Neverending Story

di _Pan_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un incontro nel bosco ***
Capitolo 2: *** Una rivelazione ***



Capitolo 1
*** Un incontro nel bosco ***


Capitolo 1 - Incontro nel bosco

Gli attacchi degli Angeli si facevano sempre più frequenti. Le città non erano più un posto sicuro, ormai ognuno aspettava di essere la loro prossima vittima.
Celiane, chiamata principessa, era la figlia del governatore della città, e sedeva su un ramo di un albero, in giardino, aspettando notizie del fratello, partito con l'esercito del governatore per affrontare gli Angeli delle Tenebre. Tutti erano colti da un'insana paura che non gli permetteva neanche di uscire di casa. Neanche il fratello di Celiane voleva partire per la guerra: lui odiava la violenza e non era neanche tanto bravo con la spada, al contrario di sua sorella, ma chi avrebbe mai chiamato a combattere una donna? Proprio a dimostrazione del fatto che una donna non sarebbe mai e poi mai entrata nell'esercito, sei mesi prima suo fratello era dovuto partire. Celiane sospirò, cercando in tutti i modi di scostarsi i capelli che andavano a coprirle il viso, a causa del leggero vento. Alla fine ci rinunciò, tanto era inutile. Proprio non li sopportava lunghi in quel modo, se solo le avessero permesso di tagliarli, l'avrebbe fatto. Tuttavia, suo padre pensava a cosa avrebbero detto tutti quanti, se lei non avesse portato i capelli lunghi come ogni buona signorina. Sbuffò e pensò che la sua vita era una prigione.
In più, ogni giorno che passava si chiedeva se suo fratello era vivo o morto, possibile che non giungessero notizie, dannazione? Non poteva credere che fosse morto! Non lui! Non eccelleva certo in tecniche di combattimento, ma non era neanche uno che si lasciava battere facilmente! Si erano sempre allenati insieme, fin da piccoli, anche se il loro padre disapprovava completamente che Celiane provasse interesse per le armi: lei era una donna, quello era un campo che non le competeva.
Appoggiò la testa alle braccia e osservò il cielo, curiosamente limpido. Fece un sorriso storto, sembrava che la prendesse in giro per quant'era tranquillo, sembrava che gli Angeli delle Tenebre non fossero mai arrivati, le poche nuvole che riusciva a vedere di mattina erano bianchissime e, ogni volta che stava a guardarle, le ricordavano un cuscino. Ma, quella sera, non c'erano, stranamente, nuvole e si chiese se gli Angeli avrebbero attaccato.
“Chissà com'è..” si domandò Celiane, da sopra il ramo dell'albero su cui era salita. “..volare.” chissà cos'avrebbero detto i suoi familiari se solo le avessero sentito bisbigliare una cosa del genere. Consideravano tutto ciò che era diverso da loro una minaccia, perfino il fatto che una persona volesse andare contro le regole li sconvolgeva; quindi, se provava a manifestare la sua voglia di combattere, le avrebbero dato dell'incosciente, della pazza, di quella che non sa stare al proprio posto e, probabilmente, suo padre l'avrebbe anche punita per la sua insolenza.
Erano sparite tante persone dal villaggio, lei lo sapeva, ma gli Angeli delle Tenebre la incuriosivano. Non aveva paura di loro. In caso, sapeva difendersi e gli Angeli delle Tenebre spesso sottovalutavano le donne, chi mai si sarebbe aspettato qualcosa da loro? Aveva questo vantaggio e, anche se era poco, poteva salvarle la vita.
“Vorrei tanto sapere perché ci odiano tanto.” disse, staccando una foglia dal ramo che aveva sopra la testa e cominciando a strapparla, come un foglio di carta. “E perché ci rapiscono, soprattutto. È senza senso! Perché non ci uccidono e basta se è solo la guerra che vogliono? Che ci fanno con quelli che rapiscono?”
Si stese di nuovo sul ramo, chi mai avrebbe risposto alle sue domande? Nessuno lo sapeva e chi lo immaginava non aveva voglia di risponderle e questo la irritava. Tutti, tutti quanti la trattavano come se fosse una stupida che non può pensare cose ''troppo elevate'' come gli uomini. Anche questo suo modo di pensare era considerato sbagliato dalla sua famiglia e dalla gente, ma aveva sempre avuto suo fratello come termine di confronto e quella disparità di trattamento non le era mai piaciuta. L'unico che sembrava capirla era proprio lui, ma adesso era partito, presunto morto.
Venne risvegliata dai suoi pensieri dalla voce di suo padre, era arrabbiato, probabilmente la stava cercando e non l'aveva trovata.
“Celiane” lo sentì. Lei si affacciò e lo vide. “Quante volte ti ho detto che non devi stare in giardino, ma in casa?”
“Lo so, ma..” tentò lei, ma quando suo padre assunse un'espressione infastidita, rinunciò a rispondere e scese dall'albero. “Chiedo scusa. Non succederà più.”
“Lo spero bene!” la sgridò. “Ti ho cercata dappertutto! Credevo che ti avessero rapita gli Angeli delle Tenebre, per quanto tu sia poco utile, non essendo in grado di combattere, non posso perdere due figli su due! Lo sai che di solito a quest'ora vengono a prendere le loro prede, maledizione.”
Celiane strinse i pugni e si morse il labbro, per non rispondergli che lei non era inutile e che suo fratello era certamente vivo, ma decise di stare in silenzio, il rispetto era tutto per la sua famiglia e per suo padre, a cui non importava altro che le regole, l'onore della famiglia e se stesso.
Decise di rientrare, tanto non avrebbe risolto niente, provando a parlare con lui, sempre che gliel'avesse permesso.

Celiane salì in camera e si stese sul letto, si voltò verso la finestra e tornò a fissare il cielo notturno, pieno di stelle, che prima non aveva notato. Sentì il rumore degli zoccoli di un cavallo, provenivano dal cancello, riuscì a sentirli perché aveva la finestra aperta.
