La Tempesta

di BellatrixWolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ieri ***
Capitolo 2: *** Oggi ***
Capitolo 3: *** Domani ***
Capitolo 4: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Ieri ***


Fa freddo, fuori. Piove, lampa, tuona. Ma dentro casa è caldo, accanto al camino.
"Ehi, piccolino." Regina non si permette un vestito comodo nemmeno in casa, l'eleganza è una parte di lei. In braccio, un bimbo di sì e no un anno la guarda, spaventato. "Non ti preoccupare, sono qui. Non ti succederà niente." Il piccolo Henry sorride appena, che abbia compreso il senso di quelle parole? O forse semplicemente il tono caldo e rassicurante di Regina l'ha calmato.
Poi un forte boato ed un fulmine terrorizzano nuovamente il bimbo, che si aggrappa con le piccole manine alla giacca della donna. Lei lo stringe a sé con affetto, sorridendogli dolcemente. "Calmo. La mamma è qui. Sono qui." Lo culla tra le braccia, e la stretta dei suoi piccoli palmi si allenta un po'.
"Ma..mma..." mugugna lui, spingendo la testa contro il petto della madre. Parla da poco, quella è una delle poche parole che dice, e lo fa raramente, quindi ogni volta che Regina lo sente trattiene un moto di commozione. Gli sorride e si abbassa su di lui, dandogli un piccolo bacio sulla fronte.
"Sì, sono qui. Ci sarò sempre, piccolo mio." Lo culla tra le braccia, mentre la tempesta si allontana. Gli ultimi ruggiti non spaventano più il piccolo Henry, calmo tra le braccia della madre.

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Capitolo 2
*** Oggi ***


Fuori tuona, tuona forte. I lampi sono come mille flash che oscurano la vista per qualche attimo, i boati risuonano nelle orecchie come tamburi. Fa freddo, il vento è impietoso, trascina via cartine, buste e giornali lasciati inavvertitamente in mezzo alla strada.
Ma almeno in casa è caldo, il camino riscalda l'aria e rasserena la stanza.
"C'è il temporale." mugugna Regina, scostando la tenda per guardare all'esterno. Henry scrolla le spalle.
"Già. Beh, vado in camera." dice, e fa per andarsene, ma Regina si volta.
"Aspetta. Perché non rimani qui a scaldarti un po'?" Gli sorride dolce, come faceva quando lui era piccolo.
"Mh... no, vado in camera." risponde il ragazzino, dopo uno sguardo diffidente. La donna sospira, una morsa al cuore.
"Henry... Smettila di vedermi come la regina cattiva." si alza dal divano e va verso di lui, poi si china di modo che i loro visi siano alla stessa altezza. "Sono tua madre, va bene? E ti voglio bene, nonostante tutto ciò che continui a pensare. Non mi stancherò mai di dirtelo." gli posa la mano sulla testa, sorridendo amorevolmente, ma con una vena triste nello sguardo.
Henry sembra a disagio. Mugugna, si guarda intorno e si stringe nuovamente nelle spalle. "I... Io vado in camera." Sfugge al tocco materno e si volta, salendo di corsa le scale.
Regina lo guarda chiudere con furia la porta, poi si alza e sospira, spolverandosi la gonna. Scuotendo la testa torna a sedersi sul divano, lo sguardo perso nel nulla. Quando è successo? Quando ha iniziato a odiarla in quel modo? Perché?
Il suo sguardo cade su un grande libro rilegato, poco lontano da lei. Si allunga e lo prende, posandoselo sul grembo ed analizzandolo. Un grande libro con la scritta in oro "Once Upon A Time", "C'era Una Volta". Una raccolta di fiabe.
Inizia a sfogliarlo, e ritrova tutti i racconti della sua infanzia. Prende un profondo respiro. Da quando Mary Margaret gli ha dato quel libro, Henry ha iniziato a dare ad ogni abitante di Storybrooke una controparte fantastica. A suo parere Mary Margaret, la sua insegnante, è Biancaneve, nonché la madre di Emma, la mamma naturale del ragazzino. Ruby, la simpatica e carina commessa della locanda, dovrebbe essere Cappuccetto Rosso e sua nonna, ovviamente, la nonnina della storia. Poi ci sono grilli parlanti, principi e principesse.
Regina capisce che la mente di un bambino di quell'età deve avere una ricca immaginazione, e tutto sommato l'idea la diverte molto, ma non capisce perché proprio lei dovrebbe essere la Regina Cattiva. Solo perché è il sindaco della città? O per qualche altro motivo?
E' doloroso pensare che suo figlio, il bambino che ha cresciuto con tanto amore, la odi fino al punto di evitarla e avere quasi paura di lei, fino al punto di vederla come la strega cattiva.
I suoi occhi si bagnano, ed una lacrima cade inevitabilmente sulle pagine prima che lei se ne renda conto. Quando nota la goccia, chiude gli occhi ed alza la testa, prendendo un profondo respiro. Lei, Regina Mills, il glaciale sindaco, non può fare a meno di piangere in quella situazione, per quel dolore. Se almeno capisse perché quel bimbo la odia a tal punto... Ma ogni volta che lei tenta di iniziare il discorso, Henry scappa, sfugge. E' così frustrante.
Regina riapre gli occhi e scosta la tenda. La tempesta è finita.
Torna a guardare il libro, e lo odia. Lo odia tremendamente, vorrebbe bruciarlo, strapparlo, distruggerlo! Ma a quel punto si precluderebbe qualunque rapporto con Henry, per sempre. Sospira e lo chiude rumorosamente, rilanciandolo con sufficienza sul cuscino accanto a lei. Alza lo sguardo per vedere, per un istante, il ragazzino fissarlo dalla sua camera. Poi la porta si richiude.
La tempesta non è finita, è appena cominciata.

