A little piece of heaven

di Astharte_Salai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


jlhoigoià

 

Ciao a tutti. Ho deciso di fare questa piccola raccolta sul mio personaggio di final fantasy preferito: Larsa, un personaggio che, secondo me non è stato molto valutato purtroppo. Anche se secondario nella storia, sono rimasta molto colpita da quello a cui ha dovuto rinunciare per il bene della nazione. Mi scuso già per gli errori ortografici ma l’ho scritta di getto e ci tenevo subito a pubblicarla per delle vostre opinioni e perché poi, non so tra quanto avrei potuto pubblicarla. Spero che, a tutti voi, queste piccole storie piaceranno. Un bacione

 

1

Il sole aveva appena iniziato a tingere d’oro il cielo quando era sceso dal letto per il sonno che ormai gli mancava da interi giorni ed era uscito fuori dalla sua stanza. Aveva corso veloce ma cauto, nel timore di svegliare qualcuno e dare risposte a domande che non voleva nemmeno sentire. Era passato un anno e mezzo da quando, lui e i suoi amici avevano salvato l’intera nazione, dandole il giusto futuro e prosperità. I prezzi da pagare perché ciò accadesse, erano stati molto alti: Balthier, il saccente avio pirata ricercato ovunque aveva perso suo padre e la sua amabile compagna Fran aveva dovuto dire addio alla sua stessa razza, costretta a vagare insieme agli umani. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, sapeva quanto Bash soffriva nello stargli accanto, dovendo rinunciare alla donna da lui amata e al suo vero nome, facendosi chiamare da tutti con quello del gemello morto. Ashelia, la principessa di Dalmasca, veniva ogni giorno colpita da troppe richieste di matrimonio, che le rammentavano fin troppo il suo consorte morto di cui era profondamente innamorata perfino dopo anni. Nessuno era riuscito a rimanere incolume, nessuno. Nemmeno lui. E notte dopo notte, per quanto di giorno i suoi sorrisi illuminassero le persone che incontrava, per quanto ogni sua parola riuscisse ad alleviare le pene dei suoi compagni e del popolo, per quanto l’intera Arcadia lo amasse…non gli bastava a dimenticare ciò che aveva perso durante la lotta. Non dormiva da settimane ormai,  perché ogni volta che i suoi occhi si chiudevano, l’immagine di lui gli appariva sempre più sfocata e irreale, troppo evanescente, destinata a svanire un giorno o l’altro dalla sua mente di adolescente. Rivedeva il confuso attimo in cui i loro occhi si incrociavano, la sensazione che aveva provato quando aveva capito che l’unico modo per farlo ragionare era quello di puntargli la spada contro, di smettere anche solo per un attimo, di amarlo ed essere il suo adorato fratellino. E quando quella scena tornava nella sua mente, rivedeva i suoi occhi azzurri che si tingevano di sorpresa, i lunghi capelli castani che aveva amato tanto accarezzare che ondeggiavano per il freddo vento, le piccole labbra sottili schiuse da parole che non avrebbe mai pronunciato. Perché nessuno, sapeva il legame che li aveva uniti fin dalla nascita, nessuno poteva comprendere la perdita che aveva davvero subito. Padre, compagno, fratello. Tutto questo, in un sola persona che adesso aveva perduto per sempre, per una causa che in fondo, si chiedeva fosse davvero giusta. Il suo cuore era tinto dall’oscurità del dubbio ormai, e ogni notte che passava insonne a scendere le scale quatto come stava facendo in quel momento, in un angolo della sua mente spuntava la stessa domanda che tentava invano di reprimere: ne valeva davvero la pena? Valeva davvero la pena ucciderlo per questo? E ogni notte, più la luna si faceva meno vivida con i suoi raggi argentei, più l’odio cresceva dentro di lui, impendendogli di trovare una risposta.

