Voglia di fragola di Mitsuki91 (/viewuser.php?uid=158486)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La voglia a forma di cuore ***
Capitolo 3: *** Ripetizioni ***
Capitolo 4: *** Solo un vecchio professore ***
Capitolo 5: *** La festa ***
Capitolo 6: *** Foto ***
Capitolo 7: *** Tradimenti ***
Capitolo 8: *** Il sogno ***
Capitolo 9: *** Voglia di fragola ***
Capitolo 10: *** Magia ***
Capitolo 11: *** Incontro ***
Capitolo 12: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 13: *** Magia e ricordi ***
Capitolo 14: *** L'uomo nero ***
Capitolo 15: *** Il racconto ***
Capitolo 16: *** Chiarirsi ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Non ho proprio il tempo
materiale per iniziare una nuova storia, e invece… Eccomi qui. .-. credo di
essermi auto plagiata per certe cose (come Lily Luna che viene rapita), ma la
storia è diversa e, soprattutto, è una Repayment *------* Io adoro le Repayment
*--------* Non ce ne sono mai abbastanza! Quindi, eccomi qui u.u
È una storia un po’ strana,
che parte da presupposti diversi delle solite Repayment (insomma, non che ce ne
siano molte XD che io sappia, almeno o.O). Spero comunque che possa piacervi =)
Sarà una long, non so quanto
long, spero non troppo. Nella mia testa è già tutto deciso, perciò non temete
=)
Buona lettura! =) ovviamente,
i pareri sono ben accetti =)
Prologo
La
famiglia Potter era stata felice per un lungo periodo di tempo. Harry e Ginny
si erano sposati presto, a pochi anni dalla fine dalla guerra, però avevano
aspettato ancora un po’ di tempo prima di consolidare la famiglia. James Sirius
Potter era nato ed era stato accolto dalla grande famiglia Weasley con gioia e
amore. Appena un anno dopo, era arrivato anche Albus Severus, a far compagnia
al fratello, assieme alla cugina Rose. Poi, era stato il turno di Lily Luna.
Erano
tutti in festa. I cuginetti aspettavano la nuova cugina, i fratellini
aspettavano la nuova sorella. Harry e Ginny non vedevano l’ora di abbracciare
la prima femminuccia di casa Potter.
Poi,
la tragedia.
Lily
Luna non fece nemmeno in tempo a lasciare l’ospedale: venne rapita prima, a
meno di un giorno dalla sua nascita. Harry mobilitò tutto il dipartimento
Auror, invano. La cercarono in ogni dove, senza trovarla. La cercarono per
anni, inutilmente.
La
tragedia spense il sorriso della famiglia Potter per molto tempo.
***
Severus
Piton era sparito dal mondo magico una volta finita la guerra. Era stato salvato
e curato dal morso di Nagini, ma, dato che il suo compito era terminato, non
aveva voluto sentir ragioni. Aveva fatto quello che doveva con Potter, ma aveva
poi scoperto che lui aveva detto a tutti come e perché lo aveva fatto, e non
riusciva a sopportare gli sguardi ammirati della gente. Nemmeno la pietà velata
negli occhi dei suoi conoscenti.
No,
Severus non voleva questo per se stesso. Non voleva la gloria, l’onore e tutte
quelle baggianate. Lui era un uomo che viveva di ombre e che nell’ombra trovava
il suo benessere. Per questo se n’era andato, senza dire niente a nessuno,
sparendo dal mondo magico nel vero senso della parola. Aveva rifiutato il
sussidio del Ministero e si era rimboccato le maniche: l’ultimo suo atto di
magia aveva previsto la falsificazione di qualche documento, per poter venire
assunto come insegnante d’inglese in un liceo babbano. Aveva svolto
egregiamente il suo compito – pur risultando il solito professore antipatico –
e adesso erano un paio d’anni che si godeva la pensione. Con i risparmi si era
comprato una piccola villetta a schiera in un bel paese, in Galles. Viveva
tranquillo assieme alla sua gatta, Minerva, che aveva visto in un negozio di animali
quasi per caso. Non aveva resistito: somigliava troppo alla versione Animagus
della vecchia professoressa. Beh, quantomeno non pativa la solitudine: la gatta
si era sinceramente affezionata a lui; quando girava per casa diventava la sua
ombra e non faceva altro che aspettare che lui si sedesse in poltrona, la sera,
per acciambellarsi sulle sue gambe e fargli le fusa, mentre lui leggeva un buon
libro e l’accarezzava distrattamente in mezzo alle orecchie.
Si
godeva la vecchiaia ed era ormai convinto che nulla potesse arrivare a
sconvolgerlo.
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Capitolo 2 *** La voglia a forma di cuore ***
Aggiorno ora perché il
prologo non dice sostanzialmente niente XD
E poi ho già scritto parecchi
capitoli ò.ò non lo so, l’ispirazione mi sta prendendo, spero di finire di
scriverla entro oggi XD anche se dubito… Poi, pian piano, aggiornerò =)
Ringrazio chi ha messo le
storie nelle seguite e chi mi ha commentato! =)
Buona lettura! =)
La voglia a forma di cuore
Stava
facendo la spesa. Come ogni settimana, aveva preso il suo sacchetto di stoffa e
comprava lo stretto necessario: pane, latte, uova, burro. Fu allora che la
vide.
La
ragazza stava tendendo il braccio per prendere un flacone di detersivo, posto
troppo in alto. Si stava sforzando e non riusciva ad arrivarci. Aveva i capelli
rossi, sì, ma non fu questo che colpì Severus: fu la voglia a forma di cuore
sulla spalla destra a fargli venire un colpo al cuore; una voglia rosa persa in
un mare di lentiggini arancio, che spiccava sulla pelle comunque diafana.
La
stessa voglia che aveva Lily.
Severus
si diede dello stupido per qualche secondo. Lily era morta ormai da anni e non
poteva di certo essere quella ragazza, che aveva sì i capelli rossi, ma di una
sfumatura decisamente più aranciata. Non riusciva a vederla bene in viso, ma i
suoi occhi non sembravano verdi…
“Posso
aiutarla?”
Si
era avvicinato senza nemmeno rendersene conto. La ragazza girò la testa e
sorrise.
No, non sono verdi.
Gli
occhi erano azzurri, ma con un cerchio dorato attorno alla pupilla. Eppure la somiglianza
era impressionante.
Sei ridicolo, Severus. Smettila subito.
Aveva
le labbra un po’ troppo piene e qualche linea non quadrava, ma quello sembrava davvero il viso di Lily.
“Sì,
la ringrazio!”
Almeno
la voce era diversa.
Severus,
che era decisamente più alto, riuscì a prendere senza sforzo il flacone, per
poi porgerlo alla ragazza, che lo mise nel carrello già pieno.
“Di
nulla.” borbottò di nuovo l’uomo, allontanandosi.
Era
turbato. Erano stati solo pochi secondi, ma quella ragazza gli aveva ricordato
Lily in una maniera impressionante. E quella voglia a forma di cuore…
Severus
pagò la sua misera spesa e si avviò fuori dal supermercato. Voltandosi indietro
– non sapeva neanche perché lo stesse facendo – vide la ragazza di prima alla
cassa, mentre rimetteva la spesa nel carrello, poi dopo aver pagato, che si
avviava all’uscita. Si fermò per togliere i sacchetti ma rimase ferma,
guardandoli con apprensione.
Severus,
sospirando, tornò indietro.
“C’è
qualche problema?” chiese.
Lei
sobbalzò, sorpresa.
“Oh,
ancora lei!” esclamò, sorridendo di nuovo “Ehm… Non abito molto lontano, ma
devo portare a casa la spesa e… Non so come fare. Ci sono troppi sacchetti. Il
fatto è che mia mamma si è rotta una gamba due giorni fa e in casa non c’era
più nulla… Mi ha chiesto di andare a comprare le cose e mi ha dato la lista, ma
io non ho ancora la patente… Sono a piedi.”
“Se
vuoi ti aiuto.”
“Non
voglio costringerla… Ha già la sua, di spesa…”
“È
solo mezzo sacchetto. Nessun disturbo: tanto non ho nulla da fare.”
La
ragazza, che prima era titubante, si aprì di nuovo in uno di quei sorrisi ampi
e meravigliosi.
“Oh,
la ringrazio tantissimo! Comunque, il mio nome è Eva. Piacere di conoscerla!”
Tese
una mano. Severus gliela strinse.
“Il
mio è Severus. Piacere.”
Presero
così i sacchetti e, una volta che Eva ebbe sistemato il carrello, si avviarono
verso la casa della ragazza.
“Mi
dispiace tanto averla disturbata.” stava dicendo lei “Ma davvero non sapevo come
fare. La ringrazio, lei è una persona proprio gentile!”
Severus
alzò gli angoli della bocca in quello che doveva essere un sorriso.
“Lei
è la prima persona che me lo dice.”
“Oh,
dammi del tu! Posso farlo anch’io, vero? Comunque, perché non dovresti essere
gentile?”
“Ero
un insegnate. Non molto ben voluto, a dir la verità.”
Le
chiacchiere gli stavano facendo bene. Le chiacchiere lo distraevano dal
pensiero di quella voglia dalla forma di cuore, di quel viso… Persino il suo
sorriso, così grande, così luminoso, gli ricordava lei, anche se la forma delle labbra era diversa.
“Davvero?
E cosa insegnava?”
“Inglese.”
“Oh,
siamo arrivati!”
Si
erano fermati davanti ad una villetta come tutte le altre. Eva aveva appoggiato
le borse per terra e aveva aperto la porta.
“Puoi
aspettare un secondo?” aveva chiesto, prima di riprendere le borse e sparire in
casa. Severus era rimasto, chiedendosi cosa volesse da lui.
“Eccomi!
Potevi anche appoggiare i sacchetti, eh.”
Aveva
in mano un bloc-notes e una penna. Severus grugnì qualcosa e si affrettò a fare
come gli era stato detto.
“Senti,
dai ripetizioni?”
“Sono
in pensione.”
“Oh…
Però le dai, vero?”
Severus
sospirò.
“A
che ti serve?”
“Ad
avere ripetizioni, ovvio!”
Rise,
e Severus sentì il cuore accelerare i battiti. Con gli occhi chiusi, all’ombra
della porta di casa, così che i capelli sembrassero più scuri… Anche se quelle
labbra…
Oh, accidenti. Non sono più un
ragazzino.
“Se
proprio ti servono…”
Che male mi farà? Insegnare mi è sempre
piaciuto.
“Ti
ringrazio!” esclamò lei “Dammi il tuo indirizzo, così passo da te. Quest’anno
ho la maturità, i miei voti non sono al massimo e l’anno scolastico sta per
finire… Mi serve un miracolo!”
Severus
dettò l’indirizzo alla ragazza, che se lo segnò. Poco dopo, solo con il suo misero
sacchetto della spesa, l’aveva salutata e se ne era tornato a casa. Si erano
dati appuntamento per l’indomani, alle tre.
Non sarà poi così sconvolgente, vero? Ho
insegnato ad un sacco di ragazzi, nella mia vita…
Severus
sapeva, però, che se lei non avesse avuto quella voglia a forma di cuore probabilmente
l’avrebbe mandata a quel paese tempo prima. Non l’avrebbe nemmeno aiutata con
la spesa, o a prendere il detersivo. Era come una calamita…
No, non devo pensarci. Sono solo
sciocchezze.
Era
entrato in casa e, senza nemmeno mettere via la spesa, si era seduto sulla sua
solita poltrona. La gatta, che l’aveva osservato per un attimo, piegando la
testa, aveva miagolato una volta e poi gli era salita in braccio.
“Abbiamo
un bel problema, Minerva…” sussurrò, reclinando il capo e chiudendo gli occhi,
mentre con una mano la carezzava fra le orecchie.
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Capitolo 3 *** Ripetizioni ***
Questo capitolo non è molto lungo, lo
so, e non abbiamo un’introspezione da parte di Eva… Solo per Severus. Ho
pensato se allungarla un po’, ma diciamo che siamo ancora alle premesse della
storia, quindi non saprei che dire di più. Severus è turbato, ma cerca di
nascondere il turbamento persino a se stesso.
Non credo di aver altro da aggiungere,
se non che sono in modalità zen e che spero di leggere i vostri pareri in
proposito.
Ah, già, ma questo non riguarda la
storia… Causa università ed esami, come ho scritto nel mio profilo, tutte le
storie sono da considerarsi più o meno sospese, ma ciò non significa che non
scriverò, solo che gli aggiornamenti saranno più radi. Inoltre, di questa
storia ho già pronti dei capitoli, che mi consentiranno di aggiornare più
spesso rispetto alle altre. Sono solo da rivedere, ecco.
Ringrazio chi segue/preferisce/ricorda e
chi mi lascia il suo parere =)
Buona lettura =)
Ripetizioni
Si
era torturato tutta la notte, invano.
Che accidenti mi è preso? Perché le ho
detto che l’avrei aiutata?
Non
riusciva a dormire. Il viso di Eva continuava a fare capolino nella sua mente.
La sua risata luminosa…
Non
che si sentisse attratto da lei, chiaro. Severus aveva passato da tempo l’età
delle cotte e di tutte quelle baggianate simili. Inoltre, nel suo cuore c’era
sempre e solo Lily.
Era
la somiglianza a turbarlo. Quella voglia a forma di cuore, e poi il suo viso,
il suo sorriso. Si era chiesto più volte se fosse stato gentile – gentile, per Salazar, gentile lui! – solo perché Eva gli ricordava
Lily.
Aaah, basta! Sono tutte sciocchezze.
Si
era rigirato nel letto, inutilmente, ancora per qualche tempo. Poi, sospirando,
aveva ceduto all’insonnia e si era alzato, alle prime luci dell’alba.
Aveva
dato da mangiare a Minerva, si era preparato una buona tazza di caffè e aveva
fatto colazione. Aveva pulito un po’ casa durante la mattinata, spostando i
libri magici nella piccola stanza adibita a laboratorio di pozioni – nonostante
tutto, non aveva abbandonato la sua passione – e l’aveva chiusa a chiave. La
ragazza sarebbe venuta nel pomeriggio e non doveva rischiare di trovare cose
strane in giro. Non che pensasse di lasciarla girare per casa, chiaro. Ma era
sempre meglio essere prudente.
Alle
tre in punto suonò il campanello.
Severus
andò ad aprire e si trovò di fronte il sorriso luminoso di Eva.
“Entra.”
le disse, burbero, in modo da mascherare il turbamento.
È più simile a lei di quanto ricordassi.
La
ragazza, che aveva uno zaino a tracolla, non se lo fece ripetere due volte e
andò ad accomodarsi in salotto, sedendosi sul piccolo divano nero.
“Che
casa carina che hai, Severus! Forse un po’ troppo nera…”
Era
vero: i mobili erano pochi, sì, ma di colore scuro. Le pareti bianche non
riuscivano in alcun modo a smorzare l’effetto tetro, così come le finestre – di
certo non aiutavano le pesanti tende di velluto blu.
“A
me piace così.” disse l’uomo “Comunque, non devo aiutarti a studiare? Se
andassimo in cucina sarebbe meglio…”
“Oh,
un gatto!” aveva esclamato lei, ignorandolo.
Iniziamo bene.
“È
una gatta. Si chiama Minerva. Seguimi, dai.”
Eva
prese Minerva in braccio e seguì l’uomo nella piccola cucina. Non che fosse
veramente divisa dal salotto – solo un muretto basso separava le due stanze,
consentendo comunque di vedere cosa succedeva. Ma in cucina c’era il tavolo –
piccolo, quadrato, sempre di legno scuro – con le sedie; di sicuro il posto
migliore per studiare e fare i compiti.
Eva
poggiò con calma il suo zaino sul tavolo, dopo aver cercato inutilmente di far
sedere Minerva sulle sue ginocchia, e iniziò a tirar fuori un libro dopo
l’altro.
Gli
spiegò in cosa avesse bisogno di aiuto, facendo accenni anche a matematica e a
storia.
“So
che ti porterò via un sacco di tempo, se deciderai di aiutarmi.” disse infine
“Perciò, ovviamente, ti posso pagare. Quanto sarebbe all’ora?”
“Non
dirlo neanche per scherzo.” rispose lui. Aveva una pensione modesta, vero, ma
era sempre bastata. Non faceva molto, durante le sue giornate; perlopiù
leggeva, curava il piccolo giardinetto e, al massimo, preparava qualche
pozione. I giorni erano uno uguale all’altro, quindi fare qualche ora di
ripetizioni sarebbe stato solo un piacevole diversivo.
Eva
cercò di protestare, subito messa a tacere dall’ex professore.
Alla
fine, poggiò il viso sulle mani e sorrise.
“L’avevo
detto, che eri una persona gentile.”
Severus
scosse la testa, turbato come al solito.
“Ci
mettiamo al lavoro?” chiese, per distrarsi.
Passarono
il resto del pomeriggio a studiare. Severus era un professore inflessibile, ma
Eva non si lamentava. Leggeva, ripeteva, prendeva appunti, studiava.
Ben
presto l’uomo si perse ad osservarla. I capelli erano lunghi e le ricadevano
davanti al viso, tanto che lei era costretta a scostarseli ogni cinque minuti.
Erano ramati, molto più arancio che rossi, e mossi, ma non con i boccoli. Eva aveva
delle lentiggini sulle spalle e vicino al naso, che però non la penalizzavano,
anzi. Gli occhi avevano un taglio molto simile a quello di Lily, così come i
lineamenti sembravano più o meno gli stessi.
Lily.
Se
la ritrovava davanti, anche se diversa. Quando la ragazza alzava il viso e
sorrideva, ogni tanto l’immagine di lei
si sovrapponeva alla sua, confondendolo. Avevano lo stesso sorriso, anche se
fatto con labbra diverse.
E
poi c’era la voglia a forma di cuore.
Lily.
Severus
era sempre più turbato. Come poteva una babbana sconosciuta essere così simile
a lei? Eppure anche così diversa, nello stesso tempo.
Verso
le cinque e mezza l’uomo propose di fare una pausa per bere del the. Eva
accettò, entusiasta, e si affrettò a mettere via i libri. Si alzò dalla sedia,
stiracchiandosi, e camminò avanti e indietro dalla cucina al salotto per un
paio di volte, per sgranchirsi le gambe.
“Sono
esausta.” disse infine, facendosi cadere sul divano.
Minerva,
che si era seduta sul muricciolo divisorio, fece un balzo e la raggiunse,
acciambellandosi sulle sue gambe.
“Ah,
adesso stai tranquilla?” chiese Eva, divertita, iniziando ad accarezzare la
gatta.
Severus,
nel frattempo, armeggiava con il bollitore. Tirò fuori una scatola di biscotti
che aveva comprato tempo prima, spinto dalla golosità, ma che poi non aveva mai
aperto. Sembravano ancora buoni e si presentavano bene.
“Il
the è pronto.” disse infine, versando la bevanda nelle tazze “Vuoi del latte,
del miele…?”
“Nulla,
grazie.”
Eva
era tornata al tavolo. Minerva le si strusciò contro le gambe, facendo le fusa.
“Hai
proprio una gatta affettuosa, sai?”
Severus
le rispose con un grugnito abbastanza neutro.
Bevvero
il the e mangiarono i biscotti, poi Eva si preparò per tornare a casa.
“Ci
vediamo fra due giorni, alla stessa ora?” chiese, mentre il professore la stava
accompagnando alla porta.
Lui
fece un cenno con la testa; Eva sorrise e poi uscì.
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Capitolo 4 *** Solo un vecchio professore ***
Eccomi che torno con un nuovo capitolo
=)
So che ci sono spiegazioni “misere” per
la fiducia di Eva in Severus (ci sono comunque indizi), ma verrà tutto svelato
alla fine ;) e Severus non capisce più niente, ma questo sarà chiaro XD nel
frattempo, godetevi il capitolo u.u
*va a farsi una tazza di the*
Buona lettura, fatemi sapere quello che
pensate ;)
Solo un vecchio professore
Eva
non riusciva a capire perché si fosse fidata di quell’uomo sin da subito.
Al
supermercato era stato gentile, certo, ma sapeva anche che la maggior parte dei
malintenzionati lo era. Eppure Severus… Le ispirava fiducia.
Non
che non fosse una persona scostante. Anzi: il suo aspetto, il suo essere
vestito di nero, la sua espressione imbronciata… Non erano per niente cose
rassicuranti. Quando le aveva detto di essere in pensione, poi, se ne era
stupita: non sembrava così vecchio; gli avrebbe dato al massimo cinquant’anni. No,
era più una sorta di “eco lontano”; una sensazione di fiducia a pelle.
Le
era successo solo poche altre volte, nella vita. La maggior parte delle quali
si era trattato di bambini, e lei pensava che fosse una caratteristica
infantile quella di fidarsi di tutti. Da “grande”, solo due volte le era
capitato. Una aveva quindici anni, era al mare con i genitori e aveva visto
questo signore un po’ stravagante, con i capelli bianchi e sottili e un costume
viola con delle stelle disegnate. Si era avvicinata e avevano iniziato a
parlare, ed era risultato un signore così simpatico – anche se palesemente
tocco – che avevano passato tutta la vacanza praticamente insieme, ogni volta
che potevano. Eva era riuscita a vederlo solo sulla spiaggia e, una sera, a
passeggiare in pieno centro – ed era vestito in un modo così assurdo! – ma
erano diventati quasi amici… L’altra volta era stata durante un weekend dalla
nonna, in campagna. Aveva incontrato questo uomo davanti ad uno di quei
distributori di latte automatico, che sembrava incapace di capirne il
funzionamento. Lei, diciassette anni appena compiuti, si era avvicinata per
aiutarlo, ma lui le aveva risposto che stava solo riflettendo sul fatto che
ormai il mestiere del lattaio non sarebbe servito più a nulla – e suo padre era
lattaio. Avevano poi chiacchierato tutto il pomeriggio, prima che lui dovesse
andarsene. Non l’aveva rivisto mai più.