“Che sta succedendo?” si alzò e si diresse verso la finestra. Suo padre era ancora in giardino e si chiese se era a causa di quell'uomo al cancello che l'aveva spedita in casa. Riusciva a distinguere ben poco da quella distanza, e non riuscì a cogliere una sola parola del discorso che suo padre e lo sconosciuto stavano facendo. “Cosa può volere da noi?”
Dopo un bel po' di tempo, vide l'uomo salire di nuovo sul cavallo e allontanarsi a grande velocità. Pensò di scendere e chiedere a suo padre cosa fosse successo, chi fosse quell'uomo e cosa volesse, ma poi pensò che non le diceva mai niente che riguardasse gli affari di famiglia. Scese comunque, tanto avrebbero dovuto cenare e sperava che ne avrebbe parlato almeno lì, dove c'erano tutti.
Infatti, suo padre, come da lei previsto, informò sua moglie dell'accaduto, poco prima che i servi portassero le pietanze. Celiane, facendo finta di interessarsi ai fatti suoi, in realtà era molto presa dalla conversazione.
“C'è un problema” lo sentì esordire con questa frase. “Si tratta di nostro figlio.” Celiane spalancò gli occhi e sbiancò: possibile che fosse... morto? Non si mosse di un millimetro, sconvolta.
La moglie lo guardava, con apprensione. “Cosa gli è successo?”
L'uomo sospirò e prese fiato. “Un soldato, questa mattina, mi ha riferito che è stato catturato.. dagli Angeli delle Tenebre, due mesi fa.” Celiane alzò la testa, esterrefatta e incredula, verso suo padre. Come poteva essere così tranquillo? Non era forse sangue del suo sangue? Spalancò la bocca ma non riuscì a dire niente, se non:
“Dobbiamo andare a riprenderlo!” si alzò. “Potrebbe essere ancora vivo!”
Suo padre si girò verso di lei, deciso a considerarla per la prima volta in vita sua, anche se lei credeva che fosse solo per umiliarla. “E come pensi di fare, di grazia?” le chiese, alzando entrambe le sopracciglia. “E comunque, se lo hanno preso gli Angeli delle Tenebre, non c'è più speranza per lui, tutto ciò che possiamo fare è preservare la nostra vita, Celiane.”
“Volete dire che...” tentò lei, sconvolta più di prima per la freddezza dimostrata dal padre, mentre la madre non apriva bocca, col viso rigato dalle lacrime. “..che non farete niente, padre? Che non volete neanche tentare di trovare il vostro erede?”
“Ci avevo già pensato quando lui è partito.” le disse. “Intendo.. avevo pensato che sarebbe morto. Per questo temo che dovrai sposare qualcuno al più presto, Celiane.”
Celiane rise, amaramente. Ecco cos'era lei: un oggetto di scambio, senza alcun valore. “E cosa sono io? Una merce da barattare? No, non questa volta!” strinse i pugni, mentre suo padre la guardava come se fosse un residuo di immondizia sulle sue scarpe. “Andrò da sola a cercare mio fratello, se necessario!”
“Cosa?” chiese lui, tornando a fissarla in faccia “Tu?” Celiane odiava il tono di sufficienza e l'espressione con cui la guardava. Possibile che la considerasse meno di niente?
“Potrei entrare nell'esercito e..” tentò, anche se sapeva che sarebbe stato tempo perso.
L'uomo rise di cuore. “Tu? Una donna? Nell'esercito?”
“Cosa c'è di sbagliato?” quasi gridò, in preda alla rabbia. “Voglio solo ritrovare mio fratello! Io non sposerò mai qualcuno solo per i vostri interessi, padre! Sono una persona, non un oggetto!”
“Non entrerai mai nell'esercito, Celiane.” le rispose, categorico, ignorando l'ultima parte del discorso. “Sei una donna, questo devi accettarlo, punto e basta.”
Celiane scosse la testa. “Voi neanche ci provate a capirmi!” si voltò, in lacrime, e scappò al piano di sopra, in camera propria. Suo padre non la capiva, sua madre non aveva mai voce in capitolo e.. beh.. nemmeno lei era molto considerata. L'unico che aveva diritto di parlare in quella famiglia era suo fratello, ma non per questo era diventato come il loro padre, per lui loro non erano altro che fonte di ricchezza e di potere. Voleva, anzi doveva, salvarlo, per niente al mondo l'avrebbe lasciato nelle grinfie degli Angeli delle Tenebre! Lui poteva essere ancora vivo e, se lo era, lei l'avrebbe ritrovato, a qualsiasi costo, e c'era solo un modo per farlo.

Si diresse verso la finestra e si appoggiò al davanzale, mettendo la testa sulle braccia conserte, lasciando che i capelli arrivassero a pizzicarle le mani.
“Quando diventerò un soldato” si disse, mentre prendeva in mano una lunga ciocca bionda “Potrò finalmente liberarmi di voi!” li odiava, forse perché erano l'ennesima imposizione che detestava. Anche se non sarebbe potuta diventare un soldato, si disse, se ne sarebbe comunque andata, con o senza armi avrebbe cercato suo fratello e l'avrebbe riportato a casa, dimostrando finalmente a suo padre che valeva qualcosa, al contrario di quello che aveva sempre pensato.
Si strofinò le mani sulle braccia, l'aria di quella sera era un po' fredda e, mentre si girava per tornare dentro, qualcosa attirò la sua attenzione. Quando socchiuse gli occhi per osservare meglio, non vide nulla, solo il buio della notte.
“Me lo sarò immaginato.” disse e fece per voltarsi quando vide chiaramente qualcosa – o qualcuno – che stava precipitando. “Ma cos..?” si sporse un po' di più per capirci qualcosa, ma era troppo lontano perché potesse distinguere bene la figura misteriosa. “Le persone non piovono dal cielo, che sta succedendo?”
