Tutto è fatidico

di Pan_z
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione\Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Novità in casa Dursley ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Quando è sogno, quando è realtà ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Dalie nere ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Prospettive ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Eventi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Così lontani, così vicini ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7:Canone Inverso ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8:Il gioco delle parti ***



Capitolo 1
*** Prefazione\Prologo ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

Prefazione

 

 

Chi, oggigiorno, non conosce Harry Potter? Penso nessuno. Se entri in una libreria, almeno due scaffali sono dedicati al maghetto più famoso (e anche più ricco) del mondo. Le avventure di Harry Potter, il “bambino sopravvissuto” a Voldemort, assieme ai suoi amici, il rosso Ron(ald) Weasley e la saputella Hermione Granger, sono sbarcati in ogni casa, trovando posto nelle camere dei più piccoli, e  in quelle di coloro che tanto piccoli non sono più. Un misto di storia antico-medioevale, con una carica mitologica e fantastica, rende il libro avvincente ed accattivante , un “classico”, a suo modo, che di certo non può essere scartato. Infine, anche i più scettici sono rimasti colpiti dal fascino travolgente della saga, da quel suo sapore moderno che s’ intreccia perfettamente con l’ ambiente suggestivo che si ricrea attorno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e alle vicende dei protagonisti che, nel corso dei loro sette anni a scuola, combattono mille e più battaglie, entrando in Camere dei Segreti, andando a caccia di Pietre Filosofali, partecipando a Tornei Tremaghi, assistendo a buffe trasformazioni dagli incantesimi più strambi. La Rowling ha saputo mettere a confronto il “nostro” mondo, quello di comuni babbani, con quello magico a cui appartiene un vero e proprio Ministero della Magia! Harry Potter è un fenomeno “magico” che racchiude tanti stili diversi, in cui sono concentrate idee circa la magia, il “paranormale” che fa di questo libro un vero e proprio trattato, un dibattito su ciò che è “fuori dagli schemi”, ciò che i babbani non possono accettare. Ma tutto questo viene amalgamato alla perfezione da mani abili con le vite di tre adolescenti, con la storia oscura di un mago, e dei suoi seguaci, una lotta contro le forze della natura, contro la cecità dell’ avaro Ministro della Magia, la presunzione di Draco Malfoy, e la maestosità del preside, Albus Silente. Mistero, fantasia, romanzo… sono innumerevoli gli intrecci della vicenda che prede sempre svolte dierse; a ogni girata di pagina ti chiedi cosa accadrà: forse il protagonista verrà ucciso, oppure si scoprirà una sconvolgente verità! Tante sono le ipotesi che si possono formulare sulla trama, ed ogni singola parola nasconde un secondo fine, un’ altra faccia della medaglia, più oscura e profonda, che sarà poi svelata man mano che la storia prosegue. Nel frattanto, molti sono i fan-writer che, in trepidante attesa di un nuovo libro da gustare fino al nocciolo, ideano le storie più incredibili, alcuni seguendo la strada che J.K.Rowling ha “segnato”, un percorso predefinito che porta ad una mèta ancor’ oggi sconosciuta a noi italiani, ed altri si dilettano ad uscire fuori dagli argini, facendo prendere pieghe inaspettate alle vite dei protagonisti. Io, con questa storia, voglio rompere ogni schema, scrivere ciò che, penso involontariamente, la Rowling abbia fatto intedere a noi seguaci del maghetto. Forse può essere solo una morbosa ipotesi della mia mente inferma, ma credo che, in fondo, un po’ tutti abbiano sognato uno svolgimento sadico ed oscuro alla vicenda potteriana che, a volte, tende ad essere minimizzata. “Tutto è fatidico”, anche per l’ intoccabile Harry Potter che dovrà vedersela con un nemico più astuto, più intelligente, un nemico invisibile..un nemico che si nasconde nell’ ombra e che vola via col vento pungente di settembre..

Cos’ è Harry Potter? Solamente un libro? È molto di più di quanto non si possa pensare, qualcosa che va oltre  l’ immaginazione umana, una scarica eletrica che ti attraversa la schiena paralizzandoti dal terrore, dallo stupore, shockando i sensi, facendoti porre domande e quesiti  che, dietro frasi enigmatiche, possono trovare risposta. Forse, in fondo, Harry Potter è semplicemente il perfetto esempio della maestria di un’ autrice scozzese, letterata di inestimabile fama a cui abbiamo “affidato” il nostro tempo (e i nostri soldi) e, in parte, la nostra fiducia. Che la Rowling abbia operato una magia?

 

Y.M.

 

NdA: Eccoci qua! Dopo un' interminabile Prefazione, siamo, o per meglio dire, siete arrivati alle mie note d’ autrice. Non è mia usanza scrivere note-psico-paranoiche all’ inizio di un capitolo, ma penso che qui sia d’ obbligo.

Ci tengo a precisare che Harry Potter NON  è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariati editori come Scholastic, Bloomsbury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

Il titolo di quest’opera non è di mia proprietà, purtroppo, ma di Stephen King, di un suo libro Something’s Eventual, un best-sellers, una divinità per quelli che come me amano l’ horror di SK.

La Prefazione, invece, è farina del mio sacco e se qualcuno volesse usarla per il proprio sito o nelle proprie storie(molto improbabile, cmq), è pregato di mandarmi una cortese ed educata mail a Pan_z@inwind.it .

Come avevo già detto in precedenza le one-shot che ho pubblicato su Erika’s Fanfiction Page, sono correlate a questa fic, in quanto rappresentano i sentimenti dei protagonisti che sicuramente qui non descriverò dettagliatamente.Se volete potete darci un’ occhiata! Mi farebbe piacere, anche se non è essenziale conoscerle. Diciamo che è un di più!^^

Quello che segue è il prologo, niente di partcolare, ma che già, penso, vi faccia entrare nell’ ambito (cupo) della trama.

Ah, per chi non l’ avesse capito le iniziali alla fine della prefazione sono quelle del mio nome!^^

Bè, infine vi chiedo solo di lasciarmi un piccolo commento, solo per farmi sapere se vi è piaciuto oppure no, ma siate clementi perché questa è la mia prima fic  a puntate su HP che comincio a scrivere anche se, devo dire la verità, è da un bel po’ che avevo in testa questa idea di..eh eh..niente SPOILER! Dovrete leggere!! *evil laugh* (e’ un ricatto!Nd Lettori) (Dite? Naaa! NdA)

Ed ora vi auguro una buona lettura (spero)!

Pan_z

 

 

 

                                 

 

 

Solo due cose sono infinite: l’ Universo e la stupidità.

                                                                          Della prima non ne sono tanto convinto.  

A.Einstein

 

PROLOGO

 

* * *

Ad Eli, per Lei-Sa-Cosa.

Di nuovo.

* * *

 

 

Non regalate animali, non comprate niente alle svendite di cortile, ricordate che il diavolo esiste, non inimicatevi l’ adolescente ombroso della casa accanto.. e sappiate che tutto è fatidico.

Probabilmente quel ragazzo, supino sull’ erba verde bagnata di rugiada in un’ afosa mattina di mezz’ estate, non lo sapeva.

Chi fosse passato per le strade di Privet Drive, non si sarebbe accorto certamente di un cespuglio di indomabili capelli neri, sotto cui giaceva, inerme, una piccola saetta, cicatrice di una ferita che, nell’ animo di quel ragazzo, non era ancora stata lenita.

L’ aria era calda, portata sin lì da un affannoso vento di scirocco; alzò il capo verso il cielo terso, dove nessuna nuvola candida sembrava voler posare la propria essenza mitigatrice. Le previsioni del tempo avevano previsto caldo, con conseguente siccità, per tutto il Regno Unito, ma nessuno si sarebbe mai potuto immaginare un caldo lancinante come quello. D’ altronde, le previsioni del mondo babbano erano perennemente errate. Quel ragazzo a volte si chiedeva come facessero gli “altri” a vivere senza magia: eppure lui aveva vissuto i primi undici anni della sua vita come un Babbano, senza conoscere la verità, ma ogni volta si stupiva della testardaggine di quella gente che si ostinava a negare l’ esistenza di un altro mondo. La magia era dovunque: per le strade, nei negozi, anche nelle case stesse. Egli la sentiva poiché la magia scorreva dentro le sue vene, come scorreva un tempo in quelle dei suoi genitori.

Sbuffò. Il caldo era davvero insopportabile. Il sole di mezzogiorno pareva infuocato, e batteva possente sulla testa del giovane, abbandonato ai suoi pensieri con una mano che gli copriva gli occhi verde smeraldo dalla troppa luce che l’ astro sopra di lui inondava per tutto l’ isolato. L’ auto dei Dursley, i suoi zii, era parcheggiata difronte la modesta casa di periferia dove vivevano assieme allo strambo nipote. Egli riflettè parecchio sull’ appellativo che i suoi parenti gli avevano gentilmente affibiato: cos’era normale? Qualcosa che si poteva spiegare tramite formule matematiche oppure che si trovava scritto sui libri di storia? Per loro, forse, si. Ma non per quel ragazzo, perché era un mago. Era un mago, come i suoi genitori erano stati maghi, i più brillanti. Allora si chiese se tutto dovesse essere così.. inevitabile.

Al limitare della strada, un piccolo ometto, avvolto in un pesante mantello bordeaux, camminava velocemente nella sua direzione. Gli “altri” si sarebbero stupiti del fatto che, con questo caldo atroce, quell’ uomo andasse in giro con stivali e maglione di lana. Lo avrebbero etichettato come “anormale”. Era molto frequente che, a Privet Drive, arrivassero strani tizi avvolti in sfarzosi mantelli ed era altrettanto frequente che sua zia, spiando i vicini dalle veneziane della cucina, accortasi di loro, uscisse fuori sbraitando contro certi individui, additandoli, gridandogli dietro che erano “davvero strani”. Questo poteva dirsi inevitabile poiché capitava quasi tutti i giorni, ormai.

Il tizio si avvicinò a passi piccoli, ma schietti verso l’ aiuola dove era beatamente sdraiato. Si fermò, fece poi un buffo inchino nella direzione del ragazzo che, quasi infastidito, non lo degnò di più di uno sguardo.

-Salve signor Potter!-, gli disse. Harry continuò imperterrito a mordicchiare il suo ciuffo d’ erba, ma l’ ometto non sembrava offeso dal suo comportamento.

-Arrivederci signor Potter!-, e con un altro buffo inchino si dileguò sotto la calura estiva.

Senza ombra di dubbio, ciò che si ripeteva monotamente giorno dopo giorno da ormai sedici anni era assolutamente inevitabile. Seppure lui fosse il “bambino sopravvissuto” a Colui-che-non-deve-essere-nominato, si disse Harry, Voldemort era rinato proprio sotto i suoi occhi, grazie al suo sangue e a quel suo vile servitore, lo stesso che tradì i suoi genitori, che gli diede la sua carne. La guerra incombeva paurosamente nel mondo dei maghi, ma nessuno sembrava volerlo ammettere. I morti aumentavano ogni minuto che passava, eppure la gente continuava a salutarlo, a illudersi che il tempo si fosse fermato il giorno della scomparsa del Signore Oscuro. Ciò era inevitabile? Era fatidico? Harry Potter non poteva saperlo.

-Alzati da lì, scansafatiche!Vieni dentro!Muoversi!-, la voce acuta di Petunia Dursley irruppe nei pensieri del giovane mago che, sbuffando, si avviava all’ entrata del numero 4 di Privet Drive.

 

 

 

 

 

 

NdA: solo due parole per concludere questo Prologo. La frase che ho citato all’ inizio del capitolo è presa dal libro Something’s Eventual di Stephen King, quindi è sua di diritto. Tutto il resto è opera del delirio pomeridiano della mia mente malata. Chi volesse modificare la mia storia può farlo, l’ importante è che, prima, mi mandi una cortese ed educata mail per avvisarmi. Bene, ed adesso non mi resa altro che dirvi di RECENSIRE, RECENSIRE e RECESIRE altrimenti gli altri capitolo non verranno!!^^ Potete anche mandarmi una mail contenente minaccie di morte! (Anche?! O.O Nd Lettori)

Ed ora un saluto e un grazie a coloro che sono riusciti ad arrivare fino in fondo, un bacio a chi recensisce!^__^

See you later! (La frase “fatidica” di Strekon che io prendo a volte in prestito. Posso usarla, Strekkù? Plizzzzzzzzz!!^^)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Novità in casa Dursley ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Something’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter la cui musa ispiratrice ha fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

 

 

 

Please, hold me tight every night…

Just wishper that you love me ...

 

 

Capitolo 1:

 Novita’ in casa Dursley

 

* * *

Ad Harry Potter,

perchè sa che deve essere così.

* * *

 

 

Harry Potter era un mago. Harry Potter era il “bambino sopravvissuto”. Ma, in quel preciso istante, Harry Potter era solamente un ragazzo di sedici anni, con i capelli perennemente in disordine, ed un’ espressione incredula dipinta sul suo volto pallido e scarno.

-Ho affittato per un mese una casa a Maiorca. Un mese, Petunia! Ci pensi?-Così aveva pronunciato, quel giorno a pranzo, il corpulento zio Vernon: Harry già sapeva che in quella casa non avrebbe messo piede.

-Oh, Vernon!-, aveva cinguettato zia Petunia allungando il viso cavallino verso la bocca unta del marito. Harry faticò per non vomitare l’ unica carota lessa, che c’era nel piatto, a terra.

-Bravo papà!-, Dudley Dursley diede due poderose pacche sulla spalla del padre. Sedeva difronte a lui, ed Harry si meravigliò di quanto, in fondo, il cugino non fosse cambiato di una virgola: sempre grassoccio, il suo deretano usciva dai bordi della sedia di legno. I capelli biondi come l’ oro erano sempre pettinati a dovere, gli occhiali -troppo piccoli per il suo viso enorme- schiacciati sugli occhietti minuscoli, la cravatta rosa confetto impeccabile, e la camicia d’ un bianco accecante.

Nell’ eccitazione del momento, pensò Harry, i suoi familiari si erano dimenticati di lui. La prima regola in casa Dursley era ‘Non fare domande’, la seconda era ‘Non fare domande’ e la terza…

-E il ragazzo?-, chiese stizzita Petunia. Harry non aveva mai conosciuto persona più sgradevole di quella: perennemente incollata alla porta-finestra del retro, impegnata a spettegolare sui nuovi arrivati o a spiare i vicini, la signora Dursley vestiva in abiti molto attillati, stretti in vita, mettendo in evidenza la sua ‘Linea perfetta’, e con il suo adorato grembiule da cucina girava per tutta la casa, ripassando un ulteriore strato di cera sul pavimento.

 

-Non verrà mica con noi?-

-No, no. Certo che no!Lo lasceremo da qualche parte..-.

Mentre il cervellino striminsito del signor Vernon si metteva in funzione per trovare il modo di liberarsi del nipote, Harry non poteva credere che quella fosse la realtà. Un mese senza i Dursley era già una piccola, grande conquista per il giovane mago! Sarebbe riuscito a passare un mese a casa della signora Figg, impregnata dell’ odore di cavolo bollito, piuttosto che trascorrere i giorni che lo separavano dall’ inizio della scuola con i Dursley.

-Com’è che si chiama la vicina…Figg, mi pare, no? Potremo lasciarlo lì..-, capitava molto spesso che i suoi zii parlassero di Harry come se non fosse presente. Ci aveva fatto l’ abitudine dopo sedici anni passati in quella casa; ma Harry dovette ammettere a se stesso che la sua vita, a casa Dursley, era notevolmente migliorata: non veniva più maltrattato come prima e, da qualche anno a questa parte, aveva ottenuto delle piccole libertà come quella di telefonare e scrivere lettere ai suoi ‘strani’ amici. Inoltre Harry aveva notato che gli zii erano divenuti meno ostili nei confronti del ‘suo’ mondo ma, di certo, non si sarebbe mai aspettato che attraversassero la barriera del binario Nove e tre/quarti, né che lo accompagnassero a prendere l’ Hogwarts Express. Parlare, ed anche solo accennare, di quella scuola era, purtroppo, ancora tassativamente vietato.

 

-Mi pare una buona idea. Le telefonerò oggi stesso-, Petunia guardava con astio il nipote che contiuava a sgranocchiare la sua carota con aria indifferente. Petunia emise un piccolo sospiro  e si  girò in direzione del lavello; ciò che i Dursley, però, ignoravano era che Arabella Figg si stava dolcimente assopendo sul davanzale della finestra del salotto, la coda attorcigliata su se stessa ed un sorriso soddisfatto che spuntava sotto i lunghi baffi dorati.

 

*

 

Harry salì a due a due le scale che conducevano al piano superiore. Si sentiva leggero come l’ aria, e avrebbe voluto gridare la sua felicità al mondo intero ma, per adesso, poteva solo mandare Edvige in giro per il pianeta, alla ricerca dei suoi due migliori amici.

Spalancò con un botto la porta della sua camera le cui pareti erano d’uno sgargiante colore arancione: Harry odiava l’ arancione e tutti i colori appariscenti che tappezzavano quella casa ma, questo, era ciò che passava il convento ed ormai, dopo sedici anni, non sarebbe servito a niente chiedere di meglio.

Fra quasi un anno se ne sarebbe potuto andare da quello schifoso mondo in cui era costretto a vivere e sarebbe stato finalmente libero.. libero di vagare senza mèta per la città. Libero di affogare il suo dolore in litri di alcool. Libero di entrare nei negozi magici, di giocare a Quidditch, di parlare con persone come ‘lui’ che lo comprendessero e lo aiutassero nelle situazioni più critiche, libero di avere un futuro… tutto ciò che non poteva certo avere restando chiuso in quella stanza, o rimanendo impalato a guardare le giornate passare dinanzi i suoi occhi, sotto il sole accecante d’ estate.

 

Cancellò, esitante, un altro giorno che lo divideva dall’ inizio della scuola dal calendario appeso sulla parete difronte al letto. Il primo Settembre gli sembrava così lontano! Avrebbe dovuto passare ancora trentacinque giorni nel mondo babbano, prima di poter dinuovo carezzare l’ acqua del lago, prima di ritornare a correre per i corridoi di Hogwarts nascosto sotto il mantello dell’ invisibilità e (cosa che più gli mancava) prima di ritornare a puntare la bacchetta contro la gobba della Strega Orba per poter andare a farsi una scorpacciata di Api Frizzole, Gelatine tutti i gusti+1 a Hogsmeade! Quanto gli mancava quella vita, pensò. E gli mancavano anche le lezioni: gli interminabili compiti di Storia della Magia, e le previsioni di Divinazione. Gli mancava persino Piton, con quel suo sorrisetto irritante, ed il suo odio verso di lui e la sua Casa; bè forse il professore di Pozioni gli mancava un po’ meno.

 

Si affacciò stancamente alla finestra: le case dell’ isolato erano prive di vita. Le strade deserte parevano un suggestivo paesaggio dipinto su di una tela dalle mani abili di un pittore; tuttavia il ronzio delle api sui fiori,  il cinguettio degli uccelli sui rami e il canto delle cicale lo rendeva…paurosamente reale. Ma, in fondo, cos’ era il ‘reale’? Qualcosa che si può odorare, toccare, vedere? No. Per Harry il concetto di reale era come una grandezza empirica, che non può essere spiegata a parole, un qualcosa di astratto. Ammise a se stesso che per lui la realtà non aveva essenza, né odore, né forma e immagine, poiché si confondeva con i suoi sogni, diventando un tutt’uno con le sue peggiori paure che a volte sembravano prendere coscienza. Apriva gli occhi, ma era come se stesse ancora vivendo il sogno: tutto così nitido, tutto così..reale..Ma poi ciò che toccava si dissolveva lentamente e dinanzi ai suoi occhi si ergeva un fitto strato di nebbia…

 

-Quando finirà..?-, disse a voce alta, quasi sperando che le pareti della camera potessero dargli una spiegazione, una risposta a quelle domande che tormentavano i suoi sogni: qual era la verità?

Rabbrividì. I ricordi dell’ anno passato a Hogwarts erano impressi dentro di lui come un marchio indelebile, lo stesso che lui vide ergersi nel cielo di un’ estate come quella, afosa e umida, due anni prima mentre tornavano dal campo di Quidditch. Vide uomini in nero torturare la gente comune; li rivide passare sotto i suoi occhi l’ anno successivo a scuola, uccidendo i figli di babbani; ma quello non era più il loro unico obiettivo: c’era Harry. Harry con quella cicatrice che il Signore Oscuro sfiorò con le sue mani di ghiaccio, assaporò con le sue labbra impregnate di sangue. Toccò il corpo martoriato del suo nemico con avidità, con... desiderio? Harry scorse dapprima nei suoi occhi..stupore, poi un ghigno soddisfatto si dipinse sul suo volto pallido, come quello di un uomo che sta spirando. Ma lui, in verità, è il non-morto, colui che è rinato dalle sue ceneri, che ha ottenuto un nuovo corpo per poter completare l’ opera che aveva iniziato con i suoi Mangiamorte in giro per il globo, radendo al suolo intere città, portando l’ odore acre del sangue tra la gente e con esso un vento di morte che entrava di casa in casa decidendo la sorte di persone spaventate, intimorite dinanzi al Giuistiziere. Avevano paura... paura di morire prima di aver baciato per l’ ultima volta coloro che amano; paura di bruciare fino alla fine dell’ eternità nelle fiamme dell’ Inferno prima di essere andato a giocare a golf con il proprio figlio. Paura di essere giudicato per quello che non avevano mai fatto, che avevano sempre rimandato al giorno successivo, e a quello dopo, e a quello dopo ancora. Harry non aveva paura della morte: anche adesso sentiva il suo alito freddo sul collo, ma non era per quello che stava tremando. O si? Non ebbe paura neanche quando Voldemort gli punto un pugnale al petto: continuò imperterrito a guardarlo con odio puro, un odio che non aveva mai provato in vita sua, ma che tante volte aveva represso anche contro i suoi stessi amici; e lui... gli sorrise? Harry non seppe definirlo, ma miracolosamente lo lasciò in vita. Non gli disse nulla, ma sapeva che quello non era un addio, solamente un arrivederci. Sparì nel suo pesante mantello del colore della notte, e si confuse con le tenebre che cominciavano ad assalire la sua mente, colmando le lacune della sua memoria con nuove domande, con nuove incognite intrise di arcani misteri, di dubbi, della smania di sapere quale tetra verità si nasconde dietro l’ angolo di un vicolo senza uscita, come la vita, una prigione senza confini, come quella in cui fu costretta Hogwarts, ricoperta dal buio, dalle tenebre. Fu il niente assoluto ed incontrastato.

 

Sospirò. Il sole batteva ancora forte su tutta Prive Drive e nessuno osava avventurarsi sotto la furia di quell’ afa tremenda.

L’ orologio al suo posto gli diceva che erano appena passate le due del ventisette Luglio: pochi giorni mancavano al suo compleanno, ma Harry sapeva che avrebbe passato anche quel giorno nella più completa solitudine, osservando il sole nascere e tramontare per poi far spazio alla Luna, così tenera e delicata, come un piccolo bocciolo di rosa, portando con sé l’ alba di un nuovo giorno.

 

La gabbia di Edvige era vuota: era fuori da tre notti, ormai, ma lui sapeva che sarebbe sempre tornata, anche se fra un anno, fra due, fra un secolo!, lei sarebbe sempre tornata. Edvige rappresentava un pezzo del suo passato, la storia dei suoi undici anni, dell’ arrivo a Hogwarts, delle liti con i suoi zii, della venuta di Sirius… Sirius Black. Chissà dov’era: un giorno era in Alaska e il giorno dopo alle Hawaii, e il giorno seguente.. nessuno lo sapeva. D’ altronde era ancora un clandestino, un colpevole agli occhi altrui che non conoscono la verità più complessa, quella celata nel buio  antico che invase questo mondo. Una verità nascosta dalla nebbia della menzogna, nella cecità di colui che si fa chiamare Ministro e che  non vuole ammettere a se stesso che il tempo è cambiato: non ci saranno più le corse sfrenate nei boschi, né le risa di teneri fanciulli allegri nei paesi perché nessuno più saprà come ridere; nessuno conoscerà più il significato della parola allegria: dominerà il caos e la morte prenderà le vite di uomini, donne e bambini, maghi e babbani, senza distinzioni assude, discriminazioni senza senso. E quando saranno tutti al cospetto di Dio, allora non ci sarà Malfoy che tenga, né Riddle, e né tantomeno Potter.

Potter.. un semplice nome, più ledente di una delle maledizioni senza perdono, più straziante del mormorio appena percettibile di un  Avada Kevadra  , un peso sulla coscienza per Harry che era solamente un piccolo angelo, ritrovatosi all’ Inferno, tra le fiamme, tra le grida disperate che ancora riecheggiano nella sua mente.. grida d’ aiuto, imploranti, ma non poteva fare niente, ‘loro’ erano troppo forti. E Voldemort lo osservava con quei penetranti occhi scarlatti: non avrebbe mai dimenticato i suoi gesti fulminei che non gli diedero il tempo di correre da lei, per proteggerla. Lei che era entrata nella sua vita, rischiarandola, illuminando la sua esistenza nuovamente, donandogli una nuova ragione per cui vivere, per cui lottare anche fino alla morte. E la speme che gli aveva donata, dividendo la sua essenza con lui, è volata via, lontano con i soffici petali di ciliegio in fiore. E poi è andata anche lei via, e come la speranza che gli aveva donata gli era entrata nel cuore, così se l’ era ripresa, lasciandolo muto e immobile a guardare il suo corpo cadere inerme al suolo, macchiandolo con il suo sangue di cui si impregnarono le sue vesti. I suoi lunghi capelli neri le incorniciarono il viso, che già portava il pallore della morte; le sue dita affusolate giacevano sul suo petto e gli occhi a mandorla color nocciola erano sbarrati, privi di espressione ed Harry non potè più sentire il battito del suo cuore: udì solo una lacerante e macabra risata che gli penetrò nell’ animo, nei pensieri, nei ricordi che cercò poi di stipare, ma inutilmente. Il ricordo di lei, così nitido, di quelle poche parole mortali, della bacchetta gemella che di troppi crimini si era macchiata, di un fascio verde che la colpì diritto nel petto, squarciando la sua divisa. Ed il ricordo di lui, del suo volto, della sua tunica, delle sue mani smilze… Tornava tutto dinanzi i suoi occhi, senza che lui potesse impedirglielo, senza che potesse fermare quei ricordi ma, dopotutto, quello era solo uno stralcio del passato, un passato d’ odio e disperazione però, d’altronde, il passato aveva reso Harry ciò che era, l’ immagine che si riflette nello specchio, e presto il giovane Potter avrebbe udito quel fruscio inconfondibile del vento di Settembre, che porta nell’ aria la speranza?, di un nuovo anno, e con esso anche la verità invisibile di un tempo dimenticato…

 

 

 

To be continued…

 

 

 

NdA: Ollee! E il primo capitolo di questa ficchetta è andato! Ahh! Me felice!^^ In questi giorni non ho avuto un granchè da fare (oltre che andare al mare ad abrustolirmi, mettendomi al sole come una lucertola..-.-) e quindi ho potuto concludere ‘alla svelta’ il capitolo (sempre nei miei limiti dell’ ‘alla svelta’!^__^) Bene, ed adesso ditemi: vi è piaciuto? Non vi è piaciuto? Soddisfatti? (o rimborsati?) Fatemelo sapere mandandomi o una mail a Pan_z@inwind.it oppure lasciandomi una piccola nonché microscopica recensione!^^

Ed ora passiamo a rispondere ai commentini belli!^^ Il mio momento preferito!:)

 

Erika Fanfiction’s Page

 

Eli: Tesssorrraaa mia! Ma te sei troppo gentile con una scrittrice di infimo livello come me! Mi fai arrossiree! ^///////^ ih ih! Ma grassssieee!!Ah cmq la Eli all’ inizio del Prologo si se te!^^ Mi sentivo paurosamente in obbligo nei tuoi confrnti e non sl per questo ti ho dedicato il Prologo ma pecchè ti volllio tantoo beneee!! Tresor vedi di aggiornare WAL&J sennò…ih ih..lo sappiamo io e te cossa ti faccio!^^ E, ah, ti ho mandato una mail! Sxo ke questo capitolo ti piaccia, cucciola!^^

 

Shinko aka Ryuko: Anche te leggi Stephen King? ^_^ Abbiam tante cose in comune! In questo capitolo avete letto alcune(solo ‘alcune’) delle disgrazie che sono capitate al povero piccolo Harry Potter (…-.- NdPotter)..ME SADICA!

 

Hermione Granger: Ti ringrazio molto! Spero che mi dirai se questo cap ti è piaciuto!

 

Kiara: Kiaruccinaa!! (Ora siamo pari! ^.^) Prefazione degna di una vera giornalista? La mia? Credo che tu stia leggendo qualche altra fic  perché non penso che la Prefazione sia a tali livelli!^^ In questo cap c’è già un assagio di quello che è successo a Harry e potete benissimo intuire a quale alto livello arrivi la mia malvagità..Uh uh..U_U Grasssieee per i complimenti!^^ Arigatou!

 

Fanfiction.it

 

Swan: eh eh..e si sempre educata la zietta! Eccoti qua il primo capitolo, che ne pensi?

