Bright Lights

di ladyvampiretta
(/viewuser.php?uid=150587)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una vita da salvare ***
Capitolo 2: *** Un angelo in mio soccorso ***
Capitolo 3: *** Amare, non innamorarsi ***
Capitolo 4: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 5: *** Il mio Paradiso ***
Capitolo 6: *** La caccia ***
Capitolo 7: *** Bright Lights ***
Capitolo 8: *** La scelta di Castiel ***
Capitolo 9: *** L'accordo con Crowley ***
Capitolo 10: *** L'Inferno ***
Capitolo 11: *** Perdizione ***
Capitolo 12: *** Menea ***
Capitolo 13: *** Una nuova speranza ***
Capitolo 14: *** La prova degli angeli ***
Capitolo 15: *** Castiel ***



Capitolo 1
*** Una vita da salvare ***


UNA VITA DA SALVARE

 



Quella mattina mi svegliai presto. Non avevo mai avuto il sonno pesante, quindi non mi sorpresi quando venni svegliata dal cinguettio degli uccellini fuori dalla mia finesta.

 

Sbuffando per il modo in cui ero stata buttata giù dal letto, mi rintanai nella doccia. Il getto d'acqua calda risollevò immediatamente il mio umore, nero già di prima mattina.

Indossai un paio di shorts e una canotta. Avevo deciso di andare a correre, come ogni mattina. Passai davanti allo specchio. Una ragazza alta, slanciata, dagli occhi verdi e dei capelli lunghi, mossi e castani mi guardò di rimando. Indossava pantaloncini blu elettrico e un top nero. Sorrisi al mio riflesso mentre mi legavo i capelli in una morbida coda di cavallo. Andare tutti i giorni a correre aveva dato i suoi frutti e avevo perso quei chili di troppo che mi facevano sentire insicura. Ero arrivata anche ad amarmi un po' di più. Mi chinai per allacciare le scarpe da ginnastica nere e uscii di casa.

Con il senno di poi mi chiedo spesso cosa sarebbe accaduto se quella mattina, per un motivo o per un altro, non fossi andata a correre. Poi però mi dico anche che, se qualcosa deve succedere, accade lo stesso, in maniera diversa ma accade. Pensandola in questo modo, sempre con il senno di poi, me ne sarei volentieri rimasta a casa.

Appena uscii in strada, mi misi le cuffiette alle orecchie, presi un bel respiro e cominciai a correre. Mi ero trasferita nella periferia di New York da qualche mese e passavo una parte del mio tempo a cercare lavoro. Prima di trasferirmi, avevo trovato diverse occupazioni che avevano reso discreto il mio conto in banca, ma fin da piccola avevo sognato di vivere nella Grande Mela, quindi avevo deciso di abbandonare tutto e cercar fortuna nella capitale. Il mio quartiere era formato da una unica strada principale che si snodava in tante piccole viuzze. Ogni due metri c'erano degli alberi piantati che aggiungevano un tocco di verde in un mondo dove il grigio stava prendendo il sopravvento. Volevo andare a correre al parco, così decisi di incamminarmi a passo svelto lungo il marciapiede. Era mattina presto, non c'era nessuno per strada.

Ero totalmente assorta dalla canzone "This is War" dei 30 Seconds to Mars da isolarmi completamente dai suoni intorno a me. Adoravo quella canzone, mi dava la carica per andare a correre. Canticchiando tra me e me, decisi di fare una piccola corsetta come riscaldamento. Non mancava molto al parco.

Quando la canzone finì, ci fu il breve stacco di silenzio che precedeva la canzone successiva.

Sentii un rumore assordante. Mi voltai di scatto facendo un salto.

Subito dopo sentii il rumore di un clacson.

La scena che mi si parò davanti mi lasciò a bocca aperta. Una Station Wagon rossa, ammaccata su una fiancata, andava a tutta velocità.

E si stava dirigendo verso di me.

Non ebbi neanche la forza di cacciare un urlo. Volevo spostarmi, togliermi dalla sua traiettoria, ma le gambe non si muovevano.

La mia mente era svuotata, i muscoli bloccati. Il mio cuore battè all'impazzata mentre la mente si annebbiava.

