Un solo passo

di Aliens
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.Amiche...diverse ***
Capitolo 2: *** 2. Ricordo e sofferenza ***
Capitolo 3: *** 3. Dannato bastardo ***
Capitolo 4: *** 4. Un bellissimo sogno ***
Capitolo 5: *** 5. Il gemello...diverso ***
Capitolo 6: *** 6. Perdere il controllo ***
Capitolo 7: *** 7.Qualcosa di diverso ***
Capitolo 8: *** 8. Collezione di delusioni ***
Capitolo 9: *** 9. ...Per sempre ***
Capitolo 10: *** 10. Mi sorprendi, Kaulitz ***
Capitolo 11: *** 11. -Ok, sono decisamente impazzita- ***
Capitolo 12: *** 12. C'è qualcosa che non va ***
Capitolo 13: *** 13. -Tanto finisce sempre così- ***
Capitolo 14: *** 14. Devi credermi ***
Capitolo 15: *** 15. Non potrei mai farti del male ***
Capitolo 16: *** 16. Dannatamente Pericoloso ***
Capitolo 17: *** 17. Il libro aperto ***
Capitolo 18: *** 18. Baciami... so che lo vuoi anche tu ***
Capitolo 19: *** 19. Perchè io. ***
Capitolo 20: *** Dai, principessa, dammela una possibilità, no? ***
Capitolo 21: *** 21. Nient'altro che amici ***
Capitolo 22: *** 22. Uno sbaglio lecito ***
Capitolo 23: *** 23. Ti considero mia ***
Capitolo 24: *** 24. Una Sensazione Strana ***
Capitolo 25: *** 25. Mi fa terribilmente incazzare! ***
Capitolo 26: *** 26. Sinceramente Spontaneo ***
Capitolo 27: *** 27. Uno studio, una chitarra e il mio migliore amico ***
Capitolo 28: *** 28. L'invito alla sua vera vita ***
Capitolo 29: *** 29. E sentirsi stranamente desiderata ***
Capitolo 30: *** 30. Panico! Il momento è arrivato. ***
Capitolo 31: *** 31. Stammi Vicino ***
Capitolo 32: *** 32. La Proposta. ***



Capitolo 1
*** 1.Amiche...diverse ***


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[ Andrea]

 

 

 

-Your love is a razorblade kiss, Sweetest is the taste from your lips, Your love is a razorblade kiss, Sweetest is the taste from your lips* -

Adoro questo mio angolo di paradiso.

Io, la mia cameretta tappestata di poster, la musica a palla che rimbomba per tutto il condominio, la chitarra al mio fianco attaccata all’amplificatore che manda un leggero ronzio come se volesse a tutti i costi essere agguantata e suonata a tempo della musica che si infrange contro le pareti, il portatile ai piedi del letto acceso sulla pagina di EMP sull’immagine di un corpetto vittoriano nero con i ricami rossi.

Si, decisamente il mio piccolo paradiso ritagliato dopo un giorno in una scuola che nemmeno mi piace.

Salto sul letto e agguanto la chitarra seguendo l’assolo della canzone dimenticandomi di avere addosso solo le mie culotte di microfibra nere con il teschietto sul sedere e una canotta a strisce nere e rosse abbinate ai calzettoni con la stessa fantasia che mi arrivano al ginocchio.

Gli H.I.M. sono dei miti davvero!

Oh, ciao!

Se state leggendo questo delirio è meglio che mi presenti.

Mi chiamo Andrea Linke, sia nome che cognome decisamente comuni.

Come lo è un po’ tutta la mia vita.

In 17 anni della mia vita ho visto mia madre piangere nelle braccia di mio padre un’ infinità di volte perché ogni giorno c’è la consapevolezza di non arrivare a fine mese.

Poveri i miei genitori, tre figli da portare avanti e un solo stipendio, quello di mio padre.

Abbiamo un bar nel palazzo di una delle aziende più importanti di Amburgo, la Stern & Con.

Non so cosa producano, ma sinceramente non mi interessa.

La nostra situazione economica forse è la causa del mio disprezzo verso ogni griffe esistente su questo mondo.

Penso servissero solo per omologare la gente, stampando su di esso un marchio quasi fosse un numero di serie e costringendoli, come fosse una droga, a trovare i soldi per riempirsi l’armadio di quella roba per poi trovarsi sotto un ponte senza soldi.

Ora, se qualcuno mi può spiegare a che cosa serve un vestito di Dior quando ti ritrovi a dormire su una panchina al parco, è un completo spreco di soldi!

L’abito non fa il monaco, questo è quello che penso.

Odio i pregiudizi, la divisione in gruppi distinti solo per un modo di vestirsi.

Penso che ogni persona abbia il diritto di potersi vestire come vuole, siamo in un paese libero cazzo!

Mi faccio ricadere sul letto posando la chitarra ai piedi.

I miei me l’hanno regalata quando avevo poco più di sette anni, sperando di distrarmi.

Ho imparato da sola, seguendo corsi su internet o a scuola.

Come ho imparato da sola a modulare la mia voce e non sforzarla troppo.

Il mio sogno è questo, svegliarmi un giorno e capire di avercela fatta, di aver trasmesso emozioni a qualcuno.

Voglio fare la cantante, in sintesi.

Sento squillare il cellulare da qualche parte nella stanza.

Balzo giù dal letto guardandomi intorno e sposto alcuni vestiti, quella massa informe nera, che ho buttato sul pavimento e  lo trovo sotto un paio di culotte nere.

Lo afferro guardando il nome che luccica intensamente sullo schermo seguendo il ritmo frenetico di Mind, dei System of a Down.

Sorrido impercettibilmente portandomelo all’orecchio.

-Annika!- esclamo appena apro la comunicazione.

Annika, la mia migliore amica, la persona a cui voglio più bene in questo mondo.

-Ehi Andy, come stai?-

Alzo un sopracciglio –Mi hai visto circa due ore fa a scuola- le faccio notare buttandomi sul letto –Bene come prima!-

-Oh si, certo!- ridacchia lei –Che fai?-

-Sento gli H.I.M. – rispondo e con una mano abbasso la musica che sta lentamente sfumando in Desurrection.

-E chi sono?- mi domanda.

Annika è il mio contrario.

Annika rispecchia alla perfezione il suo cognome: Stern.

Si, lei è la figlia del capoccione più importante dell’azienda dove mio padre ha il bar.

È un anno più grande di me ma a volte credo che la più grande delle due sia proprio io.

Annika è la classica riccona con la puzza sotto il naso, ne sono consapevole… purtroppo!

È biondissima e dai profondi occhi celesti con una passione sadica per il rosa confetto, una specie di Paris Hilton con decisamente più cervello e senza chiwawa pelato e vestito da ballerina dietro.

Figlia unica (mica come me che avevo un fratello minore rompicoglioni e un altro fratellino di poco più di due anni che sembrava aver preso come modello quella pulce senza cervello di Matt) e sicuramente l’unica che erediterà quella barca di soldi che il padre ha messo da parte.

Ancora adesso, dopo ben diciassette anni d’amicizia, rimango stupita da quella cabina armadio, della dimensione della mia casa, strapiena di scarpe delle marche più svariate usate una sola volta e di quel labirinto che lei chiama, ancora sadicamente, “il mio armadio dei vestiti”.

Le ho consigliato più volte di scrivere una mappa per quel “coso” perché rischio di perdermi un giorno cercando la sua giacca di Chanel.

Lei è tutto quello che mi fa dire “Caspita, sono solo una fottutissima ipocrita”, perché io ucciderei tutti i figli di papà su questa terra, ma rischierei volentieri la mia vita per lei.

Lei è sicuramente l’eccezione alla mia regola di ferro.

Io e Annika siamo il bianco e il nero.

Il paradiso e l’inferno.

Il ricco il povero.

Il cielo e la terra.

Così diverse ma allo stesso tempo legate da qualcosa di invisibile, qualcosa che difficilmente si rompe.

Siamo qualcosa che pochi sono.

Siamo amiche.

-Lascia perdere- le dico sospirando –Non è per te!-

-Immagino sia ancora quelle schifezze che ascolti tu- sentenzia.

Rido –Parla Miss Lady GaGa for ever-  rispondo per le rime –Ma lasciamo stare gli H.I.M., perché mi hai chiamata?-

La sento tacere un attimo.

Brutto segno, bruttissimo segno.

-Mi accompagni dal Caesar?- mi domanda con la sua solita vocina.

-Caesar?- esclamo –Ma sei pazza?-

Se cercate un posto che hanno il coraggio di chiamare Centro Commerciale dove per entrare dovete far scivolare la carta di credito in un congegno per farti aprire la porta, dove il prezzo più basso si aggira intorno ai 200 euro abbondanti, dove le commesse ti guardano come fossi un rifiuto da buttare nel cassonetto più vicino, beh, quello è il Caesar.

Il centro commerciale d’elite per eccellenza, il regno incontrastato della frivolezza e del consumismo, il posto dove si sbatte in faccia alla gente quanto si è ricco.

L’inferno, in poche parole.

-E daiiiii- miagola per convincermi - ti prego Andiiiiii-

-Non chiamarmi Andi quando vuoi portarmi in quel…- soppeso le parole.

In quell’inferno?

In quel cumolo di persone con la puzza sotto il naso?

In quell’orgia di frivoli Pariolini firmati fino ai capelli?

-…posto!- concludo.

-Dai, se vieni poi dopo passiamo in uno di quei posti squallidi che piacciono a te e ti compro la cinta di quel gruppo che conosci solo tu e che ti piace tanto!-

Cerca di comprarmi ora?

-1) Ecko non è un posto squallido ma è il posto dove potrei anche andare a vivere-

-Ma se ha le poltrone a forma di teschio!- ribatte.

-2)Il gruppo che conosco solo io sta nei libri di storia, controlla cara, si chiama Metallica- le faccio notare –Che ignoranza!-

-Io non lo conosco- si difende.

-E 3) non basterà certo una cinta dei Metallica a convincermi a mettere i piede in quel posto per ricconi!-

-Andrea senti, ho bisogno di alcune cose, sarà solo questione di pochi minuti, entriamo e usciamo, ma voglio che vieni con me…- mi dice lentamente –Ti pregoooo- piagnucola.

Annika è sempre stata accontentata.

Non ha mai dovuto lottare per avere qualcosa che desiderava.

Ma nonostante tutto non è la più viziata di questo mondo, almeno non secondo il mio parere.

Il potere di persuadere le persone lo ha sempre avuto, fin da quando eravamo piccole e mi voleva far giocare nella sua casa delle bambole.

Anche in questo ero strana, io alle bambole ci tagliavo i capelli, staccavo la testa e le squagliavo!

Beh, diciamo che per una bambina di cinque anni questa è una cosa un po’ macabra ma quella perfezione di plastica mi dava sui nervi!

A chi non la darebbe scusate?

-E va bene-

Come sempre cedo, ma come si può non cedere ad Annika Stern?

Se non la conoscete non potete sapere!

-Però mi devi un cd dei Black Sabbath- le dico mentre scendo dal letto e mi avvicino al mio armadio.

-E chi sono?- mi domanda e non so come non abbia fatto a prevederla –Un nuovo gruppo pop?-

Sgrano gli occhi.

Che cosa ha detto?

-Che cosa stai facendo? Bestemmiando?- esclamo scandalizzata dall’eresia che ha detto.

Ma un minimo di cultura musicale non gliel’hanno data?

Lei ride –Su, preparati, arrivo appena sono pronta-

-Quindi tra circa- mi guardo intorno –Quattro secoli?-

-Ehi!- esclama –Sbrigati tu, che so che stai in mutande!-

Mi guardo e poi guardo lo specchio.

Ho i capelli neri scompigliati, il trucco colato fino alla guance, una macchia dei cioccolato della mega barretta Milka che ho ingurgitato dopo pranzo e che si e posata a circa venti millimetri dal piercing che ho a un centimetro dalle labbra che fa compagnia alla circella sul naso appena visibile.

E si, come detto, sono in mutande e canottiera.

-Beh, sono sola, non devo mica andare ad un galà- commento ridacchiando.

-Cosa devo fare con te Andi?- mi domanda esasperata.

Rido e la saluto riattaccando.

Torno alla contemplazione della mia camera, sembra sia passato un uragano.

Sorrido e riaccendo la musica mettendo Dark Passion Play, uno dei Cd dei Nightwish che mi piace di più.

Mi lascio trasportare dalla voce di Anette Olzon.

Nonostante la odi un po’ per aver preso il posto di Tarja Turunen, la sua voce mi piace un sacco, specialmente in questa canzone.

Adoro Amaranth, è una delle canzoni che adoro di più.

Sculettando a ritmo (come se si potesse ballare su una canzone metal) mi strucco, mi vesto e mi trucco di nuovo alla perfezione.

Inizio a cantare con lei sapendo che la signora Evans del quarto piano si lamenterà con i miei.

Quando sento il clacson suonare e affacciandomi dalla finestra vedo l’Audi A3 cabrio di Annika, afferro la mia borsa e corro giù per le scale, ignorando i gentili epiteti che la Signora Evans, per l’appunto, mi urla contro.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Razorblade kiss – H.I.M. Traduzione pezzo: Il tuo amore è un bacio sulla lama del rasoio, è il più dolce il sapore delle tue la labbra, il tuo amore è un bacio sulla lama del rasoio, è il più dolce il sapore delle tue labbra.

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Capitolo 2
*** 2. Ricordo e sofferenza ***


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[Annika]

 

 

Sento la risata cristallina di Andrea provenire dalla cornetta del telefono seguita immediatamente dai suoi saluti.

Chiudo la chiamata e sospiro profondamente passandomi una mano perfettamente smaltata di fucsia tra i miei lunghi capelli biondi.

Dannata ragazza, cosa devo fare con lei?

Sto perdendo le speranze, lo ammetto.

Insomma, è mai possibile che una ragazza di 17 anni, per giunta molto carina come è lei, pensi solo alla musica metal di non so quale gruppo sconosciuto, e a vestirsi con borchie e anfibi vari?

La vita è così bella, e vanno sfruttati i suoi lati migliori.

A volte mi chiedo se sia felice così: io le voglio un bene dell’anima, la conosco praticamente da quando è nata e...nonostante le nostre vite diametralmente opposte, io mi trovo bene con lei.

Non mi piace che, ogni volta che andiamo in giro per negozi, lei riceva continue occhiatacce per il modo in cui si concia.

Ma cambiarla è impossibile: è talmente decisa e testarda che si porta dietro il suo anticonformismo persino quando va al cesso.

Scuoto la testa sconsolata, Andrea rimarrà sempre Andrea, forse questa è l’unica certezza nel mondo di dubbi in cui viviamo.

Mi cade lo sguardo sul mio libro di latino accatastato sul pavimento, ai piedi del letto.

Palese dimostrazione di quanto io adori lo studio.

Lo afferro, lo scruto con riluttanza quasi, e lo ributto in fretta al suo posto.

Sotto il letto, dove altro?

Non ho bisogno di studiare io, c’è il mio paparino che pensa a tutto.

Eh si, io sono quello che si dice una “raccomandata”.

Non ho mai aperto libro, ma nonostante ciò, ho sempre avuto ottimi voti.

È forse per questo motivo che tutti i più bravi della classe mi odiano?

Probabilmente si....ma non è colpa mia se sono leggermente “agevolata”.

Ad ogni modo, frequento la Klassisch Hoch Schule, uno degli istituti più facoltosi di Amburgo, dove tutti mi trattano coi guanti bianchi.

Gli studenti mi venerano quasi come se fossi la loro regina, i professori non oserebbero contraddirmi per nulla al mondo.

In quel posto, praticamente, tutto è in mio potere.

Ovviamente la mia “carriera scolastica” rispecchia in pieno la mia vita privata.

La mia famiglia è la più ricca della città, nonché una delle più prestigiose da secoli ormai, che vanta numerevoli antenati degni di nota.

Pensate che il mio trisnonno, Hans Stern, era il proprietario di una catena di boutique sparse in ogni angolo della Germania.

Oggi possediamo ancora molto potere in quest’ambito, ma ciò che ci consente di vivere nel lusso più sfrenato è senza dubbio l’azienda di papà.

La Stern & Con.

Un nome, una storia.

Un’azienda leader nel settore dell’immobile, una delle più conosciute in tutta la nazione, che vanta l’impiego di centinaia di operai nel personale e diversi ambiti di produzione: dalla costruzione alla vendita.

Mia madre, in quanto moglie del Boss, dirige la questione amministrativa, regolando le entrate e le uscite e....rendendo la vita delle povere impiegate presenti un vero inferno.

Mio padre non ha mai smesso di esprimermi il suo più grande desiderio: vedere, un giorno, me a capo di tutto quello che lui ha costruito.

Ma io....per il momento voglio solo divertirmi, ho compiuto da poco 18 anni, e non ci penso proprio a rimboccarmi le maniche o peggio...a lavorare!

Insomma, mi rovinerei le unghie.

Approposito, altra nota positiva, o meglio positivissima, nella mia esistenza rosa è stata la mia festa di 18 anni, una festa in vero stile Stern.

Per l’occasione ho fatto organizzare un mega party nella mia piscina, con tanto di decorazioni, annessi e connesi.

Una festa da urlo, di cui ancora si parla.

Eh si, perché io ottengo sempre quello che voglio: qualsiasi cosa io desideri, mi basta chiederla e il mio paparino me la da.

Non sono abituata a lottare per raggiungere dei risultati, perché farlo d’altronde, se sono loro che vengono da me?

Mi avvicino allo stereo e premo Play, parte automatica la prima traccia del cd inserito lì ormai da sempre.

Lady Gaga è senza ombra di dubbio il mio mito.

La adoro, la venererei se potessi!

Ammiro tutto di lei, a partire dalla sua musica, fino ad arrivare al suo stile inconfondibile.

Andrea sostiene che sia solo una sottospecie di “artista” costruita a tavolino, le cui canzoni, dalla prima all’ultima, sono più commerciali di un prodotto che si trova al supermercato.

Cazzate!

Lady Gaga è un’icona!

“Don’t call my name, don’t call my name, Alejandro”

Canticchio leggermente il ritornello ancheggiando a ritmo di musica.

Mi posiziono davanti alla mia cabina armadio, immensa secondo la mia amica.

Eppure giurerei che ultimamente, con tutte le scarpe che ho comprato, qui dentro non ci sta più niente.

Certo, dieci metri quadri di armadio non sono pochi, ma potrei avere di meglio.

Eh già, io voglio sempre di più.

Di qualsiasi cosa si parli, io rasento la perfezione.

O meglio, la raggiungo e la oltrepasso pure.

Perché accontentarsi di essere perfetti quando si può essere....divini?

Mi guardo allo specchio altissimo che campeggia su una parete totalmente tappestata di lustrini rosa.

Ci sono un paio di cose che mi farei ritoccare, se potessi.

Il seno, per avere una bella quarta abbondante e gli zigomi, per rendere il mio faccino ancora più grazioso.

Andrea mi dice sempre che sono bellissima, che non avrei bisogno affatto della chirurgia estetica, perché madre natura è stata già molto generosa nel donarmi una folta chioma color del sole e degli occhi azzurri più del mare.

Ma, l’ho detto, io non mi accontento facilmente.

Afferro un paio di stampelle dall’appendiabiti e le lancio sul mio enorme letto a baldacchino.

Eh già, la mia stanza farebbe invidia a quella di una prinicipessa.

Non c’è nulla qui dentro che non sia colorata di rosa o di una sfumatura del rosa.

Non sopporterei mai la tristezza di un altro colore.

Afferro una manciata di scarpe e me le stringo al petto, buttandole poi ai piedi del mio letto.

La loro caduta è attutita da un tappeto fucsia, peloso, grande almeno quanto il mio letto.

Torno nella mia cabina ad armadio e prendo infine il mio beauty rosa (di che altro colore sennò?) e lo deposito sul piumino che ricopre il materasso.

Parte un’altra traccia e le note di “Just Dance” si infrangono sulle pareti della stanza, regalandomi una sensazione di tranquillità e relax.

Lady Gaga può tutto!

Mi sfilo velocemente gli shorts e il top buttandoli nell’apposito cesto all’ingresso del mio bagnetto privato (ci penserà la mia domestica a lavarli) e decido cosa indossare.

A dire il vero non so come abbia fatto Andrea ad accettare di venire al centro commerciale con me.

Lei odia quel posto, ma non sa che si perde!

Però l’importante è averla convinta, e non mi costerà nulla comprarle un cd di una di quelle band strampalate che lei tanto adora.

Opto per una minigonna bianca, strettissima e forse estremamente succinta.

Ma non mi importa niente dell’effetto che potrei avere sulla gente....io la adoro!

Indosso poi una camicetta a mezze maniche rosa di Armani.

Non è una camicetta qualunque, è....LA camicetta.

Sono convinta che Andrea quando la vedrà mi picchierà a sangue.

Lei odia quando indosso i mie indumenti “glitterati” (alias tempestati di brillantini con pizzi e merletti ovunque)....dice che prima o poi la faranno diventare cieca.

Ma io, come al solito, non bado alle sue lamentele e la impreziosisco persino con una collana bianca, leggermente lunga, che mi ricade sulla scollatura vistosa.

Mi metto ai piedi un paio di scarpe con tacco 10, rosa, e con la punta tonda.

Mi sposto quindi davanti allo specchio e mi sistemo i mie lunghi boccoli biondi, truccandomi con cura e improfumandomi come mio solito.

Afferro infine la mia enorme borsa bianca di Chanel ed esco dalla mia stanza ancheggiando al ritmo del ticchettio provocato dalle mie scarpe.

Ah, musica per le mie orecchie!

Scendo l’imponente scalinata di marmo strusciando leggermente la mia mano sinistra sul corrimano di ottone.

Quando termino l’ultimo scalino compare Hanna, la mia domestica.

Una donna piuttosto bassa e tarchiata, con gli scuri capelli raccolti in alto e un grembiulino bianco che reca dei merletti lungo i bordi.

-mi scusi signorina- attira la mia attenzione con la sua voce esile e timorosa quasi.

-dimmi, Hanna- mi volto verso di lei con fare sicuro.

-ecco le chiavi della sua auto- mi porge una chiave nera con una cintina lucida che reca la scritta “Audi”-suo padre mi ha raccomandato di consegnargliele e di dirle che deve stare attenta, il meccanico ha appena effettuato il controllo di routine-

-sisi- sventolo una mano in aria dando come al solito poca importanza alle sue parole.

-tesoro- sento la voce squillante di mamma invadermi i timpani- dove vai?-

-vado a fare un giro al centro commerciale con Andrea- rispondo sventolando i capelli.

-hai bisogno della carta di credito?- mi fa lei premurosa incrociando le mani impreziosite da non pochi diamanti.

-no, ce l’ho, ma dì a papà di “rinfrescarla” una volta ogni tanto- faccio io sarcastica avviandomi verso la porta prima che lei possa contraddirmi e iniziare con la sua predica.

Mamma spesso si rivela parecchio pallosa.

Esco in giardino e la vista della mia bambina lucida e nuova di zecca mi riempie di gioia.

Affretto il passo fino a raggiungerla, la sfioro delicatamente con una mano.

La mia Audi A3 cabrio, il “regalino” di papà per i miei 18 anni.

Sorrido felice e poi apro la portiera, salendo al posto della guida.

Anche qui dentro tutto rispecchia la mia personalità: ho “impreziosito” il cambio con dei fiocchetti fucsia.

Quando li vedrà Andrea piangerà di....desolazione, la conosco.

Mi infilo i miei occhiali di Prada, che mi fanno tanto Diva, e metto in moto.

L’enorme cancello davanti a me si apre automatico ed esco, sfrecciando, per le vie di Amburgo, non prima, ovviamente, di aver acceso lo stereo.

 

****

 

 

Entro finalmente nel quartiere dove abita Andrea: è un po’ fuorimano forse, ma non dista poi tanto dal mio “quartiere dei ricchi”.

I palazzi hanno un aspetto decisamente trascurato, dalle finestre si intravedono sguardi carichi di pregiudizi e di biasimo.

Accosto sulla destra, riconoscendo il condominio della mia amica, un po’ più grande degli altri, forse, e decisamente meno malandato.

Suono il clacson un paio di volte e poi finalmente la vedo far capolino dal portone principale.

La vedo avanzare con sicurezza verso la mia auto, e mi meraviglio di come faccia a non inciampare a causa di quei “cosi”, che lei chiama anfibi, che porta ai piedi e che le arrivano a metà delle gambe.

-ehi!- esclama lei aprendo la portiera e sorridendo raggiante.

Mi abbasso leggermente gli occhiali da sole, fin sulla punta del mio naso, e la scruto abbassando di poco la testa con aria da vip.

-come ti sei conciata?- sillabo bene ogni parola, per esprimere ancora meglio tutto il mio...stupore.

Indossa una mini gonna di pelle nera, strettissima, che le arriva parecchio sopra il ginocchio e una camicetta sempre nera, con maniche a sbuffo, che termina sulla sua gonna a mo’ di corpetto allacciato nella parte posteriore.

Ha i lunghi capelli neri, lisci e sciolti ed è truccata pesantemente di nero intorno agli occhi.

No, non ci siamo, decisamente così non va.

-tu- esclama lei con voce squillante- come ti sei conciata- commenta puntandomi un dito contro.

-la mia, si chiama moda, cara- rispondo io sventolando una mano in aria con fare teatrale.

-il mio, si chiama stile, cara- risponde a tono lei.

-ti rendi conto che non puoi venire in un posto esclusivo come quello....vestita in questo modo?- esclamo io facendo una faccia disgustata alla vista di quelli che lei chiama “vestiti”.

-perché no? C’è forse un divieto da qualche parte che permette solo alle barbie di entrare?-

-Non ti permettere!- esclamo io alzando la voce- piuttosto dovresti avere un po’ di buonsenso, vista la mancanza di divieti espliciti!- commento io ingranando la marcia e partendo lentamente.

-ma tu ti sei vista prima di uscire, Annika?- mi fa lei- brilli così tanto che sembri quasi un’insegna del supermercato-

-simpatica- commento io ironica.

-davvero!- continua lei- lo dico io, che prima o poi finirai per accecarmi con tutti questi lustrini- dice lei indicando la mia camicetta.

-ti informo che questo è un capo di Armani, pagato un occhio della testa!- esclamo io con orgoglio.

-ma a me non me ne frega un cazzo di Armani, non so manco chi è questo Armani- sputa lei infervorata- so solo che Armani- ripete ancora il nome con sempre più disprezzo- le rapina le persone, costringendole a comprare stracci ridicoli pagati fior di quattrini solo perché c’è scritto sopra...Armani!- sputa di nuovo questa parola con grande riluttanza.

-non capisci proprio niente- asserisco io scuotendo la testa- non sai proprio cos’è la classe!- esclamo io svoltando a sinistra.

-si come no- borbotta lei- e spegni questo schifo!- urla d’un tratto premendo il tasto Stop sullo stereo.

-Lady Gaga non è uno schifo!- rispondo io indignata premendo nuovamente Play- e siamo nella mia macchina, quindi decido io che musica ascoltare- esclamo fiera sistemando lo specchietto in modo da potermi controllare il lucidalabbra.

Vedo di striscio Andrea che scuote la testa inesorabilmente.

-Lo dico io che prima o poi ti andrai a schiantare con questa macchina-

-Non mi portare sfortuna tu!- esclamo indignata svoltando ancora a sinistra.

Si mette a ridere divertita e lo stesso faccio io.

È bello stare con Andrea: non facciamo altro che litigare e punzecchiarci, ma ci divertiamo così!

Dopo qualche minuto di altre continue battutine acide finalmente arriviamo a destinazione.

“Caesar”, la scritta gialla lampeggia in alto alla nostra destra, in fretta svolto e mi inoltro nel parcheggio.

 

****

 

-guarda!- esclamo io con i luccichini agli occhi- Dolce & Gabbana ha pubblicato la nuova collezione!- urlo quasi, indicando una vetrina immensa in cui sono esposti infiniti abitini a fiori.

La faccia di Andrea è senz’altro molto eloquente: sbuffa sonoramente mentre cammina svogliata dietro di me.

-non credi di star esagerando?- mi chiede con faccia ovvia indicando i bustoni griffati appesi alle mie mani.

-ovvio che no!- esclamo io sincera- non ho speso neppure 1000€!-

-ah beh, allora!- commenta lei ironica.

-dai, ti prego, accompagnami- piagnucolo io, strattonandole un braccio.

-smettila- ringhia lei- è la decima boutique in cui entriamo, mi sono rotta le palle- sbotta lei.

-Andrea calmati- esclamo io- non è questo il luogo per le tue sfuriate da rocker-

-io ti giuro che...-sta per dire lei con la rabbia alle stelle.

-o mio dio- sillabo io, interrompendola.

-che cazzo c’è adesso?- sbotta di nuovo lei.

Non riesco neppure a parlare, strabuzzo semplicemente gli occhi alla vista di qualcosa che mi sta mandando in estasi.

-o mio dio- ripeto io con una commozione nella voce tale da farmi brillare gli occhi.

Sento un sonoro sbuffo di Andrea e inizio a correre verso la vetrina che campeggia sulla mia sinistra.

Leggo una scritta enorme.

40% DI SCONTO SUL PROFUMO CHANEL N°5

Butto l’occhio al di là della lastra di vetro e noto una sola confezione abbandonata lì, su quello scaffale, pronta ad essere afferrata e comprata da me.

Corro attirando l’attenzione dei presenti e mi dirigo a passo di carica verso quell’enorme, vuoto scaffale.

Allungo la mia mano smaltata di fucsia verso la confezione dal colore azzurrino.

Mi sto commuovendo, seriamente.

È da una vita che aspettavo un’occasione come questa, giuro.

E sento che la mia esistenza sta per cambiare.

Sto per poggiare la mia mano sulla scatola quando sento un tocco freddo sulla mia pelle.

Una mano dalle dita affusolate perfettamente smaltate di nero sta per afferrare la scatola contemporaneamente a me.

Oh no!

-ehi, lascialo immediatamente, è mio!- esclamo indignata voltandomi verso la proprietaria di quella mano.

Le parole mi muoiono in gola.

Bill Kaulitz?

Il cuore aumenta pericolosamente i battiti e riesco a malapena a continuare a respirare.

-Annika?- mi fa lui sorpreso con uno strano ghigno stampato in viso.

-già- commento io con aria scocciata.

Non ci posso credere, lui è QUEL Bill Kaulitz.

Allungo lo sguardo sulla confezione del profumo e vedo che lui ancora non ha tolto la mano.

-lascialo- dico io stringendo i denti e strattonandolo verso di me, con scarsi risultati.

-te lo scordi- risponde lui acido tirandolo dalla sua parte.

L’odio tra noi non si è ancora esaurito nel tempo.

-ti ho detto che è mio- continuo io facendo presa sul cubetto di cartone ormai quasi totalmente rovinato.

-l’ho visto prima io- risponde lui opponendo altrettanta resistenza.

-che cavolo te ne fai di un profumo da donna, lascialo a me- continuo io imperterrita.

-mai- asserisce lui convinto.

Sono talmente infervorata che non mi accorgo della scena patetica che sto creando.

-ehi- mi sento strattonare alle spalle.

Mollo involontariamente la presa e mi giro per vedere chi è.

-ma sei idiota?- mi fa Andrea con aria di rimprovero- ero io poi quella che non avrei dovuto fare una sfuriata eh?- mi ricorda lei.

-scusala- si rivolge a Bill con tono gentile- a volte non sa quello che fa- gli accenna un sorriso- tienilo pure il profumo- conclude poi.

-ehi!- urlo io rivolta alla mia amica- ma sei scema? C’era il 40% di sconto!- esclamo io arrabbiata ordinandole di riprenderlo.

-che sta succedendo qui?- una voce maschile mi riporta alla realtà.

Mi giro di scatto e il cuore mi perde un battito.

Quei due occhi nocciola non sono cambiati di una virgola, brillano sempre della stessa, identica luce.

-chi si rivede- esclama lui facendo qualche passo verso di me.

-stammi lontano, Tom- ringhio io allontanandomi.

-Tom?- fa Andrea confusa-lo conosci?-

La ignoro.

-sei rimasta sempre la stessa- continua lui sorridendo malizioso.

-si, anche tu, sempre il solito bastardo- dico a denti stretti incenerendolo con lo sguardo.

-ok, non ci sto capendo niente- annuncia Andrea scuotendo la testa come per chiarirsi le idee.

-andiamocene, meglio non capirli questi due- dico io con espressione seria prendendo Andrea per un polso e trascinandomela letteralmente dietro.

Ho rinunciato persino al profumo, pur di non rivangare oltre il passato.

 

****

 

-adesso per favore mi spieghi che cazzo sta succedendo?- sbotta Andrea una volta sedutasi sulla sedia di fronte alla mia.

Ho preferito che ci sedessimo per raccontarle...tutta la storia.

Annuisco debolmente prima di guardarla negli occhi.

-probabilmente- comincio io incerta- dopo che ti avrò raccontato tutto, ti arrabbierai perché non te l’ho detto prima ma...- tento di dire io con sguardo stranamente spento.

-avanti, raccontamelo adesso- dice lei prendendomi una mano come per incoraggiarmi.

-tutto è cominciato un sabato sera- prendo fiato- tu eri uscita con le tue amiche di scuola ed eravate andate a vedere il concerto di un gruppo....non mi chiedere come si chiama che non me lo ricordo-

-i Deep Purple, ma è poco importante ora, continua- mi esorta lei.

-e io ero da sola a casa....mi stavo deprimendo e io odio deprimermi, ma soprattutto odio stare sola, così ho pensato di uscire- mi sistemo meglio sulla sedia- sono andata in un pub in centro e lì ho conosciuto...Tom-

-il ragazzo con le treccine?- si accerta Andrea.

Annuisco- Tom è il classico stronzo ma...a me purtroppo gli stronzi fanno impazzire-

-vai al dunque- mi esorta lei.

-siamo finiti a letto- sputo io tutto d’un fiato.

Vedo Andrea strabuzzare gli occhi, molto stupita, ma poi mi fa segno con una mano di continuare.

-la mattina dopo quando ci siamo svegliati, ci siamo scambiati il numero di telefono ma...-

-lui non ti ha mai chiamata, vero?-

Annuisco abbassando lo sguardo- ho aspettato qualche settimana, così l’ho chiamato io ma lui...mi ha dato della povera illusa e mi ha detto che dovevo immaginarlo che si fosse trattato solo di una notte-

-bastardo- sibila Andrea.

-ma dopo qualche tempo lui mi ha richiamata, con mio estremo stupore, mi ha chiesto scusa e...io ci sono ricascata come una povera scema-

-siete tornati a letto, vero?- mi anticipa la mia amica.

-si, pensavo di interessargli almeno un po’, invece....mi ha solo preso in giro, per la seconda volta- sospiro guardando negli occhi Andrea- da quel momento non si è più fatto sentire, non mi ha più cercata...non ci siamo visti più-

-brutta storia- commenta lei.

-sono una stupida vero?-

-no- si affretta a rispondere Andrea scuotendo la testa.

-Io odio, ora, sai? Ma nonostante questo non riesco a dimenticarlo. Potrò sembrarti una masochista, in fondo ci sono stata solo due volte con lui, dovrei dimenticarlo, ma.....è stato speciale, la prima volta per me-

Andrea mi sorride leggermente come per tirarmi su di morale e rassicurarmi.

-ma....l’altro ragazzo di prima che c’entra in tutto questo?- mi chiede lei confusa.

-beh, Bill è il gemello di Tom e io e lui ci siamo odiati sin dal primo istante in cui ci siamo guardati negli occhi. Credo che lui mi odi così tanto perché sono stata a letto con suo fratello. E lui, mi ha detto Tom, odia qualsiasi ragazza vada con il suo gemello- spiego io.

-capito- risponde Andrea- mi dispiace che tu non me l’abbia detto prima, insomma....ti avrei aiutata, sarei andata a staccargli le braccia....e poi dovrei essere la tua migliore amica, no?-

-si!- mi affretto a confermare- mi dispiace di non avertelo detto....ma era....una cosa mia. Avevo paura di essere giudicata male da te- ammetto.

-Annika che dici? Lo sai che io sono l’unica persona sulla faccia della terra che non ti giudicherà mai, no?-

Annuisco sorridendo.

-e allora, da oggi in poi potrai dirmi anche....le cose tue, se vorrai!-

-certo!- sorrido raggiante ringraziandola.

-ora, su col morale, troverai un altro Chanel, basta solo cercare!- esclama lei alzandosi e prendendomi per mano.

La mia piccola Andrea.

La amo.

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Capitolo 3
*** 3. Dannato bastardo ***


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[Andrea]

 

 

 

 

Infilo il pennellino nello smalto nero.

Non so perché ma oggi non sono riuscita a concentrarmi a scuola.

Avete presente quelle strane sensazioni che ti prendono dalla mattina e ti mettono agitazione senza un perché preciso?

Beh, oggi quando mi sono alzata mi sono detta “Sarà una giornata di merda” senza sapere realmente il perché.

Mi passo il pennellino sull’alluce e lascio dietro di esso una scia nera.

Che poi mi chiedo: che mi metto a fare lo smalto alle unghie dei piedi sapendo che poi mi metto sempre gli anfibi?

Forse è l’influenza di Annika!

Eh già!

Sono passati tre giorni da quell’incontro e quei due visi non mi sono passati di mente.

Per due motivi: primo, perché cazzo, poche volte mi era capitato di vedere dei ragazzi così belli insieme e così vicini e due per le parole di Annika.

Come possono arrivare a livelli così alti di stronzaggine?

Come può un ragazzo portati a letto, farti sentire un’illusa una volta, riportarti a letto una seconda volta e poi infischiarsene di te di nuovo?

Certo, una passatina a uno dei due nessuno la rifiuterebbe ma farsi usare in quel modo e covare dentro di sé la voglia di ucciderlo sarebbe troppo per me!

Se avessi la possibilità spaccherei il viso a quel profugo con le trecce nere!

Mentre sproloquio mentalmente e progetto un piano per uccidere il gemello puttaniere mi accorgo di aver finito con lo smalto.

Guardo soddisfatta il mio lavoro e sorrido.

È venerdì e questa sera andrò all’ Acquarius per vedere la band di Alex, il ragazzo fico dell’ultimo anno, che fa una serata lì.

Oggi ho fatto una testa enorme ad Annika spiegandole che essere invitate da Alex Freintag a vedere il proprio concerto è un evento più unico che raro.

Miss confetto rosa mi ha risposto che l’uomo dei miei sogni è solo un barbone rasta che ha un conflitto con la doccia ma ho giustificato il tutto con una semplice “Hai il gusto dell’orrido amore”.

Perché è così: quale essere umano con un’intelligenza potrebbe mettersi delle scarpe completamente ricoperte di cristalli Swarovski?

Uno schiaffo in faccia a noi poveri e comuni mortali.

Stando ben attenta a dove sbatto i piedi (causa smalto appena messo) mi avvio verso l’armadio.

Cosa cazzarola mi metto?

Mi gratto la testa davanti ai miei pantaloni appesi disordinatamente nel mio piccolo armadio a due ante.

Maledizione!

Perché devo fare la classica scena alla Annika questa sera?

Sono così agitata che se non mi calmo, sono sicura, mi scoppieranno le coronarie.

Chiudo gli occhi e conto fino a dieci e poi infilo una mano nel mucchio di panni e inizio a spulciare.

Sorrido quando trovo quello che mi serve.

Sulla stampella è appeso un pantalone reduce dall’ultimo concerto dei Within Temptation a cui sono stata.

Neri, attillatissimi e super rovinati.

Dei lunghi squarci percorrono la coscia e scendono fino sopra la caviglia.

Non li ho messi per un sacco di tempo, forse per non far prendere un infarto ad Annika che mi avrebbe chiesto quale gatto mi avesse graffiato i pantaloni per ridurli in quel modo.

Io penso siano fighissimi.

Mi danno l’aria da rocker dannata che mi porto sempre dietro e in più aggiungono un tocco sexy che non guasta mai.

Sorrido e li butto sul mio lettino ornato da un copriletto recante un disegno di Victoria Frances recante un disegno di una fata dark addormentata con dei fiori viola incastonati nel mare di lava scura dei suoi capelli.

Ha un viso dolce e diafano, dall’aria tristemente pacifica e dormiente e gli occhi chiusi truccati sapientemente di nero di nero e viola con disegno che copre la guancia.

Delle macchie di sangue sporcano le labbra e il collo e si soffermano sotto una magnifica farfalla pronta a spiccare il volo posata sulla sua spalla dello stesso colore violaceo di fiori neri suoi capelli.

Una dama della notte uccisa dalla natura ma che mantiene la sua bellezza nel suo sonno eterno.

Adoro i disegni di quella donna, sono sempre così significativi e carichi di emozioni se guardati attentamente.

Sorrido e vi avvicino al cassettone dove sono assiepate le mie t-shirt e top.

Li ho divisi in reparti: quando si ha poco spazio in qualche modo bisogna pur fare!

Ho una cassettiera con cinque cassetti, nel primo ho messo i maglioni per l’inverno a portata di mano per quando la mattina ti svegli e non sai dove sbattere la testa, nel secondo le magliette leggere e quelle con le maniche a tre quarti per la primavera e l’autunno, nel terzo le mie adorate cose gotiche, corpetti, camicette, copri spalla e bolerini, nel quarto le magliette provenienti dai vari concerti dagli AC/DC agli UnSun passando per i Metallica, Disturbed, H.I.M.,Epica,Slipknot e così via, cosa ci posso fare, Annika colleziona scarpe ed io le magliette dei gruppi che vado a vedere in concerto e nell’ultimo ho i top.

Mi piego verso quello e lo apro velocemente.

Passo in rassegna ogni capo con gli occhi.

Non mi ero mai accorta di avere così tanti top e che fossero così dannatamente uguali.

Non so cosa mi stia succedendo questa sera.

Mi abbasso sulle ginocchia e inizio a cercare.

Trovo quello che mi serve in fondo alla terza pila di top.

Intanto Doro mi fa compagnia con la sua Running from the Devil, la sua voce è così graffiante.

Mi piacere conoscere quella donna come ho avuto il piacere di incontrare Sharon Den Adel al Rock am Ring.

Sfilo velocemente un top nero tempestato di teschietti fucsia di vernice.

Me lo aveva regalato Annika per il mio quindicesimo compleanno dicendomi di indossarlo al primo concerto che avrei fatto per portare un po’ di stile a quei caproni.

Naturalmente aveva detto che le piaceva ma i teschi facevano schifo, ma non capisce niente: il bello sono proprio quelli.

La scollatura presenta una leggera imbottitura e i lacci si intrecciano dietro la schiena.

È davvero un bel top, riconosco che almeno in questo Annika abbia avuto un po’ di gusto.

È pure della Iron First, mi stupisco che si sia ricordata che è una delle marche che preferisco.

Lo metto sopra il pantalone e poi pesco da sotto il letto il mio classico paio di anfibi con il gambale che arriva a metà polpaccio.

Mi vesto velocemente e poi mi avvio verso lo specchio.

Mi ravvivo un po’ i capelli che non ho deciso di piastrare ma di lasciare mossi e mi trucco velocemente e pesantemente.

Con un gesto sensuale, come se dovessi sedurre la mia stessa immagine, mi passo un leggero lucidalabbra sulle labbra e mando un piccolo bacio alla mia immagine.

Come tocco finale mi allaccio al collo un girocollo di pelle nera, infilo ai polsi i miei classici braccialetti borchiati e mi cambio i piercing.

Per i miei buchi alle orecchie (7 su un orecchio, 5 su un altro) rimango sul classico, cerchietti a forma di serpente e drago, piccole pietre nere e rosse e il classico orecchino recante l’effige di una rosa nera regalatami da Annika per rimarcare il fatto che noi due siamo due rose, lei rosa e raffinata

 io nera, oscura e decisamente rara, al naso lascio la circella di metallo e metto su quello sulle labbra una piccola pietra nera e fucsia che brilla alla luce della lampada.

Mi do un’ultima occhiata allo specchio e sorrido.

Afferro la borsa e corro fuori dalla stanza annunciando ai miei che esco.

 

 

Di certo l’Acquarius non è uno di quei locali infiocchettati in cui va Annika ma a me piace un sacco.

È un edificio a un solo piano senza tetto la cui insegna risplende nella notte.

Della musica rock proviene dal suo interno e alcuni buttafuori sorvegliano le due entrate.

C’è qualcosa di strano.

Me ne accorgo subito.

Non avevo mai visto un gruppo di ragazzine sbracciarsi per entrare in questo posto.

Non è di certo il posto più bello e frequentato della città.

Solo tipi alternativi vengono qui, appassionati di musica oppure musicisti in cerca di una blanda notorietà.

Quelle che vedo supplicare davanti a me sono delle adolescenti comune che giocano a fare le dark, che sculettano ma si atteggiano ad alternative.

Le classiche bamboccie, ecco!

Mi avvicino non nascondendo lo stupore e facendomi spazio tra quelle ragazzine (giuro che sento gli ormoni fare a lotta) mi avvicino a Mike, il bodyguard.

Sono di casa qui all’Acquarius, ormai ho fatto amicizia anche con la sicurezza.

Spingo una ragazzina e emergo da quella leggera folla.

-Ma che cazzo succede qui?- sbotto appena arrivo a destinazione e vengo spinta fuori da Mike.

Lui sospira affranto –Questa sera un coglione ha voluto farci visita-

-Chi?- domandò alzando un sopracciglio.

-Un componente di una band per ragazzine, non ricordo nemmeno il suo nome e sinceramente non mi interessa- commenta acido ringhiando contro le ragazzine –È dentro e queste vogliono entrare-

Faccio spallucce e gli sorrido –Mi fai entrare vero?-

Lui ride –Lo sai che sei la padrona di casa, no?-

Sposta la tendina e mi lascia entrare nello spazio angusto di cui è composto l’Acquarius.

Un piccolo bar a un angolo, tavoli e poi un palco sul fondo dove ogni sera si esibisce una band diversa.

Io e il mio gruppo di compagne di scuola abbiamo fatto parecchie serate qui, ormai è d’obbligo che una volta a settimana salga su quel palco.

Qualcuno mi saluta, altri mi danno una pacca sulla spalla.

Questa è veramente casa mia.

Qui dentro non dovrò sentirmi un’aliena vestita di nero, una che viene guardata dalla testa ai piedi con disgusto.

Qui dentro potrei infilarmi un pigiama senza che nessuno mi dica “Cosa ti sei messa addosso?”.

La mia isola felice in un mare di pregiudizi.

Sapete, a differenza di Annika che frequenta il Liceo più esclusivo della città, io vado in una semplice scuola d’arte proprio in parte all’imponente scuola di Annika.

Intorno alla sua scuola c’è un aura maligna che contrasta quella della mia.

Ma nonostante le occhiatacce che mi becco quando aspetto Annika sotto scuola, io continuo ad andare dalla mia amica, la parte degli stupidi e ipocriti la fanno loro, visto che per fare bella figura davanti alla prossima proprietaria della fortuna degli Stern mi fanno i sorrisini carini, mentre io, in mente mia, spero che prima o poi quelle mascelle si frantumino.

Mi avvio verso il bar.

Elliot, il bassista di una band che suona spesso con noi, mi da una pacca sulle spalle salutandomi.

Mistie, l’addetta alle luci mi chiede se domenica suoneremo e il tragitto per arrivare a quel bancone diventa un’impresa colossale.

Il sorriso di Mitch, il barista americano, mi appare come un ancora di salvezza.

Mi spingo verso il bancone per poi piegarmi sulla lastra lucida  di cui è rivestito.

Mitch mi raggiunge lucidando un boccale di birra.

-Sempre il solito Andrea?- mi domanda con il classico sorriso.

Sorrido anch’io  –Sex on the Beach-

Almeno in questo io e Annika concordiamo.

Trovare in noi due una cosa che ci accomuni è quasi un’impresa epica.

Di questo potete esserne anche certe.

Mitch si allontana e io rimango sola con i miei pensieri.

Il mio mondo brilla dentro questo locale, il posto in cui mi sento più tranquilla, ma quella strana agitazione non si è ancora tolta.

Guardo il palco.

Alex sta accordando la chitarra e mi sorride.

Ok, sono ufficialmente morta.

Con il suo charme dannato, i rasta neri corti e i vestiti da punketonne perso… lui è il mio sogno proibito.

I suoi occhi verdi come la giada mi squadrano non nascondendo una non so che di malizioso.

Questa sera, almeno per una volta, farò centro.

Mi appoggio al bancone assottigliando gli occhi in una pietosa imitazione di Annika e gli sorrido.

-Ma tu sei l’amica di Annika, quella dark!-

Ma perché la gente ha un tempismo perfetto?

Chiudo gli occhi.

Sono rassegnata a dover vivere all’ombra della mia amica e rimanere sempre e comunque “l’amica dark di Annika Stern”.

Ormai ci ho fatto l’abitudine a questa cosa.

Mi giro verso il mio interlocutore sospirando –Si-

Non deve essere un frequentatore assiduo di questo posto visto e considerato che conosce Annika e non me.

Quando poso gli occhi su di lui quasi mi viene un colpo.

Quel viso dai tratti dolci e il nasino alla francese non mi sono nuovi, quello sguardo dalle sfumature maliziose imprigionato in degli occhioni nocciola da cucciolo mi scorrono addosso come era successo tre giorni fa.

I cornrows neri questa volta scendono sulle spalle, coperti da un capellino bianco da cui fuoriesce, sul retro, una cuffia dello stesso colore, dallo stile palesemente urban.

La lunga t-shirt bianca con una fantasia complicatissima nera e rossa declama a lettere cubitali il suo costo esorbitante: Dsquared2.

Non so chi siano ma Annika ha un loro completo nell’armadio e quindi presumo costi un occhio della testa, potrei giurarlo.

Dei larghi jeans chiari rovinati in più punti coprono le gambe e scendono su delle nike bianche.

Se non ricordo male Annika l’ha chiamato Tom.

Beh, trovandomelo così vicino non posso biasimare Annika per esserci cascata un paio di volte.

Mi tremano le mani mentre quella piccola vocina depravata nella mia testa urla “saltagli addosso, non vuoi scoprire cosa c’è sotto?”.

Non so perché in questo momento, mentre lo guardo, nella mia testa inizia a rimbombare una di quelle ridicole canzoni che ama Annika.

Dal nome che il mio cervello ripete in continuazione devo dedurre sia “Alejandro” di Lady GaGa.

Scuoto la testa.

-Non passi inosservata- mi fa notare passandosi la punta della lingua sul piercing che impreziosisce le sue labbra.

-Pensi di abbindolarmi come hai fatto con Annika?- incrocio le braccia e lo guardo con fare di sfida.

Lui gira gli occhi –Vedo che ti ha raccontato tutta la storiella-

Annuisco convinta –Perché non avrebbe dovuto, hai paura che poi ti rovini la piazza, eh bastardo?-

-Calma le parole piccola- dice tranquillo afferrando la bottiglia di birra che poco prima si è portato alle labbra, ripete il gesto e beve un sorso –Non sono un bastardo, ho solo i miei bisogni-

-Dovresti riuscire a soddisfarli da solo, no?- commento acida.

-Stai tranquilla, non ho bisogno del “fai da te”, io- mi scocca un’occhiata maliziosa e piena di allusioni.

Non posso dargli torto visto e considerato che ogni ragazza che si trova dentro questo locale lo sta guardando come se avesse raggi X al posto degli occhi.

Se con uno sguardo si potesse spogliare una persona, in questo momento Tom si troverebbe completamente nudo.

Non sembra nemmeno disturbato da quelle occhiate tanto insistenti, forse deve esserci abituato.

Sbuffo, non trovando una risposta abbastanza acida da uccidere quell’autostima che può essere paragonata alla mia.

-Come ti chiami?- mi domanda dopo aver bevuto un altro sorso e aver notato, ridendo, il mio sguardo tra l’eccitato e l’acido mentre osservo il suo pomo d’Adamo fare su e giù nella sua gola.

Ragazze mie, se foste al mio posto avreste fatto la stessa cosa, non prendetemi per una ninfomane.

Anche perché ho visto persino Mitch incantarsi a guardarlo mentre posava il mio Sex on the Beach sul bancone.

-Non sono cazzi tuoi!- mi affretto a dire, arrossendo mentalmente per i pensieri appena fatti.

-Come si chiama?- domanda al Mitch con tono dolce.

-Andrea- risponde lui quasi con un sospiro.

E mi chiedo da quando in qua a Mitch piacciano i ragazzi, visto che da quando vengo qui l’ho visto provarci con tutte le clienti.

-Grazie- sorride Tom posando la testa su una mano girandosi verso di me.

Scocco un’occhiataccia a Mitch che non mi caca nemmeno di striscio, impegnato com’è a osservare Tom.

Ma questo ragazzo ci prova con qualsiasi cosa respiri, o cosa?

-Pago io il Sex on the Beach della ragazza, anzi portagliene un altro- annuncia tranquillamente per poi riportare lo sguardo verso di me –Posso chiedere che ci fa una ragazzina come te in un postaccio del genere?-

Assottiglio gli occhi –Io sono sempre qui, e poi, non chiamarlo postaccio! Tu piuttosto, che ci fai qui?-

Tom sorride portandosi di nuovo il collo della bottiglia alla bocca.

Ma lo fa a posta per caso?!?!

-A volte la Universal mi manda in missione speciale, non ha tempo per venire a vedere tutti i bambocci che cercano gloria- spiega posando la birra.

-Sei un produttore?- domando scettica guardandolo dalla testa ai piedi.

Non l’ha l’aria di un ex musicista hip hop fallito che vuole vivere nella gloria altrui, sembra solo uno che gioca a fare l’hippoper.

Magari è il figlio di qualche produttore.

-No- infatti –Io sono un semplice musicista-

La risata mi parte incontrollata.

Lui? Un musicista?

-Tu?- lo indico ridendo –Un musicista?-

Lo vedo sbuffare –Sono il chitarrista dei Tokio Hotel-

La mia risata si stoppa di colpo.

Lo guardo interrogativa –Chi?-

Se fossimo stati in un pessimo fumetto manga lui sarebbe caduto all’indietro, lo vedo dal suo sguardo sbalordito.

-Scusa la domanda- mi fa –Ma dove hai vissuto negli ultimi mmm… cinque anni? Sotto terra per caso?-

Lo guardo alzando un sopracciglio –Non vi conosco perché io ascolto solo buona musica, non ragazzini infilati su un palco solo perché hanno un bel faccino-

-Si da il caso che ho iniziato a suonare la chitarra a sei anni amore mio, ora ne ho ventuno-

Chiudo la bocca come colpita da uno schiaffo.

Il suo sguardo slitta su di me –Il batterista della nostra band, come il bassista sono diplomati al conservatorio e mio fratello scrive canzoni da quando aveva poco meno di sette anni-

Ma chi sono questi?

Perché se è così tanto tempo che suonano non mi è mai capitato di sentirli?

Dovrò fare un po’ di ricerche.

-Mi piace quando lascio senza parole delle ragazzine impertinenti come te- mi rivela sogghignando.

-Vaffanculo- sbotto.

-E quando posso rovinare la serata a qualcuno- commenta sotto voce avvicinandosi a me.

Mi posa un bacio sul collo e voltando la testa noto lo sguardo di Alex su di me.

Mi guarda scuotendo la testa e si gira.

La delusione che ho letto nel suo volto mi ha trafitto il cuore.

 

****

 

-Dannato Bastardo- impreco spalancando con un calcio, quasi, la porta della camera di Annika.

Non c’è un ciao, un “Oh Annika come stai” quando entro nella sontuosa villa degli Stern.

Lei si gira e mi guarda –Che c’è Andrea?-

-Cosa cazzo ti sei messa addosso, me lo spieghi?- le domando appena mi accorgo dello scempio che ha addosso.

Sorvolando la giacca bianca chiusa su un toppino color oro e la mini gonna che più che gonna è un pezzo di stoffa di 500€, la cosa che mi sconcerta di più sono le sue scarpe.

Un trionfo di brillantini in un paio di sandali tacco 15 che solo a guardarli mi vengono le vertigini, con un fiocco d’oro al centro.

Pacchiano, totalmente pacchiano.

-Perché? Che c’è di male?!- domanda lei innocentemente alzandosi e sovrastandomi di circa venticinque centimetri.

-Ma ti sei vista allo specchio?- alzo un sopracciglio ma vedendo il suo sguardo totalmente indifferente sbuffo –Oh, ma che parlo a fare!-

Sorpasso il suo altarino di scarpe (l’ho detto che è fissata) con il cima un paio di Prada lilla con il tacco (nemmeno a dirlo 15) tempestato di diamanti e piccole pietre circolari di ametista che lei ha acquistato al modico prezzo di 5300€ a Parigi l’anno scorso, ed erano anche in saldo del 50% … un affarone! (il tono sarcastico lo si legge tra le righe vero?).

Mi butto sul letto enorme della mia amica e mi lascio sprofondare dal copriletto fucsia e bianco.

Risulto decisamente ridicola in questo momento, sotterrata da centimetri e centimetri di rosa Barbie, ma cosa posso farci?

Annika incrocia le braccia e mi si avvicina alzando entrambe le sopracciglia –Mi vuoi dire che cosa ti è successo?-

-Ieri sono andata all’Acquarius con l’intento unico di farmi Alex, lo sai no?- inizio.

-Andrea!- mi riprende la bionda sedendosi al mio fianco –Ma come parli?-

-Parlo sempre così, lo dovresti sapere, sono quindici anni che ci conosciamo!- le faccio notare –Ma non farmi perdere in chiacchiere!-

Lei ride, mentre mi vede gesticolare furiosamente.

-Mi ero messa persino quel top con i teschi fucsia che mi hai regalato tu- le dico sospirando –A proposito, è davvero bello, non ti ho ancora ringraziata!-

-Prego, però ora continua!- mi esorta sorridendo divertita.

-Stavamo flirtando con gli occhi quando mi sento dire la classica frase “Ma sei l’amica d’Annika”?-

Ride della mia espressione.

Peccato che sto per rovinarle quel bellissimo sorriso.

Non sa ancora chi mi aveva posto quella domanda.

-Era Tom- annuncio criptica.

La vedo irrigidirsi di colpo e sgranare gli occhi –Quel Tom?-

-Si, lui- le dico, e la guardo alzando un sopracciglio –Scusa la domanda, ma chi sono i Tokio Hotel?-

Gli occhi di Annika schizzano fuori dalle orbite –Tu non conosci una band?-

Mi gratto l’orecchio –Scappa qualcosa anche a me, può capitare!-

-I Tokio Hotel sono il fenomeno del momento Andy, sono cinque anni che nessuno riesce a surclassarli- mi spiega.

Sbatto gli occhi –Mai sentiti nominare- scuoto la testa –Comunque, la nostra conversazione è durata circa dieci minuti e sono stata più acida del solito, era riuscito persino a far incantare Mitch-

-Tipico di Tom, flirta con qualsiasi cosa pur di ottenere ciò che vuole- mormora lei con voce piatta, senza colore.

-E per di più ha infranto ogni speranza che avevo con Alex, baciandomi il collo davanti a lui- urlo in preda a una crisi isterica –Ma ti rendi conto?-

Lei annuisce con la testa bassa.

-Oh, ma se mi capita tra le mani gliene do tante, ma talmente tante, che persino sua madre non lo riconoscerà, gli spacco a uno a uno quei denti bianchissimi e gli spacco quel naso all’insù del cazzo che si ritrova- inizio a imprecare alzandomi dal letto e iniziando a percorrere a grandi falcate l’immensa camera della mia amica, gesticolando come una matta –Quel figlio di puttana testa di cazzo, la deve pagare, ha mandato in frantumi l’unica opportunità che avevo con Alex e soprattutto deve ancora pagarla perché si crede tanto forte da poter andare a letto DUE volte- calco la parola due –Con la mia migliore amica e spezzarle il cuore DUE volte-

-Prendi fiato o soffochi- mi dice divertita Annika.

-Ma la pagherà, oh si che la pagherà, gli farò sputare sangue a quel bastardo, lo manderò dritto dal creatore…-

-Andy…-

-Gli spezzerò le gambe e le braccia e lo costringerò a strisciare sul pavimento per doversi muovere…-

-Andre…-

-Userò la sua testa come pallone da calcio tanto è abbastanza gonfia che rimbalza…-

-Andrea…-

-E poi lo seppellirò ancora vivo sotto tre metri di letame, così tornerà a essere quello che è sempre stato: una merda! Brutto bastardo pallone…-

-ANDREAAAAA!-

Mi fermo al centro della stanza facendo ricadere le braccia lungo i fianchi e guardandola.

La vedo alzarsi delicatamente dal letto e avvicinarsi a me.

Mi posa una mano sulla spalle e sorridendo mi dice –Lascia perdere, Tom è una partita persa anche per una come te, dammi ascolto-

Ma lei sa che le parole sono inutili.

Quando sfidi Andrea Linke, non ne esci vivo, e Tom, come cazzo si chiama ancora non me lo ricordo, non sarebbe stato l’eccezione alla regola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    

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Capitolo 4
*** 4. Un bellissimo sogno ***


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[Annika]

 

 

-Hanna, maledizione- sbraito scendendo le sontuose scale di marmo bianco come una furia- dove diavolo hai messo i miei jeans di Prada??- urlo in preda ad una crisi isterica.

-Signorina- sento la sua voce provenire dalle mie spalle e mi giro di scatto mentre già mi immagino le nuvolette di fumo che escono dalle mie orecchie.

La vedo comparire dietro una delle colonne, in stile corinzio, che sostengono l’enorme arco attraverso il quale si ha accesso al salotto.

La sua figurina tozza e, senza dubbio sciatta e sgradevole, sta tutta compressa nelle spalle incurvate, mentre le sue mani, dalle dita decisamente rovinate a causa del continuo lavare e strofinare, si attorcigliano vicendevolmente, senza riuscire a trovare tregua.

Dal suo volto compare paura pura, imbarazzo forse, e decisamente molta, molta, mortificazione.

Le faccio quest’effetto?

-dove li hai messi, si può sapere?- continuo ad urlarle contro con tono rabbioso- mi servono assolutamente, è questione di vita o di morte- esclamo poi mettendomi le mani sui fianchi con fare altezzoso.

Sto aspettando una risposta che non sembra decidersi ad arrivare.

-ecco, signorina, sono mortificata, mi scusi...ma- tenta di dire lei e giurerei che quella brillantezza che sta assumendo la sua fronte è data da goccioline di sudore.

-non dirmi che li hai....- le parole non mi escono- ro...rovinati?- sto per piangere.

I miei jeans di Prada, il mio ultimo acquisto proveniente direttamente da New York.

I mie compagni di avventura, a cui, dire che fossi affezionata è senz’altro un eufemismo: erano il mio....tesoro!

-N....no, signorina- balbetta lei.

Tiro un sospiro di sollievo.

-e allora dove diavolo sono?- riprendo a sbraitare- parla Hanna!- le ordino in malomodo.

-ecco io....non....non ho fatto in tempo a lavarli ancora...-

Una risata divertita si fa strada lentamente sul mio volto.

-mi vuoi dire che sono ancora sporchi? Mi vuoi dire che non li hai ancora lavati?- non riesco a credere a ciò che ha appena detto.

La vedo scuotere negativamente la testa, credo che stia per scoppiare a piangere.

Sto per urlargliene quattro, quando una vibrazione accompagnata da un bip bip arriva dalla tasca dei miei pantaloncini.

-per ora ti sei salvata- le annuncio puntandole l’indice contro- ma non finisce qui, intesi?- le dico in tono minaccioso.

La donnina annuisce energicamente con la testa prima di sparire di nuovo dietro l’arco del salotto.

Giurerei di averla sentita tirare un sospiro di sollievo.

Infilo una mano nella tasca dei miei shorts ed estraggo il mio LG rosa glitterato, ultimo regalo dei nonni per il mio compleanno.

È un messaggio, da un numero che non ho registrato.

Lo apro curiosa e giuro di aver sentito il mio cuore fermarsi per qualche secondo.

 

Ehi piccola, sono passati quattro giorni dal pomeriggio in cui ci siamo rivisti al centro commerciale e da quell’istante mi sei entrata in testa, non riesco a pensare ad altro. Ti va di rivederci?  Tom.

 

O.Mio.Dio.

Rileggo il messaggio un’infinità di volte.

Giusto per accertarmi che non si tratti solo di un....bellissimo sogno.

In questo momento il cuore mi batte all’impazzata e non riesco a distinguere le emozioni che sto provando: non so se si tratti di gioia, euforia e totale scoinvolgimento per le parole stupende che mi ha appena scritto, o se invece....sia solo odio, misto a rabbia per il ricordo di quello che mi ha fatto.

Leggo le cifre del suo numero...ora le riconosco.

Me le ricordo perfettamente.

Quando mi ha dato il suo numero, ricordo di averlo ripetuto così tante volte da impararlo a memoria.

Ma quando mi ha presa in giro per la seconda volta, la rabbia e l’odio che ho provato per lui sono stati talmente immensi che ho deciso di cancellarlo definitivamente dalla mia rubrica e...dalla mia vita.

Ma ora che lo rileggo mi rendo conto di non averlo mai cancellato dalla mia mente.

E mi sento terribilmente stupida a sentirmi così agitata e confusa per un....messaggio.

Tom...me l’ha mandato Tom: ancora non ci credo.

Scuoto la testa confusa, prima di risalire le scale il più velocemente possibile.

Entro in camera mia e mi chiudo la porta alle spalle, girando prepotentemente la chiave: ho bisogno di stare sola.

Mi siedo sul letto, ancora incredula.

Mi passo una mano tra i capelli tirandomeli indietro e faccio un respiro profondo.

Leggo per l’ennesima volta quelle poche parole.

Gli sono entrata in testa.

Non riesce a pensare ad altro.

Vuole rivedermi.

Come faccio a credergli?

Come faccio a fidarmi nuovamente di lui, dopo il trattamento che mi ha riservato?

Come faccio a...a scacciare questa matta voglia di rivederlo che si sta impossessando di me?

-ok- dico a me stessa cercando di regolarizzare il mio respiro- calma- mi incito da sola.

Mi giro e rigiro il telefono tra le mani con fare nervoso.

Gli rispondo o no?

Ma se gli rispondo, cosa gli dico?

Vaffanculo stronzo?

Sparisci pezzo di merda?

Oppure, non farti più vedere sennò Andrea ti lincia?

Eh già, se ci fosse Andrea qui, lei si che saprebbe cosa fare.

Lo andrebbe a cercare e lo rimanderebbe dritto dal creatore.

Perché a volte non posso essere sicura e decisa come lei?

-uffa- sbuffo rimirando ancora lo schermo, come nella speranza che potesse apparire qualcosa di nuovo da un momento all’altro.

Incrocio le gambe e mi sistemo meglio sul copriletto rosa, mentre fisso lo sguardo nel vuoto.

Attimi incalcolabili di silenzio si alternano a urla isteriche presenti solo nella mia testa.

Il dubbio si sta insinuando talmente a fondo nel mio cervello che mi sembra di impazzire.

Che faccio, che faccio, che cazzo faccio?

Ci penso.

Decido di rispondere.

Si, gli rispondo....una risposta, d’altronde, non si nega a nessuno, no?

Già...ma...che cazzo gli dico?

Ok, sto diventando decisamente patetica.

E se chiamo Andrea e mi faccio consigliare da lei?

No, non se ne parla, lo andrebbe a cercare e lo renderebbe sterile a vita.

Opto per la modalità “acida stronzetta ancora incazzata” e batto velocemente i tasti sulla tastiera.

Non posso dargli la soddisfazione di farmi sciogliere con un solo SMS.

Devo fargli capire che me l’ha fatta grossa.

 

Perché dovrei rivederti, scusa? Dopo quello che mi hai fatto, due volte per la precisione, credi ancora di potermi manovrare a tuo piacimento? Cosa ti fa pensare che io voglia avere di nuovo a che fare con te?

 

Premo in fretta Invio, prima che io ci ripensi e lo cancelli.

Ok, ci sono riuscita, a quanto pare.

Sono certa che Andrea sarebbe orgogliosa di me!

Si, mi direbbe “l’allieva sta diventando più brava della maestra”.

Faccio un sorriso tirato osservando la mia immagine riflessa nello specchio a muro.

Sono....contenta di quello che gli ho scritto, soprattutto perché se questo messaggio me lo avesse mandato qualche mese fa io non ci avrei pensato due volte a dirgli di si.

Ma ora...non ci casco più.

Dopo qualche secondo sento un’altra vibrazione e il suo messaggio compare sullo schermo.

Lo apro immediatamente e lo leggo.

 

Piccola io non voglio rivederti per fare quello che pensi tu! Vorrei solo passare un po’ di tempo con te, perché non mi era mai capitato che una ragazza occupasse così tanto i miei pensieri...e voglio capire cosa provo per te e perché ti considero così....diversa dalle altre.

 

Piccola?

Oddio....mi ha chiamata piccola.

Non l’aveva mai fatto prima.

Leggo e rileggo quelle poche righe.

Nessuno mi aveva mai detto una cosa tanto.....dolce.

Prova qualcosa per me?

O mio Dio, ma che mi sta succedendo?

Mi tremano le mani e di colpo sono diventate bianche e sudaticce.

Mi guardo allo specchio e riesco a notare distintamente di aver assunto un colore violaceo, mentre sul mio corpo si fanno strada veloci mille brividi.

Muoio dalla voglia di urlargli siiiii, Tom, voglio rivederti anche io!

Io l’ho sempre considerato uno...speciale.

Non so che mi ha fatto ma....dopo essere stata presa in giro due volte, ancora non riesco a cacciarlo dalla mia mente.

Quello che mi ha appena scritto è davvero dolce, ma...non ho nessuna certezza che lui stia dicendo sul serio....potrebbe prendermi in giro ancora.

Devo....capire.

Devo scoprire la verità.

 

Cosa mi dice che tu stia dicendo la verità? Potresti tranquillamente prendermi in giro di nuovo, come hai già fatto in passato. E io non voglio che la cosa si ripeta, mai più, perché sei stato un grandissimo stronzo.

 

Premo invio e tiro un sospiro intenso.

Ok, ce l’ho fatta, gliel’ho detto...e sono stata forte.

Andrea sarebbe davvero orgogliosa di me, non sto cedendo.

Mi stendo sul letto sprofondando sui morbidissimi cuscini rosa, e lasciandomi avvolgere da una strana sensazione.

Una sensazione che non provavo da molto, non so quanto, tempo.

Il cuore batte velocemente, mi sento un nodo allo stomaco e un’euforia incontrollabile mi invade le membra.

Una vibrazione mi richiama alla realtà.

Afferro il cellulare che è accanto a me e apro il messaggio.

 

Si, hai ragione, sono stato molto stronzo e anche bastardo forse, ma stavolta....voglio qualcos’altro da te. So che non ci credi, ma te lo dimostrerò che faccio sul serio. Ti dimostrerò che voglio riaverti nella mia vita.

 

Dopo questo, posso anche morire.

Decisamente.

Il cuore riprende a battere all’impazzata e deglutisco a fatica.

Le mie palpebre si chiudono e si riaprono più velocemente del normale.

Me lo dimostrerà.

Vuole qualcos’altro da me.

Non vuole solo sesso.

No, non ci credo.

Mi alzo a sedere e mi sposto i capelli all’indietro.

Cosa può essere cambiato nel giro di qualche mese?

Perché io mi sento così...strana?

Perché non riesco a mandarlo a fanculo dopo quello che mi ha fatto?

Perché ho ancora voglia di rivederlo?

E perché lui vuole...me?

Me lo dimostrerà.

Ma...come?

 

 

 

[Tom]

 

-si può sapere che diavolo stai facendo?- la voce fastidiosa e decisamente troppo assillante di Bill mi si infila nelle orecchie- è tutto il giorno che stai appiccicato a quel cellulare!- conclude poi sedendosi sul letto accanto a me.

Distolgo per un attimo lo sguardo dal display del mio Nokia e fisso lo sguardo su mio fratello.

Alzo un sopracciglio, assumendo un’espressione maliziosa.

-capito- annuncia Bill dopo aver visto la mia faccia- nuova fase di seduzione in corso- sospira sconsolato.

Lui è sempre molto perspicace.

O forse sono io ad essere molto prevedibile?

Rido malizioso, posando finalmente il telefono sul comodino.

-di chi si tratta stavolta?- mi chiede lui con espressione esasperata.

-forse è meglio se non te lo dico-

-e perché?- trilla lui- hai forse paura che sia la volta buona che io le spacchi la testa?- il suo tono si fa risentito o forse....aggressivo.

-No, Bill, perché tu la odi a morte- spiego io- e non voglio che mi si rovini la festa per colpa tua-

-prego?- fa lui mettendosi una mano al petto con fare teatrale- Tom, devo forse ricordarti che io le odio tutte allo stesso stramaledetto modo? E che purtroppo nessuna ha l’onore di essere detestata più delle altre? Dovresti saperlo, sono molto magnanimo e giusto in questo- commenta a testa alta.

-Eh no- scuoto la testa- questa qui è un po’ speciale, perché per lei riservi un odio più feroce che per le altre...- dico io con un ghigno stampato in faccia.

Gli occhi di Bill si assottigliano all’istante, riducendosi a due fessure quasi invisibili.

Le labbra sottili si increspano e il suo viso assume una smorfia che è tutto un programma.

-Annika- sibila lui in un ringhio.

-indovinato- esclamo io ridendo divertito.

-che cazzo ci trovi in quella?- mi chiede non capendo.

-un culo da paura e due tette da panico, ecco cosa ci trovo- commento io divertito beccandomi uno spintone da Bill.

-certo solo questo puoi trovarci in una gallina senza cervello come lei!- puntualizza lui acido.

-ma mi spieghi perché la odi così tanto? Insomma non ti ha fatto niente- dico io.

-la odio perché lei è una stronzetta viziata, figlia di papà, che pensa solo a farsi le unghie e i capelli e che ogni volta che esce di casa indossa come minimo 3000€. Per non parlare poi dell’auto con cui va in giro, e della sua voce stridula e irritante...- blocco il suo elenco tappandogli la bocca.

-te al femminile, in sintesi- commento io facendo spallucce- tu non la sopporti perché lei è esattamente come te, con l’unica differenza che lei è una ragazza, ed è piuttosto lecito che pensi solo allo smalto e al trucco- concludo poi.

-Tom!- mi rimprovera lui- mi stai dando della gallinella svampita?- mi chiede lui sull’orlo di una crisi di pianto.

-uhm...più o meno- dico ridendo e prendendolo in giro.

-Io non la guarderei nemmeno se fosse l’ultima donna sulla faccia della terra....piuttosto sarebbe meglio l’amica!- commenta lui alzando un sopracciglio.

-chi? Quella bassetta e dark?-

Bill annuisce.

-No, decisamente troppo scialba....- noto io- e acida, molto acida, peggio di quanto lo sarebbe se avesse mangiato un intero limone!- esclamo io scuotendo la testa.

Bill fa una faccia confusa, ridendo divertito.

-l’ho incontrata l’altra sera all’Acquarius e ci è mancato poco che mi mordesse per quanto è stata sgradevole- spiego.

-davvero ti ha saputo tenere testa?- mi chiede Bill divertito.

-tenere testa? Non ha fatto altro che punzecchiarmi dandomi dello schifoso bastardo per tutta la sera-

-ovvio- commenta Bill- ti sei scopato due volte la sua amica e poi l’hai mandata a fanculo!- esclama.

-già, in un certo senso è così....ma aspetta la terza e vedrai!- commento io strofinandomi le mani.

-ci sarà una terza volta?- chiede Bill incredulo- questa qui al posto del cervello deve avere una camera d’aria!- esclama acido.

-Non hai capito Bill, stavolta io sto usando il piano C, ed è ovvio che lei ci caschi- spiego io- questa strategia è infallibile-

-e in che consisterebbe, scusa?-

-Faccio il dolce, il tenero, le faccio credere che io per lei provo qualcosa di più di semplice attrazione fisica e quando lei ci ricasca io...- batto le mani- bam! Me la riscopo!-

-tremendamente spietato- asserisce Bill scuotendo la testa.

-no, tremendamente furbo- commento io sorridendo malizioso.

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Capitolo 5
*** 5. Il gemello...diverso ***


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[Andrea]

 

 

 

 

-Ragazzini!-

Odio la bidella della mia scuola.

Non l’ho mai nascosto, e nemmeno cerco di nasconderlo, mentre la sua testa canuta fa capolino nel piccolo auditorium, rompendo sul nascere una litigata tra Deborah Collins e il suo ex, Matt Kunz, usando la scusa delle elezioni.

Oggi è giornata d’assemblea d’istituto, o meglio, è il giorno dove possiamo stare a zonzo per la scuola senza che un professore esaurito ci urli contro, flirtare con quelli dei gradi più alti, limonare indisturbati… in sintesi, non fare un cazzo.

Sto seduta a gambe incrociate sul piccolo banco appoggiato alla finestra, e fisso Alex, seduto vicino al rappresentate.

Non mi ha rivolto più la parola da quando Tom ha fatto quell’uscita all’Acquarius.

Solo a pensarci mi vengono i nervi, stupido pallone gonfiato con il viso d’angelo!

Sbuffo dondolandomi appena.

-Certo che tu sei proprio scema-

Ok, adoro Nina, ma da qualche giorno è diventata decisamente insopportabile.

La tengo in vita solo perché è la chitarrista della band!

-Hai avuto la fortuna di conoscere Tom Kaulitz- continua girandosi verso di me –E ti stai dannando l’anima per uno come Alex-

Sbuffo ancora ignorandola.

Ormai sono diventata brava ad ignorare la gente, basta pensare a quando esco con gli “amici” di Annika.

Continuo a fissarlo mentre sospira tristemente.

In questo momento sto odiando Tom così tanto che nemmeno io immaginavo di poter odiare.

 Mi lascio scivolare giù sospirando –Non voglio avere niente a che fare con quel coso- sbotto –È solo un bastardo!-

-Un bastardo davvero bono!- esordisce Isabel, la bassista, ai miei piedi –Non so se te ne sei accorta-

-Noo- scuoto la testa ironica –Non mi sono accorta di quella faccia da cazzo perfetta, di quel corpo da stupro, di quelle labbra da mordere, no Isa, non mi sono accorta di quanto bono può essere quel ragazzo!-

Ridacchia.

-Persino Mitch si è incantato a guardarlo- continuo a borbottare –L’ho visto civettare, ve ne rendete conto, civettare!- calco quella parola alzando le mani verso l’alto –E poi mi ha rovinato la serata, che grandissimo stronzo!-

-Ma potevi comunque approfittarne- continua Nina mentre Emily (la batterista) fa sbucare la sua testolina platinata da dietro la mora, e annuisce convinta.

-Ci andavi a letto e poi la troncavi lì!- esclamò maliziosa Isabel alzando un dito con fare da maestra –Devo insegnarti tutto Andy?-

Alzo gli occhi al cielo –Perchè, invece, non pensi a studiare gli accordi di “Persi”, visto che la sbagli in continuazione?- la rimbecco. 

-Non cambiare discorso!- mi punta un dito contro –Se tanto ci tieni ad Alex va a parlagli, spiegagli che, nonostante Tom sia un figo della miseria, tu hai scelto lui!-

-Questa è la prima cosa intelligente che dici!- sorrido saltando giù dal banco.

Isabel scuote la testa, ma non le do nemmeno il tempo di ribattere.

Mentre la bidella annuncia che il vicepreside sta contattando la Preside per l’uscita anticipata, mi avvicino al ragazzo.

Mi si stanno contorcendo le viscere mentre muovo un passo davanti all’atro.

Forza Andrea, ce la puoi fare!

-ehm… Alex?- la mia voce è un sussurro –Posso parlarti?-

Lui si gira verso di me, annuisce appena e si alza sovrastandomi.

Ce ne andiamo fuori,  Alex si accosta alla parete mentre io mi piazzo davanti a lui con la classica faccia da “mi dispiace” stampata in volto, le mani intrecciate dietro la schiena –Volevo parlare di quello che è successo all’Acquarius-

Lo vedo irrigidirsi –Andrea senti, non è come pensi-

-Si invece, tu mi avevi invitata e quel…- increspo le labbra –Ok, diciamo che lui si era accorto che mi piacevi un sacco e siccome è un bastardo nato, ha voluto rovinare la serata a un po’ di gente-

Alex scuote la testa –Andrea, se mi fai parlare ti spiego…-

-È solo che ho visto il tuo sguardo, cioè io non pensavo…-

-Andrea…- mi blocca con una mano –Sono gay!-

Mi tappo la bocca.

Alzo un sopracciglio e la mia mascella tocca terra –Scusa?!?-

Lui sospira annuendo –Sei la prima che lo sa e spero l’ultima- comincia –Io…- ride agitato –Io… mi piacciono gli uomini!-

-So cosa significa essere gay-

E purtroppo sento metà delle mie speranze andare in frantumi.

Lui ride –I miei compagni di band sospettavano qualcosa e allora ti ho invitata, perché se non fossi gay mi piacerebbe avere una ragazza come te-

Arrossisco.

-Eri una copertura, anche se sapevo che ci sarebbe stato Tom-

-lo sapevi?!?- alzo un sopracciglio.

-Oddio, che fosse proprio lui no- ridacchia –Un produttore della Universal ci aveva chiamato e aveva detto che quella sera avrebbe mandato un componente di una band molto famosa a darci un’occhiata… non ci voleva un genio per capire che si trattasse dei Tokio Hotel, non ci aspettavamo mica Lars Ulrich dei Metallica-

Beh, ha ragione, ma c’è anche da dire che, fino a qualche giorno fa, non sapevo nemmeno che esistessero i Tokio Hotel.

E di certo, adesso, dopo le mie ricerche, non ammetterò mai che le loro canzoni mi piacciono.

Non in presenza di Tom, almeno.

-Ci siamo informati bene su internet, inutile dire che appena li ho visti ho sudato freddo- come dargli torto –Chiunque dei quattro sarebbe venuto, avrebbe messo a dura prova il mio autocontrollo-

Annuisco.

-Poi hanno mandato Tom, quando l’ho visto mi è venuto un colpo al cuore, era dannatamente più bello che in foto, ha una caria erotica non indifferente-

Annuisco facendo un verso di dissenso.

Non ammetterò mai nemmeno questo.

-Persino i miei compagni di band se ne sono usciti facendo: “Se fossi gay, me lo scoperei volentieri”- sospira –E io che lo sono davvero? Cosa pensavo in quel momento?-

-Quello che pensava metà delle ragazze dentro il locale- continuo svogliata –A spogliarlo!-

Alex rise –È per questo che mi piaci Andrea, sei sempre così acida che mi fai ridere-

-Grazie- commento –L’acidità è il mio punto forte-

Ride ancora, e forse sono contenta che non sia io la causa del suo malessere.

-Quando l’ho visto parlare con te, ho avuto un tuffo al cuore, e non ho capito più niente-

-Tom non è gay, nemmeno bisessuale credo- commento.

-Purtroppo lo so- sospira rassegnato –Ma non posso farci niente-

Annuisco e allungo una mano posandola sulla sua spalla.

-Ti prego, non dirlo in giro-

Scuoto la testa –Promesso!-

Mi prende di sprovvista e mi abbraccia con impeto –Sei un’amica Andrea, grazie della comprensione-

 

Con sommo piacere, l’uscita è stata anticipata di un oretta.

Dopo essermi fatta un giro con le mie amiche (con tutti i punzecchiamenti e prese per il culo visto che, ancora una volta, non avevo concluso niente) decido di aspettare Annika sotto la sua scuola.

È un palazzo immenso dallo stile settecentesco, bianco e dalle grandi finestre.

Mi siedo sul un muretto di marmo bianco, poco distante dall’imponente entrata.

Questo luogo mi incute una certa paura, sembra la classica casa infestata.

Mi sistemo meglio il capello alla francese di maglina che ho sui capelli e mi sposto la frangia nera che mi copre l’occhio.

Alzo lo sguardo verso le finestre sentendomi osservata.

Due occhi verdi, appartenenti al viso di una barbie gigante e sicuramente siliconata, mi guardano dall’alto, attraverso il vetro lucido di una finestra al terzo piano.

Mi sta rimirando con un certo schifo.

Classico comportamento alla “figlia di papà con i soldi che le escono dal culo”.

Oggi non sono nemmeno così tanto esagerata, come direbbe Annika, sono abbastanza “normale”.

Felpa nera gessata con delle ali d’angelo sul retro che presentano dei lacci intrecciati tra di loro della Rock ‘n’ Roll Angel (presa ovviamente da EMP), dei jeans neri, semplici e strappati sulle ginocchia retti da una cinta borchiata e infilati sotto gli anfibi di pelle nera slacciati.

Il mio fido cappello di maglina alla francese sul capo e alcuni bracciali borchiati.

Per me è uno stile tranquillo!

Sorrido malefica e alzo il dito medio, sapientemente smaltato di nero lucente, e lo sventolo appena ridendo del suo viso sconcertato.

Pensava davvero che le sue occhiate da superiore mi avrebbero intimorito?

Non sa con chi ha a che fare!

Ridacchio tra me e me e poso la mia tracolla nera spillata sulle mattonelle di granito che circondano la scuola.

Dieci minuti dopo, il suono irritante della campanella si diffonde per l’aria.

Alzo lo sguardo seguendo con gli occhi l’orda di figli di papà che scende dalle scale, e conto quelli che mi  guardano come se fossi un’aliena.

-Mai visto una dark in vita tua, bamboccio?- sbotto quando mi accorgo che uno si è , addirittura, fermato a guardarmi –Non mangio i bambini, tranquillo, bevo solo sangue!-

Gli si blocca il respiro, mi guarda dipingendo il terrore nei suoi occhi e scappa.

-Che Satana sia con te! – urlo alzando una mano e salutandolo con un sorriso.

Come sono suscettibili questi! Non capiscono nemmeno quando qualcuno fa del sarcasmo!

Scuoto la testa e finalmente la vedo.

Ma quella ragazza come va a scuola?

I capelli biondi sono lasciati mossi sulle spalle coperte da una blusa beige di pregiata seta (perché solo seta mette) abbastanza larga, legata su un fianco con un fiocco che mostra le sue forme.

Sicuramente è quella cosa che si è comprata la settimana scorsa di quella marca strana… com’è che si chiamava? Ah si, Guess.

I jeans chiari della Liu-jo (di cui non so nemmeno la pronuncia) sono talmente stretti che sicuramente le bloccano la circolazione… non c’è nemmeno una piega.

Sono retti da una cinta di cui colgo il marchio: Louis Vuitton, abbinata alla mega borsa che regge sul gomito.

Le classiche francesine beige aperte di Prada (ovviamente possono essere solo di Prada) con il tacco (12, si è abbassata appena) tempestato di brillanti.

E il tutto concluso con quella cazzo di collana Guess, che riconosco perché mi è costata cinque ore di pianti isterici visto che il padre non voleva darle 5000€ per comprarla, e i costosi (manco a dirlo!) occhiali di Tom Ford che richiamano il colore di tutto il completo.

Più che a scuola, sembra andare a una sfilata di moda.

Mi alzo per farmi vedere, ma la vedo andare dal lato opposto.

Cammina con il classico portamento ancheggiante da Super Model, verso una macchina che mi lascia a bocca aperta.

Un’ Audi R8 fiammante, lucida e scura.

Il Signor Stern ha cambiato macchina per la terza volta questa settimana?

Devo dire che avrei preferito la Lamborghini bianca di Mercoledì scorso.

Assottiglio gli occhi per vederci meglio.

Lo sportello del guidatore si apre e una figura sfocata esce da esso.

Non è il Signor Stern!

Allora chi diavolo è?

Mi avvicino passando tra la folla.

È un ragazzo!

Quando capisco chi è mi si blocca il respiro.

Tom?

Una fascia bianca gli copre la fronte da cui cadono i cornrows neri.

T-shirt bianca semplice coperta da una felpa nera Kani abbinata ai pantaloni anch’essi neri scesi sulle Nike scure.

È lui.

Annika si avvicina a lui sorridendo.

Maledizione! Lo vede ancora!

Tom le prende la borsa, con un gesto gentile, e poi si piega baciandole la guancia dolcemente e fingendosi innocuo.

Che bastardo!

Vedo le labbra carnose di Annika aprirsi in un sorriso estasiato.

Tom le passa un braccio sulle spalle e la spinge verso di se baciandole una tempia  e avvicinandosi alla macchina.

Ci sono rimasta di merda!

Mi fa male sapere che, ancora una volta, non mi abbia detto niente.

Mi sento come se qualcuno mi avesse tirato una coltellata al cuore e la stesse rigirando per aprire ancora di più la ferita.

Perché non si fida di me?

Perché non mi ascolta una volta ogni tanto?

Tom le farà male, di nuovo, la userà e userà ancora, finchè non si stuferà di nuovo.

E fa più male a me sapere che la ferirà a morte.

Sospirando inizio ad incamminarmi verso casa.

Non è un tragitto lungo, ma oggi mi sembra insostenibile.

Afferro il mio I-Pod (regalo di Annika) e mi porto alle orecchie le cuffie.

Metto play e lascio che Simon Simons inizia a cantare Seif al Din.

Infilo le mani in tasca e, con la testa bassa, mi muovo svogliatamente.

Alzo gli occhi solo quando una macchina, un’Audi Q7, mi si ferma accanto.

Mi tolgo una cuffia girandomi verso il macchinone bianco.

-Tu sei l’amica di Annika?-

E ci risiamo.

Mi giro cercando di intravedere, attraverso i vetri oscurati, il proprietario della voce.

Il finestrino si abbassa e rimango senza fiato.

È l’altro gemello, quello che odia Annika.

È così diverso da Tom.

I capelli neri tirati indietro e rasati sui lati (segno inconfondibile di una cresta), piercing sul sopracciglio e septum al naso.

Una maglietta dallo stile doppio, bianca e nera, gli copre l’addome magro e dei jeans attillatissimi neri scendono su degli stivaletti neri lucidi.

-Si!-

Mi sorride –Sei a piedi?-

Alzo un sopracciglio –Sono sempre a piedi!-

-Ti do un passaggio sei vuoi!- trilla.

-Io?- mi indico –Nella tua macchina? Mi hai preso per scema?-

Il ragazzo ride e ha una risata davvero bellissima –Non sono Tom, stai tranquilla!-

-Posso fidarmi?-

-Non ho mai violentato nessuno, e poi, sono al telefono- mi fa notare aprendo lo sportello –Io sono Bill!-

Faccio spallucce e salgo sulla grande macchina, lasciandomi cullare dalla pelle bianca di quell’auto.

Stringo la sua mano sorridendo –Andrea-

-Bel nome- sorride –No, non dicevo a te Natasha, ho incontrato un’amica-

Lo guardo alzando un sopracciglio… amica?

Bill ingrana la marcia, e con un rombo basso, l’Audi parte.

-Si, ma non so dell’umore giusto per mettermi quella roba… lo so che David ha detto… Ti ricordo che sono il tuo capo Natasha… Ok, va bene, ma…- sospira –Senti, ne riparliamo più tardi alle prove… si, ciao-

Con gesto veloce chiude la chiamata e posa il cellulare sul cruscotto.

Con una mano prende uno dei Milk-shake posati su un porta bicchieri vicino allo stereo –Ne vuoi uno?-

Scuoto la testa.

Questa macchina è fighissima!

È enorme e comoda, calda e accogliente.

Lui sorride e fa cadere gli occhi sulla mia tracolla nera –Ti piace Marilyn Manson?- mi domanda indicando una delle mie spille.

Annuisco –Lo venero-

Bill ride –Piace anche a me- mi rivela –Tom ne è completamente terrorizzato!-

La risata mi esce incontrollata –Davvero?-

-Già, una volta, mentre eravamo in albergo, è venuto a dormire da me perché aveva la stanza in parte alla sua, diceva che sentiva strani rumori!-

Rido ancora e lui si unisce a me.

Ha una bella risata, cristallina e contagiosa.

Ridiamo per dieci minuti buoni, poi rimango solo io a spanciarmi.

-Sei così diversa da Annika- mi dice serio –Come fai ad essere amica di una persona così frivola?-

Smetto di ridere.

Mi asciugo una lacrima che scende dagli occhi e sorrido –So com’è Annika, ma l’amicizia è come l’amore… cieco!-

-Giusta osservazione- mi fa svoltando in un vicolo–Però ancora non capisco-

-Io e Annika ci siamo conosciute quando eravamo piccole, al bar che ha mio padre nel palazzo della sua azienda, all’inizio io ero gelosissima di lei, era la classica bambina che faceva dire agli adulti “Ma quant’è bella!” mentre io ero strana, fuori dagli stereotipi tedeschi- inizio –Lei aveva tutto, aveva tanti di quei giocattoli e delle cameriere che erano sempre pronte al suo servizio- faccio una pausa –Sai che c’è? Dammelo quel Milk-shake-

Bill mi sorride e mi passa uno dei due bicchieri.

Mi porto la cannuccia alle labbra.

Vaniglia… mmm… preferisco la fragola ma mi accontento!

-continua…- mi esorta.

-Beh, crescendo poi ho sotterrato l’invidia, ho cominciato a capire di più e ad avere la mia identità, ma Annika è sempre rimasta la mia migliore amica, lei è…- sorrido -…è diversa da tutti gli altri, non so come spiegartelo, mi fa ridere nonostante a volte la strozzerei, ucciderei tutti quelli come lei ma… non lei! Non riesco a non volerle bene nonostante lei odi tutto ciò che io amo, a volte la vedo sforzarsi di entrare nel mio mondo, capire bene, non chiudere subito le porte a qualcosa… almeno prova, non lo esclude a priori- prendo un altro sorso di Milk-shake –Se lei me lo chiedesse, le regalerei la luna e tutte le costellazioni, lei è… beh, è tutto per me-

Bill sorride addolcito.

-Sai, per i suoi sedici anni, ricordo ancora che organizzò, come di routine, una mega festa- comincio a raccontare io –a me non è mai piaciuto quel genere di feste, ma per lei feci un’eccezione. Il problema fu prenderle il regalo: di solito non ho nemmeno i soldi per comprarmi la merenda a scuola, figuriamoci se li avessi per regalarle uno di quei costosissimi capi di Prada che lei adora!-

Bill svolta in un altro angolo.

-Allora andai in un negozio e per caso, trovai una camicetta. Più la guardavo e più pensavo che fosse stata cucita per lei- sorrido –ricordo ancora com’era: era bianca e nera, con un sacco di merletti e pizzi, proprio come piacciono a lei; la presi,  ma avevo una vergogna matta di dargliela, costava solo 5€ -

Bill ridacchia –Una camicia può costare così poco?-

Lo guardo male –Si!- ribatto –Però, quando gliel’ho data a lei è piaciuta un sacco, forse è l’unica camicetta che continua a mettere nonostante gli anni, sai, le cambia ogni cinque giorni, ma la mia è ancora lì, nel suo armadio, ha dovuto anche farla risistemare perché si era consumata!-

-Non me l’aspettavo!-

-Neanche io!- esclamo raggiante –Pensavo l’avrebbe buttata a un angolo dell’armadio perché non c’era scritto sopra Chanel o Dior…-

-Anche Tom una volta la pensava come te- mi rivela –Poi, quando sono arrivati i soldi, ha cominciato a comprare magliette che partono dai 247€ in su-

-Chissà perché me lo ero immaginato!- salto su sbuffando.

-Nemmeno Tom è così male, ci convivo da quando ci hanno concepito, basta solo… saperlo prendere- sorride.

Saperlo prendere?

A calci forse!

-E poi- inizia lui- tu assomigli tanto al Tom che conosco io, non a quello che lui si ostina a voler far vedere alla gente-

Sta male per caso?

-Non mi paragonare a lui, senza offesa!-

 

Parlare con Bill è divertentissimo.

Sono così diversi lui e Tom.

Lui è davvero il gemello… diverso.

Mi è simpatico perché, sotto sotto, è la fotocopia di Annika, anche se, ne sono certa, lui non lo ammetterà mai.

Arriviamo al mio quartiere, a qualche passo dal mio condominio.

-Tu abiti qui?- mi domanda.

-Sai, non siamo tutti milionari come te!- sbotto scherzosamente scendendo dall’auto –Grazie del passaggio!-

Bill mi saluta con un gesto della mano e un “figurati” aggiungendoci uno “Spero di rivederti”.

Sospiro, rallegrata appena.

Apro il portone principale, spingendolo lievemente.

Con una mano saluto Henk, il portinaio, e mi dirigo verso l’ascensore.

Il cellulare mi vibra nei pantaloni.

Lo prendo.

Lo schermo lampeggia la scritta “Annika”.

Inespressiva porto l’aggeggio verso l’orecchio –Pronto?-

-Ehi Andy!!!- esclama la sua voce squillante –Ti volevo chiedere se questo pomeriggio passi da me… sai, mi sto annoiando-

Sento una scossa di rabbia prendermi il braccio e serrare il cellulare in una morsa.

Cosa sono diventata? La ruota di scorta di Annika Stern?

-Non c’è Tom a farti compagnia?- commento ironica.

Silenzio.

-Vi ho visti oggi, sono uscita prima da scuola e speravo di tornare a casa con la mia migliore amica, invece…- continuo sarcastica –Perché non me l’hai detto… di nuovo?-

Sono troppo dura, ma sono anche incazzata come non mai!

-Posso spiegarti!- trilla lei allarmata.

-Fallo allora!-

-Pensavo che l’avresti presa male… io… penso che questa volta faccia davvero sul serio!-

-Non farà mai sul serio- sentenzio secca –Ti userà di nuovo, ti ferirà ancora e ancora, finchè non si sarà stancato di te, lo capisci?-

-Andrea, stiamo parlando della mia vita, non della tua!-

-Ok- alzo di poco la voce –Passi che sia la tua vita, ma quando quel bastardo ti spezzerà di NUOVO il cuore, sarò io a doverti veder piangere, non lui, sarò io che mi sentirò di merda perché tu stai da schifo, sarò io che dovrò raccogliere i cocci mentre lui se ne fa un’altra-

-Non sai quello che dici- sbotta infervorata –Tu non sai quello che mi scrive!-

-Puttanate, solo una marea di puttanate- urlo entrando in casa e beccando mio fratello a sventolare in aria il jack della mia chitarra –Non te ne rendi conto?-

-Sei tu che non vuoi capire, Tom mi piace da impazzire, io…-

-Anche questa è una stronzata, lo sai anche tu- continuo mentre mio fratello mi guarda alzando un sopracciglio.

-Ma l’hai visto?!?- esclama lei con tono estasiato.

-D’accordo, può essere bello quanto gli pare, ma quello che vuoi tu è solo…- guardo  mio fratello e sto zitta –Non mi far parlare-

-Mi stai dando della puttana?- strilla offesa lei.

-Ma che cazzo dici? La vuoi finire di sparare cazzate? Non ti sto dando della…-

Ma è inutile continuare.

Annika ha riattaccato.

Per la prima volta in 15 anni d’amicizia, lei mi ha sbattuto il telefono in faccia.

Strabuzzo gli occhi riponendo il cellulare nella mia tasca.

Non devo piangere, non devo piangere.

Sento qualcosa bagnarmi la guancia.

Dannazione!

-Andrea, ma stai piangendo- fa mio fratello lasciando cadere il jack.

-Vaffanculo!- impreco aprendo la porta della mia camera e tirando un calcio all’armadio.

 

  

 è la prima volta che lasciamo un commentino dopo aver postato!

Siamo felicissime del numero esorbitante di visite!:)

Ma non nascondiamo che qualche commentino in più non ci dispiacerebbe:) 

Ringraziamo comunque le ragazze che commentano e speriamo che continuiate a seguirci!:)

Un bacio, Alexa e Maddalena:*  

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** 6. Perdere il controllo ***


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[Annika]

 

-Definisci meglio questa ciocca, Rosalie- ordino alla mia parrucchiera personale indicandole una lunga cioccia di capelli biondi che ricade disordinatamente sul lato sinistro del mio viso.

-Subito- si affretta a rispondere lei afferrando delicatamente la ciocca e avvolgendola accuratamente attorno al ferro, in modo da farla venire ondulata.

Annuisco soddisfatta nel vedere la mia testa ricoprirsi a poco a poco di boccoli voluminosi e perfetti.

Una cascata di riccioli color del sole mi incornicia il viso a forma di cuore dai lineamenti dolci e raffinati.

Devo ammettere che Rosalie è stata davvero un ottimo affare.

Qualche tempo fa mi sono resa conto che io, da sola, non ce la facevo ad essere sempre perfetta e divina, così ho pensato di...assumere una parrucchiera privata, che fosse disponibile praticamente sempre.

E così ho trovato Rosalie, una donna sulla quarantina, decisamente molto sciatta, ma disponibile, in qualunque momento io la chiami, a correre qui e a farmi i capelli.

Sto seduta comodamente sulla mia poltrona rosa, e dallo specchio enorme che sta davanti a me osservo la mia splendida immagine riflessa.

Sorrido nel pensare a cosa mi aspetterà stasera.

Un brivido leggero di eccitazione mi sale lungo la schiena ed è inevitabile che un velo di impazienza e di euforia ricopra il mio sguardo.

Stasera esco con Tom: il nostro primo vero appuntamento.

E per un’occasione così speciale, ho bisogno di una preparazione altrettanto particolare.

-No- mi lamento io- avvolgilo meglio, così non terrà neppure per un’ ora- dico io alla donna che immediatamente provvede a fare ciò che le ho appena ordinato.

Voglio che i miei capelli siano più che perfetti.

-Bene, così, brava- le dico osservandola sempre più impegnata nella sua opera.

Sarò divina stasera, me lo sento.

Tutto sarà divino.

Alla faccia di....Andrea.

È passato poco meno di una settimana dal litigio avuto con lei.

Non mi aveva mai dato della puttana.

In quindici anni di amicizia non si era mai permessa di...giudicarmi.

Lei diceva sempre che sarebbe stata l’ultima persona sulla faccia della terra a biasimarmi.

E invece è stata esattamente la prima.

Ed è inutile che lei tenti di richiamarmi per fare pace...è inutile.

Ormai ho capito che genere di persona è lei e non ho nessuna intenzione di rispondere per sentire di nuovo la sua voce.

In questi giorni mi ha chiamato talmente tante di quelle volte che avrei potuto tranquillamente denunciarla per stalking, ma ho preferito semplicemente non rispondere.

Dice tanto di essere la mia migliore amica, e poi?

Che fa?

È la prima a non volere la mia felicità.

Possibile che non si renda conto che a me Tom piace da morire?

Possibile che non si renda conto che io voglio che tra me e lui le cose vadano per il meglio?

Lei dovrebbe essere felice che lui ora abbia intenzioni serie con me.

Dovrebbe appoggiarmi e augurarmi il meglio.

E invece?

Invece lei è solo....gelosa.

Gelosa che io finalmente abbia trovato il ragazzo per me.

Gelosa che un figo come Tom abbia scelto me.

Gelosa che lui si sia reso conto che io sono importante per lui.

Lei è gelosa della mia felicità.

D’altronde chi non vorrebbe stare con Tom Kaulitz?

Lei, che si finge tanto anticonformista, non è di certo l’eccezione alla regola.

Nessuna resiste al fascino di Tom.

E certo, fa male sapere che lui finalmente ha scelto...me.

Le cose che mi ha scritto in questi giorni ne sono la prova.

Altro che puttanate, come dice Andrea.

Lei si nasconde dietro la scusa che non vuole che io soffra, ma in realtà lei vorrebbe stare al posto mio.

Il punto è che Tom Kaulitz non guarderà mai una come....lei!

Tom Kaulitz punta alla perfezione: me!

-Signorina, ho concluso- annuncia Rosalie dando un’ultima spruzzata di lacca alla mia chioma lucente.

-Divina- commento io alzandomi e atteggiandomi davanti allo specchio.

La donna sorride soddisfatta.

-Decisamente- continuo io guardando i miei capelli- sono....divina!- esclamo ancheggiando verso la donna.

-Ti ringrazio Rosalie, sei stata efficiente come al solito- la prendo delicatamente per le spalle- ora và- la spingo verso la porta- giù c’è mia madre, dille quant’è, ci pensa lei a saldare- dico con aria da vip spingendo la donna verso la porta.

-Vado subito, signorina- mi risponde lei cordiale avvicinandosi all’uscio.

-Grazie mille, alla prossima- la saluto io con un gesto elegante della mano chiudendo finalmente la porta alle sue spalle.

-Bene- dico a me stessa- e ora...a lavoro!- mi sfrego le mani e in preda alla più totale euforia mi fiondo nella mia cabina armadio in cerca di qualcosa da indossare stasera.

Qualcosa che mi faccia apparire tremendamente bella.

Qualcosa che mi faccia apparire tremendamente...sexy e desiderabile.

Infilo una mano tra i vestiti appesi alle stampelle e li “sfoglio” uno per uno.

Sono nel mio reparto “abiti da sera” ed è particolarmente difficile scegliere, tra un centinaio di vestiti, uno solo.

Uno solo che sia perfetto, che mi renda perfetta, che metta in evidenza ogni mio pregio e che nasconda ogni mio difetto.

Sbuffo.

-no, questo è troppo lungo- commento scuotendo la testa e passando oltre.

-e questo è troppo largo- aggiungo scartando anche il vestito che ho comprato la settimana scorsa e che ho pagato un occhio della testa.

Beh, io cambio idea molto in fretta.

-che orrore!- esclamo con aria schifata osservando un abitino regalatomi dalla mia domestica qualche mese fa- non è neppure griffato- commento scuotendo la testa e buttandolo via.

-ok, inizio ad entrare in crisi- annuncio a me stessa, tirando un respiro profondo.

Penso, penso e ripenso.

Devo riflettere e soprattutto devo entrare nella mente di Tom.

Cosa vorrebbe lui che io indossassi?

-ma certo!- esclamo ad un tratto sorridendo felice.

I ragazzi vanno pazzi per le minigonne, o meglio, per le donne in minigonne.

E allora, che aspetto?

Se voglio farlo impazzire, non mi resta che tirare fuori tutto il mio charme.

Afferro la mia minigonna bianca Just Cavalli, che più che minigonna è un pezzo di stoffa.

Ma che importa, posso permettermelo no?

Se la natura mi ha dato delle gambe lunghe e snelle, dovrò pur metterle in mostra.

E poi questo “capino” è decisamente schic, oltre che particolarmente sexy ed elegante.

Sorrido soddisfatta prima di passare alla parte superiore.

Entrando di nuovo nella mente di Tom, mi viene in mente solo una cosa: corpetto attillato e...succinto!

Ne scelgo uno di Guess, lilla con dei ricami floreali bianchi e del pizzo sul lembo superiore e inferiore.

Ho sempre adorato questo bustino: è perfettamente in grado di mettere in evidenza il mio seno e la mia pancia piattissima.

Bene, non mi resta che prendere le mie scarpe di Prada, quelle per cui ho dovuto faticare a morte, quelle insieme a cui io dormirei, quelle che stanno nel top del mio altarino.

Un paio di scarpe (tacco 15 ovviamente) color lilla, interamente tempestate di Swarowski luccicanti e aperte davanti.

Si, decisamente questo è il tocco finale.

Adagio accuratamente i vestiti scelti sul mio copriletto chiaro e mi sfilo velocemente i miei shorts di jeans e la mia canottiera bianca.

Sto ben attenta a non scompigliarmi i capelli e mi sposto davanti al mio comò enorme.

Afferro la mia crema corpo alla vaniglia e inizio a cospargermi le gambe.

Le massaggio con delicatezza mentre percepisco la fragranza imprimersi sulla mia pelle: sarò profumatissima.

Passo poi alla mia parte superiore, spalmandola anche sulle braccia e sulla pancia.

Quando ormai riesco a sentire il profumo impresso sul mio corpo, decido di vestirmi.

Manca poco e tra meno di una mezz’ora Tom sarà qui.

Non vedo l’ora.

Mi sento così agitata all’idea di uscire con lui...è il nostro primo vero appuntamento.

E dopo una settimana in cui mi ha riempito di messaggi dolcissimi ed è venuto ogni giorno a prendermi all’uscita da scuola, ho una voglia matta di vederlo.

Un brivido di adrenalina mi percorre dentro.

Scuoto la testa, intimandomi di mantenere la calma, e inizio ad indossare i vestiti scelti.

Mi sposto davanti lo specchio e mi stupisco io stessa nel vedere la mia immagine riflessa.

Non ricordavo che questa gonna mi stesse così bene.

Mi giro e osservo quanto sia corta, meglio così...piacerà di più a Tom.

Afferro il bustino e me lo avvolgo intorno al seno, fasciato da un reggiseno color lilla.

Lo abbottono davanti e me lo sistemo.

Wow, è...stupendo.

Mi fa sembrare una bambola formosa, e snella.

Una modella, anzi meglio!

Faccio ricadere i miei boccoli sulle mie spalle e assumo un’aria particolarmente sensuale.

Mi infilo le mie scarpe e improvvisamente divento altissima!

Noto le mie gambe, dal colorito dorato, slanciarsi ancora di più.

Bene, sto decisamente ottenendo l’effetto che volevo.

Mi sposto davanti al mio comò e scelgo di indossare il braccialetto lilla, rigido, con un pendente a forma di cuore, della Breil, che ho comprato nello scorso Natale.

E infine, il trucco.

Mi tampono un po’ di cipria sul viso, per renderlo più colorito e metto matita scura all’interno dell’occhio, chiara sulla palpebra.

Completo il tutto con una quantità industriale di mascara nero e con del lucidalabbra lucidissimo alla fragola.

Sono pronta.

Afferro la mia borsa enorme bianca di Chanel e me la appendo al braccio.

Inforco i miei occhiali viola da diva, personalizzati appositamente per me, con il logo di Hello Kitty, costati precisamente 270€.

Ricordo ancora cosa mi ha combinato mamma quando l’ha saputo.

I miei pensieri vengono interrotti dalla vibrazione del mio cellulare.

Infilo la mano nella borsa e lo afferro.

È un messaggio...di Tom!

 

Ehi piccola sono sotto casa tua! Un bacio :*

 

Il cuore inizia a battermi furiosamente e improvvisamente il mio respiro diventa irregolare.

Mi guardo allo specchio e d’un tratto mi sembra di essere diventata un mostro, mi sembra che nulla di quello che mi sono messa vada bene.

O mio dio, non credevo che mi facesse questo effetto.

Perfetto, calma, calma, calma, dannazione!

Sono bellissima, tutto andrà bene.

Mi ripeto dentro di me e faccio forza su me stessa.

Scendo in fretta le scale.

-dove vai?- la voce irritante di mia madre non manca mai.

-esco con...Tom- dico io mostrandomi sicura.

-e chi è Tom?- mi chiede lei venendo verso di me mentre tiene tra le mani una copia della rivista “Vogue”.

-un amico mamma- dico spazientita- lo conosco da un sacco di tempo, non è la prima volta che usciamo, andiamo a mangiare una pizza con gli altri- dico io cercando di essere convincente.

-a che ora torni?- mi chiede.

-presto- trillo io- ciao mamma- le do un bacio sulla guancia prima di uscire dal portone immenso della mia casa.

Sono sempre stata una maestra in fatto di bugie.

Chiudo la porta alle mie spalle: eccola.

La sua Audi nera lucente mi aspetta davanti l’enorme cancello in ferro.

Percorro il viale di casa mia, con estrema eleganza, come se stessi sfilando per non so quale casa di moda.

Quando arrivo dinanzi al cancello lo faccio scattare e si apre davanti a me.

Eccolo: a due passi da me.

Mi avvicino alla sua auto e riesco ad intravedere la sua figura attraverso i vetri leggermente oscurati.

Accenno un sorriso mentre apro la portiera e in un attimo sono all’interno dell’abitacolo.

-Ciao Tom!- esclamo io voltandomi verso di lui a guardarlo.

-Ehi- la sua voce è così terribilmente...attraente- ciao!- noto la scintilla maliziosa che vela i suoi occhi.

E riesco distintamente a percepire il suo sguardo saettare sulle mie gambe scoperte.

Si avvicina a me, mi prende il viso tra le mani e dolcemente sento le sue labbra posarsi sulle mie.

Il cuore inizia a battermi fortissimo e non capisco perché anche un suo bacio a stampo mi provochi queste reazioni.

Sorrido, vicino al suo viso, a pochi centimetri dalle sue labbra leggermente imperniate del mio lucidalabbra

-sei bellissima, così, lo sai?- mi sussurra sfiorandomi una coscia con un dito.

-grazie- rispondo io sorridendo e lasciando scorrere un dito sul suo labbro inferiore per ripulirlo dal lucido.

Lui mi sorride e mi lancia uno sguardo da incanto.

Mi sto sciogliendo.

-stasera ti porto in un posto speciale- mi annuncia staccandosi di poco da me.

Sul mio viso si dipinge un sorriso smagliante.

-ah si? E dove?- chiedo curiosa mentre lo vedo inserire la marcia e partire.

-beh, è una sorpresa- mi risponde lui voltandosi verso di me e facendomi un occhiolino.

Oh, cavolo, ma perché è così dannatamente sexy in qualsiasi cosa che fa?

Mi soffermo a guardarlo incantata.

Il modo in cui guida, il modo in cui tiene le mani sullo sterzo, il modo in cui sta seduto sul sedile, il modo in cui...muove le sue mani sono tutti segnali della sua tremendamente sexy sicurezza.

Mi piace osservarlo, è così...bello.

Molto più di quanto ricordassi.

Ha le treccine sciolte sulle spalle, un paio di occhiali da sole scuri poggiati su quel suo splendido nasino alla francese e le labbra carnose rilassate in un espressione...serena.

Indossa una t-shirt oversize bianca, con una camicia sopra a quadri rossi e bianchi che ricade disordinatamente su un paio di jeans chiari decisamente larghi.

E poi...le sue...mani.

Le sue mani....

Ok, sto facendo pensieri troppo perversi.

-Sai- la sua voce mi risveglia dallo stato di trance in cui ero caduta- sono contento che hai accettato di uscire con me stasera…- si volta verso di me ammaliandomi con uno dei suoi sorrisini mozzafiato.

Lo guardo cercando di nascondere l’estremo imbarazzo che mi invade.

-come avrei potuto rifiutare? Sai essere molto persuasivo, Tom!- esclamo io ridendo leggermente.

-è la mia dote migliore, si- risponde lui ridendo a sua volta- se anche non avessi accettato ti sarei venuto a prendere fin su in camera tua- annuncia convinto.

-Avevo voglia di vederti- mormora con tono di voce sensuale spostando lo sguardo dalla strada su di me- ad ogni costo- aggiunge poggiando una mano sulle mia gambe scoperte.

Osservo la sua mano e mi sembra letteralmente di andare in tilt.

Sono un’idiota, lo so perfettamente, ma mi fa totalmente impazzire!

Sorrido maliziosa guardandolo: voglio giocare a fare la sensuale stasera.

Ho le qualità, e quindi voglio usarle tutte.

-ehm....-mormoro io- sei stato...davvero gentile nel venire a prendermi- commento io accavallando sensualmente le gambe.

-è stato il minimo, ti ho chiesto io di uscire e quindi voglio pensare a tutto io- commenta lui guardandomi e alzando un angolo della bocca per sorridermi.

Faccio lo stesso.

Mi muovo una cioccia di capelli, sventolandola all’indietro.

-A proposito!- aggiungo io- la tua mammina Bill? ti ha permesso di uscire con me!?- chiedo in tono ironico.

Lui si mette a ridere e poi annuisce.

-si, Bill stasera è impegnato con...una tipa!- mi annuncia.

-davvero? dovremo segnare questa data sul calendario allora!- dico io scherzando.

-esatto- risponde lui ridendo- anche se credo che non batterà chiodo nemmeno stavolta...sono usciti a mangiare una pizza!-

-ah- commento io stupita- tu e lui non avete proprio niente in comune nel settore donne, eh?!- esclamo divertita.

-no, niente- risponde lui sorridendo e facendo scorrere lentamente un suo dito sulla mia spalla nuda.

Questo piccolissimo tocco mi manda in estasi.

Sorrido notando la dolcezza immensa che usa con me.

-siamo arrivati- mi annuncia dopo qualche attimo di silenzio.

-davvero?- mi guardo attorno stupita notando che siamo nel centro esclusivo della città.

-si- esclama lui guardando l’espressione di sorpresa che si fa strada sul mio volto.

Entra nel parcheggio del locale e con una manovra perfetta si infila in uno degli spazi delimitati da strisce bianche.

Mi guardo attorno cercando di capire di che locale si stia parlando, ma ormai il buio sta calando ed è difficile capirci qualcosa.

-andiamo, presto capirai di cosa si tratta!- mi sussurra quasi, scendendo immediatamente dall’auto.

Faccio come vuole lui e in un attimo sono fuori dall’Audi, e vedo Tom che mi raggiunge.

Mi sorride malizioso, prima di poggiare una mano sulla mia schiena e spingermi verso di lui.

-non dimenticherai questa serata tanto facilmente- mi sussurra a fior di labbra.

Lo guardo negli occhi, è....è...dannatamente bello.

Sento le sue labbra baciare dolcemente le mie.

Un tocco che mi fa rabbrividire.

Un tocco che avrei voluto non finisse mai.

Da quando i baci a stampo sono diventati così eccitanti?

Mi guarda negli occhi restando attaccato a me ed ogni suo contatto mi fa davvero impazzire.

Mi prende una mano incrociando le sue dita con le mie e si incammina verso l’ingresso del locale.

Dopo qualche istante vedo che si ferma.

-Siamo arrivati- mi annuncia sorridendomi.

Mi guardo attorno e vedo una scritta enorme lampeggiare sopra la mia testa.

Una luce rossa mi acceca quasi e riesco a scorgere distintamente la scritta : “SATEN”

Oddio, mi ha portata al Saten!

Non ci posso credere, è il locale in assoluto più lussuoso di tutta la Germania.

Persino per mio padre una cena qui sarebbe costosa.

-O mio Dio Tom, ma sei impazzito?- gli chiedo a bocca aperta, strabuzzando gli occhi.

-Non sei contenta?- mi fa lui dolcemente.

-Scherzi? È una favola! Sono....davvero stupita!- esclamo io avvicinandomi a lui e poggiando una mano sul suo petto con fare sensuale.

Lo sento ridere e le sue labbra carnose che si distendono mi fanno venire una strana voglia.

-Entriamo allora!- mi esorta lui.

Subito all’interno un’aria accogliente ci avvolge e un’atmosfera di lusso e splendore domina ogni angolo.

Non ci ero mai stata qui, e non posso ancora crederci che ora ci sono...e con Tom, per giunta.

Le pareti sono ravvivate da un colore rosso scuro, bordeaux per la precisione, e piccoli dettagli dal sapore e dall’aspetto antico impreziosiscono ogni parete.

Qui tutto, i tavoli, le sedie, le tende imponenti che nascondono finestre enormi, conferisce all’ambiente un’aria...”regale”.

SI tratta di un posto decisamente in voga, un posto di lusso, un posto che solo pochi hanno il lusso di potersi permettere.

Appena giungiamo all’ingresso un signore, dall’aspetto distinto e cordiale allo stesso tempo, ci accoglie con garbo.

-Buonasera, signori- ci saluta con un inchino del capo ed un sorriso.

-‘Sera- rispondiamo all’unisono io e Tom.

-Ditemi, vi prenoto un tavolo per due?- ci chiede tirando fuori dal suo grembiule scuro un palmare.

-Ehm...non proprio- dice Tom e qui tutto inizia a sembrarmi alquanto strano.

Cos’è? ha invitato qualcun altro a cena senza dirmelo?

Oh no, c’è anche Bill?

La nostra serata da sogno potrebbe rivelarsi da incubo.

Inizio a sudare freddo quando vedo Tom che si avvicina all’orecchio dell’uomo e sussurra qualcosa che non riesco a sentire.

-Ah- il signore si schiarisce la voce- lei è il signor Kaulitz- dice lui ricordando.

-Esatto!- annuisce Tom con un sorriso.

-Prego, vi faccio strada- annuncia l’uomo invitandoci a seguirlo.

-Tom, ma che succede?- gli chiedo io a bassa voce avvicinandomi al suo orecchio, cercando di capire.

-Adesso lo vedrai- mi sussurra lui mentre sento le dita della sua mano intrecciarsi con le mie.

Lo scenario che si apre davanti ai miei occhi mi lascia letteralmente a bocca aperta.

Un’enorme salone abbellito quasi come se fosse in atto la festa del secolo.

Tende eleganti e prestigiose, fiori, fiocchi e tulle ovunque.

Luci soffuse che si infrangono sulle pareti della stanza creando un’atmosfera quasi da sogno.

-ma....cosa....??- balbetto incredula.

-signorina, la informo che il qui presente signorino Kaulitz ha affittato la sala più grande del nostro prestigioso locale, riservandola per una serata con una signorina speciale che, presumo, sia lei - mi informa l’uomo con un sorriso non nascondendo un velo di compiacimento.

-prego?- chiedo io completamente sbalordita sbattendo velocemente le lunga ciglia nere.

-hai sentito bene- mi dice Tom avvicinandosi al mio orecchio- solo per noi- mi sussurra con una lentezza disarmante mentre avvolge i miei fianchi con le sue braccia.

I miei occhi luccicano: non ci posso davvero credere.

Il cameriere sorride nel vederci insieme e poi aggiunge –Spero che tutto sia di vostro gradimento-

-Senz’altro, grazie per la cortesia- rispondo io con garbo.

-Ora vi lascio soli, ma per qualsiasi cosa sono a vostra completa disposizione, signori- dopo averci rivolto un inchino si allontana con grazia.

-Tom è uno scherzo vero?- chiedo io con gli occhi leggermente lucidi mentre procedo di qualche passo nell’enorme sala.

-è perché dovrebbe?- mi chiede lui poggiando una mano sulla mia schiena e avvicinandomi a sè.

Sorrido incredula.

È un sogno vero?

Sono convinta che tra poco mi sveglierò e sarà tutto finito.

-vieni- mi dice lui dolcemente prendendomi una mano.

Ci dirigiamo verso il tavolo dalla forma circolare posizionato al centro della stanza.

Una tovaglia, dalla tonalità calda, impreziosita da motivi floreali ricade fin sul pavimento conferendo un’aria decisamente prestigiosa all’insieme.

Tutto è curato nei minimi dettagli.

Sul tavolo sono disposti diversi bicchieri a forma di calice, già pieni, pronti per un brindisi.

Champagne, ovviamente.

I piatti di forma circolare sono decorati da tovaglioli ripiegati in modo da impreziosire il tutto.

Accanto al cestello che contiene una bottiglia ancora chiusa è poggiata una rosa rossa.

Mi brillano letteralmente gli occhi.

-prego- mi fa lui tirando indietro l’elegante sedia e permettendomi di sedermi.

-grazie- sorrido meravigliata- non pensavo che tu conoscessi le buone maniere!- esclamo con una leggera ironia.

-beh, io sono pieno di colpi di scena, dovresti saperlo- mi fa lui con aria decisamente maliziosa.

-Già, lo sto notando!- rispondo io sorridendo- ti sarà costato tutto una fortuna, Tom, non dovevi assolutamente- mormoro io guardando l’eleganza che ci circonda.

-non pensarlo nemmeno- risponde prontamente lui- e poi per te non baderei a spese- aggiunge guardandomi intensamente negli occhi come non aveva mai fatto prima forse.

Ma che sta succedendo?

Tom Kaulitz che fa una cosa del genere?

Lui non l’ha mai fatto con nessuna!

E io perché dovrei essere l’eccezione?

Insomma, mi ha portato nel locale più prestigioso della nazione, stiamo per fare una cena romantica a lume di candela, soli io e lui, in una sala enorme affittata solo per...noi.

O si è innamorato di me, o...mi sta prendendo per il culo alla grande.

-qualcosa non va?- mi chiede ad un tratto vedendo il mio sguardo leggermente assente.

-a dire il vero...mi sembra un sogno e stento a credere che sia la realtà- mormoro io poggiando il mento sulla mia mano, quasi...trasognante.

Lo vedo sorridere leggermente.

-guarda che è tutto vero- mi fa lui prendendomi una mano- tutto questo è solo per noi- mi dice dolcemente.

-perché?- chiedo d’un tratto.

-cosa?- mi fa lui non capendo.

-perché hai fatto tutto questo? Solo per me?- gli chiedo.

-beh...perchè...-incomincia lui-...lo volevo! Avevo voglia di stupirti, di fare qualcosa di diverso, che non avevo fatto prima con nessuna! Perché ho voglia di stare con te, di passare una bella serata insieme, perché....tu sei...speciale per me-

Lo vedo terribilmente imbarazzato, come se stesse tirando fuori parole che...non vorrebbe.

Ma è così....dolce.

-davvero?- chiedo incredula quasi con le lacrime agli occhi.

-certo- mi sussurra lui, dolce.

-wow- riesco solo a dire mentre lo vedo sporgersi verso di me e lasciarmi un dolce bacio sulla guancia, vicino all’angolo della mia bocca.

Sorrido lievemente mentre vedo il suo sguardo scorrere intensamente su di me.

-ho qualcosa che non va?- chiedo io spostandomi una ciocca di capelli dal viso.

Scuote leggermente la testa.

-Sei assolutamente perfetta- mormora lui con tono di voce terribilmente sensuale.

Sorrido abbassando lo sguardo imbarazzata.

Mi sento tra le nuvole, non so davvero come comportarmi.

Sento la sua mano poggiarsi sulla mia guancia con una delicatezza che non gli è mai appartenuta.

-Dimentica tutto quello che è successo tra di noi in passato, dimentica i brutti ricordi e pensa solo a stasera- mi sussurra avvicinandosi a me e riesco perfettamente a notare la luce che brilla nei suoi occhi- voglio che stasera sia speciale per noi-

Afferra la rosa poggiata sul tavolo e me la porge.

-questa è per te- mi annuncia con tono di voce basso.

Un sorriso si fa strada sul mio viso.

La afferro, quasi tremante, e la avvicino al naso inebriandomi del suo profumo.

-Non so cosa dire, Tom- commento io- non mi ero mai trovata in una situazione simile- confesso.

-Non dire nulla, allora, mi basta vedere come mi guardi- mi risponde lui dolce.

O mio Dio.

Non dimenticherò mai più questa serata.

 

*

 

E…vuoi da bere?

Vieni qui, tu per me…

Te lo dico sotto voce: amo te.

Come non l’ho fatto in fondo con nessuno.

Resta qui un secondo

E…se ha bisogno e non mi trovi

Cercami in un sogno

Amo te.

 

E…sei un piccolo fiore per me

E l’odore che hai

Mi ricorda qualcosa

Vabè…non sono fedele mai

Forse lo so

 

E quando sento il tuo piacere

Che si muove lento

Ho brivido

Tutte le volte che il tuo cuore

Batte con il mio

Poi nasce un sole

 

E…ho un pensiero che parla di te…

 

Un insieme di sensazioni così diverse tra loro, ma allo stesso tempo così terribilmente familiari.

Il cuore mi batte così velocemente che mi sembra di sussultare quasi.

Non avrei mai creduto che Tom m’avesse potuto regalare una serata del genere.

Una cena a lume di candela, un ballo lento soli io e lui.

Come sottofondo “E…” di Vasco Rossi.

Dire che mi sono commossa è poco, probabilmente.

Le sue mani che mi stringevano, le sue labbra sulle mie, in modo così dolce e per nulla sconveniente.

Il suo sguardo, potente, trasparente.

I brividi.

Le sue mani che stringevano le mie.

I suoi occhi fissi nei miei.

Il suo respiro mischiato al mio.

Il suo profumo sulla mia pelle.

Le sue sensazioni dentro le mie.

I suoi sguardi e i suoi sorrisi così eloquenti.

Sono ancora innamorata, si.

Sono ancora cotta di lui.

Il buio ci circonda.

 

Siamo appena saliti in macchina ed è da poco passata la mezzanotte.

Lui si gira verso di me e riesco a scorgere in modo distinto i lineamenti del suo viso.

-Grazie- gli sussurro io.

Per risposta sento le sue braccia circondare la mia vita e tirarmi verso di sé con quel modo di fare che m’ha sempre fatto impazzire.

Sento il suo naso sfiorare il mio e il suo respiro è leggermente irregolare.

Mi sembra di percepire il battito del suo cuore sul mio seno.

Con un movimento deciso si impossessa delle mie labbra assaporandole con voglia.

Una voglia che appartiene anche a me.

Una voglia che mi appartiene da sempre, credo.

Percepisco le sue labbra sulle mie in un bacio dolcissimo.

Inclino leggermente la testa e sento le sue labbra dischiudersi.

Lo sento mordicchiarmi il labbro inferiore mentre la sua lingua si insinua nella mia bocca.

La catturo, ci gioco, per un tempo infinito.

È la prima volta che stasera ci baciamo, sul serio.

Da quanto non provavo più questa sensazione?

Dall’ultima volta che ho fatto l’amore con lui, mesi fa.

Mi lascio andare ad un leggerissimo sospiro mentre percepisco il sapore incredibile di quel bacio.

Sento il  suo naso sfiorarmi la guancia.

Le sue mani scorrono sulle mie gambe scoperte e mi provocano brividi in tutto il corpo.

Ci baciamo, per tanto, tanto tempo.

Un bacio desiderato, un bacio necessario.

La sua lingua accarezza la mia e le sue labbra giocano con le mie.

Poggio una mano sul suo viso e lo sento terribilmente vicino.

Lo sento: mi vuole.

Mi bacia con un desiderio tangibile.

Ci stacchiamo.

Respiro quasi con l’affanno mentre sento le mie labbra terribilmente gonfie.

Lo guardo ancora negli occhi, non smetterei mai di farlo.

Sento la sua lingua passare con delicatezza sulle mie labbra.

Mi scosta una ciocca di capelli indietro e mi sussurra in un orecchio con una sensualità disarmante:

-ti va di…andare da me?-

Il cuore prende a battermi furiosamente.

Lo guardo negli occhi e noto una luce strana.

Mi accarezza il viso con una mano mentre aspetta una risposta che io so dentro di me ma che ho paura di dargli, forse.

Mi impossesso in un istante delle sue labbra.

Mi risponde con voglia mentre mi avvicina sempre più a sé.

Mi stacco dalle sue labbra e mi avvicino al suo orecchio.

-si- sussurro quasi impercettibilmente.

Riesco a notare le sue labbra che si incurvano in un sorrisino malizioso.

So a cosa andrò incontro.

 

*

 

 

Con un rapido gesto ruota la chiave nella serratura per un paio di volte ed apre l’enorme portone dinanzi a me.

Con un lieve gesto mi invita ad entrare.

Varco la soglia e in un attimo tutto il salotto è illuminato.

Esattamente come lo ricordavo: forse solo un po’ più ordinato, ma esattamente come l’ultima volta.

Chiude il portone alle nostre spalle con un rumore sordo.

Mi giro verso di lui: mi guarda, lo guardo.

Un’intensità che mai avevo notato nei suoi occhi, prima d’ora.

Mi carezza la guancia con una mano e poi sento le sue labbra posarsi decise sulle mie.

Un brivido mi percorre tutta: mi sento incredibilmente agitata.

Mi sento tutta un tremore e non so bene a cosa sia dovuto, a dire il vero.

Magari è paura di fare una tremenda figuraccia con lui, paura di non essere alla sua altezza, o magari semplice imbarazzo dovuto al fatto che mi sembra di realizzare un sogno che da mesi ho dentro di me.

Sentirmi di nuovo sua, con quella decisione e quel desiderio che appartengono solo a lui.

Sento le sue mani posarsi su di me e avverto sensibilmente la sua voglia farsi strada in lui.

I suoi baci diventano passionali, vogliosi, violenti, forse.

Ma mi piace questo lato di Tom: il lato irruento, deciso, determinato.

Tutto ciò che m’ha sempre attirato di lui.

Con un rapido gesto gli sfilo l’enorme camicia a quadri bianca e rossa e la lascio cadere sul pavimento.

Ho voglia di vederlo, vederlo senza nulla addosso, come mesi fa.

Le nostre labbra si staccano per un attimo e sento le dita di Tom slacciare il bustino che indosso e lanciarlo chissà dove nel salotto.

Noto distintamente un sorrisino malizioso farsi strada sul suo viso nel guardare il mio seno, compresso in un ricamato reggiseno lilla.

È rimasto sempre lo stesso sessomane di sempre, d’altronde.

Lo bacio ancora, stavolta in maniere fuggente e sensuale, mentre infilo le mie mani sotto la sua t-shirt bianca, tastando quel petto scolpito che m’ha sempre fatto impazzire.

Gliela sfilo velocemente, trovandomi dinanzi ad una visione terribilmente eccitante.

Si sporge un attimo a spegnere la luce e mi sento tirare improvvisamente verso di lui.

Sento il suo petto premere contro il mio seno e le sue mani posarsi sui miei fianchi.

-Non sai quanto ti voglio- mi sussurra con voce roca mentre lascia  una scia di caldi baci sul mio collo.

Sento le sue mani infilarsi sotto la mia gonna, tastare il mio sedere e di nuovo la sua lingua giocare con la mia.

Mi lascio andare a quelle emozioni che prepotentemente si impossessano di me.

D’un tratto si stacca da me e mi prende una mano trascinandomi dietro di lui su per le scale.

Percorriamo un breve tratto di corridoio e siamo dentro la sua stanza.

Entriamo e senza neppure accendere l’interruttore, Tom mi sbatte alla porta poggiando le mani accanto alla mia testa.

Il suo respiro è affannato e sento la sua voglia, mi pare di percepire il suo desiderio.

Non l’ho mai visto così eccitato, forse.

In modo deciso riprende a baciarmi facendo completamente aderire il suo bacino al mio.

Le sue mani scendono a sbottonare la mia minigonna che scivola in fretta verso il basso.

Le sue mani percorrono i miei fianchi, abbassando leggermente le mie brasiliane.

Ogni suo più piccolo gesto mi fa letteralmente andare in tilt.

Mi sento così vulnerabile sotto il suo sguardo che, persino nel buio della notte, sembra in grado di perforarmi l’anima.

Ma è sempre stato così: terribilmente capace di farmi sentire piccola, rispetto a lui.

Le sue dita percorrono l’incavo del mio seno tentando di sfilarmelo, ma io ho voglia di rendere il tutto più sensuale.

Gli blocco la mano facendola scivolare sul mio fondoschiena.

L’ha sempre eccitato da morire, non me l’ha mai tenuto nascosto.

