Blue Roses

di Anna Wanderer Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno: Michael O' Shea ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due: Kristine Di Angelo. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre: Tutto per un libro ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro: Strana, nuova amicizia. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque: Bastardo. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei: Incidente. ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette: Forse... ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto: Ti sarebbe importato? ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove: Obbligo o verità? ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci: Minacce. ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici: Succo di zucca ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici: Lutti ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici: Inferno. ***
Capitolo 14: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno: Michael O' Shea ***


Capitolo Uno:
Michael O' Shea

Kristine:


-Serpeverde di merda- impreco sibilando.

Dania, accanto a me, soffoca una risatina, ma ha le lacrime agli occhi per il fumo e per il dolore, come me. Le scocco un’occhiataccia e lei si affretta ad abbassare il suo sguardo grigio sul calderone fumante. Siamo nel laboratorio di Pozioni, e uno stupidissimo Serpeverde del nostro anno, Jace Stoll, ha appena fatto schizzare buona parte della sua pozione incompleta su noi Corvonero. Apposta o no, non ha importanza. Lo schizzo bollente (e viscido) mi ha presa in pieno sull’avambraccio, dove si sta formando un’ampia chiazza rossa e dolorosa.

-Stoll!- Tuona Piton, facendo sparire con un colpo di bacchetta il fumo denso.

Sta per immergersi nella sua breve e innocua filippica contro il Serpeverde, che sembra a malapena trattenere le risate, quell’idiota, ma si accorge di me e Dania. Si interrompe e rapidamente cammina verso di noi.

Senza cerimonie mi afferra il polso, che tengo stretto alla pancia, e guarda la bruciatura purpurea. Dio, solo a guardarmi il braccio mi viene da vomitare.

Sorprendentemente, la mano di Piton mi tiene con delicatezza. La sua presa non è tanto sgradevole. Lui sospira, poi mi guarda brevemente con i suoi occhi neri.

-In infermeria- decreta, poi passa a Dania.

-Signor O’ Shea, accompagnala- aggiunge poi, distrattamente, -e se sviene, cosa molto probabile dati gli ingredienti della pozione, portala da Madama Chips.

No.

Mi blocco inciampando quasi, e mi volto disperata verso il professore.

-Ma...- tentiamo io e O’ Shea contemporaneamente.

-Niente ma!- Ringhia Piton, iniziando a mormorare un’incantesimo per guarire la guancia di Dania.

Le mie spalle si abbassano come se stessi portando mille tonnellate di piombo.

O’ Shea.

Volto la testa e lo vedo, lì, appoggiato alla parete.

Immagino che sia bello.

E’ alto, molto alto. Sarà uno e ottanta, ottantacinque. Forse arriva anche al metro e novanta. Ha folti capelli ricci e neri, lineamenti del volto regolari ed eleganti, molto belli, e gli occhi sembrano fatti d’ossidiana. Le braccia che spuntano dalle maniche arrotolate della camicia bianca sono muscolose, probabilmente fa palestra. Mi guarda torvo, prima di schiodarsi dalla parete e venire verso di me con la sua andatura elegante e sicura.

Resto a fissarlo finché non torreggia su di me, con le braccia incrociate.

-Allora, Di Angelo?- La sua voce è bassa e leggermente roca. Non fa niente per nascondere il fastidio che prova.

Mi volto e comincio a camminare velocemente fuori dalla porta, stringendo i denti. Tra tutti i Serpeverde della classe proprio quello più antipatico e con la mania del sangue puro doveva scegliere, Piton?

Procedo in silenzio lungo il corridoio deserto e umido dei sotterranei. La bolla rossa fa un sacco male e mi sento male al solo pensare che quella roba giallastra che si intravede sotto alla pelle gonfia della vescica sia pus.

Rabbrividisco, distogliendo lo sguardo dal mio braccio.

Ho freddo, avrei dovuto portare il maglione. L’aria dentro al laboratorio era calda e umida, ma qui nei corridoi è decisamente gelida. Be’, siamo a dicembre.

O’ Shea procede tranquillo appena dietro di me. Lui e Stoll sono amici per la pelle -incredibile come due persone così diverse possano essere amiche: O’ Shea è di un fascino cupo, silenzioso, come quello che ha una preda mentre caccia, mentre Stoll è biondo, ha occhi chiari ed è allegro e solare. Anche se tutti e due hanno l’intelligenza acuta e pericolosa dei Serpeverde.

Mentre salgo con fatica le scale lui prende a parlare con il suo tono odioso e roco.

-Incredibile come una cosa così possa metterti fuori gioco.

Mi volto verso di lui, fulminandolo. Mi sta guardando, e, anche se il suo sguardo penetrante mi mette un po’ in soggezione, rispondo a tono.

-Oh, be’, sai, non tutti siamo campioni di boxe come te- dico sarcastica.

Lui ghigna e i suoi occhi neri scintillano.

-Tesoro, non sono un campione di boxe per nulla, sai?

Alzo gli occhi al cielo e volto lo sguardo sulle pietre massicce dei corridoi. Dai, manca solo un piano e qualche rampa di scale. Posso farcela. Non devo svenire. Mi sento febbricitante, però...

Oddio, fa’ che non svenga in mezzo al corridoio da sola con lui. Per favore.
Sento le gambe bruciare. Che diamine ci ha messo Stoll dentro a quella dannata mezza pozione?!

Siamo quasi arrivati, manca solo una rampa di scale. Mi aggrappo alla ringhiera per non cadere, e inizio a vedere a macchie. Ecco, la porta dell’infermeria è qui davanti... niente da fare.

Le gambe mi cedono e mi accascio a terra. Il braccio pulsa, tutto pulsa; vedo sfocato.

Distinguo una sagoma massiccia inginocchiarsi davanti a me, nera. Sento una mano afferrarmi per la vita e tirarmi bruscamente in piedi, sollevandomi poi da terra; dopo svengo.

 

-... e poi, quel dannato schifoso Serpeverde! Come ha osato mettere le mani addosso a mia sorella?! Siamo sicuri che non l’abbia drogata mentre era svenuta?

Oh, no. Mia sorella. Di male in peggio. Sta parlando con il suo tono infuocato. E’ arrabbiata. Mi viene istintivamente da sorridere capendo che l’oggetto della sua ira stavolta è O’ Shea.

-Casey, calmati. Madama Chips ha detto che starà bene e tra poco dovrebbe svegliarsi. E poi O’ Shea non l’avrebbe neanche toccata se non fosse stato un ordine di Piton- interviene la voce dolce di Dania. Sorrido debolmente, ma non riesco ad aprire gli occhi. Perché?

-Lui e le sue stupidaggini da Purosangue. Sono fiera di essere Mezzosangue, Mezzosangue sempre e per sempre!

Dania e Casey ridono alle parole di mia sorella, e sforzandomi riesco ad aprire le palpebre.

-Oh! E’ sveglia!- Fa la voce allegra di Dania.

Giro la testa per guardarle. Sono sdraiata su un letto dell’infermeria. Individuo subito la massa di lunghi capelli ricci e rossi di Dania. Poi la mia attenzione va a mia sorella.

Vedo il mio specchio; è stravaccata su una sedia e ha le mani dietro alla nuca. I capelli castani, mossi e quasi biondi, le scendono in onde morbide attorno al viso sorridente e pimpante. I suoi occhi verdi mandano il mio riflesso.

Sì, siamo gemelle. Identiche. Tranne per un piccolo neo sul collo che lei ha e io no.

-Ben svegliata, bella addormentata!- Esclama.

Sorrido.

-Ciao, Casey.

Dania si avvicina e mi aiuta a mettermi seduta.

-Come stai?

Alzo le spalle. Mi sento bene, normale. Guardo il braccio; la manica candida della camicia è arrotolata fin sopra il gomito e la mia pelle è liscia e color mandorla come al solito. Non c’è traccia della cosa schifosa.

-Bene. Ma... non ditemi che mi ha portata qui O’ Shea, vi prego.

Loro si scambiano un’occhiata. Sospiro affranta.

-Questo vuol dire che dovrò ringraziarlo.

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
'Sera a tutti gli sventurati che hanno deciso di leggere questo piccolo capitolo!!
Vi ringrazio per la vostra immancabile pazienza... ;)
Allora! Ho sempre trovato molte storie d'amore su Grifondoro e Serpeverde... e volevo scriverne una su Corvonero e Serpeverde!!
Spero di non essere troppo non-originale... :(
Anticipo subito che Michael e Kristine non avranno volti di attori: me li sono immaginati così e così resteranno. :D
La storia si svolge dopo la guerra con Voldemort... ma molti hanno conservato i loro pregiudizi purosangueschi e Piton è sopravvissuto, come avete visto (lo adoro troppo per farlo morire). 
Ditemi che ne pensate... se per voi devo continuare ;)
Un bacione!
La Vostra Anna

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Capitolo 2
*** Capitolo Due: Kristine Di Angelo. ***


Capitolo Due:
Kristine Di Angelo.

 


 

-Secondo me sei ingiusta- sentenzia Dania, passandosi una mano tra i folti capelli ricci e cercando di dargli una forma “accettabile”, a starla a sentire. Le scocco un’occhiataccia, ma lei continua a tenere gli occhi fissi sullo specchio.

-Non sono ingiusta. Te lo giuro! Era insopportabile. E poi la finisci di parlare di O’ Shea? Già non è stato affatto gentile, poi se ti ci metti pure tu sono a posto!

Lei sospira e lascia perdere i suoi capelli ribelli. Si siede sul divanetto blu della Casa comune e appoggia i piedi sul tavolino, mancando di pochi centimetri il mio compito di Trasfigurazione. Esasperata lo afferro e lo ficco nella borsa, sapendo che se lo lascio lì farà una brutta fine, poi torno al tema di Pozioni.

Lei però non desiste e torna a parlare. Certe volte mi chiedo come diamine abbia fatto a farmi venire l’idea di fare amicizia con lei, al primo anno. Ne sono passati cinque, e sono sopravvissuta, ma adesso sta rischiando grosso. Da cattiva Corvonero quale sono, sono indietrissimo con i compiti, e lei non mi aiuta di certo parlando di Casey che... un secondo. Mia sorella ha fatto cosa?!

-Puoi ripetere?- Le dico interrompendo il suo monologo.

Lei mi fulmina con i suoi inquietanti e bellissimi occhi grigi, ma si degna di aggiornarmi.

-Stavo dicendo, come avresti dovuto aver sentito, che tua sorella è stata beccata all’una di notte in giro al secondo piano da Vitious, e la McGranitt la mattina dopo, cioé stamattina, ha tolto venti punti a Grifondoro. Ora, io mi chiedo come abbiate fatto a finire in due Case diverse! Sembrate così uguali!

-Forse perché siamo uguali?- Mugugno rassegnata.

Lei mi guarda storto.

-Ma va’! Non sono così scema, lo so che siete identiche, cara. Era una frase retorica.

A quel punto sta zitta, fissando il caminetto acceso, e io sospiro sollevata rendendomi conto che ora posso riuscire a finire questo maledetto tema. Per qualche minuto la mia penna graffia la pergamena, mentre il lieve chiacchiericcio dei nostri compagni risuona nell’aria.

Poi una specie di tornado mi investe da dietro, rischiando di farmi rovesciare la boccetta d’inchiostro sulla pergamena. Strillo, e Dania si riscuote dal suo torpore, mentre un sorrisone le compare sul volto abbronzato.

-LUKE!!- Ruggisco, sentendomi sollevare in aria come un sacco di patate.

Una risata maschile, leggera e gradevole si insinua tra le mie ciocche bionde, facendomi sorridere spontaneamente. Come quasi ogni sera, il mio amico mi prende in braccio e salta sul divanetto, sedendosi con me in braccio, rilassato.

-Dania! Era da qualche giorno che non vedevo la tua chioma fluente in giro, amore mio!- La stuzzica lui, e lei per tutta risposta gli fa la linguaccia. Sospiro.

-Se avete intenzione di mettervi a flirtare allora, Luke, lasciami andare, non ho la minima intenzione di assistere a voi due che vi sbaciucchiate!- Ridacchio, e subito uno scappellotto mi arriva sulla nuca, puntale come ogni volta che insinuo che tra i miei due migliori amici ci possa essere qualcosa.

-Zitta tu- mi zittiscono in coro, per poi sollevare gli occhi e fissarsi per due secondi prima di scoppiare a ridere.

Sorrido felice, accoccolandomi in braccio al mio amico.

Luke è un ragazzo simpatico e gentile, anche se non perde occasione per cacciarsi in qualche guaio, più o meno grave, dipende. Ha folti, spettinati capelli biondi e luminosi occhi azzurri.

Appoggio la testa sulla sua spalla, stringendomi nel suo abbraccio caldo, mentre lui e Dania iniziano a chiacchierare. Ascolto distrattamente le loro parole, ma non riesco proprio a stare attenta. Fisso il soffitto dipinto stellato della sala comune dei Corvonero, ma in realtà la mia mente si arrovella per cercare un modo non imbarazzante, anzi, non umiliante, per ringraziare O’Shea. Insomma... non sono io quella antipatica. Conosco le buone maniere, fino a prova contraria.

-Ehi, Kristine, ma tu non devi mica finire il tema?

Sobbalzo e sbattendo le palpebre vedo gli occhi azzurri e perplessi di Luke che mi fissano incuriositi.

Accidenti! Lui e Dania!

Mi sollevo bruscamente, e lo scaccio con uno spintone. Mi chino sul tavolo borbottando quanto sono scemi a farmi distrarre così, mentre Luke ride allegramente, senza preoccuparsi di nasconderlo, tanto che alcuni primini si voltano verso di noi con aria curiosa e imbarazzata. Lancio loro un’occhiata e abbassano lo sguardo, tornando in fretta a leggere sui libri, lasciandomi un po’ perplessa.

Mica li uccidevo se mi guardavano.

Una spalla urta la mia schiena, e sento il respiro caldo di Luke sul collo.

-Tranquilla, fai quell’effetto a tutti nei giorni migliori- bisbiglia.

Io gli tiro una gomitata in pieno stomaco, senza badarlo, mentre Dania piange dal ridere e lui si massaggia il punto dove l’ho colpito, contrariato. Si alza e afferra la mano di Dania, tirandola a sé con una giravolta e facendola finire tra le sue braccia con un sorriso sornione, mentre lei diventa color porpora sulle guance.

-Lasciamola sola a domare i suoi libri, cowgirl!- Scherza, azzardando qualche passo di un valzer mentre si allontanano. Mi sbatto la mano sulla fronte, esasperata. E’ incredibile!! Ha un cervello di un bambino di due anni!!

Sorrido e torno a guardare la pergamena, più tranquilla, mentre lontano, oltre le occhiate basite dei più grandi, sento Dania chiedere a Luke: -Che cos’è una cowgirl?

Trattengo una risatina mentre lui si lancia in un’appassionata descrizione.

Domani Dania rimpiangerà di essere una purosangue senza la minima conoscenza dei Babbani.

 

-Ma... santo cielo... potevi anche dirmelo che era così pazzoide...- ansima Dania, mentre corriamo verso l’aula di Trasfigurazione. Sbuffo, senza fiato, mentre salto due a due gli scalini della rampa di scale.

-Zitta... e corri!- La rimprovero.

Ogni maledettissimo giorno arriviamo in ritardo, per la sua mania di fare la doccia ogni mattina.

Dopo qualche minuto estenuante siamo arrivate, e Dania spalanca la porta, beccandosi l’occhiata irata della professoressa McGranitt. Mi affretto a scivolare al mio posto.

-Signorine! Mi aspetto puntualità! Per stavolta lascio correre, ma ora affrettatevi e aprite il libro alla stessa pagina dei vostri compagni, per favore- ci rimprovera accompagnando le parole con un’occhiata dura, per poi tornare a spiegare.

Sfuggo ai suoi occhi penetranti e mi siedo velocemente di fianco a Monica Jefferson, una ragazza di Grifondoro. Sospiro felice e tiro velocemente fuori il libro dalla borsa, sfogliandolo a caso e puntando gli occhi sulla professoressa.

↜↝↜↝↜↜↝

Michael:
 

Infilo la borsa sulla spalla, alzandomi. Precedo Jace fuori dalla classe, ansioso di uscire dall’aula di Storia della Magia. Merlino, mi stavo addormentando sul libro! Jace mi affianca mentre percorriamo il corridoio, scansando ragazzi e ragazze.

-Cavolo, Ruf oggi era più noioso del solito! Hai visto Sean? Si è addormentato e non se ne è neanche accorto! Dovrebbero sostituirlo, come insegnante non vale una falce- borbotta, per poi sfoderare un sorriso seducente in direzione di una ragazzina Tassorosso, che arrossisce e abbassa lo sguardo sorridendo.

Rifilo al mio amico uno schiaffo sulla nuca, e lui mi guarda contrariato.

-E’ troppo piccola, imbecille! E ora muoviti, siamo in ritardo a Cura delle creature magiche- grugnisco affrettando il passo, tanto che Jace fa fatica a starmi dietro. Mentre usciamo dal portone e ci dirigiamo verso il limitare del bosco davanti e dietro di noi si affrettano piccoli gruppi di ragazzi Corvonero.

L’aria di dicembre è gelida, e mi punge le guance, ma nonostante il freddo è una bella giornata.

-Uff, con i Corvonero! Non capisco perché non ci hanno condiviso le lezioni con i Tassorosso! Le ragazze sono più carine! Anche le Grifondoro non sono male... hai visto quant’è cambiata la Perry durante l’estate? Le stavano meglio i capelli neri, ma anche castana non è niente male...

Alzo gli occhi al cielo, trovando improvvisamente interessante una nuvola bianca. Se non mi distraggo Jace farà una brutta fine. Sta parlando un po’ troppo per i miei gusti. E poi di cosa? Ragazze, ragazze, sempre ragazze! Per Morgana, non è capace di stare zitto per cinque secondi?!

A quanto pare no, visto che comincia a chiamarmi come una bambina isterica.

-Michael! Michael! Guarda là!!

Trattengo un ringhio e uno schiaffo e mi riprometto di fargliela pagare dopo. Per ora meglio assecondarlo, altrimenti non la finirà più. Mi volto verso di lui, scocciato.

-Che diamine c’è ora?!

Lui mi rivolge un ghigno, passandosi una mano tra i capelli biondi e ammiccando.

-Di Angelo! Sta venendo verso di teee! Hai fatto colpo!

-Chi, la Mezzosangue?- Chiedo sbuffando.

Lui sorride e frena di botto, aggregandosi a un paio di ragazzi Serpeverde.

Io abbasso le spalle e ficco le mani nelle tasche, sospirando profondamente. Non che mi dispiaccia quella ragazza, ma... be’, mio padre non sarebbe contento di sapere che sono amico di una Mezzosangue e farebbe di tutto per rendermi la vita impossibile. Perciò le sono sempre stato alla larga, anche quando al secondo anno ha cercato di fare amicizia con me.

-Ehm... O’ Shea? Posso parlarti un secondo?- Mi raggiunge la sua voce dolce.

Trattengo un sospiro.

-Sto andando a lezione, Di Angelo, non vedi? Preferirei stare da solo.

A quel punto mi affianca. Le getto una rapida occhiata. Accidenti se è piccola. Mi arriva appena alla spalla. I suoi lunghi capelli biondi sono legati in una treccia ma alcune ciocche le ricadono ai lati del volto gentile, arrossato.

Mi accorgo che mi sta fissando, e distolgo lo sguardo dai suoi occhi verdi e intensi.

-Solo un minuto- insiste.

Mi arrendo sbuffando. Il fiato si condensa davanti alla mia faccia in una nuvoletta candida. Posso sopravvivere, dai, siamo quasi arrivati.

-E va bene! Che c’è?

Lei resta in silenzio per qualche secondo.

-Uhm... be’, io volevo... ringraziarti... per... ieri, credo.

Mi viene da ridere. Come fa a non sapere cosa dire? Merlino, è assurdo! La fisso con un sorrisino e lei arrossisce, stringendo i pugni nelle tasche del giubbotto.

-Solo questo?

Si volta verso di me, con lo sguardo corrucciato.

-Sì, be’... cos’altro avrei da dirti?

Alzo le spalle, indifferente.

-Mah. Potevi anche risparmiarti il disturbo...

-Ah, bene! Allora vado via e non ti guarderò nemmeno, contento?- Esclama offesa, prima di rallentare e sparire dal mio fianco.

Resto interdetto. Nervosetta... se almeno mi avesse lasciato finire la frase... avrei voluto dire “Potevi anche risparmiarti il disturbo di venire a cercarmi per una sciocchezza simile.”

Va be’, a quanto pare non era dell’umore giusto...

E improvvisamente il mio, di umore, precipita, quando mi rendo conto di essere arrivato e vedo il sorriso che Hagrid ha dipinto in faccia. Oh, no.

Sarà una sofferenza eterna.



AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Salvee!
Come state? 
Allora, lo so che questo capitolo è corto... il prossimo sarà più lungo ;)
Spero vi piaccia... ho qualche dubbio.
Qui però cominciamo a conoscere il nostro Michael... e Jace, sì. Lo adoro già ^^
be'... ditemi voi.
Un bacio!!
Grazie a chi legge, recensisce e ha iniziato a seguire questa storia! Ma... una recensioncina per stasera me la fate? Almeno? ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre: Tutto per un libro ***


Capitolo Tre:
Tutto per un libro.


Sabato. Sia benetto chi ha inventato la regola che il sabato non si fa scuola.

Sono rintanata sotto le due coperte e il piumino nella mia stanza. Mi giro su un fianco, affondando la faccia nel cuscino, ma prima che possa riaddormentarmi una luce intensa mi colpisce in pieno viso.

Mugolo e mi tuffo sotto il cuscino, mentre le tende attorno al mio letto vengono scostate.

-Buongiorno!- Trilla la voce della mia compagnia di stanza, Samantha.

-'Gionno- biascico sbadigliando.

Sento il materasso sprofondare sotto il suo peso e quello di altre tre ragazze, Dania, Bianca e Rose.

-Dai, svegliati, pigrona! Dobbiamo scendere a fare colazione e poi tutte a fare una bella passeggiatina!- Cinguetta Samantha, tirando via dal mio corpo le coperte. Trasalisco, mentre l'aria fredda mi colpisce come uno schiaffo, e cerco di afferrare di nuovo il piumino, ma niente da fare.

-Merlino!- Strillo scattando addosso alla mia amica, mentre lei ride.

Finiamo per terra, rotolando. Lei mi blocca i pugni per impedirmi di prenderla a schiaffi, ridendo a crepapelle. Ogni sabato si ripete sempre la stessa scena, e devo dire che è davvero confortante sapere che in tutti questi anni non è cambiato niente.

-Finitela, voi due!- Ci riprende Rose con il suo accento russo, afferrandoci entrambe per la collottola e rimettendoci in piedi senza sforzo. La guardo sorridendo, ancora assonnata. E’ molto alta e flessuosa. I suoi lunghissimi capelli lisci e neri sono raccolti in una treccia morbida. I suoi occhi azzurri scintillano e le sue labbra carnose trattengono a malapena un sorriso. La pelle è color caffellate, e mi ricordo che la prima volta che la vidi fui subito assalita da una violenta vampata di gelosia. Anche da bambina era bellissima.

Mi ha detto di essere arrivata in Inghilterra a otto anni dalla Russia, suo paese natale.

Ha un fratello, Dimitri, ma non l’ho mai visto. Dalle foto che ci ha fatto vedere, però, è se possibile ancora più bello della sorella.

Senza dire niente Rose ci lascia andare e io mi butto sul letto a pancia in giù, rovistando pigramente nel baule alla ricerca di qualche vestito pulito. Dania inizia a chiacchierare allegra, mentre Sammy va davanti allo specchio e inizia a pettinarsi. Ha lunghi capelli castani che le arrivano appena sotto alle spalle, un viso a cuore e due dolci occhi a metà tra il marrone e il grigio.

Bianca invece si immerge nella lettura di un libro.

Qualche minuto dopo, quando sto ancora rovistando nel baule cercando i miei jeans preferiti, sento la sua voce dolce.

-Kristine, i tuoi jeans sono sulla sedia.

Alzo gli occhi e guardo dove ha detto lei. Ah, già. Ha ragione. Mi alzo e scavalco Dania, interrompendo il suo discorso su non so neanche cosa, e salto a terra. La moquette scura mi fa il solletico, e arrivo in un paio di passi vicino al letto di Rose. Afferro i pantaloni e li infilo in un’istante, schivando la maglia a maniche lunghe, grigia, che Dania mi tira addosso.

La afferro al volo e con un sorriso me la metto.

-Siamo pronte? Ho fame, andiamo a mangiare, ragazze!- Salta su Dania, quando finalmente io ho smesso di vorticare dappertutto e Samantha ha sistemato i suoi capelli. Bianca alza gli occhi scuri dal libro -così scuri che dopo sei anni non riesco ancora a capire se siano neri o del colore della cioccolata calda.

Cioccolata calda.

Il mio stomaco brontola e mi fiondo sul pianerottolo, scendendo le scale in un’istante.

La Sala Comune è tranquilla e in ordine come al solito, ma i miei occhi vengono subito attirati da un ragazzo alto e biondo che chiacchiera tranquillo con un’altro, più basso.

Sorrido malignamente e corro verso di lui, saltandogli addosso.

Luke strilla e barcolla sotto il mio peso, mentre io mi avvinghio alle sue spalle. Il ragazzo -ora lo riconosco, si chiama Cameron e lo conosco abbastanza bene- si sposta velocemente dalla sua traiettoria e Luke, poveretto, dopo qualche inutile tentativo di restare in piedi cade a terra.

Scoppio a ridere, mentre sento le risate delle mie amiche raggiungermi alle spalle.

Luke si dimena e, non so come, riesce a voltarsi, finendo supino, con me seduta sul suo petto.

Mi guarda seccato, incrociando le braccia sopra alle mie gambe.

-Scema- dice laconico.

Cameron scoppia a ridere e mi tende una mano per aiutarmi ad alzarmi, sorridendo. La accetto e in mezzo secondo mi ritrovo appiccicata a lui, che arrossisce. Gli faccio un sorriso a trentatré denti. Ha un viso da bambino, con lunghi ciuffi di capelli castani sparati dappertutto, ma gli occhi marroni sono seri e maturi.

-Grazie, amigo- borbotta Luke quando, scostandomi con gentilezza, aiuta anche lui a rimettersi in piedi. Luke è fissato, oltre che coi cowboy, anche con la Spagna.

-De nada- risponde sorridendo Cameron, e il mio amico lo guarda piacevolmente sorpreso.

-Sei spagnolo?

Cameron si stringe nelle spalle, ficcandosi le mani nelle tasche della felpa nera, con le guance rosa.

-Mia madre è spagnola...

-Ossignore, qui non la finiamo più- sospira Dania, poi si catapulta tra i due, interrompendo il ragazzo.  Con forza pianta sul petto di entrambi una mano e li guarda con un’espressione quasi omicida sul suo bel visino innocente. Be’, innocente mica tanto.

-Se volete rimanere qui tutta la mattina a parlare di Spagna e spagnolosità vi consiglio caldamente di lasciar perdere, perché io ho fame. E quando ho fame, sapete come divento- esordisce con un sorrisino.

-Insopportabile- mormora Rose.

-Pignola- rincara Bianca, passandosi una mano tra i suoi corti capelli neri.

-Pericolosa- precisa Sammy.

-Isterica- concludiamo io e Luke in coro.

Dania scocca un’occhiata assassina a tutti quanti, poi si gira e marcia impettita verso l’uscita.

-Be’, se voi volete morire di fame non c’è problema.

-No no- mormora in panico Sammy. -Arriviamo, sissignora!- Urliamo tutti rincorrendola e scoppiando in una fragorosa risata. Agguanto il braccio di Cameron e me lo trascino dietro, mentre numerosi studenti più grandi chini sui libri ci scoccano occhiate torve.

 

A colazione mi siedo tra Cameron e Rose. Sono quasi le nove del mattino e c’è ancora un sacco di gente ai tavoli che mangia e ride allegra. Appena prendo posto mi appaiono davanti una torta al cioccolato, del succo, salsicce, verdure, dolci e chi più ne ha più ne metta.

Guardo un pochino disgustata Dania, che si serve del bacon.

La mia famiglia è italiana, e mia madre non mi ha mai abituata a fare colazione all’inglese. Ho sempre mangiato latte e cereali o muffin e torta con caffellatte. Lei ricambia la mia occhiata con sfida, facendo tintinnare il bicchiere di vetro mentre lo urta con il piatto stracolmo.

-Kristine, per me la tua colazione è strana quanto la mia lo è per te, quindi non fare quella faccia!

-Va bene, va bene!- Batto rapidamente in ritirata, e Dania sorride soddisfatta, mandandomi un bacio con due dita. Si tuffa nel suo piatto, e io mi taglio una bella fetta di torta. Sto morendo di fame...

-Cavolo, Kristine! Attenta, poi rischi di diventare un...- blocco sul nascere la presa in gira di Luke scoccandogli un’occhiata feroce. Nessuno può permettersi di insultare la mia torta!!

-Dicevi?- Gli chiedo candidamente, e lui scuote la testa.

-Uhm... niente, niente.

-Bene tesoro- gli sorrido e lui ricambia il mio sorriso.

Per un po’ nessuno parla, poi Rose prende la parola.

-Ragazzi? Devo chiedervi una cosa.

La guardiamo tutti attentamente, e lei pare un po’ in imbarazzo.Inizia a giocherellare con la forchetta, tormentando un povero pezzo di pane e marmellata alle fragole.

-Per le vacanze di Natale... manca qualche settimana, e i miei mi hanno dato il permesso di invitare a casa i miei amici... quindi vorrei che veniste a casa mia. Anche tu, Cameron, ovviamente- aggiunge vedendo il ragazzo abbassare lo sguardo, sottolineando l’ovviamente.

Lui alza lo sguardo.

-Davvero?- Chiede titubante.

Lei gli sorride.