Si scostò dal davanzale e scosse la testa, poi guardò nuovamente, e ciò che aveva visto, stava frenando la sua corsa, sparendo tra le chiome degli alberi che segnavano il confine del loro villaggio. Non poteva perderselo! Magari era un umano sopravvissuto alla cattura degli Angeli, se era così doveva saperlo, e doveva anche sapere se aveva incontrato suo fratello e se stava bene. Ancora incredula, Celiane si sporse dalla finestra, per vedere se qualcun altro poteva aver visto la stessa cosa, tuttavia, non c'era nessuno nei paraggi, tutti rintanati in casa, fortunatamente. Si morse il labbro inferiore, era curiosa, maledettamente curiosa. Doveva assolutamente scoprire chi o cosa era caduto tra gli alberi. Decise di andare, nessuno aveva detto, dopotutto, che qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe dovuto essere pericolosa. L'unica cosa da fare, in quel momento, era eludere la servitù e sperare che suo padre si fosse già ritirato nei suoi appartamenti, o sarebbe stato un problema e, sprecando tutto il tempo per inventarsi uno stratagemma per uscire, avrebbe sicuramente perso l'uomo misterioso caduto nel bosco. Calarsi dalla finestra era senza dubbio da tralasciare, se non voleva farsi scoprire al primo tentativo. “L'unica è passare dalla porta! Quella della servitù e fuori discussione, ormai saranno tutti, o quasi, già lì.”
Scese al piano inferiore e, appena arrivata alle ultime scale si sporse, in modo da vedere se ci fosse qualcuno o se stesse arrivando. La sala era completamente vuota e al buio, si sistemò sulle spalle il mantello, che aveva preso prima di scendere, e uscì dalla porta, facendo attenzione a chiuderla con la massima delicatezza. Aspettò qualche secondo prima di allontanarsi, per essere sicura che nessuno avesse sentito niente, e quando vide che nessuna luce si accendeva, che nessuno accorreva per sentire cosa fosse successo, si disse che nessuno doveva essersi accorto di niente.
Arrivata lì, esitò. Tuttavia, si disse, non era quello un comportamento che un bravo soldato teneva, perché la prima dote di un combattente è il coraggio; così, respirando a fondo, si addentrò nel bosco. Lì dentro era tutto più buio e, senza che se ne accorgesse, cominciarono a tremarle le gambe: ma proprio lì doveva cadere quello? Perché non in un bel campo di fiori colorati?
“In fondo è meglio così” disse, mentre cercava la strada meno piena di rami. “Gli Angeli delle Tenebre mi troveranno difficilmente qui dentro.”
“Ahia..” disse, poco dopo, Celiane, sfiorandosi una ferita con la mano. “Dannatissimi rami. Ma dove si è cacciato?”
Effettivamente, i rami degli alberi erano molto bassi, molti anche appuntiti, e la ragazza si feriva più o meno ogni dieci passi. All'ultimo la ragazza prese un ramo e lo spezzò. “Così impari” disse, gettandolo lontano e sentendosi per un attimo soddisfatta di averla avuta vinta su un pezzetto di legno.
Pochi metri più in là, gli alberi si diradarono e la lasciarono respirare. “Finalmente!” si guardò intorno, non aveva ancora trovato quello che stava cercando, quel bosco non era immenso, possibile che fosse andata lì per niente e che quell'uomo, sempre se non se l'era immaginato, se ne fosse andato? Si sedette su una roccia e sbuffò, tanto valeva tornare indietro, anche se, con tutte le strade che aveva preso per evitare i rametti, dubitava che sarebbe riuscita a ricordarsela, anche se si fosse voltata indietro.
“Perfetto! E adesso come ci torno a casa? Se non torno prima di domattina e non mi trovano chissà che succede! Ma perché non sto mai ferma?”
Poi sentì un rumore poco raccomandabile: rametti che si spezzavano, dei passi piuttosto pesanti. Le rare volte che usciva di casa, sentiva le voci delle persone del villaggio che raccomandavano di non addentrarsi nella foresta dopo il tramonto, a causa degli spiriti maligni che vi si aggiravano, ma, quella sera, le aveva completamente dimenticate. “Stupida curiosità” bisbigliò, tra i denti, aspettando un segnale di qualche altra presenza. Ma il rumore non si ripeté. Si guardò intorno, ancora una volta, alla ricerca di qualcosa di diverso, di anormale e anche di qualcosa che potesse aiutarla a difendersi contro uno spirito maligno. Come una stupida, non era neanche uscita armata.
– Ma che ho in testa, stasera? – pensò – Non ho preso neanche qualcosa per difendermi! E ora che faccio? Come si combatte uno spirito maligno? –
Quando non sentì più niente, decise che qualcuno l'aveva graziata e che era ora di tornarsene a casa, decise di prendere la via che aveva a destra, sperando che fosse quella giusta. Si addentrò nuovamente tra gli alberi, guardandosi bene dall'evitare i rametti più appuntiti. Non poté, comunque, non sentirsi osservata da quando era finita in quella minuscola radura. Forse lo spirito maligno la stava seguendo? Forse aveva ucciso quell'uomo che era caduto e ora voleva fare lo stesso a lei? Si guardò intorno, gli spiriti maligni si potevano vedere? Che ne sapeva, nessuno gliel'aveva mai detto! Perché non era stata a sentire, da bambina, quando le raccontavano quelle storie?
Ad un certo punto si sentì tappare la bocca e trascinare all'indietro. Non ebbe neanche il tempo di chiedersi che diamine le stava succedendo che sbatté contro la corteccia di un albero, poco delicatamente.
– Un momento: gli spiriti non hanno un corpo, quindi non possono toccare, chi è stato a.. – si chiese. E pensò se fosse possibile che l'uomo che aveva visto poco prima fosse la causa di tutti i suoi problemi e della sua notte insonne.
