Twins.

di vivereneilibri
(/viewuser.php?uid=475727)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo capitolo. ***
Capitolo 2: *** Secondo capitolo. ***
Capitolo 3: *** Terzo capitolo. ***



Capitolo 1
*** Primo capitolo. ***


Image and
video hosting by TinyPic


Improvvisamente spuntarono due grandi ali nere dietro la sua schiena, la ragazza barcollò e cadde rumorosamente a terra.

Eileen aveva già visto quelle ali anche troppe volte, ma era sempre presa da dei fastidiotissimi giramenti di testa.

- Eileen? - il ragazzo dalle grandi ali nere le si avvicinò scuotendola.

Era un angelo bianco e non poteva assolutamente provare tutto ciò per un angelo delle tenembre, si disse la ragazza.

Il cuore le batteva all'impazzita e si senteva stranamente protetta tra sue braccia.

- Eileen? - la richiamò di nuovo il ragazzo, spostandole i capelli dal viso. - Hai paura di me? -

Scosse la testa e si rialzò velocemente sistemandosi la gonna bianca.

Come poteva aver paura di lui? Pensò. Sì,era un angelo delle tenebre,ma i suoi occhi azzurri le facevano pensare che fosse il contrario.

- Scusami,Luke.- si guardò intorno – Non so cosa mi sia preso.-

In realtà sapeva benissimo perchè gli succedeva : Non riusciva ad accettare il fatto che lui fosse un suo 'nemico', che fosse dalla parte oscura. Odiava le sue ali nere e avrebbe preferito che fossero bianche, per permettere ai propri sentimenti di uscire fuori.

''Gli angeli delle tenebre non prova ciò che proviamo noi, piccola Eileen. Loro non amano,loro distruggono.'' le aveva detto sua zia.''Non fare il mio stesso sbaglio, non innammorarti mai di uno di loro, tutto ciò ti farebbe soltanto del male.''

Sono intrappolata, pensò.

Come ho potuto innammorarmi di lui?




Richiusi il libro che tenevo fra le mani e infilai il segnalibro al suo interno.

Mi voltai verso finestra con il rumore della pioggia nelle orecchie.

«Piove ancora.» dissi in un sussurro rialzandomi dalla sedia.

Mentre posavo il libro sulla scrivania sentii il telefonio vibrare. Lo estrassi dalla tasca e lessi.


Da: Jennifer.

Che fai?


Sorrisi dolcemente e corsi al piano di sotto con il giubotto fra le dita.

«Mamma,esco.» le dissi mentre mi chiudevo la chiusura lampo del giubotto.

Lei si girò con un piatto e una spugnetta in mano bagnata. «Con questo tempo?»

«Si,è per Jennifer.» dissi prendendo l'ombrello.

Ero sicura che se mi avrebbe visto con quello in mano mi avrebbe detto di sì.

«Capisco,vuoi che ti accompagno?» posò il piatto accanto agli altri procurando il rumore che fanno quando due di quelli si 'scontrano'.

Scossi la testa e uscii di casa.

Rabbrividii non appena la mia pelle – riscaldata dal camino in cui risiedevo pochi minuti prima – incontrò il vento freddo.

Misi il cappello e aprii l'ombrello iniziando a camminare tra le pozzanghere sul terreno.

L'ospedale in cui era ricoverata Jennifer non era molto lontano da casa mia, ma visto che era a piedi ci avrei messo molto di più.

Si trovava lì da sì e no cinque giorni e quella era la prima volta che venivo da lei siccome all'inizio accettavano soltano i famigliari e io ero solamente la sua migliore amica.

Tramite telefono mi aveva detto che era caduta dalla moto facendo una curva piuttosto larga e che si era rotta il braccio sinistro e la gamba destra. Tipico di Jennifer.


Image and video hosting by
TinyPic


Dopo un'ora passata ad ascoltare Ellie Goulding tra le strade scivolose e la pioggia continua , arrivai davanti a quell'edificio dipinto di grigio. Feci una smorfia, 'Mette tristezza' pensai.

Sospirai ed aprii la porta che scricchiolò facendomi pensare al film horror che avevo visto pochi giorni prima. Le pareti, al suo interno, erano bianche e azzurre, mentre i pavimenti erano bianchi con macchie nere.

Mi guardai intorno in cerca di qualcuno a cui chiedere un'informazione.

Da una porta che si trovava alla mia sinistra uscì una ragazza vestita di bianco con una targhetta poco sopra il seno. Sorrisi e mi avvicinai chiamandola gentilmente.

«Mi scusi,posso chiedere a lei?» abbassai lo sguardo verso la sua targhetta per leggere il nome. «Sophie?»

La donna, che dimostrava di avere all'incirca trentadue anni annuì lentamente.

«Sa dirmi in quale piano e stanza si trova Jennifer Cooper?»

«Certamente, aspetti un secondo.» disse per poi allontanarsi verso una vecchia scrivania. Sophie aprì un cassetto ed estrasse un quaderno.

«Jennifer Cooper?» disse mentre lo sfogliava.

«Sì.»

Iniziò a scorrere il dito sulla pagina, e dopo una decina di secondi lo richiuse soddisfatta.

«Il piano è il numero cinque, perciò le consiglio l'ascensore, invece la stanza è la numero sei.» disse sfoggiando un grande sorriso.

Annuii ringraziandola e mi avvicinai all'ascensore in fondo alla stanza. L'edificio era piuttosto vuoto a causa del tempo, perciò non tardò ad arrivare.

Non appena si aprì, entrai al suo interno e spinsi il bottone numero cinque. Mi guardai intorno e mi accorsi della presenza di una specchio alla mia destra, mi voltai e feci una smorfia non appena vidi il mio riflesso : i capelli erano messi ai lati delle spalle in due trecce disordinate, il taglio che mi ero procurata alla guancia sinistra era orribile, e il cappellino che portavo sul capo mi faceva sembrare ancora più piccola di quanto sembravo.