Comunque,
per Severus, non aveva avuto nulla da temere: il professore era stato diligente
e professionale e avevano studiato tutto il pomeriggio.
“Eva,
sei a casa?”
“Sì,
mamma.”
La
ragazza si tolse le scarpe e andò in salotto, dove vide sua madre seduta sul
divano, con la gamba ingessata che sporgeva dal bracciolo.
“Com’è
andata? Questo professore è una persona preparata? Ti ha detto quanto vuole?”
Eva
alzò le spalle, facendo scivolare lo zaino a terra e sedendosi sulla poltrona.
“È
bravo, sì. Non vuole soldi: ha detto che, tanto, non farebbe nulla lo stesso;
quindi non gli rubo del tempo. È in pensione, non ha altro da fare.”
“Capisco.
Ma sei sicura che sia una persona valida?”
La
ragazza alzò gli occhi al cielo.
“Se
vuoi gli chiedo di venire e te lo presento. Ha insegnato inglese per anni, mamma…”
“E
va bene. Mi fido di te. Ma se ce lo fai conoscere è meglio, sì.”
Eva
passò il resto della serata, dopo cena, a leggere e a mandare messaggi alla sua
migliore amica, Noemi.
Fu
solo poco prima di dormire che il suo pensiero corse al vecchio professore. Non
si era nemmeno fatta dire il suo cognome… Chissà che avrebbe pensato
dell’invito a casa sua.
***
“Severus,
ti andrebbe di venire a cena da me uno di questi giorni?”
L’uomo
aveva strabuzzato gli occhi.
Si
trovavano nella cucina, come la prima volta, e lei stava scrivendo un tema
storico da sottoporre poi al giudizio del professore.
“Ecco,
mia madre vorrebbe conoscerti… Le ho detto che sei una persona affidabile, ma a
quanto pare la mia parola non basta…”
“Capisco.”
aveva risposto Severus, tranquillizzandosi “Va bene, verrò.”
Poteva
dire di no. Perché la stava assecondando?
Se
sua madre avesse avuto qualcosa da ridire non l’avrebbe più vista.
Che assurdità.
Di
certo, se non si faceva conoscere dai genitori, loro avrebbero pensato che ci
fosse qualcosa, sotto. E allora sì che non l’avrebbe più rivista.
E perché dovrebbe essere un problema?
“Grazie.”
aveva detto Eva, sorridendo.
Quel maledetto sorriso. Ecco qual è il
problema.
Severus
borbottò qualcosa e poi entrambi ripresero a fare quello che stavano facendo.
***
I
signori White sembravano persone perbene.
Eva
aveva aiutato sua madre, Abby, a cucinare; poi aveva servito in tavola. Alan,
suo padre, aveva accolto Severus, che si era presentato con una bottiglia di
vino.
Durante
la cena avevano chiacchierato soprattutto in merito agli studi di Eva e al suo
livello di preparazione.
“Non
è mai stata una cima, ma è intelligente e quest’anno ha la maturità. Non sa
quanti insegnanti abbiamo cambiato… Non ne voleva proprio sapere, diceva di volercela
fare con le sue forza. Ecco perché non abbiamo esitato quando ci ha detto di
lei… Mi sembra una persona competente…”
Severus
aveva annuito e aveva cercato di parlare il meno possibile.
Al
momento del congedo, Alan gli aveva teso una mano.
“Beh,
è stato un piacere, professor Piton.”
“Di
nulla, signor White.”
Eva
aveva fatto in modo di fargli sapere il cognome e di chiederglielo, per
presentarlo adeguatamente ai genitori. Anche se lei, a casa, continuava a
chiamarlo Severus.
***
Quella
ragazza era entrata definitivamente a far parte della sua vita.
Severus
le stava dando ripetizioni da circa due mesi; gli esami erano alle porte. Erano
i primi di giugno.
Lui
era ancora turbato dalla sua presenza. Certo, non c’era più la confusione dei
primi incontri… Il viso di Lily non si sovrapponeva più a quello di Eva. Con il
tempo, era riuscito a capire che le due erano persone diverse, nonostante la
somiglianza e nonostante la voglia a forma di cuore sulla spalla.
Insomma, non può avere nulla a che fare
con Lily, no? È una semplice babbana.
Eppure,
non riusciva a fare a meno di osservarla a lungo. Gli piaceva il modo in cui si
scostava i capelli dal viso, ad esempio. O il modo di legarseli insieme, perché
non le dessero fastidio, utilizzando una semplice matita. Le lentiggini sulle
spalle e sul naso, che si nascondevano nella lieve abbronzatura, dato che la
ragazza amava passare ore e ore fuori.
Aveva
persino comprato un tavolino da mettere nel suo minuscolo giardino, dove poter
studiare durante le belle giornate.
Minerva
si era affezionata a Eva, tanto che la seguiva sempre. Quando stava per arrivare,
si piazzava davanti alla porta e miagolava.
La
ragazza, dopo aver passato ore e ore a studiare, aveva preso l’abitudine di
parlare, parlare e parlare. Severus si sentiva un po’ un vecchio confidente: la
cosa lo lasciava indifferente, anche se, piano piano, iniziò ad interessarsi
seriamente alla vita della giovane.
Aveva
così scoperto che la sua migliore amica si chiamava Noemi, che era una sua
compagna di classe e che era molto diffidente, tanto che la storia delle
ripetizioni non la convinceva per niente e additava il professore come un
vecchio maniaco.
“Ma
ci pensi? Come se tu mi avessi mai anche solo sfiorata! Io glielo ripeto, ma
lei niente…”
E
Severus pensava che gli sarebbe piaciuto sfiorarla, sì. E poi si dava
mentalmente dello stupido, perché l’unica donna che aveva mai desiderato in
vita sua era morta anni e anni prima. Aveva passato una vita, dopo la caduta
del Signore Oscuro, a contatto con altra gente, con donne e con ragazze di
tutti i tipi, ma lei… Eva era diversa. Aveva un fascino che non si limitava
alla somiglianza fisica con Lily, aveva un qualcosa… Non riusciva a definirlo.
Non essere sciocco, Severus. Anche se
non aveste almeno quarant’anni e passa di differenza – e li abbiamo – lei non
sarebbe interessata a te nemmeno sotto Cruciatus. E tu non sei interessato a
lei, punto. Come ti vengono in mente assurdità simili?
Ogni
volta si arrabbiava con se stesso e ignorava i messaggi che il suo corpo, più o
meno, tentava di inviargli. Ogni volta si diceva di essere troppo vecchio per
provare di nuovo certe cose; si diceva che era impossibile anche solo immaginare che potesse provare certe cose, dato che lei non era Lily. E lui aveva
amato solo Lily.
Eva
gli raccontò anche di avere un ragazzo, tale Matthew. Si erano conosciuti ad
una festa organizzata per Natale e si erano frequentati per qualche mese prima
di ‘ufficializzare’ la cosa. Erano una bella coppia.
Severus,
quando lo seppe, provò una spiacevole sensazione allo stomaco.
Che mi stia ammalando?
Perché
no, non poteva essere geloso di un ventenne e della sua ragazza. Perché no, non
poteva essere geloso di una ragazza che non era neppure sua – Merlino, che cosa aveva appena pensato,
‘ragazza’ e ‘sua’ nella stessa frase, no, era toppo! Poi aveva considerato
che era stato geloso anche di Lily, e Lily davvero non l’aveva mai visto più
che un amico. E poi aveva smesso di parlargli. E poi era finita con l’uomo che
più odiava al mondo.
Al cuor non si comanda.
Ma
non era il suo cuore a parlare, giusto? Non era niente, assolutamente niente.
“Sai,
Severus? Sei un vecchio professore, ma non sembri proprio tale. Insomma, potresti
quasi essere il mio migliore amico!”
Migliore amico.
Ah,
che presa in giro!
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Capitolo 5 *** La festa ***
Ed eccomi qui con un nuovo capitolo… Si
fa un salto temporale, vero, ma dopotutto non era necessario assistere ad ogni
ripetizione .-.
Piccole note alla fine, per il resto…
Buona lettura!
La festa
Fu
così che Eva passò gli esami di maturità con un voto accettabile. Decise che
voleva invitare a tutti i costi il professore alla festa che si sarebbe tenuta.
“Andiamo,
non sarà nulla di scandaloso, glielo prometto! Non è un locale esclusivamente
per giovani…”
“Locale?
Ti pare che potrei entrare in un locale? Guardami, Eva. Ho più di sessant’anni.”
“Ne
dimostri a malapena cinquanta.”
“Questo
mi fa piacere, ma la risposta è sempre no.”
“Daaaaaaaai…”
Eva
non sapeva perché ci tenesse tanto. Dopotutto, conosceva il professore da soli
tre, quattro mesi. Certo, era merito suo se era riuscita a superare la maturità
in modo così brillante – rispetto ai suoi standard, ovviamente – ma nessuno se
la sarebbe presa se il professore non fosse stato presente. Anzi, Noemi
continuava a dirle che era una fortuna che gli esami fossero finiti, così lei
non doveva passare più del tempo con quel ‘vecchio maniaco’.
Eppure
a lei non dispiaceva stare in compagnia di Severus. L’uomo era silenzioso,
burbero, scostante… Ma, nonostante tutto, la stava sempre ad ascoltare. Avrebbe
voluto andarlo a trovare ancora, dopo gli esami. Anche per questo si era
presentata alla sua porta, qual giorno. Lui le aveva fatto le congratulazioni
per il diploma – ed era la prima volta che vedeva un sorriso sul suo volto, ed
era un sorriso compiaciuto –, poi le aveva offerto dei biscotti e, da quel
momento, lei stava cercando di convincerlo a venire alla festa.
“Ho
detto di no, Eva. È… Inadeguato.”
Severus
poggiò la mano sul tavolo, sbuffando. Eva si mise a fissare le vene e le
sottili rughe della mano. Un pensiero folle la colpì: avrebbe voluto
stringerla, vedere chi di loro due aveva le dita più lunghe, vedere come le
loro mani si potessero intrecciare. Il suo cuore accelerò un po’ i battiti e la
confusione la invase.
Alla
fine, non resistendo, optò per poggiare la mano sulla sua.
Severus
sussultò, ma non si ritrasse. Sentì invece uno spiacevole calore salirgli lungo
il collo, mentre lei si sporgeva sul tavolo, avvicinandosi e facendo la
classica espressione da ‘cucciolo bastonato’.
Quei maledetti occhi.
Il
colore era diverso, ma il taglio era lo stesso.
Inoltre,
in quella posizione, i seni della ragazza si erano fatti più evidenti. L’ampia
scollatura non aiutava per niente.
“Severus,
ti prego…”
“E
va bene!” sbottò infine, sconfitto.
Eva
sorrise, con il suo solito sorriso ampio e luminoso, poi tornò a sedersi normalmente,
senza tuttavia togliere la mano.
Severus
fece un respiro profondo e cercò di calmarsi.
È indubbio che, fisicamente, mi attrae.
Ci
erano voluti mesi solo per riuscire ad ammetterlo a se stesso.
Beh, è una bella ragazza, e io sono un
uomo. È normale, tentò di
giustificarsi.
“Quindi
ti aspetto alle nove all’entrata del ‘Paradise’, domani sera. Non vedo l’ora!”
Oh, Merlino, in che guaio mi sono
cacciato.
Eva,
con la mano libera, aveva preso un altro biscotto e l’aveva mangiato. Con
l’altra, aveva iniziato invece ad accarezzare la mano di Severus, piano, con il
dito indice. Lui non osava spostarla o ritrarsi. Era indubbio, però, che quelle
semplici attenzioni gli stavano provocando delle reazioni… Discutibili, ecco.
È troppo tempo che non sto con una
donna. Merlino! Credevo che ad una certa età non ci si dovesse più preoccupare
di certe cose!
Quando
accompagnò Eva alla porta, sperò che i pantaloni fossero risultati abbastanza
larghi da nascondere l’erezione.
***
Severus
aveva preso la patente babbana anni prima, quasi come prima cosa dopo aver
definitivamente abbandonato il mondo magico. Aveva una piccola macchinina – non
se ne intendeva di modelli e marche – di seconda mano, che funzionava egregiamente.
Dopo che era andato in pensione, non l’aveva quasi più usata.
Quel
sabato, quindi, ci mise un attimo per ricordarsi come fare. Una volta che
riuscì ad uscire dal garage, comunque, guidare gli tornò facile come sempre.
Scoprì
che il ‘Paradise’, di cui si era fatto dare l’indirizzo da Eva, era un locale
abbastanza tranquillo. Dentro si ballava, vero, ma c’erano dei tavolini
all’esterno ai quali la musica arrivava soffocata, permettendo alle persone di
avere una conversazione civile. Severus non riuscì comunque a scacciare la
sensazione di essere completamente fuori luogo.
Eva
lo vide appena entrò e agitò una mano. Era seduta al tavolo, fuori, e con
l’altro braccio si teneva ad un ragazzo che doveva avere un paio d’anni più di
lei.
Matthew, probabilmente.
“Severus,
sei venuto!”
Il
suo sorriso era splendido e luminoso, come al solito. Gli altri ragazzi
presenti al tavolo lo fissavano straniti, tranne una che aveva assottigliato
gli occhi.
“Ragazzi,
questo è Severus, colui che mi ha dato ripetizioni. Se ora ho un diploma, è
merito suo!”
Mentre
l’uomo si sedeva, si sentì un incerto “ciao” levarsi dal tavolo.
“Severus,
lui è Matthew, il mio ragazzo.” continuò lei, per nulla scalfita dalla mancanza
di entusiasmo, indicando il ragazzo alla sua destra.
Per l’appunto.
“Lui
è Andy… Lei è Chloe, Noemi…”
Ah, quella che mi considera un maniaco.
Ecco perché mi fissava così, dunque.
Severus
non sorrise a nessuno e fece solo un cenno del capo, a fine presentazioni.
Ben
presto rimase solo al tavolo, mentre tutti si alzavano per andare a ballare.
Beh, non proprio solo.
Noemi
si era avvicinata a lui, con fare furtivo, e lo osservava bere la sua mezza
birra.
Rimpiango un bel boccale di Burrobirra.
Anche del Whisky Incendiario, sì, perché no? Ma che sono venuto a fare, mi
chiedo…
“Allora,
e così… Lei è il professor Piton, dico bene?”
Severus
la osservò per circa mezzo secondo. Capelli neri a caschetto, naso abbastanza
importante, occhi truccati ma non in maniera eccessiva.
“Sì,
sono io.”
“E…
Perché ha deciso di aiutare Eva con la scuola? Mi ha detto che non l’ha mai dovuta
pagare.”
Severus
imprecò mentalmente contro quella sconosciuta. Ma che voleva?
Accertarsi che io non sia un maniaco,
certo.
“Non
vedo come mai la cosa dovrebbe interessarle.”
Lei
si fece ancora più sospetta.
“L’ha
mai toccata?”
Severus
quasi si strozzò con lo birra.
“Ma
che domande fa?! Non sono un pervertito! Le ho insegnato inglese!”
Si
vedeva lontano un miglio che non l’aveva convinta per niente.
“Eppure
perché mai un uomo in pensione, che finalmente può godesi la vita, spende il
suo tempo appresso ad una ragazza appena maggiorenne? Non me la dà a bere, non
a me.”
Severus
mise su la sua peggior espressione corrucciata.
“Se
proprio vuoi saperlo, mi ricorda una persona.”
Ecco,
la cosa che non avrebbe mai dovuto dire, né pensare. Ci aveva messo mesi per
scindere Lily da Eva, ed ora era bastato l’accenno di una ragazza per mandare a
monte tutto il lavoro. Severus guardò nel locale e vide la giovane ballare con
il fidanzato, e nella sua testa l’immagine di Lily che rideva la sostituì per
un momento, luminosa.
Sono solo sciocchezze.
“Davvero?”
“Davvero.
Se non avessi conosciuto i suoi genitori, giurerei che sia una parente.”
Noemi
aveva cambiato totalmente espressione: era esterrefatta, sorpresa. Spalancò la
bocca, come per dire qualcosa, ma Severus si sentì tirare il braccio e distolse
la sua attenzione da lei.
“Dai,
vieni anche tu a ballare!”
L’uomo
alzò gli occhi al cielo, mentre Eva continuava a sorridere e a tirarlo per il
braccio.
“Non
so ballare… E poi questa musica…”
“Daaaai!”
E,
per un secondo, il viso della ragazza sparì, sostituito da quello di Lily.
È colpa della conversazione che ho
appena avuto. È un’allucinazione, non è reale…
I
capelli rossi come il fuoco, non più tendenti all’arancio, e gli occhi verdi,
lucenti, splendenti. Le labbra piccole, non carnose, e nessuna lentiggine
attorno al naso. Sorrideva, dello stesso sorriso di Eva.
Erano
così simili.
E
poi la voglia, la voglia a forma di cuore sulla spalla desta.
Dopo
appena un secondo, Eva tornò ad essere se stessa. Gli occhi azzurri con la pupilla
cerchiata, le lentiggini, le labbra carnose. Solo la voglia era rimasta, e
Severus non riusciva a smettere di guardarla.
Approfittando
del suo attimo di esitazione, Eva lo tirò finché non fu costretto ad alzarsi. Se
lo trascinò letteralmente dietro, zittendo le proteste del professore, finché
non furono in pista. Allora si voltò, lo fissò in faccia, gli prese le mani e
le mise sui suoi fianchi, mentre lei gli allacciava le braccia dietro al collo.
“Non
so come si balla!” aveva cercato di protestare ancora Severus, ma le sue parole
erano coperte dal volume della musica. Stava per venirgli il mal di testa.
Finì
che rimasero a dondolare sul posto, fra il sorriso di Eva e il broncio
dell’uomo. Dopo appena una canzone lui si staccò, tornò al tavolo, finì la sua
birra e annunciò a tutti – ovvero Eva e Noemi – che se ne andava. Lei cercò di
farlo rimanere, ma lui fu irremovibile.
Solo
una volta che fu a casa, solo nel suo letto, si concesse di ripensare alle sue
mani sui fianchi di Eva.
Piccoli, morbidi. Perfetti.
Fece
parecchia fatica ad addormentarsi.
Spero che sia chiaro che Severus non
riesce proprio a dire di no ad Eva. Ci prova in tutti i modi, ma è sempre
sopraffatto da lei… Anche a livello fisico.
Scinde Eva da Lily, anche se non sempre
ci riesce, ma fra i due c’è comunque della complicità. Eva non capisce bene
perché si incaponisce tanto con lui… È una di quelle cose che si scopriranno
alla fine, non voglio dirvi nulla ora come ora.
E per le reazioni fisiche di Severus,
beh, c’è da considerare che 1) per come la vedo io i maghi invecchiano molto
più lentamente rispetto ai babbani, quindi l’età anagrafica non conta poi molto
(anche come aspetto risulta più giovane) e 2) Severus ha passato una vita a
reprimersi e ad autocondannarsi alla solitudine. È ovvio che al minimo accenno
di contatto umano qualcosa succeda, ecco.
Spero sia tutto chiaro, davvero ^^” Se
avete domande, chiedete =)
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Capitolo 6 *** Foto ***
Ebben, vi comunico che ho finito di
scrivere anche questa storia, perciò gli aggiornamenti saranno più regolari ;)
Grazie a tutti per il supporto e buona
lettura!
Foto
Noemi
aveva cercato di parlarle, non appena Severus se n’era andato.
“Senti…
Mi ha detto che somigli ad una persona.”
“Ah,
davvero?”
Per
un attimo si era sentita spiazzata.
A me non ha mai detto niente.
“Sì…
Mi ha anche detto che le somigli così tanto che…”
“Ehi,
Eva! Non torni a ballare?”
Matthew
era uscito solo per poter reclamare la sua ragazza. Noemi aveva lasciato cadere
il discorso.
***
Eva
era tornata il giorno dopo, per scusarsi dell’accaduto.
“Te
l’ho detto, tu non c’entri. Non mi sentivo a mio agio e basta.”
La
ragazza era seduta sul divano e stava accarezzando Minerva.
“Non
volevo costringerti a venire.” disse, infine, tenendo gli occhi bassi “Però ci
tenevo, alla tua presenza.”
Severus,
che era seduto sulla poltrona, non sapeva cosa dire.
Ci mancava che mi facesse sentire in
colpa per essermene andato!
“Senti,
lo so. Ci ho provato, davvero… Mi spiace averti deluso.”
Lei
aveva alzato lo sguardo, sorpresa.
“Ma
cosa dici?! Sono io che mi dovrei scusare! Avrei dovuto capire che non ti
saresti sentito bene…”
Di questo passo, non ne veniamo più
fuori.
Qualcuno
suonò il campanello. Severus, borbottando una scusa, si alzò per andare a
vedere chi fosse.
Minerva,
proprio in quel momento, decise di saltar giù dalle gambe di Eva. Miagolò,
prima di sparire dietro una porta.
“Minerva!”
sussurrò la ragazza, a mezza voce, sperando di non farsi sentire da Severus.
La
gatta miagolò ancora, mostrando la coda attraverso la porta.
Sbuffando,
Eva la seguì.
Era
un piccolo corridoio che dava su tre stanze: davanti a lei c’era il bagno, che
qualche volta si era trovata costretta ad usare; le altre due non sapeva cosa
contenessero, ma una doveva per forza essere la stanza del professore. Minerva
miagolò ancora ed Eva la vide sparire dietro una porta socchiusa.
“Minerva,
non posso stare qui!” esclamò lei, seguendola suo malgrado.