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Capitolo 3
*** Domani ***



Non finirò con questo capitolo, ho deciso di scriverne ancora uno (è già in produzione, quindi lo pubblicherò tra breve :'3 promesso), l'Epilogo. Forse (e dico forse) finisce in simil-SwanQueen.
Oh well, Enjoy c:



Era sparito! Diamine, Henry era sparito! Non era in casa, non era a scuola, di amici da cui andare non ne aveva... Era sparito!
Regina sentì il fiato mancarle nei polmoni e gli occhi bruciarle di lacrime e apprensione.
Aveva fatto il giro della città, ma del bimbo nemmeno l'ombra.
Un moto di pianto s'impadronì di lei, costringendola per minuti interi nel più cieco terrore. Solo quando il suo respiro fu tornato regolare riuscì a prendere in mano il telefono.
"Ufficio dello Sc.."
"Graham, Henry è scomparso." Regina parlò senza troppi convenevoli.
"Uh... ne... ne sei sicura?"
"Pensi che ti avrei chiamato, se non lo fossi?" Non aveva né voglia né tempo di discutere.
"Vero. Scusa. Arrivo."
Regina terminò la chiamata asciugandosi con furia gli occhi e prese un profondo respiro, sedendosi sul divano ad aspettare lo sceriffo.
Graham non si fece attendere a lungo e, assieme al sindaco, iniziò a perlustrare la casa. Le uniche scoperte rilevanti furono lo zainetto non pervenuto ed il libro di favole assente. Ciò poteva significare che Henry aveva preso le sue cose, il libro ed era andato via.
Che fosse scappato di casa? Che fosse fuggito dalla donna che vedeva come Regina Cattiva?
Il respiro di Regina tornò a farsi dolorosamente pesante, mentre lottava per ricacciare le lacrime che minacciavano di scoppiare copiose.
"D... Dove pensi che possa essere?" Chiese la donna con un filo di voce.
"Non ne ho idea." rispose semplicemente lo sceriffo grattandosi la nuca, notevolmente a disagio.
Calò un silenzio gelido per qualche istante, mentre Regina si rifiutava di accettare le situazione, poi, una macchina.
La testa di Regina scattò verso la finestra nell'udire una macchina fermarsi nel vialetto e con fretta scese le scale, aprendo la porta.
Il suo cuore mancò un battito quando vide Henry, munito del suo zainetto, venire verso la porta.
"Henry! Dove sei stato?" Gli corse incontro e lo abbracciò, notando solo in seguito una figura bionda munita di una giacca rossa. Si voltò a guardarla.
"Grazie." ma già la odiava.

