eowyn, mi chiamo Rebean>> si presentò.
<< Eowyn, scappa>> bisbigliò Faramir, spaventato.
<< Sta’ tranquillo. Non ti farà del male>> disse Eowyn.
Intanto Rebean se n’era andata, e ritornò solo poco dopo in sella ad un enorme esemplare dal corpo infuocato. Rebean gli disse qualcosa e le fiamme scomparvero.
<< Presto, Sali con Faramir o non penso che ritornerete vivi in città. E poi come potrai portarlo laggiù a piedi?>>
Eowyn annuì e assieme a Rebean fece salire faramir sull’animale, che si levò in volo una volta sedute anche Eowyn e Rebean.
Arrivarono a Minas Tirith in poco tempo. Rebean lasciò Eowyn sulle mura, perché non poteva più avvicinarsi oltre: i soldati avevano già iniziato ad allarmarsi e a lanciar dardi.
<< Ci vediamo. E grazie, grazie di tutto, Rebean. Gli hai salvato la vita. Saremo in debito con te per sempre>>
Rebean sorrise.
<< Ci vediamo>> disse, una volta in volo << In guerra>>
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Il Capitano di Mordor ***


Il Capitano di Mordor
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice. Salve a tutti! Ho terminato questo capitolo ^^. Vi preannuncio che c’è aria romantica … non è proprio il capitolo più movimentato ma lo trovo carino. Fatemi sapere la vostra opinione!!!
 
 

 
 
 
 
 
Faramir si guardò attorno, stordito. Non riusciva a comprendere compiutamente tutto ciò che gli era capitato. Sapeva che il suo nemico lo aveva salvato. Ma perché? Eowyn sembrava tranquilla mentre camminava davanti a lui verso il palazzo. Avrebbe voluto chiederle molte cose, ma era troppo scioccato da quello che era accaduto poco prima per parlarne.
Eowyn lo condusse sotto gli sguardi sorpresi delle guardie nella sua stanza, ordinando loro di non riferire a nessuno la presenza di Faramir.
Quando egli fu entrato la ragazza chiuse la porta e lo abbracciò.
<< Faramir … pensavo di averti perso per sempre!>> gli disse, baciandolo sulla guancia.
Faramir le accarezzò dolcemente la schiena. << Anche io>> sussurrò. << Ma non riesco a capire cosa sia accaduto e perché è successo>>
Eowyn  si allontanò un poco, afferrandogli delicatamente le mani.
<< Rebean era mia amica prima che fosse scomparsa>> spiegò, guardandolo negli occhi.
<< Questo lo so>> rispose l’altro, ancora confuso.
<< Rebean non è cattiva. È solo in una situazione difficile>>
Faramir annuì. << Dovremmo riferire tutto a …>> iniziò a dire, ma Eowyn lo baciò improvvisamente, abbracciandolo.
Faramir sentì le mani della ragazza percorrergli voluttuosamente la schiena, infilarsi dentro i vestiti, e il suo cuore battere velocemente.
La guardò confuso, quando ella si allontanò.
<< Ho capito, Faramir. Ho capito che ti amo, e che è con te che voglio trascorrere il resto della mia vita. Le tenebre del mio cuore se ne sono andate: adesso c’è solo luce>> disse Eowyn.
Faramir allora le sorrise e le scostò i capelli dorati dal volto splendente. Era vero: non c’era più la malinconia nei suoi occhi né la tristezza.
Allora fu lui a baciarla.
Sentì le mani di Eowyn insinuarsi fino ai lacci della sua cotta di maglia, levar loro i nodi facendola cadere per terra, proseguendo poi con la maglia fino a che non restò a torso nudo. Allora fu il suo turno, le tolse via la camicia da notte che indossava quando era andata da lui, e sentì con le sue mani il corpo freddo e delicato della ragazza, vide il suo esile seno e la sua corporatura snella in tutta la sua perfezione. Erano le prime luci dell’alba, e sentiva pace nel suo cuore mentre fuori si udivano i primi clangori della battaglia.
Faramir accarezzò il corpo nudo della ragazza, percorrendolo tutto. Eowyn lo stava guardando con un misto di felicità e paura nei suoi occhi. Allora Faramir la prese in braccio e la adagiò sul letto, togliendosi i pantaloni. Vide gli occhi della ragazza percorrere tutto il suo corpo, indugiare in alcuni particolari e poi ritornare a osservare il suo volto. Allora lui la baciò, abbracciandola e stringendola, e poi facendo passare con voga le sue mani sul corpo della ragazza. E più la accarezzava, più la desiderava, e il suo cuore batteva, e la sua mente pensava solo a lei. La guerra, le preoccupazioni, il terrore e la disperazione erano spazzati via, adesso c’era solo amore. Faramir baciava con passione il corpo della ragazza, il collo, l’addome, il seno, mentre era avvinghiato dalle braccia candide di Eowyn che lo stringevano, lo accarezzavano, e la sua bocca lo baciava, lo desiderava ….
Fuori eserciti si scontravano, persone si uccidevano, ma loro stavano facendo l’amore.
 