Sì,
doveva essere la stanza di Severus. Le lenzuola erano nere – come se mi aspettassi altro, pensò Eva – ma i mobili erano
chiari, a differenza di quelli delle altre stanze.
Minerva
si era accucciata davanti al comodino e miagolava, prendendolo a zampate.
“Si
rovinerà se continui così!”
Nulla.
Eva si era inginocchiata poco dietro alla gatta, ma non voleva toccarla per paura
che la graffiasse. Continuava a miagolare.
“Non
essere sciocca, non posso aprire i cassetti del professore…”
Per
un folle momento si immaginò di trovare delle mutande, tutte nere. Ridacchiò.
Minerva
non accennava a smettere.
“E
va bene!”
Nel
cassetto c’era solo una piccola agenda, sopra quella che sembrava…
“Una
foto.” disse Eva, stupita, tirandola fuori.
Nella
casa di Severus non c’erano foto né tantomeno cornici. Il professore aveva solo
l’essenziale: neppure un soprammobile era posato sulla credenza in salotto.
Solo libri.
Girandola,
Eva scoprì che ritraeva Severus da giovane – non poteva avere più di quindici
anni – accanto a una ragazza. Con un tuffo al cuore, non poté non notare la
somiglianza.
È la mia copia. Se non fosse per i
colori, e le labbra…
Le
sovvennero le parole che Noemi le aveva detto la sera prima. Sì, aveva
accennato al fatto che Severus le aveva detto che lei gli ricordava qualcuno,
ma così…
I
suoi occhi riuscirono a staccarsi miracolosamente dalla ragazza e Eva si trovò
a valutare Severus da giovane. Era già abbastanza alto, i capelli e gli occhi
erano gli stessi… Ma era strano vederlo con il viso liscio, non solcato dalle
rughe e dai segni del tempo. Certo, l’uomo si manteneva bene – continuava a
dargli al massimo cinquant’anni – ma nella foto aveva un non so che di…
Giovane.
Sì,
era proprio giovane.
Eva
sorrise. Per un momento, desiderò averlo incontrato a quel tempo, anni e anni
prima. Chissà come sarebbero state le sue mani, così lisce, mentre ora…
Sentendo
dei passi, Eva si affrettò a rimettere la foto dove era. Fece appena in tempo a
chiudere il cassetto e a prendere in braccio Minerva, alzandosi, che Severus
spalancò la porta.
“Che
ci fai qui?” le chiese, ma non sembrava arrabbiato.
“Minerva
è scappata. La volevo solo riacciuffare.”
L’uomo
alzò gli occhi al cielo.
“Magari
non voleva stare con te… Povera gatta, non è più libera di girare neppure a
casa sua!”
Era
ironico, tanto che Eva sorrise.
Tornarono
in salotto.
“Chi
era, comunque?” chiese Eva, mentre Severus si dirigeva in cucina per preparare
il the.
“Il
postino. Qualcuno ha messo ad un pacco l’indirizzo sbagliato.”
“Oh…”
Eva
si ritrovò a fissare Severus. Pensò al ragazzino della fotografia, che
sorrideva timidamente, e lo mise a confronto con l’uomo burbero e sempre
imbronciato che aveva di fronte.
Se non fosse per i capelli, per il naso
e per gli occhi, direi che sono persone diverse.
Eppure
si capiva che era lui.
Chissà che gli è capitato, nella vita.
Si
rese conto che Severus non parlava mai di sé. In quei mesi, dopo che avevano
finito la lezione, era sempre stata Eva ad instaurare una conversazione, a
cianciare dei suoi amici e della sua vita. Ora si sentiva terribilmente
curiosa, ma sapeva che, se non l’aveva fatto prima, difficilmente Severus si
sarebbe aperto spontaneamente.
È una buona scusa per tornare, no?
Ormai
non sapeva più che raccontare a se stessa, pur di vedere il professore.
Severus
versò il the nelle tazzine e si avvicinò a lei, che era seduta sul divano.
“Usciamo?
Oggi è proprio una bella giornata.”
Eva
gli osservò le mani, arrossendo.
Noemi mi ha messo degli strani pensieri
in testa, a furia di ripetermi certe cose…
“Usciamo.”
rispose, alzandosi e sorridendo.
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Capitolo 7 *** Tradimenti ***
Ecco un nuovo aggiornamento ;)
Scusate eventuali errori di battitura,
ma non riesco a rileggere, sono abbastanza di fretta… Ho riletto tempo fa, ma
qualcosa può sempre sfuggire!
Buona lettura, fatemi sapere ;)
Tradimenti
Le
cose non stavano andando bene fra lei e Matthew.
Eva
aveva dato la colpa alla maturità, ma anche ora che gli esami erano finiti continuavano
a litigare, anche per le cose più futili.
Era
per questo che si era recata a casa sua, quella sera. Era passata solo una
settimana dalla festa, ma loro avevano già discusso, anche abbastanza
pesantemente.
Aveva
trovato la porta aperta. Stupefatta, era entrata in casa, ma lui non era in
sala e nemmeno in cucina. Sembrava non esserci nessuno. Aveva quindi aperto la
porta di camera sua.
Non
l’avesse mai fatto.
Fra
l’espressione stupita e colpevole di lui e l’urlo stupefatto della donna
bionda, Eva era scoppiata. Era semplicemente corsa via, senza sentire
spiegazioni né niente.
A che serve? È tutto così evidente.
Chissà
da quanto andava avanti. Ma se la tradiva, perché non lasciarla direttamente?
Alla fin fine, ero sempre e solo io a
voler aggiustare le cose. Magari stava tentando di scaricarmi già da prima… Ma
perché non farlo e basta? Perché prendermi in giro?
Ecco,
le lacrime avevano iniziato a scendere. Con rabbia, Eva si passò il dorso della
mano sugli occhi, cercando di scacciarle.
Non
aveva voglia di tornare a casa.
Sua
madre avrebbe di certo preteso spiegazioni, ma lei non era in grado di darne.
Non voleva parlarne con lei, essere costretta a sentirsi dire che i ragazzi
erano tutti uguali o che avrebbe trovato di meglio. Abby era una brava mamma,
certo, ma era troppo inopportuna, a volte, e non capiva quando doveva lasciarla
sfogare e basta, senza mettere becco.
Senza
che nemmeno lo decidesse consciamente, alla fine si era ritrovata di fronte
alla casa di Severus.
***
Quando
aveva aperto e si era trovato di fronte Eva in lacrime, si era scostato subito
per lasciarla entrare. Erano tornati in salotto e lui si era seduto sul divano.
Lei
l’aveva subito raggiunto, buttandogli le braccia al collo e soffocando i
singhiozzi sul suo petto.
Lui
non sapeva che fare. Non si era mai trovato in una situazione simile; era
confuso, ma quello era anche il maggior grado di vicinanza che avesse mai avuto
con Eva. Poteva sentirne il profumo, dolce, delicato.
Decise
di assecondarla un po’ appoggiando le mani sulla sua schiena, in una sorta di
abbraccio.
“Che
succede?” chiese infine, dato che lei non parlava e continuava a piangere.
“Matthew…”
iniziò a dire, fra un singhiozzo e l’altro “Mi ha… Mi ha… Tradito!”
Oh.
Che
si dice in questi casi?
“Mi
spiace. Ma sei sicura o…?”
“Li
ho visti!”
Oh oh.
Severus
non sapeva che dire.
Eva
alzò la testa, osservandolo negli occhi, con le lacrime che ancora gli
bagnavano le guance. L’uomo sentì un colpo al cuore, nel vederla così
sofferente.
“Severus,
perché voi uomini siete così… Così…?”
Si
rituffò nel suo petto, continuando a piangere. Severus cercò di posizionarsi
meglio e la strinse di più, non sapendo che altro fare.
Un abbraccio. Il primo abbraccio della
mia vita.
Dopo
quello che parve un secolo, Eva riuscì a calmarsi. I singhiozzi si fecero più radi,
fino a scomparire del tutto. Fuori, il cielo era già buio.
“Severus.”
disse infine, accoccolandosi fra le sue braccia e passando una gamba sopra le
sue. L’uomo si sforzò di mantenere un perfetto autocontrollo, e non batté
ciglio “Tu hai mai tradito qualcuno?”
Pensieri
amari passarono nella mente del professore.
“Non
ho mai avuto una donna.” rispose infine. Non era del tutto vero – aveva avuto
qualche rapporto sessuale, ma non credeva che si potesse considerare un vero e
proprio tipo di rapporto, a dirla tutta.
Eva
alzò la testa, stupita, per osservarlo. Poi si fece pensieroso.
“Però
anche tu ti sarai innamorato almeno una volta, no?”
Una volta e per sempre.
“…
Sì.”
“E
non c’è stato mai niente?”
“No,
mai.”
Quanto avrei voluto che fosse andata
diversamente…
“Però…”
“Però
cosa?”
“Però
l’ho tradita, sì. Non l’ho fatto apposta. Ma, una volta, l’ho tradita.”
Eva
non credeva di poter mai sentire quel tono di voce nel professore. Sembrava…
Dolore. Lo osservò: si era accigliato, sforzava il viso in modo strano. Non
erano ricordi felici, no.
“Se
non stavate insieme, come puoi averla tradita?” chiese, confusa e curiosa.
Lui
non le rispose subito.
“Esistono
tanti modi di tradire una donna, Eva.” rispose infine, a fatica “Io ho scelto
forse il peggiore.”
“…
E le hai chiesto scusa? Ti ha perdonato?”
“È
morta.”
Bastarono
quelle due parole a far sgranare gli occhi alla ragazza.
Ora,
Severus non tentava neanche più di nascondere il dolore. Era lampante, disegnato
sul suo viso come se avesse sempre fatto parte di lui.
Chissà che è successo, nella sua vita…
Eva
si ritrovò a pensare alla vecchia foto che aveva trovato giorni prima e, di
nuovo, si chiese come fosse stata la vita di Severus. Mentre lo osservava
combattere contro quelli che dovevano essere fantasmi del passato, si concentrò
sulla bocca.
Che smorfia triste.
Era
la stessa espressione che aveva avuto lei poco fa, ci poteva scommettere.
Mi sta abbracciando.
Se
ne rese conto solo ora e, inaspettatamente, si sentì arrossire. La testa si
fece leggera, mentre Eva vedeva dinanzi a sé la ragazza della foto, e nella sua
mente risuonavano quelle due parole orribili… È morta…
Si
alzò sulle ginocchia, senza davvero guidare il proprio corpo. Premette le sue
labbra su quelle di Severus, che rimase immobile, stupito.
L’uomo
non si era reso conto del gesto della giovane finché non era stato troppo tardi.
Perso nel ricordo di Lily, venne strappato dai suoi pensieri da quelle labbra
che si erano appoggiate delicatamente sulle sue.
Eva
aveva gli occhi chiusi e il corpo praticamente spalmato addosso al suo. Severus
si sentì impazzire, girare la testa, mentre non riusciva neppure a muoversi per
lo sconcerto.
Quando
la ragazza si staccò, non fece in tempo neppure a dire una parola che lei si
alzò ancora un po’, circondandolo con le braccia e stringendolo al seno.
“Eva…”
iniziò, ma lei lo strinse di più e si mosse un poco, cullandolo.
“Era
la ragazza nella foto, vero?”
Severus
andò in panico.
Quale foto? Quando ha visto…? Ma le foto
magiche sono nella stanza delle pozioni, le foto…
Non
ci volle molto a fare due più due.
“Hai
frugato nei miei cassetti!” esclamò, ma non era un vero e proprio rimprovero.
Era più stupito, e i seni di Eva premevano in modo strano sul suo viso, e il
suo corpo iniziava ad avere certe reazione che… Meglio non pensarci. Concentrati su altro, Severus! Per Merlino!
“È
stata Minerva.”
Severus
non rispose, cercando di tenere a bada il suo corpo.
La reazione ormonale di un quindicenne,
Merlino e Morgana!
“Come
si chiamava?”
Scoprì
che il dolore aiutava. Il dolore non gli dava più la percezione di se stesso,
il dolore partiva dal cuore e si impossessava di ogni centimetro del suo corpo.
“Lily.
Era Lily.”
Eva
sospirò. Lo liberò dall’abbraccio, ma, nel riaccoccolarsi fra le sue braccia,
lo baciò di nuovo.
Stavolta,
un bacio vero. Con la lingua si aprì un varco nella sua bocca, cercando di
approfondire il tutto.
Severus
sapeva che era sbagliato. Lo sapeva ma, dannazione, il suo corpo era impazzito
e lui reclamava quel contatto, negato da troppo tempo.
Era
stato con altre donne, sì, ma non aveva mai voluto un bacio.
Un bacio è intimo. Un bacio è speciale.
Cercò
di utilizzare il pensiero di Lily per farsi forza, ma scoprì che, invece, la
cosa era controproducente. Perché Eva lo stava baciando, ed Eva assomigliava in
modo terribile a Lily. Il giorno era finito da un pezzo e, nella notte, i suoi
capelli sembravano più scuri. I suoi occhi erano chiusi.
Non è Lily, continuava a ripetersi Severus, non è Lily.
Non
riuscì a non cedere lo stesso.
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Capitolo 8 *** Il sogno ***
Eccomi con un nuovo capitolo, anche se
in ritardo D: mi scuso, ma come ho già detto altrove l’otite mi ha tenuta
lontana dal pc per tutta la settimana (che era l’unica libera, dato che domani
parto di nuovo).
Spero, una volta finite le vacanze, di
riuscire ad aggiornare più in fretta.
Intanto, buona lettura! ;)
Il sogno
Eva
si era addormentata fra le sue braccia, mentre Severus ancora cercava di tenere
a bada il suo corpo e si malediceva mentalmente.
Merlino, tutto questo è sbagliato!
Dannatamente sbagliato!
Quando
si era accorto che il respiro della ragazza era troppo profondo era ormai
troppo tardi. La notte era più buia che mai e lui, osservando il suo viso
finalmente sereno dopo tutto quel piangere, non aveva avuto cuore di
svegliarla.
L’aveva
presa in braccio e l’aveva portata in camera sua. L’aveva messa a letto e
Minerva era entrata nella stanza, furtiva, per poi salire sul comodino e
osservare la ragazza.
“Badi
tu a lei, stanotte?” aveva chiesto Severus. Minerva l’aveva guardato e lui si
era sentito stupido, così aveva fatto un cenno con la mano e un verso che
somigliava tanto ad uno “sgrunf”.
Si
era accomodato sul divano, con solo la coperta leggera a coprirlo. Dopotutto,
era estate e faceva caldo.
Per
molto tempo non era riuscito a prendere sonno.
***
Eva
aveva visto un viso.
Le
somigliava molto, ma aveva i capelli di un rosso più scuro, gli occhi verdi e
le labbra sottili. Sorrideva.
“Chi
sei?” le chiese.
La
sua prospettiva si modificò e riuscì ad inquadrare il busto della donna.
Indossava una veste leggera, azzurra. Sulla spalla destra, spiccava una voglia
rosa a forma di cuore, uguale alla sua.
“Lo
sai chi sono. Sono la tua omonima.”
“Ma
io mi chiamo Eva. E tu… Tu sei Lily.”
La
donna si limitò a sorridere.
“Come
mai sei qui? Dove siamo?”
“Credo
che tu stia sognando. Comunque, volevo conoscerti.”
“E
perché?”
Lily
sorrise ancora, limitandosi ad osservarla per un lungo periodo di tempo.
“Tu
lo renderai felice.” disse infine.
“Di
chi…?”
“Severus.
Lui si merita la felicità.”
“Il
professore? Ecco, so quello che è successo stasera, ma io…”
“Ha
protetto Harry quando io non potevo più farlo. Si merita la felicità.”
“Chi
è Harry?”
Luce,
luce bianca che stava avvolgendo tutto. I contorni di Lily sfumarono e lei si
perse. Eva tentò di avvicinarsi, ma si scoprì bloccata.
“Lo
scoprirai presto. Rendilo felice, Lily Luna!”
La
luce avvolse tutto, impedendole di rispondere. Lily sparì del tutto. L’ultima
cosa che Eva vide, fu la voglia a forma di cuore, prima che questa venne
inghiottita dal bianco.
***
Si
svegliò fra le lenzuola nere. Vide Minerva sdraiata accanto a lei, con gli
occhi chiusi, e realizzò di essere nella stanza di Severus.
Si
alzò di scatto e andò in salotto: il professore era in cucina, che preparava il
the. Sul divano c’era una coperta leggera tutta appallottolata.
“Scusami.”
disse “Non volevo sfrattarti dal tuo letto.”
Severus
si girò per guardarla.
“Forse
faresti meglio a farti una doccia.”
Non
accennò a ciò che era successo la sera prima. Eva annuì.
Gemette,
appena si vide allo specchio. I suoi capelli erano più arruffati che mai, ma
erano gli occhi a preoccuparla davvero. Rossi e gonfi, proprio gli occhi di chi
si è addormentato piangendo.
A
proposito…
Tornò
in camera e vide il cellulare poggiato sul comodino. Controllò i messaggi:
scuse di Matthew, che cancellò senza nemmeno leggere, due o tre messaggi di
Noemi, un sacco di chiamate perse da casa.
Scrisse
a Noemi di inventare una scusa con i suoi, se avessero chiamato.
Poi ti spiego tutto, finì, ma ho
passato la notte fuori casa, serve che tu mi copra.
La
risposta dell’amica non si fece attendere, ed era affermativa, così Eva sospirò
e chiamò casa, dove dovette sopportare una predica lunga almeno un quarto
d’ora. Dopo che ebbe rassicurato sua madre – perché sì, stava bene, aveva
passato la notte da Noemi, si era dimenticata il cellulare con il silenzioso e
le era passato di mente e si era scordata di avvisare –, finalmente riuscì a
farsi la doccia.
Tornò
in salotto con i capelli bagnati e gocciolanti, ma sentendosi decisamente
meglio.
“Il
the si è freddato.” disse Severus, che stava mangiando un biscotto.
“Non
importa. Tanto fa caldo.”
Non
parlarono del bacio, dei baci. Fecero
colazione e, poi, Eva se ne andò, dicendo che sua madre era preoccupata e che
doveva rincasare. Severus l’accompagnò alla porta, rimasero a fissarsi per
circa due secondi e… Nulla. Lei era già uscita dal cancello.
***
Eva
non sapeva che pensare.
Ho baciato il professor Piton.
No,
forse era stato tutto un sogno, dopotutto lui non aveva minimamente accennato
alla cosa e…
Ho baciato Severus.
Staccarsi
dal cognome e dalla professione lo rendeva più vero, più reale. Ed era successo
– sì, era successo, se lo ricordava, e le
era piaciuto.
Per
un istante pensò a Matthew, mentre era sdraiata sul suo letto e osservava il
soffitto. Lui l’aveva tradita, sì, e bruciava, sì, ma più per l’orgoglio ferito
– sapere di essere cornuta – che per
l’amore. Era da tempo che le cose non funzionavano; forse aveva tentato di
aggiustare il tutto solo per inerzia.
E
poi, Severus.
Lo
aveva provocato, doveva ammetterlo. Alla festa, gli aveva fatto poggiare le
mani sui suoi fianchi e si era sentita maliziosa.
La mano, il dito che lo accarezzava.
Da
quando aveva iniziato a considerarlo attraente?
Era
un bell’uomo sì, anche se, beh, Noemi avrebbe avuto qualcosa da ridire. Era
vecchio, cavolo! Ma sembrava giovane… Non più giovane di suo padre, però.
Giovane rispetto alla sua età, ecco.
Ma è vecchio!
Però
aveva ricambiato il suo bacio. Conoscendolo, ora se ne stava dicendo di tutti i
colori.
E
poi, c’era lei.
Lily.
La
donna nel suo cuore. La donna che gli era apparsa in sogno. Perché?
A
che pensava, Severus? Che l’aveva tradita? Che lei era una sostituta di Lily,
dato che le somigliava tanto?
Eva
sentì una stretta allo stomaco, al solo pensiero. Era… Gelosa? Ma gelosa di
cosa? Perché? Che aveva fatto Severus per coinvolgerla tanto?
Era
sgarbato, sempre imbronciato. Vecchio, l’aveva già detto che era vecchio? Non
parlava quasi mai di sé, era chiuso. Eppure… Eppure le piaceva.
Che cosa assurda. Impossibile.
E
poi, un altro pensiero, forse il più terribile.
Noemi mi spezzerà le gambe!
***
Severus
continuava a negare.
Non ho baciato quella ragazza. No,
davvero.
Sapeva
che si stava solo prendendo in giro. Persino Minerva lo osservava, come a
rimproverarlo, seduta sul muricciolo divisorio della cucina.
Assomigliava
davvero alla vecchia professoressa.
Maledizione!
Severus
si prese la testa fra le mani. Che accidenti avrebbe dovuto fare, adesso?
Gli
venne in mente l’opinione che Noemi, l’amica di Eva, aveva di lui.
Perfetto. Adesso sì che sono un maniaco.
Non
pensò neppure per una volta a Lily.
Noticina finale: non prendete il sogno
come… Uhm… Episodio a sé stante, ecco. Alla fine capiremo i motivi anche di
quello (si spera XD) ;)
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Capitolo 9 *** Voglia di fragola ***
Torno ed aggiorno anche questa storia ;)
Ho voluto prima dar precedenza alle
altre, ma il capitolo era pronto, perciò… Eccomi qui ;)
Buona lettura, fatemi sapere! ;)
Voglia di fragola
Eva
era riuscita a sviare l’argomento “ho passato la notte con Severus” da Noemi,
parlando semplicemente di Matthew e del suo tradimento.