**

Era ormai passato tanto tempo dall'arrivo di Emma, la madre naturale di Henry, e le cose per Regina erano precipitate.
Quella donna che sperava tanto di vedere andar via si era ormai stabilita a Storybrooke ed era divenuta vice-sceriffo. Per la felicità di Regina.
Henry, ormai, passava più tempo con quella bionda che con sua madre, quella che per dieci anni l'aveva accudito con amore.
Una chiacchierata con quella donna era ormai d'obbligo. Per questo Regina l'aveva invitata a cena.

"Miss Swan, per quanto ancora ha intenzione di trattenersi a Storybrooke?" chiese il sindaco con tagliente noncuranza, portando la forchetta alla bocca.
Emma, senza alzare la testa, le lanciò un'occhiata che non sfuggì a Reginaa, prima di riportare l'attenzione sul piatto.
"Non saprei. Mi trovo così bene qui, potrei anche stabilirmici." rispose dopo un istante di silenzio.
Per un soffio a Regina non andò di traverso il boccone.
Era una partita silenziosa, quella che si stava giocando tra le due donne sotto alla superficie di quella conversazione insulsa.
"Mhm. Non credo sia possibile." riprese un contegno e si portò un altro boccone alle labbra.
"Perché no?" Chiese Emma con finta indifferenza.
Regina finalmente alzò lo sguardo, e così fece Emma.
Henry, che per tutta la sera non aveva proferito parola, seguendo in silenzio lo scambio di battute come una partita di tennis, comprese che era meglio dileguarsi. L'aria si stava facendo pesante. Silenziosamente si alzò, salì le scale e si chiuse in camera.
"Perché, Miss Swan, questa non è casa sua." Regina posò la forchetta, guardando Emma negli occhi con eloquenza.
"E chi lo decide, questo?" le lanciò uno sguardo di sfida, premendo le mani sul tavolo, punta sul vivo. Dovunque andasse non era mai casa sua. Ma Storybrooke... era diversa. E non avrebbe permesso a nessuno di scacciarla.
"Lo decido io, cara." scattò in piedi e la forchetta cadde, me nessuno ci fece caso. "Io sono il sindaco, questa è la mia città, Henry è MIO figlio!" Aveva i muscoli tesi, come quelli di una tigre che sta per assaltare una gazzella.
Regina si sentiva sull'orlo di una crisi di pianto, temeva che i suoi occhi sarebbero diventati lucidi a breve, ma si sforzò per non dare ad Emma quella soddisfazione.
La odiava, perché Henry continuava a preferirla a lei? La odiava, perché tutti amavano quella biondina? La odiava, dannazione, la odiava!
"Eppure ha chiamato me." Emma la imitò, alzandosi e sporgendosi sul tavolo con un ghigno.
"Cosa ne sai, tu, di Henry?" strinse gli occhi ed abbassò la voce con aria indignata. "Non ci sei mai stata per lui. L'hai abbandonato." aveva ormai cessato ogni formalità, tanto erano forti le sue emozioni in quel momento. Le sue spalle si abbassarono di colpo, ma la tensione non faceva che salire.
"Ci sono adesso." disse piano, ma con decisione, guardando Regina nei profondi occhi castani.
"E' troppo tardi." rispose lei secca, scandendo ogni parola con gelida furia.
Lo sapevano entrambe, quel dibattito sarebbe stato inutile: nessuna delle due avrebbe lasciato la posizione.
Si fissarono intensamente per qualche secondo, mentre l'elettricità nell'aria iniziava faticosamente a calare.
"Non lo lascerò." disse Emma con risolutezza.
"Nemmeno io." Regina rispose con la stessa veemenza, senza spezzare il contatto visivo.