“Che male!” disse, massaggiandosi la schiena. Che razza di imbecille le aveva fatto quello scherzo? Alzò gli occhi per guardare il suo ''aggressore'', ma era nascosto dai rami e la scarsità di luce, certamente, non aiutava.
“Chi sei?” le chiese una voce profonda. Celiane scosse la testa, ancora un po' dolorante per via della botta. Era un uomo giovane, a giudicare da quello che riusciva a vedere.
Lei, tentando di alzarsi, rispose. “Screanzato! Non si trattano così le ragazze! E io che sono venuta qui perché ti credevo ferito!”
L'uomo nascosto tra gli alberi sorrise. Evidentemente la ragazza non sapeva con chi stava parlando, altrimenti avrebbe usato ben altro tono.
“E comunque,” riprese a parlare Celiane. “da bravo cavaliere, dovresti presentarti per primo” quando, però, vide che la persona con cui stava parlando non aveva alcuna intenzione di rispondere, decise di fare il primo passo, almeno per buona educazione. Alzò gli occhi al cielo. “Mi chiamo Celiane de Alisia. E tu?”
Il suo interlocutore sospirò, con rassegnazione. Conosceva quella ragazza da meno di due minuti ed era già esasperato e aveva molta voglia di ucciderla. Cosa voleva da lui?
“Sei tu quello che è caduto prima, vero?” gli chiese, parlando, ancora una volta senza ricevere risposta, Celiane. Poi sbuffò, dato che aveva capito che la persona che stava davanti a lei non le avrebbe risposto neanche sotto tortura. “Senti, se non sei tu puoi dirmi dov'è?”
“Voi Esseri-Senza-Ali siete tutti stupidi?” le chiese, brusco. E lei si chiese cosa fosse un Essere-Senza-Ali e perché la chiamasse in quel modo. Era forse pazzo? In effetti, ora che ci pensava, da dov'era caduto?
Gli si avvicinò, doveva saperne di più. Doveva scoprire cos'erano questi Esseri-Senza-Ali e da dove proveniva quello sconosciuto. Cercò di scrutare nell'ombra, ma tutto ciò che riuscì a vedere di più furono le punte dei suoi capelli rosso fuoco.
“Che stai facendo?” le chiese, vedendola venire verso di sé. Ma che voleva quella stupida umana da lui? Possibile che non avesse paura? Possibile che non sapesse chi era lui? Lui che era il più conosciuto? Perché non se ne andava?
“Mi avvicino” rispose lei, semplicemente. “Non vuoi dirmi di più su di te? Ebbene, lo scoprirò da sola! Sono venuta qui perché ho visto precipitare qualcuno e non me ne andrò se non l'avrò trovato. Sono quasi certa che sia tu.” inclinò la testa da un lato, riuscendo a vedere la ferita che lo sconosciuto aveva sul braccio, sembrava piuttosto profonda. Ecco la prova: era lui.
“Potrei ucciderti.” le disse, altrettanto tranquillamente. Lei alzò un sopracciglio e incrociò le braccia. Ucciderla? Sembrava che riuscisse a malapena a stare in piedi e le metteva su queste stupide minacce?
“Chi credi di avere davanti? Una stupida o cieca, per caso? Sei ferito!” gli rispose “Non sei nelle condizioni di combattere.”
La risposta fece ridere l'uomo che aveva di fronte. “Tu pensi seriamente che ci vorrebbe uno scontro per ucciderti?” chi si credeva di essere quella ragazzina?
“Prima regola del guerriero.” gli disse, alzando un indice, con l'aria da maestrina “Mai sottovalutare il proprio avversario.” sapeva che neanche lei doveva farlo, ma non riusciva a vederlo come un pericolo con il braccio ferito in quel modo.
“Tu sei un soldato?” chiese l'uomo, scettico, inarcando un sopracciglio. Celiane si chiese perché usasse quel tono. Possibile che nessuno credesse che una donna potesse entrare a far parte dell'esercito? Scosse la testa: gli uomini erano tutti uguali.
“Non ho mai visto una donna nell'esercito” disse, mentre cercava di appoggiarsi all'albero dietro di sé, consapevole di perdere energie rapidamente, se non l'avesse uccisa subito, non avrebbe più potuto farlo.
Quando lo vide barcollare all'indietro, Celiane capì che le forze lo stavano abbandonando, così lo raggiunse. “Stai male?” gli chiese, mentre si sedeva sull'erba, con la schiena appoggiata al tronco dell'albero. Lo sfiorò a malapena e lui si scostò, con malgrazia, poi si sedette, tenendosi il braccio e non rispose. Celiane scosse, per l'ennesima volta, la testa. Fu allora che notò il fatto che era ''diverso'' da lei. Aveva delle grosse ali, e i capelli rosso fuoco erano piuttosto strani, più simili a vere fiamme che a capelli. Celiane dovette ammettere che era molto bello, l'unica pecca era il suo brutto carattere.
“Ma...” tentò di dire, ma si bloccò. Lui, senza voltarsi verso di lei, e continuando a fissare dritto davanti a sé, la guardò. “Ma.. tu.. tu.. cosa sei?”
Apollonius, questo era il nome dell'Angelo, si chiese se fosse stupida. Era rimasta rinchiusa, per caso? Come non poteva sapere che in giro c'erano gli Angeli delle Tenebre? Ogni villaggio sapeva com'erano fatti. Da dove veniva quella ragazza? A giudicare dall'abbigliamento doveva essere una nobile. Che ci fosse ancora qualche villaggio che non avevano avvistato?

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Capitolo 2
*** Una rivelazione ***


Capitolo 2 – Una rivelazione

Celiane decise di lasciar perdere, probabilmente con quella domanda l'aveva offeso e tentò di rimediare, cercando di essere più gentile, per quanto lui lo fosse poco, e per niente collaborativo.
“Fammi vedere” gli disse, prendendo posto vicino a lui. Sanguinava parecchio e non voleva che le svenisse davanti, non aveva mai visto nessuno svenire e non avrebbe saputo come comportarsi.