Le ante dell'ascensore si dilatarono e uscii velocemente.

Mi sistemai il cappello e cominciai a contare le stanze che mi capitavano davanti.


'1' '2' '3' '4' '5' '6'


Sorrisi ed entrai.

La stanza era abbastanza grande e comprendeva quattro letti, il terzo era quello di Jennifer.

Jennifer si girò verso di me, e non appena si accorse della mia presenza sfoggiò un grande sorriso di sorpresa.

«Kayla! Quando ti chiedo 'Che fai?' non significa che devi venire fin qui con questo tempaccio.» scoppiò a ridere.

Le sorrisi e improvvisamente sentii tutti gli occhi puntati su di me.

«Jennifer,non fartela scappare eh, si vede che è una brava ragazza se è venuta fino a qui con questo tempo!» le suggerì un signore che si trovava disteso sul primo letto, portava gli occhiali da lettura e teneva fra le mani un libro bianco con su scritto 'Leggi che ti passa'.

«E' la mia migliore amica.» annuì.

Sentii un rumore provenire alla mia destra e mi voltai di scatto : Un libro era appena caduto dalle mani di un ragazzo. Alzai lo sguardo su di lui e notai che anche lui aveva un gamba rotta come Jennifer.

Mi avvicinai al suo letto e raccolsi il libro per poi resistuirglielo.

«Tieni.» gli rivolsi un dolce sorriso.

I suoi capelli erano di un marroncino chiaro che tendevano sul biondo e i suoi occhi, dietro gli occhiali, erano color nocciola.

Il ragazzo si passo lentamente la lingua sul labbro inferiore facendomi rabbrividire.

«Grazie.» inclinò un lato della bocca in un sorriso.

«Di nulla.»

Spostai lo sguardo verso Jennifer e andai verso di lei.

«Sono così contenta di vederti.» disse facendomi segno di sedersi accanto a lei.

Come mi aveva raccontato per telefono, aveva il braccio sinistro e la gamba destra rotta perciò feci attenzione mentre mi sedevo.

«Anche io. Come va?» le dissi sorridendo.

«Mmh,bene dai.» aggrottò le sopracciglia non appena i suoi occhi si soffermarono su taglio della mia guancia. «E qui cosa ti sei fatta?» passò una mano su di esso.

«S-sono caduta.»

Scoppiò a ridere. «Sei una buffona,Kayla.»

Risi anche io e sentii di nuovo il peso di due occhi che mi scrutavano. Mi girai verso il lettino del ragazzo, che non appena si accorse che lo stavo guardando anche io, fece finta che guardare tutt'altro.

«Sembra un angelo bianco.» sussurai debolmente con lo sguardo ancora fisso su di lui.

«Un cosa?» mi chiese Jennifer, ma io non risposi. «Kayla? Terra chiama Kayla.»

Scossi la testa e rivolsi la mia attenzione verso di lei. «S-scusa,mi ero distratta.»

«Me ne sono accorta. Carino il ragazzo,vero?» fece un sorriso malizioso.

«Quale ragazzo?»

Jennifer scoppiò a ridere. «Lo sai benissimo.» disse buttando la testa verso il suo letto. «Si chiama Justin.»

Guardai prima Jennifer e poi Justin. «Quindi hai parlato con lui?»

«Giusto due parole, ma ho sentito un'infermiera chiamarlo così.»

«Capisco.»

Iniziai a frugare nelle tasche in cerca di qualche spicciolo.

«Quel taglio ti dà un'aria ribelle.» inclinò il capo.

Mi bloccai di colpo. «Veramente?»

«Sì.» annuì sorridendo.

Tirai fuori dalla tasca cinquanta centesimi.

«Ci sono le macchinette fuori?» gli chiesi mentre mi alzavo.

«Sì. appena esci da questa stanza le trovi in fondo a sinistra.» disse indicando la porta.

«Vuoi qualcosa?»

«Mmh,sì,una bottiglia di acqua.»

«Perfetto,va a prenderla.» sorrisi e uscii dalla stanza.

Rivolsi un'occhiatina dalla finestra e notai che pioveva ancora, il tutto era diventato un temporale. Come ci torno a casa adesso? La situazione è peggiorata. Pensai.

Camminai lungo il corridoio e finalmente trovai le macchinette.

Mmh,vediamo...acqua,acqua...eccola!

Infilai i soldi e digitai il numero che gli corrispondeva.


Avevo passato due minuti a fissare la macchinetta.

«Hey,stronza,dammi la mia acqua!» gli tirai un calcio. «Cazzo,mi serve l'acqua!»

Sbuffai innervosita.

Di colpo sentii un respiro sul collo. «Piccola,forse dovresti spingere il tasto 'ok' altrimenti non ti da un bel niente,sai?» disse un ragazzo alle mie spalle.

Sobbalzai e mi voltai verso di lui.

«Oh.» sentii le guance andarmi a fuoco.

Il ragazzo sorrise mordendosi le labbra e scomparve dietro l'angolo.

Scossi la testa e spinsi il tasto 'ok'. Con un forte 'tonf' l'acqua cadde e infilai la mano per prenderla.

Sospirai e focalizzai  l'immagine del ragazzo che avevo visto pochi secondi prima. Mi sembra di averlo già visto, pensai.

Feci due passi e mi bloccai di colpo.

Justin.

Due goccie d'acqua, se non fosse per i capelli e per gli occhi.

Si poteva dire che uno assomigliasse ad un'angelo delle tenembre e l'altro ad un angelo bianco, pensai.

Jennifer aveva ragione, leggevo troppi fantasy.