Si
era trovata coinvolta in una serie di insulti rivolti al suddetto ragazzo,
condito da “io lo sapevo”, “ti avevo detto di stare attenta” e “non ci sono più
i ragazzi di una volta”. Cose simili, di quelle che si dicono ogni volta.
Si
era chiesta come avrebbe potuto reagire l’amica scoprendo quale era il ragazzo di cui ora si stava innamorando,
e aveva dovuto reprimere una risatina.
Perché
sì, si stava innamorando. Di Severus. Non si erano ancora visti, dopo quel
giorno, perché lei voleva lasciargli il tempo di pensare e, soprattutto, voleva
pesare lei a cosa dire, cosa dirgli.
“Ora
basta: non puoi rimanere a casa a piangere per quello stronzo, dobbiamo uscire.
Domani ti porto in un posto carino.”
Eva
acconsentì, più che altro per evitare di incappare in un’altra discussione da
minimo due ore su come stesse reprimendo il dolore che doveva affrontare e bla bla bla.
***
La
musica le martellava nella testa, confondendola e facendola stare male. Eva
aveva bevuto qualcosa che le aveva dato Noemi, fidandosi dell’amica, e ora
sentiva una leggera nausea. Aveva resistito circa due ore, un po’ ballando con
l’amica e un po’ sedendosi sui divanetti consunti della discoteca, con la scusa
del male ai piedi. All’inizio Noemi aveva insistito per farla ballare, per
andare in cerca di ragazzi… Per ‘distrarla’, come diceva lei. Ora, però, forse
stanca delle continue lamentele dell’amica, stava ballando in mezzo a due
ragazzi e sembrava divertirsi parecchio, dimentica di Eva.
Lei
sentì un’altra fitta alla testa e decise di averne abbastanza. Si alzò, schivò
i ragazzi e uscì nel cortile interno del locale, dove la musica era meno
pressante e si poteva pensare di avere una conversazione civile senza sgolarsi.
Prese il cellulare dalla tasca degli shorts, indecisa. Chi chiamare? Non i suoi
genitori, che o le avrebbero riso in faccia o si sarebbero arrabbiati a morte.
Non Chloe, l’unica patentata dei suoi amici ad esclusione di Noemi – Matthew
non contava più neanche per sbaglio – ma ancora troppo ‘neo’ per poter guidare
fino a quel posto a notte fonda.
Alla
fine, rimase una sola alternativa. Sospirando, premette il pulsante per
chiamare Severus. Sperò di non svegliarlo.
“Pronto?”
Aveva
regalato a Severus un cellulare per ringraziarlo delle ripetizioni, all’inizio
del loro ‘rapporto lavorativo’, perché una volta lei non era riuscita ad andare
per un imprevisto e non sapeva come contattarlo. Gli aveva insegnato le
funzioni base, ovvero chiamare e rispondere, e lui se l’era cavata piuttosto
bene, anche se non usava il telefono praticamente mai.
“Severus,
mi vieni a prendere?”
“Che
succede? Dove sei? Ti senti bene?”
“Ho…
Un po’ di mal di testa, sì. Noemi mi ha portato a ballare, ma non mi sto
divertendo.”
“Dimmi
come arrivare.”
Sorridendo,
Eva gli dettò l’indirizzo.
Posso sempre contare su di lui, si ritrovò a pensare, sentendo un piacevole calore
invaderla. La nausea era quasi sparita.
Tornò
dentro solo per avvisare Noemi. Vide l’amica venirle incontro, sollevata perché
l’aveva persa di vista, e l’aspettò appena fuori dal locale.
“Io
me ne vado!” le disse, urlando perché la musica era alta lo stesso, in quel
punto.
“Come?!”
“Me
ne vado!”
“Ma…”
Eva
tornò dentro, diretta al guardaroba. Noemi la prese per mano, forse tentando di
fermarla e parlarne, ma non riuscì e si limitò a seguirla.
Poi
un’altra mano afferrò il braccio libero di Eva.
La
ragazza alzò lo sguardo e vide due occhi verdi che la fissavano increduli. Fece
per strattonare il braccio, per liberarlo dalla presa, ma il ragazzo la strinse
di più ed iniziò a fare cenni strani verso la pista da ballo, continuando ad
osservarla di sottecchi, strabuzzando gli occhi.
Eva
iniziò ad avere paura. Cercò di liberarsi, ancora, ma inutilmente. Il suo cuore
accelerò i battiti, la nausea le tornò e sentì anche una nuova fitta alla
testa.
Paura,
paura, paura.
Lasciami!
Poi,
un black out. La musica si spense di colpo, così come le luci. Il ragazzo che
la teneva alzò lo sguardo, confuso, ed Eva riuscì a liberarsi con uno
strattone. Si liberò anche dalla stretta di Noemi e corse fuori, senza nemmeno
prendere la giacchetta leggera che si era portata dietro.
Era
stato solo un calo di tensione. La musica tornò, così come le luci, ma Eva,
ormai, era già dall’altra parte della strada, lontana da Noemi e dal ragazzo
che l’aveva importunata.
Si
sentiva strana, era scossa da brividi nonostante il caldo.
No, continuava a ripetersi, non è
successo davvero… Io… È stata solo una coincidenza…
Severus
arrivò nel giro di cinque minuti.
Eva
entrò in macchina, allacciandosi la cintura.
“…
Hai bevuto?” le chiese l’uomo, prima di ripartire.
“Solo
un bicchiere, ma non so cos’era. Me l’ha dato Noemi…”
Severus
borbottò, contrariato.
***
Quando
l’uomo aveva fatto per fermarsi davanti a casa sua, Eva l’aveva pregato di
proseguire.
“I
miei sanno che dovrei dormire da Noemi.” aveva detto, incrociando le mani “Ti
prego, non ti darò fastidio. Dormirò sul divano. Nella cuccia di Minerva!”
“Minerva
non ha una cuccia.”
“Oh,
hai capito, andiamo! Non voglio spiegare a mia mamma perché sono rincasata così
presto, né tantomeno ho la forza mentale di starla ad ascoltare… Ho mal di
testa.”
Severus
aveva sbruffato, ma era ripartito.
Perché non riesco mai a dirle di no?
Erano
finiti a casa del professore. Lui l’aveva lasciata in cucina, dicendo che
andava a prenderle un rimedio per l’alcol che aveva in corpo. Lei aveva cercato
di protestare debolmente – non era ubriaca per un solo bicchiere! – ma Severus
non aveva voluto sentir ragioni.
Era
tornato con una tazza piena di un liquido grigio e puzzolente.
“Ma
sei sicuro?” aveva chiesto lei.
“Bevi
e non fare storie.”
Non
poteva certo dirle che veniva dalla sua scorta personale di pozioni.
Eva
si tappò il naso e mandò giù la strana bevanda che, a dispetto dell’odore, le
lasciò un buon sapore in bocca.
Ora
che entrambi non avevano più nulla da fare, la tensione iniziò a farsi
palpabile.
“Severus”
disse infine Eva, alzando lo sguardo dalla tazza ormai vuota. Sapeva di dover
affrontare l’argomento con lui. Sapeva anche quello che voleva, sapeva che non
era facile, ma prima… “Sei gentile con me solo perché assomiglio a Lily?”
Severus
quasi si strozzò con la saliva.
“Cosa
stai dicendo?! Tu sei tu. Non c’entri niente con… Lei.”
“Ma
le somiglio, vero?”
“…
Sì.”
“In
cosa le somiglio? In cosa, Severus?”
Eva
si era alzata e aveva allargato le braccia. Sembrava testa, preoccupata, addolorata.
Non puoi stare male per questo, pensò l’uomo.
Se non le rispondo si preoccuperà ancora
di più. Si convincerà che è vero.
E
no, Severus non sapeva perché, ma sapeva che non voleva assolutamente che lei
si convincesse di… Di essere una sostituta di Lily.
C’entra quel bacio. Tutto si ricollega a
quel bacio, lo so.
“Il
tuo viso ha gli stessi lineamenti.” iniziò “Hai lo stesso naso, lo stesso
taglio degli occhi. Anche lo stesso modo di sorridere. Ma sei una persona
diversa da lei, Eva. Come carattere, come modo di fare… Sei tu, e solo tu. Ah,
e poi c’è la voglia.”
“La
voglia?”
“La
voglia a forma di cuore sulla spalla. Anche lei l’aveva.”
“La
voglia di fragola?”
“È una voglia di fragola!” aveva
esclamato la bambina, ridendo e dirigendosi verso le altalene.
“Come, scusa? Ma non è a forma di
cuore?” aveva chiesto lui, aggiustandosi i vestiti e seguendola.
“Ma che hai capito, Sev! I babbani
dicono che questo tipo di voglie vengano in base alle voglie della gravidanza.”
rispose lei, iniziando a dondolarsi piano e alzando il mento. Era evidente che,
almeno per una volta, se la godeva per sapere una cosa che il suo amico invece
ignorava “Siccome le voglie possono essere o marroni o rosa, beh, le prime
vengono chiamate ‘voglie di cioccolato’… Quelle come la mia, invece, rosa,
viene chiamata ‘voglia di fragola’!”
Severus si sedette sull’altalena accanto
a quella della bambina, continuando ad osservare quella piccola deformazione della
pelle.
Eppure, a lui sembrava tanto un cuore.
Severus
sospirò.
“Sì,
la voglia di fragola.”
Eva
rimase un attimo ferma, la testa china, come se fosse pensierosa.
“Allora…”
iniziò infine, avanzando verso di lui. Si sedette sulle sue ginocchia. Severus
non sapeva che fare: se l’avesse respinta, si sarebbe offesa, o avrebbe
considerate non vere le parole di prima. Però quello che stava facendo era così
dannatamente sbagliato “Allora hai
baciato me e solo me, l’altro giorno, vero?”
Severus
si rese conto della misera maglietta che indossava, che lasciavano il seno
parzialmente scoperto. Deglutì e vide il viso di Eva vicino – troppo, troppo
vicino! – e arrossato.
“Severus?”
“È…
Sbagliato.” si sforzò di rispondere.
“Ma
hai baciato Eva, vero? Eva, non Lily.”
“Sì…
Ho baciato Eva.”
L’uomo
stava cercando in tutti i modi di riprendere il controllo del proprio corpo,
prima di impazzire.
Eva
sorrise, poi si avvicinò ancora. Severus stava per dire qualcosa, quando lei lo
precedette, poggiando le labbra sulle sue.
Di nuovo.
Cercò
di respingerla indietro, debolmente, ma già sentiva il suo corpo che si stava
arrendendo.
Non di nuovo. È sbagliato.
Eva
gli allacciò le braccia dietro la nuca e approfondì il bacio. Con un sospiro,
Severus si arrese, stringendola a sé.
Sta succedendo di nuovo.
Eva
gli infilò le mani nei capelli, sul viso, sul petto. Scesero ancora, fino ad
infilarsi sotto la maglietta, sul suo addome non più così piatto e poi sulla
sua schiena. Quando Severus sentì le dita scendere sotto l’elastico dei boxer,
si staccò con un sospiro.
“Eva.”
Era
un avvertimento. Eva lo ignorò, riprendendo a baciarlo e andando sempre più a
fondo con la mano. La portò davanti, lentamente.
“Eva…”
“So
che mi vuoi.” gli disse, a fior di labbra, mentre le sue dita si chiudevano
sull’erezione dell’uomo.
Severus
impazzì forse del tutto. Afferrò la ragazza alla base della schiena e la
premette su di sé, prima di alzarsi con uno slancio e fiondarsi in camera.
Continuavano a baciarsi, toccarsi, leccarsi. Labbra, guancia, orecchio, collo.
Severus
la lasciò cadere sul suo letto e si tolse la maglietta, fremendo.
Cosa sto facendo?
Cercò
di far tacere la coscienza, mentre anche Eva si spogliava, rimanendo in intimo.
Non sono più un ragazzino.
Severus
si avventò su di lei forse con un po’ troppa foga, mentre Eva gemeva e lo
toccava, cercando di togliergli anche l’ultimo indumento rimasto.
Durante
quella notte, Severus non pensò a Lily nemmeno per un secondo.
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Capitolo 10 *** Magia ***
Iniziano a dissiparsi i misteri… O,
meglio, si accenna qualcosa!
Ringrazio tutti quelli che
seguono/preferiscono/ricordano ;)
Buona lettura!
Magia
Il
giorno dopo, Severus si svegliò con i capelli di Eva in bocca.
Oh, fantastico…
La
ragazza dormiva dandogli la schiena e sembrava rilassata come non mai.
Severus
si sentì uno schifo. O, meglio, stava sì benissimo, ma…
Sono un vecchio maniaco. Merlino e
Morgana, aiutatemi voi!
Si
alzò, cerando di non far rumore e di non svegliarla. Si vestì in fretta e si
sciacquò la faccia, prima di andare in cucina per dar da mangiare a Minerva. La
gatta era seduta sul tavolo e lo osservava con una strana espressione.
Ride di me! La gatta ride di me!
“Dì,
non è che sei la vera Minerva e mi hai tenuto d’occhio per tutto questo tempo,
vero?”
In
tutta risposta, la gatta mosse la coda.
Eva
si svegliò poco dopo, mentre lui stava per preparare il the. Uscì dalla camera
e si avvicinò silenziosamente a Severus, fino a circondargli i fianchi con le
braccia e a poggiare la testa sulla sua schiena.
“Buongiorno.”
disse.
Severus
si voltò, osservandola. Sembrava sempre serena.
“Buongiorno
a te.”
Lei
sospirò.
“Prima
di parlare, Severus… Devo farti una domanda. Stanotte ho pensato. Io… Io
assomiglio tanto a Lily, vero?”
“Ti
ho già detto che…”
“No!
Non intendo quello. Insomma… La voglia. La voglia di fragola.”
Severus
alzò un sopracciglia.
“In
genere sono caratteri ereditari, no?”
L’uomo
si accigliò.
“Nessun
White era parente di…”
“Sono
stata adottata.”
Lo
disse così, senza preamboli. A Severus sfuggì quasi il bollitore dalle mani.
Alla
fine, Eva stava rimuginando quella cosa da tempo… Forse da quando aveva trovato
la fotografia. Era una ragazza senza delle vere origini; era stata in un
orfanotrofio fino agli otto anni – ma non le piaceva ricordare quel periodo
della sua vita –, fino a che i coniugi White avevano deciso di prenderla con
sé.
“Come?”
chiese il professore, strabuzzando gli occhi.
“Sono
stata adottata. Quindi… Lily potrebbe essere davvero una mia parente?”
Poi,
c’era stato il sogno. Quei nomi strani, ma soprattutto…
Lily Luna.
Voleva
capire se era solo una fantasia o poteva essere realtà. Eva voleva vederci
chiaro.
Severus
si sedette. Lei gli si accomodò sulle ginocchia.
“Io…
Non lo so.” disse infine “Non sono più… In contatto, ecco, con i suoi parenti.
Da molto tempo. Non so niente.”
Eva
abbassò lo sguardo, delusa. Ci aveva sperato, ci aveva sperato davvero.
“Però…”
Severus non sapeva da che parte iniziare. Ma, se doveva considerare Eva come
una parente di Lily, non poteva non pensare a quella questione. “Ora ti farò una domanda strana. Mi prometti di
rispondere seriamente?”
Lei
annuì, decisa.
“Ti
capita mai di fare cose strane?”
Era
stupido anche solo dirlo. Se lei fosse stata davvero… Insomma, una strega…
Sapeva
che poteva benissimo essere una magonò, o discendere dal lato non-magico della
famiglia – ma la somiglianza era troppa,
e Severus si chiese come avesse fatto a non considerare sin da subito
quell’opportunità… Forse Potter…
Lei
si era morsa un labbro, improvvisamente nervosa.
“Che
genere di cose?”
“Cose…
Non possibili normalmente, ecco. Inspiegabili.”
Eva
era scattata, cogliendolo di sorpresa. Si era allontanata da lui, camminando
all’indietro, rovesciando una sedia e la sua tazzina ancora piena di the,
mandandola in frantumi sul pavimento. Si era messa con le spalle al
frigorifero; era pallida e tremava.
Severus
era basito. Si alzò, andando incontro alla ragazza, piano, allungando una mano.
“I-io…”
aveva iniziato lei “I-io g-giuro… Non f-faccio apposta… Ho s-smesso, a-anche
se… P-per favore…”
“Non
c’è niente di male.” disse Severus, cercando di calmarla “Non ti farò niente.
Non c’è niente di male, Eva… Chi ti ha fatto credere il contrario?”
Le
aveva sfiorato una guancia con il pollice, sempre tenendosi a distanza. Lei
aveva chiuso gli occhi, aveva deglutito e poi aveva smesso di tremare, pian
piano. Severus le si avvicinò di più e lei si buttò fra le sue braccia.
“Lui.”
disse infine, la voce soffocata dalla stoffa della maglietta del professore
“L’uomo nero. L’uomo nero in orfanotrofio.”
Severus
non sapeva che pensare. Qualcuno le aveva impedito di usare la magia? Ma
perché? Questo significava…?
Non
era possibile. Eva, una parente di Lily?
Doveva
parlare con Potter. Doveva trovarlo, convocarlo, dirgli… Dirgli cosa? Che forse
si era perso una parente per strada? Cos’era, Eva, per Potter?
Severus
staccò la ragazza da sé e la ricondusse al tavolo. Rimise in piedi la sedia e
la fece sedere.
“Scusami…”
disse lei “Per la tazza… Non volevo…”
“Non
importa. Quella si aggiusta in un attimo.”
L’uomo
si mise ad osservare meglio la ragazza che gli stava di fronte, nei dettagli.
Il viso di Lily, sì, la voglia di fragola… Cos’era diverso?
Le
labbra. Le labbra troppo piene. Le lentiggini, che Lily non aveva mai avuto… Le
labbra e le lentiggini, che invece appartenevano a…
Ginevra Weasley.
Severus
rimase a bocca aperta. Diamine, aveva avuto davanti agli occhi la soluzione per
tutto quel tempo, ed era stato così ottuso da non vederla! Avrebbe dovuto
informarsi prima, chiederle…
Scosse
la testa e se la prese fra le mani.
“Severus,
va tutto bene?”
“Credo
di sapere chi sono i tuoi genitori.”
Lei
spalancò gli occhi.
“Però…”
continuò lui “Non so cosa sia successo. Sono anni che non sono in contatto con
loro, te l’ho detto. Ma posso scrivergli.”
Eva
si era di nuovo alzata in piedi, di scatto.
“Sì!
Sì, scrivigli!”
La
ragazza era confusa, aveva la mente in subbuglio, non capiva più nulla. Ma, di
una cosa, era certa: voleva conoscere i suoi genitori. Voleva capire le sue
origini, voleva incontrarli…
Severus
sospirò. Perché diamine la presunta figlia di Potter era finita nel mondo
babbano, con qualcuno che l’aveva minacciata per non farle usare i poteri? Che
fosse successo qualcosa a lui era
escluso, dato che comunque la Weasley aveva una famiglia numerosa e sicuramente si sarebbe presa cura della
bambina. Ma allora? Che era?
L’unica
cosa possibile da fare era chiedere. Riallacciare i rapporti non solo con
Potter, ma con un mondo con il quale non aveva più nulla da spartire. Doveva
farlo, per Eva.
Fu
in quel momento che il ricordo della notte precedente ritornò vivido nella sua
mente.
Oh santo Merlino e Morgana, che
accidenti ho fatto?!
“Io…
Credo che dovremmo parlare, prima.”
Di
colpo, la confusione sparì del tutto dalla mente di Eva. Sapeva che era
arrivato il momento. Sapeva che avrebbero parlato di quello.
“Severus…”
“No,
Eva.” l’uomo scosse la testa “È sbagliato. Te l’ho detto.”
“Ma
io sono Eva, non Lily.”
“Però…
È sbagliato lo stesso.”
“È
perché sono una sua parente?”
“No!
Smettila!” Severus si alzò ed iniziò a camminare il circolo, gesticolando con
le mani “Non c’entra nulla Lily, io parlo di… Della differenza d’età, ad
esempio! Sono un uomo vecchio, molto vecchio!”
“Ma
non dimostri i tuoi anni.”
“A
chi importerà? La gente…”
“Oh,
Severus, davvero ti importa di ciò che pensa la gente?”
Severus
si fermò, allibito. Ma con chi stava parlando, Silente?
E,
in quel momento, realizzò che sì, gli
importava ciò che pensava la gente, gli importava davvero. Per tutta la vita non aveva fatto altro che compiacere gli
altri: con suo padre, da piccolo, cercando di non farsi quasi mai vedere e di
non usare la magia di fronte a lui; con i suoi compagni di casa, ad Hogwarts,
che l’avevano spinto fra le braccia del Signore Oscuro, perché lui era un
Serpeverde e questo ci si aspettava; con il resto del mondo, poi, che non aveva
mai saputo – mai, finché Potter non lo aveva rivelato – dei suoi sentimenti per
Lily, che gli aveva permesso di fare il doppio gioco… Ed era stato lui a non
volere che si sapesse, era stato lui a pregare Silente di non dire… E, poi,
quando aveva capito che gli altri sapevano… Se n’era andato. Se n’era andato,
perché non avrebbe sopportato lo sguardo di pena e compassione negli occhi
della gente. Il giudizio.
Severus
si risedette, sconvolto dal peso di quelle rivelazioni.
“Sì.”
rispose “A quanto pare, mi importa.”
Eva
gli si avvicinò a gli si sedette di nuovo in braccio.
“Severus,
non è così importante.”
L’uomo
scosse la testa.
“Tu
non capisci… Qui, si tratta solo dell’età. Ma nel mondo da cui provengo, da cui
proveniamo… Ci sarebbe dell’altro.”
“Ovvero?”
“Direbbero
tutti che sto con te perché somigli a Lily, ecco che direbbero.”
