Behind the closed doors.

di cantlovecanthurtcantlive
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** He who is Brave is Free. ***
Capitolo 2: *** Always in my mind,always in my heart. ***



Capitolo 1
*** He who is Brave is Free. ***


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BEHIND THE CLOSED DOORS

CAPITOLO UNO.


He who is Brave is Free.


L'amore è coraggio,tutto il resto è coppia.
-Barbara Alberti.


A Michela,grazie per il tuo sostegno,ti voglio bene.




Siamo entrambi in silenzio.
Lui, seduto su quella sedia girevole con lo sguardo fisso sul pavimento, ed io, in piedi, con le mani dietro la schiena che tamburellano sulla parete.
Non voglio dire nulla, o forse non ci riesco;ho lo stomaco che si sta torcendo, e la testa non si ferma.
Sono in ansia.
Sono ancora più in ansia di quando a X-Factor sono dovuto restare nella sala d'attesa, per sapere se sarei passato al turno successivo. Buffo, anche lì,c'era lui con me ad aspettare.
Lancio un'occhiata all'orologio sulla parete;sono già passati cinque minuti.
Cinque minuti dal loro:
«Dobbiamo parlarvi.»
Queste parole mi riecheggiano nella testa. Non riesco a pensare ad altro. L'ultima volta che le ho sentite, è stato parecchio tempo fa. L'ultima volta che le ho sentite è iniziato tutto. Cristo,se a questo periodo abbiano messo finalmente un punto?.
Al solo pensiero la mia testa smette di ruotare,e le mie dita iniziano a battere più velocemente . Sembra che Harry se ne sia accorto, perché solleva la testa;e' in quel momento che i suoi occhi incontrano i miei.
Quegli occhi che ho sempre visto brillare di gioia ora sono spenti,vitrei. E alla sola vista sento il mio stomaco accartocciarsi.
Perché non ci sta sperando anche lui? E' davvero da pazzi crederci?
Eppure è stato lui a dirmi:
«Louis andrà tutto bene» quando io mi disperavo,quando io temevo che non ci sarebbe stata via d'uscita,che non avremmo resistito.
Perchè non ci sta sperando?
La mia bocca si schiude, sto per dirgli qualcosa ma la porta si apre, e ogni parola che avevo in mente viene spazzata via.
L'uomo che entra è vestito elegante. Porta una cravatta nera che gli stringe la gola,e una camicia bianca infilata nei pantaloni,e sia sulla mandibola quadrata e sia sul mento si intravede un accenno di barba,ma sono i suoi occhi verdognoli a farmi ricordare il suo nome;Brian,il capo della Modest.
La mia schiena viene percorsa da un lungo brivido, e le mie mani si stringono in pugni.
E' colpa sua se..
«Lei e' Eleanor» dice sollevando il mento verso una ragazza dietro di lui che non avevo nemmeno notato.
Gli arriva alle spalle,h a il viso a forma di cuore incorniciato da una cascata di capelli castani, e i suoi occhi a mandorla mi guardano intimiditi. Guardo Harry, ma lui ha già riportato gli occhi sul pavimento.
Mi sento ancora più perplesso di prima, cosa centra quella ragazza?
«E' una fan?»chiedo a Brian mentre lui si siede dietro alla scrivania.
Lui scuote la testa ridacchiando, e si sofferma a sfogliare qualche carta pinzata.
Già che sciocco, se fosse una fan non sarebbe così tranquilla. E poi ci saremmo tutti. Tutti e cinque. Ma allora chi diavolo è? Aspetto che Brian spieghi,ma l'unico rumore che si sente è la carta che gli sfiora le dita.
La testa mi inizia girare più forte ed è allora che la lingua che ho tenuto a freno per tutto il tempo cede:
«Chi è allora?» sbotto.