Intanto, Apollonius si chiese se avesse sentito bene. “Come scusa?” cosa voleva quella fastidiosa donna da lui? Doveva ringraziare solamente il fatto che non era abbastanza in forze per ucciderla, altrimenti non le avrebbe permesso di parlargli in quel modo.
Lei sbuffò. Cominciava ad odiarlo seriamente, senza neanche conoscerlo bene. “Fammi vedere la ferita!” ripeté, spazientita. “Quanto sei ottuso!”
“Oh!” disse lui, infastidito, voltandosi dall'altra parte “Lasciami in pace.” Apollonius avrebbe desiderato qualunque cosa, qualsiasi, pur di poterla far stare zitta per sempre. Con tutta quella parlantina, rischiava di fargli venire il mal di testa. O le dava una bella botta tanto forte da farla svenire, o cercava qualcosa per ammazzarla. Delle due, una.
“Bella riconoscenza!” disse lei, stupita. “E io che sono anche venuta a cercarti!” Celiane si chiese per quale motivo si trovasse ancora lì a perdere il proprio tempo, in fondo quello era così scortese!
“Ma se non sai neanche chi sono!” le rispose lui, pensando che se l'avesse saputo, probabilmente, avrebbe cominciato a correre lontano da lui. Si immaginò la scena e si godette per un attimo la pace che avrebbe potuto avere, ma durò poco. Non le rivelò chi era, poiché in quel momento non era in grado di affrontare un combattimento. Se quell'invasata avesse gridato all'intero villaggio che nel bosco c'era un Angelo delle Tenebre, chissà quanta gente sarebbe accorsa.
“Bella scusa!” ribatté lei, facendo una smorfia e accorgendosi che aveva ragione. Però la incuriosiva tanto, era così diverso da lei. Si chiese se quelle ali fossero vere. “Tu puoi volare?”
Lui non rispose alla domanda e lei si spazientì anche di più, la voglia di tirargli un calcio era sempre più forte. L'unica consolazione dell'Angelo delle Tenebre che era vicino a lei era che con l'arrivo dell'alba sarebbe stato più in forze e, probabilmente, avrebbe avuto abbastanza energia per tornare ad Atlandia, liberandosi definitivamente di quella scocciatrice. Sospirò si sollievo al solo pensiero. Lei sbuffò e gli chiese se la stesse ascoltando, ma lui chiuse gli occhi, indifferente, pensando che gli Esseri-Senza-Ali erano stupidi ed inutili.
“Maleducato.” gli disse. “Piuttosto.. vorresti avere la finezza di dirmi almeno il tuo nome? Oppure devo chiamarti con un fischio?” la tentazione di schiaffeggiarlo si stava impossessando di lei, tra qualche minuto era certa che mani e piedi non avrebbero più riposto ai suoi comandi.
“Sai? Non credo proprio che avrai un'altra occasione di chiamarmi, perché, quindi, dirti il mio nome?” Apollonius appoggiò la testa al tronco, sospirando. Ma perché era ancora lì con lui? Non poteva tornarsene a casa come ogni brava bambina? “Le bambine non dovrebbero essere a letto a quest'ora?”
Celiane strabuzzò gli occhi. Aveva capito male o l'aveva appena etichettata come ''bambina''? Strinse i pugni, tutti la consideravano inutile, e questo screanzato anche una bambina! Gli uomini erano tutti così ottusi? Fremeva per la rabbia. “Non sono una bambina!” disse tra i denti. “Sto quasi per compiere diciotto anni!”
“E tuo marito sa delle tue uscite a quest'ora della notte?” Apollonius pregava perché questa domanda la facesse smettere di parlare e, magari, tornarsene a casa. Adesso aveva un motivo in più per catturare e uccidere gli Esseri-Senza-Ali oltre che per il nutrimento: una scocciatura in meno per il mondo! Come facevano a sopportarsi l'un l'altro?
Celiane spalancò gli occhi. Cosa aveva detto quello screanzato? Marito? Marito? Ma quanto la credeva vecchia? Aveva ancora tempo per trovarsi un marito, nonostante suo padre insistesse sul fatto che era da quando aveva dodici anni che era in età da marito.
“Non ho un marito!” disse, poi, come se la cosa fosse ovvia. Aveva paura di ciò che avrebbe detto lui e, soprattutto, aveva paura di arrabbiarsi.
“Una zitella.” constatò, come se lei non ci fosse. “Forse avrei dovuto aspettarmelo.”
Celiane cercò di trattenersi, ci provò con tutta se stessa, ma proprio non ci riuscì, così prese una pietra, piuttosto grande. “Zitella?! Zitella?! Te lo faccio vedere io!” e gliela lanciò addosso. Lui sospirò, alzando gli occhi al cielo e fermò la pietra, prima che potesse anche solo sfiorarlo; la sbriciolò tra le mani e lasciò cadere quello che rimaneva. Quanto era stupida quell'Essere-Senza-Ali? Credeva di avere a che fare col primo umano che passava? Si chiese se, davvero, l'avevano rinchiusa per tutto quel tempo. Se c'era una cosa evidente che lo distingueva da quegli esseri inferiori, erano proprio le sue Ali; erano davvero tutti così poco perspicaci? Beh.. se erano tutti come lei, non ci avrebbero messo molto a tornare in forze.
“Cosa diamine sei tu?” gli chiese, allibita, guardando la fine del povero pezzo di roccia, pensando che quella poteva essere lei, se lui non fosse stato ferito. Lui la ignorò. “Beh? Perché non rispondi a nessuna delle mie domande?”
“Senti,” le disse, adesso aveva davvero perso la pazienza, in un modo o nell'altro sarebbe stato in grado di ucciderla, se solo avesse continuato a parlare. Non aveva ancora le forze, ma ne aveva certamente voglia. “tornatene a casa tua.” quando ci metteva il sole per sorgere?