Image and
video hosting by TinyPic



Salve a tutti, questo è il primo capitolo della mia seconda

FanFiction c: , l'inizio è piuttosto noioso e il

capitolo è uscito corto ma prometto che farò

di meglio con il prossimo.

Mi scuso per gli errori e mi farebbe piacere ricevere

qualche recensione. Vi andrebbe di farmi sapere

cosa ne pensate?

Vi ringrazio in anticipo!

-Giulia.

Justin :



Image and video
hosting by TinyPic



Il secondo ragazzo :


Image and
video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Secondo capitolo. ***


Due goccie d'acqua, se non fosse per la differenza del colore dei capelli e degli occhi.

Si poteva dire che uno assomigliasse ad un'angelo delle tenembre e l'altro ad un angelo bianco.


Scossi il capo e con passo svelto tornai nella stanza numero sei. Le trecce mi dondolavano buffamente ai lati delle spalle, dandomi un'aria ancora più divertente del solito e le infermiere di turno che 'viaggiavano' avanti ed indietro per il corridoio mi scrutavano aggrottando le sopracciglia.

Mi guardai attorno e non appena la individuai, entrai nella stanza. Jennifer mi rivolse un debole sorriso, come se stesse per addormentarsi da un momento all'altro e le indicai la bottiglia. Lei annuì con il capo ed entrai 'definitivamente'.

Non appena i miei occhi incontrarono quelli di Justin e del ragazzo che avevo visto pochi secondi prima in corridoio, mi irrigidii e la bottiglia scivolò facilmente dalle mie mani.

In quel momento le differenze che li distinguevano erano piuttosto evidenti, siccome erano messi uno accanto all'altro. Il ragazzo accanto a Justin aveva i capelli neri e gli occhi marroni, cosa che faceva risaltare i suoi abiti altrattanto scuri. La sua espressione era di puro divertimento e teneva un lato della bocca incurvato in un mezzo sorriso.

Un classico, dissi tra me e me ripensando ai ragazzi che giravano per le strade di New York.

L'altro ragazzo, Justin, aveva i capelli marroni, che tendevano verso il biondo. I suoi occhi, più o meno nascosti dagli occhi, erano di color nocciola e, a differenza dell'altro, aveva le labbra carnose.

Chiaramente imbarazzata, mi abbassai a raccogliere la bottiglia da terra ma evidentemente qualcuno mi aveva preceduto. Alzai il capo, confusa.

Il ragazzo che avevo incontrato nel corridoio nascose la bottiglia dietro la schiena e mi porse la mano destra. «Piacere, Jason Bieber.»

Lo fissai mentre inclinavo inconsapevolmente la testa.

«Avanti, non mordo bella.» fece 'balzare' le sopracciglia, per incintarmi a stringergli la mano, e così feci. «Kayla Gray.» dissi forzando la presa.

Jason si spostò. «Lui è mio fratello gemello: Justin.» indicò il letto del ragazzo.

Annuii lentamente e mi avvinai tendendogli la mano. «Piacere Justin.»

Justin mi guardò per un lasso di secondo e poi strinse la mano. «P-piacere mio.»

Era leggermente rosso in viso, e il modo in cui si aggiustava gli occhiali sul naso lo rendeva piuttosto tenero. Gli rivolsi un sorriso e mi voltai nuovamente verso il fratello, Mister Oscurità.

«La mia bottiglia.» tesi la mano verso di lui. «Per favore.»

Il ragazzo si guardò intorno. «Certo, adesso puoi prenderla.» alzò un sopracciglio.

Come sarebbe a dire 'adesso puoi prenderla' ?

Con un gesto veloce si passò la mano fra i capelli tirati verso l'alto e tirò la bottiglia da dietro la schiena. Iniziò a rigirarsela fra le mani, ma la presi al volto non appena la lanciò in aria, diretta verso la sua mano sinistra. Sembrava sorpreso e piuttosto infastidito.

«Grazie.» dissi mentre mi aggiustavo il cappello. Il ragazzo non rispose ma si limitò ad osservarmi con un sopraccoglio alzato e la bocca leggermente aperta mentre mi avvicinavo al letto di Jennifer.

Dalla sua espressione facciale si poteva capire che era chiaramente divertita e che tratteneva una leggera risata. Mi fece segno di sedermi mentre si portava i capelli biondi dietro l'orecchio.

«Ecco a te.» dissi mentre gli porgevo la bottiglietta di acqua. «Scusami per il ritardo...» rivolsi uno sguardo veloce ai due gemelli che parlavano tra di loro.

Jennifer ridacchiò portandosi il capo all'indietro. «Scommetto che non hai neanche notato in che modo ti guardava Justin.» sorrise.


Justin


Finalmente avevo convinto mio fratello ad aiutarmi con una semplice passeggiata per il corridoio dell'opedale. Le gambe iniziavano a farmi male sopra quel lettino e con il suo aiuto riuscivo a camminare anche con una gamba rotta.

«Justin.» si fermò di colpo e cominciò ad osservarmi mentre mi tirava i capelli all'insù.

Non volevo che lo facesse.

«Smettila, per favore.» scossi la testa.

Sul suo volto comparve un ghigno divertito. «Staresti meglio con i capelli alzati, come i miei.» si indicò.

Scossi il capo ancora una volta. «Non voglio.»

In realtà non ero sicuro di sapere il perchè non lo volessi, o forse sì. Mio fratello era praticamente l'opposto di me caratterialmente parlando: Lui amava il basket, il nero, fare impazzire le ragazze e ciò che mi infastidiva di più era il modo in cui le feriva.

'Una botta e via' diceva ogni volta. Gli volevo bene e questo era certo, ma il modo in cui si divertiva non mi piaceva affatto, il sesso non era tutto, ma questo non l'aveva ancora capito. Io ero sempre stato sempre quello debole, quello che non riusciva a parlare con una ragazza senza balbettare. Mio fratello voleva farmi diventare come lui, voleva avere un fratello figo come lui, ma io non ero così.