 

Heathcliff: Ti ringrazio molto per i complimenti alla Prefazione anche se come ho già detto non credo che sia poi così bella-__- Il pezzo 1408, come sempre, è un capolavoro, ma d’altronde da un ‘mago’ come Stephen King non ci poteva aspettare altro! Allora, hai detto che hai trovato il Prologo sciapo, corto e ritondante (riporto le tue testuali parole). Naturalmente è un’ opinione personale, ma ci tengo a precisare che quello era solamente un Prologo per poi attaccarmi al capitolo uno. Non sono mai stata dell’ idea che i Prologhi debban essere chilometrici, ma essenziali, riassuntivi, poiché –secondo me- servono ad appunto ‘introdurre’ la storia con un pretesto qualsiasi. Può darsi che tu abbia ragione, che in fondo il prologo non sia niente di eccezionale, o addirittura non sia niente, ma in ogni caso, mi ha fatto piacere comunque ricevere una tua critica, e spero che questo capitolo si avvicini alla tua idea di ‘magistrale’. Fammi sapere che ne pensi perché tengo molto, ormai, al tuo giudizio.^^

 

 

Ebbene adesso che dire di più? Solo RECENSITE, RECENSITE E RECENSITE, altrimenti niente capitoli! (della serie: la sottile arte del ricatto..^^) Il mio motto è : NO COMENTI? NO CAPITOLI!!^333^

Un grazie a tutti coloro che hanno letto, un bacio a chi ha recensito, due a chi recensirà anche questo capitolo!!

Alla prossima

Pan_z

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Quando è sogno, quando è realtà ***


Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Something’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter la cui musa ispiratrice ha fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, e poi a me, a me e a me-.-

 

And I hope you find your freedom

For eternity...

Eternity, Robbie Williams

 

 

 

 

Capitolo 2:

Quando e’ sogno, quando e’ realta’

 

* * *

A Witter, chissà perché.

* * *

 

Harry si grattò la punta del naso con la penna. Scribacchiò per un po’ sulla pergamena intatta de ‘La Trasfigurazione nei secoli ‘, spremendosi le meningi per cercare di ricordare cosa la McGranitt avesse detto a tale proposito, ma l’ unica cosa che gli veniva in mente era la voce stridula di Hermione Granger che lo sgridava per non aver rispettato il coprifuoco, per essere andato in giro per la Hogwarts notturna, per non aver partecipato con interesse alle lezioni…

-Cristo santo…-, si passò una mano sul volto, fino ai capelli ribelli. Hermione Granger…da quanto tempo era che la conosceva? Cinque? Sei? Sette anni? Che differenza avrebbe fatto un anno in più o uno in meno? Nessuna, si disse, nessuna differenza che avrebbe mai cambiato la sua vita. Eppure, c’ era stato un tempo della sua vita in cui tutto era più roseo, rischiarato dai raggi dell’ alba, e da quelli del crepuscolo; finalmente aveva avuto un motivo per esistere, per continuare a credere in qualcosa che andava oltre i beni materiali e la stessa coscienza…qualcosa di invisibile ai suoi occhi, ma che lui sentiva vivo dentro di sé: una scarica elettrica che gli attraversava il corpo quando scorgeva le sue labbra piegarsi in un silenzioso, mesto sorriso che, in un qual modo, gl’ illuminava la giornata, più di quanto l’ astro del mattino non avesse mai fatto. E quando si accorse che le sue labbra erano dolcemente poggiate sulle sue… allora era troppo tardi… troppo tardi per salvarla, troppo tardi per posare ancora una volta le sue labbra su quelle di lei, troppo tardi per amarla…

 

Poggiò la penna sulla scrivania: forse l’ indomani sarebbe riuscito a trovare una soluzione. Eppure quanti altri enigmi erano ancora senza risoluzione.. vagabondava nel fiume dell’ ignoranza..

 

*

 

-Alzati! Sveglia! E’ ora di alzarsi!!-, la voce assordante della signora Dursley, destò dai suoi sogni il giovane mago. La luce del giorno filtrava dalle veneziane della finestra, andando a solleticargli il volto.

-Avanti ragazzo!-, Vernon Dursley gli strappò via dalle mani il lenzuolo color della notte, facendolo gemere. Sentì il rumore della finestra che si spalancava e dell’ aria fresca che entrava nella stanza, carezzandogli gli occhi semi-aperti, incitandolo a destarsi dal torpore in cui era caduto. Tuttavia, solo quando percepì i passi pesanti dei suoi zii dirigersi verso la porta, si decise a splancare gli occhi ancora umidi.

 

Si passò una mano tra la folta chioma di capelli, stiracchiandosi ben bene alla luce di un sole tiepido, piuttosto stravagante per quella stagione che si era ben presto dimostrata calda ed afosa. Gettò uno squardo sull’ orologio alla parete: solamente le nove di mattina. Piuttosto insolito per Harry svegliarsi così presto! Specialmente se era in vacanza! E da quando i Dursley si preoccupavano di venirlo a svegliare? Raccolse i jeans dal pavimento per indossarli quando un gridolino acuto catturò la sua attenzione: dalla gabbietta sulla mensola, Edvige beccava allegramente il mangime. Alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise.

Harry spalancò gli occhi: come aveva fatto Edvige ad entrare, se aveva sentito il rumore delle ante che si aprivano solo pochi attimi prima? E poi si torturò animatamente: le civette sorridono? No, certo che no!, si convinse. Tirò fuori una maglietta da un cassetto della scrivania, infilò le Reebook ai piedi e, inforcati gli occhiali, nascose la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni.

Scese le scale di corsa, tanto che dovette mantenersi al corrimano per non ruzzolare giù e rompersi l’ osso del collo. Quella si che sarebbe stata una tragedia!

 

Entrò senza fiato in cucina. Zia Petunia stava servendo le uova a Dudley mentre zio Vernon leggeva svogliatamente il giornale. Nessuno dei presenti sembrò accorgersi di lui; questo allora, si disse Harry, non doveva essere un sogno. Sicuramente doveva essere stato un riflesso della luce del mattino a fargli scorgere Edvige sorridere.

Si sedette difronte a Dudley, che era intento a mangiare avidamente le sue uova senza degnarlo di uno sguardo; meglio per Harry perché, da quando il caro cuginetto era divenato campione juniores dei ‘pesi massimi’, Harry era diventato il bersaglio preferito suo e della sua banda di incapaci. Abbassò lo sgurdo sulla sua colazione: qualcosa stava.. battendo! Un cuore pulsava sangue all’ interno del piatto di porcellana, schizzando la tovaglia impeccabile di Petuna Dursley.

Si alzò di scatto, facendo cadere a terra la sedia con un tonfo, e finalmente i Dursley si accorsero della sua presenza. –CHE COS’ E’?!-, urlò. Dopo una rapida e furtiva occhiata, zio Vernon ritornò alla lettura del suo quotidiano, Petunia uscì in giardino e Dudley ricominciò a sgranocchiare il suo bacon. Che diamine stava succedendo al numero 4 di Privet Drive? Nella casa più ‘normale’ che esistesse sulla faccia della terra? Harry Potter non lo sapeva, e non seppe neanche spiegarsi perché quel cuore che batteva impetuoso sulla tavola fosse il suo. La maglietta gialla stava diventando d’ un colore vermiglio, appicciacaticcia e con un odore nauseabondo. Si tocco il petto con sempre più foga e, nuovamente in quella giornata, spalancò gli occhi quando sentì mancare la carne sotto la sua mano all’ altezza del cuore.

- Mio dio..-, si accorse solo allora che parlava a stento, e faticava a respirare. Stava morendo? Quello era un sogno? Ed allora se quello era un sogno, dov’ era la realtà?

Calde lacrime cominciarono a sgorgare a fiotti dagli occhi appannati del giovane Potter, sul suo viso macchiato anch’ esso dal suo stesso sangue, e dalla sua bocca da cui usciva a fiotti. Sogno? Realtà? Il mago non lo sapeva: riusciva solamente a piangere.

 

*

 

-Alzati! Sveglia! E’ ora di alzarsi!!-, la voce assordante della signora Dursley, destò dai suoi sogni il giovane mago. La luce del giorno filtrava dalle veneziane della finestra, andando a solleticargli il volto.

-Muoviti, ragazzo!-, gli strappò via le coperte dal corpo intorpidito e, quando sentì le ante della finestra sbattere contro il muro, e l’ aria fredda penetrargli dentro il corpo intorpidito, solo allora aprì gli occhi.

-Finalmente!-, girò il volto nella direzione da cui prevenivano quegli squitii acuti. Zia Petunia divaricò le gambe ossute, puntandogli un dito contro –La colazione è pronta!- Harry sbattè più volte le palpebre, ma non fece in tempo ad avvedersene, che già Petunia Dursley era sparita dietro la porta di legno. Si stiracchiò alla luce del sole freddo di fine Luglio ma.. poteva mai essere freddo il sole d’ estate? Corse alla finestra: la neve imbiancava le strade e i tetti delle case squadrate di Privet Drive ed, in strada, si udivano le risa gioiose dei fanciulli.

 

Ad Harry girò la testa: che cosa stava succedendo? Dove si trovava? Ma, soprattutto, chi era? Più cercava di ricordare cosa fosse accaduto il giorno precedente, più tutto diveniva sfocato: ricordava solamente di stare sognando la sua morte dissanguata, e poi.. poi cos’ era accaduto? Chi l’ aveva svegliato? Qualcuno l’ aveva svegliato? Una forte emicrania lo colpì. Si toccò istintivamente il capo, ungendosi la mano di gelatina. Un ciuffo biondo gli scivolò sulla fronte: aveva i capelli biondi? Eppure avrebbe giurato di averli neri.. eppure l’ immagine che si rifletteva nello specchio era quella di un giovane dai capelli color dell’ oro, le mani grassoccie e le guance paffute.

-Chi sono?! Chi sono?!-

 

Scese di corsa la rampa di scale, fiondandosi nella prima camera che incontrò: un ragazzo dai capelli neri e dagli occhi scarlatti lo fissò intensamente. Portava una strana divisa color smeraldo, ed un viscido serpente spiccava sul nero della lunga tunica. Lo fissò ancora, senza dire una parola, immobile, seduto sulla sedia di plastica grigia; uno strano pezzo di legno giaceva sul tavolo imbandito di ogni leccornia, ed il suo stomaco brontolò. Il ragazzo prese la bacchetta con due dita, puntandola nella direzione del biondino che gli era difronte. Egli non potè sentire le sue parole, mormorate a fior di labbra, eppure solo in seguito si sarebbe reso conto di quanto male gli avrebbero fatto quelle parole.

Una forte emicrania lo colpì. Si accasciò al pavimento: la moquette stava diventando di un insolito colore rossastro.

 

*

 

Il caldo sole di campagna sgattaiolò dentro la camera avvolta nell’ oscurità, carezzandogli lievemente il volto. Dischiuse appena gli occhi: la finestra aperta permetteva alla brezza mattutina di profumare l’ aria d’ allegria e di una vaga sensazione nostalgica, che lo colse impreparato facendolo rabbrividire.

Un lieve tocco delicato lo riportò bruscamente nel mondo reale. –Ben svegliato, Harry-. Drizzò le orecchie: quella voce così melodiosa.. quelle mani candide che gli sfregavano amorevolmente la guancia e.. quei capelli rossi che i suoi occhi non osavano guardare..

Due occhi verde smeraldo incontrarono i suoi, inverosimilmente simili; una bocca piccola e rosea si poggiò delicatamente sulla sua fronte.

-La colazione è pronta, tesoro-

-M-mamma?!-. Una risata argentina riempì l’ ambiente lugubre della piccola stanza d’ un’ armonia silenziosa. Gli parve anche che gli uccellini fuori la finestra avessero interrotto il loro canto per rendere onore alla mervagliosa creatura che sedeva difronte a lui, stralunato.

 

Com’ era possibile che Lily Evans fosse ancora viva? Lei era.. era morta! Le toccò i capelli colore della passione, sentendo sotto i polpastrelli la loro setosità, e il loro profumo di pesco.

Le toccò il viso, gli occhi, le mani ed un sorriso gaio si dipinse sulle sue labbra quando vide le guance di lei colorarsi appena di un colore rosato.

Sorrise ancora, e ancora; l’ abbracciò tre, quattro, cinque volte! Forse era un sogno, si disse, ma avrebbe voluto continuarlo a vivere, e finalmente avrebbe potuto godere, anche se per poco, di ciò che gli era stato sottratto: una famiglia..

 

Lily ricambiò gli abbracci di Harry con sempre più foga, poi gli prese la mano conducendolo verso una scalinata di pietra, fin giù. Il marmo era freddo, ma ad Harry non importava; aveva tutto ciò che mai avrebbe potuto chiedere e, se avesse potuto, avrebbe fermato il tempo, per non farlo correre via da quell’ ingannevole sogno, illusione del subconscio, desiderio del cuore.

Le uova stavano friggendo sospese a mezz’ aria sopra i fornelli, un mestolo girava le salsicce nell’ ampia padella di rame, e una scopa stava percorrendo in lungo e in largo le assi di legno del pavimento. In un angolo di quella che Harry pensò fosse una cucina, giacevano pile di libri che oscillavano paurosamente in avanti e indietro. Ed era sicuramente un’ altra magia quella che faceva volteggiare per la stanza la sua uniforme di Hogwarts. Era tutto così strano! Eppure ad Harry piaceva: d’ altronde quella era la sua casa!

-Siediti, Harry, mentre io vado a svagliare James-

James, ma certo! Il più grande cercatore della storia di Hogwarts ! Ed è suo padre!

Si sedette sulla sedia di legno arancione: Harry odiava l’ arancione, ma adesso nulla più importava. Nella sua testa c’ era solo la bellezza accecante di sua madre e tutti gli strambi incantesimi che volteggiavano di qua e di là in quel luogo così familiare..

 

Sentì dei passi leggeri percorrere la rampa di scale. Le travi cigolavano sotto il peso di quei passi, ma era così silenzioso, tanto tacito quanto piacevole che Harry potè solamente chiudere gli occhi, assaporare quei momenti tanto aspettati, ma così inattesi che il suo cuore correva veloce nella valle inesplorata dei ricordi, quasi stesse scoppiando dall’ immensa gioia, e dal grande sconforto che gli pervase l’ animo perché, dopotutto, quello era solo un sogno, egli ben lo sapeva, e stava svanendo avvolto nella nebbia di fine Novembre. Chè la sua felicita poteva trovare sfogo solo in un mesto sogno d’ una gioventù volata via con il vento impetuoso di un passato arcano e oscuro, che l’ ha portata su di un’ altra strada che volge a destra del torrente, fino alla fine dell’ Oceano, oltre l’ orizzonte blu del cielo di Primavera, come quei due iridi che penetravano attenti nei suoi.

 

James Potter lo osservava da dietro due spessi occhiali da sole, che però lasciavano intravedere lo splendore dei suoi occhi cobalto. La camicia rossa cadeva sopra i pantaloni neri come la pece ed un lungo bastone spuntava dietro la sua schiena.

Inarcò un sopracciglio. –Chi è Lily?-, chiese alla rossa

-E’ Harry, Jamie, mio figlio-, rispose con sufficienza

-Ah..-, lo vide negare con la testa, ed avviarsi verso quello che avrebbe dovuto essere il salotto.

Harry guardò interrogativamente la madre che si limitò ad abbozzare un sorriso sofferente e malinconico. Si voltò in direzione dei fornelli, chè Harry non potè vederla versare lacrime amare, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare, eppure egli sentì la sua frustazione, il suo immenso dolore che recideva la sua carne, facendogli sgorgare sangue amaro dalle ferite insanabili del suo cuore.

 

Le poggiò una mano sulla spalla, per confortarla, per farle capire che le era vicino, e forse anche per comprendere quale altra verità si celasse dietro quel piccolo spicchio di paradiso ma, lei si ritrasse bruscamente a quel contatto. Il suo viso angelico fu quasi rammaricato, ed allungò un dito sulla guancia pallida di quell’ uomo, non più un ragazzino, che la guardava perplesso dall’ alto dei suoi sedici anni. Gli sorrise, perché non poteva fare altro: non sapeva nulla.

 

Harry la guardava ed altro non poteva fare. Viveva quei sogni, ma adesso.. anche adesso era un sogno? Anche il presente? Il passato? Tutto così reale pareva ai suoi occhi esploratori, troppo ciechi, troppo ignoranti di quale altra verità fosse nascosta dietro quella casa, dietro la bellezza folgorante di Lily Evans, e cosa celava davvero James Potter nell’ oscurità dei suoi occhiali da sole? Chissà perché non poteva neanche immaginarlo, tanto la risposta era lontana dal suo mondo, dalla sua concezione di reale.. troppo lontano anche da quel sogno, cadenza d’ inganno di un flauto che, come un eco, echeggiava fra le fronde di Godric Hollow, come un soffuso mormorio di un altro luogo che andava dissolvendosi dalle memorie nascoste dietro i rami di ciliegio, dietro l’ imponente struttura della Scuola di Magia e Stregoneria, dietro le risate argentine di ragazzi dai capelli rossi, dietro i capelli neri, gli occhi a mandorla, le labbra rosse, dietro il tempo d’ un amore perduto verso la libertà d’ una battaglia sofferente, che dolore recava anche alla nuda terra, vermiglia, e gli astri del mattino e della sera si vergognavano a posare i loro raggi mitigatrici sulle oscenità di quel mondo infame, culla e scrigno di tesori pregiati e segreti, nascosti nelle sue viscere: pergamente di piume di fenici che mai mano mortale hanno toccato, preservate dalla stoltezza di uomini nerovestiti che hanno perso il senno della loro follia, deformi, affamati di sangue che bevono avidamente dalle braccia scarne di quegl’ altri uomini, ignari, anch’ essi ciechi, senza scopo, senza ragioni e virtù perché seppur tanti su quel pianeta immenso, sono soli e questa è una delle tante verità di quel mondo, celate dietro le bugie inverosimili che tutti raccontano che bramano di pronunciare e che dalle loro bocche non riescono a prender voce, mute e solitarie.

 

Ed Harry continuava a guardarla, come se al mondo non esistesse nulla di più meraviglioso di quella donna; i suoi capelli ondeggiavano al ritmo dettato dal vento campagnolo che entrava di soqquatto della piccola stanza. Sentiva il fuoco ardere dentro di lei ma, in realtà, non poteva saperlo realmente perché quello era solo un sogno, mite e delicato, ed ormai Harry aveva imparato a riconoscerli nella loro semplicità di forme e dettagli, così ingenuamente stupendi.

 

La osservava ancora, ma più cercava di mettere a fuoco quella deliziosa apparizione sognante, più ella spariva, più diveniva sfocata fin quando la nebbia non calò fitta, ed il buio pervase nella profondità del sotterraneo..

 

*

 

Cho Chang era inpiedi dinanzi a lui, il cui volto non faceva trasparire nessuna vile emozione, e gli sorrideva. Il più bello dei sorrisi più gioiosi e amari che Harry avesse mai visto nascere sulle sue labbra scarlatte; perche gli sorrideva? Forse per il solo gusto di farlo, pensò. Ma c’era qualcos’ altro nella sua espressione, nel suo volto dannato assieme al suo: era .. paura ? O solo malinconia? O forse dolore? Ssofferenza? Odio? Nostalgia? Non seppe decifrarlo, né potè mai comprendere il significato di quello che egli un giorno avrebbe accolto dentro di sé come un ricordo della sua bellezza, per poi stiparlo in un remoto angolo della sua memoria.

Gli prese le mani, continuando a sorridergli, ed altro non faceva. Harry si sentì al sicuro fra le sue braccia, come in un altro mondo e la cosa più importante che lei era al suo fianco, e mai l’ avrebbe fatta andare via. La strinse a sé, ma cadde a terra, stranito. Chiuse gli occhi dal dolore alla gamba; quando li riaprì ella era al suo fianco in una lago di sangue…

-NOOOOOO!!!!-, urlò ancora forse per ore, forse per giorni, forse per anni, ma nessuno l’ avrebbe mai ascoltato, tranne il silenzio che mormorava piano nel suo orecchio.

 

*

 

-NOOOOO!!!!-

Si svegliò di soprassalto, rovesciando la boccetta d’ inchiostro sulla moquette viola. La fronte grondava di sudore, e la maglietta era anch’ essa impregnata d’ un odore stantio. Si guardò attorno: poteva essere sicuro di ciò che i suoi occhi vedevano? Oppure quello era solanto un’ altro sogno? Ora doveva solo fidarsi del suo istinto, e quello gli diceva era che poteva abbassare la guardia e tornare a dormire. Ma tornare a dormire equivaleva a sognare, e sognare equivaleva ad essere trasportato in ‘quell’ altra’ dimensione, lontana? Vicina? Chi poteva saperlo? Lui non di certo, e per adesso poteva solamente assopirsi sul cuscino, sperando in un sonno senza sogni.

 

 

 

To be continued...

 

 

 

NdA: I’M ALIVE!!! Sono v-i-v-a! Direte voi: ma quanto tempo c’ hai messo per scriverlo sto maledetto 2° capitolo? E io vi rispondo di andare a guardare un po’ gli aggiornamenti della fic di Ly.. No, dai siamo seri.

ME TORNATA DA UNA SETTIMANA DI VACANZAAA!! Eh, si. Il mio genio scrittore si è preso una settimana di completo ed assoluto relax in riva al mare, in uno splendido villaggio della Calabria, in cui anche i ragazzi erano splendidi.. em.. ma questa è un’ altra storia.. ^^.^^

In realtà questo capitolo doveva essere pubblicato tassativamente il venerdì prima della mia partenza ma, ahimè, sono riuscita a pubblicarlo sl su Fanfiction.it (Aargh!! Tradimento!! NdLettori-dell’ Erika fanfiction’s page) quindi chiedo umilmente venia..-.-”

Ed ora! Veniam a noi! Che ve ne pare? V’è piaciuto? Non v’è piaciuto? Fatemelo sapere con una mail all’ ormai famigerato indirisssso di posta elettronica (Ma và oggi sono buona e lo riscrivo Pan_z@inwind.it oppure recensendo quessttoo capitolo, okkay??

Ed ora passiamo a rispondere ai commentini bellii!!

 

Erika Fanfiction’s Page

 

Shinko aka Ryuko : odi Harry Potter ? O.o Bè deve ammettere che a volte fa delle scelte un po’ azzardate, e può apparire un bambino, ma cmq ognuno ha la propria opinione!^^

 

Io: em.. dunque.. non voglio fare la paternale a nessuno però non mi piace il fatto che tu abbia insultato Shinko anche perché quella è una sua opinione: non le piace Potter? A te piace? Avresti anche potuto dirglielo senza però aggredirla in quel modo. E darle della razzista poi! Non è una cosa da poco dare della razzista ad una persona.. -.- E cmq quello nn è un forum, ma l’ ‘angolo’ delle recensioni, delle critiche alla ‘mia’ storia, quindi ti pregherei (se vuoi continuare ancora a scrivere in quel luogo) di farmi delle critiche, dei complimenti(o:::O) ecc.. Va bene? ^__^

 

Hermione Granger: Ti ringrazio Hermione^^

 

Kiara: Kiarussa!! Tu sei troppo buona con me!! Sn o-no-ra-tis-si-ma di ricevere dei complimenti da un genio delle ff da te! <3 Gra$$$ieee!!! *Domani t’ invio i soldi..* em.. allora senti sapevo che tu e Eli state leggendo il libro di Hp.. bene, quando arrivate alla fine, mi raccomando, prepara una bacinella per le lacrime per la Eli (e anche per te-.-), e legala alla sedia, altrimenti fa una strage.. credimi.. ci sn rimasta io shokkata.. T_T Sigh.. povero ‘Sisu’ mio.. ç__ç (Chi ha orecchi per intendere intenda,,,) Spero mi dirai se i soldi ti sn arrivati.. em .. cioè^^ Spero che mi dirai se ti è piaciuto il chapterino e di a quella sfaticata di Eli di rispondere alle mail!! ^____^ (Intermediari,,.-.-)

 

 

Bene! Dopo aver appurato la mia ‘vitalità’ posso salutarvi, assicurandovi che il prossimo capitolo (Per farmi perdonare) arriverà in tempo record!! (IO ci provo!!^____^)

Ciaoo

Pan_z *Me famigerata^^*

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: Dalie nere ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

‘Dalia nera’ è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellory le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

 

 

Non vado in cerca di guai.

Di solito sono i guai che trovano me.

Harry Potter and

The Prisoner Of Azkaban

 

 

 

 

 

Capitolo 3:

Dalie nere

 

* * *

Al Draco Malfoy di

Senza Tregua

* * *

 

Quella mattina c’ era qualcosa di strano nell’ aria. Un aroma nauseabondo volteggiava per i lunghi corridoi di pietra dell’ enorme castello che, nelle notti d’ inverno, si amalgamava con le tenebre di ghiaccio, situato sulla collinetta di Rosemund Sprague. Aroma di sangue.

Decisamente quella mattina c’ era qualcosa di strano nell’ ambiente tetro dei sotterranei e dei passaggi segreti che rendevano quel luogo ancora più spettrale di quanto, in realtà, già non lo fosse.

 

Dei passi leggeri percorrevano il terreno ostile dell’ ambiente lugubre che però venivano amplificati dalla impressionante maestosità della casa in cui egli era cresciuto, solitario, schivo, senza amore, senza stelle a cui affidare i propri desideri nelle sere tempestose d’ autunno, in cui i fulmini abbattevano tutto il loro odio sui vetri delle finestre, così fragili, esili, senza una speranza di poter sopravvivere alla loro furia distruttiva. Egli non aveva speranza. Non l’ aveva mai avuta, e questo era l’ unico ricordo della sua tumultuosa infanzia, scagliata sulla nave delle reminescenze taglienti come spade di coltelli, ledenti nella carne, allontanatasi dal porto verso una mèta sconosciuta.

 

Lasciò oscillare le braccia lungo i fianchi fino a quando si bloccò sull’ uscio della porta di legno massiccio. L’ aprì quasi inconsapevolmente. La luce del giorno inondava l’ ampio salone, pullulante di piccoli elfi domestici. Arricciò il naso. Il tanfo gli penetrò nel setto nasale, facendolo boccheggiare. Portò le mani in avanti nella ricerca disperata della porta finestra del giardino.

La spalancò facendo sbattere le ante contro le grosse librerie di ferro accatastate contro le pareti bianche come l’ avorio. Odiava quel colore.. sciapo, inespressivo.. neutrale. D’ altronde, si disse, la sua vita era assolutamente neutrale. Priva d’ espressione, perché egli era privo di sentimenti.. Di ghiaccio era il suo cuore.. eppure se  qualcuno avesse provato ad avvicinarsi si sarebbe reso conto che non era poi tanto freddo..

 

Ed invece lui era lì, e gli altri non c’ erano, non esistevano. Lui senza scopi, vuoto dentro, d’ una bellezza abbagliante come il sole d’ estate, stagione della sua nascita, e sua morte, avvolta nelle tenebre del letto a baldacchino, leggera brezza portatrice di libertà.. una libertà che più non esisteva..

Sospirò. Il grande tavolo rotondo era imbastito di ogni prelibatezza, ma più le osservava, e più il suo stomaco continuava a disprezzarle perché non erano il frutto dell’ amore di una madre per il proprio figlio, ma dell’ obbligo degli schiavi verso il proprio padrone. Tutto così monotono..

 

-Signorino Malfoy la colazione è pronta in tavola! Si sieda signorino Malfoy!- Il piccolo elfo domestico lo guardò nel profondo dei suoi occhi azzurri. Draco non lo degnò di sguardo e di parola, troppo incapace di provare quei sentimenti umani che non gli appartenevano.

Lo scaraventò in un angolo, colpendolo senza pietà, perché lui non aveva mai avuto pietà.. da nessuno.. neanche da se stesso..

Forse avrebbe potuto accontentare il piccolo elfo domestico, per una volta avrebbe potuto non essere un Malfoy, ma semplicemente Draco; se soltanto quel Draco fosse esistito ancora, l’ avrebbe fatto. Ed invece non esisteva più un Draco e, in fondo, non esisteva neanche più un Malfoy, ideale malsano di giustizia, potere e libertà ottenuti squoiando i cuori della gente, disgregando il loro orgoglio per ottenere la pace interiore.. la pace di un assassino. Ma un assassino potrà mai essere in pace con la propria coscienza? A chiunque che gliel’ avrebbe chiesto, Draco avrebbe denigrato quella domanda con un semplice no, negato alla propria memoria.

 

Il sole d’ estate baciò dolcemente la riva del torrente, bagnando di giovinezza i poccoli germogli di rose rosse, così pertinenti in quel luogo, adatte al colore del sangue invisibile che riempiva l’ aria di tristezza e malinconia ma Draco non se ne accorse, troppo guardingo, troppo serio, troppo malato d’ odio, troppo assetato di vendetta nei suoi occhi dai colori rossastri per potersi accorgere del linguaggio raffinato della natura, eco soffuso di un passato lontano che le menti degli uomini hanno già dimenticato, ma che il cielo, i torrenti, le erbette di primavera raccolgono dentro di sé, melodia dalle note sconosciute che solo il cuore può far divenire parole da gridare all’ umanità corrotta, pagata per mantenere un silenzio che non è proprio delle loro anime, sofferenti, doloranti nell’ essenza della loro esistenza, priva di gioia, di entusiasmo, di carità, di sentimento, colma del nulla oscuro, quello che non possono vedere, né toccare perché invisibile.. eppure così vivo dentro di loro, troppo ciechi per poter capire, per poter intendere le loro antiche volontà, sotterrate nei feretri in cimiteri lontani ove nessuno potrà mettere piede, esprimer Verbo. Significherebbe infangare la memoria del passato.

Ma un passato Draco non l’ aveva più. Era stato privato dei ricordi che tanto male gli recavano, ingnorante di verità, punto fermo attorno a cui gira il Mondo dai colori del sangue, dell’ astio, del dolore, senza senso, senza scopo, incapace di reagire, di sconfiggere il proprio destino e molte volte egli si chiese se fosse stato destino quel suo presente. Se fosse stato destino quell’ incontro da cui dipese tutta la sua vita, in cui il suo futuro venne scritto e poi non ci fu più niente per cui ridere, per cui piangere, per cui amare, per cui continuare a lottare contro un nemico invisibile senza volontà di libertà, ormai rassegnati a ciò che le loro menti, in tempi passati, avevano già veduto senza però volerci credere, ancora accecati da false illusioni contraddittorie, schermaglie di bugie per un ‘fine di bene’ quando invece il male perveniva anche quei fini, senza scopi.