-Ma certo. Solo ci sarà anche mio fratello Dimitri, ma non credo sarà un problema. E’ curioso di conoscervi.

Le sue parole sono accolte dal silenzio. Mi sforzo di inghiottire velocemente un boccone del dolce, strofinando le dita piene di glassa sul tovagliolo.

-Io chiedo ai miei, ma sono sicura che mi daranno il permesso- affermo.

Rose mi sorride, e a turno anche gli altri si dicono d’accordo.

Perfetto. Vacanze programmate con i miei migliori amici. Ci sarà da divertirsi. Potremmo fare qualche scherzo a Luke... di solito non sono tanto spericolata, ma con lui il mio lato ribelle si risveglia. E’ una specie di guerra amichevole che dura dal terzo anno, da quando lui mi aveva chiamata “Chris”, come un maschio, e io gli avevo gettato il succo di zucca in faccia.

-Kristine?- Bianca mi riscuote dai miei pensieri. La guardo mentre si tormenta una ciocca dei suoi capelli neri, a caschetto, più corti dietro e più lunghi davanti.

-Mmh?

Lei mi rivolge un sorriso debole.

-Sapresti dirmi perché O’Shea ti sta fissando?

Mentre parlava mi ero portata il bicchiere alle labbra, e per poco non mi strozzai. Cameron mi batté la schiena, e grazie a quel tesoro riuscii a non strozzarmi.

-SCUSA?!- Esclamai forse a voce un po’ troppo alta visto che molti ragazzi ai tavoli attorno a noi si voltano a guardarmi. Mi abbasso subito oltre la spalla di Cameron, imbarazzata, con le guance rosse.

-Zitta, Kristine!- Sussurra Bianca trattenendo a malapena le risate.

-Grazie, se ti mi dici che... oh, lasciamo perdere! O’Shea mi sta fissando?!- Esclamo in panico.

No no no no no. Io non lo voglio neanche vederlo più dopo che mi ha trattata in quel modo! E’ stato davvero scortese! Per non dire che mi sento ancora in imbarazzo a ripensare a quello che è successo a Pozioni... lui che mi ha portata in braccio in infermeria?! Morgana, non riesco nemmeno a immaginarlo! Che imbarazzooo...

-Oddio Kristine! Si sta alzando... oh mammaa! Viene verso di qua- interviene Luke, scimmiottando i modi ansiosi di Dania quando si parla di ragazzi, rendendo più acuta di alcune ottave la voce e sgranando i suoi begli occhioni azzurri. Lei gli tira una gomitata nelle costole e lui geme sbuffando, afflitto.

Sorrido, dimenticandomi per un’attimo dell’imminente -e imponente, perché O’Shea è imponente- problema.

Ma che aspettano Dania e Luke a mettersi assieme?

-Di Angelo?

Trasalisco a quella voce profonda, leggermente roca per il nervosismo o l’irritazione, non so.

Mi volto velocemente, facendo sbattere il mio ginocchio control quello di Rose, che mi lancia un’occhiata scettica. Oh.

O’Shea è in piedi dietro di me, sul volto un’espressione irritata e nervosa. Indossa una maglia a maniche lunghe blu che, devo ammetterlo, gli sta molto bene. I suoi occhi neri si puntano nei miei con intensità, e con un piccolo cenno del capo mi fa capire che vuole andare più in là. Confusa, con i pensieri in subbuglio, mi alzo, rischiando di inciampare nella panca di legno. Sorprendentemente riesco a rimanere in piedi senza cadere, ma un sorrisino si fa strada sulle labbra rosa di O’Shea, che suo malgrado si tirano per trattenere un sorriso. Si volta e si avvia verso l’entrata della Sala Grande.

Mi giro verso i miei amici. Tutti hanno gli occhi sgranati e sono basiti. Mi giro di nuovo, a disagio, e cammino velocemente per seguire il Serpeverde. Perché tutti all’improvviso ci stanno fissando, per Merlino?!

All’improvviso sembra calare il silenzio nella Sala e tanti, molti, troppi occhi si puntano su di me. Punto lo sguardo su O’Shea, e corrugando la fronte mi accorgo che in mano ha qualcosa... un piccolo quadernino? Sembra un libro... boh.

QUando siamo pressoché fuori dalla sala la nostra traiettoria viene intercettata da un gruppo di ragazzine ridacchianti. Addio privacy. Si fermano nel bel mezzo del passaggio a chiacchierare, e sono un cospicuo gruppo. Noto che un paio di loro sono di Serpeverde e lanciano occhiatine a O’Shea, che lancia loro un rapido sguardo prima di voltarsi. Mi fermo. Siamo già troppo vicini, sono costretta ad alzare la testa per guardarlo in faccia.

Ogni traccia di sorriso scompare dal suo volto, che rimane impassibile. Faccio un paio di passi indietro, involontariamente.

-Hai dimenticato nel laboratorio di Pozioni il tuo libro. Il professor Piton mi ha chiesto di ridartelo- dice tranquillo, porgendomi il quaderno. Ah, sì, adesso lo riconosco.
Allungo diffidente la mano e afferro il libro nero, mentre sento le sue dita sfiorare il mio dorso della mano. Resto fulminata dal calore e dalla morbidezza della sua mano. Alzo lo sguardo sorpresa, ma lui si affretta a ritirare la mano con una piccola smorfia e la bocca stretta in una riga sottile. Dopo un’istante mi ricordo delle sue idee sul sangue puro. Probabilmente gli fa schifo toccare una mezzosangue come me.

I suoi occhi neri come il ciondolo d’ossidiana che porto al collo si puntano sul mio viso.

-Be’... uhm, grazie- balbetto arrossendo e spostandomi in modo automatico una ciocca dei miei capelli biondo scuro dietro l’orecchio. Lui fa un sorriso debole, ma vero.

-Niente. Ci vediamo a lezione. E la prossima volta ricordati di prendere i libri, non ho intenzione di farti da postino!- Aggiunge poi, voltandosi e allontanandosi. Fisso per un po’ la sua sagoma svettare su tutti i passanti, poi mi accorgo di una quindicina di occhi puntati su di me. Giro lo sguardo e sorprendo le ragazzine a fissarmi. Sono di Tassorosso e Grifondoro, oltre alle due Serpeverdi che ho visto prima. Mi stanno fissando tutte.

-Be’, che c’è?- Sbraito avvampando di disappunto. -Non posso aver dimenticato un libro?! Muovetevi che bloccate tutto!
Sussultano e si dileguano velocemente, borbottando complimenti poco lusinghieri su di me.

Bah. Ho capito che O’Shea è carino, ma popolare fino a questo punto?

Mi volto per vedere se i miei amici mi raggiungono, ma incrocio un altro paio di occhi.

Molto più scuri rispetto a quelli delle bambine, molto più severi e impassibili.

Molto più intimidatori.

Il professor Piton mi sta fissando dal tavolo, dove è seduto accanto alla McGranitt.

Rabbrividisco intimorita e faccio un passo indietro, voltandomi e correndo via, il volto in fiamme.
E tutto per un libro!
↜↝↜↝↜↜↝
 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Salvee!
Nonostante i miliardi di compiti ce l'ho fatta. Sono felicissima!!
Allora che ve ne pare?
In questo capitolo conosciamo meglio le amiche di Kristine e il rapporto che ha con alcuni di loro... e poi Michael fa la sua apparizione, per quanto breve necessaria. ^^ 
Ringrazio chi si è preso il rischio di mettere questa storia tra preferite, seguite e ricordati, chi legge in silenzio e (che bello!!) chi recensisce!!
Ditemi che ne pensate...
Un bacione!
La vostra Anna

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro: Strana, nuova amicizia. ***


Capitolo Quattro:
Strana, nuova amicizia.


Rose si siede davanti a me, all'estremità del tavolo di Corvonero. Alzo gli occhi dal mio piatto e la guardo stupita, mentre prende un piatto pieno di salsicce e ne prende un bel po’. Va bene che stamattina non ha fatto colazione, come tutte le domeniche, ma non è un po’ troppo per pranzo?

-Dov’eri finita?- Chiedo decidendo di lasciar perdere l’argomento “cibo”.

Sarebbe una causa persa.

Lei mi sorride, e noto che i suoi occhi azzurri brillano felici.

-In guferia. Dimka mi ha scritto una lettera- mi spiega, versandosi del succo di zucca nel bicchiere. Aggrotto le sopracciglia.

-Dimka?- Chiedo poco convinta.

Lei annuisce, finendo di bere tutto d’un fiato il succo. Posa il bicchiere e mi guarda inclinando la testa.

-Dimitri! Mio fratello! E’ il suo soprannome! Sveglia, Kristine! Sei ancora addormentata?- Mi riprende giocosamente, tuffandosi di nuovo sul suo pranzo. Sventolo la mano per aria, seccata.

-Sì, scusa. Ehm, che ti ha detto?

Lei alza le spalle, ma è evidente che le fa piacere di parlarne. Abbasso lo sguardo sul mio pasticcio di carne, quasi finito. Ogni tanto annuisco per farle capire che sto ascoltando.

-Dice che mamma è riuscita a trovare lavoro in un ristorante, e la pagano bene. E’ felice. E papà... tutto a posto. Anche il suo lavoro va bene...

-Però?- La incalzo, sentendo nella sua voce una nota esitante.
Rose stringe le labbra, trattenendo un sorriso. Lascia cadere la forchetta, che rimbalza sul bordo del piatto con un suono cristallino, e si fruga nelle tasche. Dopo qualche secondo tira fuori una lettera piegata in quattro e me la porge. Lascio le posate e mi pulisco le mani col tovagliolo, prima di prenderla. Guardo Rose interrogativa, e lei con un cenno del mento mi fa segno di aprirla.

Merlino, ma Dimitri ha una calligrafia bellissima!, Penso prima di iniziare a leggere.

 

Roza!

Come stai? Mi manchi tantissimo, sorellina! Ad Hogwarts tutto bene? Spero di sì.

A casa è tutto a posto. Mamma è riuscita a trovare lavoro come cuoca in un ristorante, e la pagano anche bene, quindi è tutto a posto. Ricordi che papà era sempre arrabbiato? Adesso è più sereno.

Hai chiesto ai tuoi amici per le vacanze?
C’è una novità.

Nostra cugina ha appena avuto la bambina, si chiama Tanya. Io sono appena tornato dalla Russia, mamma e papà andranno da loro a Natale, quindi non ci saranno. Avremo la casa tutta per noi, spero che questo ti faccia felice, e lo so che ti fa felice, ti conosco. Poi mamma e papà chiederanno alla preside McGranitt un permesso per qualche giorno per te, così andremo a trovare la piccola Tanya tutti insieme con più calma.

Tu come stai? Come va con i professori? Le tue amiche?

Poi sotto c’è scritto qualcosa di incomprensibile che, deduco, è russo. Restituisco il foglio a Rose, sorridendole.

-Capisci?- Dice lei afferrando il foglio, con un sorriso che le illumina tutto il volto. -Sono diventata zia, e poi a Natale saremo noi e Dimitri! Più di così non si può desiderare! Ah, ma dove sono Dania e le altre? Non le ho viste da nessuna parte!- Aggiunge, dopo aver finito di mangiare l’ultimo boccone.

Mi alzo e con un salto e un’occhiataccia da parte di alcuni professori seduti al loro tavolo Rose salta dalla mia parte della tavolata. Cominciamo a camminare verso la porta d’ingresso.

-Allora, Dania e Bianca sono ad Hogsmeade, credo... sai che oggi c’era l’uscita. Poi Samantha è con i suoi amici Grifondoro, ma non saprei dove...- mi interrompo sentendo delle strilla acute provenire dal corridoio alla nostra destra. Scambio un’occhiata perplessa con Rose e insieme ci avviamo verso la fonte del rumore. Appena svoltiamo l’angolo ci ritroviamo davanti a una scena bizzarra.

Gruppi di studenti, sia piccoli che grandi, formano un nutrito gruppetto attorno alla Preside McGranitt e a una studentessa di spalle, che discutono animatamente. Io e Rose ci avviciniamo e resto basita nel riconoscere la mia gemella. Non vedo il suo volto, ma sembra parecchio arrabbiata, visto che stringe i pugni fino a far diventare le nocche bianche e ha le spalle rigide.

La professoressa, però, è molto peggio. Il suo sguardo di ghiaccio è fisso su Casey, la bocca stretta in una linea sottile a malapena visibile. E’ furente a dir poco.

-Non ne ho la minima intenzione, professoressa!- Sbraita Casey.

La McGranitt incrocia le braccia, gelida. Parla con un tono di voce calmo e imperioso, calcando la voce sulle parole quando ce n’è bisogno. Noi tutti ascoltiamo in un silenzio religioso.

-Signorina Di Angelo, se non vuole essere bocciata sarà meglio che accetti senza fiatare quello che ho deciso per il suo bene. Sono solo delle lezioni supplementari di Pozioni, e in più avrà sua sorella in classe! Cosa c’è di tanto terribile?! Serve a lei, non a me. Se posso permettermi, ho preso questa decisione soltanto perché ritengo che farla bocciare sarebbe un’inutile spreco di risorse per lei e per la sua famiglia. Non la prenda così male, e soprattutto non si azzardi mai più a rivolgersi a me con questo tono. Sono stata chiara?- Conclude la Preside.

Casey prende un respiro enorme, e sibila un “sì” poco convinto.

La McGranitt sorride, sciogliendo appena la durezza nel suo sguardo.

-Stia tranquilla, potrà chiedere aiuto a Kristine o a me, se ne ha bisogno. E ora scusatemi- aggiunge ad alta voce, facendo capire a tutti che la scenata è finita. Si gira e se ne va, con il lungo mantello blu che le ondeggia sulle spalle, mentre gli studenti si scansano e la fanno passare rivolgendole sguardi stupiti e rispettosi. Casey si volta, e si accorge di me. Siamo una di fronte all’altra. Ha la bocca serrata, le guance rosse e gli occhi che sembrano mandare scintille. Mi scocca un’occhiata fulminante, ma io la guardo tranquilla, per niente scalfita dalla sua rabbia. Ogni santa volta è così. Ormai ci ho fatto l’abitudine.

Si avvicina a grandi passi, scansando gli altri ragazzi, fino ad arrivare a me, e mi spinge di lato, prima di passare tranquillamente avanti. Io barcollo, colta di sorpresa. Rose mi afferra prima che possa farmi male e mi sorregge, mentre stavolta io fulmino la schiena di Casey con lo sguardo, mentre si allontana e sparisce.

Quando fa così non la sopporto!! Se la prende con chiunque le capiti sotto mano...

-Lascia perdere- mi consola Rose, accarezzandomi la schiena con dolcezza. -Lo sai com’è fatta tua sorella. Poi verrà a chiederti scusa, devi solo lasciare che sbollisca la rabbia.

Sbuffo e mi volto, per urtare la spalla di uno studente massiccio.

Barcollo di nuovo, e di nuovo Rose accorre in mio aiuto. Riprendo l’equilibrio e apro la bocca per scusarmi.

-Scus...

Mentre parlo lo studente si volta e mi fulmina, e io resto bloccata. O’ Shea. Merda.

-Di Angelo!- Sbotta infastidito, guardandomi torvo, -ma sei capace di non camminare come se fossi ubriaca?

I suoi occhi di ossidiana mi inchiodano lì, al mio posto, e stranamente non riesco a ribattere. Ho come la bocca chiusa, e non per mia volontà. Mi sento arrossire, ma non so se di imbarazzo o disappunto, mentre le labbra rosa di O’ Shea si curvano verso l'alto. Il mio cuore triplica la velocità dei battiti, ma quando una risatina giunge ale mio orecchie mi riscuoto. Sposto lo sguardo dagli occhi profondi e divertiti della Serpe alle sue spalle, dove Jace Stoll sta ridacchiando. Si tappa la bocca con la mano per trattenersi sotto al mio sguardo, ma è evidente che non ci stia riuscendo benissimo. Per rimediare mi strizza l'occhio, sorridendomi e passando una mano nei suoi lunghi capelli biondi.

-Non credo ci sia da discutere sulla capacità di Kristine di camminare, visto che per i sei anni in cui l'avete vista nessuno di voi due l'ha vista inciampare- replica con tranquillità Rose, e per un momento la invidio. Come fa a restare così impassibile? Beata lei. O' Shea la guarda, vagamente interessato, ficcando le mani nelle tasche dei jeans neri.

Attorno a noi si è formato un’altro fitto cerchio di gente, e mi sento un po’ a disagio con gli occhi di tutti fissi su di noi.

-Kozlovsky, non è esatto. L'ho vista inciampare una decina di volte.- Afferma la Serpe spostando lo sguardo da lei a me. Stoll, dietro di lui, alza gli occhi al cielo, gonfiando comicamente le guance e sgranando gli occhi.

-Scusate, potremmo piantarla di parlare del mio equilibrio? Questa conversazione è ridicola- sbotto incrociando le braccia al petto, infastidita.

-Questa conversazione è ridicola, Di Angelo...- comincia O’ Shea con un sorrisetto maligno.

-Semplicemente per il fatto che ci stiamo parlando, sì sì, bla bla bla, andiamo Michael, ho un'appuntamento con una deliziosa ragazza del quinto anno, muoviti! Statemi bene, ragazze!- Ci saluta allegro Jace, afferrando la spalla del suo amico e spingendolo via. Ci manda un bacio volante e si gira ridendo, facendosi largo tra i ragazzi.

Resto a guardarli incredula.

-Dai, Kristine, andiamo. Ti va di andare ad Hogsmeade?- Mi chiede Rose, afferrandomi il braccio e portandomi via da lì. Svoltiamo in un corridoio laterale, e io scuoto la testa.

-No, non mi va. Vai tu se vuoi. Io vado in biblioteca...- dico poco convinta.

Rose sbuffa e sorride.

-Se credi che ti lascerò ad ammuffire nella biblioteca con Madama Pince, allora ti sbagli, ma di grosso. Dai, almeno esci un po’!

Alzo gli occhi al cielo, piacevolmente sorpresa dall’insistenza della mia amica. Saliamo le scale, mentre io mi arrendo.

-D’accordo, uscirò. Tu vai comunque al villaggio?

-Sì, devo prendere un paio di cose da Mielandia...

Restiamo in silenzio, e mentre le scale girano su se stesse io mi perdo ad osservare alcuni dei ritratti appesi alle pareti. Alcuni, come una giovane donna che tiene in braccio un neonato, mi gettano brevi occhiate disinteressate. Altri, come un vecchio mago con uno strambo cappello in testa, mi sorridono e mi seguono con lo sguardo.

 

Ho salutato Rose e ora sono seduta sulla sponda del lago, sulle radici contorte di un vecchio salice centenario. Non fa freddo, per essere in inverno, anche se il parco è innevato. L’aria è fredda ma non punge la pelle come un paio di giorni fa, mentre andavo a Cura delle creature magiche...

Abbasso lo sguardo sulle mie ginocchia, dove sono posate una penna babbana e dei fogli di pergamene. Dovrei scrivere alla mia famiglia, ma cosa? Che in questi ultimi giorni Casey è particolarmente irritabile? Che continuo a litigare con un Serpeverde? O che sono svenuta durante Pozioni? Mmh, questo meglio di no. Mamma si spaventerebbe.

Visualizzo il suo volto gentile e paffuto, circondato da lunghi capelli castani, sempre sorridente e affettuoso, e una morsa di nostalgia si fa sentire allo stomaco. Sospiro e penso a papà e al mio fratellino di tre anni, Alec.

Con un sorriso mi metto a scrivere, e cinque minuti dopo ho riassunto la mia settimana, omettendo, ovviamente, qualche piccola cosa superflua tipo lo svenimento e l’infermeria. Piego la lettera e la infilo in tasca assieme alla penna, poi mi stringo nella giacca morbida e calda e prendo a fissare la superficie trasparente e liscia del lago. Senza neanche rendermente conto ho tirato fuori la mia bacchetta dalla tasca e me la rigiro tra le dita.

Dodici pollici e mezzo, sorbo, piuma di fenice, leggermente elastica.

Sorrido nel ricordare come mi ero sentita sperduta nell’incontrare per la prima volta il signor Olivander... però aveva degli occhi enormi!

Mormoro un’incantesimo e dalla punta della mia bacchetta scaturisce un fuoco blu. In poco tempo, tenendolo a poca distanza dai palmi delle mani, mi sono riscaldata.

-In teoria non si dovrebbe usare questo tipo di incantesimo qui nel parco, ma visto che insisti proprio così tanto allora mi unisco felicemente a te!- Sussulto alla voce allegra alle mie spalle, e un secondo dopo Jace Stoll si siede al mio fianco con un sorriso, che mi sembra più un ghigno divertito, dipinto in faccia.

Lo guardo di traverso e lei mima un bacio increspando le labbra. Arrossisco leggermente e torno a guardare le fiamme del piccolo fuoco, spostandolo con un cenno della bacchetta più vicino a lui.

-Grazie- dice sorridendo.

Guardo il Serpeverde, che si appoggia rilassato al tronco del salice, appoggiando la spalla alla mia. Solo perché è stravaccato sulle radici le nostre teste sono allo stesso livello. Lo osservo attentamente. Occhi furbi di un azzurro brillante, capelli biondi sempre spettinati e lunghi fino alle spalle, zigomi alti, naso dritto e pelle pallida. E’ alto e magro, di certo non massiccio come il suo caro amico O’ Shea. E’ bello, decido infine, riportando lo sguardo davanti a me. Appoggio la testa al legno dell’albero, e restiamo così, in silenzio, per minuti e minuti.

ll primo a parlare è lui, con quel suo tono scanzonato e ironico che lo contraddice.

-Ti chiedo umilmente scusa per la scenata di prima- dichiara.

Non riesco a trattenermi. Scoppio a ridere, e sento che lui si volta interrogativo verso di me.

Mi mordo le labbra per smettere, ma niente da fare. E’ assurdo. Mi piego in due, e Stoll sposta rapidamente il fuoco per impedirmi di bruciarmi.

-Va bene, dolcezza. Quando hai finito avvisami- fa, sarcastico, una manciata di secondi dopo, quando vede che non smetto di ridere e ho le lacrime agli occhi. Stringo i pugni e il lieve dolore delle unghie che affondano nella pelle mi fa tornare seria. Mi asciugo gli occhi lacrimanti.

-Scusa- ridacchio -ma è assurdo.

Stoll mi tira una brutta occhiata, ma dalle sue labbra sottili, contratte, capisco che si sta trattenendo dal sorridere.

-Cosa sarebbe assurdo?- Chiede inarcando un sopracciglio.

Lo guardo male.

-Tu. Le tue scuse. Avanti! Un Serpeverde che chiede scusa? Mai sentito! Soprattutto quelli della tua compagnia!

Lui fa un sorrisino ironico, spingendo il fuocherello azzurro verso di me. Lo freno alzando la mano, mentre il ragazzo sposta le mani sulla nuca. Incrocio le gambe, mentre il calore delle fiamme lambisce le mie mani senza scottarmi, cacciando via il freddo.

-La mia compagnia? Quale sarebbe la mia compagnia?

-Tu, O’ Shea, il ragazzo con i capelli neri corti... quello che è assente da una settimana...

-Si chiama Jason. Jason Warlock- puntualizza lui.

-Esatto, lui. Principalmente siete voi tre.

-Mmh. E come fai a sapere tutte queste cose, Kristine? Non è che ti interesso...- insinua con un sorrisino scaltro. Resto a bocca aperta e avvampo, imbarazzata, col cuore in tumulto. Forse lo sente anche lui...

-O forse- aggiunge, allargando il sorriso, -ti interessa O’ Shea. No?

Adesso sono diventata viola, suppongo, visto che scoppia a ridere di gusto.

Mi alzo seccata e mi volto, cercando di defilarmi velocemente, ma la sua voce -mischiata alle risate- mi raggiunge.

-Ehi, no, bella! Dove vai? Non ho finito!- Non ascolto quel... deficiente, e continuo a camminare imperterrita, ma pochi secondi dopo mi sento avvolgere per la vita e sollevare per aria. Strillo, aggrappandomi alle braccia di Stoll che mi stringono in una presa di ferro, e mi dimeno. Però è troppo forte, e neanche le mie proposte ottengono qualcosa.

-Stoll lasciami!- Protesto arrossendo, mentre una risata calda mi arriva all’orecchio.

-Mai! Prima devi promettermi che uscirai con me alla prossima gita a Hogsmeade!- Mormora la voce calda e dolce del Serpeverde. Rimango basita, stupita, sorpresa, stupefatta, e chi più ne ha più ne metta...

Alle sue parole segue il silenzio, poi Jace mi posa delicatamente a terra, ma continuando a tenermi abbracciata da dietro. Stringo le labbra, indecisa... perché no? In fondo adesso si è dimostrato simpatico... certo, sarcastico, ironico, malizioso, ma simpatico... Sospiro e getto la testa all’indietro, posandola contro il petto del ragazzo. I suoi occhi mi osservano curiosi, con aspettativa. E davanti a quell’azzurro puro e cristallino le mie labbra si muovono da sole.

-D’accordo.

Jace sorride e china la testa, sfiorandomi la guancia con un bacio caldo e morbido. E’ una sensazione piacevole sentire le sue labbra sulla mia guancia, mi riempie il petto di una bella sensazione, simile a quella che provo quando sto con Luke.

-Grazie- bisbiglia, prima di lasciarmi andare e con un’occhiolino correre verso un paio di ragazze più in là, irrompendo nel loro discorso e passando le braccia sulle spalle di entrambe, a caccia della prossima preda. Sorrido scuotendo la testa, e mi avvio verso il castello.

 
AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ciao a tuttiii!!
Allora, iniziamo! Che ve ne pare di questo capitolo? Anche qui, Michael non appare molto, ma si approfondisce di più quel tesoro contorto di Jace... ahah attentiii, può darsi che abbia un piano.... Quale? Boooo!
Nel prossimo però ci sarà molto più Michael... anche perché sarà narrato da lui! ^^
Allora, ringraziamenti (la prima volta che lo facciooo!!): 
Ayumi_mFred_Beckendorf99molly95WingsFly. Grazie per aver messo la storia tra le preferite!
adirtywinter, Mellark_Always grazie per averla messa tra le ricordate!
End less, Fred_Deeks_Ben, Madame Lestrange, ondina94, Sandyblack94,Titillandus per averla inserita tra le seguite!
E infine, ringrassio calooorosamente 
Fred_Beckendorf99, adirtywinter, WingsFly e Madame Lestrange per aver recensito, mi avete fatto tanto piacere!
E anche i lettori silenziosi, grazie!
Un bacio a tutti!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque: Bastardo. ***


Capitolo Cinque:
Bastardo.




Michael:
 

Sono seduto su un divanetto della Sala Comune quando settantacinque chili mi piombano sulle gambe con violenza. Mi piego in avanti, il fiato mozzato, e con un ringhio spintono Jace, che non si sposta di un millimetro. Mi rivolge un ghigno e scoppia a ridere. Per ripicca mi alzo in piedi e lui cade a terra. Dal pavimento mi guarda torvo, e stavolta io scoppio a ridere.

-Sei proprio un'imbecille- dico sorridendo e tendendogli la mano.

Jace l'afferra e si tira su, con una smorfia dolorante. Mi accorgo che più in là tre ragazzine del secondo anno ci stanno fissando, e rivolgo loro un sorrisetto.

-Non fateci caso- dico, rivolgendomi chiaramente a loro, -è caduto dalla culla, da piccolo.

Due di loro scoppiano a ridere, chinando le teste sui quaderni, mentre l'altra, con i capelli neri, mi sorride.

Ricambio, e uno scappellotto mi arriva sulla nuca. Sussulto, scoccando un'occhiata torva a Jace.

-E' troppo piccola, imbecille!- Mi rimprovera citando le mie parole dell'altro giorno. Alzo gli occhi al cielo e mi siedo di nuovo sulla poltrona verde. Jace si accomoda per terra, invece, sdraiandosi a pancia in su sul tappeto. Si mette le mani sulla nuca e mi indirizza un sorriso soddisfatto.

-Indovina cos'ho fatto- dice allegramente.

Afferro una copia della Gazzetta del Profeta lasciata lì da qualcuno e comincio a sfogliarla, disinteressato.

-Non lo so e non lo voglio sapere- decido. Un calcio allo stinco mi fa sobbalzare di nuovo e alzo gli occhi, puntandoli su Jace, che mi sta guardando con uno sguardo di sfida.

-Fallo di nuovo e ti spedisco in infermeria- lo avviso, cercando di trattenere un sorriso, anche se un po' mi ha fatto male.

-Sì sì, intanto indovina- taglia corto lui. Sbuffo, lanciando il giornale sul tavolo che ho di fianco.

-Che ne so? Hai fatto incazzare la McGranitt?

Scuote vigorosamente la testa, con un sorrisetto preoccupante. Gli rivolgo uno sguardo spazientito.

-Dimmelo tu, allora.

-Ho invitato ad uscire Di Angelo- annuncia sorridendo.

Alzo un sopracciglio, guardandolo scettico. I suoi occhi azzurri si puntano nei miei.

-Sicuro?- Gli domando poco convinto. Non mi fa né caldo né freddo la sua decisione, ma... Jace? E la gemella di Corvonero? Mah. Non riesco proprio ad immaginarmeli insieme a girare a braccetto per Hogsmeade.

-Certo Michael. L'ho incontrata prima, nel parco. E' stato interessante, sai. E' simpatica, e non noiosa come credevo.

Mugugno qualcosa sprofondando nella poltrona. Mi arrotolo distrattamente le maniche della camicia fino a metà avambraccio.

-E lei?- Chiedo, mio malgrado curioso. Jace si mette seduto e si alza senza rispondermi. Si volta e si dirige verso una ragazza che sta chiacchierando seduta accanto a un ragazzo. Si interrompe vedendo il mio amico torreggiare su di lei con un sorriso. Poi Jace si china e la prende in braccio, spostandola in braccio al ragazzo.

-Grazie, tesoro- dice afferrando la poltrona dove era seduta e trascinandola fino a me. Si siede soddisfatto, e lo guardo sorridendo.