Con passo felpato e una mano che strisciava sul muro perlato, Larsa raggiunse il salone principale delle conferenze, dove il silenzio regnava protagonista. Il buio gli impediva di vedere, ma ormai conosceva quella casa a memoria e con sicurezza, mise un passo dopo l’altro alla ricerca della sua agognata preda. Ogni notte che passava in preda agli incubi, il volto di suo fratello diventava sempre più sfocato nella sua mente. Perciò, aveva giurato a sé stesso che come punizione per quello che aveva fatto, ogni notte si sarebbe recato a vedere il suo viso, in modo che la sua immagine non sarebbe mai scomparsa dalla sua memoria portando via con sé tutto il rimpianto che stava provando. Ricordarlo sarebbe stata la sua punizione, la pena da scontare. I sonni non sarebbero mai stati tranquilli, i suoi occhi non sarebbero mai più stati asciutti a causa delle lacrime che avrebbe versato ogni giorno e in questo modo, lui si sarebbe purificato. Perché per quanto suo fratello fosse stato un pazzo, un megalomane e perché no, anche un egocentrico…per lui sarebbe rimasto per sempre il centro del suo mondo. Quando raggiunse l’atrio, individuando il quadro che cercava, il respiro gli si bloccò in gola. Il dipinto occupava un’intera parete e correva dal soffitto fino al pavimento, accarezzandolo con la sua bronzea cornice. Più di una volta gli era stato chiesto di rimuoverlo, forse perché Bash aveva saggiamente intuito il motivo per cui i suoi occhi grigi fossero sempre più opachi e stanchi, o perché il suo corpo stava continuando a perdere peso. Ma aveva fatto a sé stesso una promessa, e per nulla al mondo, l’avrebbe infranta. Socchiuse gli occhi, tentando di focalizzare meglio l’immagine, anche se non vi era il bisogno, tanto l’aveva osservata durante gli anni. Lui era seduto in una larga poltrona decorata d’oro e rosso, le mani incrociate sul grembo e il volto molto più roseo di come lo aveva ora. Ma i suoi occhi si spostarono immediati verso la mano che stringeva una sua spalla, le lunghe dita sottili ed eleganti racchiuse dal guanto bianco. Gli occhi iniziarono già a pizzicargli mentre li spostava sulle gambe snelle e scattanti, il torace ampio, la postura elegante. Ogni singolo particolare, ogni minimo lembo di pelle scoperta e non doveva essere soggetta al suo sguardo predatore. Infine, il suo volto così simile al suo: accarezzò con gli occhi la mascella sporgente, i lineamenti affilati, gli occhi sottili velati da un sorriso sincero. I capelli scuri scendevano sulle sue spalle come un’imperiosa cascata. Elegante, fiero, bellissimo. Per lui, racchiudeva tutto questo.

Avvicinandosi timidamente, gli occhi di Larsa vennero velati da lacrime calde mentre toccava con un dito il colore a olio del vestito che indossava quel giorno suo fratello. Per un attimo, gli parve di sentire la soda carne sotto il suo tocco, la morbidezza del velluto, il muscolo guizzante della gamba. Inginocchiandosi, chiuse gli occhi appoggiando la fronte sul quadro, mentre la sua mano era ancora aperta nell’inconscio atto di afferrarlo. Non lo avrebbe mai più visto, non lo avrebbe mai più toccato. Lasciò fluire un sussurro, che venne smorzato dai singhiozzi, in quell’unica parola che pronunciava tutte le notti fino all’arrivo del nuovo giorno: “Vayne.”

Poi, iniziò a piangere.

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Capitolo 2
*** 1 ***


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1

 