 

Quello era il suo destino, pensò, e non poteva fare altro che continuare a guardare il teschio e il seprente verdeggiante impressi sul suo polso, anch’ essi senza un perché preciso ed una risposta ed un enigma, precisamente con un significato, o forse non significavano e basta. Erano solo altre domande senza risposta, figure allegoriche di un seicento di guerriglie e combattimenti privi di un mezzo che ne possa giustificare un fine inesistente.. un’ altra mera bugia..

Ignorava il passato, colmo di tradimenti, il presente annebbiato dalle bugie. Poteva essere certo solo del futuro che si disegnava ora dopo ora dinanzi i suoi occhi. La morte che gli alitava nell’ incavo del collo, freddo e trasgressivo, e il dolore lo colpiva inerme nelle braccia, e la vista diveniva nera.. d’ un nero rabbia, indolore per l’ anima già trapassata. Ed è il fiore nero che l’ attirò in quel gioco mortale, trappola del ragno, filata nel tempo delle Ere. Labirinto.

 

L’ odore acre gli perforò ancora una volta la cavità nasale. Non poteva più resistere. Sapeva qual era il futuro: non sarebbe riuscito a divincolarsi dalla tela del ragno. Il padrone delle Dalie nere lo stava aspettando.

 

 

 

 

To be continued...

 

 

 

 

NdA: e in un tempo record vi appioppo questo nuovo capitolo tutto  ‘made in Draco Malfoy’. Inizialmente avevo intenzione di allungarlo un’ altro po’, per esempio ficcandoci dentro Harry, ma poi ho ritenuto meglio andare piano. Ogni cosa al suo tempo, come direbbe una persona di mia conoscenza..

Allora, cosa ve ne pare? Rivoltante? Orrbile? A dir poco schifoso, senza senso, senza fine ecc..? Ditemelo, fatemelo sapere con una mail a Pan_z@inwind.it oppure semplicemente recensendo!^^ Mi fareste tanto piacere!^.^

Ed ora i ringraziamenti:

-Alla _Ly_, mia grande maestra di fanfiction, a cui voglio un mondo di bene e che mi ha resa la ragazza più felice della terra aggiornando What about Lily&James in brevissimo tempo! (Cosa che succede di rado.. nevvero Ly?-.-) (Ehm.. NdLy)

-A Kiara, che ogni volta mi sommerge di complimenti!^.^

ARGHHH!!! *Me sbadata* ho dimenticato l’ altra volta di ringraziare Myricae. Scuusamii! Sai com’ è.. è il caldo che comincia a darmi alla testa.. (E non solo quello.. NdLettori) Cmq, grazie mille per i complimenti (Ti ci metti anche te a farmi montare, eh?) ! Spero che mi dirai se anche questa volta ti sono piaciuta!^__^ *Me megalomane* uh uh..

Ehhh, ragassuoli. Sono tornata dalle vacanze un po’ giù.. T_T cn il cuore a pezzi.. sooobbbb!! Me tanto tristeee!! E così passo le mattinate a scrivere, scrivere e scrivere (Per nostra sfortuna..-.- NdLettori) (seeee! Parlate voi! E io cosa dovrei dire? Mi ha fatto diventare un MANGIAMORTE! NdDraco) (-__- Non ti lamentare Malfoy.. non sai cosa mi combinerà in seguito questa pazza.. NdHarry) (Parlate comodamente! Io non ci sono, eh?? N mia) (Già, Potter, che ne dici se la facciamo sparire? NdDraco *evil grin*) (mm.. si, sn d’ accordo con te, Malfoy NdHarry) (Ehm.. ragazzi.. non facciamo scherzi.. /Me deglutisce/Me chiude gli occhi/ Me si gira/ Me viene schiantata)

Bene, bene.. e adesso ho il pieno controllo del computer.. sghsgh..(Ehi, Malfoy! C sn anch’ io, eh? NdHarry) Taci Potter! Ed ora vediamo di rispondere ai commenti dei lettori. /Malfoy cerca le pergamene/Malfoy non le trova/ Malfoy scaraventa il computer contro la finestra/ Harry lo salva appena in tempo/

Calmati, Malfoy, non facciamo scherzi sennò ci tocca anche pagarglielo all’ autrice ‘sto bidone di computer! (Bidone a chi?? Ndcomputer) O.O Adesso anche i computer parlano?? (Non c’ è più religione.. NdDraco) Hai ragione, Draco.. (Ehi! Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi Draco?? Per te sono e rimarrò solo un Malfoy, sudicio babbanofilo!Chiaro? NdDraco)Eppure in ‘Nebbie della memoria’ lo faccio, e anche in ‘La reincarnazione’ e se non ricordo male in quella fic t’ innamori di Ginny Wealsey..sghsgh.. o sbaglio? *evil grin* (C-chi?! I-io? M-ma.. n-noo!! NdDraco) E invece si! (Noo!! NdDraco) Si! (No! NdDraco) Si si si!! (No no no!! NdDraco) BASTAAAAAAA!!! STUPEFICIUMM!! Oh, finalmente ho ripreso possesso del computer! Fiuuuu!!

Ed ora rispondiamo alle recensioni:

 

-Cloe: Mi rammarica che tu non ci abbia capito granchè! Ma, se fai attenzione, Harry nel primo capitolo dice che non riesce più a distinguere la realtà dal sogno.. quindi.. penso che debba trarre le conclusioni, no? Spero che questo cap ti piaccia!

 

-Alexis: Anche a te dico di fare attenzione a ciò che Harry dice nel primo cap, ciò che nn riconosce più il vero dal sogno. No, in questo cap non ho spiegato nulla su ciò che era successo al nostro eroe. Spero che, però, ti sia piaciuto il modo in cui ho descritto la ‘situazione’ di Draco.

 

-Erika: me ne sono accorta solo ora! Ho corretto però, eh? Ti ringrazio per aver sistemato l’ html. Arigatou

 

Ragassuoli belli cosa vi devo dire di più? Solo recensite e vi beccate un bacione da una ragazza favolosa (Che non sono io.. da chiarire N mia-.-) (E chi è? NdLettori) (Caliamo un velo pietoso, và che è meglio N mia)

Al prossimo capitolo

Pan_z

 

 

P.s. : il mio cuore trabocca di gioia! La Juventus ha vinto la super coppa italiana! ^_______________^ Forza Juve alee  alee!!

 

P.s.s. : O.O  orrore degli orrori! Non sono degna maghetta di terrore-____-“ Solo ora mi sono accorta che ho sbagliato per ben 3!, volte a scrivere il titolo in inglese di ‘Tutto è fatidico’. Non è ‘Something’s Eventual’ ma, bensì, ‘Everything’s Eventual’. T__T Me si vergogna. Ma adesso è corretto, no? ^.^

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Prospettive ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

‘Dalia nera’ è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellroy le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

 

Non condivido la tua opinione,

ma darei la vita per fartela esprimere.

Voltaire

 

 

 

Capitolo 4:

Prospettive

 

* * *

‘The one who’ ll

make us go mmm..’

Michael Vartan

* * *

 

Aprì le ante dell’ armadio. L’ odore stantio di muffa lo investì in pieno. Le richiuse velocemente ricacciando la testa fuori dalla finestra. Magnolia Crescent era a pochi isolati dalla casa, il numero 8 di Privet Drive,  quartiere ormai deserto, incredibilmente silenzioso da quando anche i Dursley avevano messo in moto la ‘Chevy’ ed erano partiti in direzione del sole la mattina del ventisette Luglio, calda e afosa, monotona, come le precedenti giornate estive.

 

Con il portabagagli pieno e l’ aria condizionata a manetta, scaricarono Harry dinanzi la porta d’ ingresso dell’ abitazione della vecchia e mingherlina signora Figg. Seguì con sguardo implorante la Dursley-mobile, quasi sperando che si fermasse e tornasse indietro per salvarlo dall’ orribile puzzo di cavolo bollito e di cibo per gatti. Vane speranze, rammendò a se stesso prima di essere afferrato dalle mani ossute della sua tutelante, ed essere spinto nel salotto.

 

Scosse la testa. Tutte le buone intenzioni che erano maturate in lui nell’ attesa della partenza degli zii,  sfumarono come le nuvole al tramonto.

Il gatto Sullivan salì con un’ abile salto sul davanzale della piccola cameretta che gli era stata assegnata eppure, si disse,  in quella casa le stanze non mancavano di certo! Dall’ esterno l’ avrebbe giudicata una graziosa casetta di periferia, ma lo stupore lo colse non appena vi mise piede all’ interno. Gatti di ogni specie e colore correvano di qua e di là nell’ immenso corridoio colore del mare che pareva non avere fine. La cucina poteva essere almeno il doppio del salotto dei Dursley ed i pianerottoli almeno il quintuplo. Giganteschi.

 

Carezzò la testa del vecchio e mansueto Sully  che gorgogliava soffusamente. Il cielo amaranto stava mutando nei colori cupi della notte del trenta Luglio, la vigilia del suo compleanno.. il diciassettesimo.. ma quanta scarsa considerazione aveva per loro! D’ altronde non li aveva mai festeggiati. L’ unica consolazione che gli rimaneva erano i paurosi doni di Hagrid, il custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts, e dei suoi amici.. gli unici, per la verità, che non lo considerassero il ‘bambino sopravvissuto’, il ‘magnifico Potter’ della situzione. Solamente Harry. Uno come loro. Un mago giunto al suo ultimo traguardo, al capolinea dei suoi studi,  e poi.. poi cosa sarebbe accaduto? Sarebbe accaduto qualcosa? Oppure Voldemort l’ avrebbe ucciso prima di riuscire in una smaterializzazione? Fatidico?  Ancora una volta non poteva saperlo, né la sua cicatrice l’ avrebbe potuto avvertire se Voldemort gli avesse piantato un coltello fra le costole perché adesso era invulnerabile e lui.. lui era senza protezione alcuna, disarmato. Tuttavia erano uguali, come era disarmato lui, lo era anche Voldermort, con quegli occhi rossi di sangue, e quelle mani di ghiaccio. Perfino la pelle di un morto sarebbe stata più calda... Ma lui era vivo. Vivo dentro di lui, nel mondo che omette la sua vittoria, troppo orgoglioso per cedere.. troppo in dubbio, troppo nel nulla. E lui dov’ era? Dov’ era Harry Potter in quel mondo? Egli non c’ era, intrappolato in chissà quale limbo dimenticato dalle memorie umane perché lui non era più umano. Era una chimera, un’ illusione persa nei propri pensieri di uomo, di mago, di orfano. Uno come tanti. Uno come nessuno.

 

*

 

La tazza di latte e cerali puzzava incredibilmente di cavolo fritto. L’ allontanò, e storse il naso. La vecchia Figg lo guardò inespressiva.

<< Cosa c’è? La colazione non è di gusto al ‘magnifico Potter’? >> , disse acida

Harry allargò gli occhi. Erano passati ormai quattro giorni da quando i Dursley l’ avevano ‘gentilmente’ scaricato dinanzi la porta d’ ingresso della vicina ed il latte, cereali e cavolo fritto non era mai mancato sul tavolo della colazione ma, la vecchia zitella non aveva mai dato segni di risentimento nei suoi confronti –forse perché la vista non era più quella d’ un tempo-. E quella mattina, invece, lo fece sbiancare dalla paura.

Le voci più strane circolavano per  tutto il quartiere sull’ oscura e tetra ‘Casa Figg’, sugli urli strazianti che provenivano dall’ interno. Lo stesso Dudley giurò di aver visto del fumo violaceo uscire dalla cappa del camino, ma, si disse Harry, il cugino era davvero un mago nel far bere ai propri genitori le bugie più inverosimili. (-_- Duddy mi ricorda mio fratello..chissà perché..-.-NdA)

<< Oh, no signora Figg! La c-colazione è.. molto buona, ma non ho molta fame >> , mentì.

Lo guardò sottecchi. Per un momento avrebbe potuto paragonarla ad un gatto. << Va bene, signor Potter, visto che è oggi è il suo compleanno chiuderò un occhio. Ma che non si ripetà più! Sono stata chiara.. >> , addolcì impercettibilmente il tono di voce<< Harry? >> . Per la prima volta da quando aveva messo piede in quella casa, la malandata Arabella gli sorrise.

<< G-grazie. Ma come..? >>

<< Come faccio a sapere che è il tuo compleanno? >> , lo interruppe. Harry annuì. << Ragazzo, ti conosco meglio di quanto tu non possa immaginare. >> Inarcò un sopracciglio << Ed ora fuori di qui! Non posso certo perdere una giornata dietro ad un diciassettenne! >>

Non le disse niente, la ringraziò mentalmente, ricordandosi di smentire le cattiverie che aveva sentito sul suo conto, e corse nella sua camera. Arabella lo seguì con lo sguardo, sorridendo. Poi tornò alle sue faccende. Normalmente.

 

*

 

Un piccolo gufo trotterellava sulla sua mano. Legata alla piccola zampa vi era una voluminosa lettera e un pacchetto di minute dimensioni.

<< Leo! >>

Il gufo della famiglia Weasley gli beccò allegramente un polpastrello. Harry lo liberò immediatamente dal fardello, davvero troppo grande per lui. Ricrdava bene in         quali circostanze Leo diventò il gufo di Ron.. un regalo di Sirius al terzo anno.. la Firebolt rinchiusa nel baule in cantina.. quanta nostalgia del Quidditch, della sensazione del vento che ti lima il volto, del Boccino d’ oro, così importante.. solo allora si rese conto di quanto la vita di mago gli mancasse..

 

Strappò violentemente la busta bianca sigillata con lo stemma dei Weasley, la talpa rossa, ansioso di leggerne il contenuto.

 

Caro Harry,

    io e Hermione ti auguriamo ‘Buon compleanno’! Forse ti chiederai cosa ci faccia Hermione da  me, ma è una lunga storia. Speriamo che tu stia bene. Herm passerà il resto dell’ estate alla Tana. Non che io ne sia entusiasta, figuriamoci! Il nemico che dormirà sotto il ‘mio’ tetto! Ma, non ho potuto dire di no a Silente..

    Ron! Ciao Harry, sai com’ è fatto il tuo ‘carissimo’ amico, e visto che lo conosco anch’ io non so come farò a passare un altro mese con questo.. questo DIAVOLO! Ci farebbe piacere se ci fossi anche tu con noi. Non penso che i tuoi zii facciano troppe storie. Diamine! Hai diciassette anni ed una vita! Ti prego Harry!

    Sempre gentile, eh Hermione? Comunque, Harry, ci farebbe piacere se ci venissi a trovare. Potremmo andarcene.. al mare! Si, al mare! Sarebbe divertente. Non lo pensi anche tu?

    Manda Leo con la risposta.

 

   Non farti mettere sotto dai Babbani!

 

Tuoi amici

 

Ron e Hermione

 

 

P.s. Abbiamo pensato a spedirti un piccolo regalo, nel caso dovessi.. dimenticarti di noi!  Hermione.

P.s.s. Charlie e Bill sono tornati a casa! Ed anche George e Fred! Sarà uno spasso! Ah, dimenticavo! Ginny si è presa una cotta per te. Herm ne ha le tasche piene di sentire pensieri dolci su ‘ il bellissimo Harry ’!  Ron

 

 

Ripose la lettera sul letto e prese a scartare delicatamente il pacchetto di carta argentata. Un ’ esclamazione di stupore gli sfuggì dalla bocca.

<< Oh, Ron, Hermione! >>

Due ragazzi lo salutavano animatamente, facendogli l’ occhiolino. La foto  ritraeva il diciassettenne Ronald Weasley con la maglietta scarlatta della squadra del Grifondoro ed i capelli rosso fiamma ribelli. Hermione Granger indossava la divisa nera di Hogwarts che metteva in evidenza i colori vivaci della loro Casa, ed i capelli ramati le ricadevano dolcemente sulle spalle. Un paio d’ occhiali squadrati scendevano autonomamente sul naso dritto, perfetto. Rise scompostamente. Era passato poco più di un mese da quando l’ Hogwarts Express li aveva riportati alla stazione di King’ s Cross e li aveva visti allontanarsi nei meandri  della Londra magica, eppure erano così.. diversi! Ridacchiò ancora ma gli bastava gettare anche una furtiva occhiata sulle guance purpuree di Ron e sui maldestri occhiali di Hermione per scoppiare nuovamente in una fragorosa risata. Quindi decise di riporre la foto e la lettera in un cassetto della vecchia scrivania di legno.

 

Estrasse una pergamena dal libro di Difesa Contro le Arti Oscure. Intinse la penna d’ oca nella boccetta d’ inchiostro magico e scribbacchiò una risposta per i suoi amici:

 

Cari Ron e Hermione,

    Vi ringrazio per il magnifico regalo che mi avete spedito! In tutta franchezza eravate.. davvero buffi in quella foto! E da quando, Herm, porti gli occhiali?E come  mai sei alla Tana? Vorrei raggiungervi, ma i miei zii mi hanno scaricato dalla vicina, e non posso muovermi fino al loro ritorno. Di certo non posso chiederle  se  <>!

    Non sapete quanta voglia ho di lasciare questo buco, assolato e afoso, che è Privet Drive e godermi quel che resta di queste  ‘ strazianti ’ vacanze lì con voi, magari  sgranchendomi  le  dita delle  mani afferrando qualche Boccino con Charlie e Bill!

   Sarebbe  meraviglioso se non fossi costretto qui  fino alla fine del mese. Spero di riuscire a sgattaiolare fuori per raggiungere il Paiolo Magico ed andare a comprare i libri per il prossimo anno. Potremmo incontrarci lì .                                                          Vi farò sapere presto.

 

Vostro

Harry

 

 

P.s. Sul serio Ginny si è presa una cotta per me?

 

 

Legò la lettera alla zampetta di Leo che lo salutò beccandogli affettuosamente il palmo della mano e partì alla volta di Casa Weasley.

Spostò lo sguardo sul fulgido gufo che era atterrato sul suo letto con un silenzioso PUFF e che lo scrutava con i suoi occhi penetranti, probabilmente in attesa che Harry lo pagasse. Slegò la missiva dalla zampa arcuata dell’ animale che lo beccò contrariato.

<< Ahi! >>

Dal secondo cassetto in basso della scrivania estrasse un sacchetto in cui erano contenuti alcuni Zellini e alcune Falci – le valute magiche-. Prese due zellini e glieli porse cautamente. Il gufo li prese e, spalancando le ali nere, prese il volo per chissà quale mèta sconosciuta.

 

La busta recava lo stendardo di Hogwarts.

 

Caro signor Potter,

   Ci pregiamo di informarLa che il nuovo anno scolastico comincerà il primo settembre.  L’ Hogwarts Express partirà dalla stazione di King’ s Cross, binario nove e tre quarti, alle undici in punto.

   Come lei saprà, gli studenti dal terzo anno in su hanno il permesso di visitare il villaggio di Hogsmeade in alcuni finesettimana stabiliti.

   Allego la lista dei libri di testo per il prossimo anno.

    Cordialmente

 

Professore  S. Piton

Vicepreside

 

 

Gettò uno sgardo disgustato misto a stupore sulla firma tutta fronzoli del professore di Pozioni. Nessun accenno di auguri, ma Harry  avrebbe dovuto aspettarselo da quando la professoressa McGranitt era stata uccisa l’ anno precedente.. anche lei.. colpita dalla maledizione Senza Perdono per eccellenza.. l’ Avada Kevadra.. da lui.. dal male, dall’ odio fatto persona. Da colui la cui esistenza il Ministero della Magia si ostina ad ignorare. Pazzi.

Avrebbe anche dovuto apsettarsi la nomina di Piton a Vicepreside. Mangiamorte, spia, abile nella preparazione di Pozioni, eppure fedele a Silente. E se Silente si fidava di quell’ uomo, l’ avrebbe fatto anche lui. Nel bene e nel male. Eppure già sapeva che l ’ ultimo anno a Hogwarts sarebbe stato un inferno. Fiamme e disperazione. La sua vita non era altro. Se solo avesse potuto vivere in un piccolo Eden, allora avrebbe potuto affrontare l’ Inferno. Forse.

 

Accantonò la lettera di Hogwarts nel cestino e mise da parte la lista dei libri. Un’ altra pergamena recava il marchio della Scuola di Magia e Stregoneria più famosa del Mondo.

<< Hagrid? >>

Aprì con mano tremante la busta bianca. Aveva paura? Paura che in quella lettera gli venisse detto che Hagrid non sarebbe più tornato dal suo viaggio? Si.

A lettere cubitali, il biglietto recava scritto:

 

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

Direttore: Albus Silente

 

(Ordine di  Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei  Maghi)

 

Buon compleanno Harry!

    Come avrai certamente notato il nostro nuovo Vicepreside è il professor Severus Piton dopo la grave perdita della professoressa di Trasfigurazione.

    Il professor Piton, come avrai già intuito, non si unisce con me nell’ augurarti i migliori diciassette anni della tua vita, ma so che ne sarebbe ugualmente felice ( <>, commentò aspramente).  E so anche che il nostro caro Guardiacaccia Hagrid ne sarebbe orgoglioso, Harry!

    Ci rivedremo il primo di settembre. Nel frattanto ti auguro di passare buone vacanze, e ti raccomando di tollerare il variabile umore della cara Arabella Figg!

   

Con ossequi

Albus Silente

Preside

  

Non si sorprese del fatto che sapesse del suo trasferimento dalla vicina. Albus Silente sapeva tutto di tutti.

 

*

 

A qualche miglia di distanza, Albus Silente rise di gusto dei pensieri veritieri del ragazzo.

‘.. tutto di tutti..’

<< Centrato in pieno, Harry! >>

Era da tempo che non riusciva più a ridere di gusto. Eppure vedere quei giovani maghi arrivare intimoriti dinanzi la maestosa struttura di Hogwarts, e poi vederli crescere, di giorno in giorno, lo metteva di buonumore. C’ era così tanto bisogno d’ un po’ di gioia in quel Mondo così diverso da quello che la mente del canuto preside ricordava, con i prati bagnati di rugiada, i roseti in fiore, il grano selvaggio d’ estate. Ora cosa c’ era? C’ erano campi aridi,  c’ erano boccioli di rosa privati del proprio stelo. C’ erano prati bruciati dalle fiamme e c’ erano uomini in nero. C’ era il male, e tutto intorno a lui non esisteva più. Il soffio gelido della morte.

 

Sentì bussare alla porta.

<< Entra, Severus >> , disse già sapendo chi si sarebbe trovato dinanzi gli occhi. Nella penobra fece capolino una figura incappucciata, nerovestita. Una della sua schiera di servi.

<< Albus >> , gli rispose togliendosi il cappuccio dalla testa, lasciando inerme la cicatrice che gli attraversava metà volto.

<< Amico mio, cosa ti turba? >> , gli chiese, quasi ingenuamente, già sapendo quale sarebbe stato il suo turbamento.

Saverus sbattè un pugno sulla grande scrivania di legno. << Lo sai cosa mi turba, Albus! >> , gli gridò. << Mi turba questa situazione. Mi turba questa scuola! Mi turba il futuro dei nostri allievi, danazione! Voldemort ci ha già attaccati una volta e non esiterà a farlo di nuovo! Le nostre Case contano già troppe assenze, troppe lacune. >> Scaricò tutta la rabbia piantandosi le unghie nella carne.

<< Ora calmati, Severus.. >> ,  gli disse in tono calmo e pacato. Non avrebbe perso la pazienza. Non con lui. Né con nessun altro.

<< No che non mi calmo! Lui vuole Potter! E non esiterà a massacrare l’ intera popolazione scolastica di Hogwarts per riuscire nel suo intento! È potente, Silente, troppo potente. Ha un corpo, ha di nuovo i suoi ricordi! >> . Silente lo guardò interrogativamente. << Cosa intedi dire? >>

<< Dico che il diario di Riddle è in suo possesso ed ora i ricordi dell’ altro se stesso sono nelle sue mani. Accettiamo la realtà, Albus. Abbiamo perso, hai perso questa battaglia e se vogliamo salvaguardare la vita di Harry, lui più di chiunque altro quest’ anno non deve mettere piede a Hogwarts! >> . Abbassò il capo, respirando affannosamente. Sperò che il preside avesse prestato ascolto alle sue parole. << Severus, noi non abbiamo perso. Forse io non sono stato in grado di proteggere i miei studenti, ma loro.. si, Severus, loro.. Harry, il signor Weasley, la signorina Granger. I nostri giovani maghi che noi abbiamo osservato ed istruito per sette lunghi anni. Sono loro la nostra unica speranza. Loro non hanno perso ma non hanno nemmeno vinto. Sono state delle vittime, ancora troppo inesperti per affrontare dei Mangiamorte o dei Dissennatori >> , lo guardò fugacemente. << Ed allora noi dobbiamo renderli capaci di affrontarli. È nostro dovere, amico mio, riuscire a salvarli >>

Si alzò dalla poltrona scarlatta e posò una mano sulla spalla sanguinante del professore di Pozioni. Piton sapeva che non l’ avrebbe mai ascoltato. Ma egli aveva ascoltato Voldemort, e i suoi progetti, le invasioni a Hogwarts. Non ce l’ avrebbero mai fatta ad istruire ciascun diciassettenne della scuola per fronteggiare quei mostri e le loro maledizioni. Scosse la testa. << Non ce la faremo, Albus, e tu lo sai. Ma hai fiducia. Nei tuoi allievi, in Potter.. ed allora cercherò di avere fiducia anch’ io in quel ragazzo. Mi fido di te, Silente >> . Il canuto preside gli sorrise. << Lo so, Severus. Ed ora va da Madama Chips in infermeria. Ti striglierà ben bene! >> . Severus Piton abbozzò un sorriso tirato, forse per non accentuare la profondità della sua cicatrice.  Inchinò leggermente la testa ed uscì in direzione dell’ Infermeria.

Alle sue spalle, il sorriso che Albus Silente aveva disegnato sulle labbra purpuree, si spense trasformandosi in un sospiro. Ma non di sollievo. Un sospiro di malinconia, intriso di nostalgia. Nostalgia per un tempo passato, per persone andate via, per una vita che mai sarebbe tornata ad essere quella di prima. Eppure il sole sorgeva puntuale ogni mattina, e la luna al crepuscolo ne prendeva il posto. Seppur monotona, l ’ esistenza del mondo continuava e, se ci fosse stata ancora speranza, sicuramente sarebbe stata migliore.

<< Ce la faremo, Severus.. ce la faremo.. >>

Le parole si dissolsero nell’ aria intrisa di sangue del castello di Hogwarts.

 

*

 

La ferita continuava a sanguinare, ma non poteva più provare dolore. Si era lasciato alle spalle il confine della sofferenza. Ora riusciva solo ad odiare. Ed odiava Lord Voldemort, odiava se stesso per essere stato persuaso dalle sue invitanti parole alla veneranda età di diciassette anni. Anche Potter era diciassettenne, e non avrebbe mai permesso a.. quel demonio di portarlo sulla sua strada. MAI! Forse aveva odiato James Potter, per i suoi gesti, per le sue parole..

Sei uno schifoso Mangiamorte, Piton!

 

Riecheggiavano ancora nella sua mente. E quello sguardo disgustato era impresso nella sua memoria.. un marchio indelebile. Potter aveva dannatamente ragione, eppure continuò ad odiarlo, anche il giorno della sua morte. Anche quando abbandonò un fiore sulla sua lapide di marmo. Lo denigrò per la sua imprudenza, e per quel suo figlio, e per quella donna.. Lily.. toccata dalle fiamme dell’ Inferno.. non avrebbe mai dovuto sposarla.. non avrebbe mai dovuto portarla via da Voldemort, scatenandone l’ ira.

<< Stupido Potter! >> . Imprecò contro di lui ancora e ancora e ancora. Ed ancora imprecò contro se stesso perché era un Mangiamorte ed avrebbe dovuto ucciderli.. ma lo fece il suo Signore.. e tutto cambiò. Tutto sbagliato il loro destino, fatidico, inevitabile?

 

Mi fai pena, Severus.

 

Gli disse solo questo la rossa Lily Evans. E gli regalò uno sguardo enigmatico. Non seppe mai interpretarlo. Lei sapeva.. sapeva tante verità e alla fine non seppe credere. Seppe fingere, e questa verità fu la sua morte.

Forse Silente aveva ragione. Forse ce l’ avrebbero fatta; avrebbero istruito i maghi come degli auror. Forse avrebbero vinto. Forse. Per adesso erano reduci da una sconfitta. Lui, la scuola, il Preside. Ed il Mondo era ancora in battaglia, senza via di fuga.. senza tregua..

Alzò il cappuccio sulla testa. Era un Mangiamorte, una spia ed un traditore e le sue vesti odoravano di sconfitta.

Erano stati sconfitti. Avevano perso, quella era la realtà.

 

Togliti di mezzo, Piton!

 

Forse era giunto il momento della ritirata.

Spalancò il portone d’ ingresso e sparì nella notte.

 

 

 

To be continued…

 

 

 

NdA: Eeeeee!! A grande richiesta (Ma che dico?! O.O) rieccomi qui con questo capitolo scritto in tempo da guinnes dei primati!! (Ma vieniiii!! Em.. scusate..^-^) Avete visto?Mi sto facendo perdonare per il ritardo avuto per pubblicare il secondo capitolo. Eh? Non sono brava? ^__^ (A scrivere non credo… NdLettore) Emmmm lasciamo stare! Di sicuro sono moolto più puntuale di una certa persona che sta scrivendo What about Lily&James (Evans ti odiooo!!). (-____- NdLy) (E no, Lyussa cara, almeno queesto concedimelo!^^ Me cattivaaa!!)