 
Rebean arrivò in groppa alla sua cavalcatura davanti alla fortezza di suo padre. Accanto a lei c’era il Signore dei Nazgul.
Entrarono. Suo padre era seduto su un trono nero, indossando la sua solita armatura.
Rebean s’inginocchiò.
Su di lei gravava un pesante silenzio, interrotto solo dal ticchettio delle dita di Sauron che colpivano il tavolo a intervalli regolari.  Reban attese in silenzio una frase del padre.
<< Sei tornata>< disse, infine. Rebean, ancora inginocchiata, rimase in silenzio.
<< Alzati>> gli ordinò allora Sauron. La ragazza fece come concesso, ma evitò di guardare in volto il padre.
<< Sei riuscita a domare l’essere: ne consegue che sei maturata e che sei ormai quasi pronta. Resta solo da testare le tue capacità. Seguimi>> disse.
Rebean annuì e seguì silenziosamente il padre, che la portò in una stanza circolare. Sauron sfoderò la sua spada, e Rebean capì: voleva che duellassero per vedere di cosa lei era capace.
Allora anche la ragazza impugnò la spada, e al contatto con la sua mano essa prese fuoco. Sauron si scagliò contro di lei con una forza e una velocità incredibili, e Rebean a stentò riuscì a parare il colpo, non senza comunque indietreggiare dalla forza con cui l’altro aveva attaccato.
Tuttavia, nonostante lo sforzo, Rebean riuscì ad attaccare con rinnovata forza e velocità. Il duello continuò ancora a lungo, anche se la tecnica di Rebean era praticamente basata solo sulla difesa visto che non riusciva ad attaccare Sauron con la forza dovuta. Alla fine, questi vinse.
Rebean cadde per terra, e la spada le scivolò via. Sauron rinfoderò  l’arma.
<< Sei migliorata. E molto. Penso che tu sia pronta per la battaglia. Comanderai le mie armate col Re Stregone di Angmar, e quando avrai acquisito una capacità ancora maggiore guiderai da sola l’esercito in battaglia. Ma sono sicuro che non ce ne sarà bisogno: Minas Tirith cadrà presto. Un esercito di Uruk-hai sta giungendo qua da Isengard, e assieme a loro sta venendo anche Saruman>>  disse Sauron.
<< Saruman? Chi è? L’ho già sentito nominare …>> chiese Rebean.
<< Mi sorprende che tu non conosca anche le cose più elementari, ma quell’ingenua di tua madre ha evidentemente voluto così. Saruman, un tempo baluardo ultimo del bene, è uno stregone passato dalla mia parte. È il più potente degli stregoni, capo del loro ordine>> rispose Sauron, andandosene. Prima di uscire dalla stanza, però, disse qualcosa al Signore dei Nazgul.
Il Re Stregone di Angmar si avvicinò a Rebean e la invitò quindi a seguirlo.
<< Ho paura. Non sono capace di guidare un esercito in battaglia! Tanto più se devo combattere contro chi ritengo mio amico …>> disse Rebean, mentre lo seguiva.
<< Cosa ti importa di loro? Il tuo destino è molto più grande. Quando tuo padre avrà conquistato la terra di Mezzo, ti affiderà un vasto territorio>>
<< Sarò comunque sottomessa a lui>> constatò Rebean.
<< Non se riuscirai ad ucciderlo: in tal caso dominerai da sola l’intera Terra di Mezzo. Tutti i popoli di onoreranno e ti temeranno e ti riconosceranno loro signora, dagli umili hobbit agli altezzosi elfi, dagli avidi nani ai semplici esseri umani>>
<< Come puoi pensare una cosa del genere? Uccidere mio padre? È abominevole e comunque è impossibile: nessuno è mai riuscito a farlo. E poi Aragorn, Eowyn e gli altri sono e rimangono miei amici: mi hanno aiutata quando avevo bisogno e non posso tradirli>>
<< Fa come vuoi. Ma sappi che un giorno te ne pentirai. Ricorda che l’esercito è fedele a Sauron e Sauron soltanto: se proverai soltanto a ipotizzare di non attaccare Minas Tirith nessuno esiterà a riferirlo a tuo padre, e ti assicurò che non avrà una bella reazione>>
Rebean non rispose a questa affermazione, perché nel frattempo il suo accompagnatore aveva aperto un portone che dava spazio ad un enorme sala, con al centro un’armatura scintillante su un manichino. Rebean entrò.
<< La tua armatura. Chiamo dei servi per fartela indossare>>
Rebean si avvicinò all’armatura di ferro, nera. Rebean si soffermò sull’elmo. Su di esso era inciso un volto che incuteva terrore, e aveva degli spunzoni sulla parte superiore. Rebean lo toccò, per poi passare la mano sull’armatura.  Mai avrebbe pensato che sarebbe diventata quella che era.
Chi sono io?
Non sapeva darsi una risposta. Prima non era nessuno, era solo una ragazza che abitava in un paesino, con le sue illusioni e i suoi sogni. E ora invece si trovava davanti ad un’armatura, pronta a guidare in battaglia un esercito, quello di Sauron. Perché proprio lei? Troppe volte si era fatta questa domanda, ma mai era riuscita a darsi una risposta perché paradossalmente conoscere gli altri è più facile che conoscere noi stessi.
Chi sono io?
Rebean provò a rispondersi che era la figlia di Sauron, ma ancora non ci credeva. Era una persona buona o cattiva? Cosa si celava nel suo cuore? Quale era il suo destino?  Avrebbe guidato un esercito in guerra, ma ne sarebbe veramente stata capace?
Entrarono i servi e la aiutarono a vestirsi. Rebean si specchiò con quell’armatura: nel vedersi così pensò che chiunque l’avrebbe temuta. Sfoderò la sua spada, che prese fuoco, illuminando la sua armatura.
Sono Rebean di Mordor e questo è il mio destino.
Uscì dalla stanza, e si recò fuori, davanti all’esercito, affiancata dal Signore dei Nazgul: gli altri erano librati in aria sulle loro cavalcature, mentre Gron si era posato accanto a lei.
Rebean lo accarezzò un poco, e poi salì da sola sulla sua groppa, sfoderando la spada.
Davanti a lei si era schierato un enorme esercito, pronto a combattere, formato da orchi e uomini.
<< Fra poco sorgeranno le prima luci dell’alba. Ma sarà un’alba rossa come il sangue, voglio sentire il suo odore in ogni dove. Combatteremo per la conquista del mondo, per la fine di Minas Tirith e il potere di Mordor! È giunta un’altra era, la nostra era! Fuoco e fiamme imperverseranno sui nemici di Mordor, e ognuno dovrà inchinarsi davanti a noi! Combattiamo per questo ed altro!>> disse Rebean, alzando la spada. Tutti urlarono e la imitarono. Certo non era convinta del suo discorso, in fondo non voleva la guerra, ma era obbligata a fare ciò che stava per compiere e doveva calarsi nel ruolo. Poteva solamente guardare come si sarebbero svolti gli eventi e pianificare qualcosa per cessare la guerra, anche se sapeva bene dentro di lei che finché suo padre fosse stato ancora in vita ciò non sarebbe stato possibile …
L’esercito iniziò a marciare, e i Nazgul si avviarono in volo verso la città.
Rebean guardò il Signore dei Nazgul, poi scese, ponendosi di fronte a lui.
<< Io non voglio la guerra, ma il mio destino è guidarla. Non è buffo? Non ho scelta. Vorrei che tu sapessi che comunque vada io sarò sempre al tuo fianco>>
<< E io al tuo>> rispose l’altro, accarezzandole il volto. << Ma ora dobbiamo andare. Sarò dietro di te per difenderti. Fa il meglio che puoi>>.
Rebean annuì, incerta, e poi salì su Gron, librandosi in volo.
 
