Alfred's diary

di Alfred il sanguinario
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il quaderno del moccioso ***
Capitolo 2: *** Preghiere. ***
Capitolo 3: *** Il mio passato ***
Capitolo 4: *** La gente qui e la nuova infermiera ***
Capitolo 5: *** Sally ***



Capitolo 1
*** Il quaderno del moccioso ***


GARDENIER INSTITUTE, Toronto, 1934
 
“Mi voltai verso quell’immenso carrello con qualche cibaria schifosa buttata qua e la. Non sapevo veramente come resistere: le mie braccia, le mie mani, sino alle spalle, erano bloccate da quella orrenda camicia di forza, strettissima, e che potevo togliermi solo durante la notte, a meno che non fossi stato “cattivo” durante il giorno (cioè non prendevo le medicine e tiravo le testate), allora avrei dovuto tenere quell’orribile supplizio per altre 12 ore. Che orrenda vita.”
Il mio nome è Alfred, mi presento alle pagine di questa sottospecie di quadernino, regalatomi dal moccioso di 10 anni, che sta nella stanza accanto, e, come tutti, mi ha preso per un suo coetaneo, e ha cominciato a regalarmi scemenze. Anche se gli ho rovesciato la tavola con tutti gli scacchi addosso, perché non sopporto le pedine. Tutti mi credono un bambinetto moccioso di 10/12 anni, in realtà ne ho 16: soffro di nanismo da carenze affettive, sindrome di Peter Pan e crisi isteriche. Non male, vero? Tutto questo per colpa di due fratelli, entrambi 15enni, che, anziché starsene al posto loro, hanno dato alla luce un figlio. Io. Sono al Gardenier Institute da ormai 8 anni, e nessuno mi è mai andato simpatico neanche un po’. Nemmeno 1/10, nemmeno 0/10.
Ho la brutta (o bella) abitudine di tirare le testate sui muri, e ciò mi è costato parecchie cicatrici in testa. Oggi però sono riuscito a non tirare le testate, quindi stanotte mi hanno tolto la camicia. È stato come se un fiume bloccato da una diga all’altezza delle spalle, fosse sfociato d’un colpo in tutte le vene delle braccia: ed è piacevole solo per certi versi. Risultato: posso usare lo stupido quaderno del moccioso, e tirare tutte le testate che voglio sui muri.
Ho un’altra bella/brutta abitudine di numerare tutto il numerabile in decimi: come “c’è 7/10 di freddo”, “c’è molto caldo: 9/10”. Ma esistono anche “-1/10, -10/10”, fino a -19/10. non so perché a quel numero: mi ispira. Questa abitudine è buona perché così riesco a capire quel che dico. È brutta perché nessuno, come al solito, capisce quel che dico.
Ora ho sonno, domani notte tornerò ad utilizzare il quaderno del moccioso.

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Capitolo 2
*** Preghiere. ***


Probabilmente sono passati 2/10 dall’ora in cui dovevo andare a dormire. DOVEVO, ho detto proprio bene. perché io non dormo mica quando spengono le luci e gridano: “Dormi!” e chiudono la pesante porta d’acciaio. Quando dico ‘Loro’ o parlo alla terza persona plurale, mi riferisco a quelli che non sono io, o qualcuno di rilevante. E in un mondo del genere, per me, penso di essere l’unica persona rilevante in una stanza dove non c’è nessun altro.
Mi fanno ancora un po’ male le braccia: circa 6/10 di dolore, perché l’infermiera stupida e baffuta mi ha stretto la camicia stamattina, nonostante le avessi urlato che era troppo stretta, quella, per tutta risposta, mi ha detto che avevo tirato una testata sul muro e ha sbattuto la porta. Ma è chiaro: possono inventarsi tutto su di me, pur di punirmi, tanto chi li controlla!
La giornata di oggi non è stata molto faticosa: mi hanno fatto uscire dalla stanza, minacciandomi di tenermi la camicia tutta notte se avessi osato rompere le pedine qua e là. Visto che il moccioso ci teneva particolarmente a parlare con me, nell’ora di disegno, e in quella di preghiera, mi hanno legato ad una sedia, accanto a lui, che parlava a raffica, mentre dipingeva, mentre stava a mani giunte. La mia noia è stata pari a più di 10/10 se possibile. Anzi, no. Quello è il numero massimo, guai.
Le altre persone hanno due o tre ore in cui: dipingono, pregano e leggono (o almeno fingono). Io ho a disposizione solo 2 ore alla settimana per uscire dalla cella, ma, sai una cosa, preferirei non averle a disposizione. Preferisco star qui, a tenermi la mia camicia, a scrivere di notte, e a pensare cose, che variano. La mia giornata poi è stata facile quando son tornato in cella. Non mi piace pregare, perché quando avevo 6 anni, per farmi star bravo, quando spaccavo tutto, mamma/zia mi metteva la testa su un tavolo su cui era appoggiato un crocifisso e ordinava: “Prega! Chiedi che un tuo desiderio si esaudisca!”. Ad esser sincero non ho mai capito A CHI dovevo chiedere, ma in ogni caso, non si è mai avverato niente. 0/10 (sottozero si va solo quando una cosa è terribile, zero è il nulla). Beh vado a dormire, domani dovrò prendere la medicina…. Che noia! Buonanotte.
 