Brian alza lo sguardo di scatto, le sue mani si bloccano e i suoi occhi verdognoli si posano sui miei. Ed è allora che la mia mente fa un passo indietro. Che inizia a riverire ogni lacrima, ogni sorriso, ogni volta che ho pensato: 'Questa situazione mi sta uccidendo'. E ogni fottuta volta che mi sono fatto forza, e mi sono ricordato il motivo per cui lottare;Harry.
Sento lo sguardo di Brian trapassarmi, ma non ho paura. No questa volta,no.
«Che fai non rispondi?» chiedo acidamente.
Vedo Harry con la coda dell'occhio muoversi sulla sedia,e con le dita toccarsi il lobo dell'orecchio sinistro,come fa sempre quando è nervoso.
«Lei è la tua nuova ragazza» mi risponde, rompendo il contatto visivo e ricominciando a sfogliare le carte.
«La sua cosa?»
E' Harry a parlare questa volta, la voce che quasi balbetta, gli occhi verdi spalancati e le sopracciglia tonde aggrottate, mentre io ho rimango zitto,mentre Brian, riducendo a una piccola pallina la carta che aveva tra le mani, spiega:
«Loro stanno incominciando a scoprire sempre più cose.»
Loro. Intuisco all'istante cosa intende per loro. Loro, le fan.
«Ci ho pensato su,e ho capito che le voci si zittirebbero se per qualche giorno usciresti con lei.»
Il mio sguardo si sposta sul pavimento, mentre sento le mie gambe come staccarsi dal corpo.
«Non possiamo rischiare lo sapete, e poi non vorrete mica che ci perdano anche gli altri tre»
Quando gli sento dire queste parole, le mie mani si stringono così forte su se stesse che le mie nocche si sbiancano:
«Cosa ne sai di cosa è meglio per loro?L'unica cosa di cui ti preoccupi è cosa è meglio per te, per l'intera Agenzia. L'unica cosa di cui ti preoccupi sono di assicurarti i dollari per i prossimi anni.»urlo. Urlo così forte che la gola mi inizia a bruciare.
Sento le ruote della sedia su cui è seduto Harry scivolare sul pavimento;si è appena alzato.
«Fammi finire di spiegare!»mi dice Brian. Non mi sta supplicando di ascoltarlo, ma il suo tono assomiglia a un ordine e la cosa mi fa scaldare ancora di più.
«Quando abbiamo iniziato a nasconderci hai detto che tutto sarebbe finito presto, che le cose sarebbero andate meglio e ora..» smetto di urlare solo per guardare la ragazza che è ancora in piedi vicino alla porta.
«E ora mi rifili una finta ragazza?»
«Una beard» mi conferma lui annuendo.
Sento la testa bruciarmi,avrei voglia di lasciare tutto, ho voglia di lasciare tutto. Harry appoggia la sua mano sulla mia spalla:
«Lou» sussurra.
E allora mi calmo quanto basta per fare allentare le mie unghie che premevano sui palmi.
«Non ci sto.»dico con la voce affievolita dalle urla.
«Non ci sto.» ripeto, fissando gli occhi di Brian.
«Devi se vuoi..»
«Appunto» lo interrompo, intuendo già cosa mi vuole dire.
«Se noi non volessimo tutto questo successo? » mi giro verso Harry. Ha gli occhi umidi, e non appena lo noto,la morsa alla stomaco si fa più stretta.
Non è la prima volta che penso che posso rinunciarci. Eppure, mi fa così strano dirlo.
«Se noi rifiutassimo tutto questo?Tornassimo alle nostre vite normali? Insieme..»Sul suo viso si fa strada un piccolo sorriso,non grande come sono abituato a vederlo, ma questo mi sprona a continuare:
«Non pensare al contratto, potremmo andare per vie legali, e non appena saprebbero di questa situazione farebbero qualcosa..»
Buffo, se l'anno scorso mi sarei trovato in questa situazione non ci avrei nemmeno pensato,avrei detto:
«Chi vorrebbe aiutare due froci?»
«Non è così semplice.»mi blocca lui scuotendo la testa.