 
Eowyn si alzò per prima dal letto, affacciandosi alla finestra. Osservò prima gli eserciti scontrarsi e poi i Nazgul in volo. Oltre a loro c’era qualcos’altro. Vide un enorme bestia, simile a un drago. Era la cavalcatura di Rebean, l’aveva vista quella notte.
Si voltò. Faramir era ancora sdraiato sul letto, ma si era svegliato. Eowyn si sedette accanto a lui.
Faramir si sedette e la abbracciò.
<< Possiamo non pensare alla guerra almeno per ora?>> le chiese.
<< Tu sei il Capitano di Gondor. Dovresti pensare sempre alla guerra>> scherzò Eowyn.
Faramir rise e le tirò un cuscino addosso.
<< Come osi?>> protestò la ragazza, fingendosi adirata e ingaggiando con lui una battaglia di cuscini che terminò con un bacio.
<< E adesso? Cosa abbiamo intenzione di fare?>> chiese Faramir.
<< Restiamo qui in camera finché gli altri non rientreranno>>
Faramir tacque e iniziò a torturarsi le mani.
<< Cos’hai? Perché sei agitato?>> chiese Eowyn.
Faramir la guardò negli occhi. << è che ti amo, e che desidero renderti felice ma temo di non esserne capace>> il ragazzo guardò in basso << Io domani dovrò tornare in guerra e probabilmente tu mi seguirai. Cosa accadrebbe se io cadessi in battaglia? Tu saresti sola e trascorreresti i tuoi giorni a piangere, sola nella tua tristezza. Forse sarebbe stato meglio che noi non … Eowyn, non mi fraintendere, ti ho sempre desiderata, ma ora ho paura che tu possa soffrire a causa mia>>
Eowyn gli accarezzò il volto e lo guardò negli occhi.
<< La vita è un rischio, Faramir, e bisogna affrontarlo. Vuoi forse rinunciare all’amore per paura di soffrire? Vuoi renderti la vita vuota e piena di rimorsi per il timore della sofferenza? Io ti amo, e ti amerò per sempre, qualunque cosa il destino ci riserbi. Amiamoci, in guerra e in pace, vicini e lontani, perché possiamo godere del nostro amore e rendere viva la nostra vita. Se un giorno tu morirai in guerra, e io prego con tutta me stessa che non sarà così, io non mi pentirò di averti amato perché tu hai reso i miei giorni più felici. Vivrò col ricordo del nostro amore e non col rimpianto. E ricorda Faramir, ricorda che l’amore è eterno, ma l’odio è finito. Puoi continuare ad amare una persona quando essa è morta? Ormai hai avuto vendetta, ormai ha pagato. Ma l’amore è infinito, e oltrepassa i limiti della morte: io ti amerò sempre, sia che tu sia vicino a me, che tu sia lontano, sia che tu sia vivo che tu sia morto, non cesserò mai di amarti, perché l’amore va oltre la morte>> rispose Eowyn.
Allora Faramir le sorrise e la baciò delicatamente sulle labbra.
<< Perdonami>> le sussurrò in un orecchio, e la ragazza annuì.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La morte di Denethor ***


La morte di Denethor
 
 
 
 
Note dell’autrice: Chi non muore si rivede! Ed eccomi qui, con un nuovo capitolo! Spero che vi piaccia! ^^
 
 
 