-Sai che quella era Piper Johnson? Te la farà pagare- commento divertito. E' famosa per le sue fatture Orcovolanti. Jace mi rivolge un sorrisino pieno di sottintesi.

-Certo che lo so. Tornando a Kristine... ha accettato, ma mi sono appena ricordato che ho un'altro appuntamento... quindi ci andrai tu al mio posto- completa.

Per poco non mi strozzo con la saliva, e salto in piedi.

-Cos'hai detto?- Ringhio minaccioso.

Jace non si scompone, anzi, mi guarda con un sorrisetto bonario.

-Tu uscirai con Kristine. Non posso mica darle buca così,  ti pare? Sarebbe estremamente scortese, quindi mi farai il favore di sostituirmi. Grazie.

-Ma non ci penso neanche morto,  per Merlino! Sei impazzito? Io e la Di Angelo? Si vede che l'ultima E in Trasfigurazione ti ha dato alla testa- commento acido, avviandomi verso il dormitorio. Stranamente lui non replica, ma quando sono nell’ombra del corridoio sento una mano posarsi sulla mia spalla. Mi volto di scatto e il mio volto si ritrova a pochi centimetri da quello di Jace. Nessuno di noi due si muove. Fisso gli occhi cristallini del mio amico e resto vagamente sorpreso dalla preoccupazione che intravedo nelle sue iridi azzurre.

-Per favore, Michael. Sei sempre così cupo. Cambiare un po’ non ti farà male. Stai sempre con le stesse persone, ti interessi alle ragazze solo quando hai voglia di portartele a letto, il che non capita neanche molto spesso, sei così... chiuso. Credo che Kristine ti farà bene. So che hai dei problemi con la tua famiglia... ma lo sai, io sono qui per te. E fidati se penso che uscire con lei ti, non dico rasserenerà completamente, ma almeno un pochino. E’ dolce e intelligente, e...

-Okay, okay. Va bene. Lo farò- borbotto cercando di mostrarmi infastidito, ma in realtà sono quasi -quasi- intenerito dalla sua preoccupazione nei miei confronti. Forse potrei ringraziarlo... se lui non fosse Jace Stoll e io Michael O’ Shea. Tra di noi non c’è bisogno di parole, per capirci. Siamo fratelli, e dai suoi occhi vedo che ha già capito quello che mi sta passando per la testa.

-Non ho bisogno di sentire tutte le qualità deliziose di Di Angelo- aggiungo girandomi e sparendo nel corridoio buio. Sento la risata di Jace seguirmi.

-Oh, non immagini neanche quante qualità abbia, mio caro... a dopo! Vado a rimorchiare qualche bella ragazza!- Alzo gli occhi al cielo, e finalmente lascio che un sorriso curvi sulle mie labbra. E’ sempre il solito... non ci si può fare niente.

 

Questa mattina mi sono svegliato decisamente di cattivo umore. Ieri sera, nel letto, non ho fatto altro che pensare a Di Angelo e alle parole di Jace, che, mi sono reso conto, in parole povere mi ha dato dell’asociale. Sono seduto al tavolo di Serpeverde e scruto la Sala Grande, cercando l’oggetto dei miei pensieri, ma lei ancora non c’è.

Allora il mio sguardo si posa sul tavolo dei professori. All’estremità, Vitious sta allegramente parlando con Hagrid. La professoressa Vector, di Rune Antiche, sta leggendo la Gazzetta del Profeta. E’ una donna severa ma allo stesso tempo dolce; per due anni ho seguito i suoi corsi, poi ci ho rinunciato visti i voti estremamente bassi. Rune Antiche non faceva decisamente per me, anche se le lezioni mi piacevano. La professoressa mi piaceva. E’ una donna bassa e magra, ma ha un viso gentile e un sorriso sincero, con capelli color grigio chiaro che le arrivano alle spalle, ma li tiene sempre raccolti. Come avvertendo il mio sguardo alza gli occhi dal giornale e incrocia il mio sguardo. Mi sorride, infischiandosene delle occhiate degli studenti, e io ricambio il sorriso. Siamo rimasti molto affezionati anche se ho smesso di andare alle sue lezioni. Forse prova un’istinto materno per me, da quando...

-Ehi, campione- trasalisco e scocco una tiepida occhiata a Jace, sorridente e rilassato.

Si siede di fianco a me e sia io che la professoressa Vector torniamo alle nostre faccende.

-Ehi- lo saluto. -Com’è andata ieri sera alla fine?

Jace fa un ghigno e schiocca la lingua.

-Benissimo. La ragazzina di Tassorosso non era mica male.

Ridacchio, poi il mio amico viene assorbito da una discussione sul Quidditch e io torno ai miei pensieri.

Il mio sguardo vaga di nuovo verso il tavolo dei Corvonero, e stavolta individuo all’istante la folta chioma bionda della ragazza. Socchiudo gli occhi, osservandola mentre chiacchiera con la ragazza russa. Ridono, scherzano, sembrano felici, e lo sembrano ancora di più quando le altre ragazze più il biondo, Luke, si unisce a loro. Lo vedo sedersi davanti a lei e parlarle, mentre i suoi occhi brillano, e mentre li guardo mi accorgo di una cosa. Il ragazzo la guarda adorante, sorridendo. Può darsi che abbia una cotta per lei?

A quell’ipotesi mi sento stranamente irrequieto.
-Ehm... Michael? Piton ti sta fissando- Jace interrompe titubante i miei pensieri.

Mi giro verso di lui e seguo il suo sguardo esitante. La conversazione sul Quidditch si è interrotta. Individuo subito il professore. E’ di fianco alla Preside, ed entrambi mi stanno fissando, lei con un debole sorriso, lui impassibile come sempre, e capisco che loro mi hanno osservato tutto il tempo.

Maledizione... tutta colpa di mio padre!
Mi alzo di scatto e il più velocemente possibile, con rabbia, esco dalla Sala Grande, lasciandomi dietro la mia colazione finita a metà e le occhiate della McGranitt e di Piton.

 

-Michael, dannazione, fermati un secondo!

Chiudo gli occhi e lascio uscire il fiato in un sospiro sibilante. Serro la presa sulla tracolla dello zaino e mi scosto dal centro del corridoio, appoggiandomi a braccia incrociate al muro. Jace mi raggiunge trafelato, facendosi largo tra gli studenti più piccoli a suon di occhiatacce.

Appena mi arriva di fianco mi molla uno schiaffo sulla spalla, rivolgendomi un’occhiata irritata.

-Scusa- bofonchio, cercando di trattenere un sorriso.

Far arrabbiare Jace è troppo divertente. E non ci vuole neanche molto.

-Dai, andiamo, o Piton ci strangola- borbotta lui, afferrandomi per il braccio e trascinandomi tra la folla. Mentre scendiamo nei sotterranei e i corridoi si fanno man mano più vuoti, Jace perde l’espressione irritata e i suoi occhi azzurri si fiondano su di me, preoccupati.

-Mi dici perché diamine sei scappato in quel modo?

Sospiro, passandomi una mano tra i capelli. Scanso una ragazzina e mi arrendo a rispondergli.

-Piton e la McGranitt mi hanno tenuto d’occhio tutto il tempo. Non sopporto quando fanno così!- Esclamo nervosamente.

Jace mi passa un braccio attorno alle spalle.

-Be’, dopo quello che è successo a tua madre è comprensibile...

-Ma mi dà fastidio lo stesso, Jace! Ogni giorno mi guardano, mi osservano, mi tengono d’occhio. Mi sembra di essere una cavia, quasi- mormoro sconsolato.

Il mio amico mi dà una pacca sulla schiena.

-Dai, non ti preoccupare, si sistemerà tutto. Tua madre tornerà a stare bene. Ora, che ne dici di muoverci?

 

-Signor O’ Shea, signor Stoll, muovetevi, per favore.

-Sì signore- diciamo in coro io e Jace, poi ognuno di noi si dirige al proprio posto. Stranamente, il mio banco è già occupato... da Casey Di Angelo?! La gemella di Kristine?! Che diamine ci fa qui?

Poi mi ricordo. La McGranitt le fa fare corsi di recupero e, evidentemente, le sono toccate queste ore. I suoi occhi verdi si puntano con sfida su di me, ma la sorpasso senza dire niente.

Mi siedo nel banco dietro di lei e tiro fuori carta e penna. Oggi Piton fa lezione teorica, una delle poche. Ha appena iniziato a spiegare quando due ragazze si precipitano nella classe. Il professore si gira verso di loro visibilmente contrariato, la fronte corrugata e gli occhi che mandano lampi.

-Signorina Di Angelo! La prossima volta che interrompe questa lezione toglierò cento punti a Corvonero! E lo stesso vale per lei, Ross!- Tuona, rivolgendosi poi alla rossa.

Entrambe arrossiscono e mormorano qualche scusa. Io punto lo sguardo sul libro e fisso intensamente le righe nere, fingendomi disinteressato alla sfuriata.

 

Kristine:

 

Maledizione, ma quanto è antipatico!!

Sono rossa più dei capelli di Dania, che accanto a me ha lo sguardo fisso a terra. Piton, dopo una bella sgridata -breve, ma esaustiva- e dopo aver tolto cinquanta punti a Corvonero, ci ordina di prendere velocemente posto.

Ci affrettiamo verso i banchi, passando a pochi centimetri dal professore, che chiude la porta con un semplice incantesimo, sbattendola con poca delicatezza. Sussulto al rumore e cerco di andare a sedermi verso Casey, mia sorella, ma Dania mi frega il posto con un sorriso smagliante. Guardandomi intorno capisco il perché.

L'unico banco libero è quello accanto a O' Shea, che sta fissando piuttosto intensamente il libro di pozioni aperto sul banco. In quel momento alza gli occhi. Mi guarda da sotto i suoi capelli neri e ribelli, che gli ricadono sulla fronte, sfidandomi apertamente con lo sguardo a provare a sedermi.

-Allora, signorina Di Angelo? Vuole stare in piedi tutta la lezione? Mi ha fatto perdere già abbastanza tempo. Si muova, se non vuole che tolga altri punti a Corvonero!- Sbotta la voce di Piton alle mie spalle.

Mi costringo a muovermi mormorando qualche scusa frettolosa. Mentre mi sfilo la borsa dalla spalla O' Shea emette un rumoroso sospiro, che Piton sembra non sentire. Ovviamente.

Mentre il professore ordina seccamente di prendere i libri colgo lo sguardo di scuse di Dania e quello di fastidio di mia sorella, che, incurante del professore, è completamente girata verso di me. Lei è quella impulsiva, che non sopporta Piton. Che non sopporta che mi sgridi ad ogni lezione.

-Casey Di Angelo! Il mio ordine a prendere il libro di Pozioni riguarda tutta la classe, compresa lei! Si vuole muovere? Cinque punti in meno a Grifondoro! Se vuole guardare sua sorella lo faccia in un momento più opportuno!

Casey si volta di scatto, trovandosi faccia a faccia col professore, che torreggia su di lei. E' alto, e la bassa altezza di Casey non rende la cosa migliore. Ma nonostante questo lei non sembra affatto intimidita. Piuttosto, è arrabbiata. Con un ghigno sarcastico, però, lui fredda i bollori.

-Non. Dica. Niente. E' già un miracolo che abbia accettato di darle ripetizioni di Pozioni nell'orario scolastico, veda di non sciupare quest'occasione.

Casey digrigna i denti ma riesce a non replicare. Lentamente torna a fissare il suo libro aperto sul banco e respira lentamente per calmarsi. Piton, dopo averla guardata, alza gli occhi e li punta nei miei. Resto zitta, calma. In apparenza. Dentro sto ribollendo di rabbia. Il professore parla senza distogliere i suoi penetranti occhi neri da me.

-Andate a leggere il capitolo a pagina duecentocinquanta. Bene. Muovetevi!

Sospiro e mi chino sul libro, sfogliando velocemente le pagine fino al capitolo giusto. Inizio a leggere, ma la voce melliflua di O' Shea mi interrompe. Avrebbe una bella voce, profonda, emotiva, se non ci fosse quella vena di disprezzo che detesto tanto.

-Allora, Di Angelo? Ti fai davvero controllare da tua sorella?

Trattengo una rispostaccia e mi volto per scoccare un'occhiataccia al Serpeverde. Le labbra rosa sono increspate in un sorriso strafottente. I suoi occhi scuri scintillano, ma noto che c’è qualcosa di teso nei suoi lineamenti.

-Ti sembra che sia una bambina, O’ Shea?

Lui ridacchia, palesemente divertito dalla mia irritazione.

-Oh, non saprei. Hai gli occhi lucidi, sai?

Alzo gli occhi al cielo, tornando a leggere. Ma lui non ha finito. No, è troppo chiedere un po' di pace e SILENZIO.

-Jace mi ha detto che uscirete insieme.

Merda. Jace!!

Serro i denti e giocando con una ciocca di capelli continuo a leggere imperterrita il capitolo.

-Non ti sembra un po’ troppo? Voglio dire... un Serpeverde... il migliore amico di quello che odi- sussurra chinandosi in avanti, poggiando gli avambracci sul banco. Lo fa apposta per starmi più vicino. Mi sto innervosendo...

-E poi, non ti ho mai vista uscire con nessuno...

-Vuol dire che mi guardi, O’ Shea?- Lo interrompo scoccandogli un’occhiata gelida.

Lui sorrise, ma i suoi occhi diventarono più freddi del ghiaccio.

-Solo per controllare quanto sia deprimente la tua vita sociale. Tua sorella Casey è molto più popolare, più simpatica, più... tutto di te- sibilò.

Bastardo.

Il cuore mi sprofondò nel petto.

Se c’era una cosa che poteva farmi male, ma tanto male, era essere paragonata a mia sorella.

Casey di qui. Casey di là.

E lui aveva esattamente fatto centro.

Salto in piedi, esclamando esattamente quello che avevo pensato. Bastardo.

Il tempo sembra fermarsi mentre i miei occhi affogano nello sguardo nero di o’ Shea.

Anche senza controllare so che tutta la classe si è voltata verso di me. So che il professore mi sta guardando con uno sguardo di fuoco. E so anche che mia sorella ha sentito e mi sta fissando. Lo so per l’esatta ragione per cui ogni notte mi sveglio in panico, con il cuore in gola, ogni volta che Casey fa i suoi stramaledetti incubi. Lo so perché siamo gemelle.

-Signorina Di Angelo- dice Piton con voce tranquilla -fuori. E cinquanta punti in meno a Corvonero.

Gli occhi di tutti gli studenti Corvonero e Serpeverde sono puntati tutti su di me. Stringo i pugni e mi volto di scatto, scansando Piton e raggiungendo velocemente la porta. Non mi scomodo neanche a prendere i libri, me li prenderà Dania. Prima di uscire mi giro velocemente. Ignoro la faccia sconvolta e colpevole di Casey, non guardo nemmeno Piton. Il mio sguardo si punta su O' Shea, che ha la fronte corrugata, la mascella contratta. Mi fissa, e mi sembra di bruciare; il suo sguardo è fuoco, fuoco che arde e divampa. Ma il suo fuoco non  mi raggiunge. Mi avvolge, mi perdo nel suo sguardo bollente; ma non mi sfiora.

-Bastardo- dico serafica.

Poi mi volto e sparisco prima che il professore mi metta in punizione per un mese.

Mi sento sola.

Sola come se fossi in una foresta sconosciuta.

Sola come se non avessi nessuno attorno a me.

Ma non è vero, io ho Dania, Rose, Luke, Bianca, Samantha. Sorrido, correndo sulle scale. Una lacrima mi scende sulla guancia, e allora mi prometto una cosa: nessuno mi paragonerà più a mia sorella.


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ciao!
Allora... vediamo. Non mi pare molto bellissimo, ma non posso farvi aspettare ancora ^^
Sempre che ci sia qualcuno da far aspettare O.o
Comunque... in questo capitolo c'è molto più Michael... cos'avrà combinato suo padre? e che c'entra sua madre? Che problemi ha la sua famiglia?
Bo. ^^ ahah non ve lo dico :P
Kristine, invece... credo si capisca che abbia qualche problema di relazione con la sorellina (Casey).
Beh, come non capirla... nonostante i suoi amici, Casey è sempre quella più in evidenta, più popolare, più allegra...
Allora, ditemi se vi piace. Dal prossimo capitolo le cose si faranno più movimentate...
Intanto vi mando un bacione! :*

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei: Incidente. ***


Capitolo Sei:
Incidente.


-Signorina Di Angelo.

Stringo le labbra alla voce gelida e stranamente divertita che mi raggiunge alle spalle. Sotto lo sguardo abbassato di Luke mi volto, stringendo la matita con così tanta forza che le mie nocche diventano bianche. Cosa che Piton sembra notare. I suoi occhi indugiano sulle mie mani e sento un brivido di agitazione percorrermi la schiena.

-Sì signore?

Gli occhi neri di Piton si fiondano sul mio viso.

-In punizione. Stasera. Alle otto nell’aula di Pozioni.

Mi mordo la lingua per non dire qualcosa di cui potrei pentirmi. Del tipo che è solo colpa di O' Shea se sono saltata in piedi nel bel mezzo della sua lezione strillando bastardo.

-Va bene, signore.

Piton annuisce e se ne va.

Io mi volto irritata verso Luke e lo ammonisco con un'occhiata. Lui si morde le labbra, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere, e per ripicca gli tiro un calcio allo stinco.

-Ci sarà da divertirsi- sussurra con le lacrime agli occhi, le spalle che sussultano in preda alle risate.

 

La sera, di malumore, abbandono la morbida poltrona accanto al fuoco e stringendomi in un pesante maglione nero mi dirigo verso i sotterranei. Fa freddo, ma per fortuna io sto bene. I corridoi sono deserti; i rari studenti che incrocio non li saluto nemmeno, presa come sono dai miei pensieri depressi.
Chissà che punizione mi toccherà. E poi non è neanche stata colpa mia, è questa la cosa assurda! O’ Shea è il vero responsabile. Ah, ma tanto adesso a che serve rimuginare su queste cose? Meglio che mi prepari psicologicamente.

Sospirando di nuovo scendo le scale dei sotterranei, stringendo con forza la mia bacchetta, che spunta dalle tasche dei jeans.

C’è troppo silenzio, è quasi inquietante. I miei passi rimbombano piano sul pavimento di pietra, nel corridoio vuoto.

Appena giro l’angolo vedo l’imponente sagoma del professore stagliarsi di fianco alla porta dell’aula. Istintivamente irrigidisco le spalle, quando i suoi occhi neri e severi si puntano su di me.

-La stavo aspettando, si sbrighi- dice frettolosamente, e io velocizzo il mio passo titubante.

Chino la testa per passare sotto al suo braccio che tiene aperta la porta, sentendo i suoi occhi neri fissi su di me. Stringo le labbra e raddrizzo la schiena, varcando la soglia dell'aula. E resto a bocca aperta.

-Che diavolo ci fai tu qui?!- Sbotto in direzione del ragazzo chino su una pila di fogli.

O' Shea alza lo sguardo e punta i suoi occhi neri nei miei. Ho la spiacevole sensazione di arrossire, ma di frustazione. Già me lo devo sopportare nelle ore di Pozioni, ora pure durante la punizione?

-E' qui, signorina Di Angelo, perché lei non è stata l'unica a interrompere la mia lezione- dice Piton sorpassandomi e andando vicino a un calderone posto sopra a un fuoco acceso.

Lo seguo con lo sguardo, corrucciata.

-Dovete ricopiare quei vecchi annuali. Finché non riterrò che abbiate scontato un numero sufficiente di ore ad annoiarvi ogni sabato dovrete venire qui.

Sbuffo piano, e mi volto per andare a sedermi vicino alla Serpe, ma il professore mi richiama.

-Di Angelo. La bacchetta, prego.

Mi volto a bocca aperta. No, la bacchetta no! Ma lo sguardo di fuoco di Piton blocca ogni mia protesta sul nascere e stringendo i denti mi costringo a sfilare la bacchetta dalla tasca. Controvoglia tendo il braccio ed esitando la poso sul palmo aperto del professore. Lui la posa su un banco accanto a sé e comincia a tagliare con estrema cura e precisione delle erbe che non ho mai visto.

-Si muova- dice con voce monocorde senza alzare gli occhi dalle erbe.

Sospiro e mi volto. O' Shea mi fissa con un sorriso strafottente. Gli scocco un'occhiataccia e gli giro intorno, andando a sedermi al suo fianco. Sul piano liscio, accanto a quella quasi intatta della Serpe, c'è una pila di fogli. Ne prendo uno in mano. Oh, no. E' la lista di varie punizioni assegnate a non so quali studenti.

Sospiro e afferro la penna d'oca, intingendola nell'inchiostro, e comincio a copiare.

Diciotto Settembre 1985:
Sissi Brown, punita per aver rovesciato addosso alla studentessa Jasmine Dylan una pozione...

Il tempo passa così, in silenzio. Gli unici rumori che risuonano nella stanza sono quelli delle penne che graffiano la carta, mentre io e O' Shea copiamo diligentemente tutta la lista. Il fuoco del calderone di Piton scoppietta in sottofondo, mentre la pozione cuoce e un odore strano ma non sgradevole si diffonde per la stanza. Sono anche troppo consapevole della presenza massiccia della Serpe accanto a me. Ogni tanto mi lascio sfuggire un'occhiata verso di lui. Ha le spalle dritte, respira piano e ogni tanto si passa una mano tra i suoi ricci neri, sospirando impaziente.

Poi torno a guardare sconsolata la pila di vecchi fogli che mi aspetta e mi tuffo di nuovo nel lavoro. Man mano che i minuti passano sprofondo in una specie di trance. I miei occhi scorrono da una parte all'altra automaticamente, la mia mano si muove, ma ho staccato il cervello. A un certo punto mi riscuoto sentendo un crampo alla mano e sbatto le palpebre sorpresa. Poso un'attimo la penna nel calamaio e sgranchisco la mano.

Alzo gli occhi e osservo Piton mescolare la pozione. I suoi gesti sono calmi, tranquilli, quasi rilassanti. A un certo punto si accorge che lo sto fissando e alza lo sguardo. Inarca un sopracciglio e io arrossisco, abbassando di nuovo lo sguardo. Con un sospiro breve allungo la mano verso un nuovo foglio bianco... prima di rendermi conto di averli finiti tutti.

Prima che possa aprire bocca, però, O’ Shea con un gesto veloce prende alcuni fogli dal suo mucchio e me li porge. Li afferro senza dire niente e mi rimetto a scrivere.

-Prego- dice lui, senza curarsi di abbassare la voce.

Alzo gli occhi al cielo.

-Grazie- dico con voce tagliente, scoccandogli un’occhiataccia.

Lui sorride soddisfatto e china di nuovo la testa, afferrando di nuovo la penna d’oca. Anche io prendo la mia e cerco di continuare a scrivere il più ordinatamente possibile, ma dopo un po’ inizio a sentire sonno. Quanto tempo dovrò rimanere ancora qui, accidenti? Mi sto addormentando sul banco...

Finalmente, quando l’orologio appeso al muro scocca le undici, Piton smette di armeggiare con la pozione e si avvicina. Velocemente allunga la mano e prende un paio di fogli compilati. Li osserva per qualche istante, prima di annuire.

-Va bene. Sabato prossimo continuerete. Ora andate nei vostri dormitori senza deviazioni.

Finalmente!
Mi alzo e cerco di raggiungere il banco dove Piton ha posato la mia bacchetta, ma è inutile dire che ci arriva prima O’ Shea. Tende il braccio e afferra anche la mia bacchetta. Mi blocco, sentendo uno strano sentimento omicida inondarmi il petto mentre lui osserva la mia arma.

-Ti spiacerebbe ridarmela?- Ringhio gelida.

Un sorrisetto compare sulle sue labbra, e invece di obbedire alla mia richiesta si volta.

-Buonanotte, signore- dice ad alta voce a Piton.

Lui alza lo sguardo per un secondo, osservando il mio sguardo assassino volare in direzione della Serpe che sta già uscendo dall’aula. Mi affretto a seguirlo, incazzata, borbottando un veloce saluto prima di chiudermi la porta alle spalle. Mi sembra quasi di sentire un sogghigno provenire dal professore, ma non me ne curo.

Inizio a correre per raggiungere O’ Shea, che, non so come, è già all’inizio delle scale.

-O’ Shea, dannazione, fermati e ridammi la mia bacchetta!- Sbraito.

Sento uno sbuffo divertito e lui accelera il passo. Oh, accidenti, ma quant’è infantile?!

-O’ Shea!!

Finalmente lo raggiungo e afferro il suo braccio. Lui si immobilizza, e anche io. Lentamente il ragazzo si volta, e i suoi occhi d’ossidiana incrociano i miei. Oh.

Le sue iridi nere sono... profonde.

Potrei annegarci.

-Sì?- La sua voce mi fa venire la pelle d’oca, e ad un tratto sono estremamente consapevole delle mie dita strette attorno al suo polso forte. Riesco a sentire la vena pulsare sotto il mio tocco. La sua pelle è morbida, liscia e pallida, ma è un bianco non malaticcio. E’ bello.

I ricci gli cadono sulla fronte con eleganza, e le sue labbra rosa sono curvate in un sorrisetto obliquo. Sento un familiare calore invadermi il volto. Oh, accidenti... provo a parlare ma la voce mi esce in un sussurro strozzato.

-La mia bacchetta.

-La parola magica, Di Angelo?

O’ Shea si china finché il suo viso non è a pochi centimetri dal mio. Sento il suo respiro sulle guance ed è un miracolo se riesco a ricordarmi il mio nome, persa come sono a contemplare i suoi occhi divertiti.

-Per favore.

Un secondo e mi rendo conto di quello che ho detto. PER FAVORE A O’ SHEA?!

Sono malata.

Con un sorriso soddisfatto lui inclina la testa e sento il suo braccio scivolare via dalla mia presa, e dopo qualche istante le sue dita si intrecciano per due brevi secondi alle mie, depositandomi la bacchetta in mano.

-Ci vediamo domani, Di Angelo- mormora con gli occhi che bruciano nei miei, prima di raddrizzare la schiena e sparire su per le scale.

Resto a fissarlo interdetta per non so quanto tempo.

 

Michael:

Mentre sono nel bel mezzo di un sogno sento qualcosa infilarsi tra i miei capelli. E’ piccolo e morbido, e tenendo gli occhi chiusi non riesco a capire cosa sia. Poi un corpicino lo segue, aggrappandosi al mio pettonudo. Con uno sbuffo apro le palpebre e resto interdetto. Mi alzo di scatto, mettendomi seduto sul letto e afferrando la piccola e lanciandola in aria, per poi riprenderla al volo.

-Evanna! Piccola mia, cosa ci fai qui?

Lei ride, affondando le mani nei miei capelli. La stringo in un’abbraccio e inspiro il suo profumo di rose. Quanto mi è mancata... le sue braccia mi cingono il collo, e sorrido cercando di trattenere le lacrime.

-Gli zii mi hanno fatto venire a trovarti, fratellone!- Cinguetta con la sua vocina delicata.

Sorrido e accarezzo i suoi lunghi capelli castani, baciandole la testa e chiudendo gli occhi. E’ uguale a mia madre... mi manca un sacco.

-Ma stavi dormendo- nota lei, scostando la testa e guardandomi con i suoi occhi grigi inutilmente preoccupati. Un’ombra di dispiacere le cala sul visino, e le sorrido dolcemente. La accarezzo; la sua guancia è grande quanto la mia mano, e i suoi occhi chiari si illuminano al mio tocco.

-Non ti preoccupare, principessa, se ci sei tu non vale la pena di dormire- la rassicuro.

Lei ride con la sua risata cristallina e innocente, e un mugugno mi distrae da mia sorella.

Giro la testa e vedo un alquanto infastidito Jace mettersi seduto, strofinandosi gli occhi. Sorrido, aspettando che si renda conto di chi ho in braccio.

-Ma per Merlino, Michael, quanto casino fai?! Stavo dormendo, morgana, non sai...- e a quel punto sgrana gli occhi.

-Oh, merlino, Evanna, cucciola!! Vieni qui! Levati, idiota- mi apostrofa, saltando in piedi e raggiungendoci in un paio di passi. Mi dà uno scappellotto e mentre io faccio una smorfia mi rifila una gomitata per agguantare mia sorella. Lei ride allegra, passando felice dalle mie braccia a quelle di Jace.

-Ehi, bellissima- la saluta lui baciandole il naso all’insù.

-Ciao Jace- sorrido e mi alzo, girandomi per cercare una qualsiasi maglia da infilarmi buttata da qualche parte. In realtà sto cercando di trattenere le lacrime.

E’ da un anno e mezzo che va avanti così.

Mamma in ospedale, papà sotto custodia, io ad Hogwarts ed Evanna dalla sorella di mia madre e suo marito. Ha solo sei anni, ma è troppo seria per la sua età. Non gioca, non corre tranne rare volte, sorride poco e le sue visite ad Hogwarts sono sempre troppo poche per me.

E il fatto che sia identica a nostra madre non aiuta. Ogni volta che la vedo sono felice e triste e arrabbiato al tempo stesso. E’ solo colpa mia se siamo in questa situazione...

Per fortuna Jace si è innamorato di Evanna, e lei lo adora. Sembrano fratelli, e stranamente la cosa non mi dà fastidio.

La porta si apre, interrompendo i miei pensieri. Alzo lo sguardo e un sorriso si forma spontaneamente sulle mie labbra quando vedo mia zia che mi sorride, commossa.

Senza dire niente mi avvicino e la stringo in un forte abbraccio. Mi arriva appena alla spalla.

Mia zia si chiama Jane, ha folti capelli castani e occhi color del cioccolato al latte. E’ più piccola di mia madre di due anni, ma spesso mi è sembrata la maggiore tra loro due.

-Michael- sussurra, stringendomi forte, per poi scostarsi.
Poso le mani sui suoi fianchi esili e divoro il suo volto con lo sguardo. E’ da tre mesi che non la vedo. Il volto è liscio e luminoso come al solito; i suoi occhi brillano di felicità e nessuna ruga di preoccupazione le solca la fronte.