Il mio cuore perde un battito non appena sento dirgli quelle parole. E capisco. Capisco quanto tutto questo mi stia facendo male,capisco che sono disposto a perdere tutto, e capisco quanto io sia cambiato.
Non sono mai stato io quello con il lume di speranza. Quello e' Harry. E' Harry che fantastica,desidera e spera. Quello con la testa tra le nuvole,il piccolo sognatore. Io sono Louis. Il realistico,quello con i piedi per terra,quello sempre pronto a rinfacciargli che dovrebbe crescere,smetterla di credere che in qualsiasi cosa c'è del buono. Eppure ora io sono qui, a cercare un'altra via d'uscita,e lui è lì, a schiacciare ogni mia speranza.
«E poi tu non vuoi, vero Harry? Ti mancherebbe tutto questo, tu sei nato per questo, sei nato solo per sentire il sapore del successo.» Sento la voce di Brian farsi più vicina; si è sicuramente alzato.
«Tu non lo conosci»dico, voltandomi. La mia voce sta ritornando a farsi più forte.
Ha le mani infilate nelle tasche, e quel fottuto sguardo di superiorità impresso negli occhi.
Dio, quanto vorrei..
E come se lui mi avesse letto nel pensiero:
«Non fare qualcosa di cui ti pentiresti»mi sussurra,mentre nella sua faccia si fa strada un sorriso di sfida.
«Credimi non me ne pentirei.» dico a denti stretti.
«Lasciaci soli.» ci interrompe Harry cingendomi la pancia con un braccio.
«Lasciaci soli.» ripete. «Ci pensiamo sù.»
Il viso di Brian non si sfalda in nessuna espressione di preoccupazione, è come se sospettasse che Harry è capace di piegarsi fino a quel punto.
Brian annuisce, e con Eleanor, si richiude la porta alle spalle.
Mi servono alcuni secondi per realizzare, quello che è appena successo,come la Modest ci abbia messo di nuovo alle strette.
«Non è finita.» dico spiazzato liberandomi dalla sua presa.
«Siamo ancora liberi, e se vogliamo possiamo cambiare le cose.» sussurro.
«Io non sono coraggioso come te!» mi urla, bloccandomi le spalle con le mani.
Il cuore mi salta in gola. E non so se sia per la stronzata che mi ha appena detto, o per il tono della sua voce.
Come fa a pensare che io sono coraggioso?
«Tu lo sei, Harry. Senza di te, non avrei mai sopportato tutto questo,e guardati ora! Sei di nuovo pronto a sopportare qualcosa di più grande. Pronto a sopportare la persona che ami uscire con qualcun'altro. Ma non dovrai se...»
«Perché non ti sforzi di capire? Tu che sei coraggioso sei libero.» mi sussurra abbracciandomi.
«Quello che ha voglia di rischiare,quello che manderebbe tutto all'aria per amore. Sei tu quello coraggioso. E sei anche libero, perché non sei incatenato al successo,alle conseguenze,alle responsabilità'. Pensi solamente a me, a noi. Tu sei libero. Coraggioso e libero.» aggiunge, sfiorandomi con le sue labbra morbide l'orecchio.
Dovrei dirgli che sono egoista,che penso solamente a sentirmi bene,che voglio solamente che tutto questo mi scivoli di dosso, dovrei dirgli che non voglio pensare a Zayn,Niall,Liam e cosa potrebbe succedergli se noi smettessimo di mentire.E soprattutto non voglio pensare al fatto che lui potrebbe essere triste senza tutto questo. Ecco perché' sono egoista.
Il mio non è coraggio, il mio è semplice,puro egoismo.
Ma rimango zitto, non voglio farlo sentire meglio.
«Ma non è finita, non smettiamo di arrenderci,promettimelo.» gli sussurro invece stringendolo,e mentre la mia vista si annebbia, sento le sue parole arrivarmi forti e chiare:
«Te lo prometto,noi non smetteremo di arrenderci.»