angolo dell'autore: Buondì, lettori. Innanzitutto voglio dirvi che sto un po' lasciando che la storia scorra, come un fiume, nella mia testa, specie mentre scrivo XD E che ho elaborato solo il minimo essenziale già prima di scrivere. Non pensiate che non troverete sorprese nei prossimi capitoli, perchè ce ne saranno molte. ^^ 

 

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Capitolo 3
*** Il mio passato ***


Rieccomi a scrivere sul quadernetto. Uhm… la giornata di oggi è stata speciale, perché ho più che altro deciso di scrivere la mia storia, il mio passato, e perché sono qui. L’ho deciso mentre…. No, questo lo scrivo dopo. 1/10 di tempo prego…
Allora innanzitutto sono nato a New Genoa, nel Michigan, il 26 Gennaio 1918. mia madre, era anche mia zia, perché mio papà era anche mio zio, e questo perché i miei genitori erano due fratelli di 15 anni. Mio padre (o mio zio) è scappato appena sono nato. La mia povera (si fa per dire) madre, di nome Sally, venne cacciata via, e mi partorì in un cottage abbandonato, in una località vicina (New Genoa, ma cosa parlo a fare!!). mia madre decise di crescere suo figlio (cioè io) con un -18/10 di impegno. Nel senso che non le fregava niente di me, e sperava che in qualche modo morissi.
A 5 anni, diedi fuoco alla casa, a 6 anni cominciai ad avere crisi isteriche, a 8 anni mia madre si stufò e mi mandò qui. Mi ricordo bene quel giorno, perché fu lo stesso in cui cominciai ad avere ipopituitarismo: una malattia che impedisce di crescere. Questo perché la mamma, mi portò a piedi, attraversando strade campagnole, e lì una vipera mi morse al braccio (ancor’oggi porto un tutore, sia perché non posso prendere colpi, sia perché non mi va di mostrare quel segno), e allora, arrivato qui al Gardenier Institute, mi hanno vaccinato e salvato. E già avevo nanismo da carenze affettive. Allora la mia crescita si fermò: arriverò a 60 anni, ancora così come sono adesso. Una volta lì, la mia vita è diventata metodica.
Se fosse un testo forse avrei annoiato qualcuno. Un 3/10 di noia, bah.
Oggi il moccio setto mi ha voluto offrire un pezzetto di cioccolata, ma a me la cioccolata fa schifo, è da bambini. Perché mi trattano come un bambino? Forse perché sono come un bambino. Il moccioso si chiama Matt, ho scoperto, e ho deciso che d’ora in poi non lo lascerò più parlare. Se lo merita, mi fa passare quarti d’ora in cui sembra abbia la diarrea verbale, parla come un non so che cosa.
Ora vado a dormire, sento i passi di qualcuno che si avvicina alla cella… domani voglio parlare del moccioso, dell’infermiera e delle altre persone.
 


 

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Capitolo 4
*** La gente qui e la nuova infermiera ***


Eccomi (uff come sono sdolcinato). Oggi è successo un qualcosa di abbastanza particolare. Ma non posso mancare alle promesse: quindi oggi vi racconterò delle persone che ho incontrato qui, al Gardenier Institute.
Anzitutto l’infermiera brutta e grassa. È la peggiore: perché gode nel vedermi tenere la camicia di forza, e vorrebbe tenermi tutto il tempo in cella…. Simpatia? -19/10
Poi il moccioso. Quello è una macchinetta parlante che mi crede chissà chi, più che altro crede che io sia un moccioso come lui. Non è cattivo, ma la sua simpatia non arriva ai 6/10.
Il dottor Latimer. Un vecchio che per quanto mi riguarda dovrebbe stare a pulire le strade, non qui. È fissato con la cosiddetta “terapia della socializzazione”, che praticamente consiste nel farmi stare tre quarti d’ora ad ascoltare il moccioso che parla. Comunque lo vedo poco.
 