«Perchè non provi a vestirsi decentemente?» fece una smorfia. «Questi maglioni da sfigato sono orribili.» disse mentre tirava il tessuto con la punta delle dita.

«Jason, non mi importa di ciò che pensi tu.» gli sorrisi «Non cercare di cambiarmi.»

Sembrò non fare caso all'ultima parte. «Non mi arrendo. Ah, togliti un attimo gli occhiali.» disse mentre si sistemava la giacca nera.

«Perchè?» aggrottai le sopracciglia.

Senza gli occhiali non vedevo molto bene, che senso aveva farmeli togliere? Voleva che cadessi ancora una volta?

«Mmh, tu fallo e basta.» roteò gli occhi, evidentemente scocciato.

Tolsi gli occhiali e iniziai a sbattere le palpebre più volte. «Non ci vedo un cazzo.» mi lamentai.

Jason scoppiò in una risata. «Rimettiteli, non ho speranza con te.»

Riappoggiai gli occhiali sul naso e sospirai.

Pensava che sarei andato in giro senza occhiali? Non ci vedevo bene, sarei risultato ancora più imbranato di quanto non sembrassi già.

Dalla porta di una sala operatoria uscì un'infermiera che, dal suo fisico, si poteva dedurre che avesse ventidue anni, se non più.

Mentre camminava battendo i tacchi a terra, scivolò. Di colpo non sentii più la presenza del braccio di mio fratello che mi aiutava, mi sbilanciai e afferrai la maniglia di una delle tante porte dell'ospedale per cercare di rimanere in piedi. Riaprii gli occhi – che precedentemente avevo chiuso per istinto ̶ e vidi l'infermiera tra le braccia di Jason.

Scossi la testa e roteai gli occhi.

«Hey, dovresti stare più attenta.» si passò la lingua sulle labbra e contemporaneamente gli fece l'occhiolino.

Lei gli sorrise e con un semplice gesto gli infilò un bigliettino nella tasca dei pantaloni. Jason ricambiò il sorriso e la lasciò andare.

Sbuffai. «È mai possibile che devi flirtare ogni singolo momento della tua vita?»

«Che ci vuoi fare, loro mi amano.» sorrise maliziosamente

«Stai qui da quindici minuti e già hai flirtato con quella ragazza, Kayla, e questa infermiera.»

Lui fece spallucce e mi aiutò a camminare, senza la mano sulla maniglia. «Era carina, mi ispirava e poi quell'infermiera era terribilmente sexy.»

Cominciai ad innervosirmi, le ragazze non sono soltanto questo. Kayla sembrava una persona interessante, a dire il vero mi incuriosiva moltissimo e al solo pensiero che mio fratello la potesse ferire in qualche modo mi dava enormemente fastidio. In realtà sapevo già il suo nome prima che me lo dicesse, e non era la prima volta che la vedevo. Evidentemente lei non aveva mai fatto caso alla mia presenza, ma l'avevo notata molte volte sulle panchine di un parco mentre leggeva. Venivo molto spesso a prendere qualcosa nell'alimentari che si trovava proprio lì vicino, e il modo in cui teneva il libro tra le mani mi faceva pensare che le piacesse così tanto da volerci vivere dentro. I suoi capelli, raccolti in due trecce disordinate, la facevano apparire delicata tanto quanto buffa. Non potevo sicuramente definirla 'sexy', per quanto potesse sembrare stupido, per lei mi sembrava un'offesa. Era semplicemente bellissima.


Kayla


«Cosa ne dici se rimango con te questa notte?» gli proposi mentre gli versavo un po' di acqua nel bicchiere.

Lei scosse la testa. «No, non mi sembra giusto. Non dormiresti per niente, staresti scomoda e abbiamo soltanto una sedia.» prese il bicchiere d'acqua e lo bevve.

«Non devi preoccuparti per me, ho dormito abbastanza ieri notte.» sorrisi e tirai fuori il telefono dalla tasca dei miei pantaloni.

«Non - » non le lasciai il tempo di parlare che avevo già composto il numero di mia madre.

Uno squillo. Due sguilli. Tre squilli.


«Pronto? Kayla?» la sua voce era calma e serena.

«Mamma, sono io.»

«Oh, dimmi, c'è qualcosa che non va?»

«No no, è che mi piacerebbe passare la notte con Jennifer.»

«Mmh, Kayla non lo so.»

«Ti prego mamma, la voglio aiutare.»

«Va bene, ma non fare pasticci»

«Non ho più dodici anni, sono responsabile.»

«Ti credo tesoro, ma come sta Jennifer?»

«Porta il gesso al braccio sinistro ed alla gamba destra.»

«Me la saluti?»

«Certo, ciao mamma.»

«Ciao.»


«Ti saluta mia madre.» infilai il telefono nella tasca.

«Non posso crederci, tua madre ha detto veramente di si?» spalancò gli occhi.

«Si.» annuii contemporaneamente mentre riposavo il bicchiere di Jennifer, accanto alla bottiglietta di acqua.

«Sei sicura? Non è un bello spettacolo sentire Robert russare, io ti ho avvertita.» sorrise spostandosi i biondi capelli dalla fronte.

«Chi è Robert?» trattenni una risata.

Lei mi indicò un signore piuttosto anziano che si era addormentato con un libro sulla faccia.

«Per ora non russa.» feci spallucce.

«Per ora Kayla, per ora.» Scoppiamo entrambe a ridere.