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Capitolo 2
*** Always in my mind,always in my heart. ***


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BEHIND THE CLOSED DOORS

CAPITOLO DUE .


Always in my mind,always in my heart.


Succedeva sempre così,
potevo scappare e riempirmi la vita di sogni,
ma quando lui non c'era,
quando lui smetteva di sfiorarmi,
cazzo,quando lui non mi sfiorava più,io sfiorivo.
-Charles Bokowsky.

La prima cosa che ho pensato non appena ho poggiato gli occhi sopra quel dipinto, è stata: 'inferno'.
Forse per quelle lingue di fuoco che tentano di uscire dal battiscopa della porta chiusa,dipinte con colori così caldi che sembrano veramente roventi. O forse per quella sensazione di malinconia e angoscia che ti lascia la porta,colorata di un nero pece. Non appena l'ho notata, il fiato nei polmoni mi si è dimezzato;come se,dietro a quella porta ci fossi bloccato io. Come se fossi senza via d'uscita, senza nessuna altra scelta.
«Dovresti muovere la bocca,almeno così sembrerà che stiamo conversando» mi fa notare Eleanor, puntando la cannuccia verso il mio viso.
Distolgo li occhi dal quadro appeso alla parete,e in quel momento mi accorgo di non aver ascoltato nemmeno una parola di quello che ha detto.
Siamo seduti a un tavolo di uno dei bar più conosciuti di Londra da almeno dieci minuti;e lei non fa altro che parlare. Vorrei dirle che non siamo costretti ad essere amici,che possiamo fare questa cosa da totali conoscenti,ma il suo ininterrotto parlare mi da tempo per pensare. Così taccio, e inizio a riflettere. E una delle prime cose che mi salta in mente,dopo che l'immagine della porta chiusa mi è svanita dalla testa, è fottutamente patetica: questo odore di brioche che mi sfiora le narici non mi sta facendo nessuno effetto. Mentre è il suo odore ,ancora impregnato nella mia maglietta a righe, che mi riesce a scompigliare lo stomaco.
Affondo la testa nelle braccia incrociate sul tavolo, apro le narici e cerco il più possibile di percepirlo.
«Quando ho lasciato l'università, Brian mi ha proposto questa cosa,pensa, non sapeva a chi chiedere,buffo no? Poi si è ricordato di me,sua nipote e io mi sono detta, perché no? Avevo anche bisogno di soldi...» mi racconta Eleanor la cui voce mi giunge ovattata alle orecchie;sento solo i singhiozzi di Harry che si è lasciato sfuggire questa notte farmi eco nella testa.
E non so cosa gli abbia fatti rinfilare di nuovo nelle mie orecchie. Prima di entrare nel bar, erano spariti, insieme a quel lacerante senso di colpa. Ma ora, eccoli di nuovo,profondi e acuti, e ho la netta sensazione che non se ne andranno più.
«Tu a scuola facevi teatro,no?»
Deve essere la prima domanda che Eleanor mi rivolge. Ed è pure una domanda semplice, ma in questo momento tutto mi risulta più difficile, per fino realizzare che di fronte a me non c'è la mia camera. Con quelle finestre enormi affiancate da qualche pianta di cui ci siamo dimenticati di annaffiare, con quel comodino in legno su cui giace una sola sveglia elettronica,e quell'armadio posto di fronte a un enorme letto su cui,aggrovigliato nelle lenzuola, c'è lui. Il viso bagnato dalle lacrime, gli occhi chiusi, e il petto che gli si alza e gli si abbassa violentemente come se stesse avendo un incubo,come se piangesse nel sonno.
E' l'ultimo ricordo che ho di lui. E sapere che è un ricordo triste, addirittura straziante, mi lascia l'amaro in bocca.
Annuisco,cercando di far sparire questa immagine dalla testa.
«E allora perché non ti risulta facile?» mi domanda con aria perplessa dopo aver risucchiato dalla cannuccia il cappuccino che tiene tra le mani.
«Non mi risulta facile cosa?» chiedo,mentre nella mia mente faccio affiorare l'immagine del suo volto sorridente.
Non ricordarlo triste, Louis. Non farlo.
«Mentire.» sussurra,come se il chiasso delle persone che prendono le ordinazioni non coprissero già abbastanza le nostre voci.
Come diavolo lo ha capito? Come ha capito che non ce la sto facendo anche se ci sto mettendo tutto me stesso? Come diavolo ha capito che da lui io non posso stare lontano,nemmeno un secondo, senza che il suo ricordo mi ritorni a sfiorare la mente?
«Mentire è diverso dal recitare.» le spiego con innaturale calma,tirando le maniche della maglietta fino ai palmi delle mani. Come se coprendomi, mi sentissi meno scoperto, meno nudo,meno letto.
E prima che mi soffermi troppo a pensare a me, mi ritrovo di nuovo in mezzo a quel vortice di senso di colpa in cui prima ero avvolto quando avevo sentito i singhiozzi di Harry riecheggiarmi nella testa. Un vortice di senso di colpa,così incasinato e forte, che quasi inizio a convincermi che sia tutta colpa mia,che è per colpa mia che lui sta soffrendo.
«Non è colpa tua.» mi ricordo mentalmente,ma lo penso a voce così flebile che non riesco a convincermene.
«Usciamo?» mi chiede,con gli occhi fissi sulla vetrina affacciata alla strada. Mi scorgo anch'io a guardarla, e quando noto i marciapiedi brulicanti di persone,capisco che dobbiamo dare inizio alla recita.
Mi alzo in piedi,e quando infilo le braccia nella giacca che lui mi ha prestato, il mio senso di colpa si fa ancora più pesante, perché sento,ancora una volta, il suo profumo inondarmi.
«Così non sentirai la mia mancanza» mi dice porgendomela,mentre mi lego le scarpe. E' del colore di un jeans scolorito, e attorno al colletto c'è del morbido pelo bianco.
«Mi spiace» sussurra poi, quando gliela sfilo dalle mani.
«Non è colpa tua,Haz» gli ricordo. E indossandola, mi sporgo in punta di piedi a scoccargli un bacio sulla fronte. E quando le mie labbra si staccano, aggiungo:
«Non è colpa di nessuno»