 
Gron fu il primo a solcare il cielo, quando le stelle tramontavano e il sole rosso sorgeva oscurato dalle tenebre impenetrabili di Mordor. Eppure, osservandole, Rebean riusciva ad intravedere tenui e deboli raggi di luce attraversarle, nonostante tutto. Anche se flebile, c’era ancora speranza per i Popoli Liberi. E quella speranza tutti pensavano si chiamasse Aragorn. Rebean lo vide sul suo fido cavallo, mentre si guardava attorno. Onde di orchi stavano per infrangersi sull’esercito della Terra di Mezzo per annientarlo, mentre lei e i Nazgul volavano sparpagliati decidendo il da farsi. Ben presto vennero suonati i primi squilli di corni, e i due eserciti iniziarono a corrersi incontro. Visti da lassù i due schieramenti parevano tante piccole formichine che correvano le une contro le altre. E poi l’impatto: i colori di Gondor si confusero con quelli scuri di Mordor, la terra diventava rossa di sangue e l’aria odorava di morte. Ma dovevano vincere.
Lo schieramento degli avversar sari era dotato di due ali laterali abbastanza ampie, che avrebbero bloccato la forza d’impatto del suo esercito, causandone anche perdite inutili. Rebean quindi ordinò che parte dell’esercito ai lati si distaccasse per fronteggiare le ali nemiche, in modo che non circondassero lo schieramento centrale. E la tattica ebbe effetto: in breve tempo il suo esercito era in vantaggio.
Rebean, allora, comprese che era quello il momento di intervenire.
Fece atterrare Gron e scese, addentrandosi nella mischia. Uccideva uomini a un ritmo molto veloce, quasi le fosse naturale, ma il rimorso la prendeva ogniqualvolta vedeva il sangue sulla sua spada. Ma cosa poteva farci?
Ad un certo punto vide Aragorn fronteggiare i nemici con valore e coraggio, uccidendone molti, aiutato da Legolas, che coi suoi dardi ostacolava la marcia degli orchi.
La ragazza cercò di non farsi vedere: non voleva scontrarsi con quelli che erano stati i suoi amici. Tuttavia udì dei passi, e vide Aragorn scagliarsi contro di lei. Allora si scansò, ma egli ingaggiò duello. Era molto più duro del previsto. Non come quello contro suo padre, certo, ma comunque difficile. Rebean sapeva che doveva lottare duro per sconfiggere Aragorn, e non sapeva se sarebbe stata in grado. Certo, i Nazgul sarebbero accorsi ad aiutarla, ma avrebbe comunque subito una sconfitta di non poco conto. Aragorn pareva non averla riconosciuta, e l’aveva probabilmente scambiata per un soldato: d’altronde l’Unico era ben nascosto sul suo indice, e non si vedeva dall’armatura.
Aragorn fece roteare la spada, e a fatica Rebean parò il fendente, ma venne catapultata all’indietro dalla forza e inciampò, cadendo all’indietro. Dal colpo le rotolò via l’elmo un po’ più in là, e Aragorn la vide, mentre dietro di lui compariva il re Stregone.
<< Rebean >> mormorò Aragorn, abbassando l’arma. La ragazza si sedette.
<< Aragorn … >> Rebean voleva parlargli, ma vide dietro l’uomo il Re Stregone pronto ad atterrarlo con un fendente, evidentemente non visto da Legolas.
<< No!>> urlò Rebean, e quello si fermò. Aragorn allora si voltò e lo vide, e iniziò a lanciare un potente fendente contro il Nazgul, ma ben presto si trovò disarmato. Intanto Rebean si era alzata
<< Lascialo stare. Abbiamo cose più importanti da fare>> disse al Re Stregone, che con riluttanza ubbidì all’ordine e salì sulla sua cavalcatura, librandosi in aria con essa.
Rebean se ne andò prima che Aragorn potesse dire o fare qualcosa.
La ragazza s’irritò: avrebbe dovuto fare meglio, ma a quanto pare la sua qualità tattica superava la sua abilità nel duello. Si trovava stranamente a suo agio in guerra, e non se lo sarebbe mai immaginato. Pensava che avrebbe avuto paura, ma non era così. Si sentiva come se, in  un certo senso, fosse nata per la guerra. O forse era l’Anello.
 
 
 
 
Eowyn e Faramir uscirono dalla camera solo all’imbrunire, quando la battaglia era da poco terminata.
Sapevano che tutti erano riuniti nella sala del trono, e avvicinandosi ad essa sotto gli sguardi stupiti dei soldati, udivano i lamenti di Denethor che temeva di aver perso anche l’ultimo suo figlio.
<< Senti mio padre che piange? Solo ora si rende conto di amarmi?>>
Eowyn posò la mano sulla spalla di Faramir.
<< Tuo padre ti ha sempre amato>> gli disse.
Faramir accennò a un sorriso e aprì la porta.
Tutti si voltarono e rimasero stupiti a quella visione.
<< Faramir!>> balbettò Denethor, avvicinandosi a lui, quasi zoppicando, a braccia aperte. Ma Faramir vide la follia risiedere ancora negli occhi del padre.
<< Solo ora mi ami. Io non voglio più essere chiamato tuo figlio. Rinsavisci, e restituisci il regno a chi lo deve avere di diritto!>> gli rispose, freddo.
Denethor allora si arrestò e impallidì.
<< Ora anche mio figlio desidera strapparmi il trono! Ma esso è mio! Mio! E chi tenta, morirà! Pure tu, Faramir, sangue indegno del mio sangue!>>
<< Non sai cosa vai dicendo. Là fuori popoli si scontrano, uomini muoiono e figli rimangono orfani mentre tu pensi solamente al potere?>>
<< Tu non hai il diritto di contestare il mio potere!>>
<< Faramir ha ragione. È giunto il momento che il trono sia dato a chi di diritto>> disse Gandalf.
<< Taci!>>
<< Sei obbligato, Denethor. L’esercito ubbidisce ad Aragorn, ora>>
Il sovrintendente si alzò e corse attraverso la stanza, per chiamare le guardie, ma esse lo bloccarono.
<< Non potete! Lasciatemi! Io sono il sovrintendente! Figlio, aiutami!>>
<< Mi dispiace, padre. Ma il regno è di Aragorn per diritto. Arrendetevi, il vostro onore verrà conservato>> disse Faramir.
Denethor si liberò dalle guardie << O il potere o niente!>> urlò. Uscì dalla stanza correndo, inseguito dalle guardie, e percorse il cortile fino allo strapiombo. Poi guardò Faramir, che era giunto sin lì assieme alle guardie.
<< Addio, figlio. Sei stato tu ad uccidermi>> disse. E poi si gettò giù dal dirupo, a braccia aperte, atterrando sul tetto di una casa in mezzo a mille schizzi di sangue.
Faramir si affacciò al dirupo e urlò il nome di suo padre.
Eowyn gli si affiancò e lo abbracciò. << Mi dispiace, Faramir. Ma non credere veramente che sei stato tu ad ucciderlo>> gli disse.
Ma Faramir si liberò dall’abbraccio della ragazza, dicendole che desiderava stare da solo, e fuggì via.
Si rifugiò nella sua camera, e si sedette disperato sul letto. Come aveva potuto sostenere Aragorn al posto di suo padre?  Eowyn aveva torto: era colpa sua. Tutta colpa sua. Se fosse rimasto in vita, magari un giorno lo avrebbe amato veramente. Ma ora non c’era più possibilità, e lui si sentiva un assassino.  Faramir ripensò a tutti i momenti che avrebbe potuto vivere col padre, ma ora non poteva.
Nonostante avesse espressamente ordinato di essere lasciato solo, la porta si aprì.
Eowyn si sedette accanto a lui in silenzio, e lo abbracciò, appoggiando la testa sulla sua spalla.
<< Mi dispiace per tuo padre. Ma ora il popolo di Gondor ha bisogno di te più che mai. Tu sei il suo capitano, la sua guida. Ha bisogno di qualcuno che gli dia forza. E Aragorn non può riuscirci da solo>>
<< è appena morto mio padre, Eowyn>>
<< Lo so. Ma non c’è tempo. E devi spiegare a tutti come sei riuscito a sopravvivere. Non c’è tempo per il lutto, Faramir>>
L’altro annuì e si alzò. << Racconterò tutto agli altri ma non so se sono in grado di continuare a combattere. So che il mio popolo ha bisogno di me, ma … quello che è successo … nonostante tutto egli era mio padre. Ed ora è morto>>
Anche Eowyn si alzò, e accarezzò dolcemente il volto dell’altro, e poi lo baciò.
<< Voglio te al mio fianco>> disse Faramir, prendendola per mano. La ragazza annuì e lo seguì.
Tornarono di nuovo alla sala del trono, ma questa volta su di esso era seduto Aragorn. Eowyn e Faramir s’inchinarono davanti a lui, e poi Faramir raccontò cosa era accaduto la sera prima, dal suo risveglio al ritorno a casa su quella bestia.
<< Non capisco quale guadagno ne ha tratto>> disse Eomer.
<< Nessun guadagno>> spiegò Gandalf << Ma questa è una buona notizia: il male non si è ancora impadronito di Rebean. Non del tutto, almeno. Può ancora cambiare la sua via>>
<< Sì. Ma quando? Quando il nostro esercito sarà distrutto?>> chiese Aragorn.
<< Non si sa. Ma c’è ancora luce>>
<< Certo è che se capiterà vicino alla mia spada non esiterò ad ucciderla>> disse Eomer.
<< è mia amica!>> protestò Eowyn.
<< E io non ti permetterò di farlo. Mi ha salvato la vita>> continuò Faramir.
<< Vuoi tradire così il tuo popolo?>> chiese Eomer.
<< Non c’è tempo per sentimentalismi, Faramir>> constatò Aragorn.
<< Faramir e Eowyn hanno ragione. E ti ricordo, Aragorn, che pure a te ha salvato la vita>>
 