Four hours later


Le era stata affidata la stessa persona di quel ragazzo. Lei aveva il compito di aiutarla a essere felice, e lui, lo stesso ragazzo che amava con tutta se stessa, doveva procurarle del dolore. La ragazza su cui doveva vegliare si chiamava Ray e aveva diciassette anni, più o meno come lei. In quel momento si trovava immersa nei suoi movimenti mentre dipingeva il paesaggio che la circondava, fuori dalla finestra.

Luke la osservava con la testa poggiata sulle mani, chiuse in un pugno. La luce che usciva dalla finestra, puntava proprio verso i suoi occhi azzurri, tutto ciò che Eileen, fino a quel momento, stava guardando. Il ragazzo spostò velocemente lo sguardo su di lei e inclinò i lati della bocca in un semplice sorriso.

Eileen odiava tutto ciò, odiava essersi innammorata perdutamente di un'angelo delle tenembre e di più, odiava esserne stata avvertita ancor prima. Non sopportava di essere contro di lui e non poteva cambiare nulla. Gli angeli delle tenembre erano in conflitto con gli angeli come lei, con gli angeli bianchi, ormai da troppo tempo e lei non era nessuno per fermare tutto ciò. Eppure non riusciva a vederlo come un nemico.

- A cosa stai pensando?- le chiese il ragazzo dagli occhi azzurri.

Eileen diede un'occhiatina furtiva a Ray che continuava a dipingere e gli rispose. - A nulla. -

Luke si alzò dalla sua sedia e si avvicinò a lei. - Sei sicura?- gli spostò delicatamente i capelli dal viso. Lei annuì, mentendo.

Dalla schiena del ragazzo spuntavano le grandi ali nere degli angeli delle tenembre, le sue invece, erano bianche e portava apposta un giacca bucata sulle schiena per lasciarle fuoriuscire.

Lui le sorrise ancora una volta mentre le posava la mano sotto il mento. - Guardami – sospirò - C'è qualcosa, ma non vuoi dirmelo, me lo sento. -


«Che cosa stai leggendo?»

Una voce mi richiamò dalla mia lettura e mi guardai intorno. Jennifer dormiva beatamente come tutti gli altri pazienti nella stanza, tutti tranne Justin. Era poggiato allo schienale del letto e mi rivolgeva un tenero sorriso.

Chiusi furtivamente il libro e ricambiai il sorriso. «Un libro sugli angeli.» posai il libro e mi avvicinai insicura al suo lettino.

«Non dormi? Pensavo di essere l'unica ancora sveglia.»

Lui scosse la testa e si passò la lingua sul labbro inferiore. «Non ho sonno.»

Un brivido mi passo lungo la schiena e mi strofinai le braccia.

«Hai freddo?» inclinò leggermente il capo.

Gli sorrisi. «Un po', dovevo mettermi qualcosa di più pesante.»

Justin distolse lo sguardo da me guardando la sedia che aveva affianco al letto. Allungò la mano e tirò il maglione da sopra la sedia.

Si soffermò a guardarla per pochi secondi e poi rivolse il suo sguardo verso di me. «È un po' grande per te, ma non credo sia un problema.» me la avvicinò con delicatezza. «Tieni.»

Sentii un'improvviso calore alle guance mentre mi guardava da dietro gli occhiali e gli sorrisi inbarazzata. «Ti ringrazio.» la presi stringedola verso il petto.

Stavo per infilarmela ma aspettai ancora. «Sei sicuro che non ne hai bisogno tu?» gli chiesi con un leggero accenno di balbettio.

Lui annuì con il capo e mi incitò a metterla.

Non appena la indossai il calore si impossessò del mio corpo e finalmente non sentii più freddo.

«Grazie.» dissi sistemandomi la manica destra.

«Di nulla.» sorrise e contemporaneamente si tolse gli occhiali e li appoggiò accanto alla sedia. «Buona notte.»

Mi avvinai al lettino di Jennifer e poggiai la testa ai piedi del letto mentre stavo seduta su una sedia. «Buona notte.»

Ovviamente non sapevo se mi sarei addormentata veramente, insomma, chi è che si addormenta su una sedia? Soltanto chi ha tanto sonno, e a dir la verità io non ne avevo per niente.



Salve a tutti c:

Mi scuso per l'enorme ritardo, ma la scuola e altri

problemi mi rallentano moltissimo.

Il capitolo è uscito poco più lungo del primo, spero che vi

piaccia anche se siamo ancora all'inizio e i due si

devono ancora conoscere bene.

Mi scuso anche per gli eventuali errori, molte volte mi sfuggono

anche dopo averlo riletto :(.

Spero di ricevere qualche recensione,

giusto per sapere cosa ne pensate, mi piace

leggerle e molte volte migliorano anche

l'andamento della FanFiction grazie ai consigli.

Vi ringrazio in anticipo! Alla prossima. ♥

-Giulia.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Terzo capitolo. ***


Image and video
hosting by TinyPic

Un'immensa distesa di prato mi circondava, ero un puntino nero sdraiato fra tantissimi fiori. Chiusi gli occhi e respirai profondamente tra i mille profumi che emanavano.

Il cielo era dipinto di azzurro e qualche nuvola sparsa qua e là lo rendeva - dal mio punto di vista – un mondo di fantasia. Mi girai di lato e con un grande sorriso pensieroso, iniziai a giocherellare con i petali di una margherita, stando ben attenta a non staccarli. I miei pensieri avevano come sottofondo il delicato canto di un uccello e il fruscio del vento che faceva ondeggiare dolcemente tutti i fiori del prato.

Mi alzai lentamente ed iniziai a sistemarmi le trecce da cui spuntavano piccoli ciuffi che ricadevano in un boccolo. Il sole era accecante, ma allo stesso tempo gradevole.

Portai una mano sul berretto che portavo sopra il capo e lo abbassai leggermente, giusto per coprire gli occhi dai raggi. Sbattei più volte le palpebre e notai - in lontananza – una figura completamente bianca, proprio sotto un albero. Strizzai gli occhi ed iniziai a correre verso di lei.

