Matrimonio

di NevillePupp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attesa ***
Capitolo 2: *** Flashback ***
Capitolo 3: *** Cerimonia e festa ***



Capitolo 1
*** Attesa ***


Note dell'autore

Allora, questa è la prima volta che scrivo qualcosa come autore, però devo farlo. u.u Ci tengo a ringraziare Chiarilu per avermi fatto usare i personaggi di sua creazione (fantastici a dir poco)  per questa storia, senza di essi non avrei potuto scriverla. :3 Aggiungo inoltre che chiunque li usi senza permesso sarà severamente Avada Kedavrizzato sia da me, sia da lei. È tutto, buona lettura e spero vi piaccia!


Chi lo avrebbe mai detto che mi sarei vestita in questo modo. Tutti questi fronzoli, ricami e merletti, ma chi me lo ha fatto fare?
Questa era ciò che pensava Augusta Paciock, in quella mattina estiva serena e soleggiata, ripetendoselo ogni minuto che passava.
Sfido a darle torto, chiunque avesse avuto il suo carattere si sarebbe trovato nell’imbarazzo nel vedersi vestito in quella maniera, fin troppo vistosa per i suoi gusti.
Tsk, questa roba limita i miei movimenti, cosa faremo in caso di attacco nemico?
Anche quel giorno riusciva a pensare al suo lavoro, avendo pensieri istintivi riguardo possibili agguati o attacchi strategici da ogni parte.
Possibile che riesco a pensare al peggio anche oggi? No, oggi non succederà nulla. Oggi è un giorno diverso e io non sono Augusta in   veste di Auror, ma sono solamente Augusta. Oggi andrà tutto bene. Anche se…
Camminare davanti a tutta quella gente, arrivata fin là apposta per lei? No, non se ne parlava. Avrebbe fatto qualunque cosa per sfuggire a tale situazione, sperava vivamente in un attacco improvviso di Mangiamorte, in una convocazione urgente dall’ufficio degli Auror al Ministero, dove era appena stata collocata. Avrebbe preferito perfino affrontare un esercito di Ungari Spinati, invece di essere sotto lo sguardo fisso di centinaia di persone.
Oh, andiamo! Ho affrontato pericoli e missioni ben peggiori, devo solo camminare dritto, in fondo! Stupida ansia, in combattimento non mi ha mai nemmeno sfiorata!
Si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa che riuscisse a calmare l’ansia che cresceva impetuosa nel suo petto. Il suo cuore batteva all’impazzata in preda al panico, ma la sua espressione, comunque, non accennò a mostrare il minimo segno di turbamento o inquietudine. Lei era fatta così, orgogliosa fino all’ultimo, fiera di quello che era: una donna forte, coraggiosa, autoritaria e indipendente.
Quanto diavolo manca, per Godric! Non possono farmi aspettare qui in eterno!
All’improvviso trovò ciò che cercava, appeso alla parete della stanza in cui si stava preparando, in una cornice di semplice legno di noce. Era una foto raffigurante un bel ragazzo sorridente ed allegro. Era alto, con una corporatura giusta per la sua altezza; i tratti del viso erano delicati, i capelli biondi sembravano scintillare sotto il sole ed i suoi occhi azzurri erano penetranti, ma pieni di vita e di energia. La sua mano la salutava calorosamente da dentro il riquadro.
Inconsapevolmente, Augusta si ritrovò a sorridere nella sua direzione, come in risposta all’espressione del ragazzo. Poteva farlo, quando era sola poteva far uscire il suo lato sensibile, la sua dolcezza, la sua tenerezza. Poteva lasciar cadere il suo aspetto integro e freddo, per lasciar posto ai sentimenti nascosti sotto quella maschera, quelli che aveva messo da parte per raggiungere gli obiettivi che si era posta.