“Ma
io so che non è vero. Me l’hai detto tu, Severus.”
“Anche
io lo so, Eva. Anche io. Ma gli altri…”
“Gli
altri possono andare a farsi friggere.”
Severus
aggrottò leggermente le sopracciglia. Capì che doveva essere un detto babbano e
sospirò di nuovo.
“Eva…
Sei giovane, hai tutta la vita davanti. Esci da una brutta esperienza,
sicuramente questo è solo un capriccio…”
“Ma
Severus.” insistette lei “Non ho mai detto che sarà per sempre, o cosa. Ti ho
solo chiesto di provarci. Mi piaci, e questo non lo posso più negare… Capisci?
Io dovevo dar voce ai miei sentimenti. Se durerà, sarà meraviglioso.
Altrimenti… Avremo comunque dei bei ricordi.”
Severus
strinse le labbra. Ecco, quindi, cosa Eva non capiva.
Lui
non ragionava così. Gli ci erano voluti mesi per ammettere a se stesso di
essere attratto da lei. Aveva ceduto all’istinto solo la notte prima, ma già si
sentiva… Legato. Ecco, l’aveva ammesso: era in trappola.
Severus
non era un uomo con cui ‘provare e vedere come va’. Severus era l’uomo dei ‘per
sempre’. Già solo il fatto che Eva potesse considerarlo un’avventura
passeggera… Era inconcepibile. Lo faceva sprofondare nella depressione più
nera.
Adesso basta, non sono più un ragazzino.
Accidenti!
“Devo
contattare il tuo presunto padre, o sbaglio?” chiese Severus, per cambiare
discorso. Non ne voleva più parlare.
“Giusto!”
esclamò lei, sorridendo.
“E
allora vai a casa. Ti farò sapere quando risponde.”
“Non
posso venire con te?”
Severus
scosse la testa. Non aveva un gufo suo, quindi se lo sarebbe dovuto procurare,
o avrebbe dovuto usare quelli del servizio postale… Sarebbe dovuto tornare a
Diagon Alley, come minimo.
“Devo
andare in posti… Potrei portarti con me solo con la magia, e c’è comunque il
rischio che ci riconoscano.”
“Sei
famoso?”
“Più
o meno. Ma tuo padre lo è sicuramente, così come i tuoi nonni e… Beh. C’è
somiglianza.”
Eva
annuì, stringendo le labbra.
“…
La magia…” disse infine. Un’ombra scese sul suo viso.
“Eva,
è una questione di cui dovremo discutere poi. Dovrai portarmi all’orfanotrofio
e dirmi chi è questo uomo nero, ma prima dobbiamo avvertire la tua famiglia.
Voglio capire cos’è successo.”
Lei
annuì, poi, finalmente, si alzò dalle gambe di Severus.
“Allora
vado a sistemarmi, poi torno a casa.”
“Brava.”
Gli
occhi della ragazza si illuminarono per un attimo, prima che Eva si chinasse a
sfiorare le labbra di Severus con un bacio.
“Fammi
sapere tutto.” gli disse.
“Certamente.”
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Capitolo 11 *** Incontro ***
Torno con questo capitolo :)
Le cose si stanno risolvendo pian piano,
e una persona nelle scorse recensioni aveva anche indovinato ;) ma non anticipo
nulla, eheh ;)
Buona lettura! :D
Incontro
Appena
Eva se ne fu andata, Severus aprì la porta della stanza che usava come
laboratorio di pozioni. Prese la bacchetta, che aveva chiuso in un cassetto
anni e anni prima; poi passò a lavarsi e a vestirsi, con uno dei suoi vecchi
completi da mago. Gli calzava ancora. Prima di smaterializzarsi, riparò la
tazza di Eva e pulì il pavimento dalle macchie di the.
Diagon
Alley era caotica e rumorosa; esattamente come se la ricordava. Era estate, le
famiglie ne approfittavano per visitare il quartiere e i ragazzi facevano
acquisti per Hogwarts.
Severus
sospirò, poi, tenendo la testa bassa per non farsi riconoscere, si incamminò
verso l’ufficio postale.
L’impiegato
era abbastanza giovane da non ricordarsi di lui. Gli diede pergamena, piuma e
inchiostro, che Severus si limitò a fissare.
Cosa gli scrivo?
Non
è che potesse ripresentarsi dopo anni di silenzio dicendo che, forse, aveva
trovato sua figlia, ma che non sapeva nulla neppure della sua scomparsa.
Al diavolo.
Un
biglietto breve, conciso; vago, ma che avrebbe sicuramente destato l’attenzione
di Potter, non fosse che per il mittente.
Una
volta spedito, Severus si smaterializzò a casa, trovando Eva già attaccata al
campanello.
Era
tornata subito e pretendeva delle risposte.
***
Noemi
stava passeggiando per il parco, nervosa.
Eva
se ne era andata e lei non sapeva dove fosse. Avrebbe dovuto passare la notte
da lei, invece era sparita e lei non osava neppure andare a casa sua. Sapeva
che non sarebbe stata lì, perché Eva detestava dover raccontare bugie o motivare
le sue scelte, e i signori White avrebbero preteso delle spiegazioni sul perché
avessero litigato.
Perché
che, in tutta sostanza, non aveva compreso nemmeno lei. Cos’era successo?!
Mentre
camminava, pensando a dove potesse essere la sua amica, vide con la coda
dell’occhio una figura che le sembrava di conoscere. Si girò e piegò la testa,
assottigliando gli occhi, cercando di ricordarsi.
C’erano
tre ragazzi. Due di loro parlavano animatamente con un terzo, che scuoteva la
testa, dispiaciuto. All’improvviso le scattò la lampadina, e riconobbe il moro
come il tizio che aveva afferrato Eva la sera prima, in discoteca.
Che
ci faceva in quel parco?
All’improvviso
l’altro ragazzo, che aveva degli sfolgoranti capelli arancioni, si girò e la
vide. Picchiò nel fianco del moro e gli fece un cenno. I due congedarono il
terzo ragazzo e si avvicinarono.
“Ehi,
io ti conosco! Tu ci puoi aiutare!” esclamò il moro, e aveva sul volto
un’espressione grata e illuminata. Noemi, invece, sembrava diffidente.
“Chi
siete?” chiese, brusca.
“Giusto,
le presentazioni… Io sono Albus, ma chiamami Al. Lui è mio fratello James.”
Albus
tese una mano, che Noemi non strinse. Dopo il primo secondo di imbarazzo, il
ragazzo fece sparire ogni traccia del sorriso amichevole e riabbassò il braccio.
Sembrava improvvisamente nervoso.
“Senti,
siamo qui per via della tua amica… Noi… Noi vogliamo parlarle.”
Noemi
alzò un sopracciglio, scettica.
“Vi
ha colpito così tanto da inseguirla? Anche se l’avete vista solo per mezzo
secondo? Cos’è, volete provarci? E come ve la spartireste? Sentiamo…”
Albus
strinse le labbra, mentre James scuoteva la testa.
“Senti,
Al, perché non può essere una falsa pista come tutte le altre volte? Te l’ho
già detto, lascia perdere. Non capisco perché ti ostini a fare…”
“Non
vogliamo provarci. E, James, questa volta ti dico che è lei.”
Ora
Noemi era confusa.
“Un
secondo, chi dovrebbe essere lei?”
Albus
si morse un labbro, esitando.
“Nostra
sorella.” disse, infine.
Noemi
piegò la testa di lato. Aveva capito bene?
“Sorella…
Sorella? Ma come?”
Albus
si frugò nelle tasche, estraendo due fotografie. Gli ci era voluto molto tempo
per scovare due scatti non magici fra tutti, ma fortunatamente i suoi genitori
ne avevano alcuni. E così i suoi nonni: probabilmente merito degli Evans.
“Guarda…
Questi sono i nostri genitori.” La foto era vecchia, scattata qualche anno
prima del matrimonio, e ritraeva Harry e Ginny davanti alla Tana. L’avevano
scelta con cura perché non si intravedeva nulla di magico… A parte la testa di
uno gnomo che sbucava da dietro un vaso, ma che poteva benissimo essere
scambiata per un sasso “E questi sono i nonni.” Anche quella foto era stata
scelta con cura: ritraeva Lily e James in un salotto assolutamente babbano –
probabilmente casa Evans –, con lui che le circondava le spalle e lei che gli
cingeva la vita. Sorridevano, sereni.
Albus
aveva iniziato a girare con le foto sempre in tasca all’età di tredici anni,
quando a Diagon Alley aveva visto una ragazza dai capelli rossi e l’aveva
scambiata per Lily. Della sorella, infatti, sapevano solo questo e poco altro:
non c’era una foto che la ritraesse, era stata rapita troppo presto, ma Harry
una volta aveva detto loro a chi somigliava e come era fatta. Almeno al momento
della nascita. Dopo aver importunato quella ragazzina, comunque, Albus si era
convinto del fatto che dovesse
ritrovarla, a tutti i costi. Aveva coinvolto James in quella bizzarra avventura
e aveva scelto con lui le foto, ma il fratello non aveva mai mostrato tutto il
suo entusiasmo per la faccenda.
L’unica
cosa che si limitavano a fare era uscire ogni venerdì e sabato sera in locali
diversi, babbani, una volta appurato che Lily non aveva mai messo piede ad
Hogwarts. Albus aveva anche fatto dei viaggi all’esterno, per vedere se potesse
essere stata a Beauxbatons, o simili, ma niente,
E
ora sembrava così vicino alla soluzione… Certo, erano in discoteca, non si
vedeva bene, ma gli era sembrata così simile…
Noemi,
incredula, stava osservando le fotografie. Eva, la sua amica Eva, assomigliava
terribilmente a quella che doveva essere la nonna. Anche se… Aveva tratti della
madre: la bocca, i capelli color rame invece che rosso scuro… E poi c’erano
anche il padre e il nonno nella chioma ribelle, ben diversa dal liscio perfetto
delle due donne.
Quando
rialzò lo sguardo, trovò Albus a fissarla in modo strano, quasi implorante,
mentre James si passava una mano nei capelli e sembrava imbarazzato.
“…
Potrebbe essere.” disse infine, con la voce roca. Tossì un paio di volte, poi
riallungò le fotografie ad Albus “Io so che Eva è stata adottata, da piccola.”
I
due i pietrificarono. James sembrava il più sconvolto, forse perché non ci
sperava poi così tanto. Poi, quando Albus riprese a muoversi, sul suo volto
apparve un sorriso smagliante, mentre suo fratello assunse un’espressione pensierosa.
“Ti
prego, portaci da lei!” urlò Albus, prendendole le mani.
“Io
non so… Non so dove sia.”
“Non
ha una casa?” intervenne James.
Noemi
sospirò.
“Stanotte
doveva venire da me a dormire, ma non l’ha fatto.”
“E
non sai dove potrebbe essere? Non c’è un parente, un amico… Non so…”
“Non
penso che… Oh.” La ragazza si bloccò e sembrò riflettere un attimo “Sì, in
effetti qualcuno c’è, quel vecchio professore che le ha dato ripetizioni… Non
capisco perché, ma lei lo tiene in
gran conto…”
James
annuì, mentre Albus disse solo “Andiamo.”
Non
erano tanto distanti, quindi si incamminarono a piedi.
***
Harry
Potter era al ministero quando ricevette la missiva. Perplesso, si prese la
giornata libera e tornò a casa, mostrando il biglietto a Ginny. Decisero quindi
di partire immediatamente e, dopo aver lasciato un foglio per James e Albus,
spiegandogli più o meno la situazione, si disillusero e si smaterializzarono
all’indirizzo che il professor Piton aveva scritto.
Noemi
lanciò un piccolo urlo sentendo un rumore strano, come uno scoppio. James e
Albus, riconoscendo subito il suono, tirarono fuori le bacchette dai jeans,
incuranti dello Statuto di Segretezza.
“Ma
che…?” stava per chiedere lei, vedendo i due con in mano quelli che sembravano
dei bastoncini di legno.
Harry
e Ginny si osservarono intorno prima di togliersi l’incanto, per assicurarsi
che non ci fosse nessuno nei paraggi. Quando svoltarono l’angolo videro i due
figli osservarli, l’espressione tesa mutata in sollievo.
“James?
Al? Che ci fate qui?” chiese Ginny, avvicinandosi ai figli.
“No,
che ci fate voi qui.”
“Via
le bacchette, ragazzi. Quella è una babbana?”
“Papà,
è una lunga storia.”
“Noi
abbiamo ricevuto questa. Mi è arrivata al lavoro.”
Harry
tese ad Albus la lettera.
Potter, Weasley,
Credo di avere qualcosa che vi
appartiene.
In fede,
Severus Piton
Seguiva
l’indirizzo.
“Il
professor Piton? Quel professor
Piton?!” esclamò, corrugando la fronte.
“Voi
lo conoscete?” chiese Noemi, sorprendendo tutti.
La
fissarono sbigottiti, poi Harry sorrise e le disse: “È una lunga storia.”
“Ehi,
Al… Se noi stavamo andando da Piton e lui ha mandato questa lettera a papà…
Vuol dire… Vuol dire…”
“Ah,
siete qua. Potter, non dovevi portarti dietro la famiglia al completo.”
Severus
aveva sentito qualcuno discutere fuori dalla porta di casa ed era andato a
vedere. Si girarono tutti verso di lui.
“Professor
Piton! Non è cambiato di una virgola.” disse Harry, sorridendo.
James
socchiuse gli occhi.
“E
così, lei è il professor Piton?
Somiglia tantissimo al suo ritratto, in effetti.”
“Avete
fatto un mio ritratto?” chiese lui, inarcando un sopracciglio.
“È
antipatico come pochi.” rispose Albus “Fortuna che sta in presidenza e gli
studenti non lo devono sopportare a lungo.”
Severus
fece una smorfia strana, come un mezzo sorriso. Poi sospirò.
“Entrate.”
disse, spostandosi.
Noemi,
che era più confusa che mai, e che Severus squadrò con un’aria interrogativa,
li seguì in casa.
***
Eva
aveva passato tutta quella mezz’ora di attesa parlando della magia e del mondo
magico. Ogni tanto aveva ancora un brivido, ma cercava di reprimerlo. Aveva
chiesto a Severus di mostrarle alcuni incantesimi e si era persa cinque minuti
buoni ad osservare una tazza di the camminare sul tavolo. I suoi occhi ne
seguivano il movimento come se fossero attratti; come una calamita.
Non
avevano parlato della notte appena trascorsa e questo era stato un bene.
Severus non avrebbe sopportato di sollevare di nuovo l’argomento del ‘proviamo
come va’; non con Potter che gli sarebbe piombato in casa da un momento
all’altro.
Dopo
anni e anni che non lo vedeva. Come sarebbe stato?
Dover
osservare di nuovo quegli occhi… Gli occhi di Lily…
No,
era stato uno stupido già una volta. Se era riuscito a scindere Eva da lei
poteva benissimo farcela anche con Potter, e gli occhi non sarebbero bastati a
tradirlo. Si sarebbe appigliato alla parte preponderante di James, come al
solito.
Sentì
qualcuno parlare fuori casa e andò ad controllare.
Eva
rimase ferma, seduta in cucina, ma si torceva le mani e si vedeva che era
nervosa.
La
ragazza tenne gli occhi bassi finché non sentì del movimento. L’ingresso della
casa di Severus era piccolo e dava subito sul salotto/cucina.
Quattro
persone piombarono nella stanza e si zittirono subito, osservando Eva con occhi
sgranati. Lei non era da meno, divorando i volti della sua presunta famiglia
con avidità, facendo scattare lo sguardo dall’uno all’altro, come se non
sapesse su chi soffermarsi.
Severus,
in tutto questo, rimase in piedi, zitto, ad osservare le reazioni di tutti.
Ad
un certo punto Noemi, più confusa ed irritata che mai, interruppe la magia.
“Qualcuno
mi spiega che diamine sta succedendo?!”
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Capitolo 12 *** Ritrovarsi ***
Eccomi che torno con l’aggiornamento di
questa storia :)
Ho voluto dare un po’ di spazio a
Severus e all’insegnamento, perché c’è stato chi mi ha chiesto come fosse
possibile che Severus si mettesse ad insegnare in una scuola babbana, così a
caso. Nella mia testa le cose filavano, ma, evidentemente, non tutti riescono a
seguire i miei ragionamenti. Ho trovato quindi il modo di metterlo e, beh,
questo è il risultato.
Buona lettura ;)
Ritrovarsi
Eva
sbatté le palpebre un paio di volte.
“Noemi?
Che ci fai tu qui?”
Sentendo
la voce della ragazza, Ginny scoppiò in lacrime e si avvicinò, circondandola
con le braccia.
Eva,
confusa, per poco non cadde dalla sedia. Albus aveva gli occhi illuminati,
mentre James sembrava posseduto, ma nessuno dei due fece niente.
Solo
Harry osservava la scena come in disparte, gli occhi socchiusi e la bocca
stretta in una riga sottile.
“Ginny,
non possiamo esserne sicuri.”
La
moglie si staccò dalla ragazza, girandosi verso il marito.
“Ma
come?! È uguale, è…”
“Potter.”
intervenne Severus “Prima di scriverti le ho chiesto della magia. Eva – così si
chiama – ha avuto dei poteri, finché qualcuno, in orfanotrofio, non l’ha
minacciata, facendole in qualche modo rigettare la sua natura.”
“Magia?!”
Ignorarono
tutti Noemi, ma lei vide l’amica mimarle “Poi ti spiego” con le labbra, al di
sopra della spalla di Ginny.
Harry
si era girato a guardare il professore e appariva corrucciato.
“Da
quanto lo sa?”
Severus
sospirò, andando a prendere una sedia e sedendosi.
“Non
l’ho mai saputo, Potter. Ho perso i contatti con tutti. Ho conosciuto Eva per
caso, lei mi ha chiesto ripetizioni di inglese perché doveva affrontare la
maturità, e così…”
“Lei
che dà ripetizioni ad una ragazza?”
Severus
mantenne un’espressione neutra, ma dentro di sé sentì un qualcosa di simile
all’irritazione.
Quando
aveva tagliato i ponti con il mondo magico, dopo che Potter aveva pensato bene
di sbandierare il suo segreto ai quattro venti, non sapeva esattamente
cos’avrebbe fatto. Aveva dei risparmi, che erano stati immediatamente
convertiti in sterline e depositati in un conto corrente babbano, ma non
sarebbero stati in grado di mantenerlo a lungo.
Così
aveva riflettuto.
C’era
una sola cosa che sapesse fare, nella vita, ed era insegnare. La sua cattedra
di Pozioni, i suoi doveri verso gli studenti e il preside, il sostegno di
Silente… Erano state le sole cose che l’avevano salvato, dopo che Lily era
morta. Nessuno avrebbe potuto capire: sì, Harry era sopravvissuto, ma era poco
più di un neonato e sicuramente ci
sarebbe stato qualcuno più consono, più preparato, per poterlo proteggere.
Dopotutto perché Silente avrebbe dovuto affidarlo proprio a lui, che aveva
sbagliato tutto nella vita e a cui non era rimasto più nulla?
Severus
era stato in bilico per settimane, per mesi; sull’orlo della disperazione,
meditando sulla possibilità di farla finita e di raggiungere Lily per sempre.
Era stato Silente, alla fine, come ogni volta, a salvarlo.
Lo
aveva costretto a rimanere a scuola, a riprendere in mano i suoi compiti, ad
insegnare. Non aveva mai visto nulla di gratificante nel suo lavoro – dopotutto
era stato assunto per volere del Signore Oscuro, o almeno così lui credeva,
dato che voleva una spia che controllasse Silente – fino a quel momento. La
conoscenza, la teoria, lo studio… Erano cose che l’avevano accompagnato sempre.
Essere un maestro significava poterle trasmettere ad altri, e lui ricordava
bene con che ansia attendesse Hogwarts, come fosse avido d’imparare…
Silente
non gli disse mai niente, ma lo vide impegnarsi di più nel lavoro e capì che
sarebbe riuscito a sopravvivere, per poi accettare, infine, di proteggere
Harry. Silente l’aveva capito come nessun altro al mondo.
E
insegnare era stata la sua salvezza.
Quindi,
perché non ricominciare dall’unica costante che la vita gli aveva donato?
Di
letteratura babbana un po’ se ne intendeva – era una cosa che Lily amava,
proprio come pozioni, e così lui l’aveva seguita ancora una volta – e l’unico
ostacolo era il suo titolo di studio; nullo, per il mondo in cui avrebbe voluto
vivere. Falsificare i documenti e farsi assumere da un liceo era stato
semplice, il suo ultimo atto magico fino a quel giorno, e nessuno si era mai
lamentato dei suoi insegnamenti. Certo, i suoi metodi erano antipatici e
probabilmente si era fatto odiare da più di una generazione di studenti, ma a
quello ci era abituato.
Aveva
ritrovato un suo equilibrio, proprio come la prima volta.
E
poi era arrivata Eva.
“Potter,
ti sorprenderà sapere che non ho mai smesso d’insegnare… Non fino alla
pensione, almeno.”
“E
dava regolarmente ripetizioni alle studentesse, nel tempo libero?”
Severus
lo fissò negli occhi per un istante.
“No.”
rispose.
Harry
annuì brevemente.
“Quindi…”
“Lo
sai meglio di me. Tagliamo corto.” Il suo tono era stanco, come provato. Non
intendeva giustificarsi con Potter; non intendeva confermare il fatto che
avesse dato ascolto alle richieste di Eva solo perché assomigliava
terribilmente a Lily.
Harry
si morse il labbro inferiore, pensieroso.
“Ci
sono altri elementi, a parte la somiglianza e la magia, che le fanno pensare
che Eva possa essere… Beh, Lily Luna?”
