Eternal Years of Love • Chicago 1918 •

di _Natsuki_
(/viewuser.php?uid=40854)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Little stars in a big sky ***
Capitolo 2: *** Twilight ***
Capitolo 3: *** Simple doubts ***



Capitolo 1
*** Little stars in a big sky ***


Eternal Years of Love

 • Chicago 1918 •





I miei occhi e il cuore son venuti a patti

ed or ciascuno all'altro il suo ben riversa:
se i miei occhi son desiosi di uno sguardo,
o il cuore innamorato si distrugge di sospiri,
gli occhi allor festeggian l'effigie del mio amore
e al fantastico banchetto invitano il mio cuore;
un'altra volta gli occhi son ospiti del cuore
che a lor partecipa il suo pensier d'amore.

Così, per la tua immagine o per il mio amore,

anche se lontano sei sempre in me presente;
perchè non puoi andare oltre i miei pensieri
e sempre io son con loro ed essi son con te;
o se essi dormono, in me la tua visione
desta il cuore mio a delizia sua e degli occhi.


William Shakespeare / Sonetto 47

_________________



Chapter One: Little stars in a big sky


Eccomi. Composto ed educato, sorrido ad ogni conoscente che sfiora il mio passaggio.
Riconosco qualche collega di mio padre, ma la maggior parte sono a me sconosciuti.
Sistemo una piccola piega formatosi sulla giacca acquistata appositamente per l' occasione. Doveva essere tutto perfetto.
I miei genitori tenevano molto a questo convegno di avvocati e delle proprie famiglie; ci stavamo preparando da circa una settimana.
Si trovavano i maggiori esponenti di questo mestiere e molto spesso venivano fatti conoscere i figli per combinare matrimoni.
Rabbrividii al solo pensiero. Il matrimonio era ciò che meno desideravo in quel momento.
Rifiutai gentilemente un bicchiere di champagne che mi venne proposto da uno dei tanti camerieri ed intravidi mio padre avvicinarsi.

« Ciao » mi disse appoggiando una mano sulla mia spalla.

« Ciao ». Ero sinceramente felice del nostro incontro.

« Notato qualcuno di interessante? » mi chiese fingendosi indifferente.

La mia beatitudine scomparve immediatamente al pronunciarsi di quelle parole.
Sapevo a cosa alludeva ed era quasi un mese che cercava di convincermi a conoscere qualche ragazza.

« No, papà. Non mi sento pronto ad affrontare un dovere del genere » mentii.
Semplicemente non mi andava di prendere un impegno e lasciare una donna probabilemente futura vedova per combattere in guerra. Se fossi riuscito a combattere in guerra, ovviamente.

« Vuoi che ti presenti ... ». Non lo lasciai finire.

« Papà, no. Davvero, non me la sento » dissi cercando di controllare il volume della voce data l' irritazione.

Mi studiò con occhi attenti di padre e se ne andò via rassegnato.
Sospirai di sollievo. Mi guardai intorno in cerca di qualche persona non ancora salutata.
Notai mia madre osservare tutti i miei spostamenti e gesti. Le sue idee erano l' opposto a quelle di mio padre.
Non sopportava l' idea di lasciare il suo unico figlio; ogni tanto mi considerava ancora un bambino.
Le sorrisi per trasmetterle tranquillità e lasciar andare via la preoccupazione che aleggiava sul suo volto.
Mi rispose radiosa e ritornò alle sue conversazioni. Adoravo quella donna.
Finalmente incontrai una figura familiare. Clarence, il mio amico. Il mio unico amico.

« Come va? » gli chiesi.

« Non mi piacciono queste feste. La musica è troppo mielosa e le ragazze rigide » rispose prendendo un bicchiere di vino.

Clarence, non contando la famiglia borghese, era un ribelle e come si suol dire un "don giovanni".

Soffocai una risata. « Le tue aspettative sono troppo alte. Saremmo già tutti nudi se il convegno fosse secondo i tuoi desideri »

« O almeno, una parte degli invitati sarebbe nuda » mi corresse rimirando parte delle fanciulle presenti.

La nostra attenzione fu attirata da un uomo che ci invitava a spostare i festeggiamenti all' aria aperta.
Pian piano le persone si incamminarono verso la porta che separava i due spazi, senza creare scompiglio.
Fummo tra gli ultimi, ma riuscimmo comunque ad ammirare il giardino decorato alla perfezione.
C' erano alcuni piccoli gazebi nella quale erano stati sistemati dei divani e sedie per le chiacchiere private; il verde era leggermente illuminato quanto basta per trovare la strada nel buio della notte.
Nella parte sinistra, era stato allestito un palco dove suonava una piccola orchestra e una pista da ballo si estendeva davanti.
Nonostante tutto, il giardino era molto grande e si ergeva fino ad arrivare in prossimità di un bosco.