Si avvicinò alla parete, con l’orlo dell’abito bianco che accarezzava leggermente il pavimento, tendendo la mano rosea verso la foto, accarezzando delicatamente la superficie fredda del vetro con la punta delle dita.
<< Hale, aiutami tu, io sui tacchi non ci so proprio camminare…>>
Scosse la testa, perché sapeva già come sarebbe andata a finire. Avrebbe potuto finire sdraiata a terra a causa di quelle trappole mortali per piedi. Le sembrava di camminare in bilico lungo un manico di scopa, mantenendosi in equilibrio con le braccia. Nella sua testa, lo avrebbe preferito.
Lo avrebbe fatto, però. Lo stava facendo per lui, per Hale, per il ragazzo della foto. Lo conosceva dal primo anno di Hogwarts, ma a quel tempo, per lei, era solo un ragazzino come altri. Un Grifondoro vanitoso, esibizionista e stupido. Lui, però, era tutt’altro che questo. Era sincero, gentile, determinato e tremendamente testardo, un po’ come lei, ma lo capì solo successivamente. Fu costretta a stringere amicizia con lui dall’esasperazione, poiché lui non demordeva dal seguirla dappertutto, disposto a qualsiasi cosa pur di piacerle. Le sue attenzioni non le erano così indifferenti, ma non lo avrebbe mai ammesso apertamente, mai e poi mai. Da quel momento, però, l’amicizia divenne qualcosa di più.
Era stato lui a decidersi, a catapultarla in quella situazione che non avrebbe mai immaginato, a farle vivere quel fatidico giorno che credeva non sarebbe mai arrivato per lei.
Qualche mese prima, Hale le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva acconsentito. Il giorno del loro matrimonio era ormai arrivato: era il 17 agosto 1953. 

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Capitolo 2
*** Flashback ***


Sto per sposarmi e mi sento felice, avrei creduto di essere spaventata o confusa… anche se alla proposta lo ero, e tanto anche! Maledetto Hale, dichiararsi in quel modo, l’avrei ucciso!
In effetti, Augusta aveva ragione. Una sera di Aprile, precisamente il primo di Aprile, Hale era comparso sulla soglia della porta della sua casa, dicendo di aver qualcosa di molto importante da comunicare.
Augusta era appena tornato da un difficile incarico a Nocturne Alley e mancava di lucidità per la stanchezza accumulata durante la giornata. Malgrado ciò, lo fece entrare, credendo che la notizia fosse qualcosa di grave; tutto si sarebbe immaginata, tranne ciò che successe qualche attimo dopo.
Accadde tutto in un lampo, o almeno così lei lo ricordava. Vide Hale sfoggiare il migliore dei suoi sorrisi e parlare con tono serio e deciso. Lo vide prendere una minuscola scatoletta rossa dalla tasca destra della giacca, per poi afferrarle con gentilezza la mano ed inginocchiarsi di fronte a lei. Il suo sguardo si spostò sulla scatoletta, la quale si aprì automaticamente con la magia, mostrando un piccolo anello dorato con una piccola gemma incolore, ma scintillante anche alla fioca luce del fuoco che scoppiettava nel camino. Un diamante.
Spiazzata e stupita, guardò prima lui, poi l’anello e strabuzzò gli occhi per la sorpresa. Sentì distintamente il cuore martellare ad un ritmo accelerato e mosse le labbra nel tentativo di dire qualcosa, invano.
Fu in quel momento che lui pronunciò la frase decisiva e gli bastarono solo tre parole: “Augusta, vuoi sposarmi?”
I sospetti diventarono realtà, senza ombra di dubbio. Le stava chiedendo di sposarlo sul serio e non scherzava.
Sua madre, Dalia, che fino a quel momento era rimasta seduta sulla poltrona accanto al fuoco, osservando la scena con felicità malcelata, saltò in piedi sbattendo le mani e lanciando un gridolino emozionato.