Anche lei mi osserva, accarezzandomi piano la guancia, con le sue dita delicate.

-Mi sei mancato tanto, tesoro- mormora, gli occhi lucidi.

Sorrido teneramente, stringendola di nuovo a me, istintivamente. Affondo il volto tra i suoi capelli morbidi e penso che quello è il paradiso. Nonostante voglia un bene da morire a mia madre, mia zia mi ha fatto da mamma per tutto questo tempo.

-Ehi, Michael- protesta debolmente Jane tra le mie braccia -così mi soffochi.

Rido e la lascio andare, e i suoi occhi sorridenti scendono per un istante sul mio petto. Sento le mie guance diventare rosa e mi volto in fretta, afferrando la prima maglia che mi capita per coprirmi. Eh sì, mi sento estremamente in imbarazzo quando Jane mi vede mezzo nudo, non so neanche il perché.

-Ma cosa ti danno da mangiare per farti crescere in questo modo, Michael?- Ridacchia mia zia, alle mie spalle.
Mugulo qualcosa mentre delle manine mi impediscono di mettermi questa dannata maglietta come si deve.

-Ehi, no, Evanna! Ferma!- Protesto.

Jace scoppia a ridere.

-Brava piccola, continua così!

-Ragazzi, piantatela!- Interviene Jane, avvicinandosi e aiutandomi. Con un sorriso mi lascio vestire da lei come se fossi un bambino di tre anni.

-Sì mamma- lei mi fa la linguaccia e poi si dedica ad abbracciare Jace, mentre mia sorella torna in mio possesso. Le schiocco un bacio sulla guancia e lei posa la testa sulla mia spalla. Sorrido...

-MERLINO!!! MICHAEL, C’E’ LEZIONE!!

Ulula Jace dopo qualche minuto, saltando in piedi.

Sussulto e lancio Evanna a mia zia, trattenendomi a stento dall’imprecare, mentre lei ride a crepapelle.

Mi lancio alla ricerca dello zaino, infilandoci dentro dei libri a caso.

Prima di correre fuori scocco un bacio a mia sorella e a mia zia, poi trascino Jace fuori.

-Ci vediamo dopo- ride lui.

-Zitto e corri- borbotto tetro mentre ci lanciamo verso l’uscita della Sala Comune, ma un sorriso prende lentamente posto sulle mie labbra.

 

Kristine:

Questo pomeriggio sono seduta sugli scalini dell’entrata al castello, aspettando che mia sorella finisca di parlare con la McGranitt. Mi ha chiesto di aiutarla con i compiti e non ho avuto il coraggio di rifiutare. Perciò, eccomi qui, seduta su questi scalini di pietra da dieci minuti.

Sbuffo dondolando le gambe, e poso la testa sui pugni, guardando pensosamente l’entrata del castello, vuota. Ci sono solo io.

Sento dei passi leggeri provenire dal corridoio dietro di me e mi volto. Avevo detto di essere sola? Ops.

Dall’angolo vedo spuntare una bambina. Resto interdetta, e lei mi nota subito. Be’, certo, non è che sia difficile accorgersi dell’unica persona presente in questa parte del castello.

La bimba -avrà sei, sette anni- mi sorride e si avvicina.

I suoi occhi sono splendidi, di un grigio chiaro, luminosi e intelligenti. I suoi lunghi capelli lisci e castani le arrivano fino alla schiena. Sembra un po’ intimorita, perciò le sorrido gentilmente mentre viene verso di me. Si ferma al mio fianco, nascondendo le mani dietro alla schiena.

-Ciao- dice con voce timida.

Sorrido istintivamente, mi ricorda tanto il mio fratellino di cinque anni.

-Ciao- la saluto. -Che ci fai qui?

Lei si stringe nelle spalle, guardandomi con i suoi dolci occhioni.

-Forse mi sono persa- ammette con candore.

Ridacchio e le faccio cenno di sedersi accanto a me. Lei ubbidisce e mi guarda curiosa.

-Come ti chiami?

-Kristine. Tu?

-Evanna- dice seria.

-E’ un bellissimo nome, sai? Mi è sempre piaciuto- dico guardandola con dolcezza.

Il suo visino si illumina.

-Anche il mio fratellone lo dice!

-Tuo fratello? Chi è? Me lo dici? Così magari posso portarti da lui- propongo.
Lei annuisce entusiasta e scatta in piedi. La seguo, afferrando la borsa e mettendomela a tracolla. Al diavolo i compiti di mia sorella. Mi scuserò dopo.

Mentre camminiamo -o meglio, io cammino, lei saltella- verso l’interno della scuola lei mi prende per mano. Allargo le dita e stringo quelle esili di Evanna.

-Michael! Lo conosci?

Scuoto la testa sorridendo.

-Ci sono mille Michael in questa scuola... cognome?

Non. L’avessi. Mai. Detto.

Dall’angolo del corridoio sbuca O’ Shea, in compagnia di una donna. Mi blocco istintivamente, così come lui. Stringo le palpebre, mentre sento ancora l’irritazione di ieri sera sopraffarmi. Lui mi lancia uno sguardo di fuoco sotto lo sguardo interdetto della donna. Poi lo sguardo della Serpe scivola in basso, e sgrana gli occhi. Stringo con più forza la mano della bambina, e lei non si sottrae alla mia presa, anzi, ne sembra contenta.

-Kristine, è lui mio fratello!- Esclama contenta.

COOOOSAAA???

Oh merlino! Ma sul serio?!

-Che?!- Mi lascio sfuggire.

O’ Shea mi fulmina con lo sguardo e si avvicina.

-Esatto, Di Angelo, problemi?- Ringhia a mezzo centimetro dal mio viso.

Faccio una smorfia, ma prima che possa rispondere una voce dolce ma severa si insinua tra di noi.

-Michael! Ti sembra il modo di rivolgerti a una ragazza?!

O’ Shea sospira, abbassando lo sguardo e stringendo gli occhi. Arrossisco, avendo la dubbia sensazione che stia fissando il ciondolo a forma di ali che ho al collo. Intanto Evanna ci guarda dal basso in alto, sospettosa.

-Sì, zia. Scusa- mormora O’ Shea, così piano che se non fossi praticamente appiccicata a lui non avrei sentito una parola. I suoi occhi si incatenano ai miei e capisco che lo “scusa” era per me. Sbatto le palpebre, sorpresa, e abbasso lo sguardo mordendomi il labbro.

-Niente- mormoro.

Sento uno sbuffo di O’ Shea, poi lui si china e prende in braccio Evanna. La bambina sorride e gli posa la testa sul petto, guardandomi.

-Ciao Kristine. Sei tanto dolce sai?

Un sorriso spontaneo mi si dipinge sulle labbra e allungo piano una mano ad accarezzare con dolcezza i lunghi capelli morbidi della piccola.

-Grazie, tata. Anche tu- lei ride.

-Come mi hai chiamato?

-Tata- accenno un sorriso, incrociando le braccia e stringendomi nelle spalle, cercando di ignorare lo sguardo insistente di O’ Shea (pardon, O’ Shea grande) su di me.

-Tata. E’ italiano.

Evanna sorride, poi mi fa ciao ciao con la piccola mano e si gira verso sua zia, che ha osservato tutta la scena, mentre O’ Shea continua a guardarmi.

-Zia, andiamo al villaggio al negozio di dolci? Con Michael e Kristine?

Sussulto, e quando vedo che la donna non sembra per niente contraria cerco di giustificarmi.

-No, ma no, non vorrei disturbarvi, davvero...- dico, e nello stesso istante O’ Shea dice: -No, meglio di no, Kristine potrebbe avere qualcosa da fare...

Ci interrompiamo ed entrambi ci guardiamo stupefatti. Adesso parliamo pure insieme? Ma da che mondo e mondo?!

-In effetti mia sorella mi avrebbe chiesto di aiutarla con i compiti...- azzardo con un filo di voce, arrrossendo.

-No, mi aiuta Dania, grazie sorellina! Tu vai pure e divertiti!

Mi volto di scatto alla voce serena di Casey e la fulmino con gli occhi. Lei mi rivolge un sorriso ammiccante, prima di rivolgere un cenno di saluto ai vari O’ Shea e sparire su per le scale.

-Allora è deciso- dice la zia, avvicinandosi e prendendo in braccio Evanna, che ci guarda soddisfatta. Mi rivolge un caldo sorriso, porgendomi la mano.

-Io sono Jane. Meglio che tu vada a prendere un cappotto, però, fuori fa piuttosto freddo.

Le sorrido e cerco di non scoppiare in una crisi isterica. Tutto il pomeriggio con Michael O’ Shea? Morirò.

Lo guardo e lui mi guarda dall’alto della sua altezza, sconsolato.

Eh sì. Dovremo sopportarci per forza.


Angolo dell'autrice:
Ehilà!
Come state?
Allora... che ne dite di questo capitolo? Finalmente capiamo qualcosina di più su Michael...
Ditemi, non amate Eanna? XD ahah è tremenda!!
Spero vi piaccia anche se la parte della punizione non mi convince moltissimo... ah non c'è l'img perché non avevo idea di quale mettere :(
Be' un bacio!
E grazie a tutti (compreso chi recensisce... mi fa davvero piacere!! Vero Fred? Sei un amore ogni volta recensisci tutto quando sono sicura che avresti qualcosa di meglio da fare!! ^^)

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette: Forse... ***


Capitolo Sette:
Forse...




Sospiro senza farmi vedere da Evanna.

Al mio fianco, O’ Shea non dice una parola.

-Zia! Andiamo dai Tre Manici di Scopa?- Chiede la voce allegra della bambina.

Grazie al cielo! Si gela qui fuori!

-Va bene, Evanna. Kristine, tu devi comprare qualcosa... o sei a posto?

Jane mi guarda, e mi affretto a scuotere la testa con un sorriso.

-No, no!

-D’accordo, andiamo allora.

Attraversiamo la strada e io mi stringo nel cappotto, rabbrividendo. Ci sono dieci gradi... Evanna non poteva avere un’idea più brutta... sarebbe piacevole passeggiare per Hosgmeade se non facesse questo freddo.

E la Preside mi ha anche permesso di andare con loro...

O’ Shea mi sorpassa e apre la porta del locale. Sua zia e sua sorella passano ringraziandolo e lui sorride con dolcezza; poi i suoi occhi neri scivolano su di me e il sorriso si attenua. Mi fissa senza dire niente per qualche secondo, poi con un cenno del capo indica l’interno gremito del bar.

-Hai intenzione di rimanere qui fuori a gelare, Kristine?

Il mio cuore sussulta al suono profondo della sua voce che mormora il mio nome.

Sbatto le palpebre e cerco di non fissarlo ancora di più.

-No... perché?- Dico avvicinandomi e passandogli accanto. Lui mi segue, lasciando andare la porta, e una folata di aria calda ci avvolge, insieme al rumore dell’intenso chiacchiericcio che risuona nel locale.

-Perché mia zia mi avrebbe costretto a farti compagnia... Kristine- ripete osservandomi con un sorriso sghembo.

Cerco di non arrossire sotto al suo sguardo insistente e cerco di trovare la figura minuta di Jane nella folla, ma niente da fare. Anche se non è il giorno di uscita degli studenti di Hogwarts oggi c’è fin troppa gente per i miei gusti. Persone su persone sono sedute ai tavoli o sugli sgabelli del bancone, mentre altre sono in piedi.

Poi sento una pressione sulla schiena e mi ritrovo spinta in avanti.

-Di là- fa la voce di O’ Shea sopra al mio orecchio.

Oddio... perché mi è venuta la pelle d’oca nel sentire la sua mano sulla schiena?!

Poi mi distraggo nel vedere Jane ed Evanna sedute ad un tavolino in disparte, in un’angolo tra le due pareti.

Scansando un vecchio con un grande mantello nero a coprirgli le spalle riesco finalmente ad arrivare fino a loro, che si sono già tolte giubbotti, guanti e sciarpe.

La bambina si sposta vicino a sua zia per farci posto, e io sono costretta a infilarmi nell’angolo del divanetto tra i muri.

O’ Shea invece resta a fissarci.

-Vado a prendere da bere- dice.

Jane annuisce, dicendo: -Per me prendi una burrobirra. Anzi due, anche per Kristine.

Apro la bocca per dire che non è necessario, ma Jane mi scocca un’occhiataccia e così me ne sto zitta.

-Anche io, anche io!- Esclama Evanna, guardando speranzosa suo fratello.

Lui ride e mi vengono i brividi. La sua risata è sincera, affettuosa, e sorride mentre si tende a scompigliare i lunghi capelli castani di sua sorella.

-Magari quando cresci un po’- le dice, baciandola sulla fronte.

Lei sbuffa e lui le schiocca un bacio volante prima di allontanarsi verso il bancone. Lo seguo con lo sguardo mentre scivola con calma tra i clienti, senza quella posa rigida che assume sempre quando lo vedo nel castello.

Jane si schiarisce la voce e io sussulto, riportando lo sguardo su di lei.

Mi sorride sorniona, e allunga la mano, prendendo la mia.

-Michael è un bravo ragazzo...

-Il miglior fratello del mondo!- Esclama felice la piccola, prendendo a giocare con un braccialetto della zia.

Jane ride sommessamente e l’abbraccia, mentre la bambina posa la testa sul suo petto.

-Sì, esatto. Il miglior fratello del mondo- ripete, un riflesso malinconico nei suoi grandi, dolci occhi marroni.

Sospira e sbatte le palpebre, guardandomi con un sorriso sulle sue belle labbra piene.

-So benissimo che non ti tratta nel migliore dei modi. Ma... fidati, lo fa solo perché ha paura che qualcuno possa fargli del male.

-Fare del male a lui?- Chiedo poco convinta.

Jane scoppia a ridere.

-Non intendo in senso fisico. Quello sarebbe impossibile. Sai, una volta è riuscito a sollevare me e sua madre insieme. Ci ha portate in braccio in salotto. Dovevi vedere la faccia di mio marito- azzardo un sorriso divertito.

-Cos’è che ho fatto?- Interviene la voce di Michael.

Ci giriamo e lo vediamo venire verso di noi tenendo in equilibrio tre bottiglie di burrobirra.

Le posa sul tavolo e si slaccia la zip del giubbotto, sfilandoselo dalle spalle ampie. Sotto indossa una felpa verde smeraldo che risalta con la pelle pallida del suo viso e il nero dei suoi occhi.

Si siede accanto a me con un movimento fluido, nonostante la sua corporatura massiccia, e scivolo di lato per permettergli di stare più comodo, appoggiando una spalla allo schienale del piccolo divano. Velocemente Michael afferra una bottiglia e lo fa scivolare davanti a me.

-Grazie- mormoro.

-Prego- risponde lui, accennando un sorriso tirato.

Allungo le mani e le mie dita sfiorano le sue mentre stringo il bicchiere. Arrossisco, ma lui non dice niente e appoggia la schiena al divanetto di pelle rossa.

-Allora?- Ripete bevendo un sorso della bevanda.

Jane gli sorride, cercando di sventare gli attacchi di Evanna al suo bicchiere pieno di burrobirra.

-Stavo raccontando a Kristine di quando sei riuscito ad afferrare me e tua madre e ci hai portato giù in sala in braccio.

Sento un sogghigno divertito provenire dalla Serpe al mio fianco.

-Siete più leggere di due piume.

-Anche io sono una piuma?- Chiede Evanna.

Michael le rivolge un sorriso dolce.

-Tu più di tutte, tesoro.

-E Kristine?- Chiede la bambina indicandomi con un dito.

Io mi tuffo nella mia burrobirra, sperando di strozzarmi, mentre Jane ci guarda curiosa, alternando il suo sguardo penetrante da me a lui.

-Hai preso in braccio pure lei?- Chiede sorridendo.

Con calma, Michael allunga le braccia e posa il boccale sul tavolo. Il suo braccio sfiora il mio, e riesco a sentire il guizzo dei muscoli dei suoi avambracci.

-Già- borbotta, spostando le gambe sotto al tavolo.

-E...

Oddio. E ora che dice?

-E pesate uguale, se è questo che intendi- sospira.

-Ma come sei finita a farti portare in braccio?- Chiede con voce innocente la bambina, appoggiando i gomiti sul tavolo e posando il mento sui pugni chiusi. I suoi occhi grigi brillano felici, e non riesco a non rispondere.

-Uhm.. be’...- dico lentamente, fissando il liquido dorato e schiumoso nel boccale, -a Pozioni Jace ha fatto esplodere la sua pozione e io mi sono bruciata... al braccio. E... il professor Piton ha chiesto a... Michael- quando pronuncio il suo nome vedo Michael trasalire leggermente e voltarsi a guardarmi -di accompagnarmi in infermeria. E... be’...

-E’ svenuta a metà scala- completa lui velocemente.

Jane alza un sopracciglio, mentre Evanna sgrana i suoi occhioni grigi.

-Ma adesso stai bene, no?

-Certo, certo- dico facendo un mezzo sorriso.

Lei sorride e a quel punto la conversazione si interrompe, mentre noi tre beviamo la burrobirra rimasta nel bicchiere ed Evanna si perde a fissare qualche punto imprecisato.

Sono fin troppo consapevole del corpo massiccio di Michael accanto a me. Non so come, ma sento uno strano calore avvolgermi tutta, mentre sento il soffio del suo respiro tranquillo infrangersi sul vetro del bicchiere che tiene davanti alla bocca.

Finalmente mi sono riscaldata completamente, ma forse anche troppo, visto che inizio a sentire uno strano calore alle guance quando lui abbassa il braccio, posando la mano sulla sua coscia, e il suo braccio preme con forza contro la mia spalla.

Qualche minuto dopo Evanna riprende a parlare con voce squillante.

-Fa caldo! Andiamo fuori a giocare?

Jane sorride.

-Kristine, ti spiacerebbe? Sei un po’ rossa sulle guance, hai caldo? Io devo parlare a Michael...

Annuisco velocemente e mi alzo, infilandomi il giubbotto sottile ma caldo. Evanna saltella oltre sua zia e atterra sul pavimento, aspettandomi trepidante.

Michael si alza e si scosta, facendomi passare. Esco dalla trappola del divanetto e sento la manina calda della bambina aggrapparsi alla mia con forza. Evanna inizia a correre verso l’uscita, e nel farlo mi scontro quasi con suo fratello. Urto la sua spalla e divento bordeaux in volto. Mormoro un veloce “scusa” mentre la piccola mi trascina via, ma sento gli occhi di lui fissi sulla mia schiena.

 

-Buh!- Strilla Evanna ridendo e saltando fuori da dietro il muretto di mattoni.

Mi volto e d’istinto le mie braccia si tendono in avanti, afferrando la piccola a mezz’aria.

Scoppio a ridere, aggiustando la presa mentre le gambe magre della piccola mi circondano la vita e le sue mani si aggrappano al mio collo. Sono gelide e faccio del mio meglio per non trasalire e mollarla.

-Ho vinto! Ti sei spaventata!- Dice sorridendo Evanna.

Sorrido, baciandole una tempia. Incredibile come tutta la sua iniziale tenerezza sia svanita di colpo.

-Sì, hai vinto- le concedo, solo per vederla sorridere.

Difatti i suoi occhi si illuminano felici e mi strozza in un’abbraccio.

-Sei dolce, tanto dolce! Oh! Un gatto!

Evanna si dimena e salta giù, sull’asfalto. Con un paio di saltelli raggiunge un gatto esile, dalla pelliccia grigia e con delle macchie nere attorno agli occhi lucenti. Inizia ad accarezzarlo e il gatto fa le fusa sotto alla sua mano.

-Attenta a non scivolare!- Dico distrattamente.

La mia attenzione viene catturata dalla sagoma massiccia di Michael, che si dirige rapidamente verso di me, seguito da Jane, che invece va verso Evanna.

La Serpe ha gli occhi puntati nei miei. Sembra quasi che mi minacci con quel suo sguardo nero.

Ricambio lo sguardo senza abbassare gli occhi, anche se sono un po’ intimidita quando si ferma soltanto a qualche centimetro di distanza dal mio corpo. Mi guarda letteralmente dall’alto in basso.

-Vieni- dice a voce bassa, continuando a guardarmi.

Apro la bocca ma prima che possa dire qualsiasi cosa la sua mano è serrata attorno al mio polso. Arrossisco, mentre Michael inizia a camminare verso un sentierino che costeggia Hogsmeade, senza mollarmi.

Sento le sue dita stringersi in una presa di ferro.

-Michael- cerco di protestare a mezza voce, ma lui non mi ascolta e, anzi, mi stringe ancora più forte.

-Michael, per favore!- Cerco di spingerlo via, infastidita, spingendolo sul fianco, ma quello che la mia mano incontra è soltanto un fascio di muscoli e nervi.

Sento il suo sogghigno e rinuncio, rinchiudendomi in un silenzio imbarazzato.

Lui invece sembra così rilassato! Be’, di sicuro non sente la nausea come me quando le sue dita stringono più forte il mio avambraccio.

Finalmente dopo qualche minuto si decide a parlare e sento la presa salda delle sue dita allentarsi. L’aria fredda punge il mio viso come aghi appuntiti, in contrasto con le mie guance rosse.

Mi allontano subito di qualche passo da lui, a disagio.

-Che c’è?- Sbotto incrociando le braccia e stringendo i pugni, un po’ imbarazzata.

Un sorrisetto compare sulle sue labbra piene.

-Volevo parlarti- dice tranquillamente, rallentando il passo. Sospiro e lo guardo con la coda dell’occhio, facendo attenzione a non scivolare sul sentiero ghiacciato.

-Di cosa?

-Di mia sorella.

Lo guardo senza sapere cosa dire.

-Ehm... e perché?- Chiedo dopo qualche secondo.

Michael sospira e si passa una mano tra i suoi folti capelli ricci e neri.

Poi all’improvviso me lo ritrovo a cinque millimetri dalla faccia, con le sue mani che stringono con forza le mie braccia. I suoi occhi sono inquieti, decisi, e intensi.

-Si sta affezionando a te- mormora, e io sento dei brividi percorrermi la schiena mentre le sue dita aumentano lentamente la presa. -E già la mia famiglia è un disastro, non voglio che anche tu ti ci metta in mezzo per combinare casini.

-Io non voglio combinare nessun casino, Michael- ribatto, e per fortuna la mia voce non trema.

-E poi non mi sembra che tua zia sia un disastro...

-No, lei no- mi interrompe lui con voce tagliente.

Restiamo in silenzio per qualche secondo, immobili, a fissarci negli occhi.

-Quindi...- mormoro cercando di calmare il battito impazzito del mio cuore.

Lui alza un sopracciglio, allentando la presa sulle mie braccia, mentre le sue mani scivolano giù, fino ai polsi. Il cuore mi batte così forte che sento le pulsazioni nelle orecchie, e sto disperatamente cercando di non tremare.

-Quindi?- Dice lui a bassa voce.

Mi mordo il labbro, abbassando lo sguardo sul suo petto ampio.

-Quindi... non siamo più... uhm...

-Se intendi chiedermi se siamo diventati migliori amici scordatelo, Corvo- mi interrompe lui divertito.

-Serpe!

-Lo prendo come un complimento!

Gli scocco un’occhiata di fuoco, ma cerco disperatamente di non sorridere. Per ripicca gli dò una spinta al petto, ma la cosa non lo smuove minimamente.

Un sorriso sadico si forma sulle sue labbra mentre allunga una mano e velocemente mi spinge sulla spalla.

Sgrano gli occhi, cercando di ritrovare l’equilibrio, ma scivolo sul piccolo strato di ghiaccio sotto ai miei piedi e inevitabilmente cado a terra.

Serro gli occhi, irrigidendo i muscoli per prepararmi all’impatto con i ciottoli e il cemento, ma invece di sentire le pietre graffiarmi le mani mi sento afferrare da una mano, per poi essere tirata in avanti senza la minima delicatezza.  

Rimango spiazzata quando mi accorgo dove sono finita, e subito una vampata violenta di rossore mi salì al viso. Michael mi ha afferrata al volo, e sono totalmente appoggiata contro il suo petto ampio. Lui tiene una mano stretta sul mio braccio, mentre l’altra sulla mia schiena.

-Potresti stare più attenta quando vai in giro?- Mi disse con un tono più freddo.

Resto malissimo alle sue parole, ma poco dopo il suo sguardo, che fino a due secondi prima + stato glaciale, si ammorbidisce, dandogli un’aria più dolce.

-Sei stato tu a spingermi- dico con un tono misto tra imbarazzo, risentimento e divertimento.

Un leggero ghigno appare sulle sue labbra rosee, mentre lui ridacchia guardandomi con quei suoi occhi nerissimi.

-Lo so, e non ti chiederò scusa.

Non ribatto, e ci guardiamo negli occhi per un lungo momento. Nessuno dei due dice nulla, i minuti sembrano non scorrere più e sento le mie guance arrossire. Sembro incapace di parlare, stordita dalla sua vicinanza inaspettata. Sotto alle mie dita, posate sul suo petto duro, sento il suo torace alzarsi e abbassarsi a ritmo del suo respiro. Lui mi sta ancora stringendo forte, come se avesse paura che io cada, e la sua presa è sicura e dolce allo stesso tempo e a me sta piacendo fin troppo. Sono catturata dal suo sguardo intenso, non riesco più a staccare gli occhi dal suo volto. Però poi mi ricordo che sono praticamente sdraiata sul ragazzo che mi ha ferita con le sue parole velenose. E che lui è il Serpeverde più stronzo di tutti.

-Michael, non penso che adesso io possa scivolare un’altra volta...- dico, inghiottendo l’amarezza di quella frase.

Almeno credo.... aggiungo mentalmente dopo.

-D’accordo.

Appena mi lascia andare sento il freddo avvolgermi e prendermi da dentro. Solo dopo qualche istante mi rendo conto che Michael, che fino a due secondi prima mi teneva tra le braccia... se ne sta andando.

Mi affretto a raggiungerlo.

-Sarà meglio tornare, si chiederanno dove siamo finiti.

-Come vuoi- dico controvoglia tirando un calcio ad un sasso. Lui mi scocca un’occhiata indagatoria.

-Perché, tu non vuoi? Lo so che la mia compagnia è una cosa molto piacevole... ma bisogna sapersi accontentare- dice lui con tono di scherno e un sorrisetto sarcastico sulle labbra.

Arrossisco fino alla punta dei piedi, e distolgo lo sguardo per rivolgerlo ad un albero poco distante da me.

-Mmh, la ragazza non smentisce... ci avrò azzeccato?- Si domanda retoricamente, ridacchiando.

-No, per niente- gli rispondo piccata, spingendolo sulla spalla.

Forse perché l’ho colto di sorpresa, o forse perché è su una sottile lastra di ghiaccio, lui scivola indietro, ma riacquista subito l’equilibrio e torna al mio fianco con uno sguardo minaccioso.

-Pensavi di farmi cadere, eh? Spiacente, ma non basta una spintarella da uno scricciolo come te- Mi prende in giro, sorridendo. Non so perché, ma sono sicura che il suo sguardo si sia addolcito quanto basta per farmi schizzare il battito cardiaco a due volte più veloce del normale.

-Ci speravo...- confesso senza riuscire a reprimere un sorriso.

Lui scoppia a ridere e io mi ritrovo a sorridere come una scema al suono divertito della sua risata.

-Kristine, sei proprio senza speranza! Sono tre volte più grande di te, e tu ci speri lo stesso? Incredibile! Forse comincio a capire perché mia sorella ti adori così tanto...- si lascia scappare.

Di botto, senza nemmeno aver bisogno che il mio cervello glielo comunichi, le mie gambe si fermano e lui mi guarda confuso mentre lo guardo sbalordita.

-Che c’è?- Chiede sospettoso, aggrottando le sopracciglia. -Guarda che non ho detto che ti ador...

-Mi hai chiamata per nome- lo interrompo ancora meravigliata. Lo vedo sussultare e subito il suo sguardo si affila.

-Come?

-Mi hai chiamata per nome... e non mi stavi prendendo in giro.

Per la prima volta in tutti gli anni in cui lo conosco, Michael O’ Shea è rimasto senza parole.

Poi, senza dire una parola, lanciandomi un’occhiataccia, si volta e continua a camminare in silenzio, come se niente fosse. Mi ritrovo a seguirlo con una piacevole sensazione di calore nel petto.

Forse Michael O’ Shea si sta sciogliendo.

Chissà cosa c’è sotto quella sua maschera gelida... ho l’impressione che la dolcezza con cui ha detto il mio nome sia soltanto una piccola parte di quello che potrei scoprire sul suo vero carattere... e in effetti io voglio assolutamente scoprirlo.

 
♦♦♦♦♦
 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Buonassera!
Allora, prima cosa:
Ringrazio tantissimo Fred e Morgan che hanno recensito l'ultimo capitolo!
Detto questo...
Allora. In questo capitolo Kristine è "costretta" ad andare ad Hosgmeade con l'allegra famigliola...
Eeeeee capiamo che Michael è moolto protettivo verso Evanna. Che carooooooo!!
^^
Be', spero vi piaccia... io continuerò a scrivere (probably), ma vorrei anche che mi lasciaste qualche commento... anche per farmi notare errori/incoerenze e robe varie...
Be' un saluto!
Un bacio!
Anna

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto: Ti sarebbe importato? ***


Blue Roses

Capitolo Otto:
"Ti sarebbe importato?"



Michael:
 

Appena non sento più i passi di mia zia dietro di me mi volto, allarmato, e vedo lo sguardo malinconico e il sorriso triste con cui Jane mi guarda.

Kristine gira lo sguardo da me a Evanna e io la seguo, accorgendomi che gli occhioni grigi di mia sorella sono lucidi e minacciano di far strabordare le lacrime.

-Oh no, cucciola- mormoro con un groppo in gola, chinandomi e afferrando Evanna con forza, stringendola in un abbraccio.
Lei lascia andare i singhiozzi nascondendo il visino nel mio petto e le sue mani calde e piccole vanno ad aggrapparsi al mio collo con tutta la forza di cui è capace.