« Stupefacente » commentò l' amico al mio fianco.

« Concordo, si son dati da fare » aggiunsi mentre ci avvicinavamo ad uno dei gazebi nella quale si trovavano le nostre rispettive madri, occupate in una fitta discussione.

« Ciao Edward »

« Salve signora Carter » ricambiai educatamente, mentre gli altri due facevano altrettanto.

« Vi state divertendo? » ci chiese Elisabeth, mia madre.

« Certo, una festa meravigliosa » dichiarò Clarence bloccando il mio commento opposto. Feci una smorfia contrariato.

« Tuo padre ti stava cercando, Edward » mi riferì mamma.

La guardai perplesso e seguii il suo sguardo.
Vidi mio padre che mi fissava e reclamava la mia presenza.
Mi scusai con i tre per il mio allontanamento e mi diressi da papà.

« Edward, caro, ti stavamo aspettando tutti » mi disse indicandomi una piccola famiglia al nostro cospetto.
Me li presentò.

« Costei è un mio caro collega, Charlie Swan ».

« Lieto di fare la sua conoscenza » dissi stringendogli la mano.

« Mentre lei è sua moglie, la signora Renèe Swan ». La salutai ugualmente.

« Ed infine lei è la figlia, Isabella ».
Colei che mi presentò era una ragazza, della mia età circa, non molto alta, con viso a cuore e capelli lunghi, di una strana sfumatura castano - rossiccia.
Il naso era piccolo e le labbra carnose. Ma ciò che più mi attirò erano i suoi occhi, nocciola e capaci di rapirti con la loro profondità.
Notai la sua timidezza. Bisbigliò alcune parole, senza che io ne capissi il significato, e immediatamente abbassò lo sguardo imporporando la gote di rosso.
Non era un gran che, una ragazza normale. Non mi interessava molto. Però i nostri padri sembrava intenzionati a tutt' altro.

« Lasciamo che i due giovani si conoscano meglio » disse Charlie, meritandosi uno sguardo allibito di Isabella, mentre il mio genitore annuiva.

Si diressero verso il bouffet, lontano da noi. Naturalmente si instaurò un gran silenzio.
Io non ero mai stato bravo a far conversazione, specialmente con il gentil sesso.

« Bella festa » mormorai per spezzare la quiete che si era formata.

« Già .... ».

Riecco il silenzio.
La osservai. Si mordeva insistentemente il labbro inferiore e torturava le mani stringendole.
Incrociò improvvisamente il mio viso e si girò subito, imbarazzata. Lanciava degli sguardi fulminei alla sua destra.
Lì si trovavano due ragazze, sue amiche intuii.

« Neanche a te fa piacere questa situazione, eh? Vai pure dalle tue amiche ».

Mi fissò sorpresa e si rassegnò. « In effetti odio questa "ricerca" dell' uomo perfetto di mio padre »

« Allora abbiamo qualcosa in comune » conclusi sorridendo « ma non dell' uomo ovviamente » esclamai cercando di dissimilare il doppio senso.

Questa volta le sfuggì una risata argentina. Potei così ammirare il suo viso.

« Hai dei bellissimi occhi » mormorai mio malgrado.

« Cosa? » chiese, bloccandosi e assumendo svariati colori caldi.

« N- niente » balbettai anche io arrossendo. Perché avevo la brutta abitudine di far uscire dalla bocca i miei pensieri?

« Se mi puoi scusare » sussurrò prima di fuggire dalle amiche.

Mi misi una mano tra i capelli ancora in soggezione e camminai. Volevo allontanarmi da quella confusione.
Il parco si stendeva ancora per qualche centinaio di metri, ma mi fermai in prossimità di una fontana circondata da ghiaia e panche.
Mi sedetti su una di queste ultime e mi rilassai, ammirando il bellissimo velo stellato che avvolgeva il cielo.
Era il 25 luglio, piena estate, e nessuna nuvola mi impediva quella soave visione.
Mi concentrai per riconoscere le varie costellazione che la notte mi proponeva, ma una mi sfuggì.
Eppure era così maestosa, così brillante, che mi sembrò un peccato non saperne il nome.
E successe nuovamente.
La mia mente venne immersa da una svariata quantità di note, che unite formavano una nuova melodia.
Non mi capitava da molto; solo quando qualcosa mi colpiva, attirandomi completamente.
Era una canzone dolce, delicata, che colpiva l' animo.
Gli ultimi suoni erano però malinconici, per segnare l' arrivo di un nuovo giorno e della scomparsa di questo buio, che cela i nostri segreti più intimi.
La cantai silenziosamente, per sentirne il ritmo.