Le trecce, che poco tempo prima avevo sistemato, stavano ondeggiando disordinate tra il vento che mi permetteva di sentire meno caldo.

Dopo cinque minuti di corsa, la distanza che ci divideva era davvero pochissima. Inclinai il capo ed iniziai a osservare il ragazzo che avevo proprio davanti gli occhi. Lui rivolgeva la sua attenzione verso le montagne, senza badare alla mia presenza.

Lo sfiorai delicatamente e un brivido mi corse lungo la spina dorsale. Chiusi istintivamente gli occhi.

Non appena li riaprii qualcosa era cambiato, qualcosa che fece accellerare il mio battito di colpo: gli abiti del ragazzo erano cambiati, insieme alla sua pettinatura, era tutto più... terrificante. Impossibile che si fosse cambiato in pochi secondi.

In un batter d'occhio iniziai a sentirmi ancora più debole di quanto non lo fossi già, iniziai a tremare e spalancai gli occhi. Un tuono rimbombò di colpo. Alzai gli occhi e mi accorsi che, non solo il ragazzo era cambiato velocemente, ma anche il cielo: era ricoperto da grandi nuvole nere. Mi guardai intorno in cerca di riparo, ma non trovai nulla. Sentii le goccioline di pioggia cadere sopra il mio berretto sempre più forte, e il ragazzo era ancora lì, completamente immobile, a pochi centimentri di distanza da me.

Improvvisamente un tuono colpì due rami di un albero alla mia sinistra e cominciò a incendiarsi, prolungando il fuoco a poco a poco su tutta la distesa di erba. Iniziai a correre inseguita dalle fiamme che si diramavano bruciando l'erba e i fiori che più mi piacevano. Inciampai e caddi a terra. Cercai più volte di rialzarmi ma c'era qualcosa che me lo impediva, qualcosa come un'incantesimo, e mentre mi sforzavo di tornare in piedi, le fiamme mi circondavano avvicinandosi sempre di più.



Improvvisamente sentii la pressione di una mano che mi scuoteva lentamente, come se volesse svegliarmi senza procurarmi fastidio. Sussultai e alzai la testa dal lettino di Jennifer mentre mi stropicciavo gli occhi. Non appena la mia schiena tornò dritta, scrocchiò e mi morsi il labbro per non mugolare.

«Mi scusi se l'ho svegliata, ma non sembrava stesse sognando qualcosa di bello.» disse qualcuno alla mia sinistra. Mi voltai scoprendo il volto di una giovane infermiera che mi rivolgeva uno sguardo preoccupato. Aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in una leggera coda di cavallo che le ricadevamo accuratamente dietro la schiena. Gli occhi erano scuri, quasi neri, e portava un rossetto rosso acceso.

La donna strofinò la sua mano contro la mia schiena. «Sta bene?»

La sua voce mi rassicurava, come se fosse fatta apposta per aiutare le persone. Le sorrisi dolcemente e rivolsi uno sguardo veloce a Jennifer. Dormiva beatamente con i suoi lunghi capelli biondi sparpagliati sul solito cuscino bianco dell'ospedale.

«Umh, si. Ho soltanto fatto un brutto sogno.» rabbrividii pensando ai due ragazzi e alle fiamme che mi stavano raggiungendo, in quel momento ringraziai mentalmente l'infermiera per avermi svegliata.

La donna sfilò degli occhiali dalla tasca del camice da lavoro, e se li appoggiò sul naso. Erano dello stesso colore del rossetto, cosa che lo fece risaltare ancora di più. «Beh, se ti può far sentire meglio, sono soltanto dei sogni.» si aggiustò gli occhiali. «E per la maggior parte delle volte tutto ciò che accade in essi, non può accadere nella realtà.»

Annuii lentamente. «Giusto.»

La donna fece per uscire dalla porta ma si bloccò di colpo, girandosi. Diede un'occhiatina prima a me, e poi a Jennifer. «Sei la sua migliore amica?» mi chiese mentre poggiava le mani sui fianchi.

«Si.» mi alzai dalla sedia sistemandomi buffamente il maglione. Non appena ricordai a chi apparteneva, i miei occhi balzarono sul suo lettino. Dal suo volto sembrava rilassato e i capelli spettinati lo rendevano - ai miei occhi – molto tenero. Le lenzuola erano tirate verso la sua mano, che teneva proprio sotto il mento, e le labbra erano incurvate in un sorriso. Mi sentii avvampare e rivolsi lo sguardo verso l'infermiera, che mi guardava divertita.

«Se vuoi che la tua migliore amica mangi qualcosa di commestibile, ti consiglio di andare a prenderle un cornetto al bar.» la donna mi fece l'occhiolino e uscì definitivamente dalla stanza.

Mi lasciai cadere su una sedia e poggiai le dita sulle tempie, massaggiandole. In quella situazione avrei voluto continuare a leggere il libro sugli angeli, ma non appena poggiai le mani su di esso, mi ricordai di ciò che mi aveva consigliato l'infermiera pochi secondi prima. Scossi il capo e uscii a passo veloce. Il corrodoio era principalmente vuoto, ma dalle stanze si potevano sentire le chiacchiere dei pazienti che parlavano con i famigliari.

Presi l'ascensore e non ebbi il coraggio di girarmi verso le specchio, sapevo già di non essere uno bello spettacolo. Iniziai a giocherellare con un braccialetto mentre aspettavo di arrivare al piano terra, e non appena le porte si aprirono mi precipitai verso l'uscita dell'ospedale.

L'aria fredda del mattino mi fece rabbrividire e portai istintivamente le mani nelle tasche. Il bar più vicino si trovava dall'altra parte della strada, perciò mi toccava attraversare. Fortunatamente le strade erano completamente vuote, forse a causa dell'orario.