-Non voglio, non voglio!- Dice tra i singhiozzi.

Le accarezzo i capelli senza dire niente, ben sapendo che se apro bocca mi metterò a piangere anche io.

Mi limito solo a baciare il capo di mia sorella, stringendola forte.

-Ricorda cosa diceva mamma- sussurro al suo orecchio, fin troppo consapevole dello sguardo pungente di Kristine su di me. -Te lo ricordi?

Evanna annuisce lentamente, guardandomi con i suoi occhi grigi improvvisamente luminosi.

-È stato l'attimo in cui ho capito il perché della mia vita, quello in cui per la prima volta ho toccato il tuo corpicino e sentito il tuo pianto, quello mi ha fatto capire che ero lì per te, piccola mia- recita , mentre sulle sue labbra appare un sorriso timido come i raggi del sole all’alba.

Le sorrido e soffoco quella parte di me che vorrebbe afferrare mia sorella e non lasciarla mai più, che vorrebbe poterla tenere qui, al sicuro, con me e con Jace, con Kristine.

Invece di fare tutto questo, però, infliggendomi una violenza quasi fisica, allontano con dolcezza il corpicino di mia sorella da me e la consegno alle braccia amorevoli di Jane.

Bacio velocemente la fronte di mia zia e carezzo un’ultima volta la guancia di Evanna, sorridendo per non piangere.

-Andate, su- sussurro.

Loro annuiscono e Jane si volta e si allontana lungo il sentiero verso il cancello di Hogwarts. Non riesco a rimanere lì per più di qualche istante. Non sopporto di vedere gli occhi di mia sorella riempirsi di tristezza ogni passo che la porta più lontana da me.

Mi volto e senza proferir parola mi allontano dall’ingresso del castello, sorpassando Di Angelo.

-Michael! Michael, aspetta!- Esclama lei ma scuoto la testa e accelero il passo.

Non posso averla vicina ora. Non posso. Non devo. Non ora che le lacrime minacciano di scendere sulle guance.

-Michael!

Ancora, come nei sotterranei, la sua mano mi afferra il polso e per un solo istante, un brevissimo e intensissimo istante, sento il mio cuore sussultare al tocco delicato e fresco delle sue dita sul mio maglione.

-Mich...

In un secondo mi volto e la sbatto contro il muro.

Kristine sgrana gli occhi, stupefatta, e mi guarda. Nel suo sguardo smeraldo vedo timore, ma non paura. Quel timore che mi fa salire la rabbia.

-Che diavolo ti prende?- Sussurra con voce strozzata.

-Che mi prende? Che mi prende? Hai la minima idea di quanto cazzo sia difficile guardare mia sorella piangere ogni volta che è costretta ad andarsene? Hai la minima idea di quanto sia difficile vederla un paio di giorni ogni due mesi?! Hai la minima idea di quanto mi manchi, di quanto mi manchi lei, mia madre, la mia famiglia? E tu cerchi di rincorrermi per dirmi le solite parole che si dicono ogni volta, “mi dispiace”, “dev’essere difficile”... ma tu non hai la minima idea di quanto sia IMPOSSIBILE!

Cinque secondi dopo mi rendo conto della cazzata che ho detto. Della stronzata che ho fatto: Enorme Stronzata.

Gli occhi verdi di Kristine si riempiono di lacrime a malapena trattenute, e sento le sue mani sul petto, mentre cerca di spingermi via.

-Levati! LEVATI!- Urla.

Senza dire niente faccio il contrario di quello che mi grida contro. Afferro i suoi polsi con delicatezza e mi avvicino ancora di più a lei, finché non è intrappolata tra me e il muro di pietra.

-Merlino, O’ Shea, levati di dosso!- Sibila furibonda.

-No- mormoro.

-NO? CHE CAZZO VUOL DIRE NO? TOGLITI DI DOSSO SUBITO, BRUTTO BASTARDO...

Le sue offese vengono interrotte dalle mie braccia che si avvolgono attorno alla sua vita e la tirano sul mio petto. Si zittisce all’istante...
 

Kristine:
 

Morgana... sono praticamente spalmata sul petto di Michael e le sue braccia sono avvolte in una presa di ferro attorno alla mia vita. Ho il volto che va a fuoco e serro gli occhi.

Cioé... un secondo prima gli sto urlando contro e quello dopo lascio che mi abbracci come se fossi l’unica cosa al mondo che gli è rimasta?

Sento il mio cuore battere impazzito, e ho la sgradevole sensazione di star sudando freddo.

-M... Michael- sussurro con voce strozzata dopo una manciata di secondi.

Lui non dice niente, si limita ad allentare la presa e a sospingermi di nuovo indietro, facendomi appoggiare al muro.

Le sue mani ferree sembrano bruciare attraverso i diversi strati di stoffa che ricopre la mia schiena. Lentamente, O’ Shea fa scivolare il volto in basso fino ad appoggiare la fronte alla mia.

Sento le pietre del muro pungermi la schiena e il freddo penetrare la felpa, in netto contrasto con il calore che mi trasmettono le sue mani sui fianchi.

Appena apre la bocca e sospira mi rendo conto del suo odore che ormai mi ha avvolta completamente. Non saprei descriverlo, ma è buonissimo... sento la testa girare e ho i palmi delle mani tutti sudati.

-Mi dispiace- sussurra Michael con voce roca.

Sbatto le palpebre per cercare invano di restare lucida.

-H... hai appena detto che t... ti dispiace?- Balbetto.

Un sorriso malizioso si fa strada sulle sue labbra, mentre sento il suo corpo massiccio adagiarsi con estrema lentezza sul mio in un’interminabile tortura.

-L’ho appena detto, sì... ma perché balbetti, Kristine?- Mormora lui inclinando la testa e scaldandomi le guance con il suo respiro. I suoi occhi neri mi studiano.

Oh cavolo...

-I... io non...

Poi succede.
Senza aspettare che o finisca la frase Michael azzera improvvisamente la distanza residua tra i nostri volti e mi ritrovo a baciarlo con tutta me stessa. Oddio...
L’unica cosa di cui mi rendo conto nel caos di pensieri che domina la mia mente è che lui è maledettamente bravo a baciare.
Le sue mani risalgono dai fianchi alle spalle senza preoccuparsi di stropicciare i miei vestiti, mentre io mi aggrappo alle sue spalle forti. Il suo respiro veloce sul mio volto è la cosa più bella che abbia mai provato in vita mia, insieme alla sensazione del suo corpo che sorregge il mio. Infilo le mani tra i suoi ricci neri, accarezzandogli, cosa che lui sembra gradire. Fa per sollevarmi alla sua altezza, afferrandomi le gambe, quando...

-DI ANGELO, O’ SHEA!

Porca puttana.

Michael si scosta di botto, e io mi appiattisco contro il muro, pregando qualsiasi dio che esista che sia tutta una mia invenzione, che sia impazzita, che il soffitto crolli, ma niente, niente, può eguagliare la vergogna che provo nel sentire la voce di Piton fendere l’aria.

Non è possibile, continuo a pensare nel caos dei miei pensieri. Ho baciato lo stesso ragazzo che una settimana fa detestavo... e mi è piaciuto! Non può essere... non può essere!!!

All’improvviso i miei occhi incrociano le iridi nere e indecifrabili di O’ Shea, e per un solo, singolo attimo, mentre mi fissa, penso di scorgere una scintilla di calore nei suoi occhi, una sfumatura intensa, che mi fa arrossire; appena Michael distoglie lo sguardo e lo punta in quello di Piton, però, quella minuscola scintilla si tramuta in ghiaccio nero.

-Trenta punti in meno a Corvonero e trenta a Serpeverde! Più un’altra settimana di punizione nel mio ufficio! E filate neri vostri dormitori, ora! Anzi, signor O’ Shea, con me!- Sibila Piton spostando lo sguardo da Michael, immobile e impassibile, a me, tremante e incredula e imbarazzata.

Non so perché, ma appena alzo timidamente lo sguardo su Piton, mi sembra di vedere un qualcosa di diverso nei suoi occhi nerissimi, qualcosa di diverso dalla solita freddezza... divertimento?!

Non riesco a sostenere lo sguardo del professore e fisso i mattoni del pavimento, facendo un passo indietro per andarmene; ma O’ Shea mi afferra il braccio e trasalisco.

Lo guardo sorpresa e seccata. Insomma, che vuole ora?! Prima mi bacia davanti a Piton e ora che diamine vuole?

Ma quando incrocio di nuovo i suoi occhi vedo qualcosa di molto simile alla dolcezza nei tratti del suo volto. Lentamente, Michael alza la mano e mi accorgo che tiene in pugno una catenina argentata; con un cenno del mento mi fa segno di prenderla. Apro la mano sotto alla sua e lui la lascia cadere sul mio palmo.

-Evanna mi ha chiesto di dartela- dice piano, in un sussurro.

Osservo la piccola collana, incurante della presenza impaziente del professore che ci fissa a braccia incrociate qualche passo più in là. Ha un medaglione con la lettera E contornata da fili dorati che formano un cuore; la E di Evanna.

-Perché?- Mormoro stupita.

Michael abbozza un sorriso.

-Credo che adesso ti vorrà come sorella adottiva... comunque... grazie- dice fissandomi intensamente negli occhi.

Capisco subito cosa intende. Nel suo sguardo leggo tutta la gratitudine che prova per aver perdonato le stronzate che ha detto, e forse anche le scuse per... avermi baciata...

-DI niente- rispondo stringendo forte la collana.

Poi, gettando un’ultima occhiata al professore, che ci fissa con la bocca serrata, mi volto e me ne vado.


Sono seduta sulle pietre della Torre di Astronomia. Ho le gambe che penzolano nel vuoto e il vento è più che gelido, ma non ho nessuna intenzione di schiodarmi da qui.

Saranno venticinque metri d’altezza (o molto probabilmente no, visto che sono negata con i numeri) eppure non provo paura. Il mio cuore batte forte e tranquillo... tranquillo per quanto possa esserlo mentre penso e ripenso a quello che  successo ieri.

Ho passato tutta la cena, tutta la sera, gran parte della notte a pensare a quel bacio e a rivoltarmi insonne tra le coperte, tanto che alla fine mi sono beccata una cuscinata in faccia da Dania che, strano a dirsi, non riusciva a dormire a cause dei “miei stupidi, inutili, idioti, cretini e strafastidiosi rigiramenti”, per dirla con le sue parole. Sospiro e appoggio il mento sui pugni chiusi, con i gomiti che premono sulle ginocchia.
Non riesco a non pensarci. Mi tormenta. Quello stupido ricordo. E questa collana che non ho più tolto da quando Michael me l’ha data. Ormai sta diventando familiare la sensazione del metallo caldo sulla pelle del petto.

Ma quello che più mi tormenta è la stretta allo stomaco e i sussulti del mio cuore che sento non appena chiudo gli occhi e la sensazione delle labbra di Michael sulle mie riaffiora istintivamente nella mia mente.

Con un gesto distratto mi passo le dita sulle labbra, arrossendo poi per il gesto.

-Ti sei innamorata di Michael per caso?- Fa una voce gelida alle mie spalle.

Faccio un salto di cinque centimetri e mi volto di scatto, sorpresa e con il cuore che batte a mille.

Incrocio due freddi occhi color del ghiaccio. E mi viene un colpo.

Lascio andare il respiro che avevo inconsciamente trattenuto e girandomi torno con le gambe dentro alla torre, scendendo dalla balaustra di pietra.

-Jason... giusto?- Chiedo ficcando le mani nelle tasche del giubbino.

Lui annuisce lentamente, appoggiato al muretto.

-Già...- non dice niente, e io ne approfitto per osservarlo.

E’ l’altro amico di O’ Shea, alto, con folti capelli castani, occhi azzurri e lineamenti affilati.

-Uhm... in... in che senso mi sto innamorando di... di Michael?- Chiedo col cuore che batte a mille.

Jason fa apparire un sorrisino affilato e scaltro sulle labbra sottili, raddrizzando la schiena e avvicinandosi a me. Faccio un impercettibile passo indietro. Jason non è esattamente popolare per la sua gentilezza... e non sono mai riuscita a inquadrarlo perfettamente. In più, i suoi occhi gelidi mi trasmettono una lieve sensazione di minaccia... sarà anche perché si ferma a mezzo centimetro da me.

-Oh, avanti... vi ho visti ieri...

Serro la mascella, innervosita. Ci ha visti?? Peggio ancora che Piton!

Cerco di parlare con voce sicura, e sono piuttosto soddisfatta del risultato.

-Non so cosa tu abbia visto, ma a me lui non piace e credo proprio che la cosa sia reciproca- dico fissandolo nei suoi occhi color ghiaccio. Sorprendentemente, però, il suo sorriso, invece che spegnersi, si allarga in un modo un po’ sinistro.

-Non ti piace, certo... ma lo ami?

Ho la brutta sensazione di sbiancare in volto, e Warlock sorride in risposta, soddisfatto, incrociando le braccia e fissandomi con aria di superiorità.

-Come pensavo... sei identica a tua sorella.

Sgrano gli occhi, ma prima che possa chiedergli cosa intenda sentiamo una voce provenire dalle scale.

-Jason, sei qui? Ma... che cazzo stai facendo?- Ringhia Michael in direzione del suo amico, non appena mi scorge.

In un paio di passi si affianca a noi e con un tremito sento il suo braccio avvolgersi attorno alla mia vita e il mio viso andare a fuoco. Perfetto. Così mi sono smascherata davanti a Jason come un’emerita idiota.

-Niente... stavamo semplicemente parlando- dice lui con un tono mellifluo che mi fa venire la pelle d’oca, piantando i suoi occhi di ghiaccio nei miei.

Mi sorride e dà una pacca sulla spalla di Michael, prima di voltarsi e scendere di nuovo giù senza una parola. Michael resta a fissarlo astioso, finché non scompare, e a quel punto io abbasso lo sguardo e mi accorgo che la sua mano è scivolata sul mio fianco e mi stringe dolcemente.

Deglutisco, il cuore impazzito e una marea confusa di emozioni violente che mi assalgono violentemente.

-Ehm... M... Michael, ti, ehm, spiacerebbe?- Mormoro col volto accaldato.

Lui si gira verso di me e per poco il mio cuore non si ferma mentre incrocio quegli occhi così caldi e intensi. Il suo sguardo scivola sul suo braccio e sulla mano che mi stringe al suo fianco.

Un sorrisino appare sulle sue labbra.

-Scusa?

Oddio... lo prenderei a sberle.

-Ti spiacerebbe lasciarmi andare?- Soffio.

Lui storce il naso, ma lascia la presa sul mio fianco, e sento uno sgradevole soffio di vento che si insinua sotto al giubbotto di jeans e prende il posto del calore della sua mano.

Mi volto e torno a sedermi sul muretto di pietra della torre, afferrando saldamente le pietre rese lisce dalle intemperie.

-Se cadi penseranno che ti ho spinta di sotto... che ne dici di toglierti da lì, Kristine?- Chiede la voce vagamente inquieta di Michael alle mie spalle. Sorrido.

-No- dico tranquillamente.

Lo sento sbuffare e un secondo dopo intuisco che sta per afferrarmi, ma voltandomi lo blocco, estraendo la bacchetta dalla tasca e puntandogliela al petto. La punta preme contro la stoffa nera del maglione pesante che indossa, e riesco a sentire la barriera del suo petto.

Michael si immobilizza istintivamente, aggrottando le sopracciglia e guardandomi corrucciato.

-Che diamine fai?- Sussurra, la voce ancora più roca del solito che mi scivola addosso in una morbida carezza, facendomi venire la pelle d’oca. Guardo senza timore i suoi occhi neri. La sua testa è più alta della mia di cinque centimetri ed entrambi siamo costretti a piegarla per guardarci negli occhi. Premo un po’ di più la bacchetta contro il suo petto, facendolo sussultare.

-Perché mi hai baciata?- Chiedo con una freddezza che mi sconvolge.

Lui resta perplesso dal gelo nella mia voce e aggrotta la fronte.

-Perché ti dovrebbe interessare, Kristine?- Mormora pianissimo, guardandomi negli occhi. Sento un brivido di emozione corrermi lungo la spina dorsale.

-Chissà perché, O’ Shea, non saprei! Innanzitutto, forse, semplicemente mi rende perplessa il fatto che mi hai baciata dopo avermi sbattuta contro un muro; o magari perché ci odiamo cordialmente da sei anni e appena mi vedevi ti giravi dall’altra parte per evitare di guardarmi Non so, vedi tu!- Dico sarcasticamente.

Lui piega l’angolo delle labbra -quelle stesse maledette labbra che ieri mi hanno baciata con tanta forza- in un sorriso sghembo, affilato.

-E cosa ti fa pensare che non ti abbia baciata per divertirmi un po’?

Le sue parole caute sono come una pugnalata al cuore, ma so che non è così. Sbatto le palpebre.

-Il... il modo in cui...

-In cui ti ho baciata?- Mi interrompe. -Guarda che bacio tutte così.

Sento il mio volto andare a fuoco, e premo ferocemente la bacchetta contro il suo petto, saltando giù dal muretto -e perdendo quei dieci centimetri in più d’altezza- e costringendolo a camminare indietro mentre parlo furiosa. Non ho idea del perché, ma immaginarlo con un’altra mentre si baciano (o fanno qualcosa di peggio) mi fa ribollire il sangue.

-Senti un po’, brutto bastardo! Almeno fammi finire la frase! Non stavo affatto dicendo il modo in cui baci, e comunque se fosse stato così non te l’avrei chiesto, visto che non sono così rimbambita come pensi! Almeno fammi finire di parlare se non vuoi che ti schianti giù dalla torre!- Ringhio.

O’ Shea trattiene un sorriso e incrocia le braccia muscolose, proprio sotto al mio naso.

-Sentiamo, dolcezza.

Prendo un sospiro profondo.

-Be’, allora... ehi! Non chiamarmi dolcezza! Comunque... tu non ti stavi affatto divertendo, se non sbaglio. Avevi gli occhi lucidi, stavi per piangere e io disgraziatamente ti sono capitata sotto mano. E’ per questo che mi hai sbattuta contro quel muro del cavolo. Poi però dopo mi hai chiesto scusa, davanti a Piton, e non l’avresti mai, mai, mai fatto se non fosse stata una cosa importante, o almeno una cosa che tu ritieni importante.

Michael mi fissa per tre lunghi secondi, poi socchiude le palpebre e irrigidisce le spalle.

-Supponiamo che sia vero... non ti sarebbe importato?

Ah ah. Beccato.
Sorrido con aria di sufficienza, scrollando lievemente le spalle.

-No. Sinceramente no. E visto che ho ragione, caro mio, per me non ha affatto importanza se tu ti scusi o no. Non mi importa se baci qualcun’altra, non mi importa un bel niente.

Michael si irrigidisce di botto, fissandomi con gli occhi gelidi. Sembra proprio che l’abbia colpito nel segno... touché.
A quel punto Michael si china e cerco di non trattenere il fiato, altrimenti capirebbe che tutto quello che gli ho detto è una colossale stronzata. Stringo i pugni, con le unghie che si conficcano nei palmi.
Sento il suo respiro sul collo e ho la pelle d’oca, le gambe che tremano e il respiro pesante.

-Perfetto... allora non ti importerà se adesso vado giù e mi porto a letto una ragazza....

Merda.
Sento una violenta ondata di gelosia serrarmi il petto e alzo lo sguardo di scatto.
E incrocio i suoi occhi neri. Lui legge tutti i sentimenti che ho dentro nei miei occhi e accenna una risatina, mentre le sue mani vanno a posarsi sui miei fianchi.

-Come pensavo- dice a bassa voce, guardandomi pensieroso. Poi fa un mezzo sorriso, chinandosi; con un brivido sento le sue labbra posarsi all’angolo della mia bocca, troppo distanti per darmi un vero bacio e troppo vicine perché sia un normale bacio sulla guancia.

-Ci vediamo dopo- sussurra lui ammiccando, poi mi lascia e si volta, sparendo giù per le scale e lasciandomi lì, tremante e infreddolita e confusa.

 
 
♦♦♦♦♦♦
 


AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
Ehm ciao a tutti! ^^
Allora...
In questo capitolo... non so nemmeno cosa ho scritto in realtà XD non so... allora, prima cosa: il bacio non è stato assolutamente qualcosa di romantico (forse).
Semplicemente, per ora, i nostri due innamorati hanno bisogno di sostenersi a vicenda, anche se questo vale più per Michael... ma i problemi per Kristine arriveranno presto.
La nostra ragazza è alquanto confusa dal gesto di Michael... perché non è abituata a situazioni simili, mentre lui sì ed è confuso proprio per questo motivo (che lei è "inesperta"... diciamo).
Ed Evanna inizia a scavare un posticino nel suo cuoricino dolcissimo per Kristine... :3 mentre Jason... be' tenetelo d'occhio ok? ;)
Spero che vi sia piaciuto... vi invito a recensire, per sapere che ne pensate!
Ringrazio tantissimo chi ha messo la storia tra preferite/seguite/ricordate, chi recensisce (Fred, Morgan e Anna Nali: vi amo!! :D) e chi legge solamente <3
Un bacione!
La vostra Anna.



 

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove: Obbligo o verità? ***


Blue Roses:
Capitolo Nove: Obbligo o verità?




-Amore di Luuke?

Alzo gli occhi al cielo sentendo la voce del mio migliore amico fendere l’aria della sua camera.

-Sono qui, amore di Kristine.

La testa di Luke fa capolino dalla porta. I suoi occhioni chiari mi guardano per qualche istante, poi la sua bocca si apre in un sorriso smagliante. Luke si raddrizza ed entra nella camera, e noto sorpresa che non indossa la maglia.

-Che ci fai così?- Con un cenno del mento indico il suo torso nudo e lui mi sorride, un filo malizioso.

-Ti piace?- Chiede poi.

Sbuffo e torno a guardare il libro posato sul mio  grembo, nascondendo un sorriso, mentre penso istintivamente che, per quanto Luke sia bello e attraente, non arriva certo al livello di Michael, per me.

Un secondo dopo ho voglia di sbattermi il libro sulla fronte.

Ma che vado a pensare?!

Da quando ci siamo baciati e Piton ci ha messi in punizione -rabbrividisco solo al ricordo di lui che ci ha beccati- con conseguente chiacchierata sulla torre Michael non mi ha più parlato.

Be’... forse mi avrebbe parlato se io ogni volta non fossi scappata via con qualche scusa.

Ma è più forte di me, che ci posso fare?!

Non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi -quasi.

Però, durante le punizioni nel laboratorio di Pozioni, mentre cataloghiamo la lista di punizioni, mi sembra quasi di sentire i suoi occhi su di me, e un paio di volte l’ho sorpreso a guardarmi con la coda dell’occhio, le sue iridi nere piene di dolcezza, può essere?, e confusione.

Al solo pensiero sento ancora il cuore schizzarmi in gola.

Uno schiocco di dita mi riporta alla realtà.

Sbatto le palpebre e mi accorgo che ora Luke è sdraiato sul letto, che mi guarda,.

-Tutto bene, Kris?- Mi chiede preoccupato, con una ruga che gli solca la fronte.

Sorrido piano e mi allungo a scompigliargli i capelli, con suo grande fastidio.

-Non chiamarmi così, Lukino!

Fa una faccia schifata, e scoppio a ridere. Devo dire che il nuovo soprannome che gli ho appena affibbiato è davvero orrendo, ma se basta a fargli fare quella faccia lo userò tutte le volte che devo chiamarlo.

Luke si solleva e mi sbuffa in faccia, per poi darmi un bacio sul naso, appoggiandosi con la mano al mio ginocchio piegato.

-E va bene, adesso andiamo però- dice infilandosi la prima maglia che vede.

-Dove?- Chiedo curiosa, alzandomi dal letto e seguendolo. Lui mi fa l’occhiolino e mi bacia di nuovo i capelli con affetto, circondandomi la vita con un braccio.

-Vedrai!

Alzo gli occhi al cielo mentre scendiamo le scale a chiocciola, senza sperare di ottenere qualche risposta.

 

-Dai, Luke! Seriamente! Dove cavolo mi stai portando?!- Chiedo, un po’ irritata, nello stesso istante in cui vedo Jace Stoll uscire da una porta di un’aula.

Sbarro gli occhi, sorpresa, mentre lui si volta e ci vede. Un sorriso soddisfatto si dipinge sul suo volto mentre si avvicina e mi affianca dall’altra parte.

-Finalmente- sospira sollevato -non riuscivo a farlo star fermo!

Un campanello d’allarme prende a suonare nella mia mente, ma cerco disperatamente di ignorarlo provando a fidarmi di loro.

Ehi, un secondo.

Fidarmi di loro?

Che razza di assurdità sto dicendo??

Mi fermo di botto, ma per loro non fa differenza. Continuano a trascinarmi in avanti, verso la porta dell’aula.

-Ehi, che cavolo fate? Fermi!

-Aah, avanti, Kristine! Non ti fidi di noi?- Si lagna Jace, ma un sorrisetto lo smaschera, lui e le sue brutte intenzioni.

-No!

-E fai bene!- Conferma Luke, ridendo, mentre mi spinge in avanti, nell’aula, e chiude la porta alle mie spalle.

-FERMI!!- Strillo, voltandomi e cercando di bloccarli, ma troppo tardi: la porta si chiude e sento il click della serratura, che mi chiude nella stanza.

Sbatto la testa contro il legno liscio e freddo della porta, sbuffando irritata.

Ma com’è possibile? Ogni volta mi cacciano nei guai!!

Lentamente, controvoglia, mi giro e mi accorgo che le tende sono tirate; perciò, la stanza è totalmente immersa nel buio. Con un sospiro mi muovo e, dopo aver preso un paio di spigoli nel fianco, mi siedo su un banco.

Piego le gambe e dopo averle circondate con le braccia poggio la fronte sulle ginocchia.

Dopo qualche secondo di silenzio una voce mi fa sussultare.

-Anche tu qui?

Per poco non cado giù dal banco, ma riesco a rimanere in equilibrio afferrando una sedia.

-Oh ma che cazzo, no! Perché sei qui?!- Esclamo scontenta, togliendomi una ciocca di capelli dalla guancia.

Lui sbuffa, alzandosi e venendo verso di me. Riesco a fatica a scorgere il profilo del suo corpo.

-Secondo te?- Risponde, visibilmente seccato -mi fanno incastrato. Come te.

Alzo gli occhi al cielo e appoggio la schiena al muro, sentendo il freddo dei mattoni di pietra penetrare attraverso la maglietta.

Cala il silenzio. Mi sento a disagio senza poter vedere Michael in faccia. Non che sia semplice capire cosa gli passa per la testa anche quando lo vedo, i suoi occhi sono impenetrabili, ma almeno posso osservarlo... invece qui niente.

So però che mi è vicino, forse troppo.

O forse troppo poco, penso. A quel pensiero sento le mie guance arrossire un po’ e mi do della scema. Non ho dimenticato le sue parole, su quella stupida torre gelida: allora non ti importerà se adesso vado giù e mi porto a letto una ragazza....

Purtroppo sì, ho capito che mi importa, e forse lui l’ha capito prima di me.

Sento un brivido percorrermi la spina dorsale, e trattenendo un sospiro infilo le mani tra le cosce, cercando di scaldarle un po’. La temperatura è un po’ freddina.

-Hai freddo?- Mormora Michael.

Sussulto, sorpresa alla sua domanda. Come ha...

Volto lo sguardo e mi accorgo che ha in pugno la sua bacchetta, la cui punta emana una luce così fioca che non me ne sono neanche accorta, persa com’ero nei miei pensieri. Quella luce fioca mi basta per riuscire a scorgere il suo sguardo nero e affogarci dentro, quando sollevo lo sguardo...

 

Michael:

Tiro fuori la bacchetta dalla tasca della felpa e mormoro un piccolo incantesimo. Immediatamente una piccola luce argentata illumina il buio, e riesco a vedere Kristine.

E’ appoggiata al muro, e si guarda le gambe con aria depressa.

I suoi stivali sono incrociati e ha le mani tra le cosce per riscaldarsele. Indossa solo jeans e una maglia leggera, blu, a maniche lunghe, con una scollatura tonda. Sulla pelle candida risalta la collana di mia sorella. Da quando gliel'ho data ho osservato Kristine ogni giorno, e gliel'ho sempre vista addosso.

I suoi lunghi capelli biondi cadono in morbide ciocche disordinate sulle spalle. Ha gli occhi socchiusi mentre fissa davanti a sé, pensosa. Le sue labbra sono strette in una linea sottile.

Quelle sono le stesse labbra che ho baciato e che mi è piaciuto baciare.

-Hai freddo?

Lei sussulta e si volta a guardarmi. La luce fioca della mia bacchetta le dipinge ombre scure sugli zigomi.

-Come?- Chiede confusa.

-Hai freddo?- Ripeto.

Lei scuote leggermente la testa e torna a fissare le sue gambe.

Sospiro e mi siedo sui due banchi dietro di lei, appoggiandomi con la spalla al muro e osservandola, senza preoccuparmi di nasconderlo. L’ho sempre considerata una cervellona, cosa che in effetti è, e una ragazzina antipatica e fastidiosa, cosa che assolutamente non è.

E capirlo solo adesso un po’ mi spiazza, anche perché non so come mi considera lei.

Studio per un po’ la curva delle sue labbra, per poi scendere sul suo corpo. E’ minuta, ma è bella. Sì, è bella. Dopo qualche minuto la sua voce fende l’aria, tagliente.

-Ti piace quello che vedi?

Abbozzo un sorrisetto, riportando lo sguardo sul suo volto e accorgendomi che ha le guance inevitabilmente rosse.

-Uhm... sì.

Altro che guance rosse. Diventano viola.

-Idiota. Non puoi farci uscire, piuttosto?- Replica, sviando il discorso e incrociando le braccia e stringendosi le gambe al petto, come se volesse impedirmi di guardarla.

-No, hanno messo un incantesimo alla porta e anche se ci riuscissi non lo farei. E’ interessante parlare con te. E comunque se non ti piacciono le mie risposte non dovresti fare le domande.