Avvolgo le mie braccia attorno al suo collo e mi lascio andare completamente, inebriandomi del profumo dolcissimo della sua pelle.

Le sue mani afferrano con decisione le mie cosce e mi stringo attorno alla sua vita.

Muovendoci in questo modo ci avviciniamo al bordo del letto.

Mi lascia cadere sulla morbida trapunta e in un attimo è su di me.

Il suo naso contro il mio, i nostri respiri mischiati nell’aria.

Vorrei dirgli mille cose, ma so perfettamente che lui odia che le ragazze parlino durante il sesso.

E d’altronde tra noi è sempre stato così: un suo gesto vale per me più di cento parole.

Afferra la spallina del mio reggiseno e la abbassa delicatamente e stavolta lo lascio fare.

Percepisco le sue morbide labbra avvolgere il mio seno.

Mi sento tremendamente eccitata.

Mi lascio andare ad un potente sospiro e mi sembra di riuscire a vedere l’espressione maliziosa  invadere il suo viso.

Tom è sempre stato terribilmente egocentrico soprattutto in situazioni del genere.

Avvolge il mio capezzolo con la lingua, prendendo a giocarci sensualmente, mentre tiene l’altro seno con una mano, provocandomi mille brividi lungo la schiena.

Mi lascio sfuggire un gemito deciso mentre sento le sue labbra scendere lungo il mio ventre all’altezza dell’ombelico, accarezzandolo con la lingua.

Poggio una mano sulla sua testa e lo fermo per poi indicargli di alzarsi.

Inverto le posizioni e lo lascio sdraiare sul letto.

Adesso tocca a me: e ho sempre trovato terribilmente eccitante provocargli piacere.

Mi avvicino alle sue labbra e lecco il suo piercing sensualmente mentre con una mano scendo in prossimità del cavallo dei suo pantaloni.

Mordicchio il lobo del suo orecchio per poi scendere lungo il suo collo e riempirlo di umidi e piccoli baci.

Lo sento muoversi, agitarsi sotto il mio corpo, e la cosa mi eccita, non poco.

Il suo bacino si agita sotto di me con movimenti chiaramente interpretabili.

Scendo ad accarezzare i suoi addominali, percorrendoli interamente con la lingua e beandomi dei suoi sospiri.

Scendo fin sul bordo dei suoi pantaloni, per poi sbottonarli lentamente, senza mai interrompere il contatto visivo con lui.

Glieli sfilo con altrettanta lentezza e fisso ora la mia attenzione sui suoi boxer scuri notevolmente rigonfi.

Lo accarezzo con una mano sentendo già il suo primo gemito di piacere.

Abbasso con delicatezza l’indumento e scopro la sua intimità.

Decido di farlo: ne ho terribilmente voglia.

Poggio la mia bocca sulla punta del suo pene e lo accarezzo con la lingua.

Un gemito incontrollato giunge alle mie orecchie.

Lo eccito, si.

Me lo infilo in bocca e prendo a stuzzicarlo sentendo sempre più la voglia farsi strada nel suo corpo.

È incredibilmente eccitato, lo sento, e la cosa piace anche a me.

Lo accarezzo con la lingua, percorrendo tutta la sua lunghezza e di nuovo me lo riporto in bocca provocandogli continui sospiri.

Mi incita a continuare spingendo la mia testa sempre più verso il basso.

Sento che probabilmente di qui a poco non riuscirà a controllarsi.

D’un tratto mi alza la testa e mi posiziona sul letto, sfilandomi i miei slip microscopici.

Con le sue dita prende a lavorare acremente sulla mia intimità già da tempo bagnata, provocandomi un incredibile piacere.

Eh già, m’ha sempre fatto impazzire.

Mi penetra con un dito ripetutamente e non riesco a trattenere i sospiri di piacere, mentre sento le sue dita giocherellare con i mie capezzoli turgidi, ormai scoperti.

Si avvicina al mio viso e mi bacia sensualmente, mentre avverto la punta del suo pene premere sulla mia intimità.

Nel momento in cui lo sento penetrarmi urlo incontrollabilmente il suo nome.

Un tripudio di emozioni mi invade completamente: era tantissimo che non provavo più questo enorme piacere.

Precisamente dall’ultima volta in cui siamo stati insieme.

Soltanto lui è in grado di farmi impazzire in questo modo.

Mi lascio andare e perdo completamente il controllo.

Le sue spinte procedono con decisione e regolarità mentre sento il piacere invadermi del tutto.

Non riesco a trattenere i gemiti incontrollabili.

In un attimo sono sopra di lui e sento le sue mani poggiarsi sul mio fondoschiena e condurre i miei movimenti con decisione.

La sua lingua gioca ancora con i miei capezzoli e le sue mani mi spingono sempre più su di lui.

Sento i suoi gemiti invadermi e le sue mani percorrere instancabilmente il mio corpo, in ogni minimo centimetro.

-mi fai impazzire- mormora mentre mi muovo in modo ancora più frenetico sopra di lui.

Un deciso gesto d’incitamento sul mio fondoschiena mi incita ad aumentare la velocità, mentre sento le sue mani toccarmi fino a raggiungere il massimo dell’eccitazione.

Mi piace, sempre di più.

 

*

 

TOM KAULITZ

 

 

Si appoggia sul mio petto leggermente sudato mentre tenta di regolarizzare il suo respiro.

È stato un sesso distruttivo!

Era da tanto che non mi eccitavo come stasera.

Probabilmente, tra le mie innumerevoli amichette, lei è una delle migliori.

Decisamente si, ci sa fare.

Sento la sua mano poggiarsi sul mio petto nudo e prendo ad accarezzarle leggermente la sua spalla scoperta.

-è stato bellissimo- mi sussurra in un orecchio baciandomi dolcemente.

Già, è piaciuto anche a me…eccome.

Le sorrido impercettibilmente e rispondo al suo bacio, approfondendo il contatto.

Dopo qualche istante di silenzio la vedo scostarsi da me e mettersi a sedere sul letto.

-Adesso devo andare- mormora spostandosi i lunghi capelli biondi, ormai scompigliati, dal viso.

La guardo: è davvero bellissima.

Osservo il suo corpo nudo intravedersi solo leggermente attraverso il buio della stanza.

Riesco comunque a distinguere i morbidi contorni del suo seno, dei suoi fianchi.

Tutto quello che di lei m’ha sempre fatto eccitare.

Fa per alzarsi e rivestirsi, quando io le afferro un polso, senza neppure pensarci.

Lei si volta verso di me fissandomi con quello sguardo da paura.

-Resta qui- mormoro tirandola nuovamente verso di me.

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Capitolo 7
*** 7.Qualcosa di diverso ***


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[BILL]

 

 

 

 

 

 

Che palle!

Sbuffo afferrando la mia birra sul tavolinetto vicino al divano.

Porto il collo della bottiglia alle labbra e ne prendo un sorso.

Odio stare a casa senza fare niente!

La vita è troppo breve per passare ore interminabili seduto, in tuta, sul divano a guardare la maratona integrale delle sei stagioni di Scrubs.

Mi sistemo meglio sul divano abbassando di poco gli occhi per controllare lo stato pietoso del pavimento.

C’è un calzino di Tom sotto il tavolino di pregiato vetro di murano, un cartone di pizza reduce dalla riunione dei Tokio Hotel della settimana scorsa che esce, scomposta, da sotto uno dei divani di finta pelle bianca.

Non capisco perché la gente pensa che siamo dei ragazzi tranquilli e diligenti (apparte Tom che non ha mai nascosto la sua natura “cattiva”).

Se avessero visto cosa abbiamo combinato quella sera, beh, ci avrebbero denunciato all’ufficio igiene.

-Che cazzo stai facendo?-

La voce, gentilissima, di mio fratello si diffonde dal piano superiore.

Ma cos’ha? La vista bionica?

-Mi rompo i coglioni Tom!- ribatto asciutto, mettendo i piedi sul tavolinetto di vetro.

-Sto notando- mi dice mettendosi davanti alla Tv con le mani sui fianchi.

Dio, quando fa così sembra una casalinga isterica.

Poi sarei io la checca schizzata?

Sbuffo –Non so se lo sai Tom, ma non sei trasparente…- gli faccio notare annoiato.

Tom fa una smorfia ironica e inclina la testa –Sono molto più bello di JD, Bill!-

Alzo un sopracciglio ironico.

-A proposito, perchè ti sei vestito bene?- mi mordo la lingua –Oddio, bene ora, decentemente diciamo!-

Passo in rassegna la sua camicia a quadri scozzesi rossi e bianchi che copre una t-shirt semplice bianca.

I jeans chiari e consumati, immancabili ormai, scendono sulle nike di vernice rossa con i lacci bianchi.

-Parla quello con le zeppe!- sbotta Tom scocciato intrecciando le mani al petto e guardandomi –A differenza tua, io ho una vita sociale!-

Rido.

-Tu?- lo indico –Una vita sociale?- mi poso una mano sulla pancia ridendo –Ma se non puoi uscire senza temere per i tuoi vestiti!-

Mi ignora.

Ormai Tom è diventato così bravo a far finta che non esisto che a volte penso di essere veramente invisibile.

-Perché non esci anche tu?- mi domanda buttandosi al mio fianco –Ti farebbe bene fratellino!-

Giro la testa lentamente verso di lui.

Assottiglio gli occhi guardandolo insofferente e lo vedo che apre le labbra in un sorrisino innocente.

Ti conosco troppo bene Tom Kaulitz!

-Ti sta crescendo il naso Tom, cosa vuoi veramente?- gli domando senza troppi giri di parole.

Quel visino non ha segreti per me.

Sono a contatto con lui fin dal concepimento, non può pretendere di fregarmi.

-Niente Billie, lo faccio per te, poi ti senti sempre solo…-

-Tom…-

-Dici sempre che vuoi trovare la tua anima gemella, allora vestiti bene e va a trovarla…-

-Tom…-

-Su dai Bill, prendi un po’ d’aria che ti…-

-Tom, dimmi cosa cazzo vuoi veramente se non vuoi che frantumi, ancora, la tua testa su questo tavolo!- lo interrompo scocciato.

Lui sbuffa –Mi serve la casa, contento?-

-Capisco- annuisco lievemente –Peccato che non ho alcuna voglia di muovermi da questo divano-

Non è vero, ma non mi piace che quel microcefalo con le trecce mi debba buttare fuori di casa ogni volta che vuole scoparsi la sue puttanelle.

Insomma, questa è anche casa mia.

-Non è vero!-

Purtroppo anche Tom mi conosce bene.

-Sì che è vero!-

-no-

-sì-

-No-

-Sì-

-NO-

-Sì-

-Sì- sbotta Tom.

-NO-

Scoppia a ridere.

Maledizione! Mi ha fregato ancora –Merda- impreco.

-Avanti Bill, che ti costa per questa sera, fallo per me, il tuo fratellone- piagnucola implorandomi.

Se pensa che con quello sguardo mi convinca sta fresco.

L’ho inventata io quell’espressione, sennò come faccio ad ottenere tutto quello che voglio?

Tom sporge un labbro facendolo tremolare.

Nooo, non può farmi questo.

-Suuu Bill, ti prego-

-Ma neanche per sogno- sbotto ignorandolo –Io non mi muovo da qui!-

 

 

[ANDREA]

 

 

«Tutto va male contemporaneamente»

 

 

Una legge di Murphy non poteva starci meglio.

Quando pensi che la tua vita non possa essere migliore, una testa di cazzo entra nella tua vita e scombussola tutto.

Tira una prima frecciata e poi tutto crolla, contemporaneamente.

Prima scopro che Annika mi teneva nascosta una tresca con un chitarrista famoso, scopro che il ragazzo che mi piace è gay e che ha una cotta per il suddetto chitarrista, la mia amica casca, di nuovo, nella rete dello stesso chitarrista e alla fine inizia a considerarmi una traditrice perché le ho detto di stare attenta.

In questa settimana ho provato in tutti i modi a chiamarla, a parlarle, ma lei non ne vuole più sapere di me… a quanto pare.

E mi sento dannatamente sola!

Mi fa male da impazzire sapere che lei sta iniziando ad odiarmi.

So di aver ragione, che lei sta buttando al cesso quindici anni di amicizia per un tizio che, d’accordo, non è uno qualunque , ma che le spezzerà sicuramente il cuore.

Forse sono io che perdo  tempo a preoccuparmi per lei.

Tanto per far capire a tutto il condominio che sto in depressione totale, mi sono aggirata per casa, tutta la giornata, in mutande e canottiera sgranocchiando biscotti al cioccolato ascoltando a tutto volume “Coma White” di Marilyn Manson.

A pill to make you numb, a pill to make you dumb, a pill to make you everybody else

But all the drugs in this world, won’t save her from herself

 

Forse non sarà cocaina o eroina la droga che non fa ragionare Annika, ma è comunque qualcosa di pericoloso.

Forse, finchè non batterà la testa contro il muro e si ritroverà a piangere per lui, di nuovo, si nasconderà dietro le sue false promesse.

Io posso solo aspettare.

Perché, nonostante lei mi abbia tagliato via e io sia incazzata nera con lei, la riaccoglierei a braccia aperte.

Per far capire ai miei che non voglio essere disturbata ho alzato a tutto volume “The Beautiful People” sempre di Marilyn Manson.

E, mentre mio padre chiede dei tappi per le orecchie a mia madre, io rimango chiusa in camera.

È sabato, dovrei uscire, ma non ne ho la minima intenzione.

Non sento nemmeno il campanello che suona.

Alzo ancora di più il volume della canzone che con il suo ritmo frenetico riempie la stanza.

La signora Evans starà pensando che una setta satanica si è riunita nella mia camera, ma non può sbagliarsi di più.

Sono sola con la mia disperazione e la consapevolezza che questa volta non ci sarà Annika a bussare alla mia porta nonostante qualcuno si stia dannando per farsi sentire.

Abbasso la musica di poco, abbastanza da sentire mio fratello che prende a pugni la porta.

-Che vuoi?- urlo mettendomi a gambe incrociate sul letto.

-C’è qualcuno che ti cerca- annuncia lui con voce alta.

Non mi da il tempo di rispondere che apre la porta accennando un –È qui!-

-Grazie…- risponde cordiale una voce maschile.

Salto su.

Maschile?

Salto dietro il letto nello stesso istante in cui dalla mia porta fa capolino Bill.

Quel Bill.

Bill Kaulitz!

Che cazzo ci fa qui?

E io sono anche in mutande!!!!

-Bill! –esclamo sorpresa –Che ci fai qui?!?-

Faccio uscire la testa da dietro il letto cercando a tentoni un pantalone, gonna, pantaloncino, asciugamano, qualsiasi cosa mi possa coprire.

Lui mi guarda divertito –Avrei dovuto avvisare, ma non mi hai lasciato il numero quindi…- si gratta la testa imbarazzato.

Beh, la situazione è un po’ equivoca.

Lui, alla mia porta, che si gratta la testa imbarazzato e io qui, dietro il letto, in mutande, rossa come un peperone.

Alzo lo sguardo verso di lui sorridendo appena –Tranquillo-

Beh che posso dire? Bill è comunque carino con me, non voglio trattarlo male.

Poi, questa sera, devo ammetterlo, è davvero sexy!

Con una semplice maglietta chiara con delle labbra di vampiro stampate sopra in un gesto sensuale.

Un paio di pantaloni neri lucidi e non troppo attillati gli fasciano le gambe e ricadono su degli stivaletti bassi.

Una semplice cinta nera circonda i suoi fianchi.

Su un braccio un polsino nero e sull’altro un orologio d’oro massiccio.

Due collane abbracciano il suo collo da cigno.

Questo look semplice mi piace un sacco, lo fa sembrare più… umano.

Mi sorride e ha un sorriso da capogiro, luminoso e contagioso –Ok, volevo chiederti se ti andava di andare a prendere una pizza… cioè, io e te, ma come amici eh!- si affretta a dire gesticolando furiosamente.

Bill è così… Bill!

Mi sembra di conoscerlo da una vita.

Mi appoggio con le mani al letto e gli dico di chiudere la porta.

Lui segue il mio “comando” e poi si avvicina a me sedendosi sul letto.

-Lo so, sono in mutande- commento sospirando.

-Circa dieci minuti fa lo ero anche io!- sorride lui guardandomi –Tom mi ha sbattuto fuori-

-Seratina romantica?- chiedo tirandomi su e sedendomi, a gambe incrociate, al suo fianco.

-tze, Tom non sa nemmeno che significa la parola “romantico”- borbotta acido –Ha un appuntamento e vuole la casa libera per il dopo serata-

-Con chi esce?- chiedo interessata.

Bill si zittisce di colpo abbassando lo sguardo –Credo che non ti piacerebbe saperlo-

-Annika?-

Non ho bisogno nemmeno della conferma che Bill mi da, so che è lei.

-Andrea, so che avete litigato, me lo ha detto Tom- mi dice –E mi dispiace un sacco, lei pensa davvero che a te piaccia Tom-

Sgrano gli occhi e quasi mi affogo con la mia stessa saliva.

-Non è vero- urlo indignata.

Mi ha capita male, ha stravolto tutto quello che veramente provavo.

Bill sorride –Lo so Andrea, lo so perfettamente…-

Mi passo una mano tra i capelli ridendo isterica –Io e Tom? È un’idea… macabra, masochista… orrida!- esclamo.

Bill scoppia a ridere.

La sua risata è così cristallina che mi contagia.

Scoppio a ridere con lui, cadendo indietro sul letto mentre lui posa la testa sulle mani che poco prima aveva posato sulle ginocchia.

Volta la testa verso di me e sorride ancora –Allora per questa pizza?-

-Andata, Kaulitz!- esclamo alzandomi dal letto.

Lui sorride posando gli occhi su di me.

C’è qualcosa di strano in Bill, qualcosa che mi porta a fidarsi istintivamente di lui.

Inizio a scorrazzare per la camera con il suo sguardo divertito puntato addosso.

Cosa mi metto?

Mi fermo al centro della stanza proprio mentre parte “This is new Shit”.

-Ok… quanto tempo puoi aspettare?- gli domando.

Bill scoppia a ridere e si alza dal letto avvicinandosi a me.

È altissimo e magrissimo, non gli arrivo nemmeno a una spalla.

-mmm… non so, perché?-

-Non so cosa mettermi!- piagnucolo facendomi cadere le braccia –Qui dentro regna il casino più totale, è una settimana che non metto in ordine-

Bill mi sorride furbo e inizia a guardarsi intorno.

Fa strano avere una persona famosa in quel buco che ho il coraggio di chiamare camera.

Lo vedo vagare in cerca di qualcosa d0a mettermi addosso.

-Direi che questi vanno bene!- esclama estraendo da una pila di  vestiti i jeans completamente neri.

Beh non ha tutti i torti, quei pantaloni sono fighissimi.

Me li passa lanciandomeli addosso, seguiti dalla mia cinta nera con dei teschietti bianchi, qualche catena da appendere qua e là.

Poi apre la mia cassettiere e fruga per qualche minuto estraendo, subito dopo, una t-shirt della Iron First nera con un mega teschio bianco stampato sul davanti  contornato da cuori spezzati, verde mimetica, che fanno da sfondo alla semplice frase scritta in bianco: “Anti Lover”.

La guarda per qualche istante, indagatore, e poi me la butta addosso.

Si gira poggiandosi alla cassettiera e mi sorride –Ecco, ora sai cosa metterti!-

Ridacchio e me ne vado verso il bagno.

Una volta vestita, pettinata, truccata, esco dal bagno infilandomi in camera.

Bill sta guardando la mia chitarra posata ad un angolo muovendo la testa al tempo di “Arma- goddamn- motherfuckin- geddon”.

Lo fisso mentre con la mano percorre le corde e sorride.

-Ti piace?- domando alle sue spalle.

Lui sobbalza ma si riprende subito –Si, è davvero una bella chitarra… è una Gibson?-

-No…- lo correggo –Non ho i soldi per comprarmi una Gibson, è un Epiphone versione Emily The Strange-

Adoro la mia chitarra, nera, rossa e bianca con il viso di Emily che troneggia sotto le corde di ferro 0.10.

Adoro il ponte nero che spicca tra le scritte e le fantasie complicate.

È mia, e in lei c’è tutto quello che più si avvicina a me.

La mia bambina.

-Sai suonarla?- mi domanda.

Annuisco –Si, da quando avevo poco più di sette anni, però sono un’autodidatta quindi suono solo nella mia stanza!-

Si gira e mi sorride –Sei in gamba Andrea-

-Chiamami Andy!- inclino la testa restituendogli il sorriso.

È così gentile, così carino con me e poi…

Anche lui, come quel troglodita del fratello, è da mozzare il fiato.

La sua pelle è così perfetta da sembrare quella di un bambino, i suoi occhi ti scrutano attenti celando la curiosità sotto una luce di innocenza pura, le sue labbra così carnose da volerle morderle.

La musica si ferma, il cd cambia con un tic indistinto e, pochi secondi dopo, parte “Fade To Black” dei Metallica.

Il riff lento invade la stanza mentre Bill mi guarda dalla testa ai piedi sorridendo.

-Solo musica Metal qui dentro?- domanda divertito –Questa è la preferita di Gustav- mi annuncia iniziando a canticchiarla.

Rimango a fissarlo mentre muove le labbra sovrastando la musica.

La sua voce è bellissima, bassa e decisa, graffiante e… perfetta.

Un brivido mi sale su, lungo la schiena provocandomi una scia di pelle d’oca sulle braccia.

Mi guarda sorridendo ancora –Ho fatto centro, stai benissimo!- mi fa notare passando il suo sguardo ambrato lungo il mio corpo.

Arrossisco e nascondo le braccia dietro la schiena.

Ho ancora la pelle d’oca.

-Beh, grazie!- balbetto senza sapere bene cosa dire.

Capita anche a me sapete?

-Andiamo?- mi domanda.

Cado dalle nuvole e scuotendo la testa asserisco un –Si!- basso.

Spengo la musica, troncando sul nascere un assolo, afferro il mio cellulare e mi metto sulla testa il mio adorato cappello alla francese.

Apro la porta e faccio uscire Bill, poi la richiudo alle mie spalle.

Gli sorrido esortandolo a seguirmi.

Arriviamo alla cucina dove un tintinnio indistinto di piatti e forchette riempiva la quiete che l’assenza della mia musica aveva creato.

-Mamma, papà- richiamo la loro attenzione.

Mio padre è intento a leggere il giornale seduto a capo tavola mentre mia madre posa un pentolone di stufato sulla tavola.

Matt sta battendo il coltello su uno dei bicchieri facendo incazzare mio padre che si trattiene dall’urlargli contro.

Kevin, il più piccolo, cerca di arrivare all’acqua posta a metà tra lui e la pulce, ma, essendo alto un metro e un tappo di sughero, non ci riesce e muove le manine lagnandosi.

Classico scenario delle 21:00 in casa Linke.

Mio padre abbassa il giornale e scruta attentamente Bill da capo a piedi, mostra una smorfia poco cordiale e sbotta un –Chi è lui?-

-Ehi, ma tu sei quello della TV!- squilla Matt indicando il televisore che trasmette il telegiornale di ZDF.

Il faccione sorridente di Bill annuisce accondiscendete alle domande di un’intervistatrice troppo invadente.

-Oh signore!- esclama mia madre correndo fuori arrossendo –Non sapevo di avere in casa una persona importante!- balbetta velocemente –Guarda come sono conciata!-

-Mamma…- la richiamo sperando di sotterrarmi.

Bill ride posandomi una mano sulla spalla.

-Certo, ora è pure una star- grugnisce mio padre.

-La finite!- esclamo spazientita –Lui è Bill, sì Matt, Bill Kaulitz quello dei Tokio Hotel, proprio quello lì alla Tv- sospiro –No papà, non è il mio ragazzo è solo un amico- confesso.

-Amico?- domanda mio padre poco convinto –Tutte dite così!-

Bill si schiarisce la voce –Signor Linke, davvero, mi creda, io e Andrea non stiamo insieme nonostante sia davvero una bella ragazza, sono venuto a prenderla per una pizza, se lei mi dice a che ora devo riportarla a casa le prometto che sarà qui molto prima-

Ci sa fare il ragazzo!

Mio padre lo guarda ancora arcigno –Se dicessi alle undici?-

-Sarò qui alle undici meno dieci- sorrise cordiale Bill.

Certo che questo ragazzo è un amore!

Mia madre già si è sciolta nel solo guadarlo.

Persino mio padre sembra cedere sotto lo sguardo innocente di Bill.

-Sei sicuro di quello che mi prometti… ehm… Bill?- chiede con fare autoritario.

Bill non ci pensa due volte ad annuire con il classico faccione sorridente –Sicurissimo Signor Linke-.

Colpito e affondato. Mio padre sfodera un sorriso luminoso e mi congeda con un –Divertitevi ragazzi-.

Saluto la mia famiglia con un gesto della mano e spingo Bill verso la porta.

-Perdonali, sono fuori di testa- mi scuso mentre sbatto la porta di casa facendo rimbombare il rumore per i corridoio.

Bill si gratta la testa scendendo con me le scale –Ma di cosa Andrea? Sembrano simpatici-.

-Sembrano, ecco il punto!-

 

 

*******

 

 

Avete presente quelle sere dove tutto è improvvisato, dove ogni luce sembra una sorpresa?

Dove andrò? Cosa farò? Con chi sarò?

Beh, questa è esattamente una di quelle sere.

Sono in macchina con una rockstar senza sapere cosa veramente ha intenzione di fare, la musica a palla (Xandria - Vampire ), la mia voce che si fonde alla sua mentre Amburgo sfreccia veloce dietro i finestrini della sua enorme Audi Q7.

Mi sembra di vivere in una specie di Film.

Mi ha permesso, persino, di tenere i piedi sul cruscotto.

-Dove andiamo di preciso?- chiedo quando Bill abbassa la musica.

-Ehm… Il Soho, non so se hai presente- mi dice fermandosi a un semaforo –Io e i ragazzi andiamo spesso lì dopo le registrazioni dei pezzi, è abbastanza vicino dall’appartamento/carcere dove quello schiavista di David ci rinchiude quando dobbiamo scrivere nuovi pezzi-

-Non dovrebbe uscirvi spontaneo?- domando mettendomi seduta composta –Scrivere testi, intendo-

Le labbra di Bill si piegano in un sorriso quasi divertito –Sì dovrebbe ed è così, noi scriviamo e componiamo sempre, ma non l’abbiamo mai presa come un lavoro ma come un hobbie e ci distraiamo facilmente, sai, la Play Station, la TV a schermo piatto, la saletta insonorizzata…-

-Le Grupies…- commento ridacchiando facendolo voltare verso di me.

-Eh no, le Grupies sono di Tom, solo lui si distrae dietro quelle… ehm…-

-Puttanelle…-

-D’alto bordo, sì- conferma Bill ridendo –Da quando, però, Georg si è fidanzato in casa sono off limits anche le Groupies- spiega decelerando appena –E mi sta bene come divieto, odio quelle ochette infiocchettate-

Alzo un sopracciglio –Anche tu sei un’ochetta infiocchettata Bill-

-Come ti permetti!- si finge offeso –Io sarò anche un’ochetta ma non so infiocchettato, no no-

 

 

*******

 

 

Il Soho non è una pizzeria normale o, almeno, a me sembra così.

Ha un’aria estremamente elegante e italiana e, nonostante tutto, è rustica, semplice.

È uno di quei posti che ti farebbe rimbecillire per cercare un vestito adatto.

Le tovaglie rosse spiccano tra il colore caldo delle pareti e del pavimento contrastando il freddo grigio delle pietre che rivestono le colonne portanti.

Nell’aria si diffonde la voce di Karen Elson che, con quel mix tra anni sessanta e country dark, rilassa i commensali.

Almeno si sente buona musica.

Il tutto ha un’aria rilassante e gioiosa.

Il locale è pieno di ragazzi che, in lunghe tavolate e piccoli tavoli da quattro o da due ravvivano l’aria di risate e chiacchiere.

Il vociare è insistente e calmante.

Io e Bill iniziamo a zig zagare per i tavoli dopo aver intercettato un cameriere.

Qualche ragazza, nel notare Bill, sbianca dopo aver dato una gomitata alla vicina.

Il moro picchia delicatamente un dito sulla spalla del giovane cameriere -Mi scusi- dice gentilmente.

Il cameriere si gira velocemente -Mi dica Sign…- chiude la bocca, sgrana gli occhi e deglutisce –Ma tu sei Bill Kaulitz, quel Bill Kaulitz?-

Vedo Bill sospirare affranto e annuire –Sì, sono io-

-Mia sorella vi adora, adora te- lo indicò stupito –Sente solo voi e alla fine mi… Adoro le vostre canzoni-

Mi scappa da ridere.

Scommetto che l’idea del mio accompagnatore sia stata di passare una serata tranquilla in un posto comune senza interruzione.

Fa ridere pensare che l’idea è andata letteralmente a puttane.

-Grazie- esclama Bill sorridendo.

-Mi fai un autografo?- domanda tastandosi nelle tasche e estraendo il cellulare –Tu ci puoi fare una foto?-

Mi porge il cellulare e io lo guardo a lungo.

Ora sono diventata “quella che scatta le foto”?

Guardo Bill e lui con lo sguardo mi implora di afferrare quel dannato cellulare e scattare la foto. Ho la sensazione che si senta decisamente a disagio e che, dopo aver fatto quella cazzo di foto, lui possa andarsene in pace.

Caro Bill, sei tu che hai scelto un posto affollato sapendo di essere Bill Kaulitz, QUEL Bill Kaulitz! Brutta mossa!

Afferro il cellulare e scatto una foto mentre Bill firma il Block Notes delle ordinazione, poi si gira verso di me con aria afflitta e si mette in posa cingendo le braccia del cameriere.

Ridacchio –Dite Cheese!- 

Il cameriere lo fa mentre Bill si limita a sorridere mostrando la fila perfetta dei suoi denti.

-Fatto!- sorrido restituendo il cellulare e quello ringrazia quasi inchinandosi per poi ricordarsi, tutto di colpo, del suo lavoro –Un tavolo per due?-

-Magari- sospira Bill avvicinandosi a me.

-Bene, seguitemi-

Il cameriere prende a trottellerare per la pizzeria trovando un posticino vicino alla cucina.

-Scusa…- mi mormora Bill con le mani nelle tasche.

Mi giro a fissare il suo visino dolce, lo fisso nei suoi bellissimi occhi ambrati e sorrido –Non è mica colpa tua se sei l’uomo più famoso della Germania-

-Oh, in realtà, è tutta colpa mia… ma non divaghiamo-

Gli do una piccola pacca sulla spalla e trotterello al mio posto mentre Bill si accomoda di fronte a me.

Il tavolo è già apparecchiato, il cameriere posa del pane al centro della tavola e ci lascia i menù con fare cordiale –Passerò a prendere le ordinazioni tra un po’, ok?-

-Perfetto- risponde Bill aprendo il menù.

Il cameriere ci sorride e, con una giravolta studiata, se ne va di fretta verso la cucina.

È un attimo, apre la porta e lo sentiamo urlare –Walter, non puoi immaginare chi c’è fuori…-

 

******

 

-Com’è?- mi chiede mentre addenta la sua, tanto sudata, pizza margherita.

Sorriso mentre poso una crosta sul piatto bianco e mi pulisco le labbra –La più buona di Amburgo-

Bill ridacchia –Hai mai provato quella italiana?-

-Ehm… rideresti se ti dico che non sono mai uscita dai confini tedeschi?- mi gratto la testa.

Bill scuote la testa afferrando il suo bicchiere di birra e portandoselo alle labbra.

Ne beve un sorso e poi la posa sul tavolino –Io ho viaggiato un sacco ma non ho mai visto una città straniera-.

Lo guardo.

Ma cosa cazzo sta dicendo?

Insomma, lui viaggia, fa concerti in tutto il mondo e non ha mai visto una città straniera, non capisco.

Mi sta prendendo per il culo?

-Non capisco- alzo un sopracciglio.

Bill posa ancora il suo bicchiere e posa i gomiti sul tavolo –Quando noi arriviamo in una città ci chiudiamo in albergo, ci caricano su una macchina e ci portano nel palazzetto dove dobbiamo suonare, facciamo il concerto, ci caricano sul tourbus e ripartiamo, non ci siamo mai fermati in un posto per visitare la città come dei turisti- mi spiega –In compenso conosco tutti gli alberghi del mondo-

Scoppio a ridere con lui.

Bill è davvero simpatico, non si prende mai sul serio e ti fa dimenticare di essere una star internazionale.

Ha un’ aura davvero… accecante.

E ha una pazienza quel ragazzo.

Durante la cena ci hanno disturbato circa dieci ragazzine, cinque coppie di genitori, tre di fidanzatini e anche una bambina, chiedendo foto e autografi e Bill non ha fatto una piega.

Nonostante notassi quanto volesse essere lasciato in pace, accontentava tutti.

E questo mi ha colpito molto, non tutti sarebbero così disponibili, io stessa stavo per perdere la pazienza.

-Sono parte integrante del mio lavoro, i fans sono quelli che, in un certo senso, mi pagano, devo loro tutta la mia gratitudine-

E non avevo potuto replicare.

Quante volte ero rimasta delusa ai concerti perché gli artisti non erano scesi a fare autografi snobbandoci del tutto.

Bill non è così, lo sento.

Nonostante gli pesi non avere più una vita normale, non lo fa trasparire.

Sospiro mentre lui mi sorride –C’è sempre un rovescio della medaglia e uno di questi è l’assenza di privacy-

Annuisco –Non ti posso capire ma comprendo-.

-Non c’è bisogno di capire- si affretta a dire –Odio essere preso per il culo dalla gente che finge di capirmi perché sono Bill Kaulitz dei Tokio Hotel, preferisco che qualcuno mi dica che sto sbagliando, che sono un coglione, che mi detesta, preferisco che i loro sentimenti siano veri e non plastificati come quelli della gente che ho intorno da cinque anni a questa parte-.

Sorrido mentre lo vedo afferrarmi una mano sul tavolo e stringerla –Andrea, tu sei la prima amica che ho da cinque anni, non riesco a capire il perché ma mi fido di te-

Ridacchio nascondendo l’inevitabile rossore che mi sta salendo lungo le gote.

Non devo arrossire diamine!

Inizio a muovere un piede nervosamente e poso lo sguardo su di lui –Questo perché sono l’esserino più adorabile del mondo-

Scoppia a ridere e io con lui.

-La Plastica non mi piace per niente, è un materiale che odio-.

E sono contenta di strappargli un sorriso, prenderlo per me, nasconderlo nel mio cuore e tenerlo con me, per sempre.

 

 

 

******

 

 

-Che hai preso?-

-Panna cotta con cioccolato-

-Dove cazzo lo metti in quel corpicino da modella?-

-Ah me lo dicono tutti!-

Siamo arrivati al dolce che io, ovviamente, per non fare la figura della maiala, non ho preso.

Sto comunque morendo alla vista dell’enorme panna cotta di Bill che sembra sudare cioccolato. È già la terza che prende!

Come diamine fa ad essere così magro io non lo so.

-Ho la sensazione che tu abbia venduto l’anima al diavolo, vero?- lo guardo in cagnesco.

-Io e Satana abbiamo fatto molti patti, la mia anima è sua da tempo- dice sarcastico –Apparte gli scherzi Andrea, non ho mai pensato alla mia linea, me ne frego altamente-

-Perché non hai problemi mio caro Bill, io mi gonfio facilmente- gli faccio notare alzandomi –Questa, quando sono uscita, non c’era!-

Lui ridacchia guardando la curva del mio ventre –Smettila di dire stronzate Andy, sei minuta almeno quando me, non hai un filo di pancia-

-Dici?-

-Dico, dico- sorride passandomi un cucchiaino della sua panna cotta –Assaggia dai-

Lo accontento e mi lascio imboccare.

Il sapore del dolce mi provoca quasi un orgasmo. Amo la cioccolata, è il mio punto debole.

Bill mi sorride mentre faccio le fusa.

Ritira indietro il cucchiaino –Allora?!-

-CAMERIEREEEEEEEEEEE!!!!-

 

 

*******

 

 

-Non dovevi pagare tutto tu!- mi lamento mentre usciamo dal Soho.

Ci tornerò questo è sicuro.

È stata una serata divertente anche se poi Bill ha voluto, come dire, “offendermi” pagando tutto.

Ok, i soldi non gli mancano, ma mi sento in… debito.

Lui mi passa un braccio sulle spalle stringendomi appena –Di solito la Universal paga per me, volevo capire come si sente David a pagare un mio pranzo-.

Scoppio a ridere mentre ci avviciniamo alla macchina.

-E poi non ho pagato così tanto in confronto a quello che ha sborsato Tom questa sera…- si lascia scappare.

Alzo di scatto la testa verso di lui che si tappa la bocca con la mano.

-Cosa?-

-Ho parlato troppo, scusa…- si scusa mentre abbassa la mano –L’argomento Tom e Annika è Tabù-

Abbasso la testa scuotendola –No, non è un tabù, dimmi tutto, dove andavano?-

Bill sospira –Al Saten- mi dice –Non ho mai visto Tom cacciare tutti quei soldi per portarsi a letto una ragazza, insomma, poteva pagarsi una puttana se voleva spendere il guadagno di tre concerti-

Alzo lo sguardo fulminandolo.

-Ok, ho parlato ancora troppo-

Rido di gusto e di amarezza –Pensi che Tom le farà ancora male?-

Bill sospira –Ne sono certo, conosco mio fratello così bene che posso leggergli nel pensiero- mi stringe a sè –Ehi, non stare giù, vedrai che Annika capirà che sta facendo una cazzata a lasciarsi scappare una come te e tornerà…- mi consolò –Io la prenderei a calci nel culo ma so che tu la riaccoglierai a braccia aperte-

Era sbalorditivo come Bill riuscisse a leggere nell’anima delle persone.

Ci stava riuscendo perfettamente con me.

-Hai ragione-

 

-Andrea?-

-Sì-

-Saremo amiche per sempre?-

Sorrisi guardando il suo bellissimo visino guardarmi seria.

In un mondo di dubbi, carico di misteri avevo una sola convinzione.

Avevo solo due cose da dire.

-Per sempre-

 

 

[BILL]

 

 

Infilo la chiave nella porta.

È stata una bella serata, Andrea mi piace, non so fino a che punto però.

Sento qualcosa di… diverso per lei.

Apro la porta con leggerezza sapendo di trovare Tom a casa, la sua R8 è parcheggiata davanti al vialetto e non nel garage, c’è qualcuno con lui.

Mio fratello tratta quella macchina come una figlia, non la lascerebbe mai fuori durante la notte senza un motivo preciso.

Chiudo la porta alle mie spalle facendo scattare il chiavistello, butto le chiavi di casa e della macchina su un comodino e butto quella giacca che mi sono portato per sicurezza su una sedia.

Sono stanco, ma felice.

Come ai miei primi concerti.

Di colpo, però, mi trovo a terra, qualcosa che preme contro le costole.

-Porco…-

Bestemmio sonoramente accompagnando subito dopo il mio insulto a Dio con altrettante imprecazioni gentilissimi verso gli angeli, la Madonna, San Giuseppe e qualsiasi Santo conoscessi.

Mi alzo spolverandomi i pantaloni e afferro l’oggetto che mi ha perforato lo stomaco.

Un tacco.

Guardo verso le scale notando dei vestiti atterra.

Gli inconfondibili sandali Prada mi fanno capire molte cose.

Annika è quel qualcosa che ha permesso a Tom di trattare la sua macchina come tale.

Scuoto la testa.

Quell’oca non impara mai dai suoi errori.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** 8. Collezione di delusioni ***


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*Premettiamo una cosa: siamo felicissime dei commenti chilometrici ricevuti nel precedente capitolo! Vi ringraziamo col cuore: c'avete reso davvero soddisfatte del lavoro svolto!*.*

Speriamo di trovare altrettanto per questo capitolo!:)

Un bacio, Aliens & _Audii_ *

 

 

 

[ANNIKA]

 

 

 

 

Percepisco indistintamente una luce intensa infrangersi sul mio viso.

Mi muovo lentamente tra le morbide lenzuola, con gli occhi ancora chiusi.

Lentamente li apro e sbatto le ciglia un paio di volte.

Giusto quella frazione di secondo necessaria per rendermi conto di non essere a casa mia.

Metto a fuoco precisamente tutto ciò che mi circonda e pian piano mi rendo conto del luogo in cui mi trovo.

 

 

*

-Resta qui-

*

 

 

Tom ha sempre avuto la straordinaria capacità di convincermi solo con un paio di parole, o magari con un gesto, uno sguardo.

Probabilmente è lui l’unico ragazzo sulla faccia della terra ad avere una tale capacità.

Ieri sera, dopo aver fatto l’amore, non ho saputo resistere a quello sguardo che, se ne avesse la possibilità mi perforerebbe l’anima, ne sono certa.

Non ho saputo resistere alle sue mani che mi tiravano verso di lui, scorrendo instancabilmente sul mio corpo.

E poi alla sua voce…roca, sexy, terribilmente eccitante.

Mi sentivo terribilmente attratta da lui.

Sono rimasta a dormire qui: e mi sono sentita speciale come mai prima, forse.

Mi muovo lentamente lasciando che le lenzuola mi avvolgano e solo ora sembro accorgermi del suo contatto sulla mia pelle.

Sento il suo corpo contro il mio e un suo braccio avvolgermi la vita, tenendomi legata a lui.

Sorrido impercettibilmente ricordando la notte trascorsa insieme.

Resterei così in eterno, si.

Qui, insieme a lui, l’uno a contatto con l’altra, cullati da una dolce melodia immaginaria.

D’un tratto sento il suo naso sfregare lievemente la mia spalla.

Il cuore prende a battermi velocemente: è incredibilmente dolce e mi sembra di sognare.

Un gesto così innocuo, ma dolcissimo, in grado di farmi sciogliere.

Decido di alzarmi e preparargli la colazione.

Magari può fargli piacere.

Sposto lentamente e con estrema delicatezza la sua mano dalla mia vita e la poggio sul letto.

Mi alzo, leggermente imbarazzata a causa della mia nudità.

M a il ricordo di quello che abbiamo vissuto stanotte cancella ogni disagio.

Mi sporgo verso di lui, lasciandogli un leggero bacio sulle labbra.

Sorrido vedendo il suo viso angelico, dalle fattezze totalmente perfette.

Recupero la mia biancheria intima, sparsa per la stanza, e me la infilo.

Decido di indossare una delle tante camicie di Tom, appese nell’armadio.

Ne scelgo una a quadri bianchi e blu.

La indosso, lasciandola sbottonata ed esco con una lentezza estrema dalla porta, dopo averlo guardato un’ultima volta dormire così beatamente.

Mi sento totalmente tra le nuvole: abbiamo fatto l’amore ed abbiamo passato tutta la notte insieme.

Non posso ancora crederci!

Sapevo che stavolta sarebbe stato diverso dalle altre.

Scendo le scale silenziosamente e la vista dei nostri abiti sparsi per l’ingresso mi fa sorridere.

Ripenso ancora a ieri sera e al modo in cui ci siamo spogliati.

Sento dei rumori provenire dalla cucina e appena volto l’angolo mi trovo davanti ad una visione decisamente poco piacevole.

Soprattutto dopo una notte di sesso con Tom che m’ha reso la ragazza più felice sulla faccia della terra.

Bill Kaulitz, in boxer, che si versa del latte in un enorme bicchiere.

Appena mi vede sposta lo sguardo su di me.

Lo squadro interamente ribadendomi ancora una volta, mentalmente, quanto sia decisamente più sexy Tom.

Probabilmente non sono molto brava a nascondere la mia smorfia di disappunto nel vederlo.

-Chi si rivede..Annika Stern!- esclama infatti lui mostrandomi un sorriso a dir poco falsissimo.

Arriccio le labbra in senso di disprezzo incrociando le braccia sotto il seno.

-Vedo che l’indecenza è rimasta di gran lunga la tua dote migliore!- esclama sarcasticamente mentre poggia la bottiglia del latte sulla superficie in marmo e fissa lo sguardo sul mio corpo seminudo.

-Tuo fratello non sembra essersi scandalizzato stanotte, sai?!- commento io con tono astioso.

-Beh, direi!- esclama lui- ha speso un patrimonio per portartisi a letto!- dice lui con acidità.

Ridacchio in maniera sprezzante distogliendo lo sguardo da lui.

Che cazzata!

-E sai qual è la cosa che non riesco a spiegarmi in nessun modo?- continua lui avvicinandosi di qualche passo a me col bicchiere di latte nelle mani.

-Sono curiosa- mi fingo interessata, sapendo già che sta per sparare una cazzata delle sue.

-Tra le mille ragazze che darebbero un braccio pur di scoparselo, lui ha scelto proprio te, una svampita cronica!- conclude prendendo un sorso dal suo bicchiere.

-Ehi, vacci piano con le parole- commento io avvicinandomi di qualche passo a lui- potrei dire la stessa cosa di te sai?-

-non credo proprio, tesoro- esclama lui ridendo divertito- ma io penso proprio di aver capito il perché di questa sua scelta, sai?- fa lui poggiando il bicchiere sul tavolinetto quadrato.

-Perché tu sei l’unica, talmente stupida, da cascarci ogni volta, da farsi usare, da farsi prendere per il culo ancora e ancora- dice lui, con una calma fastidiosa.

-Smettila di dire cazzate, stavolta è diverso- tento di dire quando lui mi interrompe.

-Ma può essere che tu sia così cretina da non accorgertene? Cazzo, è così palese! Ma soprattutto Tom è così prevedibile!- esclama concitato.

No, non è vero.

Scuoto la testa contrariata.

-Ma perché tutte le ragazze che entrano nel suo letto hanno la presunzione di poterlo conquistare??- esclama lui sbattendosi le mani sui suoi esili fianchi- che cazzo vi fa pensare di poter essere diverse?? Come può Tom innamorarsi di sgualdrine che ci vanno a letto la prima sera?- esclama a voce ormai alta.

Il cuore mi batte veloce.

Non può essere come dice lui.

-Non ti permettere Bill!- gli punto un dito contro-tu non sai come stanno le cose-

-E invece si che lo so- commenta lui fissandomi negli occhi- lo so molto meglio di te, cara. Sai quante ne ho viste passare qui seminude proprio come te?- aggiunge con tono sprezzante- e tu non sarai di certo l’ultima-

Questa frase mi fa male.

Sta insinuando che Tom mi ha presa per culo di nuovo?

-Stavolta è diverso- ripeto io, ferma nella mia convinzione.

-Ma che cazzo ti fa pensare che sia così?- sbotta lui- il fatto che t’ha portata a cena in un posto di lusso? È stata anche quella una tattica, cazzo! Può essere che non lo capisci?- mi fa lui con decisione.

-Non ti facevo idiota fino a questo punto- aggiunge poi chinandosi per prendere un pacco di biscotti dalla credenza.

Il respiro sembra bloccarsi.

Resto immobile.

Le sue parole sono forti, e sanno di verità.

Di una bruttissima, orrida verità.

-Non gliene frega un cazzo di te, sappilo- aggiunge poi con una freddezza agghiacciante.

Gli occhi mi si riempiono incontrollabilmente di lacrime.

-E adesso vattene- continua poi con stesso tono distaccato- risparmiati l’umiliazione di essere cacciata via da lui-

Lo fisso per istanti lunghissimi, quelli che bastano per rendermi conto che sta dicendo sul serio.

Non avrei mai pensato di subire un’umiliazione del genere.

Un singhiozzo mi scuote tutta e scoppio in lacrime.

Mi volto immediatamente per non farmi vedere nello stato pietoso in cui sono dentro.

Corro a recuperare i vestiti sparsi a terra dalla sera prima e il solo ripensarci mi fa sentire malissimo.

Mi rivesto in fretta e mi sento letteralmente morire.

Apro svelta la porta e sto per uscire quando sento ancora la sua voce urlarmi:

-Per la cronaca il tacco delle tue preziosissime Prada stanotte m’ha perforato lo stomaco!-

Mi volto leggermente verso di lui, totalmente tranquillo.

-Avrai notizie dal mio medico!- aggiunge poi sarcastico.

Scuoto la testa e senza nessun ripensamento esco da questa maledetta casa.

Scappo via, in lacrime, mentre in mente ho solo un pensiero: forse ha veramente ragione Bill, sono un’idiota.

Come ho potuto farmi prendere in giro ancora una volta?

Le lacrime corrono lungo le mie guance.

So perfettamente dove andare.

 

 

 

 

 

*

 

 

[TOM]

 

Apro lentamente gli occhi strizzandoli a causa della luce che entra dall’enorme finestra.

Mi giro nel letto tra le morbide lenzuola.

Allungo un braccio accanto a me e sento il vuoto.

Mi volto e vedo le lenzuola sparpagliate sul materasso e il cuscino lievemente abbassato.

Dov’è?

Già è andata via?

Mi avvicino al cuscino e sento ancora il suo profumo.

Ripenso a stanotte: senz’altro soldi spesi bene!

Era da tempo che non facevo un’esperienza così distruttiva con una ragazza.

Sorrido malizioso pensando a quanto io sia effettivamente bastardo.

Ci riesco con tutte, tante e tante volte: nessuna sa dirmi di no!

È la realtà!

Sposto le lenzuola dal mio corpo e afferro i boxer gettati a terra, indossandoli.

Mi trascino fuori dalla stanza, per il corridoio, fino a scendere in salotto.

Dopo la prima rampa di scala percepisco dei suoni indistinti, decisamente ad alto volume, venire dal piano di sotto.

Non appena scendo anche gli ultimi scalini vedo la testa di Bill sporgere dallo schienale del divano intento a fissare la tv.

-ehi- mormoro io richiamando la sua attenzione- che cazzo stai guardando?- chiedo osservando le figurine blu che si agitano nello schermo.

-I Puffi!- esclama lui bellamente riportando in fretta la sua attenzione sullo schermo.

Scuoto la testa, sconsolato.

-Pensavo che avessi 21 anni, Bill- confesso girando l’angolo per andare in cucina.

-Anch’io pensavo la stessa cosa di te, Tom, sai?- urla lui per farsi sentire.

Ridacchio divertito mentre mi verso del caffè, già pronto, in una tazza.

Torno in salotto con passo lento e mi siedo sulla poltrona accanto al divano su cui sta stravaccato Bill.

-dammene uno- gli ordino indicando il pacchetto di biscotti al cioccolato che tiene tra le gambe.

Mi porge l’involucro senza mai staccare gli occhi dalla tv.

Infilo la mano all’interno e ne prendo un paio.

Lo osservo, un paio di boxer, una t-shirt nera semplice e un mare di briciole sparse sulle gambe e sul divano.

Fissa la tv come in trance e di tanto in tanto ridacchia a causa di qualche scena ‘divertente’ a suo dire.

-allora, com’è andata la serata?- gli chiedo con tono leggermente malizioso, afferrando il telecomando e abbassando leggermente il volume.

-Uhm…bene! Lei è davvero carina, mi piace! Ci siamo divertiti un sacco!- esclama lui convinto rivolgendomi per un attimo la sua attenzione.

-Davvero? Avete fatto sesso, quindi?- chiedo io speranzoso.

-Certo che no!- si affretta a precisare lui- non sono mica te- conclude poi.

-Dovresti imparare ad esserlo invece, sai?- aggiungo io sgranocchiando un biscotto.

-Ah si? E per quale motivo? Per illudere centinaia di ragazze e poi mandarle a fanculo senza pensarci più di una volta?- mi fissa con quell’aria di rimprovero che ha ogni volta che vado a letto con una delle mie “amichette”.

-No…semplicemente per scopartele all’infinito, quante e come vuoi!- esclamo ridendo divertito.

-Ti sei dimenticato la cosa più importante, Tomi-

-ah si? E quale?- chiedo curioso.

-La componente Bill!- esclama lui con falsa simpatia- non hai considerato quanto sia utile avere un fratello come me che raccolga i vostri vestiti sparsi per casa perché siete talmente arrapati da non poter aspettare di arrivare in camera per spogliarvi- dice tutto d’un fiato con un sorrisino satanico.

Ridacchio divertito.

-Oh ma non sai quant’è eccitante- mormoro io destando ancor più la sua ira.

-A proposito- aggiungo io cambiando tono di voce- hai visto Annika stamattina?-

Bill si schiarisce la voce e già questo me la dice lunga.

-Intendi la sgualdrinella dai capelli biondi, super montata e convinta di essere la regina del mondo, che è stata capace di scendere in cucina solo con una tua camicia addosso?- mi chiede con un sarcasmo tangibile.

Ridacchio divertito: certo che Bill non cambierà mai.

-Si, intendo lei!- confermo- l’hai vista?-

-Oh certo!- esclama lui con fare teatrale- anche se avrei tanto preferito non vederla!- conclude infilandosi un altro biscotto in bocca.

-Dov’è ora?- gli chiedo.

-L’ho cacciata via- dice semplicemente prendendo un sorso dal bicchiere di latte posato sul tavolinetto.

-Che cos’hai fatto, scusa?- chiedo io alzando il tono di voce di pochi decibel.

-Le ho detto di andarsene, prima di dover subire l’umiliazione di farsi cacciare da te!- mi spiega lui con tutta la tranquillità del mondo.

-Bill, sei un idiota!- esclamo io a voce alta, alzandomi in piedi di scatto.

-Perché?- mi fa lui non capendo- ti ho risparmiato una rottura di palle, dovresti ringraziarmi!- esclama.

-Non capisci, cazzo!- esclamo io in preda alla rabbia correndo su per le scale.

Entro in camera, mi infilo la prima cosa che mi capita tra le mani e  scendo immediatamente al piano di sotto.

Afferro le chiavi dallo svuota-tasche poggiato sul mobiletto all’ingresso e apro in fretta la porta.

-Dove vai?- urla Bill alzandosi dal divano- non capisco che ho fatto di tanto sconvolgente!- continua lui ignaro.

Mi giro verso di lui.

-Sei una testa di cazzo, Bill, sappilo- dico semplicemente prima di uscire e sbattermi la porta alle spalle.

 

 

 

*

 

 

 

È solo da qualche minuto che sono in macchina ma già sento che questo spazio mi sta stretto.

Abbasso di qualche centimetro il finestrino per far entrare dell’aria.

Direzione? Casa di Annika, credo.

Se non fosse stato per quell’idiota che tutti chiamano mio fratello Annika non se ne sarebbe andata via in quel modo, senza dirmi niente.

Chissà che cazzo le ha detto.

Premo il piede sull’acceleratore con intensità e un rumore crescente si propaga nell’aria mentre sfreccio per le vie dell’Amburgo residenziale.

Le mascelle serrate, le mani strette sul volante e una strana sensazione nel petto.

Rallento in prossimità dell’incrocio e d’un tratto mi fermo del tutto.

Ok, che cazzo sto facendo?

La vado a cercare per dirle cosa?

“Scusa Annika, Bill è un idiota”?

Quando mai io ho chiesto scusa a qualcuno?!

O semplicemente dovrei dirle “torna indietro così continuiamo quello che avevamo iniziato stanotte”?

Sospiro profondamente e mi rilasso sul sedile poggiando la testa sullo schienale.

Non posso permettermi una figura del genere.

Soprattutto non dopo tutto quello che ho fatto per portarmela di nuovo a letto.

Ruoto potentemente lo sterzo verso sinistra e compio un’inversione di marcia da ritiro istantaneo di patente.

Decido di tornare a casa.

Per quale motivo dovrei rincorrerla?

E soprattutto per dirle cosa?

In un momento del genere credo che io sia l’ultima persona che lei desideri vedere.

Premo lentamente sull’acceleratore ingranando la marcia e procedo lentamente, come in una fase di incertezza.

-Cazzo, però- sbotto quasi inconsapevolmente.

Ticchetto leggermente con l’indice sul volante in uno stato di nervoso tangibile.

Non so che fare e quando mai Tom Kaulitz è stato indeciso sul da farsi?

C’è una sola persona che può aiutarmi in un momento del genere, credo.

E stavolta non si tratta di Bill.

 

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Capitolo 9
*** 9. ...Per sempre ***


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[ANDREA]

 

 

Domenica mattina.

Ore 12: 13.

Tra due minuti, lo so, mia mamma entrerà stile elefante in camera mia, si butterà a pesce sopra il mio letto e mi chiederà, con il classico tono eccitato “Allora com’è andata con quel ragazzo?”.

L’ho vista aggirarsi, più di una volta, davanti alla mia camera fingendosi indaffarata (quando, di domenica, alle 9:00 in casa mia nemmeno il cane ha la decenza di alzarsi), guardare dentro e soppesare, tra sé, l’idea di svegliarmi.

Mia madre è una pettegola, le piace il sapore del Gossip vero.

Non ho preso proprio da lei!

Fatto sta che si è affacciata più di una volta guardandomi nella speranza di vedermi sveglia ma io, che la conosco da diciassette anni, ho avuto il buon senso di fingermi addormentata.

Il perché?

Non saprei che raccontarle, io e Bill, di sicuro, siamo SOLO amici.

Non ha tentato di baciarmi ieri sera ed eravamo completamente soli (apparte le decine di fans e i camerieri formato fan-girl assatanato con tanto di macchinetta fotografica pronta a scattare), non mi ha lanciato segnali.

Niente, Nitch, Nada…

Eppure non riesco a trattenere un sorriso più che compiaciuto.

Sento un leggero Bip Bip al cellulare.

Faccio uscire la mano dalla trapunta e la sbatto, senza grazia, sul comodino bianco e stracolmo delle mie cianfrusaglie. “Inciampo”, metaforicamente, su una busta di M&M’s al cioccolato (quelle marroni sono le mie preferite), un tubetto di solvente per unghie ormai finito, una rivista di musica (Rock Sound!) e arrivo finalmente alla destinazione.

Il mio cellulare sta vibrando provocando un ronzio abbastanza fastidioso.

Lo afferro portandolo verso il materasso.

Mi tiro su stropicciandomi gli occhi e notando che, come sempre, la sera prima non mi sono struccata.

Guardo lo schermo del mio Nokia X3 ormai arrivato alla fine della sua vita e sorrido.

 

Nuovo Messaggio

Bill :-)

 

Premo il bottone centrale e aspetto che si carichi.

Ci sta mettendo un’eternità.

Mi riprometto di cancellare qualcosa e poi, finalmente, posso leggere il tanto agognato SMS.

Ad essere sincera mi aspettavo che Bill mi scrivesse, tra di noi si è creata una bella intesa.

 

Buongiorno Andy! Dormito bene?

Io no, per questo che sono sveglio all’alba!

 

Ridacchio.

Mezzogiorno e un quarto sono l’alba anche per me.

Sorrido e mi appresto a rispondere.

 

Ciao Bill! Come stai?

Io ho dormito benissimo, merito della serata!

 

 

Spedisco il messaggio e decido di alzarmi, con la mia classica grazia.

Afferro la trapunta di Victoria Frances e la faccio volare oltre il letto, mi stiracchio e mi dirigo verso le mie babbucce raffiguranti un coniglio assassino.

Ciabatto verso la porta grattandomi la testa.

Ok, so che appena arrivata in cucina mi toccherà un terzo grado micidiale.

Il cellulare vibra tra le mie mani e mi affretto a leggere.

 

Oh di sicuro la serata è stata divertente…

Sto bene, stanco, assonnato ma tutto sommato bene…

Tu?

 

Gli spedisco il messaggio e lascio il cellulare nella camera uscendo verso il piccolo corridoio.

Dalla cucina arriva il buon odore di pasta.

Mamma sta preparando il pranzo e io non mi sono nemmeno alzata.

Questo è il problema di non distinguere mattina e pomeriggio, salti i pasti.

-Buongiorno- esordisco aprendo la porta che conduce alla cucina/ sala da pranzo/ salotto.

Kevin fa scattare lo sguardo verso di me e sventola una mano –Ea Ea, vieni chi!- mi dice con la sua vocina squillante.

Quanto adoro il mio fratellino?

Tanto, non c’è nemmeno da chiederselo.

Mi avvicino e lo prendo in braccio.

-Buongiorno Tesoro- mi saluta mia madre dalla cucina –Dormito bene?-

-Abbastanza- rispondo mentre Kevin ha preso di mira i miei capelli iniziando a tirarli –Kev, ti prego, non mi strappare i capelli-

-A che ora siete tornati ieri?- mi chiede mia madre.

Sicuramente il suo tentativo di rimanere sveglia era miseramente fallito.

Faccio scendere Kevin dalle miei braccia e mi appoggio allo stipite della porta –Bill mi ha riportata alle undici meno dieci, papà voleva che tornassi a quell’ora-

-Scherzava-

-Lo so- asserisco io –Ma Bill non credeva che stesse scherzando-.

Attimo di silenzio.

Eccolo, lo so, sta mettendo in ordine le sue centomila domande che mi saranno sparate addosso da un mitra.

Sta solo cercando un inizio che non mi faccia insospettire.

-Bel ragazzo quel Bill, mi piace- inizia infilando un piatto nel lavabo.

Faccio spallucce –Sì, è davvero un bel ragazzo-

-Ed è anche molto ricco- continua.

-Abbastanza-

-Immagino ti abbia portato in un bel ristorante di lusso- mi incalza guardandomi.

È avida di dettagli, lo leggo nei suoi occhi.

-No- sentenzio rompendo tutte le sue speranze –Siamo andati a prendere una pizza e poi ce ne siamo andati-

Rimane decisamente delusa.

Si aspettava che il famoso cantante che può avere tutte le modelle che vuole si fosse interessato davvero a me.

Io e Bill siamo destinati ad essere solo buoni amici.

Perché?

L’avete visto? Lui è Bill Kaulitz, leader dei Tokio Hotel, è bello da far schifo, ha fascino, classe, è intelligente e talentuoso e io sono…

Beh, sono nelle media.

Uno come lui non si interesserebbe mai a una come… Me.

A una che non spicca tra la folla, a una che non si (s)veste con minigonne vertiginose, tacchi altissimi, truccatissima e oca.

Lui non potrebbe mai avere una storia con me, MAI.

È contro ogni natura che uno figo come lui, pieno di soldi e famoso stia con una “perdente” quale io sono.

Non mi illudo di una cosa del genere, l’aura di Bill è capace di mettermi a mio agio e farmi sentire una merda insieme.

-Io e Bill non stiamo insieme mamma, siamo amici e non credo che la nostra amicizia si trasformerà mai in altro- le confesso sedendomi su una sedia.

-Perché dici così scusa?- mi domanda retorica guardandomi.

Mia mamma mi assomiglia un sacco. I suoi capelli scuri le incorniciano il viso e i suoi occhioni verdi mi perforano.

-Sei una ragazza in gamba Andrea, perché Bill non dovrebbe notarti?-

-Apparte il fatto che non mi piace Bill- forse –Ma mamma, lo hai visto, è famoso, è bello da mozzare il fiato, può avere le più belle donne d’Europa e si va a interessare a una come me?- le chiedo formulando una domanda a cui non voglio risposta.

-Potrebbe anche sorprenderti Andy, Bill non sembra un tipo superficiale-

-Andiamo mamma!- la esorto alla ragione –Non siamo in una favola, quelli come lui non guardano nemmeno di striscio quelle come me, per qualche caso del destino ci siamo incontrati e lui ha deciso di offrirmi una pizza, dobbiamo preparare gli inviti di matrimonio per questo?-

Perché mi urta così tanto?

Mia madre sorride –Ti piace-

-Non è vero smettila-

-Ti piace anche tanto- mi fa notare –Sei anche arrossita-

-Smettila- sbotto girandomi di lato.

Mi tasto le guancie e le sento in fiamme, maledizione! Perché sono arrossita?

-Vai a vestirti, papà sarà qui a momenti con un amico-

Ubbidisco facendo dietro front e torno nella mia stanza.

Nel passare afferro uno dei biscotti che mamma ha appena sfornato.

Che abbia ragione o no, non voglio pensarci ora, ho solo una dannata fame.

 

 

 

******

 

 

Guardo con un sopracciglio alzato il mio libro di Letteratura.

Ora, mi chiedo, a cosa mi serve Dante e il suo cazzo d’Inferno?

Ok, va bene, è un classico della letteratura, ci hanno fatto così tanti film e rappresentazione teatrali che ho iniziato ad avere il mal di pancia ogni volta che mi si presenta davanti la parola “Divina Commedia”.

Che poi mi chiedo: che cazzo gli costava tradurla in una lingua conosciuta? Boh.

Fatto sta che sono due ore che sto cercando di capire la storia del Conte Ugolino per poter dire almeno una stronzata alla prof.

L’unica cosa che ho capito è che questo cazzo di Conte Ugolino è un mezzo cannibale. O almeno credo.

Mi gratto la testa sbuffando.

Mi faccio ricadere sulla sedia e allungo le gambe.

La realtà è che lo capirei senza problemi se avessi la voglia di farlo e io, la voglia, l’ho mandata momentaneamente a fare in culo.

-Che palle!- sbotto buttando la penna.

La guardo sbattere contro la scrivania e cadere atterra. Sospiro e mi piego a riprenderla per poi ributtarla.

Perdo tempo, lo so.

Stiamo al rush finale, ultime interrogazioni per evitare insufficienze e recupero estivo, ultime chance per quelli che si ritrovano tutti 6* in pagella e che si ricordano della scuola solo alla fine, ultime sveglie, dolorosissime, alle sei di mattina… ultimi giorni dentro quella prigione minorile.

È strano che nove mesi di scuola passino così velocemente e le ultime settimane, invece, diventino un calvario.

Inizio a dondolarmi con la sedia puntando i piedi sulla scrivania portandomi la penna alle labbra.

Ho un brutto vizio, lo so.

Sospirando, torno al libro.

 

«Breve pertugio dentro de la muda

La qual per me ha ‘l titol de la fame,

e ‘n che conviene ancor ch’altrui si chiuda,

 

m’avea mostrato per suo forame

più lune già, quand’io feci ‘l mal sonno

che del futuro mi squarciò ‘l velame

 

Questi pareva a me maestro e donno,

cacciando il lupo e’ lupicini al monte

per i Pisan veder Lucca non ponno.»

 

Mi gratto ripetutamente la testa.

Ok, perché mi sembra arabo?

Che cazzo significa “Ponno”?

Faccio slittare lo sguardo alle note accorgendomi che sono troppe e di non aver la minima voglia di cercare il verso.

Vada a farsi fottere la Rotter, Dante se lo legga lei e mi faccia la traduzione.

Mi chiedo se in italiano sia più comprensibile della traduzione in tedesco.

Sbuffo ancora.

Maledizione!

Sento bussare alla porta e mi affretto a fingere un’attenzione che in realtà non ho –Non rompete, sto studiando!- urlo sapendo che mia madre aprirà la porta.

Infatti sento il dimesso cigolio.

Volto di scatto lo sguardo verso di lei –Cosa vuoi, ho detto che sto…-

-C’è una visita per te- mormora mia madre interrompendomi.

Si sposta e lascia che la proprietaria di due ballerine raso terra rosa con tanto di fiori di tulle entri della mia camera.

Non ci metto niente a notare i costosi pantaloni bianchi attillatissimi, il golfino rosa aperto che mostra un top rosa chiaro con eleganti rifiniture.

Mi si ferma il cuore.

Annika entra a testa bassa, i capelli che le nascondono il viso.

Mi alzo e assumo la mia faccia incazzata alla “Ora-voglio-proprio-vedere-cosa-cazzo-mi-dici”.

Non voleva vedermi più, cosa ci fa qui?

Incrocio le braccia sotto la mia t-shirt dei Nightwish e la guardo.

Mia madre, senza dire una parola, chiude la porta. –Ehi- inizia.

Cerca il contatto visivo, vedo che annaspa.

-Che fai?- dice lei sottovoce torturando il manico della sua borsa Alviero Martini bianca e beige.

Non faccio la mia classica battuta sulla fantasia a mappamondo.

Non sono in vena.

-Faccio una cosa che a te non servirà mai- sputo sprezzante –Studio- poi indurisco lo sguardo –Cosa ci fai qui?-

Il primo singhiozzo mi provoca un dolore fitto allo stomaco.

Annika lascia cadere la sua costosissima borsa atterra e mi corre incontro, travolgendomi.

Mi abbraccia con un trasporto tale che mi lascia interdetta per alcuni, interminabili secondi. Allaccia le braccia al mio collo e posa la testa sulla mia spalla –Scusa- singhiozza –Sono una maledettissima stupida-.

Sono le uniche parole che riesco a comprendere in quel delirio di singhiozzi e parole rotte dal pianto.

Allaccio un braccio sulla sua vita sottile e la stringo a me, l’altra la poso sui suoi capelli e li accarezzo.

Povera Annika, non ho bisogno di sapere il perché del suo pianto.

-Shhh- le dico dolcemente accarezzandole la testa –Sono qui con te-.

Mi stringe la maglietta così forte che ho paura di vederla strappata. Singhiozza.

-Scusa-

È un mantra, una litania che ripete in continuazione.

Temevo questo momento.

Il mio cuore si sta spezzando in due grandi pezzi, mi sta salendo la voglia di piangere, urlare con lei.

Perché?

Perché lei è sempre stata parte di me, una delle persone che ho sempre avuto nella mia vita.

-Scusa- mormora ancora.

E io so di averla perdonata nell’istante stesso in cui mi ha riattaccato il telefono in faccia.

 

 

 

******

 

 

Ci sdraiamo insieme sul mio letto a una piazza e mezza.

La osservo posare la testa sul mio cuscino nero tenebra. Non le è mai piaciuto ma…

In questo momento nessuna battutina acida.

-Sono un’idiota- esordisce.

-Non sei idiota, sei ingenua- le faccio notare mentre posa la testa su una mia spalla.

-Sai cos’è successo?- mi domanda alzando lo sguardo.

I suoi occhioni blu mi perforano.

Scuoto la testa –No, ma immagino c’entri Tom-.

Chiude gli occhi a quel nome e so di aver centrato il punto. Non ci voleva un genio a capire cosa, realmente, fosse successo.

Sospira –Mi ha presa per il culo, ancora-

-Ma va?- commento sarcastica –Non me lo aspettavo-

Annika ride leggermente, quel poco che mi basta per farmi sentire meglio.

-Pensavo davvero che questa volta sarebbe stata diversa- mi dice sincera –Lui sembrava sincero-

Guardo il soffitto –I bastardi sono anche grandi attori-

-Ha speso un patrimonio per me, pensavo che…-

-Ha soldi da buttare Anni, non gli cambia spendere migliaia di euro per una cena o per una macchina, sa che continueranno ad arrivare- la informo –E uno come Tom, malato di sesso, potrebbe comprare un’isola a una ragazza al solo scopo di portarsela a letto-.

Credo che mi abbia imitato e che stia guardando il soffitto –Aveva detto che ero speciale, che gli ero entrata in testa-

-Studiano bene le loro battute-

Ok, sono abbastanza cinica ma, beh, è la verità.

Un ragazzo ha solo in testa dove infilare il proprio pene, per loro è importante quanto mangiare e bere, è un’esigenza fisica, un chiodo fisso.

Non esistono ragazzi che, la mattina, svegliandosi, non pensino per prima al sesso e poi a fare colazione.

Non esiste un ragazzo che, puntando una ragazza, non pensi subito a come portarsela a letto.

Per loro non vale il detto “Non fare di tutta l’erba un fascio” perché sono fatti con lo stampino, perfettamente uguali l’uno all’altro.

E Tom non è ne diverso né peggiore d’altri, lui ha dalla sua delle armi in più.

È bello da sentirsi male, ha fascino e due occhi che fungono da armi letali, è ricco e tremendamente bravo ad imbambolare le ragazze.

Sa solo come usare le sue armi, ma non è il peggiore.

Le accarezzo i capelli –I maschi sono tutti uguali Annika, non esiste il principe azzurro, è solo una stupida favoletta che ci raccontavano da bambine, la realtà è un’altra e Tom è l’esempio perfetto della vera natura degli uomini, è una testa di cazzo-

Annika annuisce.

-Tutti i maschi sono delle grandissime teste di cazzo, ti riempiono la testa di cazzate sull’amore eterno, sulla fedeltà solo per scoparti, a loro interessa più la soddisfazione fisica che i sentimenti di una persona-.

-Sei troppo drastica- mi fa lei divertita.

-Sarei drastica?- alzo un sopracciglio –Tom cos’è?-

-Una testa di cazzo-

-Adam, quello che hai conosciuto a New York?-

-Una testa di cazzo-

-Alex, quello italiano?-

-Una grandissima testa di cazzo- mormora infervorata.

-Ci sono altre teste di cazzo?-

-Sì, Bill-

-No- la correggo in fretta –Bill non è una testa di cazzo, Bill è l’eccezione alla regola- mi lascio sfuggire.

-Cosa? Bill è il re delle teste di cazzo- protesta agitando il pugnetto –Bill è non una testa di cazzo qualsiasi, è LA testa di cazzo, nessuno dei miei ex, compreso Tom, può arrivare ai livelli di Bill-

-Eddai, ora esageri- le dico timida.

Perché mi sono ficcata in questa situazione?

Annika sembra odiare più lui che Tom stesso.

-Anzi- si corregge –Sono proprio i Kaulitz ad essere grandissime teste di cazzo, ce l’hanno nel DNA!- mi guarda –Anche il padre era un testa di cazzo sai? Ha tradito la madre e se ne è andato di casa riapparendo solo quando le due teste di cazzo sono diventate famose- vedo i suoi occhietti infervorarsi –Che testa di cazzo eh?-

-Stiamo ripetendo troppo quella parola, ho afferrato il concetto- le dico allo stremo delle forze –Bill, in questa storia, non ti ha fatto nulla, anzi, ti ha aperto gli occhi-

-L’avrà anche fatto ma poteva essere anche più delicato-

-Quante ne vuoi Annika- le faccio notare –Non dovresti avercela con tutta la famiglia Kaulitz perché Tom ti ha presa per il culo, dovresti avercela esclusivamente con lui-.

-Non ce l’ho con la famiglia Kaulitz al completo, ce l’ho con i gemelli perché sono dei grandissimi pezzi di merda-.

Ridacchio.

È strano come Annika possa diventare così dannatamente volgare.

È sempre stata più educata di me, in tutte le cose.

È sempre stata più posata ed elegante di me, ma…

Beh, quando è incazzata, si salvi chi può!

Le sorrido.

-Annika?-

-Sì-

-Il tuo sfogo mi ha fatto pensare a una canzone-

-Cosa?-

-Shh, è anche in tedesco, ascolta e zitta-.

Sono sicura che la musica non le piacerà  ma che amerà le parole, in questo momento.

Salto giù dal letto e corro verso il mio stereo rovistando tra i miei numerosi cd.

Quando lo trovo esulto.

Era un sacco di tempo che non lo sentivo, sulla copertina c’era pure un leggero strato di polvere.

Accendo lo stereo, infilo il cd e premo play cercando la canzone.

Quando la trovo sorrido.

-Non sarà una delle tue canzoncine tutte urlate?- mi domanda mentre mi siedo.

Scuoto la testa –È una ragazza!- le dico –Canta-

 

Ich schrieb dieses Lied für dich
Und sing es in dein Gesicht
Das hast du dir wirklich verdient
Ich hab dir vertraut
Deinen Lügen geglaubt
Ja Liebe macht doof und blind

 

Io ho scritto questa canzone per te

E te la canto in faccia

Questo te lo sei davvero meritato

Avevo fiducia in te

Ho creduto alle tue bugie

Sì, l’amore rende stupidi e ciechi

 

 

Questa canzone è perfetta per la situazione.

Annika si gira verso di me e mi guarda –Questa è LaFee vero?-

-La conosci?- le chiedo stupita.

È un genere che lei odia, come fa a conoscere LaFee.

-Anche lei è stata a letto con Tom- mi dice –Anzi, lei e lui hanno avuto una storiella di sesso dopo la prima volta che sono stata con lui, mi odia-

-Tu consoci LaFee?- le chiedo sgranando gli occhi.

-Sì, ma solo perché lei era davvero innamorata di Tom e lui l’ha mollata e la stessa sera mi ha richiamata- mi confessa –Non le do tutti i torti, anche io avrei reagito nello stesso modo-

-TU CONOSCI LAFEE?- urlo indicandola –E QUANDO AVEVI INTENZIONE DI DIRMELO?-

-Mai, perché il mio incontro con lei non è stato affatto piacevole- sentenzia infine –E ho la sensazione che questa canzone sia dedicata proprio a Tom-

mi faccio ricadere sul letto sospirando –Ma questo sta sempre tra le palle-

-Già- annuisce Annika –Comunque apprezzo il gesto, le parole ci sono tutte!- mi sorride –E mi dispiace di averti trattato in quel modo-

-Figurati- le sorrido –Sai che ti perdonerei qualsiasi cosa-

-Sempre?- mi guarda.

Le sorrido mostrandole tutto l’affetto che provo per lei.

Non esiste ancora la persona che può mettersi contro di noi.

Non nascerà mai.

Le prendo la mano e la stringo.

-…Per Sempre-

 

 

******

 

 

Sono felice.

Punto.

Non posso dire altro che possa esprimere come mi sento in questo preciso istante.

Ho riavuto indietro la mia migliore amica.

È rinsavita… per fortuna.

Ok, forse la cottarella per Tom non le è passata (e forse, mai le passerà) ma almeno la rabbia e il risentimento riescono a sormontare il suo “amore” per lui.

Sospiro infilandomi le mani in tasca.

Oggi sono anche in vena di Hard Rock e non del mio cupo metal.

Dopo una ricerca estenuante sono riuscita a trovare il gruppo che ha scritto la sigla iniziale di quella cazzata di Telefilm che mi ha incollata al televisore.

Rev Theory, Hell Yeah! Adesso la Sigla di Blue Mountain State ha finalmente un nome.

Ha un bel ritmo coinvolgente, non avevo mai pensato che potesse piacermi quel genere.

Si adatta al mio umore, comunque.

Sono in prossimità della scuola e mi sento anche pronta per la mia interrogazione di Letteratura.

Il cortile è già gremito di gente, persino con le cuffie sento il vociare insistente della gente.

Sorrido incamminandomi verso il cancello.

Sono immersa in una pace tantrica da quando Annika è venuta da me, è stato un momento difficile ma, che in parte, ho aiutato a superare.

Sono contenta che quel cagacazzo si sia, finalmente, tolto dalle palle.

Non accendo nemmeno la Tv per la paura di vederlo! Lo odio, c’è poco da dire.

Lo odio perché ha fatto male alla mia migliore amica. Lo odio perché è così egocentrico da pensare solo a se stesso…

Ops, no, lui pensa pure a qualcos’altro… Non fatemi parlare!

Come vorrei prenderlo a schiaffi, almeno una volta nella vita dovrò togliermi questo sfizio.

Il mio cellulare inizia a vibrare nelle tasche.

Lo afferro, dopo aver stoppato la musica, e me lo porto all’orecchio.

-Pronto?-

-“Andi! Buongiorno!”- trilla una voce assonnata al telefono.

-Bill- esclamo –Ciao!-

-“Che fai?”- mi domanda e sento un lungo sbadiglio far morire le ultime parole.

-Sto andando a scuola- rispondo –Tu, piuttosto, che cavolo ci fai sveglio alle otto di mattina, non è notte fonda per te?-

-“Sì lo è, ma David ci ha buttati giù dal letto perché abbiamo un servizio fotografico e intervista per una rivista di musica alle otto e mezza”- mi informa –Dannato schiavista!-

-“Ti ho sentito Bill”- sento un’altra voce urlare e scoppio a ridere.

-“Non mi hai lasciato dormire, almeno fammi parlare tranquillamente al telefono”- si lamenta –“Comunque, non sono l’unico che dorme qui dentro”- mi fa –“Tom sta dormendo sulla spalla di Georg che è momentaneamente collassato su Dave, Gustav sta scattando certe foto!”- ridacchia e mi contagia –“Come stai?”-

-Benissimo!-

-“Oh e a che devo questo cambio d’umore?”-

-Annika, è finalmente rinsavita ed è tornata!- esclamo gioviale –Tuo fratello è una grande testa di cazzo-

Bill manda uno sbuffo –“No Andy, fa finta di fare la testa di cazzo, ascoltami”- mi dice –“Comunque, Tom mi aveva detto che Annika non rispondeva più alle chiamate, scommetto che c’è il tuo zampino!”-

-Ihihih, sei fuori strada- inclino la testa –È tutta farina del suo sacco, ha chiuso davvero quel capitolo-

-“Non ci giurerei Andy, Tom non si dimentica delle sue amichette”-

-Ok, come vuoi- sorrido –Dimmi un po’, per quale rivista avete mosso il sederino da star alle otto di mattina?-

-“Rolling Stones”- dice annoiato –“Ci siamo stati più di una volta, non è eccitante affatto”-

-Hai la vitalità di un bradipo zoppo Bill- gli faccio notare ridendo.

-“Alle otto di mattina sì”- confessa –“Se penso che dovrò sopportare dei lecca culo come i giornalisti sento la mia vitalità andarsi a fare un giro”-

Rido –La dura vita della Rockstar, poverino, è pure sottopagato-

-“Certo!”- insorge lui –“Mi pagano solo 125 mila euro per un’esibizione di dieci minuti-

-Mio Dio! Una miseria!- esclamo sarcastica –E quando prendi per questa intervista?-

-“Un cazzo!”- ride –Siamo noi che paghiamo, è un fatto di pubblicità, i soldi arriveranno solo quando si venderanno le copie”-

-Gran uomo d’affari eh?-

-“Mah, a me hanno bloccato la carta di credito”- ridacchia –“Ho le mani bucate, quindi le miei finanze le amministra Tom”- 

-Povero te allora!-

-“Tom è tirchio, da quando ha lui i miei soldi si sono quadruplicati!”-

Sorrido.

Bill è davvero una persona fuori dal comune.

Mi piace parlare con lui perché è divertente, non ci si annoia mai.

A interrompere la chiacchierata ci pensa la campanella.

Saluto Bill che mi promette di chiamarmi appena ha finito tutto ed entro nella scuola.

Questa mattina non poteva iniziare meglio!  

 

 

 

*Ed eccoci con un nuovo capitolo tutto per voiii:) Ok, non ci stancheremo mai di ringraziarvi TUTTE. Tutte quelle che recensiscono assiduamente, tutte quelle che hanno inserito la storia tra le seguite o le preferite e anche tutte quelle che leggono soltanto! Ad ogni modo, Grazie, grazie di gradire la nostra folle storia, e sappiate che se avete letto e gradito finora, da questo momento in poi è d'obbligo che voi sappiate come s'evolverà la situazione:)

Un bacio a tutte voi, ragazze:)

Alexa & Maddalena<3 *

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Capitolo 10
*** 10. Mi sorprendi, Kaulitz ***


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[TOM]

 

 

 

È trascorsa una settimana dal famoso giorno in cui è successo il casino.

Si, casino, perché questa è la sola parola adatta a descrivere quello che è successo.

Sette giorni sono passati da quella domenica mattina in cui Annika è andata via.

Non credevo che mi sarebbe importato più di tanto, ed invece m’ha dato tremendamente fastidio.

L’idea che la ragazza con cui sono stato a letto se ne vada la mattina senza neppure dirmelo m’ha sempre facilitato le cose. In fondo, non avrei dovuto mandarla via io, e la cosa m’ha sempre rincuorato.

Ma stavolta, non so spiegarmi il perché, m’ha lasciato interdetto.

Avrei voglia di sentirla, semplicemente per parlarle e chiarire questa situazione del cazzo.

Soprattutto perchè io odio lasciare le cose in sospeso.

Ma sono giorni che lei si rifiuta di rispondere alle mie chiamate.

Le ignora completamente, credo, visto che non ho mai ricevuto risposta.

Avrei dovuto lasciare perdere forse, ma non voglio farlo se prima non le avrò parlato.

-Tom, vieni con me a prendere i demo a studio?- la voce di Bill interrompe i miei pensieri.

Mi volto verso la porta della mia camera e lo vedo fare capolino all’interno.

-No, no- rispondo subito- vai tu, io ti aspetto qui, quando torni li sentiamo insieme- gli dico tornando a fissare lo schermo della mia tv al plasma.

-Ok, mi faccio una doccia veloce e vado, allora- esclama lui uscendo dalla mia stanza e richiudendo la porta.

Tiro un sospiro profondo.

Afferro il mio cellulare e me lo rigiro tra le mani.

Non posso fare nulla che io non abbia già provato a fare finora.

Fisso lo sguardo fuori dalla finestra.

Tranne una.

Una sola cosa mi resta da fare.

Una cosa che ho cercato di evitare finora, cercando di considerarla come l’ultima spiaggia in assoluto.

Mi alzo dal letto su cui ero sdraiato e senza tanti rigiri m’avvicino alla porta della mia stanza.

La apro lentamente e sento lo scroscio dell’acqua provenire dal bagno.

Bene.

Attraverso in punta di piedi il corridoio ed entro in camera di Bill.

Dove cazzo trovo il suo cellulare in questo casino?

Come fa un essere così curato come lui a vivere in una discarica come questa?

Guardo la massa informe di vestiti neri, boxer, pelliccette e zeppe sparpagliate per il pregiato pavimento grattandomi la testa.

Dove può aver messo il suo dannato cellulare?

Sento una musichetta propagarsi per la stanza.

Trovato!

Guardo immediatamente il suo comodino e lo vedo, lì, pronto per darmi tutto ciò di cui ho bisogno.

Il suo cellulare!

Lo afferro in fretta ed apro la rubrica.

Vado alla A.

Leggo la voce: <J>>

-Perfetto- mormoro a bassa voce copiandomi il numero sul mio cellulare.

Sorrido soddisfatto: è così facile fregare mio fratello!

 

 

 

 

 

 

 

*

[BILL]

 

 

 

 

 

 

Scendo le scale di casa con andamento ondulatorio-ritmico dopo aver urlato a Tom che sto uscendo.

Afferro le chiavi della mia Audi dal mobiletto vicino all’ingresso ed esco di casa sbattendomi il portone alle spalle.

Infilo i miei occhiali da sole scuri e percorro il vialetto di casa, prima di entrare in macchina.

Chiudo la portiera ed infilo le chiavi nel quadro.

Parte lo stereo.

Suona “Hurricanes and suns”, segno tangibile del mio spropositato ego.

Tom m’ha sempre preso in giro per la mia abitudine di ascoltare le nostre canzoni in auto.

Ma non posso farci niente se amo sentire la mia voce, il ritmo elettronico della base e le schitarrate decise di mio fratello.

È come una droga per me, si.

Esco lentamente dal cancello di casa ed ingrano la marcia.

Direzione: lo studio della Universal.

Stamattina m’ha chiamato David per dirmi che sono pronti i demo e quindi ora sto andando a ritirarli.

Sono così eccitato all’idea di vedere come sono venute le nuove canzoni.

Senz’altro le condizioni pietose in cui David ci tiene a studio, schiavizzandoci letteralmente, sarebbero denunciabili, ma…alla fine i risultati ci sono.

E magari, ha ragione Machiavelli, il fine giustifica i mezzi.

Premo sull’acceleratore e sento il rombo del motore propagarsi nell’aria.

Un’altra cosa che amo, e che mi fa letteralmente impazzire, è la velocità.

Sfrecciare alla grande per le vie di Amburgo al suono dei Tokio Hotel è l’apoteosi, il perfetto connubio!

Incurvo le labbra in un leggero sorrisino compiaciuto, mi sento il padrone del mondo, si.

Magari è la pelliccetta che mi copre le spalle a farmi sentire tale.

Forse ha ragione Tom, soffro davvero di manie di grandezza!

I miei contorti pensieri sono interrotti da una visione insolita.

Rallento di poco, avvicinandomi al centro abitato, e vedo camminare sulla destra una figura esile ma gradevole, dal portamento deciso, e dai lunghi capelli biondi ondulati.

La osservo divenire sempre più nitida man mano che procedo con la mia auto.

Non so perché, ma forse l’atteggiamento da predatore insito in Tom è l’unica cosa che sia stata tramandata anche a me!

La oltrepasso velocemente, e osservando lo specchietto retrovisore mi rendo conto di chi sia: Annika Stern!

Inchiodo di botto e ancora una volta l’estrema aderenza dei freni della mia auto mi conferma il giuramento fatto tempo fa: Audi a vita!

Faccio lentamente retromarcia e accosto al ciglio della strada, fermandomi del tutto.

-Ehi sta per abbattersi un uragano su Amburgo- esclamo sporgendomi verso il finestrino per osservarla.

-Perché? C’è il sole- risponde lei corrugando la fronte, con aria stranita.

-Annika Stern che cammina a piedi: non pensavo che la vita potesse riservarmi simili sorprese!- esclamo sarcastico ridacchiando divertito.

-Non sei divertente- mormora lei riprendendo a camminare, come per ignorarmi.

-Ehi aspetta!- esclamo io accelerando per raggiungerla di qualche metro.

La vedo fermarsi di nuovo e girarsi verso la mia auto.

-Che cosa vuoi Bill? Non sono in vena oggi- asserisce sbuffando.

-Dai, sali in macchina- le ordino d’un tratto, dopo qualche istante di silenzio.

-E perché dovrei?- mi chiede lei con tono quasi risentito, come se le avessi chiesto di farsi asportare un rene.

-Avanti, non fare storie- aggiungo- ti accompagno io- concludo.

Non so perché lo sto facendo, ma forse è la cosa giusta, almeno in questo momento.

-Ma non sai neppure dove sto andando!- esclama lei fissandomi.

-In qualsiasi posto tu debba andare ti accompagno! Dai, sali- le ripeto facendole segno di aprire la portiera.

La vedo osservarmi con sguardo titubante.

Ruoto gli occhi verso l’alto.

-Non sono mica Tom!- aggiungo poi.

Ed è quest’ultima frase a convincerla.

Infatti dopo qualche istante apre la portiera e sale in macchina.

Si volta verso di me e mi fa:

-Stai deponendo le armi per caso, Kaulitz?-

-Ma neanche per sogno!- si affretta a precisare il mio orgoglio mentre ingrano la marcia e riparto.

-È solo che mi fai pena in queste condizioni, non t’ho mai vista a piedi!- aggiungo con evidente sarcasmo, mentre la vedo legarsi la cintura di sicurezza.

Lei mi guarda e mi rivolge un sorriso falsissimo per tutta risposta.

-Dov’è finito il tuo gioiellino?- le chiedo alludendo alla sua macchina.

-Dal carrozziere- risponde lei laconica.

Ridacchio divertito.

Macchina più donne, uguale carrozziere.

È una verità universalmente riconosciuta.

-E i tuoi fidati maggiordomi? T’hanno dato la sola oggi?- le chiedo ironico.

-No- si affretta a precisare con tono poco simpatico. -Loro ci sono sempre, sono pagati per questo. Sono io che ho deciso di uscire da sola, avevo bisogno di pensare- aggiunge poi fissando la strada davanti a sé.

Ok, non l’ho mai vista così atterra, devo ammetterlo.

Forse è il caso che io dia una regolata al mio sarcasmo.

Almeno per oggi.

Mi schiarisco appena la voce.

-Quindi…deduco che tu non abbia una meta precisa- commento.

-Esatto- risponde semplicemente lei, atona.

-Bene- esclamo io sorridendo- allora ti porto con me- aggiungo, cercando di riparare alla pungente ironia di poco fa.

-Che cosa?- mi chiede lei stupita- Bill, noi ci detestiamo!-

-Lo so- trillo semplicemente- ma questo non vuol dire che dobbiamo scannarci ogni volta!-

Lei mi guarda sorpresa sorridendo leggermente.

-Ti porto con me a studio: devo prendere i nuovi demo della band- le spiego.

-I nuovi che?- mi chiede lei voltandosi verso di me.

-O mio Dio, Annika!- esclamo sconvolto.

Non ha davvero niente dentro quella testa platinata.

-Ehi, sto scherzando Kaulitz! Per chi mi hai presa?!- esclama poi ridendo nel vedere la mia espressione alleggerirsi.

Rido divertito, mentre accosto sulla strada, essendo arrivato a destinazione.

-Aspettami qui, torno subito!- la avverto scendendo dall’auto ed entrando in fretta nel cancelletto aperto.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

[ANNIKA]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, se me l’avessero detto giuro che non ci avrei creduto.

Sono in macchina con quella testa di cazzo di Bill Kaulitz, il ragazzo che detesto con tutta me stessa.

Ma oggi devo dire che è davvero strano: sembra…persino normale!

Esclusa la pelliccia che indossa ovviamente.

Scende dall’auto dopo averla parcheggiata ed entra nell’enorme edificio, dal design moderno, che si staglia alla mia destra.

Lo vedo sparire all’interno e distolgo lo sguardo.

Mi metto comoda, rilassandomi sugli schienali di morbida pelle chiara, e lasciandomi cullare dal profumo dolcissimo che c’è qui dentro.

Sospiro pesantemente, passandomi una mano tra i capelli.

A che mi sono ridotta, ha ragione Bill: io a piedi!

Sto davvero messa male.

Ma da quando è successo il casino con Tom mi sento davvero a pezzi, mi sento un peso sul petto e non riesco a distrarmi per più di dieci minuti.

Che dovrei fare?

Dimenticarlo, naturalmente, ma come?

Non l’ho visto per mesi, eppure non ho mai smesso di pensare a lui.

Ha l’incredibile capacità di entrarmi dentro in modo irreversibile.

Sospiro di nuovo, sistemandomi la minigonna beige a pieghe che indosso.

Costa talmente tanto che non dovrei neppure metterla, ma tenerla come una reliquia.

Mi viene in mente la reazione che ha avuto Andrea non appena l’ha vista per la prima volta.

Ha scosso inesorabilmente la testa e se n’è uscita con un: “Annika, ti rendi conto che il tuo culo è coperto da un pezzo di stoffa di 300€?”

Sorrido impercettibilmente nel ripensare alla sua faccia sconvolta.

D’un tratto vedo Bill ricomparire dalla porta d’ingresso dell’edificio e venire verso di me.

Si avvicina all’auto e in un attimo è di nuovo dentro.

Mi accenna un sorriso e mi porge dei cd impacchettati dicendomi di tenerli.

-Ehi ci avrai messo un minuto in tutto!- esclamo io stupita- quelle zeppe ti permettono pure di correre?- esclamo ironica indicando le sue scarpe senz’altro fuori dalla norma.

Lo vedo arricciare il naso e farmi una smorfia per tutta risposta.

Ingrana la marcia e riparte, diretto verso il centro.

-Dove andiamo?- gli chiedo.

-A fare un giro in centro!- risponde semplicemente lui.

-Mi spieghi dov’è finito tutto l’odio che fino a tre giorni fa m’avevi sputato contro?- gli chiedo curiosa.

Lo vedo ridere divertito.

-Oggi è una giornata così bella che mi sembra davvero un peccato sprecarla nel fare del pungente sarcasmo, non credi?- mi fa lui tranquillamente mentre si gira verso di me rivolgendomi un lieve sorrisino.

Un sorrisino terribilmente simile ad un altro che mi fa letteralmente andare fuori di testa.

Eh già, a quanto pare ce l’hanno qualcosa in comune.

D’un tratto sento il cellulare squillare dall’interno della mia borsa e interrompere i miei pensieri.

La apro ed infilo una mano per afferrarlo.

Dopo aver frugato per circa venti minuti lo estraggo e leggo il display.

<>

Ancora lui.

Sospiro pesantemente e me lo rigiro tra le mani per qualche secondo.

Poi senza pensarci più di tanto, premo il tasto rosso.

Mi volto verso il finestrino e cerco di trattenere le lacrime.

Lacrime di rabbia, di delusione.

-Tutto ok?- mi chiede Bill con prudenza dopo qualche secondo.

-Si- rispondo io abbozzando un sorriso.

-Chi era?- mi chiede curioso.

-Tuo fratello- rispondo in fretta.

-Perché non gli hai risposto?- mi domanda.

-Perché hai ragione tu: sono una grandissima idiota!- esclamo convinta con amarezza- sono stata un’idiota a non rendermi conto che intendeva ancora una volta sbattersene di me e quindi ora non voglio neppure più sentire il suo nome- concludo.

-non pensavo che…-tenta di dire lui in difficoltà.

-che ci tenessi così tanto?- lo aiuto io- ebbene si, purtroppo per me lui era importante, ma sto facendo di tutto per cancellarlo ora-

-Tom a volte non si rende conto che ciò che per lui è puro divertimento per qualcun altro può essere molto di più- dice lui.

-Esatto- mormoro io- ed il risultato è che questo qualcuno ora si sente a pezzi-

Mi guarda per un attimo distogliendo lo sguardo dalla strada.

La sua espressione sembra sinceramente pentita e dispiaciuta.

-Mi dispiace per l’altro giorno, Annika. Sono stato veramente poco delicato, non mi sono reso conto della situazione- mi fa lui con tono di voce basso e calmo. –Il punto è che io ho sempre avuto una pessima opinione di te, senza conoscerti sul serio e solo ora mi accorgo che, magari, per una volta mi sono sbagliato- conclude infine.

-Mi sorprendi, Kaulitz- esclamo io sbattendo un paio di volte le ciglia.

Lui accenna un sorriso ed aggiunge:

-Ma non sei tu la sola, ho questa opinione di tutte quelle che vanno a letto con Tom-

-Oh la cosa mi consola- esclamo io ironica.

Lui ridacchia leggermente.

-Ma non è mai troppo tardi per cambiare idea su una persona- aggiunge poi.

-Si, ma questo non vuol dire che io debba cambiare idea su quelle cose che porti ai piedi, sia chiaro- esclamo io fingendomi seria.

-Oh ma neppure io cambierò idea sui 500€ che porti appesi al braccio, sia chiaro- esclama lui imitandomi.

Ridiamo entrambi divertiti.

Non è poi così male, aveva ragione Andrea.

-Ti riaccompagno a casa?- mi chiede lui gentile.

-Se non ti dispiace- mormoro io- sai, camminare a piedi non fa proprio per me- esclamo io ridendo e provocando la stessa reazione anche in lui.

Eh già, la dinastia Kaulitz non finisce mai di stupirmi.

 

 

*Ed anche per oggi, eccovi un nuovo capitoletto:) Ringraziamo tutte coloro che trovano esaltante la nostra folle storia e aspettiamo nuovi commentini. Un bacione, Alexa&Mad. *

 

 

 

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Capitolo 11
*** 11. -Ok, sono decisamente impazzita- ***


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*Ancora mille grazie a tutte per i commenti*.* Abbiamo notato anche che il numero di coloro che ha messo la nostra ficcy tra le Seguite o le Ricordate aumenta!;) Ringraziamo tutte e vi lasciamo ad uno dei nostri capitoli preferiti.

Finalmente si inizia a smuovere qualcosa:)

Rileggerlo per noi è sempre emozionante: speriamo lo sia anche per voi.

Un abbraccio dolcioso<3

Ale&Mad *

 

 

 

 

 

 

[ANDREA]

 

 

 

 

Odio, ufficialmente, il macello.

Lo so, in questa famiglia, sicuramente, sono la più disordinata ma… anche io ho un limite.

Sì, ed oggi il mio vaso non si è rotto, è scoppiato con tanto di effetto sonoro.

Non trovo il mio cellulare, e questo di per se è una tragedia.

Non trovo il mio cellulare che fino a dieci minuti fa stavo usando per parlare di cazzate con Bill.

Doppia tragedia!

Nonostante pensi che per Bill io sia solo un’amica, impazzisco al solo pensiero di non sentirlo.

Cosa penserà se non gli rispondo più?

Ok, mi sto comportando decisamente come una ragazzina della prima media alla prima cotta. L’unico particolare? Io non ho una cotta per Bill o, almeno, penso!

È l’indecisione che mi uccide, dannazione!

Sposto una mia maglietta dal pavimento e la butto sul letto, guardo sulla scrivania (dove ero sicura di averlo poggiato), sotto un paio di reggiseni abbandonati su un qualcosa che riconosco essere una sedia solo per i piedi, guardo persino dentro i miei anfibi. Niente!

Del mio cellulare si sono perse le tracce.

-Mamma, puoi farmi uno squillo?- urlo verso la donna che è in cucina –Non trovo il mio cellulare-

-Tesoro, l’ho dato a tuo fratello- mi sento rispondere –Andava da Josh a cena, ho preferito che mi potesse chiamare-

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Dannato marmocchio.

Se non troverò il mio cellulare saprò a chi dare la colpa.

Ok, sono decisamente incazzata!

La mattinata era iniziata in modo decente. Buongiorno di Bill, chiamata di Annika, pranzo all’italiana e mio fratello che spariva fino alla sera. Si prospettava una giornata perfetta.

E invece.

Non so cosa dovermi aspettare adesso.

Mando al diavolo anche la mia ricerca insistente del cellulare, sapere di avere una cosa sotto il naso e non trovarla mi manda letteralmente in bestia, e vado a sedermi sulla sedia della scrivania.

Accendo la tv solo per non sentire il silenzio di casa mia e lascio che una vecchia puntata dei Simpson sia l’unico rumore in quel pomeriggio d’inizio estate.

Guardo un po’ quello che, anche per quest’anno, è stato il mio pensatoio.

È una scrivania di legno bianca, lucida, con un solo cassetto e tre mensole. Sulla prima ci sono schierati i miei usatissimi libri di scuola, ci tengo abbastanza allo studio per questo tendo a rovinarli quasi subito, sono disposti perfettamente in verticale, odio quando cadono e, posti in orizzontale, ci sono i miei quaderni, li ho sempre comprati doppi perché tra un appunto e l’altro scrivo canzoni. Il secondo scaffale è pieno del mio occorrente per disegnare, vasetti di colore acrilico, pennelli accuratamente risposti in astucci di yuta, tavolozza accostata ai barattoli di colore ad olio, i vari carboncini, seppia e sanguigne che uso per gli schizzi, alcuni blocchetti già pieni di disegni, i ritardanti per l’acrilico, il fissativo per i chiari scuri e alcuni piatti di plastica e bicchieri da usare quando si dipinge. Anche quello è occorrente per scuola.

All’ultimo scaffale ho accuratamente posto i miei spartiti musicali.

Sono lì perché nessuno osa toccarli. Sotto, sul piano di scrittura ci sono alcune foto, per lo più di me ed Annika.

Un portapenne con, ovviamente, penne e matite, un astuccio di colori a pastello, un blocchetto per gli appunti decisamente rovinato e un contenitore con i plettri.

Sorrido quando noto il mio punto debole: la nutella con un cucchiaino infilato all’interno.

Non mancano mai le schifezze nella mia camera. Nonostante mi faccia passare per quella che ingrassa subito, pochi sanno che io, in realtà, non metto mai su un grammo di ciccia.

La mia camera è il nascondiglio perfetto per le mie numerose barrette di cioccolato e biscotti.

In fondo, io vivo perennemente nella mia camera.

Poso i piedi sul piano di scrittura e afferro la nutella. Inforco il cucchiaio e lo infilo nella sostanza marrone.

Lo tiro fuori, arrotolo il cucchiaino e me lo infilo in bocca.

È dannatamente buona.

La nutella è la mia droga.

Faccio schifo, lo so!

Di colpo qualcosa inizia a suonare nella stanza.

Mi sbilancio e cado all’indietro.

-Cazzo!- ringhio quando mi ritrovo con la testa sul pavimento e le gambe in aria.

Rotolo di un lato e mi tiro su e a carponi seguo la musica.

È il mio cellulare, ne sono certa.

Navigo tra i miei vestiti e finalmente, eccolo lì.

Lo afferro trionfante e guardo il mittente –Chi cazzo è?-

Sconosciuto.

Faccio spallucce e me lo porto all’orecchio –Pronto?-

-Andrea?-

Il mondo mi si gela intorno.

Quella voce è una dannazione.

Potrei riconoscerla come la voce del diavolo.

Quella voce ha su di me l’effetto che un drappo rosso ha su un toro.

-Cosa cazzo vuoi?- esplodo tirandomi su.

-Andrea io devo…-

-Tu, emerita testa di cazzo, come osi chiamarmi?!- urlo.

Lo sento ridacchiare –Sapevo che avresti avuto questa reazione-

-Lo sapevi Tom, lo sapevi?- alzo la voce di qualche ottava –Cosa ti aspetti che ti faccia un applauso?-

-Speravo almeno un saluto, ecco-

-Non meriti neanche di vivere in sembianze umane, pretendi pure un saluto ora?- domando retorica.

Non riesco a credere che mi abbia chiamata.

Non riesco a credere che mi abbia presa per una delle sue puttanelle.

Cosa cazzo vuole da me? Vuole scoparmi?

-Io non sono come le tue puttanelle Tom, non mi basta una chiamata per farmi scopare da te-

-Tranquilla, non sei il mio tipo-

A dir la verità, ci rimango un po’ male.

Non perché lui non mi voglia ma perché mi ha tolto il gusto di dirgli no!

Avrei goduto nell’essere la prima che non si trasforma in una bambola gonfiabile per lui.

-Allora, cosa cazzo vuoi?-

-Voglio parlarti di Annika…-

-Eh no Tom!- questo è davvero troppo –Che vuoi ancora da lei?- urlo –Non ti è bastato spezzarle il cuore tre volte, o ti vuoi divertire ancora?-

-Io...-

-Io un cazzo Tom- lo interruppi –Tu sei la persona più schifosa che io abbia mai incontrato, sei così accecato dal tuo ego che presto, ne sono certa, la tua testa si gonfierà così tanto che verrà usata come dirigibile Duff!-

-Dirigibile Duff?-

-Sta Zitto!- impreco –Tu non meriti nessuna di quelle ragazze che ti scopi, figuriamo Annika, lei ci sta male per uno stronzo puttaniere come te e tu godi nel vedere il dolore altri, sei una merda Tom!-

Stavo aspettando quel momento da quando l’avevo conosciuto.

-Sei la più grande testa di cazzo di questo mondo perché ti vanti di esserlo!- continuo –Sai a quante persone fai del male? Non te ne rendi conto perché la tua testina di cazzo pensa solo al suo uccello e a nient’altro, tu un cervello non ce l’hai è qualcosa più in basso che pensa per te!-

-Andrea, aspetta…-

-Io non voglio ascoltarti Tom, non posso credere a niente di quello che dici perché sarebbero tutte puttanate!- sentenzio –Ti rendi conto di quante stronzate spari? Le hai detto che era speciale, lo era Tom? Tu volevi davvero amarla quella sera oppure scopartela senza ritegno?-

Silenzio.

-Non mi stupisco del tuo silenzio Tom perché per te, noi ragazze, siamo solo giocattoli, non pensi che anche noi possiamo avere dei sentimenti, ti diverti e finché ti va bene ci ami quando ti stanchi ci butti via come fossimo spazzatura- feci una paura –Mi ci metto in mezzo anche io perché quando Annika sta male, sto male anche io e sapere che un pezzo di merda come te le ha spezzato il cuore così tante volte e non poter far nulla per rimediare mi manda in bestia, tu sei la causa di tutti miei mali Tom, sei la rovina della gente che ti sta intorno-

Ancora silenzio.

-Renditi conto di cosa fai alla gente quando lo fai! Renditi conto di tutte le cazzate che dici per stare bene tu… sei un’egoista di merda Tom, una feccia-

Ancora silenzio.

-Non chiamarmi per parlare di Annika, addio!-

Chiudo la chiamata con violenza buttando sul letto il cellulare.

Come cazzo faceva ad avere il mio numero?

Non importa.

Mi sono sfogata.

Mi volto verso la scrivania.

La nutella è quello che mi serve per tornare a stare bene, almeno sbollisco la rabbia.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Ancora non riesco a crederci, quel dannato bastardo ha avuto il coraggio di chiamarmi.

Sarà stato sotto l’effetto di qualche droga!

Non posso credere che abbia avuto le palle e la sfacciataggine di chiamarmi dopo quello che ha fatto alla mia amica.

Sono incazzata.

Perché?

Non lo so nemmeno io, non dovrei incazzarmi per quell’idiota, a me non frega un cazzo di lui.

Mi butto sul letto e guardo il soffitto.

È strano pensare che da un giorno all’altro sono passata da nessuno a frequentare, nel bene e nel male, i famosi gemelli Kaulitz, solo questo dettaglio mi basterebbe per far invidia alle stronzette “amiche” di Annika.

Sono persino uscita con BILL KAULITZ, mica un pinco pallino qualsiasi!

Mi sto crogiolando al pensiero di quel ragazzo così ehm… speciale, quando il citofono di casa suona.

Mi alzo di contro voglia, sperando con tutta me stessa che non fosse uno dei migliaia dei parenti della famiglia Olsen-Linke,e mi avvio verso la cornetta.

Mia madre mi ha preceduta.

Sgrana appena gli occhi dopo aver posto la classica domanda “Chi è?” e si volta verso di me.

-Che c’è ma’?- domando quando il suo sguardo stupito si posa su di me.

-C’è qualcuno che ti cerca, giù!- mi dice semplicemente.

Qualcosa mi puzza terribilmente.

Mi giro tornando nella mia camera, apro la finestra e guardo giù.

Una lucente Audi R8 scura, perfettamente pulita e lucidata è parcheggiata nel piccolo cortile condominiale sotto lo sguardo ammirato di Henk.

Probabilmente si sta chiedendo quanti anni di lavoro e straordinari dovrebbe fare per avere solo una ruota di quell’auto, mentre sua moglie, Annette, guarda incantata il proprietario della macchina.

È lì, poco distante dal portone, le mani nelle tasche, gli occhiali da sole a maschera sugli occhi, i capelli tirati indietro che lasciano intravedere la fronte spaziosa, i classici vestiti fuori misura che gli donano quell’aria da fico che lo contraddistingue costituiti da una tuta nera dell’Adidas con strisce laterali bianche e una chefia sempre nera allacciata al collo.

Le sue perfette etnies bianche spiccano così tanto che sembrano brillare.

Mi sale una rabbia incontrollata nel corpo –Cosa cazzo ci fai qui?!?- urlo attirando l’attenzione di Tom, Annette, Henk e i bambini che giocavano poco distanti dalla bellissima macchina del primo.

Lo vedo puntare lo sguardo verso di me –Scendi- mi ordina.

Ridacchio sarcastica –Non ne ho la minima intenzione- annuncio –Dimmi cosa cazzo stai facendo qui!-

-Devo parlarti- mi dice serio.

Scuoto la testa –Io non voglio ascoltarti-

Noto la signora Annette sussurrare qualcosa al marito che scuote la testa.

Sto attirando la loro attenzione.

Odio quando quella pettegola inventa storielle sul mio conto. In questo momento starà già annusando odore di gossip.

Chi è quell’affascinante ragazzo ricco che deve parlare con Andrea Linke?

Lei si farà pagare per stare con lui?

L’ha lasciato per uno più ricco?

Oh, quante se ne inventerà.

Arrivo alla conclusione che è meglio non fomentare la sua fervida immaginazione –Arrivo- annuncio a Tom chiudendo la finestra.

Uscendo da casa sbatto qualche porta e mi precipito giù dalle scale.

Esco fuori tra il chiacchiericcio delle ragazze.

A quanto pare qui sono tutte fans dei Tokio Hotel perché le sento mormorare concitate –Ma quello è Tom Kaulitz- -Sì, madonna quant’è bello!-, nessuna di loro però si avvicina.

Restano a fissare la scena trillanti ed eccitate.

Mi avvicino verso di lui con passo pesante –Avanti, ti do esattamente quattro secondi della mia vita per spiegarmi cosa cazzo vuoi da me!-

Sono anche gentile, io vorrei ucciderlo!

Lo vedo sospirare e togliersi gli occhiali da sole mostrandomi gli splendidi occhioni nocciola.

Hanno una luce strana, lo noto subito.

-So che sono un matto, che mi sputerai in faccia ma…- si avvicina a me, mi afferra una mano.

Sento le ragazzine trattenere il fiato.

Ma cosa pensano, che Tom Kaulitz sia venuto a farmi una dichiarazione d’amore? Fa ridere solo pensarlo.

-Ho bisogno del tuo aiuto- sospira infine.

Scommetto che le ragazzine sono rimaste deluse.

Starnazzano qualcosa in nostra direzione.

-La smettete di origliare, non siamo in Beautiful, un po’ di privacy, cazzo!- sbotto in loro direzione facendo ridacchiare Tom.

Le oche mi guardano sconcertate, si alzano e se ne vanno via offese.

Che cretine!

Riporto lo sguardo su quello di Tom –Hai un caratteraccio Andy- mi fa notare.

-Non chiamarmi Andy, per te sono solo Andrea- mi affretto a precisare –Comunque- mi affretto a dire –Pensi davvero che io voglia aiutarti, a fare cosa poi?-

-Devi aiutarmi con Annika-

Ok, questo è il colmo.

Lui pensa davvero che io diventi la sua complice nella sua sadica voglia di sesso?

Specialmente se vuole scoparsi la mia migliore amica per poi spezzarle il cuore.

Pensa davvero che io sarei così… stronza?

Non mi conosci, Tom Kaulitz!

-Che cosa?- esclamo –Perché dovrei aiutarti dopo tutto quello che le hai fatto?-

-Lo so- acconsente –Ma questa volta è diversa-

-Anche l’ultima volta era diversa- urlo –L’hai presa per il culo alla grande e io non ce la faccio a vederla di nuovo in quello stato, non permetterò che tu- gli punto il dito contro il petto –Le spezzi il cuore ancora e ancora per il tuo divertimento personale-

-Non la voglio usare di nuovo- si difende lui.

-A no?- assottiglio gli occhi –Mi stai dicendo che ti sei innamorato di lei, Tom? Che vuoi stare con lei, seriamente?- sono ironica, il mio sarcasmo è tangibile –Se è così Tom Kaulitz, dimmelo e ti aiuterò-

Punto gli occhi verso di lui.

Scruto affondo nella sua anima vedendo una crescente rabbia sformargli il viso.

-Te l’ho già detto Tom, non permetterò a una testa di cazzo come te di demolire la mia migliore amica per un capriccio, senza fare qualcosa- gli annuncio.

Mi guarda.

Io guardo lui.

I suoi occhi sono scuri come il petrolio, li vedo stringersi sotto la morsa calda della rabbia.

Una rabbia che non dovrebbe provare.

-Avanti, dimostramelo Tom, dimostrami il tuo amore per Annika- lo esorto con il mio classico sarcasmo.

È un secondo.

Sento la sua mano afferrarmi la t-shirt e spingermi verso di lui. Mi trovo a pochi centimetri dal suo viso scavato dalla rabbia –Non lo capisci davvero, Andrea?- ringhia –Non lo vedi quanto è umiliante venire da te strisciando?-

Non riesco ad avere paura di lui, tengo perfettamente il suo sguardo.

-Se lo sto facendo è perché un po’, ad Annika, ci tengo- continua a dire, lasciandomi con una spinta –Mi si è infilata in testa!- tuona per poi tirare un calcio contro la parete –Cazzo!-

Fisso la scena decisamente stupita.

Si passa una mano sul viso.

-Scusa…- mormora dopo pochi secondi.

Mi sembra tutto così irreale.

Non ho mai pensato che uno come Tom potesse essere così… umano.

Fragile potrei dire.

Non vedo altro che una strana sofferenza in lui, forse nemmeno lui sa di averla. Sembra lottare con il suo orgoglio, tirare fuori armi che non potranno mai funzionare.

Forse è quello che chiamano Karma.

Forse, veramente, sta ricevendo indietro tutto il dolore che ha inflitto.

È il contrappasso dell’inferno dantesco, la discesa lenta verso la ragione e il pentimento.

Forse ha davvero ragione, si sta umiliando scoprendosi a me.

E in un certo senso mi fa piacere togliere la maschera a una persona che alla fine è diventato quello che gli altri volevano che fosse.

Scuote la testa –Scusa, ho fatto un errore a venire…- biascica guardandomi.

Ha degli occhi bellissimi, così simili a quelli di Bill in quel momento.

È quello che mi sta facendo soppesare le sue parole?

È per la sua somiglianza con Bill che gli sto dando ragione?

È per la sua espressione triste che sto pensando alla possibilità di fermarlo mentre se ne sta andando?

Lo vedo girarsi e incamminarsi verso la sua lucente e strafiga R8.

No.

Non voglio aiutare quella testa di cazzo, ha fatto del male ad Annika.

Non ha pensato due volte alle conseguenze delle sue azioni, perché dovrei aiutarlo?

Perché dovrei tradire la mia amica per il suo piacere personale?

-Ti piace?- urlo senza pensarci.

La mia solita delicatezza.

Lo vedo bloccarsi in mezzo al cortile, poco distante dalla sua macchina.

Lo vedo sorridere amaro –Non lo so-

Confusione.

Sincerità.

Tristezza.

In questo momento Tom mi sembra la persona più cupa che abbia mai incontrato.

-Mi ha dato fastidio il modo in cui se ne è andata e mi fa impazzire il modo in cui mi ignora- mi confessa –Io la voglio-

-Non è un oggetto-

-Lo so- asserisce lui.

Silenzio.

Minuti interminabili di silenzio.

-Non so cosa sento, so solo che le voglio parlare, voglio chiarire e farle capire che…- chiude la bocca.

Le parole muoiono come sono nate.

O semplicemente lui le tiene nascoste, non importa.

Ok, sono decisamente impazzita.

-Ok- urlo attirando la sua attenzione.

Lo vedo inclinare la testa –Ok per cosa?-

-Ti aiuterò, ma a una sola condizione- lo avverto –Se le farai di nuovo male sarò io stessa a far del male a te-

E di colpo uno strano calore mi abbraccia, anzi lui lo fa.

Non capisco più nulla.

Semplicemente mi stringe, sorridendo e mormorando un –Grazie- basso e eloquente.

Con un po’ d’imbarazzo lo abbraccio anche io.

Forse, ma dico proprio forse, Tom non è proprio la più grande testa di cazzo di questo mondo.     

 

 

 

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Capitolo 12
*** 12. C'è qualcosa che non va ***


* Ragazzeee*.*

Ci scusiamo per il ritardo, ma abbiamo avuto una serie di contrattempi:(

Ma ora siamo tornate e il capitolo è tutto per voi!xD

Speriamo che vi piaccia, anche perchè ne avrete per un po' ;)  [è piuttosto lunghettoxD]

Buona lettura, e, come sempre, grazie mille a tutteee!;))

Un abbraccio, Ale&Mad *

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[ANNIKA]

 

 

Come ho trascorso gli ultimi cinque giorni?

Come una depressa, esattamente.

Cercando di nascondere il mio stato d’animo al mondo intero, peraltro non riuscendoci , sono rimasta chiusa nella mia stanza.

Non si può certo dire che mi sia mancata l’aria, viste le enormi dimensioni di quella che io chiamo stanza da letto ma che corrisponde ad un salotto, ingresso e cucina messi insieme.

Mi sento terribilmente atterra.

E le chiamate che Tom ha continuato a farmi senz’altro non mi hanno aiutata.

Vedere il suo nome sul display del mio cellulare, ripensare a lui, a come siamo stati per poi rendermi conto di quale fosse in realtà il suo unico scopo mi fa stare davvero male.

Quante lacrime ho versato in questi giorni? Tante, davvero un’immensa quantità.

Ho smesso di andare a scuola per non vedere nessuno, anche se la cosa avrebbe avuto comunque una scarsa rilevanza visto il mio 10 in condotta perennemente assicurato dalle periodiche visite del mio paparino a tutti i miei prof.

Ad ogni modo, io non mi ero mai trovata in una situazione simile: le scorse due volte in cui Tom m’aveva fatta soffrire non mi ero comunque sentita come ora.

Mi sento frustrata, delusa, estremamente amareggiata nel sapere che mi ha usata…di nuovo.

E mi fa soffrire ancora di più il fatto di essermi fidata di lui, di aver creduto a quello che mi diceva.

Se ci ripenso mi viene un nodo alla gola e le lacrime mi riempiono inevitabilmente gli occhi.

Come ha potuto, come?

Sbatto una mano sulla morbida coperta rosa che ricopre l’enorme letto matrimoniale sul quale sono accasciata da giorni.

Le lacrime cominciano a scorrermi lungo le guance ormai sciupate.

Sono giorni che non mi curo e questo per me è in assoluto il segno più tangibile dello stato di sofferenza in cui mi trovo.

Sospiro profondamente: non posso fare a meno di pensare a quanto sia stronzo,ma terribilmente attraente.

È questo il problema: se solo fosse meno sexy sarei senz’altro riuscita a resistergli.

Il problema è che unisce quel portamento strascinato e seducente a quello sguardo e a quel piglio malizioso che su di me hanno un effetto travolgente.

La mia contemplazione mentale della bellezza che Madre Natura ha donato a Tom viene interrotta da un lieve bussare alla porta.

-Non voglio vedere nessuno- mormoro a voce abbastanza alta da farmi sentire.

Sento comunque la porta aprirsi lentamente e mi giro per appurare chi sia.

-Tesoro, posso entrare?- la voce di mamma risulta più dolce e gentile del solito.

Mia madre è una donna singolare: il suo perenne distacco e la sua freddezza sembrano addirsi esattamente allo stato facoltoso cui appartiene.

La vedo avvicinarsi a piccoli passi verso il letto: indossa una gonna beige fino al ginocchio ravvivata da fantasie floreali sui toni estivi dell’arancio e del giallo, con su un corpetto coperto da una giacchina in tinta.

I lunghi capelli biondi, voluminosi sciolti sulle spalle ed il viso ancora fresco incorniciato dalle sue immancabili perle.

Scuoto le spalle lievemente, in segno di assenso.

Si siede delicatamente sul bordo del letto ormai disfatto da giorni.

Ogni suo gesto è accompagnato da un’estrema eleganza e raffinatezza.

-Che cos’hai, Annika?- mi domanda con un’intonazione di voce estremamente seria e al contempo affettuosa.

Solo lei ne è capace.

Scuoto la testa.

-Nulla di importante- mi affretto a rispondere.

-Forse questo è quello che vuoi farmi credere, ma pensi che io non mi accorga della verità?- mi domanda con una calma ed una pacatezza ammirevoli.

-Non fa comunque differenza, mamma- mormoro triste.

Mi sposta una ciocca di capelli dal viso con atteggiamento amorevole ed incurva le sue labbra in un lieve sorriso.

-C’entra un ragazzo, non è vero?-

-Anche se ti dicessi di no, non ci crederesti, quindi…- commento io rassegnata.

La vedo sorridere leggermente.

-Probabilmente non ti va di parlarmene, come è logico che sia, però io potrei darti dei consigli su come comportarti, su come agire per non…-

La interrompo dicendole:

-Noi non abbiamo mai parlato in 18 anni, perché ora vuoi farlo, mamma?- le chiedo curiosa.

La vedo abbassare lo sguardo.

-Il nostro rapporto è sempre stato velato da un certo distacco, dovuto al tuo ruolo che hai sempre mantenuto con fermezza- le dico io- perché ora vuoi porti nella condizione di confidente?-

-Non voglio cambiare la natura della mia figura all’interno di questa famiglia Annika- il suo tono si fa più severo- ma voglio solo cercare di aiutarti a superare la situazione difficile in cui ti trovi, benché tu stia cercando di nasconderla in tutti i modi-

La fisso intensamente, senza sapere cosa rispondere.

Vedo i suoi lineamenti distendersi ed arricciarsi in preda alla concitazione.

-Non pretendo che tu mi dica cos’hai, pretendo semplicemente che tu non ti faccia calpestare da nessuno, Annika. Non è corretto che un ragazzo si arroghi il diritto di ridurti in questo stato- esclama con decisione- né tantomeno è giusto che la tua dignità venga calpestata in questo stato di abbattimento in cui ti trovi- conclude incitandomi.

Annuisco: le parole di questa donna sanno sempre centrare il punto.

Peccato che io abbia la fortuna di ascoltarle solo poche volte, dato il nostro rapporto distante.

-Cosa dovrei fare, mamma, per uscire da questa profonda malinconia che mi sta distruggendo?- le chiedo quasi con tono di supplica.

-Alzarti, vestirti, truccarti e riprendere in mano la tua dignità ridandole vigore- esclama lei sorridendomi.

Inclino le labbra in un leggero sorriso e afferro la sua mano in segno di ringraziamento, carezzandola dolcemente.

-Su, fa come ti ho detto, e non dimenticare mai chi sei, mai, per nessun motivo al mondo-

Mi chiedo perché non abbia fatto l’avvocato nella sua vita.

Con me la sua persuasione ha già attecchito.

-Avanti, tra qualche settimana tornerà anche tuo padre dall’Italia e non credo che sarà felice di trovarti in questo stato!- esclama lei.

Sorrido.

-Grazie, mamma- mormoro.

La sua mano stringe la mia.

Non un abbraccio, non un bacio tra noi.

Ma un gesto denso di significati che è più forte di mille contatti fisici.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Secondo voi esiste la telepatia?

Io ed Andy ne siamo la prova concreta.

Proprio nell’esatto momento in cui stavo per chiamarla, dopo essermi decisa ad uscire grazie alle parole di mamma, mi arriva la sua telefonata e al suono di un “ehi, principessa del cazzo, pensi di continuare a sperimentare ancora a lungo un nuovo stile di vita eremitico o ti decidi ad uscire da quelle quattro mura rosa glitterate?” mi sono abbandonata ad una di quelle fragore risate che solo la mia Andrea sa regalarmi.

Nel giro di un’ora mi sono sistemata, mi sono fatta i capelli e mi sono preparata: non sarei mai potuta uscire in quelle condizioni pietose.

Ha ragione mia madre: la dignità di una donna è più importante di tutto.

Certo quello stronzo di Tom non ha ancora dato tregua ai miei pensieri, ma almeno, uscendo ho più possibilità di distrazioni.

Come dice Andrea, quel pezzo di merda non merita i miei pianti isterici. Cosa che, in termini più volgari, coincide col concetto di mia madre.

Certo, Andrea ha sempre un modo tutto suo di dire le cose, con tre parolacce ogni due frasi, ma alla fine il contenuto arriva forte e chiaro.

Decido di indossare un paio di jeans attillati di tonalità chiara della Liu Jo.

Eh si, mi mantengo sul semplice oggi: d’altronde andiamo semplicemente a fare un giro in centro.

Indosso una canotta beige, leggermente lunga sui fianchi e con un ricamo nella parte anteriore, sotto il seno.

Mi infilo un leggero cardigan di una tonalità di beige leggermente più chiara che lascio sbottonato.

Mi avvicino al mio comò immenso su cui sono sparsi talmente tanti gioielli che probabilmente se mi mettessi a frugare qui in mezzo troverei cose che neppure io ho mai visto.

Opto per il semplice, un paio di orecchini di Tiffany, una collana ed un bracciale Guess in coordinato.

Mi trucco leggermente, facendo risaltare soprattutto le mie lunghe ciglia nere e gli zigomi, dando poi un leggera lucentezza anche alle mie labbra.

Mi guardo allo specchio: credo di essere pronta.

Mi lascio i lunghi capelli biondi lisci, sciolti sulle spalle, mi infilo un paio di tronchetti tacco beige spuntati tacco 8 (mi sono tenuta decisamente sul basso) ed afferro la mia Chanel beige.

Esco dalla mia camera e scendo l’ampia scalinata di casa dirigendomi in salotto dove trovo mia madre seduta ad una poltrona intenta a chiacchierare con un paio di donne vestite elegantemente.

Le saluto cordialmente con un sorriso ed un cenno del capo e poi fisso l’attenzione su mia madre.

-Stai uscendo, tesoro?- mi chiede lei con sguardo compiaciuto.

-Già- annuisco accennando un sorriso- vado a fare un giro in centro con Andrea- le spiego- ci vediamo più tardi- la saluto con un gesto della mano.

-Arrivederci signore, è stato un piacere- mormoro rivolta alle due donne.

Chi sono?

Due delle tantissime rompi palle che si avvicendano in questa casa sperando di avere a che fare con la moglie dell’uomo più ricco di Amburgo.

Arrampicatrici sociali, ecco.

Ma la signora Stern è sempre tanto abile quanto paracula e non si lascia certo abbindolare dai loro modi di fare cortesi.

Chiudo il portone in vetro colorato alle mie spalle ed esco di casa.

-Ciao Frank!- esclamo a voce alta salutando con un cenno della mano un giardiniere di mezza età impegnato con un’aiuola.

-Buongiorno signorina!- mi risponde lui cordiale alzando una mano ricoperta da un guantone verde sporco di terra.

Sorrido nel vederlo: mamma m’ha dato proprio una botta di vita!

Entro in garage ed osservo il mio gioiellino lucido, di vernice ancora fresca, quasi!

Eh già piccoli inconvenienti possono sempre capitare, ma i soldi sono fatti per ovviare ad essi!

Entro all’interno ed infilo la chiave nell’apposita fessura.

Mi sembra di respirare aria familiare.

Questa si che è casa mia: la mia Audi.

Profumo di qualità.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Suono il clacson un paio di volte e dopo qualche minuto vedo un’Andrea frettolosa ma allegra scendere i pochi scalini dell’ingresso.

Le gambe sono fasciate da un paio di jeans scuri attillatissimi, strappati in più punti nella parte anteriore che ricadono all’interno di enormi anfibi neri come sempre slacciati.

Una t-shirt dai colori decisamente scuri le fascia il busto mettendo in risalto le sue forme appena accennate.

La scritta rossa “Apocalyps 13” compare sul davanti, spiccando dal nero del fondo misto a dettagli di color verde scuro, a formare un tripudio di colori sgargianti, c’è da dirlo.

Una sottile cinta nera borchiata le ricade morbida sui fianchi, mentre il classico cappello nero alla francese le copre la testa.

La guardo avvicinarsi alla mia auto, un sorriso contagioso si estende sul suo viso, coperto per metà da un paio di RayBan neri tipici delle rockstar o come si chiamano quelli che adora lei.

-Sei resuscitata!- esclama entrando in macchina e abbracciandomi calorosamente.

-Eh già- mormoro io sorridendo- il merito è tutto di mamma!- aggiungo ingranando la marcia e partendo.

La vedo fissarmi per qualche istante ma nessuna battutina di dissenso ancora proviene dalla sua bocca.

-Niente in contrario oggi col mio abbigliamento?- le chiedo aspettandomi già una sfilza di critiche a partire dai capelli fino alla punta delle scarpe.

-Naa- esclama lei continuando ad osservarmi- oggi sei persino decente-

Rido divertita.

-Dovrei considerarlo un complimento, scommetto!- esclamo sarcastica.

-Certo!- si affretta a precisare lei- a parte i 17 cm di tacco sei alquanto nella norma!- commenta annuendo.

-Ma quale 17 cm!- esclamo io sconvolta- mi sono tenuta bassa, oggi! È solo un tacco 8!- esclamo io.

-Oh ma stai facendo passi avanti, Annika, devo farti le mie congratulazioni!- esclama lei sarcastica battendomi leggermene sulla spalla.

Sorrido alle sue parole. E poi riprendo: -Ora che ho di nuovo il mio gioiellino al mio fianco, tutta la mia vita ha più senso!- esclamo io sospirando tra le nuvole.

Andrea si volta a guardarmi e scuote la testa sconsolata.

-Sei melodrammatica, lo sai?- mormora convinta.

-No, sono realista!- esclamo io annuendo e rallentando in prossimità del semaforo.

Mi volto a guardare Andy col suo solito sguardo per la serie “Ogni tua parola è un’offesa a noi comuni mortali”.

Ma sorrido, felice di essere tornata in me.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

-O mio dio- esclamo sconvolta fermandomi di colpo davanti alla vetrina di “Gucci” e tenendo Andrea ferma per un polso, impedendole di fuggire via da un momento all’altro.

-Che c’è?- il suo tono scocciato è di norma, ogni volta che si verifica una scena come questa.

-O mio dio- ripeto ansimando e fingendo un attacco di cuore.

-Si, o mio dio- ripete lei- ho afferrato il concetto!- esclama affiancandomi e puntando lo sguardo su quello che è appena diventato il mio nuovo oggetto del desiderio.

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-Uhm- mormora lei- solo 320€, stavolta ti sei tenuta bassa!- esclama lei con ironia inclinando leggermente la testa.

-Già!- esclamo io con i luccichini agli occhi- ne vale assolutamente la pena! Un paio di sandali così ad un modico prezzo del genere sono un affarone!- esclamo io stupita dall’evidente convenienza.

-Si!- esclama lei annuendo ed incitandomi- sono un quarto di stipendio di una famiglia normale, ma per un tripudio rosa di tulle e 25 cm di tacco direi che ne valga la pena!- esclama lei sarcastica annuendo.

Conosco molto bene Andrea: mi sta prendendo in giro, lo so, ma la voglia di avere quelle scarpe nella mia stanza è più forte di tutto.

-Entriamo, ti prego, le voglio!- esclamo io con l’adrenalina a mille trascinando Andrea all’interno del lussuoso negozio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Usciamo dal negozio nel giro di dieci minuti.

Sul mio viso è steso un sorriso raggiante e luminosissimo, su quello di Andrea un’espressione tanto scocciata quanto sconvolta.

-Annika ci pensi?- mi fa ad un tratto voltandosi verso di me mentre riprendiamo a camminare- la commessa t’ha anche fatto 10€ di sconto! Che affare!- esclama lei.

Mi volto a guardarla e mi sembra quasi di poter afferrare l’ironia presente nelle sue parole.

-Andy riconosco al volo il tuo sarcasmo!- esclamo io guardandola con aria da rimprovero.

-Cazzo, Annika!- sbotta lei d’un tratto, uscendo allo scoperto-310€ per un paio di sandali che avresti trovato al mercato a 20€!- esclama lei gesticolando con le mani in aria.

-Non bestemmiare!- esclamo io con tono serio e risentito alzando il dito indice contro di lei.

La vedo scuotere la testa e continuare a camminare.

Paragonare un paio di sandali da mercato a questi sandali di Gucci: è blasfemia!

D’un tratto sento il cellulare squillarmi nella borsa e rallento il passo, infilando la mia mano all’interno della mia Chanel. Estraggo e leggo il mittente.

Distolgo un attimo lo sguardo dal display.

-è lui?- mormora Andrea notando il mio viso su cui s’è stampata un’espressione decisamente cupa.

Senza dire nulla mi avvicino ad una delle panchine che sono disposte lungo un parco adiacente alla via del corso.

Mi siedo, poggiando la borsa e la busta accanto a me e abbandonando la testa su una mano.

Sospiro profondamente e avverto la mano di Andrea carezzarmi dolcemente i capelli.

Tra noi non servono le parole, bastano anche solo gli sguardi. Talvolta la comprensione non necessita di discorsi chilometrici.

Vedo nuovamente il display illuminarsi e premo con forza il tasto rosso.

-Vaffanculo- mi lascio sfuggire rinfilando il telefono in borsa.