 
Rebean s’inchinò davanti a Sauron, e gli narrò l’andamento della guerra.
<< Voglio qualcosa di più da te>> fu la risposta dell’altro. << Ma poco importa: domani scenderò io stesso in guerra e arriveranno rinforzi da Isengard. Gondor cadrà, e dopo di lei tutte le altre terre. Tutti s’inchineranno dinnanzi a me, giureranno fedeltà, e mi saranno asserviti. E poi li distruggerò come il vento che trascina via la sabbia. Sarò io a decidere della vita e della morte>>
Rebean rimase turbata a quella risposta, ma qualcosa ancora dentro di lei le diceva che forse si sbagliava, che suo padre stava solo dicendo menzogne, che non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Quando uscì da quella stanza, la ragazza si chiuse in camera, da sola. In che guaio era? Cosa doveva fare? Quale era la via giusta? Si affacciò alla finestra, ma il cielo era senza stelle. Non c’era nessuna luce. Solo buio, e oscurità. “ La speranza ha abbandonato questa terra” pensò la ragazza. E distinguere la strada giusta era ancora più difficile: non c’era nessuno a consigliarla, a mostrarle la via. Doveva fare da sola. Arriva sempre il momento in cui bisogna prendere da soli una grande decisione, in cui siamo soli dinnanzi al mondo, ma per lei quel momento era giusto troppo presto, e il prezzo era troppo alto.
Rimpiangeva la sua vita passata, e se ne stupiva. Aveva tanto passato il tempo a sognare di vivere avventure, di essere qualcun altro, di andarsene da quel posto, ma adesso che tutti i suoi sogni si erano realizzati voleva tornare indietro.
Fredde le mani, le ossa e il cuore,
freddo è il corpo del viaggiatore,
non vede quel che il futuro gli porta
quando il sole è calato e la luna è morta.
Diceva una filastrocca che conosceva fin da piccola. E lei il suo futuro, non lo era mai riuscita a vedere, specialmente durante il suo viaggio, dove prima aveva avuto paura e poi si era illusa che tutto cambiasse in positivo, che avrebbe avuto una vita migliore … ma era stata cieca, aveva visto solo quello che aveva voluto vedere, non aveva voluto accettare la realtà, e l’aveva riempita di sogni e di illusioni. Ma nemmeno in quel momento riusciva a vederlo, il suo futuro, e le faceva paura più che mai. Ma doveva affrontare il suo destino, come tutti.
 