-Sei sempre così s... schietto?- Mi chiede lei, scoccandomi un’occhiataccia da sotto i ciuffi biondi che le nascondono un po’ il viso.

-Solo con alcune persone- rispondo, facendo girare la bacchetta con due dita.

-Oh, dovrei sentirmi onorata per questo?- Dice seccata, mentre il suo sguardo scivola sulle mie dita che giocherellano con la bacchetta.

Sbuffo divertito.

-Non saprei. Come vuoi.

-Wow, Michael, stai migliorando. Il “Come vuoi” è una risposta quasi decente per uno come te- sospira, passandosi una mano tra i capelli e rendendomi libero di osservare meglio il suo volto pallido e arrossato. Abbassa la gamba lungo il banco in un gesto inconsapevolmente sensuale. Oh, ma che cazzo vado a pensare!

-Uno come me? Cosa intendi con “uno come me”?- Chiedo distogliendo a fatica lo sguardo dalla sua mano affusolata, era stretta sotto al ginocchio. Ha un anello semplice all’indice. Magari è fidanzata... perché questo pensiero fa così male? Infatti sento il mio cuore stringersi in una morsa dolorosa.

-Precisamente quello che ho detto. Uno come te.

Prendo a fissare le sagome scure dell’armadio in fondo all’aula per evitare di fissarla ancora e metterla in imbarazzo, più di quanto non sia.

-E altri tipi come me sarebbero?

-Jace- risponde immediatamente lei.

Sorrido divertito.

-Okay. Jace. E altri?

Lei sbuffa infastidita dalla mia domanda. Poggio il gomito sul mio ginocchio alzato, accarezzandomi lentamente il braccio, in attesa di sentire la sua risposta.

-Non saprei- ammette dopo un breve silenzio. Avverto che mi sta guardando, ma evito accuratamente di guardarla. Ho il cuore che batte troppo veloce e non sono sicuro di voler saperne il motivo, ma sospetto che se la guardassi raddoppierebbe ancora i battiti.

Mi mordo il labbro, stringendo la mascella, e poggio la testa contro il muro di pietra, chiudendo gli occhi. Sento una strana stanchezza pervadermi i muscoli. Perché diamine quando sto così vicino a lei mi sento così... strano?!

Sono così perso nei miei pensieri che non mi accorgo nemmeno che lei mi sta parlando; me ne rendo conto soltanto quando sento una mano ghiacciata posarsi sul mio braccio. Sussulto e apro gli occhi, voltando di scatto la testa e raddrizzandomi di botto.

Mi blocco. A pochi centimetri da me, tra le mie gambe aperte che penzolano giù dal banco, c’è Kristine, che mi guarda spaesata e imbarazzata. Con la mia mossa improvvisa l’ho inconsapevolmente stretta tra le gambe, imprigionandola, letteralmente.

-C... che... oh merda, scusa- soffio, allentando la presa sul suo bacino allargando le gambe, per permetterle di indietreggiare. Eppure lei non lo fa. Resta lì, le guance in fiamme, a guardare attentamente il mio petto per non guardarmi negli occhi.

-Scusa- ripeto lentamente, osservando come le sue dita si stringano al bordo delle tasche dei jeans.

-Ehm... niente, penso... ma... va tutto bene?- Chiede alzando i suoi meravigliosi occhi verdi verso i miei e guardandomi con sincera preoccupazione.

Non rispondo, catturato dal suo sguardo color verde chiaro, e sento il mio stomaco stringersi in una dolorosa stretta. Afferro il bordo del banco su cui seduto con le dita con forza, stringendolo per sfogare tutta la tensione che mi blocca la gola.

-Sì- sibilo innervosito con me stesso. La vedo impallidire e chiudo gli occhi.

Prendo un respiro profondo e poi espiro fino a svuotare completamente i polmoni. Lo faccio per qualche minuto, fino a quando non sono di nuovo calmo, con lei che mi guarda attentamente.

-Sì, grazie- ripeto sorridendo lievemente.

Lei alza le sopracciglia bionde, stupita.

-Mi hai appena chiesto scusa?

Le rivolgo un sorriso ironico.

-Già, e non lo rifarò tanto presto, quindi goditi il momento di gloria.

Kristine si scioglie in un sorriso vero, splendente, e indietreggia, sedendosi di nuovo sul banco, ma stavolta rivolta verso di me.

-Secondo te quando ci lasceranno andare?- Chiede tirandosi giù le maniche della maglia per coprirsi le mani.

-Non saprei, ma non credo molto presto. Ma hai freddo?

Lei mi guarda dal basso verso l’alto, serrando le labbra.

Sospiro e mi alzo in piedi, sfilandomi la felpa dalla testa. La porgo a Kristine, che mi fissa mordendosi il labbro e indecisa se prenderla o no.

-Avanti- insisto -non voglio che muori di ipotermia.

Con un sospiro si arrende e si allunga a prenderla. Le sue dita sfiorano le mie e sentiamo entrambi una piccola scossa. Sussultiamo e io mi affretto a mollare la felpa, infilando le mani nelle tasche dei jeans e osservando la ragazza infilarla. Appena la abbassa sui fianchi mi scappa un risolino: è gigantesca addosso a lei, le arriva a metà coscia. Lei mi scocca un’occhiata di rimprovero, ma la sua espressione imbronciata è adorabile.

-E’ gigante- si lamenta, cercando di sfilare i capelli da sotto alla felpa.

-Non è colpa mia se sei così piccola- ribatto, per poi allungarmi verso di lei, impietosito. -Lascia, faccio io.

Poso le mani sul suo collo e lei trattiene il respiro, mettendo istintivamente le mani sul mio petto per allontanarmi, ma si trattiene e mi lascia fare. Cercando di tenere sotto controllo il battito del cuore, che mi è schizzato in gola non appena le sue mani mi hanno sfiorato, libero i suoi capelli morbidi dalla prigione di tessuto, spargendoli sulle sue spalle minute.

Poi mi ritiro, lentamente, tornando a sedermi sul banco e desiderando intensamente di risentire ancora le sue mani sul mio petto.

 

Kristine:

Appena Michael si tira indietro avverto subito la mancanza del suo petto forte e muscoloso sotto le dita. Ficco le mani nelle tasche della felpa nera che mi ha gentilmente prestato per impedirmi di cercare di toccarlo ancora. Dopo qualche minuto il silenzio si fa insopportabile e mi alzo, camminando tra i banchi.

L’aria in quest’aula è gelida, anche se con i nostri respiri si sta lentamente scaldando. Mi abbraccio incrociando le braccia sotto al seno e inspirando l’odore di muschio della felpa.

-Facciamo un gioco?- Propongo risalendo il corridoio tra le file di banchi per tornare vicino al Serpeverde, stravaccato su due tavoli.

-Sarebbe?- Chiede incuriosito, fissandomi con i suoi occhi neri.

-Obbligo o verità?- Propongo senza pensare. Poi mi rendo conto.

Oddio, ma che cazzo ho detto?! Mi tappo la bocca, sperando che lui non lo conosca e di riuscire a scamparla in qualche modo, ma la sua bocca si piega maliziosamente, facendomi capire di essere spacciata.

Michael si tira su, incrociando le gambe e fissandomi con gli occhi neri pieni di scintille preoccupanti.

-Lo conosco... è pericoloso giocarci, sai?- Chiede lentamente.

Sento le mie guance prendere fuoco e deglutisco nervosa.

-Ecco... meglio di no, allora- cerco di scamparla, ma lui scuote la testa, con i ricci neri che gli rimbalzano sulla fronte.

-No, adesso giochiamo. Vieni qui.

E ora che vorrà fare? Cammino con lentezza verso di lui, restandogli davanti, in piedi.

-Comincia tu- mi dice afferrando la bacchetta, posata tra di noi, e stringendola con una mano.

-Obbligo o verità?- Chiedo sospirando.

-Verità- risponde lui senza esitare. Fisso i suoi occhi di ossidiana perdendomici dentro.

-Come sta Evanna?

Lui alza un sopracciglio, forse sorpreso dalla domanda. Spero che, se gli faccio domande idiote, lui ricambi il favore, ma Michael è Michael... le probabilità che questo avvenga sono del due per cento.

-Bene. L’ultima volta che le ho scritto è stato due giorni fa. Mi ha chiesto anche di te- mi risponde inclinando la testa e guardandomi come fa un bambino davanti a una cosa che vuole a tutti i costi. Cerco di non dare a vedere quanto questo mi spaventi, mascherando il mio nervosismo con un sorriso.

-E che ti ha chiesto?

Lui fa un sorriso furbo.

-E no, la domanda me l’hai già fatta. Tocca a me ora.

Sbuffo.

-Obbligo o verità?

Pericolosi tutti e due con lui... potrebbe chiedermi cose imbarazzantissime o farmi fare cose che non vorrei. Quindi...

-Verità- scelgo.

-Che rapporto avete tu e tua sorella?

Serro la bocca, storcendo il naso.

-Le voglio bene- dico laconica.

Lui si tende in avanti, socchiudendo i suoi occhi neri.

-Non è abbastanza.

Sospiro. -Le voglio bene ma certe volte vorrei che non sia lei quella migliore tra le due. L’hai detto anche tu, è più estroversa, popolare e simpatica. E odio quando ci scambiano l’una per l’altra. Odio il fatto di essere gemelle identiche, perché certe volte mi sembra che chi abbia a che fare con lei, quando si ritrova con me, si aspetti che io sia come lei. Ma io non sono come lei.

Taccio e guardo Michael, che mi fissa senza dire niente. Il silenzio prosegue per qualche manciata di secondi, il tempo scandito dal battito impazzito del mio cuore mentre sono immersa nel nero liquido dei suoi occhi.

-Tu non sei uguale a lei- dice infine, guardandomi con tanta intensità da farmi sciogliere -ma per niente. Tu sei più... più...- annaspa, senza trovare la parola giusta. -Più dolce- conclude infine.

Un piccolo sorriso nasce sulle mie labbra,e lo guardo stupita. Mi ha davvero definita dolce? Che.. dolce.

-E...- prosegue esitante -non è detto che chi sia più popolare sia migliore di altri che non lo sono. Certe volte non è affatto così... non lo è per chi ha un minimo di cervello, almeno.

Un piccolo sorriso beffardo fa capolino sulle mie labbra.

-Come te?- Lo provoco.

Lui arriccia il naso. -Esatto, come me- ribatte con un sorrisino. -Comunque tocca a te. Scelgo obbligo.

-Accendi le candele. Mi sono rotta di stare al buio- ordino.

Lui afferra la bacchetta e con un rapido movimento del polso le candele nella stanza rischiarano l’ambiente. Non c’è luce come se fosse giorno ma almeno ora posso vederlo bene.

-Fatto- dice lui. -Obbligo o verità?

-Obbligo, ti faccio compagnia- dico serenamente. Lui sorride furbo, e io mi gelo. Ora chissà cosa mi chiede...

-Scegli obbligo per tre volte di seguito- ridacchia.

-Ehi, ma non vale!!- Protesto, incrociando le braccia. Michael mi rivolge un sorrisino.

-Invece sì.

Sbuffo, consapevole del fatto che ha ragione. Poso le mani sul banco, irritata, e lo guardo torva.

-Obbligo- sceglie lui.

-Appena usciamo da qui vai da Piton e gli chiedi di annullare l’altra settimana di punizione.

Lui sgrana gli occhi. -Cosa? Ma stai scherzando, vero? Così mi mette in punizione per un altro mese!

Lo guardo vittoriosa. -Hai scelto obbligo e io ti ho detto cosa fare. Non discutere!

Lui socchiude le palpebre, gli occhi neri lampeggianti. Invece di replicare, però, sbuffa.

-Hai scelto obbligo, quindi ti obbligo ad annullare il mio obbligo- dice dopo qualche secondo, sorridendo improvvisamente. Lo guardo a bocca aperta.

-Ma non vale!

-Sì, hai scelto obbligo e io ti ho detto cosa fare. Non discutere!- Ripete le mie parole con tanta soddisfazione che mi trattengo a stento dal tirargli un pugno. Lo guardo storto mentre mi volto e faccio per allontanarmi; però, all’improvviso, sento un braccio avvolgersi attorno alla mia vita e trattenermi, tirandomi al suo corpo. La mia schiena aderisce al suo petto e trattengo il respiro, mentre dei brividi mi percorrono da capo a piedi. Afferro con forza il suo avambraccio, stringendo quella massa di muscoli d’acciaio, mentre lui si avvicina al mio orecchio.

-Non allontanarti- sussurra, mentre il suo respiro caldo si infrange sul mio collo. Trattengo un tremito e mi sforzo di riprendere in mano il controllo del mio corpo. Sento il respiro affannoso, il cuore che batte all’impazzata e le gambe che tremano.

-Okay- mormoro. Chiudo gli occhi, ma lui non sembra intenzionato a schiodarsi da dietro di me.

All’improvviso mi rendo conto di quanto si stia bene tra le sue braccia calde, con il calore del suo corpo che fa lentamente rilassare i muscoli della mia schiena. Sento la sua mano afferrare la mia, posata sul suo braccio, e stringerla forte. E’ calda, mentre la mia è gelida.

-Obbligo o verità?- Chiedo a bassa voce.

-Obbligo- risponde lui, da sopra la mia spalla.

-Dimmi perché mi hai baciata.

Lui sospira, posando la fronte sul mio capo.

-Ancora questa storia? Non lo so perché ti ho baciata. Non ne ho idea. Ora tocca a te. Girati e guardami.

Sono costretta ad obbedire, e quando incrocio i suoi occhi sento una strana emozione farsi strada nel mio petto. E’ qualcosa di bollente, che scende fino a riscaldare pure lo stomaco e raggiungere ogni singola cellula del mio corpo.

-Verità.

-Passo, non so cosa chiederti- ammetto. Lui sorride.

-Allora adesso dammi la mano- senza aspettare che lo faccia io mi afferra la mano e la posa sul suo petto, sopra al cuore. Michael si abbassa fino a posare la fronte sulla mia, senza spezzare la catena dei nostri occhi fusi assieme.

-Ora dimmi cosa pensavi di me e cosa pensi di me.

-Pensavo che fossi un bastardo- dico con voce tremante, sentendo il battito veloce del suo cuore sotto le dita -e penso che tu sia difficile da capire. Obbligo o verità?

-Obbligo- risponde, stringendo la presa sul mio polso. E’ come se mi stesse chiedendo di non obbligarlo a lasciarmi andare.

-Dimmi cosa provi per me- mormoro mentre il mio sguardo si abbassa lentamente sulle sue labbra.

-Di nuovo, non lo so. E’ così confuso, maledettamente confuso. Vorrei prenderti a schiaffi, certe volte, altre vorrei baciarti- sussurra lui.

Alzo di scatto lo sguardo, il respiro affannoso. I suoi occhi ardono nei miei, e capisco che sta approfittando di questo momento per rivelare tutto.

-Obbligo o verità?

-Obbligo- rispondo, posando anche l’altra mano sul suo petto. L’aria è incandescente.

-Chiudi gli occhi- mormora. Obbedisco e un secondo dopo sento le sue labbra voraci posarsi sulle mie.

 

♦ ♦ ♦ ♦
 

AnGoLo DeLl'AuTrIcE:
E con questa bomba finale (se come nooo) vi auguro buon fine e inizio anno!!
Allora, che ne dite? Vi è piaciuto?? Sì lo so che è sempre la solita storia che vengono chiusi dentro una stanza senza volerlo ma...
Eddai ci stava troppo bene XD
Spero di non avervi annoiati e che siate riusciti a percepire le scintille che volavano che sentivo io mentre scrivevo :D
Ditemi che ne pensate... qui Michael si scioglieeeeeeeeeee (penso) e Kri ne approfitta!
Secondo voi chi li farà uscire?
Ditemi, ditemi, vediamo se indovinate!

Un bacione!

 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci: Minacce. ***


Blue Roses.
Capitolo Nove:
Minacce.


 

-Oddio. Oddio. Morgana. Merlino. Oddio- soffio camminando svelta lungo il corridoio di pietra del terzo piano, con le mani sulle guance ancora arrossate.

Una voce profonda e al limite dell'esasperazione mi raggiunge da dietro.

-Per Merlino, Kristine! Vuoi fermarti, per l'amor del cielo?!

Mi volto arrabbiata e confusa, fulminando Michael con lo sguardo e continuando a camminare all'indietro nel vano ed inutile tentativo di allontanarmi da lui, dai suoi occhi, dalle sue labbra e dalle sue braccia calde e invitanti...

-E perché, di grazia?

Lui sbuffa scoccandomi un'occhiataccia e incrociando le braccia nude sul torace. Come diamine fa a non avere freddo con una maglia a maniche corte?

-Primo, perché ho intenzione di riprendermi la felpa. Secondo, perché dobbiamo parlare- sottolinea con un'occhiata talmente intensa che rischio di sciogliermi. Però, invece di sciogliermi, gli scocco un'occhiata fulminante.

-E di cosa dovremmo parlare, per cosa? Certo di sicuro converrai con me che è assolutamente normale litigare come cane e gatto un momento e quello dopo baciarsi come... come...- mi interrompo con le guance in fiamme, mentre un sorrisino malizioso spunta sulla bocca di Michael.

-Come?- Mi esorta, passandosi una mano tra i folti ricci corvini. Nel movimento la maglia si alza di qualche centimetro, offrendomi la possibilità di guardare di sfuggita una porzione della pelle bianca del suo fianco asciutto e muscoloso.

Distolgo subito lo sguardo, arrossendo, e mi volto, rimproverandomi mentalmente. Perché diamine sento il volto così bollente e il cuore battere a mille?! Accidenti, non è affatto normale.

Però, rompendo in mille piccole schegge la mia speranza di tornare al dormitorio e ficcarmi sotto le coperte per restarci per quel che resta del giorno,sento le sue braccia serrarsi attorno alla mia vita in una presa d’acciaio. Sgrano gli occhi sorpresa e mi lascio scappare un urletto quando lui mi trascina indietro, incurante del fatto che io mi stia agitando come un’anguilla.

-Lasciami!- Esclamo, ma per tutta risposta una sua mano mi tappa la bocca, mentre con una spallata apre la porta di un’aula e mi ci trascina dentro.

Mi lascia andare e mi allontano, barcollando all’indietro e fissandolo con un misto di rabbia ed esasperazione.

Michael si mette davanti alla porta e incrocia le braccia muscolose, fissandomi con i suoi occhi di ossidiana e un sorrisetto strafottente sulle labbra rosee.

-Perché non mi lasci in pace?- Mi lamento incrociando le braccia e guardandolo imbronciata.

Lui sorride ed estrae la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, puntandola verso la porta.

-Colloportus- dice, e sento distintamente il click della serratura che si chiude.

-Michael!- Protesto, allungando la mano verso la tasca posteriore dei jeans per prendere la bacchetta e aprire di nuovo la porta, ma la Serpe mi punta la sua addosso.

-Sta’ ferma- sogghigna, e istintivamente la mia mano si immobilizza.

Lo guardo torva e lui fa un sorriso di approvazione prima di abbassare la bacchetta, lasciando cadere la mano lungo il fianco.

-Brava- mi sfotte.

Alzo gli occhi al cielo e mi volto, irritata, per andarmi a sedere su un banco, ma di nuovo le sue braccia si avvinghiano stavolta sui fianchi e mi tengono ferma lì.

Sospiro quando Michael mi bacia la tempia e mi avvolge in un abbraccio caldo e protettivo.

-Dobbiamo parlare- ribadisce, soffiando dolcemente sul mio collo. Rabbrividisco contro il suo petto e sono sicura che un sorriso spunti sulle sue labbra, ma nemmeno con la coda dell’occhio posso accertarmene.

-Va bene- ribatto con un filo di voce, e la sua mano scivola sulle mie costole in una carezza veloce, prima che mi afferri e mi sollevi da terra per sedersi sul banco di fianco a noi.

Mi lascia ricadere tra le sue gambe aperte e io mi appoggio al suo petto ampio, facendo inconsapevolmente aderire la mia schiena al suo busto. Alzo la testa e incrocio i suoi occhi neri che mi guardano con una sorta di dolcezza nelle iridi, la stessa che aveva mentre osservava Evanna.

La sua mano mi accarezza la linea della mascella e chiudo gli occhi mentre sento le sue labbra premere sulle mie con dolcezza, sfiorandole soltanto. Il contatto si prolunga per qualche secondo, facendomi venire i brividi mentre lui fa scivolare piano la mano su e giù sul mio braccio sinistro.

Con un respiro profondo Michael rialza la testa e la mancanza della sua bocca sulla mia mi procura una fitta al cuore.

-Ti imbarazza?- Mi chiede a bassa voce, posando la bacchetta a sinistra della sua gamba.

Alzo un sopracciglio, prendendo la sua mano, grande il doppio della mia, ormai libera dalla bacchetta.

-Che cosa?- Chiedo intrecciando le mie dita alle sue.

-Che la professoressa McGranitt ci abbia visti mentre ci baciavamo- mi risponde accarezzando con il pollice la curva del mio collo, proseguendo poi sulla linea della spalla. Chiudo gli occhi. Il suo tocco mi rilassa, scioglie i muscoli tesi.

-Be’, non so te, ma di solito io non do spettacolo in questo modo davanti ai professori.

-E allora come dai spettacolo?- Mi sussurra malizioso all’orecchio.

Sussulto, riaprendo gli occhi e allungando la mano libera a schiaffeggiargli l’avambraccio.

-Michael!- Esclamo con le guance rosse.

La sua risata vibra sul mio collo quando si china a baciarmelo per un breve istante.

-Sto scherzando- sussurra sorridendo.

Gli scocco un’occhiataccia, per quanto mi sia possibile dato che gli do la schiena, e appoggio la testa sulla sua spalla.

-Comunque davvero non capisco- riprendo.

-Che cosa?- Sospira lui, smettendo di accarezzarmi il collo e cingendomi la vita in modo da tirarmi ancora più vicina a sé.

-Te. Insomma, prima mi odi, poi mi baci, poi non ci parliamo, poi veniamo chiusi nella stessa stanza, poi ci baciamo e... ora sono seduta tra le tue gambe come se fossi la tua ragazza- dico perplessa.

Per qualche manciata di secondi lui non risponde, poi mi afferra per le spalle e mi fa volare con delicatezza, per guardarmi negli occhi. Appena alzo lo sguardo e incrocio i suoi occhi lui alza la mano e la posa sulla mia guancia. Il suo tocco è caldo e morbido, e osservo attentamente i lineamenti dolci e severi allo stesso tempo.

La luce pomeridiana che entra a fiotti dalle finestre rettangolari fa sembrare la sua pelle più candida del solito e pura, senza nessuna imperfezione. Alcuni ricci neri gli ricadono ribelli sulla fronte.

-A me non importa più- dice serio. Aggrotto le sopracciglia, confusa.

-In che senso?

Michael si sporge in avanti e mi guarda con aria di rimprovero, posando la fronte contro la mia.

-Non me ne frega più un accidente se prima mi stavi antipatica o meno. So solo che ora... ora mi piaci. Mi piace quando stai con me, mi piace farti arrabbiare, mi piace quando mi prendi per mano, mi piace baciarti. Me ne frego se a qualcuno non starà bene... quello stupido gioco era la cosa che aspettavo da tempo.

-Per cosa?- Mormoro stupita dalle sue parole, sentendo il cuore inondarsi di gioia.

Michael piega le labbra in un sorrisetto furbo, e un secondo dopo le sue labbra premono con dolce insistenza sulle mie. Sorpresa, non mi rendo nemmeno che conto che questa Serpe dannata e bellissima mi ha circondato le gambe con le braccia e mi ha praticamente fatta spiaccicare contro il suo petto. Sentendo la sua lingua chiedere con dolcezza il permesso di movimentare il bacio decido di fare la cattiva e schiudo appena le labbra, circondandogli il collo con le braccia e immergendo le mani nei suoi capelli. Appena lui ne approfitta e mi afferra per i fianchi, tirandomi più vicina, gli mordo la lingua.

Con un gemito roco lui si scosta, portandosi una mano alla bocca e guardandomi sbalordito.

-Mi hai morso?!

-Scusa- sogghigno divertita alla sue espressione basita.

Michael socchiude le palpebre, mentre un sorrisetto illumina maliziosamente le sue labbra e le sue mani stringono di più la presa sui miei fianchi, affondando piacevolmente nella carne.

-Stronza- mormora sorridendo.

Intuendo che ha cattive intenzioni lo spingo sul petto e mi chino ad afferrare la sua bacchetta, poggiata di fianco alla sua gamba, e mentre lui tenta di prendermi salto giù dal banco e corro dall’altra parte dell’aula, ridendo.

-Ferma! Accidenti!- Impreca lui, inseguendomi.

Pochi secondi dopo e mi ritrovo le sue braccia che mi circondano la vita e si stringono attorno a me come un boa.

-Lasciami!- Strillo, mentre lui mi trascina verso la parete di pietra.

-No- ghigna, e senza sforzo mi spinge contro il muro, facendo premere la mia schiena contro la superficie fredda e liscia. Sento le mie guance arrossarsi quando Michael mi sovrasta, afferrandomi un polso e facendo aderire i nostri corpi.

Il cuore manca un battito mentre la Serpe aumenta la pressione, facendomi sentire i suoi addominali contro il torace. Si china, lo sguardo nero illuminato dal desiderio, ma velocemente gli punto la bacchetta contro, posandola sul suo cuore.

-Fermo- mormoro con il viso in fiamme, ma senza perdere il controllo. Grazie al cielo la mia mano non trema.

Michael mi studia per un attimo, poi sembra capire e una scintilla di meraviglia appare nelle sue iridi, assieme a una dolcezza rassicurante.

-Tranquilla- sussurra mentre il nero dei suoi occhi sembra sciogliersi per l’intensità con cui mi fissa. Stringo le labbra in una linea sottile e la mano che mi stringe il polso, calda e morbida, scivola per andare a stringere il mio fianco.

La Serpe abbassa la testa e posa la fronte sulla mia, senza distogliere lo sguardo dal mio. Per un istante il suo volto sembra diviso tra l’incertezza e il desiderio di lasciarsi andare, poi, dopo aver sbattuto le palpebre, le sue labbra rosee si curvano all’insù.

Quando parla, la sua voce è bassa e sensuale.

-Hai intenzione di Schiantarmi, Di Angelo?- Mormora ridacchiando. Per ripicca al suo tono ironico premo un po’ più la bacchetta contro il suo petto, e lui sussulta quando un paio di piccole scintille blu scaturiscono dalla punta, venendo assorbite dalla sua maglia.

-Dipende- sussurro alzando il mento e afferrando con la mano libera il suo fianco, stringendo finché le mie unghie non si conficcano nella sua pelle. Lui non batte ciglio ma sento il suo respiro più inquieto soffiare sulle mie guance.

-Sei cattiva. Evanna sarebbe più dolce- mi prende in giro sorridendo.

Abbozzo un sorriso, e abbassando velocemente la bacchetta appoggio la testa sul suo petto. Chiudo gli occhi, sentendo la stoffa leggera della sua maglia contro la guancia. Michael sbuffa piano, ma so che sta sorridendo, e mi abbraccia forte. Mi bacia i capelli e mi aggrappo ai suoi fianchi, godendomi il calore del suo corpo.

In questo momento la campana della torre comincia a suonare e sentiamo la porta spalancarsi.

Ci allontaniamo di scatto, voltandoci verso l’entrata dell’aula, e resto a bocca aperta nel vedere mia sorella.

-Ma che cazz...- esclama Casey, e nello stesso istante io dico: -Ma che ci fai qui?

Ci guardiamo in cagnesco per qualche istante. Io non le ho ancora perdonato di avermi trattata male.

Mia sorella ha i capelli biondi raccolti in una treccia e indossa un maglione rosso e d’oro, tipico stile Grifondoro. Ha gli orecchini a goccia che le ho regalato per il suo ultimo compleanno e i suoi occhi verdi, dapprima irritati, si sciolgono e intravedo una vena d’incertezza in essi. Mordendomi il labbro allungo la mano a sinistra e afferro quella di Michael.

Casey sgrana gli occhi nel vedermi compiere questo gesto, ma non m’importa. Apre la bocca per dire qualcosa ma io mi avvicino a lei, trascinandomi dietro Michael, e la sorpasso senza dire nulla. Non voglio parlarle.

-Kri...- continuo a camminare imperterrita lungo il corridoio, e giro l’angolo.

Sento la disapprovazione di Michael inondarmi la schiena nel suo sguardo, ma non dice niente. Soltanto quando ho messo un piano e tre rampe di scale di distanza tra me e la mia gemella mi fermo, e mi rendo conto di essere nel corridoio che dà sul campo di Quidditch. Senza dire nulla lascio andare la mano della Serpe, che ho stretto con forza per tutto il tragitto, e appoggio i gomiti sul muro di pietra, guardando fuori dalla finestra. Sbuffo, puntando gli occhi sul campo e stringendo i pugni sulle guance.

-Ehi, Kris- mi chiama Michael, appoggiando le mani sulle mie spalle.

-Mmh?- Mugugno in risposta.

-Non dovresti fare così- la sua voce leggermente roca mi raggiunge e un secondo dopo lui mi bacia la guancia, avvolgendo le braccia attorno al mio busto. Sbuffo, raddrizzando la schiena e facendola aderire inconsapevolmente al suo petto. Rovescio la testa sulla sua spalla, guardandolo dal basso. I suoi occhi sono divertiti, ma contengono anche un pizzico di rimprovero.

-Lo so- sbuffo. Lui inarca un sopracciglio nero e fa per dire qualcosa, ma lo zittisco tappandogli la bocca con la mano, anche se con difficoltà dato che sono girata di schiena rispetto a lui.

-Non voglio parlare di mia sorella, Michael- lui mi guarda scettico, lasciando la mia vita e scostandomi la mano con la sua.

-Guarda che non è questo il modo di reagire.

-Non me ne frega niente. Mi ha trattata malissimo. Non voglio più parlarle.