Sapevo quello che sarebbe successo di lì a poco: la macchina mi avrebbe travolta, sarei finita tra le sua lamiere e sarei morta.

Sentii il sapore del sangue in bocca.

Ferro e sale.

"Era proprio vero che mentre stai per morire, il tempo sembra rallentare".

Quello che per le persone normali sarebbe apparso come una manciata di secondi, a me sembrò un'eternità.

La macchina era a pochi centimetri da me. L'impatto era inevitabile.

Ebbi solo il tempo di chiudere gli occhi, preparandomi mentalmente al dolore.

"Un fruscio di ali?" pensai, un secondo prima che la macchina mi venisse addosso.

Avevo sentito come un battito d'ali al mio fianco. Non seppi mai come feci a sentirlo, nonostante tutto il fracasso che stava facendo l'auto in corsa.

Poi tutto era diventato buio.

Un istante dopo, sentii un boato. Aprii gli occhi e vidi la Station Wagon rossa schiantarsi contro una palazzina.

Sgranai gli occhi.

"Quella non era la macchina che mi stava per investire?" pensai.

Iniziai a tremare.

« Stai bene? » mormorò una voce inespressiva accanto a me.

Mi girai lentamente.

Una figura alta, con un trench beige mi guardava. Aveva i capelli scuri spettinati e gli occhi incredibilmente profondi.

"Sono morta?" pensai, guardando quell'uomo. Era di quanto più magnifico i miei occhi avessero mai potuto vedere.

Una bellezza non umana.

Ma la figura si voltò di scatto, dicendo qualcosa che non compresi. Mi voltai a guardare e vidi un altra macchina sbattere contro la station wagon e venire nella nostra direzione.

I miei occhi si ridussero a due fessure. Questa volta il grido mi salì alla gola e urlai più forte che potevo, mentre mi trovavo nuovamente davanti alla morte.

Sentii nuovamente il rumore dell'aria spezzato dal battito d'ali e il mio corpo si sollevò da terra.

Sgranai gli occhi mentre nel tempo di sbattere le palpebre vedevo la seconda auto incidentare nel punto in cui mi trovavo poco prima per poi ritrovarmi in una piccola via laterale deserta. Non ebbi il coraggio di guardare in alto.

« Oggi non è il tuo giorno » mormorò la figura. Anche la voce aveva un non so che di musicale.

Tremante e sotto shock, non riuscivo a capacitarmi di quello che era appena successo.

Il cuore non la smetteva di battermi forte. Faceva quasi male.

L'uomo si era portato il mio braccio destro sulla sua spalla sinistra e così mi aveva portata in salvo.

Arrivati nel vicolo, mi lasciò accanto al muro.

Le gambe non mi ressero e scivolai giù, fin quando non sentii l'asfalto della strada sul mio viso.

La figura si inginocchiò accanto a me.

« Tutto bene? »

Non risposi. Più che altro non sapevo neanche io come stavo.

"Devo aver sbattuto la testa, non posso aver voltato sopra Close Avenue" pensai.

« Ti porto a casa » continuò, sempre guardandomi. Lo fissai di rimando.

Non dimostrava più di trent'anni ma la cosa più curiosa non era il suo abbigliamento, ma i suoi occhi.

Erano profondi e ingenui allo stesso tempo. Sarei potuta rimanere a fissarli per ore.

Senza attendere una mia risposta, in un attimo mi ritrovai a casa mia, adagiata sul letto.

Mi sentivo come prigioniera del mio corpo, quindi neanche mi passò per la mente di chiedermi come ci fossi arrivata.

« Adesso andrà tutto bene » disse con la sua voce musicale. Era strano perché non sembrava incoraggiante. Più che altro era inespressivo.

« Grazie » sussurrai, mentre chiudevo gli occhi.

E scivolai immediatamente tra le braccia di Morfeo.

 

 

 

"Castiel"

Una voce nella sua testa lo chiamò. L'angelo alzò lo sguardo verso il cielo, curioso.

Improvvisamente si sentì come risucchiato e in meno di un secondo si ritrovò in una stanza. Era completamente bianca, vuota e spoglia se non fosse stato per la scrivania con dietro una donna.

« Naomi... » la salutò Castiel, impassibile come sempre.

La donna lo guardò con disappunto.