Celiane si accigliò: come si permetteva di dirle dove doveva stare lei? Non poteva pensare di trattarla in quel modo solo perché era un uomo, e anche piuttosto strano. “Ma chi ti credi di essere?” Celiane si lasciò sfuggire le parole che stava pensando. “Non sei certo tu a decidere dove devo stare io.”
Apollonius sospirò: mai, mai aveva trovato un Essere-Senza-Ali tanto stupido, cocciuto e pedante. Si massaggiò una tempia, con l'intento di farsi passare il mal di testa, erano anni che non lo aveva così forte e quella stupida, in meno di un'ora era riuscita a fargli battere tutti i record. “Hai ragione.” le rispose, lei rimase esterrefatta, si conoscevano da poco, ma le stava dando ragione per la prima volta. “Però posso decidere dove stare io, e penso proprio che sarà un posto lontano da qui e, soprattutto, lontano da te. Tornatene a casa tua.”
“Che maleducato!” esclamò lei, mentre lui si alzava. – Eh no – pensò – Tu non vai da nessuna parte! – così gli afferrò una ciocca di capelli, lunghi abbastanza da poterli afferrare anche da seduta. Non gli avrebbe permesso di andarsene tanto facilmente! Non lei!
Apollonius strinse i pugni, solo per non strozzarla, se si fosse affaticato prima di recuperare energie, non sarebbe stato in grado di volare e di tornare subito ad Atlandia, e chissà quanto avrebbe dovuto vagare per quel bosco. Poi pensò a come sarebbe stato bello se quella donna non fosse mai venuta a cercarlo, e lo pervase un senso di beatitudine, che, però, scomparve all'istante, quando sentì di nuovo la voce di Celiane che lo chiamava. “Scusa..” le disse lui, senza voltarsi “Non è che potresti lasciarmi?”
“Neanche per sogno!” rispose lei, decisa. La sua curiosità non si era per niente affievolita, voleva sapere e avrebbe saputo! Se lui conosceva o aveva mai visto gli Angeli delle Tenebre, doveva saperlo! Ed era anche curiosa di sapere come aveva fatto a ferirsi in quel modo. “Sono venuta qui perché volevo delle risposte. Non me ne andrò, senza.”
Lui sbuffò, scocciato. Possibile che nessun Angelo che si era portato dietro si era preso la briga di cercarlo? Doveva stare con quella scocciatrice ancora per molto? Si chiese se, almeno, avevano detto a qualcuno che non era tornato, quegli idioti! Se non fossero stati in pochi, li avrebbe uccisi tutti e cinque, una volta tornato, sempre ammesso che ce l'avrebbe fatta.
Aveva pensato anche di portarla con sé e di offrirla all'Albero della Vita, ma già avrebbe ringraziato il creato, se fosse riuscito ad andarsene da lì. E se non riusciva a volare da solo, figuriamoci con un peso, e immaginava che non sarebbe stata ferma come un agnellino, sembrava, tra le altre cose, che neanche fosse capace di finirla di aprire la bocca e darle fiato.
“Da dove vengo io, le donne sono abituate a stare zitte!” le disse, mettendola a tacere un attimo. “Non credi di mettere alla prova la mia pazienza?”
“Bella riconoscenza!” disse lei, offesa. Come si permetteva quello.. quello.. screanzato! “E io che sono anche venuta a cercarti! La prossima volta, significa che non verrò se sarai ferito.”
“Non darti pensiero per me.” rispose, acido. “Non mi feriranno un'altra volta, stanne certa.” e le tolse la mano dai capelli.
“Voglio sapere chi e cosa sei tu, e cosa ci fai qui.” gli disse, alzando gli occhi al cielo e riprendendo possesso della ciocca. “E, forse, dopo starò zitta qualche minuto.”
“Non pensi di volere un po' troppo?” le chiese, togliendole, ancora una volta, di mano i suoi capelli. La volta successiva che fosse uscito con gli Angeli, si sarebbe portato qualcosa con cui ferire il primo umano che gli si fosse avvicinato. Non aveva più intenzione di vivere una notte simile. “Non sono la fatina delle favole. E, sinceramente, stai cominciando a scocciarmi, Umana.” sentiva che le forze gli stavano tornando un po' per volta, forse stava per sorgere il sole.
Lei gli tirò un'altra ciocca, più forte, e lui, per farla smettere, si sedette di nuovo. Poteva parlare quanto voleva, ma non doveva toccargli i capelli, era l'unica cosa che lo infastidiva più del resto.
“Perché non rispondi e basta?” gli chiese. Cosa c'era di difficile nella domanda che gli aveva fatto? Voleva solo sapere chi era e per quale ragione era così strano. “Sarebbe tutto molto più semplice, sai?”
“Lo sarebbe altrettanto se tu mi facessi il favore di stare in silenzio.” le rispose lui. Si appoggiò nuovamente contro il tronco dell'albero, la ferita era guarita e, molto probabilmente, l'alba era prossima. Sentiva che le forze gli stavano tornando. “E se proprio devi parlare, puoi smetterla di ripetere sempre le stesse cose?”
Celiane inarcò un sopracciglio, infastidita dalle parole di Apollonius. Si chiese se fosse mai esistito qualcuno che l'avesse fatta arrabbiare più di quanto c'era riuscito lui in nemmeno un'ora. “Te l'hanno mai detto i tuoi genitori di non essere così scontroso con le ragazze? Scommetto che neanche tu hai uno straccio di moglie.”
Lui la guardò storto, un pensiero poco raccomandabile, dal suo punto di vista, cominciava a formarsi nella sua mente “Non sono disponibile”
“Per cosa?” gli chiese lei, non capendo. Disponibile? La ferita gli aveva dato alla testa, per caso?
“Non è da un'ora che cerchi di rimorchiarmi?” le chiese, cercando di creare distanza tra sé e quella donna. Guardò all'orizzonte, sembrava che anche il sole cospirasse contro di lui. Se il sole sorgeva, avrebbe avuto abbastanza forze per aprire un portale.