Una volta arrivata di fronte al bar mi fermai pochi minuti per osservarlo. Apparentemente poteva sembrare una piccola casa di montagna, ma se si guardavano i minimi particolari si poteva capire con semplicità di cosa trattava. In alto, spostata leggermente verso sinistra, c'era un'insegna con su scritto ''Edward's Bar''. Tutte le lettere si illuminavano di rosso tranne le ultime due, probabimente fulminate.

Mi guardai intorno ed entrai spingendo la porta.

«Buongiorno.» dissi quasi in un sussurro.

Il dentro era decisamente più accogliente rispetto a come appariva al di fuori e si poteva sentire il calore che emanava il camino nell'angolo della stanza. Mi appoggiai con i gomiti sul bancone del bar, aspettando di essere notata da qualcuno.

Da una porta uscì un ragazzo che si posizionò dietro il bancone, sembrava quasi sorpreso di vedermi, come se era improbabile che qualcuno vennisse a quell'ora. Aveva i capelli neri scompigliati verso sinistra, grandi occhi verdi e una spruzzatina di lentiggini.

Mi rivolse un sorriso. «Allora?»

«Umh, sì, due cornetti e un caffè.»

Il ragazzo si voltò per preparare il caffè. «Alla tua destra ci sono i cornetti, puoi prenderli.»

Annuii e allungai la mano per prenderne due, uno con la cioccolata e l'altro con la crema. Presi una bustina e ce li infilai dentro, appoggiandoli sopra il bancone.

«Come ti chiami?» mi chiese mentre mi porgeva la tazzina con il caffè. La presi stando bene attenta a non farla cadere e ne bevvi un sorso.

«Kayla.» gli sorrisi. «E tu?»

Il ragazzo si passò una mano fra i capelli dandomi una vista perfetta dei suoi occhi. «Daniel.» rispose mentre le sue guance si tingevano leggermente di rosso. «Cosa ci fa una ragazza come te in giro alle 6 e mezza del mattino?»

«Vengo dall'ospedale.» risposi posando la tazzina ormai vuota sul bancone.

Il ragazzo annuì come se si fosse pentito di aver formulato quella domanda. «Sono € 3.50 »

Presi i cornetti, frugai nelle tasche e tirai fuori le monete.

Daniel si morse il labbro e mi diede lo scontrino. «Grazie mille.»

Diedi un'occhiatina fuori dalla finestra e notai che il vento si era alzato di più. Tirai fuori un cappello e lo misi mentre sentivo il peso del suo sguardo. Abbottonai il ciubbotto e annuii soddisfatta. «Devo andare, ciao Daniel.»

«Ci si vede in giro.» disse il ragazzo.

Mi diressi verso la porta, ma prima di uscire definitivamente, mi voltai verso quel ragazzo, Daniel, e le parole uscirono da sé. «Preferisco chiedertelo. Devo tirare o spingere? Mi sbaglio sempre, ovunque.» dissi mentre mi sentivo avvampare.

Dalla bocca del ragazzo fuoriuscì una piccola risata. «Devi tirare, bella.»

Sobbalzai e salutandolo con la mano, uscii dal bar.


Image and video
hosting by TinyPic


Dalla schiena del ragazzo spuntavano le grandi ali nere degli angeli delle tenembre, le sue invece, erano bianche e portava apposta un giacca bucata sulle schiena per lasciarle fuoriuscire.

Lui le sorrise ancora una volta mentre le posava la mano sotto il mento. - Guardami – sospirò - C'è qualcosa, ma non vuoi dirmelo, me lo sento. -

Eileen rivolse un secondo sguardo verso la ragazza che le era stata affidata. Ray stava continuando dipingere, ignara della loro presenza. Avrebbe voluto parlarle, come si parla tra amiche, ma tutto ciò non era realmente possibile. Ray non poteva vederla e lei doveva rimanere all'oscuro, doveva agire di nascosto per aiutarla, tutto qui.

Tornò nuovamente a guardare l'angelo delle tenembre, quell'angelo che amava più di se stessa e che evidentemente stava aspettando una sua risposta.

- No, ti sbagli. Non ho nulla. - gli rispose senza riuscire a trattenere lo sguardo fisso nei suoi occhi. Luke la stava ancora guardando con uno dei suoi sguardi provocatori. Forse non le credeva? Probabile.

- Non ti credo. - le disse il ragazzo spostandosi leggermente i capelli verso destra.

Eileen scosse il capo. Non poteva dirgli nulla di tutto ciò che provava, doveva tenerlo per sé, ma in questo caso per sempre.

Il braccialetto che contornava il polso del ragazzo di illuminò e a poco a poco divenne nero, segno che toccava a lui.

- Luke. - lo richiamò. - É il tuo turno.- disse indicando il suo bracciale.

Il ragazzo seguì l'indice della ragazza e annuì deciso. Chiuse gli occhi portando in avanti il braccio sinistro. Pronunciò alcune parole e sul palmo iniziò a formarsi una nube grigia che tendeva a diventare nera.

Luke sorrise divertito e fra la nuvola iniziarono a formarsi dei lampi. Con un gesto veloce la lanciò verso Ray che tutto d'un tratto scoppiò a piangere. Questo era il compito di quell'oggetto, ovvero far raffiorare nella mente della ragazza un ricordo brutto, che la spingeva a piangere.

- Quando fai quella cosa – disse muovendo le mani come pochi secondi prima aveva fatto lui. - Potresti evitare di sorridere? -

Si, amava Luke ma i modi di fare degli angeli delle tenembre non le faceva impazzire.