Augusta avrebbe tanto voluto scoccarle un’occhiataccia, ma era troppo occupata a tenere la bocca spalancata, in cerca di un modo per uccidere Hale.
<< E’ uno scherzo, vero? >> boccheggiò Augusta senza parole e senza fiato.
Il malcapitato Hale, che scambiò l’espressione e le parole di stupore sul viso di Augusta per felicità, tentò di infilarle l’anello al dito, senza aspettare risposta, tanto era impaziente e carico di gioia. Fu, forse, un errore madornale.
A quel gesto, Augusta ritrasse la mano e si riscosse dalla confusione, assumendo un’espressione furente e autoritaria, allontanandolo.
<< HALE PACIOCK! COSA DIAVOLO TI SALTA IN MENTE! IO TI DISINTEGRO! >>
Neanche il tempo di rispondere, che il povero ex studente di Grifondoro si ritrovò scaraventato fuori con una fattura, vedendosi la porta chiusa in faccia con violenza.
Dalia, la quale aveva assistito a tutto quanto, rimase esterrefatta dalla reazione della figlia. Subito si avvicinò e la afferrò per il braccio con decisione.
<< AUGUSTA! >>
Il tono severo della madre non lasciava presagire niente di buono. Augusta si sentì subito in colpa per come aveva trattato Hale, ma di ammetterlo non se ne parlava proprio.
<< Ho esagerato? >> chiese Augusta con tono neutro.
<< Mi aspettavo una reazione un “tantino” diversa, lo ammetto, ma non c’era comunque bisogno di buttarlo fuori in quella maniera!  Mi aspetto che ti scusi domani stesso! >>
In fondo, lo sapeva che sarebbe finita così. Lo aveva già deciso dopo aver buttato il ragazzo fuori con molta malagrazia.
Le aveva fatto piacere, avrebbe voluto accettare la proposta, ma qualcosa glielo aveva impedito, qualcosa l’aveva bloccata. Forse era stata la presenza di sua madre, forse il gesto di Hale un po’ troppo affrettato, o forse ancora non sapeva semplicemente cosa fare o dire ed aveva reagito d’istinto.
L’indomani sarebbe andata a casa di Hale per scusarsi, ma non solo per quello. Gli avrebbe detto che avrebbe accettato di sposarlo, che ne era felice, che lo voleva al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni. Lui era l’unico che la capiva, che accettava il suo carattere anche se veniva trattato male, che continuava a tornare da lei malgrado ciò. Tutto questo per il semplice fatto che l’amava. Qualunque cosa fosse successa, lui era sempre stato là, sempre al suo fianco, pronto a proteggerla, a sostenerla, ad incoraggiarla. Sarebbe sempre stato il suo scudo e la sua spalla; avrebbe sempre offerto la sua spalla nel raro caso lei avesse avuto bisogno di conforto; si sarebbe sacrificato o avrebbe sacrificato i suoi obiettivi per far sì che i suoi si realizzassero.
Chiunque con un briciolo di buon senso avrebbe lasciato perdere subito, l’avrebbe abbandonata, lasciata da sola a combattere contro tutti gli innumerevoli ostacoli che si prospettavano lungo la sua strada.  Lui no, lui aveva abbandonato la ragione, o meglio, aveva deciso di accantonarla per lasciar spazio al suo sogno, lasciandosi guidare dai sentimenti. Non sembrava rimpiangerlo, al contrario, sembrava trarre forza dalla sua scelta, sfoderando sempre quell’allegro e caloroso sorriso, per il quale Augusta aveva nutrito sempre un debole.
Fu così che la mattina dopo il suo errore, Augusta percorse a passo svelto la stradina polverosa che portava alla dimora dei Paciock, per chiedere perdono e confessare ciò che aveva intenzione di dire già dopo la proposta di matrimonio, accantonando l’orgoglio per ciò che desiderava davvero e considerava giusto fare. Bussò alla robusta porta di legno, attese pazientemente sulla soglia, finché sentì un rumore di passi affrettati e veloci scendere lungo le scale per precipitarsi ad aprire. La figura di Hale comparve davanti e sul suo volto si poteva chiaramente vedere un’espressione mista tra lo stupore e la felicità.