Il sole splendeva alto nel cielo della florida Arcadia. Un giorno importante, decorato dai volti sorridenti del popolo e addobbi colorati per la città. Un giorno di festa, per celebrare la nascita del nuovo figlio del loro imperatore. Da poco, la notizia che il bambino sarebbe venuto al mondo proprio quel giorno, si era diffusa con crescente rapidità. Il popolo intero gioiva, per questo lieto evento e dall’alba, contadini e borghesi avevano messo da parte le differenze sociali e si erano immersi nella preparazione. Come per la nascita degli altri figli, l’imperatore avrebbe di certo passeggiato per la città con il nascituro tra le braccia, per soddisfare la curiosità di bambini e vecchi. Anche se già si sapeva che la linea di sangue gli avrebbe donato occhi azzurri e capelli scuri, come da intere generazioni accadeva nel casato Solidor, la curiosità era comunque forte.  Vayne, si era destato all’alba, da un sogno che gli aveva impedito di dormire sogni tranquilli. Un incubo, dove l’imperatrice piangeva disperata, stringendo il bambino appena nato tra le braccia. il lenzuolo dove il suo piccolo corpo era avvolto, era coperto da una macchia nera e l’odore del sangue sembrava ancora presente nelle sue narici. Si era quindi svegliato di botto, con i capelli incollati alla fronte e il sudore che colava lungo la sua schiena. Che stupido sogno, sicuramente non poteva avere un significato. scalciando le lenzuola, si affacciò alla finestra della sua camera per osservare divertito le centinaia di persone occupare la piazza centrale in attesa del grande evento. Vedendoli dall’alto, sembravano minuscoli puntini in continuo movimento. Sorrise, posizionandosi davanti al lungo specchio bordato d’argento di fronte a lui, che scendeva ovale fino a sfiorare il pavimento con il bordo. La sua immagine riflessa gli diede la visione di un giovane bello e alto per la sua età, con la tipica fierezza e eleganza di un nobile. Sistemò con le mani i capelli scuri e lunghi fino alle spalle, si vestì con il suo abito più elegante. I suoi occhi azzurri brillavano, dalla gioia di avere un nuovo fratello nella famiglia e nonostante lui in quel momento fosse il più piccolo, aveva passato da un pezzo l’età in cui si è gelosi delle attenzioni dei genitori. Suo padre non sapeva ancora il nome che avrebbero dato, e nemmeno il sesso, ma Vayne aveva un sottile presentimento che sarebbe stato un maschio. Nonostante una femmina in quell’ambiente sarebbe stata ben accetta, Vayne aveva due fratelli più grandi di lui e quindi in un certo senso, sperava proprio che questa piccola tradizione sarebbe continuata. Aprì la porta della camera con il sorriso stampato sulla faccia, ma dovette costringersi a reprimerlo, quando sentì l’inquietante silenzio che popolava il castello. Non era mai accaduta una cosa così, solitamente i servitori si destavano ancor prima dell’alba e, inoltre, quel giorno era troppo importante per tutto quel silenzio. Scese le scale tenendo saldamente il corrimano, il cuore martellante nel petto. Un’improvvisa inquietudine si stava impadronendo di lui, troppo rapidamente per fargli capire cosa stava accadendo. Il salone era completamente vuoto e sembrava che in esso, la luce del sole non fosse mai arrivata. Colto da un’improvvisa nausea, Vayne corse fino alla camera della madre, col rumore dei suoi passi echeggiante per le mura bianche. Quando, dopo attimi che parvero eterni, riuscì finalmente a raggiungere la stanza, ne trovò la porta chiusa a chiave  e l’immagine dei suoi fratelli davanti, il volto basso e gli occhi pregni di lacrime. le urla di sua madre erano strazianti, intervallate da ansiti e gemiti di dolore. Sembrava tutto, fuorché un lieto evento quello che stava per accadere. Non gli ci volle molto a capire quello che stava accadendo, vedendo l’espressione dei suoi due fratelli. Si avvicinò a loro, le labbra morse dalla preoccupazione. “Cosa ha?”

Loro scossero la testa. Davanti ai suoi occhi balenò l’immagine del suo sogno: la coperta avvolta da sangue scuro e raggrumato, il pianto di sua madre così pregno di dolore…

“Come sta il bambino? ha dei problemi? Maledizione rispondete!”

Fu Awos, il futuro erede della casata a  rispondergli. I loro occhi, tanto simili sia nella forma che nel colore si incatenarono, e Vayne sentì il sangue gelarsi nelle vene ancor prima che la risposta sopraggiungesse. “Non è il bambino, fratello. Si tratta di nostra madre. Sta male, questo parto…può esserle fatale”

Vayne sgranò gli occhi. “Cosa?”