Faramir non voleva andare in guerra, e l’esercito quella mattina aveva il morale a terra. Il discorso che Aragorn gli aveva fatto non era servito a niente, le sue parole non erano state ben assimilate. Eowyn non riusciva a capire il perché. forse Aragorn era un eccellente guerriero, ma non era capace di spronare un esercito, specialmente vista l’ingenza della battaglia in questione.
I soldati lo avevano acclamato come re, certo, ma erano abituati ad altro. Forse solo Faramir avrebbe potuto risvegliare il loro coraggio assopito.
Così, mentre l’esercito di Gondor si stava schierando, Eowyn, dalle mura, decise di prendere parola, nonostante Aragorn non fosse d’accordo.
<< Soldati di gondor, e di Rohan! Ascoltatemi! Mi è giunta voce dell’arrivo di un esercito, di quello di Saruman che affiancherà quello del Nemico. Insieme saranno forti e numerosi, e anche spaventosi. Le loro tenebre caleranno ancora di nuovo a Gondor, le loro belve solcheranno ancora una volta questo cielo. Sembrerà impossibile sconfiggerli. Ma noi abbiamo qualcosa che loro non hanno. Qualcosa per cui combattere veramente. Ognuno di voi ha mogli, figli, e familiari a casa, che deve proteggere, una patria, la propria vita. Ebbene, soldati di Gondor e di Rohan, il nemico non vi avrà né quest’oggi né mai, se rimarrete uniti e affronterete il destino con coraggio. Mostrate al nemico che non lo temete, che non riuscirà a distruggere il bello di questa città, il bene e ogni cosa che da esso deriva. Donate speranza ai vostri cari! Guardate! La luce filtra attraverso questo mare di tenebre che ci avvolgono. Siate come quella luce. Siate quella luce! Il Nemico nella sua malvagità non può far nulla contro di noi. Non vi date per vinti: finché ci sarà luce a questo mondo ci sarà speranza e il Nemico non avrà vinto. Quest’oggi verrà versato del sangue, molto sangue, innocente e colpevole, ma questo non ci fermerà. Egli pensa che siamo spaventati, che non avremo il coraggio di affrontarlo, ma si sbaglia! Avanti, e non temete l’oscurità!>> gridò Eowyn, e dopo un attimo di silenzio tutti i guerrieri alzarono le armi e gridarono in assenso, spronati da un nuovo coraggio, mentre all’orizzonte si profilava l’esercito di Saruman affiancato da quello di Sauron.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Saruman! ***


Lo so. dopo tutto questo tempo vi aspettavate un capitolo un tantino migliore. E più lungo. lo so. inutile accampare la scusa della tesina, delle verifiche, eccetera, giusto? Quindi, sorry :(
Spero che vi piaccia. Vi comunico che mancano pochi capitoli alla fine della storia ( e all'inizio dell'ultima fic che compone la trilogia). e vi annuncio che, salvo imprevisti tecnici, per il prossimo capitolo ho in riserbo grandi sorprese! Questo capitolo ha alzato il raiting perchè ci sono alcune descrizioni che non so se possono rientrare nel giallo.
comunque buona lettura!
ah, dimenticavo: dopo un po' ho iniziato a non scrivere più i discorsi tra le virgolette uncinate, perchè alcune volte nella storia non venivano inseriti, colpa dell'html, così da un certo punto in poi per i dialoghi ho usato il trattino -. E ho scritto la lettera della prima parola accanto al trattino, e non con uno spazio, perchè altrimenti l'editor qui mi trasformava i trattini in un puntino. cose tecniche, insomma, non errori.
Buona lettura ancora ;)




La mattina grigia e tempestosa venne illuminata dal fuoco di Gron.
Dall’alto della bestia Rebean riusciva a scorgere tutto il territorio: dall’imponente città di Gondor, agli eserciti schierati al monte Fato. L’esercito di Mordor si era appena schierato, e Sauron, suo padre, era in prima fila.
Accanto a lei si fermò il Signore dei Nazgul con la sua corona di ferro.
Rimasero in silenzio ad osservare.
<< Quelli>> disse ad un certo punto il re Stregone, indicando dei mostri simili a orchi ma più ripugnanti, appena giunti << Sono Uruk hai, e quel vecchio vestito di bianco è Saruman>>
<< La veste bianca non è simbolo di purezza?>> chiese Rebean.
<< I maghi più potenti vestono di bianco. Una volta >Saruman era baluardo del bene, ora non più>> rispose l’altro con un ghigno.
<< Preferivo prima, quando non dovevo assecondare il male. Cosa provi tu?>>
<< C’è qualcosa di tremendamente soddisfacente e appagante nell’essere cattivi. Mi sento il padrone della vita e della morte. Godo nel vedere le persone temermi>>
<< Ti sbagli. Non sta a te decidere della vita e della morte. Io non sto provando quel che dici>>
Rebean osservò Saruman che avanzava, con il suo bastone bianco e l’andatura sicura. Suo padre aveva un nuovo, potente, alleato.
Le truppe nemiche, tuttavia, avanzavano con coraggio e determinazione, senza temere il pericolo che avanzava.
<< Mostrerò loro il terrore>> disse il Signore dei Nazgul, planando verso le truppe di Gondor.
La bestia si avvicinò, aprì le fauci e catturò alcuni soldati, che vennero uccisi dai denti affilati che colavano di sangue. Arrivarono gli altri Nazgul e anche loro iniziarono l’assalto.
Rebean, invece, restava ferma in groppa a Gron, a osservare. Lo schieramento con Sauron a capo era quasi arrivato di fronte a quello di Gondor, e le prime fila avevano già estratto le spade, mentre gli arcieri avevano incoccato le frecce.
Uno
L’esercito di Gondor alzò gli scudi per proteggersi.
Due
L’esercito di Saruman caricò ai lati.
Tre
Un mare di frecce, come pioggia cadente si abbatté sul nemico.
Rebean era a quota abbastanza bassa, e poté vedere le frecce conficcarsi sulla fronte dei soldati, che si divincolavano cadendo a terra stramazzando, oppure infrangersi sugli scudi, o mutilare per sempre altri soldati.
Innocenti pensò Rebean. Cosa avevano fatto per meritarsi questo? Per un attimo Rebean pensò di ritirarsi. Ma non poteva: quello era suo padre, non voleva tradirlo. E poi desiderava rimanere al fianco del Signore dei Nazgul. Con un sospiro planò anche lei, mietendo vittime con l’ausilio di Gron.
I soldati tentavano invano di colpire l’enorme bestia con le frecce o con la spada, alcuni tentavano di arrampicarvisi sopra con spade e pugnali per poter uccidere Rebean, ma tutti, inesorabilmente, morivano. Rebean osservava con ripugnanza mista a compassione il sangue colare dalle ali e dalle altre parti del corpo di Gron, i soldati cadere come foglie dagli alberi, schiantarsi al suolo col sangue che usciva dal loro naso e bagnava la terra. Non avrebbe mai pensato che un giorno avesse ucciso qualcuno. Soprattutto sconosciuti. Chissà se avevano figli, madri, padri, fratelli ad attenderli speranzosi. Chissà cosa piaceva loro fare, cosa pensavano, chi erano. Erano forse peggio di lei? Meritavano forse la morte? Secondo suo padre sì. secondo lui erano solo esseri ripugnanti che andavano uccisi in nome della sua superiorità. Ma Rebean vedeva solo esseri umani, come lei, anche se suo padre non lo era.
 