« Sai cosa hai appena fatto? » domandò con una punta d'acidità, puntando verso di lui una penna stilografica.

Castiel scosse la testa « Ho salvato la vita ad una umana, non vedo quale sia il problema...»

« Il problema... » lo interruppe lei « ... è che non avresti dovuto salvarla! »

Castiel non si oppose.

Salvare gli umani non era un suo compito, ma in quel momento si era trovato a leggere la morte in faccia a quella ragazza.

Si era sentito in dovere di aiutarla.

Non poteva lasciarla morire.

Non sotto i suoi occhi.

La ragazza non sarebbe dovuta morire.

« Deve morire... » sussurrò tra i denti la donna, come se gli avesse appena letto nel pensiero.

Anche lei era decisamente giovane. Doveva avere circa 35 anni, capelli neri a caschetto e vestita con un tailleur blu e bianco.

Castiel strinse gli occhi « Perché? »

Naomi scosse la testa « Non sei tenuto a saperlo, devo chiederti di non intervenire nuovamente » e così dicendo lo congedò. L'angelo rimase confuso.

"La ragazza che ho salvato è una minaccia? Non sembrava proprio" pensò Castiel, ritornando sui propri passi.

Eppure lei aveva stimolato in lui una sorta di curiosità insensata.

Decise che l'avrebbe vista una volta ancora, prima di decidere di non interferire più con la sua vita.

Volò fin dentro il suo appartamento.

Era una casa piccola ma funzionale. C'era la cucina, il bagno e una stanza da letto. Dietro la casa c'era un piccolo giardino con dei panni stesi.

"Sembra vivere da sola" pensò, mentre si avvicinava al letto.

La ragazza dormiva profondamente.

Si girava di continuo tra le coperte, tenedo gli occhi chiusi e l'espressione corrucciata.

« No... no... » mormorava piano.

Castiel si avvicinò ancora di più, curioso.

"Sta sognando?" si sedette sul letto e la guardò.

Sembrava una bambina, con le ciocche castane che le ricadevano sul viso.

Desideroso di sapere cosa la corrucciasse, le poggiò un dito sulla fronte e chiuse gli occhi. In un attimo si trovò anche lui nel sogno.

Si trovava in un autogrill, di notte. C'era una leggera musica country di sottofondo con diverse persone sedute ai tavoli. Il locale era illuminato a giorno.

Ci mise un po' per individuare la ragazza.

Se ne stava ferma in un angoletto, seduta ad un tavolo. Era circondata da tre uomini che la importunavano.

Uno di loro allungò una mano nella sua direzione. Era ubriaco e sembrava non avere buone intenzioni. Lei si fece ancora più indietro, come se volesse sprofondare nella sedia, con l'espressione terrorizzata in volto.

Castiel non poteva assistere oltre. Si avvicinò velocemente a quello che gli era più vicino. Gli premette il palmo della mano sulla testa e l'uomo si contorse dal dolore.

Infine cadde a terra, esanime.

Gli altri due si voltarono nella sua direzione. Castiel non fece alcuna smorfia. Si tirò sù la manica destra dell'trench e questa volta premette entrambi i palmi contro i volti dei due malfattori. Anch'essi si contorsero, prima di cadere a terra.

La ragazza, quando lo vide, sgranò gli occhi.

Poi, inaspettatamente gli sorrise. Sul volto della ragazza si palesò la gioia.

Castiel la osservò attentamente. Il comportamento degli umani lo aveva sempre incuriosito. Per lui, gli esseri umani erano splendide opere d'arte.

... ed erano anche imprevedibili.

La ragazza gli saltò in braccio e lo strinse in un forte abbraccio.

Castiel rimase completamente sbalordito. Non si aspettava niente del genere.

« Grazie mille! » disse la ragazza con un sorriso, mentre liberava l'angelo dalla sua stretta.

L'angelo rimase come paralizzato, con gli occhi sgranati.

« Ma... cosa...perché? » chiese. Era la prima volta che si trovava nella situazione in cui non sapeva formulare una domanda. La sua mente era andata in confusione non appena aveva sentito la pelle della ragazza a contatto con la sua.

Anche il suo dolce profumo l'aveva confuso.