“Chi se ne importa di quel moccioso!” Dasnief, il fratello sempre irruente e altezzoso sbatté un pugno contro il muro, scuotendo il capo. “Nostra madre non deve morire per lui. E’ solo un neonato, che importanza può avere?”

“Parli col cuore accecato dall’amore per nostra madre. Lui è appena nato, mentre lei ha già visto molte albe. Uccidere un bambino non potrà di certo alleviare il dolore nel perderla.”

“Non morirà!”

I due fratelli si guardarono, entrambi colpiti dallo stesso dolore, ognuno con le proprie idee, ma con la stessa speranza. Vayne guardava il pavimento di madreperla col capo chino, troppo scosso anche solo per piangere. Sentì le voci dei suoi fratelli lontane, ovattate. “Io già lo odio.”

E poi, il sospiro di Awos. “Pure io.”

D’un tratto, le urla cessarono e tutti e tre, drizzarono le orecchie. A esso, si sovrappose il pianto squillante di un neonato. La porta si aprì cigolando e Nan, la vecchia badante che aveva fatto nascere tutti loro, uscì col grembiule insanguinato e gli occhi socchiusi. Non disse nulla, si limitò a superarli col capo abbassato, forse per la stanchezza, o forse, semplicemente per non rispondere a quella domanda che premeva sulla lingua dei principi. Ma i tre, non dovettero attendere molto. L’imperatore uscì dalla stanza stanco, apparendo più vecchio di dieci anni. Tra le braccia, stringeva un fagotto silenzioso. I tre fratelli gli si avvicinarono. “ Come stanno?”

“Vostra madre…” mormorò lui. La sua voce era rotta da un pianto che non avrebbe mai potuto far nascere davanti ai suoi eredi, ma bastavano i suoi occhi per far comprendere quanto il dolore fosse forte. Le sue spalle erano incurvate, come se il peso del mondo gravasse su quelle vecchie spalle. Awos e Dasnief rimasero immobili, in silenzio. Fu Vayne ad avvicinarsi. “E il bimbo?”

Suo padre lo guardò. Per un secondo sembrò destarsi. Con lenti movimenti, gli pose il fagotto tra le mani e tolse un lembo di lenzuolo bianco. Davanti agli occhi del giovane principe, si presentarono due enormi occhi dell’azzurro più intenso che avesse mai visto. erano occhi di una vita appena nata, curiosa di esplorare il mondo con la loro vivacità, eppure, per un attimo, a Vayne parvero tinti da una saggezza precoce, come se perfino essi, sapessero quello che era accaduto. I suoi fratelli gli si accostarono accanto e per un po’, rimasero tutti in silenzio a osservare il nascituro. Un maschio, proprio come aveva pensato. Spinto da un’improvvisa tenerezza, Vayne baciò la tiepida fronte del piccolo. “Qual è il suo nome?”

“E’ morta prima. saremo noi a decidere un nome per lui.”

Dasnief alzò le sopraciglia, irritato. “Padre, io non voglio portarlo in paese. Questo piccolo mostro…”

“Questo mostro crescerà senza un madre.” Awos e Dasnief fissarono il fratello minore sorpresi da questa sua reazione improvvisa di rabbia. Fin da piccoli, Vayne era stato il loro passatempo preferito e insieme, gli avevano tirato scherzi spesso di cattivo gusto. Ma mai, in tutta la loro vita, lui si era espresso così contrariato nei loro confronti. Perfino l’imperatore sembrò allibito.

“Questo bambino è nostro fratello. Questo bambino soffrirà tutta la vita per la perdita della madre. E io, mi prenderò cura di lui.”

Vayne alzò gli occhi, guardandoli. Passarono attimi eterni, in cui nessuno sembrava avere il coraggio di parlare. Alla fine, con voce sicura, disse: “E il suo nome, sarà Larsa. Larsa Ferrinas Solidor. Nostro fratello.”

Per un attimo, gli parve quasi di vedere un piccolo sorriso spuntare da quelle labbra appena nate.