Faramir era alla fine andato in guerra, anche se non era suo desiderio. Si trovava al fianco di Gimli, che pareva quel giorno essere particolarmente voglioso di guerra. Dovevano farla finita, diceva. Aragorn combatteva come una furia, tutti i nemici cadevano sotto la sua spada, che grondava di sangue più che mai. Faramir fece l’errore di guardare in basso, e vide le membra dei caduti sotto i suoi piedi. Alzò lo sguardo con ribrezzo, e cercò di non pensarci. I nemici si erano inesorabilmente avvicinati. Vide da lontano Saruman, col suo bianco bastone. Avrebbero dovuto ucciderlo il prima possibile, con la sua magia avrebbe potuto mietere molte vittime.
Un orco gli si era pericolosamente avvicinato. Faramir sguainò la spada e con un gesto fulmineo gli recise la testa, che rotolò per terra, grondante di un ripugnante sangue verde.
Faramir fece un verso di stizza. Il Capitano di Gondor non voleva più fare la guerra. Voleva rimanere con Eowyn, sposarla, vivere in pace, lontano da tutti e tutto. Solo lui e Eowyn. Magari in mezzo a una verde campagna, tra alberi fioriti e fiumi cristallini. Faramir guardò il cielo sognante, dimenticando per un attimo di essere in guerra. E quell’attimo gli sarebbe stato fatale se Gimli non avesse ucciso un orco che si era avvicinato a Faramir.
<< Fa’ attenzione>> lo ammonì il nano, che riprese a combattere.
L’ala sinistra si stava ritirando, Sauron aveva già mietuto molte vittime, e l’attacco dei Nazgul e di Rebean decimavano la parte centrale dell’esercito.
C’era davvero ancora speranza? Perché non fuggire? Sauron avrebbe vinto, Faramir questo lo sapeva.
Ingaggiò un duello con un Uruk hai. Era molto più forte di un comune orco, più abile, e anche più ripugnante. Come arma aveva una grossa mannaia che menava in qua e in là, tagliando teste e recidendo arti. Faramir riusciva tuttavia a schivare i suoi attacchi, e alla fine, dopo un lungo duello, riuscì a conficcargli una spada nello stomaco. Con un verso, il nemico cadde a terra.
In realtà gli riusciva difficile pensare che Eowyn non avesse partecipato alla battaglia e avesse prestato ascolto a suo zio e a suo fratello. Ma a quanto pareva, fortunatamente era così. 
Intanto Faramir si era avvicinato ad Aragorn e vedeva come combattesse con coraggio e valore, spronando i suioi a fronteggiare le tenebre. Lui non sarebbe mai stato come Aragorn, non sarebbe mai stato capace di condurre così bene un popolo in guerra, anche se il discorso di Eowyn aveva avuto un ruolo fondamentale in tutto questo. Suo padre l’aveva nominato Capitano di Gondor, ma lui non era degno del suo ruolo. Non era troppo bravo a combattere né a condurre un popolo. Cosa ne sarebbe stato di lui? Cosa aveva in serbo il destino per lui? Quale ruolo doveva giocare?
Ma, al pensiero del defunto padre, gli si strinse il cuore. Certo, Denethor non era mai stato un buon padre, aveva sempre prediletto Boromir, il primogenito, ma era comunque suo padre, l’uomo che, insieme a sua madre, gli aveva donato la vita. E gli dispiaceva. L’immagine di lui che prendeva fuoco e si lanciava dal pendio lo avrebbe sempre accompagnato. Non l’avrebbe mai rimossa. Che coraggio aveva avuto suo padre, ad ardere vivo e a rinunciare al dono della vita. O era viltà? Faramir sapeva che era questa, e non coraggio, ma gli doleva ammetterlo.
Un Uruk hai gli passò pericolosamente vicino, ma, nonostante Faramir fosse già impegnato in un altro combattimento, riuscì ad ucciderlo. Eowyn sarebbe stata fiera di lui. Ancora non riusciva a capire perché, tra tanti uomini che poteva avere, Eowyn aveva scelto proprio lui, che non era né il più abile, né il più coraggioso né il più forte. Forse Eowyn aveva visto in lui qualcosa che né egli stesso né gli altri riuscivano a vedere. E Faramir l’amava anche per questo. Donna bella, coraggiosa, intelligente e determinata aveva rinunciato ad amare Aragorn per amare lui. Per lei Faramir era più importante del re di Gondor, e lui ne era orgoglioso.
Purtroppo, però, qualcosa lo distrasse dai suoi pensieri.
Una sorta di bomba di fuoco era caduta vicino a loro, travolgendo molti soldati che arsero vivi e si tramutarono in cenere.
-Saruman!- urlò qualcuno.Il bianco stregone aveva iniziato la sua personale offensiva.
Ben presto il cielo fu ricoperto da incantesimi d’ogni tipo, e il terreno iniziò a tremare. Contro gli incantesimi di Saruman non c’era nulla da fare. Sarebbero tutti morti. Faramir se lo sentiva.
 