<< Augusta, io…>> cominciò lui, iniziando a biascicare un tentativo di scuse per quanto era accaduto la sera precedente.
Augusta alzò una mano per zittirlo e sospirò, fingendo poi di sistemarsi la lunga gonna di un bel rosso vivo.
<< Hale >> iniziò lei con il suo tono duro e severo, - di essere gentile proprio non se ne parlava - << voglio dirti che accetto di sposarti. Ti chiedo scusa per la mia reazione improvvisa l’altra sera, sono stata colta di sorpresa, non succederà più. >>
A tradire il suo tono formale e rigido, però, furono le sue guance pallide, ora tinte di un rosso acceso, e le sue mani remavano leggermente per l’emozione.
Non poteva negare che, ogni tanto, aveva fantasticato su degli eventuali momenti romantici con Hale, tenerlo per mano, abbracciarlo e anche baciarlo. In quei momenti si dava della sciocca e si ripeteva che i suoi erano solo pensieri da ragazzina, fantasticherie inutile per una donna come lei, anche se una parte di lei desiderava moltissimo che si realizzassero. Su una cosa era abbastanza inflessibile, però, dovevano essere soli, completamente soli.
Hale, che ormai conosceva bene il carattere di Augusta, sorrise con affetto e si accarezzò i capelli biondi nella parte inferiore della testa, guardandola comprensivo.
<< Sei venuta qui per questo? Perché? Non c’era bisogno che ti scomodassi, sarei venuto io fra poco per scusarmi…>>
Il ragazzo, però, non riuscì a completare la frase, a causa di un evento talmente inaspettato da lasciarlo a bocca aperta. Eppure, Augusta lo aveva detto sul serio.
<< Perché ti amo, Hale! >>. Aveva esclamato Augusta, quasi senza pensarci.
Se ne vergognò subito dopo, arrossendo come mai aveva fatto in vita sua. Lasciarsi andare in quel modo, ma che le aveva preso? Non era quel genere di ragazza, di sicuro era stata colpa del nervosismo e dell’imbarazzo che già aveva addosso.
<< Io, ecco … volevo dire …>> balbettò, tentando di ricomporsi e di riacquisire il suo solito aspetto, invano.
Il ragazzo, di certo, non contribuì a migliorare le cose.
Su di giri, molto entusiasta di quelle parole, si avvicinò alla ragazza, fissandola insistentemente negli occhi castani con i suoi profondi occhi azzurri.
<< Ti amo anche io, Augusta. >> le disse, sorridendo. Un sorriso di felicità pura e spontanea, che avrebbe contagiato chiunque nel giro di un chilometro.
Augusta lo guardò un po’ stordita; tutte quelle emozioni estranee tutte d’un colpo non miglioravano le sue capacità riflessive e il suo autocontrollo. Gli ci vollero due minuti buoni per riprendersi e per rispondere a tono, tornando pian piano ad essere l’Augusta autoritaria e minacciosa di sempre.
<< Paciock, togli le mani da lì, o ti ritroverai la bacchetta magica su per là dove non batte il sole, chiaro?! >> disse, scandendo le parole con tono minaccioso e severo, anche se il gesto non le era dispiaciuto del tutto.
Hale, capendo che l’Augusta dolce e imbarazzata di poco prima era tornata quella di sempre, si affrettò a togliere le mani, nascondendole dietro la schiena.
<< Non so di cosa parli, io le mani le ho qua, vedi? >> rispose il giovane con fare scherzoso e allegro.
Augusta scosse la testa con aria rassegnata e sconfortata.
<< Sei un caso perso, Paciock! >> disse, spingendolo dentro casa e richiudendosi la porta alle spalle.