 

Ecco un’altra delle piccole storie. Qui, ho fatto Larsa appena nato per far vedere l’inizio del legame profondo tra i due fratelli. Spero che vi sia piaciuta. Purtroppo, dato che non so mai come sistemare il tempo, metto il capitolo appena scritto e anche se l’ho riletto un paio di volte, so già che contiene un sacco di errori e quindi mi scuso davvero. Un grazie di cuore Arshatt per aver commentato: sono felice che ti sia piaciuta, ero convinta che non avrei avuto nemmeno una recensione e vedere la tua mi ha rincuorata e incoraggiata a scrivere ancora :). E grazie di cuore a chi leggerà soltanto, commenterà o l’aggiungerà da qualche parte. Un bacione e alla prossima, Astharte.

Ps ma tra gli avvertimenti ho messo bondage? Bhe è un errore XD

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Capitolo 3
*** 2 ***


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2

La piccola bottiglia di vetro roteava veloce sulle mattonelle di madreperla, rumorosa. Attorno ad essa, seduti a cerchio, dei giovani ragazzi la osservavano con i volti accesi dall’ansia e gli occhi sfavillanti dall’attesa del risultato. Rallentando sempre di più, il collo della bottiglia si fermò accusatoria davanti alla sua prescelta: una ragazza dalle lunghe trecce bionde come il sole. Con un gridolino sconvolto la ragazza afferrò il volto tra le mani, attirando le risate divertite dei compagni. “E’ il tuo turno, Penelo!” Vaan, seduto accanto a lei, le afferrò entrambe le mani per scoprirle il volto arrossato. Per tutta risposta, lei scosse la testa in segno di diniego. “NO, NO! Non posso dirlo!”

“Oh, andiamo.” Fran, la bellissima viera dall’età sconosciuta (Un giorno Vaan sarebbe riuscita a farsi dire l’età esatta) distese le lunghe gambe con pigrizia. Sembrava annoiata da quello –stupido gioco bambinesco di huma- come lo aveva definito all’inizio, ma erano bastate un paio di domande per accenderle una forte curiosità negli aguzzi come nocciola. Ashe, ormai regina, aveva abbandonato momentaneamente i modi aristocratici per sporgersi verso la ragazza con le labbra catturate tra i denti, come una bambina. “Allora Penelo…con chi l’hai fatto la prima volta?”

“Tutte queste storie per un bacetto. Voi donne siete proprio incredibili.” Mormorò Balthier, delinquente a livello mondiale. Seduto accanto a lui, Bash gli lanciò un’incredula occhiata. “Hai il coraggio di parlare dopo aver detto di aver baciato un ragazzo scambiandolo per una donna?!”

“Ero ubriaco.” Borbottò l’altro in risposta, nascondendo il volto infiammato nel collo della compagna.  “Oh, va bene.” Sospirò Penelo, strizzando gli occhi. Tutti trattennero il fiato, l’aria palpabile intrisa di attesa. “E’ stato Vaan, ok? E’ adesso basta.”. Il ragazzo sgranò gli occhi e spalancò la bocca talmente tanto che Larsa, accoccolato con la testa sulla spalla di Bash, si domandò se potesse toccare il pavimento. “IO??Ma Penelo…”

“Prossima persona!” Ashe afferrò la bottiglia, girandola con un forte scatto del polso. Era da tanto che nessuno di loro si riuniva in quel modo, persi in piccoli giochi senza alcun pensiero per il dovere. Sbadigliando assonnato, Larsa chiuse gli occhi. Non dormiva da giorni ormai, ma rare erano le occasioni in cui tutti riuscivano a incontrarsi e di certo non voleva perdersi quell’occasione. D’altronde, il sonno non gli mancava tanto per quando si stendeva nel letto, ma erano gli incubi che faceva a costringerlo a tenere gli occhi spalancati nel buio fino al sorgere del sole. Piccole urla divertite gli fecero comprendere che la bottiglia si era fermata. Schiuse piano gli occhi…trovando il maledetto tappo che lo indicava. Con un sussulto, si drizzò mentre tutti gli occhi si puntavano curiosi verso di lui. “Allora?” Lo incoraggiò Bash con una spallata. “E’ troppo piccolo per averlo già fatto.” Enunciò Balthier. “Chiedetegli del primo bacio.”