Rebean osservò il cielo ricoprirsi d’incantesimi. Così per Gondor non ci sarebbe stata speranza. Sarebbero morti tutti, o quasi. E forse anche Eowyn, e Faramir, Aragorn, Gandalf, Gimli, Legolas … ma erano suoi amici! Non doveva permettere che morissero! E non sarebbero fuggiti. Doveva trovare una scusa e fermare Saruman. Era l’unica soluzione.
Notò che ormai gli eserciti erano ben mischiati, e che gli incantesimi colpivano oltre ai nemici anche molti alleati.
Così ebbe un’idea, e scese in picchiata. Atterrò vicino a Saruman.
-Io, Rebean di Mordor, ti ordino di cessare i tuoi incantesimi. Stanno decimando troppi alleati, e ci servono vivi-
-Non fermerò i miei incantesimi, solo così posso contribuire alla vittoria
-I tuoi Uruk hai bastano. Se proprio non vuoi farne a meno, escogita qualcosa di meglio- disse Rebean, risalendo in alto.Vide Saruman fare un’espressione adirata e ubbidire controvoglia.
Adesso doveva intervenire anche lei.
Si lanciò con Gron, sterminando molti soldati, poi scese dalla cavalcatura e impugnò la spada infuocata. Vide un soldato particolarmente coraggioso scagliarsi contro di lei.
“A noi due” pensò la ragazza, lanciandosi in un breve duello, che terminò con la testa del soldato che volava per aria. La lama colava di sangue, che scivolò sull’armatura della ragazza e sulla sua mano. Rebean portò la goccia di sangue al naso e ne sentì l’odore metallico. Qualcosa dentro di lei si risvegliò e godette, ne rimase come inebriata. E se ne sorprese. Se una parte di lei voleva la pace, l’altra voleva la guerra.
Si scagliò contro altri nemici, falciandone molti. Chiunque si trovava vicino alla sua lama era destinato a perire, e ben presto molti fuggivano alla sua vista. E più sangue versava, più Rebean si sentiva soddisfatta e grata. Sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene e raggiungere ogni parte del suo corpo.
E poi vide Aragorn. Quella era l’occasione per riscattarsi. Meno di un’ora prima non l’avrebbe mai fatto, ma in quel momento Rebean si avviò decisa verso il re di Gondor, schernendolo.
-Avanti, fammi vedere chi sei!- gli urlò.Aragorn esitò, ma quando vide la ragazza scagliarsi contro di lui si risolvette a combattere. Questa volta Rebean fu più attenta e veloce, nessun colpo di Aragorn andò a segno, e la ragazza riuscì persino a colpirlo.  Alla fine con un fendente lo fece inginocchiare.
-Ecco il re di Gondor- disse, scoppiando poi in una risata fragorosa.Aragorjn la guardò negli occhi e sussurrò il suo nome con una nota di pietà.
Allora la ragazza cessò di ridere, e lo guardò. E si ricordò di tutti quei momenti trascorsi assieme, di quella che era prima, dei pensieri che aveva fatto … si guardò l’Anello. Era forse quello che la stava rendendo così? Poteva scegliere? Oppure era la parte cattiva di sé? Ad ogni modo guardò Aragorn.
-Sentiti fortunato, re di Gondor. Il giorno della tua morte non è questo- disse, e fuggì via, verso altri nemici.Perlomeno si era riscattata, e suo padre sarebbe stato fiero di lei. Giuardò il cielo: era ancora dominato dai Nazgul e dalle loro cavalcature. Bene.
 
Eowyn non aveva certo rinunciato a combattere. Non ora, che si era innamorata di Faramir. Lo aveva seguito e combatteva alle sue spalle, per proteggerlo. Non poteva permettere che morisse. Di solito sono gli uomini a voler proteggere le donne, ma nel caso della bionda dama di Rohan non era così. In realtà Eowyn aveva sempre odiato il titolo di “dama” e aveva trascorso più tempo a sognare draghi, guerre e duelli che principi azzurri. Da piccola si immaginava regina, a capo di un esercito, a conquistare terre e liberare i popoli dall’ingiustizia. Ma ora che aveva conosciuto l’amore, questo suo desiderio era in parte cambiato. Non appena la guerra fosse finita, si sarebbe sposata con Faramir, e avrebbe trascorso lontana da conflitti e odio la sua esistenza. Conficcò la spada nel ventre di un Uruk hai che cadde per terra.
Faramir se la stava cavando bene: era davvero bravo a combattere, e i soldati parevano ammirarlo, anche se lui non se ne rendeva conto. Spesso si tende a non vedere le proprie capacità. In fondo, all’essere umano è sempre piaciuto autocommiserarsi.
Eowyn udì suo fratello Eomer gridare un ordine da lontano. Riguardava Saruman. Avrebbero dovuto sconfiggerlo al più presto, o peggio sarebbe stato per Gondor. Tuttavia, tutti coloro che cercavano di avvicinarsi allo stregone, venivano uccisi.
Eowyn lanciò un’occhiata fugace a Faramir. Se la stava cavando bene.
Era il suo momento: i suoi sogni da bambina si sarebbero in parte realizzati. S’infiltrò tra le fila sterminando nemici. Riuscì ad avanzare senza troppi problemi, finché non riuscì a vedere il bianco stregone che si stava accingendo a lanciare un incantesimo, dopo una pausa relativamente lunga. L’odore del sangue la nauseava, come le membra sparse per il terreno, ma cercò di non farci caso.
Una schiera di Uruk hai, che avevano evidentemente il compito di proteggere Saruman, si stava profilando davanti a lei. Doveva escogitare qualcosa. Non sarebbe sopravvissuta a cotanti Uruk hai.
Fortunatamente, non dovette pensarci troppo: suo fratello si era pericolosamente avvicinato a Saruman, e gli Uruk si erano lanciati contro di lui e le sue truppe, non avendo fatto caso alla ragazza, nascosta tra i soldati che si combattevano vicendevolmente.
Tanto meglio.
La ragazza avanzò a passi decisi e urlò il nome di Saruman.
-Un coraggioso guerriero che va incontro alla morte- disse lui.
-Sarai tu a morire, Saruman.
-Davvero? E chi mi darebbe la morte, sentiamo?
-Eowyn di Rohan- rispose la ragazza, togliendosi l’elmo e guardandolo negli occhi. 
 
  ah, e dimenticavo un'altra cosa: mettete mi piace alla mia pagina fb all'indirizzo: ah, e dimenticavo: mettete mi piace alla mia pagina fb all'indirizzo: https://www.facebook.com/pages/Lady-Warrior/555410524580537

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2211144