"E non era mai successo prima!" pensò, guardando la ragazza, esterrefatto.

Lei, però, non sembrò accorgersi di niente.

Si limitava a guardarlo e a sorridergli. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Castiel non poteva stare oltre nel sogno della ragazza.

Tornò immediatamente alla realtà. Si trovò di nuovo nel letto con lei che adesso non si dimenava più. L'espressione era più felice e rilassata.

Castiel sentì il suo cuore martellargli nel petto.

"Questa cosa non è mai successa prima d'ora" si ripetè mentalmente.

Era il sogno di quella ragazza, ma lo aveva vissuto sulla sua pelle.

"Umani..."

Doveva andarsene, quella ragazza stava avendo uno strano effetto su di lui e non poteva accettarlo.

Le lanciò un'ultimo sguardo, prima di volare via.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Dopo 3 One-shot su Supernatural, ho deciso di pubblicare una long. In realtà, questa l'avevo già postata ma l'avevo cancellata dopo poco a causa delle mie "fisse mentali".

Ci sto lavorando davvero tanto, quindi spero che l'apprezzerete. In questo capitolo, ho prensentato i due protagonisti, Castiel e Layla, che ne pensate? La ragazza è destinata a morire, Castiel lascerà che ciò avvenga? Lo scoprirete nei prossimi capitoli! (ok, so che sembra il messaggio finale di un cartone animato... scusate!). Più avanti, ci saranno molti personaggi della serie, dai due Winchester a Crowley, quindi... stay tuned!

Ok, scherzi a parte, lasciatemi una recensione, positiva o negativa, su questo capitolo, così so se vi è piaciuto o meno.
Grazie in anticipo,
un abbraccio,
Ladyvampiretta

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un angelo in mio soccorso ***


UN ANGELO IN MIO SOCCORSO

 

 

Quando mi svegliai, mi sentii stranamente felice. Ma non appena aprii gli occhi, venni assalita dai dubbi. Era stato tutto un sogno? Non avevo mai rischiato di morire e non ero mai stata salvata da un ragazzo misterioso?

La risposta era ovvia.

No.

Altrimenti non mi sarei risvegliata nel mio letto.

"Eppure mi era sembrato tutto così reale" mi rattristai.

Il tocco del ragazzo era stato dolce e deciso. Lo sentivo ancora sulla pelle.

Nel sogno ero stata molto espansiva e lui mi era sembrato turbato.

Era strano aver sognato qualcuno e ricordarne tutti i dettagli.

Il mio stomaco brontolò.

Sbuffando, decisi che era ora di mangiare. Ero rimasta troppe ore a letto.

Quando, però, aprii il frigorifero, lo trovai vuoto.

"Devo fare la spesa!" pensai sconsolata.

Passai davanti allo specchio, ma fui costretta a fare marcia indietro.

"Sono andata a letto vestita così?"

Indossavo gli shorts e la canotta, come se fossi andata a dormire dopo la corsa. E io non andavo mai a dormire in quel modo.

Mi portai le mani alla bocca.

"Allora è successo davvero?"

Mi serviva una conferma. Senza pensarci due volte, afferrai la borsa e uscii di casa. Cercai di percorrere la strada che portava al parco e quello che vidi mi lasciò allibita.

C'era la polizia a Close Avenue, circondata da un manipolo di gente che si teneva a distanza.

"No, non può essere..." mi feci largo tra la folla, finché non ebbi la visuale libera.

I resti di una macchina ingombravano la strada. Mi sporsi ancora di più e sentii una donna piangere. Sul muro della palazzina era presente un enorme foro che lasciava intravedere una cucina all'interno.

« Ma cos'è successo?! » domandò in preda al panico una donna accanto a me.

« C'è stato un incidente » rispose un uomo « .. e una macchina si è schiantata contro quel palazzo » continuò, indicando il foro.

"Proprio come nel mio sogno" pensai, strabuzzando gli occhi.

"No, deve essere una coincidenza..."

Mi voltai verso l'uomo « Per caso c'è stata anche un'altra macchina coinvolta nell'incidente? » domandai, mordendomi il labbro.

Lui annuì « Sì, un'altra macchina ha preso in pieno la prima e si è schiantata contro un albero... »

Mi tremarono le gambe.