“Cosa? Tu.. tu devi essere, certamente, impazzito.” gli rispose, esterrefatta. Ma quello che aveva capito? Era più matto di non sapeva neanche lei cosa! “Non mi sognerei mai di rimorchiare un maleducato come te! E poi, diciamolo, sei tu che sei intimidito dalla mia bellezza.”
Apollonius non si diede cura di nascondere quanto assurda gli era sembrata quell'insinuazione, scoppiando a ridere. “Scusami?” le chiese, adesso poteva sicuramente ucciderla, ma non gli sarebbero rimaste abbastanza energie per creare un portale per Atlandia e volare fino a lì. Se fosse dovuto rimanere ancora in quel bosco, sarebbe morto per la disperazione, di questo ne era certo. Se tutti gli Esseri-Senza-Ali erano come quella con cui stava parlando, allora aveva un motivo in più per non cercare una soluzione pacifica. “E comunque, se proprio ti interessa, i miei genitori avevano altri problemi”
“Tranquillizzati.” gli disse, pensando alla sua famiglia e lasciando cadere l'argomento ''rimorchio''. “Neanche i miei mi hanno ricoperta di attenzioni. Specialmente mio padre.”
“I miei non potevano.” le disse, senza un briciolo di malinconia né nella voce, né nello sguardo. “Erano morti.”
“Mi dispiace..” rispose, più triste di lui. Poi si riprese, tentando di trascinare la discussione su qualche altro argomento. “Finalmente abbiamo cominciato a fare conversazione!” Non riusciva ancora a capire quella creatura, però. “Posso sapere il tuo nome, adesso?”
“Perché ti interessa tanto?” chiese, spazientito. “Non ti hanno insegnato che, da brava donna, quale sei, o dovresti essere, farsi gli affari degli uomini non ti compete?”
“Senti, cocco,” disse Celiane, ora decisamente arrabbiata. Le sembrava di sentire suo padre, dannazione! “forse non sono un uomo, ma questo non significa che non sappia pensare e agire bene almeno quanto lui. Se non vuoi dirmi il tuo nome, vai al diavolo, ma non paragonarmi anche tu ai maschi, chiaro? Sono convinta che potrei fare cinquecento volte meglio di loro, qualsiasi cosa, se solo mi lasciassero provare. E tu, in fondo, non sei poi tanto diverso da tutti gli altri!”
Anche Apollonius sembrò infastidito. La afferrò per il collo, rischiando di soffocarla. “Non osare più paragonarmi a voi Esseri-Senza-Ali. Trema, ricordando il mio nome, stupida femmina. Sono Apollonius, uno degli Angeli delle Tenebre.”
La risposta la sorprese e la spaventò. Si trovava con uno di quei sanguinari assassini, come aveva fatto a non capirlo prima? Era davvero uno di quegli Angeli che avevano rapito suo fratello? Cercò di liberarsi, ma la presa dell'Angelo era troppo forte per lei. Cominciò a sentire l'aria che le mancava e tentava di affondare le unghie nella pelle di quel maledetto. Provò a dargli un calcio, ma fu tutto inutile, non riusciva più a fare niente e sentiva che le forze la stavano per abbandonare. Aprì gli occhi, accorgendosi di averli chiusi e lo guardò con odio e sfida, convinta più che mai a non chiedergli pietà. La cosa sorprese Apollonius, poiché solitamente gli Umani, arrivati a quel punto, lo imploravano perché li lasciasse andare. Lei, al contrario, si comportava diversamente, era come se lo incitasse a continuare. Forse fu l'alba a salvarla, perché Apollonius la lasciò cadere a terra e, senza neanche rivolgerle una parola di più, spiccò il volo, sparendo tra le chiome degli alberi e dalla vista di Celiane. La ragazza tossì, più volte, per riprendere fiato. La rabbia per l'umiliazione appena subita le fece ribollire il sangue. “Apollonius..” bisbigliò, adirata, tra i denti. “Mi ricorderò di te, dannato Angelo delle Tenebre, e ti ucciderò. Questa è una promessa!”
Dopodiché decise di tornare indietro. Non fece caso neanche al sentiero che aveva scelto di percorrere, in fondo, una strada valeva l'altra, il villaggio non doveva essere poi così lontano.

Celiane sospirò, prima di imboccare un'altra di quelle strade con quei rami stramaledetti. Non riusciva a smettere di pensare a quanto era stata stupida e a quanto non aveva pensato a difendersi da quello sconosciuto. Come aveva potuto non accorgersi che era un Angelo delle Tenebre? Quelle ali avrebbero dovuto dirle tutto! Perché doveva essere sempre così ingenua? Tutte le storie che raccontavano in giro per il paese portavano il nome di Apollonius, e tutti i rapimenti la sua firma. Era, in assoluto, l'Angelo più temuto tra tutti. Strinse i pugni, pensando a quello che poteva aver fatto a suo fratello. Sicuramente aveva fatto male a lasciarla in vita, perché si sarebbe vendicata. In quel momento era decisa più che mai a prendere parte alla guerra e nessuno l'avrebbe fermata, neanche suo padre con le sue storielle sulle donne incapaci che dovevano rimanere chiuse in casa a badare ai figli, insieme alla servitù. No! Lei si era scelta un destino diverso, e avrebbe fatto ciò che sentiva di fare! Che le importava quello che pensava lui?
“Salverò mio fratello.” disse, a se stessa, ad alta voce. “Andrò anche in quel posto, dove stanno gli Angeli, se necessario. Non permetterò a nessuno di fermarmi.”