Questa è la gente che c’è qui. Ci sono anche altri pazienti, ma non li vedo praticamente mai.
Oggi è successo un fatto degno di nota. È arrivata una nuova infermiera. Stranamente è venuta per prima cosa da me. Appena l’ho vista ho visto qualcosa di familiare in lei. Se ne stava lì, in piedi, a guardarmi con un sorriso stampato in volto. Poi mi ha dato da mangiare e mi ha levato la camicia di forza. Anche se erano le tre del pomeriggio. Quindi le ho chiesto: “Come ti chiami?” lei ha sorriso e ha detto “Sally”, e se ne è andata. – che nome di merda – pensavo.
Quindi col suo arrivo forse qualcosa migliora, perché è da tanto che non porto la camicia di forza, e fino a domattina rimarrò senza. È una fortuna. Adesso devo scoprire qualcosa in più su di lei, e mi sembra una di quelle con cui si può parlare. Ah e domani vi dirò la sua simpatia finale (in decimi, ovvio), e vi parlerò delle cose che odio, tra cui i punti esclamativi.
A domani.


angolo autore: [ma devo scriverlo ogni benedetta volta? D:] Comunque il capitolo ha una specie di Kinder Sorpresa abbozzata. Probabilmente avrete già capito la verità sulla nuova infermiera... ma nel prossimo capitolo anche Alfred (non io, lui) scoprirà questa sconcertante cosa. Mi arrendo NON SONO RIUSCITO A FORMARE UN CAPITOLO PIU' LUNGO, lo ammetto. Ma a causa del [odioso] simpaticissimo raffreddore autunnale che mi ritrovo avrò più tempo per scrivere. :D

 

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Capitolo 5
*** Sally ***


Eccomi nuovamente. Sono due sere che non scrivo perché mi fanno uscire dalla cella (non che ne abbia voglia) e andare un po’ “in giro” dalla gente.
È successa una cosa molto particolare: l’altro giorno, infatti, l’infermiera di nome Sally è venuta nella mia cella a portarmi da mangiare e mi ha incominciato a parlare della sua vita. Ha detto che dopo che suo figlio se ne è andato, ha fatto di tutto per tornare da lui e finalmente ci era riuscita…. Credete che sia stupido?
Avrò anche psicosi, sindrome di Peter Pan, ipopituitarismo e quant’altro, ma non sono stupido. “E quel figlio sarei io?” le ho domandato. Lei ha sorriso e mi ha spiegato che era quella mamma/zia che mia aveva messo al mondo. Che ora aveva trentadue anni, e che quindi voleva rimettersi in contatto con me.
Mi schifava pensare che quella persona così brava fosse la stessa che mi chiudeva nella stanza da letto la sera, che mi poggiava la testa sul tavolo per farmi pregare. Infatti non stetti bene, ma le dissi che mi faceva piacere rincontrarla.
Ha detto che domani deve dirmi una cosa molto importante…. Chissà cosa deve dirmi. Forse che si è risposata e ha altri figli? Ma ormai  il mio destino è qui, la mia vita è qui. E non migliorerà mai.
Chiusa questa parentesi, non sono ancora pronto per dire la sua simpatia… vediamo che ha da dirmi.
Poi vi parlo delle cose che odio, anzi non poi. Ora.
Odio:
i punti esclamativi (enfatizzano le cose e mi danno sui nervi)
le bambole
i piccioni (sono uccelli schifosi e grigi)
la cioccolata (e il moccioso la adora)
l’acqua calda
quando finisce l’inchiostro della stilografica
chiamare la stilografica “stilo”
i cuscini troppo morbidi
le vipere e altri serpenti.
Credo sia tutto. Probabilmente ho annoiato il signor nessuno che viene a leggere le mie storie. 

rieccomi!!! ^.^ Allora non ho reso bene il colpo di scena, abbiate pietà della mia anima, vi prego. Al momento mi sto concetrando anche su altre storie, quindi.... alla prossima!!

 

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