«Forse dovresti chiuderla.» mi fa notare quando la porta del bar le si chiude alle spalle.
La guardo;ha il bavero della giacca nera abbottonato fino all'ultimo, e nel suo viso c'è uno spruzzo di rossore sulle guance. E mentre inizio a rendermi conto della presenza dell'aria pungente mi domanda:
«E' sua?»
Apro la bocca per risponderle, ma la vibrazione del cellulare mi blocca.
E' un messaggio, e anche se non leggo il numero da cui proviene, intuisco all'istante il mittente.
Andate verso il centro, e stringile la mano.
Rimango a fissare quelle due parole. Stringile la mano. E immediatamente, ripenso al momento in cui strinsi le mie mani di Harry per la prima volta.
L'avevo fatto senza accorgermi;avevo spostato distrattamente la mano sulla sua, e non appena la toccai il cuore incominciò a minacciarmi di uscire dal petto da quanto batteva forte.
Ero incredulo e terrorizzato, per questo la ritrassi immediatamente, tanto velocemente che pensai che lui non avesse nemmeno percepito il mio tocco distratto. Avevo ancora la pelle d'oca quando lui improvvisamente cercò la mia mano. Incastrò le dita nelle mie così perfettamente,che tutto il terrore che avevo in corpo svanì del tutto, e prese il suo posto una sensazione che non avevo mai provato in modo così estremo; gioia. Assoluta pura, e fottutissima gioia.
E senza poter impedire che accada, ripenso a tutte quelle volte che ce le siamo strette prima delle nostre esibizioni,ripenso a come la presenza della sua mano stretta delicatamente nella mia mi infondesse una sicurezza fuori dal comune, ripenso a quando non dovevamo stringercele, ma poi non riuscivano a trattenerci, e così loro si univano, nascoste sotto i massicci tavoli durante un'intervista. E proprio in quel momento il suo tocco si mischiava a quella sensazione d'adrenalina,a quella gioia estrema e a quell'amore logorante, che c'è sempre, e non scompare mai. Così fremevo, e intanto pensavo:
'Si può amare così tanto? Così tanto da sentirsi male?' E la risposta la trovavo sempre,costantemente. Ogni volta che stringevo quelle sue mani; grandi,affusolate,e morbide.
E con le dita incrociate nelle sue capivo che nessuno aveva mai amato così tanto.
Rinfilo il cellulare nella tasca, e le afferro la mano con delicatezza.
E il senso di colpa scompare, non appena noto che la sua mano incastrata nella mia non mi suscita assolutamente nulla.
«Te l'hanno chiesto loro?» mi domanda, e quando rafforza la presa sulla mia mano,capisco a cosa lei si stia riferendo.
Annuisco, e non appena lo faccio, lei si lascia sfuggire con un tono di ammirazione:
«Non so davvero dove tu la trovi».
«Cosa?»domando perplesso.
«La forza per andare avanti, io non ce la farei.» mi risponde.
Le mie labbra tentennano quando le confido:
«E' solo...coraggio»