« È molto bella »

Sussultai spaventato e mi alzai di scatto.

« Scusami » disse nuovamente quella voce, di cui non avevo ancora riconosciuto il propietario.

Intravidi la sua figura, ma l' oscurità mi nascondeva l' identità.
Mi avvicinai e vidi un sorriso di scuse formarsi sul viso di Isabella.

« Non volevo interromperti, ma stavo cercando un posto più tranquillo ... »

« Non preoccuparti, non hai interrotto niente »

Ci sedemmo, ma cambiò discorso. « La melodia che stavi cantanto, era stupenda ...Di chi è? »

« Mia »

« Tua? L' hai scritta tu? » chiese palesemente sorpresa.

« Sì » feci una piccola pausa « Mi ha ispirato questo bellissimo cielo.» Alzai lo sguardo.

Mi imitò. Lasciammo passare qualche minuto in silenzio, immersi nei nostri pensieri.

« Ho sempre amato le stelle » sussurrò lentamente « le uniche luci nel buio della notte, ciò che ci aiuta a continuare la nostra strada »

Sorrisi senza guardarla « Questo cielo si potrebbe paragonare alla mia vita »

Mi osservò perplessa.

« La mia vita è stata sempre un pò monotona, non ho mai compiuto niente di memorabile. Vivo confinato nelle mura della mia casa, senza poter girare per il mondo. Devo rendendere semplicemente orgogliosi i miei genitori, le mie stelle, coloro che mi accompagnano sempre. Però infondo anche io vorrei andare sotto la luce solare, vorrei conoscere ciò che mi circonda. Mi sento la luna che predilige in questo dipinto celestiale; non potrò mai uscire di giorno »

Il suo stato esprimeva sorpresa e una piccola sfumatura di tristezza.
Improvvisamente le sue emozioni cambiarono. Sembrava più serena.

« Anche tu ammirerai il mondo di giorno » Mi inchiodò con i suoi occhi dolci e rassicuranti. « Non so quando capiterà , ma sono sicura che avrai la tua possibilità, la tua eclissi solare » concluse sorridendo.

Ammirai le sue parole, ne ero rimasto commosso.

« Grazie »

« Per cosa? » chiese.

« Per quello che hai detto ... se mai riuscirò nel mio intento, te lo farò sapere »

« Ci conto »

Udimmo delle voci da lontano chiamare la ragazza. Si alzò con un movimento goffo.

« Devo andare, i miei genitori mi attendono »
Mi misi in posizione retta anche io, per salutarla.

« .... allora buona notte, Isabella »

« Buona notte anche a te, Edward »

Ci fissammo per qualche istante, poi lei si girò e sparì nella notte.
Isabella.
....

Che strana ragazza.


________________

Grazie a tutti per aver letto. Questa è la mia seconda fan fiction su Twilight, spero sia venuta bene.
Da molto scrivo piccole storie, però non mi soddisfano e spesso rinuncio.
Questa invece sembra voler uscire intera dalla mia testa.
Ringrazio inoltre tutti coloro che leggono la mia fan fiction "Only My Wings" e scusate l' enorme ritardo che ho con
il nuovo capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Twilight ***


Eternal Years of Love

• Chicago 1918 •








Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù?
È l'oriente, e Giulietta è il sole.
Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna,
malata già e pallida di pena
perché tu, sua ancella, di tanto la superi in bellezza.
Non essere la sua ancella, poiché la luna è invidiosa.
Il suo manto di vestale è già di un verde smorto,
e soltanto i pazzi lo indosano. Gettalo via.

È la mia donna; oh, è il mio amore!
se soltanto sapesse di esserlo.
Parla, pure non dice nulla. Come accade?
Parlano i suoi occhi; le risponderò.
No, sono troppo audace; non parla a me;
ma due stelle tra le più lucenti del cielo,
dovendo assentarsi, implorano i suoi occhi
di scintillare nelle loro sfere fino a che non ritornino.

E se davvero i suoi occhi fossero in cielo, e le stelle nel suo viso?
Lo splendore del suo volto svilirebbe allora le stelle
come fa di una torcia la luce del giorno; i suoi occhi in cielo
fluirebbero per l'aereo spazio così luminosi
che gli uccelli canterebbero, credendo finita la notte.
Guarda come posa la guancia sulla mano!
Oh, fossi un guanto su quella mano
e potessi sfiorarle la guancia!