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Capitolo 4
*** Epilogo ***


Più di un anno fa, ho pubblicato il terzo capitolo, promettendo a breve un epilogo. Il mio "a breve" è durato un anno. Mi spiace... avevo il capitolo lì, quasi completo, e non sapevo come finire, e mi dicevo "domani" "domani" "domani" ed è passato un anno... Tra l'altro, è un finale aperto (e questo l'avevo deciso dall'inizio, non è per pigrizia, lo giuro). Non uccidetemi! Altrimenti le altre fic chi le finisce? <3
Enjoy.


Avevano passato buona parte della sera a discutere. Dopo i primi aspri diverbi, i toni si erano fatti più leggeri: era nota ad entrambe l'inutilità di un litigio.
Dopo che le due donne si furono calmate quel poco che bastava per portare avanti una conversazione civile, Regina invitò Emma in salotto. La fece sedere sul divano, offrendole un bicchiere di sidro di mele.
"Miss Swan, ho cresciuto Henry per dieci anni, ho curato ogni male, ho asciugato ogni lacrima. Lo amo come se fosse il mio figlio naturale." Dopo essersi versata un bicchiere con tre cubetti di ghiaccio, si sedette sul divano in pelle, direttamente di fronte ad Emma, guardandola negli occhi con decisione.
Lei si sentì a disagio sotto a quello sguardo, non trovando sul momento alcun modo per risponderle.
Regina mantenne il contatto per qualche istante, poi abbassò lo sguardo sul bicchiere, facendo ruotare i cubetti di ghiaccio con un lento movimento del polso. "Sono.. sola." Non poteva continuare il discorso guardandola ancora in quegli occhi cristallini. "Henry è tutto ciò che ho. E come avrà notato, non sono particolarmente amata in città." Nel dirlo si sentì infinitamente vulnerabile. Sentendo il bisogno di riprendere il contorllo alzò nuovamente lo sguardo, fissandolo in quello di Emma. "Non lascerò che nessuno me lo porti via." concluse decisa, bevendo poi un sorso di sidro.
La bionda la imitò e si portò il bicchiere alle labbra, continuando a guardarla.
"Mi ha chiamata. Ha scelto me." rispose semplicemente, posando il bicchiere sulla coscia e leccandosi le labbra. "Ero sola anche io. Lo sono sempre stata. Poi è arrivato lui. Siamo sulla stessa barca, Regina." Un punto per Emma.
Era diventato un gioco di sguardi, un combattimento tra gli scuri e profondi occhi castani di Regina e quelli chiari, cristallini, azzurro-verdolini di Emma, mentre una lenta consapevolezza si faceva strada nelle loro menti: nessuna delle due l'avrebbe abbandonato senza combattere.
"Crede davvero di poter venire qui, dopo dieci anni, dopo averlo dato in adozione chiusa, dopo averlo abbandonato, e pretendere di rientrare nella sua vita, di portarlo via come nulla fosse?" Un punto per Regina.
Emma sentì un pugno nello stomaco. Sbatté il bicchiere sul tavolo e guardò con odio la donna che aveva davanti. "L'ho fatto per il suo bene, per dare un futuro a mio figlio. Una speranza." Ringhiò.
"Legalmente è /mio/ figlio." Con calma glaciale e sprezzante lentezza, prese un sorso di sidro e posò a sua volta il bicchiere, accavallando le gambe e stringendosi il ginocchio. "Ora, non vorrei dover passare per vie legali, solo per non mettere Henry di mezzo. Ma non mi obblighi, Ms Swan." Era tornata la fredda, stronza Regina d'inizio serata.
Emma era stanca, le girava vagamente la testa e in quella stanza, dannazione, era caldo e l'aria era pesante.
"Non vuole passare per le vie legali, Madam Mayor?" disse allora con furia, sottolineando con sarcasmo l'appellativo onorifico, pungente come una vespa. "Allora facciamo qualcosa di furbo: chiediamo al diretto interessato."
Era un'idea che aleggiava dall'inizio del discorso, ma Regina si era tenuta ben lontana dal proporlo. Temeva che Henry l'avrebbe abbandonata, scegliendo ancora una volta la biondina. Tuttavia, non poté declinare.
"E sia. Domani, Miss Swan, la aspetto alle cinque al mio ufficio. Chiederemo ad Henry cosa vuole, /chi/ vuole."
Ad Emma non sfuggì la nota di terrore nella voce della donna. Era certa che Henry avrebbe scelto la propria madre naturale, anche perché la considerava un'eroina, la Salvatrice. Per un attimo provò pena per Regina. Poi rinsavì.
"Bene." rispose secca. Si alzò e si diresse alla porta, seguita da Regina. "Domani alle cinque." Ripetè, poi uscì e tornò a casa di Mary Margaret.
- - - - - - - -
Appena la bionda fu andata e Regina si fu chiusa la porta alle spalle, la mora crollò. Posò assente il bicchiere vuoto, tremando, travolta da un fiume di consapevolezza. Henry l'avrebbe abbandonata. Avrebbe perso tutto. Henry non l'avrebbe mai scelta, la odiava, sarebbe andato con Emma e Regina non poteva farci più niente.
Le sue gambe non ressero e lei cadde sul divano, lo sguardo fisso nel nulla, le spalle abbandonate; in lei non c'era più la regina che era sempre sembrata, ma solamente una donna distrutta. Aveva perso. Emma Swan le aveva velocemente portato via ogni cosa, da quella semplice parvenza di amore, Graham, al suo amato figlio, Henry. Ma la cosa peggiore era che entrambi l'avevano scelto: avevano scelto di lasciarla.
Regina sentiva gli occhi bruciare, ma in un impeto di orgoglio ricacciò indietro le lacrime, rifiutandosi di perdere così miseramente. Doveva esserci un modo, doveva. Non poteva perderlo così, non poteva. Prese un profondo respiro, spezzato dal pianto, e strinse i pugni fino a piantarsi le unghie nella carne. No, avrebbe lottato. Ma... cosa avrebbe potuto fare? Ormai era tutto deciso, non poteva tirarsi indietro, tutto ciò che le restava era un'amara attesa ed una flebile speranza.
Prese un secondo respiro, più regolare, e voltò la testa. Il suo sguardo si perse oltre alla finestra, i lampi in lontananza che illuminavano a tratti il profilo della cittadina. Ed ogni flash era un ricordo, dolce, bellissimo, doloroso.