Cmq, non vi lamentate! Pensate a me che se ne sta dodici ore su ventiquattro incollata allo schermo del computer per cercare di finire i capitoli nei limiti di un ritardo che non sia catastrofico, con la musica a palla (W Mozart!! Em.. ok.. mia utopia per la musica classica) ed il ventilatore ad un centimetro dalla mia faccia. (E ci credo con il caldo che fa in questo schifo di città che prima mi nevica il 21 di Marzo e poi mi fa crepare il 20 di Maggio!! L’ ho sempre detto che me ne devo andare da questo buco…che aggrava anche la mia infermità mentale.. –DRIIN- ah, deve essere la Neuro…-.-)

Ma veniamo a noi! Ditemi! Vi è piaciuto? Non vi è piaciuto? Fatemelo sapere con una mail al mio famigerato (no, no.. leggendario.. NdZorro) indirizzo di posta elettronica che le mie dita si rifiutano di scrivere oppure recensendo anche questo strazio.. em cioè volevo dire capitolo!^^

Ed ora rispondiamo ai commentini belli che riempiono il mio cuore di gioia!! ^^___^^

-Cloe: Sono felice che tu ci abbia capito qualcosina in più. Comunque, più andrò avanti con i capitoli,  il nodo arriverà al pettine… uhauha.. me malvagia. Sono contenta che il cap delle Dalie nere ti sia piaciuto,  e sinceramente io l ‘ ho sempre visto un Malfoy Mangiamorte..^^

 

-Shinko aka Ryuko:  ^___^ eehhh lo sapevo che ti sarebbe piaciuto!^^ Per chissà quale oscuro motivo, eh Shinko?eh eh.. spero che rimarrai senza parole anche per questo capitolo!^^ (Però la recensione me la fai lo stesso, vero? *Me profittatrice*)

 

-Eli e Kiara: ohhh le mie commentatrici preferite! (Domani v’ invio i soldi.. *Me versione ‘boss’*) Voi siete troppo buone con me, ve lo dico sempre, e voi mi riempite sempre di frasi mielate e zuccherine (ah-a! Attentato all’ autrice!). Forse è vero che ero drogata.. in fondo lo sono sempre.. pazza e drogata.. ormai la neuro ha alzato la bandiera bianca! Che ci volete fare? Me si fa sempre più cattiva.. uh hu.. il povero piccolo tesorino della Paan! Harryuccio mio!! Eh eh.. saprete.. saprete.. uh uh.. Ma paragonarmi al grande King-sensei! Questo è il colmo! Per quanto ne sia onorata, non potrò mai mettermi al confronto con il grande maestro!!^_____^ Che ve ne pare di questo chap? Spero che vi piaccia!^^ Reensite sempre,. Eh? :))))

 

-Voldi weasley: Un altro che m ’ imbastisce di caramelle!^^ Cmq grazie! Spero che questo cap ti piaccia!

 

Ed ora, cosa vi posso dire di più? Solo recensite ed entrerete nelle grazie dell’ autrice (I messaggi contorti …)!

Alla prossima

Pan_z

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: Eventi ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

‘Dalia nera’ è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellroy le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

 

Cos’è.. reale ?

Morpheus, The Matrix

 

 

 

Capitolo 5:

Eventi

 

* * *

A Marco, per

 un amore proibito

* * *

 

 

<< Ron! Svegliati!Roon!! >>

<< Altri cinque minuti, mamma.. >> , grugnì nel sonno, dando le spalle alla riccioluta Hermione.

<< Non sono tua mamma! E devi svegliarti. Leo ha portato la risposta di Harry! >> , fu sul punto di urlargli.

<< Si.. non voglio andare da Piton.. >>

Hermione gesticolò nervosamente. Gli puntò un dito fra le costole, divaricando le gambe.

<< Ronald Weasley! Se non ti alzi da questo letto in meno di un nano secondo, giuro che ti trasformo in un ragno! >> . Si congratulò con se stessa per la perla d’ ironia, ridacchiando.

<< Nooo!! Va bene, Herm, sono sveglio.. >> , disse cercando di districarsi delle lenzuola avvolte al suo corpo. Cercò di alzarsi, ma inciampò in una scarpa marrone gettata ai piedi del letto.

<< Maledizione.. >>

<< Ron! Vuoi sbrigarti a venire qui? >>

<< Si si.. arrivo.. >> , mormorò avviandosi verso la camera di Hermione, massaggiandosi il fondoschiena.

Quando varcò la soglia della piccola stanzetta, che pareva più un ripostiglio per le scope che una camera da letto, il piccolo gufo bianco e nero gli volo attorno alla testa, posando le zampette sulla spalla del rosso.

Coprendosi gli occhi con una mano, domandò : << Cosa dice Harry? >>

Hermione non rispose.

Strabuzzò gli occhi, cercando di mettere a fuoco la sua figura corruciata, dispiaciuta. << Herm? Tutto okay? >>

Ma ancora una volta la mora Hermione non gli rispose, troppo intenta nella lettura della lettera. Ron perse la pazienza: << Insomma, Hermione! Prima mi butti giù dal letto alle otto di mattina, minacciandomi di trasformarmi in un ragno e poi.. >>

<< Oh, Ron, scusami non mi ero accorta di te! >> ,  l’ interruppe.

Ron inarcò un sopracciglio. In che senso non si era accorta di lui? Gli stava urlando da cinque minuti buoni, e lei non si accorgeva di lui?!  Sei strana, Herm.., ma preferì non indagare oltre.

<< Allora cosa ha detto Harry? >>

<< Dice che è bloccato a casa della vicina e che non potrà muoversi fino alla fine del mese >>, gli comunicò tenendo gli occhi fissi sul biglietto << Spera di riuscire ad andare a Diagon Alley per comprare i libri per il prossimo anno. Ci farà sapere >>

<< Umpf… >> , biascicò. Ma Ron non potè udire la nota di delusione nella sua voce, né potè osservare i suoi occhi colmi di lacrime. Allora forse si sarebbe chiesto perché.

<< Cosa facciamo? >> , gli chiese sul’ uscio della porta.

<< Non lo so, Herm. Se lui è bloccato lì, non possiamo farci niente. Ci ritroveremo sull’ Hogwarts Express >> , chissà come, a Ron non importava molto se Harry non era riuscito a venire. Eppure erano amici da così tanto tempo.. ma lui era stato sempre nell’ ombra, sempre il suo braccio destro.. sempre il secondo. Ed Harry.. Harry era il mito, era il ‘bambino sopravvissuto’. Era Harry che veniva nominato nei libri di storia! E lui era solo un amico.. solo Ron.. semplicemente un Weasley…

<< Ma, Ron! Noi.. non possiamo.. >> , sillabò con estrema lentezza le ultime parole, quasi per convincere se stessa. Guardò Ron e sul suo viso potè notare solo indifferenza, gelosia, odio.. ed invece lei.. lei cosa provava? Non lo sapeva.. non sapeva più nulla. La sua testa stava per scoppiare.

Ron le voltò le spalle. Perché non potevano? Perché lui era un celebrità e loro solo dei comuni mortali? No.. non l’ avrebbero fatto. In nome della loro amicizia.. in nome del suo amore.. Uscì a passi lenti, scendendo le scale. Sentiva gli occhi di lei puntati sulle sue spalle, ma non si sarebbe girato. Non avrebbe cambiato idea. Per se stesso.

 

*

 

L’ accecante sole di mezzogiorno batteva imponente sulle loro teste. Il fiumiciattolo scrosciava monotamente, e le piante di granturco erano immobili, silenziose e rigogliose. I brillanti chicchi di mais pendevano solenni dalle foglie verdi, e l’ erbetta sui campi era arida e secca, vogliosa d’ acqua.

Ron gettò un ciottolo nel torrente con molta più violenza di quanto, in realtà, avrebbe voluto usare. Hermione sussultò.

CIAFF

Il sasso rimbalzò sulla superficie quieta di quello specchio trasparente.

CIAFF

Rimbalzò ancora.

CIAFF

E ancora. Poi sparì, inghiottito da un vortice. Il suo sguardo era imperscrutabile, serio, pensoso. Quello di lei afflitto, amareggiato. Il silenzio pervenne fra di loro,  taciti. Solo il quieto rumore del torente frustava quel penoso idillio.. fra di loro, troppo cabarbi, ciechi, ed infinitamente soli nei loro mondi di porcellana, intocabili come vetro opaco.

<< Se il sasso rimbalza tre volte sull’ acqua, sposerò la persona amata >> fu solo un sussurro. Hermione si limitò ad annuire, pensierosa.

Ron  tornò a guardardarsi la punta bianca delle scarpe, senza pensieri, senza emozioni. Solo.

Tutt’ a un tratto, il cielo s’ annuvolò e un dolce venticello cominciò a soffiare da nord. Un lampo squarciò il cielo.La pioggerellina calda d’ estate prese a picchiettare su di loro.

PLING

Cadeva leggera nel torrente impetuoso.

PLING

Dissetava i campi aridi.

PLING

Ma le loro anime rimanevano ancora senza risposta. Senza pace..

<< Ron! La macchina! >> , esclamò Hermione, guardandolo sottecchi da dietro le sottili lenti degli occhiali incantati.

Sbattè più volte le palpebre. << Quale macchina? >>, chiese

<< Oh, Ron, la macchina volante! Potremo andare da Harry e convincere la vicina  a farlo venire da noi! >> , gli rispose gaia, saltando in piedi.

<< Oh.. >> , Ron volse il capo verso il garage in cui era custodita la Ford Anglia, un baule pieno di ricordi.. Non avrebbe dovuto cambiare opinione, per nessuno. Ma lei era Hermione, la sua stella, e vederla sorridere, dopo tanto tempo, lo rinfrancò, lo rese più spavaldo, ed ancora sprofondò nei suoi occhi nocciola, perdendosi nella loro immensa bellezza, rimanendo senza parole. Come sempre. Lei era Hermione. Quella stessa ragazza che entrò ciarlando nella sua vita, e penetrò negli abissi inesplorati del suo cuore. E l’ amava? Forse non l’ amava, ma era Hermione, ed il resto non aveva importanza.

 

*

 

Ottenere il permesso di mamma Weasley non fu facile, ma alla fine vinsero loro.. come sempre.. monotono.

Infilò la chiave, ingranò la marcia e, inserito il turbo invisibile, sorvolarono  Ottery St. Catchpole e, giocando a nascondino con le giocose nuvole fresche di purezza, accellerò in direzione di Little Whinging.

Ancora alcune goccioline della pioggerellina estiva cadevano silenziose sul vetro immacolato della vecchia Ford. Hermione continuava imperterrita a guardare fuori dal finestrino semi-aperto, lasciando che il vento umido di pioggia le rinfrescasse  il volto e la facesse ondeggiare i capelli ramati.  Si raddrizzò gli occhiali sul naso con un gesto nervoso, ma Ron non potè vederlo. Osservava il cielo dinanzi a sé e, di tanto in tanto, scendeva sotto le nuvole osservare la strada, ma in fondo non poteva vederla. Erano troppo in Paradiso.. Guardava l’ immensità del mondo e non se ne stupiva. Eppure avrebbe dovuto. Ma loro non erano più sulla Terra. Vagavano in un’ altra dimensione, attraversando le nuvolette bianche, forando il cielo terso. Sperduti? Non avrebbe significato nulla. C’ erano solo loro due, uno spiraglio di Eden e, se solo lei fosse stata con lui, allora non sarebbero mai scesi di nuovo nell’ Inferno. Ma lei non c’ era, persa in chissà quali sofferenti pensieri, e in quella macchina c’ era solo il suo corpo.. meraviglioso e puro.. inviolato. La sua anima, mina vagante, spirito senza mèta imprigionato in un sogno senza fine.

E lui rimaneva impalato, inqueito e senza parole, senza che i suoi occhi potessero guardarla, assaporarla in tutto il suo splendore, in tutta la sua leggenda e sperò che il vento gli susurrasse in un orecchio ciò che il suo cuore bramava di ascoltare. Ed il ventò soffiò, urlò le parole dell’ amore ma solo gli stolti le poterono ascoltare. Loro erano sordi.

 

*

 

 Leo non era tornato con la risposta. Aveva pensato di mandare Edvige, ma poi pensò che forse non avevano voluto rispondere. Ma quel contatto con il suo mondo, il filo sottile delle parole che lo legava alla magia, ad Hogwarts era così importante per la sua anima in tormento, penosa.

Le giornate scorrevano dinanzi i suoi occhi smeraldo, afose, invariate, ed il vento caldo d’ Agosto carezzava le cime degli alberi e i fiori di pesco rinsecchiti. Tutto così privo di vita.. L’ isolato di Privet Drive continuava a rimanere vuoto e desolato. In lontananza si udivano gli echi di risa di bambini. O forse era solo uno scherzo della sua mente. Casa Figg, immensa, era diventata la sua gabbia. Una punizione. Per cosa? Forse per aver salvato il mondo in quegli ultimi sette anni? Follia. La vecchia Arabella scorrazzava di qua e di la per il soggiorno e, sovente, si rintanava in una delle sconosciute camere della soffitta. E lui rimaneva solo ad osservare il sole nascere, tramontare per poi cedere il posto alla delicata e mitigatrice luna. Se avesse potuto usare la magia, allora avrebbe potuto montare a cavallo della sua Firebolt e sorvolare i cieli tersi della Londra magica, sfiorare le nuvole e giocare a nascondino con le stelle. Ma erano solo illusioni, i suoi mesti sentimenti rinchiusi in un pensiero fuggiasco e trasgressivo, portato via dalle sue memorie dal vento caldo di un’ estate che andava svanendo.

 

Socchiuse la finestra. Un fulmine cadde poco lontano, giacendo in un campo bagnato dalla leggera pioggia che da poco aveva cominciato a cadere sulla testa del giovane mago, assorto in ricordi sofferenti. La sua vita. I suoi genitori. Lord Voldemort. Il suo mondo. La sua dannazione eterna, una saetta nella mente in delirio, senza più controllo.

Osservava le goccioline calde e umide nascosto dietro il vetro opaco ed invidiava la loro libertà, e la loro vita perché, seppur breve, essa era libera di esistere. Invece la sua vita era un abisso oscuro dentro cui morire. La sua non era vita. Era morte. E il suo soffio gelido, la tunica nera, le mani di ghiaccio, gli occhi scarlatti, e la lingua di serpente..

 

Devi essere molto coraggioso se pronunci il suo nome.. o molto sciocco

 

Voldemort.. e l’ avrebbe urlato al mondo intero se ce ne fosse stato bisogno.

 

La paura di un nome non fa che incrememntare la paura della cosa stessa!

 

E la paura che li avrebbe accomunati, un giorno. La paura in quel passato di massacri, bugie, tradimenti, amori segretamente nascosti dagli scintillii delle bacchette, dai passi felpati di cani neri, cervi, topi e lupi nelle profondità di una foresta incantata e proibita.. come quella sua magia. Proibita.

 

La pioggia continuava a cadere sui tetti dei palazzi, sulle strade, sui prati ma lui sembrava non accorgersene. Lo speaker del telegiornale stava blaterando qualcosa sul miglioramento delle condizioni atomosferiche, o qualcos’ altro sui campionati regionali di football. Le sue orecchie erano sorde. Il picchiettio delle gocce di pioggia sul terreno rimbombava nella sua mente, facendo emergere eventi dimenticati. Eventi. Erano solo eventi? O c’ era un’ altro significato dietro di essi? Erano solo eventi, si disse, e continuò ad osservare la pioggia scendere.

 

 

 

To be continued…

 

 

 

NdA: Bene, miei ragassuoli, siamo arrivati al quinto capitolo!! Me nn può ancora crederlo! E tutto questo grazie alle vostre *meravigliose* recensioni!!^^

Lo so, lo so, ci metto un anno per aggiornare ma nn è colpa mia!! E’ cominciato tutto per il quarto capitolo che non riuscivo ad inserire, ed è successo un macello (Ne so qualcosa..-.- NdErika-la-webmistress). Quindi perdonatemi x questo ritardo, il capitolo era pronto da un secolo, ma poi sn stata via 10 gg e allora… (seee tutte scuse NdLettori)

Ma, veniamo a noi! I vostri commenti riempiono il mio cuore di gioia inaspettata!^______^

 

-Cloe: Sai succede a molti di dimenticarsi cosa stanno leggendo.. specialmente i capioli delle mie fic.. Ma scherzi a parte (mica tanto..) ti ringrazio moltissimo, e spero che tu stia a casa e che ti possa godere questo chap (godere.. ma và là nn esageriamo..)

 

-Kiara: Harryusso mioooooooo *__* em.. bene dicevamo.. Grazie mille tesoro, per i complimenti (Ehi, Harry, c’ è un’ altra pretendente) (dov’è?! Dov’è?! NdHarry) (‘Nfame.. Nmia). Bè adesso si sta un più freschi.. almeno da me.. Ah, l’ amata Puglia (miii, ma che scrivo??).. Cmq, spero che questo capitolo ti sia piaciuto, Kiarucciaaaaaaa!! Ah, e se vedi quella sfaticata della Eli.. ORDINALE di rispondermi alla  mail ma-cosa più importante- dille di AGGIORNARE WaL&J (Intermediari… NdKiara)

 

-Eli: Oh…!!! Quale gioia!! La mia commentatrice preferita.. (A-ehm.. NdCommentatori) (Scherzavo, ragazzi, scherzavo Nmia) Sn ultra-mega-contenta che i capitoletti ti piacciano.. per chissà quale oscuro e arcano motivo.. Bene, piaciuta la frecciatina, eh=? ^______^ ME si diverte un casino.. nn puoi immaginare quanto! Sghsghs.. J Cm sn cattivaaaa!! Ritornando a noi.. dici che ci sta la visita alla tana? Bo.. avevo in mente qualcos’ altro.. qualcosa che riguarda il quinto libro.. Il dissennatore- nel-primo-capitolo-noi-sappiamo-quale.. però poi mi sembrava troppo spicciato al libretto della Rolli e inoltre Strek nn me la legge la fic se c sn Spoiler (Profittatrice… -_____- NdStrekkù) !!Ahahah!! Em.. cmq si vedrà.. Mha.. Spero di nn metterceli davvero gli spoiler nel prossimo capitolo anche se sono mooolto tentata… (Ah, lunedì mi ordino il libro di HP!!) Ed ora, Eliussa vedi di aggiornare What about.. sennò.. la MORTE!! Cadrà inesorabile su di te.. aahahahah!! ß (Risata demoniaca) Spero che anche questo cap ti piaccia. Un bacio.

 

-Voldy Weasley:  O.O Ohh mi fai arrossire!! J Grazie mille! :) Davvero è la storia che cercavi? Non è che vorresti commentare un’ altra storia e invece poi ti ritrovi a commentare questa x sbaglio, eh? Può capitare.. ih ih.. cmq spero ke qsto cap ti piaccia!!

 

-Strekon (Che mi ha mandato una mail) Te l’ ho detto io, sei troppo buono con me!^____^

 

Bene, ed ora ditemi se questo cap vi è piaciuto o nn vi è piaciuto cn una mail a Pan_z@inwind.it oppure lasciandomi una piccola, microscopica recensione!;__; vi paaaagoooo!!

Al prossimo capitolo (Che è già in fase di scrittura. Nn sn brava?^^) e RECENSITEEEE!! Altrimenti.. potrei anche smettere di scrivere il cap. 6.. (C faresti un favore.. -.- Ndlettori) (Grazie mille x l’ incoraggiamento!! Nmia)

Pan_z

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: Così lontani, così vicini ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

‘Dalia nera’ è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellroy le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado, a Giuseppe, perché gli uomini sono proprio cechi, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

.. Non giurare affatto.

O, se proprio vuoi farlo, giura

 sulla tua amorevole persona, il dio che 

io venero, e io ti crederò ..

Romeo e Giulietta, William Shakespeare

 

 

 

Capitolo 6:

Così lontani, così vicini

 

* * *

A Sarah, perché siamo

davvero lontane

* * *

 

1

 

L’ aria era umida. Si sentiva un vago odore di pioggia. Gli ombrelli erano in agguato tra le mani della gente, in procinto di aprirsi per schermarli dal bagnato. Non ci sarebbe stato niente di strano nell’ essere bagnati. Spesso si domandava perché tutto era così in fermento: le macchine che correvano veloci sperando di incotrare un semaforo verde, le casalinghe che si affrettavano nei negozi per tornare nelle proprie case per preparare il pranzo, gli studenti delle ‘modernissime’ scuole private che camminavano spediti verso il portone d’ ingresso delle loro lussuose ville per paura di sporcarsi il cravattino bianco e la giacchina blu.

Tutto scorreva inesorabilmente. Il mondo muoveva i suoi passi verso il futuro: il futuro era un’ abitazione confortevole, i lasciapassare per i parcheggi, le serate di alta moda nei locali più ‘in’.

Il concetto di evoluzione. Una scimmia che casualmente ha chiamato un altro suo simile ‘uomo’. Questa è stata l’ evoluzione.

 

Una tiepida gocciolina gli sfiorò l’ occhio destro.

L’ agitazione scorreva impetuosa come l’ elettricità nei fili del telefono. Era in atto un silenzioso processo innovativo che avrebbe condotto la Terra e tutti i suoi abitanti a sfiorare l’ inimmaginabile. Il mondo stava andando avanti. E con lui la civiltà più erudita, più colta, più attenta ai messaggi surreali che venivano trasmessi mediante le ‘onde’ ipnotizzanti delle stazioni televisive. Quella parte della popolazione avrebbe continuato a vivere. E non avrebbe fatto caso ai cadaveri che si sarebbe trovata sotto i piedi. Quello che rappresentava la vera civiltà. Quello che gli altri chiamano ‘spazzatura’, perché il Mondo non è altro che una discarica.

Le goccioline cominciarono a scendere timide dalle nuvole grigie che occupavano prepotentemente il cielo della Londra Babbana. Ogni cosa era in fermento. Solo per qualche goccia di pioggia. Gli ombrelli si confondevano, mimetizzandosi con la natura cirostante. La gente sembrava non accorgersi di lui. Ognuno aveva certamente qualcosa di più importante che guardare un  uomo senza ombrello. A Draco questo non importava. Lui era Draco Malfoy, il resto erano solo esseri umani. Per di più babbani. Un termine così rivoltante. Però, in fondo, si disse, sono un’ altra realtà. Almeno non sono Mezzosangue.

 

Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue!

 

In quella realtà lui non esisteva. Era un fantasma che aleggiava senza corpo fra le vie bagnate, tra di loro, in mezzo a quella piccola parte di Universo che cercava di non accettare ciò che era così lampante agli occhi. Si ostinavano a rifiutare la magia, la sola esistenza era sprezzante. Ciò che era magico non esisteva. Come quelle favolette che raccontavano ai bambini prima di addormentarsi. Le piccole fate dei boschi.. C’ era una volta in un regno incantato.. Tutte stronzate.

La magia era ovunque. Scorreva impetuosa come la pioggia su di lui. Dominava su ogni elemento. Anche l’ acqua si piegava al suo cospetto: poteva vedere le minuscole goccie inclinarsi leggermente al passaggio di quell’ alito caldo e incolore, la sola presenza del parallelo pianeta di cui si poteva udire il silenzioso chiacchiericcio. Una sottile linea nel vuoto, così esile, così incrinata dalle schegge della menzogna che non erano più l’ eccezione, ma la regola.

Avrebbe potuto allungare la mano, sfiorare con le dita bianche la parete di vetro trasparente, sentirsi a casa. Ma lui non aveva una casa. I suoi occhi si velarono impercettibilmente di malinconia, mentre la pioggia continuava a scendere, narrando una storia incomprensibile, mormorando dei tempi passati, di quella veneranda età che è rimasta indietro, assieme a coloro che non sono stati capaci di incamminarsi lungo la Via del Vettore che li avrebbe portati ‘avanti’. In un dove e in un quando sconosciuti. L’ ‘adesso’ della morte e della sofferenza.

 

Tutto è fatidico, Draco

 

E lo chiamano fatidico, questo!, sbottò mentalmente.

Lo scrosciare era diventato un flebile sussurro, un eco in lontananza. Il tempo era grigio, l’ aria era rarefatta e pesante. La gente si affannava e le macchine si accalcavano in prossimità degli incroci. Continuò a camminare. Non conosceva il motivo che l’ aveva spinto in quella branca di Londra. Quella branca che non gli apparteneva, a cui non apparteneva. Ma, d’ altronde, lui non apparteneva a nessuno, non era padrone di nessuno. Era un umile servo, devoto al suo Signore Oscuro che progettava vendetta contro chi aveva osato ripudiarlo e infine sfidarlo.

Era uno spirito in bilico tra due mondi, incapace di decidere quale strada percorrere, e la sua vita era un cero acceso nelle Sue orride e putrefatte mani. Che cos’ era diventato Draco Malfoy? Non era diventato nessuno, non era niente, era..

 

Sei uno schifoso verme, Malfoy!

 

Tutto si susseguiva come in un vecchio film in bianco e nero. Troppo veloce ora, troppo lento poi. Tutto era nero, ed era senza speranza. Ma nulla sarebbe potuto apparire più nero di lei. Quella puttana da due soldi con i capelli neri al vento e gli occhi scuri puntati su di lui. E quello sghignazzante volto in preda ad un attacco di malsana felicità. Bellatrix Lestrange.

E lui se ne stava lì come un idiota ad osservarla prendersi gioco di lui. Perché era così lampante, così pazzescamente viva la sua voglia di scoparlo ancora come se fosse uno stupido damerino nelle sue mani.

Fermo in quella strada, lei si avvicinò piano facendo strisciare sul terreno bagnato la tunica nera, gli occhi vuoti fissi su di lui. Era incapace di muoversi. Perché?, si chiese ma gli sembrò che l’ avesse gridato forte.

<< Perché sono bella e tu non mi puoi resistere, Malfoy >>, disse piano, a pochi centimetri dalla sua bocca. Draco sorrise malignamente.

<< Quando smetterai di leggermi nella mente? >>, le chiese, cercando di mantenere un tono di voce serio, cercando di nascondere l’ ilarità perversa che vi era implicita.

Lo guardò accigliata. << Ti leggerò i pensieri fin quando vorrò, piccolo Draco. Fin quando non sarà in grado di capire se la tua coscienza si sovrappone a quella di tuo padre >>

Draco si sforzò di essere il più naturale possibile. << Io non sono mio padre! >>

Bellatrix rise compostamente. << Certo, Draco, certo! Ma, d’ altronde, porti il suo nome dietro il tuo. E di certo lui non può ammettere altri traditori fra i suoi servi >>

Il volto di Draco era una maschera d’ odio e rabbia. Aprì la bocca per controbattere, ma lei lo zittì con una mano. << Non è questo il luogo per riversare i tuoi effimeri sentimenti su di me, giovane Draco >>

Si guardò intorno nervosamente, muovendo gli occhi velocemente da una parte all’ altra. << Ma cosa..? >> La mano della Mangiamorte era scattata sulla bacchetta. << Ascolta invece di parlare! >>, sibilò crudelmente. << Qualcuno non gradisce la nostra presenza.. >>

<< Non capisco.. >>, ma non finì la frase perché in quel momento lei gli prese la mano e lo spinse violentemente in un vicolo buio. << Zitto Malfoy, che Dio ti maledica! >>

<< L’ ha già fatto, Lestrange >>, mormorò stizzito. Gli parve di scorgere compassione sul volto della donna,  ma poi si disse che nulla di umano avrebbe potuto sfiorare il suo cuore gelido, come il ghiaccio più imperituro. Erano mostri in cerca di salvezza. Entrambi, accomunati dallo stesso fato avverso. Fatidico. La ruota del destino che gira e ritorna sempre da dove è partita. Il vuoto incolmabile della solitudine.

 

Il cielo continuava ad essere grigio; ciò contribuiva a rendere ancora più tetro l’ ambiente. Erano avvolti dal buio. Draco non riusciva a vedere ad un palmo dal suo naso, ma percepì distintamente il seno di Bellatrix premuto contro il suo petto e il suo fiato corto sul collo. Udì dei passi veloci avvicinarsi, qualcuno gridare indistintamente qualcosa, ma quando loro arrivarono, i due Mangiamorte erano spariti con un impercettibile Pop!

 

2

 

 

<< Dannazione! >>

<< Calmati Sirius.. >>

<< No che non mi calmo! Dovevate prenderla.. eravate così vicina a.. quella maledetta puttana!>> Forse osò troppo alzando il tono di voce. Il quadrò della signora Black cominciò ad urlare sguaiatamente, blaterando frasi incomprensibili contro i nuovi inquilini del numero dodici di Grimmaud Place. Da quando l’ Ordine era tornato operativo, casa Black era divenuta la sua sede. Sirius e Molly Weasley avevano cercato in tutti i modi di sbarazzarsi di quell’ orribile quadro e del suo fedele elfo domestico ( << Fuori di qui, Kreatcher! >>) ma sicuramente –Sirius ci avrebbe scommesso i pantaloni- l’ originaria padrona di casa, dopo la sua morte, aveva fatto un incantesimo di magia oscura su tutti i manufatti e i quadri dell’ abitazione così da rendere impossibile il loro disfacimento. La signora Black continuò a urlare (<< Sudici Mezzosangue! >>), ma i due uomini in salotto non diedero peso all’ avvenimento. C’ era qualcos’ altro di pià urgente di cui discutere.