Le volgarità sono concesse anche ad una Stern in queste situazioni.

-Perché non gli rispondi?- mi chiede d’un tratto Andrea. La curiosità si percepisce dal suo tono di voce.

-E me lo chiedi? Perché mai dovrei rispondergli dopo il modo in cui m’ha trattato?- esclamo io sconvolta. È una possibilità che non prendo neppure minimamente in considerazione.

-Semplicemente per ascoltare cos’ha da dirti- mi fa lei.

-Andrea- le faccio d’un tratto fissandola- ti senti bene?- le chiedo poggiandole una mano sulla spalla con apprensione. Lei se potesse lo scuoierebbe vivo. E allora perché mi sta addirittura invogliando a rispondergli?

-Certo, sto benissimo, Annika- mi conferma lei sorridendo- ma ti sei chiesta perché cazzo ti chiama in continuazione senza smetterla?-

-Certo, purtroppo me lo chiedo in ogni momento- rispondo io abbassando lo sguardo.

-E cosa ti rispondi?- mi fa lei di nuovo.

-Niente…-mormoro io- non ho la minima idea di che cos’altro voglia da me, ha forse intenzione di umiliarmi di nuovo?- mi chiedo io.

-Magari se gli rispondi lo scopri da lui. Insomma, ci dev’essere un motivo abbastanza serio che lo spinge a chiamarti dieci volte al giorno, non credi?- mi fa lei guardandomi negli occhi.

-Quando si ha a che fare con Tom non c’è mai nulla di serio, te lo assicuro Andrea. La parola “serietà” non sta neppure nel suo vocabolario- dico io convinta.

-Tu ci tieni ancora, è inutile convincersi del contrario, tu ci hai sempre tenuto e…- tenta di dire lei.

-dove vuoi arrivare Andy?- le chiedo non capendo- non eri tu quella che mi ha sempre tenuta in guardia da lui?-

Forse mi sono persa qualche passaggio.

-Certo, lui è un grandissimo bastardo e su questo non si discute, ma io dico semplicemente di sentire cosa cazzo vuole dirti- continua lei.

La guardo insospettita: c’è qualcosa che non va.

-Quello che ha fatto è imperdonabile, e non merita neppure più un briciolo della mia attenzione- dichiaro io convinta -non voglio più avere niente a che fare con lui, sia chiaro, ed ora chiudiamo il discorso per favore perché mi irrita notevolmente- concludo distogliendo lo sguardo.

Fa male, fa ancora terribilmente male.

-Ok, hai ragione, come vuoi tu- mi dice lei abbozzando un sorriso.

-E poi persino Bill concorda con me!- aggiungo annuendo con vigore.

-Cosa?- mi fa lei incredula.

-Eh già!- confermo io- ieri m’ha vista mentre vagavo a piedi senza meta, m’ha dato un passaggio e ho scoperto che poi non è così stronzo come pensavo!- confesso io felice.

Vedo Andrea arrossire visibilmente.

-E…quand’è che avevi intenzione di dirmelo?- mi chiede con tono quasi risentito.

-Non lo so…presto, credo!- esclamo io facendo spallucce- non c’ho dato molto peso, visto che ha comunque gli stessi geni del fratello e quindi non se la scampa- dico convinta.

Vedo Andrea scuotere vigorosamente la testa.

-Nono- s’affretta a precisare- lui non ha niente a che vedere con Tom, te l’assicuro!- esclama.

La guardo con espressione indagatrice e sorrido maliziosa.

-Ah no eh?- chiedo io prendendola in giro.

-No!- ribadisce lei ormai rossa, pronta per esplodere.

-Ma…-inizio io battendomi un dito sul mento- non è che magari ti piace Bill?- le chiedo io centrando perfettamente il punto.

-Macchè!- esclama lei ridendo come per mettermi dinanzi all’assurdità di quanto le ho appena chiesto- come ti viene in mente?- mi chiede lei scuotendo la testa.

-Quindi non sei arrossita per questo?- le chiedo io ridendo divertita tra me e me.

-Non sono arrossita!- esclama lei toccandosi nervosamente i capelli.

-E non sei nemmeno imbarazzata, vero?- le chiedo io prendendola in giro ancora.

-Certo che no!- esclama lei ridendo nervosamente.

Sorrido guardandola completamente rossa, impacciata e terribilmente insicura.

Eh già, dietro quella sicurezza quasi fastidiosa si nasconde un’Andrea Linke estremamente insicura.

Mille paranoie, mille pensieri, mille complessi d’inferiorità sono emersi durante i nostri lunghi anni di conoscenza.

Ed io, si, la conosco davvero bene: è incredibilmente orgogliosa e vuole sempre dimostrarsi forte, anche in situazioni in cui sarebbe impossibile tenere nascoste le proprie debolezze.

Ed è proprio per quest’ultimo motivo che non è in grado di ammettere che Bill le piaccia.

Lei non lo confesserebbe mai così facilmente che un ragazzo le piaccia: e Bill non rappresenta l’eccezione.

Per lei non esistono storielle senza senso: quando si ha a che fare con lei è impossibile provare sensazioni leggere.

Per lei ogni sentimento diventa estremamente importante.

Ed è proprio per questo che vuole dare un giusto peso al suo interesse per il gemello diverso.

Ma è così evidente che lei ne sia enormemente attratta che non ho neppure bisogno di continuare oltre il mio interrogatorio.

-Quindi non ti piace?- chiedo infine con il tono tipico di una domanda retorica.

Lei alza gli occhi verso di me con un leggero sorrisino stampato sulle labbra.

Ridacchio e poi le passo un braccio attorno alle spalle.

-La mia piccola Andrea- mormoro scompigliandole dolcemente i capelli corvini.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

Imbocco con la mia Audi nel viale di casa, attendendo per qualche breve secondo che l’enorme cancello in ferro si apra davanti a me.

Ho appena riaccompagnato Andrea, dopo aver fatto un altro paio di giri per il centro.

M’è sembrata strana? Eccome.

Parcheggio la mia auto nel vialetto di casa, lasciando l’onere di riporla accuratamente nel garage al mio fido maggiordomo, Joseph.

Esco dall’auto, chiudendo la portiera e sistemandomi leggermente i capelli.

Apro il portone con una delle numerose chiavi appese al mio mazzo.

Entro all’interno e subito faccio saettare il mio sguardo sulla destra: le donnacce sono andate via.

Perché le chiamo così? Perché anche la loro è una forma di prostituzione.

Certo, non fanno commercio del proprio corpo (anche perché non potrebbero permetterselo), ma lo fanno della propria vita, della propria dignità. Pur di ascendere nella scala sociale.

Dunque per me sono e restano delle ‘donnacce’.

-Hanna!- chiamo la mia domestica a voce alta.

-Si, signorina- la sua vocina arriva da lontano.

D’un tratto la vedo comparire dalla cucina mentre s’asciuga le mani nel grembiulino bianco che indossa.

-Dov’è mamma?- le chiedo poggiando le chiavi sul tavolo del salotto.

-è uscita poco fa, signorina. Mi ha chiesto di dirle che ha avuto un contrattempo in ufficio e che sarebbe tornata dopo cena- mi spiega lei.

-contrattempo?- le chiedo io scettica.

-Esatto, credo che debba controllare i documenti relativi al rimpatrio del signor Stern tra qualche settimana- continua lei.

-Ah, va bene, grazie- le dico io abbozzando un sorriso e facendole segno di andare.

Sospiro pesantemente e mi siedo comodamente sul divano bianco con rifiniture in oro e poggio la borsa accanto a me.

-Ah, Hanna!- la chiamo di nuovo.

-Si signorina!- mi risponde lei nel giro di un paio di secondi facendo dietro front.

-Mi porteresti un the caldo per favore?- le chiedo io.

-Certamente, signorina- mi risponde lei con un lieve cenno del capo.

-Grazie- mormoro io mettendomi comoda e togliendomi le scarpe.

Mi smuovo i capelli e mi appoggio allo schienale, come per rilassarmi.

Rimango in questa posizione per qualche secondo. Un sacco di cose mi passano per la testa.

D’un tratto prendo il cellulare all’interno della mia Chanel.

Apro la rubrica e scoro qualche numero fino ad arrivare alla lettera B.

<>

Quello che mi serve.

Ci penso per un attimo e poi decido di chiamarlo, si. Strano, eh?

Si, ma tutto può cambiare, in quel complesso avvicendarsi delle situazioni umane che chiamiamo vita.

Mi porto il cellulare all’orecchio e aspetto un paio di squilli, prima di sentire la sua voce cristallina.

-Annika!- esclama lui con tono di voce allegro.

Eh già, anche lui ha il mio numero. Esattamente dal giorno in cui mi ha riaccompagnata a casa e abbiamo deciso di scambiarceli.

-Ehi- mormoro io leggermente imbarazzata- come va?- gli chiedo.

-Bene, grazie!- esclama lui con quella vivacità che ho scoperto in lui solo da poco. Da quando abbiamo iniziato a trattarci come persone normali e non come gladiatori in un’arena pronti per scuoiarsi vivi.

-E tu?- mi chiede poi.

-Io? Beh, così- mormoro cercando di mantenere un tono almeno lontanamente vivace quanto il suo.

-è successo qualcosa?- mi chiede apprensivo.

-No, no niente di grave!- esclamo io rassicurandolo- anzi, scusa se ti ho chiamato è che…- prendo un attimo fiato-…ho pensato che m’avrebbe fatto bene parlare con te- dico infine.

-Hai fatto bene, non preoccuparti!- esclama lui gentile.

-Senti ti va di venire da me? Così parliamo, ho delle cose da dirti- mormoro io con il timore che lui interpreti diversamente le mie parole.  

-Certo, mi fa piacere!- esclama lui senza pensarci neppure su- il tempo di arrivare, allora-

-Grazie, Bill- mormoro io prima di sentire il suo ultimo saluto e chiudere la chiamata.

Sono imbarazzata? Si, decisamente, perché non mi era mai capitato di aver bisogno di un ragazzo per…parlare!

-Signorina, ecco il suo the- la voce di Hanna mi giunge chiara alle orecchie.

-Grazie- esclamo io afferrando il vassoio- senti, io salgo in camera- le annuncio mentre mi alzo dal divano- tra poco dovrebbe arrivare un mio amico. Lo fai salire su in camera mia, ok?- le chiedo.

-Certamente, signorina-

Mi avvio su per le scale, in attesa del tanto imbarazzante incontro.

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sento bussare alla porta della mia stanza.

Poggio in fretta il vassoietto con cui Hanna m’ha servito il thè sul comodino alla mia sinistra.

Mi sistemo la maglietta sui fianchi, calandomela di poco e dico:

-Avanti-

La porta si apre lentamente davanti ai miei occhi.

-Signorina, c’è una visita per lei- mi dice Hanna aprendo del tutto la porta e facendo spazio ad un Bill decisamente più sobrio del normale.

Sorrido felice e lo accolgo in camera facendo segno ad Hanna di andare.

Mi sembra d’aver percepito la sua occhiata per la serie “se l’è scelto bene, signorina, complimenti!”.

Ignoro la sua faccia e mi concentro su Bill.

-Ciao- esclamo io sorridendo.

-Ehi- mormora lui chiudendo la porta alle sue spalle.

-Vieni, siediti pure dove vuoi!- esclamo io indicandogli il letto, il divanetto sotto la finestra o le mille poltrone sparse qua e là per la stanza.

-Certo che lo spazio non ti manca eh!- esclama lui guardandosi intorno e girando lentamente per la stanza.

-Eh già- asserisco io sedendomi sul letto e molleggiando leggermente.

-Comunque complimenti, è una stanza bellissima!- asserisce lui annuendo e guardandosi ancora intorno- forse un po’ troppo rosa!- si lascia poi sfuggire arricciando leggermente il naso.

Ridacchio divertita e poi esclamo:

-è decisamente da me, non trovi?-

-Già, non mi ci immaginerei nessun’altra dentro a questo luccichio sfavillante di rosa glitterato!- esclama lui con un tocco di ironia sedendosi sulla mia poltrona bianca (unico colore che stacca in questo mare di rosa).

Sorrido: è simpatico, e non me l’aspettavo.

-Allora- comincia lui schiarendosi la voce- siamo seri: perché mi hai fatto venire?- mi chiede d’un tratto fissandomi curioso.

-Beh…-mormoro io- può sembrare strano che abbia sentito il bisogno di parlare con te, vero?- chiedo d’un tratto torturandomi un’ unghia smaltata di rosso.

Inclina lievemente la testa e sorride.

-Se calcoliamo che fino ad una settimana fa ci detestavamo, si. Ma se calcoliamo che le cose possono cambiare anche nel giro di un secondo…no!- esclama infine- insomma, si può sempre cambiare opinione su una persona, non credi?- conclude lui fissandomi intensamente con quegli occhi nocciola terribilmente simili a quelli di Tom.

Annuisco sorpresa e lo osservo: semplice t-shirt bianca con stampe multicolore su cui si intravede la scritta a caratteri cubitali “Dsquared2”, jeans scuro, leggermente attillato e un paio di sneakers nere.

Lo osservo: mi sorprende sempre di più.

È terribilmente in grado di cambiare in maniera così evidente: da rockstar dannata e piena di sé a semplice ragazzo comune e addirittura…simpatico!

-Già…-mormoro io fissandolo- si, hai ragione- annuisco- è per questo che…- mi blocco a causa dell’insicurezza dettata dalla situazione in cui mi trovo- ho pensato che tu saresti stata la persona più adatta per ascoltarmi-

-Dimmi pure- esclama lui disponibile.

-Si tratta di Andrea- dico tutto d’un fiato vedendo sul suo viso dipingersi un’espressione di sorpresa, stupore, interesse- e di….Tom- aggiungo poi cupa, vedendo la sua espressione diventare sconvolta, incredula, rassegnata.

-Avanti, dimmi- dice lui diventato improvvisamente inquieto.

-Oggi io e lei siamo andate in centro a fare un giro, d’un tratto è venuto fuori il discorso relativo a…tuo fratello- tiro un sospiro- e lei m’è sembrata…strana!- esclamo io corrugando la fronte.

-In che senso?- mi incalza lui.

-Nel senso che è come se…avesse voluto esortarmi a dare un’altra possibilità a Tom!- esclamo io sconvolta- m’ha chiesto perché io continuassi a non rispondere alle sue chiamate, m’ha consigliato di ascoltare cosa lui avesse da dirmi e cose del genere- gli spiego io- quando lei se potesse lo rimanderebbe dritto dal creatore!-

Vedo Bill sgranare gli occhi e annuire.

-Si, si, il suo odio nei confronti di Tom è cosa nota anche a me- dice convinto- ma…può essere che si sia comportata in modo così strano?- mi chiede come per assicurarsi che ciò che gli ho appena detto sia vero.

-Addirittura se ne è uscita dicendo che secondo lei Tom deve avere un motivo serio per continuare a chiamarmi!- ridacchio nervosamente- ti rendi conto? Tom che ha intenzioni serie con una ragazza? È assurdo!- esclamo io quasi isterica.

Vedo Bill riflettere con espressione assorta. Un’espressione che mai ho visto sul viso di suo fratello. E non c’è da stupirsene.

-Cosa ne pensi?- gli chiedo dopo qualche istante di silenzio- voglio dire, secondo te è impazzita?-

Lo sguardo di Bill saetta su di me e mi fissa per qualche secondo, prima di alzarsi e camminare lentamente per la stanza.

Lo seguo con lo sguardo cercando di carpire anche il più piccolo dettaglio dalla sua espressione, decisamente molto confusa.

-Sai che ti dico?- se ne esce d’un tratto fermandosi e fissandomi negli occhi.

Forse è la mia espressione molto impaziente ad esortarlo a parlare.

-Che non è affatto impazzita!- esclama d’un tratto sorridendo- è possibile che ciò che lei ti abbia detto sia vero- dice poi.

-che significa?- chiedo io non capendo e incrociando le gambe sul letto.

-Significa che può darsi che Tom sia mosso da un qualche interesse verso di te…- mormora poi avvicinandosi a me di qualche passo.

Alzo lo sguardo verso di lui.

-Stai scherzando vero?- ridacchio nervosamente- avanti, Bill, lo sai meglio di me il modo in cui Tom s’è sempre approcciato all’universo femminile!-

- Già, ma Tom a volte è incredibilmente in grado di sorprendermi. E non escludo la possibilità che stavolta lui stia sentendo qualcosa di diverso dalle altre volte, senza avermelo detto- mormora lui annuendo.

-Non dire cavolate anche tu, Bill!- esclamo io scuotendo la testa. Mi rifiuto di ammettere una cosa del genere.

-Capisco che tu ormai sia assolutamente diffidente nei suoi confronti. Lo sarebbe chiunque al tuo posto- dice lui sedendosi sul letto di fronte a me –ma non capisco perché tu debba escludere questa possibilità a priori!- esclama lui fissandomi intensamente.

-Perché m’ha già presa in giro tre volte, come posso credere che a lui importi anche solo lontanamente di me?- dico io esasperata, sbattendomi le mani sulle ginocchia.

-A Tom piaci- se ne esce lui d’un tratto- come non lo so, ma sono certo che gli piaci- dice con tono solenne.

Attimi di interminabile silenzio.

Immobili entrambi.

Il mio sguardo nel suo.

-Tu sei bellissima, Annika, è impossibile negarlo- dice lui con tenerezza facendomi quasi arrossire- e questo dettaglio a Tom non è di certo sfuggito- dice lui  sorridendo lievemente- ma hai anche un cervello, cosa che ho scoperto solo da poco!- esclama lui ridendo.

Rido anch’io, rido di quanto lui possa essere spiritoso.

-non è un caso che lui voglia sempre tornare con te, Annika. Potrebbe avere mille ragazze disposte a concedersi a lui senza nessun’opera di convincimento. Eppure…vuole sempre riavere te- commenta lui con tono di voce basso.

Lo osservo come in trance.

-Questo vuol dire che c’è qualcosa che di te lo attira, e non deve essere solo e necessariamente il tuo aspetto fisico- annuncia lui.

Scuoto la testa  con sguardo basso.

-Non farmici credere, Bill, per favore, soffrirei ancora e non potrei mai sopportarlo, stavolta- mormoro io triste.

Sento la sua mano poggiarsi lievemente sul mio ginocchio.

-Io ti dico questo da…amico, non certo per farti del male, sappilo. Poi sarai tu a decidere come comportarti in qualsiasi situazione ti si presenterà. Quello che posso dirti è che stavolta non parteggio per mio fratello, no!- esclama lui facendomi sorridere.

-Ha proprio bisogno di qualcuna che gli faccia capire che non è  un dio e che ci sono sentimenti che vanno rispettati…sempre!-

Annuisco con vigore sorridendo.

Mi sembra così simile ad Andrea. Quella determinazione, quella sicurezza, quell’ironia che mi ha mostrato in questi ultimi minuti mi sembra così terribilmente familiare…sono sensazioni e pensieri che solo la presenza di Andy mi suscita. Nonostante la mia apparente intransigenza su certi aspetti, ho costantemente bisogno di punti di riferimento e sicurezze. E devo ammettere che chiamare Bill per parlare con lui si è rivelata decisamente un’ottima idea! Con poche parole m’ha aperto dinanzi una nuova prospettiva. Certo non credo minimamente a ciò che m’ha appena detto, ma devo ammettere che sa essere enormemente convincente! Non posso certo credere che Tom abbia interesse verso di me: ho una dignità e stavolta voglio mantenerla, cazzo.

Già per tre volte ho dato via il mio corpo ad un ragazzo che senz’altro non ha dimostrato di meritarselo. Ho perso la mia verginità proprio con Tom, sono stata a letto solo con lui in tutta la mia vita ed è una sensazione così brutta doversene pentire.

Guardo Bill e il sorriso contagioso che si spande sul suo viso.

Sorrido anch’io, leggermente più sollevata.

-Mi ricordi Andrea, sai?- dico d’un tratto.

-Sul serio?- mi chiede lui inclinando leggermente la testa di lato.

Annuisco.

-Siete molto simili tu e lei- me ne esco sicura- stessa simpatia, sicurezza, decisione- commento.

-La cosa non può farmi che piacere- commenta lui con la voce velata di una sottilissima malizia.

Lo guardo più intensamente come per volergli leggere nel pensiero.

-Ti piace, non è vero?- gli chiedo andando subito al punto.

-Eh?- esclama lui come cadendo dalle nuvole.

Rido divertita e lo vedo arrossire leggermente e grattarsi dietro la nuca con fare imbarazzato.

-Avanti, a me puoi dirlo!- lo incito cercando di essere cordiale e di ispirargli fiducia.

-Si vede così tanto?- mi chiede ancora leggermente impacciato. Oh, è così tenero!

-Quanto basta per avermelo fatto capire!- commento io facendogli un occhiolino- sono più perspicace di quanto credi, Bill- commento poi ironica.

Lo vedo sorridere divertito e l’imbarazzo si alleggerisce.

-è decisamente adorabile, così dolce ma determinata allo stesso tempo!- esclama lui confessandosi del tutto.

-già, la mia piccola Andrea!- commento io sospirando con fare materno.

Bill sorride e dopo qualche istante di silenzio lo vedo incupirsi leggermente.

-Ma almeno per ora non credo che sia il momento adatto per uscire allo scoperto- mormora con tono serio.

-E perché?- chiedo io non capendo.

-Beh, non credo che sia una…cosa fattibile- confessa lui- lei mi vede solo come un amico e poi…-

-e poi?- lo incalzo io.

-e poi non potrebbe funzionare tra noi- commenta triste abbassando lo sguardo.

-e perché mai?- chiedo io corrugando la fronte.

-perché non credo che lei mi vedrà mai diversamente da un amico. Le ragazze di solito vedono in me il confidente, in Tom il figo con cui andare a letto- mi spiega con tono rassegnato- e credo che Andrea non sarà l’eccezione-

-Io spero davvero che tu stia scherzando, Bill Kaulitz!- lo rimprovero con fare severo- hai detto un mucchio di cavolate, te ne rendi conto?- esclamo io sgranando gli occhi con fare concitato.

-Sai quante ragazze vorrebbero venire a letto con te? E per certi versi sei molto più interessante tu, che Tom, te lo assicuro!- esclamo io leggermente imbarazzata.

Lo vedo sorridere malizioso e confermo mentalmente che non è niente male, sul serio.

-E Andrea è molto intelligente, in questo, fidati! Conosco i suoi gusti e…- lascio la frase inconclusa.

Lui mi esorta a continuare con un gesto esplicito.

-e tu sei decisamente nei suoi pensieri- mi lascio sfuggire io.

Bill sorride malizioso leccandosi il labbro inferiore e poi mi si getta al collo, abbracciandomi.

Ricambio il gesto, stringendolo.

D’un tratto ci stacchiamo entrambi.

-Ok, non esageriamo- mormoro io arrossita, ricomponendomi.

-Hai ragione!- mi asseconda Bill prima di scoppiare, entrambi, a ridere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

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Capitolo 13
*** 13. -Tanto finisce sempre così- ***


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Sono passati due giorni.

Sono stati giorni davvero strani anche perché Tom mi ha tartassato di messaggi.

Hai visto Annika?

Le hai parlato di me?

Forse lui non se ne accorge ma sembra un bambino innamorato della sua compagna di banco.

In realtà mi fa un’infinita tenerezza.

Comunque dopo il nostro incontro sono diventata una specie di stella nel condominio, gente che prima non mi calcolava mi ha, magicamente, notata.

Perché?

Perché secondo quella pettegola di Annette io avrei una storia con entrambi i gemelli Kaulitz.

Si è sparsa la voce che due settimane fa il famoso Bill Kaulitz è stato in casa mia per poi portarmi in chissà quale ristorante di lusso per poi riportarmi a notte fonda.

Non c’è bisogno di essere una star a livello internazionale per incappare in una fuga di notizie totalmente FALSE.

E quindi mi sono trovata a dover fare i conti con delle bambine assatanate che mi davano della stronza manipolatrice.

Così le vedo che mi osservano mentre esco di casa, con Annika o con il mio scassato motorino, chiedendosi se stia andando a scopare con uno dei due.

Se sapessero che sono ancora vergine starebbero zitte!

E poi come potrei interessare a uno dei gemelli Kaulitz?

Tom mi sta praticamente usando per riconquistare (come se ce ne fosse bisogno) Annika e Bill, invece, mi è soltanto amico.

Mi chiama, mi manda messaggi ma non ci ha mai provato… sul serio.

Come possono pensare che io possa essere la prima ragazza ad essere contesa dai gemelli?

Faccio spallucce mentre sono in salotto a guardare una telenovela colombiana che, in un certo senso, mi ha interessata fin dall’inizio.

Ninas Mal, Cattive ragazze.

Le vicissitudini, tirate allo stremo, di quelle ragazze chiuse in un istituto minorile, mi entusiasmano, specialmente quando vorrei spaccare la faccia a quel cazzo di Chiche!

Così mi trovo seduta sul divano con una scodella di pop corn in mano mentre le urla di Adela si propagano per la casa.

Sta litigando con Ignacio perché ha baciato Lola che non è altro che Greta, la compagna di stanza di Adela, vestita da ballerina fetish con tanto di parrucca bruna.

Mi chiedo se, vista da fuori, tutto il casino tra Annika, Tom, me e Bill appaia come una telenovela.

Mi scappa una sorriso pensando a un tizio in sovrappeso seduto su una poltrona con un pacco di patatine in mano e il telecomando posato sulla pancia che guarda il mio personaggio urlare epiteti non troppo gentili contro Tom.

Lo immagino scuotere la testa e dire –Quella ragazza è terribilmente volgare, porca…- non rendendosi conto che lui è più volgare di me.

Interesserebbe a qualcuno?

Adela sbatte una porta e Ignacio rimane a fissarla.

Nina civetta qualcosa e Marisa la riempie di complimenti. E così che ci si comporta con una star?

No!

Io ho dato del pezzo di merda a Tom Kaulitz.

Sento squillare il cellulare al mio fianco.

Lo afferro e me lo porto all’orecchio –Pronto?-

-Andrea-

Sospiro.

È una specie di condanna da qualche giorno a questa parte.

Non ho mai avuto molti amici.

Di solito a chiamarmi erano le miei compagne di band (adesso più di prima perché interessate alla soap “I Kaulitz, Annika e Andrea, l’unica che non c’entra un cazzo in questo quadro di stelle”), Annika e da qualche settimana Bill.

Veder finire i messaggi sul cellulare alle quattro del pomeriggio è una cosa davvero strana.

Fatto sta che Tom mi cerca in continuazione, anche per passare il tempo.

Come se fossimo, vagamente, amici.

Nonostante cerchi di fare la sostenuta non nego che la cosa mi faccia piacere.

Tom, conoscendolo, mi mette di buon umore.

È, e qui lo dico ma lo negherò a vita, molto simile a me.

Abbiamo lo stesso modo scurrile di parlare, Bill è molto più fine di me e Tom, molto più simile alla parlata sinuosa e colta di Annika, la pensiamo uguale in molte cose (specialmente sulla musica, ho scoperto che Tom adora i Metallica nonostante il suo aspetto da Hippoper) e, forse per il fatto che siamo così simili, scherziamo anche abbastanza pesantemente.

-Ciao Tom!- dico abbassando il volume con il telecomando.

Lo immagino sorridere.

-Che fai?-

-Niente, guardo la tv mangiando, tu?-

Mi sembrava strano interessarmi a quello che realmente aveva da fare Tom.

La cosa che più mi sconcerta è che, una volta scoperto cosa stesse facendo, mi interessavo davvero a quello che aveva da dirmi.

-Mah, stavo suonando un po’ e mi è venuta una mezza idea…-

La sua voce aveva un’intonazione diabolica.

Ammetto di esserne praticamente spaventata.

-Mi fai paura- gli faccio notare mentre mi metto a gambe incrociate sul divano di finta pelle beige.

Lui ride.

La risata di Tom, come quella di Bill, mi piace un sacco.

-Non dovresti averne, non è niente di così catastrofico- mi annuncia mentre sento la sua voce più divertita –Anzi, è abbastanza piacevole!-

La malizia è palpabile.

-Però devi venire qui!-

Sgrano gli occhi.

-Tom?-

-Sì?-

-Ti ho già detto che non scoperò con te, vero?-

Ride ancora, più forte di prima.

-Bella battuta Andrea- mi fa mentre continua a ridere –Mi pare di essere stato chiaro al riguardo- fa una pausa –Non sei il mio tipo, mi sembrerebbe di farmi mio fratello-

-Se sono un minimo come tuo fratello allora lo prendo come un complimento-

-Non ci metterei la mano sul fuoco- ridacchia Tom.

Mi lascio andare a una risata liberatoria mentre Tom sta in silenzio per qualche secondo.

Lo immagino seduto sul divano e mandare un sorrisino divertito.

-Comunque- riprende –Non è per niente di quello che pensi tu, ho bisogno di parlarti a quattr’occhi di una questione-

-Annika?-

-Indovinato!- trilla lui –Ho un mezzo piano e ho bisogno di organizzarlo con te, quindi muovi le tue chiappette inesistenti e vieni qui!-

-Ehi!- sbuffo fingendomi infastidita –Perché dovrei sforzarmi di fare un lungo viaggio quando puoi espormi la tua idea geniale qui al telefono, stando comodamente seduta sul mio divano?-

-Certo che sei pigra eh?- ridacchia lui –Comunque ho bisogno di discuterne di persona, quindi precipitati qui!-

-Ok va bene- acconsento –Ma c’è un problemino-

-Quale?- mi domanda spazientito.

Dovrei essere io quella con le palle che girano, Tom Kaulitz.

Questo era il pomeriggio in cui mi dedicavo al dolce non far niente sul mio divano.

Vorrei tanto sapere perché dovrei, in qualche modo, abbandonare l’idea di grattarmi tutto il pomeriggio invece di correre a casa sua?

-Non so nemmeno dove cazzo abiti!- gli faccio notare con la mia classica delicatezza.

-Aussenalseter-

E dove sennò? È il quartiere dei riccastri, un po’ la Beverly Hills Amburghese.

Annika abita lì.

La sua villa è immersa in altre cento ville nonostante sia la più maestosa.

Mi chiedo perché non ci abbia pensato da sola.

-Ma va?- commento acida –E dove senno?-

Tom ride –Abitiamo all’ultima villa prima delle sponde dell’Elba, sai arrivarci?-

Annuisco.

Conosco abbastanza bene la zona.

In fondo abito ad Amburgo da quando sono nata.

-Per che ora devo venire?-

-Anche ora- mi informa –Sono solo e possiamo parlare più liberamente-

-Ok- asserisco –Allora il tempo di cambiarmi e sono lì!-

-Perfetto, a dopo!-

Non ho il tempo di salutare che ha già riattaccato.

Con un salto ben assestato e abbastanza pesante, poso i miei piedini nudi per terra e corro verso la mia camera.

Mi tolgo la mia tuta logora che uso per stare a casa e mi infilo un top Iron First azzurro con dei teschi che colorano di nero il fondo e delle rose rosse a dare dei punti luce, del pizzo nero decora lo scollo dandogli un’aria più sexy. La infilo dentro un paio di short neri a vita alta con tre bottoni recanti l’effige di un teschio, lascio le gambe scoperte e mi infilo i miei classici anfibi neri.

Mi infilo un anello recante una croce celtica al dito medio sinistro e mi ravvivo i capelli che lascio mossi.

Dopo essermi truccata sapientemente ed essermi infilata il mio adorato cappello alla francese, afferro il mio casco nero con un teschio (disegnato da me) e il mazzo di chiavi del mio scassato motorino.

Scendo velocemente le scale e vado verso il box garage.

Faccio partire, non senza fatica, il veicolo e poi sfreccio verso il quartiere di Tom.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

Mi sento intimorita?

Sì, di certo.

La villa dei gemelli non ha niente a che fare con quella lussuosissima degli Stern ma, comunque, spicca tra le altre.

Ha l’aria moderna e rigida, con grandi vetrate e un bellissimo giardino, con piscina ovviamente, ben tenuto.

Su di un angolo posso notare le grandi macchine dei proprietari di casa.

Una Cadillac Escalade scura e un’Audi R8 dello stesso identico colore, Bill non deve essere in casa.

L’Audi Q7 bianca non è parcheggiata da nessuna parte, visibile almeno.

Parcheggio il mio catorcio fuori dal cancello di quell’enorme villa solo per pudore, vergognandomi di parcheggiarlo di fianco alla Cadillac di Tom, e mi avvicino al citofono.

Lo guardo per qualche momento sorridendo.

È l’unica cosa modesta di quella casa.

Reca il nome dei proprietari ed è posizionato sopra una stracolma cassetta delle lettere. Alcune di queste sembrano essere state infilate lì a pressione.

Fans, non c’è nemmeno da chiederselo.

Suono il citofono e, subito dopo, vedo il cancello aprirsi da solo.

Entro percorrendo il vialetto con lentezza, godendomi il piacevole profumo dell’erba. Noto anche una statua di Buddah in un angolo usato come decorazione.

Arrivo all’ingresso dove Tom mi sta già aspettando. È appoggiato contro la porta con una spalla e mi guarda sorridendo.

Indossa una semplice t-shirt XXL bianca e un jeans scuro che cade, troppo largo, sulle sue gambe magre.

-Quello è il tuo mezzo di trasporto?- mi indica il motorino appoggiato al limite del cancello.

Annuisco mentre arrivo alla porta –Qualche problema?-

Scuote la testa –Ho paura che se arrivi il camion della nettezza urbana se lo porti via, preferisco che lo porti dentro!-

Mi fermo, lo guardo posando le braccia sui fianchi –Hai intenzione di prendermi per il culo ancora?-

Lui scuote la testa e si sposta dalla porta –Dai entra!-

 

 

 

*

 

 

 

E mi ritrovo lì, nella camera di Tom.

È in ordine perfetto, avevo letto qualcosa su internet riguardo il carattere pignolo e ossessionato dall’ordine di Tom.

Più guardavo quella stanza e più mi convincevo che Tom fosse l’uomo più pulito del mondo.

Il letto a due piazze era stato rifatto con una maestria da cameriera di Hotel a cinque stelle, non vi è traccia di calzettini, mutande, boxer, magliette o pantaloni sparsi per il pavimento, il fresco parquet è lucido, nella stanza si sente un lieve sentore di limone.

Sulla parete rossa sono attaccati i vari dischi d’oro e di platino che hanno vinto, quello che attira la mia attenzione è quello ricevuto per le vendite in Giappone.

Su una mensola vedo posato un EMA’s che ancora gongola, alcuni Comet e un premio di Bravo. L’Echo è protetto da una teca di rigido vetro spesso almeno dieci centimetri.

Le sue chitarre sono appese su una parete a parte. Saranno almeno una ventina e sono tutte Gibson Les Paul.

C’è anche la mia preferita.

La Gibson Les Paul Golden Edition è posta al centro, quasi fosse un altarino.

Noto pochi poster d’ovvio gusto e questo mi rincuora.

Lui chiude la porta senza far scattare la serratura, tanto per tranquillizzarmi –Benvenuta nella mia stanza-

-Sei ordinato- dico guardandomi intorno.

-Sì, ma solo quando sto molto tempo a casa, di solito qui è un macello- mi fa notare –Molti non sanno che sono uno a cui non piace pulire, lo faccio solo una volta alla settimana-

Io manco quella!

Ma mi tengo bene dal non dirglielo.

Sorrido incrociando le braccia e noto il suo buttarsi a peso morto sul letto.

-Allora dimmi!- lo esorto –Qual è la tua idea geniale?-

-Voglio incontrare Annika- esordisce dopo un breve silenzio, si rizza di colpo e mi guarda.

-Non credo che lei potrebbe accettare un tuo invito- gli faccio notare alzando un sopracciglio –Dimentichi il fatto che lei di te non ne vuole sapere più niente-

-Lo so!- esclama –Per questo ti sto chiedendo di programmare un incontro tra me e lei senza che lei lo sappia-

Sgrano gli occhi –Cosa?-

-Sì, pensaci- continua concitato –Una festa, tu la porti lì così ci incontriamo “casualmente”- disegna le virgolette alla parola casualmente –E possiamo chiarire no?-

Lo guardo.

-Non è un’idea geniale?-

Continuo a guardarlo nella sua eccitazione.

Non posso pensare che uno come Tom Kaulitz possa essere così… stupido.

Beh, qualche sospetto ce lo avevo ma non pensavo potesse arrivare a tali livelli di idiozia.

-Non dici niente?-

-Tu sei completamente fuori di testa- esplodo –Come pensi di non insospettire Annika?-

-Se glielo chiedi tu lei non penserà che c’entri io no?- mi guarda speranzoso.

Mi schiaffo una mano sul viso –Tom…- sospiro –Cosa può pensare lei, che mi conosce da quindici anni, se le chiedo di venire con me a una festa…- lo guardo –Dove?-

-Alla Vogue- mi dice.

Aggrotto le sopracciglia –Che cazzo è?-

-Una discoteca- mi dice –Diciamo che è abbastanza esclusiva-

-Pure!- sbotto –Già se dico ad Annika di andare ad una festa in discoteca con me si insospettisce, figurati se le dico di andare in una esclusiva… insomma, guardami!-

-Vedo, ma non trovo niente di sbagliato- mi confessa –Non mi sembri un alieno-

Lo guardo insistentemente.

Gli “amici” di Annika dicono il contrario.

-Ho bisogno di incontrarla, Andrea, devo capire cosa provo nel rivederla… io ho bisogno di sapere- si blocca un attimo –E chiarire ovviamente-

Rimango in silenzio.

Tom mi sembra così fragile.

-E poi ci verrà anche Bill, e lui mette più metallo addosso di te!-

Al suo nome salto su come una molla.

-Ci sarà Bill?-

Lui mi guarda stupito di quella mia reazione –Sì, è l’After Party di un nostro concerto, ci saremo tutti!-

-Perfetto, va bene!-

Non so che cosa mia sia preso, è bastato il nome di Bill per farmi accettare.

E anche Tom pare parecchio interessato alla mia reazione.

-Andrea?-

-Sì?-

-Dimmi un po’, ma non è che ti interessa mio fratello?- mi guarda malizioso –Se vuoi posso fare…-

-Ma che cazzo dici?- salto su, troppo sulla difensiva –Io e tuo fratello abbiamo un buon rapporto d’amicizia, pensavo che se il tuo assurdo piano con Annika fosse andato a buon fine io sarei dovuta stare tutta la sera da sola, invece, se c’è Bill, non devo temere di rompermi le palle da sola no?-

Mi guarda poco convinto alzandosi dal letto –Se lo dici tu!-

-Sì, è così!-

E senza che me ne accorgo iniziamo a bisticciare.

Il motivo scatenante non lo so, so solo che subito dopo ci stiamo riempiendo di battute sarcastiche.

Tom è un degno avversario.

Mi da filo da torcere.

Gli do una spinta che lo fa ridere –La possente Andrea, com’è che ti fai i muscoli? Stando seduta sul divano?-

-Ha parlato mister Universo- lo guardo –Avrai pure qualche muscoletto, tesoro, ma a cosa servono se il tuo cervello è situato nei testicoli?-

Lui ridacchia –Questa è bassa Linke, davvero bassa-

-Nel vero senso della parola-

Scoppiamo a ridere entrambi.

Come due imbecilli per una battuta imbecille.

E continuiamo a ridere come se avessimo bevuto e fossimo anche un po’ brilli.

Indietreggio di poco mentre lo vedo guardarmi fisso –Senti un po’, ma non ti trovi odiosa quando fai queste battute del cazzo?-

-E tu non ti trovi stupido a ridere per queste battute del cazzo?- gli rispondo a tono.

Tom sghignazza per poi mostrare un viso totalmente offeso e finto –Mi sento sinceramente offeso da quest’uscita!-

-Allora sono fiera di me stessa-

-E no, Linke- mi guarda maligno –Hai bisogno di una punizione!-

Il mio sorriso beffardo muore.

Cosa?

Lo vedo avvicinarsi a me e saltarmi praticamente addosso, le sue mani si posano sotto le mie ascelle e subito dopo inizio a ridere.

Soffro terribilmente il solletico. Bastardo!

-Lasciami!- urlo ridendo mentre lui continua a solleticarmi i fianchi.

-Non ci penso affatto!-

E l’attimo dopo mi ritrovo stesa sul suo letto.

Sono inciampata sulle scarpe che poco prima si era tolto con malagrazia e nel cadere me lo sono portato dietro.

Ci metto qualche minuto a realizzare.

Lui e sopra di me, tra le mie gambe, sento il suo jeans a contatto con le mie gambe nude e le due mani accarezzarmi i fianchi nel tentativo di infastidirmi ancora di più.

Non pesa molto, ma nonostante tutto mi sta schiacciando.

-Se volevi avere un rapporto più intimo, bastava chiederlo eh? Mi manca l’amica di letto- ride Tom, divertito.

-Mi spiace Kaulitz, ho da rattoppare i miei calzini, grazie della proposta- rispondo sarcastica.

-Tu vorresti dirmi che non ti piace questa posizione?- mi guarda con una faccia che dice, a lettere cubitali, “prova a dirmi che non sono irresistibile se ci riesci”.

-Per niente- lo demolisco –Mi stai rompendo la cassa toracica-

-Ehi, io sono in ottima…-

E di colpo la porta si spalanca davanti a noi. Tom volta la testa di scatto e lo imito dopo pochi secondi, il tempo di vedere il magnifico sorriso di Bill morire.

Mi sento morire con lui.

Guarda prima me, poi Tom, che si sta alzando appena dal letto lasciandomi la libertà di riposare.

-Che c’è?- chiede tranquillamente il treccinato guardando il fratello la cui mano sta lentamente abbandonando la maniglia.

Cosa può pensare adesso?

Nonostante io sappia perfettamente che io e Tom non stavamo facendo niente, capisco che per uno spettatore esterno, la situazione può apparire equivoca.

Lo vedo mettersi ritto e guardarci, sfoggiando uno dei sorrisi più falsi che io avessi mai visto sulle sue dolci labbra.

-Scusate!- dice lui guardandoci entrambi intensamente- niente di importante, comunque, continuate pure!- conclude mesto chiudendo poi la porta.

L’attimo dopo sto correndo giù dalle scale di quell’immensa villa mentre vedo Bill infilarsi la giacca di pelle che poco prima aveva buttato su un tavolinetto.

Sta prendendo le chiavi della macchina.

Sembra la scena di una pessima telenovela spagnola. Tom è persino sulla cima delle scale.

-Bill!- lo chiamo.

Lui si gira e sento una coltellata trafiggermi il cuore –Che c’è?-

-Non è come pensi, davvero!-

Mi sembra una frase trita e ritrita, mi suona anche vagamente falsa.

Ma non sapevo realmente cosa dire, i suoi occhi così risentiti mi fanno stare male.

Tom fa un passo giù.

-Io e tuo fratello non stavamo facendo…-

Mi interrompe bruscamente –Non mi devi spiegazioni, non sei la mia ragazza- mi fulmina con il suo sguardo irritato –Tanto finisce sempre così-

E con questa frase mi gira le spalle e imbocca la porta.

Per minuti interminabili l’unico suono che invade la villa è l’eco lontano della porta che sbatteva, il respiro calmo di Tom e quello più accelerato del mio.

Lo sento posarmi una mano sulla spalle e continuare a dire niente.

Alle volte, però, le parole non servono proprio a un cazzo.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

-Andiiiii!-

Annika sembra abbastanza allegra, e lo percepisco persino attraverso la cornetta del telefono.

Almeno lei.

Mi strofino gli occhi e cerco di tranquillizzarmi appena –Annika, che fai?-

-Niente, guardo il soffitto della mia camera, tu?-

Io?

Sto facendo la stessa cosa nella mia stanza e vorrei parlarle, ma non posso.

Che le dico, che sono stata da Tom e che Bill ha capito una cosa per un’altra?

Che non capisco il suo comportamento e soprattutto il mio visto che ci siamo comportati come due fidanzatini gelosi, specialmente lui?

Che quella frase “Tanto finisce sempre così” mi rimbomba per la testa?

Ho fatto la figura dell’amichetta di Tom davanti a una delle persone che, in un certo senso, ha scavato un posto nel mio cuore.

Sospiro –Mi rompo le palle- annuncio –Comunque vorrei chiederti una cosa-

-Dimmi tutto Andi!-

-Beh, ti sembrerà strano ma un mio amico mi ha parlato di una discoteca, il cui nome sembra quello di una delle tue riviste patinate del cazzo-

-Vogue?-

-Sì, quella cosa lì- dico frettolosa –Beh, visto che stai passando un periodo brutto, che ne dici di andarci sabato per sballarci a modo nostro?-

Silenzio.

Un silenzio che mi fa capire che Annika sta pensando.

-Andrea, hai bevuto?-

-No- esclamo –Semplicemente voglio farti svagare un po’, voglio vederti come eri prima, ok? Mi sacrificherò in nome di una buona azione- esalo melodrammatica.

Lei ride.

-Allora?-

E sorrido appena lei mi trilla un “sì” concitato.

Nonostante questo piano non mi entusiasmi più di tanto sono contenta di aver passato la prima fase.

Nonostante sia stata quella più facile non dovrò comunque affrontare l’impresa epica di Tom.

Riattacco il telefono e mi affretto a prendere il cellulare.

 

 

 

Fase uno completata! Ora sta a te continuare la mia fatica, Tom!

Non rovinare la tua opportunità:)

Andrea.

 

 

 

 

 

 

 *Aspettiamo i vostri commenti/opinioni*.*

Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e ancora grazie di seguirci sempre<3

Un abbraccio, Ale&Mad*

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Capitolo 14
*** 14. Devi credermi ***


 

* Eccoci qui con un altro capitolo*.* Capitolo lughetto, non c'è che dire, ma è troppo ricco di colpi di scenaaa:))

Innanzitutto ringraziamo tutte coloro che hanno commentato il capitolo precedente: sappiate che

non appena abbiamo visto il numero 5 sotto la colonna delle recensioni, quasi c'è venuto un

infarto! xD Non avevamo mai ricevuto 5 recensioni!:D

Grazie a tutteee, e grazie anche a chi legge soltanto!<3

Ora, piccola premessa prima di lasciarvi al capitolo.

Mentre solitamente scriviamo un capitolo a ciascuno, questo è un po' particolare: l'abbiamo scritto in collaborazione.

La parte iniziale l'ho scritta io, Mad, mentre dal punto di vista di Bill in poi l'ha scritto Ale;)

Anche il fotomontaggio iniziale è opera di Ale e si vede*.*

All'interno ci sono pure gli abbinamenti dei vestiti di Annika e Andrea, come vedete<3

Detto ciò, speriamo che questo capitolo vi piaccia, e sappiate solo che noi c'abbiamo messo il cuore*.*

Un abbraccio, Ale&Mad *

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[ANNIKA]

 

 

 

 

 

 

 

Ma quanto è difficile fare una cosa che non si è abituati a fare?

O meglio, che si è abituati a farsi fare da qualcun altro?

Getto la limetta sul letto in preda alla disperazione: perché non ne sono capace?

L’unghia del mio indice destro s’è spezzata: una tragedia!

E non riesco a limarla per farle assumere quella solita forma rettangolare perfettamente levigata!

Scuoto la testa e poi afferro la boccetta del mio smalto Chanel chiaro e la apro dopo averla scossa leggermente.

Passo il pennellino sul mio pollice: ci rinuncio, non sono in grado di limarmele.

Dovrò accontentarmi semplicemente dello smalto: sarà dura, un colpo al cuore, ma dovrò farcela.

D’un tratto sento bussare alla porta della mia stanza e l’irruenza con cui sento tremare la lastra di legno me la dice lunga.

Sto aspettando Andy: stasera usciamo, dopo secoli in cui non ci sballiamo più.

Mi ha proposto qualche giorno fa di andare in discoteca e io non ho potuto che sorridere incredula ed accettare.

È incredibile che Andrea m’abbia proposto d’andare in un locale esclusivo per fighetti come la Vogue.

Magari sta imparando da me, dal suo guru.

-entra pure, Andrea!- urlo lasciando che la porta si apra davanti a me e ne entri un’Andy decisamente più esaltata del solito.

-Ciao!- esclamo io salutandola con un sorriso e sventolando una mano con lo smalto ancora fresco.

-Che cazzo stai facendo?- sbotta lei fissandomi con un sopracciglio inarcato e avvicinandosi a me.

-Anch’io sono felice di vederti Andy!- esclamo sarcastica lanciandole poi un’occhiataccia.

-Quando smetterai di impiastrarti le unghie con quei colori orrendi per cui spendi centinaia di euro?- mi chiede buttando la sua borsa sul mio letto. E dire che stavolta ci sono andata pure leggera! È un semplice panna!

-Quando tu diventerai elegante, raffinata ed assumerai le sembianze di una donna e non di uno scaricatore di porto!- le rispondo con un falso sorrisetto.

Mi ignora e si butta sul letto di peso, facendomi rimbalzare.

Inevitabilmente lo smalto mi si sbava sul mio pollice sinistro, l’ultimo dito che mancava.

-Ca…- sbotto io interrompendomi in tempo- non impreco solo perché sono una Stern!- esclamo io ironica.

-O perché c’è tua mamma di sotto?- mormora lei con irriverenza.

-Anche! E già ne sente troppe di parolacce quando tu entri in questa stanza!- le spiego io ridendo e pulendomi la sbavatura con un batuffolo di ovatta imperniato di acetone.

-Allora- comincio io prestandole la mia attenzione- hai deciso cosa mettere stasera?- le chiedo richiudendo la boccetta di smalto e posandola al suo posto sul comodino.

-Si!- trilla lei afferrando la sua borsa orrida e malridotta che non userei neppure come sacco della spazzatura e ne tira fuori una busta bianca trasparente.

La apre e con decisione ne riversa tutto il contenuto sul letto.

Guardo la massa scura ed informe sul mio lenzuolo rosa e inarco un sopracciglio.

-Spero con tutto il cuore che non sia niente della tua orrida roba da metallara!- le annuncio come spaventata da quello che sta per mostrarmi.

-ehi!- esclama lei indispettita- la mia roba da metallara non è orrida! È figa!- si corregge afferrando il primo indumento che le capita tra le mani.

Non nascondo il mio scetticismo a riguardo, ma…sorvoliamo.

Afferra il primo indumento di colore grigiastro con delle fantasie nere e me lo apre dinanzi.

Sgrano gli occhi stupita: un vestitino a maniche corte con scollo ampio ed un paio di catene di acciaio che circondano il bordo dello stesso scollo.

Il colore, certo, non è dei migliori, ma nell’insieme risulta persino carino!

Un grigio scuro di fondo è impreziosito da fantasie macabre rappresentanti teschi neri sparsi lungo tutto l’abito.

-beh- mormoro io afferrandolo e tastandolo- non è malaccio sai?- me ne esco.

E questo per me, detto ad un vestito di Andrea, è decisamente un complimento.

-Wow!- esclama lei stupita- ti piace?- mi chiede con gli occhi luccicanti.

Lo osservo bene: è decisamente corto, ma ad Andy donerà sicuramente.

Termina in fondo con dei tagli a triangolo, di diversa lunghezza e un paio di tagli in fondo rendono tutto ancora più…trasgressivo.

Osservo Andrea, poi guardo di nuovo il vestito tra le mie mani, poi guardo ancora la mia amica.

Dai suoi occhi traspare voglia, desiderio, necessità di sapere.

Il parere di un guru come me è sempre indispensabile in fatto di moda, si sa.

-Si- mormoro io, anche se poco convinta- forse è la fantasia…- dico arricciando il naso e mostrando tutta la mia reticenza.

-ma è quello il bello!- esclama lei sconvolta strappandomi il vestito dalle mani e poggiandoselo addosso.

-manda a fanculo i tuoi gusti, e guardami- dice lei convinta indicando il vestito addosso a lei- è da me?- mi chiede strizzando un occhio.

-Si, decisamente!- esclamo senza pensarci.

-Questo è ciò che conta!- esclama lei sorridendo e infilando la mano di nuovo nella busta bianca.

Ne tira fuori un paio di calze trasparenti con degli evidenti ricami neri che riproducono, probabilmente, una ragnatela.

-hai intenzione di mettere quelle….cose?- sputo l’ultima parola quasi con ribrezzo.

-ovviamente!- trilla lei convinta- sono bellissime!- aggiunge poi.

Non replico: tanto sarebbe inutile, ma basti sapere che io non indosserei mai quelle cose neppure ad Halloween.

La vedo tirare fuori un indumento scuro di pelle e allargarlo davanti a me.

-e poi, immancabile, la mia giacca di pelle nera!- esclama lei esibendo un sorriso a trentadue denti.

Sorrido anch’io.

-Decisamente glam!- esclamo io, per la prima volta forse, d’accordo con lei.

La vedo piegarla sul letto e disporla in ordine con il resto dei vestiti che mi ha mostrato.

-E gli accessori?- chiedo io con sguardo ovvio per la serie “ti sei dimenticata la cosa essenziale!”.

Lei annuisce e tira fuori una collana lunga con un pendente nero di forma circolare e un cerchietto chiaro con dei brillantini, molto semplice ma davvero grazioso.

-Mmh- mormoro io- passabili- commento annuendo ed afferrandoli nelle mie mani- soprattutto il cerchietto. È davvero fine!- dico io posandolo poi sul letto.

-Bene, ho concluso- dice lei semplicemente indicando tutti gli abiti stesi sul letto.

Sbatto un paio di volte le ciglia, come incredula.

-e le scarpe?- esclamo poi con fare ovvio- la borsa?- aggiungo poi.

-Ah!- esclama lei- dimenticavo! Beh, ovviamente metterò questi!- esclama lei alzando un piede ed indicando quei cosi enormi, squallidi e lacerati che lei è solita chiamare anfibi ma che io definirei scarpe antinfortunistiche da minatore.

Chiudo per un attimo gli occhi come per sperare che non stia dicendo sul serio.

Quando li riapro la vedo indicare quella lurida sacca piena di spille e scritte davvero antiestetiche di colore nero e bianco.

-e come borsa questa, quale sennò?- dice lei con sguardo ovvio sventolandomi quella cosa squallidissima vicino.

Mi allontano, come per non volerla neppure toccare, mi rifiuto: è un affronto bello e buono alla Louis Vuitton e alla Gucci!

Tiro un profondo sospiro. Sarà difficile farle capire che quei due pezzi di spazzatura non possono, nel modo più assoluto, entrare nella Vogue.

È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.

-Andrea- dico con tono pacato mentre la vedo già disporre la sua…”borsa” accanto agli altri vestiti.

-si?- trilla lei felice. È ignara della sorte cui andrà incontro tra qualche istante. Immagino già la testata di tutti i giornali di Amburgo: “Ragazza finita in ospedale dopo essere stata costretta ad indossare una Gucci. Grave. Prognosi riservata.”

-Lo sai che non puoi uscire con quella…cosa, si?- chiedo io alludendo alla sua sacca- e né tanto meno con quegli…scarponi- aggiungo poi indicando i suoi piedi- ti considero una ragazza intelligente. Capisci che è impossibile una cosa del genere, vero?- le dico con tono pacato e battendole una mano sulla spalla, trattandola effettivamente come una minorata.

Lei sospira.

-Ho una fottuta paura di chiederti dove cazzo vuoi arrivare- mormora lei con la su solita finezza.

-Vedi, Andy, andare stasera alla Vogue, con questi…indumenti- dico alludendo ai due corpi del reato- è blasfemia, lo capisci?-

Lei mi guarda con sguardo spaventato e sopracciglia inarcate. La spavento, lo so, ma sto cercando il modo più indolore possibile.

-Vieni con me- le circondo le spalle con un braccio e a piccoli passi ci dirigiamo verso il mio “armadio”, grande praticamente quanto una stanza- ti porterò sulla retta via- mormoro con voce bassa come per farla entrare nell’atmosfera.

Apro lentamente la porta e davanti a noi si spalanca una visione: migliaia di scarpe, vestiti, borse ed accessori.

Mi sembra di sentire il coro dell’Alleluia!

-Bene- mormoro io prendendo Andrea per le spalle, da dietro, e sussurrandole nell’orecchio- ora non ti resta che scegliere. Devi solo…scegliere- mormoro con tono di voce basso.

Lei, rimasta in silenzio per tutto il tempo, si gira lentamente e posa le sue mani sulle mie spalle.

-Hai mai pensato di fare una visita psichiatrica?- dice tutto d’un fiato con tono sarcastico. Poi si stacca da me.

-Tu sei pazza!- esclama a voce alta.

Scuoto la testa.

-No no!- esclamo io- tu hai solo bisogno di convertirti!- esclamo con espressione apprensiva.

-Ma vaffanculo- si lascia sfuggire lei in preda alla disperazione.

Lei è intelligente e sa cosa dovrà fare a breve.

-Andy- dico io seria- adesso noi entriamo nel mio armadio e scegliamo un paio di scarpe ed una borsa adatte al tuo vestito stasera, che dici?- dico io mostrandomi più accondiscendente.

-Non ci penso minimamente!- dice lei autoritaria incrociando le sue braccia al petto.

Sorrido sadica.

E adesso lo vedremo.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Lo dice mia madre che dovrei fare l’avvocato!

Ho una capacità persuasiva che non risparmia neppure Andrea.

La guardo: se potesse mi ucciderebbe, lo so.

Ma è assolutamente per il suo bene.

L’avrebbero denunciata se fosse uscita in quelle condizioni!

-Allora, non sono bellissime?- le dico io indicandole un paio di decolletè semplicissime, nere, con punta tonda e tacco 10.

-Fanno letteralmente cagare- commenta lei sorridendo falsa.

-Non mi interessa, tu te le metti!- esclamo io buttandole sul letto in mezzo alla sua roba.

-Scordatelo!- esclama lei risoluta.

-Allora preferisci queste?- le dico indicandole un paio di francesine nere, tacco 15, completamente glitterate con un enorme fiocco di raso sul davanti.

Lei sgrana gli occhi e scuote velocemente la testa.

-Bene- dico io sorridendo soddisfatta e riponendole nell’apposito spazio- sappi che quelle che ti ho dato sono le più semplici che ho, quindi non lamentarti!- esclamo io puntandole un dito contro.

Lei gira gli occhi verso il cielo e sbuffa.

-E ora la borsa- trillo io felice spostandomi nell’angolo nord del mio armadio e sfregandomi le mani.

-Sarà una scelta ardua- mormoro io puntando lo sguardo verso il reparto nero.

Eh già, nel mio armadio tutto è perfettamente ordinato per colore, grado di eleganza e tessuto.

Le borse occupano, ad esempio, tutto l’angolo in fondo e sono disposte in cinque scaffali verticali.

In basso si parte con quelle giornaliere: Louis Vuitton, Gucci, Prada e Chanel, sulle tonalità del marrone, beige e grigio (le più usate).

Sul secondo ripiano ho disposto tutte le borse colorate, a fiori, o con fantasie più difficilmente abbinabili. Tra queste quella che adoro di più è senza dubbio la Liu Jo rosa a fiori panna e rossi, molto estiva!

Sul terzo scaffale tengo tutte le borse nere, eleganti e meno, ma che comunque danno sulla tonalità scura.

Sul quarto scaffale tengo le borse eleganti, quelle in raso, piccolissime, le pochette che indosso nelle occasioni importanti.

E infine sull’ultimo scaffale tengo i borsoni, quelli enormi, che uso per portare i libri a scuola o per viaggiare con papà, quando capita.

Tra queste adoro la Louis Vuitton Nerverfull Damier che è assolutamente la più comoda, e nello stesso tempo elegante!

Ma anche la Gucci Shoulder Bag non è da meno, è capientissima!

Poggio lo sguardo sul terzo scaffale, quello delle borse nere e frugo per qualche secondo.

-Oh, si, vuoi una mano?- esclama sarcastica Andrea.

La ignoro ed estraggo una borsetta Guess, carinissima, acquistata un paio di mesi fa, credo.

È piuttosto piccolina, in pelle, con dei ricami ed un cuore al centro, circondato da un fiocco, in cui compare la scritta “Guess”.

-O mio dio- mormora Andrea- ed io dovrei appendermi al braccio questo tripudio di…merletti?- esclama sconvolta.

-Guarda, ci sono anche le borchie!- esclamo io indicandole alcuni dettagli della rifinitura, e cercando di essere convincente.

-Sono ancora in tempo per non venire?- mi chiede lei uscendo dall’armadio e buttandosi sul letto.

-Assolutamente no!- esclamo io risoluta gettando la borsa sul letto accanto a lei- tu indossi questa roba e vieni con me!- le ordino.

Lei chiude gli occhi sconsolata.

-Ho bisogno di riprendermi, io- mormoro maliziosa pensando già a come si svolgerà la serata.

Andrea mi guarda scuotendo la testa e ridendo della mia sfacciataggine, a volte.

-Hai deciso cosa metterti o hai ordinato un esclusivo vestito in culo alla luna e deve ancora arrivarti?- mi chiede lei disinvolta.

A volte mi chiedo da dove lo tiri fuori tutto questo sarcasmo.

Inclino leggermente la testa e rido.

-Ho già preparato tutto- trillo felice battendo le mani.

-Sono curiosa- mente Andrea fingendosi eccitata almeno quanto me.

Entro nell’armadio e ne esco in fretta, con un vestito appeso ad una gruccia.

-Eccolo, il mio esclusivo Chanel, arrivato direttamente dalla Francia due settimane fa!- esclamo in preda all’eccitazione indicandole un vestitino bianco, decisamente corto, privo di spalline e con scollatura a cuore. I bordi sono impreziositi da un piccolo rinforzo e da impercettibili borchiette davvero graziose.

Sotto il seno due striscette si incrociano, anch’esse ricoperte da borchiette.

È un favola: elegante e raffinato al punto giusto.

Guardo la faccia di Andrea: eloquente come sempre.

-Allora? Che te ne pare?- le chiedo io tutta esaltata avvicinandole il vestito, senza però farglielo toccare.

-No, per sapere- mi fa lei mettendosi a sedere sul letto- quanto l’avresti pagato?- mi chiede inclinando di poco la testa.

-520€, ma solo perché mio padre è il signor Stern, altrimenti mi sarebbe costato molto di più!- le spiego io felice.

-E…- continua lei fingendo una faccia assorta- quando hai speso 520€ hai messo in conto che è letteralmente girofica, si?- se ne esce lei.

-Ti sbagli, non è cortissimo!- esclamo io contraddicendola e poggiandomelo addosso.

-Nooo!- esclama lei- semplicemente quando cammini ti si vede la fregna, ma non è corto!- esclama poi.

-Andrea!- la rimprovero io con un’occhiataccia- non essere così volgare!- dico poi appendendo il vestito al mio enorme specchio alla parete.

-Se qualcuno tenterà di violentarti io gli dirò di continuare, sappilo- aggiunge poi poggiandosi sui gomiti.

La guardo male e scuoto la testa sconsolata.

-Non è finita, comunque!- aggiungo poi andando a prendere le scarpe.

-Ci sono queste!- esclamo io mostrandole un paio di decolleté beige, altissime, spuntate avanti, e decorate con una zip dorata davvero raffinata.

-Wow! Per la serie: “come rompersi l’osso del collo”- dice lei continuando con le sue critiche a go go.

-Ormai ti ignoro, sappilo- dico io non capendo altre battutine, certamente sarcastiche, che aggiunge a più bassa voce.

-Ed è stata un’ardua scelta, ma alla fine ho optato per questa pochette Liu Jo, in coordinato con le scarpe- dico uscendo dall’armadio e mostrandole una borsetta stupenda, ricca di decorazioni con una catenella dorata.

-Decisamente sobria, c’è da dirlo- commenta Andrea afferrandola e scrutandola a fondo.

-Se me la rivendo, che dici, c’esce una Gibson?- mi chiede seria.

-Andrea!- la rimprovero togliendogliela di mano e appendendola alla gruccia insieme al vestito.

-E non ti ingioielli stasera?- mi chiede poi avvicinandosi al mio porta gioie e scrutandolo attentamente.

-Certo, metto il completo Tiffany, orecchini, bracciale, collana e anello!- dico io semplicemente. Ci sono andata sul leggero stasera.

-Giusto per non passare inosservata, insomma- aggiunge lei.

-Già!- esclamo io convinta e sciogliendomi i capelli pronti per essere piastrati.

-Non porti una giacca?- mi chiede d’un tratto.

-No! Non mi si vedrebbe la scollatura e non sarei più sexy!- esclamo io indicando le mie tette piuttosto evidenti.

Andrea scuote la testa inesorabilmente.

-Si, Annika Stern può sfidare le intemperie!- esclama con voce altisonante.

-Dici che dovrei portare una giacca, quindi?- le chiedo leggermente indecisa.

-No, perché mai?- esclama lei sarcastica- non ti si vedrebbero le tette, poi! Meglio andare in ospedale per congelamento che non mostrare le tette in discoteca!- esclama lei annuendo.

Ho capito: devo portare una giacca.

Entro di nuovo nel mio armadio e dopo circa tre quarti d’ora ne esco con una giacchina Guess beige, che non ricordavo neppure di avere.

È a maniche lunghe, corta in vita e con dei bottoni tondi, molto voluminosi, di colore marrone.

-Questa può andare bene! Ma la userò solo per uscire dall’auto!- esclamo io.

-Come portare 400€ appesi al braccio, quindi- mormora Andrea.

Ormai mi sono totalmente abituata a tutto il suo sarcasmo e non ci faccio più caso.

-Dai, cominciamo a prepararci, sennò faremo tardi- dico io accendendo la piastra.

-Si, calcolando che ci metterai un’ora e mezza solo per piastrarti i capelli, direi che sia meglio iniziare- commenta Andrea sfilandosi la t-shirt  scura.

 

 

 

*

 

 

 

 

Tutto è quasi pronto: NOI siamo quasi pronte.

Guardo Andrea rientrare in camera dal bagno e rimango praticamente a bocca aperta.

La osservo: il corpicino esile dalle forme appena pronunciate costretto in quel vestitino dalla fantasia che lei tanto ama e che, stavolta, sembra realmente donarle.

Le gambe snelle sono coperte da quelle calze dalla macabra fantasia che sembrano così graziose addosso a lei.

Guardo poi i suoi capelli: nerissimi, morbidi, lunghi e setosi, avvolti in voluminose onde che le incorniciano il viso magro.

-Stai benissimo!- esclamo io andandole incontro.

-Già, merito tuo che mi hai fatto questi capelli!- dice lei indicandosi i capelli che scendono morbidi sulle spalle, retti, solo in parte, dal cerchietto chiaro tempestato di pietre luminose.

Rido felice mentre la vedo dirigersi, ancora scalza, verso lo specchio ed afferrare l’astuccio dei trucchi.

-Mi raccomando- la ammonisco io- niente panda- esclamo io allusiva.

Lei ride ed afferra la sua adorata matita nera.

-Non preoccuparti, stasera non esagero!- esclama con ironia.

Sorrido felice nel vederla splendida.

Farà senz’altro un sacco di conquiste stasera. Ora, si, che ha abbandonato quell’aria da rockstar perennemente incazzata, risulta davvero bella.

Afferro la mia crema idratante pagata la bellezza di 50€ in farmacia e me ne metto una nocca sulla mano destra.

Incomincio a spalmarla sulle mie gambe: è decisamente immancabile.

-Ma è proprio necessario ungerti con quella cosa nauseabonda?- mormora Andrea mentre è intenta a mettersi il fondotinta.

-Ma è deliziosa!- ribatto io indispettita- ed oltre a dare un effetto da abbronzatura rende anche la pelle luminosa. In pratica rende sexy le mie gambe!- esclamo io vanitosa mostrandole ad Andrea.

Lei scuote la testa, guardandomi attraverso lo specchio e poi esclama.

-Ma quando fai sesso con un ragazzo non gli scivolano le mani a forza di ungerti con quella melma?-

-Sei sempre molto delicata, Andy- commento io continuando con la mia opera.

Lei ride, provocando una lieve risatina anche in me.

-Ma da dove le tiri fuori tutte queste battute degne delle Iene?- le chiedo curiosa riponendo la crema al suo posto.

-è una capacità innata la mia!- esclama lei mentre continua a truccarsi.

Scuoto la testa ed entro in bagno con tutte le mie cose, pronta per vestirmi e truccarmi.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

-Ehi principessa del mio cazzo, vuoi uscire da quel cesso una buona volta??- urla Andrea dalla mia camera.

Mi affretto a spruzzarmi qualche goccia del mio Chanel n°5 ed esco dal bagno per evitare che i vicini ci denuncino.

Da quando sono entrata in bagno ha praticamente mandato parolacce ed imprecazioni per aria ogni circa dieci minuti.

Apro la porta del bagno e ne esco in fretta.

-Ma vuoi stare zitta o no? Mamma s’impressiona!- esclamo io facendole segno di non urlare più.

-Cazzo!- esclama lei fissandomi con ammirazione- decisamente 520€ spesi bene!- aggiunge poi osservandomi.

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Sul mio viso si fa strada un sorriso smagliante e con aria tanto vanitosa quanto elegante faccio una giravolta su me stessa.

-come sto?- le chiedo poi indicandomi.

-se fossi un ragazzo mi ti scoperei- commenta lei.

Scuoto la testa sconsolata.

-anche perché quasi ti si vede la fregna- mormora indicando il mio vestito decisamente corto.

-Andrea!- la rimprovero- ti dai una regolata?- le dico io inducendola ad usare un linguaggio più consono ad una…ragazza.

Poi, imitando i miei modi di fare, esclama:

-Sei graziosissima-  sventola una mano con fare schicoso.

Sorrido e poi esclamo:

-Grazie! Detto da te è veramente un complimento!-

Tutto è apposto: gli accessori ci sono, il vestito è perfetto, il trucco sobrio ma caldo e raffinato, i capelli perfettamente lisci, sciolti sulle mie spalle.

Manca solo la mia pochette! La afferro, vi infilo dentro le cose più necessarie e me la appendo alla spalla.

Mi guardo allo specchio: sono perfetta!

-Su, Andy, è inutile che rimandi il più possibile, infilati quelle scarpe!- esclamo io indicandole le decolletè ancora al posto di prima.

-Devo proprio?- mormora lei pregandomi.

-Mah, come vuoi, sennò puoi uscire scalza!- esclamo io facendo spallucce e sventolando i miei capelli perfettamente lisci.

Lei mi lancia un’occhiataccia delle sue (per la serie “te la farò pagare”) e poi infila i suoi piedi nelle scarpe, alzandosi praticamente di 10 centimetri.

-Vedi? Sei bellissima!- esclamo io vedendo la sua figura snella slanciarsi enormemente.

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-Non infierire, per favore- commenta lei cupa, infilandosi poi la giacca in pelle e appendendosi la borsetta Guess al braccio.

-Mi sento ridicola, sai?- mormora lei mentre arranca per la stanza.

-Smettila, che sei bellissima, per una volta ascoltami!- le dico con tono autoritario sistemandole i capelli e dando loro più volume.

-Aspetta un attimo- le dico fermandola, come presa da un’illuminazione.

Mi dirigo verso la mia zona trucco e afferro un lucidalabbra trasparente.

Mi avvicino a lei e lo stappo.

-è proprio necessario?- si lamenta lei facendo una smorfia delle sue.

-Chiudi la bocca ed esegui i miei ordini- dico con tono risoluto, mettendoglielo sulle labbra.

Lei stringe le labbra per distribuirlo bene e poi si volta per uscire.

-Aspettami!- esclamo io riponendo il lucido e dirigendomi anch’io verso la porta.

Lei mi guarda, sofferma lo sguardo sulle mie tette molto evidenti a causa del  mio vestito decisamente attillato e poi esclama:

-Sei ancora decisa a sfidare il gelo della notte amburghese pur di mettere in mostra le tue tette?-

-La giacca!- esclamo io, ricordandomene, facendo dietrofront e uscendo poco qualche secondo con l’indumento appeso al braccio.

-Ora possiamo andare- esclamo io afferrando Andrea per la mano, finalmente pronte per uscire.

-Sarà una notte da sballo!- urla lei eccitata mentre percorriamo il corridoio.

Eh già: sarà una notte da sballo.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Parcheggio la mia Audi sul retro del locale, in un apposito spazio.

Una scritta rosa lampeggiante, “VOGUE”, campeggia in alto sulla nostra destra.

Sorrido impercettibilmente, mentre spengo il quadro dell’auto e tiro fuori le chiavi.

La Vogue è una delle discoteche in assoluto più famose e frequentate di Amburgo.

La Vogue non è una discoteca.

La Vogue è LA discoteca!

È un locale decisamente più raffinato ed elegante delle classiche discoteche.

Si sviluppa in due piani: quello inferiore frequentato dalle persone “comuni”, molto movimentato, e quello superiore che è dedicato alla rinomata zona vip, frequentata dalle personalità più in voga di tutta Amburgo.

Ovviamente, pur essendo una Stern, dovrò accontentarmi del piano inferiore, per nulla male.

Guardo Andrea.

-pronta per divertirci?- esclamo io tutta eccitata.

-alla grande!- esclama lei esaltata almeno quanto me.

In contemporanea usciamo dall’auto e premendo il pulsante apposito sulle mie chiavi chiudo la vettura che produce un lieve e piacevole suono.

Mi sistemo la gonna sulla parte posteriore e con passo leggiadro faccio il giro dell’auto.

-Attenta che ti si vede la fregna mentre cammini- mormora acida Andrea, ancora una volta pronunciando quella parola così volgare.

-Ti prego, non ripetere più quella parola, ho afferrato il concetto!- esclamo io esasperata, lisciandomi poi i capelli che mi arrivano fin sotto il seno.

-Non ti interessa che…ti si veda?- insiste lei ridacchiando sapendo quanto mi irriti.

-Non dispiacerà ai ragazzi che mi vedranno lì dentro, questo è sicuro- esclamo maliziosa incamminandomi con andamento sculettante.

Sento Andrea ridere e raggiungermi con una certa difficoltà a causa dei tacchi.

-Se finirò in ospedale con tutte le ossa rotte ti denuncerò, Stern- esclama.

-Ho ottimi avvocati- asserisco io con ironia.

“Danza Koduro” di Don Omar si perde nell’aria.

Il volume, decisamente alto, giunge ovattato all’esterno del locale.

L’adrenalina già mi scorre nelle vene.

Guardo Andrea e ci scambiamo un’occhiata molto eloquente che se potesse parlare direbbe solo “Festaa!”.

Ci avviciniamo all’entrata del locale e davanti ai nostri occhi si profila una fila considerevole di ragazzi che aspettano per entrare.

-peccato che in questo settore il mio paparino non abbia le dovute conoscenze- mormoro io triste mettendomi in coda.

Non sono abituata a rispettare le regole.

Andrea mi guarda e sorride con espressione da furbetta.

-stasera lascia fare a me- esclama prendendomi un polso e trascinandomi dietro di lei, praticamente superando l’intera fila.

Sento tutti gli sguardi puntati su di noi e non mancano fischi. Non saprei dire se si tratti di fischi d’ammirazione (che sarebbero pure leciti date le ore che abbiamo impiegato per preparaci al meglio) o di fischi d’imprecazione perché stiamo praticamente superando l’intera fila.

Arriviamo davanti ad un bestione pelato, interamente vestito di nero, che ha una mole corporea pari a due me e tre Andrea messe insieme.

Presumo che sia il buttafuori: lo guardo in viso e scorgo uno sguardo impassibile, austero, rigido.

Il suo viso dalla forma allungata è reso ancora più spigoloso da un pizzetto scuro sul mento.

Vedo Andrea avvicinarsi, impavidamente, al suo orecchio e mormorargli qualcosa.

L’omaccione scioglie le braccia incrociate sotto il petto e con una mano ci fa segno di seguirlo.

Andrea mi guarda e inclina un angolo della sua bocca, sorridendomi maliziosa.

-Che sta succedendo?- le chiedo io non capendo, mentre vedo che lei mi afferra per il polso e mi trascina dietro di lei.

-Aspetta e vedrai- mi dice semplicemente lei portando la mia curiosità alle stelle.

In un attimo siamo dentro il locale: luci colorate si infrangono freneticamente sulle pareti scure.

La voce di Don Omar, così sensuale, si propaga per la discoteca a volume assordante.

Ovunque le persone si dimenano, a ritmo di musica, creando un’atmosfera tanto suggestiva quanto adrenalinica.

Mille luci colorate si alternano sui loro corpi.

L’uomo dinanzi a noi con qualche lieve gesto delle mani e qualche spintone qua e là ci fa spazio all’interno del locale, girandosi di tanto in tanto per controllare che lo stiamo seguendo.

Quando abbiamo percorso tutta la pista rialzata e il buttafuori ci fa segno di seguirlo su per le scale vado nella confusione più totale.

Percorriamo due rampe di scale e si apre dinanzi a noi una visione a dir poco fantastica.

“Only Girl” di Rihanna si perde nell’aria a volume decisamente più basso del piano inferiore.

Davanti a noi si staglia un’enorme sala, provvista di piano bar nell’estremo angolo nord, dall’aspetto decisamente elegante. È completamente blu, o comunque sui toni tendenti al colore del mare.

Le pareti bluette, le poltrone e i divanetti bianchi lucidi, i tavolinetti in vetro dal design moderno, un enorme balcone da cui si intravede una terrazza decisamente ampia e ben tenuta: tutto qui dentro ha l’aria di essere estremamente costoso.

-L’area vip- ci annuncia il buttafuori indicandoci l’enorme sala, in cui si alternano luci bianche e blu creando un’atmosfera magica, quasi.

-E noi che c’entriamo?- esclamo io inarcando le sopracciglia, quasi a bocca aperta.

Andrea ringrazia l’uomo con un cenno del capo e gli fa segno di andare. Mi guarda e mi sorride.

-Ci ha invitate una persona che ti conosce- mi spiega lei vagamente.

-e chi sarebbe?- chiedo io non capendo.

-Non farti troppe domande- mi fa Andrea prendendomi una mano ed inducendomi ad entrare all’interno della sala- stasera dobbiamo divertirci, non ricordi?- mi dice lei sorridendo.

Mi guardo intorno: ci sono un sacco di persone in vista di Amburgo, e tutto parla decisamente il linguaggio dei vip.

-Mi sento quasi fuori luogo, sai?- mormoro io mentre entriamo all’interno e vedo numerosi sguardi puntarsi su di noi.

-Annika Stern non si sente mai fuori luogo!- mi ricorda Andrea, ridendo.

Sorrido anche io e continuo a percorrere con lo sguardo tutto ciò che mi circonda. È davvero raffinato, come locale.

-Se l’avessi saputo mi sarei vestita diversamente, perché non me l’hai detto?- mi lamento io sistemandomi i capelli e il vestito.

Guardo Andrea aspettando da lei una risposta, ma vedo il suo sguardo spostarsi da me e saettare di fronte a lei.

Mi volto anch’io in quella direzione e…lo vedo. Tom.

Il sangue mi si gela nelle vene e resto immobile, assolutamente inerme.

Vedo la sua figura possente avanzare verso di noi, a passo lento ma deciso.

Lo guardo negli occhi: mi fa così male anche solo rivederlo, cacchio.

Sento il suo sguardo puntato su di me e i suoi occhi percorrermi. Un incredibile imbarazzo si impossessa di me.

Mi volto immediatamente verso Andrea.

-Per questo non me l’hai detto- mormoro con tono serio.

Lei balbetta qualcosa di incomprensibile, e guarda Tom avvicinarsi sempre più a noi.

-Ho appena visto Bill- esclama lei indicando il cantante seduto su un divanetto alla nostra sinistra. -Devo andare- si affretta a dire lei, leggermente impacciata.

-Non puoi farmi questo Andrea, ti prego- la imploro cercando di farla restare qui.

Ma non ottengo alcun risultato, visto che lei si allontana in fretta in direzione di Bill.

Perché diavolo m’ha fatto questo?

Sospiro profondamente e vedo Tom dinanzi a me. Lo osservo a lungo: è sempre bellissimo. E mi fa rabbia per questo.

Siamo di nuovo vicini, il suo sguardo è  su di me.

Mi sistemo leggermente il bordo superiore del mio vestito, decisamente imbarazzata.

Percepisco perfettamente il suo sguardo puntarsi sul mio corpo.

Già, d’altronde è questo ciò che gli è sempre interessato di me.

-Ehi- la sua voce è roca e bassa.

Distolgo lo sguardo da lui spostandolo di lato mentre incrocio le mie braccia sotto il seno.

Sento già un fastidiosissimo nodo allo stomaco. Mi fa un certo effetto rivederlo. Ed è molto peggio di quanto immaginassi.

-Devo parlarti- mormora lui guardandomi negli occhi.

-Peccato che io non abbia nessuna voglia di ascoltarti- ribatto fredda guardandolo con distacco.

-è importante- aggiunge lui, sperando forse di convincermi.

-Questo non cambia le cose- continuo io distogliendo ancora il mio sguardo dal suo.

Non ho la minima intenzione di guardarlo ancora negli occhi. Dopo ciò che mi ha fatto vorrei soltanto vederlo morto. Figuriamoci se io abbia voglia di sentire le stronzate che ha da dirmi.

-Vieni con me- mormora afferrandomi un polso per trascinarmi con lui.

-Non toccarmi- sbotto divincolandomi in fretta dalla sua presa.

Mi fissa come sorpreso della mia reazione e, dopo qualche istante, si avvicina di qualche passo a me.

-Vieni con me- mi ripete con tono di voce più basso e calmo- ti prego- aggiunge poi fissandomi negli occhi.

In questo momento lo stomaco mi sta facendo un triplo salto mortale, probabilmente.

Come sempre ha quel qualcosa a cui io non sono, in nessun modo, in grado di restare indifferente.

Afferra di nuovo il mio polso e stavolta oppongo una minore resistenza, poiché riesce facilmente a trascinarmi con sé.

Mi porta fuori, sull’enorme terrazza del locale, che da’ su un giardino immenso e curato nei più piccoli dettagli.

Uno spazio verde ricco di alberi, piante, cespugli abilmente intarsiati e migliaia di fiori colorati.

Ci avviciniamo alla ringhiera finemente lavorata e, non appena Tom lascia la mia mano, mi appoggio leggermente sul bordo osservando l’immensa distesa verde illuminata da qualche luce qua e là. Il tutto è molto suggestivo, devo ammetterlo.

Vedo Tom appoggiarsi con un gomito alla ringhiera e fissarmi da vicino.

Lo osservo anch’io per un attimo, aspettando che mi dica qualcosa, di sensato magari.

Era tanto che non ci vedevamo e riaverlo così vicino mi fa un certo effetto, non posso nasconderlo.

Ma la rabbia e la delusione sono decisamente predominanti.

-Senti io…- inizia lui con evidente incertezza.

Lo guardo in attesa di sentirgli dire qualcosa, qualsiasi cosa.

-Io volevo dirti che…- continua, corrugando la fronte.

-Hai bisogno di un vocabolario per caso?- chiedo sarcastica, guardandolo con freddezza.

Sembra ignorare il mio intervento senz’altro all’Andrea.

-Io…mi sento in colpa- dice d’un tratto tutto d’un fiato- terribilmente in colpa- aggiunge poi fissandomi negli occhi.

Impedisco in ogni modo a quello sguardo di farmi battere il cuore, come sempre accade.

Uno sguardo tremendamente invasivo, emozionante.

-Ah si?- mi lascio andare ad una risatina amara- e per cosa, scusa? Per avermi usata ancora una volta o per aver speso un patrimonio in una sola sera per potermi avere nel tuo letto?- chiedo indispettita, attendendo curiosa una sua risposta.

-Per il modo in cui te ne sei andata- confessa lui- non avrei mai voluto che andassi via in quel modo- conclude poi.

-Ah no?- chiedo io fingendomi sorpresa. La situazione non sarebbe comunque cambiata, neppure se io me ne fossi andata in modo diverso - Tom puoi anche farla finita con questa insulsa recita perché non serve assolutamente a niente- aggiungo poi rassegnata. Ma nelle mie parole si cela dolore e una tremenda sofferenza.

-Questo lo dici tu- interviene lui- e poi non è affatto una recita- si affretta a precisare.

Lo fisso con attenzione: sembra impegnarsi davvero in ciò che sta dicendo.

Peccato che non attacca. Almeno, non stavolta.

-Mi dispiace, cazzo, lo capisci?- sbotta ad un tratto poggiandosi con entrambi i gomiti sulla ringhiera e guardando dritto dinanzi a sé.

-Ma di cosa?- alzo la voce notevolmente- di cosa, eh?- continuo sbattendomi le mani sui fianchi.

Non riesco proprio a capire dove cavolo sta il suo dispiacere.

-Tom, mi hai presa per culo per la terza volta ed io ci sono cascata ancora, te ne rendi conto?- faccio una pausa- ha ragione tuo fratello, sono un’idiota- mormoro con amarezza.

-Non dire cazzate, Annika- controbatte lui voltandosi verso di me.

-Solo una grandissima idiota come me sarebbe stata in grado di farsi usare in modo così spudorato senza minimamente accorgersene- esclamo io- è che io, a differenza tua, ero veramente…presa- dico con grande amarezza per il ricordo.

-Io ci avevo creduto sul serio alle cose che mi hai detto quella sera- continuo io con gli occhi lucidi-  avevo pensato che fossi sincero, che mi considerassi veramente importante, ma mi sono sbagliata alla grande- nel pronunciare queste ultime parole mi si incrina inevitabilmente la voce.

Lo vedo restare immobile in quella posizione e faccio per andarmene. Fa ancora più male averlo vicino e ricordare.

-Resta qui- mi afferra per un polso, bloccandomi.

“Resta qui”…le famose due parole che mi hanno spinta a rimanere a dormire da lui quella maledetta sera.

Lo guardo, ormai con gli occhi lucidi, fermandomi a causa della sua presa sul mio polso.

-Stavolta non sarebbe dovuta essere come le altre- dice lui d’un tratto.

Che significa?

Mi lascio scappare una risatina amara che contrasta decisamente le lacrime che ormai mi riempiono gli occhi, rovinando le ore di trucco cui mi sono dedicata stasera. Come al solito, Tom rovina tutto.

-Ah si? E come? Stavolta facevi sul serio?- chiedo in tono sarcastico, incrociando le mie braccia sotto il seno.

-Annika, io so solo che mi dispiace e sento un peso qui da quel giorno- dice indicandosi il petto.

Scuoto la testa ormai completamente disillusa.

-Non mi credi?- mi chiede lui avvicinandosi a me.

-Come potrei farlo, me lo spieghi?- alzo il tono di voce allontanandomi da lui.

-Fallo e basta, ti prego- mormora lui tentando di prendermi una mano.

Mi allontano ancora. E fa terribilmente male.

-Se io dovessi crederti vorrebbe dire che quindi non mi hai presa per il culo?- chiedo io cercando di mantenere una calma che in questo momento non mi appartiene.

-Quindi nel momento in cui mi hai portata a cena fuori e nel momento in cui mi hai baciata e abbiamo fatto l’amore non intendevi prendermi per il culo, Tom?- chiedo alzando di nuovo il tono di voce. Ho bisogno, adesso. Ho bisogno di sapere.

Non mi risponde, resta in silenzio.

E questo silenzio è fin troppo eloquente.

Scappo via, stavolta senza che lui mi fermi.

Corro via, via da una situazione troppo dolorosa.

 

 

 

 

[BILL]

 

 

 

 

 

Sono patetico!

Tremendamente patetico.

E per dirmi una cosa del genere vuol dire che sono impazzito, decisamente.

Sono seduto sul divanetto di quest’immensa e rumorosa discoteca con in mano un bicchiere di Black Russian in mano.

Diciamo che è già il terzo da quando siamo arrivati.

Sono sicuro che, se ne bevo un altro, crollerò seduta stante in questo posto di merda e dovrò fare un’uscita da alcolizzato cronico con Mike, il bodyguard, che mi trascina avendo perso, momentaneamente, l’uso delle gambe.

Ma poi, a chi cazzo importa della mia uscita “trionfale”, non sono forse l’ultima ruota del carro?

È facile spacciarsi, sotto i riflettori, per un leader ma, purtroppo, quando i riflettori si spengono su di me cade sempre, pesante come un macigno, la verità.

Io e Tom siamo sempre stati in due, avere un gemello è una cosa così dura.

Lui è più bello di me, più forte, più allenato, più disinvolto con le donne, per quanto io possa essere sicuro di me (e lo sono anche se in questo preciso istante non lo dimostro!) io non sarò mai Tom.

Posso avere il suo viso, i suoi occhi, le sue labbra, potrei vestirmi come lui, atteggiarmi da bastardo misogino ma…

Rimarrò sempre Bill… l’eterno amico.

Ed è così anche per Andrea.

Vederla, quel giorno, sotto Tom mi ha fatto ritorcere le budella nel corpo.

Il perché della mia reazione mi è oscura. Andrea non ha mai mostrato interesse per me, in alcun modo, perché avrei dovuto comportarmi da fidanzato geloso?

Ma è quello che ho fatto e adesso ho paura a parlarle.

Guardo il mio bicchiere scecherandolo appena prima di portarmelo alle labbra e scolarlo in un solo sorso.

Il liquido che scende per la mia gola brucia, l’alcool fa sempre quest’effetto e mi stupisco di non tossicchiare o fare smorfie strane.

-Bill, hai intenzione di perdere i sensi questa sera?-

Gustav mi guarda attraverso i suoi occhialoni da vista calati sugli occhi castani.

Volto la testa cercando un cameriere –Problemi?-

Sono brusco, lo so!

Lui scuote la testa e si siede di fianco a me, il divano cede di poco al suo peso e mi sposto per fargli spazio.

-Avanti, chi è?-

Lo guardo alzando un sopracciglio –Che stai dicendo?-

Mi sorride e so di essere, in parte, scoperto davanti a lui. Quel ragazzo ha la maledetta capacità di capire tutto.

Mi sento violato.

-Chi è la ragazza che ti interessa e che, inevitabilmente, è stata a letto con Tom?- mi domanda senza il minimo tatto centrando il punto.

Lo fulmino con lo sguardo optando per la modalità “Diva ferita” –Nessuno!-

Alzo il naso verso l’alto in un gesto puramente altezzoso incrociando le braccia al petto.

Gustav sospira.

-Capo!- urlo a un cameriere che passa lì.

-Desidera?- mi chiede cordialmente nonostante mi stia odiando per aver fermato la sua “fuga” verso il piano bar.

-Una vodka alla menta, grazie!-

-BILL!- mi riprende esasperato il batterista –Basta con i superalcolici-

-Gus, ho ventidue anni, mica dieci, so quello che faccio- dico spazientito.

-Ho capito- annuncia –Ma non voglio esserci durante la tua sbronza, quindi, ci vediamo all’uscita-

Così facendo si alza e se ne va.

E non lo biasimo.

Quando sono ubriaco ho una voglia matta di baciare. Qualunque cosa o persona che ho avanti.

È capitato che baciassi Tom (esperienza registrata durante un Fan Party che aveva alimentato le credenze sul twincest…), Georg (durante un October Fest quando ancora non ero famoso, fortunatamente) e che ci provassi, inconsciamente, con la mia truccatrice.

Diciamo che il “Piccolo Tom” che è me si alimenta con l’alcool. Se potessi mi starei lontano anche io.

Guardo il cameriere posare il bicchiere con il liquido trasparente sul tavolo e sorrido alla sua cordialità.

Ma mi sento pietrificare quando la vedo arrivare.

È lì, che mi viene incontro.

Bella come non l’ho mai vista.

Indossa anche i tacchi e quel mini vestitino dalle fantasie macabre le dona in modo tremendo.

Punta i suoi occhi di acqua pura contro di me, il mare turchese che mi colpisce mi manda quasi in estasi.

-Bill-

Il mio nome, detto da lei, sembra così bello.

Lo è, intendiamoci, ma lei gli da una sfumatura diversa.

Mi alzo quasi senza accorgermene e le vado incontro.

È poco più alta del solito ma devo comunque abbassarmi per farmi salutare.

Posa le sue mani sulle mie spalle e si tira su, lasciandomi un leggero bacio sulla guancia.

Sento il punto in cui il suo lucidalabbra ha lasciato l’impronta bruciare come sui carboni ardenti.

Ok, sono proprio cotto.

-Che cosa ci fai qui?- le chiedo inconsciamente.

È così bello vederla.

Lei sorride –Mi ha invitata Tom-

Crack.

È l’unico rumore che sento dentro di me.

Un cupo crack che mi riporta alla realtà.

Cerco, invano, di restare allegro e mormoro un semplice –Ah-

Sono un’idiota.

Un fottutissimo idiota.

Quasi mi aspetto di vedere mio fratello apparire da qualche parte e abbracciarla da dietro, baciandola a tradimento davanti a me.

Fa male, terribilmente male.

La immagino darmi dell’illuso ma, come sempre, mi stupisce.

-Bill, che hai?- mi domanda dopo qualche secondo.

Sento i suoi occhi spogliami e, inconsciamente, mi copro allacciando le braccia al petto.

Mi sento nudo e esposto davanti a lei.

Ho paura che scopra qualcosa che non conosco nemmeno io.

-Io? Niente!- ho la voce troppo alta.

E sono sicuro che a una come Andrea non è sfuggito.

Rido nervosamente mentre lei mi afferra per un braccio dopo avermi scoccato un’occhiata poco convinta e mi trascina verso il divanetto bianco su cui è ancora poggiato il mio bicchiere di Vodka.

-Puzzi d’alcool- mi fa notare appena ci sediamo.

Schietta, diretta Andrea, è per quel motivo che mi piace così tanto.

-Lo ammetto, ho bevuto un po’- ridacchio grattandomi la testa.

-Perché?-

Abbasso lo sguardo.

È questo il momento per dirle tutto? Che sono un’imbecille che è geloso di una ragazza che mai lo vorrà come ragazzo?

Devo fare questa figura di merda?

Beh, meno male che sono abbastanza brillo e che l’alcool mi da poche inibizioni.

-Cosa c’è tra te e Tom?- le rispondo con quella domanda che mi preme da quando l’ho vista con Tom nella sua camera.

Sento un macigno cadere e una follata di vento sollevarmi.

Lei non si muove, mi fissa quasi a scavare nella mia anima –Stavi bevendo per questo?-

-No- mento spudoratamente –Ma voglio sapere-

Potrei cacciare anche la scusa di Annika, sarebbe mio legittimo diritto sapere visto che la bionda è una mia amica.

Già, non avrei mai pensato di considerarla in quel modo, mi fa strano crederlo.

Con tutto il coraggio che ho punto gli occhi contro di lei, deciso a sapere ogni cosa.

-Su- la esorto –Voglio sapere cosa c’è tra te e mio fratello-

Il suo riso viene sovrastato dalla musica e quasi mi sento un’idiota ad averle provocato una risata così prepotente.

Cos’ho detto di sbagliato?

Sembra decisamente divertita.

-Io e Tom… insieme?- ridacchia –è una cosa assurda persino da pensare-

Mi sento sollevato da quelle parole.

Andrea sembra decisamente sincera.

-E allora cosa ci facevi nella sua camera?- chiedo irrazionalmente schiaffeggiandomi mentalmente.

Sono masochista.

-Stavamo… ehm… stavamo bisticciando- si difende e sembra nascondere qualcosa.

E io, Bill Kaulitz, non mi faccio fregare.

-Andrea, ti prego, non dirmi cazzate-

-Pensi ti stia mentendo?- domanda un po’ offesa –Mi hai preso per una bugiarda?-

-Capiscimi- le dico semplicemente –Ti ho vista sotto mio fratello, nel suo letto, mi è lecito credere che tu e lui abbiate fatto se…-

-Bill!- urla –Io non potrei mai stare con un essere come tuo fratello, è la persona più…- cerca delle parole che non trova –Bill, io non ci riuscirei perché lui non è…-

-Non è…?-

La vedo che volta lo sguardo verso di me, così intensamente che mi ammutolisco.

Si sporge verso di me e mi sento, dannatamente, succube.

Le vado incontro e noto i suoi occhi chiudersi, le lunghe ciglia pregne di mascara mi solleticano le guance.

La sua fronte si posa contro la mia.

-Non voglio tuo fratello Bill- mormora e il suo fiato è sulle mie labbra.

Allungo una mano che si posa, dolcemente sulla sua guancia destra.

L’accarezzo appena.

Ha la pelle così morbida che mi sembra di accarezzare la pelle di un neonato.

Inclina di poco la testa con le labbra appena dischiuse e lascio che la mia mano scivoli dietro il suo collo.

Il cuore che accelera, la musica che diventa un ronzio lontano.

Solo io e lei.

Da soli in questo mare di gente che sembra non notarci.

Le labbra si sfiorando appena, timide.

Sto per baciarla.

-Andrea, cazzo, ti ho trovata io…-

E arriva mio fratello.

-Devi venire un attimo come me-

Andrea balza nel divanetto come se avesse preso una scossa elettrica e si alza di scatto.

Non voleva Tom eh?

Mi sento tremendamente idiota.

Una qualche ferita si apre nel mio corpo pietrificandomi dalla testa ai piedi.

Vedo i suoi occhi, identici ai miei, slittare da lei a me e tingersi d’imbarazzo.

Forse si è accorto di cos’ha fatto.

-Scusa, io non pensavo che…-

Ma non lo lascio finire.

Fa male restare a contemplare questo triangolo del cazzo.

Mi alzo di fretta, senza dire una parola, sfuggendo alle mani di Andrea che cercano di trattenermi mentre mormora il mio nome.

Afferro la mia borsa e, a passo pesante, mi incammino verso la terrazza della discoteca.

Che serata di merda!

Come posso aver pensato, per un solo minuto, di essere migliore di Tom per una ragazza?

Sono un illuso, solo uno stupido illuso.

Il mondo non potrà mai sapere quale dolore mi abbraccia in una stretta famelica.

E fa male, male da morire.

Le ultime cose che sento sono il mio nome pronunciato da Andrea seguito a un sospiro e le lievi e accusatorie parole di Tom:

-Ok, Sono un’idiota-

Ma non faccio caso a quella frase.

Ha ragione, è un’idiota! 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** 15. Non potrei mai farti del male ***


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[TOM]

 

 

 

 

 

Rimango a fissare la figura di mio fratello che sparisce tra la folla.

È ufficiale, questa serata sta diventando un inferno.

Mi chiedo cosa possa succedere ancora.

Mi lascio sfuggire uno sguardo in direzione di Andrea, sicuramente intenta a imprecare mentalmente.

Come darle torto.

Io mi sarei preso a calci.

-Scusa- le dico mentre mi si avvicina, quasi cercasse di trattenere l’evidente rabbia.

Quella nana metallara mi assomiglia in modo impressionate, forse è per questo motivo che la trovo, vagamente, simpatica.

Mi ispira fiducia proprio perchè riesco a prevedere le sue mosse.

-Io non pensavo… cioè sospettavo che ti piacesse Bill, ma ero già partito con la convinzione che non avessi nessuna speranza con lui- confesso mentre lei mi è di fronte.

-Sei la persona più incoraggiante di questo mondo- mormora a denti stretti.

-Beh, calcolando che l’ultima relazione di mio fratello è stata con Verona Poth, beh, mi è difficile credere che una come te riuscisse a farlo smuovere un po’!-

-Non mi frega un cazzo se tuo fratello si è scopato Miss Germania- sibila a denti stretti, stringendo i pugni –Voglio sapere cosa avevi di tanto urgente da dirmi-

Incrocio le braccia e la guardo inclinando la testa.

Lo capisco quando qualcuno vuole sorvolare il discorso, lo faccio sempre anche io.

La guardo come a farle capire che io non ho abboccato alla sua dichiarazione di menefreghismo e sorrido solo per innervosirla.

Nonostante sia una pessima serata vedere Andrea dare di matto mi mette di buon umore.

Quella nanetta è capace di risollevarmi con le sue esilaranti sfuriate.

-Non devi fare questa scenetta del cazzo con me Andy- mi prendo un lusso che lei non mi ha mai permesso di usare e la vedo perfettamente chiudere gli occhi nel vano tentativo di calmarsi –Se ti piace mio fratello dimmelo e basta, non ti mangio mica-

-Sta’ zitto!- sbotta –Non sono affari che ti riguardano-

-Non neghi, visto?- esulto –Avevo ragione!-

-Smettila!-

-Sono un genio, aspetto solo il premio Nobel- mi vanto mentre so che lei sta meditando il modo migliore per farmi crepare.

-Non ti rispondo solo perché mi toccherebbe alzare la mani- mi dice trattenendo un sorriso tanto da trasformarlo in un ghigno quasi malefico.

-Non riusciresti a farmi niente, nana, quindi…- la provoco con un sorrisetto superiore –Comunque…-

Ho un cambio d’umore repentino che, in un certo senso, allarma anche lei.

-è andata male, vero?- mi precede.

Abbasso lo sguardo e annuisco appena –Una merda-

Sospira.

Mi sembra così strano che in questa specie di guerra lei mi sia accanto, è l’ultima alleata che pensavo di avere.

Incrocia le braccia e mi fissa –Tom…-

-Mmm…-

-Guardami e raccontami tutto- mi esorta e io l’accontento.

-Le ho chiesto scusa ma lei non ha voluto credermi, si è parecchio incazzata!- le dico –Non capisco cos’ho fatto per farla reagire in quel modo, sono stato sincero, e mi è costato davvero un gran sforzo espormi in quel modo-

-Si vede che non hai usato le parole giuste- tenta di dare una spiegazione –E giustamente lei non crede a un cazzo di quello che dici perché l’hai già presa per il culo troppe volte-

Sbuffo.

Lo so, maledizione.

Sono io l’artefice di tutta questa situazione perché, in un certo senso, mi sto rammollendo.

Una volta, non tanto tempo fa, me ne sarei infischiato altamente.

Avrei guardato quella ragazzina con un ghigno di compassione e mi sarei detto “Poverina, ma Tom Kaulitz non si lega a nessuno”.

Per me l’amore non è mai esistito, tanto meno i legami.

Dopo che i miei genitori divorziarono avevo maturato l’idea di non avere mai un legame fisso per non soffrire.

Con Annika non era amore.

Ne ero certo.

Mi sentivo in colpa per il modo in cui l’avevo trattata e… non lo so, so solo che ho un bisogno esagerato di lei.

E mi sento un pezzo di merda per come ho giocato con i suoi sentimenti.

Mi sembra una situazione così paradossale.

-Lo so-

Andrea mi guarda attentamente –Non serve a niente saperlo Tom-

-Sì, ma io che cazzo posso fare? Io c’ho provato a farle capire che mi dispiace davvero!- tuono mentre la guardo negli occhi turchesi –Ma lei non ne vuole sapere-

Andrea scuote la testa e mi posa una piccola mano sulla spalla –Non ci credi nemmeno tu Tom-

-Che cazzo dici?-

-Che non sai quello che vuoi, dovresti, prima di tutto, capire cosa vuoi da lei, realmente- mi guarda intensamente –Non rifilarmi la puttanata del rimorso, che non ci credo, a te piace Annika-

-Non è vero!-

-Sarei io quella che si nasconde ora?!- alza appena la voce –Caccia le palle Tom e va a parlare con lei!-

-Non ci penso nemmeno, per questa sera ho già fatto abbastanza figure di merda- protesto –Piuttosto, va tu da lei, è chiusa in bagno, sicuramente piange e avrà bisogno di qualcuno-

-Perché non vai tu?-

-Ti sembra il caso?- alzo un sopracciglio –Fino a prova contraria sono io la causa per cui è chiusa nel cesso-

Mi sembra abbastanza saggio da parte mia non farmi vedere quando lei vorrebbe vedermi morto.

Sarebbe da coglioni offrirgli sul un piatto d’oro l’opportunità di tagliarmi le palle.

Andrea annuisce sommessamente –Anche se mi costa dirlo, hai ragione-

Abbozzo un sorriso –Riconosci anche tu la mia superiorità intellettiva- affermo beffardo, per poi darle una leggera spinta –Va’ da lei, e dimmi come sta, non mi perdonerei mai una sua cazzata-

La nana metallara mi guarda ancora e scoppia a ridere, dimenticandosi, forse, di essere incazzata con me.

Si gira il più velocemente possibile, quel poco che i tacchi le permettono, e si avvia verso il bagno.

Sospiro quando penso alla mia prossima missione.

Bill.

-Ah Kaulitz-

Volto di colpo lo sguardo verso la voce che ha urlato il mio cognome.

Andrea si è fermata a metà dalla mia postazione e la porta del cesso, puntando le sue pozze azzurrine verso di me.

-Che c’è?- domando.

-Avevi ragione- asserisce –Sei un vero idiota!-

Detto questo si gira e continua a camminare verso la sua meta, affrettando il passo.

Sorrido sotto i baffi.

-Stupida nana malefica- mormoro incamminandomi verso l’unico posto dove avrei potuto parlare con mio fratello.

 

 

****

 

 

Non potevo sbagliarmi.

Conosco quella testa bacata da quando ci hanno concepito.

Non può certo sfuggire a me.

Mentre oltrepasso la sala noto la figura slanciata di mio fratello.

È appoggiato alla ringhiera nera della terrazza tenendo tra le mani l’inconfondibile Malboro accesa.

Del fumo disegna una linea grigiastra sul telo nero del cielo notturno e una nuvoletta, leggera e libera, vola verso destra dopo essere stata “espulsa” da Bill.

Quando è incazzato fuma come un dannato.

Gli fa male, quando succede in tour David scassa le palle peggio di una matrigna in menopausa, ma Bill continua a farlo, fregandosene di quel quarantenne in crisi di mezza età come il nostro “amato” manager.

-Lo sai che ti fa male- esordisco senza saper bene cosa dirgli.

La sua risata amara mi colpisce al petto –Come se interessasse a qualcuno-

Bill è solito avere manie di vittimismo, odio quando mi fa pesare le sue insicurezze.

Nonostante non lo dimostri in pubblico, Bill è l’essere più complessato del mondo.

Per questo ha iniziato a truccarsi e a vestirsi come una Drag Queen, perché, considerandosi l’essere più insignificante del pianeta, voleva spiccare nella folla.

Alla fine si è così immedesimato nella parte che crede di essere sicuro di sé stesso.

In realtà è come un funambolo che cerca di camminare su un filo appeso a dieci metri da terra con una tempesta che sembra volerlo ostacolare, sa che può cadere, vacilla ma tiene l’equilibrio, non cerca aiuto, ma crolla se lasciato solo.

Sa che se qualcuno scioglierà il filo lui cadrà, come è già successo con vari lecca culo che pensava amici.

Io ho promesso di reggere il suo filo per tutta la vita.

Non voglio trasformarmi in una folata di vento che lo farà scivolare via.

-Sei un’egoista se pensi questo- gli faccio notare –Come possono andare avanti i Tokio Hotel senza la tua voce starnazzante?-

La butto sempre sul ridere, so che a Bill non piace deprimersi.

Infatti ho l’effetto desiderato.

Bill scoppia a ridere, nonostante sia una risata abbastanza triste –Già, come faresti a farti tutte quelle ragazzine in crisi ormonale senza di me?-

-Ovviamente non è grazie a te che mi cadono ai piedi, ma non voglio rompere le tue illusioni- delicatamente mi appoggio alla ringhiera guardando il suo profilo così simile al mio.

Si porta la sigaretta alle labbra e inspira un po’ della nicotina della stecchetta.

-Cosa c’è Bill?- domando interessato –Se è per la questione di prima, mi dispiace, non avevo notato che vi stavate per baciare-

Lui chiude gli occhi e annuisce –Non fa niente!-

-Non dire cazzate a me Bill- lo rimprovero –Lo vedo benissimo che ti interessa e come, dimmelo-

-Davvero Tom- continua senza guardarmi –Non importa-

-Perché cazzo ti ostini a tenerti tutto dentro?- fisso i miei occhi su di lui –Prima mi dicevi tutto-

Chiude gli occhi, forse per fare mente locale della situazione.

Non sposto lo sguardo da lui.

Dannato orgoglio dei Kaulitz! Non riesco a capire il motivo della sua resistenza.

-Dimmi cosa diamine provi Bill, insultami se vuoi, ma parla!-

-Sono stufo, va bene?- si volta di scatto verso di me.

Mi zittisco di colpo.

-Sono stufo che tutte le ragazze che mi interessano, appena ti vedono, mi accantonino a priori- sbotta guardandomi –Sono arcistufo di essere sempre il gemello di Tom Kaulitz per le ragazze-

-Ti sbagli- mi lascio sfuggire.

Più che tutto sono io a essere conosciuto, più comunemente, come il gemello di Bill Kaulitz.

Mi è capitato di vedere conduttori stranieri dimenticare il mio nome e chiederlo alla traduttrice, sperando che non lo capissi.

Non mi è mai importato più di tanto, sapevo fin dall’inizio che la stella della band sarebbe stata Bill e che, volente o nolente, sarei rimasto alla sua ombra.

-Mi sbaglio?- alza la voce –Ti ricordi Julia Tom, sì Julia, la mia prima ragazza…-

Abbasso lo sguardo.

Perfetto, ecco la classica storiella.

Mi passo una mano sugli occhi mentre sento il suo sguardo accusatore su di me.

-Sì, ok, ma è lei che mi è saltata addosso- mi difendo.

-E Shore? Non voleva il gemello più virile?- continua nel suo sclero da Diva decaduta degli anni quaranta.

-Lei non ti piaceva più di tanto Bill, me lo avevi detto, e poi era una stupida oca superficiale-

-Era comunque la mia ragazza-

-Uno scalda letto Bill- mormoro sospirando –Come lo è stato per me-

-Ti ha preferito a me-

-Non è vero!-

-Sì CHE È VERO!-

Ecco la scena di vittimismo.

-In questi anni sono stato in silenzio perché ti voglio un bene dell’anima ma…- abbassa lo sguardo –Non riesco a concepire l’idea che anche Andrea abbia preferito te-

E no, questa proprio è impensabile.

Così impensabile che scoppio a ridere inconsciamente facendolo rimanere basito.

-Tu… ahahah… tu mi stai dicendo che pensi…- rido ancora un po’ –Seriamente Bill, cosa ti fa credere che io possa essermi fatto Andrea-

-Vi ho visti-

-Hai frainteso tutto-

-Ti sembro nato ieri?-

Alzo un sopracciglio con aria di chi la sa lunga –In questo momento mi sembri solo un impulsivo del cazzo-

-Hai la delicatezza di un elefante, lo sai?- mi fa notare.

Annuisco sorridendo –Ne sono al corrente, sì!-

Suo malgrado Bill ridacchia.

-Comunque, Bill, calma i tuoi neuroni, tra me e Andrea non c’è nulla- inizio –C’è solo un patto-

-Un cosa?-

Sospiro.

Ok, tanto prima o poi uno dei due lo avrebbe scoperto.

Tanto meglio spiegarlo adesso, prima che fraintenda in futuro.

-Allora…-

E mi perdo a raccontargli tutto, non desinando i particolari.

So che Bill capirà, lo vedo annuire di tanto in tanto mentre gli racconto della corsa in macchina.

Mi scuso per avergli “rubato” il numero della ragazza e lo imploro di capire.

E ancora una volta mi sembra di essere totalmente esposto a una persona.

Sta capitando così tante volte in questi giorni che ho paura diventi una maledettissima abitudine.

Non voglio che gli altri riescano a leggermi, con facilità, nell’anima, non potrei sopportarlo.

Di indole sono uno che non si fida facilmente.

Ho preso troppe batoste nella vita da saper riconoscere la falsità nella gente.

Chiudermi a riccio è l’unico modo per non soffrire.

La sofferenza è un sentimento che temo come la peste, so che non sarei capace di combatterla senza perdere pezzi d’anima.

Reagisco male quando mi si infergono ferite, posso diventare così cattivo da non riconoscermi allo specchio.

E faccio così anche alla gente a cui voglio bene.

Con Bill sono dannatamente possessivo. Quel che lui forse non saprà mai, è che, fin dall’inizio, so che le sue cosiddette ragazze, non mi piaceranno mai.

Non sopporto il tipo di ragazze di cui, di solito, mio fratello si innamora.

Paradossalmente, però, Andrea mi piace.

Sento qualcosa di diverso in lei, mi piace pensarla al fianco di Bill pronta a stringerlo alla minima insicurezza.

Sarei capace di uccidere per Bill e qualcosa mi dice che anche Andrea, una volta che si è affezionata a una persona, sarebbe capace della stessa cosa.

-Quindi lei ti sta solo aiutando?- mi chiede visibilmente sollevato.

Sorrido –Sì, e tu hai piazza libera-

Bill abbassa lo sguardo e sussurra:

–Si nota così tanto che mi interessa?-

-Non ti interessa- commento io facendolo scattare in piedi.

Mi guarda mentre incrocio le braccia.

Lo so che è pronto a un’altra sfuriata e sorrido divertito alla sua reazione.

-Sei completamente cotto- ridacchio.

Subito dopo gli sto scompigliando i capelli, non senza problemi vista l’altezza, mentre si lamenta.

-Non ti vedevo così da un sacco di tempo- esclamo mentre lui mi spinge via.

-C’ho messo un’ora a sistemarmi i capelli Tomi, non lo fare mai più!- mi rimprovera sistemandosi le sue ciocche corvine.

Penso a come abbia fatto a farli tingere anche a me.

Non avrei mai pensato di poter cedere a una simile richiesta.

Rido di gusto e mi avvicino a lui per poi accoglierlo tra le mie braccia.

Accarezzo i suoi capelli corvini capendo che, nonostante il cumolo delle nostre insicurezze, insieme siamo invincibili.

Lo stringo mentre sento le sue manine gelide stringermi la vita.

-Ascoltami Bill- sussurro al suo orecchio –Ricordati che sei l’altra parte della mia anima, non potrei mai farti del male, preferirei farne a me-

Bill mi stringe ancora di più.

-Vedo nei tuoi occhi che ti stai innamorando di quella nana metallara e…- mi stacco appena da lui sorridendo -…per una volta so che non prenderai un calcio in culo da quella cazzata che chiami amore-

Sorride –Davvero?-

Annuisco convinto –Ne sono certo-

Mi abbraccia ancora e lo stringo beandomi del suo calore.

Se, alle volte, annego nel mare dei miei dubbi più tremendi so solo che troverò sempre un conforto.

Non sono le ragazze, la musica, la sfrenata ricerca delle risposte.

No.

Non è niente che si può cercare, perché, da ventidue anni, l’ho sempre accanto.

Nel bene o nel male, nell’isteria, nei litigi e negli scherzi io ho un’unica anima gemella.

Uguale a me, importante quanto la mia anima.

-Ti voglio bene Tomi!-

E per quanto sia difficile per me mostrare i miei sentimenti, far uscire qualcosa da sotto la mia corazza da duro, togliermi la maschera per secondi che sembrano una vita, solo lui riesce a prendermi il cuore e ad aprirlo, quasi fosse un libro.

-Anche io scricciolo, più di ogni altra cosa-

Per uno come me la sincerità è un dovere.

Per uno come me la fedeltà per le persone a cui tiene e un valore fondamentale.

Per me voler bene a quell’insicura figurina che mi stringe è un bisogno.

 

[TOM]

 

 

 

 

 

Rimango a fissare la figura di mio fratello che sparisce tra la folla.

È ufficiale, questa serata sta diventando un inferno.

Mi chiedo cosa possa succedere ancora.

Mi lascio sfuggire uno sguardo in direzione di Andrea, sicuramente intenta a imprecare mentalmente.

Come darle torto.

Io mi sarei preso a calci.

-Scusa- le dico mentre mi si avvicina, quasi cercasse di trattenere l’evidente rabbia.

Quella nana metallara mi assomiglia in modo impressionate, forse è per questo motivo che la trovo, vagamente, simpatica.

Mi ispira fiducia proprio perchè riesco a prevedere le sue mosse.

-Io non pensavo… cioè sospettavo che ti piacesse Bill, ma ero già partito con la convinzione che non avessi nessuna speranza con lui- confesso mentre lei mi è di fronte.

-Sei la persona più incoraggiante di questo mondo- mormora a denti stretti.

-Beh, calcolando che l’ultima relazione di mio fratello è stata con Verona Poth, beh, mi è difficile credere che una come te riuscisse a farlo smuovere un po’!-

-Non mi frega un cazzo se tuo fratello si è scopato Miss Germania- sibila a denti stretti, stringendo i pugni –Voglio sapere cosa avevi di tanto urgente da dirmi-

Incrocio le braccia e la guardo inclinando la testa.

Lo capisco quando qualcuno vuole sorvolare il discorso, lo faccio sempre anche io.

La guardo come a farle capire che io non ho abboccato alla sua dichiarazione di menefreghismo e sorrido solo per innervosirla.

Nonostante sia una pessima serata vedere Andrea dare di matto mi mette di buon umore.

Quella nanetta è capace di risollevarmi con le sue esilaranti sfuriate.

-Non devi fare questa scenetta del cazzo con me Andy- mi prendo un lusso che lei non mi ha mai permesso di usare e la vedo perfettamente chiudere gli occhi nel vano tentativo di calmarsi –Se ti piace mio fratello dimmelo e basta, non ti mangio mica-

-Sta’ zitto!- sbotta –Non sono affari che ti riguardano-

-Non neghi, visto?- esulto –Avevo ragione!-

-Smettila!-

-Sono un genio, aspetto solo il premio Nobel- mi vanto mentre so che lei sta meditando il modo migliore per farmi crepare.

-Non ti rispondo solo perché mi toccherebbe alzare la mani- mi dice trattenendo un sorriso tanto da trasformarlo in un ghigno quasi malefico.

-Non riusciresti a farmi niente, nana, quindi…- la provoco con un sorrisetto superiore –Comunque…-

Ho un cambio d’umore repentino che, in un certo senso, allarma anche lei.

-è andata male, vero?- mi precede.

Abbasso lo sguardo e annuisco appena –Una merda-

Sospira.

Mi sembra così strano che in questa specie di guerra lei mi sia accanto, è l’ultima alleata che pensavo di avere.

Incrocia le braccia e mi fissa –Tom…-

-Mmm…-

-Guardami e raccontami tutto- mi esorta e io l’accontento.

-Le ho chiesto scusa ma lei non ha voluto credermi, si è parecchio incazzata!- le dico –Non capisco cos’ho fatto per farla reagire in quel modo, sono stato sincero, e mi è costato davvero un gran sforzo espormi in quel modo-

-Si vede che non hai usato le parole giuste- tenta di dare una spiegazione –E giustamente lei non crede a un cazzo di quello che dici perché l’hai già presa per il culo troppe volte-

Sbuffo.

Lo so, maledizione.

Sono io l’artefice di tutta questa situazione perché, in un certo senso, mi sto rammollendo.

Una volta, non tanto tempo fa, me ne sarei infischiato altamente.

Avrei guardato quella ragazzina con un ghigno di compassione e mi sarei detto “Poverina, ma Tom Kaulitz non si lega a nessuno”.

Per me l’amore non è mai esistito, tanto meno i legami.

Dopo che i miei genitori divorziarono avevo maturato l’idea di non avere mai un legame fisso per non soffrire.

Con Annika non era amore.

Ne ero certo.

Mi sentivo in colpa per il modo in cui l’avevo trattata e… non lo so, so solo che ho un bisogno esagerato di lei.

E mi sento un pezzo di merda per come ho giocato con i suoi sentimenti.

Mi sembra una situazione così paradossale.

-Lo so-

Andrea mi guarda attentamente –Non serve a niente saperlo Tom-

-Sì, ma io che cazzo posso fare? Io c’ho provato a farle capire che mi dispiace davvero!- tuono mentre la guardo negli occhi turchesi –Ma lei non ne vuole sapere-

Andrea scuote la testa e mi posa una piccola mano sulla spalla –Non ci credi nemmeno tu Tom-

-Che cazzo dici?-

-Che non sai quello che vuoi, dovresti, prima di tutto, capire cosa vuoi da lei, realmente- mi guarda intensamente –Non rifilarmi la puttanata del rimorso, che non ci credo, a te piace Annika-

-Non è vero!-

-Sarei io quella che si nasconde ora?!- alza appena la voce –Caccia le palle Tom e va a parlare con lei!-

-Non ci penso nemmeno, per questa sera ho già fatto abbastanza figure di merda- protesto –Piuttosto, va tu da lei, è chiusa in bagno, sicuramente piange e avrà bisogno di qualcuno-

-Perché non vai tu?-

-Ti sembra il caso?- alzo un sopracciglio –Fino a prova contraria sono io la causa per cui è chiusa nel cesso-

Mi sembra abbastanza saggio da parte mia non farmi vedere quando lei vorrebbe vedermi morto.

Sarebbe da coglioni offrirgli sul un piatto d’oro l’opportunità di tagliarmi le palle.

Andrea annuisce sommessamente –Anche se mi costa dirlo, hai ragione-

Abbozzo un sorriso –Riconosci anche tu la mia superiorità intellettiva- affermo beffardo, per poi darle una leggera spinta –Va’ da lei, e dimmi come sta, non mi perdonerei mai una sua cazzata-

La nana metallara mi guarda ancora e scoppia a ridere, dimenticandosi, forse, di essere incazzata con me.

Si gira il più velocemente possibile, quel poco che i tacchi le permettono, e si avvia verso il bagno.

Sospiro quando penso alla mia prossima missione.

Bill.

-Ah Kaulitz-

Volto di colpo lo sguardo verso la voce che ha urlato il mio cognome.

Andrea si è fermata a metà dalla mia postazione e la porta del cesso, puntando le sue pozze azzurrine verso di me.

-Che c’è?- domando.

-Avevi ragione- asserisce –Sei un vero idiota!-

Detto questo si gira e continua a camminare verso la sua meta, affrettando il passo.

Sorrido sotto i baffi.

-Stupida nana malefica- mormoro incamminandomi verso l’unico posto dove avrei potuto parlare con mio fratello.

 

 

****

 

 

Non potevo sbagliarmi.

Conosco quella testa bacata da quando ci hanno concepito.

Non può certo sfuggire a me.

Mentre oltrepasso la sala noto la figura slanciata di mio fratello.

È appoggiato alla ringhiera nera della terrazza tenendo tra le mani l’inconfondibile Malboro accesa.

Del fumo disegna una linea grigiastra sul telo nero del cielo notturno e una nuvoletta, leggera e libera, vola verso destra dopo essere stata “espulsa” da Bill.

Quando è incazzato fuma come un dannato.

Gli fa male, quando succede in tour David scassa le palle peggio di una matrigna in menopausa, ma Bill continua a farlo, fregandosene di quel quarantenne in crisi di mezza età come il nostro “amato” manager.

-Lo sai che ti fa male- esordisco senza saper bene cosa dirgli.

La sua risata amara mi colpisce al petto –Come se interessasse a qualcuno-

Bill è solito avere manie di vittimismo, odio quando mi fa pesare le sue insicurezze.

Nonostante non lo dimostri in pubblico, Bill è l’essere più complessato del mondo.

Per questo ha iniziato a truccarsi e a vestirsi come una Drag Queen, perché, considerandosi l’essere più insignificante del pianeta, voleva spiccare nella folla.

Alla fine si è così immedesimato nella parte che crede di essere sicuro di sé stesso.

In realtà è come un funambolo che cerca di camminare su un filo appeso a dieci metri da terra con una tempesta che sembra volerlo ostacolare, sa che può cadere, vacilla ma tiene l’equilibrio, non cerca aiuto, ma crolla se lasciato solo.

Sa che se qualcuno scioglierà il filo lui cadrà, come è già successo con vari lecca culo che pensava amici.

Io ho promesso di reggere il suo filo per tutta la vita.

Non voglio trasformarmi in una folata di vento che lo farà scivolare via.

-Sei un’egoista se pensi questo- gli faccio notare –Come possono andare avanti i Tokio Hotel senza la tua voce starnazzante?-

La butto sempre sul ridere, so che a Bill non piace deprimersi.

Infatti ho l’effetto desiderato.

Bill scoppia a ridere, nonostante sia una risata abbastanza triste –Già, come faresti a farti tutte quelle ragazzine in crisi ormonale senza di me?-

-Ovviamente non è grazie a te che mi cadono ai piedi, ma non voglio rompere le tue illusioni- delicatamente mi appoggio alla ringhiera guardando il suo profilo così simile al mio.

Si porta la sigaretta alle labbra e inspira un po’ della nicotina della stecchetta.

-Cosa c’è Bill?- domando interessato –Se è per la questione di prima, mi dispiace, non avevo notato che vi stavate per baciare-

Lui chiude gli occhi e annuisce –Non fa niente!-

-Non dire cazzate a me Bill- lo rimprovero –Lo vedo benissimo che ti interessa e come, dimmelo-

-Davvero Tom- continua senza guardarmi –Non importa-

-Perché cazzo ti ostini a tenerti tutto dentro?- fisso i miei occhi su di lui –Prima mi dicevi tutto-

Chiude gli occhi, forse per fare mente locale della situazione.

Non sposto lo sguardo da lui.

Dannato orgoglio dei Kaulitz! Non riesco a capire il motivo della sua resistenza.

-Dimmi cosa diamine provi Bill, insultami se vuoi, ma parla!-

-Sono stufo, va bene?- si volta di scatto verso di me.

Mi zittisco di colpo.

-Sono stufo che tutte le ragazze che mi interessano, appena ti vedono, mi accantonino a priori- sbotta guardandomi –Sono arcistufo di essere sempre il gemello di Tom Kaulitz per le ragazze-

-Ti sbagli- mi lascio sfuggire.

Più che tutto sono io a essere conosciuto, più comunemente, come il gemello di Bill Kaulitz.

Mi è capitato di vedere conduttori stranieri dimenticare il mio nome e chiederlo alla traduttrice, sperando che non lo capissi.

Non mi è mai importato più di tanto, sapevo fin dall’inizio che la stella della band sarebbe stata Bill e che, volente o nolente, sarei rimasto alla sua ombra.

-Mi sbaglio?- alza la voce –Ti ricordi Julia Tom, sì Julia, la mia prima ragazza…-

Abbasso lo sguardo.

Perfetto, ecco la classica storiella.

Mi passo una mano sugli occhi mentre sento il suo sguardo accusatore su di me.

-Sì, ok, ma è lei che mi è saltata addosso- mi difendo.

-E Shore? Non voleva il gemello più virile?- continua nel suo sclero da Diva decaduta degli anni quaranta.

-Lei non ti piaceva più di tanto Bill, me lo avevi detto, e poi era una stupida oca superficiale-

-Era comunque la mia ragazza-

-Uno scalda letto Bill- mormoro sospirando –Come lo è stato per me-

-Ti ha preferito a me-

-Non è vero!-

-Sì CHE È VERO!-

Ecco la scena di vittimismo.

-In questi anni sono stato in silenzio perché ti voglio un bene dell’anima ma…- abbassa lo sguardo –Non riesco a concepire l’idea che anche Andrea abbia preferito te-

E no, questa proprio è impensabile.

Così impensabile che scoppio a ridere inconsciamente facendolo rimanere basito.

-Tu… ahahah… tu mi stai dicendo che pensi…- rido ancora un po’ –Seriamente Bill, cosa ti fa credere che io possa essermi fatto Andrea-

-Vi ho visti-

-Hai frainteso tutto-

-Ti sembro nato ieri?-

Alzo un sopracciglio con aria di chi la sa lunga –In questo momento mi sembri solo un impulsivo del cazzo-

-Hai la delicatezza di un elefante, lo sai?- mi fa notare.

Annuisco sorridendo –Ne sono al corrente, sì!-

Suo malgrado Bill ridacchia.

-Comunque, Bill, calma i tuoi neuroni, tra me e Andrea non c’è nulla- inizio –C’è solo un patto-

-Un cosa?-

Sospiro.

Ok, tanto prima o poi uno dei due lo avrebbe scoperto.

Tanto meglio spiegarlo adesso, prima che fraintenda in futuro.

-Allora…-

E mi perdo a raccontargli tutto, non desinando i particolari.

So che Bill capirà, lo vedo annuire di tanto in tanto mentre gli racconto della corsa in macchina.

Mi scuso per avergli “rubato” il numero della ragazza e lo imploro di capire.

E ancora una volta mi sembra di essere totalmente esposto a una persona.

Sta capitando così tante volte in questi giorni che ho paura diventi una maledettissima abitudine.

Non voglio che gli altri riescano a leggermi, con facilità, nell’anima, non potrei sopportarlo.

Di indole sono uno che non si fida facilmente.

Ho preso troppe batoste nella vita da saper riconoscere la falsità nella gente.

Chiudermi a riccio è l’unico modo per non soffrire.

La sofferenza è un sentimento che temo come la peste, so che non sarei capace di combatterla senza perdere pezzi d’anima.

Reagisco male quando mi si infergono ferite, posso diventare così cattivo da non riconoscermi allo specchio.

E faccio così anche alla gente a cui voglio bene.

Con Bill sono dannatamente possessivo. Quel che lui forse non saprà mai, è che, fin dall’inizio, so che le sue cosiddette ragazze, non mi piaceranno mai.

Non sopporto il tipo di ragazze di cui, di solito, mio fratello si innamora.

Paradossalmente, però, Andrea mi piace.

Sento qualcosa di diverso in lei, mi piace pensarla al fianco di Bill pronta a stringerlo alla minima insicurezza.

Sarei capace di uccidere per Bill e qualcosa mi dice che anche Andrea, una volta che si è affezionata a una persona, sarebbe capace della stessa cosa.

-Quindi lei ti sta solo aiutando?- mi chiede visibilmente sollevato.

Sorrido –Sì, e tu hai piazza libera-

Bill abbassa lo sguardo e sussurra:

–Si nota così tanto che mi interessa?-

-Non ti interessa- commento io facendolo scattare in piedi.

Mi guarda mentre incrocio le braccia.

Lo so che è pronto a un’altra sfuriata e sorrido divertito alla sua reazione.

-Sei completamente cotto- ridacchio.

Subito dopo gli sto scompigliando i capelli, non senza problemi vista l’altezza, mentre si lamenta.

-Non ti vedevo così da un sacco di tempo- esclamo mentre lui mi spinge via.

-C’ho messo un’ora a sistemarmi i capelli Tomi, non lo fare mai più!- mi rimprovera sistemandosi le sue ciocche corvine.

Penso a come abbia fatto a farli tingere anche a me.

Non avrei mai pensato di poter cedere a una simile richiesta.

Rido di gusto e mi avvicino a lui per poi accoglierlo tra le mie braccia.

Accarezzo i suoi capelli corvini capendo che, nonostante il cumolo delle nostre insicurezze, insieme siamo invincibili.

Lo stringo mentre sento le sue manine gelide stringermi la vita.

-Ascoltami Bill- sussurro al suo orecchio –Ricordati che sei l’altra parte della mia anima, non potrei mai farti del male, preferirei farne a me-

Bill mi stringe ancora di più.

-Vedo nei tuoi occhi che ti stai innamorando di quella nana metallara e…- mi stacco appena da lui sorridendo -…per una volta so che non prenderai un calcio in culo da quella cazzata che chiami amore-

Sorride –Davvero?-

Annuisco convinto –Ne sono certo-

Mi abbraccia ancora e lo stringo beandomi del suo calore.

Se, alle volte, annego nel mare dei miei dubbi più tremendi so solo che troverò sempre un conforto.

Non sono le ragazze, la musica, la sfrenata ricerca delle risposte.

No.

Non è niente che si può cercare, perché, da ventidue anni, l’ho sempre accanto.

Nel bene o nel male, nell’isteria, nei litigi e negli scherzi io ho un’unica anima gemella.

Uguale a me, importante quanto la mia anima.

-Ti voglio bene Tomi!-

E per quanto sia difficile per me mostrare i miei sentimenti, far uscire qualcosa da sotto la mia corazza da duro, togliermi la maschera per secondi che sembrano una vita, solo lui riesce a prendermi il cuore e ad aprirlo, quasi fosse un libro.

-Anche io scricciolo, più di ogni altra cosa-

Per uno come me la sincerità è un dovere.

Per uno come me la fedeltà per le persone a cui tiene e un valore fondamentale.

Per me voler bene a quell’insicura figurina che mi stringe è un bisogno.

 

*Capitolo di passaggio, ladies*.*

I prossimi saranno sicuramente più lunghi, ma questo era indispensabile per ripristinare il normale equilibrio delle cose!<3

Nel prossimo, preparatevi ad una sorpresa che non v'aspettate! xD

Grazie a tutte e speriamo di poter continuare a leggere i vostri commentiii;))

Un abbraccio, Ale&Mad *

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Capitolo 16
*** 16. Dannatamente Pericoloso ***


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[ANNIKA]

 

Stronzo, stronzo e ancora stronzo.

Asciugo prepotentemente con una mano l’ennesima lacrima che sta scorrendo sulla mia guancia.

La pelle mi brucia, ma non è praticamente nulla in confronto alla fiamma che mi percorre dentro.

Ormai il mio trucco se n’è andato letteralmente a fanculo, esattamente come il mio autocontrollo stasera.

Sarebbe dovuta essere una serata piacevole, divertente…e invece si sta rivelando a dir poco straziante.

Sono arrivata appena mezz’ora fa e già sono chiusa in questi due metri quadri di bagno a piangere, completamente demoralizzata.

Odio il modo in cui mi ha guardata.

Odio il modo in cui mi ha afferrata e portata con sé senza che io riuscissi ad opporre la minima resistenza.

Odio il modo in cui mi ha detto che si sente in colpa, che gli dispiace.

Odio lui. E lo odio perché sa sempre come farmi sentire piccola, fragile.

Perché sa sempre come farmi battere il cuore anche quando non vorrei.

E magari odio anche me stessa, perché non sono in grado di resistergli, si.

Perché è questa la verità: LUI è il mio punto debole.

Sbuffo pesantemente asciugandomi ancora un’altra lacrima che scorre sulla mia guancia fino a bagnare le mie labbra, rendendole salate, quasi.

Sono qui, appoggiata alla parete di un piccolo ma impreziosito bagno di questa discoteca, a piangere delle mie disgrazie.

Forse piangere immersa nel lusso è meno doloroso. Mi do mentalmente dell’idiota e abbasso lo sguardo, fissando il pavimento biancastro, magari in cerca di un modo per non provare più tutta questa sofferenza. Un modo che possa anche solo in parte alleggerire l’indecisione e la confusione che mi pervadono.

Sento un colpo secco alla porta del bagno e sussulto, presa completamente alla sprovvista.

-Apri questa cazzo di porta, lo so che sei qui!- sento urlare da una voce femminile a me decisamente nota.

Non ho bisogno di altro per capire di chi si tratta. L’irruenza con cui la porta ha tremato sotto il suo “lieve bussare” mi ha subito fatto capire di chi si tratta.