Eva
alzò la testa di scatto. Ginny l’aveva liberata dall’abbraccio poco prima,
rimanendo comunque vicino a lei a piangere, cercando di fare meno rumore
possibile.
“Lily
Luna?” chiese, rimanendo poi a bocca aperta.
Ginny
le sorrise.
“È
così che ti abbiamo chiamato. Lily, come tua nonna, e Luna, sia in onore di
Lunastorta, un amico del nonno, sia perché la tua madrina sarebbe dovuta essere
Luna Lovegood, una nostra amica.”
Dentro
di Eva, qualcosa scattò. Il sogno con Lily, che fino ad allora era rimasto
tale, assunse nuovi significati.
“E
voi…?” chiese, ma non riuscì a finire la domanda.
“Che
sciocchi, non ci siamo presentati!” esclamò Albus, avvicinandosi a lei e
tendendole la mano “Io sono Albus, Albus Severus Potter, in realtà. Sono il
secondogenito!”
Severus
inarcò un sopracciglio, mentre Noemi chiedeva, a nessuno in particolare:
“Perché lo avete chiamato come il professore?”
“Io
sono James, James Sirius. Primogenito.” Anche James si era avvicinato, incerto
“Lei è nostra madre, Ginevra Weasley in Potter, che chiamano tutti Ginny; scusa
mà, ma non sembri nelle condizioni di poter parlare.”
“E
io sono Harry. Harry Potter.”
Gli
occhi di Eva si spalancarono ancora di più.
“Harry…”
sussurrò, ricordando meglio le parole di Lily nel sogno.
“Ammirevole,
Potter, hai avuto proprio una grande fantasia per i nomi o sbaglio?” chiese
Severus. Ginny lo fulminò con lo sguardo, ma lui sembrò non farci caso “Comunque,
c’è anche la voglia.”
“La
voglia?”
“La
voglia di fragola.” rispose Eva per lui, indicando la piccola imperfezione a
mezzaluna sulla sua spalla “Stando a quello che dice Severus, l’aveva anche
Lily.”
“E
tu come lo sai?” chiese Harry, piuttosto sorpreso.
“Beh,
me l’ha detto, no?” rispose Eva, confusa.
Harry
represse una risatina. E così, il professor Piton si era confidato con una
ragazza?
“Qualcuno
si vuole decidere a spiegarmi che
accidenti sta succedendo qui?!” intervenne ancora Noemi, le mani sui
fianchi e l’espressione più scocciata che mai.
“Prima,
un’ultima cosa.” disse Harry, facendo un cenno verso la ragazza, che comunque
non aveva ancora capito chi fosse “Professore, lei ha una pozione per il test
di parentela? In modo da esserne sicuri al cento per cento.”
“Sì,
Potter. Vado a prenderla.”
Severus
non aveva mai creduto che gli sarebbe servita, prima o poi. Negli anni si era
cimentato in diverse pozioni, per diletto – era un’attività che da sempre lo
rilassava – e aveva conservato un campioncino per ogni tipologia di pozione.
Non che gli servissero – non credeva che avrebbe mai avuto bisogno di pozioni
come quella Antilupo, tanto per dirne una –, ma gli piaceva vedere la credenza
piena di provette ordinate.
Andò
quindi a prendere la pozione e la portò alla famiglia Potter, che attendeva
trepidante.
Harry,
nel frattempo, stava spiegando ad Eva la procedura.
“Non
è niente di difficile. Solo, serve un po’ del tuo sangue… Una goccia sarà
sufficiente. Poi anche io e Ginny metteremo il nostro e, se sei davvero nostra
figlia, il liquido diventerà color rosa. Altrimenti resterà giallo.”
Quando
Severus tornò, vide Harry prendere una mano di Eva fra le sue e fare pressione
con la bacchetta sull’indice. Sentì un “Ahi” abbastanza soffocato della
ragazza, poi vide qualche goccia di sangue uscire dalla piccola ferita. Noemi
stava assistendo alla scena con le braccia incrociate al petto e gli occhi
strabuzzati.
Severus
diede la fiala di pozione a Potter, che ci fece cadere il sangue di Eva dentro.
Dopo sia lui che Ginny si ferirono, e per un lungo istante rimasero tutti fermi
e zitti ad osservare il liquido cambiare.
Rosa.
Ginny
riprese a piangere ancora più forte e tornò a stringere Eva fra le braccia.
Come madre l’aveva sentito sin da subito, ma ora anche tutti gli altri avevano
avuto la conferma che quella era davvero la sua Lily, sua figlia.
Harry
si unì praticamente subito alla moglie, chinandosi per abbracciare Eva, che era
confusa e stordita da tutte quelle attenzioni. Ancora, forse, non aveva
realizzato bene il tutto.
Severus
concesse ai tre circa cinque secondi, poi si schiarì la voce.
“Forse”
intervenne “Sarebbe il caso di metterci tutti comodi. Ci sono un divano e una
poltrona proprio accanto a voi; per il resto basta prendere le sedie dalla
cucina.”
In
meno di cinque minuti tutti si organizzarono. Buona parte di loro aveva bisogno
di sedersi, per riprendersi.
Alla
fine Eva si trovò schiacciata fra lui e Noemi, sul divano, mentre Harry si era
preso la poltrona e Ginny si era seduta sul bracciolo di essa. James e Albus si
erano arresi e avevano trascinato due sedie in salotto.
Erano
in una posizione strana: una sorta di semicerchio.
Tutti
si guardavano intorno, non sapendo bene che dire.
Severus
sentì l’odore di Eva e il peso del suo braccio sul suo. Erano così vicini… Ma
non era il momento, decisamente. Non doveva farsi prendere da sensazioni
sbagliate; non ora.
“E
adesso” disse Noemi, prendendo sottobraccio Eva e fissando tutti con sguardo
ostile “Voglio sapere tutta la storia, tutta la verità. Voglio capirci
qualcosa.”
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Capitolo 13 *** Magia e ricordi ***
Eccomi con un nuovo capitolo di questa
storia :)
Diciamo che anche qui ho trovato modo di
inserire una giustificazione alla fiducia che da subito Eva ha provato per
Severus. Era già un’idea che avevo in testa, ma, come al solito, non ho voluto
dare tutte le risposte subito. Le cose emergono solo alla fine, è questo il
bello, no? ;)
Per il resto, Eva sta cercando di
ricordare :)
Vi lascio alla lettura!
Magia e ricordi
Il
pomeriggio che passarono fu il più lungo della loro vita.
Harry
disse solo che Lily era stata rapita a poche ore dalla sua nascita, da ignoti,
e che le indagini non avevano mai portato a nulla. Albus si divertì un mondo a
spiegare a Noemi della magia, del fatto che loro fossero maghi. La ragazza,
come sempre molto scettica, dovette arrendersi all’evidenza quando lui
trasfigurò il tavolino del soggiorno in un canarino, che si mise a svolazzare e
cinguettare all’impazzata. Severus riportò tutto alla normalità appena mezzo
minuto dopo.
“Mediocre.”
disse, sbuffando.
Albus
parve ricordarsi tutto d’un colpo chi fosse quell’uomo. Si girò a guardarlo e
rimase con gli occhi spalancati, colmi d’ammirazione. Severus si sentì
indispettito, ma non riuscì a dire niente.
“Ecco,
ora mi spiegate… Perché conoscete il professor Piton?”
Lo
sguardo di Harry si incupì un attimo.
“Anni
e anni fa” iniziò a dire, rispondendo alla domanda di Noemi “C’è stata una
guerra. Una guerra magica. Voi non eravate ancora nati, non potevate… Comunque,
c’era un mago oscuro molto potente che si era messo in testa di conquistare il
Regno Unito e di sottomettere i babbani – coloro che non hanno poteri magici –
e i Sanguesporco – chi ha poteri ma nasce da genitori non magici. Lui se l’era
presa con… Con i miei genitori, e con me, che all’epoca ero solo un neonato,
per via di una profezia. Riassumendo, i miei genitori morirono ma io mi salvai,
il mago oscuro cadde e tornò al potere solo anni dopo, quando io avevo
quattordici anni, e a diciassette lo sconfissi. In tutto questo, il professor
Piton, che insegnava Pozioni alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts,
fece il doppiogioco a beneficio di tutti. Se non fosse stato per lui,
probabilmente ora il Regno Unito sarebbe sotto il dominio di quel pazzo.” Harry
alzò lo sguardo e fissò Severus negli occhi “È un eroe. Ma è sparito dal mondo
magico poco tempo dopo la battaglia, e nessuno ne ha più saputo niente… Fino ad
oggi.”
Noemi
corrugò la fronte; sembrò voler chiedere altro ma poi scosse la testa,
cambiando idea.
“Sentite,
questo è… Assurdo. Ho visto quello che hai fatto, Albus… Al. Però… Ho bisogno
di pensarci.”
“Noemi,
ti chiami così?” chiese di nuovo Harry. Lei annuì “Ascolta, quello che hai
sentito qui oggi non deve uscire da questa casa. Il fatto di aver parlato con
te della magia è una violazione allo Statuto Internazionale di Segretezza; una
cosa grave, come puoi intuire. I babbani non devono essere a conoscenza del
nostro mondo. Se non ti Oblivio subito, come invece dovrei, facendoti
dimenticare tutto, lo faccio solo per Lily… Eva. Lei ha sicuramente bisogno di
potersi confidare con un’amica, inoltre… Alcuni babbani sono autorizzati a
conoscere il segreto, come i genitori babbani di eventuali maghi e streghe. Ma
voglio che tu tenga presente che questa è un’eccezione molto grossa. Posso
permettermi di farlo sono perché sono capo degli Auror ormai da molto tempo;
che sta a significare che sono a capo delle forze dell’ordine magiche.
Capisci?”
Noemi
annuì, tutt’a un tratto timorosa. Non voleva che quella gente pasticciasse con
la sua mente, proprio no.
“Senti,
Eva…” disse quindi, girandosi verso l’amica “So che adesso vorresti solo
conoscere la tua famiglia eccetera, ma ho bisogno
di parlarti. In privato.”
Eva,
per tutta le durata del racconto, era rimasta zitta, osservando quelle persone
con una strana luce negli occhi. Non era solo il fatto che fossero i suoi veri
genitori e fratelli; non era la questione della magia… Si sentiva avida; li osservava e non ne aveva mai
abbastanza. La sensazione era acuita dalla meraviglia e dall’incredulità, ma
lei aveva percepito la stessa fiducia che aveva sentito anche quando aveva
conosciuto Severus. E quel vecchietto sulla spiaggia, anni prima, e l’uomo
davanti al distributore del latte… I bambini, ogni tanto…
Era
strano.
Non
aveva mai collegato le cose, ma ora tutto acquistava un senso.
La magia.
Eva
aveva smesso da tempo di usare i suoi poteri; una parte di sé, ora che aveva
scoperto la verità, temeva di averli persi per sempre; eppure fu solo in quel
momento che capì di esserne sempre stata attratta. Come se, non trovandola
dentro di sé, lei si appigliasse agli altri, a chi ne era colmo. Cercando di
viverne per riflesso.
Era
una teoria tutto sommato sensata, ma questo la riportava a…
“L’uomo
nero.” disse “L’orfanotrofio. Che mi è successo?!”
“Eva…”
disse Noemi, posandole una mano sul ginocchio, preoccupata.
Severus
si agitò appena. Anche lui non vedeva l’ora di chiarire quella questione.
Ginny
strinse le mani a pugno e anche tutti gli altri si fecero seri, consci della
gravità della situazione.
“Lily…
Eva. Cosa ti ricordi?”
“Io…
Io…” la ragazza si era presa la testa fra le mano e aveva chiuso gli occhi. Le
immagini le sfuggivano, ed era tutto così confuso…
Era accaduto troppo tempo prima…
Severus
la vide in difficoltà e si permise un movimento, una carezza. Erano in tre sul
divano, molto stretti, quindi sperò che nessuno se ne accorgesse. Fece
scivolare la mano dietro il corpo della ragazza e le toccò la base della
schiena, cercando di infonderle sicurezza.
Eva
percepì il contatto e sospirò. Cercò di tranquillizzarsi, rassicurata dalla
vicinanza di Severus. Fra di loro le cose erano ferme, in sospeso, eppure…
Riusciva a sentire il suo supporto, la sua vicinanza. Inspirò profondamente e
percepì il suo odore. Cercò di concentrarsi su di esso e si fece scivolare
indietro, negli anni che aveva cercato di dimenticare…
“Gli
volevo bene.” disse infine “Lui mi diceva sempre che ero la sua bambina. Ero
speciale, più di tutte.” Eva non ricordava i particolari, ma la sensazione… La
sensazione di essere amata più di ogni altro. Il suo uomo nero le regalava
giocattoli, la faceva uscire dall’orfanotrofio per portarla in giro con sé,
l’ascoltava sempre se lei aveva voglia di parlare e giocava con lei, proprio
come se fosse stato suo padre. Lei l’aveva creduto per davvero, durante i primi
anni. Non sapeva cosa volesse dire essere in orfanotrofio; pensava solo che lui
per motivi di lavoro – a volte spariva anche per settimane – non potesse
tenerla con sé. Ma, dentro, lo credeva davvero suo padre. “Poi ho iniziato a
fare cose strane.” la voce aveva iniziato a tremare, così come il corpo.
Severus mosse ancora un po’ la mano, cercando di consolarla “E lui mi diceva
che non dovevo. Si arrabbiava, ma io credevo che non fosse poi così grave… Poi
però ha iniziato ad arrabbiarsi sul serio. Urlava come un pazzo.” Se lo
ricordava: vedeva questa figura nera davanti a sé, in preda alla rabbia, anche
se non ricordava le parole esatte “Iniziò a picchiarmi. Se vedeva un minimo
accenno di… Anormalità… In me… Mi picchiava. Ma io gli volevo bene. Mi faceva
stare male, ma gli volevo bene.”
“E
il responsabile dell’orfanotrofio non si è mai accorto di nulla? Il personale
non diceva niente?” chiese ancora Harry, cercando di reprimere la rabbia e di
restare impassibile. Come quando svolgeva il suo lavoro: interrogava i
sospetti, ma non si lasciava coinvolgere. Era difficile, però, quando era tua
figlia a parlarti. La figlia che credevi morta, o comunque perduta per sempre.
“Era
lui il responsabile.” disse infine Eva, sollevando la testa e fissando il padre
negli occhi “E, se qualcuno se n’era accorto… Non ha mai detto niente. Credo
che lui spaventasse gli altri, o che li ricattasse… So solo che una delle
dipendenti fece di tutto per trovarmi una casa, per mandarmi via di lì.
Caroline, si chiamava. Deve aver organizzato la cosa di nascosto, ma ricordo
che premeva affinché le coppie venute in visita mi ricevessero, anche se
chiedevano bambini più piccoli. Poi, una volta che i miei genitori hanno
chiesto di adottarmi… Beh… Ha aspettato che l’uomo nero fosse lontano per
chiudere in fretta le pratiche e farmi sparire. O almeno credo.”
Hary
annuì brevemente.
“E
ti ricordi come si chiamava, questo uomo nero?”
Eva,
a dirla tutta, non si ricordava neppure il suo viso. Scosse la testa.
“No,
lui si faceva chiamare ‘zio’, da me. E con gli altri bambini non parlava.”
Harry
annuì di nuovo.
“Tu
comunque ricordi come si chiamava l’orfanotrofio? In che città si trovi? Sai se
esiste ancora?”
Eva
si morse il labbro inferiore.
“Sono
stata adottata che avevo otto anni, non so… Ma sui documenti c’è sicuramente
scritto. Comunque, era a Dublino.”
Seguì
un istante di silenzio.
“Eva…
Dobbiamo parlare con i tuoi genitori adottivi, te ne rendi conto?”
Lei
lo sapeva, ma non aveva ancora considerato la cosa. Che avrebbe fatto? Tutta
una serie di conseguenze iniziarono a frullarle in testa. L’idea di incontrare
i suoi veri genitori era stata allettante; non aveva esitato un attimo a
buttarsi… Ma adesso? Adesso che sapeva che quella era la sua vera famiglia, che
la voleva, che non era stata
abbandonata… E i suoi genitori adottivi, che aveva da sempre chiamato ‘mamma’ e
‘papà’? Cos’avrebbe fatto adesso? Sarebbe rimasta con i suoi, abbandonando la
sua famiglia di origine, che l’aveva cercata per così tanto tempo? O sarebbe
andata con loro, avida di conoscerli e di conoscere anche la magia, di sapere
tutto… Ferendo così i suoi genitori, che si erano presi cura di lei per tutto
questo tempo?
Severus
accarezzò nuovamente la sua schiena. Poteva immaginare cosa stesse pensando la
ragazza, ma ancora una volta non sapeva che fare… Non riusciva a fare più di
così.
E,
ancora una volta, Eva si tranquillizzò sotto il suo tocco. Sarebbe andato tutto
bene, era troppo presto per pensarci, c’erano ancora una marea di interrogativi
da risolvere… Ci avrebbe riflettuto poi, avrebbe parlato con Noemi e con Severus…
Con Severus, con cui doveva ancora chiarire… Ma c’era tempo…
“Va
bene.” disse infine, alzandosi “Andiamo.”
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Capitolo 14 *** L'uomo nero ***
Ebbene, ecco a voi un nuovo
aggiornamento ;)
Finalmente scopriamo l’identità
dell’uomo nero, ma… Cosa sarà successo? XD
Lo scopriremo poi XD
Buona lettura :)
L’uomo nero
Abby
e Alan rimasero a bocca aperta appena capirono chi era esattamente entrato in casa loro.
Ripetere
la storia, mostrare di nuovo l’esistenza della magia… Fu scioccante da sentire
per i genitori di Eva, ma la ragazza ebbe un po’ di tempo per pensare.
Si
era seduta di nuovo fra Severus, che l’aveva accompagnata, e Noemi.
Sapeva
che doveva parlare con entrambi. Con Severus doveva chiarire le cose successe
quella notte, con Noemi… Beh, con Noemi doveva parlare di tutto.
Ma,
adesso, c’erano questioni più urgenti.
L’uomo
nero dell’orfanotrofio, che l’aveva fatta sentire amata eppure l’aveva picchiata.
E tutto questo per via dei suoi poteri… Gli stessi poteri che non sapeva se,
ora, avrebbe potuto avere di nuovo. Eva si stropicciò gli occhi in segno di
stanchezza.
Harry
riuscì, infine, a farsi dare le carte dell’adozione. Scoprì il nome dell’orfanotrofio
e l’indirizzo esatto, e discusse qualche minuto con James sul da farsi.
“Dobbiamo
farci mandare altri Auror prima di andare, non sappiamo chi sia questa
persona…”
“Ma
è uno solo! E la voce che abbiamo ritrovato Lily non può spargersi, o potrebbe
fuggire!”
“James…”
“No,
papà. Se non vieni con me, ci andrò da solo.”
James
si era alzato, furioso. Albus, anche se non era un Auror, si alzò per
fronteggiare il padre assieme al fratello. Dopo qualche istante di incertezza,
anche Ginny affiancò i figli.
“Abbiamo
combattuto una guerra.” disse, decisa, fissando il marito negli occhi “Non
possiamo permetterci che ci sfugga questa occasione. Consegneremo il criminale
alla giustizia, ma se non agiamo subito potremmo non prenderlo mai.”
“Papà,
sei il capo degli Auror. Tu puoi autorizzare una cosa simile. Ti prego.”
Eva
si alzò, sorprendendo tutti.
“Sì,
facciamolo.” disse. In quel momento, così decisa, somigliava sorprendentemente
a Ginny.
“Eva…
Tu non verresti in ogni caso.” le rispose Harry.
“Ah,
no.” insistette lei, scuotendo la testa “Non mi lascerete fuori. È la mia vita,
voglio vederci chiaro. Voglio vedere chi
mi ha fatto questo e soprattutto voglio sapere il perché.”
“Potter,
è proprio figlia tua.” intervenne Severus, alzandosi anche lui. Capiva le
motivazioni che stavano dietro ad Eva, anche se aveva paura. Ma una sola
persona non poteva essere così terribile… Anche se di sicuro aveva avuto dei
complici, quantomeno al momento del rapimento… “Verrò anch’io.” disse,
sorprendendo tutti “Potter, tu sai di cosa sono capace. Andiamo tutti e
facciamola finita.”
“Ehi,
vengo anch’io a questo punto!” esclamò Noemi, alzandosi a sua volta e prendendo
Eva sottobraccio.
“Anche
noi vogliamo esserci. Non abbiamo mai visto il titolare dell’orfanotrofio,
abbiamo solo parlato con la sua assistente.” dissero i genitori di Eva,
annuendo.
Harry
si mise le mani nei capelli.
“Non
è una sorta di gita! È pericoloso, è…!”
“Io
ho diritto di esserci!”
“E
noi anche! Siamo la sua famiglia!”
“E
io sono la sua migliore amica!”
“Ok,
ok. Ragioniamo. Lily… Eva. Tu vieni ma James ti starà sempre appiccicato,
chiaro? Professore, lei viene con me e mi aiuta a prendere chiunque sia. Albus,
tu resti con Ginny e ci coprite le spalle. Gli altri se ne restano a casa e li
aggiorneremo tutti poi.”
“Ma
io…!” tentò di protestare Noemi.
“Tu
sei una babbana e ho già fatto un’eccezione enorme per permetterti di conoscere
la storia! Scusatemi, anche voi, signori White. Non per un qualcosa, ma non
sapendo usare la magia non sareste in grado di difendervi.”
“Ma
Eva, allora… Lei non può…”
“Io
vado, mamma. È deciso.”