"Allora è tutto vero!"

Corsi a casa senza neanche voltarmi a ringraziare l'uomo. Appena superata la soglia, mi sedetti sul letto e mi strinsi le gambe al petto. Cominciai ad oscillare, avanti e indietro.

"E' tutto vero..."

Mi ritornò subito in mente il mio salvatore. Ma chi era?

Era apparso nel nulla e nel nulla era sparito.

Cominciai a stropicciarmi il viso, nel vano tentativo di ricordare qualcosa. L'immagine e la sua voce erano ben stampati nella mia mente, ma non mi aveva detto il suo nome.

Venni improvvisamente pervasa da un senso di vuoto.

Avevo bisogno di lui, delle sue spiegazioni. Il problema era che non sapevo niente di lui. Non avevo né un nome, né un indizio...niente di niente.

Il brontolio del mio stomaco mi ricordò che non avevo ancora mangiato nulla.

Digrignando i denti, afferrai nuovamente la borsa e feci per uscire.

Aprii la porta sovrappensiero e mi scontrai contro qualcosa... o qualcuno.

« Ahi! »

Caddi all'indietro e mi preparai mentalmente all'impatto.

Impatto che non avvenne mai.

Delle mani forti e salde mi afferrarono, impedendomi di urtare contro il pavimento. Incuriosita, alzai lo sguardo sul mio salvatore.

I miei occhi incrociarono due splendide iridi blu cobalto.

Rimasi qualche istante in contemplazione mentre il ragazzo, che mi aveva salvato per la terza volta, mi teneva le mani.

« Sei un pericolo ambulante per te stessa » borbottò, mentre con uno strattone mi rimetteva in piedi.

Lo ringraziai ma non staccai gli occhi dai suoi. Sapevo che non fosse una cosa educata da fare, ma erano quanto di più spettacolare avessi mai visto.

« Dove stavi andando? ». La sua domanda suonò come un rimprovero.

Ripresi mestamente il controllo delle mie facoltà mentali e gli indicai la borsa.

« Devo fare la spesa... il frigo è vuoto » gli spiegai, anche se quella risposta mi era affiorata alle labbra senza che potessi fare nulla per fermarla. Dopotutto era uno sconosciuto.

Lui si fece di lato per farmi uscire e io mi chiusi la porta alle spalle. Era implicito che volesse accompagnarmi.

Cominciammo a camminare l'uno affianco all'altra.

In realtà la figura che mi era accanto mi incuteva un po' di soggezione.

"Ok, devo chiederglielo!"

Feci un bel respiro e sfoderai uno dei miei sorrisi migliori. Mi fermai e mi girai a guardarlo.

« Comunque, io sono Layla » e così dicendo, gli porsi la mano.

Il ragazzo inclinò leggermente la testa.

« Sono Castiel » disse, fermandosi a sua volta.

"Castiel? Che nome strano"

Lasciai cadere la mia mano.

"Wow, quanta cordialità"

« Non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita... » mi morsi il labbro, non sapendo come continuare « ... beh, grazie! »

Castiel annuì debolmente.

Rimanemmo a guardarci per qualche secondo, mentre cominciavo a sentirmi leggermente in imbarazzo.

« Ehm... »
Senza aggiungere altro, ripresi a camminare verso il supermercato, mentre Castiel mi seguiva come un'ombra.

Entrammo nel supermercato e corsi a prendere un carrello.

Mentre passavamo accanto agli scaffali stracolmi di vivande, lo vidi scrutare con interesse le scatole variopinte dei gelati.

Sembrava così fuori luogo...

« Castiel, hai mai fatto la spesa? » domandai, incerta.

Lui sembrò destarsi e mise nel carrello una scatola con dei cornetti gelato.

Lo guardai incuriosita.

Sospirai.

"Almeno un gelato glielo devo..."

Lasciai un attimo la presa sul carrello per prendere della frutta.

Castiel si sporse e, senza dire una parola, mi aiutò.

« Sei un tipo molto chiacchierone... » ironizzai ridacchiando.

Il ragazzo fece un mezzo sorriso.

« Per me questo è tutto nuovo... » e così dicendo, posò le mele nel carrello.

Cominciò a spingerlo fino all'uscita.