Eccolo: il modo per non provare più tutta questa sofferenza.

La mia Andrea: solo di lei ho bisogno in questo istante, nonostante, paradossalmente, proprio lei mi abbia trascinata qui, nell’area vip, consapevole di colui cui sarei andata incontro.

Apro la porta, facendo scivolare l’asticella nell’apposito spazio e lascio che lei, nella sua stazza decisamente poco preoccupante, mi travolga come una furia.

Mi guarda negli occhi, vede le lacrime che mi hanno segnato il viso e in un solo gesto entrambe ci abbracciamo.

La stringo forte a me e poggio il mio viso nell’incavo del suo collo come per trovare sicurezza in lei, così piccola ma forte allo stesso tempo.

Lei si alza leggermente sulle punte  per arrivare alla mia altezza e mi abbraccia forte.

Un abbraccio che sa di familiarità, di dolcezza, di sicurezza, di…noi.

Mi allontano sistemandomi leggermente i capelli e guardo Andrea, dopo aver tirato su con il naso in maniera senz’altro poco fine.

-Allora, mi dici che è successo?- mi chiede lei con tono di voce più dolce, stavolta.

Annuisco lievemente e faccio un respiro profondo.

-Non riesco a fare a meno di sentirmi così ogni volta che ce l’ho vicino- ammetto tutto d’un fiato mentre gli occhi mi diventano di nuovo lucidi, nonostante io stia facendo di tutto per evitarlo.

Lei mi guarda come intenerita dalle mie parole, aspettando che io le spieghi cos’è successo circa mezz’ora fa con Tom.

-Mi ha detto che gli dispiace e che si sente in colpa per il modo in cui me ne sono andata via quella mattina- mormoro con voce visibilmente incrinata non riuscendo ad impedire che una lacrima mi righi di nuovo il viso.

-Mi ha detto che stavolta non sarebbe dovuta essere come le altre- continuo io ormai in lacrime- ma lo è stata- aggiungo poi mentre le lacrime riprendono a scorrere sul mio viso- e come al solito quella che c’ha rimesso sono io- dico poi scoppiando, di nuovo tra le braccia di Andrea.

Lei mi carezza lievemente i capelli, stringendomi e mi sussurra, come per calmarmi:

-Non piangere, ti prego-

Mi stacco da lei tirando ancora su con il naso. In questo momento la mia classe è completamente caduta.

-Ti sembrava sincero?- mi chiede poi d’un tratto, andando dritta al punto e fissandomi intensamente negli occhi.

-Non lo so- mormoro confusa- so solo che non riesco a farmelo essere indifferente- confesso io con voce accorata- non riesco ad opporgli resistenza, nonostante io lo detesti con tutta me stessa dopo quello che è stato capace di farmi-

Andrea mi sposta una ciocca di capelli dal viso e mi sorride leggermente.

-Perché lui ti piace ancora, nonostante tutto-

Sto per qualche istante in silenzio, guardando i suoi chiarissimi occhi del colore del ghiaccio.

Annuisco lievemente.

-Già…- ammetto- purtroppo- aggiungo poi triste.

-Non devi pentirti di quello che provi per lui, Annika!- esclama lei d’un tratto prendendomi per le spalle- insomma, ti fa battere il cuore nonostante tutto!- aggiunge poi gesticolando visibilmente- significa che ci tieni sul serio a lui!- conclude poi.

Sorrido sprezzante, scuotendo lievemente il capo.

-E mi odio per questo, Andrea. Se solo ne fossi capace lo ucciderei, gliela farei pagare per tutto quello che mi ha fatto passare- commento con tono di voce duro.

-Non lo faresti mai, ne sono certa- asserisce Andrea con aria di chi sa tutto della vita.

Scuoto la testa: ha ragione, purtroppo. Come posso contraddirla?

-Quando mi ha preso la mano per portarmi fuori in terrazza mi sono sentita morire, te lo giuro, e quando ha tentato di abbracciarmi, di avvicinarsi a me, di farmi capire che stava dicendo sul serio io…- mi blocco un attimo perché la voce mi si incrina di nuovo-…io mi sono sentita fragile sotto il suo sguardo, indifesa, incapace di controllare le mie sensazioni- confesso con occhi lucidi- ha un potere assurdo su di me- concludo poi demoralizzata.

Andrea annuisce, e sono certa che lei è in grado di capirmi.

-Mi sento malissimo, non so neppure io cosa pensare. So solo che non riesco a dimenticarmelo, soprattutto dopo le parole che mi ha detto stasera- ammetto tristemente.

-Allora non farlo- dice semplicemente Andrea facendo spallucce.

Inclino leggermente il capo, sconvolta dalle sue parole.

Andrea che mi incita a non dimenticare Tom?

D’un tratto mi tornano in mente le parole di Bill:

“Tom a volte è incredibilmente in grado di sorprendermi. E non escludo la possibilità che stavolta lui stia sentendo qualcosa di diverso dalle altre volte, senza avermelo detto.”

Scuoto la testa, rifiutandomi di credere ad una cosa del genere.

-Soffrirei ancora, e lo sai anche tu- dico io totalmente disillusa.

-Mai quanto stai soffrendo ora che lo vorresti ma ti rifiuti di ammetterlo a te stessa- dice lei semplicemente.

Stringo leggermente gli occhi, come per pensare alle parole che la mia amica mi ha appena detto, come per analizzarle, per verificarne la verità.

-Non voglio- dico d’un tratto- non voglio essere di nuovo un oggetto nelle sue mani, e sono certa che stavolta non sarebbe quella diversa- mi dico io cercando di convincere anche me stessa.

-Ne sei convinta?- mi chiede Andrea insinuando l’ennesimo dubbio nella mia mente. Come se ne avessi pochi, d’altronde – lo sai perché sono venuta qui?- mi chiede incrociando le braccia sotto il seno.

Scuoto lievemente la testa, aspettando che lei me lo dica.

-Perché è stato Tom a chiedermi di cercarti, per vedere come stavi, dopo essertene andata via in lacrime- mi spiega lei con voce bassa e coinvolgente.

Rimango in silenzio per qualche istante, come per focalizzare bene il significato delle sue parole.

-è stato…lui?- chiedo io incredula, per accertarmi che quanto mi ha detto sia effettivamente vero.

La vedo annuire convinta.

-Era dispiaciuto, gliel’ho letto negli occhi- aggiunge lei poi guardandomi attentamente- e sinceramente non credo che uno come Tom si esporrebbe così tanto se non ne avesse un motivo veramente valido- mormora poi lei sciogliendo le sue braccia e lasciandole ricadere lungo i suoi esili fianchi.

-Stai dicendo che…- tento di dire io spaventata dalle mie stesse parole.

-Che magari non ti ha rifilato cazzate stasera, quando t’ha chiesto di parlare e che magari gli dispiace veramente- dice Andrea convinta.

Deglutisco un attimo e poi faccio un respiro profondo.

Nella mia mente si susseguono rapide le battute che ci siamo scambiate io e Tom poco fa, magari alcune anche senza pensare. Ripenso al suo sguardo, al fatto che per la prima volta mi sia sembrato…lontanamente autentico.

Inarco le sopracciglia, tremendamente confusa.

-è tutto così difficile- mormoro con gli occhi lucidi mentre guardo Andrea in cerca di una risposta.

-niente lo è- proferisce lei- solo la tua testa del cazzo, che si fa mille paranoie!- sbotta poi, provocando in me una lieve risatina.

-sai che ti dico?- se ne esce d’un tratto lei. Vedo i suoi occhi illuminarsi.

-Cosa?- le chiedo incerta.

-siccome stare nel cesso di una discoteca non è di certo la circostanza più adatta per chiarirti le idee, adesso tu ti tranquillizzi, svuoti la tua testolina platinata, ti rifai il trucco e torniamo alla festa, che ne dici?- esclama lei facendomi, ancora una volta, ridere.

-Ok!- annuisco io convinta ridendo e lasciandomi avvolgere dal calore del suo abbraccio.

-Ricorda che per colpa tua e di quel cretino di Tom non sono riuscita a baciare Bill, cazzo!- mormora quasi sovrappensiero. Mi stacco improvvisamente da lei e la fisso con sguardo interrogativo.

-Stavi per baciare Bill?- le chiedo sconvolta e positivamente sorpresa nello stesso tempo.

-Si, ma non fare quella faccia da cazzo, non è ancora successo, già ti esalti così??- esclama lei con la sua solita gentilezza.

Rido divertita.

-Mi devi raccontare tutto!- esclamo uscendo dal bagno e trascinandola davanti allo specchio alla parete.

Quando sono con lei riesco a concedere una pausa al mio cervello.

 

*

 

La compagnia di Andrea mi è servita, decisamente.

Sono riuscita a smettere di piangere e a fare un sorriso. Beh, sarebbe stato inevitabile ridere alle sue imprecazioni degne di un camionista ubriaco. Il motivo? Beh, Tom ha interrotto lei e Bill mentre stavano sul punto di baciarsi.

Decisamente è stato inopportuno, ma il fatto che abbia chiesto ad Andrea di venire a cercarmi è stato un gesto molto carino, e…non da lui, ecco. La cosa positiva è che almeno si è reso conto che se fosse venuto lui sarebbe stata davvero una pessima idea.

Mi guardo attorno. “Give me everything” di Pitbull ft. Ne-Yo  si perde nell’aria e tutti si agitano al ritmo di musica.

La voce sensuale di Pitbull rende tutto più adrenalinico.

Nel giro di un quarto d’ora mi sono risistemata il trucco e i capelli, riassumendo così una parvenza di decenza.

D’altronde non posso permettere a Tom di rovinarmi la serata. Né tantomeno posso passare un sabato sera chiusa nel cesso della Vogue a piangere disperata.

Come dice mamma, probabilmente ho solo bisogno di farmi forza, in nome della mia dignità di donna.

Anche se è estremamente difficile, devo, ad ogni costo, farlo.

-Dai, andiamo- mi sussurra Andrea esortandomi ad entrare nella sala.

Annuisco convinta dopo averla osservata un’ultima volta. La musica, la confusione, il ritmo frenetico ci invadono prepotentemente.

Sorrido nel percepire l’adrenalina nell’aria. Mi guardo attorno: l’eccitazione sembra essere l’imperativo di questa serata.

-Prendiamo qualcosa da bere, ho voglia di vodka- esclama Andrea al mio orecchio per farsi sentire.

Annuisco convinta e stiamo per dirigerci verso un piano bar estremamente lussuoso, quando vedo il suo sguardo fissarsi dinanzi a sé.

Guardo anch’io in quella direzione e vedo Bill osservarla, accennando un lieve sorriso.

Osservo poi Andrea: il sorriso che incurva le sue labbra mi fa tanto pensare a quello di una ragazzina innamorata.

Sorrido intenerita nel vedere il modo in cui si guardano. Mi sembra quasi di vedere i cuoricini che volano nell’aria, come in un cartone animato.

-Va’ da lui- le sussurro in un orecchio richiamando la sua attenzione.

-Eh?- si riprende lei, scendendo finalmente dalla nuvoletta rosa su cui stavano solo lei e Bill- no no, non preoccuparti- dice lei abbozzando un sorriso.

-Non fare la scema- le do una lieve spinta facendole quasi perder l’equilibrio precario che era riuscita a conquistare sui suoi tacchi- posso cavarmela anche da sola- esclamo io facendole segno di andare, con una leggera ironia nella voce.

-Non voglio lasciarti sola- mi fa lei con quel faccino triste che io letteralmente adoro.

-Ma non sarò sola! Non vedi quante belle presenze maschili non aspettano altro che tu te ne vada?- dico io scherzando indicandole alcuni ragazzi che mi fissano.

Lei ride e poi mi abbraccia leggermente, prima di allontanarsi in direzione di Bill.

Lo osservo ed alzo il pollice in segno di complicità.

Lui sorride smagliante e mi fa un occhiolino di rimando.

Vedo Andrea camminare verso di lui. Li osservo, sono così carini insieme, perfetti l’uno per l’altra.

Lei forte ma fragile allo stesso tempo, bellissima nella sua unicità e terribilmente spontanea.

Lui gentile, dolce, intelligente e soprattutto bello da mozzare il fiato: mi ricorda decisamente Tom.

Sorrido tra me e me vedendo Bill poggiare una mano sulla schiena di Andrea e portarla fuori in terrazza con lui.

Mi guardo un attimo attorno: diversi sguardi sono posati su di me: li passo velocemente in rassegna e non ci giurerei, ma mi sembra di riconoscere alcuni visi che compaiono periodicamente sulla rivista Vogue.

Probabile, siamo nell’area vip!

Mi sento leggermente in imbarazzo qui da sola, in piedi in mezzo a tutta questa confusione.

Decido di prendere qualcosa da bere e con passo leggiadro, facendomi spazio tra la folla non troppo insistente, mi avvicino al bancone in fondo alla sala.

Un ragazzo alto e decisamente ben piazzato mi sorride malizioso.

Ruoto gli occhi al cielo: ok, sono Annika Stern, ma un po’ di contegno, cavolo!

Lo fisso: decisamente poco elegante per me, troppo pacchiano.

Indossa una t-shirt bianca con su un gilet nero e i suoi capelli in aria sembrano sfidare le leggi di gravità: da cafone arricchito, ecco.

                        Rispondo al suo sguardo penetrante con una smorfia di superiorità.

-Un Havana Beach, grazie- gli ordino ignorando la radiografia che mi sta facendo.

Mi accomodo su uno sgabello e accavallo le gambe con fare sensuale, dando le spalle al ragazzo che mi sta preparando il cocktail.

Le luci blu e bianche si alternano freneticamente rendendo tutto confuso.

Ma, nonostante ciò, riesco perfettamente a scorgerlo.

Sta seduto su un divanetto bianco attaccato alla parete, in mezzo ad altri due ragazzi che presumo essere gli altri membri della band, credo.

Sta comodamente seduto con un bicchiere in mano, assumendo la sua classica posizione da predatore: gambe divaricate, mano sul cavallo dei pantaloni, sguardo penetrante ed espressione maliziosa.

Tom non cambierà mai.

Lo vedo puntare il suo sguardo su di me ed osservarmi a lungo.

Lo guardo anch’io e mi sembra una situazione così assurda: siamo stati a letto insieme ed ora ci ignoriamo, quasi.

Mi sembra quasi di vederlo stuzzicare il suo piercing con aria sensuale: è troppo.

Sposto immediatamente il mio sguardo da lui, per evitare di guardarlo ancora.

Mi giro e vedo il mio cocktail sul bancone, lo afferro con decisione ed inizio a sorseggiarlo.

Passo in rassegna tutto ciò che mi circonda: ragazze e ragazzi.

Devo ammettere che anche qui, dove dovrebbero esserci persone per bene, si vedono certe pacchianate degne della scuola di Andrea.

Scuoto la testa contrariata: io sono sopra tutto questo, decisamente.

-Allora com’è che sei qui tutta sola?- una voce maschile arriva perfettamente alle mie orecchie.

Mi giro scettica e vedo di nuovo il barista che ci prova squallidamente con me.

Sta appoggiato al bancone dall’interno e mi guarda con sguardo malizioso quasi a volermi mangiare: che schifoso.

Arriccio leggermente il naso e mi distanzio da lui: non accetterei il suo corteggiamento neppure se fosse l’ultimo ragazzo sulla faccia della Terra.

Ignoro bellamente la sua domanda, girandomi ancora.

-Se vuoi, ti faccio compagnia io!- esclama lui, continuando imperterrito con questo atteggiamento davvero plebeo.

-Gradirei tanto che la smettessi- gli dico io fissandolo con sguardo truce e mantenendo comunque il mio contegno.

Mi giro di nuovo verso la sala, dandogli definitivamente le spalle.

L’occhio mi cade ancora su di lui e questo me la dice lunga.

Sta nella stessa identica posizione di prima, e di nuovo il suo sguardo si posa su di me.

No, non può avere ragione Andrea.

Scuoto lentamente la testa prendendo un altro sorso dal mio cocktail e poggiandolo poi sul bancone.

D’un tratto vedo un ragazzo: un ragazzo decisamente diverso da tutti i pacchiani che ho scorto finora.

Si muove con andamento deciso, sicuro, raffinato ma estremamente sexy.

Una combinazione a dir poco perfetta.

Indossa un paio di jeans leggermente sbiaditi, non troppo stretti ma senz’altro neppure larghi, la misura perfetta, che ricadono su un paio di Hogan alte, grigie.

Una t-shirt grigio chiaro, leggermente attillata gli fascia il busto perfettamente piatto, da cui mi sembra intravedere persino una tartaruga. A rendere il tutto decisamente raffinato è una giacca grigio chiarissimo, dal taglio sportivo ma elegante allo stesso tempo, impreziosita da una pochette (fazzoletto da taschino) rosa chiaro.

Lo fisso avanzare tra le persone che si dimenano, con una camminata così perfetta da farmi restare a bocca aperta.

Ha un fisico da…modello: attraente, ma non eccessivo, che farebbe sbattere per terra qualsiasi ragazza.

Alza leggermente lo sguardo e lo punta su di me.

Il cuore mi perde un battito: sta guardando me!

Un fuoco mi percorre dentro e istantaneamente mi sistemo di poco i capelli. O mio Dio.

Ha un viso dai lineamenti perfetti, decisamente da…uomo.

I capelli scuri leggermente scompigliati, e alzati verso l’alto, ma assolutamente non in modo gretto.

Lo vedo camminare verso di me e mi chiedo se stia davvero venendo nella mia direzione.

Lo vedo incurvare le labbra carnose in un leggero sorriso, mentre mi fissa con un’indiscrezione che non mi infastidisce affatto.

Ricambio il sorriso, regalandogliene uno di quelli che hanno sempre fatto impazzire qualsiasi ragazzo sia entrato in contatto con me.

Si avvicina a me e posso scorgere la perfezione delle sue fattezze, il profumo dolcissimo che emana.

Ha gli occhi neri, spaventosamente intensi, e delle labbra perfette, carnose, invitanti.

Una leggerissima barba gli conferisce un aspetto maturo, sexy.

Ha l’aria del dannato, lo capisco al volo, ma non credo di aver mai visto un ragazzo tanto bello.

Mi fissa intensamente e mi porge una mano con fare elegante.

-Ehi, ti andrebbe di ballare?- mi chiede lui con un’espressione decisamente affascinante ed un tono di voce terribilmente eccitante. Lo guardo: sa arrivare subito al punto, non c’è che dire.

Sorrido leggermente e poi esclamo:

 

-Ma non so neppure chi sei!- rido leggermente pensando all’assurdità della situazione.

 

Lui sorride in modo così coinvolgente: deve essere il diavolo in persona per attirarmi così tanto con un solo sguardo.

-Mi chiamo Nathan Bauer, piacere- dice lui sorridendomi con aria tremendamente attraente e porgendomi la sua mano.

La stringo senza pensarci e gli rispondo:

-Io sono Annika Stern, piacere!-

-Adesso balli con me?- mi chiede di nuovo lui fissandomi in modo incredibilmente sexy.

Ridacchio: non molla, eh!

Distolgo un attimo lo sguardo da lui e vedo Andrea e Bill che ci stanno osservando.

Lei a braccia conserte che mi guarda come per fucilarmi con una sola occhiata.

Lui gesticola evidentemente con le mani e mi fa un chiaro segno di andare a ballare con Nathan, di accettare, insomma. Sorrido vedendolo, poi torno a guardare Nathan.

Scendo dallo sgabello, scoprendomi decisamente più bassa di lui, seppur dal mio metro e 80 (grazie ai tacchi) e gli sorrido fissando quello sguardo accattivante.

-Con piacere- mormoro io sorridendogli maliziosa e lasciando che lui prenda la mia mano e mi trascini in pista con lui.

“Rabiosa” di Pitbull ft. Shakira risuona a volume altissimo.

Guardo Nathan: un adone.

Inizia a muoversi a ritmo di musica coinvolgendo anche me in quei movimenti così sensuali. Poggia le sue mani sui miei fianchi in modo dannatamente sexy, guidando i movimenti del mio bacino. Sento il suo sguardo su di me e mi mette quasi a disagio tanto è bello. Mi stringe a sé, facendo aderire il suo bacino al mio e rendendo ancora più carnale il nostro ballo. D’un tratto mi fa girare di spalle e fa scivolare le sue mani sul mio ventre rendendo tutto estremamente voluttuoso.

È un gioco provocante, il nostro, ma non lo rifiuto.

Forse peccare accanto ad uno come lui rende più leggero lo stesso peccato.

Alzo lo sguardo lentamente e incrocio quello di Tom, ancora seduto sul divano, con i gomiti poggiati sulle sue ginocchia e le mascelle serrate.

Distolgo immediatamente lo sguardo e mi volto verso Nathan, passando le mie braccia attorno al suo collo e lasciando che mi avvolga con le sue.

 

I’m tryin’ to have fun

I love you

But you want me

Atracao Ratata

You got a lot of sex appeal

Now baby, I’m for real

 

Oye mami

Let me get that mocha

Come get a little closer

And bite me en la boca

 

Mi sussurra nell’orecchio con tono sensuale, seguendo le parole di Pitbull.

Sorrido di come lui riesca a farmi divertire.

Il nostro ballo diventa senusale, lascivo, voglioso.

Il suo viso è a pochissimi centimetri dal mio e sento il suo naso sfiorare il mio.

Sento le sue mani tastare i miei fianchi con decisione e i suoi occhi fissarsi nei miei.

Sorrido maliziosa: questo ragazzo è dannatamente pericoloso.

 

*

Siamo fuori in terrazza, io e Nathan.

Dopo esserci scatenati a ritmo di musica e dopo aver provato con le mie mani quanto sia effettivamente perfetto, lui mi ha chiesto di uscire fuori per stare un po’ tranquilli.

In realtà mi ha preso una mano, mi ha lasciando un sensuale bacio sul collo e mi ha trascinato fuori con sé.

Io non potevo non accettare: è talmente bello e sexy che me ne sarei pentita per il resto dei miei giorni.

E poi, andiamo, ho 18 anni ed un mare di soldi: perché non dovrei vivere al carpe diem?

Lo vedo sedersi su un divanetto bianco in un angolo della terrazza: credo che sia stato fatto apposta per le coppiette, si.

-Vieni- mormora lui indicandomi di sedermi accanto a sé.

Sorrido facendo come mi dice e sistemandomi la gonna, leggermente imbarazzata.

La sua voce, senza il casino della musica e della gente che ti struscia addosso è ancora più attraente.

-Dimmi un po’- inizia lui voltandosi verso di me e sistemandosi meglio sullo schienale del divanetto allargando le sue braccia lungo il bordo- come mai sei qui nell’area vip?- mi chiede curioso.

-Diciamo che…- tento io decisamente insicura- sono stata invitata- dico vagamente.

Lui annuisce sorridendo lievemente.

-E come mai allora ti ho trovata tutta sola?- mi chiede ancora.

-Beh…è una lunga storia- taglio corto io abbozzando un sorriso- tu invece?- gli chiedo curiosa accavallando le gambe.

-Io sono un modello, poso per la rivista di moda Brigitte, ma tempo fa ho lavorato anche per Vogue- mi spiega lui.

-wow!- esclamo io sorpresa. Adesso tutto torna: uno così figo le riviste di moda tedesche non potevano di certo lasciarselo scappare- sei un modello!- esclamo io guardandolo dalla testa ai piedi.

-Sei sorpresa?- mi chiede lui sorridendo malizioso.

-Si, cioè no!- mi correggo confusa- insomma, c’era da aspettarselo!- esclamo io osservandolo ancora e lasciandogli capire le mie intenzioni.

Lui ride leggermente divertito.

-Tu invece?- mi chiede lui afferrando lentamente una ciocca dei miei capelli e rigirandosela tra le dita.

-Io frequento la Klassisch Hoch Schule. Ho appena finito il penultimo anno- gli spiego semplicemente.

Lui sorride e poi mormora sorpreso:

-Hai solo diciott’anni- il suo tono di voce è dannatamente sensuale.

Annuisco.

Si avvicina leggermente a me, posando una mano sulle mie spalle e tirandomi a sé.

-Ma sei molto più sexy di tutte le diciottenni che ho incontrato finora- mormora nel mio orecchio facendomi venire i brividi.

Sorrido leggermente imbarazzata nel sentire la sua mano accarezzare la mia spalla.

Lui probabilmente se ne accorge e mi chiede con tono di voce basso:

-Ti imbarazzo?-

-Un po’- ammetto sorridendo incerta.

Lui mi carezza una guancia con la mano, percorrendo il contorno delle mie labbra con le sue dita.

Il suo viso è molto vicino al mio e in questo momento non ci sto capendo proprio niente.

Preme leggermente con il suo pollice sul mio labbro inferiore fino a farmi dischiudere le labbra.

È così deciso che non riesco a fare nulla per fermarlo.

-Sei terribilmente attraente- mormora lui guardandomi negli occhi.

Mi sento un’imbecille a non riuscire a dire nulla, e né tanto meno a fare qualcosa.

Sento le sue labbra sfiorare le mie e toccarle lentamente, mentre il suo respiro mi eccita incredibilmente.

-Ehi Nathan vieni a sballarti con noi?- sento una voce maschile urlare esaltata e mi allontano immediatamente dal ragazzo che mi sta stringendo a sé.

Lo guardo e lui sospira, come infastidito per non essere riuscito a fare quello che avrebbe voluto.

Vedo un ragazzo alto e magro, almeno quanto Nathan, venire verso di noi. Sembra non essersi accorto di averci interrotti mentre stavamo per baciarci.

Deve essere anche lui un modello: è incredibilmente bello ed attraente, chiaro di pelle, con i capelli scuri e vestito esattamente come un pariolino.

-ehm, si arrivo- dice Nathan guardandolo e annuendo.

Vedo il ragazzo squadrarmi con aria maliziosa: non passo inosservata, proprio mai.

Si volta e se ne va con passo deciso e spavaldo, come tutti i pariolini, d’altronde.

Guardo di nuovo Nathan e vedo lui poggiare una mano sul mio viso e avvicinarsi a me con le labbra leggermente dischiuse.

Mi lascia un bacio sulle labbra, a stampo, molto dolce ma sensuale.

Si allontana da me e mi sorride: sono un’idiota. Non sono riuscita a fare praticamente nulla.

-Vieni, ti presento i miei amici- mi dice lui afferrandomi una mano e trascinandomi con sé.

Faccio un po’ di fatica a stargli dietro, a causa dei miei tacchi, ma faccio quello che posso.

Percorriamo la terrazza e scendiamo un paio di rampe di scale che si trovano in fondo a sinistra.

È tutto buio e sento solo delle risate e delle voci leggermente esaltate.

Non so dove mi sta portando, ma lo seguo, praticamente inerme. Accanto a lui mi sento insicura, o forse solo imbarazzata.

Non so davvero nulla di lui: a parte che fa il modello, che si chiama Nathan Bauer e che è terribilmente attraente.

Scendiamo le scale, mentre lui mi tiene la mano e arriviamo in una sorta di sotterraneo, buio, in cui riesco a percepire solo una nuvola di fumo che rende l’aria irrespirabile.

Vedo il ragazzo di poco fa venirci incontro con un stecchetta tra le labbra che emana fumo.

Lo osservo da vicino: ma è…una canna.

Ci sputa il fumo in faccia ed io tossisco leggermente.

-Lui è Ben- mi fa Nathan indicando il suo amico bellamente impegnato a fumare erba.

Gli porgo scettica la mano e lui me l’afferra con forza, simbolo che sta evidentemente esaltato.

-Io sono Annika- gli dico tirando via la mia mano per riappropriarmene.

Guardo Nathan inarcando leggermente le sopracciglia, per la serie: “ma che razza di gente frequenti?”.

Lui mi sorride e poi strappa letteralmente di mano la canna a Ben.

Sgrano di poco gli occhi e vedo il bel moro accanto a me aspirare con brama il fumo.

Mi stupisco leggermente: non pensavo che fosse…un accannato.

Ma è pur sempre un modello, devo ricordarmene.

-Vuoi fare un tiro?- mi chiede porgendomi la stecchetta di erba, come se fosse la cosa più giusta e naturale del mondo.

Scuoto vigorosamente la testa e dico:

-No, grazie, non fumo- il mio tono è visibilmente irritato.

-Vieni, ti presento gli altri- mi fa Nathan prendendomi per un polso e facendomi girare l’angolo.

È quasi completamente buio: riesco ad intravedere solo una nuvola immensa di fumo e l’odore acido dell’alcool imperniare l’aria.

I visi di alcuni ragazzi e ragazze sono lievemente illuminati dalla luna e riesco appena a scorgere i loro lineamenti.

Ma che…?

D’un tratto focalizzo meglio l’immagine e vedo distintamente uno di loro chinarsi in avanti e aspirare con una narice una striscia bianca disposta su un tavolinetto componibile.

Sgrano gli occhi non appena mi rendo conto di che cosa stanno facendo.

E non appena intuisco il tipo di compagnia che Nathan frequenta mi volto di spalle e faccio per andarmene, senza neppure pensarci.

In che razza di situazione mi sono cacciata?

-Aspetta- mormora Nathan fermandomi per un braccio e costringendomi a girarmi.

-Non pensavo che frequentassi compagnie del genere, né tanto meno che ne facessi parte- gli spiego io con un tono arrabbiato, o forse solo deluso.

-Ti da fastidio?- mi chiede lui con gli occhi già leggermente rossi a causa del fumo inspirato poco fa.

Sento una voce femminile urlare esaltata, una bottiglia rompersi atterra ed un mucchio di risate fragorose seguire il tutto.

Nessuno di loro sembra essersi accorto di me, troppo impegnati a sballarsi, nel vero senso della parola.

Scuoto la testa contrariata sentendo bestemmie, imprecazioni e urletti d’eccitazione del tutto immotivati.

-Non mi interessa affatto a dire il vero- gli dico io chiaramente e mollando la sua presa- semplicemente tu non fai per me- concludo poi voltandomi di nuovo e risalendo le scale.

-Dai, non fare così- sento la sua voce richiamarmi mentre continuo a salire i gradini leggermente alti.

-Addio, Nathan- esclamo senza neppure voltarmi.

Le risate di quei ragazzi si perdono in lontananza e, non appena salgo l’ultimo scalino e sono di nuovo in terrazza, tiro un sospiro di sollievo.

Non poteva essere totalmente perfetto, d’altronde.

Bello, attraente, sexy ma…dannatamente pericoloso.

Percorro con passo veloce la terrazza e rientro all’interno, decisa a cercare Andrea per andare via.

D’altronde è notte inoltrata e credo che sia meglio concludere qui questa serata penosa.

Mi guardo attorno con lo sguardo: nessuna traccia né di lei, né di Bill.

Mi faccio largo nella folla, ignorando gli squallidi palpeggiamenti praticamente inevitabili in situazioni del genere e decido di uscire da sola.

Lo sguardo mi cade spontaneo sul divanetto su cui era seduto Tom a metà serata: non c’è più, ora.

Avrà trovato senz’altro di meglio da fare, perché lui non è uno che perde tempo, si sa.

Con non poca fatica riesco ad uscire dalla discoteca, attraversando pure l’affollatissimo piano di sotto, e sono finalmente fuori.

Respiro l’aria fresca di questa notte di fine giugno. Apro la mia pochette, afferro il mio cellulare e compongo il numero di Andrea.

Mi porto l’aggeggio all’orecchio e aspetto che squilli: dopo una quindicina di squilli (sarà impegnata, ma non voglio immaginare in cosa) sento la sua voce rispondermi, leggermente esaltata.

-Pronto- sorvolo sul volume altissimo al quale mi sta parlando. Si sente la musica provenire ovattata, segno che è ancora dentro.

-Andrea, mi dispiace disturbarti, ma dovremmo andare- le dico io alzando la voce affinché mi senta.

-Ok!- mi risponde lei dopo qualche secondo- Dove sei?- mi chiede poi.

-Sono già fuori, ti aspetto in macchina, vieni presto, per favore- le chiedo io gentilmente.

-Arrivo subito- dice lei prima di riattaccare.

Rinfilo in cellulare nella mia borsetta e sospiro pesantemente, dirigendomi verso la mia auto.

Serata decisamente poco produttiva.

Anzi, forse, direi proprio da dimenticare.

Sbatto la portiera e mi chiudo all’interno per sicurezza.

Appoggio la testa allo schienale del sedile: tutto deve essere sempre così difficile quando ci sono di mezzo i ragazzi.

Prima ho pianto come una disperata, poi ho rischiato di essere coinvolta da una massa di drogati completamene fuori di testa.

Forse devo lasciare proprio perdere e chiudere con tutto il mondo maschile.

Sarebbe la scelta più sensata della mia vita, decisamente.


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Capitolo 17
*** 17. Il libro aperto ***


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ANDREA]

 

 

 

 

La sveglia suona in modo irritante.

Il suo suono insistente inonda la stanza in perfetto silenzio.

Mi muovo scompostamente sotto le coperte e cerco, insistentemente, di arginare quel rumore che mi sta dando decisamente sui nervi nascondendomi sotto il cuscino.

Per di più ho mal di testa.

Dopo che Bill è venuto a cercarmi ricordo di aver alzato, di poco, il gomito.

Lui non era stato da meno e ammetto che quando sono arrivata alla macchina da Annika ero parecchio brilla.

Non mi capita di bere spesso, quando sono fuori con i miei amici, di solito, mi tengo sempre ben lucida.

Ma, in fondo, una volta tanto sballarsi fa bene anche a una come me.

Peccato che gli effetti collaterali non siano così piacevoli come consumare alcool in compagnia.

Sento un cerchio terribile alla testa e, in un moto di rabbia, afferro l’aggeggio infernale e lo butto atterra.

È un attimo.

La musichetta infernale di quel coso diminuisce di volume fino a morire con un rantolo basso.

Finalmente!

Riposo la testa sul cuscino conscia di non poter riprendere sonno.

È stata una serata davvero… strana.

Sì, è l’aggettivo giusto.

E Annika, al ritorno, mi sembrava anche parecchio sconvolta.

Mi tiro su guardandomi attorno.

Sono nella mia camera (meno male, visto la fine che ho fatto fare alla sveglia!), immersa nel casino che, perennemente, alberga nella stanza. I vestiti della sera prima sono appoggiati a una sedia e le decolleté , quei maledetti strumenti di tortura, sono appoggiate contro l’armadio vicino a quelle, molto più fini, di Annika.

Ci metto circa dieci secondi per fare mente locale.

Annika è rimasta a dormire da me, noto il suo vestitino girofica sopra il mio comò, magistralmente piegato e le sue cose sparpagliate qua e là.

Mi giro nel letto e la trovo a dormire in un angolo.

Persino nel dormire conserva la sua finezza e la sua frivolezza nel vestire.

La camicetta di raso rosa le copre le forme armoniose dando una nota sexy al suo faccino d’angelo.

Sorrido.

Non posso nemmeno immaginare che serata di merda sia stata per lei, in fondo tra lei e Tom le cose non sembrano essersi mosse di un passo.

E sicuramente rimarranno così per molto, molto tempo.

Non credo di poter riuscire a fregare Annika come ho fatto per questa festa.

mi lascio scivolare verso il basso e guardo il soffitto.

Ricapitoliamo la scorsa puntata della mia personale telenovela.

Dopo essere stati in una maledetta discoteca, tra fighetti del cazzo e modelli alcolizzati, Tom ha avuto la sua occasione di risolvere le cose, fallendo miseramente, correndo per parlare con me mi ha interrotta mentre baciavo Bill che sembrava starci e che, a quanto ho capito, se ne è andato a fumare incazzato fuori. Io sono andata a recuperare Annika in bagno e Tom a parlare con Bill. Quando il moro mi ha cercata ho iniziato a bere e da lì ho ricordi abbastanza vaghi, di una cosa sono certa, Tom se ne è andato prima di tutta la band e io e Bill non abbiamo ripreso la questione interrotta qualche ora prima.

Sospiro.

Perché mi sembra di essere in una maledettissima e schifosissima puntata di Beautiful?

Bah!

Alzo la testa e sbatto, inevitabilmente, contro la testiera del letto.

-Cazzo!- ringhio dolorante.

-Andy?- mormora la voce impastata e spaesata di Annika.

-Dormi- le dico mentre mi massaggio la testa –Non è niente-

-Stavi imprecando-

-Lo faccio sempre- le faccio notare cercando di rimediare al danno.

Ma è ormai tardi.

Annika si volta verso di me, lottando per tenere gli occhi aperti e mi sorride –Buongiorno!-

Inclino la testa e le sorrido –‘giorno-

-Passata la sbornia?- mi chiede mentre allunga le braccia stiracchiandosi.

-Non ho bevuto così tanto, diciamo che ero abbastanza brilla, ecco- mi difendo, facendola ridere.

-Sì certo, come no!- mi rimprovera sarcastica mentre si aggiusta la sua pregiata camicia da notte –E io sono Kate Moss-

-Per carità no!- esclamo –Non ho bisogno di uno scheletro come amica-

Annika ride e io sorrido.

Sembra, vagamente, di buon umore.

Afferra un lembo del lenzuolo e lo sposta da lei.

-Posso usare il bagno?- mi chiede mentre posa i piedi a terra –Dovrei farmi una doccia-

Le sorrido.

Questa è come casa sua, può fare quello che vuole.

Annika è ormai una di famiglia, spesso la porto agli innumerevoli e strampalati ricevimenti di famiglia e… si diverte.

L’orda dei miei parenti non la mette a disagio, anzi.

-Certo che no- dico ironica –Mi offendo se sporchi il mio costoso bagno, Annika-

La mia amica ride mentre prende la maniglia della porta e sparisce dietro di essa.

Sorrido.

È bello svegliarsi la mattina in compagnia di Annika, è un modo davvero bellissimo di iniziare la giornata.

Mi alzo dal letto sistemandomi la maglietta che uso per la notte.

È una vecchia T-shirt dei Metallica di quattro misure più grande della mia che mi ha regalato mio fratello e mi avvicino alla mia scrivania.

Afferro il mio scassato cellulare per controllare se Bill mi ha scritto.

Probabilmente no, sono le 10 del mattino e per lui è l’alba.

Premo il bottone centrale e noto che Tom mi ha mandato un messaggio. Lo scopro essere di questa notte, visto l’orario.

Velocemente lo apro e aspetto che si carichi.

 

Porco ***! Ieri sera ho visto Annika andare via con un damerino del cazzo! Sono sicuro che gliel’ha data…Io ci rinuncio Andy, non ne vale davvero la pena… Mannaggia la *******!

 

Sorvolando sull’immensa finezza di Tom mi ritrovo a sgranare gli occhi.

Ma allora è proprio scemo!

Faccio partire la chiamata infischiandomene della sua reazione e mi porto l’apparecchio all’orecchio.

-Pronto?- mi domanda una voce assonnata, quella di Tom, dopo una quindicina di squilli.

-Sei idiota o cosa?- esordisco con tutta la tranquillità che ho in corpo –Cosa significa che ci rinunci?-

-Andrea?- continua con le domande.

-Sì io, ho letto il tuo cazzo di messaggio- sbotto –Cosa cazzo ti passa per la testa Tom?-

-Io l’ho vista con quel… ehm… senti la parola non mi viene-

-L’ho vista anche io Tom, ma hanno solo ballato- gli faccio notare.

Lo sento chiudere la bocca e questo mi preannuncia una sfuriata.

Bene, mi tocca pure litigare con il mal di testa.

-COSA?!?- tuona –E no Andy, lui non ha SOLO ballato con lei, si è strusciato a lei, ci mancava solo che si togliessero i vestiti e lo facessero davanti a me-

Alzo un sopracciglio mentre sento ogni parola farsi più rabbiosa.

-L’ha baciata sul collo, senza ritegno!- continua –DAVANTI A ME! E lei se lo è lasciato fare-

Continuo a sentire, provando la sadica voglia di ridere.

Sta davvero facendo una scenata di gelosia a me?

Tom Kaulitz, il Sexgott, che fa una scenata di gelosia?

È una barzelletta, decisamente.

Mi metto comoda mentre lui continua a sclerare –E se l’è portata via, fuori, a fare chissà quale porcata- urla –Perché cavolo dovrei continuare ad andarle dietro se lei va con il primo frocietto infiocchettato che glielo sventola sotto il naso?- è una domanda retorica, lo sento –Davvero, io a essere preso per il culo non ci sto-

-Ma ti senti?- chiedo calma –Sembra davvero che lei sia la tua ragazza!-

-Che cazzo dici?-

-Sei geloso- gli annuncio divertita –Estremamente geloso-

-Non dire stronzate- la voce vacilla –Io non sono geloso di quella…-

-Tom- lo interrompo –Non puoi mollare adesso-

-Perché?-

-Perché, cazzo, mi ci hai messo in mezzo pure a me!- esclamo –Pensi che per me sia facile aiutare uno che ha fatto stare di merda la mia migliore  amica?-

Sta in silenzio prima di sospirare un –Lo so-

-E tu ti arrendi alla prima difficoltà?- continuo a rimproverarlo –Ti rendi conto di quanto tu sia incostante e incoerente?- mi guardo le unghie –Se vuoi una cosa la devi ottenere, non pretenderla, voi ricchi questa cosa non la capite affatto!-

Tom sbraita –Io non ero ricco prima, quello che ho l’ho conquistato sudando-

-Ma ti sei rammollito Tom, se ci tieni ad Annika lotteresti invece di scappare-

Silenzio.

-Come ti ho detto, non sai nemmeno tu quello che vuoi-

-Io so perfet…-

Chiudo la chiamata appena sento la porta della mia camera aprirsi e Annika fare il suo ingresso.

Sorrido spaventata sedendomi, solo per non far notare il notevole tremolio delle mie gambe.

Annika si ferma alla porta e mi guarda –Cos’è successo Andy? Sembra che tu abbia visto un fantasma!-

Sorrido tirata –No no niente, non trovavo il mio cellulare- sparo lì a caso –Toh, eccolo qui!- trillo con voce troppo acuta recuperandolo dal letto.

Annika mi guarda poco sicura, ma non dice nulla.

Ed è questo il momento di fare la parte dell’amica pettegola, quale io non sono.

Ma per il bene superiore, lo devo fare.

-Senti, ma chi era quel tipo con cui hai ballato?- le chiedo come se avessi buttato la domanda solo per iniziare una chiacchierata.

-Nathan- mi rivela.

Perfetto, il nemico si chiama Nathan, lo dovrò dire a Tom.

-Era carino…- mento.

Quel tipo mi è stato sulle palle appena l’ho visto. La sua schifosa perfezione mi ha messa in allarme.

Annika annuisce mentre si infila un paio di pantaloni sedendosi al mio fianco –Non era carino, era sfacciatamente bello!-

Sbuffo.

Quelli sfacciatamente belli sono i peggiori.

I Kaulitz sono bellezze particolari, non piacciono a tutte, ma attraggono per i loro evidenti difetti e eccessi.

Per questo, in un certo senso, mi piacciono.

Non nascondono segreti a chi li guarda.

Quel Nathan, invece, mandava puzza di bruciato da un chilometro e nonostante fosse da mozzare il fiato, non avrebbe mai avuto fascino.

Quello non si può creare, ci si nasce e basta.

-Beh, racconta!- la esorto mettendomi con le gambe incrociate sul letto.

Lei schiocca la lingua e inizia a raccontare –Abbiamo ballato, niente di più-

-Niente? Sicura?-

-No- risponde criptica –Ho scoperto che sotto la discoteca c’è un gruppo di modelli che si fanno fino a svenire, tra questi c’era pure lui e non ce l’ho fatta a restare, mi ha iniziato a far schifo quello che vedevo-

Lo sapevo!

Nonostante sospettassi la pecca del modello di Vogue e Brigitte, non immaginavo fosse così grande.

Poi dicono di me, che sono una metallara.

Pochi sanno che a drogarsi non sono quelli che ascoltano musica metal o rock, ma i ricchi figli di papà.

Noi non possiamo permettercela, la evitiamo per non finire in una strada.

Loro, invece, si annoiano.

Poverini, hanno tutto, e così cercano l’eccitazione dello sballo, il pericolo della droga. Ne sono attratti perché è proibita nel loro mondo della bambole.

Mi fa schifo la gente così. Io sono la prima a sostenere che i problemi vanno affrontati a muso duro senza cercare scappatoie.

È facile nascondere la codardia sotto una striscia bianca di cocaina.

Lo dice anche Marilyn Manson in Coma White: Una pillola per renderti stufo, una pillola per renderti stupido, una pillola per diventare qualsiasi altra persona, ma tutte le droghe di questo mondo non potranno salvarla da sé stessa.

E poi dicono che le canzoni di quell’uomo istigano alla tossicodipendenza.

Non sanno di cosa parlano.

Guardo Annika negli occhi –Uno non può essere schifosamente perfetto, lo sai-

Lei annuisce.

Forse ne è cosciente pure lei.

-E prima che tu scoprissi che è un cazzo di tossico, cosa avete fatto?-

-Niente- si affretta a dire –Mi ha solo dato un bacio a stampo!-

E qui scatto in piedi.

Le punto il dito contro –Tu hai baciato un tossico?-

-Non mi ha davvero baciata- si difende –E poi non sapevo che era un drogato!-

-Ha comunque poggiato le sue labbra di sniffatore sulle tue- continuo visibilmente alterata.

-Non vedo il motivo per cui te la prendi così tanto- mi dice guardandomi, anche abbastanza divertita.

-Stai sempre a rompere il cazzo perché dici che i miei amici SEMBRANO drogati quando non lo sono e tu ne baci pure uno!-

In realtà non me la stavo prendendo per quel motivo.

Mi dispiaceva per Tom.

Perché nonostante fosse un maledetto bastardo, Annika aveva preferito a lui, quella sera, uno che non meritava nemmeno uno sguardo da lei.

Poteva essere bello quanto gli pareva, ma era un tossico e presto la sua bellezza sarebbe stata succhiata via della droga.

E poi cosa sarebbe rimasto?

Il vuoto più totale, la consapevolezza dell’autodistruzione.

A interrompere i miei pensieri è il citofono che suona. Guardo interrogativa Annika che fa spallucce.

Mi alzo dal letto e, silenziosa, vado a rispondere.

Accosto al cornetta al mio orecchio e squittisco un cordiale –Chi è?-

-Andrea, sono Tom!-

Mi pietrifico.

-Tom, cazzo, ma sei un’idiota, Annika è qui!- mormoro a denti stretti.

-Che cosa?- urla e devo allontanare la cornetta dall’orecchio.

Intanto la mia amica è uscita fuori dalla camera con il sopracciglio alzato –Chi è?-

-Nessuno- dico frettolosa ad Annika –Vattene- mormoro al citofono.

La vedo fare dietro front e tornare in camera.

Sospiro sollevata mentre la vedo chiudere la porta e mi rivolgo nuovamente a Tom –Vai via-

-Devo parlarti!-

-Adesso?- esclamo –Non voglio che lei ti veda…-

È il rumore dalla finestra che sbatte che mi fa trasalire.

Volto lo sguardo proprio mentre Tom sospira un –Troppo tardi-

Dieci secondi dopo vedo Annika uscire dalla mia camera con la sua roba, mi sorride appena ringraziandomi dell’ospitalità ed esce di casa.

-Annika aspetta!- la chiamo, ma lei non torna indietro.

Allora mi affretto a correre verso la finestra della mia camera.

La apro non senza difficoltà visto le mie mani che tremano e mi affaccio sul cortile.

Tom è alla porta, il suo sguardo puntato contro la figura che, trafelata, va verso la sua macchina.

Non sento cosa si dicono.

Tom cerca di afferrarla per il polso mentre lei gli passa accanto, ma Annika lo svia velocemente.

Vedo lo sguardo di Tom posarsi su di me.

Ok, è un’idiota.

Con le mani gli faccio gesto di darsi una mossa e con il labiale gli ordino:

-Fa qualcosa, cazzo!-

Lui lo capisce e la chiama.

Ma lei non si gira, sale in auto e, con un rombo terribile, ingrana la marcia e scappa verso casa sua.

Mi fa pena vedere Tom abbassare il capo sconfitto per poi volgere lo sguardo su di me, spettatore inerte di quella scena da soap.

-Dai sali- gli dico rassegnata, andando ad aprire, poco dopo, al citofono.

 

 

 

[TOM]

 

 

Salgo le scale con il morale sotto i piedi.

Con Annika mi sembra di sbagliate tutto.

Maledico il mio dannato carattere impulsivo e arrivo davanti all’appartamento di Andrea.

Lo capisco perché lei è già sulla porta, che mi guarda con le braccia conserte.

-Non. Una. Parola- le dico sorpassandola ed entrando in quel piccolo appartamento.

 

La camera di Andrea è la più caotica che io abbia mai visto.

È piccola quanto il mio bagno privato e colma di cose, per lo più vestiti buttati a casaccio per il pavimento.

Sulle pareti bianche vedo attaccati poster di band Metal di cui conosco solo una minima parte, e biglietti di concerti.

Sono tanti, capisco che alla nana piace la musica live dalla moltitudine di posti in cui è stata e le tante band che ha visto.

Su un angolo è posata una chitarra Epiphone di Emily the Strange appoggiata a un piccolo amplificatore alla fine dei suoi giorni.

Mi riprometto che, se questa storia andrà a buon fine, le regalerò un Marshall nuovo di zecca in sostituzione di quella scatola.

Il suo letto è posizionato al centro, disfatto.

Noto un copriletto nero nonostante sia buttato praticamente per terra o coperto interamente dalle lenzuola viola.

Andrea mi fa segno di accomodarmi mentre raccoglie qualcosa da terra.

-Non far caso al disordine- mi dice –Non ho mai tempo di metterla in ordine-

-Di’ più che non ti va!- la provoco accomodandomi sul suo morbido letto.

Il suo corpicino abbassa un po’ il materasso mentre si siede affianco a me e mi tira un ceffone sul braccio –Non sta a te giudicare, Kaulitz!-

Ridacchio.

-Questa visita te la potevi risparmiare- continua imperterrita a demolirmi –Adesso Annika penserà che io e te abbiamo una storia-

La guardo –Non credo che sia così stupida-

Andrea inclina la testa –Diciamo che la situazione non può che alimentare i suoi sospetti no?-

Svio la domanda con un gesto della mano.

-Perché sei venuto?- mi chiede guardandomi negli occhi.

-Cos’ha fatto quel tipo con lei?- vado dritto al punto.

La curiosità mi sta macinando da questa mattina, da quando Andrea mi ha svegliato urlando.

Non ce l’avevo fatta a starmene a casa e così, deciso a trovare delle risposte, avevo mollato a Bill la passeggiata con il cane e mi ero precipitato dall’unica persona che potesse togliermi il dubbio su quel tipo, Andrea.

Peccato che ho combinato un casino, bello e buono.

Non pensavo che Annika fosse lì.

L’unica cosa positiva è che ora potrò togliermi quel maledetto dubbio.

-Non potevi aspettare che ti chiamassi per chiedermi una cosa del genere?- mi guarda come se fossi un ritardato –Perché sei così dannatamente impulsivo?-

-Difetto di fabbrica dei Kaulitz- dico frettolosamente –Allora?-

Lei sospira –Si chiama Nathan, è un modello e ci ha provato spudoratamente con lei-

Inclino la testa sarcastico –Ero presente allo strusciamento di culo e cazzo-

Andrea scoppia a ridere –Delicatezza zero!-

-Come te- l’apostrofo –Comunque, continua-

-L’ha baciata a stampo, niente di più- mi rivela –Poi ha scoperto che sniffava insieme a altri testa di cazzo nel sotterraneo e se ne è voluta andare-

Rimango a bocca aperta.

-Quel coso si droga?- chiedo stupito.

-Di cosa ti stupisci Tom, è uno che nella vita si annoia, sai che palla è stare davanti a una macchina a farsi fotografare, usare come un oggetto del desiderio… non puoi immaginare che fatica, poverino, sarà pure sotto pagato-

Andrea è l’essere più cinico che io abbia mai conosciuto.

-Uno che è schifosamente perfetto nasconde il marcio dentro, ricordati questo Tom-

È saggia la piccoletta.

Non posso che darle ragione.

-E non voglio che anche tu ti riduca al nulla perché non hai le palle per dire ad Annika cosa provi- mi fissa gli occhi addosso –perché quel tizio ti ha fatto capire che Annika ti piace, vero?-

Mi sento di nuovo nudo sotto il suo sguardo.

Cazzo, ma quella dannata ragazza ha qualche sesto senso, che fa? Legge nella mente?

Mi guarda con quei limpidi occhioni turchesi in attesa di una mia risposta.

E so che, qualunque sarà, lei capirà cosa provo.

Sono un maledetto libro aperto per lei.

Sbuffo incrociando le braccia –Sì!-

Lei sorride –E allora muovi il culo da questo letto e va da lei, striscia a suoi piedi, baciala, fai quello che senti perché se ti trattieni Tom, la perderai, per sempre-

La guardo per minuti interminabili contemplando la prospettiva.

Com’è che non riesco a vedermi senza di lei?

Perché la voglia di baciarla si fa così insopportabile da trattenere?

Mi alzo di colpo mentre Andrea sorride trionfante.

Mi volto di colpo verso la porta e comincio a camminare con passo veloce.

Prima di sbattere quella porta guardo la ragazza sul letto e sorrido.

Non avrei mai pensato di poter dire una cosa del genere a una ragazza ma, in un certo senso, non posso far altro con lei.

Le sorrido e con tutta la sincerità che ho in corpo le dico :

-Grazie, sei una vera amica-

E così chiudo la porta con la consapevolezza di aver un’altra persona di cui fidarmi cecamente.

Dopo tante “amichette” ho una vera amica.

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** 18. Baciami... so che lo vuoi anche tu ***


[TOM ]

 

Guardo l’enorme portone lavorato di casa Stern: la forma arcuata è impreziosita da spessi vetri colorati e fantasie floreali in ferro battuto.

Più che una comune abitazione questa è a dir poco una residenza regale. Non mai visto nulla di simile: ogni singolo dettaglio parla il linguaggio del lusso.

Tiro un sospiro profondo, espirando tutta l’aria che ho nei polmoni.

Ok, ora sono qui e devo farlo.

Ripenso alle parole di Andrea: e allora muovi il culo da questo letto e va da lei, striscia a suoi piedi, baciala, fai quello che senti perché se ti trattieni Tom, la perderai, per sempre.

Forse, per una volta, ha davvero ragione la nana metallara.

Seguendo il suo consiglio premo, senza pensarci più di tanto, il pulsantino tondo laccato in oro.

Ormai non posso avere più ripensamenti.

Devo e soprattutto voglio farlo.

Dopo pochi secondi la porta si apre davanti a me ed una donnina di bassa statura e mole rotondeggiante mi accoglie con un sorriso cordiale dopo avermi velocemente squadrato.

-Buongiorno, signore- mi saluta con gentilezza.

-Ehm…’giorno- balbetto io non essendo abituato a tutte queste buone maniere- c’è Annika?- chiedo, andando subito al punto. È lei che mi interessa. È per lei che sono qui a fingermi un ragazzo per bene.

-Si, la signorina è in casa- mi dice lei annuendo- prego, si accomodi- mi fa spazio all’interno dell’enorme palazzo.

La villa di me e Bill è una baracca in confronto: questa casa è…monumentale!

Mi guardo attorno: ovunque ci sono oggetti di valore. Ho quasi paura a camminare e a muovermi!

-Gliela chiamo subito!- mi annuncia voltandosi per salire al piano di sopra.

-No!- la blocco io facendola voltare- ehm…posso salire io da lei?- le chiedo.

La cameriera mi guarda per qualche istante con espressione scettica e poi mi risponde:

-Si, è la seconda porta a destra- mi dice abbozzando un sorriso poco convincente.

Cosa ci posso fare se ho sempre fatto una brutta impressione alle persone per bene?

Salgo lentamente le scale in marmo, giusto per darmi un certo contegno e non sembrare l’irruento maleducato che peraltro sono, e arrivo al piano di sopra.

Mi volto a destra e cammino fino alla seconda porta.

La osservo: sono leggermente nervoso, si.

Mi mordo un labbro con fare indeciso e poi decido di farlo: busso lievemente un paio di volte.

 

[ANNIKA]

 

Sono appena uscita dal bagnetto della mia stanza. Mi ci proprio voleva un caldo e rilassante bagno al profumo di rosa.

Mi avvolgo un asciugamano bianco attorno al mio corpo bagnato. Lo blocco all’altezza del seno e non sembra preoccuparmi il fatto che risulti cortissimo, fino a coprirmi appena il sedere.

Mi guardo allo specchio frizionando con un altro asciugamano i miei capelli biondissimi.

Avevo assolutamente bisogno di prendermi un momento per me: per non pensare e per cercare in modo patetico di chiarirmi le idee.

Nella mia testa ora c’è il vuoto più totale. Rivedere Tom è sempre drammatico per me.

Anche solo incrociare il suo sguardo per una frazione di secondo mi fa sentire fuori da ogni dimensione spazio-temporale.

Quando ho visto dalla finestra di Andrea che era lui, ho sentito un tuffo al cuore.

Ed è lì che ho deciso di andare, non ci tenevo certo a scoprire cosa aveva intenzione di fare con Andrea dopo essersi presentato a casa sua.

Quando sono scesa giù ho percepito il suo sguardo su di me, indagatore.

Ha tentato di fermarmi, a modo suo, ma io ho evitato ogni ulteriore contatto con lui.

Dopo ieri sera non ho intenzione di riaprire la questione con lui ancora: o perlomeno è meglio così.

Forse col passare del tempo le sensazioni che mi invadono ogni volta che lo incontro svaniranno. E allora potrò dimenticarlo.

A questo punto, visto il casino che ho in testa, direi che occorra sorvolare sul cosa ci faceva lui a casa di Andrea.

Certo se avessero una tresca clandestina lui non si sarebbe mai azzardato ad andare a casa sua senza accertarsi che le condizioni fossero adatte. Insomma, non avrebbe agito in modo così avventato, almeno credo.

Certo, la situazione è parecchio strana: ma su una cosa posso metterci la mano sul fuoco.

Andrea non starebbe mai con uno come Tom, che è la sua esatta fotocopia al maschile.

Ma soprattutto non starebbe mai con lui perché…sa quello che c’è stato tra me e lui.

Sa come sto io e la confusione che ho in testa. Quindi è praticamente impossibile che la mia migliore amica mi faccia una bastardata del genere.

Esco dal bagno, immersa nei miei pensieri, e afferro la crema sul mio comodino spremendomene un po’ su una mano.

La spalmo sulla gamba destra con dei movimenti piuttosto decisi.

Ripenso ancora allo sguardo di Tom di qualche mezzora fa.

Quando ha pronunciato il mio nome per fermarmi mi sono sentita mancare l’aria quasi.

Mi chiedo come possa avere così tanto potere su di me: i suoi modi di fare sono…magici.

Talmente magici che mi hanno indotto a cascare nella sua trappola per ben tre volte.

I miei pensieri sono interrotti dal un lieve bussare alla porta.

-Avanti- esclamo io chiudendo il tappo e riponendo la crema sul mobiletto.

Un lieve cigolio della porta mi annuncia che l’ospite sta entrando.

Mi volto, alzo lo sguardo e…lo vedo.

Vedo lui, Tom. Rimango del tutto allibita, non aspettandomi minimamente una cosa del genere.

È nella mia camera da letto, per la prima volta e..io sono praticamente nuda. Il minuscolo asciugamano che m’avvolge non è confortante.

Le guance mi vanno letteralmente a fuoco e sento quella bruttissima sensazione allo stomaco che ho provato proprio ieri sera alla festa. Mi maledico mentalmente per aver pensato che il tempo lenisca tutto e tento di ricompormi.

-Ehi- mormora lui chiudendosi la porta alle spalle con voce roca e bassa. Mi fissa squadrandomi interamente e io mi sento letteralmente morire.

Stare in questo stato non è proprio l’ideale, è ovvio.

-Ehm…- balbetto io stringendomi il nodo fatto all’asciugamano con evidente imbarazzo-...che cosa ci fai qui? Chi t’ha fatto entrare?- il mio tono diventa duro.

-Che importa?- mi fa lui avvicinandosi di qualche passo quasi con prudenza- devo parlarti, Annika- m’annuncia guardandomi negli occhi.

Abbasso lo sguardo, ancora terribilmente arrabbiata, imbarazzata, complessata e tremendamente confusa.

Ciò che devo fare è semplicemente non lasciarmi catturare dal suo sguardo.

-Mi sembrava di essere stata chiara ieri sera alla festa: non ho nessuna intenzione di ascoltarti- ribadisco intransigente, incrociando le braccia sotto il seno.

-Non mi importa, adesso mi ascolti lo stesso- mormora lui deciso avvicinandosi ancora. Mi scioglie la braccia con lentezza e tenta di avvicinarmi a sé.

-Non ci provare- lo avverto io allontanandomi. Cosa crede? Che sono cretina fino a questo punto?

Sorride malizioso e continua a guardarmi.

Distolgo lo sguardo: non riesco a vederlo, mi fa terribilmente rabbia.

-Ieri sera sei andata con quello?-mi chiede tutto d’un fiato fissandomi. Il verbo da lui usato già me la dice lunga. So perfettamente a cosa sta alludendo.

Ripenso al momento in cui Nathan m’ha portata a ballare e, immediatamente, mi torna in mente lo sguardo di Tom che si posava su di me e percorreva tutto il mio corpo intensamente.

Lui ci ha…visti.

Lo guardo immediatamente alzando leggermente un sopracciglio, notevolmente sorpresa dalla sua domanda.

-Eh?- chiedo io inclinando leggermente la testa con espressione stupita- adesso ti interessi a me, Tom? Dopo essertene completamente sbattuto finora?- il mio tono si alza di qualche decibel, carico di risentimento.

-Vi stavate strusciando davanti a tutti! Era praticamente impossibile non vedervi!- esclama lui ovvio, alzando la voce e sbattendo le sue mani lungo i suoi fianchi- dimmelo, voglio sentirmelo dire da te- riprende poi abbassando la voce- ci sei andata?- mi chiede di nuovo, come ignorando le mie parole.

-Ma che cazzo te ne frega!- sbotto io a voce alta sbattendomi le mani sui fianchi e abbandonando tutto il mio contegno- non devo renderti conto proprio di niente! Quello che faccio della mia vita sono affari miei, Tom, sia chiaro- esclamo io decisa.

Ma chi cazzo si crede di essere?

Lo vedo distogliere lo sguardo e serrare la mascella.

-Si ma non capisco come diavolo fa a piacerti un pariolino infighettato come quello, cazzo!- esclama lui sprezzante. La sua reazione è decisamente strana. Incrocio le braccia sotto il mio seno e sospiro profondamente.

-Non sono affari tuoi- mormoro io sillabando bene ogni parola- decido io che tipo di ragazzo frequentare, chiaro?- alzo di poco la voce, visibilmente irritata dalla sua supponenza- e comunque se sei venuto qui solo per sapere se sono andata a letto con Nathan, e per criticare il mio comportamento di ieri sera puoi anche andartene- mormoro con tono freddo.

Mi sono ben astenuta dal dirgli che io e Nathan non abbiamo fatto proprio nulla, ovviamente.

A Tom non devono importare i dettagli.

-No- s’affretta a precisare lui.

-e allora si può sapere che cosa vuoi da me? Siamo stati a letto insieme, hai ottenuto quello che volevi, no?- esclamo con tono risentito e nello stesso tempo stufo- ora puoi smetterla di farmi soffrire, non credi?-

Gli occhi mi diventano leggermente lucidi: brucia così tanto.

Non mi risponde ed una scossa mi percorre dentro.

-Ci sono centinaia di ragazze che ti muoiono dietro, che sarebbero disposte a venire a letto con te anche adesso!- dico io con tono sprezzante- perché ti ostini a continuare a cercarmi, Tom? Per prendermi in giro ancora? Per farmi soffrire più di quanto già tu abbia già fatto?- esclamo con tono di voce ormai  alto.

-Perché tu mi piaci, Annika, lo vuoi capire??- sbotta d’un tratto alzando la voce e guardandomi negli occhi.

Ricambio il suo sguardo: il cuore mi si ferma un attimo.

Che cos’ha detto?

Rimango immobile, inerme, paralizzata.

Io gli piaccio? No, non può assolutamente essere.

Ha appena detto una delle migliaia di cazzate che mi ha rifilato da quando ci siamo conosciuti.

Ma l’ha detta in maniera così tremendamente convincente...mi stupisco del mio stesso pensiero e mi schiaffeggio mentalmente, dandomi dell’idiota.

Sento il suo sguardo incredibilmente penetrante su di me e mi sento inerme, sotto la sua attenzione.

Resto ferma, senza riuscire a dire nulla di sensato o anche di lontanamente logico. Tom Kaulitz m’ha appena detto che gli piaccio: cosa potrei dire?

Dentro di me si affollano una quantità immensa di pensieri e non ci sto capendo più niente.

Sento solo un insieme di sensazioni che mi salgono su per lo stomaco mentre vedo Tom avvicinarsi di poco a me.

-C’è qualcosa in te che mi fa impazzire- mormora lui scostandomi leggermente una ciocca di capelli dal viso. Non sono in grado di fermarlo, né tanto meno di scansarmi, ora –hai un modo di fare che mi attrae, uno sguardo che quasi mi mette a disagio- mi confessa carezzandomi una guancia con il pollice.

Il cuore mi batte forte.

Se non fosse che si tratta di Tom, gli salterei addosso dopo queste parole.

Ma trattandosi di lui, tutto è molto relativo, si sa.

-forse è il tuo continuo sfuggirmi che mi rende terribilmente attratto da te- mormora con voce bassa e sexy, devo ammetterlo.

Lo guardo negli occhi e vedo una luce nuova, diversa.

Le sue labbra si piegano in un lieve sorrisetto. Sa essere così dolce, a volte.

Peccato però che io non possa più lasciarmi affascinare dai suoi modi di fare.

Prima che succeda quello che non voglio che succeda più, trovo la forza di allontanarmi da lui.

Gli do le spalle e cerco di regolarizzare il mio respiro: è una situazione incasinatissima.

Mi passo una mano sul viso come per chiarirmi un minimo le idee.

Sento le mani di Tom poggiarsi delicatamente sulle mie spalle nude.

Un brivido mi percorre la schiena e inevitabilmente mi tornano in mente i ricordi della notte passata insieme. Le sue mani sul mio corpo, il suo modo di toccarmi così eccitante.

Sento il suo respiro sul mio collo e mi maledico mentalmente per non essere in grado di fare qualcosa, di allontanarlo, di mandarlo via.

La sua sensualità: ecco il mio punto debole.

-Sento solo che ho un bisogno esagerato di te, Annika- mi sussurra lievemente all’orecchio.

Chiudo all’istante gli occhi, come per accertarmi che ciò che mi ha appena detto sia almeno lontanamente possibile.

No, non posso lasciarmi andare.

D’un tratto sento le sue mani sulla mia vita. Mi fa girare lentamente e fisso i miei occhi nei suoi. Da quanto è diventato così attraente?

Ok, basta, devo reagire.

-Scusami per come ti ho trattato- mi sussurra all’orecchio- ma è servito per farmi capire che tu mi piaci e che, per me, sei più importante di quanto io pensassi-

-Non è vero, Tom, tu…- tento di dire, scuotendo la testa, ma lui mi interrompe poggiandomi un dito sulle labbra.

-Baciami…Lo so che lo vuoi anche tu- mormora con tono di voce più sensuale che mai.

In un attimo mi sembra che tutto il mondo attorno a me si sia fermato.

È come se tutto ciò che mi circonda abbia perso colore, forma, vita e movimento.

Sento solo il suo sguardo ambrato penetrare nel mio e invadermi, al punto di toccarmi l’anima.

Percepisco ogni singola vibrazione dell’aria causata dal suo lieve respiro e, non so come, mi ritrovo col mio corpo attaccato al suo.

Sento le sue mani avvolgermi i fianchi e percepisco l’asciugamano alzarsi di qualche millimetro sotto il suo tocco.

Strano, ma in questo momento di estrema intensità di sguardi, non sembro preoccuparmene.

D’altronde Tom è l’unico ragazzo ad aver mai visto il mio corpo, l’unico ad averlo toccato veramente.

Lui è forse l’unico col quale io mi sento meno in imbarazzo, perché so che ci sa fare, so che io sono fatta per lui, in quel senso.

Sento il suo naso sfiorare il mio e mi sembra che sia passata un’eternità dall’ultima volta in cui ho assaporato le sue labbra, il suo corpo. Il suo respiro mi solletica leggermente la pelle mentre sento la sua mano salire all’altezza del mio viso e poggiarsi lentamente su di esso.

Che cosa sta succedendo? Mi sento incredibilmente attratta da lui ed è come se in questo momento non mi importi delle conseguenze, né tanto meno di soffrire ancora.

In questo momento mi importa solo di sentirmi di nuovo sua, tra le sue braccia. Mi importa di riprovare quella sensazione di piacere che solo il suo contatto è in grado di provocarmi.

In un attimo sento le sue labbra annullare quell’irrisoria distanza e poggiarsi sulle mie.

Sussulto incontrollatamente e il mio cuore inizia a battere all’impazzata nell’esatto istante in cui sento la sua lingua infilarsi nella mia bocca ed iniziare ad avvolgere la mia.

Inclino leggermente la testa di lato alzandomi sulle punte, per arrivare meglio alla sua altezza e faccio scivolare le mie mani sul suo collo, tirandolo lievemente verso di me.

Sento le sue labbra carnose giocare con le mie e la sua lingua rendere tutto molto più sensuale.

Assaporo quelle labbra che ho sempre trovato terribilmente eccitanti e riesco a notare la decisione e l’irruenza con cui Tom mi stringe a sé.

Lui è sempre stato molto possessivo ed è in momenti come questo che riesco a notarlo in maniera evidente.

Il suo nasino lievemente alla francese sfiora il mio viso mentre sento le sue labbra cercare le mie con sempre maggiore desiderio. Mi sta dimostrando quanto mi vuole: lo sento.

Mi mordicchia il labbro inferiore sospirando leggermente e poi torna a baciarmi, imprigionando le mie labbra tra le sue con un desiderio che non avevo mai visto in lui.

Diminuisce la velocità trasformando il nostro bacio in un contatto dolce, tenero e terribilmente passionale.

Sento la sua lingua percorrere il profilo del mio labbro inferiore.

D’un tratto apro gli occhi ed è come se, in un solo istante, io abbia ripreso la coscienza momentaneamente perduta.

Non so come sia potuto succedere, ma solo adesso sembro rendermi conto di cosa sta succedendo.

Sbatto per un paio di volte le mi lunghe ciglia nere mentre sento le sue labbra scendere a baciare il mio collo con affanno e desiderio.

Mi mordicchio il labbro inferiore con incertezza e poggio le mie mani sul petto scolpito di Tom, coperto solo da una sottile t-shirt blu.

Lo allontano da me con una certa indecisione, o meglio, con quell’indecisione che mi sta letteralmente lacerando.

-Tom- mormoro io allontanandolo definitivamente da me. Lui si stacca dal mio collo e mi guarda con aria interrogativa.

Sento il mio cuore battere all’impazzata e vedo le sue labbra rosse e gonfie, esattamente come le mie.

Sento ancora il suo sapore sulla mia lingua e mi sembra di aver appena fatto la cosa più sbagliata e peccaminosa del mondo.

Un brivido mi percorre tutta e sento l’eccitazione invadermi.

Tom mi fa sempre quest’effetto, lui mi eccita sempre terribilmente, anche con un solo bacio.

Un bacio passionale, decisamente poco casto.

Un bacio eccitante, necessario, cercato. Ma…sbagliato.

-Che c’è?- mi chiede dolce riavvicinandosi a me e fissandomi confuso. Sono sicuro che sta pensando che questo bacio era la cosa più giusta e necessaria che potesse fare. E per un attimo l’ho pensato anche io ma…no.

Alzo timidamente lo sguardo verso di lui e tento di dire qualcosa, anche se è difficile vista la confusione che ho dentro.

Ripenso alle sue mani su di me, al suo corpo contro il mio, alle sue labbra che giocano avidamente con le mie.

Tutto così…tremendamente sbagliato.

-è meglio che tu vada- dico io incerta, distogliendo subito lo sguardo da lui ed allontanandomi di qualche passo. Vorrei solo che lui non fosse mai entrato in questa stanza.

-perché?- mi chiede lui immediatamente. Il suo tono è visibilmente sorpreso.

-è meglio così- mormoro io quasi sottovoce mentre sento una morsa salire all’altezza della mia gola e bloccarmi quasi il fiato.

-no che non lo è- si affretta a contraddirmi lui- io ti voglio e anche tu vuoi me, che c’è di così sbagliato in un bacio?- mi chiede lui avvicinandosi ancora a me, come non capendo.

Non è così facile come dice lui.

Scuoto la testa: io non ho le idee così chiare come ce le ha lui. Io sento di volere lui, il suo corpo, le sue attenzioni, il suo sguardo, ma nello stesso tempo so che è una cosa sbagliata, so che mi farà stare male ancora.

Devo conciliare queste sensazioni e prendere una decisione, a tutti i costi.

-Non rendere tutto più difficile, ti prego, Tom- mormoro io mentre non riesco ad evitare che la voce mi si incrini a causa di quel fastidiosissimo nodo alla gola.

-Dimmi che non t’è piaciuto, allora- mi ordina lui con tono di voce basso. Allude al bacio che ci siamo appena dati.

Abbasso lo sguardo evitando il suo, in grado di leggermi dentro, a fondo.

Non posso assolutamente negare che sia stato uno dei baci più emozionanti e dolci che lui mi abbia mai dato. L’ho sentito perfettamente dentro di me, molto più di quando facevamo l’amore.

Mi alza il viso con un dito e mi costringe a guardarlo negli occhi.

-Avanti, dimmelo- continua lui deciso. Distolgo lo sguardo, lasciando che i miei occhi si riempiano di lacrime. Mi sento così esposta davanti a lui, mi sento completamente vulnerabile.

Scuoto la testa: non riesco a mentirgli, ma non voglio neppure dirgli che avrei voluto baciarlo all’infinito, che avrei voluto che mi abbracciasse e che mi sussurrasse frasi dolci fino all’eternità.

-Se mi dici che non hai provato niente me ne vado- mormora lui con tono basso e calmo.

Un singhiozzo mi smuove tutta e mi giro di colpo, allontanandomi ancora da lui. Non voglio che mi veda così tremendamente fragile.

-Non ci riesco- mormoro tra le lacrime mentre tento di capirci qualcosa nel tumulto di emozioni che si stanno impossessando del mio stomaco.

Lo vedo avvicinarsi a me e venirmi di fronte, dopo interminabili secondi di silenzio, interrotti solo dal mio pianto calmo ma terribile.

Sento le sue braccia avvolgermi ed il calore del suo corpo proteggermi. Appoggio la testa al suo petto, lasciandomi cullare da quell’abbraccio che non ho mai ricevuto.

Un abbraccio tenero, dolce, che Tom non mi aveva mai dato prima.

Ogni volta che mi aveva stretto tra le sue braccia era per portarmi a letto subito dopo, ma ora è…diverso, si.

Mi stacco lentamente da lui e lo guardo negli occhi.

-và via, adesso, ti prego- mormoro asciugandomi le lacrime- è meglio per tutti e due- aggiungo poi cercando di convincere anche me stessa.

Guardo il modo in cui mi fissa e mi sento ancora più male.

Le sue labbra si incurvano in un dolce sorrisetto. Mi carezza la spalla nuda con una mano prima di allontanarsi da me.

Lo vedo percorrere la mia stanza diretto verso la porta, e mi volto a guardarlo, trattenendo le lacrime.

Con un semplice gesto abbassa la maniglia della mia porta e mi guarda un’ultima volta, prima di sparire dietro il legno chiaro.

Sospiro profondamente e non impedisco alle mie lacrime di ricominciare a scorrere sulle mie guance.

 

*

 

 

 

 

Mi ritrovo qui, sdraiata sul mio enorme e morbido letto a baldacchino sul quale Hanna, proprio ieri, ha steso un nuovo copriletto panna con dei fiori bianchi, arrivato direttamente dall’Italia.

Sto poggiata alla testata del letto, impreziosita da una decorazione lignea rosa che ho fatto fare apposta per me.

Mi sistemo un cuscino dietro la nuca e piego le mie gambe, facendole oscillare leggermente.

Dopo che Tom è andato via, ho messo la biancheria: un reggiseno ed un paio di slip neri con dei ricami rosa, uno dei più semplici che avevo a portata di mano. Ho indossato una canotta nera con dei pizzi lungo i bordi e giusto per completare l’accostamento decisamente kich ho infilato un paio di gambaletti bianchi con dei decori.

Non ho intenzione di farmi vedere da nessuno in questo stato.

Magari stando da sola riesco a chiarirmi le idee ed a arrivare ad una soluzione sensata.

È ciò che tento di fare da circa un’ora, ma non sto avendo risultati confortanti, purtroppo.

Afferro il mio cellulare, decidendo il da farsi.

Lo poso immediatamente accanto a me e sbuffo.

Ho una confusione tremenda in testa e mi sento tanto una ragazzina di quindici anni alla prima cotta.

Se ripenso al bacio che mi ha dato Tom mi vengono i brividi.

Mi sembra persino di sentire il suo profumo ancora impresso sulla mia pelle.

Arrossisco ripensando a ciò che mi ha detto. Io non so perché, ma qualsiasi cosa lui mi dica mi si infila in testa e mi tormenta fino a che non raggiungo lo stremo.

Decido di farlo: avviso Andy. Non posso tenermi una cosa così grossa per me, non sono in nessun modo in grado di arrivare ad una soluzione da sola. Ho bisogno di lei.

Afferro di nuovo il mio I-phone bianco e apro la cartella dei messaggi, toccando col mio indice l’icona recante la scritta “Nuovo messaggio”.

Decido di dirglielo in modo deciso, veloce, chiaro e…indolore.

 

Tom mi ha baciata. È stato…da far venire i brividiJ

 

Invio il messaggio alla voce “La mia piccola Andy;)” e chiudo la cartella poggiando il mio cellulare di fianco a me.

Sorrido impercettibilmente notando mille veloci brividi farsi strada sul mio corpo.

Sono confusa, ma una cosa la so per certo: che m’è piaciuto.

Potrei giurare che sono passati al massimo 5 secondi da quando ho inviato il messaggio che sento il mio cellulare squillare.

“Born this way” di Lady Gaga si perde per la stanza per pochi secondi.

Come se aspettassi quella chiamata da una vita afferro il cellulare e premo il tasto per rispondere. Già so di chi si tratta.

Mi porto l’I-phone all’orecchio e mormoro un basso ma visibilmente eccitato:

-Ehi-

Sento un urletto eccitato provenire dall’altra parte del telefono e non posso fare a meno di sorridere.

-Raccontami tutto- mi ordina lei immediatamente. La immagino incrociare le gambe sul letto e iniziare a molleggiare con occhi spiritati in attesa di sentirsi raccontare tutti i dettagli.

-Te l’ho scritto nel messaggio…-mormoro con voce bassa- mi ha baciata- le dico semplicemente giocherellando con una ciocca dei miei capelli mossi sciolti sulle spalle.

-e com’è stato?- mi chiede. Sembriamo due quattordicenni alle prese col nostro primo ragazzo.

-Beh…- tento di dire io-…mettendo da parte i mille dubbi, paure, incertezze che ho in testa ora, direi che è stato fantastico- la mia voce risulta quasi un sibilo tanto sono emozionata.

Sorrido sentendo quasi l’eccitazione di Andrea attraverso il telefono.

-Perché sei tanto contenta?- le chiedo curiosa d’un tratto.

-Perché…so che Tom è l’unico ragazzo che tu vuoi veramente- mi dice lei dopo un’iniziale incertezza- e il fatto che vi siate baciati significa molto- aggiunge poi convinta.

Rimango in silenzio per qualche secondo.

-non è vero?- mi chiede poi lei leggermente allarmata dal mio silenzio.

-non lo so- ammetto poi con tono improvvisamente triste- all’inizio ho pensato che fosse la cosa giusta, e ho risposto al suo bacio, ma poi…- mi interrompo leggermente- poi è come se fosse entrata in gioco la mia parte razionale e ho iniziato a pensare che quello che stava succedendo era sbagliato, terribilmente sbagliato- le spiego.

-e…adesso cosa pensi?- mi chiede Andrea seria.

-sono dannatamente confusa, Andy- piagnucolo io distendendo le mie gambe sul letto- fisicamente lo voglio, mi piace, sento il desiderio di vederlo, ma…è pur sempre Tom, ormai credo di conoscerlo abbastanza bene per sapere quali sono i rischi del caso- mormoro io, totalmente realista.

-tra noi due quella razionale e riflessiva sono sempre stata io- comincia Andrea con tono serio- ma stavolta mi sento di dirti che è il caso che tu ti lasci andare, potresti privarti di belle sensazioni solo per paura- mi dice lei.

Ci penso un attimo su e poi scuoto la testa.

-l’ho mandato via, Andrea- le dico io concitata- non sapevo che fare, mi veniva solo da piangere per quanto ero confusa- le confesso quasi con occhi lucidi. È incredibile come io possa cambiare stato d’animo nel giro di pochi minuti.

-non importa quello che hai fatto, Annika- mi dice lei cercando di calmarmi- a Tom piaci, ne sono certa, e ci saranno altre occasioni- mi dice. Sembra convinta.

Rimango in silenzio, pensando al turbinio di emozioni che ho provato in soli due giorni.

-mi ha detto delle cose che non avrei mai pensato di sentirmi dire da nessun ragazzo- le confesso, leggermente lusingata.

-Del tipo?- mi chiede Andrea.

-Mi ha detto che c’è qualcosa in me che lo attrae e che non sa neppure lui perché, ma sente di volermi- dico io con tono basso ed emozionato- e poi è stato strano il modo in cui mi ha chiesto se ero stata a letto con Nathan, come se gli fosse dato fastidio vederci ballare insieme ieri sera- confesso io confusa.

Sento Andrea schiarirsi la voce all’altro capo della cornetta.

-Andy?- la chiamo per accertarmi che ci sia ancora.

-è geloso- mormora semplicemente lei, con un velo di compiacimento nella voce.

Sorrido leggermente pensandoci su: è una situazione proprio strana. E mi rifiuto di pensare le cose che pensa Andrea.

-come dovrei comportarmi secondo te?- le chiedo, quasi implorando il suo aiuto.

-devi renderti conto che quello che Tom sta facendo per te, le cose che ti sta dicendo non le ha mai fatte e dette a nessuna, ed io ne sono sicurissima- mi fa lei convinta- perciò, visto che anche tu sei pazza di lui, non devi lasciarti scappare quest’opportunità- conclude lei, come se fosse la cosa più semplice del mondo.

-non è così facile come pensi tu- le dico io tristemente- ci sono un sacco di altre cose da considerare- dico io. Tanto so che Andrea è pronta a contraddirmi dall’altra parte del telefono. Prima che lei lo faccia decido di cambiare discorso.

-a proposito- cambio anche tono di voce rendendolo lievemente accusatorio- cos’è che ci faceva Kaulitz a casa tua?- le chiedo decisamente molto curiosa.

-ehm…cosa ci faceva?- ripete lei con tono di voce un po’ troppo alto.

-ah ah- annuisco corrugando la fronte, in attesa di una sua risposta.

-era passato per…dare un’occhiata alla mia chitarra!- dice lei tutto d’un fiato. Mi sembra di percepire una certa incertezza nella sua voce.

-la tua chitarra?- ripeto io scettica.

-Certamente! È un chitarrista!- esclama lei ovvia.

Mi sembra alquanto strano, ma non ci do più di tanto importanza. È praticamente impensabile che Tom e Andrea abbiano una tresca, quindi mi fido di quello che mi ha detto lei.

-Certo, certo- esclamo io annuendo. È un chitarrista, è vero.- allora…ci sentiamo presto, io intanto cerco di fare un po’ di chiarezza nel mio mare di indecisione- mormoro totalmente demoralizzata.

Sento Andrea ridacchiare dall’altro capo del telefono.

-Ricordati, Stern, che a volte pensare troppo fa male- mi dice lei con tono saggio- meglio agire- aggiunge poi ironica, facendomi ridere. Non nasconde la vena maliziosa che impernia la sua voce.

-A presto, mia piccola Andy- dico io salutandola, prima di chiudere la chiamata e poggiare il cellulare sul mio letto.

Sospiro pesantemente.

Ho sempre seguito il mio istinto, ma misà che stavolta dovrò contraddire Andrea.

Stavolta credo che sia meglio pensare ed evitare di commettere altri errori, che non potrei mai e poi mai perdonarmi.

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Capitolo 19
*** 19. Perchè io. ***


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[BILL]

 

 

 

 

 

 

 

Mi guardo allo specchio.

Perfetto!

Ma, in fondo, io sono sempre perfetto.

Sono andato sul leggero oggi, sapendo che, in un certo senso, non sto andando a un appuntamento importante.

Indosso un semplice jeans Dior comprato in Italia, chiaro, slavato e in più punti macchiato da finti spruzzi di vernice che gli danno un’aria rovinata.

Nonostante sia giugno inoltrato il mio maglioncino rosso e nero con lo scollo rovinato abbraccia il mio addome.

Fa abbastanza freddino per essere inizio estate.

Ai piedi ho un paio di anfibi dallo stile rovinato.

Come a completare il mio look ho ritirato le maniche fino al gomito lasciando in bella vista il mio tatuaggio e ho truccato i miei occhi sapientemente.

Sembro un Punk di periferia, decisamente.

Mi giro verso la mia cassettiera e apro uno dei cassetti mostrando una fila interminabile di occhiali.

Ne ho troppi, decisamente.

Come ho troppi vestiti, scarpe, bracciali, collane e catene.

Sono un’ossessione, dovrei darmi una calmata.

Mi sento stupido quando, tornato a casa, mi accorgo che ho speso 1995 € per una giacca da generale della marina che, a guardarla, mi fa schifo.

Per questo Tom, che nemmeno scherza con gli acquisti stupidi e costosi, ha deciso di sequestrarmi la carta di credito illimitata e darmene una che contiene dieci mila euro ogni mese.

Lo chiama “Lo stipendio”, e, una volta finita, devo aspettare la fine del mese per averne un’altra.

Guardo indeciso gli occhiali di diversa forma, colore a trasparenza.

Gucci, Chanel, Tom Ford, Prada… ehm…

Perché non me ne piace più uno?

Mi gratto la testa sentendomi sull’orlo di una crisi di nervi.

Cazzo!

Afferro il mio nuovo Smart Phone e guardo l’orario.

12:45.

Non ho nemmeno un’ora, ergo, non posso sclerare.

-TOMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII- urlo.

-Che cazzo vuoi?- mi sento rispondere dal piano inferiore.

Il rumore indistinto della tv arriva dal piano di sotto, Tom starà sicuramente stravaccato sul divano, in tuta a guardare qualche stronzata.

-Mi presti i tuoi Dior? Quelli che hai messo in Russia?-

-Ma non ne hai già troppi tu?- mi domanda sempre urlando.

Il rumore della tv scatta per poi ripartire, Tom sta facendo zapping, segno che non mi sta prendendo sul serio.

E la cosa mi irrita all’inverosimile.

Apro la porta con uno strattone e scendo, velocemente, le scale di casa.

Come prevedevo Tom guarda disinteressato la tv che trasmette il primo piano di due culi sodi che sculettano.

Un video Hip Hop.

Mi avvicino a lui e lo guardo dall’alto, le mani sui fianchi –Allora? Me li presti?-

Si gira verso di me, la svogliatezza dipinta in volto, gli occhi appena socchiusi –Dove devi andare?-

-Rispondi alla mia domanda-

-Ne hai un paio uguale al mio- mi informa –Li abbiamo comprati identici-

Mi tiro dritto alzando lo sguardo pensieroso –Dici sul serio?-

Lui annuisce e mi indica il comodino poco distante dalla porta –Te li sei messi in Malesia, possibile che mi ricordo io quello che hai e tu no?-

Mi gratto la testa imbarazzato e mi affretto a inforcare gli occhiali.

Adesso sono perfetto.

-Comunque non hai risposto alla mia domanda- mi fa notare –Dove stai andando?-

Mi piego verso lo specchio sistemandomi qualche ciocca di capelli sulla testa –Vado a prendere Andrea a scuola-

Tom mi guarda intensamente –Perché?- chiede.

Sorrido girandomi verso di lui –è l’ultimo giorno di scuola-

-E perché vai a prenderla tu?- continua con le domande.

-Perché ho voglia di vederla- rispondo paziente afferrando una delle mie borse da uomo e ci infilo dentro il mio portafogli (Sono riuscito a farmi dare 1000 € da David da tenere come “contanti d’emergenza”, è una miseria ma va comunque bene) e ci butto anche il mio cellulare.

-Lei lo sa?-

Sbuffo ancora.

-Tom smettila con le domande, mi irriti!- lo rimprovero innervosito.

Odio le domande insistenti, nonostante io sia un maestro nel farlo.

-Le voglio fare una sorpresa…- lo guardo –Contento?-

-Raggiante!- mi sorride Tom –Anche perché mi hai dato un’ottima idea-

Quel suo sguardo non mi piace affatto, lo conosco fin troppo bene.

Sta escogitando una cazzata degna del suo nome, ne sono certo, e qualcosa mi dice che c’entra Annika.

-Cosa, di grazia?- chiedo.

Si alza dal divano spolverandosi i jeans scuri che indossa e spegne la tv –Vado a prendere Annika-

Perché mi stupisco più di tanto?

L’avevo intuito.

E non mi risparmio dal diventare la Brutta Mammina Cattiva.

-Perché? Mi pare che le cose tra te e lei non siano migliorate- dico con aria di chi la sa lunga –Non ti darà sicuramente l’opportunità di caricartela in macchina-

Si avvicina a me afferrando i suoi occhiali Dita Legends e mi lancia un sorriso degno della sua più grande faccia da schiaffi.

Mi posa una mano sulla spalla e sorride un basso –Tranquillo Bro, le cose tra me e Annika stanno andando davvero a gonfie vele-

Mi abbasso appena gli occhiali, per puntare sul di lui il mio miglior sguardo inquisitore –Non vedo il motivo di tutta questa sicurezza Tom, davvero, ma sono certo che ogni parola che dirò non ti farà desistere dal tuo folle piano, vero?-

Lui annuisce.

E non c’era nemmeno bisogno di dirlo.

 

 

[ANDREA]

 

 

Splash.

Un urlo.

Il mio.

L’acqua cola inesorabile dai miei capelli fino alla mia nuovissima T-shirt Alchemy grigia scuro e nera con un’enorme teschio rosso e nero.

Sapevo che non dovevo mettermi niente di nuovo per questa giornata.

L’ultimo giorno di scuola.

L’ultime campanelle suonate nei corridoio stracolmi di gente che, per tre mesi esatti, non sentiranno che il vuoto, le ultime ore insieme a quelli dell’ultimo anno che, inesorabilmente, contano le ore verso la maturità.

Le ultime chiacchiere con le amiche che rivedrai solo a settembre e i progetti con quelle che sicuramente vedrai durante l’estate.

Ho la sensazione che quest’estate sarà la più bella della mia vita, so che qualcosa cambierà, inesorabilmente, nella mia vita.

Cosa non lo so, ma l’attendo, trepidante.

Alex mi punta contro una bottiglia bucata e il piccolo getto d’acqua mi fa urlare quando colpisce i miei pantaloni di pelle, il mio capello è ormai andato definitivamente.

Ride di gusto mentre, con le mani, cerco di asciugarmi il viso.

Dannati gavettoni.

Questa è una tradizione che ho sempre odiato e che, allo stesso tempo, mi diverte.

Isabel mi afferra un braccio correndo verso l’uscita della scuola.

Sono sicura che la bidella ci sta mandando mille maledizioni.

-Guardati- le faccio divertita –Sembri un pulcino bagnato-

I suoi capelli biondi si sono arruffati all’inverosimile dandole un’aria angelica.

Isabel si tocca i capelli e sbraita –C’ho messo tre quarti d’ora per piastrarli, porco giuda!- si lamenta –Lucas me la pagherà, poco ma sicuro-

Rido, ma non faccio in tempo a elaborare niente che una colata d’acqua fredda ci investe facendoci urlare.

Mathias e Gregor (due emo del 12° grado) ci hanno bagnate completamente.

Ecco, anche il mio trucco è andato a farsi benedire.

Loro ridono mentre io e Isabel usciamo dal nostro nascondiglio afferrando una bottiglietta d’acqua abbandonata su un muretto, pronte alla lotta.

-Ehi, guarda che macchina!- esclama uno di loro indicando un’enorme auto bianca accostarsi al cancello della scuola.

Non ci metto che un attimo a capire chi è.

Sorrido raggiante insospettendo la mia amica –Chi è?- domanda.

Guardo la portiera del posto di guida aprirsi e la figura snella di un ragazzo uscirne e appoggiarsi allo sportello.

Sorrido ancora.

Non ci posso credere.

-B…Bill Kaulitz?- balbetta Isabel girandosi verso di me –Che ci fa Bill Kaulitz qui?-

Mathias e Gregor sono letteralmente a bocca aperta.

Sbatte la portiera con delicatezza e si incammina verso di noi –Spero vivamente che nessun gavettone mi prenda…- ridacchia Bill notando che mezza scuola si è immobilizzata al suo passaggio.

Sorrido tirandomi indietro una ciocca fradicia di capelli.

Cazzo. È da mozzare il fiato.

Isabel, al mio fianco, è a bocca aperta.

Mormora ad oltranza il nome e il cognome del ragazzo alternandolo a un “Non ci credo”.

-Sta venendo qui!- esclama portandosi la mano alla bocca.

Sì, sta venendo da me.

Non ci posso credere, Bill mi è venuto a prendermi seriamente, il giorno prima io scherzavo.

L’avevo detto per giocare un pò. Non pensavo che sarebbe venuto, realmente, a prendermi.

Wow, sottovaluto quel ragazzo.

Spero di non sembrare una ragazzina della medie in adorazione di un ragazzo e cerco di non soffermarmi sul fatto che, oggi, sia dannatamene sexy.

-Ciao- mi dice abbassandosi alla mia altezza e stampandomi un leggero bacio sulla guancia.

Il punto in cui le sue labbra mi hanno toccato va letteralmente in fiamme.

Dannazione, spero di non arrossire.

Sorrido come un’ebete mentre lui si tira dritto.

Metà della scuola, come Isabel, ha trattenuto il respiro, l’altra ha sgranato gli occhi.

Nessuno, compresa io, crede davvero che Bill Kaulitz, QUEL Bill Kaulitz, sia nel cortile della mia scuola.

Alcune ochette mi guardano chiedendosi come un fico come Bill possa salutare me, e me lo chiedo anche io.

Ok, d’accordo, sabato sera ci siamo quasi baciati (il che è abbastanza surreale), ma lui resta comunque fuori dalla mia portata.

-Ciao- lo guardo stupita –Che ci fai qui?-

Lui si abbassa verso di me e mi sussurra in orecchio una frase che non avrei mai pensato di sentire –Avevo voglia di vederti-

Il mio cuore perde un battito.

Due.

Tre.

Morta, sono decisamente morta.

Isabel passa lo sguardo da me a lui quasi stia assistendo a una partita di tennis.

-ehm…- balbetto –Bill, anche io avevo voglia di vederti- ammetto abbassando la testa –Ma ieri sera scherzavo, non dovevi disturbarti a venire fin qua-

-Nessun disturbo- trilla –E poi capito a puntino, visto che sei fradicia e sui mezzi pubblici non ti farebbero salire-

Isabel mi afferra per un braccio e, tenendo un sorriso tirato sul viso, mi sussurra –Non mi avevi detto che conoscevi ENTRAMBI i gemelli Kaulitz e che ti frequentavi con Bill-

Sorrido –Non mi frequento con Bill, siamo amici-

Isabel si esibisce nel suo sguardo più scettico mentre fissa il profilo del famoso ragazzo –Non sembra- sentenzia –Sembrate due fidanzatini-

Sgrano gli occhi –Isa, davvero, lui è Bill Kaulitz, cosa potrebbe trovare in una come me?-

Lei alza un sopracciglio –Andi, tesoro, lui è cotto di te-

Scuoto la testa ridendo –No, Isa, non dire cazzate-

Prima che lei riesca a controbattere mi giro verso Bill e gli sorrido –Sei davvero gentile-

Lui sorride e sono sicura che metà delle ragazze in cortile si è sciolta mentre io sento un tuffo al cuore.

Vuole uccidermi per caso?

-Non è un disturbo, davvero- insiste.

Mi imbambolo facendo scorrere lo sguardo,inconsciamente, alle sue labbra perfette.

Ok, sto diventando patetica.

Isabel mi tira una gomitata facendomi risvegliare –Presentamelo, su!- mormora a denti stretti.

Scuoto la testa e mi affretto a riafferrare la mia dignità che davanti a quel ragazzo va a farsi fottere e lo guardo –Ah Bill, ti presento Isabel-

La bionda al mio fianco, cercando di fermare il tremolio della mano, l’allunga verso Bill che l’afferra sorridendo –Molto piacere Isabel-

Lei lo guarda quasi in estasi (come metà delle persone nella scuola che stanno meditando come staccare la mano di Isabel e costruirci un altarino) e balbetta un –Piacere mio Bill-

-è la bassista della mia band- preciso –Forse il suono delle casse le ha fatto male al cervello, scusala-

Lui ride di gusto e quella risata fa tremare me e Isabel.

È davvero la risata più bella che abbia mai sentito.

-Hai una band Andi?- mi chiede Bill –Non me lo avevi mai detto!-

Isabel mi tira una gomitata e io la guardo senza capire. Scuoto la testa ignorandola –Non mi sembrava una cosa così indispensabile da sapere…-

Ricevo un’altra gomitata da Isabel.

-Smettila- la rimprovero io a denti stretti.

-Oh, per me lo è!- si affretta a dire Bill interessato.

-Dovresti venire a sentirci un giorno- Isabel mi fa l’occhiolino mentre invita Bill –Suoniamo spesso-

Bill sorride –Sarebbe un piacere, farò venire anche gli altri-

Dal sorriso che fa Isabel riesco a capire cosa è passato per quella testolina bionda.

Bill è famoso e se gli piacciamo, magari, farebbe pressione alla Universal per un contratto.

Come può essere così calcolatrice quella biondina con gli occhi d’angelo?

-Non sfruttare Bill Kaulitz, Isabel- la riprendo sottovoce mentre lei ride in direzione di Bill.

Lei mi scocca un’occhiataccia alla “vuoi rimanere all’Acquarius a vita? Sta zitta e assecondami” e io sorrido a Bill –Allora andiamo?- mi chiede il moro.

Mi stacco da Isabel e annuisco –Dove?-

-Mmm…- si porta un dito pensoso sulle labbra -…penso prima a metterti qualcosa d’asciutto, poi potremmo andare a pranzare fuori, se ti va-

Rimango spiazzata.

Annuisco.

Mi giro a salutare frettolosamente Isabel che mi da appuntamento alle prove e mi affianco a Bill.

-Simpatica la tua amica- mi dice mentre arriviamo al cancello.

-Isabel?- esclamo –Sì, strana, ma simpatica- poi mi volto verso di lui –Bill, non dovevi venire fin qui, davvero!-

Lui ridacchia puntando il telecomando verso la sua splendente Audi Q7 –Andi, davvero, non è un disturbo-

Sorrido tra me e me mentre Bill mi apre lo sportello dell’auto.

-La bagnerò Bill, aspetta che…-

Lui scoppia a ridere facendomi alzare un sopracciglio –Un po’ d’acqua non ucciderà nessuno-

-Ma sono di pelle!- protesto guardando la pelle scura dell’auto.

Si sente perfino l’odore d’auto nuova.

Bill mi da una leggera spinta per istigarmi a salire.

Protesto, ma lui chiude lo sportello ridendo ancora.

Sale dalla parte del guidatore e ingrana la marcia.

 

 

 

****

 

 

 

 

Casa mia è un macello.

Kevin sta buttando atterra tutti i piatti (rigorosamente di plastica) che mamma gli mette davanti, papà si lamenta per la politica interna mentre guarda il tg, mamma sta sbraitando per Irma, la sua collega di lavoro, che come sempre cospira contro di lei e Matt sta picchiando il coltello sui bicchieri cercando di produrre una melodia che, purtroppo, non è intonata.

Guardo Bill con sguardo colpevole mentre lui ride.

Se ride significa che non ci sta prendendo per pazzi.

-Mamma, sono a casa!- urlo.

I suoi passi si affrettano verso la porta e vedo la sua chioma castana fare capolino dalla cucina –Già tesoro…?- quando si accorge di Bill sfodera un sorriso così tirato da arrivare alle orecchie –Oh, ciao Bill!-

-Salve Signora Linke- la saluta cordialmente Bill –Spero che non le dispiaccia se ho riaccompagnato Andrea a casa, era un po’ bagnata-

Mi indica e sorrido imbarazzata.

So che mia madre sta già organizzando il mio matrimonio con Bill nella sua testa, glielo percepisco negli occhi.

Credo che sia andata anche in chiesa a pregare che il famoso Bill Kaulitz mi chieda di diventare la sua ragazza.

Povera illusa.

-No no Bill, sei il benvenuto a casa- sorride cinguettando –Vuoi rimanere a pranzo? Oggi ci siamo tutti-

Bill fa scattare lo sguardo verso di me.

-Mamma, noi…-

-Suvvia ragazzi, è già tutto pronto- insiste guardandoci intensamente.

Ecco, ora inizia con la sua stancante insistenza e, sono sicura, Bill e la sua gentilezza non avranno scampo allo sguardo implorante di mia madre.

E io che avevo preso il suo invito a pranzo come un appuntamento.

Se rimaniamo a casa, con la mia famiglia, non ci lasceranno un attimo soli.

Che cazzo!

-Mamma, davvero noi…-

-Andiamo dai, non fatevi pregare-

Bill mi guarda ancora e sospira un –Sarebbe un piacere- accompagnato da un grande e mozzafiato sorriso.

Mamma lo prende per un braccio esultante (sapendo che domani al lavoro potrà dire a quella smorfiosa di Irma che ha avuto Bill Kaulitz a pranzo) e lo trascina in cucina facendolo ridere.

-Indovinate chi resta a pranzo con noi?-

Sono le ultime parole che sento prima di chiudermi in camera a cambiarmi.

 

Un semplice top nero con la parte superiore in pizzo, quella in stoffa forma uno scollo a cuore e mi aderisce, completamente al petto. Un jeans mi fascia le gambe e si infila negli anfibi. Stringo la mia piccola cinta di spuntoni ai fianchi e fermo i capelli, che ho asciugato con il phon con un cerchietto nero con dei teschi.

Rinfresco un po’ il trucco e poi arrivo in cucina.

Bill è seduto a destra di mio padre, vicino c’è un posto vuoto, sicuramente il mio, di fronte c’è Matt che lo sta tempestando di domande. Kevin è vicino alla pulce che gioca con il cucchiaio mentre mamma finisce di preparare il pranzo.

-Eccomi-  annuncio avvicinandomi a Bill.

Lo vedo che mi guarda lasciando a metà la frase che poco prima stava dicendo facendomi arrossire.

Mio padre gli tira una manata e lui mi sorride.

Che sta succedendo? Perché sono arrossita?

Mi siedo e sento Bill schiarirsi la voce e muoversi, quasi nervosamente, sulla sedia.

Lo guardo sorridendo quando ricambia il mio sguardo –Sei… ehm… stai bene-

Mi sento morire al suo complimento e abbasso lo sguardo cercando qualcosa che non mi faccia arrossire davanti a lui.

-Bill caro- entra in scena mia madre –Spero che tu abbia fame-

Fa il giro del tavolo con in mano un vassoio di spaghetti al sugo e basilico servendo prima il cantante sotto lo sguardo stupefatto e offeso di mio padre.

Di solito è lui che viene servito prima di tutti.

Bill sorride lasciandosi posare avanti una quantità enorme di pasta per poi ringraziare –Ha un odore stupendo Signora Linke-

Mamma arrossisce mentre io ridacchio.

Certo che Bill ha un potere non indifferente sul gentil sesso eh?

-Bill, chiamami Eleonore, te ne prego-

-Ok Eleonore- le fa l’occhiolino Bill.

Mia madre ridacchia lusingata e poi tira una gomitata a mio padre –Dammi il tuo piatto Lorenz- dice brusca, con un tono in forte contrasto con quello civettuolo usato con Bill.

Mio padre la fulmina con lo sguardo porgendole il piatto.

Mi sporgo verso di Bill in modo da poter parlare con lui senza essere sentita dai miei famigliari –L’hai conquistata-

Ridacchia e annuisce –Mi fa piacere essere simpatico a qualche mamma, di solito mi odiano-

-Perché?-

Lui mi guarda inclinando la testa –Perché le loro figlie spendono patrimoni interi per starmi dietro-

Rido e annuisco –Capisco-

Il moro si gira verso la tavola e, con un sorriso decisamente cordiale annuncia –Buon appetito a tutti-

 

-Mah, credo che la prossima macchina che mi farò sarà qualcosa di meno appariscente-

Papà sta ascoltando Bill incantato.

Alla fine è riuscito a “rapire” anche mio padre con il suo fascino.

-Credo una BMW m1, qualcosa di classico, oppure un’Audi A1- sta dicendo il moro –Insomma, ho già un fuoristrada, vorrei qualcosa di più piccolo-

-Potresti provare con qualcosa d’italiano, tipo un’Alfa Romeo- gli consiglia mio padre mentre si versa un po’ di vino.

Poi allunga la bottiglia a Bill che annuisce appena.

Ne versa il contenuto rosso nel bicchiere mentre Bill riprende a spiegare –Sì, sarebbe un’idea, pensavo anche a una macchina piccolina, tipo una delle nuove C3, quelle con il tettuccio panoramico-

Mio padre storce il naso mentre osserva il cantante portarsi il vino alle labbra –Naa, è una macchina da donne- dice.

Bill sorride mentre beve –È la stessa cosa che dice mio fratello, ma, lei potrà comprendere che, se mi faccio un’altra macchina sportiva come i miei amici, non avrei più un briciolo di privacy, insomma, sarei parecchio riconoscibile-

Mio padre ridacchia –Come se fosse un problema avere un sacco di donne pronte a concedersi-

Quell’affermazione mi manda letteralmente in bestia, senza un perché preciso.

Mi trovo a guardare mio padre con sguardo assassino mentre lui ride della mia reazione.

La risata cristallina di Bill inonda la casa e vedo mia madre che sorride quasi estasiata.

È contenta che papà vada d’accordo con Bill, ricordiamo che lei sta già organizzando un matrimonio.

Il mio.

Bill allunga un braccio che fa passare sullo schienale della mia sedia, facendomi rabbrividire. –Beh, a lungo andare diventa un problema se ti lasciano in mutande sulla piazza Rossa a Mosca, in pieno inverno- si lascia sfuggire alzando un sopracciglio –O ti spiano mentre fai il bagno!-

Faccio scattare lo sguardo su di lui, sorpresa. Ma hanno un gruppo di pervertite al posto di fans?

-A proposito, ieri sera in tv hanno fatto vedere un servizio su un vostro viaggio in Russia, quando ci sei stato ?- domanda mia madre più interessata alla vita da vip di Bill.

Il moro annuisce posando il bicchiere sul tavolo –Ehm, circa tre settimane fa- risponde dopo aver pensato alla data dell’apparizione allo Stadio Olimpico di Mosca.

-Immagino viaggiate molto- afferma mamma rapita dalla voce di Bill oppure dal sapore del gossip.

La conosco abbastanza bene da sapere che muore dalla voglia di scoprire cosa succede nel backstage dello star system che lei tanto ama.

Ancora Bill si trova ad annuire –Sì, abbastanza- afferma –Ma ci fermiamo sempre poco, di solito riusciamo a scucire una settimana in Italia-

-Perché l’Italia?- chiede ancora mia madre.

Ecco, adesso inizia l’interrogatorio.

-Beh, l’Italia è uno dei paesi in cui abbiamo più successo, amiamo tutto di quel posto, le città, le fans e soprattutto il cibo- esclama trillante –Così, di solito, ci fermiamo una settimana lì, tra un concerto e l’altro-

Mamma annuisce.

Anche lei vorrebbe tanto andare in Italia, a Venezia, ma papà non si può permettere simili lussi.

-Poi Roma è davvero la città più bella del mondo, ci fermiamo sempre lì, nonostante ci capitino spesso delle disavventure- Bill ridacchia tra di sé ricordando qualcosa.

Mamma sta fremendo per sapere il motivo delle disavventure ma Bill non le concede il privilegio.

Semplicemente torna serio e fa scivolare una mano sulla mia coscia facendomi trasalire –Dovresti venire una volta con noi, ti divertiresti-

È possibile morire due volte?

Da oggi ho la risposta: sì!

 

 

 

**** 

 

 

 

 

-Grazie Eleonore per il pranzo, davvero, è stato tutto delizioso-

Siamo all’entrata di casa mia, Bill è stato chiamato d’urgenza dal suo manager per una registrazione.

Così, a malincuore, lo devo salutare.

Mia madre lo abbraccia scoccando due baci sulle sue guance magre.

Ok, non l’ha solo conquista, l’ha fatta innamorare di lui.

E Bill non sembra infastidito.

Per forza, è abituato a fans ben più appiccicose di mia madre.

Papà allunga una mano verso di lui e Bill la stringe energicamente sorridendo.

-Vieni a trovarci più spesso Bill- annuncia mio padre con mia grande sorpresa.

È la prima volta che dice a un ragazzo (che mia madre pensa mi stia facendo la corte) di tornare a casa nostra.

Specialmente uno che sembra avere una ferramenta addosso, con tanto di piercing al naso.

La sua proverbiale gelosia per la sua “bambina” è ormai storia.

Bill annuisce gentilmente –Certo, se per voi non è un disturbo avermi tra i piedi!-

-Ma quale disturbo?- si affretta a esclamare mia madre –Sei il benvenuto qui, davvero!-

Bill è troppo gentile.

Altre due o tre volte in questa casa e scapperà.

-Sì, torna Bill- si intromette Matt tirando la manica del suo, sicuramente, costosissimo maglioncino –Così giochiamo alla Play!-

Il cantante sorride ancora e gli scompiglia i capelli con decisione e affetto –Certo campione, o vieni da me che c’è l’Xbox 360- gli annuncia facendogli illuminare gli occhi –Di solito la usiamo alle riunioni dei Tokio Hotel, ma questa volta io e Tom saremo contenti di accenderla per te-

Matt quasi piange dalla gioia.

La nostra vecchia e scassata Playstation due non ha nulla a che fare con la nuova e supertecnologica Xbox dei gemelli.

-Anzi- continua Bill piegandosi sulle ginocchia per poter arrivare, invano, alla sua altezza.

È comunque molto più alto di mio fratello.

–Quando avrai finito i compiti delle vacanze, di ad Andrea di chiamarmi e ti vengo a prendere io, ok?-

Matt annuisce guardandolo con ammirazione.

Credo che, d’ora in poi, Bill sarà il suo Dio.

Lo vedo dai suoi occhietti verdi che luccicano mentre Bill si rimette ritto e gli scompiglia i capelli con la mano smaltata di nero lucido.

-Non te lo scrollerai più di dosso- gli sussurro ad un orecchio.

Bill sorride e mi sfiora il braccio con la sua mano incredibilmente calda –Non mi dispiace piacere a un bambino, davvero!-

È un santo, ne sono certa.

Anche il più paziente tra i miei amici poco sopporta l’insistenza con cui Matt si appiccica alle persone.

Sorrido tra me.

Bill è davvero perfetto.

Si infila gli occhiali e gli do una leggera spinta verso la porta.

Mi ha chiesto di accompagnarlo giù e io, impossibilitata a dire di ‘no’ ai suoi occhioni ambrati, mi appresto a seguirlo giù dalle scale.

-Bill non devi essere così gentile con la mia famiglia- lo guardo –So che sono… strani-

Lui mi si affianca e miguarda attraverso i suoi occhiali neri Dior –Io li trovo simpatici- sorride mozzandomi il fiato –Hai davvero una bella famiglia, mi ricorda la mia-

-La tua?-

Lui annuisce –Nonostante i miei siano divorziati e mio padre sia un bastardo, la mia nuova famiglia è favolosa, e tua madre assomiglia molto alla mia-

-Povero te allora- mi lascio sfuggire pensando alle incursioni mattutine di mia madre assetata di Gossip.

Lo faccio ridere e la cosa contagia anche me.

Senza accorgemene ci ritroviamo nell’atrio del condominio.

Annette è al posto del suo caro maritino e mi sta guardando con gli occhi sgranati.

So cosa sta pensando quella vecchia pettegola.

“Allora è vero che Andrea ha una tresca con entrambi i gemelli Kaulitz”.

Lo leggo nei suoi occhi, ma non le do molta importanza, non ne merita.

Fisso, infatti, lo sguardo verso Bill sentendomi estremamente in imbarazzo. Raccolgo le braccia dietro la schiena e comincio a dondolarmi mentre lui non esce dal portone.

Che sta facendo ancora lì?

-Allora ciao- dico in evidente imbarazzo.

Lui annuisce –Sì ciao-

Ma non si muove.

Rimane lì, immobile, con le spalle rivolte alla porta. Mi fissa con intensità e nonostante indossi gli occhiali, sento l’ambra liquida delle sue iridi scivolare sul mio corpo facendomi rabbrividire.

-Andrea- sospira dopo essersi illuminato in un sorriso luccicante –Ti andrebbe di uscire con me sabato?-

Mi pietrifico.

Sento l’ultimo battito sordo del mio cuore martellare sulla gabbia toracica.

È un suono cupo che sovrasta l’incredulità.

Poi, di colpo, il mio cuore accelera come se avesse paura che al mio cervello non arrivi più sangue. Pompa impazzito facendo risuonare il suo eco tra le mie ossa, sento il suo pulsare intenso nella gola.

Mi sta venendo un infarto.

-è un appuntamento?- chiedo tremando.

Non è matematicamente possibile che Bill Kaulitz mi stia chiedendo di uscire con lui.

No, mi rifiuto di crederlo.

Annuisce sorridendo –Sì, ti sto chiedendo di uscire perché la pizza di qualche settimana fa non può essere considerato un appuntamento vero e proprio, e io… beh… voglio uscire con te, seriamente-

Il mio stomaco fa una capriola e si contorce fino a farmi sentire le così dette farfalle allo stomaco.

Sto iniziando a sentirmi seriamente male.

Il sorriso di Bill mi sta praticamente uccidendo ed eccitando allo stesso tempo.

-Ok, va bene- rispondo semplicemente nascondendo il tumulto emotivo che ho in colpo.

-Perfetto- mormora trionfante abbassandosi alla mia altezza –Vengo a prenderti alle 20:00- mi sussurra capendo che Annette sta origliando.

E poi mi da un leggero bacio sulla guancia, sfiora di poco l’angolo della mia bocca con le sue labbra morbide facendomi pietrificare.

Non sento nient’altro che le miei guance andare a fuoco.

Come fa un ragazzo ad avere un simile potere su di me?

Si mette retto dopo avermi sussurrato un –Ci vediamo sabato Andrea- e prende la porta uscendo dalla mia visuale.

Avrà capito che mi toglie il dono della parola?

Appoggio la schiena contro il muro sentendo il mio cuore schizzare via dall’esofago, le gambe così molli da non reggere il mio peso.

Mi porto una mano sul cuore mentre respiro affannosamente sotto il peso delle emozioni e, subito dopo, sorrido.

Sorrido come non avevo mai fatto in vita mia.

Sorrido perché è bello sentirsi desiderata dal ragazzo che ti piace e chiedersi: perché io?

Perché io, l’anonima Andrea Linke che poco ha a che fare con Miss Germania, che ho una vita normalissima e non un minimo di fascino?

Perché io invece di tutte quelle modelle che si piegano letteralmente ai suoi piedi?

Mi metto ritta salendo le scale.

Chi cazzo se ne frega del perché, uscirò con Bill Kaulitz, mi basta sapere solo questo.

Mi ricompongo quando arrivo davanti alla porta di casa.

Apro la porta mentre sento, distrattamente, il discorso di mia madre con mio padre.

-Simpatico quel Bill- sta dicendo mio padre.

-E bellissimo Lorenz, ha un fascino che non ho mai visto- si dilunga mia madre –Non capisco come abbia fatto la nostra Andrea ad attirare quel ragazzo-

Non lo so nemmeno io mamma, vorrei dirle.

Ma passo senza intromettermi nel loro discorso.

-Vorrei tanto che si mettesse con lui, Lorenz, è perfetto per lei- continua mia madre trasognante.

Lo vorrei anche io, con tutte la mia anima.

Mi avvio verso la porta della mia camera e sento che anche per mio fratello, oggi, l’argomento di conversazione è Bill.

Sta parlando al telefono con un amichetto.

-Sì ti dico, il fidanzato di mia sorella ha una macchina enorme e bellissima, e ha l’Xbox 360 a casa… lo so che ancora non la vendono ma lui è Bill Kaulitz! Sì, quello dei Tokio Hotel-

Matt già sta vagando con la fantasia.

Ma lui è piccolo, non capisce che mai Bill potrebbe stare con me.

Quella convinzione mi manda nell’agitazione più totale.

Non sono all’altezza. Faccio schifo. Non gli piacerò.

Paranoia.

Dopo l’euforia, la paranoia.

Tremo e corro verso la mia stanza.

Ok, ho bisogno di una mano e da qualcuno che conosce Bill meglio di chiunque altro.

Guardo il mio cellulare abbandonato sopra il libro che sto leggendo.

Lo afferro con una velocità che non mi è mai appartenuta.

Apro la rubrica e cerco il suo numero, apro la pagina per un nuovo SMS e scrivo con una furia distruttiva.

 

Bill mi ha chiesto di uscire, aiutooo! Ho bisogno del tuo aiuto, immediatamente, ovunque tu sia, sposta il tuo culo e vieni qui!

 

Non lo rileggo.

Lo spedisco e basta verso l’unico che può aiutarmi, adesso.

Tom.

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** Dai, principessa, dammela una possibilità, no? ***


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[ANNIKA]

 

 

-Allora professor Schroder- il mio tono di voce è vagamente caldo e sensuale- ha deciso con che voto mi presenterà in consiglio?- gli chiedo accavallando le gambe con fare vanitoso e cacciando il petto in fuori.

Vedo lo sguardo del mio professore di Tedesco saettare sulle mie gambe e poi sul mio decolletè.

Alexander Schroder: il pervertito.

In tutta la scuola è ben nota la sua fama di insegnante lascivo e poco professionale. Insegna lingua e letteratura tedesca, anche se durante le sue ore ogni minimo pretesto è ottimo per deviare il discorso su vie decisamente poco consone.

La sua figura è accompagnata da una scia di doppi sensi moralmente dubbi che gli hanno portato la fama di pervertito per eccellenza.

So bene cosa pensa di me: glielo leggo negli occhi e, quindi, penso bene di approfittarne il più possibile.

Lo osservo con occhi da cerbiatta, sbattendo un paio di volte le ciglia.

Lo vedo deglutire e il suo pomo d’adamo si alza e si riabbassa evidentemente.

Lo fisso intensamente, attendendo una sua risposta: nel caso in cui non dovesse essere soddisfacente, basterebbe fare una veloce telefonata al mio paparino e tutto si rimetterebbe a posto, ne sono certa.

Si alza di poco gli occhiali dalla montatura spessa e si passa una mano tra i vigorosi e ormai brizzolati capelli, in un gesto neppure vagamente seducente.

Ridacchio impercettibilmente, poiché giurerei di aver visto una gocciolina di sudore bagnare la sua fronte.

-Signorina Stern- inizia lui facendo sembrare il suo tono di voce almeno un minimo professionale- il voto conclusivo riassume l’andamento di tutto l’anno, è chiaro- dice poi inclinando di poco la testa e giocherellando con una penna che tiene con entrambe le mani per l’estremità.

Lo vedo aprire il registro e scorrere fino a raggiungere il mio cognome, Stern. Scorre con la punta della sua penna la riga orizzontale corrispondente al mio nome e mormora qualcosa tra sé e sé. Durante l’anno ho sempre avuto il massimo dei voti, ovviamente.

E se la matematica non è un’opinione dovrei avere il massimo anche in pagella, alla fine dell’anno.

-Mi metterà 1 non è vero?- gli chiedo chinandomi leggermente in avanti lasciando intravedere la mia scollatura quel poco che basta.

Lui deglutisce e non riesce a non fissare lo sguardo sul panorama in questione.

Lo vedo annuire lievemente e poi sorridermi da vero pervertito.

Gli sorrido di rimando e mi alzo con grazia dal banco su cui ero seduta dopo avergli fatto un occhiolino in segno di assenso.

Bene, e tedesco è sistemato.

Gli volto le spalle raggiungendo le mie amiche sul fondo della classe, appoggiate alla finestra.

-Allora?- mi chiede Caroline curiosa.

La osservo: i suoi grandi occhi neri trasmettono voglia di sapere, di impicciarsi.

Il piccolo viso dalla forma allungata è incorniciato da lunghi capelli neri ricci.

Lei è Caroline Berger, figlia di Alf Berger, uno degli uomini d’affari più importanti di Amburgo.

Ovviamente, anche per questo, lei è una delle ragazze che io frequento in questa scuola.

-Mi metterà 1 ovviamente- esclamo io con fare vanitoso specchiandomi attraverso il vetro della finestra e sistemandomi una ciocca di capelli al lato del mio viso.

Lei sorride sorpresa: è un sorriso sincero, so che non è affatto gelosa di me. Suo padre è una personalità talmente influente in città che assicurare alla propria figlia il massimo dei voti è il minimo che possa fare.

-Secondo me più che merito di tuo padre è merito della tua scollatura!- esclama Christel ridendo e indicandomi il professore ancora seduto alla cattedra che mi fissa.

 Mi giro e vedo l’espressione da allupato perennemente albergata nel suo volto. Torno a fissare le mie amiche e rido divertita. Christel von Ribbentrop è l’erede designata di August von Ribbentrop, discendente diretto del barone Joachim von Ribbentrop, politico e ministro degli esteri tedesco negli anni 40 del 900.

Christel ha il nome di una principessa, e si comporta davvero come tale.

È estremamente elegante, raffinata e in ogni suo comportamento si evince la sua origine nobile.

I suoi genitori non lavorano, ovviamente, ma essendo nobili sono assolutamente benestanti.

-Sembra che il professor Schroder non sia l’unico a mangiarti con gli occhi- mormora Brigitte con tono malizioso.

Una ragazza bassina, magra, dagli occhi verdi e i lunghi capelli castano chiaro mi indica con un gesto del capo di guardare alla mia destra.

Mi volto e vedo Leonard Shubert, figlio del magistrato Knut Shubert.

Si tratta della famiglia di avvocati e magistrati più prestigiosa di Amburgo che vanta generazioni di successo e fama.

Peccato che solo qualche mese fa il padre di Leonard sia stato accusato di aver incitato alla falsa testimonianza durante un processo. Da quel momento è sorto un vero scandalo che ha coinvolto tutta la famiglia e che ha avuto ripercussioni su grossa scala. Ora pare che Knut e famiglia si stiano riprendendo, ma le voci non muoiono mai, soprattutto in ambienti altolocati come quelli da me frequentati.

Vedo gli occhi chiari di Leonard puntarsi su di me e percorrermi con insistenza.

Lo osservo anche io, non nascondendo una certa malizia: è decisamente carino.

Occhi chiarissimi, capelli biondi, alto, ben messo e soprattutto sempre perennemente in ordine.

Ha molto gusto nel vestire e la sicurezza con cui si muove, l’abilità che ci mette nel corteggiarmi non mi dispiacciono affatto.

Durante tutto l’anno tra me e lui c’è stato un potente e deciso gioco di sguardi, ma nulla di più: non potrei mai frequentare il figlio di Knut Shubert, nella situazione in cui si trova ora la sua famiglia.

Eh già, una Stern non può non pensare a queste cose.

Torno a guardare le mie amiche che mi sorridono maliziose.

-Io se fossi in te non ci penserei due volte- mormora Caroline alludendo al bel Leonard.

Scuoto lievemente la testa.

-Non potrebbe funzionare- mormoro io convinta.

-Perché?- mi chiede Brigitte concitata, sventolando i suoi lunghi capelli castani- insomma, l’hai visto?- mi chiede totalmente fra le nuvole. Certo, Leonard è il classico bello da far sbattere per terra qualsiasi ragazza, ma…non è per me.

Rido nel vederla agitata in quel modo.

Mi volto ancora verso di lui: sta con i suoi amici, figli prevalentemente di banchieri ed avvocati, appartenenti alla medio-alta borghesia. Tutti infighettati, perbene, tutti mi sbavano dietro.

Sono decisamente carini, ma non basta.

Agli occhi chiari di Leonard preferisco, purtroppo, quelli nocciola di qualcun altro.

Al suo modo di vestire sempre preciso preferisco, purtroppo, quello più sciatto ma attraente di qualcun altro.

Alla sua camminata perfetta preferisco, purtroppo, quella sexy di qualcun altro.

Penso a Tom. È lui che sta nella mia testa, nonostante io mi sia sempre più convinta che sia terribilmente sbagliato.

-Ehi Annika, ci sei?- mi chiede Christel sventolando la sua mano smaltata di viola dinanzi ai miei occhi.

Mi riprendo dai miei pensieri e abbozzo un sorriso.

-Sisi- mi affretto a dire io cercando di non pensare più a lui.

 

Oggi è l’ultimo giorno di scuola qui, alla  Klassisch Hoch Schule, e tutto è in fermento per l’arrivo dell’estate.

Vedo le mie amiche, accanto a me, che iniziano a parlare dei nuovi costumi da bagno di Fendi, appena usciti. Persino nella grandi boutique è difficile trovarli, tanto sono esclusivi.

Per un attimo mi estraneo da tutto e faccio scorrere il mio sguardo su ciò che mi circonda.

Vedo tutti i miei compagni di classe parlottare tra di loro, ridere, scherzare.

I secchioni della classe, Laurenz, Julia e Marcus stanno seduti attorno ad un banco nel tentativo di decidere quali libri siano più culturalmente elevati e quali siano più intellettualmente adatti per essere letti durante il periodo estivo.

Certo, loro non hanno nient’altro di meglio da fare durante l’estate che rinchiudersi nelle loro enormi ville e leggere fino allo sfinimento. Ma la cosa è alquanto normale: basti pensare che si vocifera che Julia sia ancora vergine!

La guardo: grandi occhialoni neri calati sul naso adunco, capelli crespi scuri e un portamento spaventosamente inelegante. Meglio sorvolare sul suo stile, chiaro: è capace di indossare una maglietta a pois bianca e rossa su un pantalone gessato blu. Devo essere sincera: in quattro anni ci avrò rivolto la parola si e no una volta al mese, quel tanto necessario per copiare il compito di fisica.

Guardo gli altri due, Laurenz e Marcus: uno peggio dell’altro. Sul fatto che loro siano vergini ci metterei la mano sul fuoco.

Probabilmente Laurenz non ha neppure mai baciato una ragazza, dato l’aggeggio metallico che porta perennemente in bocca. Mentre Marcus…beh, lui è l’antimoda in persona. Impacciato, insicuro, sgradevole ma genio in chimica.

È lui che mi passa le formule durante le verifiche.

Gli sorrido falsa giusto per accattivarmelo e lo vedo iniziare a respirare affannosamente, sistemarsi gli occhiali da vista e sorridermi a trentadue denti, quasi in preda ad una crisi d’asma.

Dimenticavo: è cotto di me praticamente da sempre. Come dargli torto?

-Annika, all’uscita vieni da Christel con noi?- mi chiede d’un tratto Caroline distraendomi ancora dai miei pensieri.

-Ehm…nono, oggi mi viene a prendere il mio autista- le spiego.

-Ok, allora dovremo sfogliare le nuove pagine di Vogue e scoprire l’ultima collezione di Louis Vuitton senza di te- mormora Brigitte mettendo un finto broncio.

Rido divertita della loro idiozia.

In fondo voglio bene a tutte loro.

È la nostra estrazione sociale ad accomunarci, il nostro essere svampite, il nostro avere sempre tutto a portata di mano.

Ed è il mio fascino a rendermi la regina incontrastata, qui dentro.

 

*

[TOM]

 

 

Guardo l’enorme Rolex bianco che impreziosisce il mio polso sinistro, regalo di Bill per il mio ultimo compleanno, e vedo che mancano un paio di minuti all’una.

La mia precisione a volte sorprende anche me, a dire il vero.

Con un sterzata entro nell’enorme e lavorato cancello in ferro del liceo frequentato da Annika. Mi guardo attorno e, nell’immenso e sconfinato spazio che la  Klassisch Hoch Schule ha a disposizione, trovo un posto adeguato per la mia R8. Con un gesto deciso e veloce parcheggio e spengo il quadro dell’auto.

Tutto tace: ma tra poco una folla di ragazzi e ragazze affolleranno questo viale, presi dalla gioia estatica causata nei loro cuori dalla fine della scuola e dall’arrivo imminente dell’estate.

Nonostante Bill mi abbia ripetutamente detto che venire a prendere Annika all’uscita di scuola sarebbe stata una pessima idea, priva di senso, degna di uno squilibrato come me…io ho deciso di venire lo stesso.

Sono sempre stato molto sveglio io: e con il passare del tempo e il procedere costante e progressivo nella mia esperienza in fatto di donne, ho imparato a capire decisamente bene i segnali che lanciano di solito le ragazze.

Certo, una come Annika non mi era mai capitata e devo ammettere che a volte con lei non so proprio come comportarmi.

Ma il modo in cui ci siamo baciati l’altro giorno e il modo in cui si comporta quando le sto vicino mi fanno capire che ho buone possibilità.

E poi…Andrea è il mio asso nella manica. Quella piccola metallara si sta rivelando molto utile per me e ho scoperto che dentro quella testolina nera si nasconde un cervello in grado di pensare e…persino di darmi consigli utili.

Probabilmente se non mi avesse spinto lei, con le sue minacce intimidatorie, ad andare da Annika per dirle cosa cazzo sento per lei, io…magari non ci sarei andato.

Se mi sto esponendo così tanto è anche grazie a lei.

È come se lei mi capisse a fondo e fosse in grado di trasformare quelle cose che albergano nel mio cervello sotto forma di “pensieri” in convinzioni e sicurezze che ho sempre avuto ma che non sono mai stato in grado di riconoscere o magari…di ammettere.

Mi slaccio la cintura di sicurezza ed esco dalla mia Audi, chiudendo la portiera alle mie spalle.

Mi sistemo i miei Dita Legends sul naso e mi ritiro di poco, fino ai gomiti, la giacca nera di Dsquared, leggermente lucida, aperta lungo i miei fianchi.

Una semplice t-shirt bianca, molto leggera e non troppo lunga, ricade su un paio di pantaloni gessati grigi, abbastanza larghi. Un paio di sneakers bianche completano il tutto.

Un look che rispecchia decisamente la mia sicurezza.

Nel giro di pochi secondi inizio a vedere qualche ragazzo che esce dall’edificio, correndo come se fosse stato liberato dopo aver scontato una pena di vent’anni in carcere.

Sorrido leggermente nel vederli correre e urlare non so cosa: ripenso a quanto sia bello aver finito la scuola e poter fare ciò che si ama veramente.

Dopo qualche istante il suono martellante e prolungato della campanella si perde nell’aria. Non passa neppure una frazione di secondo che un’orda di ragazzi e ragazze urlanti affollano l’ingresso della scuola, nel tentativo di allontanarsi da quest’edificio il prima possibile.

Presto attenzione e passo in rassegna praticamente tutte le ragazze per riuscire a trovare Annika.

È difficile trovare qualcuno in questo casino di gente, ma Annika è praticamente inconfondibile.

D’un tratto la vedo: riconosco i biondi capelli lunghi e mossi, sciolti sulle spalle. Cammina elegantemente, con calma e nessuna fretta di fuggire via. Anche in una situazione in cui chiunque si lascerebbe andare alla gioia più prepotente, lei mantiene il suo contegno. È forse questo ciò che mi piace di lei.

Procede con un’andatura sicura ma raffinata, con un bauletto di Gucci appeso al braccio e col corpo fasciato da un paio di jeans strettissimi.

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Un semplice paio di Hogan ed una canottiera rosa, su cui ricade un foulard bianco. Il suo viso è coperto da un paio di occhialoni da sole stile vintage.

La vedo avanzare insieme ad altre tre ragazze che non ho mai visto, ma di scarsa importanza accanto a lei.

Faccio qualche passo come per farmi vedere da lei, come per dirle “ehi, sono qui per te”.

Lei fa cadere il suo sguardo su di me: lo capisco dal fatto che si blocca per un attimo rivolta in mia direzione. Mi fissa senza muoversi d’un millimetro. Non se l’aspettava, ed era questo il mio scopo. Farle una sorpresa.

Lei si volta verso le sue amiche, che probabilmente mi hanno riconosciuto visti gli urletti isterici che stanno lanciando, dice loro qualcosa che non riesco a percepire e poi inizia a camminare in una direzione totalmente opposta  a dove sono io.

Inarco per un attimo le sopracciglia, vedendola accelerare il passo verso destra.

Mi viene spontaneo.

-Annika- la chiamo, muovendomi verso la sua direzione per raggiungerla.

Lei non si volta neppure, e continua a camminare.

-Aspetta- esclamo io raggiungendola e fermandola per un polso.

Lei si volta verso di me di scatto, sciogliendo la mia presa.

-Che c’è?- mi chiede con tono distaccato.

Mi meraviglio un po’ del suo comportamento, a dire il vero. L’altro giorno ci stavamo praticamente mangiando a vicenda, adesso non mi rivolge neppure la parola e dopo avermi visto va completamente da un’altra parte.

Mi mette in difficoltà, lo ammetto.

-Non mi saluti nemmeno?- le chiedo io con una sfumatura di malizia nella voce.

Lei sposta lo sguardo di lato per un attimo, per poi farlo tornare su di me.

-Sono venuto a prenderti- le dico io incurvando le mie labbra in un leggero sorriso.

-C’è il mio autista- mormora lei indicandomi l’Audi A5 bianca parcheggiata lì vicino, già in moto.

-Beh, digli che può andare- le dico convinto- ti riaccompagno io oggi- concludo.

Lei inclina leggermente la testa di lato, come sorpresa da quanto le ho appena detto.