Primo bacio.

Quasi come se quella fosse stata la parola d’ordine che aspettava da tempo, i volti davanti a lui si sovrapposero l’uno all’altro, confondendone i colori fino ad assumere le sembianze di un’enorme chiazza grigia: il colore dei ricordi.

 

“Fratello!” Un piccolo Larsa di otto anni correva incespicando per il lungo corridoio del palazzo. Il castello era grande, enorme per i suoi grandi occhi ingenui, ma sapeva dove si trovava l’oggetto del suo interesse e quando arrivò in biblioteca con il fiatone, lo trovò con un libro aperto in grembo e uno sguardo interrogativo negli occhi che lo osservavano, di quel grigio-azzurro tanto simile ai suoi. Vedendolo così sconvolto Vayne chiuse con uno scatto il libro, con un misto di curiosità e divertimento. L’etichetta imponeva che un sovrano possedesse un certo atteggiamento e comportamento che decadevano del tutto quando i suoi occhi si posavano sul fratellino minore. Era piccolo per la sua età, ma possedeva le ossa slanciate e agili del combattente. E il suo volto era simile alla porcellana, candida e perfetta priva di imperfezioni, che nulla era in confronto a quegli occhi grandi e i capelli neri ribelli. Il suo cucciolo, così lo chiamava quando suo padre non lo sentiva. Altrimenti avrebbe rimproverato i modi teneri con cui loro si esprimevano quando erano da soli, anche se si trattava solo di qualche carezza. Gli imperatori non potevano crescere smidollati. “Che ti prende, Larsa?”

Il piccolo gli si parò davanti a grandi falcate, sebbene il fiatone gli avesse tolto un po’ di colore dalle guance. Con mani tremanti, gli porse un piccolo bigliettino spiegazzato. Accigliato, Vayne lo aprì, rivelando l’infantile disegno di un cuore con parole sdolcinate incise dentro. “Eh…”

“Me lo ha fatto Layra, la mia fidanzata.” Alzando gli occhi al cielo, Larsa gli si sedette in grembo senza aspettare un consenso, con uno sguardo implorante negli occhi. “Bhe è bello.”. Vayne gli accarezzò i capelli, perplesso. Non riusciva a capire cosa avesse il fratello per comportarsi in quel modo. “No, non lo é. Lei non mi piace. Oggi ha provato a baciarmi!” Per fargli comprendere il disgusto, tirò fuori la lingua rosea assumendo un’aria talmente buffa che il giovane imperatore non poté trattenersi dal ridere. Layra, la fidanzatina che loro padre gli aveva scelto, era una bambolina bionda dai grandi occhi smeraldini. Possedeva già l’atteggiamento tipico delle donne altezzose e viziate, ma dalla prima volta che i suoi occhi si erano posati sul fratello, non aveva smesso di rincorrerlo con disegni, moine e paroline dolci che Larsa odiava. Aveva creduto che, con il passare del tempo, il fratello avrebbe accettato questo fatto, ma non sembrava così e più i mesi passavano, più Larsa si ombrava e chiudeva in sé stesso come un riccio, tenendo negli occhi un velo opaco che nascondeva un segreto. “E’ normale che lei ti baci, fratellino. Un giorno dovrete sposarvi e portare la…”

“Casata dei Solidor allo splendore. Faremo figli maschie che saranno imperatori così che i nostro nome continui a regnare in eterno nei regni. Si, si lo so. Ma non la voglio baciare. Lei non mi piace. Tu mi piaci.”

Con un sospiro, Vayne posò il libro che ancora teneva in mano sul comodino accanto. prevedeva una lunga discussione. “Larsa, te l’ho già spiegato. Il bene che provi per me è diverso da quello che proverai un giorno per una donna.”
“Ma io non voglio volere bene per forza a qualcuno! Io ho te!”

“Ma Larsa.” Una mano sugli occhi fece comprendere al minore la sua esasperazione. “Io sono tuo fratello e ci amiamo in maniera diversa. Quando avrai una donna la vorrai baciare, accarezzare, proteggere…è diverso capisci?”