Notai che le cassiere lo stavano fulminando con lo sguardo, mentre chiamavano discretamente la sicurezza. Prima che raggiungesse le porte, corsi a riprenderlo.

« Ma che fai? Dobbiamo pagare! »

"Ma da dove viene questo tipo?"

Castiel mi fissò negli occhi prima di tornare indietro con tutta la spesa.

Mi scusai con la cassiera che ci aveva appena guardato malissimo.

Dopo poco, uscimmo dal negozio.

Castiel si era offerto di portarmi le buste della spesa fino a casa, ma poco prima di raggiungere il portone, si bloccò.

Si guardò intorno come se qualcuno lo avesse chiamato.

« Scusa, ma devo andare... » disse atono, poggiando le buste a terra.

Annuì, ma prima che gli dicessi "grazie" era sparito.

Avevo sentito un familiare sbattito d'ali e dopo mezzo secondo non c'era più.

Sgranai gli occhi.

"Dov'è finito?"

Si era praticamente dileguato nel nulla.

Mi guardai intorno a mia volta. Avevo appena avuto il tempo di sbattere le palpebre che già non c'era più.

« Ok, devo avere un po' di sonno arretrato, sto impazzendo » sussurrai a me stessa.

Mi stropicciai gli occhi.

Possibile che stessi avendo delle allucinazioni?

« Magari è molto veloce a correre » continuai, mentre prendevo le buste dal posto in cui Castiel le aveva lasciate e raggiungevo il portone.

Le posai nuovamente a terra, mentre cercavo le chiavi nella borsa.

Era strapiena, quindi ci misi un po' per trovarle. Inoltre era calata la sera, ma per fortuna i pali della luce fornivano una discreta illuminazione.

Esultai mentalmente quando le sfiorai con le dita.

Mentre le tiravo fuori, sentii un movimento alle mie spalle. Mi voltai verso la strada, e notai che c'era una figura alta che guardava nella mia direzione. Per un attimo, sperai fosse tornato Castiel, ma la sagoma non era la sua.

Venni percorsa da un brivido di paura mentre la figura mi si avvicinava.

« Serve una mano? » domandò. Nel tono della voce avvertii una certa malizia.

« No, no, grazie... sono apposto » risposi, mentre la paura cominciava ad invadermi.

Prima che riuscissi ad inserire le chiavi nella toppa, me lo ritrovai vicino... troppo vicino.

Mi si avvicinò e mi sollevò il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi.

Sgranai gli occhi. Volevo urlare, scappare, ma il mio corpo era come paralizzato.

Quando incrociai il suo sguardo, le sue iridi scomparvero, mentre tutta la pupilla assumeva un colore scuro, nero come la pece.

« Preparo la cena, se vuoi » sorrise « Ma la mia cena sei tu »

Gli occhi mi si ridussero a due fessure per la paura.

Venni percorsa da una scarica di adrenalina e non so come riuscii a spingerlo via da me. Si spostò solo di un paio di centimentri.

Lo sconosciuto ridacchiò e alla sua risata se ne aggiunsero altre.

Sopra di noi, il cielo cominciò a tuonare.

Mi guardai intorno. C'erano almeno altri quattro individui dagli occhi strani che mi si stavano avvicinando.

Il cuore cominciò a battere forte dalla paura, facendomi male.

Il respiro divenne irregolare mentre in quel giorno mi trovavo per la terza volta davanti alla morte.

Feci un passo indietro e finii con le spalle contro il portone di casa.

Dovevo cercare aiuto.

Dovevo gridare.

Gli uomini mi si avvicinarono ancora di più.

"E' la fine" pensai mentre raccoglievo tutte le forze rimaste per gridare.

« CASTIEL! » chiusi gli occhi e urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni. Non sapevo perché avessi chiamato proprio quel nome. Forse era stata la paura, forse il desiderio di essere salvata ancora.

In una frazione di secondo, capiii che avevo sbagliato. Castiel era andato via diverso tempo prima... non mi avrebbe mai potuta sentire.

Gli sconosciuti rimasero un attimo sorpresi quanto me del nome che uscì dalle mie labbra. Poco dopo, scoppiarono in una sonora risata.

« Castiel? L'angioletto? » mi chiese il primo tizio, quello che mi aveva afferrato il mento. Rise ancora più forte.