«Sono a casa» urlo,sorpassando la soglia. E non appena mi tolgo le scarpe,con lo stomaco che freme d'impazienza incomincio a perlustrare con lo sguardo le prime stanze che incontro.
«Haz?» domando spostando gli occhi dalla cucina al salotto.
E quando le mie orecchie finalmente percepiscono un rumore, mi accorgo che è solamente il televisore rimasto acceso. Sfilo tra i cuscini del divano il telecomando rimasto incastrato e poi spengo la tv.
«Non mi ha aspettato» realizzo mentalmente,e non appena lo faccio sento il mio stomaco che prima fremeva stringersi.
Mi distendo sul divano,e quando la mia testa si scontra con il morbido bracciolo, mi accorgo di sentirmi inevitabilmente stanco. Non ho chiuso occhio questa notte,nemmeno quando i suoi singhiozzi si sono spenti del tutto.
Potrei dormire ora,potrei chiudere gli occhi e lasciarmi andare,e per quelle poche ore tutto mi scivolerebbe di dosso. Nessun problema, nessuna preoccupazione e soprattutto nessun dolore.
Tutto sarebbe perfetto.
Ma non appena le mie palpebre stanno per cedere, sento lo schiocco della chiave che gira dentro la serratura aprire la porta,e so per certo che è Harry,lui è l'unico fra tutti e cinque a riuscire ad aprirla con un colpo secco.
Dopo che la porta si è richiusa sento il portachiavi schiantarsi sul tavolo della cucina,e non posso fare a meno di emettere un risolino soffocato da uno sbuffo;prima o poi le scheggerà quelle chiavi se continua a lanciarle. E anche se ho lo schienale del divano che mi copre la visuale,capisco che si è tolto il cappotto perché sento l'attaccapanni oscillare, e capisco che si sta avvicinando dai suoi passi che scricchiolano sul parquet.
E quando me lo trovo in piedi di fronte al divano, la sua faccia è perplessa.
«Com'era?» mi chiede,avvicinandosi.
«Com'era cosa?» domando, mentre lui si distende su di me, facendo sprofondare le sue ginocchia al fianco delle mie nei cuscini del divano.
«Lei» mi sussurra. E nel momento in cui si piega su di me, i brividi incominciano a scorrermi sulla schiena.
«Sopportabile» gli rispondo, mentre le sue labbra mi sfiorano il collo. E questa cosa, che in qualunque altro momento mi avrebbe fatto piacere, ora mi infastidisce.
Scosto il collo,cercando di sfuggire dalle sue labbra, e i miei occhi si imbattono a fissare la libreria accanto alla tv. Ho ancora gli occhi fissì lì, quando lui sbuffa e si ritrae dal mio viso.
«Preferisci la compagnia di qualcun'altro?»mi chiede ironico, e so per certo che si sta riferendo a Eleanor.
«E tu? Cosa preferisci fare invece che aspettare il tuo ragazzo?»
Sto fissando ancora la libreria, quando questa cosa mi esce dalle labbra.
Ho la pelle che mi ribolle, mentre due sue dita affondano nella mia mascella,spostandomi il viso, e costringendomi a farmi incrociare i suoi occhi.
«Ti ho pensato in continuazione.» mi sussurra.
«Dov'eri?»gli domando,cercando di cacciare dalla mente ciò che mi ha appena detto.