O’ Shea sospira e mi lascia andare, chinando la testa e storcendo le labbra.

-Va bene- sussurra, prima di afferrarmi per le spalle e farmi girare. Lo lascio fare. Le sue dita sono così calde che sento il loro calore anche attraverso la stoffa della felpa. La sua felpa, che indosso ancora, mi ricordo.

Michael si china e mi sfiora le labbra con le sue. Chiudo gli occhi e poso le mani sul suo petto. Ancora non credo che tutta l’antipatia che abbiamo provato l’uno per l’altra in sei anni sia svanita in pochi giorni, rimpiazzata da qualcosa di molto più... intenso, bello, forte.

Immergo le dita tra i suoi ricci neri, accarezzandogli la nuca, e lui si lascia sfuggire un sospiro soddisfatto, e con un passo avanti mi schiaccia contro il muro, ma è piacevole sentire i nostri corpi attaccati.


 

Michael:

 

Con enorme difficoltà riesco a scostare il volto da quello di Kristine. Apro gli occhi e incrocio i suoi, belli, di un verde chiaro tanto intenso da farmi sciogliere. Passo la lingua sulle labbra, appoggiando la fronte alla sua, per sentire ancora il suo sapore.

-Scommettiamo che adesso spunta di nuovo Piton?- Sussurra lei abbozzando un sorriso timido, le guance che si colorano lentamente di rosa. Mi scappa una risatina dalle labbra e le scosto una ciocca di capelli biondi dalla guancia.

-Speriamo di no- sorrido.

Kristine mi guarda con gli occhi che brillano e mi passa un dito sullo zigomo.

-Mi sa che devo andare- mormora, aggrottando la fronte.

Sento subito una brutta sensazione farsi strada nel mio petto. Mi mordo per un attimo l’interno della guancia, abbassando lo sguardo sulla collana che è appoggiata sulla pelle candida del suo petto. Sospiro.

-Okay- mormoro, poco contento.

Con la coda dell’occhio vedo il viso di Kristine addolcirsi.

-Michael, non fare quella faccia! Sei sopravvissuto senza di me per sei anni... qualche ora non ti ucciderà- esclama sorridendo dolcemente.

La guardo di traverso.

-Io dico di sì- replico, e la schiaccio di nuovo contro il muro per vendetta. Subito le sue guance si imporporano e mi spunta un ghigno divertito. Quant’è bello farla imbarazzare.

.-Michael- si lamenta.

-Va bene- sospiro, e mi allontano. Sento subito la mancanza del suo corpo minuto contro il mio.

 

-Signor O’ Shea, finalmente.

Alzo lo sguardo sul volto del professore, ficcando le mani nelle tasche.

-Scusi, ero...

-Non importa. Si sieda, avanti. Ha del lavoro da fare- aggiunge Piton, addolcendo un po’ la voce nell’ultima frase. Mi dirigo verso il banco dove sono posati gli elenchi delle punizioni che devo ricopiare e mi siedo, dimenticandomi di posare la bacchetta sul banco.

Stranamente, però, Piton non mi chiede di consegnargliela.

Si limita a scoccarmi un’occhiata con i suoi occhi neri e si dirige di nuovo verso il calderone che bolle sul fuoco. Prendo la penna e comincio a ricopiare.

Il tempo passa lentamente, mentre l’aria del laboratorio di Pozioni si riempie dell’odore dolciastro ma non spiacevole della pozione che il professore sta preparando. Non c’è un orologio, ma dopo i primi minuti comincio ad annoiarmi.

Così, dopo un po’, alzo lo sguardo e guardo di sottecchi il direttore della mia Casa.

Indossa una lunga tunica nera, come sempre, a parte il colletto bianco della camicia che ricopre per buona parte la cicatrice sul collo.

So come se l’è procurata. Lo sanno tutti.

Un anno fa è stato morso dal serpente di Voldemort, ed è sopravvissuto solo grazie al pronto intervento di Hermione Granger e della professoressa McGranitt.

-Perché continui a guardarmi, Michael?

Sussulto alla voce fredda e melliflua dell’insegnante. Sbatto le palpebre e sposto lo sguardo sul suo volto. Mi sta fissando, e chissà da quanto tempo. Sospiro e abbasso gli occhi sul foglio, scuotendo la testa.

-Scusi, professore.

Lui sbuffa e continua a mescolare la pozione, mentre io riprendo a ricopiare le informazioni di una certa Corvonero che ha spedito in infermeria un Serpeverde con uno Schiantesimo.

Esattamente quello che potrebbe fare Kristine se osassi fare qualcosa per avvicinare sua sorella a lei. Ci ho pensato, oggi pomeriggio, ma non mi conviene. Non voglio stare a letto per una settimana.

Passa una mezz’oretta, e comincio a diventare perplesso. Dov’è finita Kristine? Anche a lei tocca la punizione.

Alzo di nuovo gli occhi e trovo Piton intento a tagliare con velocità e precisione una radice di mandragola.

-Professore?- Chiamo piano. Piton alza lo sguardo e punta gli occhi nei miei.

-Dov’è Kris... ehm, Di Angelo?- Mi correggo all’istante, vedendo il professore socchiudere gli occhi.

-Sta male. Perché me lo chiedi?

Sento per un attimo la gola stringersi in una morsa. Deglutisco e raddrizzo la testa, guardando il professore.

-Sta male?- Ripeto. -Cos’ha?

Piton inclina leggermente la testa, studiandomi. Per qualche momento non dice niente e continuiamo a fissarci. Socchiude gli occhi e sento una vena di nervosismo farsi strada dentro il mio petto. So bene che Piton è un esperto nell’Occlumanzia, ma spero vivamente che adesso non la stia usando su di me.

Mi torna mente il ricordo dei baci di questo pomeriggio e imprecando mentalmente cerco di spingerli via, con scarsi risultati. E quando le labbra sottili del professore si piegano impercettibilmente verso l’alto capisco che ha sbirciato nella mia mente e ha appunto visto i ricordi. Oh, merda.

-Mi pare abbia la febbre, non ne sono sicuro. Non sono la sua balia, Michael. Torna a copiare.

Con impazienza torno a scrivere. Il tempo sembra scorrere con una lentezza estenuante. Rischio di sbagliare varie volte per la mia distrazione; continuo a pensare a Kristine, malata e a letto. Chissà se sta dormendo...

Voglio andare da lei. O almeno non voglio stare da solo in questo silenzio.

Lascio la penna sul banco e mi slaccio la felpa, aprendola davanti. Fa davvero caldo, ora. La pozione sul fuoco sta bollendo e Piton versa diversi ingredienti con precisione ed efficienza.

-Che cosa sta preparando, signore?- Chiedo, tanto per rompere il silenzio.

Lui aspetta qualche secondo per rispondermi.

-Una pozione per Madama Chips. Un ragazzino è caduto dalla scopa e si è rotto una gamba. Accelererà la guarigione, si è quasi sbriciolato il ginocchio.

Faccio una smorfia nel pensare al dolore che quel povero ragazzo dovrà sopportare.

Faccio per riprendere in mano la penna d’oca e immergerne la punta nel calamaio pieno d’inchiostro, quando Piton mi ferma.

-Michael, per oggi va bene.

-Signore?

Piton si volta verso di me e mi guarda inarcando un sopracciglio.

-Vai.

-Sì signore- dico, anche se perplesso. E’ passata poco più di un’ora, perché mi manda via così presto? Be’, di certo non mi lamento.

Mi alzo e saluto il professore con un “buonanotte” prima di uscire.

L’aria fredda e umida dei sotterranei mi schiaffeggia la faccia, e rabbrividisco istintivamente. Richiudo la felpa, e mi dirigo a passi veloci verso il dormitorio dei Serpeverde.

Ho percorso appena un paio di corridoi quando sento dei singhiozzi provenire da davanti a me. Rallento fino a fermarmi, quasi. Mi avvicino al muro e arrivo lentamente fino all’angolo, stringendo la bacchetta in pugno. Mi sporgo un po’ e socchiudo gli occhi, scorgendo due sagome, una più alta che tiene premuta al muro l’altra. Sono un ragazzo e una ragazza, anche se non riesco a distinguerli. Lui le è addosso e la tiene immobile. Mi sembra che le stia puntando la bacchetta al petto e l’altra mano sia sulla gola di lei. Le parole della ragazza mi arrivano stentate, interrotte dai singhiozzi.

-Non... non... f... fermo...

Trattengo un ringhio e stringo di più la presa sulla bacchetta. La voce di lui sovrasta quella di lei, e mi viene un colpo al cuore quando lo riconosco.

-Taci, idiota! Farai quello che ho detto. Intesi?

-S... sì- singhiozza lei.

Poi lui si scosta e la luce di una lampada poco lontano da loro illumina il viso della ragazza. Resto senza parole.

E’ Casey Di Angelo.

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici: Succo di zucca ***


Blue Roses.
Capitolo Undici:
Succo di zucca.


 

Piton sta camminando tranquillo per i corridoi, godendosi il silenzio. Tutti gli studenti sono nelle classi e lui non ha lezione per le prime due ore, così è libero di farsi gli affari suoi.

E’ al secondo piano quando una voce alle sue spalle lo chiama.

-Professor Piton!

Il diretto interessato si volta e squadra con i suoi occhi neri e freddi l’uomo con le guance rosse che lo sta rincorrendo attraverso i quadri.

-Professore, un’alunna è svenuta nel corridoio del terzo piano!

-Dove?

-Mi segua!

E Severus si ritrovò a correre per i corridoi seguendo quel buffo ritratto che seminava panico e strilla nei quadri in cui passava. Strinse la bacchetta in mano, pronto a qualunque evenienza.

Ma non era pronto a vedere Kristine Di Angelo stesa a terra.

-Maledizione!- Imprecò. Poppy l’aveva lasciata andare dal’infermeria la sera prima! Era possibile che quella ragazza si ritrovasse sempre coinvolta in qualunque dannatissima cosa?!

Severus si inginocchiò di fianco alla ragazza, e sentì una morsa serrargli lo stomaco appena vide il suo colorito cadaverico. In fretta allungò il braccio e posò due dita sul collo della studentessa.

Aspettò trepidante diversi secondi prima di sentire un debolissimo battito percorrere la vena.

Emise un sospiro frustrato, ignorando il brusio che  iniziava a levarsi alle sue spalle dai quadri, e lanciò un rapido incantesimo per riscaldare il corpo gelido della ragazza e un’altro per stabilizzare il battito cardiaco, o almeno per non farlo peggiorare.

Poi, all’improvviso, gli studenti iniziarono a uscire dalle aule. La massa di teste di legno si bloccò nel vedere il professore chino a terra, prima di avvicinarsi vociante.

Piton infilò le braccia sotto al corpo inerme di Di Angelo e si alzò in piedi senza sforzo.

Lanciò occhiate di fuoco a tutti gli studenti che lo attorniavano.

-Levatevi dai piedi!- Sbottò, e subito si formò un corridoio vuoto in direzione dell’infermeria.

Severus iniziò a camminare spedito verso l’infermeria, ma non appena scorse una sagoma alta e familiare tra la folla si fermò per un istante. Poi con un sospiro e un gesto secco del capo, gli indicò di seguirlo.

-Muoviti, O’ Shea- borbottò infastidito, ma trattenne un sorriso quando sentì il ragazzo seguirlo senza dire niente, facendosi largo tra la calca.

Si lasciarono alle spalle gli studenti curiosi e arrivarono in fretta all’infermeria. Visto il silenzio che persisteva, Piton decise di fare il primo passo.

-Guarirà.

La sua voce suonò ferma e fredda come al solito, anche se il professore aveva qualche timore. Kristine era stata sdraiata sulle pietre gelide per almeno venti minuti prima che la trovassero. Se si fosse ripresa, avrebbe dovuto metterci del tempo. La voce di O’ Shea, però, gli fece capire quanto il ragazzo si fidasse delle sue parole.

-Lo so, professore.
 

Michael:

Mi strofino le mani sul volto, sospirando. E’ da mezz’ora che sto aspettando -che stiamo aspettando- che Madama Chips esca da quella maledetta porta.

Piton è in piedi accanto a me, ed è rimasto in silenzio per tutto il tempo. Ha deciso di andare ad avvisare la preside dell’accaduto in seguito al verdetto di Madama Chips ed è rimasto qui con me. Non so neppure perché mi abbia permesso di andare con lui e non mi abbia cacciato a lezione.

So solo che gliene sono infinitamente grato, e che non m’importa che lui sappia qualcosa. Perché sa cosa c’è tra me e Kristine, è ovvio. Con tutto il tempo che passa ad osservarmi per controllare che quello che ha fatto mio padre non abbia conseguenze deve saperlo.

Mi tendo in avanti e appoggio i gomiti alle ginocchia, posando il mento sui pugni chiusi. Fisso le pietre della parete di fronte a me, sentendo un’impellente bisogno di dirgli quello che ho visto ieri sera.

E alla fine cedo.

-Signore- mi volto a guardarlo, e scopro che lui mi sta già fissando con i suoi occhi neri e penetranti.

Alza un sopracciglio per invitarmi a continuare mentre incrocia le braccia, e abbasso un attimo le guance.

-Devo... dirle una... cosa.

Sento il suo sguardo fisso su di me, e non riesco a trattenermi. Infilo una mano sotto alla camicia e tiro fuori la collanina militare con su scritti il nome mio e di Evanna.

Comincio a giocherellarci mentre raccolgo il coraggio per alzare lo sguardo.

-Se è per la signorina Di Angelo, Michael...

-No!- Lo interrompo. Alzo lo sguardo e mi sento stranamente colorare le guance, non so se per l’imbarazzo o il fastidio. -Non è per lei. Non... non per Kristine, almeno.

Piton aguzza lo sguardo e si avvicina di qualche passo.

-Continua.

Prendo un respiro profondo.

-Ieri sera stavo tornando al dormitorio, quando ho visto... ho visto Jason Warlock minacciare Casey Di Angelo.

Piton mi fissa per qualche interminabile istante, prima di avvicinarsi e sedersi accanto a me. Stringo con forza la collanina tra le dita, mentre lui mi guarda.

-Raccontami cos’è successo- mi ordina, gli occhi che iniziano ad accendersi di rabbia.

So perché. Mio padre me l’ha raccontato, una volta in cui era tornato ubriaco a casa e aveva cominciato a picchiare mia madre. Sentendo le sue grida mi ero precipitato in camera loro e avevo sferrato a mio padre un pugno così forte che gli avevo rotto il naso. Poi, quando lui stava per contrattaccare, era arrivato Piton e l’aveva fermato. Inutile dire che mio padre aveva cominciato a blaterare cose sulla vita privata del professore, suo ex amico, facendogli perdere la calma. Avevo dovuto fermarlo io, poi.

So che suo padre lo minacciava e lo picchiava.

Prendo un altro respiro tremante e annuisco, deglutendo.

-Sentivo una ragazza piangere. Ho preso la bacchetta e mi sono sporto un po’ per vedere cosa stava succedendo, e li ho visti. Jason l’aveva inchiodata al muro e la teneva per la gola mentre le puntava la bacchetta al petto. Lei lo pregava di non farlo, non so cosa, e lui l’ha insultata e le ha ordinato di fare quello che aveva detto. Lei ha acconsentito, poi lui le ha tirato uno schiaffo, e l’ha... baciata- la mia voce trasuda disgusto al pensiero di quello che ha fatto colui che era il mio migliore amico.

-Dopo l’ha lasciata e se n’è andato. Volevo andare da lei, ma è corsa via prima che potessi farmi vedere.

Quando smetto di parlare volto lo sguardo e osservo il mio professore. Respira calmo, ma i suoi occhi bruciano di rabbia e ha la mascella contratta. Le mani chiuse a pugno tremano impercettibilmente.

-Hai fatto bene a dirmelo. Ne parlerò con la Preside.

Annuisco, ma non è tutto. Quando faccio per alzarmi Piton mi afferra il braccio e serra la presa. Mi volto di scatto, irrigidendomi, e il professore mi lancia un’occhiata severa.

-Fa in modo che quello che hai visto non abbia ripercussioni sul tuo rapporto con Jason.

-Cosa?! L’ho visto picchiare la sorella della mia ragazza e vuole che faccia finta di niente?!

Troppo tardi mi rendo conto di quello che ho detto. Cazzo! Gli ho appena confermato che Kristine e io stiamo insieme! Un sorrisetto si dipinge sulle labbra di Piton, mentre mi scocca un’occhiata divertita.

-La smetta di guardare nella mia testa- mi lamento debolmente, anche se non sono arrabbiato.

-Come vuoi- ghigna Piton, e lascia andare il mio braccio. Si alza, e il suo sorrisetto si attenua quando punta gli occhi nei miei.

-Io e la preside stiamo indagando su Jason. Casey non è la prima che viene picchiata da lui, e sospetto che c’entri qualcosa anche con i continui svenimenti di Kristine. Se smetti di parlargli capirà qualcosa, e non abbiamo nessuna ragazza che sia disposta a parlare contro di lui. Hanno troppa paura. Per favore, Michael. Sai che voglio prendere quel bastardo, così come lo vuoi tu. Ma non possiamo, se tu non continui a comportarti normalmente.

Annuisco, anche se questo mi dà fastidio. Piton fa un breve cenno col capo, prima di alzarsi e dirigersi verso il corridoio, forse andando a chiamare la preside.

Ma prima di sparire si volta e mi fissa.

-Michael?

Giro lo sguardo e lo osservo, in attesa.

-Sì signore?

Un ghigno gli si dipinge sulle labbra sottili.

-La prossima volta tu e Di Angelo trovate un posto dove non capiti ogni volta che fate i vostri affari.

Sento le guance prendere fuoco e gli scocco un’occhiata di fuoco, anche se non riesco a trattenere un sorriso divertito. Poi Severus sparisce.

-Merda- sussurro imbarazzato, e anche divertito. -Mi sfotte pure!

-Sì Michael, ti sfotto pure!- Sento la voce di Severus rimbombare per il corridoio, divertita, e mi lascio scappare una risatina isterica.


Mi siedo senza fare rumore sul bordo del letto, ma lei si sveglia lo stesso.

Kristine apre gli occhi e ammiro le sue stupende iridi verdi e dolci. Le sue labbra pallide si stirano in un sorriso e sbatte le palpebre, cercando di tirarsi su.

Mi chino in avanti e le poso le mani sulle spalle, costringendola a rimanere sdraiata.

-Giù.

Lei sbuffa ma con un gesto rapido mi stringe la mano, portandosela al petto. Sorrido, piacevolmente stupito, per poi osservarla.

I suoi capelli biondi sono sparsi in morbide onde per tutto il cuscino, spettinati. Il suo volto è estremamente pallida, ma i suoi occhi sono scintillanti e pieni di dolcezza come sempre.

Madama Chips le ha tolto giacca, scarpe e cravatta, e le ha arrotolato le maniche della camicia fino ai gomiti.

Sospiro, spostandomi più vicino a lei, che mi guarda sorridendo. Ad un tratto alza una mano e mi sfiora lo zigomo in una carezza; faccio del mio meglio per non rabbrividire, ha le dita gelate.

-Come mai sei qui? Non dovresti essere a lezione?- Mi chiede in un sussurro.

Alzo un angolo della bocca in un sorrisetto, mentre le stringo anche l’altra mano con la mia, cercando di riscaldarle le dita gelate.

-Piton mi ha permesso di seguirvi- dico, e alle mie parole Kristine impallidisce ancora di più, prendendo un colorito davvero cadaverico.

-Piton?!- Esclama lei, sgranando gli occhi.

-Sì! Ti ha trovata lui svenuta nel corridoio... a proposito, perché sei svenuta?

Kristine arrossisce improvvisamente, storcendo il naso. Di sicuro non le piace che le ricordi la sua “debolezza”.

-Non lo so- soffia, seccata, incrociando le braccia.

Sorrido intenerito, notando però che è davvero molto pallida e chiude più volte gli occhi.

Mi sporgo in avanti e le sfioro le labbra con le mie. Lei cerca di alzare il braccio e farmi restare lì, stringendomi a sé, ma mi sposto.

-Dormi- le dico, inflessibile. Kristine sospira, ma annuisce e si gira sul fianco, verso di me, intrecciando più forte le nostre dita e stringendosi la mia mano al petto.

Per tutto il tempo in cui dorme le accarezzo i capelli, pensando incupito a Jason e cercando un nesso tra lui e Kristine.


-Michael?

Sbatto le palpebre e alzo lo sguardo. La preside McGranitt mi sta guardando con i suoi occhi grigi ed estremamente seri. Dietro di lei arriva il professor Piton, e mi sento estremamente a disagio mentre i loro occhi osservano con attenzione la mano mia e di Kristine intrecciate.

-Sì, Preside?

La McGranitt riporta lo sguardo scintillante sul mio viso, e abbozza un sorriso dolce.

-Devo parlare con la signorina Di Angelo- mormora, e io annuisco.

Volto lo sguardo e allungo l’altra mano, accarezzando la guancia liscia e morbida della ragazza, che bofonchia qualcosa.

-Kristine- la chiamo, ma lei sbuffa e affonda la faccia nel cuscino.

-Kri.

All’improvviso, la Corvonero è sveglia e mi lancia un’occhiata di fuoco.

-Non chiamarmi così!- Protesta, strofinandosi gli occhi con le dita e alzandosi su un gomito. Sorriso, senza dire nulla, e sciolgo le nostre mani. Incurante degli sguardi dei professori allungo le braccia e l’afferro per i fianchi, mettendola seduta. Lei non dice nulla, ma mi guarda con i suoi grandi occhi verdi confusi. Faccio un cenno col capo in direzione dei professori e Kristine si volta verso di loro, sgranando gli occhi.

-Oh. Buongiorno.

La McGranitt sorride lievemente, mentre Piton sposta lo sguardo su di me, trafiggendomi con un’occhiata. Alzo un sopracciglio e lui guarda per terra, ma nella sua espressione riesco a scorgere una scintilla divertita. Mi sento riempire di calore. So che ha capito. E’ bello poter parlare con Piton. Mi basta uno sguardo e lui capisce cosa vorrei dire.

-Buongiorno, Kristine.

La Preside si siede sul bordo del letto, e Kristine allunga la mano e appoggia le dita calde sul mio avambraccio, facendole scorrere nervosamente fino al mio palmo. Chiudo le dita attorno alle sue.

-Dobbiamo capire il motivo per cui sei stata male così tante volte in pochi giorni, Kristine. Madama Chips ha detto che sei in perfette condizioni di salute e non riesce a capirne il motivo. Ah, Michael, ti spiacerebbe andare...

-No- Kristine interrompe la Preside, aggrappandosi con forza al mio braccio anche con l’altra mano. Piton alza le sopracciglia, lievemente sorpreso, e la McGranitt assottiglia le palpebre.

Con un sospiro mi alzo dalla sedia, sentendo la presa delle mani di Kristine farsi sempre più nervosa, ma non ho la minima intenzione di andarmene. Mi siedi sul letto, al suo fianco, e le passo un braccio attorno alla vita, attraendola verso il mio petto. La Corvonero posa la testa contro la mia spalla e io le bacio i lunghi capelli biondi.

-Sto qui- dico decido, fissando i due professori.

Piton sembra trattenere a stento un sorriso, mentre la Preside sembra un po’ spiazzata.

Poi la McGranitt fa un sospiro profondo. -D’accordo.

Si prende qualche secondo di silenzio, poi comincia a parlare con la sua voce tranquilla, rassicurante, mentre guarda Kristine con dolcezza.

-Ricordi cos’è successo?

Lei annuisce nervosamente. Prendo ad accarezzarle la schiena lentamente.

-Sì, certo- esita un attimo. -Ero in ritardo, e stavo camminando verso l’aula. Quando ho fatto le scale ho iniziato a non respirare bene, però pensavo che non fosse niente di che... invece quando sono arrivata in mezzo al corridoio non sono più riuscita a tenermi in piedi, e sono caduta. Non riuscivo a respirare, e alla fine sono svenuta... ricordo solo che avevo tanto freddo.

Mi mordo le labbra, vedendo Piton assottigliare le labbra, mentre la sua espressione si fa tempestosa. Sorprendentemente, interrompe la Preside quando sta per parlare.

-Hai bevuto qualcosa prima?

La McGranitt si volta a guardarlo sorpresa, e sento la mano di Kristine serrarsi ancora di più sulla mia pelle.

-No, solo succo di zucca... be’, in realtà non sembrava tanto succo di zucca. Era simile, ma era più aspro... me l’ha dato Jason.

La Preside lancia un’occhiata preoccupata a Piton e io serro la mascella, alzandomi di scatto. Senza prestare attenzione ai richiami di Kristine mi dirigo verso l’uscita dell’infermeria, veloce, poi prendendo a correre quando sento Piton dietro di me.

So solo che voglio spaccare la faccia a quel bastardo.

Perché Jason sta architettando qualcosa alle gemelle, e, soprattutto, a Kristine.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici: Lutti ***


Blue Roses.
Capitolo Dodici:
Lutti.

 


Con un ringhio Piton mi afferra il braccio e mi ritrovo schiacciato contro il muro di pietra, il braccio del professore contro la mia gola. Cerco di scrollarmi il professore di dosso ma è tutto inutile, è più forte di me.
-Michael, sta’ fermo!
-Mi lasci!- Ringhio, dimenandomi.
Voglio solo andare da Jason e ridurgli la faccia a brandelli. Voglio vedere il suo sangue macchiare il suo volto. Voglio fargli pagare tutto, tutto quello che ha fatto a Kristine, a Casey e alle altre ragazze. Voglio riempirlo di botte così tanto da mandarlo al San Mungo.
Con uno sbuffo esasperato Piton sfodera la bacchetta e in meno di un secondo me la ritrovo puntata sul petto, la punta premuta con forza sopra al mio cuore.
-Fermo- mi intima Piton -o ti schianto.
Lascio andare il respiro con un sibilo, stringendo i pugni.
-Calmati- mi ordina il professore, e stringo la mascella.
Mi costringo a respirare con calma, anche se mi sento esplodere. I muscoli delle mie braccia stanno tremando, e Merlino sa solo quanta voglia ho di sfogarmi su quel bastardo. Al solo pensiero una fiammata di collera mi risale su per il petto.
-Michael, calmati- ringhia il professore, premendo un po’ di più la punta della bacchetta sul mio petto e rafforzando la presa sulla mia spalla. -Chiudi gli occhi.
Obbedisco, mordendomi il labbro inferiore fino a sentire il sapore ferreo del sangue. L’ho sempre odiato, porta alla mente brutti ricordi. Tipo quando mio padre picchiava mia mamma così tanto che la sua faccia assumeva il colore delle fragole.
Deglutisco, appoggiando la testa contro la parete, e senza dire nulla Piton aspetta finché non riesco a sciogliere i muscoli dalla tensione e allentare un po’ quella morsa allo stomaco.
Quando riapro gli occhi vedo gli occhi neri e imperscrutabili del professore davanti a me, che mi fissano meno freddi del solito.
-Si levi- ringhio sottovoce, e Piton si scosta con estrema lentezza.
Rimango appiccicato al muro, sentendo le pietre irregolari perforarmi la schiena.
-Michael, devi darti una calmata. Chiederò a Minerva di chiamare Evanna, se questo ti può aiutare. Posso farla stare qui per una settimana, se ti fa piacere. Ma non devi fare stronzate. Kristine si rimetterà come niente, e lavoreremo insieme per incastrare Jason. Ma tu. Non devi. Fare. Stronzate.
Stringo i denti, ma ora che sono più calmo so che ha ragione. Con la crescente voglia di prendermi a schiaffi da solo per quello che sto accettando di fare, o meglio, di non fare, annuisco rigidamente.
-Perfetto- un sorrisino anima le labbra di Severus -e ora fila nei dormitori. Restaci. Se ti becco fuori ti metto in punizione per due mesi.
 

Grugnisco quando sento qualcosa tirarmi i capelli, e mi giro dall’altra parte, schiacciandomi il cuscino sulla testa.
-Jace, piantale di rompere le palle- borbotto, assonnato, cercando di rimettermi a dormire.
-Zia non vuole che dici le parolacce- una voce cantilenante mi perfora i timpani con una scossa, che passa per la trachea, arriva al petto e allo stomaco, strizzandomelo.
Mi tiro a sedere di scatto, all’improvviso sveglio, ed Evanna scivola dal bordo del letto.
Mi allungo in avanti e l’afferro al volo prima che cade a terra, con un gigantesco sorriso stampato in faccia.
-Michael!- Trilla lei, afferrandosi alle mie braccia con le sue manine piccole e gelide. Sono così fredde che rabbrividisco, ma mi lascio scivolare addosso quella sensazione, incurante.
-Tesoro- con un gesto tanto veloce quanto brusco e pieno di amore mi stringo al petto la mia sorellina, affondando il viso nei suoi capelli. Lei cerca di circondarmi il busto con le sue braccia corte, ma le sue mani mi arrivano a malapena alla schiena. Sorrido, chiudendo gli occhi e riempiendo i miei polmoni del suo profumo da bimba, dolce, di camomilla e shampoo.
Dopo solo qualche secondo sento la sua voce arrivare attutita da sotto le mie braccia.
-Perché sei sempre senza maglia?
Scoppio a ridere, alzando per la prima volta gli occhi da lei, e quasi mi strozzo con la saliva quando vedo una figura nera sulla soglia della porta.
-Ma porca...- interrompo a metà la mia imprecazione, ricordandomi della mia sorellina presente.
Severus mi rivolge un ghigno, incrociando le braccia, e sento uno strano calore sulle guance.
Prendo in braccio Evanna e mi alzo, senza smettere di accarezzarle i capelli.
-Non pensavo che l’avrebbe fatto davvero- dico con la voce spezzata, e scorgo un’ombra di dolcezza negli occhi del professore, che scrolla le spalle. In quel momento una voce sommersa tra le coperte arriva alle nostre orecchie, biascicando di stare zitto e inveendo contro di me. Un sorriso mi illumina le labbra e sollevo Evanna fino a quando il suo visino è all’altezza del mio.
-Tesoro, perché non vai a svegliare Jace?
Gli occhioni di mia sorella si illuminano e annuisce, sorridendo. Si dimena dalla mia presa e salta a terra, arrampicandosi sul letto di Jace.
Noto con la coda dell’occhio Severus fare un gesto con la bacchetta e una maglia a maniche lunghe appare davanti a me. L’afferro e me la infilo, continuando a guardare la mia piccola peste rannicchiarsi davanti alla faccia di quell’imbecille del mio amico e tirargli una ciocca di capelli.
Jace sbuffa e apre un’occhio, aprendo la bocca per vomitare al mio indirizzo una serie di insulti, ma la voce gli si strozza in gola nel vedere gli occhi grigi di Evanna a un centimetro dal suo naso.
-Amore!- Esclama, un sorriso che si fa violentemente spazio sulle sue labbra.
Afferra Evanna e se l’attira al petto, soffocandola con un abbraccio, mentre lei ride e io mi becco un’occhiata di fuoco dal mio migliore amico, incazzato come una biscia per essersi svegliato.
Ghigno e lui mi sillaba un insulto, per poi tornare ad abbassare lo sguardo e tornare ad occuparsi di mia sorella.
Una mano si posa sulla mia spalla mentre fisso quei due, e voltando la testa vedo gli occhi scuri di Severus puntati sul mio volto.
Con un cenno del capo indica la porta, e m’infilo velocemente nel corridoio, socchiudendo la porta. Severus mi guarda negli occhi e poi lascia scivolare lo sguardo sulla candela verde che fluttua magicamente nel corridoio. All’improvviso l’aria diventa pesante.
-Severus- la voce mi esce in un rantolo, appena incrocio di nuovo il suo sguardo esitante.
Lui non dice una parola, e mi tendo in avanti, afferrandogli l’avambraccio. Sento solo paura. Una maledetta, bastarda paura.
-Ti prego, dimmi che... no. No. No- sento gli occhi riempirsi di lacrime.
Severus sospira per un attimo, poi punta il suo sguardo di ossidiana nei miei occhi.
-Michael- la sua voce è calda, solidale. No. No. Non può essere.
-Michael... tua madre è morta.