"Angioletto?" in preda al panico, non riuscivo a dare un senso alle parole del mio aggressore.

« Il tuo angioletto non è qui, tesoro » aggiunse un altro e, con un balzo, colmò la distanza che c'era tra noi.

Chiusi gli occhi e mi rannicchiai su me stessa.

Era giunta la mia ora.

Non avevo alcuno scampo.

Improvvisamente, un urlo raggiunse le mie orecchie. Abbandonai di poco la mia posizione difensiva per vedere uno dei miei aggressori contorcersi dal dolore e cadere a terra.

Il cuore riprese a battere forte.

Tutte le figure che mi erano intorno si voltarono e colsi nei loro sguardi lo sgomento.

Mi sporsi giusto un po'. Vidi una figura alta e statuaria venire verso di me con passo svelto.

Sembrava anche molto arrabbiato.

Sulle mie labbra emerse un sorriso. Avevo riconosciuto la figura venuta in mio soccorso.

Castiel.

Con passo pesante e con lo sguardo omicida, mi fu accanto in poche falcate.

Mi si parò davanti.

Il primo aggressore fece un balzo indietro, preoccupato.

« Angioletto, sparisci, prima che ti facciamo la festa! » sputò tra i denti.

« Andate via » fu l'ordine di Castiel.

Gli aggressori rimasti ridacchiarono e si fecero più vicini.

Cominciai a tremare.

Temevo più per lui che per me.

Erano quattro contro uno. Non aveva speranze.

Castiel, però, non sembrava preoccupato.

Con un movimento rapido e deciso, si alzò le maniche dell'impermeabile e premette i palmi delle mani contro le fronti degli uomini dagli occhi strani.

Questi vennero colti alla sprovvista. I corpi degli individui toccati da Castiel sembrarono attraversati da una luce intensa prima di contorcersi e cadere a terra.

"Il mio sogno..." pensai, mentre osservavo esterrefatta la scena.

Era come vedere un deja-vu. Avevo già visto Castiel fare una cosa del genere, ma ero sicura che fosse solo un sogno.

Castiel gettò un'occhiata alle altre due figure poco distanti.

Gli uomini sgranarono gli occhi dalla paura.

Poi accadde una cosa che non mi sarei mai sognata di vedere.

Le due figue alzarono la testa al cielo e spalancarono la bocca. Da loro, fluì fuori un denso fumo nero che si levò fino al cielo, prima di virare in diverse direzioni.

Quando tutto il fumò abbandonò il corpo degli uomini, questi rovinarono a terra, come bambole di pezza.

« Co... cosa... » non riuscivo neanche a formulare una domanda coerente. Non sapevo neanche io cosa avessi visto.

« Demoni »

Castiel strinse i pugni e digrignò i denti.

"Demoni? Che significa?" pensai, ma le parole non mi uscirono. Ero troppo scossa.

Aggiunse qualcosa che non compresi, prima di rivolgersi a me.

Si inginocchiò accanto a me e mi guardò, preoccupato.

Solo in quel momento mi resi conto che ero scivolata a terra.

Lo guardai confusa.

« Stai bene? » mi domandò, scrutanto il mio corpo, in cerca di ferite.

E poi scoppiai in un pianto a dirotto senza freni, come un fiume in piena.

Castiel sospirò e colmò la distanza tra di noi prendendomi in braccio con una naturalezza spiazzante, mentre io mi aggrappavo a lui.

Non so come, sollevò anche la spesa. Sentii un'altra volta lo sbattito d'ali e ci ritrovammo entrambi nel mio salotto.

Smisi di piangere all'istante.

Nella casa regnava l'oscurità. La poca luce filtrava dai lampioni della strada. Riuscivo, però, a vedere perfettamente i lineamenti del ragazzo che mi era davanti.

Castiel mi fece tornare con i piedi per terra e mi fissò negli occhi.

« Chi sei tu? » La domanda mi sorse spontanea.

« Castiel »

Lo scrutai con più attenzione.

« Sì, questo me lo hai già detto, ma cosa sei? » domandai a bruciapelo.

Dovevo sapere la verità. Qualsiasi cosa fosse, non era umano.