-Sei venuto qui per…riaccompagnarmi a casa?- mi chiede lei poco convinta.

-Ti sembra strano?- le chiedo io.

-Devo essere sincera?- mi chiede lei corrugando la fronte- si- dice poi senza neppure attendere la mia risposta.

Sorrido divertito guardandola.

-Avevo voglia di vederti- le confesso semplicemente.

La vedo arrossire di poco e abbassare lo sguardo.

Mi sporgo verso sinistra e incontro lo sguardo dell’autista nello specchietto. Gli faccio segno di andare con la mano e dopo qualche secondo riparte.

Guardo Annika, le passo un braccio sulle spalle tirandola a me e le dico:

-Andiamo, le tue amiche mi stanno divorando con gli occhi da un quarto d’ora- le sussurro in un orecchio.

Lei sposta lo sguardo verso le tre ragazze che sono rimaste lì impalate a guardarci.

Annika ride leggermente, vedendole e le saluta con un cenno della mano.

Arriviamo accanto alla mia auto sotto lo sguardo indiscreto dei pochi presenti rimasti ancora lì fuori all’ingresso della scuola. Faccio scivolare il mio braccio dalle sue spalle e mi avvicino alla portiera.

In un attimo sono dentro ed Annika lo stesso.

Chiude la portiera e si accomoda, prima di allacciare la cintura di sicurezza.

Ruoto la chiave nel quadro con un gesto secco, ingrano la marcia ed il rombo della mia Audi si perde nell’aria e lascia sbigottimento e desiderio in coloro che sono rimasti lì ad osservarci.

Mi immetto in strada e sposto un attimo lo sguardo su Annika che sta seduta, leggermente impacciata, con le gambe accavallate e le mani sulle sue cosce.

-Allora- inizio io per rompere il silenzio appena interrotto dalla voce di Pitbull- com’è andata oggi?- le chiedo.

-Bene!- trilla lei- il professor Schroder m’ha assicurato il massimo dei voti in pagella- mi dice. La felicità e il compiacimento sono evidenti nella sua voce.

-Wow, non sapevo che fossi una…studiosa- le confesso, meravigliandomi. L’ho sempre immaginata una poco dedita alla scuola.

-Infatti non lo sono- si affretta a precisare lei- diciamo che uso…altri metodi- conclude poi tanto vaga quanto maliziosa.

La guardo con espressione interrogativa: cosa vuole dire?

-Non posso rivelare i miei segreti, Tom- mi dice subito lei ridendo.

Rido anche io: è strana oggi, ma è alquanto di buon umore.

Mi fermo al semaforo rosso e dentro di me lo benedico.

Mi volto nella sua direzione e la osservo: è bellissima anche con un semplice jeans ed una canotta.

Sexy da mozzare il fiato in ogni suo più piccolo dettaglio.

Lei mi osserva con un lieve sorriso sulle labbra.

-Ci hai ripensato vero?- le chiedo dopo qualche istante di silenzio.

Mi maledico mentalmente per averglielo chiesto. Ma ho bisogno di sapere.

-A cosa?- mi domanda lei non capendo.

Certo, Tom sei un’idiota!

-Al nostro bacio- le dico semplicemente, continuando a guardarla.

Lei distoglie lo sguardo, puntandolo sulla strada dinanzi a lei.

Sta in silenzio, un silenzio che mi logora dentro.

Insomma, ci ha ripensato? Io ce l’ho praticamente infilato in testa e mi sento uno scemo per questo.

Un bacio, cazzo! È stato solo un bacio!

Picchietto nervosamente con l’indice sul cambio e la guardo.

-è verde- mormora lei indicandomi il semaforo.

Riparto immediatamente e solo ora mi rendo conto che non m’ha risposto.

Non mi ha detto se ci ha ripensato oppure no.

Credo di star diventando paranoico.

-Si- esordisce lei dopo dei minuti che mi sono sembrati eterni.

Faccio saettare il mio sguardo su di lei, distogliendolo dalla strada.

-Ci ho ripensato, Tom- mi dice. È così sensuale quando pronuncia il mio nome.

Sorrido malizioso, estremamente malizioso.

-Ma non ho cambiato idea- aggiunge poi con tono mesto, smorzando all’istante il mio sorriso.

-Sei strana Annika- mi lascio sfuggire.

-Che vuoi dire?- mi chiede lei alzando di poco la voce e fissandomi.

-Che non riesco a capirti- le dico- non so come comportarmi con te- continuo io sincero- un attimo mi sembra che ci mangiamo con gli occhi e l’attimo dopo mi sembra che tu non voglia neppure vedermi- le dico io.

-Ti stupisce il fatto che io sia confusa?- mi chiede con voce pregna di risentimento- ho un casino in testa, ma nessuno sembra riuscire a capirmi. Dovrei dimenticare tutto così? Dovrei passare sopra al male che mi ha fatto solo perché ora te ne sei pentito? Io non voglio calpestare la mia dignità ancora- sbotta lei alzando la voce.

Non so come diavolo fa ma riesce sempre a mettermi in difficoltà.

L’enorme villa Stern si intravede all’orizzonte. Siamo quasi arrivati e la situazione s’è messa malissimo.

-Non intendevo dire questo- cerco di giustificarmi, invano.

-Lascia perdere, Tom, ho sbagliato a salire in questa macchina- mormora poi amaramente.

Rallento, nel tentativo di rendere il più lungo possibile il piccolo tragitto rimanente.

Non voglio che finisca così anche oggi, cazzo.

Scuoto la testa, non so che cazzo dire per recuperare la situazione.

Ormai siamo arrivati, metto la freccia e mi accosto all’ingresso della sua villa.

Non appena la macchina si ferma, Annika fa per aprire lo sportello senza neppure voltarsi a guardarmi, ma io la blocco afferrando con forza un lembo della sua maglietta.

Lei si gira, costretta dalla mia presa.

-Non andartene- mormoro guardandola negli occhi.

Lei mi fissa impassibile, allora mi sporgo sul suo lato e tiro lo sportello chiudendolo. Ho bisogno di mettere le cose in chiaro una volta per tutte.

-Io penso che sia normale che tu sia così confusa- comincio io guardandola negli occhi- ma io non ho mai avuto a che fare con una ragazza come te- cerco di giustificarmi in modo penoso.

-che cosa vorresti dire?- mi chiede lei.

-Che non so come cazzo comportarmi- le spiego senza mezzi termini- sei così bella che io vorrei prenderti, stringerti a me e baciarti, ma poi inizio a riflettere e mi vengono mille dubbi, penso a come potresti reagire, penso che magari poi mi manderesti a fanculo- le spiego- e questo non mi era mai successo con nessuna. Non mi sono mai fatto problemi, lo sai- le confesso. Lei abbassa di poco lo sguardo, senza dire una parola.

-Con te ho sempre paura di sbagliare, e il modo in cui mi guardi a volte mi fa sentire uno stronzo del cazzo- le confesso- mai nessuno, a parte mio fratello, è stato in grado di farmi sentire in colpa con un solo sguardo- le dico.

La vedo fissarmi intensamente e non ci giurerei, ma la sua espressione s’è leggermente ammorbidita.

Le prendo una mano e incrocio le mie dita con le sue, riuscendo a vincere la leggera resistenza che lei tenta di oppormi.

Sorrido leggermente, guardandola.

-Non rendermi le cose ancora più difficili- mormoro sorridendo, e non nascondendo il mio leggero imbarazzo.

Lei si lascia andare ad un lieve sorriso.

-Scusa se prima ho alzato la voce- mormora abbassando lo sguardo.

Rido leggermente.

-Non ti devi scusare, figurati- le dico vedendola così piccola e insicura. Scioglie lentamente la presa della mia mano e fa per voltarsi e scendere dall’auto.

-Senti- la blocco io, dopo averci pensato un po’ su. Sono deciso a dirle ciò che sento da qualche giorno-io non so darmi una spiegazione ma…- le parole sembrano morirmi in gola-…io non ce la faccio a non vederti, Annika- le confesso, esponendomi del tutto.

Non avrei mai pensato di poter dire una cosa del genere ad una ragazza.

La vedo far saettare i suoi occhi azzurri su di me e fissarmi, come stupita.

-Ultimamente mi capita sempre più spesso di ritrovarmi a pensare a te- le confesso io- e ad avere voglia di vederti e di…sentirti vicina- le spiego con qualche difficoltà.

Lei incurva le sue labbra rosa e carnose in un lieve ed impercettibile sorriso. Non ho mai rivelato le mie sensazioni a qualcuno in modo così spontaneo.

-è bello sentirsi dire cose del genere- mormora lei guardandomi- ma…trattandosi di te, credo che tu stia semplicemente confondendo la voglia di riavermi nel tuo letto con qualcos’altro- conclude lei con tono amareggiato.

-Non è affatto vero- mi lascio sfuggire io alzando di poco la voce- so quello che sento- le dico con tono deciso.

Lei abbassa lo sguardo, prendendo a fissarsi la punta delle sue Hogan chiare.

Poggio una mano sotto il suo mento ed alzo leggermente la sua testa, facendola voltare verso di me.

Mi avvicino di poco al suo viso e mormoro:

-Non pensavo di poterti mai chiedere una cosa del genere- inizio incerto- ma io voglio provarci- dico tutto d’un fiato.

Vedo dipingersi sul suo viso un’espressione di stupore mista a sorpresa.

-in cosa?- mi chiede lei non capendo.

-A starti vicino- dico semplicemente- e se questo potrà servirti per fare chiarezza nella tua confusione e per fidarti di me, lo farò come amico- mormoro fissando i suoi occhi sbattere le ciglia un paio di volte.

Lei distoglie per un attimo lo sguardo da me e poi scuote la testa.

-Non potrebbe mai funzionare- mormora disillusa.

-Io dico di si, invece- la contraddico sorridendo leggermente- ti prometto che non ci proverò con te- le dico, anch’io poco convinto di quanto ho appena detto.

Mi piace troppo per poter pensare a lei come una semplice amica, al pari di Andrea.

Lei ridacchia divertita per poi uscirsene con un:

-Ti conosco, Tom!- mi guarda alzando un sopracciglio.

Rido anch’io per l’assurdità di quanto ho detto circa dieci secondi fa.

-Ok, lo so che può sembrare strano detto da me, ma ti prometto che ci proverò…- le dico sincero-…a non provarci, chiaro!- aggiungo poi ridendo del gioco di parole che m’è uscito praticamente spontaneo.

Lei sorride fissandomi: sta per cedere, lo sento.

-Tu non sorridermi in questo modo però- mormoro malizioso alludendo alla sua sensualità che si palesa in ogni suo più piccolo gesto.

Lei gira gli occhi al cielo, ridendo, seguita subito da me.

La guardo intensamente e mi avvicino di poco al suo viso, sussurrandole:

-Dai, principessa, dammela una possibilità, no?!- il mio tono ironico è  evidente e l’appellativo ‘principessa’, che allude alla sua reticenza, la dice lunga. Per me lei è come se fosse una creatura superiore, che, non so come, mi fa un effetto strano.

È diversa da tutte le ragazze con cui ho avuto a che fare. Sotto i suoi capelli biondi sempre perfetti e il suo modo di fare vanitoso e sicuro si nasconde una tenerezza che quasi mi mette a disagio.

E ‘principessa’ è il termine che meglio le si addice, ne sono certo.

Lei mi fissa negli occhi sorridendomi, finalmente.

La vedo annuire lentamente e sul suo viso compare un’espressione di compiacimento, o forse solo di felicità.

Sorrido anch’io, malizioso, fissandola ancora.

Sarà difficile guardarla in quegli occhi così profondi senza desiderare che sia mia.

Ma ciò che voglio adesso è vederla e averla vicina, il più possibile.

-Allora ciao- mormora lei fissandomi ancora per qualche istante prima di poggiare una mano sulla maniglia della portiera.

Fa per aprirla quando le afferro di nuovo, come prima, un lembo della maglietta per fermarla.

Lei si volta di scatto verso di me. Mi avvicino al suo viso e le lascio un lieve bacio sulla guancia, molto vicino all’angolo sinistro della sua bocca.

Lei mi guarda sfuggente, mi accenna un sorriso e mi compiaccio nel vederla arrossire dopo quel mio semplice gesto.

Sono pur sempre Tom Kaulitz.

Si volta di nuovo e stavolta scende dall’auto, chiudendo la portiera alle sue spalle. La vedo avvicinarsi al citofono e premere il pulsante. Nel giro di pochi secondi il grande cancello in ferro si apre e lei entra nella sua residenza dopo avermi salutato con un cenno elegante della mano.

Le sorrido di rimando, alzando la mia mano di poco.

La vedo camminare e mi stupisco ancora di quanto sia tremendamente sensuale, con quel corpo che ho avuto tra le mie braccia diverse volte, ma che mai come ora mi è parso così desiderabile.

Ingrano la marcia e dopo averla vista sparire dietro il portone di casa riparto.

 

 

*

 

Sento il cellulare vibrarmi nella tasca dei jeans e con non poca difficoltà riesco ad afferrarlo.

Rallento di poco, quel tanto che basta per non finire fuori strada, e sblocco la tastiera.

Vedo che si tratta di un messaggio.

Ed il mittente è…Annika!

Curioso, apro il messaggio e lo leggo mentalmente.

 

Ho dimenticato di dirti grazie…per il passaggioJ

A presto, Tom:*

 

Incurvo le mie labbra in un leggero sorrisetto malizioso.

Immagino già il suo sguardo intenso, le sue movenze eleganti che celano una sensualità che mi fa impazzire.

Immagino il suo sorriso

E le sue labbra sulle mie.

 

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Capitolo 21
*** 21. Nient'altro che amici ***


[TOM]






Sono seduto su un divanetto della sala d�incisione con la chitarra sulle gambe quando sento vibrare il mio I - Phone che fa interferenza con il microfono in cui Bill sta cantando.
Mi scocca un�occhiataccia che potrebbe incenerirmi e io mi scuso con un sorrisetto.
David e Bill sono arrivati a maturare l�idea che io voglia, in qualche modo, sabotare il nuovo cd dei Tokio Hotel.
Poso delicatamente la chitarra contro lo schienale di pelle nera e mi affretto ad aprire il messaggio.
Leggo velocemente le righe impresse nelle icone della conversazione e sorrido divertito.

Bill mi ha chiesto di uscire, aiutooo! Ho bisogno del tuo aiuto, immediatamente, ovunque tu sia, sposta il tuo culo e vieni qui!




Bill finalmente ha cacciato le palle!
In un certo senso aspettavo una situazione per sdebitarmi con quel camionista travestito da diciassettenne.
Mi alzo dal divanetto senza dire niente ed esco dalla sala d�incisione per avvicinarmi a una delle finestre del corridoio bianco e spoglio.
Avvio la chiamata e, mentre squilla, mi accendo una sigaretta.
Attendo quattro squilli prima di sentire la sua voce.
-Tom, devi venire immediatamente-
Non mi saluta, vengo solo investito dalla sua visibile agitazione.
Povera Andrea.
-Non posso- le annuncio �Sono in saletta, appena Bill finisce la traccia vocale devo registrare la base per la prossima canzone�-
Lei sospira un �Cazzo� e poi torna a parlarmi �Hai tempo per parlare-
-S�- mi porto la sigaretta alle labbra aspirando la nicotina di cui � composta �Anche perch� devo parlarti anche io- sto un attimo in silenzio.
-Se ti riferisci al bacio Tom, Annika mi ha gi� raccontato tutto- la sua voce � visibilmente allegra �Te l�avevo detto che se andavi da lei le cose si sarebbero mosse-
Annuisco come se lei avesse potuto vedermi e punto gli occhi contro il panorama di Amburgo.
Un leggero colore dorato sta tingendo il cielo preparandolo al tramonto. L�aria � tersa ed � abbastanza fresco, quel poco che basta per stare bene a fine giugno.
-Sono andato a prenderla a scuola- le confesso.
Andrea manda un verso di dissenso �Quindi hai messo piede nel covo dei fighetti del cazzo, ma bravo!- ironica, cinica e realista Andrea, mi fa ridere �E dimmi un po�, hanno snobbato pure te?-
-Sono Tom Kaulitz tesoro, le sue amichette infiocchettate mi hanno praticamente spogliato con gli occhi- dico non nascondendo la mia proverbiale vanit�.
Andrea sbuffa �Tipico- poi sembra dimenticare gli individui dell�alta societ� a si rivolge a me con la sua classica curiosit� �Avanti, raccontami-
-Beh, che vuoi che ti dica, sono riuscita a convincerla a salire in macchina ma�- butto fuori un po� di fumo per poi ciccare �abbiamo litigato-
Andrea manda un leggero verso d�assenso �E�-
-E beh, abbiamo fatto una sorta di� ehm� direi che � un patto- guardo ancora il cielo.
-Sarebbe?-
-Andrea, io non ci riesco a starle lontano- e gi� immagino la sua faccia gongolante �Davvero, per me � uno strazio sapere che non mi vuole come�- Dio, mi prude il corpo a pensare a quella parola.
-Suo ragazzo?- mi aiuta divertita.
Ed ecco la parte sadica di quella metallara. Mi assomiglia fin troppo.
-S�, quella cosa l�- butto gi� schifato �Cos� le ho proposto di esserle SOLO amico- concludo �Le ho promesso che non ci prover�!-
-Ma allora sei un coglione!- sbotta Andrea lasciandomi a bocca aperta �Tu devi provarci perch� a lei piaci, se fai l�amico- dice quell�ultima parola quasi schifata �tutto quello che abbiamo fatto in questo periodo andr�, letteralmente, a puttane-
Annuisco.
Lo so, io non posso resistere ad Annika.
Le ho promesso l�impossibile, me ne rendo conto.
-Sai che le mie promesse valgono poco, sicuramente ci prover� inconsciamente-
Andrea sospira e la immagino massaggiarsi le tempie �S�, ne sono sicura anche io-
-Comunque Andi, io volevo ringraziarti, davvero sono in debito con te-
-Ecco, adesso avrai il modo di sdebitarti- sentenzia dura per poi lanciare un urlo.
Sono costretto ad allontanare la cornetta del I - Phone dal mio preziosissimo orecchio aggrottando le sopracciglia.
-Che cazzo ti prende?- tuono quando lei sembra calmarsi.
-tuofratellomihachiestodiuscireeeee- squittisce a una velocit� inaudita.
-Andrea, non ho capito un emerito cazzo- le faccio notare accigliato �Prendi fiato e poi parla-
La sento ansimare e subito dopo riafferra il contegno scappato �Bill mi ha chiesto di uscire, sabato-
Sorrido malizioso.
Anche Bill batter� chiodo sabato, sono contento per entrambi.
-Eh eh, il mio fratellino ha finalmente cacciato le palle!- mi ritrovo a ridacchiare �Sono davvero felice che�-
-Tom, io non ce la posso fare�- ha abbassato il tono di qualche ottava.
Sbarro gli occhi.
No. No. No. E no.
Un attacco d�insicurezza alla �Faccio schifo� da Andrea no eh!
Non sono il tipo che sa consolare, per niente.
Quello di solito lo fa mio fratello.
Io non ne sono capace.
Spero vivamente che Andrea non sia un� adolescente complessata, lo spero con tutto me stesso.
-Faccio schifo!- mormora triste.
Ecco.
Come non detto.
Sospiro �S� Andrea, ma per qualche strano motivo, che non so spiegarmi, piaci a Bill-
Lei sospira �Non sono alla sua altezza-
Perch� mi sento a disagio?
Tossicchio un po� mentre continuo a fumare.
Tom, prendi la tua sicurezza, dove cazzo l�hai lasciata?
Sei un mago a trattare con le donne, puoi riuscirci con Andrea.
Incoraggiamento del tutto inutile ma almeno mi da il tempo di fare mente locale.
-Non dire stronzate Andi, se ti ha gi� invitata significa che sei alla sua altezza- mi compiaccio di me stesso �In fondo non sei un cesso-
-I tuoi complimenti mi commuovono Tom- fa ironica �Ma resta comunque il fatto che non ho un cazzo da mettermi, non so cosa possa piacergli, cosa dire, cosa fare�-
Nemmeno io.
Come ho fatto, io, Tom Kaulitz, a trovarmi a sentire la crisi da sclerotica di una ragazza che deve uscire con un tipo?
Vabb�, il tipo � mio fratello, ma il concetto � chiaro.
Di solito questi scleri li facevano le ragazze per me, alle amiche.
Nessuna di loro si sente mai all�altezza, ma molte di loro, per me, erano solo un paio di gambe.
Una minigonna e un top e per me andavano pi� che bene, se erano anche facile da sfilare, meglio ancora.
In fondo a me non � mai importato cose mettere ad un appuntamento e nemmeno mi interessava quello che una ragazza si metteva per me.
C�era solo il suo corpo, non mi interessava nemmeno come si chiamasse, basta che non fosse una suora tra le lenzuola.
Ma, comprendo, che per Bill � diverso.
Lui ama la personalit� delle ragazze che sceglie (per lo pi� sbagliate, ma sono dettagli), ci metteva tempo prima di portarsele a letto (anche se aveva i suoi scatti quando era ubriaco o arrapato da qualcosa, siamo gemelli in fondo) e Andrea rispecchia proprio quello che io definirei l�anima gemella per Bill.
Perch�?
Beh, mi assomiglia caratterialmente e, di conseguenza, Bill in lei rivede me.
So che Andrea non deve preoccuparsi, potrebbe pure indossare un sacco di iuta che a Bill piacerebbe comunque.
Lei lo ha fatto innamorare.
-Andi a Bill non interessa quello che ti metti, devi essere te stessa- le dico e mi sento tanto un� amica del cuore.
Blah! A che mi sono ridotto!
-S�, questo lo dici tu- sbotta �Tom, a me piace un sacco Bill�-
Sgrano gli occhi, stupito.
Andrea non me l�aveva mai detto apertamente come in questo momento.
�Cosa? non ho sentito bene!- la prendo in giro.
-Tom, ti prego, non farmelo ripetere- tuona infuriata e imbarazzata �Voglio fare bella figura con lui e, per quanto mi costi ammetterlo, tu sei l�unica persona che mi pu� aiutare-
Sorrido, intenerito �Lo sai che ti aiuter�, sono in debito con te-
-Grazie- mormora, visibilmente in imbarazzo per essersi esposta cos� a me.
Come la capisco.
-Facciamo cos�- propongo mentre spengo la sigaretta sul davanzale �anche se mi sembra una cosa da froci e ragazzine, domani ti vengo a prendere e andiamo a cercare qualcosa di carino per sabato, va bene?-
Silenzio.
-Andrea, va bene?-
-Non mi salterai addosso vero?- mi chiede divertita e ho capito che � gi� un s�.
-Lo sai Andrea, sono un pericoloso stupratore con manie masochistiche, come mio fratello che si sta accollando una piaga eterna come te-
-Tom�-
Sono sicuro che mi mander� a fanculo, lo so.
Mi diverte troppo litigare con Andrea perch� solo Georg era stato capace, prima di lei, di darmi testa.
Georg, per� ,alla fine molla.
Andrea no.
-S�?- chiedo.
-Ti voglio bene-
E quella semplice frase mi spiazza, pietrificandomi.
Non ho mai avuto amiche femmine, quelle che avevo me le portavo a letto.
Con Andrea l�impulso non c��.
Sospiro �Andi, non so cosa vuol dire voler bene a una ragazza senza portarsela a letto, sei la prima amica che ho da quando sono nato, anche all�asilo le bambine mi interessavano come oggetto da far vedere agli altri bambini, ma tu mi sei, stranamente simpatica, e mi sto accorgendo che se tu hai bisogno, io ci sono� ovunque sia, come in questo momento- tossicchio un po� �Di massima, s�, mi importa qualcosa di te-
Lei ride, facendomi sorridere.
-Lo prendo come un �anche io�- trilla �Allora domani, per che ora vieni?-
Soppeso un po� la risposta mentre butto il mozzicone gi� dalla finestra e la chiudo �Per le quattro va bene?-
-S�, a domani-
-A domani!-
Certo che bastano pochi mesi per cambiare totalmente.


*


Tre giorni sui sei che ci dividono dal fatidico giorno li ho passati con Andrea.
Strano.
Mi sento la classica amica che va a fare shopping e si emoziona per qualcosa di carino.
Effettivamente mi sono annoiato a morte, ma vedere Andrea felice mi tirava su di morale.
Mi sono trasformato in cupido.
Ho scarrozzato Andrea avanti e indietro per Amburgo alla ricerca dell�abito perfetto per Bill e alla fine siamo andati sul classico.
Andrea non ha bisogno di attirare l�attenzione.
Ho conosciuto anche la sua famiglia.
Bill aveva ragione, assomiglia molto alla nostra.
Credo che la madre mi guardi con un certo sospetto, ma non ci faccio caso, ho conquistato anche lei.
Matt, il fratellino, mi adora.
Durante le estenuanti �prove abito� dopo lo shopping, me lo caricavo nell�auto e gli facevo fare un giro sull�autostrada, a 180 all�ora.
Con il padre si discute molto d�auto, � un vero intenditore.
Andrea, per quanto mi riguarda, quando fa shopping sembra una di quelle fighette che si ferma ad ogni vetrina.
Non facevano in tempo a uscire da un negozio che ne eravamo gi� in un altro.
Ovviamente ha pagato tutto lei, io non ho speso un soldo per le sue follie.
Mi ricordava, vagamente, Bill in via Condotti, in Italia.
Ormai, le commesse, quando lo vedono si stampano in faccia il simbolo dei soldi, compra pi� Bill in un giorno che una mandria di Showgirl in tutta la loro vita.
E, finalmente, usciamo dall�ultimo negozio.
� venerd� e Andrea sembra, quantomeno, tranquilla.
Sta guardando dentro la bustina rossa quel che ha comprato con un sorriso �Ti piace la camicia?-
Mi giro di scatto verso di lei, alzando un sopracciglio �Che te lo dico a fare?- sbotto �Fai il contrario di quello che ti consiglio-
-Perch� io la vedo cos�- trilla �Bill � il tuo contrario, quello che piace a te non piace a lui-
Le rifilo uno sguardo torvo mentre ci avviamo verso l�auto.
-Devi andare da qualche altra parte o ti riaccompagno a casa?- le chiedo mentre lei termina la contemplazione della sua nuova camicetta.
Lei annuisce �No, possiamo tornare a casa-
Sono sollevato.
Non avevo mai fatto una simile faticaccia.
Mi sistemo la camicia a quadri scozzesi rossa, viola nera che porto su una t-shirt nera e poi inforco i miei Dita Legends nascondendo il mio sguardo ai passati che mi guardano incuriositi.
Perch� Tom Kaulitz dovrebbe andare a fare shopping con una metallara?
La guardo.
Oggi ha l�aria pi� dolce del solito, i capelli le ricadono mossi e vaporosi sulle spalle retti da un cerchietto nero con teschietti bianchi, l�addome � coperto da una lunga e larga maglietta color bianco sporco che reca l�effige di due occhi blu, simili ai suoi, che piangono, il trucco nero cola dalla gote e va ad abbinarsi ai pantaloni di pelle che le fasciano le gambe e si infilano negli anfibi di cuoio neri, un gilet nero completa il tutto.
Indossa anche lei degli occhiali abbastanza grandi neri.
S�, si vede che l�avvicinarsi dell�appuntamento con Bill l�ammorbidisce quasi a farla andare in uno stato di appagamento sensoriale.
Sorrido malizioso �Dimmi un po� Andi, gliela dai al primo appuntamento?-
Il suo viso fa uno scatto inumano.
Punta i suoi occhi coperti dagli occhiali su di me �Scusa?-
-Beh, calcolando che ti ho dovuto scarrozzare pure in un fottuto negozio d�intimo per scegliere il reggiseno per sabato, beh, mi � lecito pensare che�-
Lei si abbassa gli occhiali fulminandomi �Ma ti sembrano domande da fare?-
-Beh, sono tuo amico no?- le dico �Mi sto comportando anche da amica, quindi mi sembra giusto che io sappia cosa hai intenzione di fare con Bill nel dopo serata-
Lei mi incenerisce.
Ma cos�ho detto?
So di per certo che le ragazze, tra di loro, sono capaci di usare doppi sensi che farebbero arrossire persino me.
Lo nascondono bene le donne, ma noi uomini lo sappiamo.
I pervertiti non siamo pi� noi.
Sono le donne che si autoconvincono che� a noi interessi portarle solo a letto quando, in realt�, sono loro, che fin dall�inizio, hanno deciso di concedersi.
La mentalit� femminile � cos� contorta che gli studiosi non cercano di infilarvici.� Si perderebbero o diventerebbero matti.
-Presumo che la risposta sia un s�, visto che sei sulla difensiva-
-No- sbotta criptica.
-Bastava dirlo no? Tanto Bill � abituato ad andare in bianco- mi metto le mani in tasca.
-Sono vergine-
Mi blocco di colpo mentre lei abbassa la testa.
-Scusa, non ho capito- mi volto a guardala �Puoi ripetere?-
-Sono vergine, contento?- esclama infastidita incrociando le braccia sotto il piccolo seno.
La guardo per attimi interminabili per poi scoppiare a ridere.
Cazzo, ha diciassette anni!
Io a diciassette anni me ne ero gi� fatte una settantina.
Lei arriccia il naso e mi guarda basita.
-Mi prendi per il culo, vero?- rido reggendomi la pancia �Hai diciassette anni e sei ancora vergine?-
-Non ci trovo un cazzo da ridere-
Eccola la piccola e scurrile Andrea.
L�ho strappata dal suo stato di finta dolcezza.
La guardo mentre cerco di trattenere le risata con il risultato di piegare le labbra in un ghigno divertito �Scusa-
-Scusa un cazzo!- urla accelerando il passo �Ti dico una cosa intima e tu scoppi a ridere, bell�amico che sei!-
Mi affretto a seguirla �Andi, capiscimi, non me lo aspettavo-
-Vaffanculo!- si gira a guardarmi �Sai quant�� difficile per me questa situazione, tutte le miei amiche non sono pi� vergini e io� oh, non capisco perch� lo sto dicendo a te!-
La guardo intensamente �Sfogati-
-Perch� dovrei? Ti faccio ridere- sbuffa lei sedendosi su una panchina.
Mi siedo al suo fianco e le poso una mano sul ginocchio per infonderle un po� di sicurezza �Perch� magari posso aiutarti-
-Non scoper� con te-
Rido �No, ma sei matta?- mi affretto a dire �Il fatto che tua sia vergine ti aiuter� un sacco con Bill, quello � rincoglionito per l�amore e stronzate del genere e per lui, sapere che nessuno ti ha mai toccata,beh, gli piacer� un sacco-
-Chi ti dice che Bill voglia venire a letto con me se non ha mai voluto nessuno?-
Scuoto la testa ridacchiando e le accarezzo i capelli �Bill non � gli altri- sussurro �E sono degli idioti superficiali-
Mi sorride, quasi timida.
-Se hai fatto colpo su Bill Kaulitz, Andi, devi avere un po� di sicurezza in te stessa, nessuno c�� riuscito in questi cinque anni, ha messo gli occhi solo su di te- gli sorrido per incoraggiarla �Non farti soffocare dalle tue insicurezze-
-Ti voglio bene Tom- mi dice.
Increspo le labbra �Lo stai dicendo troppo per i miei gusti eh!-
Lei ride, per poi puntare gli occhi chiari e seri su di me �Non lo dire a Bill, ti prego, lo far� io� prima o poi-
Annuisco, non capendo il ragionamento, e le sorrido �Parola di Tom Kaulitz-
-Allora c�� davvero da fidarsi- mormora sarcastica.
Rido di gusto e l�abbraccio.
-Grazie Tom- mi sussurra �Sei un vero amico-
E mi ritrovo a sorridere.



*



Suono al citofono.
-Chi �?- mi chiede la voce, inconfondibile, della madre di Andrea.
-Sono Tom, Signora Linke,� mi apre?- domando mentre guardo il portone nero del condominio.
-Ciao Tom, certo che ti apro caro- trilla la voce metallica seguita subito dopo dal rumore della serratura che scatta.
Apro il portone con una manata e mi infilo nell�atrio chiuso del palazzo.
Saluto il portinaio che mi regala un sorriso e salgo le scale.
La madre di Andrea � tremendamente dolce, si rivolge a tutti con l�appellativo affettuoso di �caro� o �tesoro�, mette subito a proprio agio.
Ma, sicuramente, il carattere Andrea lo ha preso dal padre.
Autoironico, cinico, osservatore e goffo.
Arrivo al quinto piano e ad aspettarmi � Matt, il fratellino di Andrea.
Mi corre incontro stringendo la sue manine alla mia vita e io gli scompiglio i capelli.
-Tom!- urla felice mentre io sorrido.
Di solito non sopporto i mocciosi ma Matt � diverso.
Anche lui, caratterialmente, assomiglia ad Andrea e, di conseguenza, a me.
-Facciamo una partita alla Play?- mi chiede trepidante.
Sorrido �Mi dispiace piccolo, scommetto che tua sorella sta sclerando in camera-
-Matt, tesoro, lascia stare Tom- si intromette la Signora Linke uscendo dalla cucina �Andrea � in camera-
Me ne ero accorto, vorrei dirle.
La musica metal si infonde nella casa.
Sorrido riconoscente �Grazie Signora Linke-
-Chiamami Eleonore, Tom- mi sorride di rimando.
Questa donna � un sorridere continuo, mette di buon umore.
-Va aiutare quella testa calda, ha gi� avuto una crisi nervosa-
Rido e mi affretto a seguire la musica fino alla sua stanza.
Apro la porta e vengo investito dalla voce di una che non sembra minimamente Sharon Den Adel ma �, comunque, altrettanto brava.




[ANDREA]


Sono agitata?
No.
Sono terrorizzata.
Se potessi andrei a vomitare.
Sono le 18:30 e sono quasi pronta, mi manca solo il trucco.
Ma le mani mi tremano, dannazione!
E c�� anche mia madre che fa la spola dalla mia camera alla cucina perch� Tom � stato tanto gentile da spifferare a mia madre l�interesse del fratello per me.
Eleonore Linke non aspettava altro che sentirsi dire, dal fratello del suo futuro nuoro, che Bill era interessato a me.
Da qual momento non mi lasciata respirare in pace.
Vuole sapere se ho sentito Bill, se lui scender� quando mi verr� a prendere.
E mi sono fatta un appunto mentale: tenere lontano Bill dalla mia famiglia, almeno per oggi.
Mi aggiro per la camera mentre il cd scala a un� altra traccia.
Ho appena comprato �The Unforgiving� il nuovo cd dei Within Temptation (amo quel gruppo, come si pu� notare) e subito mi sono innamorata di una traccia.
Where is the Edge?
- In the shadows it a wakes the desire, but you know that you can�t realize, and the pressure will just keep on rising, now the heat is on- canto dietro la voce di Sharon.
Adesso si � in ballo.
Gi�, peccato che non mi senta ancora pronta per scendere in pista.
Non sono adeguata per Bill.
Sono solo una ragazza normale e non una Bomba Sexy come lui.
-Where is the edge of your darkest emotion? Why does it all survive. Where is the light of your deepest devotion? I pray that still alive- il ritornello � la parte che amo di pi� della canzone.
E mentre mi immergo nell�acuto della canzone sento la mia porta accostarsi appena.
Mi giro di scatto e vedo Tom sorridere alla mia porta.
Cazzo!
Non mi ero accorta di niente.
Arrossisco di colpo per essere stata colta in flagrante da una rockstar a storpiare una canzone bellissima e mi affretto a trovare la mia faccia pi� dura.
Tom � vestito come se fosse appena tornato da lavoro, normalmente per i suoi standard.
Maglioncino lungo a righe sottili bianche e celeste, jeans gessati grigi e scarpe bianche. La maniche del maglioncino sono tirate fino ai gomiti e mostrano gli avambracci allenati e il costoso rolex.
-Che ci fai qui?- chiedo andando ad abbassare la musica.
-Tu canti?-
Alzo un sopracciglio e annuisco �Ho una band, ma questo non ti da il diritto di sviare la domanda, che ci fai qui?-
Gli do le spalle e vado verso il mio specchio per finire il trucco che avevo iniziato e interrotto.
Afferro la matita nera e me la porto verso gli occhi.
-Sono venuto per darti una mano- mi dice accomodandosi, senza permesso, sul mio letto.
Si molleggia appena e sorrido mentre passo uno spesso strato intorno agli occhi celesti.
-Non mi avevi detto che passavi-
-Non pensavo di passare ma ho immaginato che a circa un�ora e mezza dal fatidico primo appuntamento con mio fratello tu fossi, un minimo agitata- mi spiega mentre posa la testa sul cuscino.
-Fa come fossi a casa tua eh!-� esclamo sarcastica notando il modo in cui si � stravaccato sul mio letto.
Lui ride e butta un cuscino per terra, poi mi guarda attraverso lo specchio �Agitata?-
-Un casino- rispondo mentre afferro il mascara �Me la sto facendo sotto-
-Sono qui per darti supporto morale Andi!- mi appoggia �Ti manca tanto?-
-No, solo il trucco, ma la mano mi trema in un modo assurdo e c�ho messo il triplo del tempo- mi concentro sulla mia immagine allo specchio.
Per l�appuntamento non ho indossato niente di elaborato.
Tom aveva detto di essere me stessa e, cazzo, lo sono.
Con una camicetta dall�aria vittoriana, con tanto di finto corpetto sotto seno, un pantalone nero di raso che stringe le gambe e in controluce mostra i disegni di rose che si arrampicano contro l�arto, una semplice collana nera, la mia preferita, i piercing che splendono color argento, le decollet� nere e il cerchietto nero con i teschi bianchi, unico punto di luce.
Ho lasciato i capelli mossi che mi danno la classica aria angelica e ho terminato il tutto con il trucco da dark.
Sembro pronta, s�.
Teoricamente.
Praticamente sono ancora nel panico pi� totale.
Mi sembra che il tempo non passi mai e che questa dannata incertezza mi faccia perdere, minuto dopo minuto, la consapevolezza di me stessa.
Maledizione.
Mi giro verso Tom �Allora, come sto?-
Il suo sguardo ambrato slitta sul mio corpo. � cos� tremendamente uguale a quello di Bill.
Mi vengono i brividi a pensare a quel ragazzo, immagina a uscirci.
Lui mi toglie il dono della parola!
Far� una figura di merda.
Scappo verso lo specchio pi� grande girandomi su me stessa per rimirami attentamente.
-Sembri una suora, si vede che sei ancora vergine- sentenzia il treccinato senza il minimo tatto.
Mi giro fulminandolo con lo sguardo.
-Andi, dico sul serio, nemmeno mia nonna � capace di abbottonarsi una camicetta fino al collo- continua alzandosi appena dal letto �Non piacerai sicuramente a Bill se non ti dai almeno un po�, contando il fatto che rimarrai vergine a vita-
Alzo un dito medio che gli regalo con un sorriso.
Lo vedo che si avvicina lentamente a me, sovrastandomi nel suo metro e novanta buono.
Bill � cos� alto?
Se sono gemelli, dovrebbero avere la stessa altezza.
-Lascia fare a me!- mi dice abbassando le mani verso la mia camicetta.
-Che cazzo fai?- esclamo quando noto la sua mano accingersi a sbottonare il primo bottone.
-Fidati di me- e sbottona il primo.
Alzo lo sguardo per fulminarlo e, subito, vengo investita dai suoi occhioni ambrati.
Bill. � cos� simile a lui.
La sua mano mi ha sbottonato tre bottoni quando si ferma e sento la sua attenzione concentrarsi su di me.
Il cuore mi si ferma mentre sento il suo respiro caldo lambirmi il viso.
Ed � un attimo.
Tom annulla la distanza tra le nostre labbra e le posa sulle mie.
Un tocco caldo e umido che mi fa rabbrividire.
Le labbra di Bill sono cos�?
Le morde appena e io rimango in estasi totale, mordo le sue immaginando che siano quelle di Bill.
� un mordi e fuggi.
Non approfondisce.
Le miei mani si posano si suoi bicipiti scolpiti, molto di pi� di quelli di Bill e piego appena la testa, mentre le mani di Tom scivolano fino a stringermi i fianchi.
Un altro morso, pi� profondo degli altri.
Il tocco del piercing � gelido.
Ma � nel momento esatto in cui la lingua di Tom disegna il contorno della mie labbra che capisco cosa sta succedendo.
Il viso sorridente di Bill appare nella mia testa e, in fretta, poso le mani sul petto di Tom e lo spingo via.
Orrore.
Mi affretto ad allungare un dito verso di lui e ad assumere un�espressione vagamente dura nonostante sia arrossita �TU!- urlo �COME HAI OSATO BACIARMI?!?!- la mia voce sovrasta la musica �Lo sapevo che eri un brutto porco, come puoi farmi una cosa del genere, io ti credevo mio amico invece�. Cazzo, mi sei saltato addosso-
-Andrea-
-Non posso crederci Tom, a me piace tuo fratello e tu ci provi con me? Sei un essere schifoso-
-Andrea-
-Un bastardo, e ad Annika non ci pensi? A lei piaci e tu mi hai fatto�-
-ANDREA!- urla �Ma che cazzo stai dicendo?-
Mi blocco guardandolo �Mi hai baciata-
-Istinto-
-�Fanculo l�istinto- impreco.
-Hai almeno provato qualcosa?- mi chiede guardandomi serio.
Ok, questa non me l�aspettavo.
Scuoto la testa �No-
Lo vedo illuminarsi di un sorriso sollevato �Neanche io-
Sorrido anche io, presa dal sollievo, non avrei potuto litigare con Annika per quel coso.
No.
Andava bene come amico ma, per qualcos�altro, no!
Scoppiamo a ridere in contemporanea, come due deficienti.
E il bacio che ci siamo scambiati, sparisce.
Come se non fosse mai accaduto.
-Che poi non hai nemmeno la met� delle tette di Annika- ridacchia lui.
Lo guardo e lo colpisco con uno schiaffo sulla spalla �Maledetto porco-
E mi sento avvolgere dalle sue braccia.
Mi sta abbracciando.
Voglio bene a Tom, mi fa persino paura pensarlo, ma � un bene che associo all�amicizia, alla fratellanza.
� diverso da quello che sento per Bill.
Io Tom non potremo mai essere nient�altro che amici.
E mi beo del suo calore mentre capisco che l�amicizia tra uomo e donna esiste. Io e Tom siamo troppo uguali per stare insieme, non siamo fatti per avere una relazione.
E questo bacio ne � stata la prova decisiva.
Io voglio Bill, nessun�altro.
-Ora vado, che se viene Bill e mi trova qui mi uccide, appena torni, qualsiasi sia l�ora, chiamami che voglio sapere tutto ok?- mi sussurra ad un orecchio.
Annuisco e lo guardo �Tom Kaulitz la mia amica pettegola, wow-
-Ma non dirlo a nessuno, mi rovini la reputazione- sorride �E scusa ancora per il bacio-
Scuoto la testa �Gi� dimenticato-
Mi sorride prendendo la porta �Buona fortuna per stasera e� spero che la tua verginit� vada a farsi fottere-
Scoppio a ridere mentre lui scappa dal cuscino che gli ho appena lanciato.
Quando sparisce guardo l�orologio.
19:55.
Mando un urlo animalesco per scaricare tutta la tensione.
Ci siamo.
Adesso sono pronta per mettermi in ballo.� �






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Capitolo 22
*** 22. Uno sbaglio lecito ***


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[ANNIKA]

 

-Quanto sei cresciuta!- mormora, rivolta verso di me, con aria svenevole la signora Muller, consorte del più caro socio di mio padre. Il signor Muller è il consulente aziendale della Stern & Con da prima ancora che io nascessi. È un uomo sulla cinquantina, non troppo alto, e sufficientemente robusto, con un viso cordiale che m’ha sempre ispirato simpatia, fin da quando avevo tre anni e andavo a studio da papà divertendomi a scompigliare le numerosissime carte sparse sulla sua scrivania.

Ebbene, al contrario del signor Muller, la moglie è l’essere più fastidioso che io abbia mai incontrato in tutta la mia vita. Una donnina bassa, scheletrica, bionda, col viso smunto pieno zeppo di rughe evidenti. Grandi occhi scuri mi fissano con fare indagatore e mi scrutano con una tale attenzione da riuscire, ogni volta, a mettermi a disagio.

Annuisco leggermente impacciata, e le mostro uno di quei sorrisi di circostanza, falsissimi, che sono solita fare durante occasioni come questa.

Eh già: mi trovo ad una delle innumerevoli feste in piscina organizzate da mio padre.

Circa tre giorni fa il mio amato paparino è tornato dall’Italia, dopo essere riuscito a concludere un grosso affare con uno dei più influenti politici italiani.

Ed ovviamente per festeggiare e comunicare la notizia agli amici più stretti (circa una cinquantina) ha deciso di organizzare, questo pomeriggio, un cocktail in piscina, con musica soft di sottofondo, addobbi vari sparsi in tutto il nostro giardino immenso (merito del nostro giardiniere Frank), divanetti e sedie rigorosamente coperte da cuscini panna e…un mucchio di falsità sparsa nell’aria.

Senz’altro sono felicissima di come stiano andando gli affari a mio padre: con la sua esperienza, la sua abilità e la sua immensa arte oratoria permette a tutti noi di vivere nel lusso e di goderci ciò che meglio sa offrire l’ambiente altolocato di Amburgo.

Tra la quantità industriale di regali che mi ha portato dall’Italia, c’è questo splendido ed elegantissimo abito Versace che indosso, acquistato direttamente a Milano. Non c’è che dire: ha davvero gusto e uno stile raffinato persino nello scegliere un abito da donna.

Quando l’ho visto per poco sono svenuta: è costituito da due parti, quella superiore bianca lucida, abbastanza stretta con delle sottilissime spalline, e quella inferiore, lunga fino al ginocchio, rosa antico a balze svolazzanti.

È elegante e giovanile nello stesso tempo: in una parola, adatto ad un’occasione del genere.

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Mi guardo attorno, leggermente imbarazzata a causa dello sguardo della signora Muller ancora fisso su di me: ha intenzione di continuare a fissarmi per tutto il pomeriggio?

Vedo un mare di persone, apparentemente simili a me, nel modo di porsi, nel modo di vestire, nel modo di parlare e di atteggiarsi. Ma le sento tutte così diverse da me.

In fondo io ho un cervello ed anche se mi diverto a parlare tutto il giorno dei nuovi stivali di Paciotti, appena usciti appositamente per l’estate, so che ci sono cose ben più importanti.

Loro no.

Loro vivono veramente come se fossero in uno scrigno di cristallo, isolato dal resto del mondo.

Donne altolocate, avvolte in tubini troppo stretti per la loro età che sorseggiano elegantemente un drink che è solo il primo di una lunga serie, perfettamente consce che la loro posizione sociale dipende esclusivamente dal fatto di aver sposato un uomo ricco.

Donne dallo sguardo languido, lascivo, costrette a sopportare un uomo che non desiderano (e che forse non hanno mai desiderato veramente) pur di mantenere un ruolo all’interno di quest’elite di aristocratici cui spesso si appartiene per nascita, ma cui si può talvolta appartenere per ascesa sociale.

Perbenismo bigotto?

Si, molto probabilmente. Ma io ci sono perfettamente abituata, ormai.

Tra gli aristocratici tutto, ogni singolo aspetto, è ricoperto da un velo di perbenismo tanto sottile quanto evidente.

E noi, figli di questa moderna aristocrazia, dobbiamo presto imparare ad abituarci.

Uomini dall’aspetto elegante, perfetto, sempre adeguato, che si sistemano la pochette nel taschino della loro giacca di minimo 1000€ mentre lanciano sguardi squallidi alla moglie del loro più caro socio.

Uomini che fissano mio padre con sguardi decisamente poco gentili, senza sapere di essere visti da qualcuno, mentre desiderano dentro di sè che tutto ciò che permette agli Stern di condurre una vita del genere finisca presto.

E poi…i loro figli. Il loro esatto ritratto.

Ragazze che sono solo apparenza e vuotezza.

Ragazzi che già pensano a come farsi un mucchio di soldi, usando l’inganno basso ed ignobile che i loro padri hanno loro trasmesso.

Li guardo tutti, uno per uno. E mi meraviglio di come io possa trovarmi in un mondo del genere.

Un mondo cui sono, però, perfettamente abituata. E se prima, da piccola, ne ero affascinata e sognavo di diventare un giorno come tutti loro, oggi…ne sono desolata.

Ma non posso, ovviamente, rifiutarmi di partecipare ad eventi così importanti: semplicemente sono presente fisicamente mentre dentro di me contemplo lo sfacelo e la distruzione psicologica causati dal denaro nei loro deboli cervelli.

Sorrido ancora alla signora Muller, lanciando un’occhiata complice a mia madre che è costretta a sopportarla ogni volta che mio padre organizza eventi del genere.

La osservo: stasera è bellissima.

Elisabeth Stern è sempre elegante e mai fuori luogo. Il suo vestito rosa chiaro di raso dona particolarmente alla sua pelle leggermente abbronzata e i lunghi capelli biondo scuro ricadono sulle esili spalle, dandole un’aria più dolce.

-Allora io…vado a prendere qualcosa da bere- mormoro  cacciando fuori la solita scusa che uso ogni volta che una situazione mi diventa troppo stretta.

Mi avvicino al lungo tavolo delle bevande, ricoperto da una tovaglia chiara, ed osservo Hanna, particolarmente in tiro stasera, che mi guarda servizievole e mi chiede cosa desidero.

Scelgo un cocktail fruttato, non troppo alcolico, vista l’ora. Non sono neppure le sette di sera!

Afferro con delicatezza il bicchiere a calice con la mia mano smaltata di panna e me lo porto alle labbra. In ogni gesto che compio tento di non abbandonare quel’eleganza e quel savoir faire  necessari in quest’ambiente.

Vedo alcuni signori riuniti attorno a mio padre che mi osservano attentamente e il mio amato Derick sorride loro indicando me, la sua unica figlia di cui va tanto fiero. Lo guardo anch’io ricambiando il sorriso e facendogli un lieve e poco evidente cenno della mano.

Papà stasera è bellissimo: non poteva non essere al meglio la sera in cui avrebbe annunciato il nuovo grosso affare cui sarà impegnato da qui ad un anno, credo.

Indossa un completo grigio scuro, una camicia lilla chiarissima con pochette abbinata ed una cravatta scura, a righe oblique rosa e grigie. Sempre elegante, ma mai troppo classico. Quel tocco di giovanilità lo distingue sempre.

Mi volto di lato e percorro il bordo dell’enorme piscina che campeggia al centro del giardino, fino a raggiungere uno dei numerosi divanetti chiari posizionati per l’occasione.

In questo tipo di cocktail c’è sempre un momento in cui subentra la noia.

E allora mi siedo in un angolo, con un drink in mano sperando di passare inosservata e cercando di passare in rassegna tutti i figli di papà che abbondano.

È in questo momento che, mentalmente, contemplo ed analizzo tutti gli individui presenti.

Vedo la figlia degli Shlegel: una bamboccia viziata a cui i suoi non dicono mai di no.

Dei lunghi capelli ricci scuri incorniciano quel viso da barbie esaurita che si ritrova.

La vedo seduta su una sedia col broncio, mentre sventola agitata una gamba. Probabilmente i suoi non le avranno dato il permesso di portarsi a casa il figlio trentenne dei Burkan, destando così la sua ira.

Eh già, si dice di lei che sia una bella puttanella. E si sa che in questa cerchia le voci non circolano mai a caso.

Poso poi lo sguardo sui ragazzi: belli, senz’altro, perbene ma…non il mio tipo.

Troppo perfetti, troppo pariolini, troppo poco bastardi.

Ho il gusto del masochismo, lo so.

D’un tratto vedo mia madre avvolta nello splendido vestito rosa antico (anche quello regalo di papà dall’Italia) venirmi incontro con grazia.

Mi alzo dal divanetto e la vedo raggiungermi, mentre ruota gli occhi al cielo, in segno che non ne può più di ascoltare i problemi di coppia di tutta Amburgo.

-Annika, dovresti farmi un favore- mormora con un tono che già non promette nulla di buono.

La guardo poco convinta, esortandola a parlare.

-Il figlio dei Leibniz- mi dice semplicemente. Quattro parole più eloquenti di un intero libro di diritto.

Sbianco del tutto e fisso mamma con sguardo implorante.

-Non puoi farmi questo, mamma- mormoro a denti stretti sperando vivamente che lei abbia pietà di me.

-è lì seduto, ti prego- aggiunge poi, indicandomi un ragazzo seduto sull’enorme dondolo in fondo al giardino.

Lo guardo per un attimo sentendomi morire, poi torno a guardare mia madre, con sguardo di chi ha appena ricevuto la notizia di dover andare al patibolo.

-Tutti dobbiamo fare dei sacrifici, Annika- se ne esce con la sua solita massima (quella che mi ripete puntualmente ogni volta), prima di voltarsi sui suoi tacchi 10 e tornare ad intrattenere le infelici ed ipocrite signore di Amburgo.

Guardo ancora in fondo al giardino.

Adam Leibniz, figlio di Georg ed Isabel Leibniz, i più vecchi amici degli Stern.

Georg e mio padre Derick, da ragazzi, hanno frequentato lo stesso liceo, la stessa università e sono sempre stati migliori amici, compagni di banco e una coppia indissolubile di confidenti.

Tra loro c’è sempre stato un legame speciale: uno di quei rapporti che si mantengono nel tempo, solidificandosi col passare degli anni e con l’avvicendarsi delle situazioni.

È un po’ come l’amicizia che lega me ad Andrea, anche se moltiplicata all’ennesima potenza.

Mentre la moglie di Georg Leibniz, Isabel è da tantissimi anni la migliore amica di mia madre. Georg si è fidanzato con Isabel circa due anni dopo l’incontro tra mio padre e mia madre e le due sono diventate subito amiche.

I miei mi raccontavano spesso delle loro uscite a quattro e da ogni loro dettagliata descrizione riuscivo perfettamente a capire quanto legati dovessero essere tutti e quattro.

Non si sono mai persi di vista, e hanno sempre tenuto un comportamento splendido nei confronti di tutti noi Stern, mostrandosi gentili, educati ed estremamente fedeli.

Non c’è stata una situazione di difficoltà in cui i Leibniz non siano stati al nostro fianco e viceversa.

Il loro cognome, come non pochi sanno, è pregno di storia: la loro è la quarta generazione che discende da William Gotfried Leibniz, il celebre filosofo razionalista tedesco.

Eh già, mio padre non poteva che frequentare il mio stesso liceo, per prestigio ed estrazione sociale, e non poteva che frequentare persone alla sua altezza.

Sorrido vedendo mia madre e mio padre ridere e scherzare, sempre in maniera composta, con i Leibniz. Mia madre mi ripete in continuazione che durante questi cocktails l’unico momento di sollievo e di rilassamento è quello trascorso con Georg ed Isabel. L’unico di piacevolezza, tranquillità e gioia.

Guardo poi l’oggetto della mia attenzione: il loro unico figlio.

Adam. Un completo grigio, eccessivamente elegante per un ragazzo di  soli19 anni, lo avvolge, conferendogli l’aria di un potente uomo d’affari.

Il colletto di una camicia bianca è legato da un farfallino nero, dall’aria decisamente retrò. Sta seduto composto sul dondolo in fondo all’angolo nord del mio immenso giardino, senza dondolarsi minimamente.

Gli si scompiglierebbero i capelli.

Viso magro, leggermente allungato, occhi scuri e vaporosi capelli neri sempre perfettamente pettinati.

Mi alzo faticosamente come se improvvisamente pesassi un quintale e stringo la mia pochette Liu Jo beige tra le mani.

A passo poco convinto ed enormemente lento mi avvio verso di lui, sotto lo sguardo compiaciuto di mia madre.

DEVO. FARLO.

Mi continuo a ripetere dentro di me, e man mano che quest’imperativo rimbomba nella mia testa acquisisco sempre una minore convinzione.

Adam è l’unico figlio dei Leibniz, i migliori amici dei miei genitori.

Il ragazzo perfetto, bello, benestante, perbene, al primo anno della facoltà preferita dai miei genitori: Economia e Commercio con indirizzo di Gestione Amministrativo-Aziendale.

Il ragazzo che tutte le giovani dell’Amburgo bene sognano: già pronto ad ereditare l’attività paterna, con grande spirito imprenditoriale nonché iniziativa privata.

E, se la matematica non è un’opinione, i miei genitori stanno già organizzando il nostro matrimonio nella loro testolina bacata.

Il fatto che io lo trovi idiota, infantile e terribilmente noioso non conta, ovviamente.

Conta solo rinforzare il legame Stern-Leibniz, creando un binomio che sarà, a detta di mio padre, “inscindibile nei saecula, saeculorum”.

Mi muovo con andamento leggiadro in direzione di quel ragazzo che, spudoratamente, da sempre mi fa la corte.

Eh già: è innamorato di me da quando eravamo bambini ed è forse questo uno dei motivi per cui io non trovo in lui il minimo fascino.

Non la minima attrazione, non il minimo interesse verso di lui.

Lo vedo alzare lo sguardo verso di me ed illuminarsi evidentemente.

Bene, se vede che sono io a rivolgergli la parola, si darà ancor più coraggio, pensando che a me importi qualcosa di lui e allora quell’estenuante corteggiamento che mi irrita terribilmente non avrà più fine.

-Ciao- mormoro io poco convinta vedendolo già scansarsi di poco e farmi spazio accanto a lui.

Lui mi rivolge un sorriso a trentadue denti ed esclama un:

-Buonasera, Annika- la gioia estatica nella sua voce è quasi tangibile. Bene, iniziamo con i formalismi.

Vedo la sua mano battere delicatamente sul cuscino accanto a lui, segno che mi sta invitando ad accomodarmi accanto a sè.

Sorrido falsa e con una leggerissima incertezza mi siedo accanto a lui, il più possibile distante dal suo corpo.

Odio prendere in giro le persone, ma con lui sono praticamente costretta. Provare a spiegare ai miei genitori che uno come Adam Leibniz non lo guarderei neppure se fosse l’ultimo essere di sesso maschile rimasto sulla faccia della terra è del tutto inutile.

Per loro conta l’apparenza, in questa squallida e falsa società in cui siamo inseriti.

Vedo Adam fissarmi intensamente con quei grandi occhi scuri che, devo riconoscere, non hanno niente di sbagliato.

Lui, nelle sue fattezze fisiche, non ha niente di sbagliato.

Alto, magro ma non troppo, bel fisico decisamente (nell’ultima festa in piscina ho avuto persino occasione di notare gli addominali leggermente scolpiti sul suo petto, nonché il sedere sodo e perfetto), bel viso, sorriso piacevole.

Ma…terribilmente idiota.

Adam Leibniz è l’idiozia in persona. Tutto di lui emana insicurezza, demenza, mancanza di fascino e talvolta persino fastidiosa invadenza.

-Come stai?- mi chiede per rompere il ghiaccio.

Brava, Annika, decisamente sei in grado di non mostrare il minimo interesse nei suoi confronti.

Sono venuta qui….per stare in silenzio.

-Bene- esclamo io cercando di fingermi almeno un minimo allegra- e tu?- do alla mia voce un’intonazione decisamente troppo finta.

-Notevolmente bene- esclama lui annuendo col capo, in un gesto che mi ricorda tremendamente quello di un impresario che annuisce compiaciuto dinanzi all’estratto conto della sua banca.

Gli sorrido tirata annuendo anch’io come una deficiente.

-Sei bellissima stasera, Annika, vorrei complimentarmi con te- mormora lui in evidente imbarazzo, guardandomi.

Eh già, anche nei complimenti, lui usa il linguaggio solitamente usato durante una conferenza.

Sorrido fingendomi lusingata, ma in realtà terribilmente in imbarazzo.

Ripenso inconsapevolmente al modo che ha…Tom, di farmi i complimenti.

Quel tono di voce roco, sensuale, quel suo modo tremendamente sexy di guardarmi e di dirmi che sono bellissima.

Dinanzi ad un complimento di Tom potrei addirittura sciogliermi.

Non c’è il minimo paragone tra i due.

Guardo Adam che sventola nervosamente un piede, pensando di essere riuscito a fare colpo su di me.

-Ehm…Grazie- mormoro io a bassa voce e stringendomi nelle mie spalle.

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-Desideri qualcosa da bere?- mi chiede cortese.

Scuoto subito la testa. L’ultima volta che gli ho risposto di sì mi ha portato un succo di frutta alla pesca, che non bevevo neppure quando avevo cinque anni.

-Nono, grazie- mi affretto a dire io sorridendogli e cercando di risultare almeno lontanamente cordiale.

Lui annuisce e prende a guardarsi la punta delle scarpe.

Io lascio scorrere il mio sguardo attorno a me e vedo mia madre che mi sorride come per incitarmi.

La trucido con lo sguardo e torno a guardare Adam.

Lui alza lo sguardo verso di me e mi sorride impacciato.

-Lo sai che oggi, all’università, ci hanno fatto assistere ad un’operazione di simulazione di gestione di un’impresa amministrativa?- mi chiede appiccicando insieme un mare di parole di cui non conosco minimamente il significato.

Ma lui pensa davvero di poter conquistare una ragazza con argomenti del genere?

Faccio finta di nulla ed annuisco, fingendomi interessata.

-Ah, davvero?- chiedo io inclinando leggermente la testa.

Non l’avessi mai fatto.

-Si! È stato decisamente emozionante!- esclama lui con quell’ eccitazione nella voce che ho provato io l’ultima volta che ho fatto l’amore con Tom, prima di scoprire quale fosse la sua reale intenzione- sai, simulare la gestione di un estratto conto, di un’operazione bancaria, di un progetto immobiliare, accompagnato dalla spiegazione dettagliata di un importante dirigente del settore è un’esperienza bellissima!- esclama lui visibilmente esaltato.

Annuisco vigorosamente, sorridendo falsa, e chiedendomi dentro di me se questo ragazzo non sia magari un amministratore sessantenne incarnato nel corpo di un diciannovenne.

-E poi ci hanno spiegato come funziona l’analisi e la lettura di un documento di gestione aziendale- riprende poi facendomi venire voglia di scavarmi una buca sottoterra pur di non sentirlo più- prima occorre scorrere la colonna dell’importo, poi quella progettuale ed infine quella dell’azienda affiliata- esclama lui mentre sento le mie palpebre divenire sempre più pesanti.

Ecco cosa intendevo per…palloso.

-Ti sto annoiando?- mi chiede d’un tratto.

-NO!- esclamo io voce un po’ troppo alta, forse.

-Bene, allora vuoi sapere in quali parametri consiste una colonna progettuale?- mi chiede con gli occhi che gli si illuminano e mentre si volta del tutto verso di me.

Devo proprio? Sinceramente non me ne frega un bel niente.

-Ehm…- sto per dirgli di sì (ho scelta?) quando sento il coro dell’Halleluja provenire dalla mia borsetta.

In realtà è solo la suoneria del mio cellulare, ma che mai mi è apparsa così deliziosa.

Mentalmente ringrazio Dio di aver avuto pietà di me e in un nano secondo apro la chiusura della mia pochette e ne estraggo il mio I- phone bianco.

Guardo lo schermo lampeggiante e il nome del mittente mi comunica che presto dovrò fare una statua a Bill.

Guardo Adam fingendomi dispiaciuta di interrompere quell’interessantissima conversazione sulla gestione aziendale e mi scuso con lui, alzandomi ed allontanandomi di qualche passo.

Premo il tasto verde e mi porto il telefono all’orecchio.

Non riesco neppure a dire “Pronto” che la sua voce mi investe letteralmente.

-Porca *******- allontano di colpo il telefono dal mio orecchio per evitare di rimanere sorda a soli 18 anni.

Inevitabilmente il volume alto con cui Bill ha pronunciato il suo…saluto, ha destato l’attenzione dei presenti.

In particolare Josh, il figlio trentacinquenne dei Roth, in seminario da un paio di anni si volta di scatto, come preso da una scossa elettrica. Lo vedo fissarmi come se fossi l’anticristo in persona e farsi rapidamente il segno della croce, mentre stringe tra le mani il rosario che pende dal suo collo, avvolto già dalla fascetta bianca tipica dei sacerdoti.

Lo guardo allarmata e gli sorrido leggermente come per scusarmi e mi riporto il telefono all’orecchio, allontanandomi dagli ospiti, per quanto possibile.

-Bill!- esclamo io con tono di rimprovero.

-Sono nella crisi più totale, porco ***!- sbotta lui costringendomi ancora ad allontanare il mio cellulare dall’orecchio.

-Me ne ero accorta- mormoro io scuotendo la testa contrariata- ti dai una calmata?- gli faccio io cercando di mantenere basso il mio tono di voce.

Mi giro di poco e vedo Josh ancora osservarmi mentre, concitato, sgrana con le mani il rosario.

Mi volto di nuovo e sento Bill urlare ancora dall’altra parte del telefono.

-Come cazzo faccio a calmarmi, me lo spieghi?- urla lui. Poi sento un botto, sordo, rumoroso, deciso- mannaggia la *******!- aggiunge infine.

In tre minuti di “conversazione” ha mandato per aria quasi tutto il calendario.

Non pensavo che Bill Kaulitz potesse perdere il suo contegno in questo modo.

Pensavo che, tra i due, Tom fosse quello più…facilmente irritabile.

Sento un altro rumore sordo seguito dall’ennesima bestemmia e ruoto gli occhi al cielo, sconsolata.

-Stai distruggendo la tua camera, Bill?- gli chiede sentendo l’ennesimo botto seguito da un mugolio di dolore.

-Si, per ***!- aggiunge poi urlando ancora.

-Quando hai finito di rivoltare tutto il paradiso mi spieghi cos’ è successo?- gli chiedo io cercando di farlo calmare in qualche modo.

Lo sento imprecare ancora, a voce alta.

-Insomma, te la dai una calmata?- sbotto pure io, destando l’attenzione dei pochi presenti più vicini a me.

Mi schiarisco la voce, recuperando la mia eleganza e facendo loro un lieve gesto con il capo.

Dovrò farla pagare a Bill per la situazione in cui mi sta mettendo.

-Ho un appuntamento con Andrea- mormora lui con tono cupo- stasera- la sua espressione si tinge di panico.

Sorrido raggiante al pensiero della mia piccola Andy alle prese col suo primo vero ragazzo.

Ragazzo che, peraltro, è simpatico anche a me.

O che, almeno, lo era prima che facesse una sfuriata del genere al telefono.

-Ma è fantastico!- commento io felicissima per entrambi.

-Si, c’è solo un piccolissimo dettaglio: non so cosa cazzo mettermi!- urla lui isterico- sono nel panico, Annika!- aggiunge poi con un’agitazione tangibile.

Mi lascio sfuggire una lieve risata pensando alla scena comica di Bill che manda tutto il suo armadio all’aria in preda ad una crisi nervosa.

-Cerca di mantenere il controllo, Bill!- esclamo io sorridendo lievemente e sentendomi tanto maestro guru in questo momento- ad Andrea piacerai in qualsiasi modo! Non importa quello che indosserai, a lei piaci tu!- gli dico cercando di riportarlo alla realtà.

Sento il silenzio dall’altra parte del telefono. Si sarà ucciso?

-Basta un jeans ed una t-shirt- aggiungo poi- e per lei andrai benissimo!- esclamo io convinta.

-Ma io, Bill Kaulitz, icona di moda, non posso andare al primo appuntamento con una ragazza vestito con un semplice jeans ed una squallida maglietta scelti a cazzo!- sbotta lui isterico.

Ok, Bill può essere peggio di una donna in piena fase mestruale.

E in più si sta rivelando un pazzo esaurito.

Sospiro profondamente. Le cose si stanno mettendo male.

Decisamente male.

-Non pensavo di potertelo mai dire, ma…ho bisogno di te- mormora quasi sull’orlo di un pianto isterico.

Mi guardo attorno: se dicessi a mia madre che devo andare via mi bandirebbe dallo stato di famiglia, come minimo.

Ma sento l’implorazione di Bill dall’altro capo del telefono e mi intenerisco.

Sospiro ancora pesantemente.

-Con questa frase potrei ricattarti ora, lo sai?- mormoro fingendomi pericolosa.

-Tutto quello che vuoi, Annika, l’importante è che vieni subito qui!- esclama lui implorante.

Sorrido leggermente.

Per qualcuno sono importante.

-Aspettami che arrivo- mormoro io rassegnata al mio futuro di consulente di moda.

-Grazie, Annika, sei la mia salvezza- mormora finalmente sollevato prima di chiudere la chiamata.

Rinfilo il cellulare nella mia borsetta e, stile James Bond 007, mi avvio lentamente verso l’uscita.

Vorrei non dare nell’occhio e fuggire via, di nascosto, si.

Peccato che quel demente di Adam mi abbia visto.

-Annika!- esclama facendomi sobbalzare.

Ruoto gli occhi al cielo maledicendo quel dì in cui Georg ed Isabel lo concepirono.

Mi stampo in faccia un sorriso spudoratamente falso e mi giro lentamente verso di lui.

-Si, Adam?- gli rispondo cordiale, mentre nella mia testa sto già correndo via, verso casa di Bill.

-Chi era pocanzi al telefono?- mi domanda con quell’invadenza che odio di lui e quel linguaggio magniloquente che io non userei mai, al suo posto, con una ragazza- il tuo promesso sposo?- mi chiede poi.

Mi faccio una risata, che m’esce del tutto spontanea, prima di recuperare presto il mio contegno e sistemarmi il tessuto del mio vestito con un gesto simbolico.

Bill il mio….promesso sposo?

Rido ancora, non riuscendo a contenermi.

Sorvolando sul fatto che per Adam tutto il lessico della lingua tedesca dovrebbe essere rivoluzionato (promesso sposo per lui equivale a fidanzato), penso alla macabra idea di Bill come mio ragazzo. Credo che litigheremmo e ci lasceremmo nel giro di una settimana perché vorremmo comprare entrambi la stessa borsa Chanel.

Bill è la mia fotocopia al maschile: non potrei mai stare con lui.

-Ehm, nono- mi affretto a precisare scuotendo la testa, come per scacciare anche la sola idea dal mio cervello- era un…amico!- esclamo io annuendo.

-Ah- mormora lui sollevato- allora ti interessa ancora la costituzione dei parametri di una colonna progettuale?- mi domanda.

Bene, avete una pistola? Sono pronta per uccidermi.

Ma poi dentro di me sorrido serafica.

-No!- esclamo io convinta sorridendo- devo andare, è stato un piacere, Adam- mormoro prima di voltargli le spalle, senza neppure concedergli il diritto di replica, e scappando via.

Se non arrivo in casa Kaulitz nel giro di dieci minuti, potrei essere parte della causa del suicidio del cantante dei Tokio Hotel.

Sto per rientrare in casa a prendere le chiavi della mia Audi, quando sento una mano ossuta prendermi per un polso.

Oh no, Adam, vai a ‘fanculo una buona volta!

Penso dentro di me, terribilmente stufa.

Mi volto e vedo il viso severo di mia madre, addolcito da un trucco sulle tonalità del rosa.

-Dove stai andando, Annika Stern?- mi chiede decisa.

Oh no! Ha pronunciato il mio nome e cognome: brutto segno.

Molla la presa attorno al mio polso e incrocia le braccia sotto il suo seno con espressione autoritaria.

-Ehm…è un’emergenza mamma! Ma ti prometto che torno subito!- mormoro io implorando letteralmente la sua intercessione.

Lei mi guarda severa, scuotendo la testa.

-Non puoi andare via, lo sai- mi sussurra per non farsi sentire dalle sue “amiche” che ci stanno fissando.

Ora si inventeranno chissà quale storia da raccontare non appena andranno a farsi la messa in piega la prossima settimana.

-Lo so, mamma, ma devo assolutamente!- mormoro io in notevole difficoltà.

Non posso certo dirle che Bill Kaulitz ha bisogno di me perché non sa cosa mettersi all’appuntamento con Andrea!

Lei mi guarda con disappunto.

-Torno subitissimo!- le assicuro io- prima della dichiarazione ufficiale di papà, te lo prometto, mamma- aggiungo poi convinta.

Lei si addolcisce leggermente.

-è importante- mormoro poi facendo quell’espressione da bambina che ha sempre avuto presa su di lei.

-Muoviti, cercherò di non farlo capire a tuo padre!- mi dice lei guardandosi attorno con aria circospetta.

Sorrido smagliante, notevolmente sorpresa. Mamma che mi copre?

Non l’aveva mai fatto prima! Questa donna riserva un sacco di sorprese!

-Grazie- le sussurro piano prima di voltarmi definitivamente  e scappare via.

Per una volta mi sento una ragazza normale, e non la figlia altolocata degli Stern chiusa in una gabbia dorata che le sta decisamente troppo stretta.

 

 

 

 

*

 

 

 

Parcheggio la mia Audi A3 cabrio accanto alla Q7 bianca di Bill.

Mi compiaccio nel notare che circa 100.000 € di auto giacciono in soli quattro metri quadro di vialetto.

Noto distintamente che…manca l’R8 di Tom: non è in casa.

Mi dispiace per un verso: anche se mi imbarazza terribilmente, non mi dispiace affatto vederlo, devo ammetterlo.

Mi meraviglio io stessa del mio pensiero, e lo scaccio via, mentre velocemente scendo dall’auto e la chiudo premendo l’apposito pulsante posizionato sulle mie chiavi.

Appendo la mia borsetta alla spalla e, cercando di essere il più rapida possibile sui miei tacchi 12, salgo i pochi scalini e suono il campanello.

Ci sono già stata qui, e purtroppo mi nuoce ricordarlo. Ma ogni volta mi stupisco di quanto questa casa sia ben tenuta ed originale.

Immediatamente, dopo pochi secondi, vedo la porta aprirsi dinanzi a me e mostrarmi un Bill decisamente isterico, avvolto in una t-shirt nera semplicissima che ricade su un paio di boxer scuri.

Lo guardo da capo a piedi: già il modo in cui è venuto ad aprirmi mi dà la misura di quanto sia in crisi.

Sor volo sul fatto che sia praticamente in mutande.

Lui mi squadra evidentemente e poi mi guarda in viso.

-Come diavolo ti sei vestita?- se ne esce poi, con un delicatezza che ho sempre pensato appartenesse a Tom e non a lui.

Sventolo una mano in aria come per dirgli di non darci troppa importanza.

-Ero alla festa organizzata da mio padre dopo il suo ritorno dall’Italia- gli spiego io- e in un’occasione del genere è d’obbligo vestirsi così!- dico poi indicandogli il mio vestito, impreziosito dalle perle che indosso.

Lui annuisce, sorridendomi appena, prima di farmi spazio in casa sua. Entro e mi guardo attorno: i Kaulitz non si smentiscono. Tutto sempre perfettamente ordinato.

-Mi dispiace averti disturbata, allora- mormora lui alludendo alla festa cui mi trovavo.

-Non preoccuparti- lo rassicuro io- a dire il vero, mi stavo annoiando a morte- gli confesso facendolo ridere.

-E misà che devo anche scusarmi per l’irruenza che usato prima al telefono- aggiunge poi grattandosi dietro l’orecchio con fare imbarazzato.

Ridacchio leggermente, ricordandomi tutto il rosario che ha mandato per aria Bill poco fa.

-Devo ammettere che non pensavo che tu potessi essere tanto…- tento di trovare la parola esatta.

-Scurrile?- mi aiuta lui- quando perdo il controllo sono capace di fare di tutto!- esclama lui facendomi ridere.

Bene. Ho scoperto che Bill ha una pecca.

Dovrò dirlo ad Andrea.

-Bene, andiamo in camera, ho assolutamente bisogno del tuo aiuto!- mi dice lui sbarrando gli occhi e ricordandosi di essere nella merda.

Mi afferra per un polso e mi trascina su per le scale, dietro di lui.

In un attimo siamo nella sua stanza e con prudenza entro, sperando di non trovarmi di fronte allo sfacelo, cui, appunto, mi trovo dinanzi.

Aggrotto la fronte vedendo lo stato pietoso in cui giace il letto matrimoniale di Bill.

Passo in rassegna la quantità innumerevole di scarpe sparse per terra (ognuna, ovviamente, rigorosamente spaiata) e poi fisso il viso di Bill, pronto per scoppiare di nuovo.

-Ok- mormoro io poggiando la mia borsetta sul primo spazio libero che intercetto in quel casino- manteniamo la calma- sembro più che altro volermi convincere da sola.

Bill mi guarda visibilmente preoccupato.

-Io di solito non ho problemi a scegliere cosa indossare, insomma, io sono sempre bellissimo!- esclama lui vanitoso, facendomi ruotare gli occhi al cielo. Si vede che è il fratello di Tom, decisamente - ma stasera…non so da dove cazzo cominciare!- mormora lui sconsolato buttandosi sul letto.

Sorrido leggermente.

-è buon segno- mi lascio sfuggire io emozionata.

Lo vedo aggrottare le sopracciglia e fissarmi con aria interrogativa.

Sorrido maliziosa pensando al fatto che i sintomi ci sono tutti: si è innamorato di Andrea.

Gli volto le spalle dirigendomi verso l’immensa cabina armadio situata sulla parete ovest della sua stanza.

-Che vuoi dire, Annika?- mi chiede lui alzando la voce mentre io mi infilo all’interno di quello spazio grande almeno quanto il mio ed inizio a frugare.

-Sta zitto, Bill, e lasciami lavorare!- esclamo io decisa, facendolo tacere.

Non è stupido: sa anche lui perché si sente così agitato, emozionato, e terribilmente insicuro.

E il perché è costituito da sole 6 lettere.

ANDREA.

Scorro tutti i pantaloni appesi a delle sottili grucce e decido di sceglierne uno che sia semplice (ad Andrea, paradossalmente, non piacciono le cose eccessivamente vistose) ma nello stesso tempo carino.

Mi stupisco nel notare la quantità industriale di pantaloni di pelle che sono appesi qui dentro e ogni tanto mi lascio sfuggire qualche battutina di disappunto che spero Bill non senta.

Finalmente li trovo: un paio di jeans Armani, semplicissimi, chiari, leggermente slavati e stretti alla caviglia.

Me li appoggio su una spalla e vado alla ricerca di una maglietta.

Di tanto in tanto noto delle borse Dior che giacciono sul fondo dell’armadio e mi lascio sfuggire un:

-Uh, questa ce l’ho anche io!-

Incredibile come Bill rispecchi i miei gusti in certe cose.

Scorro l’infinita quantità di magliette che Bill possiede urlando un:

-Bill, hai mai pensato che con tutti questi vestiti potresti vestirci l’intera Etiopia?-

Sento Bill borbottare qualcosa che al mio orecchio giunge come un ronzio dal tono infinitesimale e continuo imperterrita con la mia ricerca.

Mi serve qualcosa che sia semplice, ma allo stesso tempo audace.

Voglio che Andrea faccia pensieri strani su Bill, stasera.

Opto per una t-shirt azzurro chiaro, tendente al grigio, molto semplice e dalla stoffa sottile.

Bene: mi si illuminano gli occhi.

Appoggio l’indumento sui jeans che pendono dalla mia spalla e continuo con la ricerca estenuante.

Voglio che Bill stasera abbia un aspetto più semplice del solito: ma nello stesso tempo più attraente e…apparentemente da bravo ragazzo.

-Andrea impazzirà quando lo vedrà- mormoro tra me e me, con tono compiaciuto, mentre afferro una sciarpa nera e grigia dalle fantasie geometriche e me la appendo al braccio.

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Esco dalla cabina-armadio di Bill e vado nella sua direzione.

Sta seduto sdraiato sul letto, molto tranquillamente, senza minimamente considerare l’ininfluente dettaglio che indossa solo un paio di boxer ed una t-shirt.

Mi avvicino al letto e getto con decisione sulla trapunta blu tutti gli indumenti che ho scelto poco fa.

Spero tanto di averci azzeccato.

-Anche se non ti piacerà l’accostamento che ho fatto, sappi che lo indosserai comunque- premetto con tono autoritario notando un lieve sorrisino farsi strada sul volto di Bill-  perché ciò che ti ho preparato piacerà senz’altro ad Andrea!- gli dico iniziando ad afferrare i jeans.

Di questo ne sono a dir poco certa.

Dispongo il tutto sul letto e gli mostro l’insieme, illustrandogli ogni dettaglio.

-Ho scelto un paio di jeans semplici, ma decisamente carini, con una cintura nera di pelle (con la fibbia), una leggera t-shirt azzurro chiaro e una giacchetta nera, che io trovo bellissima!- esclamo con gli occhi a cuoricino. Se fossi un ragazzo non esiterei a comprarmela- e che secondo me ci sta benissimo!- aggiungo poi posizionandola accanto alla t-shirt.

-Un semplice paio di anfibi neri, lasciati slacciati, credo che vadano più che bene e infine una sciarpa, che dia un tocco di eleganza ad un abbinamento decisamente molto sobrio- concludo mostrandogli l’insieme e attendendo, impaziente la sua reazione.

Vedo Bill osservare il tutto e annuire lievemente.

Man mano, col passare dei secondi, si fa strada sul suo viso un sorriso smagliante.

Sorrido anche io, sollevata, e aspetto che lui mi dica qualcosa.

-Credo che dovrò licenziare Natalie- mormora poi con aria pensosa, guardandomi.

Inarco le sopracciglia, non capendo cosa voglia dire.

-D’ora in poi la mia consulente di moda sarai tu!- esclama poi d’un tratto alzandosi e puntandomi un dito contro.

Sorrido felice.

Felice di aver adempito al mio…ruolo.

-Ti piace, quindi?- gli chiedo incerta.

-è…perfetto!- esordisce lui guardando ancora i vestiti- è assolutamente perfetto!- ripete poi sorridendo e guardando me.

-Sono davvero felice che ti piaccia!- esclamo io annuendo- così sarai assolutamente adatto ad un primo appuntamento, sobrio, pratico, ma con un tocco di eleganza che non guasta mai nei ragazzi!- esclamo io con fare di chi se ne intende.

Lo vedo annuire e poi se ne esce con un:

-peraltro quella sciarpa non sapevo neppure di averla!-

Rido divertita, scuotendo la testa.

Complimenti, Annika, sei assolutamente un’intenditrice!

-Grazie Stern, sei stata davvero la mia salvezza stasera!- esclama Bill quasi venerandomi.

Sorrido soddisfatta:

-Avanti vestiti, io ti aspetto giù, voglio vedere il risultato finale!- esclamo io, voltandomi per andare.

-Non c’è bisogno che te ne vai!- mi dice Bill fermandomi. Lo guardo circospetta. Che cosa vuole dire?- nel backstage dei miei concerti sono abituato a cambiarmi davanti ai miei assistenti!- mi spiega poi.

Lo guardo leggermente incerta.

-Davvero, puoi restare!- continua poi, nel vano tentativo di mettermi a mio agio.

Come potrei sentirmi a mio agio nel vedere un ragazzo, Bill Kaulitz per la precisione, cambiarsi davanti a me?

Lo vedo, totalmente disinvolto, afferrare i jeans Armani che gli ho preparato ed infilarseli, con un gesto tanto veloce quanto preciso.

Non so cosa dire, vorrei evitare di sentirmi tanto imbarazzata, ma vedo lui che si sistema il bordo dei jeans con tanta disinvoltura da farmi sentire una quattordicenne.

Decido di voltarmi nell’esatto momento in cui lo vedo sfilarsi la t-shirt e restare a dorso nudo.

Davanti a me c’è uno specchio: pessima idea.

Vedo perfettamente la sua sagoma riflessa sulla superficie vitrea.

Non riesco a fare a meno di guardare, mentre, mentalmente, mi do della pervertita.

Noto i bicipiti sapientemente scolpiti e i pettorali leggermente accennati, quel poco che basta per far accendere la fantasia di qualsiasi ragazza.

Penso a quanto sia terribilmente simile a Tom.

E penso a quanto Tom sia tremendamente più sexy di lui, in tutto.

-Ehi, guarda che puoi girarti!- esclama lui ridendo e facendomi sentire un’idiota impacciata.

Mi volto lentamente e lo vedo infilarsi la maglietta.

Il suo tessuto sottile sfrega contro il suo petto, fino a scendere al’altezza della sua cintura scura, recante una fibbia in acciaio.

Lo guardo.

Quel corpo è così esile, eppure ha qualcosa di attraente. Credo che sia la somiglianza con Tom che lo renda vagamente interessante ai miei occhi.

Lo vedo piegarsi e infilarsi gli anfibi neri enormi.

-Lasciali slacciati, mi raccomando- lo ammonisco vedendolo infilare i suoi jeans stretti all’interno.

Lui annuisce debolmente e dopo averli sistemati per bene si rialza.

Afferro la giacchetta nera e gliela porgo.

In un attimo se l’è infilata, allora mi avvicino, sistemandogliela alle maniche.

La ritiro di poco, fino ai gomiti, in modo che risulti ancora più casual e lasciando intravedere il suo evidente tatuaggio sull’avambraccio sinistro.

Poi si piega sul letto per afferrare la sciarpa.

Lo vedo avvicinarsi allo specchio, posizionarvisi davanti e avvolgersela al collo.

Fa un doppio giro, coprendosi interamente il collo.

Decisamente no. Sembra un musulmano, così.

Dopo averci lavorato per un po’, invano, sbuffa.

Ridacchio divertita nel vederlo totalmente incapace.

Prima che prenda a scomodare di nuovo la Madonna e Dio, intervengo.

-Lascia fare a me- mormoro io sfilandogli la sciarpa di lato.

Lui si volta verso di me, mettendosi di fronte a me, e mi guarda, mentre io gliela passo dietro il collo.

Lo osservo: è a dir poco altissimo.

Con i miei 12 centimetri in più sono ancora visibilmente più bassa di lui.

Decido di usare la sua sciarpa più che come tale, come una sorta di foulard.

Faccio sì che entrambe le estremità siano lunghe uguali e la annodo in modo da formare una sorta di cravatta, decisamente più lenta e…sportiva.

Sistemo il nodo per bene, rendendolo il più possibile perfetto, mentre mi sembra quasi si sentire il suo respiro lambire la mia pelle. Non sono mai stata così vicina a Bill.

E la cosa mi imbarazza appena.

Sento i suoi occhi su di me, e allora alzo leggermente lo sguardo fino ad incontrare il suo.

Confermo il mio pensiero: mi sta fissando.

Lo guardo anch’io attentamente come per cercare di capire cos’è che il suo cervello sta pensando in questo momento.

-Hai gli occhi azzurri- mormora lui, quasi in un sussurro, stupito.

Sorrido leggermente.

Non se ne era mai accorto?

-Ce li ho da 18 anni, Bill- mormoro io sorridendo lievemente.

Vedo che continua a fissarmi e io, non so perché, mi perdo in quello sguardo dalle sfumature dorate.

Uno sguardo così terribilmente simile a quello di Tom.

In un attimo il suo viso mi sembra pericolosamente vicino al mio e, non so davvero come sia potuto succedere, ma…sento le sue labbra che si posano sulle mie.

Sento il tocco caldo e morbido delle sue labbra sulle mie.

Le mani mi scivolano lentamente via dalla sua sciarpa, che in questo momento sembra aver perso importanza.

Percepisco le sue mani posarsi incerte sui miei fianchi e mantenere una presa che mi è decisamente familiare.

Sento le sue labbra giocare con le mie, morderle, succhiarle leggermente e torturarle.

Quelle labbra.

Le labbra di Tom, così morbide, carnose, dolci.

Lascio che le mie mani si posino sul suo petto, appena scolpito.

La sua lingua si infila tra le mie labbra, costringendomi a dischiuderle.

La sua lingua sfiora la mia, facendomi sussultare.

Il tocco metallico del suo piercing mi fa rabbrividire.

Apro di colpo gli occhi, ed è nell’esatto momento in cui sento il freddo del metallo invadermi che mi accorgo che…non è Tom.

Mi stacco di colpo, spingendo via Bill con una decisa pressione sul suo petto.

O mio Dio.

Lascio scorrere una mano tra i miei capelli, praticamente scioccata.

Il cuore prende a battermi furioso mentre alzo lo sguardo verso Bill, che ha dipinta sul viso l’incredulità.

Mi poggio una mano sulla bocca, e scuoto vigorosamente la testa.

-O mio Dio- mormoro totalmente sconvolta. Mi volto e mi siedo sul letto, come per rendermi conto che…ho appena baciato…Bill.

-Scusami- mormora lui raggiungendomi e mettendosi di fronte a me- l’ho fatto senza pensare- aggiunge poi anche lui sorpreso, almeno quanto me.

D’altronde non è solo colpa sua: io non l’ho allontanato subito.

Lo guardo negli occhi: così dannatamente uguale a Tom.

Abbasso lo sguardo.

-Ho sbagliato- asserisce lui visibilmente pentito.

-Si, porca miseria!- sbotto io, da vera maleducata.

-Hai…provato qualcosa?- mi chiede d’un tratto, quasi timoroso della mia risposta.

Bella domanda.

Ho provato qualcosa?

-Assolutamente no!- esclamo io convinta guardandolo fisso.

Vedo il viso di Bill distendersi in un’espressione decisamente sollevata.

-Nemmeno io!- esclama lui riprendendo a respirare.

Lo guardo e mi sento anche io molto più leggera.

-Abbiamo sbagliato comunque!- riprendo io realista- come diavolo t’è passato in testa?- gli chiedo non capendo.

-Non lo so, cazzo! L’ho fatto e basta, senza pensare!- si giustifica lui.

-Adesso cosa dirà Andrea quando lo saprà?…- mormoro io quasi sull’orlo di una crisi di pianto.

-Non dirglielo ti prego. Voglio farlo io- mi dice lui.

Lo guardo negli occhi come per accertarmi di quanto ha appena detto.

Lo vedo annuire.

-Andrea mi piace un sacco e…voglio che lo sappia da me- aggiunge poi.

Annuisco lievemente: ha ragione. È il caso che sia lui a dirglielo.

E…Tom?

Penso a lui: perché mai dovrei dirglielo?

In fondo lui non è il mio ragazzo.

Osservo Bill.

Le sue fattezze fisiche, i suoi occhi identici a quelli di Tom hanno reso questo sbaglio…lecito.

E la mia insicurezza, la confusione che ancora ho in testa mi hanno resa vulnerabile.

-Lo cancelliamo?- mi chiede Bill sorridendo leggermente, alludendo al bacio.

-Certo- annuisco io dopo qualche istante di silenzio. Sorrido sollevata.

È stato uno sbaglio.

Io e Bill siamo semplicemente amici.

Anzi, di più: siamo la stessa persona, l’una al femminile l’altro al maschile.

Io sono la sua consulente di moda!

Sorrido guardandolo.

Lui mi afferra per un braccio, mi fa alzare e d’un tratto mi ritrovo tra le sue braccia.

Sento il calore del suo petto contro il mio e le sue braccia avvolgermi per le spalle, mentre io faccio scorrere le mie attorno alla sua vita.

-Grazie per l’aiuto, Annika, ti sono riconoscente!- esclama lui staccandosi da me e scompigliandomi giocosamente i capelli.

Sorrido.

-Non c’è di che, Bill Kaulitz!- esclamo riappropriandomi poi della mia borsetta.

-è meglio che io vada ora, tra poco ci sarà la dichiarazione ufficiale di mio padre e non posso assolutamente mancare!- esclamo dirigendomi verso la porta- buona serata Bill e…mi raccomando, tratta bene la mia Andrea!- esclamo prima di uscire dalla stanza ed andare via. Mentre percorro il corridoio mi torna lui in mente.

Dannato Tom.

Sempre perennemente tra i miei pensieri.

Riuscirò ad essergli semplicemente…amica?

 

 

 

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Capitolo 23
*** 23. Ti considero mia ***


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[ANDREA]

 

 

 

Ehi Andi, sono giù, scendi.

Un bacio Bill:)

 

 

Se mi sono attardata tanto è perché sono rimasta a guardare, gongolante, quel messaggio.

Guardo l’orologio 20:01, è in orario perfetto.

Afferro la borsetta che Annika mi ha regalato dalla famosa festa e scendo, velocemente, le scale dopo aver salutato i miei.

Sento i loro occhietti su di me quando arrivo al pianerottolo e apro la porta.

L’enorme Audi Q7 di Bill è parcheggiata, ancora accesa, di fronte al portone.

Ho un brivido che si risolve con sorriso quando lo vedo appoggiato, con una gamba alzata e posata sul telaio della macchina, e le braccia conserte.

Quasi mi viene un infarto per quant’è bello.

Canotta celestina su una giacca nera aperta, jeans chiari e attillati che vanno ad infilarsi in degli stivaletti lasciati aperti e una sciarpa che cade, finemente, dal suo collo.

Il suo trucco è perfetto almeno la metà di lui.

Mi sorride e io non posso far altro che rispondere.

Abbandona la sua postazione per abbassarsi e farsi salutare.

Questa volta sono io a posare un bacio sulla sua guancia (alzandomi sulle punte) e a sfiorare, pericolosamente, l’angolo della sua bocca.

-Sei bellissima…- mi sussurra in un orecchio, facendomi arrossire all’inverosimile.

Non mi è mai capitato di sentirmi così dannatamente…. Fragile.

Bill ha un potere non indifferente su di me –Anche tu- mormoro trovando quella confessione poco consona.

Bill è alieno, Bill è da mozzare il fiato, Bill non è di questa mondo. Punto.

Ma mi guardo bene dal dirlo.

Mi apre la portiera dall’auto, da perfetto gentiluomo, e me la richiude quando sono dentro.

Vedo che saluta qualcuno, molto probabilmente i miei genitori impiccioni, e sale in auto.

Mi sorride e io rispondo –Spero che ti piaccia mangiare italiano-

Annuisco –Certo!-

Mi sorride un ultima volta per poi sfrecciare, diretti, nelle strade dell’Amburgo bene.

 

 

 

****

 

 

 

Quando sono in imbarazzo, lo so da me, sono poco loquace.

Ma con Bill, dopo due minuti, il ghiaccio si è sciolto.

Ci si perde a parlare con lui, non sai più come era iniziato il discorso, si passa da un argomento all’altro senza un collegamento preciso e la sua voce… Dio, la sua voce.

È piacevole stare con lui.

-Dove mi porti allora?- chiedo quando scorgo le luci del molo.

Bill mi sorride furbo, facendo diventare il suo viso dannatamente eccitante –Sorpresa-

-Spero non il Saten, mi butterebbero fuori a calci in culo-

Ed è vero.

Quel posto è dannatamente costoso e esclusivo, l’ultima volta che ci sono andata, a una festa degli Stern dove Annika aveva insistito che fossi invitata anche io, il cameriere mi squadrava decisamente schifato.

Brutti ricordi, decisamente.

Scuote la testa –Quel posto è troppo infiocchettato persino per me, tranquilla-

Mi rilasso sul sedile di pelle.

La curiosità che mi divora.

-Sono davvero felice che tu abbia accettato di venire, sai, è parecchio tempo che non esco con una ragazza- mi dice impacciato.

Sapessi io Bill.

Avevo quattordici anni l’ultima volta che sono uscita con un ragazzo, lo stesso bastardo che mi ha baciata per la prima volta e poi abbandonata.

La diffidenza per i ragazzi è stato un suo regalo.

Rido sommessamente –Anche io Bill, davvero-

Mi sorride mentre svolta un angolo –Siamo quasi arrivati-

Alzo lo sguardo e sotto di me si snoda, illuminato da tanti lampioni, il molo sulla foce dell’Elba. I suoi pontili sono affollati di coppiette che si tengono per mano beandosi dello sciabordare che ha l’acqua sulle rive ciottolose.

È uno dei posti più suggestivi di Amburgo.

Solo il fatto di essere qui mi fa sperare in una serata romantica a cui non sono mai stata abituata.

Bill si ferma davanti a un grande giardino la cui unica entrata è un maestoso cancello in ferro battuto, la piccola insegna recita il nome del ristorante:

“La Vela”.

È il miglior ristorante  italiano della Germania. Il più elegante e romantico nella zona del molo.

Mamma e papà, dopo un anno di risparmi, ci hanno passato un anniversario e nove mesi dopo avevamo Kevin.

Il solo pensiero mi fa sorridere.

“La Vela” è anche detto “L’angolo degli innamorati”.

Attraversiamo il viale alberato per arrivare al grande parcheggio antistante la porta d’entrata.

Solo grandi auto costose anche se posso intravedere qualche utilitaria.

Nonostante non sia il massimo del risparmio, “La Vela” è un ristorante di lusso accessibile a tutti.

Bill parcheggia e mi sorride –Arrivati!-

-Tu sei matto!- esclamo guardando l’elaborato palazzo rinascimentale –A me andava bene anche una pizza-

Bill mi sorride –Lo so Andi, ma questo è per farti capire quanto sei speciale per me-

Abbasso lo sguardo imbarazzata mentre lui scende dall’auto per aprirmi, subito dopo, la portiera.

Mi offre la mano per scendere e io gliela concedo, di buon grado.

La sua mano è così calda che mi sento subito confortata e scendo dall’enorme auto.

Metto piede sulla ghiaia e Bill stringe ancora la mia mano, intreccia le sue dita alle mie facendomi venire un qualche attacco di cuore.

-Ti dispiace?- mi chiede seguendo con lo sguardo le miei mani intrecciate alle sue.

Scuoto la testa e la stringo per fargli capire che per me va benissimo.

In realtà sono in paradiso, tremendamente in paradiso con la sua mano stretta alla mia.

Mi sento piccola piccola con lui vicino, insignificante, quasi.

Una volta avevo visto un film in cui un ragazzo bruttino si metteva con una bomba sexy e, alla fine, la sua insicurezza aveva mandato a puttane la sua relazione.

Io mi sento come quel ragazzo bruttino: insicura.

Dannatamente insicura.

Mi tiene ancora per mano quando arriviamo all’entrata del lussuoso ristorante.

Un Métre, decisamente affascinante nel suo completo scuro con la cravatta nera sulla camicia  bianca, ci sorride appena arrivati.

È appoggiato a un leggio di legno scuro su cui è aperto un quaderno abbastanza pesante da cui penzola una penna.

Bill si ferma proprio lì.

-Desidera?- ci chiede l’uomo cordiale.

Bill si schiarisce la voce –Ho una prenotazione per due a nome Kaulitz-

Quello annuisce e controlla su quell’enorme registro per poi sorriderci e afferrare due menù –Vi prego di seguirmi signori-

Mi si contorce lo stomaco.

Quel tizio non mi ha guardata come un rifiuto, al contrario, mi ha sorriso cordiale.

O qui non fanno distinzione sulla clientela o è il fattore “Bill Kaulitz” a indurre i proprietari a trattarmi bene.

Non mi importa, la mano di Bill mi stringe ancora.

Ma questo è per farti capire quanto sei speciale per me.

Rabbrividisco a quella frase sentendomi, vagamente, importante.

Sorpassiamo la sala illuminata da una tenue luce che le da un aspetto caldo e ci avviamo verso il giardino.

Il giardino de “La Vela” è famoso per la sua vista sull’Elba.

È il posto perfetto per le cene romantiche e ne ho la prova appena usciamo dal locale e i miei piedi toccano un viale fatto di sampietrini.

È tutto così… non ci sono parole.

Un lungo tendone bianco copre dei tavoli dalle tovaglie bianche e le sedie, rivestite nello stesso identico colore, circondano i tavoli rotondi già apparecchiati finemente.

Su ognuno è posato un candelabro a quattro punte che rappresenta l’unica fonte di luce oltre ai vari lampioni che circondano il parco e sono accostati a un vaso con delle rose rosse.

È tutto bellissimo.

Il Métre ci accompagna fino a un tavolo, per due persone, accostato a una fontana il cui getto cambia colore a seconda delle luci.

Mi sposta la sedia per farmi accomodare mentre posa i due menù sulla tavola.

Bill sembra fulminarlo con lo sguardo mentre mi sorride, ma è solo la mia impressione, quando poso lo sguardo su di lui, sta sorridendo.

-Passerà più tardi un cameriere a prendere le ordinazioni, se c’è qualche problema basta chiamare e… vi auguro una bella serata- e così dicendo se ne va via.

 

 

 

****

 

 

 

E dopo la cena ci ritroviamo al molo.

Mano nella mano.

Avvolti dal silenzio e dal buio più totale.

-Grazie per la cena Bill, è stata fantastica- dico, rompendo quel dolce silenzio.

Lui sorride nella penombra –è stata fantastica perché c’eri tu!-

Il suo sorriso mi mozza il fiato.

Slega la sua mano dalla mia e la passa sulle mie spalle stringendomi a lui. Istintivamente faccio passare il mio sulla sua vita fina stringendolo.

Poso la testa sulla sua spalla e continuiamo a camminare sulla riva dell’Elba.

Chiudo gli occhi godendomi quel momento, intaccato solo da una cosa.

Un peso allo stomaco.

Dannato Kaulitz (l’altro).

Apro gli occhi e vedo che Bill tiene gli occhi chiusi.

-Bill?-

-Sì piccola?-

Gongolo per qualche secondo al suo nomignolo e poi mi decido a sputare il rospo.

Non voglio rovinarmi la serata per un dannato errore.

È stato l’appuntamento più bello della mia vita, Bill riesce a mettermi a mio agio. Con lui sono… diversa.

-Ho baciato Tom- dico.

Quasi mi aspetto che si metta ad urlare e a imprecare, che mi dia della puttana lasciandomi al molo in lacrime. Me lo meriterei.

Invece, inaspettatamente, Bill ride.

Una risata cristallina che mi confonde. Apre gli occhi e mi ferma, girandosi verso di me.

I suoi occhioni ambrati mi perforano facendomi tremare.

Come cazzo fa a starmi vicino dopo quello che gli ho detto?

Sorride –Siamo in due-

-Hai baciato Tom?- chiedo sconcertata.

La sua risata inonda ancora il silenzio, confondendomi ancora di più.

-No- si affretta a negare –Ho baciato Annika-

Rimango a guardarlo a lungo.

Dio, sento un peso togliersi dal cuore mentre vedo lui che mi sorride –Ma io non ho provato niente, quella che mi interessa sei tu Andi-

E nei suoi occhi non vedo un minimo di tentennamento.

Sorrido –Neanche io per quel microcefalo di tuo fratello-

Lui ride di gusto e, questa volta, mi unisco alla sua risata così bella e infantile.

-Allora ti andrebbe di baciarmi?- mi chiede facendomi arrossire di colpo.

Alzo di scatto lo sguardo verso di lui.

Le sue mani si stanno posando, possessive, sui miei fianchi e mi spinge verso il suo bacino.

Dio Santissimo, sento il suo respiro caldo sulla mia pelle.

È audace, più di quanto avessi mai immaginato.

Mi sorride con il suo sorriso da mozzare il fiato che ha preso una nota peccaminosa.

-Sabato scorso quell’idiota di mio fratello ha interrotto quello che volevo fare da un sacco di tempo, adesso voglio ricominciare da dove ho interrotto- mormora al mio orecchio posando un bacio sulla mia guancia.

Sono pietrificata, ma non stupida.

Faccio scivolare una mia mano dietro il suo collo e l’altra sulle sue spalle, quel che basta per sentire il calore intenso del suo corpo.

-Ti va?- mi chiede malizioso a circa tre centimetri dal mio viso.

Assottiglio gli occhi nel vano tentativo di essere sexy almeno quanto lui e annuisco –Non dovresti nemmeno chiederlo-

Bill sorride ancora e subito dopo quelle labbra perfette sono sulle mie.

La mia testa esplode.

Una miriade di colori mi fa sbarrare gli occhi mentre mi morde appena le labbra, come poche ore prima aveva fatto Tom.

Ma le labbra di Tom non sono niente al confronto di quelle del gemello.

Quelle di Bill sanno di buono, mi stanno facendo impazzire.

Dischiudo le labbra automaticamente ma Bill sembra torturarmi.

Sorride mentre le sfiora delicatamente prolungando l’agonia del tempo che separa il contatto più profondo.

E poi la sento, la sua lingua è entrata tra le mie labbra e il suo piercing riempie la mia bocca di un sapore metallico.

Si muove lento, passionale, straziante.

Stringe tra le sue mani la mia camicetta e io, in un impeto di passione, affondo la mia mano tra i suoi capelli corvini.

È il bacio più bello che abbia mai ricevuto.

E poi, cazzo, bacia da Dio.

Mordo il suo labbro inferiore mentre sorride della mia audacia per poi affondare, di nuovo, le sue labbra sulle mie.

La sua pallina alla lingua mi sta facendo eccitare all’inverosimile.

La prendo tra i denti e sorrido nel vedere lo sguardo eccitato di Bill. Dio, quanto può essere bello quel ragazzo.

Mollo la sua lingua e mi affretto io a far scivolare la mia nella sua bocca.

Mi stringo a lui serrando la mano al collo e mi struscio al suo corpo.

Dannazione, Andrea, non perdere il controllo.

Ci stacchiamo dopo qualche minuto con una serie interminabile e straziante di baci a stampo.

Un gioco di toccate e di fughe e ci porta a sorriderci con le labbra arrossate.

-Wow- mormoro mentre lui mi tiene vicina al suo bacino.

-Pentita?- mi chiede malizioso guardandomi negli occhi.

-Ho dimenticato di dirti che mi mandi al manicomio Bill, mi piaci un casino- gli confesso mentre sono persa nei suoi occhioni di ambra liquida.

Mi posa un bacio fugace sulle labbra.

E no, non può lasciarmi così.

Afferro il suo collo e gli lascio scivolare la lingua nelle labbra già dischiuse.

Ok, sono una droga per me.

Bill risponde di buon grado, quasi compiaciuto.

Mi sto lasciando completamente andare e ora, che le ho assaggiate, mi posso definire drogata per le labbra di Bill Kaulitz.

La sua mano mi accarezza la schiena mentre cambiamo angolazione della testa per poterci godere appieno quell’ angolo d’intimità.

Poi ci stacchiamo, sorridendo, mi passa un braccio sulle spalle e io intreccio la mia mano a quella che penzola dalla mia spalla in modo da averlo completamente vicino e l’altra l’allaccio alla sua vita, possessiva.

Da questo momento Bill Kaulitz è mio, e di nessun’altro.

 

 

 

****

 

 

 

È mezzanotte.

Il rintocco di una chiesa riecheggia per il silenzio di una città addormentata.

Io e Bill siamo seduti su uno dei pontili più bassi.

Lui dietro di me, le gambe piegate e allargate, la testa incastrata sulla mia spalla, la braccia sulle mie ginocchia. Io tra le sue gambe, la schiena che aderisce al suo petto magro, le mani sulle sue, gioco con uno degli anelli che ha al dito.

Stiamo seduti a guardare le stelle, in silenzio.

Di tanto in tanto mi bacia il collo facendomi ridacchiare o mi bacia seriamente e… profondamente.

Prima di sederci abbiamo pomiciato per circa dieci minuti in riva all’Elba.

Nessuno in giro, solo noi e la consapevolezza di quel momento perfetto.

Bill è perfetto.

-Sei bellissima stasera- mi sussurra facendomi venire i brividi –Come lo sei sempre….-

Nessuno ragazzo mi ha mai corteggiata.

E una specie di insicurezza mi prende a quelle parole.

La stessa insicurezza che mi ha accompagnato dal suo invito.

-Bill, ti prego, smettila di dire stronzate, non rigirare il coltello nella piaga- mi giro a guardarlo –Come faccio io, Andrea Linke, a piacere a te, Bill Kaulitz?- lo guardo –Tu potresti avere qualunque ragazza, perché sei qui, con me?-

Lui mi sorride e mi posa un bacio sulla guancia –Perché ho deciso io d’esserci- mi mormora –E l’amore è cieco Andrea, è questione di chimica- continua suadente baciandomi il collo –Io non trovo soddisfazione in quei corpi freddi che mi si concedono, io ho trovato finalmente quel brivido alla schiena solo con te, nonostante, lo ammetto, abbia avuto un sacco di ragazze-

Chiudo gli occhi.

-Tu sei la creatura più strana, atipica, scurrile, complicata, diretta e insicura che io abbia mai conosciuto- mi accarezza le gambe –Ma, Andrea, sei vera, e a me piaci da impazzire-

Sento il cuore accelerare.

Come quel giorno dell’invito.

Lo sento lottare contro la gabbia toracica, vuole uscire.

Sta diventando tremendamente furioso e io tremendamente assoggettata da quel ragazzo.

-Anche tu mi fai impazzire Bill- mormoro non sapendo cosa dire.

Lui sorride sulla mia pelle baciandomi la clavicola –Ti considero mia, Andrea-

Mi sento morire.

Cos’ha detto.

-Con il tuo consenso Andi, da oggi sei la mia ragazza-

Sento l’eco delle sue parole nella testa.

Mia ragazza.

Sei la mia ragazza.

Sei…

Mi volto e lo investo con le mie labbra.

Lui ride mentre quasi lo soffoco.

-Andi, calma- mi inchioda con il suo sorriso magnetico –Presumo che questo sia il tuo permesso-

Scoppio a ridere e lo bacio.

Bacio come non ho mai fatto con nessuno.

Bacio il mio primo vero ragazzo.

 

 

****

 

 

 

Quasi mi dispiace abbandonare quel molo.

Salto sulle spalle di Bill circondando il suo collo e lui mi tiene, senza problemi, per le gambe.

Sono abbastanza leggera, a malapena, per la mia altezza, arrivo ai 50 chilogrammi.

-Grazie della serata-

-Di niente piccola- ridacchia quando arrossisco a quel nomignolo.

Sembriamo due deficienti mentre Bill mi accompagna alla macchina a cavalcioni.

Sono le 3:30 del mattino.

Mamma, ne sono sicura, non avrà niente da ridire visto la sua cotta per il mio ragazzo.

Mi fa strano pensarlo.

È assurdo il pensiero che io, Andrea Linke, sia la fidanzata del famoso Bill Kaulitz.

-Ti voglio bene- gli sussurro in un orecchio.

-Io, invece, sono innamorato di te- mi sorride stringendomi le gambe.

Ok, adesso posso morire felice.

Ed è quello che mi fa scambiare una luce innaturale per una lucciola.

Ma, in fondo, con Bill, quello che ho intorno, non esiste.

-Anche io-

 

 

 

****

 

 

Rientro a casa che sono le 4 passate.

La casa è nel più totale buio e io, velocemente, mi rintano nella mia stanza cercando di non svegliare nessuno.

Butto le chiavi sulla scrivania  e mi spoglio velocemente mettendomi il mio “pigiama”.

Un paio di mutande nere con i pois rossi e una canottiera di microfibra nera.

Afferro il mio cellulare dalla borsetta guardando l’ora.

4:30.

Sorrido quando il cellulare vibra.

 

Bill <3

 

Buonanotte mia bellissima Andrea, dormi bene e sognami:)!

Bill.

 

 

Rimango in contemplazione di quel messaggio per circa cinque minuti per poi rispondere.

 

 

Anche a te Cucciolo, sognami anche tu!

Un bacio.

 

 

Poi, dopo aver fissato il messaggio inviarsi, apro una nuova pagina e scrivo, velocemente, uno nuovo messaggio. Da inviare, però, alle altre due persone immischiate in questa storia.

Annika  <3 ; Tom!

 

 

Cazzo! Adesso ho un ragazzo!

 

 

E questa notte, davvero, non avrò problemi a sognarlo.

Sono sua e lui è, completamente, mio.

 

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Capitolo 24
*** 24. Una Sensazione Strana ***


[ANNIKA]

 

 

Parcheggio la mia Audi lungo la strada del quartiere in cui abita Andrea.

Scendo rapidamente e con un lieve gesto premo il pulsantino presente sulle mie chiavi.

Un lieve e piacevole suono mi avverte che il mio gioiellino è al sicuro.

Entro allinterno del palazzo e vedo Annette, limpicciona ed invadente moglie del portiere.

La conosco fin troppo bene: Andrea me ne parla in continuazione e, senzaltro, se potesse, la farebbe fuori in un nano secondo. Nulla sfugge ai suoi occhietti malefici.

La vedo salutarmi con un deciso:

-Buongiorno- accompagnato da un lieve gesto del capo.

Ma già il suo sguardo invadente che mi percorre intensamente e lespressione di curiosità perennemente albergata sul suo volto mi informano che presto si inventerà qualche strana storia anche su di me, nonostante ormai mi conosca fin troppo bene.

Le rispondo cordiale: con vecchiette supponenti come lei bisogna cercare di evitare al massimo tutti gli atteggiamenti che nella loro testolina bacata potrebbero essere causa di congetture strane.

Salgo con calma le scale, mentre ripenso al messaggio che ho trovato stamattina sul mio cellulare, al mio risveglio.

Cazzo! Adesso ho un ragazzo!

La mia migliore amica si è fidanzata!

Sono rimasta praticamente a bocca aperta, notevolmente felice, è ovvio, ma anche molto, molto stupita.

Lurlo di eccitazione che ho lanciato è stato udibile, credo, fino a casa Kaulitz.

Ma è stato decisamente ben motivato.

Ho deciso, allistante, di prepararmi e correre qui, da Andrea, per farmi raccontare tutto, ogni singolo dettaglio.

E bravo Bill! Ci ha saputo fare, eh?

Probabilmente i vestiti che ho scelto per lui gli avranno dato sicurezza!

Salgo anche lultimo scalino, con un leggero fiatone, e suono il campanello di casa Linke.

Nessun rumore dallinterno.

Attendo qualche minuto e mi stupisco che il viso cordiale e sorridente di Eleonore ancora non sia apparso ad aprirmi.

Nessun pianto di Kevin, nessun urlo di Matt.

Sono morti tutti?

Suono ancora una volta, stavolta per un tempo più prolungato.

Finalmente sento un rumore sordo provenire dallinterno, seguito da unimprecazione degna di Andrea.

Scuoto la testa sconsolata, immaginandomi già la scena di unassonnatissima Andrea che ha appena sbattuto con il piede contro lo stipite della porta e ha lanciato per aria una bestemmia.

Dopo qualche istante infatti sento la serratura scattare e la porta aprirsi.

Limmagine di Andrea, con i capelli scompigliati e il viso ancora del tutto addormentato, mi fa decisamente sorridere.

La guardo per intero: un paio di mutande nere a pois rossi e una canottiera di microfibra nera.

Stava dormendo, come supponevo, daltronde.

Rido divertita nel vederla grattarsi la testa con fare confuso.

-Che cazzo ci fai qui a questora?- sbotta lei, con la sua solita educazione.

-Buongiorno anche a te, mia cara Andrea!- esclamo io felice, spostandola letteralmente ed entrando da sola in quella casa per me decisamente familiare- ti avverto che sono le dieci passate!- esclamo io avanzando lungo il piccolo ingresso di casa Linke, come se fosse casa mia da sempre, mentre sento Andrea sbattere la porta alle sue spalle.

Trascina i piedi avanzando di qualche passo e guardandomi totalmente assonnata senza riuscire a dire nulla.

-Non cè nessuno in casa?- le chiedo guardando il vuoto attorno a me e, cosa stranissima in casa Linke, il silenzio.

Lei scuote la testa cercando di aprire del tutto gli occhi.

-Sono andati tutti a fare la spesa- mi annuncia mentre procede verso la cucina- almeno credo- aggiunge poi sbadigliando vistosamente.

La seguo, appendendo la mia borsa Fendi allo schienale di una sedia in legno.

Vedo Andrea sedersi scompostamente su una sedia e appoggiare un gomito sul tavolo.

Posa la testa sul palmo della sua mano e sospira accorata.

Rido nel vedere lespressione di beatitudine mista a sonno presente sul suo viso.

-Ti faccio un caffè?- le propongo non aspettando neppure la sua risposta e dirigendomi verso lo scaffale della sua cucina.

-Se ne sei capace- mormora lei col suo solito sarcasmo.

Le faccio una smorfia di rimando e mormoro convinta:

-Il fatto che non lo faccio mai non significa che io non ne sia capace!-

Lei mi guarda come per mandarmi a fanculo con gli occhi ed io ridacchio divertita.

Tra me e lei è così praticamente da 17 anni.

Afferro la caffettiera dal solito posto che io ormai conosco perfettamente e la svito.

-Allora, sai perché sono qui, vero?- le chiedo io emozionata mentre verso qualche cucchiaino di caffè in polvere nellapposito contenitore.

-Per rompermi le palle di prima mattina?- tenta lei, voltandosi di poco verso di me e fissandomi con sguardo truce.

Chiudo la caffettiera e la posiziono sul gas, dopo averlo acceso.

Sorrido maliziosa guardandola.

-Bill Kaulitz ti dice niente?- mormoro con aria da furbetta destando la sua immediata reazione- o magari devo ricordarti il messaggio di stanotte?- continuo poi con lo stesso tono, alludendo al messaggio che mha inviato stanotte alle 3:30.

Immediatamente un sorriso eccitato si fa strada sul suo viso, accompagnato da un versetto acuto, e tutto il sonno, che la rendeva irascibile e sgradevole fino a trenta secondi fa, sembra essere scomparso in un attimo.

I suoi occhi si trasformano i due cuoricini rossi che battono entusiasti, mentre lei sospira accorata e stringe le braccia al petto.

-Quando avevi intenzione di dirmelo?- le chiedo io fingendomi offesa mentre mi siedo di fronte a lei e prendo a fissarla.

Lei sorride maliziosa, con uno sguardo che, decisamente, la dice lunga.

-Ero così agitata che non sapevo neppure se sarei sopravvissuta fino alla fine della serata!- esclama lei- volevo essere certa che fosse una cosa…seria, prima di dirtelo!- conclude poi con unevidente emozione nella voce.

Sorrido felice per lei.

-Non sai quanto sono felice che la mia migliore amica abbia il ragazzo!- trillo io, quasi più eccitata di lei- ma soprattutto non avrei mai pensato di poter vedere te, Andrea Linke, con i cuoricini al posto degli occhi, totalmente innamorata!- esclamo io alludendo alla sua espressione assente e trasognante.

-Bill è…così perfetto!- mormora, quasi in un sussurro, sospirando.

Su questo avrei qualcosa da obiettare.

Ma mi astengo dal riferirle lo sclero che Bill ha fatto ieri sera al telefono, con tanto di rovesciamento di tutto il calendario.

Nello stato in cui sta ora Andrea non voglio affatto rovinarle la visione angelicata che ora ha di Bill.

-Raccontami tutto, voglio sapere ogni dettaglio, e se ometti anche un solo particolare ti uccido!- esclamo io fingendomi minacciosa e puntandole lindice contro.

-Abbiamo trascorso una serata fantastica- comincia lei, completamente tra le nuvole- mi ha presa per mano e mi ha portato in un ristorantino romantico sul molo- continua lei, facendomi immaginare perfettamente ogni gesto, ogni istante- e poi…- si interrompe vedendo la caffettiera tremare leggermente sul gas e il rumore del caffè che sta uscendo perdersi nellaria.

-Il caffè!- esclamo io ricordandomene allimprovviso. Corro a spegnere il fornello e, facendo attenzione a non scottarmi, lo verso in due tazzine. Laroma si perde nellaria.

Le porto a tavola, con tanto di zucchero e mi siedo di nuovo, molto velocemente.

Ormai si è svegliata perfettamente la mia piccola Andy, tanto che non avrebbe neppure più bisogno di questa bevanda energizzante.

Afferro la tazzina e me la porto alle labbra lentamente, mentre Andrea riprende il discorso lasciato in sospeso poco fa.

-e poi…ci siamo baciati- mormora diventando tutta rossa.

Mi lascio sfuggire un urletto eccitato.

-E comè stato?- le chiedo con la curiosità che quasi fuoriesce dai miei occhi.

-Bellissimo- dice lei in un sussurro- Bill bacia veramente da Dio e…ti giuro che non avrei mai smesso di sentire quelle labbra sulle mie- aggiunge poi.

Sorrido maliziosa e felice, nel vedere Andrea così tremendamente presa da lui.

-Bill mi piace da morire, Annika, te lo giuro- mi confessa lei portandosi poi la tazzina alle labbra.

Sorrido intenerita dalla dolcezza che nasconde Andrea dietro quellaspetto così duro, diretto, scurrile.

-Sono così felice- mormoro io prendendole una mano e stringendola forte- e come ti ha chiesto di diventare la sua ragazza?- le domando curiosa.

-In un modo per niente banale, madannatamente dolce- mi spiega lei- mi ha detto “Ti considero mia, Andrea e con il tuo consenso da oggi sei la mia ragazza”- mormora lei emozionata.

Un altro urletto eccitato esce incontrollato dalle mie labbra. Il secondo di una lunga serie.

-e tu?- le chiedo, avida di sapere.

-Lho baciato- esclama lei trasognante.

La guardo sorridendo e mi sento felice come se fossi io al suo posto.

Voglio talmente bene ad Andrea che vivo tutte le sue vicende come se mi riguardassero in prima persona.

-Come devo comportarmi, secondo te?- mi chiede lei quasi intimorita- non avrei mai pensato di poter diventare la ragazza di Bill Kaulitz!- confessa lei incredula. Già so cosa sta passando per quella testolina da metallara: lei non è alla sua altezza.

Conosco fin troppo bene Andrea, da sapere che non si sente adeguata a lui.

-So che può sembrare banale, ma non devi fare nulla di particolare, semplicemente essere te stessa perché è così che lhai conquistato no?- le dico io guardandola attentamente- e soprattutto non devi MAI, e dico MAI, pensare di non essere alla sua altezza!- le dico io, chiara.

-Mi ha detto che è innamorato di me- mormora Andrea quasi in un sussurro, dopo qualche istante di silenzio.

Sul mio viso si allarga un sorriso enorme e in un attimo mi butto addosso ad Andrea stringendola fortissimo.

O mio Dio, sono troppo esaltata, misà!

Torno a fissare Andrea ed esigo da lei che mi racconti ogni minimo dettaglio, ogni singola emozione e ogni più piccolo gesto compiuto ieri sera.

E lei, con lemozione evidente nella voce e con un velo di malizia, mi racconta esattamente ogni cosa: il modo in cui Bill la guardava, il modo in cui lei lo desiderava, il modo dolcissimo in cui Bill lha trattata.

Sentendo le sue parole, mi sono convinta, sempre meglio, di quanto loro stiano dannatamente bene insieme.

Andrea aveva assolutamente bisogno di un ragazzo come Bill che fosse tenero, dolce e che sapesse prenderla per il suo lato più nascosto.

E poi Andy non ha mai avuto un vero ragazzo e per lei Bill significherà tanto, ne sono certa.

Restiamo sedute a questo tavolo per unaltra mezzora, davanti a due tazzine di caffè ormai vuote, a raccontarci pensieri, emozioni, sensazioni, come non facevamo da tempo.

Ed io mi sento davvero bene in questo momento, mi sento a mio agio con Andrea e uno strano stato di felicità si è impossessato di me, nel pensare la mia migliore amica felicemente fidanzata con un ragazzo con cui persino io mi trovo bene.

Dun tratto vedo lo sguardo di Andrea abbassarsi leggermente per poi tornare a fissarsi su di me, colorato di una sfumatura scura, cupa.

Il suo tono cambia, abbandonando lesaltazione ed assumendo un senso di…negatività.

La guardo intensamente e mille strani pensieri mi vengono in mente, rendendomi decisamente inquieta.

-Sarebbe stata un giornata perfetta se nel pomeriggio non fosse accadutoun piccolo inconveniente- mi spiega lei, con un leggera difficoltà e con un tono che non promette nulla di buono.

Inizio a preoccuparmi.

-Cosa?- le chiedo con uninquietudine tangibile.

Lei fa una pausa, rendendo questo silenzio pesante come un macigno.

Poi alza lo sguardo verso di me e mi fissa, esordendo con un:

-Io e Tom ci siamo baciati-

Crack.

Un peso enorme, insostenibile, mi cala sul petto, bloccandomi quasi il respiro.

Le parole mi muoiono in gola e il mio cuore prende a pulsare allimpazzata come se non arrivasse più ossigeno al mio cervello.

Sbatto le ciglia un paio di volte, totalmente…incredula.

-Ma non abbiamo provato niente- aggiunge subito Andrea, concitata, per discolparsi.

Vorrei dire qualcosa, ma in questo momento la voce sembra essermi andata del tutto via.

Deglutisco un attimo, poi abbasso lo sguardo.

Una risatina amara si impossessa silenziosamente di me.

Dovevo immaginarlo, daltronde.

E di nuovo, Annika Stern è stata presa per il culo.

Guardo Andrea con espressione assente: tutto mi sarei aspettata da loro due, meno che questo.

-Lui era venuto a trovarmi, perché sapeva del mio appuntamento con Bill, e…- si blocca un attimo, in evidente imbarazzo-…poi è successo, ma è stato uno sbaglio, Annika! A lui piaci tu!- si affretta a dire, decisamente concitata.

Rido leggermente, con una nota di evidente sarcasmo.

-Non fa niente, Andrea- mormoro con una tranquillità che non convince neppure me stessa.

Andrea lo capisce, ovviamente, e mi prende una mano guardandomi preoccupata e continua, tentando di discolparsi.

-Ci siamo staccati subito, non ci siamo baciati sul serio, perché ci siamo resi conto tutti e due che era stato uno stupido errore! Io pensavo a Bill in quel momento e la loro somiglianza mi è stata fatale!- aggiunge poi.

Penso alle sue ultime parole.

Poi penso al “bacio” che cè stato tra me e Bill: non è stata forse la stessa cosa?

Si è trattato di un insulso errore.

Io in quel momento pensavo a Tom, non certo a Bill.

Guardo gli occhi chiari di Andrea e penso alle sue parole di poco fa: a lei piace sul serio Bill.

-Non preoccuparti, non cè bisogno che ti giustifichi, io e Tom non stiamo insieme- dico semplicemente, mostrandole un sorriso tirato.

È vero, non stiamo insieme.

Ma allora perché ci sono rimasta così male?

Perché è come se mi avesse inflitto lennesima delusione?

Perché la voglia di piangere si sta impossessando così prepotentemente di me?

Mi faccio rabbia per questo: mi detesto per aver pensato di nuovo che a lui potesse importare qualcosa di me.

Andrea lo ha baciato per errore, perché pensava, in un certo senso, a Bill in quel momento.

Ed io le credo, glielo leggo negli occhi che è la verità.

Ma Tom? Lui perché lha baciata?

Perché è uno stronzo, ecco.

Guardo Andrea con unespressione che non nasconde il mio attuale stato danimo.

-Ci sei rimasta male?- mi chiede lei incerta.

-No- mormoro io abbassando lo sguardo.

Mento.

Mento spudoratamente, pur sapendo che lei se ne accorge.

-Annika, lo so che non ci crederai, data la situazione paradossale, ma a Tom interessi veramente tu!- prova a spiegarmi lei- io e lui non siamo nientaltro che amici! A lui piaci tu, ed io lo so per certo, devi credermi!- esclama lei avvicinandosi a me con la sedia- dopo che è successo lui ha pensato a te e mi ha detto che non aveva sentito assolutamente nulla!- continua lei guardandomi in viso.

-Io credo a te, Andrea- le dico sincera, fissando il mio sguardo nel suo- ma non credo a lui- concludo poi.

Lei sospira profondamente.

La guardo negli occhi: anche in una situazione come questa io sento di essere legata a lei.

Nonostante lei abbia baciato il ragazzo che, maledetto il giorno in cui è nato, mi interessa da sempre, io sento di non poter essere arrabbiata con lei.

Ora è la ragazza di Bill.

Ed è innamorata di lui: perché dovrebbe interessargli quel pezzo di merda di Tom?

Lui può piacere solo ad una masochista come me.

-Bill lo sa?- le chiedo dopo qualche minuto di silenzio.

Lei annuisce.

-Con lui ho chiarito subito- mi fa lei sorridendo leggermente- a me piace solo lui e gli ho detto che con Tom era stato solo uno stupidissimo errore e lui lha capito!- conclude poi sorridendo felice.

Sorrido leggermente anche io: sono felice che tra loro due stia tutto apposto.

Immediatamente ripenso al bacio che ci siamo dati io e Bill: lui glielo avrà detto?

Io devo ammettere che non ci riesco a tenere nascosta una cosa del genere alla mia migliore amica.

La guardo leggermente imbarazzata, meditando se dirglielo o meno.

Bill mi aveva chiesto di non farlo, perché ci avrebbe pensato lui.

Ma lo avrà fatto?

Andrea, probabilmente, si accorge del mio imbarazzo e sorride leggermente.

Si schiarisce la voce e mi guarda, come divertita.

-E…- inizia lei incerta- tu? Cè niente che devi dirmi?- mi chiede poi con unespressione vagamente divertita stampata in faccia.

Il cuore prende a battermi furiosamente. Mi sento una traditrice, mi sento in colpa, mi sento una stronza.

Devo assolutamente dirglielo, sennò esplodo.

-Io e Bill…- inizio insicura, guardandola negli occhi- io e Bill ci siamo baciati- dico tutto dun fiato diventando irrequieta allimprovviso.

-Ma ti giuro che io non ho sentito niente e nemmeno lui, è stato un gesto distinto, irrazionale, senza senso!- esclamo io concitata per spiegarle- te lo assicuro, Andrea, lo so che può sembrarti strano ma si è trattato davvero di uno sbaglio!- esclamo io aggrottando le sopracciglia e guardandola pentita.

Prendo fiato un attimo per vedere la sua reazione.

Un sorriso sempre più deciso si fa strada sul suo volto.

Una risata cristallina si perde per la stanza e il mio stomaco fa letteralmente una capriola.

Ride?

Sta ridendo dopo che io le ho detto di aver baciato il suo ragazzo (che tecnicamente al momento del bacio non era ancora tale)?

-Andy stai bene?- le chiedo vedendola ridere tranquillamente.

Ed io che mi stavo per far prendere da una crisi di panico!

-Sisi, certo- annuisce lei interrompendo gradualmente la sua risata.

La guardo con espressione interrogativa e lei se ne esce con un tranquillo:

-Lo sapevo, me lo ha detto Bill ieri sera!-

Sorride.

Sorride?

Il peso sullo stomaco pian piano si alleggerisce e un lieve sorriso si fa strada anche sul mio viso.

-Davvero?- sospiro sollevata.

La vedo annuire con vigore.

-Sono contenta che te labbia detto lui per primo, limportante è che ora tra voi due sia tutto apposto. Non voglio sentirmi in colpa- le confesso, sincera.

-Non devi, infatti! Io ho capito che era stato un errore da parte vostra e per me non ci sono stati problemi! Tecnicamente quando è successo lui non era ancora il mio ragazzo!- dice poi Andrea sorridendo.

Annuisco.

-Scusa, comunque- mormoro abbracciandola.

Lei ricambia il gesto stringendomi forte e scompigliandomi di poco i capelli.

-Non devi scusarti di niente, Annika, è apposto!- mormora lei sciogliendo il nostro abbraccio.

Nella confusione insostenibile che regna nella mia testa, una sola certezza cè: che Andrea cè e ci sarà sempre, nonostante tutto.

E forse anche unaltra.

Che Tom è unimmensa testa di cazzo.

*

Ore 14:56

Il sole splende, deciso e violento, su tutta Amburgo, rendendo decisamente caldo ma piacevole questo pomeriggio di fine giugno.

Avvolta nel mio nuovissimo costume Burberry dalla tipica e nota fantasia a quadri, sto sdraiata sul lettino in giardino, lungo il bordo della piscina.

Potevo non approfittare di una giornata come questa?

E così, la missione abbronzatura perfetta è ufficialmente partita.

Indosso un paio di occhialoni vintage Tom Ford, calati sugli occhi, mentre sto beatamente sdraiata a godermi il sole dellestate appena iniziata.

Nel frattempo, sorseggio un leggerissimo cocktail fruttato alla pesca e appago i miei sensi contemplando il petto decisamente ben scolpito del mio giardiniere Frank.

Indossa solo un paio di jeans scuri, mentre innaffia la nuova pianta di rose che ha innestato la settimana scorsa.

Il petto nudo, dagli addominali evidenti è leggermente lucido a causa del sudore.

Lo osservo interessata, nonostante sia assolutamente consapevole che si tratta di un uomo, sui trentacinque anni ormai.

Non è per me, ovviamente.

Ma guardare non guasta.

Sorseggio ancora la mia bibita fresca mentre mi compiaccio nel vedere che si è messo di lato, permettendomi di osservare meglio i suoi bicipiti allenati.

Sento il mio cellulare squillare e senza neppure vedere di chi si tratta, premo il pulsante portandomelo allorecchio.

-Pronto?- la mia voce è limpida, chiara e serena.

-Annika- quella voce maschile, tremendamente sensuale, mi giunge chiara al cervello.

È lui: maledetta me e quando non ho osservato lo schermo del mio I- phone prima di rispondere.

Mi schiarisco leggermente la voce.

-Tom- mormoro sorpresa di sentirlo.

Che fa? Prima bacia Andrea e poi chiama me?

Cosa vuole?

Giuro che stavolta lo mando dritto a fanculo.

-Ti disturbo?- mi chiede, fingendosi gentile.

-Ehm…stavo prendendo il sole in piscina- gli spiego con tono vagamente distaccato.

Cosa avrei voluto dirgli?

“Si, mi disturbi, brutto pezzo di merda”.

Ma mi contengo.

-Wow- esordisce lui con un tono di voce dalla sfumatura leggermente maliziosa- avrei bisogno del tuo aiuto- esordisce d

un tratto, facendomi preoccupare non poco.

-Del mio aiuto?- chiedo scettica.

Vorrà conquistare Andrea, forse?

E magari vuole che io ci metta la buona parola.

Ah, ma può scordarselo!

-Si- mormora lui convinto- tra due settimane ci sarà la festa della Universal in cui si presenterà il nuovo cd ed io dovrò andarci per forza- aggiunge poi con tono cupo.

-E ti dispiace?- gli chiedo io non capendo.

-So già che mi annoierò a morte- se ne esce lui- sono stato a centinaia di feste del genere e alla fine finisco sempre per contemplare Bill addormentato su un divanetto- mi dice lui, causando una mia leggera risatina.

Vedo Frank voltarsi di poco verso di me, non appena sente la mia risata.

Lo guardo, beandomi di quello spettacolo mentre sento la voce di Tom riportarmi alla realtà.

-Va al punto- lo esorto io.

-Devo vestirmi elegante- dice lui tutto dun fiato- ed io non so neppure cosa significa vestirsi elegante- aggiunge poi facendomi ridere ancora.

-Lho notato sai?- mi lascio sfuggire io, alludendo al suo solito abbigliamento, decisamente contrario alle comuni regole delleleganza.

-Bene, per questo…ho bisogno del tuo aiuto, Annika- mi dice lui con qualche difficoltà.