<< Scusa.. >>

Albus Silente sorrise, chiudendo in segno di assenso gli occhi dietro gli occhiali a mezzaluna. << Non fa niente, Sirius. Ora calmati e cerca di riflettere.. >>, disse bonariamente,  ma ancora una volta l’ Animagus l’ interruppe furioso: << Come posso riflettere?! Ci eravate così vicini! Lestrange potrebbe fornirci più informazioni di quante non ce ne direbbe Malfoy.. >>

<< Io credo, invece >>, proseguì il mago << Che Bellatrix non sarebbe disposta a rivelarci nulla sul suo Padrone. Non di sua volontà, di certo. >>. Accennò un piccolo sorriso, che però svanì subito dal suo volto. << Ma Albus! Lei è il braccio destro di Voldemort! Ora che Malfoy non c’è più.. >>

<< Ora che Malfoy non c’è più, devo occuparmi della vita di Draco >>, disse solenne. Sirius storse la bocca, disgustato. Anche se era un parente, lui era un Malfoy. E un Mangiamorte.  << Ed anche tu.. >>, incominciò il preside ma venne zittito bruscamente dal suo interlocutore: << No, questo non è compito mio. E tu lo sai. A questa famiglia ho dato più del dovuto >>

 

Silente annuì, pensoso. << Lo so, Sirius. Ma Draco è uno dei miei studenti ed io, in qualità di preside di Hogwarts, ho il dovere di preservarlo dal male che incombe su di noi. >>

<< Il male, purtroppo, l’ ha già portato tra le sue braccia >>. Sirius scattò in piedi, cominciando a percorrere con lunghi passi la stanza. Il male ha preso tutti noi, Silente, pensò. Ed era vero. Maledettamente vero, come se fosse ieri quella realtà effimera che vedeva Sirius Black e James Potter come fratelli nella grande scuola di Magia e Stregoneria. La storia si stava ripetendo. Ma quale sarebbe stata la sua conclusione.. questa volta?

Il preside lo guardò camminare inquieto, sopportando l’ audace silenzio del pomeriggio afoso di Londra. Non servivano certo parole per placare l’ animo irrequieto di un mago come lui. L’ orologio ticchettava rumorosamente, rimbalzando fra le pareti. Il tempo continuava a scorrere.

<< Lo senti questo, Sirius? >>, esordì ad un tratto l’ uomo anziano seduto sulla comoda poltrona rossa. Sirius si fermò di colpo, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. << Il giorno sta camminando sotto i nostri occhi, la Luna sta sorgendo lì dove il Sole tramonta. Il londinesi accerchiano un fuocherello, aspettando i rintocchi della Grande Torre che dirà loro che è ora che mettano sotto i denti qualcosa di invitante e sano. Gli uccelli tacciono in coro, il fiume si quieta. Tutto attorno a noi si trasforma. Muta con il passare dei minuti, dei giorni, dei secoli >>

<< Non capisco cosa tu voglia dirmi >>, disse con una nota di sarcasmo Black.

Il vacchio mago gli si avvicinò, posandogli una mano bianca e rugosa sulla spalla, stringendogliela appena. << Domani è un’ altro giorno, amico mio. Star qui a rimuginare su un tentativo fallito non porterà a nulla- o certamente a nulla di buono >>, rise tra se e sé. << Noi siamo soldati, come lo eravamo ieri, come lo siamo sempre stati. Questa è la nostra forza. Questa è la nostra speranza. >>

<< Speranza.. non c’è più niente in cui poter sperare.. >>, mormorò piano l’ Animagus.

<< Bisogna aver fede, fiducia >> Silente lo guardò sottecchi.

<< Piton >>, lo guardò, consapevole della sua affermazione, non cercando più nulla che gli potesse rivelare una alquanto inaspettata risposta negativa sul viso invecchiato dell’ uomo, che già lui ricordava malato e stanco. Si chiese se Albus Silente avesse avuto una giovinezza. << E io dovrei aver fiducia in Piton? >>, lo guardò  ma ciò che ricevette fu un sorriso. Dopo tanto tempo. E Sirius non potè fare altro che sciogliere per un attimo i suoi antichi rancori –o forse li avrebbe sotterrati per un po’- e crogiolarsi anch’ egli in un radioso sorriso, misto a nostalgia. Ka, avrebbe detto James. Ed allora sarebbe stato Ka.

La ruota del destino. Impossibile fermarla. Impossibile prevedere ogni sua mossa. Perché essa ha il potere, e gli uomini non hanno altro che la facoltà di ascoltarla girare con il suo dolorante cigolio.

 

 

3

 

Casa Figg era assopita. La calura estiva aveva deciso di allontanarsi momentaneamente dall’ isolato di Privet Drive, concedendo un attimo di respiro a tutti i suoi abitanti che erano ritornati alle loro monotone attività: falciare il prato, lavare l’ auto, spiare la casa dei vicini. Ogni cosa era tornata al suo posto, ricominciando a percorrere il sentiero petulante della monotonia di tutti i giorni.

O meglio, questo valeva per tutti gli inquilini della grandi case quadrate del quartiere babbano, meno che per l’ abitazione all’ incrocio con la silenziosa Magnolia Crescent. E, sicuramente, l’ anormalità che aleggiava in casa Figg aveva intaccato anche l’ assoluta tediosità della vita degli ‘altri’. Non erano infatti passati poco più di tre giorni da quando la sgangherata Ford Anglia della famiglia Weasley era atterrata rumorosamente nel vialetto difronte la villetta, rovesciando rumorosamente alcuni dei bidoni dell’ immondizia accantonati in un vicolo sudicio e oscuro. Avrebbero intaccato la regalità dei londinesi. Oh, certo.

La brezza della sera aleggiava leggera e fresca, attraversando le finestre socchiuse della piccola stanza in cui dormivano beati due ragazzi. All’ apparenza, sarebbero potuti passare per  comuni diciassettenni in cerca di guai. Questo, per i comuni occhi della comune gente di Londra. Loro, in realtà, erano molto di più di quanto non si sarebbero immaginati. L’ altra parte del mondo. Il riflesso dello specchio dove ognuno di loro non era nessuno. Ed Harry lo sapeva. Tra ‘gli altri’, egli era un ragazzo. Con un solo articolo indeterminativo a fare compagnia alla sua ombra, senza che alcuna persona conoscesse il suo nome. Lui non c’ era. E, a volte, lo apprezzava. Godeva del fatto che la gente che gli camminava accanto non conoscesse il suo nome, né il suo volto coperto da una leggera peluria, e quelle volte in cui lo fermavano per chiedergli sgarbatamente e frettolosamente l’ ora, guardandolo dritto negli occhi, Harry continuava ad essere un fantasma.

 

Ron si mosse nel sonno, borbottando silenziosamente qualcosa che Harry non potè udire. Sorrise spontaneamente. Di quei tempi, uno di quei sorrisi era prezioso. La notte s’ inoltrava nel fitto dell’ oscurità. Il silenzio pervadeva fastidiosamente nell’ ambiente. Harry odiò quel silenzio, perché continuava a sussurrargli nell’ orecchio frasi sconnesse. Forse, si disse, non sono capace di ascoltarlo. Si dice che la notte è giovane, Potter ne era sicuro. Si distese sul letto a pancia in su, guardando danzare le ombre. Ron e Hermione dormivano della grossa, emettendo di tanto in tanto suoni grutturali. Si chiese dove fossero davvero. Erano finiti in un baratro senza luce. Ron? Hermione? No, loro no. Stanno solo sognando. Io invece non ci sono. Sono perso. Senza di te...

Con quest’ ultimo pensiero, chiuse gli occhi, sprando di trovare sollievo in un sonno senza sogni.

 

 

4

 

 

Aprì gli occhi. Piano, affinchè la luce del giorno non glieli ferisse. Ma si accorse presto che non c’ era il sole fuori la finestra. Non c’ era luce, e di certo quella non era la stanza dove alloggiava con Ron e Hermione. L’ ambiente era scuro, l’ odore dell’ umidità gli penetrò nelle ossa. Si guardò attorno, spaurito. Tentò di gridare, ma nessun suono uscì dalla sua bocca.

Un tintinnio familiare attirò la sua attenzione: qualcuno stava raccogliendo delle ampolle dal pavimento. Una grande libreria torreggiava alle spalle dell’ uomo in nero. Il resto dello spazio era vuoto, le pareti nere, ora si sentiva odore di caffè.

Forte.

Harry si passò una mano sul viso; lo faceva sempre quando c’ era qualcosa che lo preoccupava. Hermione glielo avrebbe fatto notare.

Sai che c’è Herm?, disse alla figura della ragazza che la sua mente aveva proiettato nel vuoto. C’è che mi chiedo dove diavolo sono finito!

L’ uomo continuava imperterrito a raccogliere le bottiglie trasparenti, non sembrava essersi accorto della sua presenza. Nessuna finestra faceva denotare che fuori tutto fosse vivo. Lì era notte, Harry non si sarebbe meravigliato se avesse trovato un cadavere nascosto in un angolo.

L’ aria era pesante, e faceva freddo. La figura incappucciata aveva raccolto anche l’ ultima ampolla e, dopo averle poste in un doppio scomparto della libreria –un classico, pensò con una smorfia-, aveva preso un libro.

Prese a sfogliarlo, gettando occhiate furtive all’ oscurità, come se sentisse la presenza di altri.

No, non era Harry, poiché lui stesso sapeva che non erano soli. Il fruscio del mantello attirò la sua attenzione: scrutò la stanza, acuendo l’ udito, aspettando di sentire qualcosa. E qualcosa sentì. Qualcuno sussurrò. Harry si chiese come potesse avere un suono un sussurrò, ma poi si disse che troppe volte aveva sentito sul collo quello spostamento d’ aria gelida. E doveva essersene accorto anche l’ altro uomo perché chiuse di scatto il libro, si tolse il cappuccio dal capo, lasciando ricadere i capelli untuosi lungo le guance pallide.

Con un altro scatto tese la bacchetta nel vuoto, riducendo gli occhi neri a due fessure. Gettò un ultimo sguardo alla sua destra e poi scomparve dietro la porta di legno.

Il mormorio aumentò di intensità, ma quasi Harry non se ne accorse: tutto stava diventando ovattato. Tutto sfocato, tutto ritornava a essere irreale. Perché quello certamente non poteva essere reale. Avrebbe riconosciuto tra mille quei capelli uniti, gli occhi piccoli e quel naso adunco. C’ era da chiedersi il perché.

Udì dei sussurri concitati e poi dei risolini provenire dall’ uscio della porta dietro la quale era scomparso Severus Piton. Qualcuno emise un grido strozzato, come quando Harry e Ron sgattaiolavano sotto il mantello dell’ Invisibilità giù per il corridoio che portava a Hogsmeade e Ron pestava accidentalmente un piede ad Harry. Non seppe dire perché quella sensazione gli pervase i sensi; la stanza stava accartocciandosi su se stessa, vorticando febbribilmente. Le pareti sembrava volessero imprigionare Harry nel sogno –perché quello doveva essere un sogno, e nella confusione generale la saetta scolpita sulla frante cominciò a pulsargli dolorosamente, quasi uccidendolo.

Ma, qualche istante prima che se ne andasse, ebbe la certezza di aver sentito quel familiare fruscio di mantello e due occhi vispi e inquietanti guardarlo sottecchi dietro le lenti tonde.

Pur non avendo mai provato realmente niente del genere, in quegli occhi azzurri Harry si sentì a casa.

 

5

 

<< Non avevo mai visto tanta agitazione tutta in una volta! >>

<< Ron, sei tutto che rendi tutto così difficile >>

<< Io? Ma sentitela! Harry diglielo tu che ho ragione! >>

<< Harry vorrai scherazare spero! >>

Sbuffò. Si passò distrattamente una mano tra i capelli ribelli, cercando di isolarsi da quella monotonia. Più si sforzava di capire cosa esattemente stava accadendo ai suoi migliori amici, meno riusciva a trovare un senso logico alla sua affannata ricerca.

È l’ età, soleva dirgli una voce nella sua testa. Di recente ne sentiva così tante che gli suggerissiro cosa era meglio fare.. Si, è decisamente l’ età.

<< Ragazzi non lo so! Sbrigatevela da soli! >>, disse spiccio. Non aveva intenzione di mettere il dito tra le loro questioni, un giorno o l’ altro avrebbero dovuto aprire gli occhi!

<< Ma Harry! >>, replicò in tono quasi scandalizzato Hermione.

<< Siamo –sono- venuti qui per comprare i libri per Hogwarts, non ho intenzione di perdere tempo! >>, la sua voce risuonò troppo adulta alle sue orecchie. << Ora, se non vi dispiace, vado a comprare questi maledetti libri, anche da solo. Ne ho abbastanza delle vostre liti inutili! >>

Lasciò Hermione e Ron sbigottiti guardandolo avviarsi verso la strada maestra di Diagon Alley che l’ avrebbe condotto alla libreria Il Ghirigoro. Dalla notte precedente Harry era cambiato, come se qualcosa lo turbasse. Oh certo, c’ era quella sua dannatissima cicatrice aggiunta al fatto che il più potente Mago del Mondo lo stesse cercando.. ma lui sapeva questo. Ci era abituato, diamine ci conviveva da diciassette anni con quella dannata sensazione di avere sempre gli occhi altrui puntati alle spalle! Loro conoscevano i suoi sentimenti, erano i suoi amici –forse gli unici, pensò Ron. L’ avrebbero aiutato, se solo gli avesse chiesto veramente aiuto.

Ma lui e quel suo fottutissimo orgoglio non potevano cedere, vero?

Che si fotta, allora. Che si fotta lui e la sua vita del cazzo!

<< Ron.. >>

Hermione lo riportò alla realtà. << Si, andiamo >>, le ripose brusco, già intuendo quale sarebbe stata la sua domanda. Ed ebbe la premonizione anche della seguente.

<< Cosa gli è preso? >>

Il rosso alzò sconfortato le spalle. << Non lo so, Herm. Lui non è più l’ Harry che conoscevamo.. purtroppo.. >>

Hermione sospirò rimettendosi gli occhiali a posto sul naso. << Pensavo fosse contento quando siamo arrivati da lui.. ed ora ci tratta come due perfetti estranei!.. >>, si fermò. La Londra Babbana camminava lesta per le vie larghe del borgo, a volte sfiorandola accidentalmente. Hermione non vi diede peso. Ora c’ era qualcosa di più importante che le catturava la cognizione del tempo e della sensibilità. Avrebbe solo voluto sapere che cosa.

<< A volte vorrei che non fosse così.. >>. Lasciò la frase sospesa nell’ aria, forse aspettando

(sperando)

che Ron vi aggiungesse altre parole.. anche le più stupide.. solo per sapere che anche lui la pensava allo stesso modo.. ma Ron continuò a camminare in silenzio, alzando lo sguardo su qualche vetrina che riportava le effigie del Quidditch. Percorsero taciti le vie massacrate dallo scalpiccio dei Maghi che trotterellavano allegri, senza preoccupazioni. Credendo a quell’ idiota del direttore de Il Cavillo o alla menzogna della Gazzetta del Profeta. Senza che la cruda realtà li toccasse realmente.

Hermione sospirò affranta, non aggiungendo altri pensieri commemorativi ai suoi ricordi infranti. Percorse veloce la distanza che la separava dal ragazzo, anch’ ella tenendo la testa china, muovendo i passi tra l’ obliqua società del mondo.

 

 

6

 

Il campanello trillò gioiosamente quando Ron e Hermione aprirono la porta d’ ingresso della libreria. Si affacciarono timidamente  sull’ uscio, quasi timorosamente. Di certo non avevano vissuto delle belle avventure con il proprietario de Il Ghirigoro, di solito sempre traboccante di Maghi e Babbani –si, a volte anche loro- intenti a stordire Sir McPhuff con le loro lagne o liste interminabili di libri di testo. Molte volte era capitato loro di essere travolti, catapultati a terra sopportando il peso di ogni singolo individuo. Invece, ciò che videro e che udirono li lasciò senza fiato.

Silenzio.

Un vuoto incolmabile. Tranne per loro, naturalmente e per l’ allegra campanella che trillò ancora quando la porta si richiuse. Gli scaffali pieni di libri si ergevano paurosi come mai loro si erano aspettati sulle loro teste. L’ ambiente odorava di muffa. Un insopportabile odore di ristagno.

Si guardarono intorno. Al banco, se ne stava, girato di spalle, intento a catalogare alcune pergamene, George McPhuff. Sembrava preso in uno strano stato di trance, semi cosciente di ciò che accadeva attorno a lui. Ron si schiarì la voce.

Niente.

Hermione lo guardò sottecchi, ma lui non ricambiò il suo sguardò. Sbuffò adirata e, senza una parola, si inoltrò nella giungla di libri alla ricerca di Harry.

Ron gettò un’ occhiata veloce ad Hermione che si allontanava furtiva, poi suonò il piccolo campanello sul banco di legno, quasi distrutto dal lavoro incessante delle tarme.

<< Signor McPhuff.. >>

L’ uomo sembrò destarsi dal suo sogn ad occhi aperti. Si girò di scatto, mostrando al ragazzo il volto. Ron ne rimase atterrito. La barba cresceva incolta sul viso che un tempo doveva essere stato giovane, privo delle rughe che lo segnavano adesso. Notò anche che gli occhiali che gli cadevano sgraziatamente sul naso erano incrinati.

Il libraio sgranò gli occhi. Spalancò la bocca dall’ orrore, e, fulmineo, estrasse la bacchetta dalla tasca della lunga tunica verde e la puntò contro Ron.

<< Vade retro, Mangiamorte! >>, gridò indietreggiando contro la parete.

<< Cosa? No, signore, io sono.. >>

<< Stupeficium! >>

Il rosso venne spinto violentemente contro un grosso armadio, contro il quale sbattè forte la testa. La vista gli si cominciò ad annebbiare, gradualmente tutto cominciò a scomparire. Dove era Hermione quando aveva bisogno di lei? Naturalmente non c’ era.. sempre a correre dietro a Harry.. tanto valeva che morisse lì, come un vigliacco, tramortito da un colpetto alla testa.

Non era nemmeno l’ ombra di un Weasley.

Che cosa avrebbero detto i suoi fratelli? Fred.. George.. Percy.. Ginny..

Che cosa avrebbe detto Hermione? Ma di lei cosa gliene importava? Non era nessuno. Per il Mondo era solo un ragazzo, ma per se stesso? Cos’ era Ronald Weasley nel profondo del suo animo?

Solo un idiota.

Incapace di amare la persona a cui teneva di più.

Solo un idiota, mentre continuava a stare lì fermo, con un rivolo di sangue che gli scendeva caldo dalla tempia. Tanto vale morire qui, ci sarà pure qualcosa oltre a questo?, pensò. Per una volta, sarò io il primo.

Chiuse gli occhi.

 

7

 

Hermione trovò Harry intento a sfogliare un libro grosso dalla copertina nera. Avvertì subito i suoi passi felpati. << Herm.. >>, le disse fraddamente.

Hermione si accigliò. << E’ inutile che fai l’ indifferente con me >>

Harry sorrise. Quel sorriso gli illuminò il volto. << Ok, hai ragione tu. Dov’ è Ron? >>

<< E’ alle prese con mastro McPhuff, sai penso che abbia dei seri problemi.. >>, e così dicendo fece girare un dito in direzione della parte laterale della testa. Harry annuì silenzioso.

L’ orologio a pendolo battè le undici. Hermione continuava a fissarlo, inconsapevole del fatto che ciò mettesse in soggezione l’ amico. Ma cosa ci poteva fare lei? Lui era troppo.. bello per essere reale.. era il massimo che una ragazza desiderasse e non Ron, l’ eterno bambino. Tuttavia non avrebbe mai osato chiedergli quali fossero i suoi sentimenti. Ricordava con quale impetò le disse di lasciarlo solo al suo funerale. Avrebbe mai potuto lasciarlo solo così? Sulla sua tomba, con due lacrime solitarie a bagnargli il volto? No. Eppure doveva sottostare alla sua volontà, perché lei era l’ unica che avesse mai amato.

E non c’ era più.

L’ orologio continuava a battere, riempiendo il silenzio. Poi, ad un tratto, sentirono un’ esplosione proveniente dall’ atrio. Si guardarono muti, interrogandosi. Harry inarcò un sopracciglio, chiudendo di scatto il libro. << Andiamo >>, le disse con una voce cupa.

Hermione si limitò a seguirlo.

<< Cosa leggevi? >>, gli chiese improvvisamente, nel bel mezzo della loro corsa verso l’ entrata.

Harry la guardò ancora. << Adesso non è importante >>

Si, adesso non è importante.

 

Giunsero senza fiato nella piccola sala d’ ingresso, e ciò che videro non gli fece piacere. Ron era steso ancora a terra, e il libraio continuava a puntargli la bacchetta contro il petto, ansimando forte.

Hermione fece per andare incontro a Ron, ma Harry la fermò con il braccio, facendole segno di aspettare. Si ma.. aspettare cosa?, si disse.

Il ragazzo estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans.

<< Placo >>, mormorò e all’ istante mastro McPhuff abbassò la bacchetta. Il suo respirò tornò regolare, e girandosi li guardò entrambi.

<< Oculus Reparo! >>, disse a voce più alta. In un lampo, gli occhiali dell’ uomo erano nuovamente intatti. McPhuff sbattè più volte le palpebre. Poi sorrise.

Hermione non sorrise. Seppure avessero il permesso –o forse l’ obbligo- di usare la magia fuori dalla scuola, era tutto troppo spettrale, così fuori dall’ ordinario. In realtà, la magia non era quello di cui avevano bisogno.

<< Oh, signor Potter! Ha trovato il libro che cercava? >>, gli disse con tono affabile.

Herry sorrise a sua volta. << Si, mastro McPhuff. >>

<< Bene.. bene.. ma.. >>, si girò in direzione di Ron. << Ho fatto io questo? >>, chieso disgustato.

<< Si! >>, rispose acida Hermione, correndo in contro all’ amico. << Accuratus >>, sussurrò puntando la bacchetta alla tempia ferita di Ron.

Intanto Harry cercava di tranquillizzare il libraio, con voce calma e piatta, rassicurandolo del fatto che il ragazzo era di tempra forte, e che sicuramente era stato per i suoi occhiali che non l’ aveva riconosciuto.

<< Signor Weasley! >>, disse quando Ron si alzò dolorante, massaggiandosi la testa, cercando di non vacillare.

<< Si.. mastro McPhuff.. >>, rispose piano, sorretto da Hermione.

<< Mi dispiace così tanto.. ora venite, sedete qui sulla poltrona, questa tisana vi farà sentire meglio >>. Seppure non fosse entusiasta dell’ idea, si sedette con una smorfia e sorseggiò  la tisana.

Sapeva di menta.

<< Ron come ti senti? >>, gli chiese apprensivo Harry.

<< Sinceramente, stavo meglio prima, ma sopravviverò. >>, bevve ancora. << Solo mi chiedo perché mi abbia attaccato così furiosamente >>, disse sottovoce sperando che solo i suoi amici lo potessero udire. Quella faccenda puzzava di bruciato.

<< Forse il signorino Weasley sperava che non l’ udissi, ma non sa che le mie orecchie possono ascoltare da qui a molti metri di distanza, in ogni direzione >>

Ron si passò una mano sul volto, mentre Hermione ridacchiava silenziosamente.

Mastro McPhuff lasciò cadere le pergamene sul tavolo. Si avvicinò a Ron, rassettandosi i vestiti. << Penso che vi debba delle spiegazioni >>

 

8

 

<< Lo crediamo tutti, sir >>, disse Harry.

Il libraio sospirò. << Non trovo le parole per questo, sinceramente. Sono addolorato per voi signor Weasley, ma i tempi cambiano. Cambiamo tutti.. La mia non è  una storia delle più felici, come tutte le storie di questo Mondo.

<< Nono sono trascorse molte fasi lunari da quando vennero qui, distruggendo tutto, uccidendo chiunque gli capitasse sotto tiro. Loro erano… >>

<< Mangiamorte >>, concluse per lui Hermione.

<< Erano mostri! >>, disse guardandoli tutti. Poi riprese: << Mi hanno portato via la mia anima, il cuore di questa libreria! >>. Li guardò sottecchi. << Ed è certo che non sono più lo stesso dopo la maledizione Cruciatus >>

<< Gli ha provocato danni irreversibili alla vista, a volte accade >>

<< Tu sapevi questo, Harry? >>, Hermione lo guardò aspettando una qualche risposta.

<< Ancora non so come scusarmi >>, mastro McPhuff s’ intromise nei loro discorsi. La risposta di Harry non arrivò mai.

<< Non deve scusarsi, ormai è passato >>, Ron sapeva che non era colpa del libraio. Era colpa di quei ‘mostri’, come li aveva chiamati. Era tutto fatidico.

Una catena di eventi concatenati, irraggiungibili dall’ intelletto umano, troppo materiale e puerile.

Perché tutto era destino.

Irreversibile.

Harry pagò i suoi libri, assieme a Hermione che li comprò anche per Ron, ancora troppo scombussolato per trovare un perfetto equilibrio.

<< Esco fuori >>, sussurrò alla ragazza. Pochi attimi dopo, la campanella trillò nuovamente, e Ron li guardava da dietro il vetro incrinato.

Prima, non si era accorto di quanto fosse crepato. Gli era sembrato il negozio di sempre, così allegro e mistico, dove perdersi, per poi ritrovare il proprio ego nelle pagine dei libri ingialliti e consunti.

Ma tutto cambia..

Si, come aveva detto McPhuff, tutto continuava a cambiare, a volte non seguendo neanche il monotono ticchettio della pendola dell’ orologio. Ed anche il tempo non sottostava più a nessuna legge: scivolava silenzioso dalle tasche della gente, correndo, rallentando, fermandosi.

Era un Mondo alla deriva.

Siamo tornati alla Genesi, gente. E che qualcuno ci salvi. Ma chi poteva salvarli? Gli Auror? Loro stessi? No. Era in atto un processo degenerativo, percorrendo la storia a ritroso, tornando al principio fondamentale di microrganismo unicellulare, senza midollo, senza spina dorsale, succube dell’ elemento che lo tiene prigioniero.

Acqua immersa nell’ acqua, evaporata nei secoli.

Amen, pensò ridacchiando.

<< Perché ridi? >>, la voce dietro di lui venne accompagnata dal solito scampanellio infernale della porta. Si girò.

<< Niente. Avete fatto? >>, domandò ad entrambi. Harry si limitò ad abbozzare un sorriso. Hermione annuì. Così vicini, uno di fianco all’ altro potevano sembrare due fidanzatini in cerca di qualche posticino segreto dove spassarsela tutta la notte.

Così lontani, troppo distanti nei sentimenti che entrambi provavano, troppo giovani per capire realmente i tradimenti dell’ amore.

E Ron sapeva questo, malinconico e addolorato. Ma lui cosa poteva farci? Lui era solo un Weasley. Solo il suo secondo.

E se avesse potuto comprendere il vero dolore dell’ odio, si sarebbe accorto di quanto li detestasse entrambi.

S’ incamminarono silenziosi, non sapendo bene dove dirigersi ( ma si, naturale, al Paiolo Magico ), cercando una strada per essere non più distanti di così. Come il vetro della libreria, pensò Ron. Incrinato. Perché tutto non era immutabile come sembrava. Come il vetro.

 

 

To be continued

 

 

NdA:  I’M ALIVEEEEEEE!! Gente, finalmente ci si rivede! Dopo quanti secoli? Ho perso il conto, sorry. Si, probabilmente vorrete uccidermi (E poi sono io quella che aggiorna in ritardo! NdLy) per questo ritardo mostruoso, ma gran parte della colpa c’è l’ ha questo mio destino avverso che mi vuole tenere lontana dal mio computer! Vi dico soltanto che circa.. un mesetto fa, si, avevo scritto ben dodici pagine di questo capitolo.. e cosa va a succedere????? Formatto il computer e quel bastardo dell’ hard-disk estraibile mi va in pappa e mi perde TUTTI i dati!! T_______T Non sapete la disperazione che mi ha preso, quando mio padre si è ritirato a casa e mi ha detto che non c’ era più nulla da fare per i miei files. Noooooooooo!! ;___;E quindi mi sono detta: visto che mi devo riscrivere quasi interamente il capitolo, perché non effettuare alcune modifiche? Ed eccovelo questo capitolo. Forse rimarrete un po’ con la bocca asciutta alla fine, ma credetemi quando vi dico che se avrei continuato, avrei pubblicato il cap a Gennaio 2004! Non scherzo, perché la scuola mi ruba molto tempo che prima dedicavo alla scrittura (Aaaaaargh maledetto latino!).

Ma venendo a noi, come sempre ditemi se il cap è stato di vostro gradimento o no con una recensione o mandandomi una mail a Pan_z@inwind.it .

Ah, il grande King-sensei mi ha dato il permesso di usare alcuni vocaboli presenti nella sua saga ‘La torre nera’ come Ka = destino. Ok, preparatevi a questo e altro perché i suoi libri mi hanno praticamente sottratto la mia volontà, e sono stata catapultata in un mondo parallelo a questo!

Oggi non ho tempo per inserire anche i commenti, mi dispiace, ma ringrazio tutti coloro che mi hanno recensito lo scorso capitolo ed anche quelli che recensiranno anche questo.

Come lunghezza va bene, Strek?^__^

Ora vado. Ore 20.58 del 14 dicembre. Il prossimo capitolo arriverà presto, promesso.

Alla prossima

Pan_z

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7:Canone Inverso ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

“Dalia nera” è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Tele-Mago Live! è proprietà della sottoscritta e chiunque lo volesse utilizzare è pregato di informarmi^^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellroy le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado, a Valentino poiché pare Cupido, a E., perché è solo un sogno, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

 

Marte è un paradiso

Ray Bradbury

 

 

 

 

Capitolo 7:

Canone Inverso

* * *

Al mio ‘Michelangelus’,

perché lo amo troppo

* * *

 

1

 

Un fulmine squarciò il cielo, cadendo poco lontano da loro.

 

Bellatrix inarcò ancora una volta la schiena per farla aderire meglio al suo bacino, poi ricadde esausta sul petto bianco dell’ uomo della sua notte. Lui la accolse al sicuro tra le sue braccia.

Sospirò silenziosamente.

<< Draco.. >>

Lui non si mosse. Ascoltò il suo respiro farsi pesante, poi aprì gli occhi azzurri.

<< Sono sveglio >>, sussurrò impercettibilmente, ma sapeva che lei non l’ ascoltava.