William Shakespeare

_________________

Chapter two: Twilight





Il crepuscolo.
Avevo sempre odiato questa parte della giornata.
Era la fine di un giorno e, per me, la fine di niente.
Ero vuoto.
Probabilmente, se non avessi respirato, mi avrebbero scambiato per una fredda statua.
Ciò che più volevo era andare in guerra. Nessuno mi avrebbe vietato l' arruolamento ed avrei potuto compiere qualcosa.
Qualcosa che mi rendesse orgoglioso di me stesso.
Non che uccidere fosse una bella prospettiva.
Men che meno vedere morire delle persone innocenti, con il destino loro nemico.
No.
Volevo che la gente mi guardasse come una persona coraggiosa, che si sacrifica per il popolo, non come il figlio viziato di due coniugi ricchi.
Però mancavano anni prima che ciò accadesse ed avrei passato quel lungo tempo nella mia buia dimora.
Un piccolo sospiro del vento mi colpì, scompigliandomi i capelli.
Delle candide nuvole si unirono al paesaggio e si tinsero di un rosso spento. Ormai il tramonto se ne andava lasciando posto alla notte.

« Edward? » mi chiamò mia madre.

Mi voltai per guardarla e lei mi sorrise dolcemente.

« Entra in casa, inizia a scendere la temperatura » disse osservando le nubi che si addensavano nel cielo.

« Certo, arrivo » risposi con voce bassa. Non parve molto convinta, ma se ne andò comunque.

Mi trovavo nel grande terrazzo della casa, dove erano disposti vari piccoli tavoli e sedie.
Le rose di Elisabeth erano la decorazione principale in questo luogo.
Possedevano dei magnifici colori. Però, solo uno viveva al centro della mia attenzione.
Era un piccolo spazio di terreno, con cinque rose, che spesso mi trovavo ad ammirare: erano blu, di un blu intenso.
Quei gioielli erano stupendi, senza un imperfezione, un difetto.
E le loro spine sembravano più affilate delle altre, come pronte a pungermi in caso mi fossi avvicinato.
Mi inducevano a tenere lunghe distanze da loro e, se le avessi sfiorate, mi avrebbero ferito, provocato dolore.
Mi destai dai quei pensieri e raggiunsi la porta, aprendola lentamente.
Due visi famigliari mi guardarono.

« Ti avevo detto di rientrare, sei tutto bagnato » mi rimproverò mia madre.

Osservai la giacca e notai che era di un colore più scuro, dove trapelavano alcune goccie.
Anche i capelli mi apparivano più pesanti e compatti.
Non mi ero accorto che aveva iniziato a piovere.

« Vado a fare un bagno » dissi infine, con voce flebile.

Camminai in direzione delle scale, per raggiungere la porta della mia camera.
Prima di salire, però, riuscii a scorgere Elisabeth avvicinarsi a mio padre.
Capii subito ciò che stava succedendo e l' istinto mi suggerì di andarmene.
Con uno scatto, corsi velocemente via e spalancai la porta della camera. Dopo essere entrato, la chiusi sbattendola.
Ascoltai il debole eco di quel rumore e mi lasciai cadere a terra.
Non dovevo piangere, ma le lacrime volevano uscire inesorabili.
Strinsi con forza il tessuto della camicia finché non sentii le mie emozioni diminuire d' intensità.
Respirai profondamente per rilassarmi.
I miei genitori discutevano sempre del mio futuro, come se fosse loro diritto decidere cosa avrei compiuto diventato maggiorenne.
Chiusi la mano in un pugno e sentii le nocche diventare bianche dallo sforzo, ma non mi importò.
Non era loro diritto! Dovevo scegliere io, non loro!
Purtroppo mia madre conosceva perfettamente la mia dedizione verso la guerra, per questo tentava di farmi cambiare idea.
Sforzi inutili. Niente avrebbe rimosso questo mio sogno.
Volevo bene ai miei genitori, però, quando sollevavano l' argomento, preferivo vendere l'anima piuttosto che affrontarli.

« Edward, posso entarare? » chiese mio padre, nel corridoio.

« No » risposi immediatamente.

Sapevo di comportarmi da bambino, ma in queste situazioni era inevitabile.

« Edward, voglio solo parlarti... »

« E' per questo che non ti lascio entrare » sbottai acido.