«Con Ed.» mi risponde, staccando le dita dal mio viso.
Non ho voglia di litigare,per niente. L'unica cosa che voglio è sentire le sue labbra premere sulle mie, eppure non riesco a non pensare al fatto che non mi abbia aspettato.
«Potevi pensarmi anche qui,da solo.»
«Queste scenate di gelosia, le dovrei fare io, non tu.» mi fa notare, alzandosi.
Mi alzo pure io, e cercando il più possibile di non alzare la voce gli faccio notare:
«Non sono geloso, ma tu dovresti esserlo.»
«Magari non sono così infantile.» mi dice mentre lo seguo in cucina, dove dalla credenza tira fuori una tazza.
Cerco di notare il più possibile nel suo volto qualche accenno di fastidio, ma sembra così impassibile e la cosa mi fa ribollire ancora di più:
«Da quando amare è infantile?»gli chiedo, e nella mia voce scorgo incredulità.
Le sue mani,che maneggiavano la scatola di cereali, si bloccano:
«Da mai,creare un litigio per nulla dopo che ti ho detto che non ho fatto altro che pensarti lo è.»
Rimango zitto,mentre sento tutta la mia rabbia spegnersi.
«Sono stanco, hai ragione, forse ho solo bisogno di dormire.»
Lui annuisce, mentre versa il latte nella tazza. E così mentre mi volto, mentre lascio sprofondare la testa sul cuscino ,dopo essere arrivato in camera da letto, penso ancora a come questa situazione mi stia uccidendo, e se poi devo morire per qualcuno che mi lascia solo?
Ho ancora questa preoccupazione che mi vaneggia in testa quando Harry entra nella stanza. In mano ha un vassoio, dove sopra vi sono due tazze piene fino all'orlo di latte e cereali. E nel vedere la sua espressione mentre cerca di non rovesciare nulla,non riesco a non soffocare una risata.
«Sei l'unica persona che conosco, che fa colazione al posto della cena.»
«Pare che da oggi ne conoscerai un'altra allora, perché questa è per te» mi dice, poggiandomi,dopo essersi seduto sul letto di fianco a me,sulle mani una delle due tazze.
Non riesco a non sorridere,come ho potuto pensare che mi avrebbe lasciato solo?E come ho potuto pensare che sarei stato male così tanto da morire? Non avevo ancora capito che con lui è impossibile?
«Sembra quasi che tu abbia paura di non essere importante per me, ma lo sei. E il fatto che tu non te lo ricordi, mi fa incazzare.» mi dice mentre con il telecomando accende la tv.
Gli sfilo dalle mani la tazza,e insieme alla mia, le appoggio sul vassoio ai piedi del letto, poi mi getto a capofitto su di lui:
«Alcune cose vanno ricordate.» gli spiego, mentre faccio scontrare la mia fronte sulla sua.
Il suo viso si apre in un sorriso, uno di quelli belli, enormi, uno di quelli suoi .
«Sei sempre nella mia mente.» mi ricorda.
«Sempre nel mio cuore» aggiungo.
Ma non sono sicuro che lui me l'abbia sentito dire, la prossima volta glielo dirò senza soffocare la mia voce sulla sue labbra,glielo dirò senza baciarlo nel frattempo, ma sempre se riuscirò a trattenermi dal farlo.


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