 

Kristine:

-Signorina Di Angelo.
Mi volto, mentre al mio fianco Luke, Dania e Rose si zittiscono. Sollevo lo sguardo quasi timorosa, per incrociare le iridi nere del professor Piton.
-Professore.
Piton abbassa lo sguardo al suo fianco e seguo la traettoria dei suoi occhi. Restando a bocca aperta.
-Evanna!- Esclamo, mentre un sorriso gigantesco prende possesso delle mie labbra. La piccola, nascosta dietro alle gambe del professore, sorride timidamente.
-Be’? Non vieni a salutarmi?- Domando sorridendo e allargando le braccia.
A questo punto, la piccola esce dal suo nascondiglio e si getta tra le mie braccia. La stringo al petto, accarezzandole i capelli, e torno a guardare il professore, volendo dirgli qualcosa... ma il suo sguardo nero mi blocca.
Le sue iridi mi fissano senza tregua, trasmettendomi un messaggio di ansia e tristezza.
-Signore...- mormoro confusa, ma lui fa un cenno secco di diniego, scoccando poi un’occhiataccia ai miei amici, che tornano a fissare i loro quaderni, arrossendo.
Capisco all’istante.
-Evanna, loro sono Luke, Dania e Rose. Io vado un attimo a parlare con il professore, okay? Torno subito- dico dolcemente alla bambina, e lei sorride contenta. Le bacio una piccola guancia e mi alzo dalla poltroncina, seguendo la schiena di Piton fuori dalla Sala Comune di Corvonero.
Appena usciamo ci ritroviamo davanti un gruppo di studentesse del quinto anno che puntano subito lo sguardo su di me. Arrossisco e seguo Piton, che continua a camminare imperterrito.
Dopo un paio di corridoi mi decido a chiedergli dove stiamo andando.
-Signore...
-Taci, Di Angelo. Cammina e basta.
Serro la bocca, contrariata, e affondo i pugni nelle tasche della felpa. Man mano che scendiamo scale e piani, mi rendo conto che mi sta portando in due possibili luoghi: la Sala Comune di Serpeverde o il laboratorio di Pozioni. Non capisco, ma non faccio domande, anche se la mia agitazione aumenta considerevolmente quando sono obbligata a scartare l’ipotesi del laboratorio di Pozioni. In pochi secondi il mio battito cardiaco accelera, e non solo perché qua sotto fa un freddo cane.
Non sono mai stata nella sala dei Serpeverde e avrei volentieri continuato a restarci lontana fino alla fine del settimo anno. Evidentemente, però, Piton ha altri piani.
Arriviamo davanti a un muro, grigio e spoglio come tutti gli altri, e Piton dice qualcosa a bassa voce;  subito dopo una porta scorrevole si apre nella parete e lui la varca senza indugio. Lo seguo, più titubante, e i miei occhi saettano da una parte all’altra della stanza. La sala comune dei Serpeverde è un sotterraneo lungo e basso con le pareti e il soffitto di pietra da cui pendono delle lampade. Di fronte a noi scoppietta un fuoco in un camino dalle forme elaborate e sinuose che ricorda proprio la bocca spalancata di un serpente.
Al nostro ingressi molti ragazzi con la divisa della scuola e non si voltano verso di noi; non si preoccupano del professore, ma i loro sguardi scivolano subito addosso a me. Deglutisco, arrossendo improvvisamente, e Piton mi getta una breve occhiata.
-Di qui- dice seccamente, dirigendosi verso il lato sinistro della sala.
Purtroppo questo mi costringe a passare attraverso un gruppo di ragazzi dell’ultimo anno, e sente dei risolini e bassi fischi risuonare alle mie spalle.
Quanto li odio.
Piton mi conduce in un altro corridoio, dove stavolta galleggiano a mezz’aria delle candele verdi e gialle che rischiarano il buio. Arriviamo davanti a una porta in fondo al corridoio, una delle ultime, appena girato l’angolo. Il professore si volta verso di me e sovrastandomi co i suoi buoni venti centimetri in più d’altezza rispetto a me mi squadra severo.
-Non ci capisco niente- commento sostenendo il suo sguardo.
Lui allunga un braccio e apre di qualche centimetro la porta, indicandomi di guardare dentro con un cenno del capo. Titubante, obbedisco, e mi si ferma il cuore in gola per qualche secondo, prima di scorgere il profilo familiare di Michael sdraiato sul letto.
Riporto lo sguardo sul volto pallido dell’adulto, ancora più confusa.
-Niente di niente, Di Angelo- commenta secco, e io avvampo.
Vedo un sorrisino arcuare lievemente le sue labbra sottili, poi lui se ne va.
Con un sospiro schiudo un po’ di più la porta e m’infilo nella stanza. E’ come la mia, solo che ci sono due letti a baldacchino e non cinque. La moquette è verde, e le coperte e le lenzuola sono d’argento e di color verde smeraldo. Il letto di Michael è a destra, addossato alla parete.
Senza fare rumore mi avvicino e dopo qualche secondo di straziante esitazione mi siedo sul bordo del letto.
Michael apre gli occhi e gira il volto, portandolo alla luce.
E allora mi accorgo delle lacrime che gli rigano copiosamente il viso.
Il mio stomaco si contrae in una dolorosa morsa, mentre lo osservo stupita e preoccupata.
I suoi capelli ricci e corvini sono spettinati, e i suoi occhi neri mi guardano colmi di dolore. Indossa i jeans e una maglietta a maniche lunghe, blu cobalto, con lo scollo a V che lascia intravedere il profilo dei muscoli delle sue spalle. I lineamenti regolari e marcati sono contratti, le labbra serrate e le guance pallide.
-Michael...- mormoro, angosciata, tendendomi in avanti e posandogli una mano sul collo, mentre lui mi guarda con lo sguardo di un cucciolo perso.
-Mamma è morta- mormora, reprimendo i singhiozzi, e a quelle parole i muscoli del suo viso si contraggono, cercando di contenere le lacrime. Sento un colpo al petto, un macigno che all’improvviso affatica il mio respiro.
Non dico nulla, non servirebbe. Mi limito a scivolare verso di lui e a sdraiarmi al suo fianco, la schiena appoggiata al cuscino posato contro la testiera del letto. Gli circondo le spalle con un braccio e lo obbligo con dolcezza a poggiare la testa sul mio petto, mentre mi afferra il fianco con una mano e con l’altra si aggrappa disperatamente alla mia schiena.
Ben presto la stoffa del mio maglione si inumidisce delle sue lacrime, ma non ci faccio caso.
Continuo ad accarezzargli i capelli e la schiena, mordendomi le labbra per reprimere il groppo in gola.
Non ce la faccio a vederlo così. E’... innaturale.
Non so quanto tempo sia passato, ma a un certo punto i singhiozzi della mia Serpe diminuiscono fino a fermarsi, e restiamo così, abbracciati. Michael mi stringe con forza, chiedendomi silenziosamente di non andarmene. La sua presa sa di disperazione. Ha paura che io lo abbandoni...
Ma io non lo abbandonerò mai.
Lentamente, mentre il tempo sembra scorrere immobile, Michael comincia a muoversi. Prima comincia a distribuire sulla mia schiena piccole carezze leggere, come se fosse lui a dover consolare me.
Poi, qualche minuto dopo, si solleva lentamente facendo leva su un gomito e alza la testa dal mio petto. Incrocio i suoi occhi di ossidiana, ancora lucidi e arrossati.
-Scusami- mormora con voce roca, facendomi venire i brividi.
-Per cosa?- Sussurro, accarezzandogli dolcemente una guancia.
Lui abbassa gli occhi e passa la mano sulla stoffa intrisa di lacrime che copre il mio petto, e rabbrividisco senza volerlo. Mi rendo conto che non è il momento, ma non riesco a non reagire al suo tocco. Appena mi vede trasalire Michael si ferma, immobilizzandosi, e solleva lentamente lo sguardo. Ci fissiamo per un tempo interminabile, mentre vedo il nero delle sue iridi addensarsi e farsi più feroce.
Scappo via appena prima che lui mi afferri, saltando giù dal letto e dirigendomi verso la porta. Ho paura. Ho paura, paura, paura. Sono a circa un metro dalla porta di mogano quando mi sento afferrare per il braccio e voltare. Un secondo dopo le labbra di Michael sono fuse con le mie, mentre lottano, rabbiose e impetuose. Mi allungo contro il suo corpo, passandogli le braccia attorno al collo, e lui mi sospinge contro il muro, imprigionandomi tra il suo corpo e la parete di pietra. Il suo respiro è affannoso, e, nonostante tutte le volte in cui ha dimostrato il suo autocontrollo, non credo che ce la farà.
Ha appena subìto un lutto, e sono terrorizzata dal pensiero che... che io possa essere solo un modo per sfogare tutto il suo dolore e la sua rabbia.
-Michael- mormoro a corto di fiato, ma le sue labbra tornano sulle mie come se non avessi neppure aperto bocca. Sento il sapore delle sue lacrime sulle labbra.
-Michael- insisto, e lui si ferma per un attimo, fissandomi con i suoi occhi di ossidiana.
-Che c’è?- Sussurra con voce rauca, stringendo il maglione che mi ricopre i fianchi.
-Non voglio. Non qui. Non ora- mi oppongo, e lui lascia cadere le mani.
-Hai ragione- mormora. -Scusa- i suoi occhi si riempiono di nuovo di lacrime, e mi ritrovo ad abbracciarlo e accarezzarlo di nuovo mentre scivola sul pavimento. Posa di nuovo la testa sul mio petto, rannicchiandosi come se fosse un bimbo.
Bacio i suoi capelli, le lacrime agli occhi, mentre lo cullo con dolcezza.
Mi dispiace, Michael. Non sai quanto mi dispiace.
Dopo minuti e minuti, in cui ormai il sangue ha smesso di circolare nelle mie gambe intorpidite, Michael crolla nel sonno.
Prima di addormentarsi, però, dice una cosa che mi scalda e mi stringe il cuore allo stesso tempo.
-Ti amo, Kristine. Ti amo, non lasciarmi anche tu- mormora, poi la sua testa cade sul mio petto. Non mi resta altro da fare se non sdraiarmi sulla moquette e stringerlo ancora.

 

 ~
 

ANGOLO MOGIO DELL'AUTRICECHEFASCHIFO:
Zao :(
Ho una buonissima giustificazione per effere così in ritardo, tralasciando scuola e morale a un miliardo di chilometri sottoterra.
Cacchio, nel capitolo scorso ci avevo messo tutta me stessa. E 0 recensioni.
Capitemi, era anche un periodo di *bip!* e mi sono depressa alla grande.
Non ho aperto nessuna storia per più di una settimana O.O
SO che questo capitolo è abba triste e che fa *bip!* però spero che recensiate, perché, sapete, più recensioni si ha e più si ha voglia di continuare per soddisfare voi che leggete.  Basta lagne, ora!
Come avete visto, lapiccoladolce Evanna è comparsa! Ovviamente non sa che la mamma è morta, se no non sarebbe così allegra.
Lei e Jace sono così dolci *occhi sognanti* ma Jace si metterà con... SPOILER! No spoiler. No. 
Piton, ahah, povero amore. SI ritrova a fare da messaggero qui e là XD Bien, ora me la svigno.
Se non rispondo alle recensioni sorry, ma ho poco tempo e cerco di rispondere quando aggiorno così lo sapete già.
Un bacio!

Anna

 

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici: Inferno. ***


Blue Roses
Capitolo Tredici:
Inferno.



 

Michael:

Mi sveglio perché sento un’enorme sensazione di fastidio. Dopo qualche secondo, con la vista ancora annebbiata dal sonno, capisco di essere sdraiato sul pavimento e di avere tutti i muscoli indolenziti.

Ma allora perché la mia testa si alzae si abbassa?

Sbatto le palpebre e un’ondata di gelo blocca i miei muscoli quando mi rendo conto di avere la testa posata sul petto di Kristine. Sospirando alzo lentamente la testa dalla sua pelle calda, sentendo il freddo schiaffeggiarmi la guancia non appena perdo il contatto. Rabbrividisco e faccio una smorfia non appena sento una fitta di dolore attraversare il mio collo.

Mi metto seduto con lentezza, e mi strofino il volto con le mani, sospirando a fondo, sentendo le lacrime riaffiorare.

Mia mamma è morta.

Morta.

Tiro su col naso e sposto lo sguardo su Kristine. Sento gli occhi bruciare e vedo sfocato, ma distinguo perfettamente i suoi lineamenti dolci.

Batto le palpebre e faccio per chinarmi su di lei per prenderla in braccio e spostarla sul letto, quando un ricordo attraversa improvvisamente la mia mente.

Ieri volevo fare l’amore con lei.

Cazzo. L’avrò spaventata a morte. All’istante l’immagine dei suoi occhi pieni di panico mi provoca forti fitte di senso di colpa. Mi prendo la testa tra le mani, immergendo le dita nei ricci.

Io la amo davvero tanto. Ma ieri sera non ero in me... ricordo perfettamente con quanta insistenza persistevo a baciarla, come non ascoltavo i suoi tentativi di fermarmi.

Poi mi sono fermato, ovviamente. Non è successo nulla... però... si sarà spaventata?

Mi sembra di essere un mostro. Mi sembra di essere mio padre.

Non appena il nome di mio padre mi rimbomba in testa stringo i denti.

Poi sento una mano posarsi sulla mia spalla e sussulto, alzando la testa. Incrocio gli occhi assonnati di Kristine e distolgo subito lo sguardo. Stringo i denti sentendo la vergogna colmare ogni vena, ogni fibra del mio corpo.

-Michael- la sento avvicinarsi, ma resto immobile, lo sguardo fisso sul tappeto.

-Ehi- lei accosta la testa alla mia, posando le mani sulle mie guance, ma non reagisco.

Mi sento dannatamente in colpa e maledettamente male. Solo quando sento le sue labbra sfiorare l’angolo della mia bocca reagisco. Trasalisco e mi volto di scatto verso di lei. Mi mordo il labbro, passandole una mano tra i lunghi capelli color biondo scuro. I suoi occhi smeraldini mi osservano ancora assonnati e confusi.

-Come fai a non odiarmi?- La mia voce è tremante. Proprio come mi sento ora.

Lei aggrotta le sopracciglia bionde, accarezzandomi la guancia.

-In che senso?

Mi mordo il labbro, mentre alcune lacrime cominciano a premere per scorrermi sulle guance. Mi sforzo di ricacciarle indietro.

-Ieri sera... non ti ascoltavo- sussurro, e all’istante lei riabbassa lo sguardo.

Lo sapevo. Lo sapevo. Sono un cretino.

Distolgo gli occhi dal suo volto, alzando la testa verso il soffitto.

Ma lei mi riacchiappa subito, e con dolcezza mi obbliga a guardarla.

-Io ti amo, Michael- mormora dandomi un bacio a fior di labbra per poi scostarsi subito. -E ieri sera eri sconvolto. Non importa.

Mi passa una mano sulla fronte, scostando alcune ciocche ribelli, evitando accuratamente di guardarla.

-Importa invece- insisto, deglutendo a vuoto. -Io stavo per...

Sono nuovamente zittito dalle sue labbra, che si posano con prepotenza sulle mie. Vedendo che non ha intenzione di scostarsi, però, schiudo le mie e lentamente le nostre lingue intraprendono una danza pericolosa. Il mio respiro si fa sempre più difficoltoso, mentre lei sembra perfettamente calma.Con un gesto brusco le cingo la vita e la stringo a me, mentre lei mi accarezza i capelli. Il mio cuore batte a mille. Sento il suo profumo delicato riempirmi i polmoni, il tocco delle sue mani rilassare i miei muscoli irrigiditi. Con delicatezza poso una mano sulla sua coscia e sorrido nel sentirla sussultare lievemente. La stringo con dolcezza e lei si blocca per un attimo. Ne approfitto per far scorrere la mano dietro alla sua gamba e afferrarla con forza.

Un secondo dopo sono in piedi e lei è avvinghiata a me. Indietreggio barcollando verso il letto e mi siedo sul bordo. Kristine lascia scivolare le braccia dietro al mio collo e piega le gambe facendole aderire alle mie cosce. Sento le sue mani scorrere sui miei vestiti, e ad un certo punto la sento insistere per sfilarmi la camicia. A quel punto mi scosto e rimaniamo a guardarci negli occhi, ansimando.

-Non devi farlo se non te la senti- lei abbassa lo sguardo e non dice niente. Mi lascio scappare un sorriso. Come pensavo. Le infilo un dito sotto al mento e la obbligo a guardarmi.

-Quando sarai pronta va bene, ma ora no. Non devi pensare che io voglia solo quello- dopodiché mi avvicino e riprendo a baciarla. Lei si è irrigidita un po’, ma dopo qualche minuto torna rilassata come prima.

A un certo punto sentiamo bussare alla porta e lei si alza di scatto dalle mie gambe. Si sistema la camicia e si passa una mano tra i capelli, spostandoli dietro alle spalle.

Aspetto che abbia finito, poi volgo lo sguardo verso la porta.

-Avanti.

La porta si apre e immediatamente vedo mia sorella correre verso di me. Prima che si butti tra le mie braccia piangendo disperata vedo la consapevolezza nei suoi dolci occhioni grigi, e la stringo al mio petto. Serro le labbra, gli occhi che tornano lucidi, e deglutisco. Sentire i singhiozzi disperati di Evanna mi provoca un male tremendo al petto.

Dovrei essere in grado di proteggere mia sorella, non solo ora, ma sempre. Ma la verità è che non ne sono capace. Nostra madre è morta, io non potevo fare nulla, se non uccidere mio padre prima che lui uccidesse lei. Ma non l’ho fatto, e ora siamo solo io ed Evanna.

Le accarezzo i capelli e guardo Severus, immobile sulla porta. Mi getta un’occhiata indecisa ma gli faccio cenno di entrare. Lentamente mi arriva accanto e mi posa una mano sulla spalla, mentre le lacrime ricominciano a scorrere anche sulle mie guance.

Con la coda dell’occhio vedo Kristine indietreggiare lentamente e guardarmi per un attimo con le lacrime agli occhi prima di uscire. Vorrei fermarla, ma non riesco a parlare. Così la lascio andare e resto ad abbracciare mia sorella, con l’unico conforto di un conoscente.


Kristine:

Arrivo tremando davanti alla porta della stanza dei ragazzi. Mi gira la testa e sento uno strano vuoto allo stomaco. Afferro la maniglia e la abbasso. Uno spiraglio di luce entra dal corridoio nella camera buia. Esitando, mi infilo nella camera richiudendo la porta alle spalle.

Luke è seduto di spalle sul suo letto, ma sentendomi entrare si volta. Sgrana gli occhi e si alza di scatto, venendo verso di me a grandi passi.

-Kristine, sembra che una bomba atomica abbia appena decimato la tua famiglia. Che è successo?

Stringo le labbra e mi getto contro il suo petto, tirando su con il naso.Anche a contatto con il suo corpo solido continuo ad avere le vertigini. Lui resta interdetto, ma si riprende subito, appoggiandomi le mani sulla schiena e stringendomi al suo petto. Inspiro profondamente il suo odore caldo e familare.

Sento le sue labbra posarsi gentilmente sulla mia fronte.

-Ma tu scotti- osserva, con un filo di preoccupazione nella voce. -Vieni qui.

Cerco di fare qualche passo verso il letto, aiutata da lui, ma al secondo le mie gambe diventano improvvisamente di piombo e cedono. Mi accascio a terra, mentre tutta la stanza gira, persino il volto di Luke. Il mio stomaco si contrae e sento la bile agitarsi su per la gola, ma cerco di ricacciarla indietro.

-Kristine!

Poi vedo tutto nero.
 

Michael:

Evanna si è addormentata da qualche minuto. Sono seduto a fianco a lei, sul mio letto. Con delicatezza la copro con le coperte verdi e argentate, e le sposto una ciocca di capelli dalla guancia dietro l’orecchio. Il suo pianto mi rimbomba ancora nelle orecchie mentre la guardo dormire. Ha un’aria così vulnerabile, delicata.

Sento un fruscio alla mia sinistra, e giro la testa.

Incrocio gli occhi di Severus, che mi guarda seduto compostamente su una sedia.

-L’hanno condannato? Mio padre, l’hanno condannato, vero?- La mia voce è strozzata, non sembra nemmeno la mia.

Lentamente, lui annuisce.

-Gli hanno dato trent’anni in una prigione russa.

Avrei tanto voluto che finisse ad Azkaban, ma questo non glielo dico. Invece annuisco.

-Grazie per... essere qui- mormoro piano, e lui annuisce rapidamente.

Mi passo una mano sul volto, deglutendo.

Sento Severus muoversi, e pochi secondi dopo la sua mano su posa sulla mia spalla.

-Ma perché?!- Sbotto all’improvviso, alzandomi di scatto e camminando nervosamente per la stanza.

-Perché non l’ho ucciso quando ne avevo la possibilità?! Mamma adesso sarebbe ancora viva!

Sferro un pugno alla colonna di legno che sorregge il letto di Jace, e a contatto con il legno la mia mano viene attraversata da numerose fitte.

-Michael. Uccidere non è mai la soluzione ai problemi- mi riprende Severus, la voce improvvisamente gelida. A quelle parole una violenta ondata di nervosismo mi scuote i muscoli.

-Allora vallo a dire a mio padre!- Ringhio girandomi di scatto, stringendo i pugni.

Prima che Severus possa dire qualsiasi altra cosa Evanna geme nel sonno e mi zittisco all’improvviso, puntando ansiosamente lo sguardo sulla sua sagoma raggomitolata tra le coperte.

Dopo qualche secondo mia sorella smette di muoversi tra le lenzuola, e cala di nuovo il silenzio. La mia rabbia è scemata all’improvviso. Mi sento vuoto.

Faccio per tornare a sedermi al fianco di Evanna quando la porta si spalanca di nuovo e Jace irrompe nella stanza facendo sbattere la porta. Mi lancio verso di lui per tirargli un pugno e trascinarlo fuori dalla camera intimandogli di fare silenzio, quando lui mi guarda fisso negli occhi.

-Kristine è svenuta ancora. E’ grave.


Kristine stavolta non si sveglia, quando mi siedo sul letto dov’è seduta. Sono solo. I professori e Madama Chips sono rimasti fuori, e Jace sta sorvegliando Evanna che dorme. Non si spaventerà quando non mi vedrà vicino a lei, ha un legame molto forte con lui.

Allungo una mano e sfioro il palmo della mano sinistra di Kristine. E’ aperto verso l’alto, le dita schiuse e abbandonate sul candore delle lenzuola. La sua pelle è gelida e sudata.

Alzo lo sguardo sul suo viso. I suoi occhi sono chiusi, i capelli biondi sono sparsi in ciocche ribelli sul cuscini bianco. Le guance sono pallide e i lineamenti del volto sono contratti in una smorfia, non so se di dolore o altro.

Madama Chips le ha tolto il maglione che indossava, e ora indossa una maglia verde a maniche lunghe che evidenzia il suo fisico dolce, morbido. E’ adagiata sopra le lenzuola, e sembra terribilmente immobile nel sonno.

Ora come ora sono diviso in due parti. La metà più istintiva prova rabbia, una rabbia sorda e cieca. Questa metà vorrebbe correre e andare a scovare Jason -perché ormai è chiaro che c’entra lui, in questa storia- e riempirlo di botte finché le mie braccia non collasseranno.

L’altra metà, quella più ribelle e forte, pensa a Kristine.

Non posso lasciarla sola, qui. Devo restare con lei, devo vegliare su di lei finché non si sveglierà.

Intreccio la mano alla sua, incurante del fatto che lei non possa sentirmi, e mi siedo sulla sedia di fianco al letto. Mi sposto più vicino e prendo ad accarezzarle i capelli, la guancia, il collo, il braccio. Il tempo passa, mentre io rimango fermo e le mie gambe si intorpidiscono.

I miei occhi osservano il movimento ritmico e debole del suo petto, il suo viso immobile.

Comincio a pensare.

Penso a mia madre, a Evanna, a Jace, a Severus, a mio padre, a me, alla professoressa Vector, e infine a lei.

Voglio che tutta questa storia finisca, e subito. Voglio essere un normale ragazzo che ha una fidanzata, che fa l’amore con lei, la bacia e l’abbraccia, voglio essere un ragazzo che non deve sopportare le occhiate compassionevoli di quelli che conoscono la sua storia.

Le campane suonano diverse volte, ma io non mi smuovo. Attorno a me sento i passi e i bisbigli di studenti e alcuni insegnanti, ma non presto loro la minima attenzione, e loro non la prestano a me, a parte un’occhiata curiosa.

La luce del sole si intensifica e si abbassa.

Mi risveglio dal torpore solo quando sento delle dita stringere lievemente le mie. Giro la testa, e mi accorgo di Evanna che mi stringe la mano. Mi guarda con i suoi grandi occhi grigi, e senza dire nulla si arrampica sulle mie gambe. La stringo al mio petto con un braccio, poi guardo Jace. Non ha la minima traccia di un sorriso, né negli occhi né sulle labbra. China lievemente la testa nella mia direzione, poi si sposta e va a sedersi dall’altra parte del letto, di fronte a me. Lo seguono dei passi e mi accorgo con sorpresa che c’è anche Luke, l’amico di Kristine. Non mi guarda, ma osserva lei, gli occhi azzurri che scintillano di apprensione. Va a sedersi di fianco a Jace, incrociando le braccia, e insieme continuiamo ad aspettare.

Kristine deve svegliarsi.

Deve vedere tutto l’amore che noi proviamo per lei.
Deve vedere il mio amore.

Solo dopo qualche ora sento dei passi decisi alle mie spalle.

Vedo Luke e Jace impallidire e tirarsi in piedi di scatto, contemporaneamente. Evanna scende dalle mie gambe e saltella verso Jace, che si china a prenderla in braccio. Posa la testa sulla sua spalla.

-Adesso basta! Fuori di qui, ORA!- Intima la voce di Madama Chips.

Controvoglia mi volto, ma non accenno minimamente a muovermi. Dietro alla donna c’è Severus, che mi guarda a braccia incrociate. Non dice nulla, ma da una ruga sulla sua fronte capisco che è contrariato di vedermi ancora qui. Poi incrocio gli occhi grigi e decisi della medimaga, e capisco che non ho chance. Ma ci provo lo stesso.

-Ma...

-Niente ma! Vi voglio fuori di qui entro cinque secondi, o il professor Piton vi metterà in punizione per tutto il resto dell’anno scolastico e anche per il prossimo!

Dietro di me sento delle imprecazioni e Jace e Luke si affrettano ad andare verso l’uscita. Prima, però, Jace si affianca a me e mi stringe il braccio con forza, tirandomi rudemente in piedi. Faccio una smorfia infastidita, ma mi calmo quando Evanna mi accarezza la guancia con la sua manina.

-Andiamo, campione. Devi uscire di qui- mormora Jace.

Tento di scrollarmi la sua presa di dosso, ma anche Luke mi agguanta per l’altro braccio e mi costringono a uscire, mentre Madama Chips e Severus rimangono a guardarci. Dopo qualche passo rinuncio a ribellarmi e mi abbandono alla loro presa. Il sangue torna a scorrere nelle mie gambe, provocandomi fastidio, ma non ci faccio caso.

Non appena l’aria fredda del corridoio mi schiaffeggia la faccia, un pensiero fende la mia mente.

Devo trovare il modo per farci uscire da quest’inferno.


 

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Capitolo 14
*** AVVISO ***



Ciao ragassuoli!
Volevo dirvi una cosa.
Non me la sento più di continuare questa storia. Non c'entra un tubo il fatto delle recensioni eccetera, ma ritengo di essermi allontanata troppo dalla trama originale e di non riuscire più a scrivere bene come facevo all'inizio. Michael e Kristine però torneranno presto, fidatevi ;)
Mi spiace un sacco ma spero che continuerete aseguire questa storia quando aggiornerò.
Grazie mille a tutti.
Anna

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