Ma cosè?

Mhanno preso tutti per la loro consulente di moda??

Sono importante solo per questo io?

Tom si ricorda di me solo perché è nella merda?

-Cosa dovrei fare io, scusa?- gli chiedo decisamente poco predisposta.

-Accompagnarmi a fare shopping, questo pomeriggio, se puoi- mormora lui con voce vagamente gentile.

Mi schiarisco la voce.

-Non lo so- esordisco io, con aria da superiore.

Ha pur sempre baciato Andrea, cavolo!

Ed io ci sono rimasta malissimo.

-Ti prego- mormora lui- solo tu puoi aiutarmi- aggiunge poi, pregandomi letteralmente.

Inevitabilmente mi compiaccio del tono che sta usando con me.

Ma perché dovrei?

Mi sembra che non abbia nessuna intenzione di dirmi che ha baciato Andrea, no?

Ed il bello è che lui pensa che io non lo sappia.

-Perché dovrei, Tom?- gli chiedo poi, mettendomi a sedere per bene.

-Perché te lo sto chiedendo per favore, Annika- mi dice lui con tono….dolce.

Sospiro profondamente.

Gli do una possibilità: voglio solo vedere se mi dice quello che è successo con Andrea.

Ormai sta diventando un chiodo fisso.

-Per stavolta ti concedo il mio aiuto- esordisco io fingendomi una vip dalla vita impegnatissima.

Lo sento ridere dallaltra parte del telefono e ringraziarmi.

-Ti passo a prendere tra unora, mi raccomando, non darmi buca- mi informa lui dando alla frase una lieve intonazione maliziosa.

-Non ci giurare- gli dico io ironica- e sappi che mi farò aspettare, Tom- mormoro io ridendo, prima di chiudere la chiamata.

Prendo a rigirarmi il telefono tra le mani.

Vedo Frank osservarmi, col getto dellacqua ancora aperto, e sorridermi.

-Era il tuo ragazzo, non è vero?- mi domanda alzando la voce.

Avrà già capito tutto?

Rido scuotendo la testa.

-Solo un tipo che detesto ma che non riesco a togliermi dalla testa- gli confesso tranquillamente, guardandolo.

Mi alzo e mi infilo le mie infradito ai piedi.

Vedo luomo annuire e sorridermi: tra me e lui cè sempre stato un buon rapporto, di confidenza, quasi.

Lo saluto con un cenno della mano e rientro in casa.

Adesso viene la parte difficile.

Che cosa devo mettermi?

*

 

 

 

Sento il mio I-phone squillare sul mio letto, segno che mi è appena arrivato un messaggio.

Poggio il mascara viola che stavo spalmando sulle mie lunghe ciglia scure e afferro il mio cellulare.

Sblocco la tastiera e leggo il mittente: Tom Kaulitz.

Eh già: chiaro e diretto. Senza tanti doppi sensi.

È per questo che ho deciso di registrarlo così: semplicemente il suo nome seguito dal suo celebre cognome.

Apro lSMS e lo leggo:

Ehi, principessa, io sono giù ad aspettarti!

Fai con comodo eh!;)

Tom

Un lieve sorriso mi nasce spontaneo nel leggere quelle brevi righe.

Principessa.

È la seconda volta che mi chiama così.

Lironia che usa nel pronunciare quellappellativo è tangibile.

Ma….mi fa comunque un certo effetto, non posso negarlo!

Guardo lora.

Sono le 16:14.

Il nostro appuntamento era esattamente un quarto dora fa.

Sorrido compiaciuta: farlo aspettare è il minimo.

Deve imparare cosa vuol dire frequentare una Stern.

Torno dinanzi al mio specchio, senza nessuna fretta, e finisco di sistemarmi le lunghe ciglia con il mio nuovissimo mascara viola.

Decido di usare un semplice lucidalabbra rosa, leggermente brillantinato, giusto per darmi un tocco di raffinatezza.

Mi guardo allo specchio sistemandomi una ciocca di capelli lisci che mi ricade accanto al viso.

Mi osservo attentamente: ci ho messo tre quarti dora per scegliere cosa indossare.

Non sapevo veramente dove sbattere la testa: se scegliere qualcosa di semplice e pratico o magari di più altolocato.

Alla fine ho optato per qualcosa che fosse una via di mezzo, tra lora (è pieno pomeriggio) e la persona in questione.

Minigonna bianca a balze, decisamente corta, e top rosa, leggermente scollato, ricamato sul seno e piuttosto lungo.

Ho scelto un paio di sandali rosa di Guess, aperti avanti e piuttosto alti, e il mio bauletto Gucci bianco, cui ho appeso un foulard rosa di Alviero Martini che gli conferisce un tocco di classe.

Indosso il mio orologio Gucci in acciaio, decisamente vistoso, regalo dei miei 18 anni (non ricordo più da parte di chi, ovviamente).

Infilo un anello di Guess con una serie di ciondoli carini di forme diverse e una collana lunga di Tiffany con un paio di ciondoli a forma di cuore.

Mi guardo ancora, inforcando i miei occhialoni vintage marrone di Tom Ford.

Non posso assolutamente fare brutta figura.

Ma non è per Tom, è per la boutique nella quale entreremo!

Non posso di certo presentarmi in maniera inadeguata!

Afferro la mia borsa Gucci, vi infilo il mio cellulare allinterno e, finalmente, decido di non far aspettare oltre Tom.

In un attimo esco di casa, urlando ad Hanna che torno per cena e chiudo lenorme portone in ferro battuto e vetro colorato alle mie spalle.

Intravedo lR8 di Tom parcheggiata allingresso della mia villa, in prossimità del cancello.

Il motore è spento.

Sorrido leggermente: si sarà stufato di aspettare e avrà pensato che ne avessi ancora per molto!

Dentro di me mi sento terribilmente compiaciuta: brava, Annika, questo è latteggiamento giusto!

Sono sadica?

Forse con Tom cè nè realmente la necessità.

Man mano che mi avvicino lo vedo con sempre più precisione.

I grandi occhiali scuri Gucci calati sul naso.

Un cappellino bianco leggero, leggermente calato, gli copre le treccine lasciandogli intravedere la fronte spaziosa.

Una canottiera bianca niente male (abbastanza attillata) gli lascia scoperta la parte superiore del petto che già prelude a ciò che è nascosto sotto la sottile stoffa bianca.

Il colletto di una camicia azzurro chiaro è ben disteso e leggermente alzato.

Sento i suoi occhi scuri addosso.

Tiene un braccio poggiato sul bordo del finestrino aperto, e mi osserva attentamente man mano che procedo.

Il vistoso Rolex dacciaio che impreziosisce il suo polso sinistro.

Lavambraccio allenato scoperto dalla camicia tirata fin sul gomito che gli conferisce unaria incredibilmente attraente.

Wow, ha optato per la modalità “dannatamente sexy” oggi.

Lo fisso intensamente mentre mi avvicino alla sua auto.

-Adesso ho capito perché ci hai messo tanto- esclama lui malizioso, osservandomi per intero.

Riesco a percepire il suo sguardo posarsi in particolare sulle mie gambe scoperte ed analizzarle per bene.

Ecco, tipico di Tom.

Meno male che mi aveva detto che non ci avrebbe provato.

Ma non mi dispiace affatto che lui mi trovi sexy.

Anzi, ne sono compiaciuta.

Incurvo le mie labbra in un leggero sorrisetto, dopo aver percepito il doppio senso della sua battutina.

Faccio il giro dellauto, notando il suo sguardo seguirmi, e salgo dalla parte del passeggero.

-Se vuoi frequentare una Stern, queste sono le condizioni- esclamo io dandomi quellaria da altolocata che, ne sono certa, a Tom è sempre piaciuta.

Lo vedo fissare il suo Rolex ed esordire con un:

-Venticinque minuti di ritardo: ti sei superata, Annika!-

Rido divertita vedendo il suo sguardo posarsi velocemente su di me.

Si sporge pericolosamente nella mia direzione e il cuore mi perde un battito, allistante.

Sento le sue labbra morbide e leggermente umide posarsi sulla mia guancia, fin troppo vicine alle mie, forse.

Un tocco leggero ma deciso, dolce ma sensuale.

Un contatto che mi manda fuori di testa.

Lo guardo leggermente imbarazzata mentre lo vedo riprendere la propria posizione ed accendere lauto.

Perché questo piccolo gesto mi sta facendo sentire così…strana?

In un attimo ingrana la marcia e parte, immettendosi nella via principale di Amburgo.

Mi guarda ancora, con quellespressione che oggi mi sta dando letteralmente alla testa.

Eh va bene.

Gli ho dato lopportunità di uscire con me.

Ma ora voglio proprio vedere se mi dirà quello che cè stato tra lui ed Andrea.

 

 

*

Ed eccoci arrivati in centro.

Tom ha appena parcheggiato la sua R8 lungo il ciglio della strada, dopo aver appurato con attenzione che non vi siano individui equivoci nei paraggi.

Avere una macchina come la sua può comportare dei rischi, è ovvio.

E prima di parcheggiarla abbiamo praticamente girato tutta Amburgo per cercare un posto, a suo dire, adatto ad ospitare il suo gioiellino.

Mi sembro io alle prese con la mia A3, che, in confronto alla sua R8, è praticamente da rottamare.

Finalmente troviamo il parcheggio perfetto e scendiamo entrambi dallauto.

Mi appendo la borsa allavambraccio, dandomi unaria elegante e sventolo i miei capelli, sistemandomeli di poco.

Vedo Tom raggiungermi con quella sua tipica camminata da playboy.

Oggi indossa un paio di jeans decisamente moltoavvenenti.

Non i soliti jeans larghissimi, ma un paio a vita decisamente bassa e strappati in più punti, che cadono su delle semplici sneakers bianche.

Mi si affianca, dopo avermi lanciato unocchiata delle sue.

È terribilmente più alto di me ed io, accanto a lui, mi sento una bambina.

Probabilmente lui non se ne accorge neppure: ma ogni suo gesto emana una carica erotica spaventosa.

E su di me ha una presa altrettanto spaventosa.

O forse sono io che interpreto tutto come ricoperto da un sottile velo di malizia?

Passa il suo braccio destro attorno alle mie spalle nude, tirandomi a sé e prendendo a camminare.

O Santissimo!

Per lui è normale?

Vado letteralmente a fuoco sentendo il calore del suo corpo contro il mio.

La pelle liscia della sua mano sfrega contro la mia spalla nuda, facendomi venire i brividi.

Il suo profumo buono e dolcissimo mi sta davvero inebriando.

Ok, devo riprendere il controllo di me stessa, cacchio!

Devo pur sempre tener presente che lui ha baciato Andrea!

Ma quando sento la sua mano sfiorare la mia spalla e tirarmi ancora più a sé, me ne dimentico totalmente.

In questo momento sento solo le farfalle allo stomaco.

Noto distintamente che molti dei passanti si fermano a guardarci.

Infondo lui tiene semplicemente un braccio sulle mie spalle.

Che cè di tanto scandaloso?

Vedo Tom abbassarsi a guardarmi.

Alzo il mio viso verso di lui e mi ritrovo a pochi centimetri di distanza dalle sue labbra.

Mi osserva con un lieve sorriso ed io ricambio, sentendomi una vera demente.

-Ti faccio notare che ci stanno guardando tutti!- esclamo io alludendo ai numerosi sguardi indiscreti puntati su di noi.

Tom Kaulitz non passa mai inosservato, a quanto pare.

-Sei tu che attiri lattenzione- sussurra lui al mio orecchio, facendomi rabbrividire.

Poi mi guarda sorridendomi malizioso e mantenendo sempre quella presa attorno alle mie spalle che mi fa sentire…di sua proprietà.

Rido leggermente per lassurdità di quanto ha appena detto.

Quindi sarei io a destare linteresse dei passanti?

Scuoto la testa, in disaccordo con quanto lui ha appena detto.

Ripenso allistante al complimento che mi ha fatto ieri sera Adam e lo paragono a ciò che mi ha appena detto Tom.

Era un complimento, suppongo.

E Tom ha un modo tutto suo di farmi i complimenti, questa ne è la prova.

Quello che è certo è che mi fa sentire piccola così e tremendamente in suo potere.

Nonostante il male che mi ha fatto io non ci riesco a stargli lontana, non ci riesco a non andare in iperventilazione quando mi guarda e quando mi tocca.

È più forte di me.

Mai nessun ragazzo ha mai avuto tanto potere su di me, come Tom.

Dun tratto fa scivolare la sua mano lungo i miei fianchi e si ferma, di colpo.

Mi volto e vedo uninsegna blu in alto, a caratteri cubitali, recante la scritta: NEIL BARRETT.

Uno dei negozi da uomo più costosi di Amburgo.

Mio padre ci viene spesso.

-Che ne dici di dare unocchiata qui?- mi chiede Tom indicando la vetrina del negozio.

Annuisco convinta.

Decisamente ottima scelta.

-Va bene!- annuisco io- di solito qui ci sono sempre cose carine- esclamo io sorridendo convinta.

Lui si allontana da me, lasciando scivolare via il suo braccio dalla mia vita, sale i tre scalini ed apre la porta della boutique, entrando.

Lo seguo e, non appena sono dentro, un piacevolissimo profumo mi entra nel naso.

Profumo di buono, profumo di…qualità.

Mi guardo attorno: ci sono già stata qui, un sacco di volte con mio padre, e devo dire che nulla è cambiato.

Il parquet scuro atterra, sempre ben lucido, qualche divanetto dalla stoffa color ocra e dal design classico, scaffali in legno scuro, numerosi clienti che si muovono da un lato allaltro del negozio ecommessi capaci e gentilissimi.

Essendo un negozio maschile, ovviamente il personale è completamente maschile e praticamente sempresessualmente ambiguo.

Vedo un ragazzo sui venticinque anni, credo, venirci incontro cordiale.

È altissimo, magro, e tiene i vaporosi capelli scuri alzati in aria.

Indossa semplicemente un paio di pantaloni blu a sigaretta che gli evidenziano le gambe magre, e che ricadono su un paio di mocassini beige chiaro.

Una semplice camicia bianca, lasciata libera e dallaspetto solo apparentemente trasandato.

Si avvicina verso di noi e ci saluta gentile.

-Buonasera, posso aiutarvi?- ci chiede.

Il suo sguardo saetta su di me e sulle mie gambe scoperte: lo noto distintamente mentre mi sfilo gli occhiali da sole e scopro i miei occhioni celesti.

Wow, il primo commesso non gay, né tanto meno effeminato!

Anzi, decisamente attraente, nel suo stile classico.

Il suo sguardo poco…carino non sfugge neppure a Tom che si sfila i suoi Gucci appendendoseli alla canottiera bianca che indossa e lo fissa con aria poco amichevole.

-No, grazie- esordisce con tono duro.

Il ragazzo non nasconde la sua sorpresa nelludire la risposta decisamente poco cordiale di Tom.

-Ehm…- decido di intervenire io- diamo unocchiata in giro e lo aiuto io a scegliere- spiego io, gentile, al commesso accennandogli poi un sorriso.

Lui mi guarda incurvando le labbra in un leggero sorrisetto.

-Daccordo, se avete bisogno sono comunque a vostra disposizione- esclama lui educato, sorridendomi ancora.

-Sono certo che non avremo bisogno - mormora Tom rivolto verso il commesso, mostrandogli un sorriso decisamente falso.

Gli do una gomitata vistosa e mi scuso con il ragazzo, che, dopo aver ancora guardato Tom, si congeda con un live gesto del capo (rivolto a me) e si volta per allontanarsi.

Guardo Tom con espressione di rimprovero.

Ma gli sembra questo il modo di trattare un commesso che ci aveva semplicemente offerto il suo aiuto?

Lui mi guarda e mi sussurra:

-Mi sta sul cazzo!-

Scuoto la testa contrariata, facendolo scoppiare a ridere.

A volte proprio non lo capisco, perché si comporta così.

Lui poggia una mano dietro la mia schiena spingendomi leggermente verso gli scaffali.

-Ho portato te proprio per farmi aiutare, non ho bisogno di quel pariolino- mi sussurra in un orecchio, alle mie spalle.

Sorrido leggermente, compiaciuta da quella frase.

Se le mie doti sono risultate particolarmente evidenti con Bill…non falliranno con Tom, anche se devo ammettere che la vedo dura.

Mi giro a guardarlo, e lascio scorrere il mio sguardo su tutto il suo corpo.

Davvero niente, niente male.

Fisico decisamente…da brivido.

Ed io ho avuto il piacere di provare, dunque so per certo quello che dico.

Mi manca?

Si, purtroppo.

Mi mordo il labbro inferiore con fare pensoso, in un gesto che accende la fantasia di Tom (lo noto dal suo sguardo).

Sarà difficile farlo vestire elegante, anche per una sola sera, già lo so.

-Hai in mente qualcosa?- gli chiedo io tanto per cominciare.

-Assolutamente no- esordisce lui tranquillamente, alzando le spalle.

Bene, iniziamo alla grande.

Il tono sarcastico si legge tra le righe vero?

-Quanto elegante dovrai essere?- gli chiedo per cercare di capire almeno un minimo su cosa orientarmi.

-Ci sono diversi gradi di eleganza?- mi chiede lui cadendo dalle nuvole.

Sospiro profondamente.

Mi stanno cadendo le braccia.

-Ok, lasciamo perdere- mormoro rassegnata, voltandomi ed avvicinando al primo scaffale.

Eleganza uguale camicia.

È una massima, senz

altro.

Mi avvicino allo scaffale della Ralph Lauren, scorrendo le varie pile di indumenti.

Concentro la mia attenzione sulle L: per Tom una LARGE andrà più che bene.

Passo in rassegna tutte le camicie che sono qui piegate.

Il primo colore che mi colpisce è il bianco: perfetto per una serata di gala.

Afferro lindumento e glielo porgo, decisa a trovare poi dei pantaloni adatti.

-Una camicia?- mi chiede Tom scettico guardando lindumento nelle mie mani, come se ne fosse schifato.

-Ti sembra così strano?- gli chiedo io alzando un sopracciglio- per un ragazzo la camicia è dobbligo in una serata importante!- gli spiego io col fare di chi se ne intende.

Penso a mio padre: lui indossa SOLO camicie, come ogni uomo daffari che si rispetti.

Al massimo può accontentarsi di qualche polo Lacoste, ma solo quando sa di dover stare a casa e di non essere visto in giro.

Tom guarda il capo ancora indeciso ed io glielo poggio letteralmente in mano.

-Adesso te la provi- gli ordino indicandogli il camerino chiuso da una tenda rosso scuro in velluto.

Si avvicina a me e una strana luce compare nei suoi occhi.

-Amo quando le ragazze mi danno ordini- sussurra al mio orecchio con tono suadente, facendo sussultare.

Arrossisco completamente e mille brividi si fanno strada, veloci, sul mio corpo.

Vedo Tom guardarmi ancora più malizioso per poi allontanarsi verso il camerino.

Perché oggi è così dannatamente sexy?

O sono io ad essere una pervertita?

Sento una strana sensazione impossessarsi di me, mentre lo vedo sparire nel camerino.

Scuoto la testa come per scacciare quei pensieri che si sono insediati nel mio cervello e mi dirigo verso lo scaffale in cui sono piegati tutti i pantaloni.

Dopo aver scelto la misura giusta, ne afferro alcuni dal taglio classico ma giovanile allo stesso tempo.

Opto per un color tortora, un marrone-grigio scuro, su cui far risaltare la camicia bianca e sotto cui mettere un paio di mocassini dello stesso colore dei pantaloni.

Dopo circa cinque minuti, mentre sto afferrando i pantaloni scelti, sento il mio nome perdersi nellaria.

-Annika-

Mi giro intorno e mi accorgo subito che è Tom che mi chiama dallinterno del camerino.

Poggio i pantaloni sul tavolo in vetro lì posizionato e mi avvicino allo spogliatoio, senza entrare.

-Che cè?- gli chiedo.

-Entra- mi esorta lui, convinto.

Mi guardo attorno con aria circospetta: cosa penserà la gente vedendomi entrare nel camerino in cui si sta spogliando un ragazzo?

Noto che nessuno mi sta osservando e quindi mi decido ad entrare.

Sposto la tenda e mi introduco nel piccolo spazio.

La scena che mi si para davanti mi fa arrossire di botto.

Vedo Tom, di fronte a me, con la camicia bianca addosso, sbottonata, che gli lascia intravedere il petto perfettamente scolpito e quegli addominali così invitanti.

Ricordo le volte in cui ho avuto il piacere di assaporarli con la lingua, di toccarli con le mie mani.

Ricordo le volte in cui il suo corpo è stato sopra il mio, facendomi impazzire del tutto.

Non riesco ad evitare che il mio sguardo cada sul suo addome leggermente abbronzato e così terribilmente sexy.

Lho sempre trovato eccitante da morire.

-Non riesco ad abbottonarmi le maniche- mormora lui, semplicemente, porgendomele.

Mi stava per far prendere un attacco di cuore perchè…non riusciva ad abbottonarsi le maniche della camicia?

Ed io che già galoppavo con la mia fantasia.

Sbatto un paio di volte le ciglia e cerco di far finta di nulla, riprendendomi dallo stato vegetativo in cui ero entrata.

Sono certa che in questo momento gli sembro tanto una ragazzina alle prime sollecitazioni amorose.

-Ah- mormoro io riprendendomi.

Evitando accuratamente il suo sguardo, imbarazzata allinverosimile, afferro con delicatezza i bordi della camicia, facendoli combaciare.

Abbottono entrambe le maniche e poi alzo lo sguardo verso di lui, notando quel sorrisetto malizioso che è perennemente stampato sul suo viso.

Che cè di tanto strano in me?

Gli sembro così tremendamente idiota?

-Abbottonatela ed esci fuori, voglio vedere come ti sta- gli dico facendo per uscire.

Sento la sua mano afferrare la mia e fermarmi.

-Perché non me la abbottoni tu?- il suo tono è terribilmente ambiguo e…sensuale.

Leggo la malizia pura nei suoi occhi.

Le sue labbra rosse carnose, umide mi eccitano e catturano la mia attenzione fin troppo.

E non nascondo che gliela toglierei quella camicia più che abbottonargliela.

Ma non posso permettermi di fare pensieri del genere.

Mi schiarisco la voce e mi impongo mentalmente di smetterla di fissare quegli addominali da paura.

-Perché hai le mani, Tom- gli rispondo a tono, non con poca difficoltà, esibendo poi un sorrisetto falso prima di uscire da quello spazio in cui, non so perché, iniziava a mancarmi laria.

Tiro un respiro profondo e mi accerto che non mi abbia visto nessuno, come se abbia commesso chissà quale vergognosa azione.

Mi sembra quasi di sentire la sua risata divertita.

Lo fa tanto ridere il suo corteggiamento spudorato?

E meno male che voleva solo essermi amico.

Afferro il pantalone dal tavolo e me lo appendo ad un braccio aspettando che lui esca dal camerino, stavolta col petto coperto.

Nel giro di un paio di minuti lo vedo fare la sua trionfale uscita, avvolto in quella camicia Polo Ralph Lauren bianca, splendida ed elegantissima.

Si muove come un pinguino, facendomi ridere.

-Ti sta benissimo!- esclamo io avvicinandomi a lui e guardandolo.

Gliela sistemo leggermente sulle spalle, per poi passare al colletto.

-Mi sembro un cameriere- asserisce lui con aria contrariata guardandosi allo specchio.

-Non dire sciocchezze- lo riprendo io- è una camicia bianca ed è classica! Non cè nulla che non va!- gli dico io convinta.

Tutti i ragazzi hanno almeno una camicia bianca nel loro armadio.

Ma forse….tutti tranne Tom, a quanto pare.

-E poi è troppo stretta, non respiro- si lamenta lui, notando che non arriva al ginocchio come, di solito, tutti gli indumenti che indossa lui.

Scuoto la testa divertita. Certo che è impossibile trasformarlo in un ragazzo…perbene.

-Stretta secondo i tuoi canoni, Tom! È perfetta, in realtà- gli faccio notare io cercando di essere convincente.

Lui arriccia il naso, deciso a crearmi problemi, questoggi.

-Ti avevo preparato anche i pantaloni- mormoro io delusa indicandogli il bellissimo modello Burberry da uomo, classico, che tengo tra le mie mani.

Tom mi guarda come se gli avessi appena mostrato il demonio in persona ed alza un sopracciglio.

-Questi te li scordi- asserisce lui risoluto.

Sbuffo.

-Allora me lo spieghi tu cosa intendi per eleganza, ok?- gli dico io poggiando i pantaloni al loro posto, leggermente scoraggiata.

Deve vestirsi elegante?

Una camicia bianca e un pantalone classico marrone sono perfetti!

Ma evidentemente lui ha una concezione distorta della parola “eleganza”.

-Io intendevo qualcosa di più…normale, più da me!- esclama poi- non da mio nonno!- se ne esce poi.

Mi offendi, Tom Kaulitz, sai?

Un vestito classico non deve essere per forza antiquato!

Scuoto la testa, ma la sua espressione da innocente mi fa sorridere.

E poi mi guarda in un modo così…magnetico.

Mi sento terribilmente a disagio oggi con lui.

-Lascia fare a me, ok?- gli chiedo io.

Credo di aver capito cosa intende lui perelegante.

Mi allontano un attimo dopo avergli chiesto di non muoversi da lì.

Mi sposto nella zona “casual”, forse per lui questo termine è il corrispettivo di “smart”, non cè altra spiegazione.

Dopo una strenua ed ardua ricerca tra vestiti sicuramente alla Tom, scelgo alcuni capi meno…sportivi ed un po più raffinati.

Torno da lui e lo vedo seduto su un divanetto dallaspetto decisamente elegante, a gambe divaricate, con quella sua solita postura che lo rende così terribilmente attraente.

Quella camicia bianca gli dona particolarmente, devo ammetterlo.

Io adoro i ragazzi vestiti in modo elegante e devo riconoscere che Tom, già attraente con una semplice t-shirt, con una camicia bianca è da mozzare il fiato.

Lo guardo mostrandogli la pila di vestiti che tengo su un braccio.

Gli faccio segno di avvicinarsi e poggio tutto sul tavolo.

Per quanto riguarda i pantaloni ci ho rinunciato: mi sono dovuta rassegnare a scegliere un paio di jeans.

Glieli mostro: leggermente larghi (secondo il suo stile) ma non troppo.

Ho scelto un modello lontanamente elegante, con qualche strappo leggero, poco evidente, e a vita bassa.

Vedo gli occhi di Tom illuminarsi nel vedere questo paio di jeans che senzaltro è il suo genere.

Gli mostro poi una semplice t-shirt bianca, dal tessuto sottile, leggermente larga e lunga fino alla vita, dallo scollo a V.

Molto semplice, ma addosso a lui avrà leffetto desiderato, ne sono sicura.

E dulcis in fundo, il vero tocco di eleganza.

Una giacca NEIL BARETT blu, decisamente raffinata.

Appena lho vista ho subito avuto unilluminazione e mi è sembrata assolutamente perfetta per Tom.

Gliela mostro: una giacca leggera blu, stile trench primaverile- autunnale, con una cinta in vita chiusa da una fibbia dello stesso colore dellindumento.

Il doppio petto è evidenziato da una serie di bottoni, posizionati sul davanti, tondi e dalla sfumatura dorata, esattamente come i dettagli presenti sulle maniche e sulle spalle.

Guardo Tom, in attesa della sua reazione.

-Non è bellissima?- gli chiedo io toccando lindumento e percependo la qualità della stoffa.

Già me lo immagino: jeans sexy,t-shirt bianca fina che gli lascia intravedere gli addominali e giacca elegante sbottonata, portata con disinvoltura.

Vedo un sorriso sul viso di Tom.

-Si!- esclama lui come sorpreso. Non pensava che io fossi tanto brava in fatto di moda?- mi piace un sacco- ammette poi continuando a guardarla.

-Dai, inizia a provare i jeans, così vediamo se vanno bene!- gli dico io porgendoglieli.

Lui li afferra e, dopo avermi rivolto un sorriso mozzafiato, torna in camerino.

Misà che stai perdendo un po troppo la testa, Annika.

[TOM]

Sono nel camerino e questa si sta rivelando una giornata davvero produttiva.

Annika ha accettato di accompagnarmi a fare shopping per la festa della Universal.

E le cose si stanno mettendo benissimo, devo ammetterlo.

Dover scegliere il vestito adatto per la festa imminente che ci sarà tra due settimane al Plaza è essenzialmente un pretesto.

Certo, una presenza femminile come Annika, esperta di moda e assolutamente mai fuori luogo, mi è decisamente daiuto, ma…ciò che mha spinto a telefonarle per chiederle di venire con me è stata effettivamente la voglia di vederla e di passare qualche ora con lei.

Non so che cavolo mi sta prendendo in questi giorni, ma quel faccino dolce ed impertinente, quegli occhioni azzurri e quel sorrisetto misterioso mi fanno pensare continuamente a lei.

Mi sfilo con brama la camicia bianca che mi aveva costretto ad indossare.

Non appena la appendo allapposito aggeggio mi sento finalmente libero e riprendo a respirare.

Quella cosa era terribilmente stretta e decisamente inadatta a me.

Non sono un pariolino, e né tanto meno ho intenzione di esserlo.

La curiosità si impossessa di me: mi sporgo ed afferro il suo cartellino.

Sotto la scritta Polo a caratteri cubitali, compare il sottotitolo in caratteri più piccoli recante la scritta Ralph Lauren.

Lascio scorrere lo sguardo sul prezzo: 119 €.

Sgrano gli occhi: per Bill sarebbe un modico prezzo, ma per me, o meglio, per una camicia del genere, è fin troppo.

Rimetto il cartellino apposto e mi sfilo i miei jeans, per poi infilarmi, con precisione, quelli che mi ha scelto Annika.

Decisamente meglio dei pantaloni alla anni 30 che mi aveva scelto prima.

Mi abbottono la breve chiusura, per poi passare al bottone principale in ferro.

Mi guardo allo specchio, a dorso nudo, osservando i jeans leggermente slavati e strappati in più punti che ricadono lenti sulle mie gambe non troppo sottili.

-Annika- la chiamo alzando di poco la voce.

Non so perché, ma oggi che cè lei con me, non mi sento sicuro come mio solito ed ho continuamente bisogno di sapere cosa ne pensa lei.

Dopo qualche istante lei si avvicina.

-Ecco la maglietta- mi dice lei scostando di poco la tenda, quel tanto necessario per infilare la sua mano e porgermi la t-shirt bianca di Neil Barrett.

Sorrido della sua pudicizia.

Annika a volte sa essere così tenera.

-Entra- le dico io sistemandomi il bordo superiore dei jeans.

La vedo entrare con prudenza, stringendo la maglietta nelle sue mani.

La fisso attraverso lo specchio e riesco a scorgere distintamente il rossore farsi strada sul suo viso a forma di cuore.

Sorrido malizioso dentro di me.

Piccolo dettaglio: sono completamente a dorso nudo, lo avevo dimenticato.

Vedo il suo sguardo posarsi su di me, sui miei addominali, sui miei bicipiti allenati, sul mio ventre piatto, perfettamente scolpito.

-Allora? Come mi stanno?- le chiedo mettendomi di lato per osservarmi al meglio.

-Ehm…- balbetta lei, deglutendo.

La guardo, voltandomi verso di lei.

La imbarazzo così tanto?

Eppure siamo stati a letto insieme più di una volta.

Dovrebbe conoscere il fisicaccio che ho!

Ma spesso mi dimentico che le ragazze sono strane, ed Annika non è leccezione.

-Bene!- esordisce lei annuendo vigorosamente ed accennandomi un sorriso.

Noto perfettamente limbarazzo nella sua voce.

Mi avvicino a lei, fermandomi a pochi centimetri dal suo corpo.

-Dici?- il mio tono è roco, sensuale.

Le scosto una ciocca di capelli indietro, puntando lo sguardo sul suo seno, sodo ed evidente sotto la maglietta scollata e sottile.

Mi sta venendo voglia, con lei così bella e cosìvicina.

Alza il suo sguardo ghiaccio fino ad incontrare il mio.

Annuisce debolmente, perdendosi nei miei occhi che la fissano intensamente.

Lascio scorrere una mia mano sulla sua spalla nuda, accarezzandola con quella delicatezza che mi sento di avere solo quando sono con lei.

Imprigiono la spallina della sua maglietta tra lindice e il medio della mia mano, abbassandola leggermente.

Vedo unespressione di sorpresa farsi strada sul suo viso.

Mi guarda, come non aveva mai fatto prima, forse.

So di farle un certo effetto, me ne accorgo da come si comporta quando io mi avvicino pericolosamente a lei.

Sento il suo respiro dolce sulla mia pelle e avvicino la mia mano al suo viso, carezzandolo lievemente con il pollice.

In quellesatto momento lei abbassa lo sguardo e si allontana da me.

Si rialza la spallina dl top che indossa e mi porge la maglietta che teneva tra le mani.

-Mettitela- mi dice prima di voltarsi ed uscire dal camerino.

Sorrido malizioso.

Eh già: sapevo che non poteva resistermi a lungo.

Il modo in cui sè imbarazzata quando mi sono avvicinato a lei mi dà la misura di quanto io le piaccia.

Noi due ci piacciamo, ci siamo sempre piaciuti.

E pensare a lei che arrossisce, e che fissa in quel modo i miei addominali scolpiti e la mia pelle abbronzata mi manda fuori di testa.

So che lei mi desidera e la voglia che ho di lei si palesa in ogni mio singolo gesto.

Mi infilo la t-shirt, deciso poi ad uscire e a concludere quello che ho appena iniziato.

Farla cadere nelle mie braccia.

Ma stavolta, sul serio.

*

Ci avviciniamo alla cassa e un signore sulla sessantina, il proprietario del negozio, ci sorride cordiale.

Ha laspetto distinto ed indossa una giacca in lino beige, sotto cui si intravede una camicia chiara.

Annika poggia tutto ciò che abbiamo scelto sul bancone, con non poca fatica.

Dopo circa due ore e mezzo abbiamo trovato labbinamento perfetto: jeans non troppo larghi, t-shirt bianca leggermente lunga, giacca Neil Barrett blu, elegante al punto giusto, e un paio di sneakers bianche.

Per scegliere le scarpe ho dovuto discutere con Annika per circa quaranta minuti: pensava di potermi convincere ad indossare un paio di mocassini o addirittura un paio di Hogan.

Ma alla fine ha capito che un paio di scarpe da ginnastica sarebbero andate benissimo.

La guardo, sorridendole di poco, mentre il proprietario del negozio batte alla cassa tutti i prezzi.

Jeans della Diesel, 183€, lultimo modello.

T-shirt di Neil Barrett semplicissima, 78€.

Giacca di Neil Barrett, 689 €.

-Quanto?- mi lascio sfuggire io, come se avessi sul serio problemi economici e non fossi in grado di arrivare a fine mese.

Il tizio dietro la cassa mi guarda alzando un sopracciglio.

È una rapina, cazzo!

Solo mio fratello farebbe una follia del genere!

Annika mi lancia unocchiata molto eloquente che sembra dirmi “Sta zitto, ci penso io!”.

Mi ammutolisco allistante e vedo che lei rivolge un sorriso da mozzare il fiato alluomo dietro il bancone, mormorando un dolce e raffinato:

-Signore, non mi riconosce? Sono Annika Stern, la figlia di Derick Stern!-

Quelle poche parole bastano per far accendere il viso delluomo, su cui compare un sorriso smagliante.

A dire il vero gli è bastato sentire il nome Derick Stern per saltare in aria.

Luomo esclama un “Ah” prolungato, seguito poi da una lieve risatina.

-Si ricorda di me, ora?- gli chiede Annika sventolando i capelli con fare vanitoso.

-Certamente, signorina!- esclama il proprietario con tono quasi reverenziale.

Sto a guardare, curioso, tutta la scena per vedere cosa succede.

Annika gli sorride e, senza dire nientaltro, luomo mormora:

-Per lei, il 30% di sconto sulla giacca-

Guardo Annika sorridere e farmi un occhiolino, complice.

Ricambio il gesto e ridacchio leggermente.

Di solito riconoscono me, non le ragazze che mi porto dietro.

Ma con Annika è diverso!

-482!- esordisce luomo battendo il prezzo- va bene?- si accerta poi, guardando Annika, prima di inviare la cifra.

La biondina al mio fianco annuisce compiaciuta.

Wow, sono senza parole.

Luomo continua a battere il prezzo dei restanti indumenti fino ad inserire gli 89€ delle scarpe.

-Sono 832- esclama luomo facendomi venire un colpo al cuore, quasi- per voi vanno bene 830- conclude poi, includendo in quel voi solo Annika.

Pago in contanti e afferro la busta tra le mie mani.

-La ringrazio è stato davvero gentilissimo- esclama Annika rivolgendosi alluomo che quasi si inchina in sua presenza- riferirò a mio padre- aggiunge poi voltandosi definitivamente ed uscendo dal negozio.

La seguo, affiancandomi a lei, dopo aver sceso i pochi scalini.

La guardo e lei scoppia a ridere.

La seguo a ruota.

-Dovrò portarti più spesso con me- esclamo io con tono evidentemente ironico.

Lei ridacchia divertita prendendo a camminare.

-Sul serio, grazie dellaiuto- aggiungo poi avvicinandomi a lei e passandole un braccio sulle spalle.

Voglio che la gente che cammina lungo questo marciapiede e rimane imbambolato a fissare le sue gambe e le sue tette da sogno sappia che lei…sta con me.

Non in quel senso, ma nel senso che io la considero mia, in un certo senso.

-Figurati Tom, è stato…vagamente divertente!- esclama lei, dopo uniniziale incertezza, ridendo.

Ripenso alla scena in cui abbiamo iniziato a litigare perché lei voleva a tutti i costi che io provassi un paio di mocassini marroni.

Ridacchio leggermente anche io.

-Se non fossi venuta avrei di certo optato per una semplice t-shirt scura e per un paio dei miei soliti jeans larghi- le dico io, convinto- così almeno quella sera David non si vergognerà vedendomi con una giacca!- esclamo pensando già alla scena.

Annika ride e la sua risata cristallina e sincera mi entra in testa, risultando così piacevole.

-Lo immagino, visto quantho faticato oggi per farti scegliere qualcosa di vagamente…elegante- pronuncia questultima parola quasi con riluttanza.

Sorrido guardandola dallalto.

Lei alza lo sguardo verso di me ed io rimango a fissarla.

-Grazie principessa- le sussurro in un orecchio, sorridendo divertito.

Lei fa lo stesso e il suo sorriso dolce mi manda fuori di testa.

Mi avvicino alla sua guancia e le lascio un leggero bacio, molto vicino alle sue labbra.

Voglio che lei senta la voglia che ho di lei.

La vedo arrossire leggermente e distogliere lo sguardo dal mio per continuare a guardare dinanzi a sé.

Sorrido tra me e me, stringendo ancora di più la mia presa attorno alle sue spalle e continuo a camminare.

-Mi riaccompagni a casa?- mi chiede lei dun tratto.

Guardo il Rolex dacciaio sul mio polso sinistro, che segna le sette e dieci minuti.

Il tempo questo pomeriggio è letteralmente volato ed io sono stato…bene, con lei

Anche senza andarci a letto, cosa strana per me.

La guardo: la voglia di chiederle di restare ancora si impossessa di me.

Vorrei averla ancora vicina per guardarla, sentire il suo profumo e…perché la voglio.

Sto per chiederle di cenare con me, quando vedo un tizio decisamente fuori dal normale venirci incontro.

Ma chi è?

Un personaggio uscito da uno di quei film in bianco e nero degli anni 50?

Un ragazzo alto, magro e decisamente impacciato sta letteralmente correndo verso di noi.

O meglio, verso di Annika.

Indossa un paio di pantaloni grigio scuro, a vita bassa, stretti e tipicamente classici, con un risvolto in fondo alla caviglia che lascia intravedere una stoffa bianca a righe blu.

Un paio di mocassini neri lucidi, rigorosamente senza calzini.

Una polo bianca, con il colletto blu, abbottonata fino allultimo bottone, fin sul collo, dallaria tremendamente da idiota.

Una giacca elegante blu elettrico, aperta sul davanti con una pochette ed un risvolto alle maniche che lascia intravedere la stessa stoffa a righe bianche e blu dei pantaloni.

O mio Dio.

Se fossi religioso mi verrebbe da fare il segno della croce.

Grandi occhialoni da vista neri, calati sul naso, capelli vaporosi scuri ed una faccia da idiota quattordicenne.

Ma chi è questo qui?

Lo vedo andare incontro ad Annika e fermarsi di botto.

Io e lei ci blocchiamo, non appena intuiamo che sta venendo verso di noi ed io mollo la presa che tenevo attorno alle spalle di Annika.

-Buonasera, Annika!- esclama lui rivolto verso la mia biondina, col fiatone e con un insicurezza evidenti.

-Ehm…- balbetta Annika. Sembra davvero in difficoltà- ciao, Adam!- esclama poi sorridendo.

Sbaglio o quel sorriso smagliante è falsissimo?

Guardo il tipo da capo a piedi e trattengo una risata per come è vestito.

Altro che ciò che voleva farmi comprare Annika.

Questo qui è decisamente peggio!

-Come procede la tua vita?- le chiede sistemandosi gli occhiali sul naso.

Aggrotto la fronte.

Che cazzo vuol dire “Come procede la tua vita”?

-Ehm….bene!- esclama Annika annuendo con vigore- sto bene, Adam, e tu?- gli chiede lei, sembrando interessata.

Annika conosce questo tizio insulso?

-Oh, a me anche le vicissitudini quotidiane proseguono a ritmo regolare e senza nessun imprevisto alcuno- dice lui annuendo.

Una lieve risata si impossessa di me.

Che cazzo ha detto?

Ma come parla questo?

Annika annuisce e poi si volta verso di me, fulminandomi con lo sguardo.

Non avrei dovuto ridere, forse?

-Ehm, Tom, ti presento Adam, un mio amico- mi informa lei, dando una strana sfumatura allultima parola.

Sono amici?

Annika è amica a questo qui?

Vedo il ragazzo porgermi la mano con energia, ed io la stringo decisamente molto titubante.

-Mi chiamo Adam Leibniz, e sono davvero onorato di fare la tua conoscenza! È un immenso piacere per me stringerti la mano come si suole fare durante i più illustri incontri- dice lui stringendo la mia mano energicamente.

Lo guardo scettico, decisamente stupito dal suo modo di parlare e di atteggiarsi.

-Tom- dico io semplicemente, guardandolo quasi con riluttanza e riappropriandomi della mia mano.

Ma si può sapere chi diavolo è questo?

Mi rifiuto di pensare che Annika possa essere amica di un tizio del genere.

La mia espressione di schifo misto a ribrezzo non sfugge ad Annika vista locchiata che mi lancia.

Il ragazzo, Adam mi sembra di aver captato -dal mare di parole sono uscite dalla sua bocca nel giro di cinque secondi- che si chiami così, inizia a fissarmi insistentemente, come alla ricerca di qualcosa.

Incurvo le sopracciglia e mi chiedo che cazzo abbia da guardare.

Sto per sbottare, quando lui alza un indice in aria ed esclama:

-Io ti ho già avuto modo di vedere il tuo viso, e le tue fattezze fisiche tutte!-

Eh?

-Ti ho visto durante una di quelle rappresentazioni musicali trasmesse in uno dei mass media più diffusi e comunemente considerati fonte di notizie, finalizzati alla divulgazione di questultime allo scopo di diffondere una maggiore cultura tra gli strati popolari!- esclama, con un fiume di parole.

Aggrotto la fronte.

-In tv?- gli chiedo io scettico.

-Esattamente!- annuisce lui con vigore- tu eri partecipe di una di quelle manifestazioni musicali a carattere collettivo in cui è oltremodo evidente lesternazione dellentusiasmo e della gioia estatici attraverso la fuoriuscita di suoni molto simili ad urla da parte di coloro che si accingono ad assistere allo spettacolo strumental-musicale!- esclama lui annuendo, convinto.

Guardo Annika, come per chiederle la traduzione.

Ma lei sorride semplicemente: sembra stare dalla parte di Adam, è incredibile!

-Un concerto?- sputo io, poco convinto, riassumendo quel mare di parole in una sola, in grado di rendere lidea.

Adam annuisce, scuotendo con vigore la testa perfettamente pettinata.

-da ciò deduco che tu faccia parte di un raggruppamento corale di individui che esplicano il loro interesse culturale verso il linguaggio strumentale attraverso quelli che comunemente ma impropriamente definiamo strumenti musicali- commenta lui fissandomi.

Faccio saettare il mio sguardo incerto su Annika, per poi farlo tornare su questo…individuo che mi sta di fronte.

-Una band?- chiedo io dubbioso.

-Se vogliamo così volgarmente chiamarla!- esclama lui stringendosi nelle spalle.

Ma questo qui è scemo o cosa?

Cosha a che fare Annika con lui?

La voglia di saperlo mi sta lacerando dentro.

Dun tratto il coso in questione torna a guardare Annika, sorridendole.

Un sorriso che non risulta neppure lontanamente seducente.

Eppure vedo la biondina sorridere con fare vanitoso, fissandolo di rimando.

-Mi piace la tua giacca, Adam- mormora lei, allimprovviso, avvicinandosi a lui e carezzando con una mano il tessuto di quellindumento orrido, squallidissimo e terribilmente antiquato.

È una mia impressione o il suo tono di voce mi sa tanto di civettuola?

-Da…davvero?- balbetta lui sistemandosi gli occhiali sul naso aquilino- ho avuto modo di acquistarla durante uno dei numerosi viaggi di carattere culturale che ho compiuto con coloro che mi generarono- spiega lui quasi in estasi per il complimento che gli ha fatto Annika.

Presumo che per “coloro che lo generarono” lui intenda i suoi genitori.

Non pensavo che nel XXI secolo esistesse ancora qualcuno in grado di parlare in questo modo osceno.

Non ha detto neppure una parolaccia in oltre dieci minuti di conversazione.

Lo guardo attentamente.

Ma è normale?

Il modo in cui parla ad Annika ed il modo in cui la guarda non mi piacciono: si vede lontano un miglio che è totalmente cotto di lei.

Ma un pariolino idiota del cazzo non mi preoccupa, ancor meno se è demente come lui poi, ma…mi da fastidio il modo in cui Annika parla a lui.

-Allora, passa quando vuoi, Adam- mormora Annika molto vicina a lui.

Il sangue mi sta salendo al cervello.

Che vuol dire “passa quando vuoi”?

Lo sta invitando a casa sua per scoparselo?

E lo sta facendo davanti a me?

Serro inevitabilmente le mascelle per la rabbia.

-Magari ci facciamo un bagno in piscina- aggiunge lei con tono seducente, destando limmaginazione del deficiente che annuisce di fronte a lei.

-Assolutamente al più presto- mormora Adam, deglutendo e annuendo con vigore.

Già me lo immagino: non vede lora di scoparsela.

Tanto idiota ma…ha anche lui gli occhi per guardare e per accorgersi di quanto Annika sia bella e…seducente.

Mi schiarisco la voce, come per ricordare loro che ci sono anche io.

-Andiamo- mi lascio sfuggire io, non riuscendo più ad assistere ad una scena del genere.

Sta civettando con questo scemo del cazzo davanti a me?

Annika mi guarda con unespressione strana, come sorpresa da ciò che ho appena detto.

Poi si volta verso il damerino infiocchettato e, alzandosi sulle punte, gli lascia un bacio sulla guancia.

Noto perfettamente la sua mano smaltata di rosa posarsi leggermente sul suo petto.

Perché mi sta venendo voglia di staccarli e poi dare un cazzotto a lui e smontarlo?

-Allora ciao Adam, a presto- mormora Annika con fare suadente.

Lei non ha mai usato quel tono con me.

-A…arrivederci Annika- balbetta lui, sistemandosi meglio gli occhiali e non staccando un attimo gli occhi di dosso da lei.

Gli rivolgo uno sguardo come per abbatterlo con la sola forza del pensiero e, volutamente, passo una mano attorno alla vita di Annika stringendola a me.

Lo faccio con più decisione del solito, tanto per mettere le cose in chiaro.

Lei non è la mia ragazza.

Ma per adesso sta con me.

Riprendiamo a camminare, sotto lo sguardo imbambolato di quellidiota del cazzo che, solo perché conosce Annika, già mi sta sulle palle.

Lei alza lo sguardo verso di me, con uno strano sorrisetto stampato sulle labbra.

La fisso con sguardo interrogativo.

Ho una voglia sovrumana di sbroccare con lei perché ha fatto così la civetta con quello.

Ho una voglia sovrumana di dirle che non sopporto che lei abbia a che fare con altri ragazzi.

Ma mi contengo, in fondo che diritto ho io su di lei?

Praticamente nessuno.

Ma…teoricamente, ce lho eccome, cazzo.

[ANNIKA]

Salgo in macchina, seguendo con lo sguardo Tom che, dopo aver fatto il giro dellauto, entra allinterno dellabitacolo.

Non mi ha minimamente detto del bacio che cè stato tra lui ed Andrea.

Lo osservo di sottecchi: indossa la cintura di sicurezza e ruota la chiave nel quadro dellauto, mettendola in moto.

Stranamente si è ammutolito da quando abbiamo incontrato Adam e…io ho approfittato della situazione.

Solo lui ha il diritto di fare quello che vuole senza darmi minimamente spiegazioni?

Anchio posso, allora!

E, dunque, ho approfittato dellincontro con Adam, per…farlo stare un po sulle spine, diciamo.

Ok, daccordo, ho fatto la civetta con lui per…far ingelosire Tom.

E, a quanto pare, il mio intento è riuscito.

Non ha spiccicato più parola da quando ci siamo congedati con Leibniz.

E il modo in cui mi ha stretta a sé davanti ad Adam mha confermato la sua possessività.

È stato un gesto che, devo ammetterlo, mi ha decisamente fatto piacere.

Amo questo lato di Tom ed amo il mio in cui lui pretende di avermi tutta per sé.

Ma deve capire che anche io posso fare quello che voglio, con chi voglio.

Lui non è il mio fidanzato.

-Come conosci quellidiota?-

La sua voce fredda mi arriva chiara alle orecchie, rompendo quel silenzio pesantissimo.

Mi volto di poco verso di lui.

-Non è un idiota- lo difendo io, mentendo. Oh si che lo è, invece! Io sono la prima a considerarlo tale. - ed è un mio vecchio amico- gli spiego, alterando un po la realtà dei fatti.

Non posso di certo dirgli che è un cretino che detesto e che sono costretta a sopportare a causa dellamicizia che lega i miei ai Leibniz.

-Vecchio amico?- ripete Tom scettico, non credendo alle mie parole.

-Si!- esclamo io convinta- problemi?- aggiungo poi, fingendomi indispettita.

-No!- esclama lui senza neppure voltarsi e continuando a mantenere il suo sguardo fisso sulla strada dAmburgo che corre sotto di noi.

-Se non ne avessi non useresti questo tono!- aggiungo io, con fare provocatorio.

Vedo le mascelle di Tom serrarsi e la presa farsi più forte sul volante della sua auto sportiva.

Continuo a guardarlo, in attesa di una qualche risposta da parte sua.

Il suo sguardo abbandona per un attimo la strada e mi fissa velocemente, quel tanto per farmi capire che gli da tremendamente fastidio.

Ma io voglio che sia lui a dirmelo.

-Ci vai a letto, non è vero?- se ne esce dopo qualche minuto di silenzio.

Ridacchio scuotendo la testa.

Io a letto con Adam Leibniz?

Neppure se fossi sotto leffetto di droghe!

E poi…io non sono mai stata a letto con nessuno a parte Tom.

Lui è stato lunico, finora, a toccarmi in quel modo.

Nessun altro ragazzo ha mai avuto il piacere.

E non sarà di certo Adam il primo.

-Non sono affari tuoi, Tom- gli dico fingendomi risentita- la mia vita privata è mia ed è personale- gli spiego io chiaramente, rafforzando il concetto.

-Come fa ad interessarti un pariolino del cazzo come lui?- mi chiede poi, con tono sprezzante.

Tom odia non essere il primo, questo lho capito molto bene, ormai.

-I ragazzi non devono essere per forza dei bastardi maleducati e cafoni per essere attraenti, sai?- esclamo io guardandolo come se non avessi ormai più niente da perdere con lui- ci sono anche altre cose, Tom- aggiungo poi spostando lo sguardo da lui e fissandolo sulla mia destra, verso il finestrino.

-Tipo essere perfettini, vestirsi per bene e parlare come un cretino uscito dal Settecento?- sbotta lui alzando un po troppo la voce- per me questo si chiama essere dei deficienti sfigati- aggiunge poi con tono sprezzante.

-Ma qual è il tuo problema, Tom?- gli chiedo io alzando visibilmente la voce, per vedere dove diavolo ha intenzione di arrivare.

-MI DA FASTIDIO, OK?- sbotta dun tratto a voce alta, facendomi rimanere interdetta.

Rallenta vistosamente con la sua auto, come se, allimprovviso, avesse sfogato quello che lo rendeva instabile.

Lo guardo profondamente, mentre un leggero sorrisino si fa strada sulle mie labbra.

Gli da fastidio.

-Non sopporto che tu faccia la civetta con un altro ragazzo- ammette dopo qualche secondo di silenzio- davanti a me, poi- aggiunge infine, continuando a fissare la strada.

Un compiacimento sempre più evidente si impossessa di me.

Non mi sono mai sentita così, come adesso.

-Tom io non sono la tua ragazza, e lo sai anche tu! Quindi, in teoria, posso fare la civetta con chi mi pare- esclamo io con tono di voce deciso- perché dovrei rendere conto a te di quello che faccio con altri ragazzi?- decido di provocarlo ancora di più.

In fondo è così: io sono libera.

Come lo è anche lui, daltronde.

E, nel suo caso, si è visto: ha baciato Andrea e me lo sta tenendo nascosto.

Lo vedo mantenere il silenzio, mentre la sua presa sul cambio si fa sempre più decisa.

-Ma questo vale anche per te- aggiungo poi, girando attorno alla questione, nella vana speranza che lui mi confessi quello che ha fatto- non devi rendere conto a me del rapporto che hai con altre ragazze-

-Ma io non voglio altre ragazze, non lo capisci?- esclama lui alzando ancora la voce.

E allora perché cazzo hai baciato la mia migliore amica?

Glielo urlerei in faccia, se solo fossi più spontanea e diretta.

Ma rimango semplicemente in silenzio, sempre più convinta che tutto ciò che sta accadendo sia terribilmente sbagliato.

Vedo la mia residenza avvicinarsi sempre di più e lR8 di Tom rallentare progressivamente, fino a svoltare a destra.

Si ferma dinanzi al cancello chiuso e si volta verso di me e stavolta, finalmente, riesco ad incrociare il suo sguardo.

-Vieni qui- mi sussurra lui avvicinandosi al mio viso e lasciandomi un bacio deciso sulla guancia, o meglio, sarebbe più preciso dire, sullangolo delle mie labbra.

Mi vengono i brividi a quel tocco.

Quanto vorrei dimenticarmi tutto e stare con lui.

Ma purtroppo tutto è troppo difficile.

Mi allontano da lui, vedendo la sua intenzione di avvicinarsi sempre più a me e di non staccarsi.

-Ci vediamo, Tom- mormoro io tristemente, poggiando la mia mano sulla maniglia della portiera.

La possibilità glielho data, ma se lè giocata.

Mi volto, ma mentre sto per uscire sento la sua mano prendermi per un fianco.

Immediatamente mi giro verso di lui e vedo una strana luce nei suoi occhi.

Lo guardo, per cercare di capire il motivo per cui mi ha fermata.

-Devo dirti una cosa- mormora lui con tono serio.

Il cuore mi perde un battito ed il mio respiro sembra fermarsi.

-Ho baciato Andrea- dice tutto dun fiato, e qui il mio mondo crolla.

È bruttissimo sentire questa frase uscire dalle sue labbra.

È bruttissimo vedere lespressione pentita con cui mi sta osservando.

E fa malissimo immaginare una scena che mi fa sentire, inevitabilmente, sempre seconda ad Andrea.

Già, potrà sembrare il contrario, ma in realtà io so di essere sempre venuta dopo di lei per tutti.

Lei è quella col cervello, lei è la ragazza decisa e col carattere.

Io sono sempre stata la bionda svampita che pensa solo a vestiti e trucco.

E a quanto pare, sono questo anche per Tom, visto che ha avuto il coraggio di baciare la mia migliore amica.

Abbasso lo sguardo, bloccando allistante le lacrime che si preparano per uscire.

Ho una voglia matta di piangere, di urlare e di sfogarmi.

Fa così male.

La sua mano si poggia sulla mia, e la stringe con decisione.

-Ma è stato uno stupido sbaglio, ce ne siamo resi conto subito entrambi e ci siamo staccati- dice lui tutto dun fiato- io non ho provato niente, te lo giuro, non ho sentito il minimo…- lo interrompo, non ce la faccio a sentire questo mare di stronzate che mi fanno solo stare peggio.

Lo guardo negli occhi, e mi sento letteralmente morire.

-Lo sapevo, Tom- dico semplicemente, allontanando la mia mano dalla sua. Tento di evitare che la voce mi si incrini.

Sul suo viso si dipinge unespressione di stupore.

-Non hai minimamente pensato che Andrea, la mia migliore amica- sottolineo queste ultime parole, tanto per rendere lidea di quanto io ci sia rimasta male- potesse dirmelo?- gli chiedo, terribilmente arrabbiata.

-Si, ma io sentivo comunque il bisogno di dirtelo, Annika, non sai quanto mi sento in colpa- mormora guardandomi e cercando di discolparsi in un modo davvero insulso.

-Tu ti senti in colpa- ripeto io annuendo, ma non credendo minimamente a quelle parole- e io? Io come dovrei sentirmi?- gli chiedo mantenendo una calma che cela una rabbia spaventosa.

-Mi dispiace, Annika, io so solo che quando mi sono reso conto di quello che avevo fatto ho pensato subito a te- mi dice lui concitato- mi sei venuta in mente tu e mi sono sentito uno stupido per aver agito senza pensare- continua lui.

Intanto ha agito e lha baciata, cazzo.

Ha sentito le labbra di Andrea sulle sue, lha baciata.

E io in quel momento dovero?

Poi sbaglio a pensare che a lui non freghi un cazzo di me?

Abbasso lo sguardo, scuotendo la testa.

-Perché lo hai fatto?- gli chiedo dun tratto con apparente tranquillità.

-Perché era lì, vicina a me e mè venuto spontaneo, ho agito distinto, senza pensare- mormora lui aggrottando la fronte- io non ho mai avuto a che fare con una ragazza che fosse semplicemente mia amica, come Andrea, e quindi lho baciata senza pensarci- continua a ripetere lui- ma quando ce ne siamo accorti, entrambi ci siamo staccati e lì io ho capito che non avevo provato niente- esclama lui concitato- mentre con te….è diverso, mi sento stranissimo-

Abbasso lo sguardo, incredula.

Sta riprendendo a parlare, quando io lo interrompo.

Non ne posso più di sentire i particolari.

-Tom non mi devi spiegazioni, non stiamo insieme- dico semplicemente, alzando le spalle.

La tristezza nella mia voce quasi mi spaventa.

La freddezza mi fa sentire ancora peggio e sento solo il bisogno di andare in camera mia e di piangere per ore.

Vedo Tom rimanere a fissarmi.

-Fa quello che vuoi della tua vita, perché tanto lo so che non cambierai mai- mormoro totalmente disillusa.

Afferro la mia borsa e me la appendo al braccio.

-Mai nessuna riuscirà a farti mettere la testa a posto, ormai ne sono sicura- concludo io, certa, prima di aprire la portiera ed uscire da quellabitacolo che era diventato allimprovviso troppo stretto.

Il suo sguardo che mi inchiodava.

La sua voce che tentava di discolparsi.

Non ne posso più di sentirmi sempre più inadeguata.

Tra noi non cè niente, ma sto soffrendo più di quanto avrei mai immaginato.

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Capitolo 25
*** 25. Mi fa terribilmente incazzare! ***


[TOM]

 

 

 

 

Rientro a casa sbattendo la porta.

Il suo suono sordo si perde per la casa apparentemente vuota.

Butto le chiavi dell’auto contro un mobiletto facendo fare la stessa fine al mio cappello di maglia.

Maledizione!

Quella ragazza riesce a farmi rimanere decisamente di merda.

Che poi, come si è permessa di fare la cascamorta con quel coso, com’è che si chiama? Adam, ecco!

Sembra un damerino uscito da un cazzo di libro del Seicento, che sia maledetto!

Avanzo nella perfezione del nostro atrio e prendo la strada del salotto.

Devo ammettere che Elsa, la domestica, fa davvero un bel lavoro qui.

Mi lascio ricadere sul divano sorprendentemente morbido, e mi porto le mani al viso.

Ma come mi sono ridotto?

Perché mi sento ribollire il sangue nelle vene quando la vedo con un altro?

Cazzo, sto diventando un’altra persona.

O lo sono già?

Non so nemmeno io cosa pensare, mi sento solo estremamente confuso.

Più per me che per Annika, anche se lei ci mette una buona parte delle sue forze a farmi andare in bestia.

Apro gli occhi quando sento una porta sbattere, più precisamente, quella della cucina.

Bill sta entrando nella stanza, in mano una Red Bull, gli occhi a forma di cuoricini.

Mi scappa un sorriso.

L’appuntamento deve essere andato davvero bene!

Questa notte ho avuto la conferma di quello che sapevo da un po’: Andrea e Bill sono fatti per stare insieme.

E il messaggio di Andrea mi ha fatto capire che anche loro due lo hanno capito.

-Ah, sei tornato- mi dice quando esce dal suo mondo rosa e torna alla realtà.

È in tuta, segno che si sta godendo il suo giorno libero mentre io, Gustav e Georg abbiamo sgobbato da questa mattina alle sette.

Dalla tasca della felpa Adidas vedo, chiaramente, la forma del suo nuovo Smath Phone.

È anche scalzo.

Annuisco –Sì, cinque minuti fa-

Mi si siede accanto e accende la tv.

Guardo distrattamente Bill che fa zapping e mi trasformo, ancora, nel Tom Kaulitz amica pettegola.

Mi giro con tanto di sorrisino malizioso verso di lui che si sente, inevitabilmente, osservato.

-Che c’è?-  mi chiede guardandomi da circa dieci centimetri di distanza.

-Questa mattina sono uscito presto, ti sei risparmiato l’interrogatorio, ma ora…-  lo guardo attentamente e malignamente –com’è andata con la nana metallara?-

Lui sa che Andrea mi avrebbe detto tutto.

Da quando sa del nostro piccolo patto ha accettato anche che lei mi dicesse tutto quasi fossi la sua migliore amica.

In effetti mi comporto da tale, a parte il bacio.

Bill sorride facendo luccicare i suoi occhioni di ambra identici a miei.

Eh sì, è andata davvero bene.

-Benissimo- sospira trasognante –Non avrei mai potuto progettare di meglio, è stato davvero… fantastico-

-Te la sei scopata?- gli chiedo.

In realtà mi interessa solo quello, voglio sapere se quella piccola verginella metallara ha finalmente buttato l’unica cosa che ha in comune con una suora.

La cosa strana è che, effettivamente, Andrea non ha niente di male nell’aspetto fisico, a parte qualche problema con la sua irascibilità.

Perde la pazienza per niente, specialmente con me.

Sorrido nel vedere mio fratello diventare rosso –TOM!- mi richiama.

-Avanti, a me puoi dirlo…- lo esorto con aria maliziosa.

Lui scuote la testa –No, era solo il primo appuntamento-

Sospiro.

Mio fratello è così… rincoglionito.

-Perché?-

Lui mi fissa, le labbra serrate –Perché io voglio aspettare-

-Perché invece non dici che non hai avuto le palle di chiederle di fare sesso?- lo accuso sorridendo –Non devi vergognarti di dirlo a me-

-Non mi vergogno di chiederle di fare l’amore- si difende incrociando le braccia.

-Ma sentilo, l’amore…- lo prendo in giro alzandomi dal divano –Bill non esiste l’amore-

-Oh Tomi, invece esiste, sei solo tu che stai tentando di chiuderti alla sua dolce carezza- cinguetta mio fratello –Io farò l’amore con Andrea, quando sarò pronto a darle tutto, nonostante la desidero in modo assurdo, fino a quel momento io…-

-Andrai avanti a seghe, certo- lo canzono con aria maliziosa.

-Oh certo, parli proprio tu, quante te ne sei fatte da quando sei stato a letto con Annika l’ultima volta?-

Mi blocco per poi girarmi lentamente verso di lui.

Ha lo sguardo angelico mentre unisce le mani sul ginocchio che ha appena piegato dopo aver accavallato le gambe.

Posizione decisamente irritante perchè mi ricorda la Schneider, quella vecchia troia inacidita della mia professoressa di matematica che mi rovinava, puntualmente, la media a fine anno.

Bill sa essere l’essere più seccante dell’intero pianeta senza aprire bocca.

E provoca, il bastardo.

Avrei aggiunto figlio di puttana, ma sua madre è anche, inesorabilmente, la mia.

-Non sono affari che ti riguardano- rispondo piccato da quella provocazione, stupendomi anche io di come Bill ci abbia azzeccato.

Sono settimane, per non dire un intero mese, che sto in astinenza.

L’ultima scopata che ho fatto risale a quel maledettissimo giorno in cui Bill ha fatto la parte della zitella cinica con Annika.

Poi, nessun’altra.

Ed è strano, tremendamente strano.

Bill sorride –Colpito e affondato!- trilla trionfante –Comunque Tom, non prendertela, sono tuo fratello, certe cose le sento-

Certo, certe cose le sente lui!

Maledetto.

-Non voglio andare troppo veloce con Andrea, nonostante le abbia chiesto di essere la mia ragazza e lei abbia accettato, perché voglio godermela a passi lenti, voglio scoprirla piano piano, gustarmela affondo assaporando tutto di lei, sono sicuro che se me la fossi fatta ieri sera mi sarei stancato subito di lei-

-Questo, però, non toglie il fatto che le avresti strappato i vestiti a morsi se ne avessi avuto la possibilità, no?- lo guardo intensamente –Te la saresti scopata tutta la notte, vero?-

Bill abbassa lo sguardo –Avrei rovinato l’appuntamento-

-No- gli sorrido –Bill, l’attimo va colto, lo dici sempre anche tu, non ti è mai capitato di  far sesso solo perché ne avevi voglia, senza le cazzate sull’amore?- mi faccio ricadere vicino a lui –Lo so che sei innamorato perso di Andrea Bill, ma non ti è mai passato per la testa di andarci a letto solo perché ne hai il bisogno e non per esprimerle quello che senti?-

Mi guarda ancora.

-Insomma Bill, Andrea ci sarebbe stata e come se avrebbe apprezzato- visto che non ha modo di confrontare Bill con nessuno vorrei aggiungere, ma mi tengo bene dal dirlo –E tu saresti stato bene, tremendamente bene questa mattina-

Bill ci pensa per un lungo attimo, poi mi guarda fulminandomi –Questo va bene per te Tom, io non riesco ad andare a letto con qualcuno solo perché ne ho voglia, io devo amare la persona con cui lo sto facendo, per me sarebbero solo corpi vuoti dove infilarlo se non ci fosse… niente da provare- mi guarda attentamente –Sentimentalmente parlando-

Sospiro scuotendo la testa.

Bill proprio non capisce il concetto di “Soddisfare i propri bisogni” –Comunque- riprendo –Dove l’hai portata?-

-A “La Vela” quel ristorante al Molo, presente?-

Annuisco.

-Tutto è stato tremendamente perfetto…- sospira –A parte…-

Avete presente quando il mondo si apre sotto i vostri piedi? Beh, lo sguardo inquisitore di Bill ha lo stesso effetto su di me.

Conosco l’ira di mio fratello, è comparabile a quella di Achille nell’Iliade.

-Tu che baci Andrea- conclude lui.

Ecco.

Mi pareva strano che la metallara non glielo avesse detto.

Mi stampo in faccia il mio sorriso più convincete e dispiaciuto del mondo e lo guardo.

-Perché lo hai fatto?- mi chiede cupo.

-Istinto Bill- rispondo sinceramente –Eravamo molto vicini e non ho potuto fare a meno di baciarla- lo guardo –Che poi non l’ho nemmeno baciata come si deve, è stato solo un bacio a stampo-

Bill mi guarda con un sopracciglio alzato.

Lo so, la storia del bacio a stampo, nonostante sia vera, non regge se pensi che la dico io.

-Non è piaciuto né a me né a lei, siamo solo amici Bill- continuo a giustificarmi –Mi dispiace davvero che sia successo, ma sappi che non l’ho fatto per farti male, era anche un modo di… ehm… dimostrare il mio affetto per lei-

Le labbra di Bill si increspano.

Lo guardo ancora mentre aspetto una sua reazione che avviene dopo pochi secondi, mentre sorride.

Bill sta sorridendo?

Dio, mi sono salvato.

-Sembra che tu la stia prendendo bene- balbetto alquanto impaurito dall’imprevedibilità di quella testa mora.

Lui scuote la testa –Sì, ma credo che ad aiutarmi molto sia stato il fatto che io ho baciato Annika-

Crack.

Sbarro gli occhi nello stesso istante in cui il mio cuore viene solcato, senza un preciso motivo, da una profonda crepa.

Guardo stupito il mio gemello cercando di capire se mi sta prendendo per il culo.

Ma quando lui sospira un:

-Non te l’ha detto vero?-

Capisco che non sta scherzando.

Scuoto la testa incapace di aprire bocca senza mandare una sonora bestemmia o chiamare giù l’intero paradiso compreso di Angeli ed Arcangeli.

Sospira ancora –Ieri sera, prima dell’appuntamento, ero in crisi e tu non c’eri, l’ho chiamata e l’ho fatta venire qui, mi stava sistemando la sciarpa ed è… come dire… successo- mi spiega Bill con la testa bassa –Ma è stato istinto anche il mio, non ho provato niente-

Mando un ringhio basso serrando i pugni –Non mi ha detto un cazzo quella…-

Bill, dopo aver fissato i miei pugni serrati, scuote la testa –In fondo, se ci pensi bene, non deve dare spiegazioni a te- sentenzia –non state insieme, per quanto io sappia-

Quella… Dio, ha fatto una storia tremenda per costringermi a dirle di Andrea e lei che fa? Non mi dice un cazzo di Bill?

Mi fa stare di merda per una cosa che ha fatto anche lei?

Perché allora dovrei dargliela vinta?

-Tom, smettila di fare la parte del fidanzato incazzato, l’unico che dovrebbe esserlo sono io- protesta –hai baciato la mia ragazza!-

-Tecnicamente-  lo correggo in fretta –Al momento del bacio non era ancora la tua ragazza-

Mi guarda fulminandomi –Hai capito perfettamente quello che intendevo-

Sì, lo so.

Ma non riesco a calmarmi.

Perché non mi ha detto nulla? Perché si comporta come una stronza viziata?

Mi rizzo in piedi di colpo, facendo sobbalzare Bill e comincio a salire le scale velocemente.

-Dove vai?- mi urla dietro –Che vuoi fare?!?!-

Ma non lo sento, mi affretto a chiudermi in camera, sbattendo la porta alle mie spalle.

Infilo la mano con prepotenza, quasi, nella tasca dei miei jeans scuri.

Afferro il mio I- Phone blu elettrico ed apro la rubrica.

Cerco il suo nome: Annika;)

Senza pensarci neppure per un istante, premo l’apposito pulsante ed avvio la chiamata.

Devo avere le risposte che voglio, anche a costo di mostrare una parte di me poco gradevole.

Mi porto il telefono all’orecchio e serro la mascella.

Sono terribilmente incazzato.

Mai nessuna ragazza è stata capace di farmi sbroccare in questo modo: di solito non ci penso due volte a mandarle a ‘fanculo, non appena mi fanno girare le palle.

Ma Annika ha la straordinaria capacità di farmi innervosire così tanto da entrare nella mia testa senza abbandonare i miei pensieri neppure per un attimo.

Attendo un bel po’ di squilli, cosa che mi aumenta ancora di più il nervoso.

Dopo tanto la sua voce metallica raggiunge il mio orecchio.

-Pronto?- mi sembra di percepire una nota di tristezza nella sua voce, ma non ci do affatto peso.

-E poi tra noi due lo stronzo sarei io, eh?- sbotto, senza neppure salutare, andando dritto al punto.

Devo assolutamente tirare fuori tutto quello che mi passa per la testa in questo momento, sennò rischio di esplodere.

-Tom che cosa stai dicendo?- mi chiede lei, allarmandosi.

Adesso fa anche finta di niente?

-Perché non me l’hai detto?- le chiedo con tono di voce visibilmente alto ed infastidito.

-Che cosa?- mi chiede lei, cominciando ad agitarsi.

Un moto di nervoso si impossessa di me, fino a farmi stringere i denti con forza.

-Che hai baciato mio fratello- ringhio io, con evidente rabbia nella voce.

Vediamo se adesso fa ancora finta di nulla.

Silenzio.

Il nervoso mi sale alle stelle.

-Allora?- la incalzo io, con prepotenza.

-Perché avrei dovuto dirtelo, scusa?- la sua voce arriva alle mie orecchie impertinente, beffarda.

Una risatina amara si impossessa di me.

È la rabbia che mi fa quest’effetto.

-Per lo stesso motivo per cui tu t’aspettavi che io ti dicessi del bacio con Andrea- esclamo io con tono di voce alto.

Il ragionamento fila, non c’è che dire.

-Noi non stiamo insieme, Tom- alza anche lei la voce, ricordandomi quello che mi ha detto Bill poco fa.

-E allora, se non stiamo insieme, perché cazzo ti sei incazzata tanto appena ti ho detto del bacio tra me e Andrea?- le chiedo io con irruenza.

Non fa altro che contraddirsi da sola.

Perché non ammette una buona volta che io e lei non siamo semplici amici?

Silenzio.

Silenzio che mi da ragione.

-Non mi sono incazzata- mi contraddice lei, con evidente difficoltà.

-Continui a dire stronzate, Annika?- alzo ancora di più la voce- tu non mi hai detto che hai baciato mio fratello, cazzo!- urlo, evidentemente sbroccato- ma pretendevi che io ti dicessi di aver baciato Andrea!- continuo io, urlando.

-Senti, io non ti devo rendere conto di nulla, Tom- sbotta lei, facendomi salire il nervoso all’inverosimile- lo capisci o no che io sono libera?-

Un moto di rabbia mi rende particolarmente pericoloso, in questo momento.

-E allora fa’ quello che cazzo ti pare- sbotto infine, con tono sprezzante, chiudendo di colpo la chiamata e scagliando il telefono sul letto.

È libera?

Ma che cazzo significa?

È solo un’idiota se non ammette quello che ormai è evidente.

È un attimo.

Sono preda di un istinto omicida e sferro un pugno contro la parete.

Tutto per colpa sua.

      

 

 

*

 

[ANDREA]

 

 

Ehi piccola mia, che fai?

 

È possibile abituarsi a un ragazzo del genere?

La risposta è no.

Bill è l’uomo perfetto.

Questa mattina, dopo che Annika se ne è andata, sconvolta, da casa mia, ho potuto sfogarmi con il mio ragazzo.

È strano pensare che io, Andrea Linke, abbia finalmente un ragazzo.

Ho sempre fatto la parte dell’eterna single vicino ad Annika, odiando, come la peste, tutti i suoi ragazzi.

Quelli che mi piacevano o non mi notavano o, nel caso di Alex, erano gay.

Sono sempre stata sfigata in amore fino all’arrivo di Bill.

Ha sconvolto davvero tutto quello che, fino a quel momento, era stata la mia vita.

È il motivo per cui, da questa mattina, non smetto di sorridere.

E per cui ho trovato, vagamente, decente una canzone di Avril Lavigne vista di sfuggita mentre passavo da modalità contatti umani a zombie che cammina dopo che Annika se ne era andata.

Più che la canzone, dannatamente commerciale, sono state le sue parole a colpirmi.

 

You said “Hey, what’s your name?” (Tu hai detto “Hey, quel’è il tuo nome?”)

It took one look (C’è voluta un’unica occhiata)

And now I’m not the same (E ora non sono più la stessa)

 

Yeah, you said “Hey” (sì, tu hai detto “Hey”)

And since that day, (E da quel giorno)

you stole my heart and you’re the on the blame (hai rubato il mio cuore e sei l’unico da incolpare)

yeah, and that’s why I smile (Sì, questa è il motivo per cui sorrido)

 

And suddenly you’re all I need (E all’improvviso sei tutto quello di cui ho bisogno)

The reason why I smile (la ragione per cui sorrido)

 

Bill mi ha chiesto chi ero, mi ha fatta salire sulla sua macchina sconvolgendomi.

Lui ha demolito tutte le mie convinzioni, ha tolto da me ogni briciolo di complesso solo baciandomi.

Lui che mi saluta con un “Hey” prima di ogni frase, facendomi rigirare lo stomaco.

È lui che mi ha rubato il cuore con il suo sguardo, rendendomi schiava delle sue labbra e del suo magnetico sorriso infantile e dolce.

Ed improvvisamente, per vivere, ho bisogno di lui.

Del suo amore.

 

Penso a te, tu?

 

Qualche tempo fa mi sarei sentita patetica ma…

Ora no.

È vero, Bill è il mio pensiero fisso da questa mattina.

Mi lascio ricadere, decisamente estasiata, sul letto, fissando il soffitto.

Dio, il mio cinismo sta svanendo.

Il mio cellulare vibra e con una velocità che non pensavo di avere apro il messaggio.

 

Pensavo di essere l’unico patetico a pensare costantemente alla sua ragazza ma, wow, sono felice di essere nella tua testolina perché anche tu sei nella mia!:) Andy, non sai quanto sono contento di averti!

 

Mi lascio andare a un sospiro beato.

Cazzo, sono innamorata cotta di lui, me ne accorgo ogni ora che passa.

E mi piace che lui mi riempia di complimenti e frasi da mozzare il fiato, mi fa sentire… importante.

 

Sei dolcissimo Bill! Io, beh, sono innamorata di te, mi basta sapere che la cosa è reciproca per stare bene!:)

 

Accendo la tv e afferro il mio pacchetto di patatine iniziato la mattina presto e mi soffermo a guardare un stupido telefilm d’amore.

Non li ho mai capiti, né tanto meno, ho mai cercato di farlo.

Fino a ieri sera per me l’amore era una perdita colossale di tempo.

Gli uomini erano tutti dei grandissimi stronzi e le ragazze che passavano da un fidanzato all’altro solo delle puttane.

Il mio cinismo allontanava la gente.

Forse è per questo motivo che non ho mai avuto un ragazzo, prima di Bill.

 

Ne sono felice :) Comunque, ho parlato con Tom

 

 

Gli rispondo immediatamente:

 

Oh, davvero? Come l’ha presa?

 

Un tonfo.

Volto la testa di un lato e mi ritrovo davanti una maschera di rabbia che una volta doveva essere stato Tom Kaulitz.

È alla mia porta, ansima.

Sicuramente si è fatto tutte le scale correndo.

-Nessuna ragazza mi ha mai fatto incazzare come Annika!-  esordisce sbattendo la porta della mia camera.

Sento tremare la scrivania.

-Cristo, Tom, non distruggermi la camera!- sbraito mentre Bill mi risponde quello che ho ben capito adesso.

 

Davvero male!

 

-Io… Io non la capisco proprio- continua ignorandomi –Prima si incazza perché non le dico che ti ho baciato e poi lei non mi dice…- mi guarda –Tu lo sapevi che la tua migliore amica ha baciato il tuo ragazzo?-

-Sì- ammetto alzando un sopracciglio –Me lo ha detto Bill-

-Ah bene, l’unico coglione a non sapere che Annika ha baciato mio fratello sono io, bene!- commenta sarcastico e irato.

Un suo calcio va a colpire una delle travi nel mio letto facendomi balzare in piedi –‘Fanculo!-

-TOM!- urlo –Sei pregato di non distruggermi la camera-

Cala il silenzio.

Lo vedo muoversi nervosamente misurando lo spazio della mia camera, camminando avanti e indietro imprecando e bestemmiando.

 

*

 

[TOM]

 

 

-Mi fa terribilmente incazzare!- sbotto io sedendomi finalmente sul letto, dopo aver percorso a grandi falcate tutta la sua stanza per una decina di volte.

Mi sono precipitato a casa di Andrea perché avevo bisogno di parlare con qualcuno.

Qualcuno che non fosse mio fratello.

E poi, visto ormai il suo aperto schieramento dalla parte di Annika, con Bill non si possono più fare discorsi del genere.

Vedo Andrea ridere di poco alle mie parole e scuotere la testa, mentre prende a camminare nella sua stanza con le braccia incrociate sotto il seno.

-Ti fa ridere?- le chiedo io alzando la voce, visibilmente irritato.

Lei continua a mantenere quell’espressione di compiacimento sul suo viso, facendomi andare ancora più in bestia.

-La gelosia ti sta divorando, Tom- dice semplicemente lei, alzando le spalle e continuando a sorridere beffarda.

Sbatto le mie mani sulle ginocchia e scuoto la testa.

Un moto di rabbia si impossessa di me.

Perché quella parola mi da così tanto fastidio?

Gelosia.

Io non sono mai stato geloso di una ragazza.

Non so neppure come si fa ad esserlo, a dire il vero.

-Ma che cazzo stai dicendo?- sbotto io alzando la voce- non è assolutamente…- la mia voce si blocca immediatamente, nell’esatto momento in cui la porta si spalanca e la figura di Annika mi appare, chiara, davanti agli occhi.

-Tom è un pezzo di merda- sbotta lei, entrando.

 

 

 

*

 

[ANNIKA]

Ho i nervi a fior di pelle.

Una morsa di rabbia mi prende alla bocca dello stomaco e mi sento irrequieta come non lo ero da tempo.

Perché Tom riesce a farmi incazzare così tanto?

Mi ha chiuso il telefono in faccia quello schifoso maleducato.

Ripenso alle parole che mi ha urlato al telefono poco fa.

Secondo lui io avrei dovuto dirgli del bacio con Bill?

E per quale motivo?

Lui non è il mio fidanzato, è questo che forse non è ancora riuscito a capire.

E poi mi sembra che lui non si sia fatto scrupoli a provarci con la mia migliore amica.

Suono con forza il campanello di casa Linke.

Ho assolutamente bisogno di parlare con Andrea.

Ho bisogno di sfogarmi e soprattutto di tranquillizzarmi.

Sono stufa, veramente stufa, di dover avere a che fare con Tom.

Non facciamo altro che crearci problemi a vicenda: ne vale la pena, se non stiamo neppure insieme?

Il visino dolce ma vivace di Matt mi appare davanti agli occhi, facendomi intenerire.

Certo che questo ragazzino non ha proprio nulla a che fare con la sorella, eh!

Abbasso lo sguardo verso di lui e lo vedo sorridermi dolce: mi guarda con quegli occhioni scuri che ho sempre amato.

Gli sorrido di rimando, mettendo per un attimo da parte la mia rabbia.

Mi chino verso di lui e gli scompiglio di poco i capelli scuri, lisci.

-Ciao- esclamo io- tua sorella è in casa?- gli chiedo poi, andando subito al punto.

Lui annuisce, facendomi spazio.

-è in camera sua- aggiunge poi con quella vocina adorabile.

Se non avessi dieci anni più di lui, probabilmente me lo sposerei.

Mi avvicino al suo visino, gli sorrido e gli stampo un bel bacio sulla guancia paffutella, prima di rialzarmi.

Lo ringrazio e percorro il corridoio, diretta in camera di Andrea.

Improvvisamente tutta la rabbia mi sale di nuovo su per lo stomaco.

Mi avvicino alla lastra di legno e sento delle voci provenire dall’interno.

È in compagnia.

Ma di chi?

Apro con forza la porta, pronta a fare una scenata assurda per sfogare tutta la rabbia che ho in corpo, ed urlo, sbottando:
-Tom è un pezzo di merda-

 

 

 

 

 

 

*

 

[TOM]

 

 

La voce mi muore in gola e fermo il mio sguardo su di lei.

Un’occhiata tanto decisa quanto fulminante.

Il suo sguardo saetta su di me, poi su Andrea, poi ancora su di me, restando a fissarmi per qualche secondo.

La sua espressione si tinge di delusione, di rabbia, di incredulità.

L’agitazione mi sale ancora di più nel vederla.

-Allora avevo ragione a pensare male- asserisce lei, con tono di voce basso e distaccato.

Sembra…delusa.

Fa per andarsene, voltandosi, quando Andrea si alza all’istante  dal letto, urlando:

-Fermati Annika- la prende per un polso, bloccandola e facendola voltare di nuovo- non farti venire strane idee in mente, Tom è venuto solo per sfogarsi dopo aver discusso con te al telefono- le spiega Andrea.

Lo sguardo di Annika resta fermo sulla sua amica.

-E doveva farlo proprio con te?- la voce di Annika è dura, decisa.

Decido di intervenire.

-Si- sbotto io alzandomi- ti da fastidio?- le chiedo io impertinente, imitando il suo atteggiamento.

Il suo sguardo si punta immediatamente su di me, fissandomi intensamente.

Dopo qualche istante di silenzio esclama:

-No!- il suo tono è falso- tanto ormai l’ho capito che ti piace Andrea, non mi sorprendo più di trovarti a casa sua- sbotta lei.

Non posso fare a meno di ridere.

Non c’ha capito proprio niente: tutto ci faccio qui, tranne che provarci con la ragazza di mio fratello.

-Annika- esclama Andrea risentita- lo sai che io sto con Bill!- esclama lei, come per ricordarglielo.

-Si, ma Tom è un bastardo e da lui mi aspetto di tutto ormai- continua la bionda fissandomi con aria sprezzante.

-Ah io sarei il bastardo eh?- sbotto avvicinandomi a lei- ti ricordo che tu hai baciato mio fratello e non me l’hai detto!- le punto un dito contro pungendola sul vivo.

Lei mi lancia uno sguardo fulminante.

-Sentite, vi lascio soli- si introduce Andrea sventolando le mani in aria- ma cercate di non scannarvi- aggiunge poi uscendo dalla stanza e chiudendo la porta alle sue spalle.

In questo momento il fatto di essere a casa di Andrea e di averla letteralmente costretta ad uscire dalla sua camera sembra non importare né a me, né ad Annika.

La vedo incrociare le braccia sotto il suo seno e distogliere lo sguardo da me.

-Adesso non parli?- le chiedo io con aria provocatoria, fissandola.

La vedo sospirare profondamente e sciogliere le braccia, lasciandosele ricadere lungo i fianchi fasciati da dei jeans chiari strettissimi.

-Che cosa vuoi da me, Tom?- mi chiede quasi con tono scocciato.

-Sapere perché non mi hai detto di aver baciato mio fratello- dico io semplicemente, attendendo da lei una risposta che sia almeno un minimo soddisfacente.

Non so perché insisto così tanto.

Ma so che il fatto che lei non me lo dica mi fa terribilmente incazzare.

-Perché io non sono la tua ragazza, lo capisci o no? Non sono tenuta a dirtelo, se non voglio!- esclama lei a voce alta, convinta di avere ragione.

-Ma ti aspettavi che io ti dicessi del bacio con Andrea!- esclamo io ovvio- perché io avrei dovuto dirtelo, allora?- le chiedo io, andando dritto al punto.

Lei tentenna un attimo.

-Non dovevi dirmelo per forza- se ne esce poi, facendomi salire il nervoso alle stelle.

-Ma io te l’ho detto- le faccio notare, urlando- e tu hai fatto un casino comunque- esclamo io alludendo al modo in cui c’è rimasta male ed è uscita dalla mia macchina.

-Non ho fatto nessun casino- continua a contraddirmi lei.

Mi sbatto le mani lungo i fianchi e sospiro pesantemente.

Le do le spalle, scuotendo la testa.

-è impossibile parlare con te, Annika- mormoro io, pensando a quanto sia testarda e irragionevole.

-Tom ma perché ti da così tanto fastidio?- mi chiede lei curiosa e impertinente nello stesso tempo, abbassando per un attimo il tono di voce.

Chiudo per un istante gli occhi.

Perché mi da così tanto fastidio?

Perché odio pensare che lei abbia baciato un altro ragazzo, mio fratello, per di più.

Perché odio pensare  alle sue labbra su quelle di un altro che non sia io.

Perché odio pensare che lei possa stare con qualcuno che non sia io.

Mi volto, guardandola negli occhi.

Sospiro.

-Perché io ti sento mia- dico tutto d’un fiato, stupendomi poi di quello che ho appena detto- in un certo senso- aggiungo poi, insicuro.

Il suo sguardo si tinge di una nota di sorpresa.

-è vero, non sei la mia ragazza, ma….- mi interrompo, sentendomi un vero idiota in questo momento-…non ti considero neppure solo un’amica, al pari di Andrea. E l’idea che tu abbia baciato un altro e che non me lo abbia detto mi manda fuori di testa- le spiego io con audacia.

-Lo capisci che anche tu hai fatto lo stesso con Andrea?- mi fa notare lei.

-Si, ma io te l’ho detto e…mi sono pentito, cazzo! Non ho provato niente e ho pensato a te in quel momento. E tu? Tu non me lo hai neppure detto- le faccio notare, con una vena di rabbia nella voce.

La vedo abbassare lo sguardo e non mi risponde.

Lei avrà pensato a me mentre baciava Bill?

-Tu mi interessi terribilmente, lo capisci?- sbotto io, irruento, fissandola- e non sopporto l’idea che tu ti consideri libera e faccia quello che ti pare, senza calcolarmi minimamente- ammetto io.

Forse ha ragione Andrea.

La gelosia mi sta divorando.

Lei alza lo sguardo verso di me.

-Conquistami, allora- mormora a voce bassa, facendo un passo verso di me con incertezza.

Nei suoi occhi una strana luce.

Sulle sue labbra un lieve sorriso, impercettibile, quasi.

Conquistami, allora.

È una sfida?

Dovrebbe sapere che io amo le sfide.

La guardo inclinando leggermente il capo.

Ho capito bene?

Vuole che io la conquisti?

Lei annuisce lievemente, continuando a fissarmi con quel sorrisetto misterioso che mi manda letteralmente fuori di testa.

Sulle mie labbra si fa strada, lentamente, un leggero sorrisetto, mentre un brivido mi corre dentro.

Mi sento strano.

Terribilmente strano.

Faccio un passo verso di lei, fino a ritrovarmela di fronte.

-Sta attenta allora, perché io ti prendo in parola- la avverto io in un sussurro.

Poggio un dito sotto il suo mento, alzando il suo viso verso il mio.

Guardo i suoi occhi ghiaccio che fissano i miei.

Sarai mia, Annika Stern.

 

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Capitolo 26
*** 26. Sinceramente Spontaneo ***


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[ANNIKA]

 

Sono le 10:46 ed una nuova giornata di sole illumina le strade di Amburgo.

Mi sono alzata da circa mezz’ora e, non so perché, stamattina mi sento strana.

Positivamente strana, credo.

Il litigio avuto una settimana fa con Tom mi è decisamente rimasto in testa.

Ci ho pensato praticamente ogni giorno e devo ammettere che non sono riuscita a giungere a nessun tipo di conclusione.

Come al solito l’ansia mi attanaglia la bocca dello stomaco.

Ma è un’ansia…eccitante, che mi dà adrenalina ed energia.

Mi sento le cosiddette farfalle allo stomaco, ecco.

Non so come ho fatto, ma ho detto a Tom di conquistarmi.

Gli ho lanciato una sfida in pratica, e lui l’ha accettata.

Dopo aver a lungo discusso con lui, finalmente l’ha ammesso: mi ha confessato che mi sente come la sua ragazza, in un certo senso.

Credo di aver capito abbastanza bene il suo ragionamento: mi sente vicina, gli piaccio, vorrebbe che tra di noi ci fosse più di una semplice amicizia e gli rode che io mi comporti come se lui non esistesse.

Ma io?

Io cosa voglio realmente?

Dire che non lo so, sarebbe mentire, probabilmente.

Tom mi piace, eccome.

Mi è sempre piaciuto, a dire il vero. Ma c’è quel qualcosa che mi fa stare perennemente in guardia.

Quel qualcosa che mi spinge a non fidarmi del tutto di lui.

Quel qualcosa che si interpone tra me e lui.

Ed io voglio essere assolutamente certa e convinta di quello che farò, qualsiasi cosa sia.

Per ora continuo nella strada già intrapresa.

Farlo rosicare: solo così può capire che io non sto completamente ai suoi piedi.

E d’altronde questa è la tecnica giusta con i ragazzi per antonomasia, si sa.

Sorrido lievemente guardandomi allo specchio del mio bagnetto privato.

Mi infilo un cerchietto dorato di Alviero Martini, il primo che mi capita in mano, tirandomi indietro i capelli leggermente scompigliati.

Afferro il barattolo della mia crema viso idratante Chanel Precision che ho acquistato al modico prezzo di 53€ con uno sconto del 10%, solo perché sono la figlia di Elisabeth Stern.

Ricordo le bestemmie che ha mandato per aria Andrea quando l’ha saputo: mi ha accusata di essere una folle e di dovermi realmente far curare da uno bravo, ha aggiunto.

Sorrido leggermente, ripensando alla sua faccia e ancor più alle sue urla.

Apro il barattolo e infilo il mio indice con delicatezza all’interno della sostanza chiara, morbida e vellutata.

Me ne distribuisco un po’ sul viso, per poi iniziare a spalmarla accuratamente.

Sento il rumore del tagliaerba provenire ovattato dall’esterno.

Mi affaccio con discrezione dalla finestra del mio bagno, quel poco necessario per vedere il fisicaccio allenato di Frank muoversi dietro una macchinetta e spingerla con decisione.

Vedere il mio giardiniere che taglia l’erba sotto il sole cocente di metà luglio, a dorso nudo, è sempre una bellissima visione.

Sospiro tra le nuvole, godendomi il panorama delle sue spalle possenti, con i muscoli ben evidenti e sorrido tra me e me dandomi, peraltro, della pervertita.

I miei pensieri contorti e moralmente dubbi vengono interrotti dalla suoneria del mio cellulare.

Finisco velocemente di spalmarmi la crema sulla fronte e mi tampono un attimo la mano su un piccolo asciugamano appeso accanto al lavandino.

Afferro il mio I- Phone bianco dal mobiletto di legno e leggo il mittente.

-Andrea- esclamo io raggiante, portandomi il cellulare all’orecchio e rispondendo.

Con una mano cerco di riavvitare il tappo della mia crema, con notevole difficoltà.

-Tutta la nazione sa che io sono la ragazza di Bill Kaulitz, Cristo!- la sua voce isterica e ad alto volume mi arriva chiara alle orecchie.

Già dal suo tono capisco che non dev’essere per niente di buon umore.

-Cosa?- le chiedo io corrugando la fronte e non capendo il minimo senso delle sue parole.

-Ti giuro che se riesco a prendere quei cazzo di paparazzi di Bravo prima gli faccio causa e poi li levo al mondo!- sbotta lei, con tono incredibilmente alterato.

Bravo?

Cosa c’entrano i paparazzi di Bravo ora?

D’un tratto il mio cervello sembra fare mente locale e ricollegare il tutto.

-Aaaah- esclamo io, come illuminata, rendendomi finalmente conto- vi hanno beccati insieme, non è vero?- le chiedo io, sedendomi sul bordo della mia vasca da bagno.

-Si!- urla lei isterica- ma io dico, non hanno un cazzo da fare il sabato sera?- sbotta lei.

Ridacchio leggermente.

-è il loro lavoro!- esclamo io, ovvia.

-Li difendi?- la voce di Andrea si colora di una sfumatura di minaccia. Mi sembra già di immaginare la sua espressione accigliata.

-No!- esclamo io convinta- ma dovevi immaginarlo: Bill è famoso!- esclamo io, facendogli notare quel piccolo particolare che sembra esserle sfuggito.

-Lo so, ma….non è piacevole trovare le foto dell’ appuntamento con il proprio ragazzo su un giornale come Bravo che legge tutta la nazione- esclama lei evidentemente adirata.

-Lo immagino, Andrea, ma se tu ci pensi bene, cosa puoi fare se non accettarlo?- le chiedo io, accavallando le gambe ed entrando per bene nel discorso- voglio dire, Bill c’è abituato e tu sei la sua ragazza. Dovrai farci l’abitudine anche tu, prima o poi- commento io.

La sento sospirare profondamente.

Già la immagino affranta, buttata sul suo letto, come se fosse inesorabilmente arrivata alla fine dei suoi giorni.

-Per giunta il modo in cui l’ho scoperto è stato terribile- mi annuncia lei, mesta.

-Avanti, racconta- la esorto io a parlare.

-Ero in giardino a leggere, quando ho sentito casualmente il discorso di Angie, presente la puttanella svampita dell’appartamento accanto al mio?- mi chiede lei e, dopo aver ricevuto un mio mugolio di assenso, continua- beh, stava parlottando con la sua amichetta Emma, quella cretina che sta sempre inchiodata a casa sua, e parlavano del nuovo numero di Bravo su cui erano state pubblicate le foto di Bill Kaulitz con una ragazza- mi spiega lei.

-E loro non sapevano che tu le stavi ascoltando?- le chiedo io, presa dal racconto.

-No, ovviamente! Quando ho sentito pronunciare il mio nome, ti giuro che mi si è gelato il sangue nelle vene. Sono andata da loro e gli ho strappato la rivista dalle mani e…- la voce le si blocca all’improvviso- mi sono sentita mancare il fiato quando ho visto le foto del mio appuntamento con Bill, dei nostri baci e dei nostri abbracci- mormora lei.

Immagino lo stato in cui è Andrea in questo momento.

-Tu sai quanto io odio le testate giornalistiche, Annika- mormora Andrea- immagina come mi sono sentita nel momento in cui ho visto le foto raffiguranti il mio primo bacio con Bill…- la sua voce si tinge di rabbia, nervoso.

-Lo so, Andy, devi solo cercare di mantenere la calma e pensare che in questo momento tutta la Germania ti starà invidiando!- le dico io sorridendo e cercando di farle cogliere il lato positivo.

-Questo è sicuro- esclama lei ridendo di poco- ma…mi sento comunque violata- mormora lei quasi in un sussurro- è come se quei momenti bellissimi che ho vissuto con Bill non siano più solo i nostri, ma siano diventati di dominio pubblico- mi spiega lei.

-Io capisco come ti senti, Andrea, ma devi pensare che stare con una rockstar famosa come Bill, inevitabilmente comporta dei disagi, dei problemi, dei fastidi, chiamali come vuoi- le dico io sincera- ma il fatto che tutta la Germania ora sta vedendo il bacio mozzafiato che vi siete scambiati, non vuol dire che tu sia stata privata delle emozioni che avete provato- continuo io-  non sarà una foto, dalla pessima risoluzione peraltro, a far provare a tutte le ragazzine fan dei Tokio Hotel le sensazione che hai provato tu baciando Bill! Lo capisci? Quelle sono solo tue e di Bill, solo vostre! Al diavolo le foto che pubblica un giornale!- esclamo io sventolando le mie mani in aria.

Mi sembra di percepire il sorriso di Andrea, quasi.

Sento il silenzio.

-Ehi ci sei ancora o stai meditando un modo per fare un attentato alla sede di Bravo?- le chiedo io con una visibile ironia nella voce.

-Ci sono, ci sono- mormora Andrea ridendo- maledetti paparazzi- sbotta poi, con tono rabbioso.

Rido divertita dalle sue parole.

-E poi pensala così: non tutti ti conoscono!- le spiego io- per oltre metà della Germania sarai semplicemente la ragazza di Bill, non sanno realmente che sei tu, Andrea Linke-

-La cosa non mi consola- mormora lei demoralizzata.

-Sapere che tutte le fan dei Tokio Hotel in questo momento darebbero un braccio per essere al tuo posto? Questo ti consola?-

Sento la risata cristallina di Andrea.

-Tu sei la ragazza di Bill, cacchio! Te ne rendi conto? Fregatene di una rivista del cavolo!- sbotto io.

Un urletto eccitato mi raggiunge, facendomi sorridere.

-Stai tranquilla?- le chiedo io, visibilmente apprensiva.

-Non proprio, ma dovrò abituarmici,  credo- conclude lei seria.

-Io penso che stamattina  farò un salto da Bill- le annuncio- voglio congratularmi con lui per essersi ufficialmente accollato un guaio infinito- dico io con ironia.

Sento un suono di dissenso provenire dal telefono e sorrido.

-Andrò a metterlo in guardia e gli dirò che è ancora in tempo per ripensarci- esclamo io scherzando.

Sento Andrea grugnire dall’altra parte del telefono e scoppio a ridere.

-Io vado in cucina, credo che prima o poi dovrò affrontare i miei- mi annuncia lei rassegnata.

-Fatti coraggio, e vedrai che tuo padre non reagirà poi così male- cerco di tranquillizzarla io.

-Non ci giurerei- mi contraddice lei- in 17 anni non mi ha mai visto baciare un ragazzo- esclama lei, evidentemente preoccupata.

-Credo comunque che se lo immagini, Andrea, e dubito che si stupirà! Voglio dire, lui ha concepito tre figli, sa come funzionano queste cose- esclamo io ridendo.

Sento la risata di Andrea provenire dall’altro capo.

-Buona fortuna- mormoro io.

-Ne avrò bisogno- dice lei tornando seria.

-Ci sentiamo presto, mia piccola Andy- dico io dolce.

-Già, se sopravvivrò, Stern- conclude lei col tono di chi sta per affrontare una battaglia all’ultimo sangue col suo peggior nemico, per poi chiudere la chiamata.

Sospiro profondamente.

Spero con tutto il cuore che Andrea si calmi e non inizi ad essere paranoica.

Stare con Bill Kaulitz e vedere le foto del loro appuntamento su Bravo è il minimo.

Dovrà solo farci l’abitudine e allora il suo sclero isterico si trasformerà in un sorriso.

Sorriderà al pensiero che tutta la Germania sa che Bill Kaulitz è suo e solo suo.

 

 

*

 

Sfreccio con la mia Audi A3 cabrio per le vie dell’Amburgo bene.

Tra casa mia e la villa dei Kaulitz ci sono circa 10 minuti di auto.

Bill e Tom abitano nel mio stesso quartiere, comunemente definito dalla volgar plebe il “quartiere dei ricchi”, ma stanno praticamente dalla parte opposta.

I miei lunghi capelli biondi mossi sventolano all’indietro a causa del vento.

Adoro sfrecciare con la mia cabrio, soprattutto in giornate calde come questa.

Adoro provare il brivido della velocità.

Adoro la sensazione di essere onnipotente.

La sensazione di poter avere tutto nelle mie mani.

La sensazione di poter essere felice semplicemente grazie ad un’auto che concentra inevitabilmente tutti gli sguardi su di me.

Ormai ci ho fatto l’abitudine, ma all’inizio mi sentivo spesso eccessivamente osservata.

È decisamente insolito vedere una bionda al volante di un’auto sportiva come questa, per di più a soli 18 anni.

Sorrido leggermente, fissandomi nello specchietto.

Grandi occhialoni vintage di Gucci mi coprono gli occhi perfettamente truccati.

Rallento in prossimità della casa dei gemelli, fermandomi lentamente.

Metto la freccia giusto per avvisare la BMW X5 che sopraggiunge dietro di me che sto svoltando ed evitare che mi travolga.

Svolto sulla destra ed entro all’interno della villa dall’aspetto moderno, spigoloso per certi versi.

La conosco piuttosto bene questa casa, ormai.

Entro all’interno del cancello in ferro, e parcheggio sul vialetto accanto alla Q7 di Bill. Noto che manca l’R8 di Tom.

Bene, manco a farlo apposta, vengo qui ogni volta che non c’è lui.

Probabilmente sarà il destino che ha deciso di evitare di farci incontrare qui, in questa casa.

Troppi brutti ricordi.

Spengo il motore della mia auto e mi sistemo di poco i capelli, scompigliati a causa del vento.

Mi guardo un’ultima volta attraverso lo specchietto e finalmente esco dall’auto, chiudendo lo sportello con delicatezza.

Ho deciso di indossare qualcosa di semplice, per venire qui, da Bill.

Un pantalone di tessuto, color sabbia, leggermente largo il prossimità del cavallo, ma strettissimo sulle caviglie.

Una canotta rosa, leggermente lunga e scollata con un motivo a farfalla nella parte posteriore.

Un paio di Hogan chiare, un foulard bianco attorno al collo, tanto per dare un tocco di classe al mio abbigliamento.

Il mio orologio Liu Jo bianco al polso sinistro, un braccialetto di Alviero Martini a fantasie quadrate sul polso destro ed infine un paio di orecchini sempre di Prima Classe a forma di cuore, decisamente poco vistosi.

La borsa Gucci chiara appesa al mio braccio completa il tutto.

Salgo i pochi scalini che mi dividono dal portone di casa Kaulitz e suono il campanello.

 

 

 

 

 

 

[BILL]

 

Sto guardando la tv, beatamente stravaccato su divano del mio enorme salotto.

Tom è appena andato a studio a registrare la parte strumentale del nuovo cd, mentre io mi godo il meritato riposo.

Sto seduto scompostamente sul mio morbido divano in pelle chiara, con le gambe poggiate sul tavolinetto in vetro di Murano che mi sta dinanzi.

Tanto per la cronaca, se lo sapesse Tom mi spaccherebbe la testa in tre parti visto che lui assolutamente era contrario a spendere 3000€ ad un tavolinetto del cazzo, a suo dire. Ho insistito proprio io per comprarlo, infatti.

Indosso semplicemente una t-shirt color tortora, dal colore leggermente invecchiato, effetto sbiadito, con una bocca di vampiro disegnata.

Labbra rosse, canini appuntiti e un rivolo di sangue che rende la stampa decisamente macabra.

La stessa che ho indossato in Italia durante un’apparizione tv a TRL.

L’adoro, anche se ultimamente non l’ho indossata più tanto spesso. Ma devo dire che dovrei, visto che l’ho pagata la bellezza di 198,66 €.

Una semplice tuta scura della NYC mi copre le gambe magre, ricadendo su un paio di calzini scuri.

Il telecomando in mano e uno stato di appagamento in testa.

Con il pollice scorro i canali, non trovando praticamente nulla di anche lontanamente interessante.

A dire il vero non sto minimamente prestando attenzione alle immagini che mi scorrono davanti.

Nella mia testa c’è…Andrea.

Mi sento veramente un demente, ma non riesco a togliermela dalla testa.

Così dolce, tenera, piccola e insicura…può sembrare strano, ma lei è decisamente più attraente di una bomba sexy che fa per mestiere la seduttrice.

E poi, così minuta, magra e bassina…la trovo terribilmente attraente.

E probabilmente riesco a capire l’istinto e la pulsione sessuale che spinge Tom a scoparsi una ragazza ogni sera.

Per Andrea io provo un’attrazione incontenibile.

Ma, ovviamente, aspetterò il momento giusto: non voglio rovinare tutto per andarci semplicemente a letto.

Con lei sarà amore, non sesso.

I miei pensieri vengono interrotti dal suono del campanello.

Mi riprendo immediatamente e faccio balzare giù dal tavolinetto i miei piedi.

Sarà Tom che ha dimenticato qualcosa?

Molto probabilmente.

Mi avvicino alla porta, senza alcuna fretta, e faccio scattare la serratura, aprendola definitivamente.

Vedo una sorridente e solare Annika fissarmi, curiosa.

Eh già, il mio abbigliamento stile “sciattone per eccellenza” e i miei capelli scompigliati non sono il massimo.

La osservo: sempre perfettamente abbinata, curata e precisa.

Le sorrido.

-Buongiorno Bill!- trilla lei, sorridendomi vistosamente e sfilandosi gli occhiali da sole che appende alla borsa Gucci, trendissima.

 -‘Giorno, Annika- esclamo io sorpreso nel vederla e facendole spazio all’interno- vieni, entra pure- la esorto io.

Lei entra incerta all’interno della mia abitazione.

-Ti disturbo?- mi chiede, come sempre educatissima.

-Affatto- scuoto la testa sicuro- a dire il vero cazzeggiavo sul divano in cerca di qualcosa di decente in tv- le spiego io omettendo le pippe mentali che mi stavo facendo pensando ad Andrea.

-Bene, allora- esclama lei seguendomi in salotto- ho pensato di passare a trovarti- esclama poi mentre io torno a stravaccarmi beatamente sul divano.

-Hai fatto bene, siediti- la esorto io ad accomodarsi, rivolgendole un sorriso.

La vedo poggiare la borsa su una poltrona e sfilarsi il foulard chiaro che aveva avvolto attorno al collo.

Devo ammettere che ha davvero gusto nel vestire.

Si siede sul divano accanto a me e mi sorride.

-Allora? Non hai niente da raccontarmi?- mi chiede lei con aria vagamente maliziosa.

Sorrido di rimando, ruotando gli occhi al cielo.

Non le si può tenere nascosto nulla, eh?

-Ho saputo la lieta novella- esclama lei molleggiando sul divano e sventolando i capelli in aria.

Ridacchio divertito.

-Eh già- annuisco io, visibilmente felice- io ed Andrea stiamo insieme- le dico semplicemente con una felicità tangibile.

La vedo sorridere, emanare un urletto eccitato e battere le mani all’altezza del suo petto.

-Non sai quanto sono felice per voi, Bill!- esclama lei con fare teatrale.

Il bello è che lei è sincera: questo è ciò che adoro di Annika.

Ridacchio divertito.

-Immagino che Andrea ti avrà già raccontato tutto dettagliatamente, non è vero?- le chiedo io, certo già della sua risposta.

-Ovviamente!- esclama lei annuendo con vigore e portandosi una mano al petto.

Sorrido, divertito dal suo frenetico gesticolare.

-Portarla a “La Vela” e poi sulla spiaggia, ottima scelta Bill Kaulitz, davvero!- esclama poi annuendo.

-Eh già, non sai quanto c’ho messo per decidere- le confesso io- ed ho dovuto farlo completamente da solo, visto che consultare Tom sarebbe stata un’idea pessima, assurda, orrida- esclamo io pensando allo scetticismo di Tom appena aveva saputo che l’avrei portata a cena fuori.

Per lui sarebbe andata bene una taverna in periferia.

Tanto, la ragazza in questione sarebbe comunque finita nel suo letto a fine serata.

Che differenza avrebbe fatto cenare in un ristorante di lusso o in una cantina umida e fredda?

-Avresti potuto chiedere il mio aiuto!- esclama Annika, fingendosi offesa- lo sai che per cose di questo genere, io sono sempre disponibile- esclama poi sorridendo al settimo cielo.

Sorrido nel vedere il suo sorriso, il suo atteggiamento così sinceramente spontaneo.

-La prossima volta non mancherò, te lo assicuro!- esclamo io rassicurandola.

-A quanto pare l’abbinamento che abbiamo scelto ha avuto l’effetto desiderato- esclama poi lei con aria vagamente maliziosa.

Sorrido ripensando al modo in cui Andrea mi guardava.

Al modo in cui io la guardavo.

L’attrazione si poteva percepire nell’aria.

E credo che entrambi ci siamo trattenuti dal saltarci addosso.

-Già, è stato perfetto- commento io annuendo- tutto perfetto- aggiungo poi.

-Avanti, dimmi com’è stato- mi esorta lei, con evidente eccitazione nella voce.

Capisco che vuole sapere da me le mie sensazioni, i miei pensieri, le mie emozioni.

Sentire raccontare la serata da Andrea è stato sicuramente diverso da come la racconterei io.

Lei mie sensazioni sono state sicuramente diverse dalle sue.

Lei così dolce, tenera, piccola.

Io mi sono sentito tanto Tom, nel tenerla tra le mie braccia.

L’avrei presa e posseduta lì, senza pensarci.

-Con Andrea sto provando emozioni che credo di non aver mai provato con nessuna ragazza- ammetto io. Non so perché ma con Annika riesco ad aprirmi perfettamente- stare con lei mi ha fatto sentire strano, veramente strano!- esclamo io non capendo neppure io bene cosa intendo- so solo che mi sento profondamente innamorato. Ed è lei che occupa i miei pensieri in gran parte del giorno- confesso io, aprendomi del tutto.

Vedo Annika sorridere, intenerita dalle mie parole.

-Ma hai detto delle cose bellissime, Biiil!- trilla lei, incrociando le braccia al petto con aria sognante.

Sorrido, leggermente imbarazzato.

Sono pur sempre un ragazzo.

E ho i geni di Tom, per di più.

-Tu sei il suo primo ragazzo, ne sei consapevole, vero?- mi fa lei seria.

-Che vuoi dire?- le chiedo io non capendo.

-Andrea non ha mai avuto un vero fidanzato, tu sei il primo- mi avvisa lei con una nota di eccitazione nella voce.

-Wow- esclamo io sconvolto- non pensavo che Andrea fosse così…-tento di dire io non trovando la parola adatta.

-seria?- mi aiuta Annika- già, diciamo che lei ci va…molto piano in questo genere di cose- mormora Annika annuendo convinta.

Sorrido stupito.

La cosa mi piace, e non poco.

Io sono il suo primo ragazzo.

-E puoi immaginare quanto lei sia eccitata in questo momento!- esclama lei riportandomi alla realtà.

Sorrido smagliante: mi fa tremendamente piacere l’idea che anche lei mi desideri almeno quanto io desidero lei.

-Che t’ha detto?- la incalzo io.

-Beh, ti posso semplicemente dire che è al settimo cielo, quasi non ci crede!- esclama lei sorridendo- tu le piaci veramente, Bill- aggiunge poi seria.

Sorrido mentre una strana sensazione mi prende lo stomaco.

-E stamattina m’ha chiamato sclerando come una pazza perché ha visto che Bravo ha pubblicato le foto del vostro appuntamento- mi dice d’un tratto lei.

Io annuisco sconsolato.

-Lo so, le ho già viste- dico io con tono di voce rassegnato- ormai c’ho fatto l’abitudine. Non riesco a sfuggire in nessun modo ai paparazzi di Bravo- commento io disilluso- quindi immaginavo che non si sarebbero lasciati scappare l’uscita pubblica con una ragazza- concludo poi.

-come l’ha presa Andrea?- le chiedo io apprensivo.

-non molto bene, diciamo- mormora lei per addolcire la pillola.

-ha fatto l’esaurita?- le chiedo io, avendo già capito tutto.

-più o meno- annuisce Annika, ridendo di poco- lei non ci è abituata e l’idea che tutta la Germania veda i momenti dolci che avete passato insieme le sembra una violazione- mi spiega lei.

-Ha ragione, ma…purtroppo questo è il prezzo da pagare per stare in questo mondo- dico io mettendo in luce uno dei pochi, forse l’unico, aspetto negativo dell’essere famoso.

-Io ho provato a spiegarglielo, ma credo che lei si tranquillizzerà solo ascoltando te- mi dice Annika accennando un sorriso.

-certo- annuisco io mentre la voglia di vederla e stringerla tra le mie braccia si impossessa improvvisamente di me.

Abbozzo un sorriso, rivolto verso Annika.

Mi piace il modo in cui io e lei parliamo e mi piace il legame che si sta creando tra di noi.

-Gliel’hai detto?- le chiedo all’improvviso, guardandola negli occhi.

-Cosa?- mi chiede lei, non capendo e corrugando la fronte.

-Il bacio che….c’è stato tra me e te- spiego ancora con un leggero imbarazzo.

-Ah- mormora Annika arrossendo lievemente- beh…si- dice poi leggermente incerta- so che glielo avevi già detto tu, ma io ho sentito comunque il bisogno di dirglielo- continua lei accorata- Andrea è la mia migliore amica, la conosco praticamente da sempre, tra noi c’è quasi un rapporto di fratellanza e sentivo la necessità imperante di confessarglielo di persona e di parlare con lei- conclude poi.

Sorrido leggermente e annuisco.

-Mi ha detto che avevate già chiarito tu e lei- riprende poi Annika- non l’ha presa tanto male!- esclama infine, sorridendo.

Ripenso al momento in cui gliel’ho detto.

Ripenso alla sua reazione.

-Ci credo! Lei ha baciato Tom!- esclamo poi ripensando al modo in cui me lo ha detto.

Lì per lì ho riso, perché in fondo io avevo fatto lo stesso con Annika, ma…se così non fosse stato, credo che l’avrei presa più di malissimo.

Vedo lo sguardo di Annika abbassarsi e sul suo volto dai lineamenti dolci e perfetti farsi strada un’espressione cupa, pensosa.

-Appunto- mormora lei con tono visibilmente risentito.

Mi schiarisco la voce e capisco di aver appena detto qualcosa di sbagliato.

-Scusa, non volevo…- tento di dire io, visibilmente impacciato.

-Non preoccuparti- mormora lei accennandomi un sorriso falso.

Riabbassa lo sguardo mentre nella stanza cala un silenzio imbarazzante.

Decido di avvicinarmi a lei, annullando quel mezzo metro che ci separa.

-Ti va di parlarne?- le chiedo dolce, intuendo che c’è qualcosa che la turba enormemente.

Lei alza le spalle, quasi come se fosse rassegnata e mormora un:

-Tanto la situazione non cambierebbe-

Sorrido impercettibilmente e la osservo da vicino.

-E chi te l’ha detto? Ricorda che Tom è il mio gemello. Io lo conosco più di chiunque altro, e credo di essere la persona più adatta per parlare di lui, non trovi?- le chiedo con una punta di presunzione nella voce che fa sorridere Annika.

Passo un braccio attorno alle sue spalle e la stringo leggermente a me per poi tornare in fretta nella mia posizione.

-Qual è il problema, Annika? Che c’è che non va con Tom?- le chiedo io, centrando perfettamente il punto.

Lei scuote la testa, mantenendo lo sguardo fisso sulle sue Hogan.

-Non lo so- mormora lei triste- non lo so, Bill- ripete poi alzando lo sguardo verso di me. Noto che i suoi occhioni ghiaccio sono diventati improvvisamente lucidi- tra me e Tom tutto è sempre stato incasinatissimo- piagnucola poi, come implorando il mio aiuto.

-Lui ti piace?- le chiedo, già certo della risposta.

Lei rimane in silenzio per qualche istante poi mi fissa, annuendo leggermente.

-Altrimenti non mi sentirei così- mormora poi, torturandosi le unghie perfettamente smaltate di rosa.

Scommetto che ci ha impiegato un intero pomeriggio.

Sorrido di poco.

A lei piace Tom.

A mio fratello piace Annika.

Sono solo loro che si complicano le cose.

-Cos’è che ti fa stare così? Il fatto che Tom abbia baciato Andrea o magari qualcos’altro?- le chiedo poi, sentendomi tanto psicanalista in questo momento.

Lo sguardo di Annika saetta ancora per la stanza, in cerca di qualcosa da dire.

Qualcosa di sensato nel mare di incertezze ed indecisioni che domina la sua testa.

-Io…io so solo che quello che c’è adesso tra me e Tom mi fa stare dannatamente male- confessa lei accorata- quando Andrea mi ha detto che lo aveva baciato, ti giuro, mi è caduto il mondo addosso. Ci sono rimasta malissimo, avrei voluto solo piangere in quel momento- continua lei mentre la voce le si incrina visibilmente- non me la sono presa con Andrea, ma con Tom- va avanti lei con voce incerta e occhi lucidi- perché io ho capito che Andrea vuole veramente te, sei tu che le interessi. Per lei è stato solo uno sbaglio. Ma per Tom? Per lui cos’è stato?- sembra rivolgere la domanda a sé stessa più che a me.

-Magari è stato uno sbaglio anche per lui? Non ci hai pensato?- le chiedo io con sguardo penetrante.

So che per Tom è stata veramente una stronzata priva di importanza, ma è ovvio che Annika non lo pensi.

La vedo scuotere la testa e quando alza lo sguardo verso di me e vedo la prima lacrima solcare la sua guancia, mi intenerisco enormemente.

-Lui non ha pensato a me in quel momento mentre io…- la voce le si blocca. Si asciuga le lacrime con una mano e poi riprende- quando noi ci siamo baciati io pensavo a lui- ammette lei confermandomi una cosa che già pensavo- e questo mi fa sentire malissimo, Bill- mormora lei con il viso bagnato di lacrime.

Poggio una mia mano sulla sua schiena e la accarezzo di poco.

La stringo leggermente a me, come per farle capire che io ci sono.

-Secondo te perché si è arrabbiato tanto quando ha saputo del nostro “bacio”?- le chiedo cercando di farla ragionare.

Lei mi fissa con quegli occhioni umidi che mi fanno un’incredibile tenerezza.

-Perché è uno stronzo- mormora lei tra le lacrime.

-No, invece- sorrido stringendola di poco a me- perché a lui piaci- le dico io, ovvio- possibile che tu non te ne renda conto?- le chiedo io, incredulo.

Lei mi guarda, sorpresa, interrompendo il suo pianto.

-Tom è geloso, e gli ha dato tremendamente fastidio l’idea che tu mi abbia baciato - le spiego io- lui non ha mai voluto seriamente una ragazza ma credo che stavolta con te faccia sul serio, nonostante io non gli stia manifestando apertamente il mio appoggio- concludo poi.

Sorrido pensando al mio aperto schieramento nei confronti di Annika.

Tom deve capire che ha a che fare con una ragazza che, nonostante sia stata ripetutamente ospite del suo letto, ora gli sta dando del filo da torcere.

Annika mi guarda, io le sorrido leggermente, come per rassicurarla.

Sto per abbracciarla, quando sento il mio cellulare vibrare nelle tasca della mia tuta.

-Oh, scusami- mormoro io afferrando il mio Smart Phone e osservando lo schermo.

-È Andrea- mormoro io con un’eccitazione tangibile nella voce, evidente nonostante io stia cercando di nasconderla.

Vedo un lieve sorriso farsi strada sul volto di Annika.

Si asciuga le lacrime e poi tira su con il naso.

-và pure a rispondere- mi esorta lei.

Non me lo faccio ripetere due volte e mi dirigo in fretta nella sala prove, adiacente al salotto, per rispondere alla mia piccola.

 

*

 

[ANNIKA]

 

 

Vedo il corpicino da modella di Bill alzarsi dal divano, dopo avermi sorriso, e allontanarsi verso un’altra stanza.

Tiro ancora su con il naso e sospiro pesantemente, poggiando la testa sulle mie mani.

Perché mi sono messa così a nudo con Bill?

Perché ho lasciato che le mie emozioni prendessero il sopravvento?

Perché ho permesso alle mie lacrime di uscire fuori, una volta per tutte?

Perché sono una debole, ecco.

Perché sono tremendamente stupida, questa è la verità.

Non riesco a capire perché avere a che fare con Tom sia così dannatamente difficile.

Forse perché non so neppure io cosa voglio esattamente.

Forse perché sento di volerlo, ma non voglio ammetterlo a me stessa.

Se solo non avesse quegli occhi nocciola terribilmente intensi e quel sorriso da mozzare il fiato…

Il punto è che io non riesco a stargli lontana.

Se ne fossi in grado, probabilmente tanti problemi non ci sarebbero.

Mi appoggio pesantemente allo schienale del divano, pensando alle parole di Bill.

Tom non ha mai voluto seriamente una ragazza, ma credo che stavolta con te faccia sul serio.

Chi me lo dice?

Chi mi assicura che lui…mi voglia veramente?

Probabilmente la “sfida” che gli ho lanciato l’ultima volta mi farà capire cosa veramente vuole da me.

Io che cosa voglio da lui?

Sesso?

Amore?

Oppure un ragazzo, un fidanzato?

Io so solo che Tom è stato, finora, l’unico ragazzo che ha saputo farmi battere il cuore sul serio.

Nonostante mi stia facendo soffrire da morire, è stato l’unico capace di farmi provare sensazioni che mai nessuno ha saputo regalarmi.

Io so solo che, forse, inconsciamente magari, anche io lo voglio.

Ma è troppo difficile ammetterlo dopo il casino che c’è stato tra di noi.

Non posso certamente nascondere che mi fa battere il cuore da morire, ogni volta che mi è vicino.

Ma per adesso la paura e l’incertezza sono più forti di tutto.

Paura.

Incontrollabile paura di cascarci di nuovo, di essere presa ancora in giro, di essere usata e poi gettata via.

Paura di non contare nulla per lui.

Paura di non interessargli quanto lui interessa a me.

E paura di sentirlo di nuovo mio, di sentirmi di nuovo sua.

D’un tratto i passi di Bill si fanno vicini e mi riprendo dalla mia posizione di rilassamento, voltandomi.

-scusami- mormora lui tornando verso il divano e rinfilando il cellulare in tasca.

-Figurati, non preoccuparti, anzi, scusami tu-  dico io incerta, vedendolo sedersi di nuovo accanto a me.

Lui mi sorride e torna a guardarmi.

-Allora? Dov’eravamo rimasti?- mi chiede lui con un’espressione adorabile.

E ogni secondo che passa sono sempre più felice che Andrea stia con lui.

Sorrido dolcemente a Bill e poi mormoro un flebile:

-Grazie-

-E di cosa?- trilla lui, sorridente.

La telefonata di Andrea gli ha fatto decisamente bene.

-Di avermi ascoltata, di avermi permesso di sfogarmi, di non avermi giudicata e…-aggiungo poi con evidente difficoltà- di avermi capita, credo- mormoro io leggermente impacciata.

Vedo Bill sorridere.

Le sue braccia mi circondano il collo e sento il suo corpo stringersi al mio.

Passo le mie braccia dietro la sua schiena e ricambio il gesto.

Sento il calore di quest’abbraccio che mi fa sentire decisamente meglio.

Sento le sue braccia stringermi e la sua presenza tranquillizzarmi.

-Non credevo che te l’avrei mai detto, Bill ma…- tento di dire io staccandomi di poco da lui- ti voglio bene- mormoro io quasi in un sussurro.

Lo sento ridere.

La sua risata cristallina mi entra nelle orecchie.

-Anche io ti voglio bene, Stern- esclama lui scompigliandomi di poco i capelli- e sappi che, per qualsiasi cosa, io ci sono- aggiunge poi.

Lo guardo, gli sorrido.

La consapevolezza di aver trovato un vero amico si fa strada sempre più dentro di me.

 

 

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Capitolo 27
*** 27. Uno studio, una chitarra e il mio migliore amico ***


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[ANDREA]

 

Riattacco il telefono, sospirando pesantemente.

Non riesco proprio a calmarmi, oggi.

Le parole rassicuranti di Annika non sembrano aver avuto l’effetto sperato.

Mi siedo sul letto e chiudo gli occhi per un istante.

È in questo momento che mi sembra di rivedere tutto ciò che è successo stamattina.

 

*

 

Sono seduta in giardino.

È da una settimana che sto con Bill e le cose non potrebbero andare meglio.

Sorrido mentre accarezzo la pagina del libro che sto leggendo per poi girarla.

Sono sempre di buon umore da quando, svegliandomi, trovo il messaggio di buongiorno di Bill che mi chiama piccola.

“Piccola” è sempre stato un nome che si associa a me.

Mi ci chiama Annika (La mia piccola Andrea), Tom (Piccola nana metallara), le mie compagne di band (Piccola stacanovista) e Bill.

A differenza degli altri nomignoli, quando Bill mi chiama piccola, mi salgono i brividi.

Intensi, quasi letali.

Come quando sento la sua voce dirmi, chiaramente, di essere innamorato di me.

Bill non spreca i “ti amo”, Bill è tremendamente sincero.

Guardo ancora le lettere stampate sulla carta e capisco di aver perso il senso della storia che sto leggendo.

Bill mi ha distratta, di nuovo.

-Emma, hai visto il nuovo Bravo?- una voce irritante mi arriva alle orecchie.

Alzo lo sguardo per poter notare Angie Becker, la smorfiosa che abita nell’appartamento accanto al mio.

Angi Becker è, in assoluto, la ragazza che odio di più in questo condominio, schifosamente bionda, schifosamente bella e schifosamente puttana.

È accompagnata dalla sua amichetta del cuore Emma, bionda come lei, svampita forse di più.

Stanno avanzando verso una delle panchine (io sono seduta, più comodamente, sull’erba), a braccetto, con una copia di Bravo tra le mani.

-No, ma mi ha accennato qualcosa Jessica su delle foto!- sta dicendo Emma mentre mi sorpassano.

Scuoto la testa e continuo a leggere.

-Annette me le ha fatte vedere questa mattina, ti giuro, ci sono rimasta davvero!- cinguetta distraendomi più del pensiero di Bill –Poi, quando le ho viste, beh, le ho detto che per com’era la risoluzione, poteva essere chiunque, ma Annette è convinta che sia lei-

Alzo un attimo lo sguardo senza capire.

Cosa c’entra Annette con le foto su Bravo?

Ho un brutto presentimento, davvero bruttissimo.

-Beh sì, in effetti, solo che, se guardi bene, qui si vede benissimo che è lei!-

Mi rendo conto, solo in quel momento, che non si sono minimamente accorte di me.

-Sì, infatti è da questa foto che ho capito che è lei, cioè, insomma, ha gli stessi piercing e vestiti che mette di solito-

-Orrendi per di più!- ridacchia Emma aprendo e sfogliando una pagina –Non capisco come possa ancora andare in giro in quel modo-

Angie fa spallucce –Me lo chiedo da quando abito qui, fatto sta che, comunque, questa qui è Andrea Linke-

Mi si gela il sangue.

Guardo fisso la panchina su cui sono sedute.

Cosa ci faccio io su una rivista come Bravo?

Chiudo il libro scossa e mi alzo.

-E sta anche baciando Bill Kaulitz- sbuffa Angie accarezzando la pagina –Sai, sapevo che lei li conoscesse e Annette mi aveva anche detto che aveva una tresca con il fratello, Tom, cosa non del tutto impossibile visto la frequenza con cui, mi hanno detto, Tom è qui-

-Non li hai mai visti?- chiede Emma.

Lei scuote la testa –No, io non ci sono mai- sicuramente ha messo il broncio quella troia –Mi ha detto che una volta lei e Tom hanno litigato nel cortile-

Mi alzo di fretta.

Basta!

Non posso sopportare che si parli di me in questo modo.

Corro verso di loro e con un sorriso irato mi avvicino –avete finito di parlare di me?-

Le vedo pietrificarsi, completamente.

Angie punta i suoi schifosissimi occhi nocciola su di me, guardandomi stupita.

Si starà chiedendo da dove sia uscita quella maledetta troia.

Emma alza la rivista e la guarda per poi guardare me –È lei!-

-Da’ qua!- tuono strappandole di mano quello che stava contemplando e portandomelo sotto gli occhi.

 

Notte di Fuoco per Bill Kaulitz.

Per tutti quelli che lo credevano gay arriva una grandiosa smentita.

Il cantante dei Tokio Hotel, nonché modello, Bill Kaulitz (21 anni, vergine), che ha fatto lungamente discutere sul suo orientamento sessuale, è stato pizzicato sul molo in dolce compagnia. Ed è una ragazza!

I due si sono scambiati infuocate effusioni sulle rive dell’Elba fino a notte fonda.

Ma tutte ci domandiamo: è una copertura? O finalmente Bill Kaulitz ha trovato l’anima gemella?

E chi è la fortunata?

Bravo sarà il primo a dirvelo.

 

La mano si serra da sola.

Rovina la carta dove le mie unghie si sono infilzate con ferocia.

Cazzo!

Vicino al breve articolo ci sono le foto del nostro appuntamento, le riconosco tutte.

I baci, le carezze, c’è persino il momento in cui sono saltata sulle sue spalle per tornare a casa e, cazzo, si capisce perfettamente che sono io.

Le didascalie descrivono alla perfezione ciò che mostrano e io mi sento… violata!

Tutta la nazione starà ammirando la mia incapacità di resistere al mio ragazzo.

-Sei tu?- mi domanda, pavida, Angie.

Alzo lo sguardo infuocato verso di lei, quel tanto che basterebbe per incenerirle quel viso da stronza e sbotto un più che eloquente –Non sono cazzi tuoi!-

Non lo sono davvero, non sono cazzi di tutta la Germania.

-Ma a noi puoi dirlo, insomma, tanto ormai lo sanno tutti che tu e Bill…-

-Zitta!- urlo e in un attacco di ira distruggo la rivista –Non sono affari vostri è… la mia vita!- sbotto e prendo la direzione di casa.

Sono incazzata, persino umiliata.

Ecco cosa succede a uscire con un personaggio famoso.

-Sì è lei- commenta convinta Angie –Non ha negato-

La ignoro e prendo le scale di casa.

-Andrea, tesoro, hai visto che…- inizia Annette appena mi intercetta.

-Vaffanculo!- ringhio senza voltarmi.

La zittisco e non posso nemmeno godermi il momento per quanto sono indiavolata.

 

*

 

 

Riapro gli occhi e sospiro ancora.

Il modo in cui l’ho scoperto non sarebbe potuto essere peggiore.

Ho la gola secca e la voglia matta di spaccare qualcosa.

Non posso crederci.

Decido di andare in cucina.

Apro la porta della mia stanza, che subito dopo sbatto, e mi infilo nella sala da pranzo, dove noto mio padre seduto al capo della nostra tavola.

-Tesoro…- mi chiama appena.

Mi volto verso di lui e noto che, sotto le sue mani, ha una copia di quella maledetta rivista.

Merda.

La tiene aperta sulla pagina in cui si può notare, in una sequenza di tre foto, la lingua di Bill infilarsi nella mia bocca.

Doppia merda.

-Annette, questa mattina, mi ha dato questo- dice indicandomi le foto –E anche al bar non si parlava d’altro-

-Io, papà…- abbasso lo sguardo –Mi dispiace-

Lui sospira –Non è bello essere sulla bocca di tutti eh?-

Scuoto la testa –Giù in giardino, questa mattina, sono stata l’argomento preferito di Angie Becker e di Emma Hemilton- gli dico sedendomi su una sedia.

La mano calda di mio padre si posa sulla mia schiena accarezzandomi il top con la parte posteriore e le maniche di tulle con ricamato un ragnatela e un simpatico pipistrello disegnato sull’addome.

-Non ci pensare, sono invidiose- mi dice dolcemente –perché la mia bellissima figlia, presumo, sia diventata la fidanzata di Bill Kaulitz!-

Alzo lo sguardo verso di lui puntandolo nelle sue pozze azzurrine, simili alle mie.

Non vedo un briciolo di risentimento nel suo sguardo, forse perché Bill gli piace.