Hale, preso alla sprovvista, si chiese dove la ragazza volesse andare a parare. Non dovette attendere molto, prima di scoprire che cosa avesse in mente. Di certo, quello era il giorno più bello che gli era capitato e sicuramente ciò che stava accadendo non sarebbe successo per molto tempo, conoscendo il carattere della giovane.
Augusta lo aveva abbracciato di sua spontanea volontà, la testa poggiata contro il petto robusto e caldo di Hale e le braccia cinte attorno al suo corpo.
<< Se vuoi abbracciarmi, almeno fallo per bene e … soprattutto dove non ci vede nessuno…>> mormorò lei, imbarazzata e con lo sguardo fisso sulla camicia bianca del ragazzo.
Hale, riscuotendosi dalla sorpresa del gesto improvviso, la cinse per la vita e la convinse ad alzare il viso verso il suo. Le sorrise con dolcezza, portando una mano dalla vita alla sua guancia rossa e morbida, accarezzandola con dolcezza.
<< Credo che dovrò approfittare di questo momento, non credo ce ne saranno spesso, giusto? >> chiese lui con tono divertito.
<< Vedo che capisci al volo, Paciock! >> rispose lei, ma sorrideva timidamente mentre lo diceva.
Lui rise e si sporse in avanti verso il suo volto, prendendo le sue labbra tra le proprie, e la baciò con entusiasmo ed energia insieme. La strinse forte a sé, tenendola saldamente tra le braccia, sentendo premere il suo corpo contro di lui.
Augusta, spiazzata da quel bacio, rispose comunque a quell’invasione di sentimenti improvvisa. Riusciva a sentire ciò che lui provava per lei e sperava che lui riuscisse a captare lo stesso. I baci non erano proprio il suo forte.
A poco a poco il baciò si affievolì, lasciando spazio ad uno più dolce e lento, e infine solo le labbra continuavano a sfiorarsi.
Augusta, poi, prese Hale per la camicia e lo guardò dritto negli occhi con aria decisa e che non ammetteva repliche.
<< Se lo dici a qualcuno, non solo la bacchetta finirà laggiù, ma ti affatturerò così tanto che vorrai desiderare affrontare un esercito di draghi, piuttosto di me! Sono stata chiara? >> disse con tono aggressivo e molto, molto convincente.
Il giovane Grifondoro, ben sapendo che era meglio non ribattere, annuì con la testa, sussurrando un fievole sì.
Lei, soddisfatta dalla sua risposta e dalla sua intimidazione, si sciolse dal suo abbraccio e lasciò che il suo apparire tornasse quello di sempre.
<< Devo tornare, mia madre starà sicuramente aspettando il mio ritorno e vorrà sapere cosa è successo. Non una parola su tu-sai-cosa. Ci vediamo, Hale. >>
<< Tutto chiaro, a presto, Augusta. Ci vedremo presto per organizzare tutto. >>
La ragazza annuì e torno a passo calmo e sicuro verso casa sua, reprimendo a stento un sorriso, che sfoggiò appena sparì alla vista del ragazzo. 

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Capitolo 3
*** Cerimonia e festa ***


Tutto sommato, non è un brutto ricordo, o almeno credo…
Si accorse che il tempo era passato molto più velocemente di quanto avesse sperato. Era stata talmente assorta nei suoi ricordi, da non aver fatto caso che ormai mancavano dieci minuti scarsi all’inizio della cerimonia.
In quel momento Dalia, sua madre, entrò nella stanza e si diresse verso di lei con un cofanetto di legno, il quale conteneva la spilla per capelli, la quale era stata indossata dalla nonna di Augusta al suo matrimonio, e da Dalia il giorno del suo. Era una farfalla d’oro, con le ali colorate di rosso e arancione.
<< Mamma, non posso indossare quella! >> protestò lei debolmente, sapendo quanto sua madre fosse affezionata a quell’oggetto raffinato e prezioso.