La pioggia cominciò a picchiettare sulla finestra chiusa del loro luogo segreto. Un giaciglio improvvisato per una passione prorompente. Da quanto erano amanti? Draco cercò di stimarne il tempo esatto, ma questo non poteva essere contato. La sognava ogni notte, ogni dannatissima notte, senza nessun velo a coprire le sue rotondità. E come era eccitante sapere che anche lei stava sognando lui, e s’ inerpicava felpata sullo specchio dei suoi sogni libidinosi, inciampando sulle sue vesti, gemendo silente nel letto a baldacchino del suo Padrone.

E questo era anche un sogno? Non poteva esserne certo, perché alla mattina il calore del suo corpo svaniva, e non gli rimaneva altro che il segno sulle lenzuola candide dei suoi seni pieni e tondi che amava torturare, facendo scivolare una mano sui suoi capelli corvini, sentendone la setosità, l’ odore di vaniglia.

La leggera pioggia di fine estate si tramutò in un temporale. Ballatrix aderì di più ai suoi fianchi, ponendo un ginocchio fra le sue gambe. Draco la lasciò fare, chiudendo gli occhi, assaporando quel momento di pace, un piccolo spiraglio di Paradiso nel suo Inferno personale di ogni giorno, torturandosi attimo dopo attimo, continuando a sentire le loro voci gridare di sorpresa. Poi di dolore.

 

Aiutateci!

 

Ma chi avrebbe potuto aiutarli? Lui? No, lui no, e non perché non volesse, ma perché era la sua natura. Dopotutto erano sporchi figli di babbani. Cosa importava al tumultuoso e frettoloso mondo di pochi babbani in meno? Spesso si chiedeva perché si fossero tanto agitati per ciò che era accaduto in quella scuola, quando l’ illustrissimo idiota del Ministro della Magia era il primo ad allontanare le voci della rinascita del Lord? Quelle voci che erano partite dal Preside della scuola e dai suoi stupidi valletti! Ora non passava giorno che la Gazzetta del Profeta sparlasse di tutta la gente morta, profanandone la memoria, non accorgendosi di ripudiarsi contro tutti i suoi peccati.

Sul volto giovane di Draco spuntò un sorriso amaro.

Si chiedeva tante cose, molte delle quali non avevano risposta, tante non osava neanche pensarle per paura che lei le intercettasse con il suo maligno potere mentale.

La pioggia continuava a cadere, rendendolo inquieto. Ogni volta che vedeva lui diventava inquieto. Ogni volta che lo chiamava per nome, alitandogli sul collo, lasciandogli un ulteriore marchio nell’ anima, facendolo sentire sporco. Più di quanto non lo fosse già. Non avrebbe più voluto che lo toccasse così spudoratamente, davanti a lei, a tutti i Mangiamorte, umiliandolo, facendo si che egli contraesse la mascella in quel sorriso sforzato che era proprio di suo padre.

Lo odiava. Non solo per avergli strappato l’ infanzia (odiava anche Bellatrix per avergli strappato la verginità così precocemente ma, non poteva negarlo, gli piaceva), ma per avergli insegnato a riconoscere il vero odio, il canto silenzioso di un violino, il cui gemello strilla la stessa melodia in una rapida discesa dettata da un dolorante canone inverso.

Ora che sapeva odiare, tramutava ogni sentimento diverso dalla passione e della bugia in rabbia, astio e vendetta. Ora odiava.

A volte si ritrovava a passare a rassegna tutti i volti che gli erano passati davanti in quei diciassette anni. La maggior parte di quelli non li avrebbe più rivisti, di alcuni –neanche se avesse vissuto mille anni- non ne avrebbe mai ricordato il nome. Quelle poche reminescenze di persone che rimanevano nella sua testa erano suo padre, sua madre, Harry Potter, la saputella di una Granger, e gli schifosi Weasley. Sapeva di poterli odiare tutti e lo faceva senza nessuna remora. Specialmente quel ficcanaso di un Potter e i suoi amici. E come andava fiero dei suoi amici!

 

A questo mondo non servono amici per lenire le proprie ferite

 

Hai ragione papà, pensò accarezzando con la punta delle dita il volto della sua donna. C’è qualcosa di più efficace dell’ amicizia. Sorrise maliziosamente. Fuori spioveva. La notte era ancora nel pieno della sua corsa verso il sole, e il sonno di Draco non sembrava volerlo raggiungere.

<< Dormi? >>, gli chiese una voce impastata.

Sospirò << No >>

Bellatrix si mise seduta sul busto di Draco, facendo scivolare le coperte dal suo petto. Lo guardò con i suoi occhi penetranti, come un felino che si avventa sulla sua preda << Perché? E’ per quello che ti ha fatto oggi, vero? >>

<< No.. >>, rispose, evitando il suo sguardo.

<< Ti trovi in una posizione scomoda per evitare il mio sguardo, signor Malfoy, quindi ti conviene darmi una risposta. È per il nostro incarico? >>

Draco la guardò. Non poteva sottrarsi a una sfida, anche se la sapeva persa in partenza. << Si >> Bellatrix sbuffò rumorosamente, inginocchiandosi accanto a lui.

<< Non devi, quando hai me >>

<< Si certo ho te! >>, disse ironicamente << Ho te adesso per scoparmi. Tra qualche ora sgattaiolerai nel suo letto, riservando a lui il mio stesso trattamento! Hai ragione, mi sento umiliato da quello che mi ha fatto, potrei ucciderlo per questo.. >>

<< Ma non puoi >>

Draco continuò << Mi sento arrabbiato per l’ incarico che mi ha dato e impaurito allo stesso tempo perché se ritorno a mani vuote è probabile che non le riavrò più indietro! Le troverò impacchettate sul letto, così da sporcarlo del mio sangue! >>

Stava urlando, forse cercava di spaventare Bellatrix, ma lei era forte e testarda. Quasi quanto lui. Rimaneva impassibile a guardarlo sfogare la sua rabbia, quell’ odio che aveva tentato di riversare su di lei quel giorno nella Londra babbana.

<< Ti rendi conto di cosa pretende? Una Metamorfomagus! E cosa pretende da te? Che mi segui come se fossi la mia ombra! Adesso ho te, posso avere il tuo corpo, ma la tua anima-come la mia, d’ altronde, appartiene a lui! >>

Respirò a fondo. Aveva il fiatone per la sua sfuriata e sapeva che lei questa volta non aveva voluto contentenere i suoi sentimenti. Sembrava che lei sapesse esattamente quello che voleva. Non era soltanto perché poteva leggere nella mente altrui, ma perché erano legati da qualcos’ altro diverso da un patto di passione. Un sottile legame che scorreva impetuoso nelle loro vene. E continuavano a farlo fluire dentro di loro, incapaci di allontanarlo dalla loro testa neanche quando facevano l’ amore, acquistando coscienza dei loro atti.

 

Lo sai che è un incesto, no?

 

Lo sapevano.

<< Quando tornerai le tue mani non saranno vuote, perché hai me. E quando hai me, sai dove cercare. >>, gli disse Bellatrix, prendendogli le mani e posandosele provocatoriamente sui seni. Draco rise. << Io non ti appartengo. Tu non mi appartieni. Ma siamo solamente noi in queste notti, e per questo sono nostre. È il nostro destino e tu devi lasciarlo andare. >> Draco lo sapeva. Inarcò comunque un sopracciglio. << Il tuo è un compito difficile, ma se saprai portarlo a termine avrai la sua fiducia. È più allettante, non trovi? >> Si passò la lingua sulle labbra. Draco Malfoy scosse appena la testa. 

<< Tu non trovi invece che sia più allettante scopare con me? >>, disse queste parole distendendosi su di lei, facendola sorridere. Dopo non ci fu più spazio per le parole, né per i pensieri. Draco sapeva che allo spuntare del Sole sarebbe andata via, sapeva che sarebbe andata da lui. Si sarebbe fatta carezzare dalle sue mani, denudare con i suoi occhi iniettati di sangue.

In altri tempi, forse, sarebbe stato geloso. Ma adesso era un altro presente, e si sarebbe accontentato della sua fugace presenza sotto il proprio corpo.

Forse in altri tempi, avrebbe fatto qualcosa per sottrarla alle sue carezze moleste.. ma loro cosa potevano fare? Il loro non era neanche amore. Era pura follia, distillata nelle notti afose di un’ estate che andava scemando con l’ ultima corsa della luna di Agosto. E come l’ alcol, più ne bevevi, più ne avevi voglia. E seppur quello fosse stato un incesto, a loro non sarebbe importato.

 

2

 

<< La Gazzetta non fa altro che parlare dell’ attentato >>

Hermione storse il naso, continuando a sorseggiare il suo boccale di Burrobirra. 

<< Come se non ne sapessimo già abbastanza.. >>

Harry si guardò intorno, sospettoso. Il locale odorava di muffa e di aria stantia, ma era stato sempre così. O no? Quanti anni erano passati dall’ ultima volta che si era seduto in quel pub?

Gente. Maghi. Babbani. Erano tutti lì, ed Harry avvertì la solita sensazione di vertigini, come in un dejà-vù, un continuo susseguirsi di eventi già vissuti.

<< C’è qualcosa che non va? >>. Guardò Ron, incerto su cosa rispondergli. In fondo lui era il suo migliore amico! Aveva condiviso emozioni di gioia e terrore con il penultimo dei Weasley, scorrazzando per i corridoi sinistri di Hogwarts, sotto il mantello dell’ invisibilità, alle lezioni di Difesa contro le Arti Oscure. Ma qualcosa era mutato, con l’ andare dei minuti, tutto in una frazione di secondo, come un vaso che cade a terra, sfuggevole dalle mani e dagli occhi umani, troppo veloce. Il cambiamento.

Ron continuò a guardarlo preoccupato. Harry si chiese perché diamine lo guardasse con quegli occhi patetici. Aveva bisogno di tutto, tranne che la compassione. << E’ tutto a posto. E comunque è sempre meglio tenere gli occhi aperti >>, disse sorridendogli sfuggevolmente.

<< Figli di puttana.. >>

Si girarono allibiti. Hermione si stava rimettendo gli occhiali sul naso, imprecando a bassa voce contro una pagina del quotidiano. Harry scoppiò a ridere. Non era comune di tutti i giorni sentire una parolaccia uscire dalla bocca della ragazza.. eppure era sempre così buffa, con quel suo marcato accento inglese che le conferiva un aspetto tipicamente aristocratico.

<< Herm! Non è certo da te… >>

<< Oh, sta’ zitto Weasley! >>

Harry smise di ridere, asciugandosi una lacrima sulla guancia.

Puzza di guai.

Hermione non chiamava mai i suoi amici per cognome, né tantomeno Ron. Il suo tono di voce stizzito, i suoi occhi penetranti e felini gli ricordavano troppo Malfoy, e facevano bruciare le ferite del suo animo.

<< Non posso crederci! “Il Ministro della Magia incolpa il direttore della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts  per essere stato così imprudente a non rendersi conto dell’ imminente pericolo che minacciava i suoi studenti..” >>

<< Hai ragione. Sono dei figli di puttana >>

<< Zitto Ron >> Harry avvicinò la sedia al tavolo rotondo di legno a cui erano saduti.

<< Continua >>

Ron mise il muso. << Si certo, sto zitto! E quando mai faccio il contrario, io! >>

Hermione lo guardò avvilita e cupa, poi riprese << “ Un pericolo tanto evidente, gridato a tutto il mondo dalla voce silenziosa del bambino sopravvissuto, che tuttavia solo il Ministro ha saputo cogliere e interpretare, essendo stato suo amico e confessore negli ultimi anni di scuola. Così Percival Weasley ha parlato stamane ai microfoni di ‘Tele-Mago-Live!’, annunciando una delle sue decisioni più stentate, ma che di certo gioverà all’ intera generazione di nuovi maghi. Continua a pagina 4-5-6-7”   E’ indecente >>

Harry annuì, sperando di sembrare calmo e quieto. Ma la rabbia e l’ odio crescevano dentro di lui. Come osavano parlare male di Silente? Dopo che aveva ripetutamente avvertito il Ministero e quell’ idiota di Caramell della rinascita di Voldemort?

<< Si sono tirati la zappa sui piedi! Pensano che il mondo –almeno quello magico- non abbia letto tutti gli articoli degli anni passati? >>

<< Silente aveva capito subito quello che era successo! E, cosa più importante, aveva creduto alle tue parole, Harry! Loro ti hanno diffamato per.. per.. non so più quanto. Hanno mandato anche un inquisitore ad Hogwarts! >>, Ron stava gridando, attirando l’ attenzione su di loro. L’ unica cosa che dovevano evitare. Silente era stato chiaro in proposito: se i Mangiamorte volevano uccidere i Maghi e i Mezzosangue, avrebbero cominciato da loro. Harry gli sferrò un calcio in uno stinco.

<< Abbassa la voce, Ron. Ricordati che siamo in un luogo pubblico >>, sussurrò di mala grazia nel suo orecchio, strattonandolo. Poi, con un cenno sbrigativo, disse agli occhi invadenti di ritornare alle loro faccende. Guardò ancora una volta sbieco Ron, poi riprese a sussurrare << So bene che si stanno tirando la zappa sui piedi e che Silente credeva –e crede- in me, ma non penso che la gente smetterà di leggere la Gazzetta. E poi, so che voialtri conoscete il direttore di Tele-Mago.. >>

<< Rita Skeeter >>, dissero contemporaneamente Ron e Hermione. Si guardarono ridacchiando. Harry incrociò le braccia, annuendo pensoso.

Silenzio.

No, non proprio silenzio.

*Tutto* si stava muovendo attorno a loro, frenetico, rumoroso.

E non c’era reale silenzio tra i loro corpi, nelle loro orecchie. Avevano l’ obbligo di stare all’erta.

Ma erano tutti *dannatamente* silenziosi, e alle loro anime giungevano parole come echi da terre lontane. Erano in una certa maniera sbieca lontani.

Nella percezione di realtà, nell’ idealismo di tutti i giorni. Non come erano stati un tempo.

*Amici* ..

.. disposti a tutto, anche alla morte, seppure all’ epoca fosse stato un concetto così effimero.. quanto vero e imminente..

Qualcosa, costantemente, negli anni –anche nei singoli minuti, cambia. Muta il proprio aspetto originale, trasformandosi in una macchia chiaro-scura corrispondente all’ ignoranza. E non si sa cosa sia accaduto.

 

*Il caminetto acceso.

Il calore di corpi disperso nell’ aria.

Aria insolitamente intrisa di malinconia.

Non c’è silenzio. Tanto rumore, urla di bambini, risa di uomini..

.. donne..

.. un bambino che gioca *silenzioso* con degli occhi azzurri..

E dei capelli neri. Scuri come l’ ebano.

Black.

“Ciao piccolo Harry

.. sentirsi a casa fra quelle braccia ricoperte di neve ..

“Dillo per me: zio. Z-i-o!”

“.. i-i-o..”

Custode segreto.

“Ehm.. si quasi”

“Ha solo sei mesi, sir! Lascialo stare, povero tesoro”

Solo sei mesi.

E allora? Mi assomiglia più di quanto pensi, dolcezza”

L’ amore di una madre per il proprio figlio.

L’ affetto paterno di un *amico*.

Perso nelle sabbie del tempo*

 

<<.. e la sabbia, il mare! >>

<< Come hai detto? >>. Harry sbattè più volte le palpebre, sentendosi scalfire gli occhi dalla luce.

Hermione lo guardò disorientata, mentre con un dito si aggiustava gli occhiali sul naso.

<< Mentre il signore era scomparso nel suo mondo fantastico, noi –nient’ altro che umili popolani- abbiamo pensato di lasciare perdere la politica e di goderci l’ immaginaria sensazione del mare e delle onde che s’ infrangono sul bagnasciuga.. hai presente no? Slash slash.. >>, si prese beffe di lui Ron. Harry mise il broncio tentando di rimanere il più serio possibile. Tutta quella situazione era ridicola. E assolutamente irritante. Era sparito per un po’, e allora? Qualcosa l’ aveva attratto al di fuori del concetto di ‘roba materiale’.

<< Smettila, non sei divertente! >>, gli rispose aspro. << Ogni persona al mondo ogni tanto si va a fare un bel giretto. *Ogni persona comune*. Dov’è il problema? >>

<< A dire il vero, il primo –ed anche unico problema che mi viene in mente, è che tu non sei affatto quella che usualmente si annovera come persona comune! >>, gli sibilò crudelmente di rimando, esibendo un ghigno. Harry digrignò i denti.

E così lui non sarebbe una persona normale? Cosa c’era di *anormale* in lui? Aveva un cuore, i polmoni erano al posto giusto, così anche gli occhi, la bocca, il naso. Poteva fare la differenza una saetta scolpita nel mezzo della fronte? Per i Weasley non c’ era mai stato da chiederselo.

Ed ora lui, il suo migliore amico, gli rinfacciava il suo essere quel fottutissimo bambino sopravvissuto! Forse era tutto sbagliato, ma ormai, dopo sette anni, poteva più importare? Poteva, ancora una volta, il suo passato intromettersi nella sua vita? Interporsi fra di loro, che erano stati più che amici, inseparabili anche nel momento del bisogno?

I Weasley erano parte della sua vita.. ma si stava accorgendo di quanto si stessero allontanando da lui.. a poco a poco. Prima Percy, poi Ginny.. e poi Ron?

<< Adesso smettetela! Non avete più l’ età per certe stronzate! >>, Hermione agitò davanti ai loro occhi la bacchetta di Salice che poi poggiò sul tavolino, dopo aver sortito l’ effetto sperato. Entrambi i ragazzi sapevano che non c’era da scherzare con la magia di quella strega.

Ron grugnì, mostrando la lingua al suo compagno. Harry sospirò mesto, allontanandosi ancora con la mente, vagando in uno spazio perduto, l’ unico posto in cui si sentisse veramente libero. Eppure c’ erano delle volte in cui neanche quei luoghi così lontani e remoti nel tempo riuscivano a farlo sentire vivo, al contrario di come era nella realtà, poiché non era più padrone di se stesso. Sentiva le energie fluirgli via dal corpo, ed una voce soave, leggera come la brezza dell’ oceano, lo invitava a lasciarsi andare. Ma a cosa? Certo Harry sarebbe stato più che felice di assecondare quella fluttuante essenza effimera, dopotutto era quello che segretamente cercava nel suo vagare senza méta in luoghi indefiniti. Eppure sapeva di non potersene definitivamente andare. Doveva mantenere quel poco di dignità che gli rimaneva.. per cosa, poi?

 

Bisogna sperare

 

A sentire Silente, c’era ancora qualcosa in cui sperare.

Ma la verità non era certo l’ illusione che il preside voleva propinargli. Il vero problema è che non c’era verita in quello che stava accadendo, né tantomento un senso logico. Quale concetto ideologico avrebbe dovuto esistere per giustificare la morte? La morte non guardava in faccia a nessuno, e mai avrebbe chiesto scusa, mai si sarebbe ricreduta, altrimenti a quest’ora i suoi genitori sarebbero ancora vivi, e lui non si sentirebbe così solo.

Infondo lui era *realmente* solo.

Prima c’era Cho. Era lei a prendersi cura di lui. E, non poteva negarlo, a lui piaceva da morire. L’ amava. Ma forse l’ amore è un’idea troppo illimitata di masochismo perverso, niente di più di un processo di reazioni chimiche, biologiche e fisiche, soprattutto fisiche.

Ma prima ancora di Cho, c’era stata Ginny. L’ ultima, indifesa creatura dei Weasley. La più piccola ed anche la più sciocca. Lei era solo una tenera vergine in cerca di conforto, troppo scossa dalla dura realtà che la circondava: la povertà, l’ ingiustizia, i pregiudizi. Voleva solo un fottuto conforto.

E adesso si chiedeva perché cercò in lui quello che non poteva avere dai suoi fratelli, sempre impegnati a fare finta di ignorarla, costantemente occupati per abbracciarla e ricordarle, almeno una volta, che loro erano lì? In verità, quei cosiddetti fratelli non c’erano. Non per lei.

Ma allora perché proprio lui? Perché abbandonarsi nelle braccia di un dannatissimo ragazzo affetto da ossessivi desideri? Era solo un ragazzo! E lei una bambina.

Stupida bambina!

 

<< Comunque credo che dobbiamo ritornare al nostro discorso iniziale >>

<< Politica… politica.. come se non esistesse altro, Herm! >> Ron roteò l’ indice attorno alla tempia sinistra. << Esiste qualcosa di molto più interessante… >>

<< Non lo metto in dubbio, *carino*, ma abbiamo dovvero lasciato in sospeso questioni ben più importanti. Guardate qua.. >> Hermione aprì il giornale alla pagina 5 della Gazzetta, portandosi una ciocca di capelli ribelli dietro l’ orecchio, sotto lo sguardo attento del rosso. Ad Harry le sue occhiate non sfuggirono e sorrise compiaciuto.

<< Cos’ altro dice? >>, le chiese puntando il dito sulle righe d’ inchiostro nero, affianco alle quali spiccava in bianco e nero, lo smagrito volto del Ministro della Magia.

Hermione si portò una mano sulla bocca. Le si dilatarono le pupille, ma il panico passò in fretta, lasciando il posto a una sensazione di rassegnazione.

<< Quello che avremmo dovuto aspettarci da tempo.. >>

Ron e Harry si guardarono negli occhi.

Forse una volta si sarebbero accorti di quanto fossero diversi. Ma in quel momento, le introspezioni non erano certo il loro problema principale. Abbassarono lo sguardo sul quotidiano, cercando di non staccare gli occhi dalle righe e dalle colonne d’ inchiostro magico.

E poi lessero tutto quello che era menzogna.

E già pensarono alle conseguenze.

 

 

3

 

I loro passi riecheggiavano sinistri nell’ ambiente opprimente del corridoio dell’ Ala nove.

Ala nove

Ancora si chiedeva come aveva fatto a non vedere. Era lì, sotto i loro occhi, era il luogo più insospettabile di tutto l’ edificio, il più sicuro. Era ben nascosto agli occhi altrui, ma d’ altronde la vista degli altri non era come la loro.

Loro erano Mangiamorte.

Obbedivano a Vol-de-mort, il ladro della morte (Voleur de la mort, in francese NdA) e forse, tutti si aspettavano una qualche riconoscenza da partre sua. Ma quale regalo si sarebbe potuto avere da un non-morto? Da quel fottuto pezzo di merda? Non era altro, non poteva essere altro.

<< Se ti sentisse… >>

Solo un sussurro.

Alcune goccie d’ acqua ristagna caddero dal soffitto, poggiandosi sul pavimento grigio e umido, morendo con un piccolo rumore impercettibile. Ma poteva morire una goccia d’ acqua? Era solo uno degli elementi che compongono il pianeta, null’ altro che una combinazione chimica, soltanto una parte della natura latente.

 

* “Non vivo, non morto.

Se tu mi uccidi, soccomberemo insieme”

Figlio di puttana*

 

Draco scosse la testa tentando di scacciare via la visione che gli aveva attraversato la mente. Scacciare via ogni ricordo legato a lui.

Si chiese se fosse giusto pensare a *quello* dopo così tanto tempo.

Ed in quel luogo, per giunta. No, non era nel posto giusto per concedersi alle rimembranze.

Bellatrix lo guardò sottecchi, annuendo enigmatica ai suoi pensieri. Anche lei, a volte, si dilettava nell’ emanare flash-back della sua vita. Non che potesse aggrapparsi a molti ricordi: gli unici che conservava risalevano alla sua giovinezza, quando poteva dire di essere davvero giovane. Ora non lo era più, consumata ogni giorno dalle maledizioni che lanciava contro i suoi rivali.

Rivali? No, i suoi non erano rivali. Erano soltanto gli altri, diversi, inferiori talvolta. E lei toglieva loro la vita solo per il semplice gusto di essere vendicativa, contro tutto quello che la sua esistenza le aveva fatto. Era una lotta impari.

<< Mi chiedo perché qui mi debba sentire così.. così.. >>

<< Impotente.. >>

Ancora una volta un sussurro, più presente questa volta.

<< E mi chiedo anche cos’abbia in mente quel pazzo.. il primo settembre si sta avvicinando >>

Draco la guardò, voltando appena la testa. Bellatrix gli riservò un amaro sorriso. Neanche lei sapeva. O forse conosceva parte dei suoi progetti.

<< Penso che conosceremo presto i piano del Signore, Malfoy.. specialmente dopo quest’azione >>

Malfoy

Adesso Malfoy, questa notte Draco.

Puttana!

<< Grazie >>

<< Prego, Lestrange >>

Ghignò. Lei gli rivolse uno sguardo di sfida. Osava sfidarlo? Avrebbe pagato le conseguenze a breve.

L’ aria continuava a essere irrespirabile. Ogni angolo del lungo corridoio –sicuramente incantato per apparire più sporco e vecchio di quanto sembrasse- era ricoperto da grandi ragnatele. Prima ce ne andiamo di qui, meglio è, pensò il ragazzo. Quel posto lo metteva in soggezione.

 

Ad un tratto si fermarono. Vi era una biforcazione: da una parte una scalinata cigolante e poco stabile, dall’ altro lato il passaggio continuava senza che se ne vedesse la fine.

<< Dove andiamo? >>

Bellatrix chiuse gli occhi, portandosi una mano in tasca. Draco vide cosa ne estrasse, non riuscendo a capire bene la sua funzione. Era una pergamena dal colore dell’ avorio invecchiato, sul giallognolo. Si sporse sopra la sua spalla ber sbirciare sul foglio, e rimase stupito vedendo che era completamente bianco.

<< A cosa ti serve un pezzo di carta per decidere che direzione prendere? >>, domandò con una punta di sarcasmo.

La donna non lo degnò di risposta, il che fece indispettire Draco. Certo, non era più l’ inflessibile Malfoy di una volta con lei (ed anche con gli altri), ma aveva conservato gran parte del suo orgoglio e della sua dignità tramandatagli dal padre e di questo non andava fiero: non poteva certo farsi mettere sotto da un stupida donna! Era sempre più convinto che l’ avrebbe pagata cara…

Bellatrix, nel frattempo, aveva estratto la bacchetta dalla tunica. << Mangiamorte >>, sussurrò e, come se fosse stato un comando, sul foglio cominciarono a comparire linee rette e una scrittura illeggibile. Solo in seguito spuntarono dei pallini rossi in un antro che, si accorse, si trovava alla fine del corridoio che stavano percorrendo.

<< Una mappa? >>

Lei sorrise. << Piccoli segreti di famiglia >>

<< Come scusa? >>, inarcò un sopracciglio.

<< Dì grazie allo zio Sirius… >>

Dracò si congelò all’ istante. Non si curò nemmeno della risata pungente della ragazza; il solo sentire pronunciare quel nome gli faceva ribollire il sangue nelle vene e le viscere gli si rivoltavano.

<< Andiamo >>

*Decisa. Ferma. Statuaria.

Come non amarla?

Ma Draco l’ amava?

Poteva amarla?

.. non con un cuore di ghiaccio*

 

Sempre più buio. Buio fitto dappertutto.

Forse non dovunque.

Dopo una lunga camminata nell’ oscurità, luce fu. Una piccola botola nel pavimento  da cui scaturiva un’ illuminazione fioca. Come non notarla? Balzava subito agli occhi cerulei, quasi identici, dei due Mangiamorte.

Bellatrix si fece avanti; Draco la seguiva a ruota.

Alzò il coperchio del passaggio segreto silenziosamente. Draco si aspettava già qualche sinistro cigolio, e invece Bellatrix sembrava sicura di quel che faceva.

Mormorò qualcosa all’ asse marrone che stringeva a stento nelle mani bianche, e, subito dopo, comparve una scala. Una vecchia, pericolante scala a chiocciola.

Il giovane avrebbe tanto voluto chiederle se era proprio necessario imbarcarsi in quell’ impresa titanica di scendere tutti i gradini, ma poi si disse che era meglio tacere.

*Gradino dopo gradino.

Il suo corpo sinuoso dinanzi a lui.

Le anche ondeggianti, il corpo da bambola.

Non perfetta, non umana.

Gradino dopo gradino-

solo il silenzio.

Come non amarla?

Come non scoparla tutte le notti?

Silenziosamente, come un serpente.

Gradino dopo gradino.

Dopo una traversata instabile, la terra ferma.

.. come non concedersi a lei?

Domanda persa nel silenzio*

 

Voci.

Voci agitate.

Voci concise.

Una porta introvata si stagliava discreta sulla parete grigia del sotterraneo. Recava una solo numero sul legno scuro: “47”

*Inquietante*

Mormorii confusi, sempre più a voce bassa.

I due Mangiamorte rimasero immobili davanti all’ entrata, in attesa, probabilmente, di un qualche segnale che avrebbe decretato la loro entrata in scena.

Taciti rumori.

Bellatrix guardò glaciale il suo compagno, scuotendo appena la testa.

Draco abbassò la maniglia d’ottone, immeggendosi nella luce vivida del mattino.

Per ultima cosa vide la ragazza mostrare gli incisivi bianchi premuti sul labbro rosso, così da sembrare un vampiro, pronto ad attaccare la sua preda.

*E chi è questa volta?

Non lui.*

 

Silenzio.

Regnava, ora, incontrastato senza chiedere loro il permesso.

In fondo, non ce n’era stato bisogno.

Silenzio, per testimoniare la morte in quella stanza, dopo il loro passaggio, i messaggeri della dea con la falce. Silenzio, per gratificare il loro operato.

Uscirono dalla stanza dalle cui finestre filtrava luce rossa. Del sangue era schizzato sui vetri. Sangue di Mago.

Solo uno dei tanti uccisi per uno scopo comune.

*Vendetta*

Draco chiuse dietro di sé la pesante porta marrone, aggiustando di malagrazia la posizione scomoda della donna dai capelli viola sulla sua spalla. Ora non gridava più. Non dopo la Cruciatus di Bella.

E poi, di certo, non poteva rovinare quell’attimo.