Annuisco sorridendo –Sì-

-Tua madre era diventata ossessionata!- ridacchia –Penso che metterà i manifesti!-

Faccio una smorfia non del tutto convinta –Già lo sa tutta la nazione!-

Papà ride e mi accarezza la schiena –E tutte le ragazze della nazione ti invidiano-

-Mi sento violata- confesso –Quando ho visto quelle foto mi si è gelato il sangue nelle vene-

-Anche a me!- ammette –Non avevo mai visto mia figlia baciare un ragazzo-

Arrossisco.

Forse sarà questo il mio futuro con Bill, l’essere perennemente sotto il riflettori, condividere la mia storia d’amore con il mondo intero.

-Probabilmente queste foto avranno già fatto il giro del mondo- rincara mio padre a bassa voce –E molte ragazze ti staranno odiando-

-Sai la novità!- grugnisco sarcastica.

-Ma la cosa importante, Andrea, è che Bill ti faccia felice- sospira –Purtroppo il ragazzo che ti sei scelta è una persona famosa, ogni movimento che fa è documentato, ogni frase che dice è pubblica ma, in un certo senso, tu non possiedi la rockstar ma il vero Bill, quello che si diverte a stare a tavola con noi poveri Linke, che ha un fratello che fa battaglie all’ultimo sangue con Matt a quell’aggeggio che gli piace tanto, che ha lavato i piatti con tua madre e che si rivolge alle persone con il lei e non con un “tu” da superiore- sorride –Bill, per te, non sarà mai Bill Kaulitz dei Tokio Hotel, ma semplicemente Bill-

Sorrido annuendo –Hai ragione-

-Hai parlato con lui del…- indica la rivista.

Scuoto la testa –Lo faccio ora!-

Mi alzo dalla sedia, non propriamente tranquillizzata, e stampo un bacio sulla guancia di papà –Grazie- mormoro per poi chiudermi nella mia stanza.

Afferro il cellulare e compongo il numero del mio ragazzo.

Risponde dopo due squilli –Piccola!-

Sorrido nel sentire la sua voce, funge da tranquillante –Cucciolo, ti devo parlare…-

Lo immagino rabbuiarsi –Di cosa?- mi domanda preoccupato.

Sospiro –La rivista, le nostre foto!-

-Ah!- trilla lui –Andrea, mi stavi facendo venire un infarto!-  sento qualcosa muoversi, si sta sedendo sul divano –Che c’è?-

-Come che c’è? Non hai visto le foto? Io…-

-Piccola, non si capiva nemmeno chi tu fossi e ne tanto meno lo hanno scritto!- mi dice rassicurante.

-Sì, ho capito, ma io mi sento…- deglutisco –Violata-

-Oh, ti ci abituerai a quello- sospira –Questa è una croce che, se stai con me, ti porterai dietro a vita-

Non è una bella consolazione.

Sospiro –Mi sembra così strano-

-Lo è piccola mia- mi sembra di vederlo mentre mi alza il mento, dolcemente –Non è una cosa di tutti i giorni vedersi su una rivista in mano a degli sconosciuti e a quello, purtroppo, non ti ci abitui mai-

Mi lascio ricadere sul letto passandomi una mano tra i capelli –Avresti dovuto esserci quando quelle puttane lì giù hanno iniziato a parlare di me, di te, di noi!- piagnucolo –Non sapevo che fare-

-Ignorale piccola, che tu sia famosa o no e che io sia una rockstar o un contadino, la gente parlerebbe comunque. Adesso siamo il loro argomento preferito, domani lo saranno le nuove scarpe di Paris Hilton-

Sospiro ancora.

Non riesco a tranquillizzarmi, nonostante Bill sia dannatamente tranquillo.

-Andy, ascoltami, sono solo delle persone che nella vita non hanno altro da fare che parlare di chi, una vita, ce l’ha- mi consola attraverso l’apparecchio –Tu sei migliore di loro, sorridi e cammina a testa alta-

-E poi- sorrido davvero –Chi di loro può dire di aver baciato Bill Kaulitz dei Tokio Hotel?-

Bill scoppia a ridere e rido, piano, anche io.

-Piccola mia, non è un vanto stare con me eh!- ride più forte –Fidati!-

Non credo Bill Kaulitz, non credo proprio.

-Calmati Andy, non importa che tutta la nazione sappia che ti ho infilato la lingua in bocca, io vorrei farlo sempre-

Arrossisco.

Com’è che mi sembra tanto Tom?

Sa che dicendo certe cose mi fa aumentare i battiti cardiaci e mi toglie il respiro?

-Bill!- esclamo imbarazzata –Non dire così, prendo fuoco-

Incrocio le gambe e mi metto seduta.

Un sorriso che si fa largo sulle mie labbra.

-Sei bellissima quando arrossisci- mi dice –Ti fa così…bambina che mi verrebbe voglia di…-

Abbassa il tono della voce e tossisce –Rischio la censura, meglio che sto zitto-

Rimango a bocca aperta.

Quindi Bill mi desidera anche… fisicamente.

Cazzo.

Non avrei mai pensato che uno come Bill potesse desiderare davvero tutto di me.

Un calore strano mi prende lo stomaco mentre cerco di mettermi comoda sul letto.

-Vorrei fossi qui con me- mi lascio sfuggire manco fossi una ragazzina con il suo primo fidanzatino estivo.

Ma io lo sono davvero visto che Bill è veramente il mio primo ragazzo.

Lui sospira –Vorrei anche io, ti porterei in quel cazzo di giardino e ti bacerei davanti alle pettegole urlando “Sì, sono innamorato di Andrea Linke” ma ho un piccolo problema-

Abbasso la testa.

Bill lavora sempre, dannazione.

E il suo lavoro lo tiene, per giorni, lontano da me.

So che appena il suo tour inizierà lo vedrò andare via e tornare dopo mesi, lo sentirò così lontano che la mancanza mi strazierà e la gelosia mi divorerà, ne sono certa.

So che quel momento arriverà e lo temo, come la peste.

-Lavori come un cane, dovrò parlare con qualcuno per…-

-Oh no, oggi non lavoro, Annika è venuta qui e ha avuto una piccola crisi- annuncia –Ma niente di che, c’entra ancora mio fratello-

Sapeva che mi ero irrigidita e quella sua precisazione mi fa sospirare di sollievo.

Mi fido di Bill, incondizionatamente.

Come mi fido di Annika.

Non ho mai pensato che quei due potessero stare insieme.

È un po’ come la teoria che vige su me e Tom: troppo uguali per essere più che amici.

Mi ero irrigidita al pensiero di Annika e le sue crisi per Tom, le avevo viste tutte e mi si spezzava il cuore a sapere di non essere con lei.

Sono, però, conscia di quanto Bill possa essere bravo a risolvere le pene d’amore. Forse più di me che sono alle prese con il mio primo ragazzo.

-Non me la sento di lasciarla sola, piccola- sta dicendo –Ma, appena finisco, vengo da te… che dici, mercoledì andiamo in centro?-

Annuisco senza pensarci –Sì!-

La voglia di vederlo era sempre superiore a ogni minuto che passava.

-Perfetto…- mormora –Ricordati che sono innamorato di te-

-Anche io Bill-

E così dicendo chiudo la comunicazione.

 

 

*

 

 

Mi stringo nelle spalle mentre parcheggio il mio motorino sul marciapiede adiacente allo Universal Palace.

Non avrei mai pensato di potermi trovare in un posto del genere.

Mi infilo dentro l’enorme palazzo e mi avvicino alla portineria.

Una donna con un auricolare all’orecchio sta parlando con qualcuno, animatamente.

Nell’istante in cui si allontana mi sporgo sul bancone e guardo l’elenco delle stanze occupate.

Registrazione Tokio Hotel, terzo piano, stanza 4b.

Prima che quella donna mi veda corro verso l’ascensore e mi ci infilo dentro. Premo il bottone che segna il numero tre e mi appoggio al muro.

Le registrazioni di un gruppo sono sempre Off Limits, non potrò certo entrare indisturbata.

Ma nemmeno disturbare le registrazioni facendo squillare un cellulare per avvisarlo.

Con un plig dimesso l’ascensore si ferma al piano desiderato e io mi avvio in quel corridoio tirato a lucido.

Questo posto sembra non aver mai visto una vita umana.

Mi stringo ancora nelle spalle.

Sembra fare freddo qua dentro, ma forse è l’aria impersonale che i corridoi bianchi danno.

Sembra quasi un ospedale.

Guardo le piccole porte susseguirsi segnate da targhette poste alla loro sinistra, la mia destra per intenderci.

Quando trovo la porta che mi interessa tiro un sospiro e mi avvio verso quella lastra di legno nero.

La apro e entro, trovandomi , quasi, in un mini appartamento dai colori chiari.

Ci sono varie porte, da una di esse vengono delle urla concitate sulle date dei prossimi tour, sembra una voce di donna e una di uomo, sicuramente non sono d’accordo sulle arene in cui stanno organizzando.

Sento vagamente Malesia, New York, Roma, Tokyo, Mosca, Sidney e Rio de Janeiro.

Rabbrividisco.

Bill sarà tanto lontano?

Bastano solo i nomi di quelle città per mandarmi nello sconforto più totale.

Oltrepasso quella porta con la morte nel cuore e passo, distrattamente, davanti a una piccola cucina rossa con un tavolo di legno nero dall’aspetto moderno, carico di cartoni di pizza.

Bill mi aveva accennato della “sana” alimentazione dei Tokio Hotel quando sono in studio.

Sembrano abbandonati lì da qualche giorno.

Sorrido impercettibilmente.

Casa Kaulitz è uno specchio, questo posto è piccolo (almeno quanto il mio appartamento) è vissuto, disordinato e accogliente, più del corridoio.

Continuo a camminare e a guardarmi intorno, finchè…

Beh, finchè non mi trovo davanti un omone vestito con un jeans e una maglietta nera che mi guarda arcigno.

Un bodyguard.

Ecco fatto, non poteva essere andato tutto liscio.

È posto all’entrata di una sala prove, vi sono così tante chitarre che sembrano far concorrenza a un negozio di musica, ci sono degli specchi, dei bassi, dei microfoni, una batteria e un pianoforte. Degli sgabelli sono posti al centro della stanza bianca e tappestata di poster della band.

Modesti i ragazzi eh?

-Dove credi di andare ragazzina?- mi dice con tono cupo.

Ecco, adesso devo inventarmi qualcosa.

-Io… beh… cerco una persona- ammetto non trovando una scusa plausibile.

Avrei potuto dire di essere la nipote del manager ma, non so nemmeno come si chiama.

-Qui?- alza un sopracciglio.

-Ehm… sì… io cerco un mio amico- mi torturo i pollici.

Lui mi guarda con evidente pietà.

Gli sembrerò la classica fan dei Tokio Hotel che si è infiltrata nello studio di registrazione dopo aver scoperto, chissà come, dove si trova.

In realtà l’indirizzo me lo aveva dato Bill in caso un giorno sarei voluta passare.

-E chi sarebbe quest’amico?- mi chiede.

-Mike non lo vedi che è la ragazza che sta con Bill sulla rivista?- una voce entra nell’aria accompagnata, subito dopo, dall’entrata in scena di un ragazzo.

Lo riconosco come un membro dei Tokio Hotel.

È basso, almeno a confronto con i gemelli, biondo e dalla classica faccia da bravo ragazzo.

I suoi occhioni castani sono sormontati da un paio di occhiali da vista dalla montatura nera, pesante e rettangolare.

Se li sistema dopo aver sciolto l’intreccio delle sue braccia sul petto massiccio e allenato, noto persino i bicipiti ben sviluppati, persino più di quelli di Tom.

Braccia da batterista.

Indossa una t-shirt nera con fantasia a quadri, stile secchione, e un paio di bermuda che scoprono il vari tatuaggi che ha sul polpaccio. Un paio di adidas completano il tutto.

È semplice, differentemente dall’appariscenza dei gemelli.

Mi guarda per poi far nascere sul suo viso, che mi ricorda vagamente Winnie De Pooh, un sorriso –Bill non c’è-

-Non cerco Bill- sospiro.

Lo vedo aggrottare le sopracciglia, con un gesto della mano congeda il bodyguard che, visibilmente deluso dal non aver sbattuto qualcuno fuori per potersi vantare con qualche collega, se ne va verso una stanza adiacente alla nostra.

Mi si avvicina –Ah, e chi cerchi?-

-Tom- ammetto infine –Devo parlare con Tom-

Mi guarda appena, per poi fare spallucce –Lui sta registrando-

Annuisco appena, non voglio certo disturbarlo mentre lavora –Ok, va bene, gli puoi dire che sono passata?-

-Certo- acconsente sorridendo.

Lo ringrazio e mi giro verso la porta, cercando di non sentire l’uomo che urla –PECHINO, ho detto che a Pechino dobbiamo passarci!-

-Ehi- mi sento dire da quel ragazzo.

Mi volto a guardarlo e per notare che ha intrecciato le braccia al petto –Sì?- chiedo.

-Perché cerchi Tom, tu non stai con Bill?-

Sorrido appena e mi avvicino –Beh, sì, sto con Bill ma Tom è… diciamo…-

-Amante?-

-NO!- urlo, schifata solo all’idea –è un mio amico-

Il ragazzo mi guarda appena, poi sorride –Sai che è strano che Tom abbia un’amica?-

Ridacchio appena –Infatti lui non mi vede come un’amica, Tom mi vede come sé stesso al femminile-

-Ah beh- si aggiunge alla risata –Uno specchio allora-

È simpatico, la sua aria tranquilla infonde subito sicurezza.

-Comunque- riprende a parlare –Sono Gustav Schäfer-

Mi allunga la mano. La guardo appena e poi la stringo e la scuoto leggermente –Andrea Linke-

-Ehi, Gus, di all’Hobbit che ora tocca…- un’altra voce si aggiunge nella sala –Andrea che cazzo ci fai qui?-

Mi volto solo per poter notare il viso, decisamente stupito, di Tom.

Ha solo una tuta, dall’aria anche abbastanza pesante per il periodo e una semplice t-shirt bianca che si abbina alla fascetta che ha sulla fronte.

Meno sexy del normale, più pratico e decisamente da lavoro.

-Io ti cercavo per…- balbetto mentre lui alza un sopracciglio –Per parlarti delle….-

-Fammi indovinare- sorride –Per le foto in cui stai slinguazzando con Bill vero?-

Arrossisco di botto mentre annuisco.

-Potresti essere più delicato- protesta Gustav –Non vedi che la metti in imbarazzo?-

In effetti, nonostante sia capace di zittirlo, in questo preciso istante sto prendendo fuoco. Sento una mano scivolare sulla mia schiena e scopro essere quella grande e callosa di Tom.

È un gesto del tutto strano da lui, sembra volermi confortare.

-Vieni in saletta, è l’unico spazio insonorizzato- mi annuncia spingendomi verso una porticina coperta da uno specchio.

Saluto Gustav con un sorriso e mi lascio trasportare dall’andatura ciondolante del mio amico.

Entriamo in una stanza decisamente più buia, il parquet chiaro sparisce sotto dei pregiati tappeti persiani e lunghi divani di eco pelle neri costeggiano la parete scura.

C’è un elaborato mixer con tanto di computer ultra tecnologici e poltrone girevoli sempre di eco pelle nere.

Rimango imbambolata a guardarlo.

Non sono mai stata in uno studio di registrazione professionale, mi vengono i brividi solo a pensarlo.

Guardo quell’enorme lastra di vetro che divide la stanza in cui stiamo a un’altra, più piccola, con le pareti rosse e imbottite.

La stanza insonorizzata.

Un microfono è appoggiato vicino a uno sgabello, una chitarra acustica è posata su un treppiedi, appena usata.

Mi spinge proprio nella porticina di legno chiaro che le collega e, in un batter d’occhio, mi ritrovo in una vera e propria saletta d’incisione.

-Siediti lì, io vado a prendere una sedia- mi dice mentre apre una piccola porta e estrae uno sgabello di ferro color argento, che posa al mio fianco.

Non lo noto nemmeno, sto percorrendo con gli occhi la costosa Gibson acustica.

Non ne avevo mai vista una così vicino a me.

Di legno chiaro, lucida con il ponte sfrangiato molto più scuro intaccato da spruzzi color caramello che mi fanno capire che è un colore perlato e abbastanza ricercato.

Le corde sono doppie, molto più di quelle che sono abituata a usare, credo siano 0.10, le più resistenti che ci sono in giro.

La scritta Gibson ne autentifica la bellezza.

Alzo lo sguardo e noto delle foto appese qua e là. Foto di concerti.

Rimango sconcertata davanti a un Tom biondo vestito come una tenda da circo che guarda, quasi in contemplazione, il manico di quella stessa chitarra che è al mio fianco mentre le sue dita piegano le corde formando un dolorosissimo accordo a barrè.

Solo in questo momento mi accorgo che non ho mai sentito suonare Tom.

Il suono strusciato della sedia mi porta a fissare lo sguardo nel suo –Allora, dimmi tutto-

-Mi suoni qualcosa?- chiedo di getto, senza pensarci.

Il suo sguardo si fa sorpreso –Cosa?-

-Beh, sì, è un po’ che siamo amici e non ti ho mai sentito suonare, dal vivo- mi affretto a precisare.

-Ma non eri venuta per parlare?-

Mi innervosisco.

Gli sto solo chiedendo di farmi vedere cosa sa fare e, magari, dopo, farmi provare quella meraviglia di chitarra che giace, sola, al mio fianco.

-Sì, ma la Gibson lì mi attrae di più adesso- fisso i miei occhi nei suoi e lo imploro –Ti prego-

Sospira e si allunga per prenderla.

Con una cura che non ho mai visto in Tom se la posiziona sulle cosce e impugna il manico, esperto.

-Cosa vuoi che ti suoni?- mi chiede –Ricordati questo momento Andrea, non ho mai suonato per nessuno apparte per me stesso, nemmeno per le mie fans-

Lo guardo attentamente.

Annuisco.

Bene, sarò la prima.

-Ma non è una serenata- si affretta a dire.

-Sono la ragazza di tuo fratello, certo che non la prendo come una serenata, è solo curiosità- concordo con lui.

Lui annuisce e manda qualche accordo.

-Conosci Vermilion part 2 degli Slipknot?- domando speranzosa.

È al prima canzone interamente acustica che mi è venuta in mente.

-Slipknot?- Tom alza un sopracciglio –Potevi farti suonare qualche schifezza smielata e prendermi per il culo a vita e invece vuoi farti suonare Vermilion part 2?-

Lo guardo di tralice –Qualche problema?-

Lui scuote la testa –No no, va benissimo-

Mette la mano sul manico e inizia suonando l’arpeggio iniziale.

È… perfetta!

Tom sembra conoscerla a memoria.

- She seemed dressed in all of me, stretched across my shame, all the torment and the pain leaked through and covered me- inizio a cantare dietro le note che suona Tom, trasportata, senza rendermi conto che lui mi sta guardando con un sopracciglio alzato - I'd do anything to have her to myself, just to have her for myself-

Il motivo per cui mi guarda forse è il fatto di star cantando la sua storia con Annika.

Forse è per questo motivo che mi è venuta in mente questa canzone.

-She is everything to me, the unrequited dream, the song that no one sings, the unattainable. She's a myth that I have to believe in, all I need to make it real is one more reason- abbasso lo sguardo.

Era stata una di quelle canzone che avevo ascoltato quando avevo scoperto di essere, inesorabilmente, innamorata di Bill.

Quando pensavo di non essere corrisposta.

Quando mi facevo male da sola pensando a lui.

Rabbrividisco mentre l’arpeggio riempie l’aria e mormoro un acuto –She ins’t real-

Ho la pelle d’oca.

-I can’t make her real-

Alzo lo sguardo mentre Tom manda l’ultimo accordo e sospira un –Perché hai scelto questa canzone?-

-A dir il vero è stata la prima che mi è venuta in mente- sorrido –E tu l’hai suonata alla perfezione-

-Io sono un grande chitarrista Andy, lo sai- si pavoneggia passandomi la chitarra –Mettila a posto-

Avrei voluto chiedergli di suonare ma…

Dopo di lui sarei solo in netto svantaggio.

È davvero bravo.

Io ho imparato da sola, faccio leggermente schifo in confronto con Tom.

Quindi mi limito ad aver cantato con lui presente e poso la chitarra, con cautela, al suo posto.

-Adesso, dopo il siparietto, mi vuoi dire cos’è successo?-

Annuisco –Questa mattina, mentre ero in giardino a leggere, due ragazze sono arrivate con in mano una copia di Bravo- lo guardo e vedo che annuisce.

Tom è un bravo ascoltatore, non ti interrompe mai.

-Beh, non si sono accorte di me, ovviamente la gente mi ignora- manda un semplice verso di dissenso che capto come un “stronzata” ma a cui non rispondo –E hanno iniziato a parlare delle foto su Bravo- abbasso lo sguardo –Inizialmente non avevo capito a chi si riferissero ma poi hanno fatto il mio nome e ho scoperto di essere stata immortalata in quella cazzo di rivista-

Lui annuisce  e mi esorta a continuare.

-Ho pure mandato a ‘fanculo Annette, ma ero così incazzata che non ho potuto gioire del fatto- mi sorride, anche lui ha avuto modo di essere soggetto alle chiacchiere della portinaia –Che poi quella dannata pettegola ha dato una copia della rivista a mio padre… quella troia!- mi infervoro –Io, ti giuro Tom, mi sono sentita…-

-Vulnerabile?- mi guarda intensamente –Andy, la prima volta che i giornali hanno parlato di me avevo quindici anni, non c’era nessuno che mi dicesse come comportarmi e ho combinando un casino della miseria, a te le cose sono più facili, il primo motivo è il fatto che le foto siano di pessima qualità, ti ritraggono da una distanza considerevole, di notte e sei vestita anche di nero-

-Ma io mi sono riconosciuta!- protesto.

-Beh certo, tu sai di aver fatto quelle cose, è più che logico riconoscersi, e le persone che ti sono vicine ci sono andate d’intuito- mi sorride –Solo una come te poteva vestirsi come a un funerale per un appuntamento!-

Gli tiro una manata sulla spalla.

Bastardo.

Anche in un momento come questo mi deve prendere per il culo?

Ma scoppio a ridere.

Sinceramente.

-A David, questa mattina, è venuta una crisi isterica per il fatto che Bill non gli abbia comunicato che ha una ragazza e mio fratello, pacatamente, gli ha detto- si schiarisce la voce –“Io sono innamorato di quella ragazza, quando sarà il momento te la presenterò”-

Sospiro.

Bill ha detto davvero così?

-Ovviamente David non sa nemmeno da dove cominciare per cercarti e, alla fine, si dimenticherà tutto- mi guarda intensamente –Come faranno tutti gli altri-

Inclino la testa.

-Il mondo dello spettacolo è fatto così- mi spiega –Il giorno prima sei sulla bocca di tutti e due giorni dopo sei notizia vecchia perché qualcuno ha fatto qualcosa di più eclatante, si scordano presto delle così dette “meteore”- si mette comodo e mi posa una mano sul ginocchio come è solito fare quando mi deve consolare –Adesso tu rappresenti il chiarimento sull’orientamento sessuale di Bill, domani tutti diranno che è una presa per il culo per coprire l’omosessualità di mio fratello, dopo domani si metteranno l’anima in pace, tra tre giorni la gente si dimenticherà della misteriosa ragazza accanto a Bill Kaulitz-

Funziona davvero così?

È davvero questo quello che mi spetta d’ora in poi?

Lo guardo cercando un tentennamento che, però, non c’è.

-E poi, Andrea, hai Bill che ti protegge e…- deglutisce –Cazzo, sei mia amica, ci sono anche io-

Un sorriso mi nasce sulle labbra.

In un movimento veloce mi butto tra le sue braccia lasciandomi stringere dalle sue mani forti e callose, diverse da quelle morbide di Bill.

Tom mi fa sentire al sicuro come un fratello farebbe con la sua sorellina minore.

Stare abbracciata a lui è diverso da starlo con Bill.

Per Tom provo solo un infinito affetto ma non il brivido che sale sulla schiena quando è suo fratello ad abbracciarmi.

Tom, in questo momento, non è solo un conoscente, un semplice amico.

-Ti metti a ridere se ti dico che stai iniziando ad essere il mio migliore amico?- domando sulla sua spalla mentre la sua mano mi accarezza la schiena.

Lo sento ridacchiare appena –Sì, ma solo perché anche io penso la stessa cosa, ed è strano, davvero strano!-

Chiudo gli occhi mentre lui mi culla appena con la sua mano sulla mia schiena.

Ecco cosa mi serviva per stare bene: uno studio, una chitarra e…

Il mio migliore amico.

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Capitolo 28
*** 28. L'invito alla sua vera vita ***


[ANDREA]

Ore 10:00

Il campanello di casa mia suona.

È mamma ad andare ad aprire. Come un lampo mi precipito fuori dalla mia stanza urlando:

-Vado ad aprire io!- ben sapendo chi c’è alla porta.

Corro lisciandomi la mini di jeans sfilettata che porto e afferro la maniglia del portone d’ingresso.

Quando lo apro rimango a bocca aperta.

Bill è qui, davanti a me, sapevo che era lui.

E questa mattina, più che io, sembra lui il dark.

I capelli neri sono perfettamente tirati indietro dandogli quell’aria da bello e dannato che tanto amo, gli occhi perfettamente truccati a evidenziare la profondità del suo sguardo di ambra liquida.

Il collo da cigno è ben evidenziato da una leggera maglietta abbastanza larga strappata su più punti che mostrano il petto glabro oltre gli strappi. È nera con strisce grigie e ha uno scollo rotondo che mostra, quasi per vanità, l’accenno dei suoi pettorali.

Tom mi ha informata, ed era sinceramente stupito, del fatto che il mio ragazzo, da quando stava con me, accetta di buon grado di andare palestra con tutta la band.

Questo vuol dire che anche lui sta cercando di migliorare per me.

Le maniche sono ritirate fin sui gomiti e mostrano uno dei suoi tanti tatuaggi.

Gli immancabili pantaloni di pelle fasciano le gambe magre e si infilano in un paio di stivaletti di cuoio con la punta in acciaio che lo fa tanto motociclista.

Un rosario nero scende dal suo collo a completare il look da dark.

Mi si mozza il fiato.

Mi tiro sulle punte e schiocco un bacio a stampo e alquanto rumoroso, sulle sue morbide labbra mentre la sua mano scivola sulla mia vita, stringendomi.

-Buongiorno- mormoro sulle sue labbra mentre allaccio le mani al suo collo.

-‘Giorno piccola- risponde lui per schioccarmi un altro bacio a fior di labbra sulla bocca.

Alza lo sguardo mentre noto la mia adorata mammina illuminarsi davanti alla scena –Buongiorno Eleonore!-

-Ciao Bill!- trilla mamma estasiata dal sorriso del mio ragazzo –Vuoi accomodarti?-

-Vorrei- risponde –Ma io e Andrea abbiamo delle commissioni da fare- si scusa gentilmente.

-Sì mamma, pranzo con lui, va bene?- domando conoscendo già la risposta.

Mia madre adora Bill, quando le ho detto che ero, ufficiosamente, la ragazza di Bill Kaulitz, quasi si è messa a piangere.

Esagerata, lo so, ma aspettava con ansia il momento in cui mi sarei fidanzata.

-Certo- esclama lei entusiasta.

Corro verso la mia camera afferrando la mia amata tracolla e schiocco un bacio sulla guancia di mamma –A dopo Ma!-

Lei ridacchia mentre mi avviò verso Bill che ha già aperto la porta.

Quando siamo finalmente fuori, mi prende per una mano e intreccia le dita con le mie.

Cazzo, mi si accappona la pelle!

-Dove andiamo?- chiedo mentre scendiamo e mi beo del calore della sua mano nella mia.

-Andiamo a fare una passeggiata in centro, devo comprare delle cose- mi dice mentre scendiamo l’ultimo scalino.

Henk, il portinaio, ci saluta affabile.

A differenza della moglie, lui non sa nemmeno chi è Bill Kaulitz.

Lo risaluto con la mano libera e poi sento Bill passarmi un braccio sulle spalle stringendomi possessivo.

-Sei geloso del portinaio per caso?- domando divertita mentre stringo la sua vita sottile.

-Non si sa mai, tu sei di mia proprietà!- mi sussurra ad un orecchio posando un bacio sul mio collo –Comunque, sei bellissima oggi-

Arrossisco.

Non sono abituata a sentirmi desiderata da qualcuno, men che meno a ricevere complimenti.

Bill apre il portone e mi scorta verso la lucente Audi Q7 parcheggiata nel cortile.

La apre puntando il telecomando verso di essa e, prima che riesca ad aprire lo sportello, mi afferra per il polso e mi spinge verso di lui.

Sbatto contro il suo corpo e sento le sue braccia serrarsi alla mia vita.

Sento un brivido scuotermi.

Alzo lo sguardo per piantarlo nell’ambra pura delle sue iridi nocciola.

Mi sorride, puramente malizioso, attraverso gli occhiali Dior.

-Non mi hai salutato per bene- sussurra malizioso abbassando la testa verso la mia –Potrei rimanerci male-

Sorrido e faccio scivolare una mano tra i suoi capelli curatissimi spingendo annullando la distanza tra le nostre labbra.

So cosa vuole lui e… beh, lo voglio anche io.

Dischiudo le labbra automaticamente mentre Bill mi stringe come se volesse farmi entrare nel suo corpo, fa scivolare la lingua nella mia bocca per farmi assaggiare, ancora, il suo piercing tra le labbra.

Lecca il mio palato con avidità, facendomi rabbrividire del tutto.

È bellissimo baciare Bill, annulla tutto ciò che ho intorno.

Quando sento mancarmi l’ossigeno poso dei piccoli morsi su quelle labbra tanto invitanti e rimango a fissarlo.

Le labbra appena dischiuse, gli occhi protetti dalle lenti fine dei suoi occhiali, il mezzo sorriso che sta nascendo sulle sue labbra… lui è perfetto.

Ancora mi sto chiedendo, perché io?

-Contento?- chiedo ironica.

-Raggiante!- risponde lasciandomi appena libera. Si tocca le labbra gonfie e sorride.

-Ma ci saranno i paparazzi in giro?- chiedo guardandomi intorno.

Da quando hanno pubblicato le mie foto su Bravo sono diventata paranoica.

Mi dico che, dopo quasi una settimana, loro abbiano davvero capito chi io sia e che mi aspettino sotto casa pronti a immortalarmi in ogni passo.

O ho paura che, in quei brevi momenti in cui Bill passa  a casa dopo le registrazioni, loro lo stiano seguendo e scoprino dove abito.

In fondo la macchina di Bill attira, inevitabilmente, l’attenzione.

Bill ride lasciandomi libera e incamminandosi verso il lato del guidatore.

Mi affretto a salire, più paranoica che mai, e noto che Bill ancora ride.

Mette in moto la macchina che manda un rombo tremendo.

Bill ingrana la prima e usciamo, finalmente, dal vialetto di casa.

-Se ci sono sapranno che sei mia!-

 

 

*

 

L’aria di Amburgo, questa mattina, è abbastanza calda.

Non siamo in un paese caldo, per antonomasia la Germania è una nazione dal clima freddo e piovoso.

Stranamente, questa mattina, fa più caldo del solito.

O forse sono io, non lo so.

Sto passeggiando con Bill Kaulitz, per il centro della città a pochi metri dall’Europa Passage, il più grande Centro Commerciale della zona.

La gente che ci incrocia per strada ci guarda stupita.

Mi è già successa una cosa del genere quando sono andata a fare shopping con Tom, due settimane prima.

Quando mi sento parecchio a disagio stringo la mano del mio ragazzo che mi spinge verso di lui e mi avvolge tra le sue braccia, con fare protettivo.

Spesso, e molto volentieri, la mano di Bill si posa sul mio fondoschiena facendomi sobbalzare.

Come sta facendo in questo momento.

Lo fulmino con lo sguardo solo per ricordargli che siamo in pubblico e lui è Bill Kaulitz, attira decisamente l’attenzione.

-Scusa, non resistevo- mi dice mortificato mentre riafferra la mia mano e fa passare il suo braccio sulle mie spalle costringendomi in una posizione non proprio comoda ma a cui resisto visto il contatto con il suo corpo.

Eh, cosa non si fa per amore!

-Sei un porco almeno al pari di tuo fratello, lo sai?- gli faccio notare mentre lui guarda una vetrina.

-Siamo gemelli- ridacchia –Che dici di quella? È elegante?-

Alzo lo sguardo per poi strabuzzare gli occhi.

Siamo sotto la vetrina di un delle boutique più costose di Amburgo, Dash per l’appunto, e Bill mi sta indicando una giacca di pelle bianca dal taglio particolare.

È davvero bellissima e su di lui starebbe da Dio ma…

Mi viene quasi da rigettare quando leggo il prezzo.

-Bill, ma costa un patrimonio!- esclamo –Non ti faccio spendere 1419,50 € per una giacca di pelle-

Bill sorride avvicinandosi alla vetrina –Mi servirebbe per i Comet di quest’anno, non so cosa mettermi!-

-Ma costa quasi 1500 € - continuo, ancora più incredula per quello che vedo –Questo è un furto!-

-No- si affretta a dire Bill –Quella è una made in Italy, costa molto di più!-

-Bill, ma quella giacca equivale allo stipendio di mio padre- cerco di farlo ragionare –Se vuoi un’altra giacca di pelle ti faccio vedere un posto dove poi comprarle a 20 €-

Lui si abbassa verso di me, accarezzandomi le spalle –Andy, tesoro, il prezzo non è un problema-

Sospiro affranta –Per me è un furto-

-Lo è infatti- asserisce Bill –Ma mi porto a casa anche qualcosa io!- ridacchia –E poi già ce l’ho!-

Sgrano gli occhi.

-E l’ho pagata quasi il doppio, in America- mi annuncia con noncuranza prendendomi per mano e trascinandomi verso un’altra vetrina.

So che Bill non ha problemi di soldi ma… spendere quasi 3000 € per una giacca è uno sputo verso noi poveri mortali.

Ma, sta di fatto, che con Bill non posso farci niente.

Sono soldi che si guadagna lui e li spende come vuole.

Lo vedo fermarsi di nuovo.

Bill è peggio di Annika quando è assetato di Shopping.

-Guarda qui Andy, dimmi se ti piace qualcosa- mi annuncia quando si è incantato a guardare un’altra vetrina.

Siamo davanti a una gioielleria, noto i preziosi oggetti brillare al di là del vetro anti proiettile, sopra di noi una telecamera a circuito chiuso segue i nostri movimenti.

Alzo lo sguardo per notare il nome della gioielleria: Bulgari.

Rimango a bocca aperta.

Non mi sono nemmeno mai avvicinata a un posto del genere.

Bill mi spinge contro la vetrina e mi indica i vari gioielli –Su, dimmi quale ti piace-

Lo guardo sospettosa per poi concentrarmi su quello che mi sta chiedendo.

Davanti a me sono esposti dei gioielli davvero costosi e appariscenti.

Contrariamente a quello che pensa la gente io sono una persona estremamente semplice, almeno in fatto di accessori.

Tutto quell’oro sfavillante, tempestato di rubini, zaffiri, smeraldi e diamanti mi fa venire il voltastomaco.

Sto per dire a Bill che in quella vetrina ci sono solo cose che mi fanno schifo, quando la vedo.

È in fondo a tutto, legata a un finto collo di seta.

D’oro bianco e di piccoli brillanti.

È una collana dall’aspetto semplice ed elegante, un cuore irregolare con il lato più alto tempestato di piccole pietre color luce, è l’unico ciondolo appeso.

È… bellissima.

Più che altro per la sua semplicità.

-Quella- annuncio a Bill indicandola.

-Perché?- mi chiede sorridendo –Non è troppo semplice per te?-

Scuoto la testa –No, è perfetta- non mi accorgo immediatamente di cos’ho detto –È la cosa più semplice e perfetta che c’è in questa vetrina, nascosta, perché la gente che di solito frequenta questo posto da ricchi ama farsi notare, sono sicura che nessuno la prenderà mai, ma io… Bill è bellissima-

Lui sorride ancora.

-Peccato che costi una fortuna- dico notando il cartellino che scende: 2500 €.

Nonostante sia bellissima, costa decisamente troppo.

Bill si avvicina e sorride luminoso.

Intreccia le dite alle mie e, con una leggera spinta, mi intima di camminare.

-Entriamo!-

Cosa?

Lo guardo senza capire, mentre mi trascina verso la porta vetrata in cui compare, perfettamente, il nome del negozio: Bulgari.

-Bill, che cazzo…- non mi fa finire la frase che si pianta davanti al bodyguard che sorveglia la porta.

A gente come me non è permesso entrare in certi posti, lo so.

Mi guarda da sotto i suoi occhiali da sole scuri come se dovesse decidere in quale secchio dell’immondizia buttarmi.

Credo abbia deciso quando nota Bill.

-Salve Signor Kaulitz- dice cordiale.

-Ehi!- trilla Bill alzando una mano –Ci fai entrare?-

-Anche lei?- mi indica schifato.

Bill si esibisce in un sorriso luccicante che abbaglia anche il bodyguard –Ti vorrei presentare la mia ragazza, Andrea-

Nonostante non veda i suoi occhi capisco che si è quasi strozzato per la sorpresa.

E chi non lo sarebbe? Io non sono sicuramente quella che si dice “la fidanzata di una star”.

Tossicchia qualcosa e poi si sposta dalla porta, lasciandoci entrare.

Bill mi da una spintarella per incoraggiarmi ad entrare e io, confusa, lo faccio.

Ad accoglierci è il sorriso, falsissimo e cordiale, di una commessa ingiogliellata infilata in un tailleur rosa antico che le da l’aria di una zitella inacidita.

Appena vede Bill si apre in un vero sorriso che sembra preannunciare una cosa: vuole spennarlo.

Già mi sta sul cazzo questa!

Si avvicina facendo ticchettare i suoi tacchi sette sul parquet chiaro e pregiato –Desiderate?-

Bill le rivolge uno sguardo illuminato e si schiarisce la voce –Avevo comprato, qualche giorno fa, una collana che ora è in vetrina, sono venuto a ritirarla!-

Cosa?!?!

Mi volto di scatto verso il mio ragazzo e alzo un sopracciglio –Tu mi hai, davvero, comprato quella collana?-

Mi posa un dito sulle labbra sorridendomi e annuisce appena –Quando l’ho vista ho pensato fosse perfetta per te-

Lo guardo negli occhi mentre mi posa un leggero bacio a stampo sulle labbra.

Ma è pazzo per caso?

Mi ha comprato una collana che è l’equivalente di due mesi di stipendio di mio padre.

La commessa sta afferrando il gioiello quasi fosse di vetro e ce lo sta portando.

-Bill, ma…- boccheggio quando la commessa passa la collana tra le mani di Bill -…perché?-

-Perché me lo sentivo- mi risponde mentre si posiziona dietro di me.

Mi alzo i capelli mentre Bill la fa scivolare sul mio collo agganciando i due laccetti.

La lascia cadere sul mio collo e il suo tocco freddo mi fa rabbrividire.

È la cosa più costosa che avrei mai immaginato di indossare.

È un furto.

Io non posso indossare una cosa del genere.

Bill non può aver speso tanto per me.

È semplicemente bellissima.

-Vorrei che la indossassi per la festa della Universal di sabato in cui ho deciso di presentarti ufficialmente- mi sussurra mentre mi guardo a uno specchio.

Non faccio, inizialmente, caso alle sue parole.

Mi guardo il collo con gli occhi che luccicano.

È bellissima!

Poi, quando faccio mente locale, mi pietrifico.

Cosa vuole fare lui?

Mi giro di scatto (come ho fatto troppe volte da quando sono entrata qui dentro) e lo guardo incredula, prima di scoppiare a ridere –Bella battuta Bill!-

-Oh, io non sto scherzando piccola- mi passa una mano sui fianchi –Voglio davvero presentarti al mondo intero-

-Ma…-

-Andy, sei importante per me-

Gongolo appena.

È bello sentirsi importante per qualcuno, specialmente per un ragazzo.

Bill ha appena posato le mani sui fianchi e mi guarda in attesa di una risposta.

Non so davvero dove andare a parare.

Finchè la nostra storia è rimasta tra le mura della mia casa e della sua e l’unico momento pubblico sono state quelle foto, a me andava più che bene.

Era l’illusione di una storia d’amore normale, cosa che non ho mai avuto.

Ma… Bill mi ha fatto l’invito nella sua vera vita.

Quella da star, quella fatta di feste, concerti, After Party dal gusto discutibile, paparazzi, interviste, giornali.

Una vita che a me non è mai appartenuta.

Le luci di una ribalta che, in un certo senso, non ho cercato.

E l’ostilità aperta di un sacco di ragazze.

Io… non credo di…

-Piccola, se te lo sto chiedendo è per il semplice motivo che, beh, tengo davvero a te, tenerti lontana da una parte della mia vita mi sembrerebbe un tradimento, voglio che tu sia presente in tutti gli angoli della mia vita, dalla vita privata a quella pubblica-

Lo guardo senza parole.

È come dirmi che mi ama?

Mi vuole davvero in tutta la sua vita?

Un sorriso mi nasce prepotente sulle labbra e mi lascio abbracciare da lui.

-Va bene- mormoro mentre lui sorride –La indosserò per la festa della Universal-

-Allora a sabato!- mi sorride Bill mentre parcheggia l’auto davanti al mio condominio.

Annuisco e mi sporgo verso di lui.

Marchio le sue labbra con un bacio che avrebbe dovuto essere a stampo ma che Bill trasforma in un vero e proprio bacio bagnato e umido.

Fa scivolare la sua lingua tra le mie labbra e io non posso far altro che assecondarlo.

Non sarò mai capace di dirgli di no.

MAI!

Ed è questa convinzione che mi fa passare un braccio dietro al collo, una mano tra i suoi capelli, inducendolo a non fermarsi mentre le sue mani sono sulle mie guance e le accarezzano appena.

Cazzo, ho la pelle d’oca.

Bill mi fa sempre quest’effetto.

Mi lascia un bacio a stampo sorridendo –Se non vai adesso, giuro Andy, ti salto addosso-

Sorrido maliziosa e lo bacio ancora, stupendomi della mia audacia –Non sarebbe male come prospettiva-

Ride e io rido con lui.

Non mi riesce bene fare la sexy, lo so.

-Non mi tentare piccola- sussurra in modo suadente –Non vorrai farmi prendere il controllo-

Sorrido, estasiata dalle sue attenzioni.

Una sua mano è scivolata sulla mia coscia e sale, facendomi rabbrividire.

Arrossisco quando la sento troppo vicino alla mia parte intima.

-Ehm..- balbetto –Io vado-

-Ok- mormora lui dopo aver tolto la mano da dove stava, facendomi sospirare di uno strano sollievo.

Se avesse continuato avrei dovuto ammettere di essere vergine e di non voler perdere la mia verginità in una macchina davanti casa mia.

Ma, sicuramente, le intenzioni di Bill non erano quelle.

Scendo dall’auto a malincuore e salgo in casa, salutando Henk.

Quando sento il rombo dell’auto di Bill allontanarsi, affretto il passo e vado in camera mia, a cambiarmi.

Dieci minuti dopo sto sfrecciando per le trafficate vie di Amburgo, con un’unica meta.

L’unica persona che può aiutarmi nell’impresa di essere vagamente elegante a una serata di gala: Annika Stern.

Non sono mai andata a una serata elegante, nemmeno ai centomila matrimoni, comunioni, battesimi e cresime della mia famiglia sono stata elegante.

Ho sempre optato per un paio di ballerine, un pantalone skinny e una maglietta.

Nessuno mi ha mai detto niente, mio Zio Albert è andato in bermuda alla comunione di suo nipote Samuel.

Ma questa è… la Festa della Universal.

Non ha niente a che vedere con i chiassosi ricevimenti della mia famiglia in cui, mio Zio Hans e mia Zia Eriette, fanno il trenino per i tavoli urlando “Conga”.

No, questo è un party elegante, di gente altolocata e con la puzza sotto il naso.

E, cosa più importante, voglio essere uno schianto per Bill.

Voglio che, nella sera in cui tutti sapranno che è innamorato di me, rimanga a bocca aperta vedendomi.

Voglio che dica “Cazzo, sto con una vera bomba sexy”.

Voglio che non sappia trattenersi, che mi prenda e faccia sua, davvero.

Arrossisco a quel pensiero.

Voglio davvero che Bill sia il primo?

Sbando appena quando mi si figura, nella mente, l’immagine di me e Bill, tra le lenzuola stropicciate di un letto, lui su di me che ansima.

Cazzo!

Riprendo il controllo del motorino e arrivo, sana e salva a casa di Annika.

Scendo, velocemente, facendo cadere il motorino attera.

Che si fotta! Non ho tempo per rialzarlo.

Corro di tutta fretta al campanello e suono.

Il viso rugoso e bonario di Hanna è la prima cosa che vedo.

-Salve signorina Li…- non le do il tempo di finire la frase che la scaravento atterra entrando, come un fulmine, nella sontuosa villa.

Non sono dell’umore adatto per le formalità di casa Stern.

Hanna non si lamenta, si rialza solo, spolverandosi il grembiule.

Non è la prima volta che entro come un uragano nell’immacolata casa degli Stern.

Da un piano della casa viene, chiaramente, la melodia di un piano che suona “Für Elisa” di Beethoven.

Sicuramente il Signor Stern è a casa, ho imparato a conoscere i suoi raffinati gusti musicali.

Contrariamente a quello che si pensa di noi dark, ho un buon interesse per la musica classica, in particolar modo per Beethoven e Mozart, tra i miei preferiti.

Salgo rapidamente le scale sapendo che Annika si trova in camera e spalanco la porta.

La trovo a leggere una rivista, sdraiata sul suo letto.

-Andrea- mi dice sorpresa.

-Urge il tuo aiuto!- esclamo senza salutarla.

Sbatto la porta e mi infilo nella sua camera, per poi iniziare a fare avanti e indietro per quella stanza enorme.

Mi guarda con un sopracciglio alzato.

Chiude la rivista e mi presta attenzione –Cosa?-

-Bill mi ha invitata alla festa della Universal, tra tre giorni- le dico di fretta –Vuole presentarmi come la sua ragazza ufficiale-

Annika si apre in un sorriso enorme –Ma è fantastico!-

-No, non lo è- sentenzio voltando il mio sguardo spaventato verso di lei –La festa sarà al Plaza Anni, io non sono una da Plaza, mi vedi?-

Lei annuisce silenziosa.

-Non so cosa cazzo mettermi!- urlo mentre tacchetto da un lato all’altro della stanza.

Ho deciso di infilarmi un paio di tronchetti di pelle nera che Bill mi ha comprato, nonostante gli avessi espressamente detto di no.

Odio che la gente, e per lo specifico Bill Kaulitz, spenda 190€ per un paio di scarpe, certo bellissime, ma decisamente troppo per me.

Annika le sta guardando, lo so.

-L’unica cosa che ho è una collana che costa un patrimonio e che Bill mi ha regalato questa mattina- le annuncio –Dovresti vederla Anni, è bellissima!-

La bionda si apre in un sorriso luccicante –Ti ha regalato anche quelle?- indica le mie scarpe con il tacco.

-Mi ha regalato un sacco di cose oggi!- protesto –Quel ragazzo non consoce la parola “No”-

La mia amica ride ancora.

-Mi ricorda vagamente qualcuno- le dico fulminandola –Fatto sta che non so dove sbattere la testa per essere decente quella sera-

Annika mi guarda ancora.

Scende dal suo letto e si avvicina alla cabina armadio (visto che è in mutande) e mi sorride –No problem, mia piccola Andrea, penso a tutto io! Preparati che usciamo a fare shopping, dove dico io!-

Tremo, ma annuisco.

Sono, letteralmente, nelle sue mani.

 

 

 

*

-Avanti, esci!- Annika è dietro la tenda rossa del camerino in cui sono infilata.

Mi guardo allo specchio storcendo la bocca.

Perché mi sento come una bambolina dark? Questo vestito è tanto da Annika, non da me.

Mi giro appena per notare, con disgusto, le balze di chiphone alzarsi e abbassarsi sotto la fascia che mi stringe il seno.

No, decisamente no.

Sono ridicola.

Guardo il cartellino che scende, scompostamente, dall’abito.

583 €.

Cazzo!

No, uno obbrobrio del genere non può costare così tanto.

Esco dal camerino mentre vedo gli occhi della mia amica illuminarsi –Sei bellissima!-

Alzo un sopracciglio mentre la commessa, una frivola bionda dagli occhi verdi, mi guarda concordando con la mia amica –Sì, le sta davvero d’incanto-

-Sembro una caramella!- protesto facendole rimanere a bocca aperta.

Certo, con i piedi sulla moquet chiara e un vestito da matrimonio, sembro una che ha bevuto troppo e si sta dando alla pazza gioia.

-Ma che dici, è perfetto- esclama Annika, alzandosi dalla poltrona rosa confetto di quella stramaledettissima boutique di Dior in cui mi ha trascinata.

Ravviva un po’ le balze e poi mi mette le mani sulle spalle facendomi guardare nel grande specchio veneziano.

-No- annuncio io criptica, facendola rimanere anche un po’ male.

E quando le ricapita di usarmi come bambolina?

Mai, ecco ho detto tutto.

Mi volto verso la barbie-commessa e la fulmino con lo sguardo quando vedo uno luccichio di disaccordo nei suoi occhi –C’è qualcosa di più… ehm… semplice?-

La commessa mi guarda e annuisce –Certo, continuiamo con gli abiti senza spalline?- chiede ad Annika.

A quanto pare ha capito che io non sono una riccastra che sta sempre ai gala.

Annika annuisce e mentre la vedo sculettare verso lo stend dei vestiti, mi sussurra ad un orecchio –Cerca di collaborare-

-Cerca di non vestirmi da Barbie- la rimprovero –Io voglio essere elegante ma voglio essere me stessa…Capisci?-

Annika annuisce e, scusandosi, va verso uno stand.

Sospiro.

No, non troverò mai l’abito perfetto.

La commessa trotterella verso di me con due abiti tra le mani.

Uno è di pesante stoffa nera con un elaborato scollo e l’altro, con scollo all’americana, con una striscia di stoffa lucida sul seno, attillato e svasato.

Sospiro andandoli a provare.

Quando esco, sono più depressa di prima.

Uno è troppo gonfio, l’altro mi fa sembrare un salame.

-Annika- ringhio sottovoce, mischiando un po’ di rabbia alla disperazione.

È il decimo vestito che provo.

La mia amica cammina, ancheggiando, verso di me, stringendo tra le mani la gruccia di un vestito.

Quando me lo spiega avanti rimango a bocca aperta.

È un semplice tubino nero a maniche corte con profondo scollo a cuore, le maniche corte sono trasparenti e tutto l’abito e attillato e… perfetto.

Persino quella piccola pietra incastonata nella scollatura è… magnifica.

Lo afferro con malagrazia, facendo trapelare il fatto che mi piacesse, e corro nel camerino.

Quando ce l’ho addosso, mi convinco di una cosa: è lui.

Questo è l’abito che farà girare la testa a Bill.

Sorrido già immaginandomi di fianco a lui, perfetto come sempre, che mi guarda, estasiato mentre i flash ci inondano.

Wow, mi sento una diva.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, il mio sguardo cade sul prezzo: 795€.

Scuoto la testa e lo infilo dentro al vestito.

Non posso far spendere tanto ad Annika.

Si è offerta di pagarmi il vestito, come regalo di “fidanzamento” e mi ha quasi minacciata di non parlarmi più se non accettavo.

Ma, beh, non me la sento di farle spendere così tanto per una cosa che, probabilmente, non indosserò più.

Peccato! Davvero un peccato.

-Allora, come ti sta?-  mi chiede Annika, eccitata, da dietro la tendina.

Scuoto la testa, cercando un problema in quell’abito perfetto.

-Ehm…- balbetto, in evidente difficoltà –È troppo lungo, mi sorpassa il ginocchio-

-E non va bene?- la sua voce mi giunge delusa.

-No-

Invece andava benissimo ma…

Non sono così egoista da spingere una mia amica a spendere 800 € per me.

 

 

*

 

 

 -Benvenute, posso darvi una mano?-

La commessa, decisamente elegante nella sua divisa nera a tailleur, ci si avvicina, mandando uno sguardo di pura ammirazione verso Annika.

Ci credo, mi dico, siamo in una Boutique di Gucci ed Annika è praticamente cosparsa del loro marchio.

A partire dalle scarpe con tacco 10 che recano il simbolo della griffe fin troppo sfacciatamente.

A me da un’occhiata vagamente schifata.

Come sempre.

-Sì- annuncia Annika sorridendo –Stiamo cercando un vestito da sera nero, semplice, abbastanza attillato e corto- dice con aria pratica –Sarebbe per la mia amica-

Quella donna, che mi sta già sul cazzo, come tutte le commesse di Boutique, mi guarda con aria critica e poi annuisce.

-Vi prego di seguirmi- dice girandosi e incamminandosi verso uno stand alla fine della grande boutique.

Sposta alcuni vestiti e ne estrae alcuni da farmi provare.

Annika li guarda con aria critica e sorride quando ne trova uno.

Me lo passa senza darmi il tempo di guardarlo e mi intima con un –Prova questo- di sbrigarmi.

-I camerini sono lì dietro- mi indica la donna castana con una finta cordialità che mi manda, letteralmente, in bestia.

Annuisco e mi infilo dentro il camerino.

-Mi dica, questo vestito dovrà indossarlo a quale evento?- la commessa si sta rivolgendo ad Annika.

Sbuffo.

Anche lei è una maledetta pettegola.

Mi abbasso i pantaloni di pelle che indosso dopo essermi tolta, non senza difficoltà, le scarpe.

Poso i piedi sulla moquette rossa e mi affretto a togliermi la t-shirt.

-La mia amica è la fidanzata di Bill Kaulitz, ha presente? Il cantante dei Tokio Hotel – si pavoneggia Annika e un lieve sorriso mi impreziosisce le labbra quando appendo la mia adorata t-shirt comprata su EMP a un appendi abiti e stacco dalla gruccia l’abito che ha scelto Annika per me.

-Oh sì sì, a mia sorella piacciono tanto- trilla la donna –Quindi lei è quella sulla rivista?-

Annika deve aver annuito perché non ho sentito la risposta.

Mi tiro su l’abito che risulta molto attillato (come lo voglio io) fino ai fianchi.

-Oh- mormora la commessa.

-E dovrà essere presente a un’importate festa della Universal- spiega ancora Annika –Sta cercando un vestito adatto per l’occasione-

-L’abito che ha scelto, Signorina Stern, sicuramente farà il suo bel figurone- trilla entusiasta la donna, forse di più perché nel suo negozio sono entrate l’ereditiera della fortuna degli Stern e la fidanza di Bill Kaulitz dei Tokio Hotel.

La stoffa fresca dell’abito mi abbraccia, mentre mi tiro su le spalle dell’abito e ammiro il mio inesistente decolté fasciato da quel pregiato vestito che ha un profondo scollo a V.

Noto con piacere che ha anche un taglio sulla schiena che gli da un’aria sensuale.

Sorrido quando mi vedo.

Ok, questo è veramente il vestito.

Esulto con i gesti e poi apro il camerino sculettando verso la mia amica che sorride.

-Ti piace?- mi chiede restando seduta su un puff bianco.

Annuisco mentre mi guardo nello specchio più grande.

Sì. È davvero perfetto.

-Lo adoro!- annuncio quasi esultando.

Annika manda un urletto eccitato e mi fa cadere nelle mani una scatola di scarpe –Provale con il vestito-

Annuisco e mi faccio ricadere su un divanetto bianco, aprendo la scatola.

Cazzo.

Vedo un paio di decolleté nere spuntate di stoffa con tacco dodici, a impreziosirle solo delle pietre trasparenti che riflettono la luce.

Me le metto con evidente fretta e dopo, posso osservarmi allo specchio.

Un sorriso mi si apre sul viso.

Sono…

-Bellissima- mi dice Annika accarezzandomi i capelli –Sei bellissima-

Lo so.

Non riesco a riconoscermi allo specchio, ma ne sono contenta.

L’unica convinzione che sento è: a Bill piacerò.

Ed è davvero l’unica cosa che importa.

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Capitolo 29
*** 29. E sentirsi stranamente desiderata ***


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[TOM]

 

Mancano esattamente due giorni.

Due giorni e tutta la nazione saprà che il frontman dei Tokio Hotel, Bill Kaulitz, non è più sulla piazza.

Eh già, il momento è ormai vicino.

Bill ha deciso che proprio lì, alla festa organizzata dalla Universal per la presentazione del nuovo album, renderà pubblica la notizia già circolante del suo fidanzamento.

Tra due giorni, mio fratello presenterà ufficialmente Andrea come la sua ragazza.

Un sorriso si stende lentamente sul mio viso.

È quasi un mese che stanno insieme, e quasi non mi sono reso conto del tempo che è passato.

Strano, visto che Andrea, ultimamente, sta sempre inchiodata a casa mia a pomiciare con Bill sul divano.

Quante volte sono stato costretto ad uscire di casa per evitare un attacco di iperglicemia?

Tante, forse troppe.

Ma ciò che mi inquieta di più è che mio fratello non c’è ancora andato a letto.

Insomma, è un mese che stanno appiccicati a baciarsi: che cazzo sta aspettando?

Sento la sua voce acuta esplodere in un:

-No!- sbatte un pugno sul tavolo di legno scuro dal disegno moderno, mettendoci tutta la forza che ha in quel suo corpicino da modella- la sala che abbiamo usato la scorsa volta non è, nel modo più assoluto, adatta alla conferenza che terremo sabato!- esclama poi sull’orlo di una crisi isterica.

Vedo David corrugare la fronte e passarsi una mano tra i capelli, sospirando un:

-Non posso farcela-

Non riesco a trattenere una lieve risata: il modo in cui Bill è in grado di portarlo all’esasperazione è assolutamente spaventoso.

Vedo i segni della sofferenza sul volto del nostro manager, mentre si volta verso gli altri collaboratori che stanno seduti accanto a lui.

Eh già, per una festa importante come quella di sabato non potevamo non chiamare una vera e propria equipe di organizzatori, provenienti direttamente dal Plaza Hotel.

La Universal ha messo a nostra disposizione, per lo svolgimento della festa in cui presenteremo il nuovo cd, l’hotel in assoluto più lussuoso di tutta la Germania, presente proprio qui ad Amburgo.

Il Plaza è un posto da sogno, in cui il lusso è a dir poco imperante.

Ci sono stato forse un paio di volte, ma è sempre incredibile guardarsi attorno, lì dentro, e notare come tutto sia perfettamente avvolto da un’aura dorata di perfezione e sogno.

L’atmosfera che si respira lì dentro è magica.

Dopo aver definito per bene il posto, ora il problema è definire la destinazione delle enormi sale presenti all’interno.

E Bill, come suo solito, sta mostrando a tutti noi la sua dote in assoluto migliore: creare problemi.

-Perché?- esala David, quasi sull’orlo di un pianto, rivolto a Bill che, risoluto scuote la testa.

Sospiro profondamente, mentre sto qui stravaccato sul divanetto di pelle nera della nostra sala riunioni.

Alla mia destra un assonnato Georg, che tiene appoggiata la testa su un pugno, mentre osserva tutta la scenetta isterica di Bill che spiega quanto la sala usata la scorsa volta sia poco adatta e dallo stile non abbastanza degno per la presentazione della sua ragazza.

Alla mia sinistra un distratto Gustav che si rimira le dita callose, tastando di poco i nuovi ed evidenti segni causati sulle sue mani dalle bacchette della batteria.

Fa saettare il suo sguardo su di me, mostrandomi i suoi occhi scuri coperti da pensanti occhialoni dalla montatura nera.

Il suo sguardo è decisamente eloquente, segno che sta pensando la mia stessa identica cosa: Che palle.

-Quale vorresti usare allora?- gli chiede David, sconsolato e ormai rassegnato a dover cedere alle pretese di quel folle esagitato di mio fratello.

-Non ne ho idea!- trilla Bill, con viso da innocente.

La reazione viene spontanea.

Scuotiamo tutti la testa, sconsolati e soprattutto rotti di palle.

-Ma che cazzo ti cambia quella sala oppure un’altra?- intervengo io, non capendo il motivo di tutta quella assurda disquisizione.

-Esatto!- esclama David annuendo e indicandomi.

-Tom tu non capisci!- esclama Bill con fare teatrale- sarà un momento importantissimo per me e per Andrea, non posso accontentarmi di una sala qualunque- conclude poi, visibilmente concitato.

Come fa questo tizio che mi sta di fronte ad essere mio fratello?

-Scusate, mi permetto di intervenire- la voce chiara e pacata dell’organizzatrice si perde nella saletta, riportando la calma.

Il mio sguardo si fissa su di lei.

Una donna sulla cinquantina, dall’aspetto elegante ma non troppo antiquato, dai capelli biondi raccolti sulla nuca ci sorride.

Lei è l’organizzatrice dell’evento, proveniente direttamente dal Plaza, e che, finora, è stata seduta ad ascoltare tutta la crisi isterica di Bill.

-Signor Kaulitz- dice lei rivolta verso mio fratello- capisco perfettamente la sua reticenza, dal momento che si tratta di un evento particolarmente importante per lei- incomincia la donna, mentre vedo Bill annuire con vigore a quelle parole- e allora, se mi permettete- continua la donna con prudenza, guardando David- avrei una soluzione in grado di accontentare tutti, presumo- conclude poi osservandoci.

David annuisce, e Bill la esorta a parlare, decisamente incuriosito.

Vedo gli altri organizzatori dell’evento attenti, con dei fogli davanti che appuntano tutto ciò che è necessario sapere per far sì che quella sera sia tutto perfetto.

Alcuni sfogliano un catalogo di cocktail, per decidere quali dovranno essere serviti e in quale momento della serata.

Altri si occupano dell’arredamento: tovaglie, colori, fiori e centrotavola.

-Se la sala utilizzata la scorsa volta non è di suo gradimento- riprende la donna, rivolta verso Bill- potremmo effettuare un’inversione- annuncia lei. Vedo lo sguardo di mio fratello illuminarsi- potremmo predisporre la sala principale come sala conferenza in cui verrà annunciato il suo fidanzamento, e riservare la sala ovest per lo svolgimento del resto della serata, banchetto incluso- conclude la donna con semplicità e pacatezza.

Un sorriso smagliante si fa strada sul viso di Bill, che contagia tutti noi.

-Ma lei è un genio!- esclama Bill rivolto verso l’organizzatrice.

Lo scuotimento di testa di David e, nel contempo, il suo sguardo decisamente sollevato mi fanno sorridere.

-Faccio semplicemente il mio lavoro- annuncia la donna, sorridendo e prendendo a scrivere sulla sua agenda.

-Risolto allora? L’organizzazione è di tuo gradimento?- chiede David a Bill e la nota di sarcasmo nella sua voce è più che evidente.

-Adesso si!- esclama mio fratello soddisfatto.

-Bene, passiamo alla musica, ora- annuncia il nostro manager, facendo segno ad un uomo in divisa nera di avvicinarsi.

-Ha già pensato a qualcosa?- gli chiede David, facendolo sedere accanto a lui e puntando lo sguardo sul foglio che l’uomo gli porge.

Guardo Bill sorridermi.

La sua gioia e la sua eccitazione sono assolutamente fuori dal comune.

E già dentro di me si fa strada una strana sensazione.

Più che festa di presentazione del nostro cd si sta rivelando festa di presentazione di Andrea.

Sorrido impercettibilmente a quel pensiero.

Sono felice che mio fratello annunci alla stampa il suo fidanzamento ufficiale, è ovvio.

Ma so già che si rivelerà, proprio per questo, una serata terribilmente noiosa per me.

Di norma, io mi annoio sempre ad eventi di questo genere, in cui tutto ciò che ci circonda è perfetto, composto e non è concesso dire parolacce o fare gesti equivoci.

Ma stavolta, poiché gli occhi di tutti saranno puntati esclusivamente su Bill e Andrea…beh, non avrò neppure Bill che mi farà compagnia mentre mi addormento su un divanetto.

E poi, devo ammetterlo, nonostante io ormai faccia parte di quest’ambiente, non mi sono ancora abituato a occasioni di questo tipo.

Un hotel lussuosissimo non è esattamente il mio ambiente naturale, né tanto meno fighetti tirati a lucido ed educatissimi.

Sarà una serata straziante, ancor più perché sarò inevitabilmente costretto a rimanere lì fino alla fine.

Sospiro pesantemente.

-Perfetto- esclama David trionfante alzando un pugno in aria- anche se la crostata ai frutti di bosco la eliminerei- commenta poi storcendo il naso e fissando il foglio che gli mostra la cuoca.

Sorrido impercettibilmente, pensando a tutti i preparativi che sono legati a quest’evento.

Sorrido e una strana idea mi balena in testa.

 

 

*

 

Finalmente David ci ha liberati da quello stato di prigionia a cui ci ha costretto per l’intero pomeriggio.

Dopo aver deciso ogni singolo dettaglio con cura e precisione, ci ha permesso di andare via.

Sospiro profondamente non appena esco dalla porta d’ingresso del palazzo e mi sembra, realmente, di poter tornare a respirare.

Mi infilo i miei Gucci scuri per rendere meno invasivo il sole che splende oggi ad Amburgo.

Afferro le chiavi della mia R8 dalla tasca dei miei jeans scuri e mi avvicino al mio bolide.

Con un lieve gesto, premo il pulsante apposito ed apro l’auto, prima di entrare all’interno.

Indosso la cintura di sicurezza e accendo lo stereo.

“Vermillion Part 2” degli Slipknot si perde nell’abitacolo.

Un sorriso mi nasce spontaneo e ripenso all’altro giorno, a quando l’ho suonata ed Andrea l’ha cantata.

Mi stupisco di sentirla passare alla radio, ma decido di non cambiare stazione.

Mi piace, in fondo.

 

She seemed dressed in all of me, stretched across my shame.
All the torment and the pain
Leaked through and covered me
I'd do anything to have her to myself
Just to have her for myself
Now I don't know what to do, I don't know what to do when she makes me sad.



Presto attenzione alle parole e a quella voce che a volte è in grado di rivelarsi così dolce.

Mi stupisco nel sentirmi strano, terribilmente strano.

Percorro le vie di Amburgo, verso casa, senza nessuna fretta, stavolta.

Senza nessun desiderio di correre, di provare adrenalina, eccitazione.

Forse sono troppo impegnato a riflettere sulle parole che mi si stanno infilando in testa in questo momento.

Farei di tutto per averla per me?

Penso a lei.

A quella ragazza che ormai mi sta facendo andare fuori di testa.

Tutto è iniziato per gioco, come con tutte le altre ragazze con cui ho avuto a che fare.

Ma con lei le cose si sono evolute diversamente.

E ogni volta che cerco di spiegarmi il perché, non riesco a capirlo.

Mai nessuna è stata in grado do farmi sentire così.

Di farmi incazzare a morte, e poi di farmi sentire il ragazzo più felice sulla faccia della Terra.

E quando penso a come ci riesce lei, mi sento un idiota.

Un vero idiota.

 

She is everything to me
The unrequited dream
A song that no one sings
The unattainable, She’s a myth that I have to believe in
All I need to make it real is one more reason
I don't know what to do, I don't know what to do when she makes me sad.


 

Mi viene in mente il suo sorriso, il suo viso dolce e così seducente allo stesso tempo, il suo sguardo penetrante del colore del mare, i suoi capelli biondi che sentivo tra le mie mani quando facevamo l’amore.

Mi viene in mente lei.

Lei è tutto per me?

Io so solo che non riesco a togliermela dalla testa.

So solo che la voglio, cazzo.

Percorro le vie di Amburgo, uscendo dal centro ed entrando nel quartiere bene.

Vedo una schiera di villette su entrambi i lati della strada.

Non ci metto molto a riconoscere la villa degli Stern, svettare alta e distinguersi tra tutte le altre.

Volto il mio sguardo verso l’enorme abitazione e la osservo, procedendo forse troppo lentamente con la mia auto.

Passo davanti l’enorme cancello e mi sento un vero demente nel restare a fissarla.

La oltrepasso.

 

But I won't let this build up inside of me
I won't let this build up inside of me
I won't let this build up inside of me
I won't let this build up inside of me

 

Di nuovo quel pensiero si impossessa di me.

Serro le mascelle e la presa sul volante si fa all’improvviso più forte, decisa.

Non voglio che questo cresca dentro di me.

Freno di botto.

Mi guardo attorno: non sopraggiungono macchine per il momento.

Un brivido mi corre lungo la schiena.

Deglutisco.

Ingrano la marcia e in una frazione di secondo faccio un’inversione di marcia da ritiro istantaneo di patente.

Sospiro e un sorriso incurva le mie labbra.

Torno indietro, finchè non mi trovo avanti di nuovo la villa di Annika.

Metto la freccia e svolto, entrando all’interno.

Il cancello è aperto, così percorro l’enorme viale, giungendo fin davanti casa.

Parcheggio e spengo il motore dell’auto.

Ok, non sono sicuro di quello che sto per fare ma…ormai è troppo tardi per tornare indietro.

Scendo dall’auto e chiudo la portiera.

Mi sistemo la giacchetta di pelle leggera che ho ritirato fin sui gomiti.

Tiro di poco giù la t-shirt nera non troppo attillata che mi copre l’addome e mi infilo le chiavi in tasca.

Vedo un uomo che, a dorso nudo, sta potando la siepe.

Gli rivolgo per un attimo lo sguardo e vedo che alza una mano verso di me, salutandomi con un cordiale:

-Buonasera!-

-‘Sera- rispondo io alzando una mano a mia volta e salutandolo.

Percorro il breve tragitto che mi separa dal portone e mi avvicino all’imponente ferro battuto decorato da vetrate colorate.

Fisso la mia attenzione sul pulsantino laccato in oro, sopra al quale compare la scritta a caratteri eleganti ed arrotondati: STERN.

Sospiro profondamente e poi premo il pulsante tondo.

Ok, Tom, stai per fare un’immensa figura di merda.

Ma tranquillo, ti rifarai presto.

Già, se lei vorrà ancora vederti.

Il mio sproloquio mentale viene interrotto dal rumore della porta che si apre davanti a me.

Mi ricompongo, cancellando quell’espressione da paranoico che mi si era stampata in faccia poco fa.

Mi sorprendo nel vedere che non è il viso anziano e rotondetto della cameriera ad aprirmi.

Per la prima volta, vedo Annika aprire la porta di casa sua.

Wow.

Oh no, cazzo!

Non ero psicologicamente pronto!

Tutto quello che mi passava per la testa finora è inesorabilmente svanito.

La vedo sorridere, sorpresa di vedermi.

La osservo, puntando il mio sguardo su di lei.

È bellissima, come sempre.

Mi stupisco del mio pensiero, ma non posso fare a meno che fissare la sua pelle abbronzata ed invitante.

Indossa un paio di pantaloncini corti bianchi, davvero niente male, una canotta blu scuro, che fuoriesce da una maglietta larga, decisamente scollata, a righe bianche e blu che lascia intravedere una spalla nuda.

Un paio di Superga blu, semplici, ed una collana lunga a forma di cuore.

I capelli biondi, leggermente mossi, sciolti sulle spalle.

-Tom!- esclama lei sorridendo e facendo scorrere il suo sguardo su di me.

-Ehi!- esclamo io ricambiando il suo sorriso.

Mi do dell’idiota, pensando a quanto sia stato banale nel salutarla con un insulso “Ehi”.

-Entra dai!- trilla lei facendomi spazio nell’enorme abitazione.

Avanzo di qualche passo, voltandomi poi verso di lei.

-Come mai oggi apri tu alla porta?- le chiedo curioso, alzando un sopracciglio.

-Hanna è impegnata!- mi spiega lei, tagliando corto e facendomi cenno di seguirla.

Arriviamo nell’enorme salotto arredato alla perfezione e noto i sontuosi divani in stoffa chiara troneggiare al centro della stanza.

Dettagli color oro sono praticamente sparsi dappertutto ad adornare una sala dall’aspetto già decisamente elegante.

-Siediti- mi esorta lei indicandomi il divano su cui si sta sedendo anche lei.

Mi accomodo, sfilandomi i miei occhiali da sole e poggiandoli su tavolinetto in legno scuro davanti a noi.

-A cosa devo la tua visita?- mi chiede lei cordiale, accavallando le gambe e voltandosi verso di me.

Passo un braccio sul bordo del divano e le sorrido.

-Sono stato un pomeriggio chiuso a studio con gli altri ad organizzare la festa di sabato e finalmente, dopo tre ore di discussioni, David ci ha lasciati liberi- le spiego io- passavo di qui e…ho pensato di fermarmi- dico poi, incerto.

Vedo Annika sorridermi e suoi occhioni azzurro mare, contornati da lunghe ciglia colorate di blu, mi fissano.

-Beh, di cosa avete discusso?- mi chiede lei interessata, ignorando il mio sguardo penetrante.

-Delle solite cazzate che per Bill sono di vitale importanza- mormoro io alzando gli occhi al cielo, esasperato dalle sue urla.

-Presumo che per ‘cazzate’ tu intenda dettagli fondamentali come il cibo, la musica, le sale- comincia ad elencare lei, contando ogni voce sulle punte delle dita.

-Già- asserisco io, quasi riluttante.

Vedo Annika scoppiare a ridere e scuotere la testa.

-Per fortuna che in mezzo a voi c’è uno come Bill che di ‘cazzate’, come dici tu, se ne intende!- dice lei annuendo con vigore.

Dovevo immaginarlo che sarebbe stata dalla parte di Bill.

-Avrei voluto che fossi lì con me a sentire le sue urla isteriche!- le dico io aggrottando la fronte- e ti avrei fatto vedere con che faccia sofferente lo guardava David, il nostro manager!- continuo poi, facendola ridere.

-Oh, avanti Tom, non credo che Bill sia così insopportabile come dici tu!- lo difende lei, ridendo- credo semplicemente che lui sia un pochino esigente, ecco- se ne esce lei sorridendo.

-Un pochino?- chiedo io alzando un sopracciglio- forse è meglio che tu continua ad avere quest’illusione- mormoro io scuotendo la testa- non vorrei distruggere il mito che ti sei fatta di Bill- concludo poi ridendo.

La vedo ridere divertita dalle mie parole.

E la sua risata elegante, cristallina, piacevole mi fa sentire bene.

Forse troppo bene.

Smetto di ridere, catturato dalla sua visione, dalla sua immagine.

D’un tratto divento serio.

La osservo.

Osservo tutte le sue fattezze, ogni suo dettaglio e una voglia incontrollabile di abbracciarla si impossessa di me.

Le sue labbra, carnose, rosee, dolci.

Il suo sguardo in grado di farmi sentire quasi in imbarazzo.

Il suo corpo, invitante, sensuale.

-Ti va di accompagnarmi?- le chiedo tutto d’un fiato, tirando fuori ciò che da qualche giorno cresceva in me.

La voglia di averla al mio fianco quella sera tanto importante.

Immediatamente il sorriso che incurvava le sue labbra sparisce.

Mi fissa, incredula, confusa.

-Cosa?- mi chiede lei quasi in un sussurro.

Prendo fiato ed ignoro i battiti accelerati del mio cuore.

-Voglio che quella sera tu venga con me- le ripeto io, convinto, sicuro.

Le sorrido lievemente, fissandola in quegli occhi immensi che mi squadrano, increduli.

Sbatte per un paio di volte quelle lunghe ciglia pregne di mascara e poi distoglie lo sguardo.

-Ma che stai dicendo, Tom?- mi chiede lei guardandomi e passandosi una mano tra i capelli.

-Ti sembra così strana l’idea che io, Tom Kaulitz, voglia che tu mi accompagni? Ti sembra così impensabile che io voglia, per una volta, apparire pubblicamente con una ragazza?- le chiedo avvicinandomi di poco a lei e guardandola negli occhi- A me non sembra poi così strano, se penso che quella ragazza sei tu- mormoro infine, scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Ma io non posso venire a quella festa con te!- esclama lei concitata, alzandosi dal divano.

-Perché?- le chiedo io non capendo.

-Perché è una festa ufficiale, Tom! E se ti vedranno con una ragazza penseranno che quella sia la tua fidanzata e le voci inizieranno a girare!- dice lei iniziando a camminare avanti e dietro per il salotto.

-A me non interessa!- le confesso io, seguendola con lo sguardo- io voglio che tu sia lì con me, quella sera- le dico sincero.

-Ma io non sono la tua fidanzata, Tom!- mi fa notare lei sbattendosi le mani lungo i fianchi appena pronunciati.

Rimango in silenzio.

La fisso: nei suoi occhi leggo la voglia di venire, ma la paura di quello cui andrà incontro.

Mi alzo lentamente dal divano e mi avvicino a lei.

-Non sei la mia ragazza, è vero. Ma…voglio che tu quella sera sia al mio fianco, Annika. Voglio che tutti ti vedano accanto a me e capiscano che mi appartieni, in un certo senso. Voglio che il tuo sorriso, almeno per una sera, splenda solo per me. Voglio che tu, almeno per quella sera, sia solo per me-

I battiti del mio cuore accelerano leggermente, mentre pronuncio quelle parole che sentivo nel mio cuore da un po’.

Vedo il suo sguardo brillare e i suoi occhi puntarsi nei miei.

Le accenno un lieve sorriso, cercando di essere convincente.

Io voglio che lei venga con me, e farò qualsiasi cosa pur di riuscire a persuaderla.

D’un tratto il suo sguardo si abbassa.

Mi avvicino di un passo a lei e le alzo il mento con delicatezza.

Scorgo un sorrisetto incerto e lusingato farsi strada sul suo viso.

Sorrido malizioso e le circondo un polso con la mia mano, tirandola a me.

Il mio corpo attaccato al suo, le mie mani sulla sua vita.

-Allora? Sono riuscito a convincerti?- mormoro io quasi in un sussurro, notando il suo viso che si alza per guardarmi.

-Solo perché sarà la serata della presentazione ufficiale di Andrea- commenta lei cercando visibilmente di trattenersi e sorridendo.

È assolutamente fantastica.

Rido, divertito dai suoi modi di fare che mi piacciono da morire e passo le mie braccia sulle sue spalle.

La stringo a me, sentendo il calore del suo corpo contro il mio.

Dopo qualche istante percepisco le braccia di Annika circondarmi l’addome e stringersi con cautela dietro la mia schiena.

Un abbraccio che vorrei non sciogliere mai.

Il suo profumo dolce mi stuzzica l’olfatto e istintivamente, poggio il mio nasino alla francese sul suo collo, sentendo quel profumo piacevolissimo.

Immediatamente Annika si irrigidisce e si stacca da me.

La guardo negli occhi e le sorrido, mentre lei, timidamente fa lo stesso.

E quella sera lei sarà al mio fianco.

E tutti lo vedranno.

 

*


[ANNIKA]

 

Sono qui, sdraiata sul mio morbido letto a baldacchino.

La testa posata su un cuscino a forma di cuore rosa, i capelli sparsi ovunque.

Le gambe leggermente divaricate.

Un sorriso da ebete stampato in faccia e le farfalle allo stomaco.

Sono circa tre quarti d’ora che sono qui, come una quattordicenne al primo appuntamento, a ripensare alle parole di Tom.

Stasera devo dire che s’è superato.

Mi ha detto delle cose da brivido.

Il suo sguardo, il suo sorriso, la sua voce.

E sentirsi stranamente desiderata.

Desiderata da lui.

In quel momento avrei tanto voluto prenderlo per mano e trascinarlo qui, in camera mia.

Mi vuole con lui.

Mi vuole con lui.

-Mi vuole con lui!- mormoro in un sussurro sorridendo eccitata e stringendomi un cuscino al petto.

Sospiro trasognante: non mi importa quello che succederà.

Mi importa solo che mi ha detto delle cose bellissime, che non avrei mai pensato di potermi sentir dire.

Magari è l’eccitazione del momento che mi fa sentire così.

Magari mi ci sto fissando troppo.

Sento solo che sto per esplodere di gioia da un momento all’altro.

Sento bussare alla mia porta.

-Avanti- mormoro io completamente tra le nuvole.

-Signorina Annika, è pronto in tavola- mi comunica Hanna facendo capolino nella mia stanza.

Rimango a fissarla per dei secondi interminabili, esattamente come una cretina.

Vedo la cameriera inarcare un sopracciglio, abbastanza inquietata dal mio sguardo.

Ci metto un po’ per connettere le sue parole e far arrivare il segnale al mio cervello.

-Oh- mormoro io riprendendomi- scendo più tardi- le annuncio facendole poi cenno di andare.

La donna annuisce cordiale, prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta.

Mi si è chiuso perfino lo stomaco.

Mi sento quasi evanescente, leggera…felice.

Sto ancora meditando sul mio stato di Nirvana quando sento il mio cellulare vibrare.

Allungo la mano sul comodino ed afferro il mio ultra tecnologico I- Phone.

Illumino lo schermo e noto che è un messaggio.

Ed è di…Tom.

Apro in fretta la cartella, ignorando il mio cuore che ha preso a pompare un po’ troppo freneticamente forse, e leggo.

 

Ehi, ho dimenticato un dettaglio di fondamentale importanza!;)

Ti passerà a prendere una limousine, per le 20:30.

Ed io già non vedo l’ora che arrivi quella sera per vederti.

Grazie di aver accettato, principessa;)

Un bacio, Tom:*

 

O Santo Pio!

Poggio una mano sul mio petto e sento il cuore battere così furiosamente da arrivarmi quasi in gola.

Sorrido, cercando di contenere la mia tremenda eccitazione.

Da quanto non mi sentivo così?

Da un sacco di tempo, veramente.

Rileggo il messaggio un altro paio di volte, giusto per accertarmi che non sia frutto di un’allucinazione.

Non riesco a fare a meno di sorridere.

Sorrido e mi abbandono tra i morbidi cuscini, portandomi il cellulare di fronte e continuando a leggere quelle poche righe.

Mio Dio, mi sento…terribilmente entusiasmata.

Faccio un respiro profondo e dopo essermi resa conto che il messaggio non sparirà se io smetterò di leggerlo, apro una nuova pagina per rispondergli.

 

 

Hai ragione, Tom, era un dettaglio decisamente troppo importante per essere tralasciato!;)

Grazie per avermi chiesto di esserci quella sera, anche se non avresti dovuto...

E grazie di essere sempre così gentile con me.

Ci vediamo sabato, allora!:)

Un bacio, Annika:*

 

 

Invio immediatamente il messaggio, per evitare ripensamenti.

Mi conosco: se l’avessi riletto avrei preso a cancellare e a modificare fino ad entrare in crisi.

Fisso il soffitto candido della mia stanza.

Non ci posso credere.

Senza esitare un attimo afferro di nuovo il mio cellulare e digito velocemente un numero che so a memoria da tanti, tanti anni.

Mi porto l’I- Phone all’orecchio e sento squillare.

Un paio di squilli e la voce di Andrea mi giunge chiara alle orecchie.

-Ehi- esclama lei salutandomi.

-Sto per dirti una cosa a cui, sono sicura, non crederai- le annuncio con tono solenne.

-Hai comprato un paio di scarpe a meno di 190 €?- mi chiede lei, come al solito sarcastica.

Sento un brivido corrermi lungo la schiena.

-Tom mi ha invitata alla festa della Universal- dico tutto d’un fiato contenendo quell’eccitazione che ormai mi pervade da ore.

Dall’altra parte del telefono sento il silenzio.

Il silenzio più assoluto.

Poi un urlo.

Un urlo di gioia, di felicità, di esaltazione.

-Annika Stern, se mi stai prendendo per il culo sappi che il tuo altarino di Prada è in pericolo- mi annuncia minacciosa lei.

Rido leggermente a quella intimazione assurda.

-è la verità!- trillo io emozionatissima.

-O mio Dio!- si lascia sfuggire Andrea ancora più eccitata di me.

Sorrido, allontanandomi il telefono dall’orecchio per evitare di sentire altri suoi urli.

-Calmati, ti prego, sennò mi metti ancora più in agitazione- la avverto io tirandomi su e incrociando le gambe.

-Ok, raccontami tutto- mi ordina lei visibilmente esaltata.

Ed è così che, come due amiche del cuore ai tempi delle medie, le racconto tutto.

Ogni singolo gesto, ogni singolo sguardo, ogni frase, ogni emozione.

Le racconto le parole di Tom, le racconto il modo in cui m ha detto di volermi lì quella sera con lui.

Le racconto del messaggio di poco fa.

Le racconto dell’abbraccio.

E mi sento così felice che, per un attimo, dimentico tutto il male che mi ha fatto Tom finora.

-Vi siete abbracciati?- mi chiede Andrea quasi incredula.

-Mi ha abbracciata- la correggo sorridendo.

-Non fa molta differenza, sai? Le tue tette sono comunque state appiccicate ai suoi pettorali!- mi fa notare lei con la sua solita delicatezza.

-Non potresti essere un po’ meno volgare?- le chiedo io spazientita.

-Uhm…no!- esala Andrea facendomi ridere- e com’è stato?- mi chiede poi.

-Com’è stato cosa?-

-Sentirti di nuovo tra le sue braccia- mi dice Andrea, attendendo da me una risposta.

-Mi sono sentita tremendamente insicura e sentirlo vicino in quel modo mi ha fatto quasi girare la testa- le confesso io.

-Sono così felice, Annika!- esclama Andrea quasi urlando. Ok, già me la immagino saltellare sul suo letto e battere le mani esaltata.

-Anche io- le confesso- mi sento stranamente felice, stavolta- aggiungo poi, seria.

-Ti rendi conto che la sera forse più importante della mia vita tu sarai lì? E sarai accanto a Tom!- mi fa notare lei con tono sognante.

-Già- annuisco io pensando già al momento.

La scena dello sguardo di Tom nel mio e del suo corpo attaccato al mio mi manda fuori fase.

Mi desto dal quel pensiero, giusto in tempo per sentire la voce di Andrea tornare alla riscossa.

-Hai già deciso cosa metterti?- mi chiede d’un tratto Andrea- se non ti sei ancora suicidata, suppongo che tu abbia una mezza idea!- aggiunge poi, centrando perfettamente il punto.

-Esatto- esclamo io felice- diciamo che non ho ancora pensato all’abbinamento complessivo, con tutti i dettagli definiti, ma credo di avere già in mente qualcosa- le dico io pensosa, osservando il mio armadio chiuso, come per prenderne ispirazione.

-Ah si? E cosa?- mi chiede la mia amica curiosa.

-Avevo pensato ad una vestito di Versace, piuttosto semplice, sul beige scuro- le annuncio io vaga- l’ho indossato solo una volta, all’inaugurazione del Caesar, ricordi?- le chiedo io ripensando all’evento a cui era presente pure Andrea.

Sento qualche istante di silenzio.

Poi percepisco la sua voce esclamare un:

-Quello dorato, senza spalline, a pieghe?-

-Si, quello!- le confermo io annuendo con vigore- è una serata di gala, c’è bisogno di qualcosa di elegante ed adatto all’occasione, no?- le chiedo io retorica.

-Si, pane per i tuoi denti insomma!- esclama Andrea facendomi ridere.

Cosa c’è di meglio per una Stern che una serata importante al Plaza Hotel?

Praticamente per me è roba di tutti i giorni, cui sono abituata da sempre.

E per me non è così difficile trovare un vestito che sia adatto ad un’occasione del genere.

Il mio armadio pullula di abiti dedicati alle grandi occasioni.

-Hai deciso di non comprare niente di nuovo?- mi domanda poi Andrea.

-Uhm…no! Ho pensato che sarebbe stato meglio indossare qualcosa che già avevo!- le confesso io stendendo le gambe sul letto e poggiandomi ai cuscini.

-Ho sentito bene?- si accerta Andrea- Annika Stern non andrà a fare shopping per una festa di gala! Ti senti bene?- mi chiede poi.

Scoppio a ridere.

-Certo che sto bene, semplicemente, per una volta, posso anche usare qualcosa che già ho nell’armadio! E poi, non so perché, ma quel vestito mi è subito venuto in mente. Mi sembra perfetto per l’occasione- le confesso.

-Qual è il vero motivo, Stern?- mi chiede Andrea con fare indagatore.

Silenzio.

-E va bene- mi decido a parlare io- quella è la tua sera, sarai tu la protagonista, accanto a Bill e io…non volevo dare troppo nell’occhio, ecco- le spiego con qualche difficoltà- In fondo, io sarò lì ma senza un motivo preciso, non conterò nulla, e quindi voglio che tutti gli sguardi siano concentrati su di te, mia piccola Andy- le dico io sorridendo.

La sento ridere.

Ridere sinceramente.

-Ma tu attirerai comunque l’attenzione, sei Annika Stern!- esclama lei facendomi ridere- non è un vestito che cambia le cose- mi fa notare lei- anche se apprezzo il tuo gesto- dice infine, ridendo.

Rido anche io, felice.

-Ti voglio bene, Andy- mormoro io.

-Anche io, Annika, tanto- aggiunge lei.

-Ci risentiamo domani per gli ultimi dettagli?- mi accerto io.

-Ovviamente- trilla Andrea, convinta- ah!- si interrompe poi- e ricordati che tu non sarai lì senza un motivo preciso. Tu sarai lì perché ti ha voluta Tom Kaulitz- mi fa notare lei, seria.

Sorrido impercettibilmente.

-Già- mormoro quasi in un sussurro, prima di chiudere la chiamata.

E allora: perché ha voluto proprio me?

 

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Capitolo 30
*** 30. Panico! Il momento è arrivato. ***


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[ANNIKA]

 

 

 

 

 

Il momento è arrivato.

Sono le 19:30 e tra circa un’ora passerà la limuosine a prendermi.

La serata tanto attesa è finalmente giunta e…mi sembra di stare per impazzire, sul serio.

Ho trascorso due interi giorni a pensarci.

Due interi giorni ad immaginare come sarebbe stato quel momento che è praticamente quasi arrivato.

Più passano i minuti, più la mia ansia sale a dismisura.

Ho il battito del cuore accelerato e quel nodo alla gola che non mi abbandona ormai da ore.

Mi guardo allo specchio: mi sembra che nulla vada bene.

Mi sembra di stare per fare la cosa più sbagliata della mia vita.

Mi sembra di aver fatto un’immensa cazzata ad accettare l’invito di Tom.

Mi sembra che andare lì stasera, per me, sia davvero inutile, privo di senso, sbagliato.

Ebbene si, l’eccitazione di due giorni fa si è trasformata in…panico.

Una paura terribile mi prende la bocca dello stomaco e non riesco in nessun modo a mantenere il controllo.

Dovrebbe essere Andrea quella agitatissima, visto che è lei la protagonista, stasera.

Ma io, come al solito, mi rivelo essere in assoluto la più ansiosa delle due.

E forse anche la più insicura.

Mi guardo allo specchio: indosso solo l’intimo.

Un completino bianco, di Yamamay, costituito da un paio di brasiliane di pizzo, a vita bassa, e un reggiseno dello stesso colore, anch’esso estremamente ricamato, a balconcino, con un fiocco al centro.

Guardo la mia immagine riflessa sulla superficie vitrea e tolgo le spalline al mio reggiseno, per evitare che si vedano sotto il vestito che indosserò.

Ho deciso di lisciare alla perfezione i miei capelli e gonfiarli leggermente alla radice, per dare loro un effetto di volume.

Mi scosto i capelli all’indietro e mi piastro ancora l’ultima ciocca, quella anteriore, che ricade al lato del mio viso.

Quasi mi tremano le mani.

Mi volto verso lo stereo, che troneggia su una mensola in legno attaccata alla parete.

Poggio la piastra e decido di mettere un po’ di musica per rilassarmi un po’, o magari semplicemente per distrarmi e smetterla di pensare che tutto andrà male.

Premo Play e parte “Untouched” delle The Veronicas.

 

 

 

I go ooo ooo you go ahh ahh
La la la la, la la la la
I can la la la la la la
I wanna wanna wanna get get get what I want, don’t stop.
Gimme, gimme, gimme whatcha got got
Cuz I can’t wait wait wait any more more.

 

Una delle mie canzoni preferite, senza dubbio.

Dal ritmo veloce, rock quasi, coinvolgente, ma…io la trovo tremendamente dolce.

Piastro ancora qualche ciocca qua e là, definendo meglio l’intera chioma.

Afferro il mio olio corpo leggermente abbronzante, a base del pregiato Olio di Argan.

Lo apro e inizio a spalmarmelo con cura sulle gambe, sulle braccia e sul decolletè.

Non riuscirei mai ad uscire senza crema o peggio, senz’olio.

Probabilmente mo sentirei nuda, quasi.

Mi guardo allo specchio e noto la mia pelle abbronzatissima, merito delle ore e ore passate in piscina ad osservare gli addominali di Frank.

Un’abbronzatura perfetta, invitante, elegante.

 

Don’t even talk about the consequence
Cuz right now you’re the only thing that’s making any sense to me
And I don’t give a damn what they say or what they think, think.
Cuz you’re the only one who’s on my mind.*
I’ll never ever let you leave me
I’ll try to stop time forever
Never wanna hear you say goodbye.*

 

Sposto il mio sguardo sul mio vestitino di Versace.

È lì, solenne, appeso ad una gruccia, sul bordo del mio specchio flessibile in ferro battuto.

Un sorriso mi nasce spontaneo, un sorriso leggero, delicato.

Non so perché, ma dopo che Tom mi ha chiesto di andare alla festa della Universal e ho pensato a cosa avrei potuto indossare per un’occasione del genere, mi è immediatamente venuto in mente questo.

Mi avvicino e con delicatezza lo stacco.

Me lo poggio addosso e mi guardo allo specchio.

Sorrido.

Non so per quale preciso motivo, ma mi sono subito immaginata con questo addosso, accanto a Tom.

E immediatamente il mio pensiero va a lui.

La voce graffiante ma dolce delle The Veronicas mi fa salire un brivido lungo la schiena.

*Perché tu sei l’unico che ho in mente.

Già, l’unico.

Esattamente il solo a cui io ho mai pensato così insistentemente.

Potrà sembrare impossibile, ma io, Annika Stern, ho avuto decisamente pochi ragazzi.

Forse me ne saranno venuti dietro un centinaio, ma io non ho mai accettato il loro corteggiamento.

Solo pochi sono i ragazzi con cui ho avuto a che fare.

E Tom è l’unico con cui io sia stata mai, veramente.

*Non voglio sentirti dire addio.

Mi meraviglio del mio pensiero e distolgo lo sguardo dalla mia immagine riflessa nello specchio.

Mi infilo delicatamente il vestito, sistemandomelo sul seno.

Ricordo l’ultima volta che l’ho indossato, per l’inaugurazione di un centro commerciale, costruito da papà, il Caesar.

Stavo benissimo, ricordo ancora perfettamente i complimenti di tutti i presenti.

Mi osservo per bene: il mio seno, pronunciato quanto basta per catturare un’attenzione non eccessiva, è fasciato e volumizzato dal vestito che, nella parte superiore, presenta dei ricami recanti motivi floreali.

Con delle semplici pieghe, procede fino a fermarsi poco sopra il ginocchio, con del tulle più chiaro nella parte finale.

Per un’occasione del genere non potevo di certo indossare un abito “girofica”, come lo definirebbe Andrea.

A proposito, ho mandato la mia fidatissima Rosalie da lei.

Già mi immagino il fumo uscire dalle orecchie della mia amica!

Ho rinunciato alla mia estetista/parrucchiera personale, stavolta: ho pensato che io mi sarei potuta preparare da sola, per questa sera.

Mentre Andrea ne aveva certamente più bisogno di me.

È lei che stasera dovrà essere perfetta, non io!

 

I feel so untouched and I want you so much*
That I just can’t resist you
It’s not enough to say that I miss you.
I feel so untouched right now, need you so much somehow
I can’t forget you
Goin’ crazy from the moment I met you.

Untouched.
And I need you so much
See you, breathe you
I want to be you

 

Mi liscio il tessuto del mio vestito che cade, elegante, oltrepassando la metà delle mie cosce.

*Mi sento così intatta e ti desidero così tanto che non posso resisterti.

Mi fermo un attimo e penso a quelle parole che ho sentito migliaia di volte, credo.

Ma mai come stasera le ho ascoltate così attentamente.

E mai come stasera le ho sentite così mie.

Mi viene in mente Tom: non so spiegarmi come, ma da quando mi ha chiesto di stare al suo fianco stasera, lo sento dentro di me.

Già me lo immagino, vestito con ciò che abbiamo scelto insieme un paio di settimane fa quando siamo usciti a fare shopping in centro.

Mi sembra quasi di vederlo sorridermi in quel modo in cui solo lui è capace.

Guardarmi e abbracciarmi dolce.
*Non è abbastanza dire che mi manchi.

Dannatamente tanto.

Mi manca l’idea che io avevo di lui.

L’idea che mi ero creata in testa e che poi è fallita miseramente dopo tutti i casini che sono successi tra di noi.

Mi manca sentirlo vicino a me e mi manca il modo in cui, paradossalmente, solo lui sa farmi stare bene.
*Mi sento così intatta ora.
Ho così bisogno di te.

Intatta.

Perché solo lui…solo lui mi ha toccata.

E non riesco neppure ad immaginare le mani di un altro ragazzo su di me.

Non riesco neppure a pensare ad un tocco sul mio corpo che non sia quello ruvido e deciso di Tom.
*Non posso dimenticarti.
Sto impazzendo dal momento in cui ti ho conosciuto.

Vedo il mio sguardo azzurro puntarsi sullo specchio di fronte a me.

Mi sembra di leggervi all’interno l’amara consapevolezza di quello che provo per lui.

L’amara quanto decisa coscienza che io non riesco e non riuscirò mai a dimenticarlo.

Non riesco a togliermelo dalla testa.

Non riesco a cancellare i momenti che abbiamo vissuto insieme.

Non riesco a cancellare il modo in cui anche solo guardarlo o baciarlo mi manda in paradiso.

*Intatta.
Vederti, respirarti, voglio essere te.

È davvero questo ciò che voglio?

Stare di nuovo con lui?

Sentirmi di nuovo un tutt’uno col suo corpo?

In questo momento l’unica cosa di cui sono sicura è che ho una voglia tremenda di vederlo.

Vederlo, respirare il suo profumo dolce e guardarlo in quegli occhi ambrati che apparentemente non hanno nulla di speciale.

Ma che a me fanno un effetto stranissimo.

E, proprio per questo, ho una tremenda paura.

Paura di quello che potrebbe succedere stando con lui.

Paura di come potrebbe evolversi la serata.

Paura di vederlo, e di incrociare di nuovo il suo sguardo.

 

You can take take take take take time time
To live live the way you gotta gotta live your life
Give me, give me, give me all of you*
Don’t be scared, of seeing through the loneliness.


I want it more more more
Don’t even think about what’s right or wrong or wrong or right
Cuz in the end it’s only you and me
And no one else is going to be around
To answer all the questions left behind
And you and I are meant to be

So even if the world falls down today
You still got me to hold you up up
And I would never let you down down

 



Paradossalmente sento crescere dentro di me la voglia di ruotare la chiave nella serratura della porta e non uscire più da questa stanza.

E se io non andassi più?

Se restassi a casa fingendo un malore improvviso e letale?

Se gli dicessi che ho cambiato idea?

O mio Dio, sto dando i numeri, probabilmente.

*Dammi tutto di te.
Non aver paura.

Tra i due credo che, ad avere una fottuta paura, sia proprio io, non lui.

Ed io voglio davvero che lui mi dia tutto di sé?

Il suo corpo l’ho avuto, le sue labbra le ho avute.

E adesso?

Adesso che mi ha chiesto di stare accanto a lui in una serata così importante…perché sono così terrorizzata?

Perché temo il suo lato “pubblico”?

*Non pensare nemmeno a cosa è giusto o no.
Perché alla fine siamo solo io e te e non c’è nessuno in giro per rispondere alle domande rimaste.

Magari dovrei smetterla di sentirmi così a disagio prima ancora di essere lì.

Dovrei convincermi che questa sera io avrò un ruolo marginale lì al Plaza, dunque non potrà succedere niente di preoccupante.

Deglutisco e mi siedo sul bordo del mio letto, reggendomi la testa tra le mani.

Magari sarebbe stato meglio che lui non mi avesse mai invitata.

Magari stasera scoppierà uno scandalo di dimensioni abnormi.

Tutti si chiederanno chi è la ragazza bionda accanto a Tom Kaulitz.

Magari lui intende prendermi in giro ancora.

Oppure ha intenzione di usarmi, questa sera.

Panico.

Tiro un respiro profondo.

Mi rialzo e mi liscio il vestito.

Devo smetterla.

Mi dirigo verso il mio comò, apro il portagioie e frugo all’interno, alla ricerca degli accessori giusti.

La canzone finisce, e le note di “Take me on the floor” si perdono nell’aria, facendomi salire l’adrenalina.

Scelgo un orologio in acciaio di Alviero Martini, acquistato solo qualche mese fa in centro.

Il bracciale Yves Saint Laurent con ciondoli e pendenti in oro bianco e giallo è immancabile.

Opto poi per degli accessori che non siano particolarmente vistosi.

Mi infilo un paio di orecchini di Prima Classe dalla forma circolare, piuttosto piccoli, recanti la classica fantasia geografica in cuoio beige.

Un anello semplicissimo della stessa linea ed una collana abbinata agli orecchini con un pendente tondo, per nulla vistosa.

Mi guardo allo specchio, sistemandomi ancora i capelli.

Poi mi chino verso il basso e infilo le mie decolletè beige di Gucci.

Mi alzo di circa 12 centimetri e vedo le mie gambe slanciarsi tremendamente.

Sorrido nell’osservare le scarpe che ho scelto con tanta cura.

Spuntate avanti con una decorazione gioiello che le rende particolarmente eleganti e da sera.

Plateau spesso e colore sobrio ma bellissimo.

Le stesse che ho comprato ad Andrea, di colore nero.

Le ho consigliato proprio io di prenderle, visto che anche io le avevo e le trovo fantastiche.

Nere rendono molto di più, e risultano molto più adatte per la sera, ma io amo i colori chiari, si sa.

 

 

Mi avvicino allo specchio che troneggia sopra il mio comò e decido che è arrivato il momento di truccarmi.

Essendo già piuttosto abbronzata, e quindi avendo già una base scura, decido di valorizzare ancora di più la mia carnagione dorata.

Dopo aver spalmato sul mio viso la mia fidata crema idratante Chanel Precision, afferro la mia cipria dalle tonalità scure.

Apro il contenitore dalla forma circolare e osservo le mille sfumature che si mischiano tra loro.

Strofino di poco la spugnetta e prendo a passarmela sul viso, insistendo soprattutto sugli zigomi, per valorizzarli.

Una semplice matita marrone per definire il contorno dei miei occhi chiarissimi e una palette di Yves Saint Laurent sulle tonalità del marrone-beige.

Afferro con delicatezza il pennellino e decido di realizzare quelle sfumature che mi fa sempre Rosalie, e che proprio lei mi ha insegnato a fare.

Sto per mettermi il mascara quando sento un dimesso bussare alla porta.

-Avanti- dico io, richiudendo un attimo il tubetto scuro.

Il viso distinto ma cordiale di mio padre fa capolino da dietro la porta.

-Posso?- mi chiede con un sorriso.

Mi stupisco sempre di quanto sia prudente e rispettoso nei miei confronti.

-Certo!- esclamo io, rispondendo al suo sorriso.

Papà è tornato circa un mese fa dall’Italia, dopo aver concluso con il politico Castelli l’affare che aspettava da tanto.

Poso il mio sguardo su di lui.

Indossa una semplice camicia bianca a righine blu, ritirata fin sui gomiti ed infilata all’interno di un paio di pantaloni Burberry beige, dal taglio classico ed elegante, retti da una cinta in cuoio marrone.

Un paio di mocassini marrone scuro completano il tutto.

Il viso, addolcito da un sorriso, è contornato da una capigliatura brizzolata sempre perfettamente in ordine.

Chiude la porta alle sue spalle dopo essere entrato del tutto nella mia stanza.

Fa scorrere il suo sguardo su di me, percorrendomi dalla testa ai piedi.

Poi si infila le mani in tasca e mi fissa con un lieve sorriso stampato in viso.

-Dove stai andando?- mi chiede d’un tratto.

L’intonazione della sua voce è velata da una curiosità che appartiene a qualsiasi padre.

-Ehm…sto uscendo- rispondo io, fingendomi tranquilla e poggiando il mascara sul mobile.

-Lo vedo- aggiunge lui annuendo col capo- e dev’essere un’uscita particolarmente importante, visto come ti sei vestita- conclude poi fissandomi con un lieve sorrisetto.

Derick Stern non è il classico padre.

Il viso pulito, increspato da qualche ruga, inevitabile con il passare del tempo, è sempre perennemente piegato in un sorrisetto che la dice lunga.

Lui non mi ha mai rimproverato veramente, con urla e punizioni, come ogni papà del mondo.

Lui è in grado di farmi capire le cose in modo diverso, ma senz’altro efficace.

Arrossisco di botto.

Ok, sono vestita con l’abito più elegante che ho, forse, e voglio fargli credere che sto uscendo normalmente.

Non regge.

E lui se n’è accorto, visto che si mette a ridere.

Lo guardo, in notevole difficoltà, prendendo a torturarmi le unghie perfettamente smaltate.

Si siede sul letto e poggia i gomiti sulle sue ginocchia, squadrandomi in quel modo che su di me ha una presa assurda.

-Vieni qui- mi dice lui con calma indicandomi di sedermi accanto a lui.

Con una lieve incertezza mi avvicino al letto e mi siedo accanto a lui, provocando un leggero abbassamento del materasso.

-Allora- incomincia lui girandosi verso di me- dove stai andando?- mi chiede di nuovo, con tono tranquillo.

Abbasso lo sguardo.

Devo dirglielo?

Si, dovrei.

Ma non so da dove cominciare e soprattutto non so come la prenderebbe.

Tiro un respiro profondo.

-Sto andando al Plaza- gli dico tutto d’un fiato.

Vedo papà alzare un sopracciglio, sorpreso.

-Al Plaza?- si accerta lui, decisamente stupito. Anche lui sa quanto quel posto sia esclusivo e di lusso.

-Si- annuisco- stasera lì si terrà la festa della Universal- gli spiego io guardandolo in quegli occhi azzurri così simili ai miei.

Vedo mio padre pensarci su un attimo e poi guardarmi con aria confusa.

-La Universal è la casa discografica dei Tokio Hotel e stasera il loro manager David Jost ha organizzato una serata di gala in cui verrà presentato il nuovo cd- gli spiego io con parole semplici.

-Capisco- annuisce mio padre fissando lo sguardo nel vuoto- mi sfugge solo un piccolo dettaglio- aggiunge poi spostando il suo sguardo su di me- tu cosa c’entri in tutto ciò?- mi chiede infine.

Eccolo: come al solito centra perfettamente il punto in grado di mettermi in difficoltà.

-Beh…Andrea è la fidanzata di Bill Kaulitz, il cantante della band- gli dico io, cercando di convincerlo con questa misera informazione.

Mio padre annuisce ancora.

-E tu?- mi chiede poi.

Se pensi di poter mettere nel sacco Derick Stern, sei solo una povera illusa, Annika.

-Io?- mi accerto, con una certa indecisione- beh, sono stata invitata anch’io- lo informo, sperando che la smetta di farmi domande.

Vedo mio padre sorridere.

Ha già capito tutto, lo so.

Poggia una mano sul mio ginocchio e mi guarda.

-Non vuoi dirmelo, vero?- mi chiede con tranquillità.

Sospiro, essendo stata scoperta, come sempre.

Abbasso lo sguardo.

-Scommetto che sei stata invitata da un ragazzo- dice lui ridacchiando e scuotendo di poco il mio ginocchio.

Sorrido impercettibilmente, arrendendomi.

Le mie chiacchierate con mio padre finiscono sempre, inevitabilmente, così.

Con lui che mi capisce e scopre le mie bugie solo guardandomi negli occhi.

-Hai 18 anni, Annika, e credo che faccia parte di quest’età vergognarsi di parlare di certe cose con i propri genitori- incomincia lui, centrando perfettamente il punto- ma io e te abbiamo sempre avuto un buon rapporto- mormora lui incrociando il mio sguardo.

Ha ragione.

-Mi ha invitata…un ragazzo, si- ammetto infine, dopo una lieve ed iniziale incertezza- ma è solo un amico, niente di più- aggiungo poi, mentendo forse anche a me stessa.

Mio padre sorride.

So che non se l’è bevuta.

Lo so perfettamente.

Vado letteralmente a fuoco.

-Puoi stare tranquillo, papà- riprendo io concitata- sarò lì stasera solo perché è la serata di Andrea- aggiungo io- lei verrà ufficialmente presentata come la fidanzata di Bill Kaulitz ed io voglio essere lì in quel momento così decisivo per lei- lo informo infine.

Papà mi passa una mano sulle spalle e mi tira leggermente a sé.

-Sai che io e tua madre ci siamo sempre fidati di te- incomincia lui staccandosi poi da me- e credo che sia normale che tu non voglia dirmi chi è questo ragazzo e credo altresì che sia normale che tu voglia farmi credere che sia solo un amico- continua poi sorridendo beffardo- ma sappi sempre che per qualsiasi cosa e quando vuoi tu, puoi dirmi tutto- aggiunge poi- perché sono tuo padre, ti voglio bene e credo che non ci sia nessuno meglio di me o tua madre in grado di darti consigli o dirti cosa fare, ricordatelo sempre- conclude poi.

Sorrido dolcemente nel vedere lo sguardo e l’espressione di quest’uomo

Quanto sono fortunata ad avere un padre come lui?

-Ti voglio bene- mormoro dopo aver gettato le mie braccia attorno al suo collo- tanto- gli sussurro infine.

Lo stringo a me e sento il calore del suo corpo contro il mio.

Lo abbraccio forte e sento le sue mani passare attorno alla mia vita.

-Ho dimenticato di dirti che sei bellissima- aggiunge poi staccandosi da me e scoppiando a ridere.

-Grazie- mormoro io lusingata.

Detto da un uomo come mio padre è davvero un complimento.

Sorrido ed ora mi sento più sicura e…tranquilla.

Relativamente.

 

 

 

 

 

 

[ANDREA]

 

 

 

 

 

 

 

 

La stanza è immersa nel frastuono più totale.

Io sono nello stato di più totale panico.

Intorno a me non sento la musica metal sparata a tutto volume, a dir la verità non sento nemmeno le mie gambe.

La paura mangia ogni emozione, anche quelle più laceranti che salgono lungo l’esofago quando si è eccitati.

Io sono tremendamente ansiosa.

Questa sera è la serata.

Dopo tre strazianti giorni è arrivata!

Sento nelle mie vene il tremore che si fa sempre più persistente e imperante.

Cazzo!

Guardo l’orologio.

Sono le 18:00 e Bill sarà qui tra due ore e mezza.

Sposto lo sguardo sul mio letto su cui ho poggiato, da questa mattina, l’abito e l’intimo che userò questa sera.

Perché mi sono presa la briga di cercare, persino, l’intimo da usare?

Non è una cosa indispensabile, nessuno, in fondo, lo vedrà.

Eppure l’ho scelto con cura, ho rubato qualcosa dal cassetto di mia madre non avendo niente di decente e ho comprato, in un negozio di Victoria Secrets un reggiseno di pizzo davvero carino.

L’unica cosa che mi tranquillizza è che, questa esperienza, la passerò con Annika.

Ho benedetto Tom circa diecimila volte da giovedì per aver invitato Annika, sono certa che non l’abbia fatto per farmi stare più tranquilla ma per sferrare il suo asso nella manica per conquistarla.

In ogni caso, ha fatto la cosa più giusta che poteva fare.

 

Panico: il momento è arrivato!

 

Invio il messaggio ad Annika e comincio a trotterellare per la camera, ancora in mutande.

Dovrei iniziare a prepararmi ma non so da dove cominciare.

Davvero, non so dove mettere mano.

Questa mattina ho esposto le mie preoccupazioni a Bill, in quei miseri quaranta minuti che ha passato a casa mia, che, prontamente, mi ha detto –Per me potresti venire anche nuda, non sarebbe male come idea-

Bill mi sembra cambiato da un po’, dall’invito.

Quando sono a casa sua, a pomiciare sul suo divano, e Tom se ne va via sbuffando qualche cazzata sul diabete e il ricovero in ospedale per iperglicemia, Bill ci va giù… pesante.

Non mi è mai saltato addosso, non ha mai chiesto di approfondire il nostro rapporto, ma sembra abbia stampato un cartello sulla fronte con scritto “MUOVITI, VOGLIO SCOPARE”.

Ne ho parlato con Tom, ma ovviamente il signorino mi ha detto “Andy, tesoro, se scopi con Bill fai un piacere a lui e soprattutto a te stessa, che essere vergine a 17 anni è una vergogna, dai!”.

Non mi è stato esattamente d’aiuto.

Capisco che Bill abbia voglia ma… io sono pronta?

Non lo so, le sue mani su di me sono sempre state un afrodisiaco, ma sono pronta a dargli davvero tutto senza avere la prova certa del suo amore?

Quando l’ho detto a Tom c’è persino rimasto male e se ne è uscito con un: “Ma che cazzo di domanda è?! Bill è perdutamente innamorato di te! Non dovresti nemmeno pensare ad una cosa del genere!”.

Ma è normale per una vergine chiedersi se quello con cui pensi davvero di andare a letto per la prima volta sia quello giusto.

Ovviamente non ho detto nulla ai miei genitori, ad Annika avevo accennato il “problema”, ma, si sa, noi ragazze abbiamo una visione più romantica del mondo, secondo lei Bill mi aspetterà in eterno.

Non so perché mi sono confidata con quel coglione di Tom che, per tutta la chiamata, da grande amico, mi diceva di buttarmi a capofitto sul fratello.

Come migliore amico non vale una cicca, sicuro.

Una sola frase giusta mi ha detto:

-Se anche tu sei innamorata di Bill, il sesso verrà naturale, ti sentirai sua per sempre Andy-  e poi ha detto, con tono divertito –Ma non sarà sesso Andy, tu farai l’amore con Bill!-

Sbuffo incrociando le braccia.

E se Bill ci provasse questa sera? Andrei a letto con lui?

È solo un mese che stiamo insieme e io sono anche vergine, senza che lui lo sappia.

È l’unica cosa che Bill non sa di me e vorrei dirgliela prima di… insomma, togliermela ecco.

E anche la frase ambigua di questa mattina mi ha fatto capire che Bill ha voglia di fare sesso con me, come mi ha fatto capire durante tutto questo periodo insieme.

Mio Dio!

Il mio sproloquio mentale termina quando sento il campanello di casa suonare.

Non può essere Bill, mi ha mandato un messaggio circa cinque minuti fa dicendomi che era appena uscito dalla doccia (accennando a qualcosa sul ritardo).

-Andrea, tesoro, vai tu?- mi domanda mamma dalla cucina, indaffarata con la cena che io non farò questa sera.

Sbuffo ed esco dalla mia stanza dopo aver indossato una vecchia tuta sulle culottes lilla che indosso.

Ciabatto verso la porta e la apro.

Quella che mi trovo avanti sembra essere appena uscita da un manicomio.

È una donna, sulla quarantina mi azzardo a pensare, con folti capelli color fuoco, ricci e indomabili, grandi occhi celesti e sguardo da pazza.

È alta e snella, un camice da estetista verde allacciato su un lato le copre l’addome e cade su un paio di jeans sbiaditi abbastanza giovanili che terminano in delle Superga bianche.

In una mano stringe una valigetta quadrata, grande come un beauty-case.

Mi guarda dall’alto al basso.

-Mi sa che lei ha sbagliato porta- dico e sto per chiuderle la porta in faccia quando mi chiama.

-Lei è Andrea Linke?-

La guardo sconcertata e annuisco.

-La fidanzata di Bill Kaulitz?- indaga ancora.

-Ehm… sì- annuisco.

-Allora non ho sbagliato porta!- mi da una leggera spinta ed entra in casa con malagrazia -Sono Rosalie Krause, mi ha mandato la Signorina Stern-

Ergo Annika.

La guardo dalla testa ai piedi chiedendomi perché Annika mi avesse mandato una pazza del genere.

Chiudo la porta mentre mia madre appare chiedendo –Chi è?-

-Sono Rosalie Krause, sono l’estetista che ha mandato la Signorina Stern per aiutare sua figlia- sorride a mia madre per poi squadrarmi dalla testa ai piedi –Ne ha evidente bisogno!-

Alzo un sopracciglio e sto per dirle, con superiorità, che c’è un motivo per cui sono la FIDANZATA di Bill Kaulitz e sbatterla fuori di casa quando mia mamma trilla un –Oh che cara che è Annika, prego si accomodi-

Traditrice!

Rosalie annuisce e mi guarda ancora –Andiamo nella sua camera Signorina Linke-

Alzo un sopracciglio –E cosa mi costringerebbe a farlo?-

Alza la valigetta e me la sventola sotto gli occhi –Perché io la renderò degna del suo fidanzato!-

-Ehi!- protesto –Io sono perfetta per Bill, lui si è innamorato di me, non del mio trucco!-

-Non lo metto in dubbio signorina, ma questa sera, la Signorina Stern, vuole che lei splenda… quindi le impongo di seguirmi-

-Sì tesoro, fa come ti dice la signora Rosalie, non volevi essere bellissima per Bill questa sera?- si intromette mamma dando ragione a quella perfetta sconosciuta.

Le mando uno sguardo infuocato e poi guardo la Pazza Rossa che mi guarda con gli occhi spazientiti.

Sbuffo, incrociando le braccia, e le intimo di seguirmi nella mia stanza.

Apro la porta e le intimo, con sarcasmo, di accomodarsi.

 

 

*

 

 

Sono seduta su una sedia, con dei bigodini in testa, mentre Rosalie mi sta spalmando, sapientemente, lo smalto ai piedi.

Mi ha quasi costretta a mettere, per la prima volta, uno smalto viola perlato con sfumature nere che dovrebbe abbinarsi con il mio ombretto.

Mah.

Ho mandato un messaggio ad Annika per ringraziarla di aver spedito questa matta a casa mia.

Vedo le mie labbra impreziosite, sensualmente, da un rossetto rosso tenue, più chiaro di quello che pensavo quando l’estetista mi ha annunciato che avrebbe usato un rossetto rosso.

Avevo già immaginato qualcosa da battona.

E il fatto che io mi trovi bellissima anche con i bigodini sulla testa la dice lunga su quanto sia brava questa Rosalie, anche se mi duole ammetterlo.

-Da quanto sta con Bill?- mi domanda mentre infila l’applicatore nella boccetta.

Abbasso lo sguardo verso di lei alzando un sopracciglio -Un mese, circa-

Lei sorride e chiude la boccetta.

Mi guardo i piedi, le miei unghie non sono mai state così perfette! Le sorrido riconoscente.

-Deve essere una favola!- commenta posando la boccetta sul mio disordinato comodino -Insomma, lei è una ragazza normale e lui una rockstar a livello planetario, penso non sia comune come storia d’amore-

Mi lascio passare avanti tutti momenti che in questo mese ho passato con Bill, la sua enorme villa, il suo modo così assurdo di essere gentile e allo stesso tempo deciso, è…

Sospiro e Rosalie sorride.

Devo sembrare proprio un’adolescente alle prese con la prima cotta.

-La mia vita è totalmente cambiata da quando ho conosciuto Bill- confesso –Non penso di essermi sentita così felice nella mia vita come in questo periodo- lei mi sistema un bigodino e mi guarda sorridendo –Bill mi ha stravolto ogni convinzione, mi sta rendendo diversa ogni giorno che passa, ha fatto in modo che una vita all’apparenza normale diventasse un’avventura, e parte di questo lo devo ad Annika- chiudo gli occhi.

Se lei non fosse andata a letto con Tom, forse, non avrei mai incontrato l’uomo della mia vita.

Non avrei mai incontrato il mio pseudo migliore amico che prima odiavo a morte.

Non avrei mai assaggiato l’amore come sto facendo adesso, non mi sarei mai ritrovata ad attendere la serata in cui sarei diventata la fidanzata ufficiale di Bill Kaulitz.

Se non fosse stato per Annika sarei rimasta un’insulsa ragazzina di Amburgo che cerca di sopravvivere alla giungla urbana e non una ragazza che, finalmente, ha donato a qualcuno il suo cuore.

Questi mesi sono stati incredibili e surreali. L’arrivo dei gemelli ha scombussolato l’andamento placido della nostra vita come un’ondata di mare moto.

È bastato un solo passo per cambiare, definitivamente, la mia vita.

A partire da me ed Annika, non siamo state mai così vicine come in questo periodo, tra malintesi e riappacificazioni. Non credo di aver mai sentito Annika così parte di me.

Passando a me e Tom. Prima avrei voluto staccargli la testa a morsi e poi, da quel giorno che è corso sotto casa mia ad implorarmi di aiutarlo con Annika ho sentito di essergli vicina. Non avrei mai pensato di poter rappresentare l’eccezione alla regola “Non ci può essere amicizia tra uomo e donna”. Certo, mi ha baciata, ma è stato un errore. Nonostante lui non l’ammetta, è perdutamente innamorato di Annika e nel venire a cercarmi lo ha tacitamente ammesso. Ora è il mio migliore amico, pronto a correre se ho un problema.

E per finire, Bill. Lui è stato il cambiamento più bello della mia vita.

A lungo andare ho capito di essermi innamorata di lui, da quando si fermò con la macchina e mi propose un passaggio.

Sorrido mentre vedo le immagini susseguirsi –Non credo sarò mai più così felice come in questo periodo- dico senza rivolgermi a nessuno in particolare: solo a me stessa.

Rosalie annuisce e mi indica il vestito –Vuole iniziarsi a vestire?-

La guardo e annuisco, in trance totale.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Mi guardo allo specchio accarezzandomi i fianchi fasciati dalla stoffa fresca del mio tubino.

Mi giro cercando la minima imperfezione che… non c’è!

Rosalie mi scioglie i bigodini e i miei capelli cadono morbidi e perfettamente mossi sulle spalle.

Guardo tutto l’insieme e mi viene quasi da piangere.

È… perfetto!

-Le piace?- mi domanda la donna.

-Tesoro, sei bellissima!-

È mia madre a rispondere per me, decisamente eccitata.

Entra nella mia camera come un uragano e comincia a saltellare come una bambina –Lorenz, amore, vieni a vedere quant’è bella la nostra bambina!-

Arrossisco.

Ora si devono mettere a fare anche i genitori orgogliosi?

Davanti a Rosalie, che è diventata anche più sopportabile?

La guardo mentre ridacchia.

Sicuramente a casa di Annika non succede niente di simile.

Papà entra nella camera e si illumina di un sorriso che non gli ho mai visto addosso.

Sembra luccicare da solo.

-Andrea, sei davvero… ehm… a Bill verrà un infarto- commenta non sbilanciandosi più di tanto. Si affianca a mia madre e le passa un braccio sulle spalle sorridendo.

-Non è davvero splendida?- cinguetta mia madre con le mani intrecciate tra di loro, all’altezza del cuore.

Faccio una mezza giravolta come per farmi ammirare da loro e sorrido.

-Matt, tesoro, vai a prendere la macchinetta fotografica!- ordina mia madre a mio fratello.

-Ma mamma…- si lamenta la vocina di quella pulce –Sto guardando Watten Das-

La voce di Michelle Hunziker viene dal salotto.

Sorrido divertita mentre noto Rosalie posare delle cose nella sua valigetta da estetista.

-Matt, non mi far ripetere quello che ho detto ok?- tuona mia madre –Vieni immediatamente qui e porta la macchinetta fotografica-

Sento la Tv spegnersi con un’imprecazione sussurrata da Matt.

-Ti ho sentito!- urla mia madre –E dopo facciamo i conti!-

-‘Dea, sei bellittima!- Kevin, barcollando come il suo solito, sposta le gambe dei miei genitori e mi corre, goffamente, incontro allungando le manine.

Il suo complimento accennato mi colpisce più degli altri.

Lo prendo in braccio per potermi specchiare nei suoi occhioni azzurri enormi e sorridere mentre lui mi passa una manina tozza sulla guancia per poi ridere divertito.

-Grazie tesoro!- dico stampando un bacio sulla sua guancia e lasciando, inevitabilmente, un segno rosso su di esse.

Kevin ride ancora e la sua manina tozza si posa sulla guancia per poi abbassare lo sguardo sorridendo.

Quando riposa lo sguardo su di me sembra poco più serio –Sposci Bill?-

Ridacchio.

È così straordinario come i bambini pensino che le persone si sposino tutti i giorni. Kevin, il giorno che Bill riportò a casa da scuola, mi disse, tirandomi per la maglietta, che doveva decidere cosa mettersi al mio matrimonio con Bill.

Avevo riso, ma Kevin era serissimo.

Com’è adorabile il mio fratellino.

Scuoto la testa –No piccolo, come potrei sposarmi senza di te che mi fai da damigello?- chiedo.

Lui sorride –Avevo paua che tu ti sposciavi e non mi invitavi-  trilla –Ti voglio bene ‘Didi-

Me lo spupazzo per bene.

Adoro Kevin, è decisamente più adorabile del mio “amato” fratellino Matt.

Che, tra l’altro, sta sbuffando mentre porta la macchinetta fotografica a mamma.

-Andrea, tesoro, fai una foto con Kevin- mi ordina mia madre puntando la digitale verso di noi.

Sorrido e poso un leggero bacio sulla guancia di Kevin che, a sua volta, si mette una mano sulla guancia e sorride allargando di poco i suoi già enormi occhioni blu.

Kevin, da grande, sarà un gran fico, io e mamma lo diciamo sempre.

Biondo, quasi platinato, con due occhioni che sembrano fari turchesi nella notte, la pelle chiara e l’espressione dolce che solo un bambino può avere. Tra tutti i Linke, ne sono certa, lui è il bambino più bello.

Lo faccio scendere dalle mie braccia e corre verso mamma che mi scatta una foto da sola.

Sorrido appena mentre il flash mi inonda.

Poi, come immaginavo, mia madre prende la situazione in pugno trasformando la mia camera in un set per uno Shoot fotografico.

Scuoto la testa ridendo quando mamma ordina anche a Rosalie di fare una foto.

Anche Matt viene preso dall’euforia di essere fotografato e mi si mette vicino manco fossimo io e lui a dover annunciare un fidanzamento ufficiale.

Mi piace l’euforia della mia famiglia, è dannatamente contagiosa.

Anche l’algida Rosalie scoppia a ridere alla facce buffe di mio fratello mentre papà fotografa.

Poi arriva l’inevitabile.

-Perché non fai salire Bill prima di andare?-

Ecco, mi sembrava strano che mia madre non avesse fatto la fatidica proposta.

So quanto lei ci tiene a Bill, quasi lo venera, ma…

Oh, non posso correre il rischio di farlo ritardare per la chiacchiera di mia madre.

-No- rispondo secca.

Non bisogna mai tergiversare con lei.

Lei mi guarda sorpresa –Perché?-

-Ma, ragiona, non c’è solo lui, ci sono anche quelli della sua Band!-

-E qual è il problema?- trilla mia madre –Tom già lo conosciamo, sarei felice anche di conoscere…-

-Mamma, davvero, non è il caso di far ritardare i Tokio Hotel a una festa della Universal per spettegolare un po’ con loro- dico sinceramente –Bill verrà sicuramente a trovarti mamma, lo sai che ti adora, ma, ti prego, non stasera-

Lei mi guarda intensamente –Ma se chiedessi a lui…-

-No, mamma, davvero, dico sul serio- prendo in mano la situazione, sono sicura che mia madre, se assecondata, non mollerà la presa finchè Bill non sarà salito rovinando i piani a metà Universal.

Non voglio assolutamente che Eleonore Linke sia la causa della festa rovinate di una potente casa discografica come la Universal.

Lei annuisce, delusa, e poi mi sorride –Almeno posso salutarlo?-

Oddio, sembra esserne innamorata lei.

Annuisco –Ma dalla finestra eh!-

Lei ride e si affretta a tornare ai fornelli –Come vuoi tu tesoro mio!- poi rivolge uno sguardo a Rosalie –Vuole rimanere anche lei qui a cena? Tanto abbiamo il posto di Andrea libero!-

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

Sono sicura che la lunga e lucida limousine nera che si è fermata sotto un anonimo condominio di Sankt Pauli non è passata certo inosservata.

Per una volta, però, non ho paura dei paparazzi.

Scendo le scale con lentezza, causa tacchi dodici ai piedi, e cerco di tranquillizzare il battito del mio cuore.

Il momento è appena arrivato.

E sono totalmente nel panico.

Scendo l’ultimo scalino e mi ritrovo davanti un’accigliata e interessata Annette che alla porta osserva una figura che non può passare davvero inosservata.

Non è entrata, mi aspetta fuori dal portone con le braccia conserte e il classico sorriso da infarto.

Bill.

Non lo avevo mai visto così tanto elegante. Classici pantaloni di pelle attillati che si infilano in un paio di stivaletti di pelle che gli danno l’aria da rocker che si porta dietro sempre. Una t-shirt scollata si intravede da sotto un gilet nero perlato con delle strisce bianche sulle maniche.

I capelli sono finemente acconciati dallo stile leggermente alla Elvis, gli occhi truccati in modo più leggero del solito ma, allo stesso tempo più profondi e penetranti del solito. La giacca è abbottona a un solo bottone sopra l’ombelico per fornirgli un’aria decisamente più elegante.

Noto una catenella d’acciaio scendere lungo il collo andandosi a nascondere sotto la maglietta.

Si mette ritto e mi sorride ancora mentre mi avvicino a lui, timida.

Ho paura che tutto il lavoro che ho fatto non sia riuscito ad eguagliare la bellezza di quel ragazzo dall’aria aliena.

Saluto Annette distrattamente mentre Bill mi porge una mano che accetto volentieri e mi accompagna fuori, chiudendo la porta.

Mi sfiora il fianco con la mano e sorrido in sua direzione –Sei bellissimo- mi lascio sfuggire.

Bill mi sorride, posa un leggero bacio sulla mia guancia, e saluta concitato qualcuno.

I miei genitori al piano di sopra che ci guardano dalla finestra. Matt si sta sbracciando per attirare l’attenzione del mio ragazzo. Che scemo!

Saluto anche io mentre un bodyguard, enorme e decisamente spaventoso, ci apre il portellone della lucente limousine facendoci salire.

Bill mi passa una mano sulla schiena e mi accarezza incitandomi a salire. Nel mentre sto per varcare la porta sento la sua bocca vicino al mio orecchio –Tu sei stupenda questa sera-

Mi sento rabbrividire mentre la mano di Bill mi accarezza la schiena sfiorandomi anche, di poco, il sedere.

Se non la finisce gli salto addosso davanti a tutti.

Sento, infatti, il chiacchiericcio concitato venire dall’interno dell’enorme vettura.

La voce che fa da padrone è quella di Tom.

Stanno discutendo su qualche partita di basket disputata nell’anno in cui sono nata e che ha avuto ripercussioni su un’altra partita disputata la domenica precedente.

-Ma sta zitto Hobbit, lo sappiamo tutti che tu di basket non capisci un cazzo!- esclama divertito Tom.

Bill mi spinge dentro e posso finalmente ammirare l’interno di quella limousine.

I sedili di pelle nera, il minibar alla destra del portellone, alcuni schermi a plasma disseminati per il rivestimento di pelle nera, il tettuccio luccicava di lucine rosse in tinta con l’interno del minibar.

Era davvero una cosa impensabile.

Bill entra dietro di me e il portellone si chiude attirando l’attenzione dei tre seduti sul lungo divanetto nero.

Dalla destra posso notare Gustav, quel ragazzo simpatico che ho conosciuto quando sono andata a studio da Tom, con i classici occhialoni e l’aria bonaria.

Ha dei semplici blu jeans addosso, una camicia nera aperta  fin sotto al petto a maniche corte che mostra una canottiera aderente. Ai piedi delle normali sneakers nere come la camicia.

Al suo fianco c’è un ragazzo che ho visto solo nelle foto del gruppo.

Muscoloso, più tonico del primo, con un viso da bullo ma con l’aria buffa e dei lunghi capelli, magistralmente piastrati, castani-rossicci.

Indossa una magliettina fina grigia che mostra il petto grande e allenato, le maniche ritirare sui bicipiti ne mostrano la consistenza.

Bel fisico, non c’è che dire. Dei jeans neri fasciano le gambe magre e calza delle sneakers nere.

Per ultimo noto Tom, elegante come solo uno come lui può essere.

Dei jeans non troppo larghi, strappati in più punti, specialmente sulle cosce. T-shirt bianca e una strana giacca dallo stile marinaio blu aperta che, sicuramente, lo rende elegante.

Qui c’è lo zampino di Annika, e ricordo lo sclero di Tom dopo il loro mezzo appuntamento per lo shopping.

-Ciao Andrea- trilla Tom appena mi vede.

Sorrido e mi piego per salutarlo con un semplice bacio sulla guancia.

Bill mi da una leggera spinta e si va a sedere facendomi segno di sedermi sulle sue ginocchia.

Eseguo la sua richiesta e mi siedo sulle sue gambe e sento una sua mano serrarsi sul mio fianco e accarezzarmi la coscia. A quel tocco mi ci sono abituata.

-Andy ti presento Gustav e Georg!- mi dice Bill sorridendo.

Allungo la mano verso il castano e la stringo, è davvero enorme e grande –Andrea, piacere-

-Georg- risponde cordiale il ragazzo.

-Noi già ci conosciamo- esordisce Gustav alzando una mano –Ciao Andrea-

-Ciao Gustav- lo saluto sorridendo, per poi posare lo sguardo su Bill che mi sorride –Tu non mi hai ancora salutata!-

Metto su il broncio e lui ridacchia allungando una mano e accarezzandomi la guancia –Non pensi che i tuoi genitori abbiano visto troppo eh?- mi domanda sorridendo sornione per posare un semplice bacio a stampo sulle mie labbra.

-Sai che non ti direbbero nulla!- esclamo.

-Ha ragione- mi appoggia Tom –Sua madre ha una mega cotta per te Bill, una cosa da non credere, ti adora-

Georg scoppia a ridere –Non è scappata urlando e chiedendo un’esorcista per la figlia?-

Mi scappa da ridere mentre Bill alza un dito medio.

-Quindi già Bill entra in casa come se fosse di famiglia?- chiede Gustav interessato –Di solito i genitori bandiscono a priori Bill perché sembra appena uscito da una ferramenta-

-Quanto siete divertenti questa sera- commenta sarcastico Bill –Lo vedete come sto ridendo?-

Tom, al mio fianco, ride senza reggersi.