Combatté contro qualche rametto odioso che le procurarono nuovi graffi. Si sentiva indolenzita e il collo le doleva più del resto. In più, tutti gli sforzi che aveva fatto per cercare di liberarsi le avevano portato via altre energie, dovette appoggiarsi ad un tronco per rimanere in piedi. Per prima cosa, si disse di dover lavorare sulla resistenza, uno scontro così poco duro l'aveva quasi fatta cadere a terra priva di sensi. Dopo qualche altra strada piena di rami, Celiane riuscì a uscire da quella maledetta foresta. Quando ne fu totalmente fuori, tirò un sospiro di sollievo, contenta di poter tornare a respirare.
Da lì riusciva a vedere casa propria, e si permise un altro sospiro: non era mai stata tanto felice di tornare tra quelle quattro mura. Il sentiero da percorrere le sembrò lunghissimo, il sole era poco più sopra l'orizzonte e si chiese quanto tempo aveva impiegato per raggiungere l'uscita della foresta. In poco tempo rientrò in casa; per sua enorme sfortuna, la sua famiglia era già in piedi, intenta a cercarla per tutta la casa. Celiane sbuffò, adesso la aspettava una gran bella ramanzina, se non fosse tornata, sarebbe stato meglio per tutti, per suo padre soprattutto.
“Che succede?” chiese, per farsi notare. Si disse che era meglio uno strappo secco, insomma, prima cominciava la ramanzina, prima sarebbe finita e lei si sarebbe potuta buttare sul letto e dormire per l'intera settimana.
Tutti gli occhi si puntarono su di lei, tutti quelli dei servi e quelli di sua madre. “Sei viva?” le chiese quest'ultima, quasi non credendo a ciò che vedeva, le andò incontro piano, come se Celiane dovesse sparire da un momento all'altro. Lei si guardò un attimo, per cercare conferma. Si vide un po' malconcia, ma in compenso, stava bene.
“Direi di sì. Tranne qualche graffio.” rispose, appoggiandosi al muro, per cercare sostegno, se fosse caduta, sua madre chissà cosa avrebbe fatto.
“Pensavamo che ti avesse rapita un Angelo delle Tenebre!” esclamò suo padre, dalla cima delle scale che davano sulla sala principale. Era arrabbiato, non preoccupato, ma Celiane non se ne curò più del solito, non lo era mai, se non per se stesso.
“Beh..” balbettò lei, con voce stanca, non aveva alcuna voglia di mettersi a discutere, tanto con lui era totalmente inutile. “Non è del tutto errato.”
“Sei riuscita a fuggire?” le chiese, ancora, dubbioso. Evidentemente, non credeva affatto che lei si potesse salvare.
“Beh.. praticamente..” pensò di cogliere la palla al balzo. Quella era l'unica buona occasione che le fosse mai capitata in vita sua per far capire a suo padre quanto valeva “Direi di sì”
Lui la guardò sempre più perplesso, convinto che Celiane non si sarebbe mai distinta per coraggio o qualche altra qualità. “Come ha fatto a catturarti?”
“La finestra” disse lei, in fretta, forse troppo. Effettivamente, non sapeva che scusa inventarsi, che razza di domanda era? Che gliene importava? Non poteva semplicemente gioire per il fatto che sua figlia era uscita sana e salva da un incontro ravvicinato con un Angelo delle Tenebre? “Era aperta.. tutte le altre no e.. beh.. ecco è venuto lì da me.. e.. mi ha portata via”
“E perché non hai urlato?” le chiese, con sguardo indagatore, per capire se stesse dicendo o meno qualche bugia.
“Beh.. io.. lui.. oh.. mi aveva tappato la bocca..” si stava arrampicando sugli specchi, se ne rendeva conto, ma che altro poteva fare? Mica poteva dirgli che era uscita di casa per ficcarsi nella tana del lupo!
“E perché non l'hai morso?” le chiese, ancora. Celiane cominciava ad arrabbiarsi, e più lo faceva, più perdeva concentrazione nel trovare le risposte più plausibili.
“Non ci riuscivo!” si chiese per quale strano motivo le stesse facendo quel terzo grado. In fondo la storia del rapimento poteva essere possibile, forse la fuga un po' meno ma.. perché no?
“L'hai visto bene?” le domandò, incrociando le braccia. “Sei sicura che fosse un Angelo delle Tenebre?”
“No che non l'ho visto!” mentì lei, tanto non l'avrebbe mai creduta se gli avesse detto che aveva incontrato Apollonius e che era riuscita, addirittura, a scappare. “Gli umani non si arrampicano sui muri, era per forza uno di quei maledetti! Era troppo buio e non l'ho visto.”
“Ma sei tornata ora, è mattina” insisté lui.
“Ci ho messo un'intera nottata a superare la foresta, ecco perché ho tutti questi graffi. In mezzo agli alberi.. non riusciva a vedermi.. sono potuta fuggire.” sperava di dover concludere quella farsa il prima possibile, non aveva molte idee in testa e comunque non vedeva perché continuare a trovare giustificazioni, si era salvata, punto.
“Ora si spiega tutto.” disse l'uomo, come uno che aveva capito ogni cosa. “Pensavo che avessi combattuto. Ma dopotutto, voi donne siete solo capaci di fuggire, in caso di pericolo.”
Celiane si accorse di essersi data, in un certo senso, la zappa sui piedi. Non riusciva proprio a sopportare che le dicesse certe cose! Lei! Scappare! Non era fuggita davanti a quell'Angelo neanche dopo averlo saputo, non che avesse avuto molto tempo.. ma.. scosse la testa e decise di non pensarci più, tanto ormai era fatta, poteva vantarsi di essere una delle poche, se non l'unica, ad essere fuggita dall'Angelo delle Tenebre più temuto della regione. Arrabbiata, salì le scale dirigendosi in camera sua. “Inutile” disse, buttandosi sul suo letto, senza avere neanche la forza di tirare un pugno a qualcosa. “Non mi vedrà mai come un guerriero, solo come una stupida, inutile donna. Gliela farò vedere io, a lui e a quello stupido Angelo! Vedranno tutti di che pasta sono fatta!”
Così, quel giorno, Celiane prese la decisione che fu alla base dei successivi avvenimenti.

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