Sua madre la ignorò e la sistemo con cura tra i suoi capelli castani, pettinandoli in una crocchia da un lato, lasciando che una parte di essi scivolasse sulla sua spalla.
<< Sei splendida, Augusta… >> disse Dalia, gli occhi traboccanti di lacrime per la commozione.
<< Vorrei che tuo padre potesse vederti con la mia spilla. Sarebbe fiero di te, Hale gli piaceva tanto… e …e…>>
Non riuscì a continuare. La sua voce era rotta dal pianto per la gioia e per i ricordi permanenti e malinconici, ancora dolorosi dopo tanto tempo. C’erano sempre ferite che restavano aperte nel corso degli anni, che neanche lo scorrere del tempo poteva risanare.
Augusta non pianse, anche se il ricordo di suo padre fece vacillare la sua espressione fiera e forte. Si avvicinò alla madre e la abbracciò stretta con tutto l’affetto e la gratitudine, che provava verso di lei. Era lei che doveva ringraziare per essere diventata la donna fiera e forte che era: lei l’aveva cresciuta anche dopo la morte di suo padre, con una forza d’animo davvero notevole, che nessuno avrebbe mai immaginato potesse avere.
<< Lui sarà sempre orgoglioso di noi, mamma. Grazie di tutto quello che hai fatto per me, ti vorrò sempre bene. >>
Augusta sapeva di non aver dato alla voce il tono che voleva, ma sua madre capì lo stesso come si sentisse e cosa volesse dire. Non c’era bisogno di spiegazioni tra loro.
 Sorrise alla figlia e le accarezzò il viso con fare materno.
<< E’ ora di andare, piccola mia… >>
Era vero, stava per cominciare il giorno che avrebbe legato per sempre Hale, il suo Hale, a lei.
Si avviò verso la porta, con sua madre al fianco, e sparì oltre la soglia, diretta verso l’ingresso della chiesa. Al di là di quella porta, in fondo al corridoio, il suo futuro sposo la aspettava con trepidazione.
Le campane suonarono e lei capì che quello era il segnale che la invitava ad entrare. Fece un passo sul lungo tappeto rosso, che si protraeva fino all’altare, e cominciò a camminare nel mezzo, tra le due file di panche gremite di persone, tutte indaffarate a sporgere al testa per guardarla.
In fondo, vestito con un elegantissimo abito nero, con sotto una camicia bianca, Hale le stava sorridendo: non stava male con quel completo, con il fazzoletto color crema nel taschino e la spilla dorata all’altezza del petto.
Abbozzò un sorriso, che solo quell’elegante ragazzo potè vedere, inginocchiandosi accanto a lui sull’altare.
 
 
 
Le cerimonia si stava protraendo per troppo tempo, secondo i gusti di Augusta, la quale non vedeva l’ora che finisse. Tutti quegli occhi alle spalle sue e di Hale la mettevano a disagio.
Per suo fortuna, Hale era un uomo comprensivo e, al momento della fatidica domanda, le riportò l’attenzione sul prete, con un impercettibile movimento del braccio.
Non glielo avrebbe detto mai, probabilmente, ma gliene fu molto grata. Prima di rispondere, guardò Hale e sorrise, - era il loro matrimonio, per Godric! Poteva permetterselo! -, per poi guardare attentamente l’uomo che le stava di fronte.
<< Sì, lo voglio. >> rispose tranquilla, sentendo sia i mormorii, sia le esclamazioni eccitate, provocate dalla sua risposta. 
La stessa domanda fu fatta ad Hale e la stessa risposta fuoriuscì dalle sue labbra: << Sì, lo voglio. >>
Fu allora che grida festanti, fischi e risate scoppiarono in un attimo, stordendo all’istante la povera Augusta, non abituata a tanto chiasso e allegria. Infatti, sentì a malapena il prete dire che lo sposo poteva baciare la sposa, desiderando ardentemente di aver capito male: doveva proprio baciare il ragazzo pubblicamente?