Istante di gloria e sangue –non di vittoria- per i due lacchè vestiti di nero.

Non avrebbe dovuto disturbare il silenzio.

Lo scopo comune.

Solo la pace, senza più tormento.

*Ripercorrendo la scala.

Il corridoio vuoto.

Un magico –puf- ed erano spariti.

Niphoadora li aveva visti, ed aveva taciuto.

C’era solo il silenzio*

 

 

4

 

<< Signore.. >>

Sono tua

<< Mio Signore.. >>

Ti amo

<< Lord Voldemort >>

<< Mh.. >>

Aprì titubante un occhio, sbattendo le palpebre più volte, infastidito dalla flebile luce della candela accesa sul piccolo comodino d’ avorio.

L’ uomo biondo rimase basito dal colore rosso vivo delle sue iridi.

Sangue puro.

Anche se nella sua infanzia c’era ben poco di puro.

*Bambino cattivo*

<< Padrone.. >>

<< Cosa vuoi? >>

<< V-volevo solo avvertirvi che Malfoy e Lestrange sono ritornati.. >>

Voldemort si mise a sedere sulle soffici coperte di seta bianca. Strano come quel colore così illibato stonasse con la sua anima nera, malvagiamente subdola, libidinosa e imputata dei più malefici peccati sessuali, di quelli che neanche il Padre Eterno osò pronunciare per una semplice ragione di pudore.

Era il Mago della violenza.

*Giochi sporchi sotto false spoglie*

Un sorriso –se così poteva essere definito, forse meglio un ghigno- comparve sul suo volto bianco e incredibilmente giovane.

<< Bene.. >>

Il giovane restò interdetto, a un passo dall’ uscio.

<< Ebbene? >>

Cosa vuoi?

Era difficile da dire, probabilmente impossibile aprirsi a lui. Confessare i propri timori, liberare il peso dell’ anima. Il Mangiamorte non sapeva cosa doveva rispondergli. Rimaneva fermo con la bocca contratta per lo sforzo di non piangere.

Era un Mangiamorte, senza lacrime, senza cuore.

Esistevano poche e basilari regole –impartite a tutti loro quando sono stati marchiati- per vivere una vita da Esseri delle Tenebre; una di questa era quella di non fare domande, né tantomeno a Lui.

Allora come, si chiedeva il giovane biondo, alto e vestito con un saio nero, sotto il quale spiccavano i muscoli scolpiti del torace e del basso ventre, poteva continuare a sopravvivere con le miriadi di domande che gli martoriavano la testa, forandola ora dopo ora, provocando altro dolore?

<< Io… >>

Voldemort ghignò, passandosi una mano sul volto ispido.

<< Sparisci, verme. Non saresti neanche degno di essere un Mangiamorte! >>

L’uomo abbassò il volto, frustrato.

Si, forse non lo era.

Forse non l’ aveva mai voluto essere.

Mangiamorte

<< Convoca Malfoy e Lestrange nella Sala grande e, quando sarai uscito di qui, farai meglio a guardarti le spalle se non vuoi continuare a vivere con il peso di una Maledizione senza Perdono sulla coscienza.. sempre che tu ne abbia una.. >>

Risata malefica, sguardo omicida, voce di un non-morto.

Si girò con un piccolo inchino, spalancando la porta marrone, scomparendo dietro di essa, nell’oscurità di quel giorno piovoso d’Agosto.

L’uomo sentì un sospiro di sollievo quando non fu più nel raggio d’ ‘azione’ del Signore Oscuro, ma sentiva nella sua testa il raggelante eco delle sue parole di sangue.

Maledizione senza Perdono.

Si fermò a metà strada, acuendo la vista e affinando l’udito. L’aria era immobile, irrespirabile.

Si guardò le spalle, come gli era stato suggerito. Si avviò soltanto quando fu sicuro di non sentire più la risata oscena di Voldemort che accompagnava la sua caminata soldatesca.

Erano soldati sotto il comando di un pazzo.

Ma forse anche loro erano pazzi.

Forse non l’avrei mai voluto essere

Camminò più velocemente, intimorito dall’ avvertimento del suo Padrone. Si sentiva in trappola, come gli altri soldati, come se fosse già in battaglia.

C’era un nemico. Ci sarà una guerra.

Il punto era nell’individuare la ragione per fare un combattimento.

Per lui non c’era.

C’era soltanto un nemico. E quello probabilmente era Voldemort. Lo stesso Voldemort che lo inseguiva con il suo ghigno spaventoso anche nei sogni. Anche lì in quel corridoio di pietra.

sempre che tu ne abbia una..

Aveva un’anima, si. E su di essa gravava già una maledizione.

La sua maledizione..

.. Voldemort..

 

Continuò a camminare, impaziente di vedere Lestrange e Malfoy e di sparire per un po’. Uscire fuori e respirare aria che non sapesse di Lui.

Si, la sua maledizione personale…

 

 

To be continued

 

 

Note dell’autrice:

Lo so che vi ho fatto penare per avere questo capitolo e chiedo umilmente perdonoooo….t__t

Forse come contenuti è anche piuttosto povero, ma giuro, prometto, che nel prossimo cominceremo a vederne delle belle. Forse ci ritroveremo anche nella bella Hogwarts!:)

Avete visto? In questo cap fa la sua apparizione la ‘stramba’ Nifoadora. Perché? , chiedetelo a Voldemort… lui e i suoi pazzi piani di conquista… (Ma chi io??! NdVoldemort) (Noooo ma figurati, noi!! Ndlettori *indignati dalla crudeltà e falsità del Signore*)

Hei hei solo tre recensioni per lo scorso capitolo?? E io che sudo sette camicie per dividermi fra scuola e lavoro e voi nemmeno mi commentate?? TRADIMENTO! Ok ok mi ricompongo.. stavo scherzando!:) Cmq, vediamo un po’ chi è che mi ha recensito…

-Kiara: Ohh cara, devo dire che la tua rece mi ha lasciato con un bell’interrogativo sai? Cioè, non ho ben capito se la fic ti piace o no… @__@ , non so forse sono io che mi pongo troppi problemi^^

Cmq spero che questo ti piaccia:)

-Strekon: *Maestroooo* spero che anche questo cap sia della lunghezza che *te gusta*:) Il malefico trio? Fammi sapere!

-Eli: ultima ma non meno importante! Ciccì mi è piaciuta tantissimo la tua recensione^^ Ti piace la parte iniziale con i due piccioncini (diciamo così.. ma poi stanno così bene insieme..) ? Spero di si, e spero che anche questo cap ti piaccia. Rispondimi alla mail cara e complimenti per il What if.

Bene, ragassuoli, al prossimo capitolo che spero non si farà tardare come questo.

(Gomen!!) Sono in ritardissimo e devo andare a studiare!

Baci

Pan_z

(16-04-2004-- h.19.56)

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8:Il gioco delle parti ***


TUTTO E’ FATIDICO

TUTTO  E’  FATIDICO

 

 

Disclaimer: Harry Potter non è MIO (Ahimè triste verità) ma di J.K.Rowling e svariate case editrici tra cui Scholastic, Bloosmury, Salani, Warner Bros e così via dicendo.

“Tutto è fatidico” (Everything’s Eventual) non è neanche MIO ma del sommo Stephen King, e quindi è suo di diritto (Vorrei tanto che fosse il contrario..T_T)

“Dalia nera” è di James Ellroy, grande capolavoro del ‘900.

Tutto il resto è invece opera MIA, e di certo non so né la Rowling, né Stephen King, solo una mediocre scrittrice di fan fiction!Quindi chiedo preventivamente venia per tutte le stramberie che scriverò.^.^

Tele-Mago Live! è proprietà della sottoscritta e chiunque lo volesse utilizzare è pregato di informarmi^^

Ringraziamenti: a Stephen King, mio sommo maestro del terrore, a J.K.Rowling mia somma proffa di magia anche se non sono degna maghetta-.-, a Jess Walter e a James Ellroy le cui muse ispiratrici hanno fatto una chiacchieratina con la mia^.^, a tutte le povere anime pie che si sono prese la briga di commentare il frutto della mia mente malata, a Marco che non saprà mai la verità, mio malgrado,  a E., perché è solo un sogno, e poi a me, a me e a me-.-

 

 

Quando si nasce si piange perchè ci si ritrova

 in questo palcoscenico di matti. 

W.Shakespeare

 

 

 

Capitolo 8:

Il gioco delle parti

 

* * *

Al mio Ragazzo di Zucchero,

dolce peccato.

* * *

 

 

1

 

 

Avevano lasciato il saloon poco prima che alcune goccioline di un tiepido temporale estivo riempissero l’aria di echi sinistri.

Avevano camminato muti, ognuno con i propri pensieri, talvolta seri, talvolta impudici, talvolta senza alcun contenuto. Si erano scambiati occhiate sfuggenti, giusto per ricordarsi di non essere almeno *fisicamente* soli ed avevano lasciato la Londra magica ancora più silenziosi di quanto non lo fossero stati all’inizio di quella obliqua mattina di fine Agosto.

Eppure non c’era ancora un completo silenzio, anche se le strade erano semi vuote.

La pioggia scendeva a tratti leggera, a tratti scoscesa; pareva inquieta, come anche la gente chiusa dentro le scatole di vetro dei negozi e dei bar che non si guardava e non osservava davvero quello che accadeva fuori.

La loro mente era diretta verso altro.

Si perdevano nel vuoto sconfinato dell’ignoranza.

Come tutti, del resto.

Babbani e Maghi. Due realtà così diverse, ma tanto uguali in quelle situazioni: una falsa emergenza, ricoperta da vergogna e bugia.

Harry si schifò del Ministero del suo mondo. Come potevano essere così ottusi? Come potevano privare il Mondo dell’aiuto di cui aveva bisogno?

Era tutto un complotto. Una schifosa congiura nei confronti della difesa della propria persona.

Dopotutto, si disse, cos’altro ci si sarebbe aspettato da lui?

Ron avrebbe condiviso pienamente i suoi pensieri, se egli avesse ne fatto partecipe anche lui.

Ma erano troppo distanti.

Troppo diversi, accomunati dal bisogno di sentirsi protetti. Perché infondo era stato sempre così. Anche durante il primo anno, a caccia di quella dannata pietra. E nella Camera dei Segreti. Anche al Ministero, anche a scuola. Accomunati dalla paura, la puzza del sudore sulle fronti intrise del suo odore maleodorante e vergognoso.

 

La metropolitana li lasciò lontani da casa Figg. Avevano preferito i mezzi babbani alle consuete Passaporte o Polveri volanti. Non di quei tempi.

Si poteva rimanere uccisi anche solo girando l’angolo.

Anche ripercorrendo lo stesso percorso quotidiano che porta ad un lavoro *normale*, ad una vita *normale*, alla *normalità*.

Hermione si chiedeva sempre perché lei non riuscisse a ritornare alla sua vita di adolescente, seppur ripercorresse sempre la stessa strada, giorno dopo giorno, ricordando i tempi andati in cui potevano ridere beati all’ombra del frassino sulle rive del Lago di Hogwarts.

Ma ora neanche più Hogwarts era sicura.

Ora che Silente era fuori dai giochi.

 

Arrivarono fradici dinanzi la porta d’ingresso di casa Figg. Harry bussò, cauto, per non aggravare la sensibilità ai rumori della padrona di casa.

La porta venne spalancata con forza, lasciando uscire l’odore insopportabile –ma abituale- di cavolo fritto. Ron storse il naso mentre Hermione si portava una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio.

La signora Figg li accolse frettolosamente, invitandoli sgarbatamente ad entrare. Sembrava piuttosto guardinga nei confronti di quello che accadeva fuori.

I ragazzi entrarono, lasciando alcune goccioline sul pavimento non troppo pulito dell’abitazione. Come previsto, la padrona non ci fece caso. Sully saltò da un divano all’altro quando la pendola battè le sei del pomeriggio, spaventato dal forte rumore.

<< Alla buon’ora! >>

Arabella Rosamund Figg puntò loro contro tutta la sua insoddisfazione e la sua collera. Harry si fece un po’ di coraggio, sussurrando appena:

<< Ci dispiace, abbiamo avuto un contrattempo… >>

<< Contrattempo un corno.. >>

Ron spalancò gli occhi, chiedendosi se avrebbe dovuto essere incuriosito o in collera con quella donna –che egli chiamava amabilmente zitella-. Poteva essere una raffinata dama d’alta società, ma alle volte risultava alquanto antipatica ed acida, come potrebbe esserlo una Maga-nò.

<< E comunque non state lì continuando a bagnarmi la moquette! Filate in camera e dopo vi chiamerò per la cena. March! >>

I tre si avviarono silenziosi verso la scalinata che li avrebbe portati nella stanza che, da qualche tempo a questa parte, condividevano. Harry ne era stato felicissimo, e rimase piacevolmente sorpreso quando l’anziana signora non fece alcun commento sull’ arrivo improvviso dei suoi amici,  ma, al contrario, si era dimostrata cordiale ed ospitale. Si chiedeva sempre più spesso se non soffrisse di doppia personalità. Comunque, pensava, non sarebbe stata così acida ed indisponente se si fosse mai innamorata in vita sua.

Scosse la testa. Chi avrebbe potuto sopportare una donna del genere?

Hermione aprì la porta marrone di legno di ciliegio, fiondandosi sul letto più vicino, bagnando irrimediabilmente le coperte. I due ragazzi la seguirono a ruota.

Ron richiuse l’ uscio, evitando di fare rumore. Erano tutti stanchi e affranti, cercavano solo un po’ di pace. No, si corresse, volevano risposte su quello che avevano letto al Paiolo.

Verità o menzogna? Da quella perfida di una Skeeter non si aspettavano altro che falsità e bugia sul mondo a cui appartenevano, ma non potevano negare che la situazione non era delle migliori.

<< Voi che ne dite? >>, esordì Hermione nel momento in cui Ron si fu accomodato sul letto accanto ad Harry, intento a togliersi i pantaloni bagnati (con una punta di vergogna).

<< Di che parli? >>

<< Lo sai di che parlo, Ron. Dell’ articolo. Vogliono davvero tagliare fuori Silente? >>

Ron fece spallucce, Harry sospirò mesto.

<< L’hanno già fatto, purtroppo per noi. Non capiscono che è la nostra unica speranza! >>

<< Sai, credo di odiare sempre di più Perce. Proprio non lo capisco.. un tempo era una persona diversa, uno studente come *noi*. Ma poi, da quando è stato eletto Ministro.. >>

<< .. è cambiato. Lo sappiamo, Ron. Di certo l’influenza di Malfoy non è stata delle migliori >>

<< E’ stato un bene che sia morto… >>

Hermione si alzò, rovistando nel cassettone della biancheria, cercando qualcosa di asciutto da indossare. Nel frattanto Harry aveva già cambiato i suoi indumenti fradici che giacevano scomposti sul pavimento non propriamente pulito. I capelli neri gli ricadevano ribelli sulla fronte, coprendogli in parte gli occhi verdi che avevano mutato colore assieme al cielo.

Hermione, girandosi, pensò che somigliasse.. ad un angelo?

Non aveva le parvenze di un essere celestiale, con quei suoi capelli neri come l’oscurità che circonda l’ultimo girone dell’Inferno e con quella sua cicatriche che aveva un aria così sinistra.. ma bastava uno sguardo a quei suoi occhi per perdersi.

Quante volte si era persa?

In quella sconfinata bellezza, oceano cristallino.

Quegli occhi.. oh, potevano apparire puri e casti.. tuttavia, un attento esame avrebbe rivelato la vera natura di quello sguardo sfuggente al mondo, che vuole nascondersi dai volti inquisitori di gente sempre uguale.

Quegli occhi..

.. gli occhi di un bambino che aveva provato la crudeltà della vita troppo presto..

Rise fra sé e sé.

Harry non avrebbe voluto che lei pensasse quello di lui. Non voleva la pietà, né la compassione.

O forse non era la *sua* pietà che voleva sentiere..

Harry la guardò, sorridendole appena. Raccolse i suoi indumenti da terra, poi sei fermò sull’uscio, indeciso.

<< Che cosa pensi, Harry? >>, gli chiese Ron con una punta di preoccupazione.

Harry se ne accorse e scosse la testa. Dopotutto chi non lo era?

<< Penso soltanto che ci sia qualcosa sotto.. Voldemort è irrequieto, lo sento dentro di me.. >>, si fermò, ma quando vide le facce preoccupate degli amici continuò. << No, non è come quella volta ai tempi della Umbridge. È che.. >>

<< Cosa, Harry? Lui ti sta facendo qualcosa? Ti fa male la cicatrice?..>>

Oh, Hermione.., pensò, come puoi capire?

*Chi poteva capirlo?

Non i suoi amici, non Sirius, non Silente.

Paradossalmente, le persone che più amava non erano in grado di stargli vicino perché ignoranti, mentre l’unica persona che avrebbe voluto vedere morta riusciva a braccarlo tutte le notti, standogli accanto.

Come farebbe un padre.*

Si maledisse per quel pensiero così sciocco.

Voldemort non era neanche l’ombra di suo padre!

Lui reincarnava suo padre, e non era certamente Voldemort!

Respirò affannosamente, sbattendo il pugno contro la porta. Hermione sussultò facendo cadere gli indumenti puliti sul pavimento, mentre Ron strabuzzò gli occhi.

<< Dannazione, no! Non è la mia stupida cicatrice! È lui, la sua presenza nella mia vita! Mi fa del male, si.. continuamente.. >> Non si accorse nemmeno di stare urlando. Voleva buttare fuori tutta la sua frustrazione, tutta la sua incomprensione. Ma dov’erano finiti i suoi amici? Dov’erano finiti tempi in cui potevano fidarsi gli uni degli altri?

Andati, Harry, non lo sai?

Ti hanno lasciato solo in questo tempo arcano.

Sei solo..

.. come me.

Ancora voci nella sua testa.

Rivedeva volti.. tanti volti di persone sconosciute che gli dannavano l’anima, giorno dopo giorno.

Solo Dio sapeva quanto era grande il suo desiderio di liberarsi dal fardello che portava.

Dio sapeva cosa lui provasse, ed invece Ron ed Hermione no!

Harry avrebbe voluto piangere per questo.. perché Dio non esisteva..

Come aveva detto quella voce?

Era solo.

 

Era una bella voce.. una voce di donna..

O forse no. Era una voce androgina, senza corpo, senza sesso.

Ma era pur sempre una voce melodiosa che si spandeva come il miele sul pane morbido su cui riposare.. il tappeto di petali rossi, come nel ricordo di un sogno.

Cercò di calmarsi, respirando lentamente.

<< Si, Harry.. scusaci.. noi sappiamo quello che provi.. >>

<< No, tu non sai niente Ron. >>

L’aria si era fatta pesante. Scorreva la tensione fra di loro, e non era voluta. Era il destino che controllava le loro azioni. Era il destino che viveva, tutto il resto era morto.

Hermione raccolse gli abiti da terra.

<< Harry.. >>, cominciò titubante.

<< Scusate, non volevo. Troppe emozioni in un solo giorno. >>

Ron si alzò, andandogli a mettere una mano sulla spalla. << Ehi, amico, non preoccuparti. Siamo tutti stanchi di questa situazione, ma non per questo dobbiamo metterci a litigare! Finirà prima o poi… >>

<< Prima o poi, già. >>

Hermione sorrise loro. Forse lei era l’unica che si ricordasse come si faceva.

<< Credo che andrò a farmi un bagno caldo. Dove vai signor Weasley? Ho detto che ci vado io! >>

La ragazza cominciò a correre dietro al rosso che correva come un forsennato verso il bagno.

<< Chi arriva per ultimo mangia i cavoli della  zitella! >>

Harry li guardò uscire fuori dalla sua visuale, ridacchiando sommessamente. 

Chiuse la porta dietro di sé, mentre il mansueto Sully attorcigliava la coda alle sue gambe. Sorrise. Poi seguì il micio che si avventurava per i corridoi di casa Figg.

 

2

 

Il camino da cui uscivano fiamme verdi smeraldo scoppiettò cupamente.

L’ambiente rispecchiava benissimo l’atmosfera non molto allegra che aleggiava tutt’attorno. Le tende rosse sgualcite si alzavano e si abbassavano assieme al vento che penetrava dalle finestre semi-aperte. In realtà la sala non era grande, ma la magia aveva potuto renderla più ampia e spaziosa; questo, naturalmente, aveva aumentato il terrore che essa suscitava.

L’intero castello sembrava avvolto nelle tenebre e nella paura.

Certo era protetetto da incantesimi anti-babbani, ma questi ultimi, seppure si allontanassero senza ragione dall’edificio, provavano un senso d’angoscia e di freddo al cuore, come se non avessero nessun motivo più per ridere o per essere felici.

I Dissennatori circondavano le mura della vecchia abbazia dei Riddle, affamati di anime umane. Voldemort non impediva loro di cibarsi di quell’insulsa feccia che popolava il mondo, ma non voleva guai con il Ministero, non ancora.

 

Al centro della stanza un vecchio calderone arruginito giaceva spento, sospeso in aria da un incantesimo. Pochi mobili adornavano il luogo, fra cui una piccola scrivania su cui vi era un libro dalle pagine incartapecorite, aperto.

Voldemort ricordava bene in quali situazioni apprese i veri segreti che esso racchiudeva. Non si parlava solamente di Magia Nera, ma di veri miracoli della morte. La dea meno ben voluta dell’Olimpo che donava un pezzo della sua immortalità, riportando la vita.

Grazie a Malfoy senior avrebbe riottenuto ciò che gli apparteneva. Grazie al suo sacrificio.

Infondo, cosa cambiava se Malfoy era morto? Era morto *per lui*. Era morto per il compimento di un bene maggiore, troppo elevato chè la sua mente così materiale potesse comprendere.

 

*”Ma Signore.. se è solo per scoparla, esistono modi ben noti..”

“E molto illegali. Non si parla di necrofilia, idiota. Io la voglio viva

“E’ un qualcosa di irrealizzabile, e Voi lo sapete. Quel libro è custodito nella sezione più nascosta del Ministero..”

“Cos’è che più ti spaventa? Il rubare quel dannato libro, o il mio rubarti la tua dannata vita?

Non dirmi che adesso ti crei anche i sensi di colpa? È un po’ tardi, Malfoy. Voglio quel libro entro domani oppure di pure addio alla tua vita e a quella di tuo figlio.”

“Domani? Signore, non posso!”

“Ho il potere di rovinarti, e lo sai. Tu, la tua famiglia, la tua cara moglie che non ci penserebbe due volte ad infilarsi nel mio letto, così come tu pagheresti fior fior di soldi per possedere la bella Bellatrix..”

“Domani, allora.”

“Rimandi solo l’ora della tua morte di un giorno, Malfoy.”*

 

Ghignò soddisfatto.

Dopotutto, l’intera società si basava su infimi ricatti. E poi chi avrebbe potuto astenersi dal toccare la pelle eterea di Bellatrix? Quell’infima puttana da quattro soldi che faceva girare la testa al suo esercito.. ma lei non era certo la sua amante.

Era un gioco, un dannatissimo gioco perverso, fatto di bugie, tradimenti, seduzione..

.. ma non di amore..

Si lasciava sedurre nel suo letto babbano, ma non l’amava. Lei era dedita ad altri vizi con l’ingenuo Malfoy, e lui.. lui pensava ad un’altra. Era un chiodo fisso, il fuoco che ardeva il legno nelle notti d’inverno più gelide in cui si può trovare calore e conforto solo fra le braccia nude di un altro uomo.

Trovava conforto in lei? Probabilmente non avrebbe saputo dirlo.

Ma lei era sua.

Morta per lui, morta su di lui anch’ella.

Ed ora aveva la possibiltà di riaverla, forse in un corpo che non le apparteneva, ma dinuovo in vita. Già pregustava il momento in cui sarebbe sgusciata fra le sue lenzuola come aveva sempre fatto, la *sua* bambina del peccato, così indifesa e volubile.

*Fuoco che arde, spirito che brucia senza contegno.

Un marchio a caldo impresso sulle braccia di entrambi.

Tanta menzogna fra di loro, solo una verità-

Condannati al demonio.*

 

La piccola porta di legno si aprì silenziosa, cigolando appena.

Dall’ombra uscirono, con le loro tuniche nere, i corpi di Draco e Bellatrix che si inchinarono al cospetto del loro Signore. Draco fece un passo in avanti, parlando quietamente:

<< L’abbiamo presa. >>

Voldemort ghignò ancora, soddisfatto.

<< Bene.. dovresti ringraziare la tua amichetta, Malfoy. >>, disse guardando con la coda dell’occhio la facile Bellatrix. << Allora chi è? >>

<< Signore.. si chiama Nimphoadora Tonks, del Ministero. L’abbiamo scovata nell’ala 47 dell’edificio assieme a Ben Kingsley e ad altri Auror. Naturalmente li abbiamo fatti tacere… >>

<< Idioti! >>

Entrambi sussultarono. Voldemort era furente di rabbia. Gli occhi erano –se possibile- ancor più iniettati di sangue, respirava affannosamente.

Lanciò la maledizione Cruciatus su Draco, come per sfogarsi, ma ad un colpo di baccheta di Bellatrix tutto cessò. Egli si ritrovò steso sul pavimento senza fiato e madido di sudore.

Bella gli si strusciò accanto, come un serpente, sfoderando tutte le sue più note armi di persuasione.

<< Mio Signore, questo non guasterà i tuoi piani. Tutti gli Auror presenti sono morti, probabilmente Silente manderà una squadra dell’Ordine sul posto, ma possiamo mettere tutto a tacere con la nostra talpa al Ministero. Per la nostra maghetta nessun problema. Ho usato una pozione polisucco per trasformare il corpo di uno degli auror morti nel suo. Abbiamo tutto sotto controllo. >>

<< Cambia la frase, zuccherino: *hai* tutto sotto controllo. Il tuo bastardo non è riuscito a schivare la mia maledizione. Mi chiedo perché ci siano certi incapaci nella schiera dei miei servi.. >>, disse guardandolo con rancore. Draco in quegli occhi freddi ritrovò tutto l’odio che provava per suo padre. L’odio che *entrambi* provavano, anche se per motivi differenti. Ingoiò tutto il risentimento che sentiva in quel preciso istante –e che, non poteva negare, nutriva da molto tempo-, conficcandosi le unghie nel palmo della mano, sperando vivamente che sanguinasse.

Metti le mani in tasca e morditi la lingua

Eccome se l’avrebbe voluto fare.

<< Comunque dov’è? >>

Bellatrix indicò la porta, aiutando Draco a rimettersi in piedi.

<< Entra MacCumhail >>

Sembrò sbucare dal nulla. Le vesti nere frusciavano sul pavimento sporco e eroso dal tempo. Da sotto il cappuccio erano visibili alcune ciocche bionde e gli sgargianti occhi cerulei. Voldemort lo guardò accigliato: << Ancora qui? Buffo, vero? Consolati, non sarà per molto. >>

Sghignazzò rumorosamente. Il viso che si nascondeva dietro il cappuccio d’ ebano sembrava travolto dalla paura, intimorito dalle minacce dette pocanzi.

Un mugolio attirò l’attenzione generale. Dietro le spalle robuste dell’uomo apparve l’esile figura legata ed imbavagliata di Nimphoadora Tonks. I capelli rosa confetto sembravano di tutt’altro colore nell’ambiente senza luce; Voldemort, dopotutto, non riusciva a sopportare luci più forti di quelle artificiali.

Il prezzo dell’immortalità.

Il Mangiamorte la spinse delicatamente davanti a sé, e Tonks risultò sorpresa dell’affabilità e cordialità –almeno apparente- dell’uomo nerovestito. Di certo il trattamento che aveva ricevuto con gli altri due, fra cui aveva riconosciuto il figlio di Malfoy, non si era uguagliato.

I loro sguardi si incrociarono, facendo si che Nimphoadora si specchiasse negli occhi cerulei del ragazzo. In quelle iridi distinse tanta paura, risentimento e rassegnazione.

Anche lei aveva già rassegnato le sue speranze di salvezza perché ci sarebbe stata solo la fine per lei.

Non esiste speranza nelle braccia di Voldemort

Se fosse sopravvissuta probabilmente avrebbe potuto abbracciare Harry, guardarlo con uno sguardo più consapevole delle sue vicessitudini, ed avrebbe anche capito il dolore di Remus quando, nel suo letto, si rivoltava sulla schiena imperlata di sudore ansimando non di piacere ma di paura.

E lei, che prima non capiva..

.. che non *poteva* capire…

.. ora l’avrebbe fatto..

Li avrebbe baciati entrambi sulle labbra (forse ad Harry avrebbe riservato un bacio più casto), e si sarebbero consolati a vicenda.

Se solo fosse sopravvissuta.

 

Tonks, quando venne avanti, fu investita dall’opaca luce di una candela quasi spenta e riconobbe la risata stizzita di Voldemort che la guardava attento con quei suoi occhi impudici e perversi che avrebbero potuto ghignare se solo ne fossero stati capaci.

Ringraziò Madre Natura del fatto che gli occhi non fossero capaci di deriderla. Almeno loro.

<< Mmh.. davvero graziosa.. certo nulla in confronto alla mia bella >>, esordì Voldemort, squadrandola dalla testa ai piedi. << Ma andrà bene lo stesso >>

<< Certo che andrà bene, Signore, anche per futuri scopi. È la donna di Remus Lupin. >>, intervenne Draco, ancora ansimante.

Voldemort lo guardò indifferente. << Chi? >>

<< Un Malandrino >>

Si guardò le unghie affilate, soffiando lievemente, sempre con aria indifferente. << Continui a non dirmi niente di utile Malfoy >>

Bellatrix lo guardò maliziosa, sapendo di centrare un nervo scoperto :

 << Un amico di James Potter >>

Lo sguardo del Signore delle Tenebre si accese. Bellatrix non seppe dire se per rabbia o per illuminazione serafica. Rise sommessamente.