“Ma
tesoro…”
“Tua
madre ha ragione…”
“Ci
sarà Al con me. Andrà tutto bene. Ma io devo
vedere.”
Dopo
altre proteste da parte dei tre esclusi, la famiglia Potter partì, con Severus
al seguito.
***
Si
smaterializzarono dopo essersi disillusi, dato che l’orfanotrofio era in un
quartiere babbano.
Rivedere
quel posto, dopo così tanti anni, per Eva fu… Strano. Mentre Harry le toglieva
l’incantesimo, serissimo e teso, lei sentì il cuore accelerare. Cercò di calmarsi,
cercando Severus con lo sguardo, ma lui la osservava con un’espressione
indecifrabile, stringendo nel pugno la bacchetta. Era nervoso, ma si capiva
solo dalle nocche, che erano sbiancate.
Eva,
come concordato prima, si avvicinò al Santa Teresa stringendosi a James.
Dovevano fingere di tornare per chiedere dei documenti, per l’iscrizione al
college di Eva.
L’ingresso
era come se lo ricordava: ampio, con il bianco come colore predominante. Una
ragazza le venne incontro.
“Posso
aiutarvi?”
Eva
non la riconosceva. Indossava abiti normali, ma non avrebbe saputo dire se era
una dipendente o una delle ragazze ospitate. Forse entrambe le cose, forse le
avevano offerto un lavoro una volta raggiunta la maggiore età…
“Sì,
ecco… Io sono stata adottata da piccola, prima vivevo qui. Ma i miei genitori
hanno perso i documenti dell’adozione, e mi servono per iscrivermi a scuola…”
“Non
ha provato a rivolgersi al suo comune?”
“Uhm,
sì, ma la domanda d’iscrizione ha un termine e ci vuole del tempo, per queste
cose… Dato che ero di passaggio…”
Eva
iniziava a sentirsi nervosa. La bugia era stata inventata in fretta e furia,
temeva che la ragazza capisse tutto.
“Seguitemi.”
disse invece lei, pur lanciandole un’occhiata sospettosa.
Dietro
di sé, Eva sentiva il fruscio del mantello dell’invisibilità di Harry. Lui e
Severus si erano disillusi nuovamente e si erano anche coperti in quel modo,
per poterli seguire senza dare nell’occhio. Ginny e Albus, invece, erano
rimasti fuori dall’edificio, vicino all’entrata.
“Come
ti chiami?” chiese la ragazza, dopo essere entrata in un piccolo ufficio e aver
acceso il pc.
“Eva.
Eva White.”
Persero
un quarto d’ora circa. La dipendente – si chiamava Leah, si era presentata
subito dopo aver iniziato la ricerca – non trovava i documenti da nessuna
parte. Dopo cinque minuti aveva abbandonato il pc per rovistare negli archivi,
ma nulla.
“Non
capisco.” disse, infine “Ci dev’essere un errore. Sembra che tu non sia mai
stata qui.”
Era
strano. Molto strano.
“Leah,
che succede? Come mai c’è la porta aperta?”
Eva
si irrigidì, stringendosi di più al braccio di James.
Era
quella voce.
Conosceva
quella voce.
L’aveva
dimenticata, persa negli anni, ma risentendola ora non ebbe alcun dubbio.
L’uomo
nero stava per entrare in quella stanza, e lei l’avrebbe visto e avrebbe
ricordato.
Invece
Leah sconvolse i piani, uscendo e andandogli incontro.
“Capo,
è arrivata una ragazza che dice di essere stata adottata qui, ma non risultano
i documenti…”
“Come
si chiama?”
Eva
non ce la fece più: si staccò dal braccio di James, che tentò invano di
trattenerla, e si precipitò fuori dalla porta.
L’uomo
nero aveva il viso sottile e la barba, anche se non lunga. I capelli erano
neri, corti, e gli occhi grigi. Aveva qualche ruga che, sicuramente, non
esisteva anni prima.
La
guardò, spalancando gli occhi.
“…
Eva…” sussurrò, prima che James uscisse dall’ufficio.
Poi,
il putiferio.
Harry
aveva tolto l’incantesimo che copriva lui e Severus e si era gettato il
mantello alle spalle, puntano la bacchetta dritto contro la gola dell’uomo e
facendo urlare dallo spavento Leah. I suoi occhi mandavano lampi di odio.
“Rodolphus
Lestrange.” disse, pronunciando il nome come se fosse stato un insulto.
Anche
Severus uscì dall’ufficio, guardando l’uomo con un misto di indifferenza e
disgusto. Dentro ribolliva di rabbia, ma non voleva darlo a vedere.
“Ma
chi si rivede.”
Rodolphus,
dopo il primo attimo di smarrimento, tirò fuori la bacchetta dai pantaloni e
corse via, puntandosela alle spalle e mormorando un incantesimo scudo.
Harry,
Severus e James reagirono subito, inseguendolo e urlando incantesimi, ma
Rodolphus correva veloce. Eva, partita un attimo dopo, li inseguì.
“Fermati,
schifoso Mangiamorte!” urlava Harry, fra un incantesimo e l’altro. Uno
Schiantesimo colpì la parete in fondo al corridoio, facendone crollare un pezzo
e rivelando una camera di qualche bambino, fortunatamente vuota.
Gli
incantesimi non sembravano andare a segno: ora Rodolphus combatteva faccia a
faccia con i suoi aggressori, arretrando nel frattempo. Aveva l’espressione
determinata di chi avrebbe preferito morire che farsi prendere.
Eva
doveva pensare in fretta. Sicuramente Ginny e Albus sarebbero arrivati a breve
– dovevano aver sentito il frastuono – ma ogni secondo che passava era un
secondo di vantaggio per l’uomo nero.
Decise,
quindi, di agire.
Non
sapeva se ne sarebbe stata in grado; non sapeva nulla, nemmeno cosa provasse in
quel momento, ma doveva tentare. Allungò le mani, puntando lo sguardo dietro la
scena, e precisamente sulle macerie cadute del muro.
Cercò
di concentrarsi al massimo, assottigliando gli occhi e sperando di sentire
qualcosa, una scintilla di magia provenire da dentro. Non era sicura che
avrebbe funzionato, ma piano piano qualcosa cominciò muoversi.
Eva
strinse ancora di più gli occhi, pensando freneticamente alla direzione da far
prendere alla polvere. I sassi più grandi, infatti, erano rimasti fermi sul
pavimento.
Percepì
arrivare Ginny e Albus, più che vederli, proprio nel momento in cui la polvere
era alta, verso il soffitto, e lei la spinse proprio sopra a Rodolpuhs.
Esausta, smise di concentrarsi di botto, facendogliela cadere addosso.
L’uomo
tossì, coprendosi il volto con le mani, colto alla sprovvista, e Harry e gli
altri ne approfittarono per schiantarlo e legarlo.
L’ultima
cosa che Eva vide, prima di svenire, fu il volto preoccupato di Severus che si
stava avvicinando.
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Capitolo 15 *** Il racconto ***
Ed ecco che giungono le spiegazioni u.u
Sigh, ci stiamo avvicinando alla fine
della storia D: Mamma mia, da quanto sono in ballo?
Prometto che, una volta finita questa,
mi metterò sotto con un’altra Repayment (l’ho già in mente u.u).
Intanto, buona lettura! :D
Il racconto
“Reinnerva.”
Eva
aprì gli occhi, lentamente, cercando di mettere a fuoco il mondo. Vide Harry
davanti a sé, con la bacchetta puntata sulla sua faccia, e ci mise un attimo
per riconoscere il luogo.
Erano
nell’ufficio dell’orfanotrofio.
L’uomo
nero era legato mani e piedi ad una sedia, con Severus, Albus e James che lo
tenevano d’occhio a meno di cinque centimetri di distanza; Harry era davanti a
lei e Leah, la ragazza che li aveva fatti entrare, era sdraiata su un piccolo
divanetto: sembrava svenuta.
“Dove…?”
“Ginny
è andata a chiamare gli Auror. L’abbiamo preso, ma bisogna indagare ancora:
potrebbero esserci dei complici. Inoltre dobbiamo farlo portare via.”
Eva
si sedette meglio e fissò Rodolphus negli occhi. Aveva lo sguardo duro, deciso.
“…
Perché?” chiese infine.
Rodolphus,
che finora era rimasto imbronciato, sospirò.
“Sì,
piacerebbe anche a noi sapere il perché.” intervenne Harry. Era furioso, i suoi
occhi mandavano lampi, ma stava cercando di controllarsi. Dopotutto, davanti a
sé aveva l’uomo che gli aveva rovinato la vita, portandogli via sua figlia.
“Cosa
vi fa pensare che parlerò?” ribatté lui, ghignando.
“Pensi
davvero che gli Auror non useranno il Veritaserum? E dire che una volta eri
intelligente…” rispose Severus, osservandolo con sguardo neutro. Non sapeva che
provare nei suoi confronti: si sentiva arrabbiato perché aveva strappato una
bambina ai suoi genitori e le aveva fatto del male, ma d’altra parte se non
l’avesse fatto, forse non avrebbe mai conosciuto Eva…
“Oh,
Severus! Mi sorprende che tu sia ancora vivo. Non saprei, pensavo che… Boh? Ti
avrebbero trovato suicida sulla tomba di Lily o cose simili.”
Lo
stava evidentemente provocando, ma lui non sarebbe certamente caduto nella sua
trappola.
Eva
si alzò in piedi, sorprendendo tutto e avvicinandosi a Rodolphus. Lo fissò con
risentimento e un lampo di dolore passò nei suoi occhi.
“Mi
devi delle risposte! Io ti credevo mio padre, io ti volevo bene! Perché…?”
Le
lacrime avevano iniziato a scendere, così Severus, che era vicino, le mise una
mano sulla spalla. Lei si girò e si accoccolò a lui, singhiozzando.
Rodolphus
perse d’un colpo tutta la sua arroganza e sospirò, di nuovo.
“Eva…
Non avrei mai voluto farti del male…”
“E
allora spiegaci perché l’hai fatto.” disse di nuovo Harry, insistendo.
Rodolphus
lo fissò per parecchi secondi, durante i quali Eva smise di singhiozzare, ma
rimase fra le braccia del professore. Severus si sentiva un po’ in imbarazzo,
ma nessuno disse niente: probabilmente gli altri consideravano normale che lei
si avvicinasse alla persona che conosceva più di tutti, in un momento così
difficile.
Infine,
l’uomo si decise a parlare.
“Potter,
c’è una cosa che non sai. Durante la battaglia finale… Insomma… Poco prima che
succedesse quello che è successo, io e Bellatrix abbiamo scoperto…” un altro
sospiro “Era incinta, Potter. Aspettava una bambina.” lo disse alzando lo
sguardo e fissando Harry dritto negli occhi “E voi me l’avete uccisa. Avete
ucciso la mia bambina.” il tono si era fatto tremante.
“Noi
non sapevamo…” disse Harry, confuso “Bellatrix ha preso parte alla battaglia,
ha ucciso parecchia gente, era una pazza! E noi non sapevamo che fosse
incinta!”
“Potter,
è inutile che mi ricordi che tipo fosse mia moglie. Lo so benissimo da me.”
ribatté lui, con il tono duro “Era devota al Signore Oscuro oltre ogni
immaginazione. Le avevo chiesto di non prendere parte alla battaglia, per amore
della figlia, ma non mi ha ascoltato. Nonostante tutto, so con certezza che
quella figlia era mia, perché il Signore Oscuro non l’ha mai desiderata da quel
punto di vista, né voleva eredi. Bellatrix si è buttata in mezzo alla mischia
per compiacerlo, ma chi ci ha rimesso, alla fine, è stata mia figlia. E l’ha
uccisa, le ha uccise, la madre di tua
moglie.”
Eva
aveva girato la testa, sempre rimanendo abbracciata a Severus, per sentire
meglio cosa Rodolphus stesse dicendo.
“Non
intendo scusarmi perché Bellatrix ha agito da irresponsabile. A prescindere da
chi ha sferrato il colpo che l’ha uccisa, Bellatrix aveva fatto cose terribili,
cose per cui si sarebbe meritata comunque una condanna a vita ad Azkaban.
Questo” ribatté, enfatizzando le ultime parole “Non giustifica affatto il rapimento di mia figlia.”
Rodolphus
sorrise, ma era un sorriso amaro.
“Volevo
solo la mia bambina. La tua famiglia me l’ha portata via, così io l’ho portata
via a voi. Se noti, l’orfanotrofio è stato fondato da me proprio appena si è
sparsa la voce che tua moglie aspettava una femmina.” Rodolphus girò la testa,
osservando Eva “All’inizio mi serviva una copertura, sai, perché pensavo di
ucciderti, proprio come loro avevano ucciso ciò che restava della mia vita.”
disse, e Eva sentì un brivido percorrerle la schiena “Ma, alla fine, non ce
l’ho fatta. Tu eri così piccola, e bella…” lo sguardo dell’uomo si perse,
lontano “Ed eri mia. Non mi somigliavi, e non somigliavi nemmeno a Bellatrix,
ma eri mia e io ti volevo.”
“Che
strano.” disse Harry, a denti stretti “Un assassino che ha fatto le peggio cose
e che non riesce ad uccidere una bambina.”
“Lei
era diversa, Potter.”
Con
un tuffo al cuore, Severus trovò una sorta di parallelismo fra la sua
situazione di anni e anni prima e quella di Rodolphus adesso. Per un istante,
si sentì molto simile a lui, ma, fortunatamente, l’istante passò e non lasciò
traccia.
No,
erano completamente diversi. Lui era passato dall’altra parte in toto, e già
aveva iniziato a pentirsi delle sue scelte, anche prima che Lily fosse in
pericolo. Aveva solo aspettato un pretesto, vero, ma era già intenzionato a
lasciare quella strada.
E
non avrebbe mai strappato un figlio a qualcuno. Non si sarebbe mai preso Harry
con la forza, né l’avrebbe considerato suo, anche se era il figlio della donna
che aveva sempre amato.
“Ma
se mi volevi per te… Perché hai iniziato a fare quelle cose?” chiese Eva. Non
si era resa ancora conto, probabilmente, dell’enormità del peso che le sarebbe
gravato addosso.
Tutto
quello in cui aveva vissuto da piccola non era altro che una messinscena, fatta
apposta per lei. Ecco perché l’uomo
nero le era così affezionato… Ecco perché lei lo considerava suo padre.
Non
ci fu bisogno di specificare cosa intendesse con quella domanda. Rodolphus
sospirò nuovamente.
“Eva,
tu avevi la magia dentro di te. Ma non avresti dovuto, perché il Ministero ha i
suoi mezzi per rintracciare chiunque abbia dei poteri magici… Se tu li avessi
sviluppati, ti sarebbe arrivata una lettera da Hogwarts e… Si sarebbe scoperto
tutto. Io ti volevo con me e basta, devi credermi. Non volevo essere costretto
a separarmi da te.” anche ora l’uomo si era rivolto direttamente ad Eva, e lei
poté leggergli il rimorso negli occhi. Ma non l’avrebbe perdonato, questo no.
“E
se la volevi così tanto, perché è stata adottata?” chiese quindi Harry,
cercando di fare chiarezza nei punti ancora oscuri.
“Non
è stata una mia scelta. Una delle donne che lavoravano qui si era accorta che
Eva era strana… Aveva iniziato a pensare male di me. Non ci diedi peso, e
partii per i miei affari come sempre. Ma lei… Aveva trovato una famiglia.” le
mani di Rodolpus erano legate, ma lui riuscì lo stesso a stringerle a pugno.
Era arrabbiato “Preparò il tutto in modo da mettere in regola i documenti, la
mandò dalla famiglia e poi bruciò tutto. Le carte, ogni minimo indizio… Tutto.
Quando tornai dal mio viaggio trovai una lettera di dimissioni sulla mia
scrivania: sapete, Caroline era una donna sola ma benestante, aveva ereditato
una grossa somma di denaro dalla famiglia… Lavorava più per altruismo che per
necessità. La cercai ovunque, per anni, ma inutilmente. Così come cercai Eva.”
“Potter.”
intervenne Severus “Mentre arrivano gli Auror… Non è meglio che Eva torni a
casa?”
Harry,
che era rimasto a fissare Rodolphus con un misto di odio e disgusto, si girò
verso il professore. Per la prima volta si rese conto del modo in cui Eva era
abbracciata a lui, e capì che per lei era stato troppo da affrontare.
“Sì…
Sì, ha ragione. La riaccompagna lei? Io devo aspettare gli altri… Poi andare al
ministero…”
Separarsi
dalla figlia appena ritrovata era difficile, ma sapeva che sarebbe stato
necessario. Se non altro, per assicurare alla giustizia quel verme schifoso di
Rodolphus. Sicuramente c’erano altri complici da stanare, perché non avrebbe
potuto agire da solo per il rapimento… Doveva verificare le cose.
Severus
annuì e portò Eva fuori dalla stanza. James e Albus li fissarono andar via, ma
non dissero niente: anche loro volevano accompagnare il padre al Ministero.
Una
volta che furono di nuovo nell’atrio, Eva lo fermò per un braccio.
“Portami
a casa tua.” gli disse.
Severus
sospirò, poi le strinse la mano. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a dirle di
no.
|
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Capitolo 16 *** Chiarirsi ***
Eccoci con il penultimo capitolo di
questa storia.
In realtà, sto meditando se modificare
un attimo una cosa dell’epilogo, o fare una OS a parte, non so… Vedremo. In
caso, vi chiedo un parere u.u
Ebbene, anche questa parte doveva
risolversi, no? :)
Vi lascio alla lettura, fatemi sapere!
:D
Chiarirsi
Si
smaterializzarono direttamente nel salotto di casa Piton.
“Eva,
non sarebbe il caso di avvisare i tuoi genitori o…”
Eva,
che aveva chiuso gli occhi per controllare il mal di testa e la nausea, non lo
fece finire di parlare e gli si strinse addosso.
“Eva…”
cercò di richiamarla lui.
“Abbracciami,
Severus.”
L’uomo
sospirò, poi la strinse a sé, cullandola.
“Hai
molte cose su ci riflettere, lo capisco…”
“Non
abbiamo ancora parlato di noi.”
Eva
alzò lo sguardo, fissandolo negli occhi.
“Non
esiste nessun noi, lo sai.”
Ecco,
l’argomento a cui Severus non sarebbe mai voluto arrivare.
“Invece
esiste! Sei tu che non lo vedi!”
Fra
le cose che ave va detto Rodolphus, un in particolare aveva colpito la ragazza:
“Pensavo che… Boh? Ti avrebbero trovato
suicida sulla tomba di Lily o cose simili.”
Sapeva
che Severus l’aveva amata, questo sì, ma di un amore così devastante? Non
credeva.
Non
credeva e, adesso, era insicura. Aveva cercato di mitigare l’uomo e i suoi
sentimenti, convinta che non si volesse impegnare a fondo, convinta che solo
l’età o la gente fosse un problema.
“Non ho mai detto che sarà per sempre, o
cosa. Ti ho solo chiesto di provarci.”
Forse
aveva sbagliato tutto.
“Eva…”
“Eva
un corno. Vieni, sediamoci.”
Lo
trascinò letteralmente sul divano e gli si sedette in braccio, fissandolo negli
occhi.
“Sono
stata una stupida.” disse, inspirando profondamente.
Severus
era confuso.
“Che
vuoi dire?”
“Vuol
dire che vedo come mi guardi e quello che hai fatto e… Anche adesso. Anche
adesso, nonostante tutto, io sento che mi desideri.”
Era
vero: Severus aveva cercato di distrarsi, ma il suo volto era così vicino… La verità era che avrebbe voluto
continuare a stare con lei, per sempre. Voleva stringerla fra le braccia e non
lasciarla più andare, mai più.
Ma
aveva già provato una cosa simile, e non era finita bene. Inoltre Eva era
giovane, così giovane, e piena di
vita… Lui era solo un povero vecchio, disilluso dalla vita e stanco del mondo.
“Ma
io credevo che avessi paura.” aggiunse poi lei, abbassando lo sguardo e
torcendosi le mani “Credevo che temessi il giudizio della gente, la differenza
d’età, qualsiasi cosa… Ho cercato di mediare, di venirti incontro, di ‘dare
tempo al tempo’… Ma mi sono resa conto che ho sbagliato.”
“Ancora
non ti seguo.”
Eva
rialzò lo sguardo e si avvicinò ancora di più a Severus, baciandolo. L’uomo non
tentò nemmeno di respingerla: Eva sapeva essere convincente, e lui la voleva
così ardentemente… Rispose al bacio,
stringendola a sé.
Quando
la lasciò andare, con il fiato corto, staccò le mani dalla sua schiena e se le
fissò, terrorizzato.
“Ecco,
vedi? Tu hai paura di te stesso.”
“Cosa…
Cosa?”
“Non
sei una persona da una botta e via, come si dice.” lo sguardo di Eva si era
fatto dolce, comprensivo. Sorrideva “Sei una persona che ama intensamente; sei fedele.”
Severus,
che era rimasto con la bocca aperta, la richiuse, cercando di non far
trasparire le proprie emozioni. Non era forse la cosa che aveva pensato anche
lui?
Severus non era un uomo con cui ‘provare
e vedere come va’. Severus era l’uomo dei ‘per sempre’.
“E
io, Severus, sono innamorata di te. È questo che non capisci. Ti mascheri
dietro alla mia delusione d’amore, ma io ero attratta da te sin da molto
prima.”
“Questo
non può essere vero.”
Eva
scosse la testa, chiudendo gli occhi.
“Non
puoi fossilizzarti sulle brutte esperienze passate, Severus. Lily non ti ha
voluto, avrà avuto i suoi motivi, ma io scelgo te.” rialzò lo sguardo su di lui
e lo fissò “Sceglierei te anche se avessi tutti i Matthew del mondo, ai miei
piedi.”