Era decisamente più allettante l’idea di combattere da sola contro un intero gruppo di maghi oscuri.
Cercò aiuto negli occhi di Hale, ma lui era totalmente tranquillo, e le si era avvicinato, prendendola per i fianchi. Da quella distanza, potevano sentirsi solo loro due.
<< Se proprio devi, fa che sia rapido, Paciock! >> borbottò Augusta a labbra strette, con l’imbarazzo che le aveva imporporato le guance.
Il ragazzo rise e avvicinò il volto al suo viso, baciandola rapidamente, ma dolcemente, sulle labbra, soffermandocisi solo per un istante. Lentamente si allontanò dal suo viso, voltandosi verso la folla ancora più festosa e chiassosa, sorridendo a tutti i presenti.
Augusta, che non era fatta per quel genere di cose, - atti osceni in luogo pubblico, ecco cos’erano per lei -, sentì il sangue farsi più caldo e tingerle la pelle, facendo prendere il sopravvento all’imbarazzo. Camminò a capo chino tra la fila di panche, nascondendo lo sguardo fino a trovarsi al di fuori dell’edificio. Ovviamente, nessuno si aspettava di vederla sciolta e allegra come lo era l’uomo che le camminava di fianco.
In quel momento invidiava veramente Hale: se c’era qualcosa in cui lui era migliore di lei, era proprio il suo manifestare le emozioni con sincerità e tranquillità, a volte anche fin troppo ingenuamente.
Lui era ciò che la completava: era il tassello mancante del suo carattere. Ciò che lei non riusciva ad essere, lo era lui; e viceversa.
Non poteva desiderare di meglio, se non un uomo che l’apprezzasse per come era, pronto a sostenerla nei momenti difficili e tenerla allegra in qualunque momento con la sua simpatia. Voleva averlo al suo fianco per tutto il tempo che la vita avrebbe concesso loro. Avrebbe amato tutti i lati nascosti che lei stessa ignorava, e lei avrebbe amato i suoi. Sarebbero stati fedeli l’un l’altro per tutta la vita.
 
 
Quel giorno fu un susseguirsi di danze, giochi e cibo a non finire, talmente gioioso, che Augusta non credeva ne avrebbe vissuto un altro così.
Quando Hale la invitò galantemente a ballare, le sembrò comportarsi da vero uomo e cavaliere, guidando il ballo in modo tale da nascondere la goffaggine della ragazza, che proprio non riusciva a sopportare i tacchi.
Per fortuna, gli invitati erano numerosi e nessuno fece caso a loro nella confusione dei festeggiamenti. Rimasero a bordo pista a ballare lentamente, indisturbati e tranquilli, per poi filare via dalla folla festante, in modo da avere un po’ di privacy e tranquillità, da soli.
<< Paciock, non ti aspetterai mica altre sdolcinatezze da me, vero? >> lo aggredì Augusta, non appena misero piede nel salotto della casa di Hale.
Il povero ragazzo sussultò, preso alla sprovvista da quell’attacco improvviso.
<< Beh…credo che essere stati al centro dell’attenzione per tutto il tempo sia abbastanza anche per me, non credi? >> rispose lui, cadendo di peso sul divano, seduto.
La ragazza annuì e fisso un punto indeterminato al di fuori della finestra, dove le luci della festa si facevano più fievoli mano a mano che il tempo scorreva.
<< Credo che penseranno mia madre e i tuoi genitori a salutare gli invitati per noi…direi che ora possiamo andare a let- >>.
Si bloccò prima di finire la frase, come se la verità l’avesse colta di sorpresa, schiaffeggiandola duramente.
Erano soli. Loro due. Nella casa di Hale.
Il ragionamento era stato facile e rapido, abbastanza per permettere ad Augusta di assumere un colorito rosso accesso e un’espressione arrabbiata e imbronciata.