Ci fu un lungo silenzio.
Lo avevo ferito, questo lo capii, e mi fece sentire in colpa. Era pur sempre mio padre.
Avevamo un rapporto speciale. Spesso lui era duro e severo, come se volesse mostrare la sua autorità paterna; altre volte invece era sereno e mostrava il lato di sè che amavo, quello spensierato.
Aprii la porta con indecisione e lo guardai timidamente.

« Scusa » sussurrai.

« Non devi scusarti, figliolo » disse avvicinandosi e circondando con un braccio le mie spalle.

Mi trascinò con sé e ci sedemmo sul grande letto.
Le lenzuola di seta si piegarono al nostro peso, creando varie ramificazioni nel morbido tessuto.

« So che vorresti andare in guerra, però io e tua madre pensiamo sia meglio che tu stia qui. Potresti studiare e laurearti... » mi consigliò con sguardo intenso « Hai tante scelte da fare nella vita, Edward. Non buttarla via come se fosse un oggetto inutile »

Aggrottai le sopracciglia e il mio viso si fece torvo, ma infine risposi « Ci penserò »

« Va bene... Stasera avremo degli ospiti per cena » disse esitante « ...la famiglia Swan »

Spalancai gli occhi sorpreso.
Perché aveva invitato proprio i Swan?
Probabilmente aveva notato che l' unica ragazza alla quale avevo prestato un minimo di attenzione era Isabella.

Deglutii e cercai di scacciare lo stupore « B-bene » balbettai. Il nome di quella ragazza esercitava in me delle reazioni alquanto strane.

« Preparati, arrivano tra circa due ore » m' informò. Uscì dalla camera dopo avermi osservato, preoccupato.

Due ore prima di rivederla.
Mi preparai per la serata con velocità e scesi nel salone, attendendo ansioso il loro... il suo arrivo.
Mia madre, bellissima nel suo abito beige con ricami molto accurati, arrivò ansiosa con un grande vaso tra le braccia.
Le andai incontro e l' aiutai a sistemarlo all' entrata. Mi sorrise riconoscente.

« Grazie, Edward » il suo sguardo mutò improvvisamente « Mi dispiace per prima, so quanto ti irritano certe questioni ... »

La fermai con una risata. Si stava scusando quando avrei dovuto essere io a farlo, per essermi comportato in modo infantile.

« Non ti preoccupare, mamma. E' tutto a posto » risposi abbracciandola. Il calore che mi trasmetteva era stupendo.

Il campanello suonò, facendomi sobbalzare, nello stesso momento in cui mio padre entrò nella sala.
Elisabeth mi osservò e sembrò notare il mio nervosismo, che la fece insospettire.
Cercai di non far pesare quel suo sguardo inquisitore e mi voltai verso l'etrata.
Mio padre, con lentezza, aprì la grande porta e la prima cosa che vidi fu un angelo dai capelli castani.



_____________________


Avete uffucialmente il diritto di uccidermi.
So che dire ritardo è un eufemismo, ma compatitemi. Ho due esami in vista e devo studiare anche per tutte le interrogazioni.
Ho a malapena il tempo di leggere le vostre fanfiction e commentare.
Il capitolo non è molto bello, ma ho dovuto scriverlo un pò di fretta.
Racconta soprattutto delle emozioni di Edward e dei rapporti che ha con la famiglia.
Le rose blu possono essere paragonate al rapporto futuro tra lui e Isabella, perché per quanto lui le si avvicini, lei gli provoca un grande scompiglio sentimentale. Il capitolo spiega anche il motivo del suo sogno di andare in guerra.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito:

_BellaBlack_ : Grazie! In effetti le parole di Edward sono, secondo me, quelle venute meglio.
Mi fa molto piacere che l' ambietazione ti piaccia. Mi é venuta questa idea all' improvviso, prima di dormire.
Per la spagnola non ti anticipo nulla, ma posso dire che ci sarà. Mi riempe di gioia scoprire che scrittrici brave come te leggono la mia storia.
• Frozen_WhiteFox : Grazie per aver recensito. Per questa storia volevo proprio cambiare qualcosa, non i personaggi, ma i fatti.
Così che accadessero avventure non ancora conosciute, creando nuova curiosità. Sono felice che le frasi ti siano piaciute, spero continuerai a leggere.
• _laurina_ : Grazie. La mia scrittura non è un gran che, ma mi fa piacere che ti piaccia. Non merito così tanti complimenti, ma non posso dire che non mi rendono felice. Spero ti piaccia anche questo capitolo.
• Locke: Ok, tu sei la prima a dovermi torturare. Mi seguivi sempre con Only My Wings e mi riempivi di gioia con i tuoi splendidi commenti, ma come ho già detto faccio fatica a trovare il tempo di scrivere. Cercherò di aggiornarla presto e correggere quegli errori che probabilmente avrò fatto. Comunque sono contenta che anche questa ti piaccia e che ti ispiri curiosità. L'incontro tra i due è abbastanza speciale, ma lo definirei più che altro insolito. Spero ti incuriosisca anche questo capitolo. Grazie ancora per tutti i commenti bellissimi che lasci, mi riempi sempre il cuore di felicità.
• PenPen e momob: Grazie anche a voi. Continuate a leggere questa storia.
• Ringrazio anche chi ha solo letto e chi l'ha aggiunta tra i preferiti.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Simple doubts ***