Pioveva, ed il vento soffiava forte. Sembrava quasi che il mondo sapesse del tumulto nel cuore di Regina, dell'ansia che provava. Entro breve, non sarebbe più stata sola, ma sarebbe diventata madre. Avrebbe avuto tra le braccia un bambino da amare, da crescere, che l'avrebbe chiamata "mamma". Così lei era seduta ed aspettava, sembrava passata un'eternità; era vestita di tutto punto, come la donna in carriera che era, e seduta sul divano attendeva, guardando di tanto in tanto fuori dalla finestra. Dopo quelle che sembrarono ore, una macchina si fermò nel vialetto. Aveva smesso di piovere. Dalla macchina scese una donna che portava tra le braccia un fagottino di coperte. Ancora prima che la donna potesse suonare alla porta, Regina l'aveva già aperta. La donna le sorrise, le porse il fagottino, le fece i complimenti. Lei, con un groppo in gola, prese quella piccola vita addormentata tra le braccia, con tutta l'attenzione dovuta ad un tesoro prezioso e fragile.
"La madre non ha voluto dargli un nome, dovrà farlo lei."
Regina alzò lo sguardo, gli occhi lucidi rilucevano, e sapeva già come voleva chiamarlo. "Si chiama Henry." Disse in un sussurro. Mai aveva provato tanta felicità. "Il mio piccolo Henry."


Non poteva essere tutto finito. Non poteva essere la fine, quei dieci anni non potevano non avere alcun valore per lui. Tutte le tempeste affrontate assieme... non potevano aver perso qualsiasi valore. Forse c'era ancora speranza, forse lui non l'avrebbe abbandonata. Regina chiuse gli occhi, una lacrima le rigò il volto, ed il suo cuore le batté dolorosamente nel petto. Poteva solo aspettare.

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