Il
cuore di Severus perse un battito, ma l’uomo si ricompose subito.
“Non
puoi davvero… Non vuoi…”
Eva
decise di zittirlo con un altro bacio.
E
poi un altro ancora, mentre le mani si perdevano nella sua veste – dopo essere
tornato da Diagon Alley non si era cambiato, rimanendo vestito da mago – e lei
si metteva a cavalcioni sopra di lui.
“Eva…”
tentò di protestare lui, debolmente, ma mentre lo diceva le sue mani stavano
cercando di entrare sotto la maglietta della ragazza. Non riusciva a fermarsi, non voleva fermarsi.
“Amami,
Severus.” gli disse lei, a pochi centimetri dall’orecchio. Era riuscita a
togliergli il mantello e ora stava armeggiando con la veste “Amami.”
L’uomo
aveva completamente scollegato il cervello. Eva era così sensuale, e lo baciava
in un modo… E lo toccava in un modo, si muoveva in un modo che… Lo faceva
impazzire.
Finirono
con il fare l’amore lì, in salotto, sul divano.
Una
volta soddisfatti entrambi, Eva, ancora nuda, si alzò per andare in bagno,
lasciando lì Severus, che ebbe quindi qualche istante per pensare.
Quella
cosa era… Tremendamente sbagliata.
Non
perché Eva somigliasse a Lily – quella era stata forse la causa scatenante di
tutto, della loro conoscenza, del fatto che lui non riuscisse a dirle di no, ma
non c’entrava con il sentimento che stava nascendo in lui – ma perché… Era
sbagliato e basta.
È la figlia di Potter. E indubbiamente
somiglia a Lily. Io non la vedo così, ma gli altri… Ho troppi anni più di lei.
Stava
cercando di giustificarsi, lo sapeva. Stava cercando una scappatoia, perché
dentro di sé sapeva che ciò che Eva aveva detto era la verità: “Tu hai paura di te stesso.”.
Severus
era stato abituato ad una vita di rimorsi e rimpianti, ad amare una donna che
non solo non l’aveva scelto, ma che lui stesso aveva condannato a morte.
Aveva
paura dell’amore. Ne aveva vissuto
così intensamente da consumarsi, tagliando i ponti appena possibile con tutti
quelli che sapevano, per rifugiarsi nel suo dolore e nella sua solitudine. Non
aveva aperto il suo cuore a nessuno, se non ad Eva, e questo perché lui non
meritava di essere amato. Se amava, la gente soffriva.
E
si era aggrappato con forza all’amore per Lily, perché lei, tanto, era già
morta, e non poteva ferirla più di così. Andare avanti avrebbe significato
rimettersi in gioco, non stare male solo lui – a quello ci era abituato – ma
anche e soprattutto ferire un’altra persona.
Ma io so quanto fa male essere
rifiutati…
Era
quindi meglio vivere a metà? Avrebbe fatto soffrire lo stesso Eva, non
accettandola?
Certo, lei ha tutta la vita davanti…
Ma
lui? A lui cosa sarebbe rimasto? Avrebbe sopportato il peso di due amori non
corrisposti?
Severus
si alzò, sospirando, per prendere il posto di Eva in bagno e sistemarsi.
Quando
uscì, di nuovo vestito, trovò la ragazza ad attenderlo davanti alla porta, con
un sorriso luminoso.
“Andiamo
dagli altri? I miei e Noemi saranno preoccupatissimi…”
“Credevo
che volessi parlare.”
Eva,
che si era girata per aprire la porta, si fermò per guardarlo di nuovo.
“È
già stato detto tutto il necessario, Severus.”
***
Alan,
Abbie e Noemi erano in ansia e tirarono tutti un sospiro di sollievo quando Eva
e il professor Piton si presentarono a casa, sani e salvi.
Severus
riassunse loro la situazione, mentre Eva sorrideva e si guardava intorno, non
totalmente presente con la testa. Noemi capì che qualcosa non andava, così,
mentre il professore raccontava ai genitori di Eva i crimini che Rodolphus
Lestrange aveva compiuto, lei prese l’amica per un braccio e la trascinò in
camera sua.
“Tu.
Ora. Mi devi dire tutto. C’è qualcosa di strano, in te.”
Eva
si sedette sul letto, riflettendo. Come dire alla sua migliore amica quello che
era successo? Era stato tutto così veloce, le novità si erano accumulate e… Non
sapeva da che parte iniziare. Anche perché, conoscendo Noemi, aveva paura che
lei andasse in salotto urlando a Severus di essere un maniaco, e con i suoi
genitori nella stessa stanza non era proprio il caso.
Fece
promettere a Noemi che, qualsiasi cosa pensasse, se ne sarebbe rimasta zitta e
buona in camera fino alla fine del racconto. Che non avrebbe dato di matto,
insomma.
“Se
non l’ho fatto fino ad ora, con la storia della magia e tutto il resto, non
vedo cosa potrebbe sconvolgermi ancora.” rispose lei, sicura.
Eva,
così, le raccontò tutto.
Ogni
tanto dovette trattenerla, perché Noemi si stava alzando per andare a strozzare
Severus, e lei dovette ricordagli la promessa fatta.
“Mi
sono innamorata di lui, Noemi.”
“QUEL.
VECCHIO. MANIACO!”
“Noemi!
Non ha fatto nulla!”
“No,
certo, perché certe cose le hai fatte da sola, vero?! Ero un sogno erotico, vero?!”
“Ho
insistito io. Lui mi respingeva.”
“Avrebbe
dovuto continuare a farlo!”
Noemi
sembrava un toro imbufalito. A momenti le sarebbe uscito del fumo dalle narici.
“Adesso
basta.” disse Eva, alzandosi in piedi e fissandola, dura “È la mia vita. Decido
io cosa fare e con chi stare. Se non ti sta bene questa verità, vedrò di
chiedere a qualcuno di obliviarti, così sarà come se non fosse successo nulla.”
Noemi
rimase per qualche istante a fissarla, con la bocca aperta. Insomma, Eva non
poteva dire sul serio! Ma sembrava ferma, decisa come non mai.
Non
sapeva che fare.
Poi
il timore di una qualche manomissione sulla sua preziosa mentre prese il
sopravvento, e annuì, contrariata.
“I
tuoi genitori non saranno molto contenti della cosa, lo sai? E intendo sia
quelli veri che quelli adottivi.”
Eva
sospirò, risedendosi sul letto.
“Lo
so. Ma non m’importa.”
“I
nostri amici ti prenderanno per pazza.”
“Vorrà
dire che non ci uscirò più.”
Anche
Noemi sospirò, sconfitta, sedendosi accanto a lei.
“Non
c’è proprio niente da fare, eh?”
“Nulla.”
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Capitolo 17 *** Epilogo ***
Ebbene, una settimana piena mi ha tenuta
ben lontana dal pc, e adesso l’ho acceso solo per sistemare e pubblicare
l’epilogo.
Spero che questa storia vi sia piaciuta,
o che vi abbia lasciato qualcosa :)
Io mi son divertita molto a scriverla e,
beh… Ringrazio tutti quelli che l’han seguita/preferita/ricordata e chi mi ha
lasciato un parere :) La prossima Repayment sta tutta nella mia testa; volevo
prima finire anche qualche altra storia (ne ho troppe in corso) per poi
iniziarla, e avendo tirocinio e esami forse ci metterò un po’… Ma non demordo,
e ricordatevi che le idee ci sono :)
Buona lettura!
Epilogo
La
scelta era difficile.
Dopo
aver scoperto la verità, dopo che Rodolphus fu processato e condannato, dopo i
sentimenti nati e condivisi, dopo tutto… Questo.
Entrambi
i genitori erano preparati a subire una grossa delusione, a cercare di ingoiare
il rospo, ripromettendosi di non avercela l’uno con l’altro. Dopotutto, Eva era
maggiorenne, e aveva due famiglie.
Doveva
solo decidere con chi stare.
Con
i White, con cui aveva condiviso la vita fino a quel momento? Con i genitori
che l’avevano scelta, accudendola
come se fosse loro figlia?
O
con i Potter, che la stavano cercando da tutta una vita? Con la famiglia che
l’aveva persa, a cui era stata
ingiustamente sottratta?
Eva
sorprese tutti.
“Vivrò
con Severus.”
Anche
lo stesso professore la guardò scioccato, non aspettandosi quelle parole.
“Sempre
se a lui va bene.” aggiunse poi, rivolgendo un timido sorriso all’uomo.
Quattro
teste si girarono nella sua direzione, confuse e con uno sguardo sospettoso.
“Ehm…
Insomma… Per me non ci sono problemi…”
“Professor
Piton.” lo interruppe Harry “Lei lo sa, vero,
che lei non è…?”
“Lo
so, Potter.” rispose lui, freddo “E
lo sanno tutti.”
Eva
riportò l’attenzione su di sé, tossendo.
“Non
è stata colpa sua. È colpa mia.”
“Ma…
Cosa?” chiese Abbie, perplessa.
Eva
sospirò.
“Mamma,
forse è meglio se ti siedi…”
***
“Che cosa?!”
Tre
di loro li stavano guardando sconvolti, tranne Harry. Lui aveva già compreso, e
si era in qualche modo rassegnato. Valutava, ma in silenzio, mentre la
confusione attorno a loro cresceva.
Onestamente,
Severus avrebbe voluto essere da qualsiasi altra parte, piuttosto che lì. Lo
stavano guardando come se volessero strozzarlo e, beh, lui non poteva dar loro
torto.
“È
stata colpa mia.” insistesse Eva, serrando i pugni e alzando il mento, cercando
di farsi valere “Lui non voleva, ma alla fine l’ho convinto.”
“Ma
sei uscita di testa?! Potrebbe essere tuo nonno!”
“Oh,
questo è un reato, so che è un reato da qualche parte, avete troppi anni di
differenza, e se c’è un modo legale per sbatterlo in prigione a vita io lo
troverò e lo userò…”
“Ehm.”
interruppe tutti Harry, prima che Ginny avesse anche solo la possibilità di
aprire bocca “Tecnicamente, la vita media di un mago è di centocinquant’anni.
Il professor Piton è, uhm, a circa metà del suo tempo, ecco.”
“Ma
tu da che parte stai?!” urlò Ginny, prendendosela con il marito, mentre anche
Abbie a Alan si giravano irati verso di lui.
Tre pari. Almeno quello, pensò Severus, valutando la situazione. Non aveva
detto niente e aveva cercato di rimanere impassibile. Non capiva perché Eva avesse dovuto sbandierare
tutto, perché adesso…
Harry
si passò una mano fra i capelli, nervoso. Non andava giù neppure a lui tutta
quella situazione, però…
“…
Ginny. Lo sai meglio di me. Se Piton la ama, allora non c’è niente da fare, e
sinceramente mi sento anche un po’ sollevato nel sapere che… Ci sarà lui a
proteggerla.”
“Cosa?
Amore? Siamo seri, questa è una cotta di Eva e un… Non so che di un vecchio.”
“Noi
ci siamo fidati di lui! È stato a cena a casa nostra, e oh cavolo, Eva…”
“Basta!”
urlò di nuovo lei, zittendo tutti “Ho detto basta. Non mi serve il vostro
permesso. Ho diciotto anni. A voi sta solo decidere se mi volete ancora nella
vostra vita o meno.”
Ginny,
che era rimasta zitta, fissando Harry negli occhi, si girò preoccupata verso la
figlia.
Era
così, dunque? Aveva appena ritrovato sua figlia per perderla di nuovo, dato che
non accettava il compagno che si era scelta?
Il
compagno che si era scelta… L’ironia di vedere Severus Piton accanto a Lily era
evidente. Eppure, Harry… Non aveva forse ragione?
Se
Piton la amava, allora Eva sarebbe stata sempre al sicuro e protetta. Se
l’amava, l’avrebbe riempita di amore come non aveva mai potuto fare in vita, ma
come avrebbe sempre desiderato fare…
Fece
un passo verso l’uomo, riportando l’attenzione di tutti su di lui.
Severus,
con anni e anni di Occlumanzia alle spalle, non tradì il minimo nervosismo e
mantenne un’espressione neutra, ma dentro di sé poteva sentire il cuore
martellargli in gola.
Ginny
alzò la testa e pose un’unica domanda.
“La
ami?”
Tutti
si zittirono, e persino Eva smise di fronteggiare i suoi genitori adottivi per
girare la testa verso di lui.
Alla
fine, era così semplice. Sapeva già la risposta, era arrivato solo il momento
di condividerla.
Non
poteva più scappare di fronte a ciò che provava.
Non
poteva più avere paura di se stesso.
Non
dopo aver trovato qualcosa per cui valesse la pena, e che non fosse solo un
ricordo sbiadito.
“Sì.”
Eva
si aprì in un enorme sorriso e gli si buttò fra le braccia, e lui la strinse,
sorridendo, così, davanti a tutti e incurante del resto.
Si
sentiva… Vivo. Di nuovo libero di vivere le sue emozioni, senza maschera, senza
timore.
Alla
fine, fu quel sorriso a convincere Ginny, più della risposta.
“Allora,
ti affido mia figlia. So che ogni altra raccomandazione è inutile.”
Ci
furono altre proteste da parte di Abbie a Alan, a cui Harry e Ginny si
occuparono di rispondere.
Severus
e Eva sembravano troppo persi in quell’abbraccio, per prestare attenzione a
qualsiasi altra cosa.
***
Severus
aveva comprato un’altra casa.
Il
Ministero, una volta che Harry Potter disse a tutti di aver ritrovato Severus
Piton, gli rimborsò in un’unica rata la rendita vitalizia che gli sarebbe
spettata dopo la guerra.
Il
professore, perciò, scelse con Eva una piccola villetta, abbastanza grande per
due o tre persone, a metà strada fra il paese di Eva e Godric’s Hallow, dove
vivevano i Potter. Harry aveva collegato subito il camino della casa sia a casa
White che alla propria, ed Eva aveva imparato ad utilizzare la Metropolvere
come prima cosa.
Anche
Minerva non ci aveva messo molto ad abituarsi alla nuova casa e alle nuove
comodità: Eva aveva comprato un sacco di giochi solo per lei; giochi che
sarebbero andati bene ad un gatto piccolo, ma con cui Minerva aveva
simpatizzato presto, reclamandoli con le unghie e con i denti – letteralmente –
come suoi.
Per
il resto, per la magia, Severus era
un ottimo insegnante. Dopo il trasferimento si era messo d’impegno per far
diplomare Eva. Erano partiti dalle basi, dopo aver fatto un giro a Diagon Alley
per comprare la bacchetta e tutto l’occorrente, e Eva era un’allieva
entusiasta, anche se non imparava molto in fretta.
Pazienza,
avrebbero avuto tempo.
Avevano
tutto il tempo del mondo.
***
Lily
tornò a trovarla in sogno circa due anni dopo la prima volta.
“Nonna!”
esclamò Eva, riconoscendola. Si trovavano in un prato e il vento scompigliava
loro i capelli, dispettoso.
“Lily
Luna, mia cara.”
Eva,
oramai, si era abituata al suo doppio nome. I suoi genitori adottivi, i suoi
amici e Severus la chiamavano Eva, mentre i Potter e la sua altra famiglia – ci
aveva messo mesi a memorizzare facce
e nomi, da quanti erano – la chiamavano Lily.
“Come
mai qui? Dopo tutto questo tempo?”
Lily
rise, poi si alzò e le venne incontro, abbracciandola.
“Saranno
due gemelli bellissimi.” le disse.
“Co…
Gemelli? Ma che dici?”
“Beh,
i figli tuoi e di Severus.”
“Ma
io non sono incinta!”
“Oh,
non ancora!”
“Ma
Severus è sempre così scrupoloso…”
“Accadrà,
vedrai. Prima di quanto credi.”
Quando
si svegliò, Eva si tastò la pancia, ma sembrava come sempre piatta e vuota.
Siccome
erano solo le quattro di mattina – l’orologio sul comodino non sbagliava – si
rigirò nel letto, trovando Severus; si accoccolò all’uomo e riprese a dormire.
***
Noemi
aveva appena finito di frequentare il college e si era laureata da poco. Le ci erano
voluti solo tre anni, dopo la maturità.
Aveva
fatto una festa in grande, invitando ovviamente Eva e Severus – quest’ultimo
suo malgrado –. Con il tempo aveva imparato a conoscere l’uomo, ma non gli
ispirava ancora fiducia.
Eva
era migliorata moltissimo negli studi e, a volte, si divertiva a combattere per
finta con i suoi fratelli o con i suoi cugini. Suo padre, Harry, le diceva che
avrebbe avuto un futuro come Auror, una volta preso i M. A. G. O.
La
festa era in un locale, che Noemi aveva affittato per tutta la notte.
Mangiarono,
bevvero e ballarono per parecchio tempo. Persino Severus, dopo qualche bicchierino
di troppo – che Eva gli spinse con forza in bocca, ovviamente – si lasciò
andare e scese in pista.
Nella
sua testa vorticavano le immagini della ragazza. Erano passati anni e lei era
ancora al suo fianco, innamorata come e forse anche più del primo giorno.
Si
sentiva fortunato.
Ho fatto bene a lasciarmi i miei timori
alle spalle.
Nonostante
l’età, forse complice l’alcool, dopo la festa lui ed Eva si diedero alla pazza
gioia. Era stato strano resisterle persino mentre erano in discoteca, ma da
qualche parte nella sua mente sapeva che fare certe cose in pubblico era sbagliato.
Il
giorno dopo si svegliarono, nudi, in mezzo al letto sfatto.
Severus
sentiva male dappertutto e non era passato istante, da quando aveva aperto gli
occhi, che non si fosse lamentato.
“Ricordami
di non andare mai più in un posto simile.” stava dicendo, per l’ennesima volta,
mentre Eva tornava dal bagno dopo aver fatto la doccia. Lui avrebbe voluto
seguirla, ma non riusciva neppure ad alzarsi.
Lei
rise e gli si sedette accanto, accarezzandogli i capelli.
***
Il
terzo giorno di fila che si svegliò in preda alla nausea e al vomito, Eva si
ricordò del sogno che aveva fatto ormai più di un anno prima.
“Oh
porc…!” esclamò, asciugandosi il viso.
“Che
succede? Stai ancora male?” le chiese Severus, affacciandosi alla porta,
preoccupato.
“Mh.”
disse Eva, in tono neutro, piegando la testa “Severus, ti senti pronto per la
paternità?”
Lui
strabuzzò gli occhi e si strozzò con la sua stessa saliva. Quando si fu ripreso
rialzò lo sguardo – aveva le lacrime agli occhi per la tosse – e le disse:
“Stai scherzando, vero?”
Eva
lo superò, andando in camera a buttandosi a pancia in su sul letto. Si toccò il
ventre, sovrappensiero.
“A
quanto pare no.”
“Ma
noi non abbiamo mai…”
“Dopo
la festa di Noemi.”
Severus
si zittì, sedendosi accanto a lei, circospetto.
“Eravamo
ubriachi, Severus. Probabilmente non te ne sei ricordato.”
“Però”
disse lui, in difficoltà “Non è detto che un po’ di vomito possa stare a
significare per forza…”
“L’ho
sognato.”
Severus
rimase zitto, incredulo, mentre Eva eseguiva una mezza piroetta e si metteva
seduta accanto a lui.
“Me
l’ha detto Lily.” disse, prendendogli le mani.
“…
Lily?”
“Oh,
sì. Era già successo, in passato. Mi aveva avvertito che sarei stata felice con
te, che avrei conosciuto Harry, che il mio vero nome era Lily Luna.”
“Ma
questo quando…?”
“Il
giorno prima di scoprire tutto.” rispose lei “È vero, l’ho sognato più di un
anno fa questo, ma so che è vero. Lo
sento. Ogni tanto mi capita di prevedere le cose, di fare sogni che si
avverano… Tipo quando mi sono scottata con l’acqua della pasta, o quando ho
incontrato per la prima volta il ragazzo di Noemi… Credevo che fosse, ecco,
normale. Ma solo due volte ho sognato Lily, e la prima volta mi ha detto cose
esatte, quindi…”
“In
poche parole, sei una Veggente.” concluse Severus, che si stava appigliando a
tutto pur di non pensare a quello. A
un bambino in arrivo.
Eva
alzò gli occhi al cielo, pensando.
“…
Può essere, non ci avevo mai pensato… Ma le profezie non funzionano in un altro
modo?”
“Ci
sono diversi modi per essere Veggenti, Eva. C’è chi profetizza facendo gli
occhi vacui e la voce strana, chi legge il futuro nelle stelle e chi lo scopre
tramite i sogni.”
Eva
sorrise, riportando la sua attenzione su Severus.
“E
allora, pronto per fare il padre?”
Povero me…!
“Insomma…
Magari prima potresti fare un test… Merlino, i tuoi mi uccideranno, e intendo
tutti e quattro…”
Eva
rise, alzandosi con l’intenzione di vestirsi.
“Ah,
Severus…” disse infine, mentre stava per uscire dalla porta. Severus era
rimasto seduto sul letto, ancora incredulo.
Da
una parte vedeva un bel bambino tutto suo, che gli somigliava e che somigliava
ad Eva, e gli faceva una tenerezza incredibile.
Dall’altra
era spaventato a morte.
“Che
c’è?” le chiese, alzando lo sguardo.
Eva
aveva l’espressione luminosa e birichina che lui associava ai bambini che
facevano una marachella.
Oh, Merlino…
“Sono
gemelli!”
Lo sapevo! Sono finito!
Eva
uscì, ridendo, e Severus si sdraiò sul letto.
Forse
non era poi un male.
Una famiglia mia.
No,
non era un male.
Si
riaddormentò, con il sorriso sulle labbra.
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