<< N-non ti a-aspetterai mica…che dormiamo insieme, vero, PACIOCK!? Non ti aspetterai quella cosa…come la chiamano i Babbani? Luna di miele? >>
Le parole le uscirono fuori di bocca come un ringhio, il quale fece intimidire il pacifico ragazzo, che si era rintanato sul bracciolo del divano, vedendo Augusta avanzare minacciosa, con il dito puntato verso di lui.
<< TE LO PUOI SCORDARE, CHIARO? >>, e senza aspettare risposta, filò via nella stanza degli ospiti di casa Paciock. I loro genitori avevano insistito nel lasciarli soli in una delle loro case, ma non avevano parlato di farli dormire insieme.
Dopo aver sbattuto con violenza la porta della stanza, Augusta cominciò a cambiarsi per la notte, chiedendosi il motivo di tanta agitazione.
Di cosa doveva avere paura? Lei stessa non lo sapeva.
Sentì la porta di fronte alla sua aprirsi, per poi chiudersi con un lieve rumore, indicando che Hale stava per coricarsi.
La ragazza si sedette sul letto, con le mani intrecciata sul grembo, a pensare ai momenti passati poco prima.
Era forse stata troppo dura con lui? Aveva esagerato nel reagire in maniera così violenta e intimidatoria?
Si morse un labbro, sapendo già in anticipo la risposta a quelle domande. Forse non avrebbe dovuto essere così spaventata, forse doveva solo fidarsi più di Hale. Lui era gentile e calmo, non l’avrebbe mai sfiorata senza il suo permesso.
Si alzò dal letto con uno scatto e si diresse verso la stanza del ragazzo, bussando con energia, decisa ad affrontare la sua paura.
Non passò molto prima che Hale le aprisse, e prima che potesse parlare, lei lo zittì con un dito.
<< Lasciami parlare, Hale >>, l’uso del nome era già un netto miglioramento per il temperamento di Augusta, << poco fa, ero spaventata…e ho reagito male, d’impulso. Ecco, quello che cerco di dire…è che magari possiamo fare un tentativo. >>
La voce era ferma, ma il suo corpo era scosso da un tremolio leggero. In fondo, le paure sono i nemici più difficili da sconfiggere.
Il ragazzo sfoggiò il suo sorriso più gentile e i spostò di lato, invitandola ad entrare.
<< Sono anni che ti conosco, mi aspettavo una reazione del genere. Ci sono abituato, ecco! >>, disse lui, facendo spallucce e ridendo allegramente.
Augusta parve leggermente più rilassata e entrò nella sua stanza, osservando il letto ampio e spazioso, abbastanza grande per due persone.
Hale chiuse la porta alle sue spalle e la fece accomodare su di esso, sedendosi di fianco a lei.
<< Va tutto bene, se vuoi metto una linea da non oltrepassare! >>, scherzò il ragazzo, capace di trovare l’umorismo in qualsiasi momento.
Quell’affermazione fece sorridere Augusta, che si voltò verso di lui.
<< Non serve, mi fido di te. >>
Detto ciò, entrambi si sdraiarono nel letto, con le palpebre pesanti per la stanchezza per la giornata intensa e piena di emozioni.
Lei gli permise di abbracciarla: dormire tra le sue braccia di certo non l’avrebbe uccisa, o almeno così sperava. Il cuore che batteva forte nel petto, tradiva la sua finta indifferenza.
Quando fu certa che Hale dormisse, gli sfiorò le labbra con le sue e osservò i suoi capelli assumere un riflesso argentato alla luce della luna, che filtrava attraverso la finestra. Si strinse più al suo petto, insinuandosi tra le sue braccia robuste.
Era più facile agire mentre non la osservava, ma la bocca di Hale era storta in un sorriso, quasi consapevole nel sonno di ciò che era accaduto.

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