E
ternal Years of Love

 Chicago 1918






Quando musica tu suoni, mia musica,

su quel beato legno che alle dita
gentili replica mentre conduci
la vibrante armonia che mi smarrisce,
quanto invidio quei tasti che in su e in giù
tenendo il cavo di tua mano baciano -
e dal raccolto le mie labbra escluse,
lì accanto, si fan rosse a tanta audacia.
Ben situazione e stato muterebbero,
purché tu le sfiorassi, con quei rapidi
in danza - e tu scorri sì che lieto
fai morto legno più che vive labbra.
Se tanta sorte hanno quegli sfrontati,
dà lor le dita, a me le labbra al bacio.

William Shakespeare


_________________

Chapter three: Simple doubts



« Benvenuti » esclamò mia madre, destandomi dalla completa attenzione verso l' angelo.

Isabella ricordava veramente una creatura celestiale.
Era avvolta in uno splendido abito bianco, lungo sino al ginocchio. Due sottili spalline lo sorreggevano.
Sotto il seno, il vestito veniva stretto da una fascia oro, con dei piccoli ricami ai bordi.
I piedi calzavano un semplice paio di tacchi, del medesimo colore dell' abito,  ed erano alti solo qualche centimentro, ma la ragazza sembrava comunque insicura a camminare.
I soffici capelli erano sciolti e da essi, con le luci che la casa emanava, nascevano dei magnifici riflessi rossicci.

« Grazie per l' invito, siamo lieti di cenare nella vostra casa » ringraziò il signor Swan.

Un paio di cameriere presero i soprabiti degli ospiti e, dopo un buffo inchino, se ne andarono.
Isabella stava ridendo sommessamente per quelle attenzioni. Sua madre la guardò male e lei smise, imbarazzata.

« Possiamo andare in soggiorno per l' aperitivo » suggerì gentilmente mio padre.

« Certamente » acconsentì Charlie.

Tutti insieme ci dirigemmo verso la grande stanza, con passo lento.
Notai Elisabeth avvicinarsi a Renée e cominciare una formale discussione.
Mio padre si sedette su una poltrona, imitato da Charlie, al suo fianco. Le due signore occuparono un piccolo divano.
Io e Isabella rimanemmo in piedi, a fissare il pavimento in direzioni opposte.

« Sedetevi, ragazzi »  ci disse mia madre, indicando l' unico divano rimasto.

Inarcai sospettoso un sopracciglio, ma feci ciò che mi aveva detto.
La ragazza arrossì vistosamente e si mise al mio fianco. Sorrisi della sua timidezza.

« Edward, ho saputo da tuo padre che ami la letteratura... » cominciò il signor Swan.

« Si, mi piace leggere »

« E' strano trovare ragazzi della tua età interessati alla lettura. Di questi tempi sono tutti influenzati dalle nuove tecnologie.
E dimmi, quale artista preferisci? »

« Shakespeare... » sussurrai distratto.

L' uomo iniziò un lungo monologo, a cui non prestai attenzione. I miei occhi erano concentrati su una persona sola.
La guardavo di sfuggita, quasi temendo il suo sguardo. Lei aveva le mani congiunte, fissandole con finto interesse.
Perché i miei pensieri verso lei erano cambiati? Cosa aveva provocato questo mutamento?
Ora che era al mio fianco, esile e fragile, il mio cuore batteva con ritmo veloce. Avevo paura che potesse uscirmi.
Sapevo che era Isabella a provocarmi queste inaspettate sensazioni. Ma perché?
Cercai invano risposte nella mia mente e non mi accorsi di avere cinque paia di occhi che mi scrutavano.

« Edward? » mi chiamò Elisabeth.

Sussultai e sbattei le palpebre per rimprendere contatto con la realtà.

« Si? ». Ero ancora un pò confuso.

« Desideri qualcosa da bere? » chiese. La ringraziai mentalmente per non avermi domandato il motivo della distrazione.