C’è un’atmosfera diversa da quello che credevo.

Nonostante sia in una limousine con un gruppo famoso al livello planetario mi sembrano dei ragazzi… normali.

Conoscendo il rapporto tra me e Annika so che, lo sfottersi a vicenda, è un segno d’affetto.

Più uno riconosce e convive con i difetti degli altri, più si accresce l’affetto.

Loro quattro sembrano averlo capito.

Poso la testa sulla spalla di Bill che strofina, appena, la testa contro i miei capelli.

Sento il suo calore inebriarmi e sospiro appagata.

-Che sono dolci- sospira Georg.

-Oh Hobbit, vedo che finalmente le tue palle sono scappate, bene- ride Tom –Sapevo che dopo che quella troia della tua ex ti aveva lasciato hai scavalcato il fiume e sei finito sull’altra sponda-  inclina la testa –Dopo Andrea sarò felice di conoscere anche il tuo nuovo compagno!- dice sottolineando il maschile.

Tutte le persone nell’abitacolo (compreso l’autista) scoppiano a ridere.

Bill sogghigna e mi accarezza una guancia avvicinando il viso al mio e annullando, finalmente, la distanza tra le nostre bocce.

Le dischiudo automaticamente e lascia che la lingua, compresa di piercing, entri tra le mie labbra e mi accarezzi il palato.

Rispondo di buon grado iniziando a mordere le sue labbra con profondità.

Più che un bacio di saluto mi sembra l’inizio di una nostra pomiciata.

Lo sbuffo di Tom mi fa capire che è così.

-Ohhh- squittisce Georg –Vedere Bill che bacia una ragazza mi fa ancora effetto!-

Gustav gli tira un coppino che fa mandare un rantolo di dolore da parte del bassista.

-Adesso non la smettono più!- annuncia Tom sconsolato –Andiamo a casa Stern adesso!- aggiunge lui.

Non lo sento nemmeno, la lingua di Bill è l’unica cosa che mi interessa in questo momento.

E nella passione del momento intreccio la mia mano alla sua, infondendo la dolcezza in un momento di fuoco.

Che la serata abbia inizio!

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Capitolo 31
*** 31. Stammi Vicino ***


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[ANNIKA]

 

Un battito.

Deglutisco vistosamente.

Un altro battito.

Sento le farfalle invadere il mio stomaco e causarmi uno stato fastidioso di irrequietezza.

Punto lo sguardo su mia madre e poi su mio padre che mi scrutano con un leggero sorriso stampato sulle labbra.

Cos’hanno da sorridere?

La mia testa sta letteralmente per esplodere.

Un altro battito ancora.

Ok, devo calmarmi, altrimenti rischio di farmi venire un attacco di panico.

-Sei agitata, tesoro?- mi domanda calmo mio padre, sventolando di poco la gamba destra, accavallata sulla sinistra.

-Io?- chiedo con voce un po’ troppo alta- nono- mi affretto a dire scuotendo vigorosamente il capo- perché dovrei?- aggiungo poi mentendo spudoratamente.

Un lieve tremore mi prende le gambe e non riesco a fare a meno di far saettare in continuazione il mio sguardo sulla strada, in attesa dell’arrivo della limousine.

Guardo l’orologio che impreziosisce il mio polso sinistro.

Segna le 20:36.

Questo gesto decisamente irrequieto non sfugge ai miei genitori che si guardano sorridendosi a vicenda.

-Stai tranquilla- mormora mia madre con dolcezza, intuendo il nervoso che ho in corpo.

Punto i miei occhi azzurri nei suoi.

Si sono accorti che sto per essere presa da un attacco di cuore, probabilmente.

Mi mordo il labbro inferiore e mi lascio andare ad un’espressione sofferente.

È inutile che io finga di essere tranquilla davanti a loro.

Ho un’agitazione tangibile, che non può essere nascosta tanto facilmente.

-Andrà tutto bene- aggiunge poi mia madre avvicinandosi a me e prendendomi la mano con dolcezza.

Scuoto la testa.

No che non andrà tutto bene.

Se può farlo, tutto andrà malissimo.

-Tra qualche minuto, non appena sarai con gli altri, la tua agitazione si trasformerà in felicità ed eccitazione, vedrai- mi sussurra mio padre regalandomi uno dei suoi classici sorrisi.

Un paio di fari enormi si intravedono in lontananza.

Rischiarano la strada in questa tiepida notte di luglio inoltrato.

Il rombo di un’auto di grossa cilindrata si perde nell’aria.

Vedo distintamente una vettura scura, dello stesso colore della notte che ci circonda, girare ed entrare nel viale dietro il cancello della mia abitazione.

-O mio Dio- mi lascio sfuggire non appena mi rendo conto che la limousine è arrivata.

Lo stomaco mi fa una tripla capriola e un brivido potente mi corre lungo la schiena.

Mi alzo immediatamente dalla sedia in ferro battuto e mi sistemo il vestito con fare tremendamente agitato.

Vedo mio padre e mia madre abbandonare la loro posizione seduta ed alzarsi in piedi.

Li guardo, in cerca di un supporto morale che so non mi servirà comunque.

-Buona serata, Annika- mi dice mia madre sorridendomi e carezzandomi la schiena scoperta.

-E ricordati che sei una Stern, non hai nulla da temere- aggiunge mio padre facendomi un occhiolino.

Riesce a farmi sorridere.

Solo lui ha questo straordinario potere.

Alzo una mano verso di loro, salutandoli con un lieve cenno e con un sorriso decisamente poco convinto.

Ok, il momento è arrivato.

Scendo i pochi scalini, abbandonando il porticato sotto il quale eravamo seduti.

Con passo sicuro e leggiadro mi avvio verso la vettura che si è parcheggiata, con il motore ancora acceso.

Percorro il viale di casa col cuore in gola, sentendomi all’improvviso inadeguata per un evento del genere.

Mi sta venendo una voglia assurda di scappare e nascondermi dietro uno dei cespugli qui intorno, dandomi per dispersa.

Ma ormai ci sono, il cancello di casa si apre automatico.

Mi volto verso il porticato e vedo mio padre tenere una mano sulla spalla di mia madre che sta appoggiata a lui.

Mi salutano con un gesto della mano e ricambio, prima di oltrepassare il cancello e avvicinarmi al veicolo enorme ed elegantissimo.

Il cuore mi batte così velocemente che quasi mi arriva in gola.

Vedo l’autista, un uomo dall’aspetto distinto che indossa un’uniforme nera con tanto di cappello calato sulla fronte, fare il giro della vettura e raggiungermi.

-Buonasera signorina Stern- mi saluta cordiale, accennando un inchino.

Sono ancora in tempo per scappare?

-Ehm…’Sera- ricambio accennandogli un sorriso.

L’uomo apre la portiera della limousine lucente e mi fa segno di entrare.

-Prego- mormora gentile indicandomi l’entrata.

Deglutisco.

Devo proprio?

Lo fisso con sguardo terrorizzato.

L’uomo mi sorride serafico e mi sento tanto demente in questo preciso istante.

Ho l’agitazione a mille quando mi avvicino alla portiera e decido che è arrivato il momento di entrare.

Sono una Stern e non ho nulla da temere.

Mi chino leggermente per riuscire ad introdurmi all’interno dell’abitacolo.

Le note di “Knocking  on Heaven’s door” dei Guns ‘n Roses si perdono nell’aria creando un’atmosfera decisamente magica.

Non appena rialzo lo sguardo e metto piede nel lussuoso ambiente scuro, mi sento un tuffo al cuore.

Quello sguardo ambrato e caldo si punta nel mio, facendomi rabbrividire, quasi.

Forse l’emozione dell’ingresso, forse quella voce passionale e graffiante allo stesso tempo.

Mi sento un brivido correre lungo la schiena e capisco in questo momento l’effetto che Tom è in grado di farmi.

Interrompo presto quel contatto già così intenso, lasciando scorrere il mio sguardo su tutti i presenti.

-Buonasera- mormoro io con tono caldo e decisamente eccitato, mostrando loro un sorriso, mentre avverto la limousine ripartire lentamente.

Vedo i loto visi sorridenti ricambiare il mio saluto e mi sento d’un tratto come se avessi superato il primo ostacolo.

Noto che c’è un solo posto libero, ed è quello posizionato all’estremità del divanetto in pelle nera.

Ed è accanto a Tom.

Mi siedo con una certa incertezza, mentre sento il suo sguardo su di me.

Sento la pelle morbida cedere leggermente sotto il mio peso e mi sistemo meglio.

-Annika- sento la voce terribilmente agitata di Andrea raggiungere le mie orecchie.

Mi volto nella sua direzione, notando un Bill decisamente elegante che sta seduto composto accanto a Tom.

Poso la mia attenzione su Andrea che è stretta in quel bellissimo tubino nero che abbiamo comprato insieme.

La pelle chiarissima che risalta, le gambe magre accavallate, i capelli perfettamente mossi.

Uno sguardo splendido.

Rimango estasiata dall’aura di raffinatezza che la avvolge stasera.

-O mio Dio sei bellissima!- trilla lei guardandomi e sporgendosi verso di me, invadendo totalmente la postazione di Bill e Bill stesso.

-Graziee!- esclamo io emozionatissima afferrando la sua mano e stringendola forte.

Lei sorride entusiasta, ricambiando il mio gesto.

-Ehi com’è che parli così raffinato stasera?- le chiedo poi inarcando un sopracciglio, rendendomi conto solo ora del linguaggio che ha utilizzato e che, decisamente, non è da lei.

-è l’agitazione che mi fa parlare così- mormora lei riprendendo la sua postazione e ridendo.

Rido anch’io leggermente.

-Vedo che Rosalie ha fatto davvero un ottimo lavoro- commento io scrutando attentamente Andrea e poi lanciando un’occhiata complice a Bill.

Vedo lui sorridermi malizioso e allungare uno sguardo di sbieco alla ragazza accanto a lui.

Stasera Bill la desidera seriamente, glielo leggo negli occhi.

-Devo ammettere che quell’assatanata dai capelli rossi di Gorgone sa il fatto suo- mi concede Andrea ridacchiando.

Rido a quelle parole, come sempre poco lusinghiere.

Rosalie è una maestra in fatto di trucco e capelli e anche una cinica come Andrea se n’è resa conto.

Sorrido felice di vedere la mia amica splendere, accanto a Bill.

Entrambi elegantissimi, perfetti per l’annuncio del loro fidanzamento ufficiale.

Lascio poi scorrere il mio sguardo sui due ragazzi seduti al lato di Andrea, silenziosi ma dallo sguardo decisamente eloquente.

Un ragazzo piuttosto robusto, dai capelli biondo chiarissimo e dall’aria placida sta seduto con un sorriso serafico stampato in viso.

Accanto a lui un ragazzo dai lunghi capelli castani lunghi, perfettamente piastrati, ed un fisico da vero palestrato che risulta evidente dalla maglietta sottile che indossa.

Vedo entrambi sorridermi e fissarmi.

-Ah- interviene Bill- a quanto pare devo fare io gli onori di casa- si schiarisce la voce tirando una leggera gomitata a Tom, come per incitarlo a fare qualcosa, gesto che non mi sfugge affatto. -Loro sono Gustav e Georg, gli altri membri della band – riprende Bill indicandomi i due ragazzi seduti.

Mi rivolgo verso di loro, sorridendo cordiale.

-Io sono Gustav, molto piacere- mormora il biondo, distendendo le labbra in un lieve sorriso e stringendomi con vigore la mano.

-Annika, molto lieta- gli rispondo lasciando poi la sua presa calda e decisa.

-E lui è il nostro Hobbit- interviene Tom indicandomi il ragazzo dal fisico decisamente in grado di gareggiare con quello del mio giardiniere Frank.

Sento le risate invadere l’aria e la faccia del bassista si incurva in una smorfia poco simpatica.

Alzo un sopracciglio, con aria interrogativa.

-Piacere, Georg- mi saluta lui sorridendomi dolce, ed ignorando la presa in giro di Tom.

-Comunemente detto Hobbit- ripete ancora Tom, scatenando le risate generali.

Sorrido anche io, non avendo mai sentito un soprannome tanto strambo.

-Annika, piacere mio- gli rispondo stringendo la sua mano ed ignorando le prese per culo degli altri presenti.

Torno al mio posto, lasciando scorrere il mio sguardo su quell’ambiente così elegante e lussuoso che mi circonda.

Moquette nera atterra, interni completamente rivestiti in pelle scura, vari schermi al plasma sulle pareti, vetri oscurati e un mini bar con diversi cocktails già pronti.

Mio Dio, sono davvero in un posto del genere?

Un respiro caldo sul mio collo mi manda momentaneamente in tilt.

-Grazie di aver accettato il mio invito- la voce sensuale e roca di Tom arriva chiara al mio orecchio, mentre percepisco quel tocco ruvido ma caldo, così dannatamente familiare, posarsi con prudenza sulla mia coscia scoperta. –Principessa- aggiunge poi in un sussurro quasi impercettibile, facendomi aumentare i battiti del cuore a dismisura.

Ok, non devo mostrarmi succube di lui e delle sue attenzioni.

Soprattutto non davanti a tutti.

Percepisco perfettamente le sue labbra morbide ed umide posarsi accanto alla mia bocca e lasciarvi un bacio a stampo terribilmente dolce e…sexy.

Arrossisco di botto e di nuovo il mio stomaco viene preso da quella stranissima sensazione che provo solo quando lui mi è vicino.

Mi accorgo che tutti gli sguardi sono concentrati su di noi, mentre Tom riprende la sua posizione, lasciando scivolare via la sua mano dalla mia coscia.

Credo che quella parte su cui è stata poggiata la sua mano stia letteralmente prendendo fuoco.

Andrea mi fa un occhiolino mentre lo sguardo complice di Bill mi arriva chiaro.

Gustav ci guarda interessato, intenerito forse.

-Uh- squittisce Georg sfregandosi le mani- Tom che fa il romanticone- trilla lui ridendo- una visione decisamente insolita- aggiunge poi malizioso.

Sento le risate alleggerire l’atmosfera.

Sposto il mio sguardo imbarazzatissimo su Tom che manda a quel paese Georg.

Non ci giurerei, ma sembra imbarazzato anche lui.

Si volta verso di me e si avvicina di poco al mio viso.

-Bene, il nostro Hobbit sta mostrando subito il peggio di sé- mi informa Tom ridacchiando.

Rido divertita dal modo in cui, tutti lo prendono seriamente in giro.

Sposto il mio sguardo su Andrea, evidentemente impegnata con le labbra di Bill, mentre tiene una gamba su quella del suo ragazzo e una mano sulla sua nuca.

-è tutto il viaggio che fanno così- mi fa notare Gustav indicandoli con il pollice.

Sorrido, guardandoli.

-Che tenerii- trillo io stringendomi le mani al petto, nel vederli così partecipi di quel bacio.

-No, che schifo- mi corregge il bassista lanciando un verso di disgusto.

-Se l’autista non si muove a raggiungere il Plaza c’è il rischio che scopino qui davanti a noi- interviene Tom, sarcastico.

Rido a quelle parole, mentre noto Bill alzare un dito medio in direzione di suo fratello, continuando a baciare Andrea.

Quasi do ragione a Tom.

Il rischio che lo facciano qui davanti a noi è decisamente alto.

Finalmente si staccano e vedo le labbra di Andrea leggermente gonfie.

-Ringrazia Dio che esiste il Waterproof- commento io ridacchiando.

-Il water cosa?- mi chiede Georg alzando un sopracciglio.

-è un caso disperato- commenta Bill scuotendo la testa e sventolando una mano in aria con fare da super diva.

Sorrido divertita.

Aveva ragione mio padre: il panico si sta di nuovo trasformando in eccitazione e felicità.

-Signori- una voce cordiale sovrasta le nostre risate- Vi informo che manca poco a destinazione-

La voce dell’autista, molto simile a quella di un navigatore satellitare, mi provoca un tuffo al cuore.

Ok, ho parlato troppo presto.

Sono ancora tremendamente impaurita.

Faccio saettare il mo sguardo su Tom che mi osserva sorridendomi, come per tranquillizzarmi.

Vedo Andrea già in preda al panico, mentre Bill tenta di calmarla continuando a baciarla.

Ok, il momento è veramente arrivato.

Vedo che la limousine rallenta e, attraverso i vetri oscurati, noto che i marciapiedi cominciano a popolarsi.

Un numero sempre crescente di persone occupa i lati della strada, mentre le luci aumentano sempre di più.

Il cuore prende a battermi con sempre maggiore frequenza.

Faccio saettare il mio sguardo su Tom, lui si avvicina di qualche centimetro a me e intreccia le dita affusolate della sua mano con le mie, facendomi entrare ancora di più in agitazione.

Non solo sono ad una serata di gala con lui, ma siamo anche mano nella mano.

Poso il mio sguardo sulla mia mano sinistra che è nella sua, visibilmente più grande.

Poi alzo lo sguardo fino ad incrociare quello nocciola di Tom.

Mi sorride leggermente, lasciando poi scivolare il suo sguardo su tutto il mio corpo.

Gesto di malizia pura.

Ok, devo contenermi e soprattutto devo calmarmi.

Cosa piuttosto difficile, visto che il calore del suo corpo accanto al mio mi sta facendo andare in iperventilazione.

La limousine si arresta del tutto, mentre dinanzi a noi, attraverso il vetro, è visibile il tappeto rosso steso all’ingresso del suntuoso palazzo che reca la scritta: Plaza Hotel.

Un tripudio di luci inondano l’immenso edificio che si staglia, solenne, in tutta la sua monumentalità.

Un colore chiaro, impreziosito da sfumature dorate causate dagli effetti delle luci, lo rende tremendamente elegante e lussuoso.

Resto quasi a bocca aperta nel vedere quanto sia immenso e decisamente molto esclusivo.

Un tappeto rosso dall’aspetto tremendamente elitario si staglia dinanzi al mio sguardo stupito.

Un paio di transenne ai suoi lati separano giornalisti e fan assatanate dalla scia sulla quale metteranno piede i loro idoli.

Già vedo i flash e dei fotografi illuminare il passaggio, mentre le urla esaltate delle fan si sentono anche all’interno della limousine.

Tutto ciò contribuisce a creare un atmosfera a dir poco surreale.

-Siamo arrivati- annuncia l’autista spegnendo il motore e scendendo dal veicolo- vi auguro una buona serata- conclude poi, sorridendoci attraverso un piccolo schermo appeso alla parete.

-Grazie- rispondiamo in coro noi, prima che lo schermo si spegna e torni ad essere nero.

Il mio sguardo si punta sul tripudio di fotografi/giornalisti che assedia l’ingresso del Plaza.

-O mio Dio- sussurra Andrea con gli occhi sbarrati, osservando, attraverso i vetri oscurati, la quantità esorbitante di persone che si sbracciano là fuori. Bill ridacchia leggermente, stringendola poi a sé, come per rassicurarla.

La portiera della limo si apre e, immediatamente, un trionfo di urla si perde nell’aria a volume decisamente alto.

Faccio saettare il mio sguardo su un paio di omaccioni vestiti in smoking con degli auricolari alle orecchie che tentano di contenere la folla di giornalisti, fotografi e fan che per poco non abbattono le transenne.

Il viso cordiale di un uomo, che suppongo sia l’addetto dell’Hotel, si affaccia all’interno, salutandoci con un sorriso:

-Buonasera signori- asserisce lui chinando leggermente il capo.

Indossa un completo blu notte gessato, dal quale si intravede una camicia azzurro chiaro stretta da una cravatta dello stesso colore del vestito.

Sul taschino della giacca, una scritta color oro a caratteri eleganti ci informa che è un membro dello staff del Plaza Hotel.

-Prego- aggiunge poi, facendoci gentilmente cenno di scendere.

Dobbiamo proprio?

Mi volto verso Andrea e il mio sguardo terrorizzato incontra il suo.

Si alza per primo Gustav, sistemandosi la camicia a maniche corte nere che ricade su una canottiera bianca attillata.

-è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo- annuncia lui con ironia, facendoci ridere.

Scende dalla limo con sicurezza, segno che è abituato a tutto questo, causando un deciso aumento delle urla.

I flash si moltiplicano mentre il batterista alza una mano in segno di saluto verso i giornalisti che lo fotografano e si avvicina alle transenne quel poco che gli permette di non essere sbranato vivo.

Lo segue Georg, con andamento sicuro e con quel fare da play boy che gli si addice.

Ancora un aumento tangibile delle urla nel momento in cui il bassista si avvicina ad alcune fan e prende a firmare degli autografi.

Le urla dei presenti si moltiplicano, con decisione, ancora di più nell’esatto momento in cui Bill varca la soglia della limousine e mette piede sul tappeto rosso.

Regala un sorriso da mozzare il fiato a tutti i presenti e poi si volta, con stupore di tutti, porgendo con eleganza una mano ad Andrea.

La mia amica si sistema di poco il bordo del vestito, emozionatissima, poggia la sua mano su quella di Bill e, timidamente, scende sul tappeto rosso causando un numero di flash esorbitante.

Mano nella mano i due avanzano di qualche passo sulla scia rossa.

Sono scesi tutti, manchiamo solo noi.

Sento che Tom scioglie la sua presa dalla mia mano, fissandomi intensamente, come solo lui sa fare.

-Sei pronta ad affrontare tutto questo con me?- mi chiede calcando l’attenzione sulle ultime due parole.

Annuisco timidamente, sentendomi letteralmente morire.

-Stammi vicino- mormoro io quasi in un sussurro, beandomi del suo sorriso.

Si alza e, sistemandosi di poco la giacca che indossa e che, devo proprio ammetterlo, lo fa tanto figo da paura, scende dalla limousine.

Il mio cuore prende a pompare così velocemente che mi sembra quasi di sentire le urla ovattate.

Sospiro profondamente, come per mantenere almeno un minimo di controllo su me stessa.

Mi alzo e, dopo essermi sistemata il vestito sul seno, mi avvicino all’uscita.

Afferro con delicatezza la mano robusta dell’uomo che mi sorride gentile e scendo dal piano rialzato della limousine, poggiando la punta delle mie Gucci sul tappeto rosso.

Mi volto e vedo Tom osservarmi con un sorrisino stampato sulle labbra.

I flash triplicano, credo, poiché nessuno si aspettava l’uscita di una ragazza al fianco di Tom.

Ed io mi sento…importante.

Veramente importante.

Avanzo di qualche passo sul tappeto rosso, accanto a Tom che mi sta così vicino da farmi quasi girare la testa.

Sentirlo così in contatto con me e così pubblicamente mi fa sentire imbarazzatissima.

Imbarazzatissima in senso positivo.

Sposto il mio sguardo su Bill che tiene la mano di Andrea, sorridendo ai fotografi e lasciandosi immortalare accanto alla sua ragazza.

-Bill chi è la ragazza accanto a lei?- sento urlare da un giornalista che porge il microfono al cantante, voglioso di avere una risposta alla sua domanda e talmente impavido da lasciarsi quasi calpestare dalle ragazzine urlanti dietro di lui.

-è la mia fidanzata- asserisce sicuro Bill, senza paura, regalando uno splendido sorriso ai fotografi.

Poi si volta verso Andrea, che è tremendamente agitata, e le lascia un lieve bacio sulle labbra, causando un’esultanza spaventosa dei presenti.

Sorrido emozionata, nel vederli insieme.

Il bacio pubblico di Bill Kaulitz: quelle foto gireranno come minimo per due settimane.

-Signorina, sorrida all’obiettivo- urla un altro fotografo in mia direzione.

Mi volto e il potente flash mi inonda, costringendomi a chiudere gli occhi.

Non appena mi riprendo sorrido emozionata, in direzione di quell’uomo che, instancabile, continua a scattare foto.

Sento le mani di Tom passare attorno alla mia vita.

Un gesto da brivido.

Mi volto ed incrocio il suo sguardo.

Mi trascina con sé, verso la transenna di sinistra, dopo aver lasciato scivolare via le sue mani dal mio corpo.

E, avvicinandosi al mare di ragazze urlanti che sanno tanto di pazze esagitate, inizia a firmare autografi a tutte loro.

Di tanto in tanto mi esorta con lo sguardo a stare accanto a lui.

Ed io, con la mia pochette di Liu Jo tra le mani, lo seguo, sentendomi incredibilmente fuori luogo in quell’ambiente che fa tanto super diva.

-Tom, Tom!- sento urlare da alcune ragazze che si sbracciano, porgendogli un pezzo di carta bianco.

Osservo l’estrema gentilezza e pazienza con cui Tom si avvicina a loro e firma velocemente un paio di autografi, regalando loro un sorriso che a lui non costa nulla, in fondo.

Ma che per loro vale dannatamente tanto e causa uno spaventoso aumento delle loro urla.

Rimango estasiata dal modo in cui Tom è tremendamente gentile con loro.

Rimango estasiata da questo suo lato…pubblico.

E rimango affascinata dal modo in cui lui si mostra disponibile con le fan, con i fotografi, cercando per quanto possibile di accontentare tutti loro.

Non l’avevo mai visto sotto questa luce, ma devo ammettere che mi piace.

E anche tanto.

-Signor Kaulitz- urla un giornalista, rivolto verso Tom- chi è la ragazza accanto a lei?- chiede l’uomo con una telecamera in spalla.

A quella domanda, prendo letteralmente fuoco e, in questo momento, vorrei scavarmi una buca, qui sul tappeto rosso, e infilarmici dentro.

Tom mi guarda per un attimo, lanciandomi una delle sue occhiate, poi posa la sua attenzione sull’uomo che lo guarda con impazienza, in attesa di una risposta.

-un’amica- esordisce lui, ridendo leggermente e guardandomi malizioso.

Abbasso lo sguardo imbarazzata e sento un brivido scuotermi potentemente.

La risata di Tom è sempre molto eloquente.

-quanto amica?- continua il giornalista con insistenza, cercando di captare sempre maggiori informazioni.

Guardo l’uomo perplessa.

Che vuol dire “Quanto amica”?

Mi stupisco di quanto quelli del mestiere sappiano essere davvero indiscreti.

Vedo Tom ridere, divertito da quella domanda assurda.

-Tanto!- esclama lui sarcastico, ridendo verso il giornalista.

Ridacchio anche io: noto che ha imparato molto bene come comportarsi in certe situazioni.

Un bodyguard vestito elegantemente si avvicina a Tom facendogli cenno di entrare.

Allora lui fa scorrere una mano dietro la mia schiena e mi avvicina a lui, sorridendomi.

Ricambio quel sorriso mozzafiato, mentre vedo gli altri membri della band ed Andrea accostarsi a noi.

Percorriamo i pochi metri rimasti, mentre Bill, Tom, Georg e Gustav continuano a salutare le fan urlanti e a sorridere loro.

Sento la mano di Tom stringere con delicatezza il mio fianco, mentre abbandoniamo il Red Carpet e ci accingiamo ad entrare nel sontuoso Hotel.

Il suo contatto mi fa sentire tremendamente in imbarazzo, soprattutto perché tutti ci stanno vedendo e presto l’intera nazione saprà che Tom Kaulitz teneva una ragazza bionda stretta a sé davanti al Plaza Hotel.

Già l’idea mi fa rabbrividire.

Georg e Gustav salgono la breve ma sontuosa scalinata di ingresso al Plaza e si introducono lentamente all’interno.

Subito dopo fanno lo stesso Bill e Andrea che si tengono per mano e di tanto in tanto si guardano in adorazione l’uno dell’altra.

Sono così dolci insieme.

E soprattutto Bill è stato dolcissimo quando ha urlato davanti ai fotografi che quella è la sua ragazza.

Vedo il cantante avvicinarsi all’orecchio di Andrea e sussurrarle qualcosa che la fa ridere, prima di baciarla di nuovo.

Sento la mano di Tom ancora tenermi stretta a lui, mentre sento perfettamente dentro di me quello che si prova quando si sta per esplodere.

Saliamo le scalinate e entriamo all’interno di un ambiente decisamente lussuoso, circondato da due file di colonne in marmo chiaro, stile corinzio con un basamento in pregiato marmo nero.

Saliamo un altro paio di scalini e troviamo il portiere ad accoglierci con un inchino elegante.

-Buonasera, signori- ci saluta lui con estrema professionalità, togliendosi il cappello blu con una piccola visiera nero lucido.

-Buonasera- mormoro io, in contemporanea con gli altri.

Gli sorrido gentile, mentre vedo che lui si rimette dritto, stretto in quella sua divisa blu e nera, decisamente elegante, impreziosita da qualche bottone laccato in oro e qualche risvolto dello stesso colore.

Il pavimento in marmo scuro sotto i nostri piedi dà quasi l’aria di essere di cristallo, tanto è lucido e splendente.

Su un sontuoso tappeto circolare, dalla fantasia oro e rosso, si staglia un tavolinetto in legno scuro, anch’esso circolare, con un enorme composizione floreale al di sopra.

Pareti color oro, colonne corinzie e uno splendido lampadario in cristallo completano il tutto.

Un bodyguard in smoking dall’aspetto austero ci fa segno di andare a destra.

Probabilmente ci sta indicando la sala principale.

Seguiamo la sua indicazione e in un attimo siamo all’interno di un immenso, enorme, sontuosissimo salone addobbato come se fosse in atto la festa del secolo.

Pareti completamente dorate, impreziosite da specchi lucidissimi, affreschi e applicazioni dall’aspetto decisamente maestoso.

Il pavimento è completamente ricoperto da una moquette rosso scuro, morbidissima, con disegni e fantasie oro dall’aspetto regale.

Un soffitto a volta con affreschi che quasi danno un effetto di dilatazione dello spazio, un lampadario enorme in cristallo e divanetti dall’aria raffinata, in tinta con il resto della sala, sparsi qua e là.

All’ingresso dell’immenso salone, troviamo l’intera equipe del Plaza ad attenderci.

Ci salutano tutti, con un inchino reverenziale, stretti in quei completi elegantissimi che recano tutti la stessa scritta: Plaza Hotel.

Le note di “Stand By Me” degli Oasis si perdono nell’aria.

Una melodia dolce, ma movimentata allo stesso tempo.

Una canzone stupenda, che riscalda l’atmosfera, facendomi sentire quasi in un luogo surreale.

Tutto quello che mi circonda è avvolto da un alone di lusso ed eleganza e quelle note creano un sottofondo decisamente suggestivo.

 

So what’s the matter with you?

Sing me something new

Don’t you know the cold and wind

The rain don’t know

They only seem to come and go away

 

 

In un luogo del genere la musica deve essere assolutamente adatta all’ambiente.

E devo dire che chi l’ha scelta ha fatto davvero un ottimo lavoro.

Entrare qui dentro e trovare un mare di persone in abito elegante che ci osservano, sulle note degli Oasis è terribilmente magico. È come se fossimo in un sogno.

Tutti gli sguardi dei presenti si concentrano su di noi.

Qui dentro non c’è uomo che non indossi lo smoking (esclusi i membri della band, ovviamente) e non c’è donna che non sia avvolta in un vestito da gala.

Lo sguardo di Tom si punta su di me, mentre la sua mano scivola via dal mio fianco.

 

Stand by me

Nobody knows the way it’s gonna be

Stand by me

Nobody knows the way it’s gonna be

Stand by me

Nobody knows the way it’s gonna be

Stand by me

Nobody knows, yeah nobody knows

The way it’s gonna be

 

Sento il suo respiro caldo sul mio collo.

-Sorridi e tutto andrà bene- mi sussurra lui, con tono decisamente sensuale.

Lo guardo e sul suo viso noto un sorrisetto malizioso.

Incurvo anch’io le labbra in un leggero sorriso.

Vedo Andrea e Bill che vengono già rapiti da un paio di persone vestite elegantemente.

Guardo ancora Tom.

Sorrido, facendo come mi ha detto lui.

Non so perché ma stasera mi fido di lui.

 

*

[ANDREA]

 

 

Vi è mai capitato di sentirvi, leggermente, osservate?

Non vi è mai capitato di entrare in una stanza e attirare l’attenzione di tutti?

Beh, può sembrare strano, ma io, Andrea Linke, nonostante il mio abbigliamento non proprio sobrio, sono un tipo che passa inosservato.

Sarà la mia altezza, il fatto di essere magra come un’alice e senza un accenno di forma lontanamente provocante.

Sarà la mia totale insicurezza, l’acidità che uso per difendermi.

Non saprei dirlo.

Fatto sta che passo, sempre, inosservata, ovunque vada.

Nessuno si è mai accorto di me o, almeno, non si è mai ricordato.

L’unica volta che è capitato è stato con Bill, un attimo, i nostri sguardi si sono incontrati e lui, forse ha conservato il ricordo.

Ora sono qui, stringo la sua mano mentre entriamo in una delle grandi sale del Plaza Hotel.

E, come in una favola, tutti gli occhi sono su di me.

Sembrano indagare affondo, commentare ogni mio piccolo passo, qualche moglie di qualche discografico parlotta con un’altra indicandomi e poi sorridendomi, decisamente falsa.

Certo che questo posto è completamente falso.

Eppure è differente dalle feste a casa di Annika.

-Sbaglio o mi stanno guardando tutti?- domando sottovoce al mio ragazzo mentre mi stringo a lui.

Bill abbassa lo sguardo verso di me e sorride –Non sbagli- mi conferma –Stanno ammirando la più bella ragazza di questa sala-

Aggrotto le sopracciglia guardandolo attentamente –Bill…-

-Mmm…-

-Smettila di sparare stronzate- lo rimbecco.

Bill scoppia a ridere e fa scivolare un suo braccio sulla mia spalla stringendomi –Ma perché ti sottovaluti così tanto?- mi chiede retorico –La vedi quella ragazza lì?-

Mi indica una bionda, sicuramente tinta, seduta con le gambe accavallate su uno dei divanetti.

Ha un vestito abbastanza attillato e un paio di tette sicuramente costate un occhio della testa.

Annuisco.

-Alla festa per la presentazione di Zimmer 483 sono andato a letto con lei, adesso non ricordo nemmeno il suo nome-

E quest’informazione dovrebbe farmi stare tranquilla?

-E quella lì, la modella al braccio di Jonathan Meyer?- mi indica uno dei dirigenti della Universal che stringe la vita di una ragazza rossa decisamente mozzafiato.

È costretta in un vestitino verde che le copre a malapena il sedere e che lascia scoperte le lunghe e affusolate gambe.

Sarà alta un metro e ottanta sicuro.

Annuisco.

-Lei è stata nel mio letto circa due anni fa a una premiazione, come quella con la treccia bionda- continua.

Mi chiedo cosa sia per Bill tranquillizzare una persona.

Cioè, mi sta praticamente dicendo che ogni ragazza/bomba sexy in questa sala è stata a letto con lui, il mio ragazzo?

-Bill, spiegami come questo mi possa far sentire bene- dico guardandolo intensamente.

Il mio ragazzo si gira sorridendomi, mi prende le mani tra le sue e mi guarda, come a volermi spogliare l’anima –Le hai viste, sono il sogno erotico di ogni uomo, io le ho avute ma… nessuna di loro è te Andy, nessuna di loro ha mai varcato quella porta come mia, solo tu Andrea, solo tu sei entrata qui dentro come la mia fidanzata perché a differenza di quelle che sono solo gusci bellissimi ma inevitabilmente vuoti, tu sei splendida sia dentro che fuori- inclina la testa –Io mi sono innamorato di te perché sei… Dio, Andy, sei tremendamente vera, hai un cuore che non riesce a nascondere le emozioni, tu sei la mia libertà, sei la mia vitalità, mi hai tirato su perché quando parli è come se mi facessi una magia, nessuna di quelle ragazze mi ha mai, minimamente, dato quello che io sento per te- mi guarda –Nessuna era mai riuscita a incantarmi come te, quasi come se mi avessi fatto un incantesimo, mentre sto con te, piccola, sono vivo, mentre stavo con loro mi sentivo… no, non mi sentivo per niente, ero vuoto-

Posso piangere?

Come posso aver trovato un ragazzo… così?

Mi spinge verso di lui e mi abbraccia stretta, sotto lo sguardo di tutti.

Mi bacia i capelli e sorrido sulla sua giacca.

Come potrei mai sentirmi una nullità con lui accanto?

Con lui che mi dice certe cose?

E tra le sue braccia mi sento annegare, mi sento al sicuro.

-Piccola, questa è la nostra serata e tu sei davvero la ragazza più bella della sala, non mi piace quando ti sottovaluti ok?- mi allontana di poco dal suo corpo e mi guarda intensamente sorridendo –Sappi solo che mi sto trattenendo dal saltarti addosso davanti a tutti-

Arrossisco di botto mentre Bill ride.

Bill mi farà prendere qualche infarto uno di questi giorni.

Il suo sorriso è un fuoco continuo e io non voglio essere la prima vittima d’infarto per i sorrisi mozzafiato di Bill Kaulitz.

-Ora andiamo che ti devo presentare delle persone- trilla concitato –Non vedevano l’ora di sapere chi sei!-

Non mi lascia il tempo di rispondere che già mi ha presa per mano e sta camminando, con aria tronfia, tra la folla.

Io sono al suo fianco e cerco con lo sguardo Annika.

Non l’ho vista da quando siamo scesi, sembra che Tom l’abbia requisita.

Sorrido senza accorgermene.

Nonostante lei non abbia voluto farlo vedere, io so che dentro la Limosine Annika se la stava facendo addosso.

Quando Tom le ha sussurrato qualcosa all’orecchio quasi si è sentita male.

Poi Bill ha iniziato a baciarmi e il mio cervello si è liquefatto.

Dovevo stare più attenta, maledizione!

Bill saluta qualcuno con un gesto della mano e un sorriso tirato.

Volto lo sguardo verso la sua direzione mentre si ferma di colpo –Il Signore e la Signora Power, lui è uno dei due Dirigenti della casa Discografica, almeno della filiale tedesca, è il pezzo grosso, insomma- mi informa sottovoce mentre vedo questa coppia avvicinarsi –Sono odiosi, lui vuole rifilarmi la figlia da tempo immemore mentre lei è una gran pettegola, se le dici qualcosa il giorno dopo, come minimo, lo sa tutt’Amburgo-

-Come Annette- dico senza pensarci.

-Oh, Annette impallidirebbe a suo confronto- mi contraddice lui –Signor Power- trilla con voce troppo acuta –Che piacere rivederla-

Guardo Bill mentre si esibisce in un sorriso tutt’altro che vero, un sorriso che non ho mai visto in lui.

Esigenze di lavoro, lo immagino.

Poi mi soffermo a guardare la Signora Power.

È una donna abbastanza in carne, costretta in un completo Valentino rosso in tinta con i suoi capelli mogano. Indossa una gioielleria e un vistoso anello con tanto di diamante adorna il suo anulare destro.

Ecco, ho capito il genere.

La gran signora dell’alta società, raffinata e pettegola.

Mi guarda con evidente disgusto prima di mettersi a braccetto con il marito e guardare anche Bill, con evidente interesse.

Mi salgono i nervi. Questa mi sta già sul cazzo.

-Anche per me Bill- risponde l’uomo cordiale –Chi è questa fanciulla al tuo fianco?-

“Parlano come fossero rimasti al rinascimento francese, non capirai un cazzo”.

Le parole di Tom mi risuonano nelle orecchie.

Perfetto! Dovrò sforzarmi di non dire parolacce, impresa più ardua delle fatiche di Ercole.

Bill si illumina di un altro sorriso, questa volta vero e mi guarda dall’alto –Lei è Andrea Linke, la mia fidanzata- dice gonfiandosi d’orgoglio.

L’uomo fa scattare lo sguardo su di me percorrendomi come ha fatto la moglie.

Mi guarda facendo una smorfia.

Lui vuole rifilarmi la figlia da tempo immemore.

Perfetto, mi sono fatta il primo nemico nel mondo dello spettacolo. Allungo una mano sorridendo.

Tanto vale usare le loro stesse armi, Annika mi avrà insegnato pur qualcosa, no?

-Piacere di conoscerla, Signor Power- squittisco con tutta l’educazione che ho, ricordandomi di dargli del lei.

Bill mi stringe un fianco possessivo mentre la mano calda dell’uomo si stringe alla mia –Piacere mio, Andrea-

-E lei è la Signora Power- trilla ancora Bill indicandomi la donna.

Stringo la mano anche a lei, che sta già pensando a come lavarsela.

Blah, dovrei essere io a lavarmela, questa donna è così viscida.

-Quindi hai deciso di accasarti- inizia il Signor Power con evidente disapprovazione.

Bill fa spallucce –Mi sono innamorato di questo esserino- mi guarda con amore e io quasi mi sciolgo, mi scompiglia appena i capelli –Vedremo come andrà avanti, questa sera, però, ho intenzione di presentarla ufficialmente, è già un mese che stiamo insieme-

La Signora Power fa una smorfia tremenda e poi, con voce falsa e direi quasi avvelenata, dice –Spero che duri molto, allora!- ma in realtà vorrebbe dire –Spero ti butti nel cesso seduta stante-

Vorrei rispondere con una battuta intrisa di sarcasmo e cinismo (la mia specialità) ma una voce non me ne da la possibilità.

-BILL!- urla una voce tra la folla.

Il mio ragazzo si volta venendo investito da un flash non indifferente che fa strillare di disapprovazione la Signora Power.

-Chris cavolo- ridacchia Bill mentre un uomo dagli occhi verdi e i capelli neri abbassa un enorme macchinetta fotografica professionale da paparazzo e guarda il mio ragazzo con evidente divertimento –Quante volte di ho detto di non farmi foto all’improvviso?-

Faccio slittare lo sguardo sull’uomo che scoppia a ridere.

-Sai che è più divertente vedere le foto in cui siete usciti da schifo e poi metterle di nascosto su internet e vedere le ragazze che, comunque, dicono “Oh, quant’è bello!”- continua a ridere, per poi posare gli occhi su di me –Oh, è lei la famosa fidanzata eh?-

Arrossisco.

Non ho mai pensato che Bill avesse potuto parlare di me a qualcuno.

Fa ricadere la macchinetta fotografica e allunga una mano –Sono Christopher Härng- mi annuncia.

Stringo la sua mano e sorrido, lui è decisamente più simpatico della donna che se ne va via indignata seguita dal marito più interessato a un bicchiere di Champagne –Andrea Linke-

-Lui ci perseguita giornalmente- scherza Bill –è il nostro fotografo personale, ci segue ovunque per documentare le fans-

-Eh già!- trilla lui –E visto che sono il “paparazzo personale”, mettetevi in posa che vi faccio una foto, essendo uno dello Staff dei Tokio Hotel voglio la prima foto della coppia!- rivendica il primato mentre Bill mi afferra per la vita e io barcollo, sui miei tacchi.

Ok, adesso devo fare pure delle foto?

-Baciatevi- ci ordina.

Arrossisco un po’ mentre alzo lo sguardo verso Bill che mi stringe alla vita, faccio passare un braccio sulle sue spalle e l’altro sul suo viso, Christopher scatta nell’istante stesso in cui le nostre labbra si sfiorano appena.

Bill le posa completamente e, dopo aver morso le mie labbra, sorride al fotografo che sta guardando la foto appena scattata e sorride –Bellissima!-

-Chris ha già iniziato a rompere eh?- annuncia una voce femminile avvicinandosi.

Alzo lo sguardo e noto una donna sulla quarantina, bionda e dall’aria affidabile, avvicinarsi a noi. Ha un vestitino nero a tubino e delle scarpe non troppo alte, è davvero poco truccata e ha l’aria… normale.

Mi è già simpatica.

Si ferma al fianco di Christopher passando un braccio sulle sue spalle nonostante sia decisamente più alto.

L’uomo rotea gli occhi facendo ridere Bill.

Presumo che, per lui, questa sia una specie di seconda famiglia.

-Oh, ecco la misteriosa fidanzata di Bill, aspetta che viene Natalie, se la spupazzerà di sicuro- annuncia la donna con voce simpatica –Sono Dunja Pechner- si presenta infine.

Allungo la mano e ripeto il mio nome, nuovamente –Andrea Linke-

-Dunja è la Promoter Manager- mi informa Bill.

-Sto sempre con questi quattro casinari, lui, specialmente, mi manda sempre in bestia con le sue continue lamentele- mi dice facendomi sorridere –Sembra una Diva in menopausa-

-DUNJA!- esclama, indignato, Bill –Perché devi dire queste cose davanti alla mia ragazza?-

-Perché è ancora in tempo per scappare- sorride lei facendomi scoppiare a ridere.

Dio, i Tokio Hotel, compreso di staff, sono il gruppo più unito e strano che abbia mai visto.

Avevo sempre immaginato che fossero tutti abbastanza distaccati tra di loro per via del rapporto di lavoro, ma quello che ho davanti è sapore di… famiglia.

-Come stanno Erik e Simone?- chiede Bill.

-Credo che tuo fratello abbia traviato Erik, l’ho visto che guardava uno spettacolo di burlesque con il padre- ridacchia Dunja –Da quando Tom l’ha portato al Luna Park non fa altro che parlare delle bambine nella sua scuola-

Bill scoppia a ridere.

-Ma quanti anni ha?- chiedo curiosa.

-Quattro- annuncia lei annuendo –Puoi capire come ci sia rimasta!-

Rido anche io mentre Bill mi passa un braccio sulle spalle.

-Dunja, mica hai visto…- un’altra voce femminile si aggiunge a noi –Oh Dio Mio!- esclama quando posa gli occhi su di me.

Cavolo, è davvero bellissima.

Capelli biondi, pelle curatissima, lineamenti dolci e sofisticati, vestitino rosso stile retrò anni ‘50 e altissime scarpe con tacco a spillo sempre rosse.

Dietro di lei c’è una ragazza più giovane, sempre bionda e decisamente carina, con un tubino blu e le scarpe argentate.

Dunja si passa una mano sulla bocca dopo aver sussurrato un “Te l’avevo detto Bill” prima che la prima bionda mi si butti addosso abbracciandomi, senza un perché preciso.

-Tu devi essere la ragazza di Bill vero?-  esclama concitata mentre mi dondola appena –Non vedevo l’ora di conoscerti!-

Sto quasi soffocando.

Christopher, ridacchiando, scatta una foto, vedendo, poi, incenerito da uno sguardo inquisitore di Bill, che ride a sua volta.

Ma chi è questa?

Mi lascia appena per farmi specchiare nei suoi occhioni turchesi –Non sai quanto stai facendo felice Bill e sei davvero bellissima, davvero-

Alzo un sopracciglio.

-Natalie Franz, la truccatrice di Bill- mi dice Dunja.

Quindi è suo il merito del fascino di Bill?

-Allora?- mi esorta lei –Come ti chiami?-

-Andrea Lin…-

-Oh, Andrea è un nome bellissimo!- trilla lei –Quanti anni hai?-

-Natalie…- la riprende Bill ridacchiando.

Forse sa che poco sopporto i terzi gradi, nonostante mi diverta a farli. Capisco che quella donna ha qualcosa in comune con me.

-Diciassette - rispondo.

-Sei giovanissima!- si esalta da sola questa Natalie –Sei perfetta per Bill!-

-Grazie!- sorrido inclinando la testa.

Una mano si posa sulla spalla della donna e la seconda bionda, scuotendo la testa, mi sorride –Scusala, sono cinque anni che ascolta le pene d’amore di Bill, appena ha saputo di te si è esaltata, manco vi sposaste- dice allegramente –Sono Silke Grän, l’assistente Management-

È giovane, forse ha iniziato con i Tokio Hotel ed è rimasta fedele a loro.

Stringo la sua mano morbida, sorridendo.

Christopher scatta altre foto.

-Chris, smettila!- lo riprende Bill afferrandomi per un braccio per tenermi stretta.

Altro flash.

-Bill, tesoro di Christopher, nonostante mi diverta a fotografare Tom ubriaco perso che vomita sulle scarpe della sua “conquista serale” a tutti i vostri After Party, la tua ragazza mi sembra l’opportunità di finirla di fare foto così squallide che David, purtroppo usa solo per ricattarvi- lo guarda divertito.

Scoppio a ridere.

Questo Christopher mi sta simpatico, davvero.

-L’hai fatta conoscere a David?- chiede, d’un tratto, Dunja.

Bill scuote la testa –Non l’ho ancora visto-

-Beh, è lì che parla con Peter, Pat e Dave- Dunja indica un gruppetto seduto su uno dei divani di pregiata stoffa persiana.

Ne conto cinque, tutti vestiti in modo elegante ma senza eccessi, quasi giovanili.

Bill mi afferra per una mano e mi porta verso di loro dopo aver salutato l’allegra compagnia.

Dunja e Silke mi salutano con un gesto della mano, Natalie facendomi promettere che sarei passata durante i Photoshooting dei Tokio Hotel per qualche chiacchiera e Christopher facendoci un’ultima foto.

Credo che, se dovrò seguire Bill ovunque (e se i miei genitori accetteranno di farmelo fare) mi troverò benissimo.

C’è aria di famiglia in loro, di affetto e di allegria.

Il gruppo elegante scoppia a ridere mentre uno di loro, con sguardo malizioso, si porta il bicchiere di Champagne alle labbra.

È decisamente il più bello del gruppo, è un uomo sulla trentacinquina, portati bene aggiungo, moro dagli occhi turchesi.

Attira subito l’attenzione tra i cinque.

Ce ne è anche uno più giovane, biondo e dall’aria puramente teutonica, ma non riesce a splendere al fianco di quell’uomo.

-Chi sono?- chiedo a Bill mentre ci avviciniamo.

Lui sorride –I nostri produttori, il nostro manager, è il capo del nostro management-  mi dice.

I vertici della piramide Tokio Hotel, insomma.

L’uomo posa il bicchiere sul tavolo e si illumina appena ci vede.

-Bill!- trilla alzandosi –E in compagnia-

Abbasso lo sguardo imbarazzata, stringendomi al mio ragazzo.

Sto iniziando a sentirmi in soggezione.

-Lui è David Jost, il nostro manager- ci presenta Bill sorridendo –David lei è Andrea, la mia fidanzata-

L’uomo, David, mi porge la mano e io la stringo sorridendo –Molto piacere di conoscerti, Andrea-

-Anche per me, Signor Jost!- sorrido.

-Oh, una educata!- esulta David –Miss Germania si rifiutava di ammettermi al suo cospetto- scimmiotta –Sedetevi dai, vuoi qualcosa da bere Andrea?-

Scuoto la testa ringraziandolo prima che Bill mi costringa a sedermi sulle sue ginocchia.

Lui mi posa un bacio sulla guancia e mi dice, sottovoce, di tranquillizzarmi.

Sembra facile!

Sono seduta con tre produttori della Universal, al Plaza Hotel, mentre nell’aria si diffonde “Let it be” dei Beatles.

Almeno c’è buona musica.

Quando siamo entrati siamo stati accolti da “Stand by Me” degli Oasis.

Questo lo apprezzo, davvero.

Sorrido imbarazzata mentre il divanetto cede appena sotto il peso di David che ha passato a Bill un bicchiere di Champagne.

-Allora, vedo che Bill ha deciso di non fare niente stasera eh?- lancia un’occhiata al mio ragazzo per rimproverarlo –Loro sono Peter Hoffmann, Patrick, detto Pat, Benzner, Dave Roth e Benjamin Ebel-

Stringo le mani a tutti loro mentre David annuncia, in tono trillante –Lei è Andrea, la ragazza di Bill-

Guardo il mio ragazzo dopo le strette di mano e poso un bacio sulla sua fronte accoccolandomi a lui. 

Bill mi massaggia un fianco e sorride –Sei bellissima- mi ripete ancora.

-Andrea?- mi chiama Peter facendo stoppare la mano di Bill. Mi volto verso l’uomo, abbastanza anziano ma giovanile che, dopo essersi sistemato gli occhiali, mi sorride –Dove hai conosciuto Bill?-

Sorrido –Amici comuni-

Lui ridacchia mettendosi una ciocca di capelli a posto.

-Ci siamo incontrati in un centro commerciale mentre lui stava litigando con la mia migliore amica per una bottiglietta di Chanel n.5 scontato del 40%- racconto soffocando le risate –Lì per lì ho pensato che fosse gay-

-Come il resto del mondo, tranquilla!- scherza Benjamin beccandosi un dito medio da parte di Bill.

-Poi, qualche giorno dopo, l’ho incontrato mentre tornavo a piedi da scuola, lui mi ha fatta salire e beh, penso di essermi innamorata di lui in quel momento- dico sincera –Ha fatto tutto Bill, comunque- mi affretto a dire –Io sono abbastanza negata con i ragazzi-

I componenti della compagnia scoppiano a ridere e io sorrido.

-Ti sei appioppata un bel guaio Andrea- mi annuncia David –Non so se conosci il lato oscuro di Bill-

-Quale lato oscuro?- chiedo mentre Bill lo fulmina con lo sguardo.

-Bill è l’essere più irascibile, stancate, insopportabile, lamentoso, esigente, infantile e impulsivo che io abbia mai conosciuto- annuncia David –Con lui nemmeno un monaco buddista riuscirebbe a rimanere paziente-

-David- lo minaccia Bill arpionando le mani al suo braccio –Stai rischiando grosso lo sai?-

-Con Miss Germania non potevo prenderti in giro- lo rimbecca il manager facendomi ridere.

-La vuoi smettere con questa Miss Germania?- esclama Bill irritato –Lei era una smorfiosa senza cervello, non c’è bisogno che me lo ricordi, ok?-

David scoppia a ridere contagiandomi.

Bill mette il broncio ma… oh, quant’è adorabile!

Mi piego verso di lui e lo bacio a stampo, tappando il suo broncio da bambino.

-Allora sono innamorata del suo lato oscuro- annuncio facendolo sorridere.

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Capitolo 32
*** 32. La Proposta. ***


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[TOM]

 

If you’re leaving, will you take me with you?

I’m tired of talking on my phone

There is one thing I can never give you

My heart will never be your home

 

So what’s the matter with you?

Sing me something new

Don’t you know the cold and wind

The rain don’t know

They only seem to come and go away

 

Stand by me

Nobody knows the way it’s gonna be

Stand by me

Nobody knows the way it’s gonna be

Stand by me

Nobody knows the way it’s gonna be

Stand by me

Nobody knows, yeah nobody knows

The way it’s gonna be

 

La voce melodiosa e piacevole di Liam Gallagher mi si infila nelle orecchie.

Il lusso più sfarzoso ci circonda, le note di una canzone che ha fatto la storia ci avvolgono, quintalate di fighetti in tiro ci squadrano.

Noi, i Tokio Hotel, ragazzi venuti dalla strada e stranamente alla mano, abbiamo dovuto farci l’abitudine ad eventi del genere.

E ormai non mi sembra neppure tanto strano dover salutare qualcuno di questi tizi in giacca e cravatta con una stretta di mano, e non con un’amichevole pacca sulla spalla, come mio solito.

Inoltre stasera, è una serata particolare.

Mi sistemo di poco il collo della giacca blu che indosso e che, devo dire, mi fa tanto bello e dannato.

Abbasso il mio sguardo alla mia destra e incontro gli occhi ghiaccio di Annika che, timidamente, sta al mio fianco.

Le sorrido di poco, prima di passarle di nuovo una mano dietro la schiena e spingerla verso di me.

-Prendiamo qualcosa da bere?- le propongo io, cercando di metterla a proprio agio.

Lei annuisce, sorridendomi.

La guardo per qualche istante: stasera è bella da mozzare il fiato.

Io, che sono sempre stato convinto di essere nettamente superiore rispetto alle ragazze che mi portavo a letto, vicino ad Annika mi sento quasi al suo pari.

Prendo a camminare lentamente per l’immensa sala, diretto verso l’enorme tavolo dei drink.

Fino a qualche settimana fa l’idea di farmi vedere in giro con una ragazza mi sembrava assurda, improbabile, masochista.

Io, Tom Kaulitz, non ci pensavo minimamente ad apparire pubblicamente con una donna al mio fianco, per alimentare roumors e false voci.

Ma, adesso….è semplicemente diverso.

L’idea che tutta la nazione mi veda con Annika affianco mi piace, e anche tanto.

Aver spudoratamente mostrato a quella mandria di fotografi assatanati lì fuori che sono in compagnia di una ragazza bella come Annika, è stato esattamente come se io mi fossi appeso al collo un cartello recante la scritta: “Lei non è solo un’amica”.

Se fosse stata semplicemente un’amica, non l’avrei portata con me ad una festa tanto importante.

La guardo mentre mi sorride dolcemente e con i suoi occhi profondi come il mare mi osserva.

Mi osserva in un modo che mi fa sentire dannatamente bene.

Lei stasera è mia.

È qui con me e tutti lo stanno vedendo.

Stringerla a me come il questo momento vuol dire urlare pubblicamente che lei è impegnata.

E lo è con Tom Kaulitz.

Arriviamo all’immenso tavolo allestito alla perfezione.

Una cameriera stretta in un completo nero, impreziosito da un grembiulino bianco abbinato al colletto, ci sorride cordiale.

-Desiderate?- ci domanda gentile.

-Non si preoccupi, faccio io- le dico io, facendole segno di tornare al suo posto-Grazie- aggiungo poi accennandole un sorriso.

-Champagne?- chiedo io voltandomi verso Annika.

Lei annuisce con vigore.

-Si, grazie- mi sorride.

Annika è un tipo raffinato, e ho una vaga idea di quali siano i suoi gusti.

Certamente non è una tipa da vodka alla fragola.

Afferro la bottiglia già aperta, inserita all’interno di un secchiello ghiacciato, su cui è steso un panno color salmone.

Ne verso un po’ all’interno di un bicchiere a forma di calice e glielo porgo cercando di essere il più delicato possibile.

Lei afferra il bicchiere di cristallo e ridacchia leggermente, nel vedermi alle prese con il mio bicchiere.

-Ti faccio ridere?- le chiedo io, prendendo il mio bicchiere tra le mani.

-Ehm…si!- esclama lei, ridendo leggermente- diciamo che ho appena assistito ad una visione alquanto insolita- ridacchia lei, guardandomi.

Rido anche io: in fondo ha ragione.

Io che verso dello Champagne ad una ragazza?

Una scena decisamente improbabile.

-Beh, dovresti ritenerti fortunata, allora!- esclamo io, alzando un sopracciglio con aria furba.

Lei ride, divertita dalla mia faccia, probabilmente.

-Facciamo un brindisi?- le propongo io, avvicinando il mio bicchiere al suo.

-A cosa?-

Ci penso un attimo su.

-A questa serata- propongo io, girandoci attorno- e…a noi- aggiungo poi, quasi in un sussurro, guardandola negli occhi.

Vedo il suo sguardo illuminarsi e le sue labbra carnose dalle sfumature dorate piegarsi in un lieve sorriso.

-A noi, allora- mormora lei, alzando il bicchiere e incrociando il suo braccio con il mio.

Ricambio il gesto e, contemporaneamente, ci avviciniamo al bordo dei nostri bicchieri e prendiamo un sorso del liquido a bollicine.

Mi allontano dal bordo del bicchiere e vedo che Annika scioglie la presa, portando il calice all’altezza del suo seno.

Mi sorride e mi sembra di leggerglielo negli occhi, quanto è felice di essere qui con me stasera.

La squadro per intero, non riuscendo in nessun modo a toglierle gli occhi di dosso.

Eppure appena l’ho vista salire nella limousine con le sue gambe chilometriche e il viso incorniciato dai capelli biondi mi sono ripromesso di non sbavare.

È decisamente elegantissima, molto più di me.

Un vestito raffinato la avvolge, mettendo in risalto le sue forme pronunciate quanto basta per piacere a me.

Ma nella sua eleganza conserva quel tocco di sensualità che accende la mia fantasia.

E avere lei al mio fianco stasera mi piace tremendamente.

Mi piace l’idea che tutti ci vedano insieme.

Mi avvicino al suo orecchio e le sussurro un:

-Sei bellissima, stasera-

No, a dire il vero, è molto di più.

Ma non sarebbe di certo carino dirle quello che sto pensando in questo momento con lei così vicina.

-Grazie- mormora lei, quasi in un sussurro, arrossendo di poco.

Si morde il labbro inferiore con fare imbarazzato e alza il suo sguardo verso di me.

Quel suo gesto mi eccita tremendamente.

-Sapevo che saresti stata all’altezza di un posto del genere- aggiungo poi sorridendole malizioso.

-Dici sul serio?- si stupisce Annika, evidentemente felice per quanto le ho appena rivelato.

-Certo- annuisco io- sei elegantissima e non passi di certo inosservata in un posto come questo- le sussurro avvicinandomi a lei ed indicando un paio di ragazze sedute su un divanetto che fissano nella nostra direzione, con sguardo decisamente eloquente e parlottando tra di loro.

Stanno certamente commentando la ragazza accanto a me, con un bel sottofondo di invidia e gelosia.

Annika si volta a guardarle per poi esordire con un:

-Quelle stanno guardando te, Tom!- prende un leggero sorso dal suo bicchiere di Champagne.

Ridacchio divertito scuotendo la testa.

No, che non stanno guardando me: io e le figlie del signor Muller ci detestiamo da sempre.

Loro cesse sfigate, io figo da paura: non ci prendiamo a vicenda, si sa.

-Anche quelli li giù guardano me?- le chiedo ancora, indicando i figli del nostro vecchio produttore, Samuel Smith.

Due ragazzi sulla trentina, decisamente perbene, i tipici pariolini sempre ed esclusivamente in giacca.

Parlano tra di loro indicando, con segni poco evidenti, Annika.

La bionda accanto a me si volta un attimo verso di loro, per poi tornare a guardare me.

-Ehm…- si schiarisce la voce, con fare imbarazzato.

Ridacchio di poco, poi passo una mano attorno alla sua vita, tirandola leggermente verso di me.

-Adesso sapranno che non devono guardarti più- le sussurro in un orecchio, alzando il mio sguardo verso i due che mi vedono e, immediatamente, si voltano.

Sciolgo il nostro abbraccio e vedo gli occhi di Annika luccicare quasi.

Le sorrido malizioso, leccandomi il labbro inferiore.

Lei si volta di nuovo in quella direzione, accorgendosi che sono stato capace con un solo sguardo di dissuaderli dall’intenzione di provarci con quella che stasera, agli occhi di tutti, appare come la mia ragazza.

Mi guarda e ride.

-Wow- sentenzia, stupita.

Il mio sguardo da ragazzo privo di modestia non le sfugge certamente.

-Ehi disastro- la voce che mi giunge alle orecchie mi è decisamente familiare. E sentirmi chiamare con quel simpatico nomignolo alla David Jost sulle note di “Let it be” dei Beatles è il connubio perfetto.

Mi volto e vedo il mio carissimo manager venirmi incontro, stretto in un elegantissimo completo nero, dal quale si intravede una camicia bianca con i primi tre bottoni sbottonati come suo solito.

Indubbiamente non dimostra i suoi 35 anni.

Avrà venduto l’anima al diavolo?

Gli sorrido, ringraziandolo mentalmente per aver già commesso il primo errore: chiamarmi in quel modo davanti ad Annika.

Sposto il mio sguardo su di lei e la vedo ridacchiare, divertita.

Ok, probabilmente ora me lo rinfaccerà a vita.

Vedo il manager dirigersi verso di noi con la sua solita andatura da eterno ventenne e sorriderci con la sua classica faccia da simpaticone.

-Buonasera- mormora sorridendo cordiale, rivolto verso Annika.

-Buonasera, signore- risponde la bionda con educazione, sorridendogli come solo lei è capace.

-Non sapevo che anche tu avresti presentato la tua ragazza, stasera- mi fa David puntando il suo sguardo ghiaccio su di me.

-Ehm…lei non è la mia ragazza- lo informo io con qualche lieve incertezza che, a quanto pare, non passa inosservata all’attenzione di David.

-Ah no?- mi chiede lui sorpreso, inarcando un sopracciglio.

È incredulità quella che si legge negli suoi occhi?

-Sono una sua amica- interviene Annika con decisione- mi chiamo Annika Stern, molto piacere- trilla lei porgendo la mano al manager con cordialità.

David la afferra e prontamente la stringe con energia.

-Io sono David Jost, il manager di questa band di folli, il piacere è mio- esclama lui sorridendo verso Annika.

Lei ride, divertita dal ritratto denigratorio che questo tizio qui ha appena fatto dei Tokio Hotel.

-Devo farti i miei complimenti, Tom!- esclama poi, dandomi un’amichevole quanto energica pacca sulla spalla- per la prima volta hai portato con te una ragazza come si deve- aggiunge squadrando interamente Annika e facendola arrossire di poco- una ragazza che, a quanto vedo, sa cos’è la classe e l’eleganza- continua, complimentandosi con lei e sorridendole.

Bene, ha fatto decisamente colpo su David.

-Sai, ero abituato a vedere Tom presentarsi con ragazze vestite come se fossero state direttamente prelevate dalla strada, caricate in macchina e trascinate qui senza il minimo preavviso- continua lui rivolto verso Annika, causando una lieve risata in lei.

-E inoltre, mi compiaccio all’idea che stasera Tom non si ubriacherà come suo solito ed io non sarò costretto ad andarlo a recuperare mentre vomita alle due di notte- continua David facendo ridere Annika.

Sospiro: David Jost sa esattamente come farmi girare le palle.

-Sappi che tutto quello che esce dalla sua bocca su di me, non è attendibile- mi volto verso Annika e la informo di una notizia a dir poco necessaria.

Poi lancio un’occhiata non proprio gentile al mio schiavista personale.

Da un momento all’altro potrebbe dire qualcosa di sconveniente, già lo so.

Lei ride divertita: le sembreremo due folli, probabilmente.

-Lascialo parlare, Tom- mi rimbecca Annika, tornando a guardare l’uomo che ci sta di fronte, quasi estasiata.

David le sorride, come se la conoscesse da sempre.

-Ad ogni modo, sono felice di vederti così stasera, Tom- esclama, guardandomi da capo a piedi- hai una parvenza lontanamente elegante, sai?- mi fa lui ridacchiando.

Lancio un’occhiata complice ad Annika che mi sorride.

-Merito suo- esordisco, indicando la ragazza accanto a me- mi ha accompagnato lei a fare shopping e diciamo che mi ha aiutato ad essere presentabile stasera- mormoro io, guardandola.

-Sul serio?- chiede stupito, David.

Annuisco, mentre vedo Annika imbarazzarsi leggermente.

-Ho la vaga sensazione che questa ragazza ti farà mettere la testa apposto- commenta David annuendo sicuro.

Da come parla, sembra che stiamo per sposarci, quando non stiamo neppure insieme.

Vedo Annika arrossire leggermente e sorridere, in evidente soggezione.

-Ok, David può bastare- lo avviso io intimandogli di evaporare.

-Ti ho già detto che Tom è il peggiore della band? Quello lunatico, sgradevole, presuntuoso, convinto e decisamente poco modesto?- continua David guardando Annika con aria pensosa.

-No, ma è un dettaglio di poco conto- taglio corto io, facendo ridere Annika.

Vedo il mio manager sorridere: il suo mestiere è rompere le palle a noi tutti, poveri musicisti, capitati nelle sue mani.

-Noto che urge una mia uscita dalle palle- commenta David ironico, rivelandomi che poi non è così stupido come pensavo- a quanto pare Tom ha fretta di restare da solo con te- sussurra ad Annika con aria maliziosa.

Lei mi guarda arrossita e visibilmente in imbarazzo.

-Mi stai rovinando, ne sei consapevole?- mi rivolgo a lui con aria seria.

Lo vedo ridere, divertito.

-Vi auguro una buona serata- ci annuncia lui - è stato un piacere conoscerti, Annika- continua poi rivolgendosi a lei.

-Piacere mio, signor Jost- esclama lei sorridendo e salutando con un lieve ed elegante cenno della mano l’uomo che si allontana.

Riprendo a respirare, finalmente.

Mi volto verso Annika e la vedo sorridermi.

-è simpatico- trilla lei guardandolo andare verso Georg, sicuramente ad importunare anche lui.

-Dipende dai punti di vista- commento io, sorridendole.

-Mi sto divertendo, sai?- mi fa lei, evidentemente felice.

Mi fa così piacere quello che ha appena detto.

Mi fa piacere che lei si senta esattamente come me in questo momento.

Mi fa piacere che, per la prima volta, una serata del genere si stia rivelando indubbiamente emozionante (se escludiamo l’intervento di quel pazzo di David).

La guardo, puntando i miei occhi nei suoi, e diventando d’un tratto serio.

Sento le note di “Dice” di Finley Quaye perdersi nell’aria.

Un brivido mi corre veloce lungo la schiena.

Questa canzone.

Amo questa canzone, nonostante io non sia particolarmente predisposto per le melodie lente e dolci.

Ma queste note sono assolutamente da brivido.

Lascio scivolare lo sguardo sulla pista al centro della sala, e noto che si sta velocemente popolando di coppiette abbracciate.

Le guardo con un sopracciglio alzato.

Voglio essere una di quelle?

Voglio che io ed Annika siamo una di quelle?

Quelle note mi si infilano prepotentemente in testa.

Tolgo il bicchiere di Champagne ormai semivuoto dalle mani di Annika e lo poggio, insieme al mio, sul tavolo più vicino.

-Ti va di ballare?- le chiedo così, a bruciapelo, senza pensarci troppo su.

Lei mi guarda con espressione decisamente stupita.

Un lieve sorriso incurva le sue labbra.

Non le do neppure il tempo di rispondere che incrocio le dita della mia mano con le sue, sentendo la sua pelle liscia e perfettamente levigata sulla mia, e la trascino al centro della sala con me.

 

I was crying over you
I am smiling I think if you
Where your garden have no walls
Breathe in the air if you care, you compare, don't say farewell

 

Porto le sue mani all’altezza del mio collo, mentre lascio scivolare le mie sui suoi fianchi.

Sento i suoi polsi incrociarsi dietro la mia nuca, con qualche incertezza, mentre io la avvicino di qualche centimetro a me, rinforzando la presa su di lei.

La sento così vicina.

Così vicina che riesco a sentire il suo profumo dolce e piacevole solleticarmi l’olfatto.

Così vicina che il suo sguardo sembra in grado di leggere tutto quello che sto pensando ora.

Così vicina che basterebbe un suo bacio per rendere assolutamente perfetto un momento come questo.

Avere il suo corpo sensuale tra le mie mani mi fa sentire strano.

Il desiderio c’è, eccome.

Ma è come se io non avessi il coraggio di fare nulla.

È come se avessi paura di intaccare questo momento perfetto, in cui il suo respiro mischiato al mio è più importante di qualsiasi altra cosa qui dentro.

 

Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear that your love's for me
Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear that your love's for me

Alza lo sguardo fino ad incontrare il mio e mi sembra quasi di sentire quant’è agitata e a disagio in questo momento.

Sentire le sue braccia attorno al mio collo è una sensazione che mi piace.

Mi piace l’idea di stare così attaccato a lei a dondolarmi sulle note di una canzone che…beh, è diversa dalle altre.

Tom Kaulitz che balla un lento?

Questo non è solo un lento.

E il corpo che sento tra le mie mani non è quello di una ragazza qualunque.

Annika, forse inconsapevolmente, ha saputo usare quell’arma che è riuscita a far scattare qualcosa in me.

E che mai nessun’altra ragazza è stata mai in grado di usare.

Ho solo 21 anni, ma la mia fama di playboy è ormai più che conosciuta.

Con quante ragazze sono stato? Tante, forse troppe.

Per me loro sono state semplicemente presenze femminili con cui soddisfare i miei bisogni fisici.

Anche io ed Annika siamo stati a letto, è vero, ed è stato solo sesso.

Anche lei per me, all’inizio, mi è apparsa come la classica bomba sexy da portarmi a letto e basta.

Occhi chiari, lunghi e morbidi capelli biondi, sorriso d’angelo, corpo da panico.

Perfetta per allietare le mie notti.

Ma poi, paradossalmente lei è stata capace di sfuggirmi.

Io che ho sempre creduto di avere il controllo sulle mie conquiste, d’un tratto mi sono ritrovato a sorprendermi di quello che stava succedendo.

Praticamente lei era mia, ormai l’avevo avuta, era stata una delle mie innumerevoli conquiste, era stata ospite del mio letto, ripetutamente.

Mi aveva fatto divertire, e anche tanto. E la cosa sarebbe dovuta essere finita lì, come sempre.

Eppure non è andato tutto secondo i miei piani.

Lei è riuscita a creare in me la sensazione di averla persa.

È come se io, dopo averla toccata, dopo averla baciata ed averla fatta mia per una notte, ne abbia sentito il bisogno.

Ed il fatto che lei, quella mattina, sia scappata via senza dirmi nulla, mi ha fatto sentire…strano.

Mi ha dato talmente fastidio che mi ha spinto a cercarla ancora.

Mi ha dato fastidio che lei, nonostante fosse stata succube di me per una notte, alla fine abbia avuto il coraggio di riacquistare la sua dignità, scegliendo di andarsene.

Ed io non ci ero abituato ad una cosa del genere.

La fitta che ho sentito dentro, la mattina in cui Bill mi ha detto di averla mandata via, non l’avevo mai sentita.

Probabilmente lei è stata diversa per me, già in partenza.

Magari era scritto che lei dovesse avere quel qualcosa in più che Tom Kaulitz non è mai riuscito a trovare in nessuna.

 

I was crying over you
I am smiling I think if you
Misty morning and water falls
Breathe in the air if you care, you compare, don't say farewell


Mi sembra quasi di sentire il suo cuore battere sul mio petto.

La vedo alzare di poco il viso, verso di me, quel tanto per creare una distanza minima tra le nostre labbra.

Fisso la mia attenzione nei suoi occhi, e mi sembra di non averla mai guardata prima, così.

Che abbia ragione Bill con tutte quelle cazzate sull’amore?

Naa, non credo.

So solo che vorrei far arrivare le mie mani chissà dove, in questo momento.

Mi avvicino al suo orecchio, facendo scivolare la mia presa lungo i suoi fianchi.

-Ti imbarazzo così tanto?- le sussurro in un orecchio, notando che quasi trema per l’agitazione.

Lei mi guarda, e arrossisce di botto.

Sorrido: a volte sa essere così dolce che mi spaventa.

-Beh…-tenta di dire lei quasi in un sussurro- diciamo che non avrei mai pensato di potermi ritrovare a ballare un lento abbracciata con te, in una sala enorme e bellissima come questa- mormora lei, continuando a guardarmi.

Sorrido leggermente abbassandomi fino a far sfiorare il suo naso con il mio.

 

 

Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear your love's for me
Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear your love's for me
Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear your love's for me

 

-E…ti piace l’idea?- le chiedo io con voce roca, rendendo più decisa la presa sui suoi fianchi.

Dopo qualche secondo, lei annuisce leggermente, visibilmente imbarazzata.

-Anche a me, principessa- le sussurro con voce roca a sensuale in un orecchio, sentendola quasi sussultare sotto il mio tocco.

Mi avvicino al suo collo dalla pelle abbronzata ed invitante e le lascio un bacio.

Un bacio umido, caldo, un bacio che palesa tutta la voglia che ho di lei.

Un bacio che farebbe sciogliere qualsiasi ragazza, ne sono certo.

Sento il suo profumo dolce rendere questo istante terribilmente eccitante.

Mi allontano dalla sua pelle, controvoglia, in tempo per vedere Annika completamente arrossita.

Le sorrido malizioso: sa essere così fragile, alle volte.

 

Virtuous sensibility
Escape velocity
Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear your love's for me
Nothing can compare
To when you roll the dice and you swear your love's for me

 

La spingo ancora verso di me, facendo aderire i nostri corpi e la guardo negli occhi come a volerle trasmettere tutto quello che voglio stasera da lei.

La vedo guardarmi e la sento emozionatissima.

Mi compiaccio dell’effetto che le faccio.

-Signor Kaulitz- una voce maschile mi riporta alla realtà.

Alleggerisco la presa sui fianchi di Annika e mi volto nella direzione da cui proviene la voce.

Vedo un omaccione calvo, decisamente alto e ben messo, venirci incontro, avvolto da un’uniforme nera.

-Mi dispiace interromperla- si scusa lui con un lieve cenno del capo- ma la informo che la conferenza sta per iniziare- conclude poi, accennandomi un lieve sorriso.

-Ehm…arrivo subito, grazie- lo liquido io, facendogli segno di andare.

L’uomo ci volta le spalle e si allontana.

Guardo Annika, mentre lei scioglie la presa dietro il mio collo e cerca di allontanarsi, lievemente imbarazzata.

-Scusami- mormoro io, lasciando lentamente la presa sui suoi fianchi- ma devo andare- continuo io.

-Tranquillo!- trilla lei, sorridendomi.

Mi dispiace interrompere un momento che mi stava piacendo, forse anche troppo.

Le sorrido, felice che lei abbia capito le esigenze di una rockstar.

-Non appena finisce la conferenza e riesco a liberarmi dal servizio fotografico che sicuramente il nostro fotografo Chris ci farà, torno da te- la informo io, avvicinandomi al suo viso e lasciandole un morbido e sensuale bacio sulla sua guancia.

Lei mi sorride, imbarazzata.

La guardo un’ultima volta, prima di allontanarmi verso la sala conferenza.

E già non vedo l’ora che sia finita.

 

*

 

[ANNIKA]

 

 

Sospiro profondamente.

Se non mi do una calmata, stasera rischio di farmi venire un ictus.

Ok, diciamo che Tom Kaulitz in versione dannatamente sexy e dolce farebbe venire i brividi a chiunque.

Ma io forse, mi sto agitando un po’ più del normale.

Abbasso lo sguardo sul mio braccio scoperto e noto la pelle d’oca farsi strada velocemente lungo tutto l’arto.

Lo vedo allontanarsi verso la sala conferenza con quel suo portamento incredibilmente sicuro e deciso che mi è sempre piaciuto da morire.

Sfioro con un dito la mia guancia, sulla quale Tom ha appena lasciato un bacio a stampo più eccitante di una notte di sesso sfrenato.

Come riesce a farmi questo effetto, proprio non lo so.

-Ehi che fai? Contempli in culo di Tom Kaulitz in un posto come questo?- il sarcasmo pungente di Andrea mi fa sobbalzare.

Mi volto e la vedo ridacchiare divertita dietro di me.

-Andrea!- la rimprovero io, inclinando di poco il capo.

-Che c’è?- mi chiede lei innocente, alzando le spalle- vuoi farmi sfogare almeno ora che sono con te? Davanti a tutti quei produttori non ho potuto dire neppure una parolaccia, cazzo- si lamenta lei.

Rido divertita, notando che sta recuperando velocemente.

-Avrei tanto voluto vederti in versione brava ragazza educata, sai?- commento io, ridendo- scommetto che hai dovuto anche fare lo sforzo immane di dare a tutti del lei- aggiungo poi, prendendola in giro.

-Si- si lamenta lei sbuffando e incrociando le braccia sotto il seno- ah!- si riprende poi- non hai risposto alla mia domanda, comunque- continua lei guardandomi negli occhi con fare indagatore.

Inclino di poco la testa, e la fisso con sguardo interrogativo.

-Allora?- mi incalza lei- guardavi il culo a Tom?- mi chiede di nuovo, ridacchiando.

-Scema- la apostrofo io, ridendo e non riuscendo a nascondere molto bene il mio imbarazzo.

Andrea ride, prima di prendermi la mano e affiancarmisi.

-Bill mi ha fatto conoscere tutto lo staff dei Tokio Hotel- trilla lei esaltata- e mi ha presentata a tutti come la sua fidanzata- aggiunge poi emozionata, con gli occhi che le brillano.

La guardo, sorridendole.

-Che dolce- commento io, con aria sognante- tra poco tutta la nazione saprà che Bill si è ufficialmente legato ad una ragazza- le dico io emozionata quanto lei, quasi- sei pronta?- le chiedo io, stringendo la sua mano mentre camminiamo lentamente verso la sala conferenza.

-Domanda di riserva?- mi fa Andrea con sguardo incerto.

Rido divertita, per poi passarle un braccio attorno alle spalle e tirarla a me, mentre usciamo dalla sala da ballo.

-Ho lo stomaco in gola- mi confessa lei, guardandomi quasi terrorizzata.

Sorrido, intenerita nel vederla così.

-Prendila come una rivincita nei confronti di tutte le ragazze che ti hanno sempre guardata dalla testa ai piedi con disgusto, additandoti come quella che sarebbe rimasta sola a vita- le dico io, guardandola- tra poco, tutte loro sapranno che Andrea Linke è diventata la fidanzata del frontman di una band di fama internazionale - continuo io vedendo gli occhi della mia amica brillare, quasi- la tua presentazione ufficiale sarà una bella rivincita, non credi?- concludo poi guardandola con aria furba.

-Decisamente- commenta lei sorridendo ed annuendo con vigore.

Entriamo nella sala conferenza, dall’aspetto tremendamente lussuoso.

Mi guardo attorno.

-Wow- mi lascio sfuggire, guardando il soffitto altissimo, le pareti completamente dorate con colonne in stile corinzio che richiamano quelle presenti in tutto il resto dell’Hotel.

-Già- mi asseconda Andrea guardandosi attorno stupita- è proprio il caso di dire che non hanno badato a spese, eh- continua poi, estasiata da tutto quello che ci circonda.

Un enorme tavolino dalla fantasia geometrica sta al centro della sala, di fronte al quale si estendono diverse file di sedie che sono già completamente popolate da giornalisti e fotografi.

Lascio scorrere il mio sguardo su Tom, che ha appena preso posto accanto a Bill e sta indicando qualcuno dei giornalisti, sussurrando qualcosa all’orecchio del fratello.

Resto a fissarlo: è così bello stasera.

Così bello che mi sembra un sogno essere accanto a lui.

Sento una gomitata al mio fianco, mi riprendo e mi volto verso Andrea che mi guarda con un sopracciglio alzato.

-Che c’è?- le chiedo io, cercando di nascondere il mio imbarazzo.

-La smetti di mangiartelo con gli occhi davanti a tutti?- esclama Andrea ridendo di poco.

-Non me lo sto…- mi interrompo un attimo, guardandolo ancora-…mangiando con gli occhi- concludo, poco convinta.

O forse si?

La mia amica ride: deve aver capito tutto, come sempre.

-Bene, adesso è lui a spogliarti con lo sguardo- mormora poi guardando nella direzione di Tom.

Mi volto ed immediatamente incrocio il suo sguardo e noto perfettamente che mi sorride e mi fa un occhiolino con malizia.

-Oddio- mormoro io voltandomi immediatamente e guardando Andrea.

Sto prendendo fuoco.

-Te l’avevo detto- esclama lei, ridacchiando.

-Tu dici che…- tento di dire io, incerta.

-Ti vuole? Oh si- esclama lei rispondendosi immediatamente- conosco lo sguardo di Tom ed il modo in cui ti sta squadrando in questo momento è decisamente diverso da come guarda me o suo fratello- continua lei.

Tiro un respiro profondo.

Sto per rispondere quando sento una voce maschile al microfono.

Io ed Andrea ci voltiamo contemporaneamente, prestando un minimo di attenzione.

Ci appoggiamo allo stipite della porta ed osserviamo David, richiamare l’attenzione dei presenti.

-Buonasera a tutti- esclama l’uomo al microfono, con voce cordiale.

-Niente male il manager, eh- mi sussurra Andrea in un orecchio, con aria maliziosa.

Sorrido anch’io con malizia.

-Si- le confermo io, notando come quell’uomo porti bene i suoi quasi quarant’anni- decisamente affascinante- concludo poi, ridacchiando insieme ad Andrea.

-…si tratta dunque di un’ottima opportunità per voi tutti di conoscere i pensieri e le impressioni dei Tokio Hotel a riguardo- commenta David- lascio a voi la parola, e vi raccomando di presentarvi prima di porre qualsiasi domanda e soprattutto di parlare con calma e senza affrettarvi troppo, grazie- conclude poi, sorridendo ed abbandonando la postazione per sedersi accanto a Gustav, in fondo al tavolo.

Cavolo, abbiamo perso la parte iniziale del discorso.

Colpa dei commenti sull’avvenenza e il fascino del bel manager.

Sento le note di “Live Forever” degli Oasis perdersi nell’aria, mentre osservo un tizio in prima fila che alza la mano in aria.

-Prego- lo esorta a parlare David.

-Frank Krause, per Bild- si presenta l’uomo -Una domanda per la band: cosa dovremo aspettarci da questo nuovo cd?- chiede il giornalista, mettendosi immediatamente pronto per prendere appunti su un taccuino.

È Bill a rispondere, come sempre.

-Humanoid rappresenta una sfida per i Tokio Hotel- incomincia il cantante con sicurezza e con l’aria di chi sa decisamente cosa dire.

Lentamente sposto il mio sguardo su Tom che è seduto accanto al fratello ed annuisce alle parole del vocalist.

Lo guardo, in tutte le sue fattezze fisiche.

Perché stasera mi sembra così tremendamente sincero?

E soprattutto perché non riesco a smettere di sentirmi così agitata?

Vedo che il suo sguardo incontra il mio.

Sussulto per un attimo.

Dio, mi sta guardando!

Mi sorride in maniera quasi impercettibile, in uno sguardo che è solo il nostro, mentre Bill continua a blaterare sul nuovo sound ed i testi di Humanoid.

Ma io non lo sto ascoltando affatto.

Sono troppo impegnata a fare quel sensuale gioco di sguardi con Tom.

Rispondo al suo sorriso, mostrandomi almeno lontanamente seducente.

-Ti sta mangiando con gli occhi- mi sussurra Andrea in un orecchio.

Il mio cuore prende a battere all’impazzata.

Mi volto verso di lei e la guardo incredula, sbattendo le mie ciglia un paio di volte.

Davvero il suo sguardo appare così agli occhi degli altri?

Vedo la mia amica annuire convinta.

-Non lo vedi? Se potesse ti salterebbe addosso qui davanti a tutti- mormora lei al mio orecchio.

Lo guardo: tiene le mani poggiate sul tavolo e guarda Bill che spiega, sorridendo, come sono nate le canzoni del nuovo cd.

-Vuole solo sesso da me- commento io a voce bassa con aria delusa- ha sempre cercato solo quello in me-

Suona quasi come una consapevolezza carica di rassegnazione.

-Non dire cazzate- sbotta Andrea, continuando a mantenere basso il suo tono di voce, per quanto possibile - è già stato a letto con te, il sesso l’ha avuto- mi fa notare lei- se ti ha portata qui stasera vuol dire che vuole altro da te- mi dice lei avvicinandosi al mio orecchio per non farsi sentire.

La conferenza procede, mentre noi parliamo tranquillamente, senza prestare la minima attenzione a ciò che la band sta dicendo a proposito del loro nuovo lavoro.

-Vi ho visti mentre ballavate il lento- riprende Andrea con aria maliziosa- le sue mani non stavano sul tuo sedere, ma ti teneva semplicemente abbracciata a sé- mi fa notare lei- e non è da Tom, fidati-

La guardo, mentre un lieve sorrisino nasce spontaneo sulle mie labbra.

E se ciò che ha appena detto Andrea fosse vero?

E se…in una remota ipotesi, Tom volesse veramente qualcos’ altro da me?

Altrimenti perché mi avrebbe portata qui?

Lo guardo, mentre penso alle parole di Andrea.

-Bill, la ragazza con cui sei venuto oggi è la stessa delle foto di Bravo?- la voce di un giornalista risuona chiara nella stanza.

Sento Andrea stringermi un braccio e sobbalzare a quella domanda.

La guardo dall’alto: i suoi occhi brillano, mentre sulle sue labbra si fa strada un sorriso emozionatissimo.

Sorrido intenerita, fissando poi il mio sguardo su Bill.

Finalmente il momento è arrivato.

 

*

 

[BILL]

 

 

-Bill, la ragazza con cui sei venuto oggi è la stessa delle foto di Bravo?-

Sorrido guardando il giornalista, decisamente interessato e in cerca di scoop.

Davanti a me ci sono i peggiori nel mondo del giornalismo, sono quelli che manipolano le parole, che fanno capire al mondo ciò che loro vogliono.

Io convivo con loro, riesco a psicanalizzarli, a piegarli al mio potere.

Loro non lo sanno, ma io riesco a far scrivere loro ciò che io voglio, facendo pensare loro di manipolare le mie parole.

Guardo mio fratello che mi sorride.

-Sì- annuncio alla mia assetata platea –La ragazza che era in quelle foto è la stessa con cui sono venuto questa sera-

-Chi è?- chiede di getto lo stesso giornalista.

Ancora una volta mi ritrovo a sorridere.

Alzo lo sguardo e la vedo lì, appoggiata alla porta d’entrata con Annika.

Trema, lo so.

Andrea, la mia piccola Andrea, non è fatta per questo mondo.

-Beh, mi sembra ovvio- trillo –è la mia ragazza-

Le loro esclamazioni di stupore fanno ridere Tom, aveva scommesso con Georg che avrebbero fatto in quel modo.

Infatti si gira verso di lui e sorride, allungando la mano sotto il tavolo e mormorando –Mi devi 100 € Hobbit!-

Li ignoro concentrandomi su i giornalisti.

-Sono cinque anni che cerco l’anima gemella, l’ho cercata così disperatamente che, alle volte, ho creduto di non trovarla affatto. C’era chi diceva che fossi gay, per questo non mi vedevano mai con una ragazza, ma, beh, io non sono così cretino come Tom che si fa beccare sempre con una ragazza- lo guardo e lui ridacchia.

Ormai non se la prende così tanto per le mie prese per il culo in diretta europea.

-E non sono nemmeno una di quelle star che, per sfatare le voci, comincia a farsi vedere con qualche modella- continuo –Durante questi cinque anni ho avuto flirt con un sacco di ragazze, abbastanza da far invidia a un ragazzo normale, sono stato con modelle, cantanti, attrici, showgirl e con Miss Germania- confesso –Sono stato con Grupies e anche qualche fans ma… non ho mai provato niente per loro- incrocio le braccia sul tavolo e guardo Andrea che si è portata, teatralmente, una mano sul cuore.

-Non erano che gusci vuoti nel mio letto, freddo tra parentesi- faccio ridere Tom al mio fianco –E, per quanto erano vuote loro, ero vuoto anche io… per anni mi sono detto che la metà della mia mela mi stava ancora cercando e io mi nascondevo sotto un fitto velo di apparenza, mi vedevano tutti ma non ero realmente io, ero solo lo spettro di me stesso-

Non mi sono mai sentito così sincero.

La platea silenziosa mi guarda cercando altre informazioni nei miei occhi, qualcosa in più da raccontare.

Sorrido.

-Credevo che l’amore l’avrei trovato nel mio mondo fasullo ma…- sospiro –Mi sono innamorato di una ragazza normale, non è una valletta, una bomba sexy che potrebbe sfilare per una prestigiosa casa di moda, no… io mi sono innamorato di una ragazza complessata, cinica, sarcastica, timida e, come direbbe lei, “invisibile”- ridacchio a quell’appellativo –Ho trovato in quella ragazza così comune tutto ciò che più di speciale ci sia- la guardo –Dal nostro primo incontro, dove ho fatto la figura della checca isterica visto che litigavo con la sua migliore amica per uno stupido profumo- Tom scoppia a ridere seguito da Georg e da Gustav.

Subito dopo l’intera platea, compresa Andrea, scoppia a ridere.

-Si sarà detta “Questo è completamente gay”, e, conoscendola, mi avrà dato del pazzo furioso per essermi legato al dito quel profumo da donna ma…- sorrido –Quando l’ho rincontrata lei ha accettato di conoscermi, nonostante non avesse un bel rapporto con questo profugo che ho di fianco e pensasse che l’intera casata Kaulitz fosse composta da bastardi teste di cazzo, usando il suo linguaggio-

Intanto, dalle casse, in sottofondo, si propaga “Iris” dei Goo Goo Dolls.

Una delle canzoni che Andrea ama di più, lo so perfettamente.

Non ha idea di quello che ho in serbo per lei più tardi.

Quel pensiero mi fa sorridere malizioso mentre Tom mi manda silenziosamente a quel paese.

-Forse lei si è innamorata di me in quel momento, ma io ho capito, guardandola negli occhi quel giorno nella Profumeria, che lei sarebbe stata l’altra metà della mia mela-

-Bill- mi chiama un giornalista.

Lo guardo acconsentendo alla domanda che non tarda ad arrivare –Ha un nome questa ragazza?-

-Certo- trillo –Tutti abbiamo un nome-

-Possiamo saperlo?- chiede.

Annuisco –Certo!- rimangono alquanto stupiti dalla mia rivelazione –Si chiama Andrea Linke- la guardo –Ve la vorrei presentare di persona- annuncio poi –Andrea, vieni-

La vedo annaspare.

Stringere la mano di Annika e venire verso di me, con le gambe che tremano.

I giornalisti e i fotografi si girano verso di lei, mentre Tom si sposta appena per far entrare un’altra sedia al mio fianco.

Andrea, visibilmente in imbarazzo, si siede al mio fianco.

Le sorrido e sento la sua manina, piccolina in confronto alla mia, cercare la mia mano e stringerla.

So che ha bisogno di incoraggiamento, nei suoi occhi vedo con quanta paura guarda i giornalisti che si stanno scannando per poter fare una domanda.

Mi chiamano a destra e a manca per poi cercare l’attenzione di Andrea con la testa bassa mentre Tom ridacchia dicendole di cacciare le palle, come fa di solito.

-Vi prego- interviene David –Andrea non è dell’ambiente, non è capace di rispondere contemporaneamente a ogni domanda, in realtà non ne è capace nessun essere umano- ridacchia –Sedetevi e procediamo con una domanda per volta-

-Magda Emilton per Pop Corn-  si presenta una donna appena cala il silenzio –Volevo fare una domanda a Tom Kaulitz-

Mio fratello rizza le orecchie.

-Spesso si è parlato di una relazione tra te e tuo fratello, prontamente smentita, non sei geloso del fatto che ora lui sia fidanzato?-

Tom sorride e posa una mano sulla spalla di Andrea –Questa ragazza è un demonio, all’inizio di tutta questa storia avrebbe potuto strapparmi la testa a morsi, istinti omicidi reciprochi comunque, e non nego di aver detto a Bill di essere un fottuto masochista- mi guarda –Ma non potrei essere più felice del fatto che Bill abbia finalmente finito di romperci con la storia dell’anima gemella e che abbia trovato Andrea che, se conosciuta bene, resta un demonio scurrile come un camionista ubriaco in un porto, brutale e goffa, ma è giusta per lui- conclude con un sorriso.

Andrea lo ringrazia sottovoce.

-Albert Wren per Bild- annuncia un altro –E tu Andrea, come vivi questa storia con Bill?-

-Ha cambiato la mia vita, l’ha stravolta e mi ha mandata nel pallone, mi ha fatto vivere di nuovo e… Dio, vivo la mia storia con Bill come Cenerentola e il Principe Azzurro, non mi aspetto un “vissero felici e contenti” come nelle favole, mi aspetto solo di trovarlo sempre lì, pronto a sorridermi e a sorreggermi quando mi dico “Cavolo, sto con Bill Kaulitz, quando ne troverà una migliore mi butterà in un cassonetto” e annego nelle mie tante insicurezze- sorride –Quando l’ho conosciuto mi dicevo “è Bill Kaulitz, Andrea, lui è una star, tu una povera ragazzina qualunque, come puoi tu competere con tutte quelle modelle che vanno in giro con lui? Rassegnati, non lo avrai mai” ma, alle volte le sorprese più belle sono quelle che non hai mai sperato di avere-

Le passo un braccio sulle spalle e la stringo.

Vorrei dirle di più, ma non ce la faccio qui, davanti a tutti.

Vorrei dirle che la amo, che sta diventando tutto per me, vorrei stringerla e portarla con me, lontano.

Ma non voglio condividere anche quello con il mondo, per loro sarebbe una dannata messa in scena.

Lo crederanno comunque ma non voglio avere i loro occhi addosso quando dirò ad Andrea le fatidiche due parole.

Ti Amo.

Le ho già dette in passato ma, con Andrea è diverso.

Non lo sento come una forzatura, lo sento come un bisogno.

-Quindi, Bill, lei è la tua ragazza ufficiale?- mi chiede qualcuno.

Annuisco –Sì, Andrea Linke è la mia FIDANZATA ufficiale- dico e mi giro verso di lei.

Le sorrido e lei mi ricambia.

Accarezzo la sua pelle di porcellana e poso le labbra sulle sue mordendole.

Il nostro primo bacio pubblico.

Lo scroscio di un applauso vigoroso si diffonde nell’enorme sala.

-Se non volete un attacco di iperglicemia vi consiglio di uscire- scherza Tom facendo ridere tutti i presenti.

 

 

 

*

 

[ANDREA]

 

 

 

 

-Un sorriso, sì Signorina Linke, si stringa a tutti i componenti!-

Non ho i tentacoli, diamine.

Sorrido e sento scricchiolare la mia mascella.

Maledizione.

Tom, alla mia sinistra, non fa altro che ridacchiare a ogni mia imprecazione.

Devo fargli ridere ma quando saremo da soli gli tirerò un bel pugno in faccia, ecco cosa farò.

Bill, invece, mi stringe quasi con possessione.

Un flash ci inonda.

Christopher mi sorride alzando il pollice e facendomi un gesto inequivocabile e non molto gentile nei confronti del suo collega che gli ha coperto al visuale.

Scoppio a ridere e un Flash mi inonda.

Nella stanza si diffonde “Your Song” di Elton John, alcune coppie già ballano.

Poso la testa sulla spalla di Bill –And you can tall everyboby, this is yuor song-  canto insieme alla voce di Elton.

Bill sorride mentre un fotografo ordina al resto dei Tokio Hotel di andarsene, provocando in Tom un sospiro di sollievo.

Mi saluta velocemente e, sicuramente, corre da Annika.

-How wonderful life is now you’re in the world- finisce la frase Bill.

Mi stringo a lui nella classica foto da matrimonio.

Lui che mi stringe il fianco e io che poso la testa sulla sua spalla.

Un altro flash.

Alzo la testa verso di lui e ci baciamo.

Altro flash.

-Bill, mettiti dietro di lei- ordina Christopher e sorride quando Bill mi abbraccia da dietro e io alzo, istintivamente la testa verso di lui.

Ho capito che a Christopher piace fotografare la realtà, non le pose.

E la cosa mi piace.

Alcune coppie fanno foto che sembrano uscite da un catalogo di moda e non dalla realtà.

E io e Bill non siamo un fantoccio di coppia.

Mi rigiro nel suo abbraccio e faccio passare le mie braccia sul suo collo e sorrido all’obbiettivo.

È tutto così assurdamente… bello.

Come Bill.

Come il suo amore.

Come la certezza di essere sua.

Rido e un flash ci inonda.

Ora sono, ufficialmente, la Fidanzata di Bill Kaulitz anche per il mondo intero.

 

 

*

 

 

-Vieni a ballare?- mi chiede Bill porgendomi la mano.

Annuisco alzandomi dal divanetto su cui ci eravamo rifugiati dopo le migliaia di foto che abbiamo fatto.

Mi accompagna verso il centro mentre la canzone cambia.

Mi prende le mani e le fa posare sul suo collo e poi, lentamente, sento le sue sulla mia vita.

 

 

Burning desire to live and roam free
It shines in the dark and it grows within me

 

 

Non ci metto nulla a riconoscerla: “Utopia” dei Within Temptation.

Una delle poche canzoni di quel gruppo, che io tanto amo, a piacere anche ad Annika.

Guardo Bill e lo vedo sorridere.

C’è il suo zampino.

Sa perfettamente che amo questa canzone così dolce che, nonostante le parole tristi, è così bella da farmi venire i brividi.

 

I'm dreaming in colours of getting the chance
I'm dreaming of china the perfect romance
The search of the door to open your mind
The search of the cure of mankind

Io ho trovato la mia Cina, la mia perfetta storia d’amore.

Ho trovato la porta per aprire la mente di Bill e farlo innamorare di quel groviglio di insicurezze e  timidezza che sono, ho trovato la cura per quel dolore che affligge chi non trova la propria metà.

La mia cura sta ballando con me.

Mi stringe i fianchi e mi sorride, nei suoi occhi solo l’amore.

E so che non è un’utopia, un sogno a colori come quello della canzone, è reale, vivo e arde, come fuoco sul legno.

Divampa, quando mi tocca, crepita quando mi bacia, muore quando mi è lontano.

E sento la nostalgia di quel fuoco contro di me.

 

 

Why does it rain, rain, rain down on utopia?
Why does it have to kill the ideal of who we are?
Why does it rain, rain, rain down on utopia?
How will the lights die down, telling us who we are?

 

E nessuno può dirmi chi siamo.

Lo sappiamo solo io e Bill.

Lo guardo e sorrido.

-Sei felice?- mi domanda sfiorando le mie labbra con le sue.

Annuisco e le mordo –Con te sono sempre felice-

Ed eccolo qui, il suo sorriso che mi mozza il fiato.

 

 

I'm dreaming in colours, no boundaries again
Dreaming the dream we all seem to share

 

 

E sto davvero sognando, un sogno che molte ragazze, nel mondo, hanno condiviso con me.

Solo che il mio è diventato realtà.

Lo bacio e lascio che la sua lingua si infiltri nella mia bocca e che cerchi la mia per poi tornare a ballare, come prima.

Sento i suoi occhi su di me e alzo gli occhi, incapace di allontanarmi da quelle stille di petrolio ambrato.

-Piccola- mi chiama.

Annuisco.

Si illumina di un sorriso che non gli ho mai visto addosso e mi guarda attentamente –Ti andrebbe di…-

Oddio.

Sento un vuoto allo stomaco.

Lo guardo con uno sguardo così interrogativo che riesce a nascondere la certezza della domanda che, sicuramente, mi farà.

Ho avuto la sensazione che Bill mi volesse, in quel senso, da quando sono entrata nella limousine.

Che si trattenesse a stento (la conferme me l’avevano date le battutine di Tom e Georg) ma, in un certo senso, non speravo in una domanda.

Lo esorto a continuare mentre ci dondoliamo sulla pista.

-… restare con me-  mi guarda profondamente –Questa notte?-

Sento un fitta allo stomaco, come se fosse vuoto.

Farfalle allo stomaco.

Mi sta chiedendo, davvero, di fare l’amore con lui?

Mi sta davvero chiedendo di donargli la cosa più bella che ho?

Lo guardo strabuzzando gli occhi per alcuni secondi non sapendo cosa dire.

Devo rispondere di sì?

Desidero Bill in un modo assurdo e sono pronta, credo, a donarmi.

Le preoccupazioni sono passate e l’unico problema è quello di risultare un’incapace cronica.

Bill mi sorride.

Forse ha capito tutto.

Abbassa lo sguardo verso di me e mi bacia, con una profondità tale, che prelude solo a quello che accadrà dopo.

Ha capito tutto.

Mi lascio baciare da lui, sento il suo piercing nelle labbra solleticarmi la lingua.

Mi stringo di più a lui mentre le sue mani scivolano sul mio sedere e si piantano ai lati del mio bacino.

-Lo prendo per un sì- mi sorride leccandosi le labbra.

*

 

[ANNIKA]

 

-Sono riuscito a liberarmi, finalmente- esala Tom mentre cammina nella mia direzione, tornando da me come mi aveva promesso.

Sorrido leggermente a quelle parole: ho seguito tutto con lo sguardo e dire che gli hanno fatto un intero book fotografico sarebbe poco.

-Ora non mi disturberanno più, però- mormora lui con aria maliziosa, ormai vicino a me.

Sorrido ancora, senza dire nulla.

È la sua vicinanza che mi mozza completamente il fiato.

-Ti va di andare a fare un giro fuori?- mi chiede subito lui, puntando il suo sguardo color cioccolato nel mio.

Lo fisso per qualche istante e avverto distintamente il mio stomaco fare una capriola.

Perché devo sentirmi così agitata e imbarazzata?

-Ehm…va bene!- esclamo io, cercando di non risultare la deficiente che mi sento, annuendo e lasciando che lui prenda la mia mano e mi trascini con sé.

Riesco a seguirlo, nonostante il mio peso poggi interamente su un paio di tronchetti di 12 centimetri ciascuno.

Usciamo dalla sala conferenza, percorriamo il sontuosissimo corridoio, ricoperto completamente da tappeti in stile persiano e giungiamo finalmente all’esterno.

Una distesa di verde si perde dinanzi a noi, resa assolutamente magica da luci soffuse sparse qua e là.

Mi guardo attorno e poi lascio scivolare il mio sguardo su Tom.

Lo vedo sorridermi con fare malizioso: probabilmente era già certo che un posto del genere mi sarebbe piaciuto.

Fondamentalmente io e Tom non abbiamo mai parlato molto.

Il nostro rapporto è stato sempre decisamente carnale.

Io non ho mai avuto modo di parlare con lui, per conoscerlo veramente.

Lui non sa quali sono i miei gusti, non sa come la penso io su certe cose.

Eppure stasera si sta rivelando una sorpresa continua: è come se sapesse perfettamente le cose che io adoro, senza che io gliele abbia mai dette.

Senza dire nulla, incrocia le dita della sua mano con le mie e mi trascina dietro di lui.

Mi porta in un punto del giardino, circondato da alberi altissimi, ciascuno illuminato da luci alla propria base, a creare un effetto davvero suggestivo.

Già solo nel vedere il posto in cui mi ha portato, mi si sta gelando il sangue nelle vene.

Ci avviciniamo ad una panchina, una di quelle da hotel, in ferro battuto e ricoperta interamente da morbidi cuscini.

Lo vedo sedersi, con fare sicuro.

-Vieni qui- mormora lui, indicandomi la sua coscia.

Il cuore mi si ferma un attimo.

Ok, in questo momento se io mi sedessi sulle sue gambe a un respiro da lui, sembreremmo perfettamente una coppietta di fidanzati.

E io non voglio che sia così.

Non faccio in tempo a rispondere che lui mi afferra un polso e mi trascina su di lui, ridendo.

Ebbene si, mi ritrovo seduta sulle sue gambe, se me l’avessero detto ci avrei creduto?

Non credo, no.

Lo guardo, visibilmente imbarazzata e probabilmente anche del colore del fuoco.

Mi sistemo di poco il vestito sulle cosce, che arriva un po’ sopra il ginocchio.

Sento i suoi occhi addosso e credo che in questo momento potrei tranquillamente essere presa da un infarto.

Mi volto verso di lui, dopo aver smesso di sistemarmi il più possibile e incrocio il suo sguardo.

È così strano vedere Tom da questa prospettiva.

Ci sono stata a letto ma avevo saltato tutta questa parte.

La parte del corteggiamento, la parte dei semplici baci sulla guancia, la parte del  “ti voglio ma non è ancora il momento”.

E forse è stato proprio questo che ha segnato la nostra storia in partenza, rendendola destinata a non funzionare, mai.

Sento la sua mano sinistra sfiorare il mio fianco, sopra la sottile stoffa del vestito che indosso, mentre la sua mano destra, con prudenza, si poggia sulla mia coscia scoperta.

Discreto.

Tom non è mai stato discreto, in queste cose.

Se si fosse trattato di un mese fa, avrebbe già infilato la sua mano dentro le mie mutande.

Ripenso alle parole di Andrea.

“È  già stato a letto con te, il sesso l’ha avuto. Se ti ha portata qui stasera vuol dire che vuole altro da te.”

Guardo Tom fissare i suoi occhi nei miei e sorridermi lievemente.

Cerco di non dare a vedere il tremore che si sta impossessando di me, ora che lo sento tirarmi un po’ più verso di lui.

-Sono contento di averti avuta qui con me, stasera- comincia lui, con tono di voce basso e tremendamente sensuale.

Inclino di poco la testa, e gli sorrido, felice.

-Anche io, sai?- mi lascio sfuggire- a parte il fatto che domani i miei mi vedranno su tutti i giornali accanto a te- continuo poi, ridendo di poco.

Tom alza un sopracciglio.

-Non sapevano che…- tenta di chiedermi lui.

Scuoto vigorosamente la testa, avendo già capito la sua domanda.

-Ho detto loro che ero stata invitata da un…-mi interrompo un attimo, andando completamente a fuoco-…ragazzo, ma non ho detto loro che era un membro della band- gli spiego con qualche incertezza.

Lui sorride malizioso.

-Devi solo sperare che non leggano riviste di gossip, allora- mi fa lui, ridendo.

Penso a mia madre, decisamente non è il tipo.

Rido di poco.

-Beh, ad ogni modo domani mattina mi fionderò in tutte le edicole di Amburgo e comprerò tutti i giornali per evitare che anche solo uno finisca nelle mani dei miei- dico ridendo dell’assurdità che sono stata capace di dire.

È sentire il respiro di Tom sulla mia pelle, ed è sentire il suo corpo così vicino al mio che mi manda in tilt, azzerando tutte le mie capacità mentali.

Lo vedo osservarmi e ridere di poco.

D’un tratto diventa serio e i suoi occhi nei miei mi fanno quasi rabbrividire.

Non l’avevo mai visto così, giuro.

-Sai? Ora che ti ho così vicina e ti guardo negli occhi mi sento stranissimo- mormora lui, facendo scivolare la sua mano sulla mia coscia, perfettamente liscia.

Deglutisco un attimo, non riuscendo a dire nulla e né tanto meno ad intuire dove lui vuole arrivare.

-È come se io…provassi qualcosa che non ho mai sentito prima e di cui non conosco neppure il significato- continua lui, ad un soffio dal mio viso.

Non smetto di guardarlo negli occhi neppure per un istante.

-E lo provo per te- mi dice in un sussurro.

Sbatto un paio di volte le ciglia, e lo guardo.

Lo guardo disperatamente in cerca di una spiegazione a quelle sue parole…da brivido.

Che cosa vuol dire?

E soprattutto perché mi sta così vicino e la sua mano continua ad accarezzare la mia coscia senza spingersi troppo oltre?

-Vuoi dire che…- mi interrompo io, in preda ad una crisi respiratoria-…stai iniziando a volermi bene, Tom?- esalo quasi in un sussurro, sentendomi totalmente fuori dal mondo in questo istante.

La sua mano accarezza il mio fianco, mentre riesco a sentire il suo profumo dolcissimo.

-Se voler bene ad una ragazza vuol dire sentire continuamente il bisogno di starle accanto, essere terribilmente geloso quando qualcun altro le si avvicina, ritrovarsi a pensare a lei sempre più spesso e sentire una voglia sovrumana di vederla anche semplicemente per sentire il suo profumo- si interrompe un attimo, riprendendo fiato- allora si, ti voglio bene, Annika- mormora infine, guardandomi negli occhi.

Il cuore mi si ferma per un istante.

La pelle d’oca sul mio corpo.

E mi sento lentamente morire.

Il muscolo vitale nel mio petto riprende a pulsare talmente velocemente da creare in me l’impressione che stia per esplodere da un momento all’altro.

Sbatto per un paio di volte le ciglia.

Ma è davvero Tom Kaulitz il ragazzo dolcissimo che mi sta accanto?

Il ragazzo che mi sta facendo sentire come mai, in 18 anni, nessuno era mai riuscito a farmi sentire?

Lui mi sorride, con quell’aria maliziosa che è il suo classico, ormai.

Non riesco a muovere neppure un muscolo.

Solo lui è in grado di farmi sentire così impotente con un solo sguardo.

Riesco, con non poca difficoltà, ad incurvare le mie labbra in un lieve sorriso.

-L’idea che un altro ragazzo anche solo ti guardi mi fa andare fuori di testa- mormora lui, lasciando scivolare la sua mano sotto il mio vestito, di qualche altro centimetro.

La sua gelosia.

La sua possessività.

È tutto ciò che più mi fa impazzire di lui.

Sorrido impercettibilmente a quelle parole, mentre sento la sua presa stringersi attorno alla mia vita.

-Non dovresti essere così geloso, sai?- gli dico io, con un sorrisetto stampato sulle labbra, quasi in un sussurro.

Tom alza un sopracciglio.

-Sei talmente bella e sexy che nonostante eri accanto a me tutti i ragazzi lì dentro ti spogliavano con gli occhi- mi fa notare lui, agitandosi notevolmente.

Bella e sexy?

Lui mi trova bella e sexy?

Un brivido mi corre veloce lungo la schiena.

-Io…- tento di dire in notevole difficoltà- io non sono mai stata con nessuno, al di fuori di te, Tom- mormoro io, arrossendo notevolmente e sentendo il mio cuore pulsare all’impazzata.

Lo vedo bloccarsi un attimo.

-Cosa?- mi chiede lui, con un sopracciglio alzato e con aria confusa.

-Tu sei stato l’unico- gli ripeto, con tono di voce più basso- solo tu…mi hai toccata veramente- sibilo io, sentendomi letteralmente morire per la confessione che gli ho appena fatto.

Adesso gli sembrerò più imbranata ancora di quanto io gli sia già sembrata per tutta la sera.

-Vuoi dire che…- tenta di dire lui, notevolmente sorpreso.

Annuisco, prima ancora che lui mi ponga la domanda.

Sarebbe ancora più imbarazzante sentire uscire quelle parole dalla sua bocca.

-Con te è stata la mia prima volta- gli confesso in un sussurro.

E con questo voglio fargli capire che degli altri ragazzi non me n’è mai importato nulla.

Che io non mi concedo a destra e manca, come potrebbe sembrare.

Lo guardo negli occhi e li vedo illuminarsi.

Una scintilla di orgoglio appare all’interno di quelle iridi color cioccolato.

Un sorrisetto malizioso incurva le sue labbra carnose.

È decisamente felice di quello che ha appena saputo.

È decisamente orgoglioso di essere stato il primo e l’unico.

Glielo leggo negli occhi.

Il fatto che la mia rivelazione lo abbia potuto rendere ancora più sicuro di avermi in pungo in questo momento non mi interessa affatto.

Improvvisamente sento il suo naso sfiorare il mio collo, e le sue mani stringersi attorno al mio corpo con sempre più possessività.

Quando sento le sue labbra lasciare un lieve ed umido bacio sul mio collo, sussulto.

Le sue mani si stringono attorno alla mia vita, mentre sento le sue labbra scorrere sulla mia pelle, e salire fino alla mia bocca.

Il suo naso sfiora il mio, mentre sento il suo respiro lambire il mio viso ed il modo in cui mi sta stringendo mi fa sentire tremendamente sua.

Chiudo lentamente gli occhi e sento perfettamente le sue labbra sfiorare le mie.

Inclino di poco la testa, mentre sento un tripudio di emozioni esplodermi dentro.

Queste labbra.

Queste labbra che per me sono una droga, di cui io non riesco a fare a meno.

Il mio cervello si azzera nell’esatto momento in cui sento che Tom annulla l’irrisoria distanza che c’era tra di noi e posa le sue labbra sulle mie.

-Annika, cazzo, non sai che…- sento urlare da una voce a me indubbiamente familiare.

Mi irrigidisco all’istante e mi allontano da Tom in un nano secondo.

Il cuore comincia a battermi all’impazzata, non appena mi volto e vedo Andrea impalata, inerme, che fa saettare lo sguardo alternativamente su me e Tom.

-Oddio- esala, conscia di quanto ha appena fatto. Già immagino che si sta sentendo morire.

-Scusatescusatescusate- esclama lei, retrocedendo di qualche passo, quasi in stato di shock, prima di voltarsi ed iniziare a correre via.

Mi alzo immediatamente dalle gambe di Tom e lo guardo.

-Scusa- mormoro io facendo per andare via.

-Aspetta- mi blocca un polso, guardandomi con un intensità spaventosa.

Quel bacio ci voleva, sia per me che per lui.

Ma forse non era questo il momento.

-Non andartene- mi fa lui, tenendo ancora salda la presa attorno al mio polso.

Un brivido mi prende le viscere e distolgo immediatamente lo sguardo da lui.

Forse siamo davvero destinati a non funzionare insieme.

-è meglio così, Tom- mormoro in un sussurro prima di divincolarmi dalla sua presa ed allontanarmi sotto il suo sguardo.

Prendo a correre, per raggiungere Andrea.

Se è venuta a cercarmi, vuol dire che aveva bisogno di me.

E forse è stato davvero meglio così.

Ignoro il nodo che mi si sta formando alla gola e che mi impedisce quasi di respirare e corro dentro.

-Andrea- esclamo io, vedendola avanzare nel corridoio, diretta alla sala principale.

La mia amica si volta.

Sul viso ha dipinto il dispiacere fatto persona.

Affretto il passo fino a raggiungerla.

-Scusa- mormora lei evidentemente dispiaciuta- non pensavo che…- tenta di dire lei con sguardo basso.

-Tranquilla- la blocco io, sorridendole leggermente- non fa niente, è stato meglio così- le assicuro, cercando di rassicurare, forse, anche me stessa.

-Tom mi ucciderà- mormora lei terrorizzata.

-Non dire cavolate- le dico io ridendo- piuttosto: perché mi hai cercata? Che è successo?- le chiedo io cambiando immediatamente discorso.

Il suo sguardo si illumina all’istante e un sorriso enorme condisce il suo viso.

Intuisco che c’entra Bill.

Solo quando c’entra lui Andrea si illumina così.

Sorrido maliziosa nel vederla e la esorto a parlare.

-Bill mi ha…- si interrompe, evidentemente imbarazzata-…chiesto di…- si interrompe ancora, diventata tutta rossa in viso. Con un gesto della mano la esorto a continuare-…rimanereconluistanotte- dice tutto d’un fiato, totalmente eccitata.

Mi lascio sfuggire un gridolino eccitato e mi butto al suo collo, stringendola forte.

Gesto che desta l’attenzione di alcuni signori che, ospiti dell’Hotel, camminano nel corridoio.

-Oddio- trillo io, ignorando le loro facce sconvolte e staccandomi dalla mia amica- in pratica ti ha chiesto di- sto per urlare “fare sesso con lui”, quando Andrea mi tappa la bocca con la mano, impedendomi di concludere la mia frase.

-Sei scema? Non urlarlo così!- mi rimprovera lei con sguardo truce, guardandosi attorno- comunque si!- esclama poi, rilassando il suo viso in un sorriso estasiato.

-Sei pronta?- le chiedo io seria.

Lei annuisce, senza pensarci su neppure per un attimo.

Ed è questo che mi fa capire che lei è Bill si amano e si vogliono sul serio.

Andrea non l’ha mai fatto prima con nessuno, e se ora non ha bisogno di pensarci neppure su, vuol dire che ne è assolutamente sicura.

Sorrido felice.

Felice per lei.

-Ho solo il terrore di essere imbranata- mi confessa poi, corrugando la fronte.

-Non pensarlo neanche- la ammonisco io alzando un dito verso di lei- Bill ci tiene a te, talmente tanto che pensa sia giunto il momento di fare un passo così importante. E sono sicura che in quel momento la tua insicurezza lo farà intenerire ancora di più. In fondo è anche per questo che si è innamorato di te, no?- le faccio notare io.

Lei mi sorride, e la sua eccitazione è quasi tangibile.

Nei suoi occhi leggo la voglia, il desiderio di fare l’amore per la prima volta con il suo ragazzo.

Ma leggo anche quell’incertezza e paura che sono del tutto giustificabili.

-Sarà indimenticabile, ne sono sicura- mormoro io, sorridendole.

Sento le braccia di Andrea ancorarsi al mio collo e stringersi a me.

Ricambio quell’abbraccio, sentendo il calore del suo esile corpo contro il mio.

-Per i miei genitori io stanotte sono a dormire da te, eh!- mi sussurra in un orecchio, scoppiando poi a ridere.

Ridacchio anche io: Andrea ha sempre coperto me, e per una volta che accadrà il contrario io mi sento emozionatissima per lei.

-Domani voglio tutti i dettagli!- la avviso io, allontanandomi da lei e sorridendole.

Lei annuisce sicura e poi mi saluta con un cenno della mano, allontanandosi da me.

La vedo sparire attraverso il corridoio e sospiro.

Per una volta è lei ad essere quella felice.

Mi incammino attraverso l’immenso e sontuoso corridoio, diretta all’uscita.

Guardo l’orologio al mio polso: segna l’una meno cinque minuti.

È il caso che io me ne torni a casa.

Torno all’ingresso dell’Hotel e vedo il portiere sorridermi cordiale.

-Arrivederci, signorina- mi saluta lui.

-Buonanotte- gli sorrido e lo saluto con un cenno della mano, prima di afferrare il mio cellulare all’interno della mia borsetta e chiamare un taxi.

 

*

[TOM]

 

 

 

Corro il più veloce possibile.

Devo raggiungere Annika, al più presto.

Mi appunto mentalmente di uccidere Andrea, sarà anche dalla mia parte ma è apparsa nel momento meno opportuno.

Voglio da lei una scusa più che plausibile.

Mi scontro appena con qualche persona ma non ho la premura di scusarmi.

Continuo a correre cercando di intercettare la sua chioma bionda per poterle parlare, ancora.

Mi ha infastidito il modo in cui è scivolata via proprio mentre le nostre labbra stavano per sfiorarsi.

Cazzo!

-TOM!-

La voce inconfondibile di mio fratello mi arriva chiara alle orecchie.

Mi blocco sperando con tutto il cuore che Bill la faccia, DAVVERO, corta.

Lo vedo corrermi incontro decisamente affannato.

Quest’ albergo è così grande che ho già perso di vista Gustav e Georg da un pezzo e a malapena mi ricordo dove io sia.

-Che c’è?- dico, senza cercare di sembrare cordiale, sono di fretta, dannazione.

Bill si posa le mani sui fianchi e mi guarda tremendamente malizioso.

Cosa cazzo vuole adesso?

Alzo un sopracciglio e Bill mi sorride –Hai un preservativo?-

Eh?

Se potesse la mia mascella cadrebbe verso il basso posandosi su questo pavimento di pregiato marmo.

Bill vuole un preservativo?

Sono scioccato.

Cioè, sapevo perfettamente che Bill, quando eravamo più piccoli, rubava i miei adorati “palloncini” dai cassetti o dalle valigie ma… non me li aveva mai chiesti!

Non così direttamente.

Di solito ci gira intorno alle cose.

Si vede che deve essere tremendamente arrapato o brillo per mostrarmi il suo lato… uguale al mio, ecco!

-Ehm… sì- annuisco cercando il mio portafogli nelle tasche.

Quando lo trovo lo porto davanti allo sguardo di mio fratello.

Lo apro e comincio a cercarlo, maledicendomi di nasconderli sempre.

Ma, pensandoci, vi immaginate che figura di merda farei negli autogrill o nei negozi se mi cadesse mentre pago?

Ora capirete il motivo per cui sia così accorto nel metterlo nel portafogli.

-Posso sapere a cosa ti serve?- chiedo mentre frugo tra le mie carte di credito.

Sorrido quando ne trovo due, sotterrati sotto uno scontrino dei una Gibson che ho comprato due giorni fa.

La bustina argento splende tremendamente sotto questa luce artificiale.

Bill mi guarda con un sopracciglio alzato –A cosa mi serve un preservativo Tom?-

Oh, io lo so bene, la cosa che mi sfugge è con chi.

E soprattutto, Andrea ha deciso di stappare il buco?

Spalanco gli occhi di colpo e guardo mio fratello –Andrea te la da?-

Bill mi tira una manata –Non essere volgare-

Afferro una delle bustine e la passo a Bill, guardandomi attorno –Sta’ attento-

Ok, non è una frase da me, ma Andrea è mia amica, cioè, la mia migliore amica.

Questa, speriamo, è la sua prima volta e mio fratello, a letto, non è il grande gentlemen che vuol far credere.

Tante volte io e Georg ci siamo trovati a dormire nello stesso letto perché, visto le camere comunicanti che di solito ci propinano, sentivo tutto quello che succedeva nella camera di Bill.

Spesso e volentieri, Bill, il giorno dopo, si sentiva di merda per come aveva trattato quelle ragazze.

Diciamo che, per certi versi, Bill è più irruento e rude di me… e questo la dice lunga.

Si infila la bustina nella tasca posteriore del pantalone di pelle e mi guarda.

Alza un sopracciglio sorpreso dalla mia esclamazione –Cosa?-

Mi volto verso la porta e la vedo.

Dio, se ne sta andando, cazzo.

Guardo Bill con la voglia irrefrenabile di andarmene.

-Sì, sta attento- ripeto, voltandomi subito dopo, per andarmene.

Bill mi afferra per una mano, mandando in frantumi la mia pazienza.

Porco… Se non mi lascia andare gli stacco la mano a forza di morsi.

-Tom- mi richiama –Non eri tu quello che mi diceva sempre di andarci pesante con le ragazze?-

-Non con Andrea- esclamo cercando di divincolarmi.

Ma dove cazzo ha preso tutta questa forza?

Strattono il mio braccio senza un risultato preciso.

Cazzo.

Bestemmierei se non fossi così preso a guardare i movimenti della ragazza.

-Perché?- mi chiede spingendomi verso di lui.

Mi trovo a pochi centimetri dal suo viso e devo, per forza sospirare –Perché… ehm… perché Andrea è mia amica e per lei, fare l’amore con te, è un passo importante-

-Spiegati- mi ordina.

Sospiro guardandomi intorno.

Andrea mi ammazzerà, ne sono certo.

Ma se non gli dico quella dannata cosa non mi lascerà mai andare.

-Andrea è vergine- confesso –Non ha mai scopato, credo non abbia mai visto nemmeno un pene dal vivo, contento?- esalo disperato cercando di sfuggire dalla presa di ferro di Bill.

Tentativo inutile.

Bill mi tiene ancorato a lui.

Altro appunto mentale: tagliare tutti i capelli a Bill se non mi lascia andare via.

Lo guardo di tralice mentre lo vedo gongolare estasiato –Quindi, io sono il primo-

Mi strattono velocemente e lo guardo con evidente irritazione –Sì- asserisco massaggiandomi il polso, do uno sguardo alla porta e la vedo che parla con il portiere, lo sguardo sconvolto.

Starà chiamando un taxi, ne sono certo.

Punto il dito contro il petto di mio fratello e lo guardo seriamente –Vedi di darti una regolata, Andrea è la mia migliore amica, se scopro che le hai fatto qualcosa che lei non voleva, ti giuro Bill, ti farò diventare una voce bianca ok?- lo minaccio –Mi sento il dovere di proteggerla dal mostro che diventi tra le lenzuola-

Bill alza un sopracciglio che ignoro prontamente.

-Vedi di non traumatizzarla, chiaro?- concludo.

-Cristallino- risponde lui trucidandomi con un’occhiataccia  –Comunque lo immaginavo, le avevo dato tante di quelle possibilità di saltarmi addosso ma non l’ha mai fatto- ciarla lui, pensando davvero che io lo stia ascoltando.

Annika sta uscendo fuori, dannazione!

-Era logico che fosse vergine- sta sproloquiando ancora Bill –Dio, è la cosa più bella che potesse capitarmi, io amo Andrea ed essere il primo è davvero così… giusto!-

Roteo gli occhi quando Bill mi afferra un polso mentre sto tentando di scappare verso Annika.

-Vero Tomi? Non è fantastico?-

-Sì che bello- commento sarcastico –Stasera scopi, come sono contento-

-Faccio l’amore- mi corregge Bill, prontamente.

Strattono il braccio –Sì, come vuoi-

-E per Andrea sarà bellissimo, me lo sento- cinguetta come una femminuccia.

Do uno strattone e sospiro quando Bill mi regge ancora –Sì sì, sarà tutto perfetto, da voltastomaco, ora mi lasci?- sbotto infastidito –Sono di fretta!-

-Mah…- piagnucola lui –A te non interessa nulla…-

-BILL!- tuono –Mi vuoi lasciare andare? Annika se ne sta andando, voglio fermarla- confesso infine.

Bill molla il mio polso.

Finalmente.

-Corri allora!- mi spinge verso la porta.

Seguo il suo ordine e inizio a correre, di nuovo.

Ma mi volto solo un secondo per sorridere a Bill –Buona fortuna, e mi raccomando vacci piano- Bill mi sorride un “Grazie Tomi” .

Mi giro e corro verso la porta d’ingresso con in mente l’idea più folle e giusta della serata.

 

 

*

 

[ANNIKA]

 

 

L’aria fredda della notte amburghese si infrange sulla mia pelle nuda, facendomi leggermente rabbrividire.

Sospiro pesantemente, mentre percorro, sola, il tappeto rosso ormai vuoto.

Le transenne sono ancora montate, ma non si vede più nessuno, se non qualche impervio giornalista che, infreddolito, attende l’uscita dei Tokio Hotel con la speranza di fare qualche scatto in più.

Percorro la lunga scia, ripensando al fatto che solo qualche ora fa c’era Tom accanto a me.

Arrivo lungo il bordo della strada e mi fermo sul marciapiede, aspettando che arrivi il Taxi che ho chiamato poco fa.

Non mi va di tornare da Tom e disturbarlo chiedendogli di riaccompagnarmi a casa.

Sarebbe difficile guardarlo di nuovo negli occhi senza che entrambi siamo presi dalla voglia di baciarci.

Preferisco di gran lunga tornarmene da sola e, nel frattempo, riflettere.

Riflettere sulla serata appena trascorsa, per fare un bilancio che risulti almeno un minimo gratificante.

Le luci di Amburgo si sono parzialmente spente, mentre il traffico è notevolmente diminuito, vista l’ora.

Solo qualche audace automobile si intravede correre lungo la strada illuminata solo dalla luce fioca dei lampioni.

Sfrego le mie mani sulle mie braccia, nel vano tentativo di riscaldarmi, quando sento dei passi veloci correre dietro di me.

 

 

 

[TOM]

 

 

Attraverso correndo l’uscita dell’Hotel, sotto gli occhi increduli del portiere.

Cosa sto facendo?

Non lo so neppure io di preciso, sento solo che devo farlo.

Scendo rapidamente i pochi scalini che mi separano dal Red Carpet ormai vuoto.

Alcuni giornalisti lì intorno si rizzano in piedi non appena mi vedono varcare la porta, intenzionati a chiedermi dove sto andando così di corsa, probabilmente.

Ma riesco a sfuggire loro, ignorando completamente il fatto che abbiano già preso a chiamarmi.

Mi avvicino al marciapiede e la vedo.

È lì, sola, in piedi, immobile.

Riconosco la sua figura snella e slanciata, le sue gambe lunghe e i capelli biondi che cadono, perfettamente lisci, sulle sue spalle.

Mi avvicino a lei, concitato e con un leggero fiatone.

Senza neppure pensarci, mi avvicino del tutto e le afferro un polso con non troppa irruenza.

Lei si volta immediatamente ed incontra i miei occhi.

Mi sembra di leggervi all’interno l’emozione, la sorpresa, il desiderio.

Avvicino il mio viso al suo, sento il suo respiro solleticarmi la pelle, mentre cerco in ogni modo di regolarizzare il mio.

Sento il suo naso sfiorare il mio, mentre non riesco a staccare i miei occhi dai suoi.

-è tutta la sera che desidero farlo- le sussurro mentre poso le mie mani sulla sua vita e la tiro di poco a me.

La vedo inerme, immobile, nella mia presa.

Abbasso di poco la testa e lo faccio: interrompo finalmente la distanza che mi separava da quelle labbra dolci che ho desiderato fin troppo stasera.

Sento il suo sapore buonissimo, sento la delizia di questo bacio.

Le mordicchio con sapienza il labbro inferiore, facendo in modo che la sua bocca di dischiuda.

Le chiedo con tenerezza di approfondire quel contatto che mi sta già mandando fuori di testa.

Infilo la mia lingua nella sua bocca e accarezzo la sua.

Prendo a baciarla come si deve, mentre percepisco le sue mani poggiarsi sul mio petto e scivolare dolcemente su di esso.

La sento: anche lei mi vuole.

Risponde al mio bacio con dolcezza e sensualità, mentre io continuo ad assaporare quelle labbra e a giocare con la sua lingua.

Timida, incerta, fragile.

Faccio scivolare le mie mani sui suoi fianchi, tirandola ancora di più a me: la desidero.

Desidero come non mai che questo bacio si trasformi in qualcosa di ancora più intenso ed eccitante.

Ruoto la mia lingua nella sua bocca con decisione e con fare sensuale, certo di stare per mandarla fuori di testa.

Sentire le sue labbra mangiare le mie e le sue mani toccare il mio petto è tremendamente eccitante.

Il fatto che siamo praticamente lungo la strada ed il fatto che tutta Amburgo in questo momento ci sta vedendo non sembra interessarmi.

Mi importa solo la sua lingua, in questo momento. E mi importa quel contatto che mi sembra così sensuale.

Il suono prolungato di un taxi ci riporta alla realtà.

Ci stacchiamo lentamente, e sorrido nel vedere le sue labbra rosse e leggermente gonfie.

Annika si volta di lato ed io faccio lo stesso: vedo un taxi fermo accanto al marciapiede che attende.

-Il mio taxi- mormora lei ricomponendosi ed indicando la vettura.

La guardo negli occhi: non può sfuggirmi così e soprattutto non può farlo ora.

Mi avvicino di nuovo a lei, passo le mie mani attorno alla sua vita e la tiro a me, fino a far aderire il suo corpo al mio, sotto lo sguardo incredulo del tassista.

Mi abbasso verso di lei e mi riapproprio di nuovo di quelle labbra, sentendole mie e sentendo l’eccitazione crescere sempre di più.

Lecco leggermente il suo labbro inferiore, baciandola ancora e ancora, come se non l’avessi mai fatto prima.

Mi avvicino al suo orecchio e le sussurro con voce roca e sensuale:

-Resta con me, stasera-

La sento irrigidirsi sotto la mia presa e vedo i suoi occhi turchese puntarsi nei miei.

Mi guarda, incredula, stupita, vogliosa.

Le sorrido con malizia, e, prima ancora che lei possa rispondere, lascio la presa su di lei e mi avvicino al taxi.

-Ci scusi, cambio di programma- avviso l’uomo al volante, piegandomi verso il finestrino aperto. Mi infilo una mano nella tasca posteriore dei jeans ed estraggo il mio portafoglio. -Tenga- tiro fuori una banconota da 20€ e gliela porgo, pagandogli il disturbo.

L’uomo afferra il denaro, dopo averlo guardato, mi accenna un sorriso e riparte.

Mi rinfilo il portafoglio in tasca e mi volto verso Annika che mi guarda strabuzzando gli occhi.

Le sorrido leggermente, mi avvicino a lei mi piego di nuovo sulle sue labbra, sentendo per l’ennesima volta quel sapore deliziosamente dolce.

E sento le sue mani posarsi con delicatezza attorno al mio collo e la sua lingua approfondire il contatto.

Un brivido di eccitazione mi scuote.

Anche lei mi vuole.

 

 

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