<< Ma davvero? Potrebbe essere utile, hai ragione Malfoy. Per una volta hai maledettamente ragione. >>

Sul volto di Draco comparse un mezzo sorriso di soddisfazione.

<< Ora sbrighiamoci, d’accordo miss. Tonks? >>

Nimphoadora annuì vistosamente per assecondarlo. Nello stesso mentre sentì la porta alle sue spalle chiudersi con un tonfo, e capì che anche la sua fonte di possibile salvezza era sparita.

<< Bene. Pensi ad una donna di rara e straordinaria bellezza, con gli occhi profondi quanto l’oceano e dai capelli rossi come il fuoco. Una fanciulla androgina, dal sapore di una ciliegia. Ha presente di chi sto parlando? >>

<< Mmm… >>

<< No? Allora glielo sussurrerò in un orecchio così non potrà dire di non aver sentito.. >>

Le si avvicinò con fare furtivo, ma Tonks indietreggiò quando sentì la stoffa della sua tunica premerle contro i seni. Lui, al contrario, le bloccò i polsi ed accostò la bocca rossa vermiglia all’esile orecchio di lei.

Quello che le disse, Tonks non l’avrebbe dimenticato. Così come non avrebbe dimenticato l’odore delle sue membra che la schiacciavano, il sibilio della sua lingua biforcuta che le carezzava l’orecchio roseo. Non avrebbe dimenticato di aver respirato la sua stessa aria che era solamente anidride carbonica. Come lui, nociva. Ed avrebbe portato quel segreto che le avrebbe procurato la morte nella tomba, come lui aveva desiderato, confidandoglielo in quegli attimi in cui avevano condiviso lo stesso spazio.

Si staccò da lei bruscamente, dirigendosi verso il calderone. Accese il fuoco al di sotto, e cominciò ad armeggiare con provette contenemti fluidi dai colori più disparati, dagli effetti sicuramente mortali. Versò il contenuto di alcune bittigliette nel calderone che bolliva, producendo una piccola nuvoletta colorata.

<< Allora ha capito bene, miss Tonks? Deve bere questa pozione che, ahimè, avrà degli effetti collaterali su di lei, naturalmente. >>

Tonks raccolse il coraggio che le era venuto a mancare in quell’arco di tempo e gli rispose, poichè Malfoy l’aveva slegata. << Quali alternative ho? >>

Continuando a stare di spalle le rispose a tono: << Nessuna temo. >>

Tonks avvolse una ciocca di capelli attorno ad un dito, dicendosi che a Remus sarebbe piaciuto.

<< Questo comporterà la mia morte? >>

<< Sicuramente. >>, rispose serafico. << Quando si possiede l’anima, l’intero corpo muore. Non si può vivere senza spirito, mia cara. >>

<< E se io non avessi capito bene di chi parla? Potrei non conoscerla, non crede? >>

<< Oh, ma io credo che lei la conosca. Ho qui una sua foto, a scanso di equivoci. >>

Tonks spospirò, abbandonando la testa sul petto madido di sudore che le imperlava, prezioso, la fronte corrucciata. Nel frattanto, Lord Voldemort armeggiava con mestoli e liquidi nel calderone da cui usciva un denso fumo nero. Nimphoaora si disse che non avrebbe potuto vedere colore diverso da quello ad un passo dalla morte. Il tunnel oscuro ed inesplorato dell’aldilà che non sarebbe stato il Paradiso, ma solo il Purgatorio per lei.

Infondo, aggiunse a se stessa, lei non aveva mai creduto a quelle babbanate dell’Inferno, del Purgatorio e Paradiso. Non  a quelle stronzate che le raccontava quella madre babbana nelle cui vene non scorreva il suo stesso sangue. E non avrebbe mai creduto alla redenzione dell’anima. Quindi non avrebbe dovuto avere paura di morire. Non c’era assolutamente nulla per restare su quella terra che l’aveva ripudiata da quando era nata.

*Assolutamente niente per continuare a sperare.

.. ma perché prendersi in giro?..

.. perché non ammettere la nostalgia di Remus?

Quello che con lui aveva solo assaporato:

il sapore dell’amore consumato come un pasto veloce in una taverna deserta.

E lei che aspttava il dolce aroma del sesso misto a quello della rugiada sui campi.

Niente per sperare. Tutto andato.*

 

Avvolta nei suoi ultimi pensieri *da viva*, non si era resa conto del tempo che, infimo, aveva continuato la sua corsa. E Voldemort le era a pochi passi, una boccetta di vetro fra le mani contenentre un fluido trasparente, quasi sembrasse acqua.

Acqua letale

Lo guardò, con uno sforzo, in quei suoi occhi iniettati di sangue.

<< Perché proprio io? >>

Le lacrime le bagnavano calde le guance.

Voldemort fece spallucce, rivolgendosi ai suoi Mangiamorte.

<< Già, perché proprio lei? >>

Bellatrix ghignò, Draco si voltò di spalle. << Perché è la vita, perché è il fato. Lo chiami come vuole, miss Tonks. Sappia solo che non l’ho voluta io. Credo che mi creerà più problemi del previsto, io non ho niente contro di lei. >>

La guardava piangere, ricordando come la sua bambina piangesse fra le sue braccia, ma non poteva fare altro per lei. Era solo una vittima.

<< La veda come una grande partita a scacchi. Ho solo mandato dei pedoni a catturare una preda. La preda capisce da sola chi è. Ma stia certa che il suo sacrificio non sarà vano; arriverà il giorno in cui farò scacco matto al Re ed allora sarà l’inizio della fine! >>

Rise sguaiatamente, e Tonks tremò. Chiuse gli occhi, incapace di guardarsi morire.

Alla fine, pensò, ultimo viene il corvo. Così diceva Calvino; posso vederlo svolazzare sopra la mia testa, incurante di quello che mi accadrà e che mi sta accadendo. Non ho mai creduto a quelle stronzate della Chiesa, ma forse non mi costa niente provarci.

Che Dio redima la mia anima, così sia.

Posò le labbra sul freddo vetro della provetta, mentre il Signore Oscuro glielo faceva scorrere nella gola. Il primo contatto fu brusco: il liquido le bruciava la gola, provocandole un dolore alla testa e alle membra. Rivide la sua vita in una frazione di secondo, come per farle ricordare tutti gli errori commessi. La pelle scottava sotto il contatto delle mani estranee dei due servitori dell’Oscuro. Il corpo vibrava con scosse violente; le sembrò che tutto stesse bruciando e che il fuoco provenisse dentro di lei. Forse erano quelle le pene dell’Inferno predicato dalla Sacra Chiesa del cazzo di sua madre. Bè, ora capiva perché ne parlava con tanta paura e rancore.

Poi, tutto d’un tratto, si sentì leggera, come se avesse potuto spiccare un balzo da terra e arrivare a toccare il cielo con un dito. Quel corpo bruciante sembrò placarsi: le fiamme si concentrarono sulla testa, come una cascata di fuoco, e sulle labbra carnose, quasi scarlatte. Sentiva di non essere più se stessa, e così era. Lei era sparita per sempre, un’anima senza mèta, con amico solo il vento che la trasporta.

Infine, scandì il salto decisivo, non stando più in bilico fra vita e morte. Saltò nelle acque torbide dell’Acheronte, sperando che il traghettatore pauroso degli Inferi la scortasse nell’Ade, sull’altra sponda, anche se non aveva di che pagarlo. E che Dio le scampasse la permanenza sulle altre rive dove uomini e donne pregano Caronte di essere pietoso e di graziarli con la luce. Eppure, dopo millenni di preghiere, egli rimane impietoso dinanzi queste richieste.

Dunque Nimphoadora Tonks sperimentava l’esperienza della morte, anche se non avrebbe potuto raccontarlo a nessuno, con rimpianti e rimorsi, mentre la bella, la non-morta, ritornava in vita, ringraziando, in silenzio, colei che le aveva donato quel corpo giovane; riapriva gli occhi verdi, con nuove speranze al suo seguito, con una rinnovata gioia per la sua vita, e con la promessa di non sprecare più nessuna occasione le si fosse presentata dinanzi.

 

3

 

Voldemort le si avvicinò, stringendosi le mani, stringendo gli occhi per autoconvincersi che *lei* non era un’illusione della sua mente. Lei era viva.

La vedeva guardarsi  le dita affusolate, stropicciarsi la gonna di un colore troppo sgargiante per la sua carnagione pallida. Arrivò a sfiorarsi le labbra, poi il naso, fino ai capelli infuocati, come li aveva sempre serbati nel ricordo della sua giovinezza.

Un piccolo bocciolo di rosa, così tenero, indifeso, che apre per la prima volta gli occhi al mondo.

Quegl’occhi che nessuno avrebbe avuto il coraggio di chiudere per la loro straordinaria lucentezza e bellezza. Nessuno gliel’avrebbe portata via, a meno che non  avrebbe voluto passare sul suo cadavere di non-morto.

Era sua, come già l’aveva posseduta in passato, vergine dal sapore speziato sul collo costernato di gioielli. Bambola di carne e sesso.

Un sussurro sulle labbra, non un nome vero e proprio, un gemito di piacere incontenuto..

.. il passato che ritorna prepotente sulla strada del presente, impertinente, voglioso, irrispettoso..

Lei la bella addormentata nella tomba che si ridesta dopo anni.

Lei.

Lily.

 

4

 

Il gatto Sully avanzava trotterellando verso i piani superiori, attorcigliando la coda ramata. Quando Harry tentava di carezzargliela, egli inarcava la schiena, soffiando, segno che non voleva essere disturbato. Harry lo seguiva, come ipnotizzato da quel suo ‘ancheggiare’ femminile nei meandri oscuri della casa.

Salirono velocemente l’arrugginita scala a chiocciola, con una certa reticenza del ragazzo, non solo perché cigolava in modo davvero pauroso, ma perché l’intera casa lo metteva in soggezione. Gli ricordava avagamente la Casa degli Specchi del Luna Park.

Ricordò che, come premio per il buon voto in inglese di Dudley, gli zii li portarono tutti al parco divertimenti, e, sebbene Harry fosse abbastanza piccolo, ricordava come se fosse stato ieri il timore che aveva avuto guardando le molteplici immagini di se stesso riflesse negli specchi.

Tanti Harry, mutevoli come il suo umore.

Tanti Harry, gli uni diversi dagli altri, quasi a simboleggiare il flusso della sua coscienza: gli Harry che c’erano stati per piangere, per combattere e quelli che avrebbero dovuto esserci e non ci sarebbero mai stati.

Avanzava come il gatto, in punta di piedi per evitare che qualche asse del pavimento scricchiolasse e rivelasse la sua presenza.. a chi poi?

A chi sarebbe potuto esserci dietro una delle innumerevoli porte colorate.

Si disse che, sì, non avrebbe dovuto abbassare la guardia in un casa come quella. In una casa dove abitavano certi *soggetti* come Arabella Figg, come lui, come Ron e come Hermione.

Che bell’accoppiata! Maghi diciassettenni e una vecchia rancida mezza pazza.

Si passò distrattamente una mano fra i capelli. Gettò un’occhiata davanti a lui per assicurarsi che l’anziano Sully ci fosse ancora..

.. ma non c’era, come in effetti aveva immaginato. Era sgattaiolato ai piedi di uno degli antri semichiusi ed ora se ne stava seduto a grattare sull’uscio in attesa che qualcuno lo degnasse di attenzione.. possibilmente qualcuno che c’era al di là della soglia..

 

Harry si avvicinò. Prese in braccio il gatto che non oppose resistenza, si accovacciò a terra, imitando la posizione felina del suo amico spelacchiato, ponendo l’orecchio sul freddo legno di ciliegio, sperando di captare i rumori o eventualmente anche le voci dei ‘qualcuno’ presenti nella stanza.

Dopo qualche minuto di silenzio, il vociare continuò. Tuttavia Harry udì un chiacchierio soffuso ed indistinto. Le porte erano insonorizzate.

Esibì un ghigno mesto prima di scuotere la testa. Avrebbe dovuto capirlo che la signora Figg nascondeva più di un segreto, come lui d’altronde.

Aguzzò meglio l’udito ed, invece di ascoltare una possibile conversazione al di là dell’uscio, udì i passi affrettati di Ron ed Hermione che gli si avvicinarono. Sully scappò dalle sue braccia, attraversando le gambe del rosso, scendendo fuoriosamente le scale a chiocciola.

<< Harry.. che.. ci.. fai.. qui..? >>, disse Ron affannato.

Harry si drizzò a sedere. << Cosa ci fate voi qui? >>, sussurrò, quasi invitandoli a fare lo stesso.

<< Ci stavamo rincorrendo per una cosa stupida.. ma perché sussurri? >>, gli chiese Hermione con la sua voce squillante.

<< Stsss! >>, la zittì Harry, indicando la porta. Entrambi si accovaciarono, aggrottando un sopracciglio.

<< C’è qualcuno qui dentro.. >>

<< Scommetto che le porte sono insonorizzate.. >>

Harry annuì, inarcando appena un sopraciglio, risultando sorpreso del fatto che Ron avese in parte interpretato i suoi loschi pensieri. << Già.. a che pensi? >>

Ron gli rispose con un gran sorriso stampato in volto. << Torno subito >>

Harry ed Hermione si guardarono reciprocamente, facendo spallucce. Qualche secondo dopo, Ron era già di ritorno. Harry riconobbe subito i fili e le orecchie che teneva in mano.

<< Orecchie Oblunghe, made in Weasley’s Factory! >>

Harry aveva già visto ed utilizzato quelle orecchie in precedenza, una sera all’Ordine, nella sede di Grimmaud Place. Vide Ron distribuire un paio di orecchie per ciascuno, aggiungendo un commento sonoro molto flebile: << Il negozio di scherzi va a gonfie vele. Fred e George le hanno migliorate!

A prova di incantesimo! >>

Ne poggiarono le estremità sulla porta del duro legno amaranto, stando in religioso silenzio ed in trepidante attesa di captare una qualche possibile conversazione.

In  realtà, per Ron e Hermione sarebbe stato solo il modo per scoprire se la Figg avesse davvero un amante. Ricordava nitidamente quel pomeriggio di Agosto in cui scorrazzavano beati nell’abitazione. Stesso scenario, forse non la stessa porta. Voci dall’interno, come se oltre l’uscio vi fosse un passaggio dimensionale fra due mondi. Allora non poterono ascoltare più di qualche mormorio sconnesso, interrotti dall’uscita furibonda della  padrona di casa che inveiva contro di loro. Harry pensò che Ron si fosse fatto mandare le Orecchie  direttamente dai fratelli, nella loro fabbrica di scherzi, e forse, come in passato, si sarebbero rivelate utili, a prescindere dallo scopo.

 

L’orologio da basso scandiva i secondi, quasi infastidendo i loro intenti. Avevano forse paura che tutto s’interrompesse lì? Che quello scandire di parole, idiomi, fonemi, sillabe morisse, interrotto dalla pendola rumorosa del salotto.

La voce stizzita della Figg risuonò in tutta la stanza, facendo vibrare finestre e muri, inviando vibrazioni ai loro ‘stetoscopi’.

<< .. e voi non fate nulla? Ci sono questi individui che vanno seminando morte, un Ordine operante che non conclude nulla, e la situazione rimane così?!  Certo, pace, Amen! >>

Probabilmente cominciò ad camminare per la stanza, stando ai rumori felpati dei suoi piedi.

<< Arabella, calmati.. Stiamo facendo il possibile.. >>

<< STATE FACENDO IL POSSIBILE?!

Ma vi rendete conto che decine di persone sono morte perché siamo –oh, no, stavolta ne sono fuori- siete ad un punto fermo da mesi, ormai, signori miei! >>

<< Non urlarci contro! Se non fossimo stati richiamati all’ultimo minuto da Silente, saremmo capitati anche noi in quella carneficina, e non certo da spettatori, ma da protagonisti!

Sono morte persone, sì, stanno morendo. Persone care a tutti: amici, amanti.. ma non per questo dobbiamo cedere ad attacchi di ira, prendendosela con il mondo intero. Adesso, più che mai, dobbiamo avere fiducia. Fiducia in Silente, nonostante tutto, nell’Ordine, e in Dio, specialmente, ammesso che ce ne sia uno ancora. E tu dovresti saperlo meglio di noi, mia cara. >>

La voce roca si spense con un respiro sommesso. I passi si fermarono, attuttiti dalla moquette, in un punto non troppo lontano dalla loro postazione.

I ragazzi rimasero zitti, preferendo il silenzio a tutte le domande che avevano in testa. Stettero taciti forse anche per paura delle risposte. Per quelle ci sarebbe stato tempo. Forse sarebbero venute direttamente dalla ‘mia cara’ Arabella Figg di Malocchio Moody, che probabilmente in quel momento stava facendo roteare l’occho magico da una parte all’altra dell’abitacolo. Quasi certamente si era accorto di loro, pensò Harry. Meglio così. Avrebbero saputo tutta la verità non per vie troppo trasverse come quelle.

Ci fu silenzio anche all’interno per qualche, velocissimo, minuto. Poi, come la pietra spacca il vetro, crepandolo rudemente, così la voce di Remus Lupin esordì fra i suoi pensieri:

<< Come stavo dicendo prima che mi interrompessi, cara, l’Ordine sta facendo tutto il possibile per rintracciare i Mangiamorte, specialmente quelli colpevoli del martirio dell’Ala 47. >>

<< La cosa strana >>, intervenne Malocchio. << E che ci insospettisce di più sui piani dell’Oscuro è che quella era la sezione destinata allo studio delle mosse degli E.T., Esseri delle Tenebre, Mangiamorte. Nessuno sa quali siano veramente i piani del Lord. La nostra talpa ha quasi fatto saltare la sua copertura, quindi è fuori gioco. >>

<< Voldemort non si fida più di Severus. Avrai capito che per noi è una grave perdita. A dimostrazione di ciò il fatto che gli riserva incarichi semplici, che non comportano degli attacchi diretti a punti scoperti. Nell’ultima comunicazione che abbiamo avuto con lui ci diceva che qualcosa bolliva in pentola. C’era fermento nell’aria, tutti elettrizzati, Voldemort in primis.

Penso non parlasse della scoperta di un nuovo modus operandi per la tortura. Era qualcosa di grosso. Al momento è irreperibile, ma credo che Silente voglia metterlo sotto Incanto Fidelius. >>

Arabella sospirò mesta. << Nessuno è più sicuro.. hanno affidato i ragazzi a me, ma ormai sono vecchia e non so se sono più in grado di proteggerli.. >>

<< Ormai manca poco al primo Settembre; ad Hogwarts saranno sotto controllo.. ci saremo sia io che Sirius, oltre a te e a Silente. Non lasceremo che nessuno si avvicini a loro.. >>

<< Ma non è meglio che sappiano cosa sta succendendo? >>. La signora Figg si asciugò gli occhi rigati di lacrime con un fazzoletto lercio.

Moody ghignò sotto i baffi. << Oh, ma io penso che sappiano già. >>

<< Cosa intendi dire? >>

Harry, Ron ed Hermione sentirono i tonfi della gamba di legno di Moody avvicinarsi pericolosamente alla porta. Si guardarono i volti reciprocamente, mandandosi messaggi in silenzio.

Meglio così

La porta si aprì lasciando quasi visibile un flusso d’aria che roteava nello spazio.

Ad Harry parve quasi di sentire un fulmine.

O meglio, sentì come se un fulmine vibrasse nel suo esile corpo lattiginoso. La mente fu pervasa da sensazioni annesse e sconnesse dal dolore; tutto cominciò a girare come l’aria.

Harry allora capì di volteggiare. Non era proprio un volo, bensì un viaggio a ritroso. Sentiva benissimo la sensazione di avere sotto i piedi quegli strani tappeti automatici dei centri commerciali che scorrevano in alto e in basso, e la testa stava quasi per frantumarglisi tanto era diventata pesante sulle sue spalle.

Si sentì improvvisamente stanco e spossato, come se non dormisse da giorni, il che non era del tutto invero. Ogni notte ricordava un passato che non era stato il suo, ogni particolare scolpito nella sua memoria come se fosse *davvero* accaduto. Ogni volto vivido e ben delineato: volti giovani e freschi di una giovinezza non intaccata dalla maturità. Volti che non poteva ignorare.

La porta sembrò continuare ad aprirsi per uno scorrere indefinito di secondi paralleli al tempo reale.

Quando interruppe la sua corsa sbattendo contro il muro, Harry non si aspettò certo di trovare una camera buia. Si alzò sulle gambe ed attraversò l’antro oscuro. Poi la sua mano lo guidò all’interruttore della luce, zittendo ogni bisbiglio.

“Chi c’è?”

Harry si passò una mano fra i capelli, così come faceva ogni qual volta c’era qualcosa che non andava. Ma sentì i capelli setosi sotto i suoi polpastrelli rudi invece dei suoi tozzi capelli ribelli; continuò ad accarezzarli per tutta la loro lunghezza fino ad arrivare alle anche scolpite nel marmo. Guardò con paura mista a stupore le sue mani dalle dita affusolate, spalancando gli occhi verdi, forse l’unica cosa che poteva appartenergli. Di certo se avesse detto a qualcuno che egli era davvero Harry, nessuno gli avrebbe creduto. Nemmeno lo specchio, dato che esso, in primis, rifletteva l’mmagine di una donna dai bei capelli rossi e dalle labbra di bambola.

E quello di certo *non* era lui.

“Lily”

“Ci hai spaventato stupida donna”

“Così imparate a stare svegli fino a quest’ora. Se vi scopre la McGranitt..

“Ma stai zitta un po’, altrimenti ci scopre davvero. Hai una voce troppo squillante per i miei gusti”

“.. e comunque non sono affari miei se vi becca a trastullarvi con le vostre ochette che nascondete sotto le lenzuola.. Cercavo James solo..”

“E’ all’allenamento di Quidditch”

“..solo per dirgli che vado a letto e che non deve assolutamente venirmi a disturbare”

“A letto con  chi?”

Si girò sui tacchi, sbattendo con una forza innaturale la porta di mogano. Anche Harry andò via, seguendo i suoi passi felpati nel silenzio notturno del castello stregato. Lily –ed anche Harry, entrarono nella sua stanza ed Harry non negò a se stesso un certo senso di vergogna mista a curiosità. In seguito ripudiò se stesso per quei pensieri: cosa si aspettava? Di vedere sua madre che si spogliava davanti ai suoi occhi?

La camera era deserta, si udiva unicamente il quieto bisbigliare dei rami degl’alberi che si scambiavano i pettegolezi sulla popolazione di Hogwarts.

“Non verrà nessuno stanotte”

Si girò verso l’angolo. Il buio pesto permetteva loro di vedere soltanto l’ombra del visitatore.

“Sei solo mia”

Dopodichè chiuse l’uscio.

 

5

 

Remus Lupin se ne stava a braccia incrociate con il naso ad un palmo dal vetro della finestra del soggiorno. Pareva cheto, ma dentro di lui tutto era in rivoluzione. La mente viaggiava in un turbinio di pensieri sconnessi, il cuore non riusciva più a sentire nulla. Non era neanche più padrone di provare odio per quella immonda situazione e per quell’essere spregevole che aveva portato via il suo angelo. Quell’angelo che lui sapeva sarebbe divenuta la sua condanna ad una esistenza morta e …

Ma a cosa gli serviva rimembrare ancora di più alla sua coscienza violentata quella che era la realta? C’era solo dolore intorno a lui. Lo sentiva anche Harry. Si voltò piano, socchiudendo un poco le palpebre. Gli si avvicinò con fare paterno, perché, in fondo, lui lo era sempre stato. Ma questo Harry non poteva saperlo. Non poteva sapere che lui era l’ultima persona che amava e che era rimasta in vita; lui avrebbe voluto essergli vicino come avrebbe fatto James, come un padre.

…ma forse, era solamente Harry ad essere un figlio per lui..

<< Mangia un po’ di cioccolata. Viene dritta dritta dalle dispense di Mielandia! >>

Harry sorrise a fatica. Si toccò la cicatrice infuocata di dolore, esibendo una smorfia che non era di dolore, quanto di indignazione per quello che gli era successo. Ancora una volta lui aveva avuto il sopravvento sul suo corpo.

Si sedette accanto a lui, passandogli un braccio sulle spalle. Harry lo lasciò fare, almeno quello lo consolava. Nel frattempo i tonfi sordi della gamba di legno di Moody riecheggiavano come tuoni nella casa. << Così avete sentito, eh? >>, ringhiò.

Tutti e tre annuirono. << Passavamo di lì.. >>, tentò ironico Ron.

<< Taci Weasley >>

Ron si ammutolì.

<< Sapete che non sareste dovuti venire a conoscenza di quanto detto? Sono informazioni strettamente riservate.. >>

Hermione lo bloccò. << Avremmo saputo lo stesso. Meglio così che per altre vie, non crede professore? >>. Moody rabbrividì un attimo: non era stato certo lui il loro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, e ogni volta che ci ripensava il suo odio contro Voldemort e i suoi impudici seguaci cresceva. << E poi staremo in guardia, non apriremo bocca! >>

<< Lo credo bene, Granger. Nessuno deva venire a sapere di… >>

<< E lei crede che Rita Skeeter o la Gazzetta se ne stiano buoni buoni mentre un’ala del Ministero viene attaccata apertamente dai Mangiamorte? >>, disse Harry sarcastico. << Sarebbe bello, ma, d’altronde, la gente vuole sapere. Come se questo li aiutasse a scampare a quell’essere immondo..>>

Scese il silenzio.

La pendola oscillava ritmicamente, scandendo mollemente i secondi nello spazio intriso del sapore vibrante della paura.

<< Bè, credo che metterò su un po’ di tè allora.. >>

<< Le presto la bacchetta se vuole, signorina Figg >>

Ron ridacchiò sotto i baffi, ma la Figg lo fulminò con lo sguardo e ribbattè acida:

<< Non ho certo bisogno della tua bacchetta, signor Weasley. >>, e così dicendo tirò fuori dalla piega dell’abito una bacchetta nera. Sorrise maliziosa. << E poi dovresti portar più rispetto ad un insegnante.. se fossimo già ad Hogwarts toglierei a Grifondoro cinquanta e più punti.. >>

I tre strabuzzarono gli occhi.

<< C-come? >>, balbettò Hermione, guardando a turno Ron e Harry.

<< Arabella sarà la nuova insegnante di Trasfigurazione, nonché  direttrice  della Casa di Grifondoro >>

Ron spalancò la bocca mentre Harry sorrideva soddisfatto a Remus. << Bene, almeno sappiamo che non sarà un’incapace >>

*Ancora taciti corpi al seguito del tempo.

Guardano le lancette scorrere,

il vento soffiare sulle cime degli alberi

che  ondeggiano come i pennachi degli eroi mitici.

Anch’essi sono eroi.

Eroi in un mondo corrotto,

sorretto dal falso ideale di Provvidenza,

perché Dio è morto.

Ucciso dall’avanzare dei secoli

e dei popoli che misconoscono i loro ideali di libertà.*

Remus si alzò in piedi. << Sarà meglio andare Alastor. Bisogna avvertire Silente. >>

Moody assentì, voltandosi verso i ragazzi. << Vigilanza costante, mi raccomando! Ci rivediamo sul treno >>

Hermione non fece in tempo a chiedergli cosa volesse dire che già i due Auror erano scomparsi, lascindo di sé solo un’aura incorporea e il ricordo di una giornata da dimenticare.

Sempre silenzio.

<< Vi chiamerò per la cena. Voi, nel frattempo, sareste avvantaggiati se preparaste le valige per dopodomani. Ora andate.. >>, decretò con falsa convinzione la Figg.

I nostri acconsentirono a lasciarla sola nel suo dolore e nella meditazione. Sparirono nel buio delle scale, ognuno pensando a non un argomento in particolare, ma tenendo sempre a mente l’avvertimento di Moody:

Vigilanza costante!

 

 

 

 

To be continued…

 

 

 

NdA:  FINITO FINITO FINITO!! Finalmente l’ho concluso sto’ benedetto ottavo capitolo!! Davvero ragazzi non ce la facevo più a portarlo avanti!! Avrò passato giorni interi a rileggermelo senza però riuscire ad andare avanti! Il cervello si era atrofizzato completamente! Chiedo umilmente perdono! Un po’ la scuola, un po’ la vita famigliare.. un po’ tutto insomma!, non riuscivo più a trovare ispirazione.. Ma se sono riuscita a scrivere quel tanto agognato ‘To be continued..’ è stato solo grazie ad un compito di Italiano che devo fare domani.. GRAZIE COMPITO!! E grazie a tutti quelli che mi hanno recensito (i miei tre abituè^^) e a dcue nuove readers! (scusate non mi ricordo proprio i vostri nomi, ma non ho il tempo di ringraziarvi decentemente, prometto di farlo nel prossimo capitolo! Cmq avete la mia gratitudine più completa e sincera!)

Passando al capitolo.. la nostra cara Lily.. eh eh.. resuscitata dal mondo dei morti.. adesso si che viene il bello!! Ah, devo fare una precisazione: non è che Tonks si trasforma in lei giusto perché ha visto la sua foto e quindi prende le sue sembianze. Quella è solo una scusa dell’Oscuro Imbroglione (ehhh?!!! NdVOldi) cioè Signore per abbindolare Tonks. (piccina!!)

Non mi resta altro che ringraziarvi ancora per tutta la pazienza che avete avuto e per tutto il sostegno morale che mi avete dato. Spero di non attardarmi anche con il prossimo capitolo. Purtroppo non vi posso promettere nulla se non dopo Natale. Chiedo SCUSA!!!! Spero che il cap vi piaccia e mi raccomando COMMENTATE IN TANTI! Ho bisogno di sapere che ci siete!!

Un abbraccio forte

Alla prossima

Pan_z

(26-10-2004)

(Con 5 mesi di ritardo!!!!)

 

 

 

 

 

 

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