« No, grazie ». Dovevo assolutamente uscire. « Scusatemi, devo andare al bagno ».

I signori presenti annuirono con la testa e presero a parlare di argomenti futili.
Mi incamminai verso il corridoio, la strada esatta per la toilette, ma appena varcato, mi voltai verso sinistra ed uscii nel terrazzo.
In quel piccolo angolo di pace regnava il buio, tranne che per un piccolo stralcio di luce proveniente dalla dimora.
L' aria era gelida ed il cambiamento di temperatura mi provocò dei brividi. Mi strinsi nelle braccia.
Tutto ciò che mi circondava era coperto da un leggero velo d' acqua, dovuto alla pioggia precedente.
In alcuni punti era anche lievemente ghiacciata, i quali non mi permettevano un grande equilibrio. Sospirai per quella cattiva situazione.

« Ah! ». Lo strillo acuto provenì dalle mie spalle e, circa tre secondi dopo, mi ritrovai con la faccia a terra.

Una piccola figura tremante era raggomitolata sul mio petto, stringendo forte la camicia.
Ero stato completamente preso alla sprovvista: avevo una guancia dolorante, tutti i vestiti bagnati ed una ragazza mi abbracciava terrorizzata.
Il pensiero di quest' ultima cosa mi fece inevitabilmente arrossire. Mi schiarii la voce e balbettai incerto.

« I-Isabella? »

I suoi dolci occhi incontrarono il mio sguardo sorpreso e la sua bocca prese una strana forma circolare.
Le sue mani si appoggiarono al mio petto.
Anche se l'azione durò solo pochi attimi, sentii delle scosse attraversarmi il corpo.

« Scusami! ». Si rialzò velocemente, ma questo non fece che causare un ulteriore caduta.

Cominciai a ridere, sotto il suo viso sbalordito, e spostai il suo docile peso per potermi alzare.
Allungai una mano verso di lei. Lei la guardò titubante e, dopo uno sbuffo, la afferrò.
Si strinse forte a me per non scivolare nuovamente. Indeciso, le avvolsi un fianco con un braccio. Sobbalzò per quel contatto.

« Siamo ancora vivi, dopo questa lunga avventura » mormorai quando rientrammo in casa.

Lei mi regalò un sorriso abbagliante, a cui non potei non rispondere. Era davvero bellissima.
Un sorriso che si spense pian piano per far posto ad un viso pallido e terrificato.  Pensavo che da un momento all' altro avrebbe potuto vomitare.
Mi avvicinai preoccupato, ma lei si allontanò. Aveva gli occhi lucidi e presto le sue goti si rigarono di candide lacrime.

« Edward... » fu la prima volta che le sue rosse labbra pronunciavano il mio nome e non me ne sentii degno « perdonami, sono davvero stata una stupida » continuò.

Nonostante la riluttanza, fece un paio di passi verso di me e mi accarezzò la guancia. Rimasi immobile, basito per la splendida sensazione che provavo.
Era davvero strano. Perché semplici gesti come questi se compiuti da lei diventavano paradiso per la mia mente?
La sua mano si ritirò con dolcezza e la guardò spaventata.
Piccole goccie di sangue colavano dal suo dito.

« Scusa, non volevo ....  »  ripeteva quelle parole, mentre gli occhi rossi lasciavano scorrere lacrime dolorose.

Le afferrai il polso e la trascinai con me. Non si ribellava, ma era comunque sorpresa e rigida.
Arrivati in camera mia, aprii un cassetto e presi ciò che desideravo.
Glielo porsi e lei lo afferrò, sbalordita.

« Ti preoccupi per me, quando stai morendo dissanguato? » chiese girandosi tra le mani il fazzoletto di stoffa. Notai una nota di sarcasmo nella sua voce.

Risi ed aspettai che si asciugasse il viso. Si accorse della mia attesa e alzò gli occhi al cielo, sorridendo.
Lentamente, con il fazzoletto, mi tolse il sangue dalla guancia. La fissai sbigottito.

« Sei il ragazzo più gentile che io abbia mai conosciuto nella mia vita... » sussurrò, avvicinandosi per controllare il lavoro che stava facendo. Stranamente, non sembrava né imbrazzata di quelle parole, né insicura nel pronunciarle « ... Ma per questo non devi certo fare l' eroe ogni volta ».

Che esagerazione. Era solo una piccola ferita.

« Ti da fastidio? » le domandai.

« Cosa? »

« Il sangue »

Storse il naso, sorridendo « Non mi piace l' odore, mi provoca qualche giramento ». Notai solo allora che respirava con la bocca.