Per un secondo, il piccolo rimase in silenzio. Storse le labbra, le mordicchiò piano, inclinò il volto e sgranò gli occhi. Poi, quando arrivò alla fine dei suoi pensieri, illuminò il volto con un enorme sorriso. “Quindi se tu ami una persona desideri baciarla!”

“Esatto!” Vayne sorrise in risposta, con un moto di soddisfazione nel corpo. Finalmente!

“Allora cucciolo, adesso che hai compreso puoi riprendere il disegno e…”

Non riuscì a finire la frase. Le labbra del fratellino si erano posate con una velocità impressionante sulle sue, zittendolo. Gli occhi di Vayne si posarono increduli sul soffitto, mentre le braccia di Larsa gli cingevano il collo. Quando si staccarono, per eterni attimi entrambi rimasero in silenzio. Gli occhi di Larsa brillavano d’argento alla luce del sole, liberi da quel velo che prima li ottenebravano. Vayne li osservava incredulo, troppo era lo sgomento anche solo per muoversi. Con delicatezza, la fronte del fratello si appoggiò contro la sua e per la prima volta, Vayne non vide in lui un bambino bisognoso di coccole: vide l’adolescente pronto ad uscire dal suo guscio per affrontare il mondo con tutti i suoi pericoli. Incantato, osservò il piccolo naso dritto coperto d’efelidi che si tingeva d’imbarazzo, gli occhi coronati dalle folte ciglia scure che si posavano nuovamente sulle sue labbra, il sospiro spezzato che si infrangeva sul suo volto. “Hai ragione fratello.” Disse. “Io non ti voglio bene. Io ti amo.”

Non comprese mai perché in quel momento il suo cervello non si attivò per ricordargli le milioni di cose che sarebbero accadute ad un solo suo gesto. Entrambi uomini, entrambi fratelli…il volto disgustato del padre, gli occhi increduli del popolo, l’orrore nel comprendere quello che il fratellino minore aveva appena detto con incredibile leggerezza. Seppe solo, che le labbra di Larsa erano la prima cosa che desiderava davvero dopo anni, e senza nemmeno rendersene conto, le catturò con impeto, con l’intenzione di non lasciarle andar via mai più.

 

“Terra chiama Larsa!”. Scuotendosi, il giovane imperatore vide le mani di Vaan agitate davanti al suo viso. Occhi perplessi intorno a lui, in attesa. Con un sospiro, abbassò il volto, massaggiandosi gli occhi. A tutti, quel gesto apparve solo il sintomo di una forte stanchezza che i doveri di un imperatore portavano per tutta la vita. In realtà, quel gesto era solo l’amaro tentativo di cacciare indietro brucianti lacrime. Larsa alzò gli occhi, osservò gli latri e sorrise.

“Non me lo ricordo.” Il petto, non gli era mai bruciato tanto forte.

 

*********
eccomi tornata per voi con un nuovo capitolo! Adesso, so che in teoria non dovrei mettere una scena così incestuosa, ma spero che a nessuno di voi abbia disgustato , perché a me l’idea del primo bacio del giovane Larsa col fratello attirava tantissimo! Nel caso perdonatemi! Un grazie di cuore *.* a Whitemushroom: Sono davvero felice che ti sia piaciuta la mia storia e spero davvero che anche questo capitolo ti  sia piaciuto! Anche Larsa e Vayne sono i miei preferiti e credo anche io che il prezzo che il piccolo imperatore abbia pagato sia stato trascurato in parte. Proprio per questo, con questa piccola fiction ho voluto fargli avere una sorta di “rivincita” Un bacione!

E  un bacio e un grazie a tutti voi che leggete soltanto!

Colgo l’occasione, (si rompo le scatole XD) per promuover e il mio libro, uscito da poco e ordinabile dalle librerie e on-line: Evil flower, un piccolo romanzo Fantasy gotico ambientato nel xvi secolo. Per chi fosse interessata (la storia é incentrata anche su una coppia yaoi quindi non credo che molti uomini siano interessati XD) mi contatti con messaggi privati. Alla prossima. Astharte.

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