Il ragazzo scoppiò a ridere. - Fa parte dell'incantesimo. - spiegò con convinzione. - Niente sorriso, niente lampi. -

Eileen roteo gli occhi e si alzò velocemente mentre si sistemava la gonna. - Ora scusami, ma tocca a me. -

A quel punto sbattè le sue ali bianche e volò lentamente verso Ray che piangeva bagnando il dipinto che pochi minuti prima stava completando. Eileen le si accostò verso di lei e le diede un abbraccio.

Lo stato d'animo della ragazza cambio velocemente e iniziò ad asciugarsi le lacrime con un fazzolettino mentre Eileen tornava a sedersi sulla sedia accanto a Luke. Ray sorrise buttando il fazzolettino e riprese tranquillamente a disegnare.



Chiusi il libro e mi girai verso destra per guardare l'orologio che segnava precisamente le 9:03. Jennifer stava ancora dormendo, mentre Justin non era nel suo letto, e neanche nella stanza.

Sospirai e mentre riposavo i libro, sentii il cellulare che stava vibrando. Lo estrassi dalla tasca e risposi.


«Pronto? Mamma?»

«Come è andata questa notte? Hai dormito? E Jennifer?»

«Si si, abbiamo dormito entrambe.»

«Perfetto, verso che ora torni?»

«Non lo so con precisione, ti faccio sapere.»

«Okay, ciao tesoro.»

«Ciao mamma.»


Riattaccai e infilai il telefono nella tasca. Proprio in quel momento la porta della stanza si spalancò rivelando Justin, con le stampelle. Dalla sua espressione facciale si poteva capire che fosse sorpreso di vedermi.

«Oh, ciao Kayla.» disse mentre si posava lentamente sul letto. Mi avvicinai verso di lui, insicura. «Ciao, come stai?»

Justin sorrise. «Calcolando che stavo passeggiando con mio fratello per il corridoio e lui mi ha lasciando praticamente da solo mentre rimorchiava, si, alla grande.» si passò una mano fra i capelli mentre le sue guance si coloravano lentamente di rosso. «Per fortuna portavo con me le stampelle.»

«E adesso dov'è?» iniziai ad innervosirmi. Jason non era per niente gentile con suo fratello, per quanto avevo sentito e visto io.

«Con un infermiera, a rimorchiare.» fece roteare gli occhi e poco dopo si posarono sulla maglia che indossavo. Ricordai improvvisamente che era stato lui a prestarmela quella notte ed avvampai. Lui si inumidì le labbra e rivolse nuovamente lo sguardo verso i miei occhi.

«Oh, scusami, ho scordato di ridartela.» dissi indicando la maglia.

Era la verità, mi sentivo così comoda da pensare che fosse mia e me ne ero completamente dimenticata. Quella notte avevo dormito pochissimo, ma malgrado la posizione scomoda, non mi ero lamentata di nessun dolore.

Justin scosse il capo mentre mi rivolgeva un tenero sorriso. «Non c'è problema, puoi tenerla.» disse mentre si aggiustava gli occhiali sul naso. «T-ti sta bene.»

Sobbalzai. «Grazie, veramente.»

Dopo la mia risposta aprì lentamente la bocca, ma non riuscì a pronunciare nessuna parola poiché dalla porta della stanza entrò Jason. Il ragazzo era vestito completamente di nero e se ne stava con un gomito poggiato sulla porta. Dopo svariati secondi riuscii a capire che il soggetto che stava fissando ero io. Tutto ciò che uscì dalla mia bocca fu un misero 'ciao', detto quasi in un sussurro.

«Wow, che felicità.» disse Jason mentre si avvicinava sicuro verso di noi.

Mi alzai di colpo sorridendo ad entrambi ed mi sedetti sul letto di Jennifer che nel frattempo si era svegliata. Le portai i capelli dietro le orecchie mentre si stiracchiava lentamente.

«Buongiorno.» le sussurrai dolcemente. Lei mi sorrise di rimando e si sistemò il cuscino che probabilmente le dava fastidio.

«Jennifer, devo andare.» mi alzai e allungai la mano verso una sedia per prendere il mio libro. «Tornerò a trovarti domani dopo la scuola se riesco a finire in tempo tutti i compiti, okay?»

Lei annuì alzando il pollice. «Okay, ci vediamo. Ti voglio bene.»

Era chiaro che non fosse del tutto sveglia, ma sapevo che ciò che aveva detto era realmente vero.

«Ti voglio bene anche io.»

La salutai scuotendo la mano e mi voltai verso Justin e Jason. «Ciao Justin.» gli sorrisi. «Ciao Jason.»

Uscii velocemente dalla stanza mentre sentivo i due che mi rispondevano quasi urlando.

Mi sistemai le trecce e presi l'ascensore. Il telefono vibrò di colpo.


Da: Jennifer

Piccola domandina veloce: Cosa ne pensi dei gemelli Bieber? Xoxo.


Cosa ne pensavo? Oh, era semplice: uno era l'opposto dell'altro, ed evidentemente la cosa non piaceva a nessuno dei due.



Okay, inanzitutto mi scuso per l'enorme ritardo di un mese, circa.

Il problema è che dopo la scuola vado sempre da mia

nonna per aiutarla visto che si è operata da poco, e la sera

torno verso le 18:30 tipo. In poche ore devo studiare

e finire tutti i compiti del giorno dopo e chiaramente non ho

molto tempo da dedicare alla fanfiction e al computer.

Scusatemi cwc.

Anyway...

Ecco il terzo capitolo e devo dire che non mi piace per niente.

È corto, noioso e non ho neanche avuto il tempo di rileggerlo. Spero almeno

che a voi piaccia, anche se ne dubito.

Se volete, lasciatemi qualche recensione ;) mi farebbe molto piacere!

Un abbraccio, Giulia.


P.s: Grazie a tutte le persone che hanno recensito o messo nelle seguite/preferite/ricordate la mia storia. <3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2218471