« Vuoi che mi allontani? »

« No, tutto a posto » rispose ancora solare.

Tenne il pezzo di stoffa fermo finché l' emorragia non si fermò. Strofinò ancora un paio di volte e lo esaminò.

« Scusa, ti ho rovinato il fazzoletto » disse, mortificata.

« Credo che le scuse per questa sera possino bastare. E comunque, ti preoccupi per cose insignificanti ». Non era un rimprovero, ma una constatazione.

Prima che potesse parlare, la porta si spalancò ed entrò mia madre.
Il suo sguardo era severo, però, notando Isabella, si riaddolcì con fare cortese.

« La cena è pronta ». Il suo tono di voce sembrava triste.

« Arriviamo ». Prima di uscire, notai la malinconia nei suoi occhi, anche se non ne capii il motivo.

La serata trascorse tranquilla. Il signor Swan parlò soprattutto di attività sportive a me sconosciute, e mio padre lo seguì con interesse.
Io e Isabella ci guardavamo di sfuggita e, a volte, ci sorridevamo senza motivo.
Renée, ad un certo punto della cena, domandò come mi ero procurato il graffio sul viso. Dopo aver guardato la figlia, le dissi che ero accidentalmente scivolato. Soffocai a stento un sorriso.
Verso la mezzanotte, gli ospiti decisero di tornare nella loro casa.
Andai vicino alla ragazza per salutarla.

« Devo preoccuparmi che la carrozza faccia un incidente o posso dormire tranquillamente? » chiesi sarcastico.

Alzò un sopracciglio « La seconda opzione. Non sono così pericolosa ».

« Non sono d' accordo, ma per questa volta sorvolerò » dissi ingenuamente  « Mi sono divertito stasera »

Scoppiò a ridere. « Certo. Ti sei più divertito quando ti sono caduta sopra o quando ti ho fatto sanguinare? »

Mi unii con lei nella risata.
Charlie chiamò, con voce roca, la figlia.

« Comunque sono stata bene anche io. Davvero. Ci rivediamo » mormorò.

« Ci rivediamo, Isabella » ripetei.

« Oh, ti prego, chiamami Bella » disse sorridendo, prima di scomparire dietro la porta.

Rimasi fermo per qualche minuto. Il suo allontanamento mi aveva provocato uno strano vuoto al cuore.
Scossi la testa e sorrisi con amarezza.

Sogni d' oro, mia Bella.


________________________

Ecco il terzo capitolo. So che non è scritto molto bene, ma alla fine della scuola tutti facciamo fatica a trovar tempo.
Qui si nota che Bella non è molto cambiata dall' originale di Twilight.
Edward invece è il solito gentiluomo, e personalmente adoro questo suo aspetto.
Per il prossimo capitolo non assicuro niente, ma potrei metterci molto. Finita la scuola cercherò di avere ritmi più sostenuti.
E passo ai ringraziamenti per le persone che mi recensicono e non sanno che gioia mi danno:

Sheerer: Grazie per la recensione e per averla aggiunta tra i preferiti. Sono davvero contenta che l' idea ti piaccia.
Giuggiolina: Grazie. Hai veramente capito il messaggio che volevo dare. Volevo risaltare l' umanità di questo nuovo personaggio, farlo differenziare da quello della Meyer. Spero che la storia ti piaccia ancora e sono felice che il mio modo di scrivere ti provochi tutte queste emozioni. Grazie veramente.
_BellaBlack_: Grazie per il commento. Non si tratta proprio di un colpo di fulmine quello di Edward. Lui non ne è conscio, ma sono state le parole di Bella a fargli cambiare idea sulla ragazza. Sono contenta che ti piaccia come scrivo, anche se io personalmente non lo trovo molto bello. E comunque non sbagli, la storia sarà romantica e cercherò di non far mancare i colpi scena.
Whattina: Grazie. Tu, bravissima, che commenti me. Wow, sembra un sogno. Scherzo, mi fa piacere che la storia ti attiri. Edward, in effetti, volevo farlo risaltare come un personaggio affascinante, ma anche divertente e generoso. E' piuttosto complesso per me scrivere i suoi pensieri. Vorrei farlo veramente diventare come l' Edward umano, quello che è vissuto prima di Twilight. Spero di esserci riuscita.
Midnight dream; PenPen; claudiacullen; Hele91: Grazie anche a voi per aver recensito. Continuate a leggere.

• Ringrazio infinitamente anche chi ha solo letto e chi l'ha aggiunta tra i preferiti.





Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.







Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=221903