Castiel rimase immobile come una statua.

« Sono un angelo del Signore » disse, lasciando fluttuare la notizia nell'aria.

Subito dopo aver pronunciato quelle parole, un fulmine cadde poco distante da casa e la luce illuminò per un paio di secondi la stanza.

Ciò che vidi mi lasciò a bocca aperta.

Sulla parete dietro di lui, venne proiettata l'immagine di Castiel, dalla cui schiena si dispiegarono due enormi ali scure sotto i miei occhi. L'ampiezza era tale da occupare tutta la parete.

Sgranai gli occhi quando le vidi. Non potevo crederci.

Erano vere ali quelle che avevo visto.

Era davvero un angelo.

Ci fissammo per quella che mi sembrò un'eternità. Era magnetico, austero... magnifico come un'opera d'arte.

« Devo tenerti d'occhio... » continuò « ... corri un grave pericolo »

Rimasi colpita « Eh? Quale pericolo? » sbottai.

Castiel rimase impassibile « Ti vogliono morta »

Ancora una volta, le sue parole parvero rimanere sospese a mezz'aria.

« Perché? Non ho fatto niente! » dissi dopo qualche secondo, sbarrando gli occhi.

Chi poteva odiarmi tanto da volermi uccidere? Non avevo mai fatto del male a qualcuno.

« Per colpa mia » disse e mi guardò con uno sguardo che mi sembrò di pietà « Gli angeli credono che tu sia un pericolo » prese fiato « Ti ho salvata da loro e dai demoni... non avrei dovuto farlo » e si passò una mano tra i capelli, in difficoltà.

« Ma... perché dovrei essere una minaccia? » domandai, mentre cominciavo ad avvertire nuovamente la pelle d'oca.

Castiel scosse la testa « Non lo so, ma ho deciso di proteggerti fino a quando non lo scoprirò »

Istintivamente sorrisi delle sue parole.

Mi avrebbe protetta, mi bastava sentirglielo dire per stare un po' meglio.

« Ma così andrai contro gli altri angeli... contro il Paradiso? » domandai in modo retorico. Non ero mai stata attenta alla religione, ma se esistevano gli angeli, allora anche il Paradiso era reale.

Sentii le gambe che cominciavano a tremare. Mi avvicinai al letto e mi ci sedetti a gambe incrociate, sempre senza staccare gli occhi dall'angelo.

« Se necessario... »

Mi morsi il labbro. Ero incerta.

Mi avrebbe protetta andando contro tutti e tutto.

Non riuscivo a crederci.

« Io... una minaccia? Bah... » fa la sola cosa che riuscii a dire. Sembrava una uscita ironica. In realtà, ero terrorizzata e a stento riuscii a impedirmi di tremare. Castiel fece una mezza risata e mi si avvicinò.

Fu a pochi centimentri da me, in modo da avere gli occhi proprio davanti ai suoi. Il mio cuore partì all'impazzata nel vedermelo così vicino.

Avvampai immediatamente di rossore.

« Che c'è? » bofonchiai.

Castiel inclinò la testa e studiò il mio cambio di espressione.

Si inginocchiò per stare più comodo. L'impermeabile strusciò per terra.

« Voi umani siete così... strani... mi piaci » e mi osservò come si contempla una scultura.

Ovviamente avevo capito che la sua non era una confessione amorosa nei miei confronti, ma un semplice apprezzamento dell'essere umano in generale. Quella consapevolezza non mi impedì di sentirmi lusingata. Sorrisi senza accorgermene.

« Ma... conosci altri umani? » domandai, incerta.

Castiel sorrise raggiante.

« Sì, due ragazzi, si chiamano Sam e Dean... sono la mia famiglia » rispose fiero.

Il suo sorriso fu tale che fui costretta a sorridere di rimando.

« Sono un po' stanca » disse, distendendomi sul letto. Non avevo neanche la forza di mettermi il pigiama.

« Va bene... dormi » e mi sfiorò la fronte con l'indice e il medio della mano destra.

L'oscurità mi sovrastò e non potei far altro che abbandonarmi ad essa.

 

 

 

Angolo dell'autrice

Ciao a tutti!

Per prima cosa, vi ringrazio per aver letto questo capitolo. Grazie davvero a chi ha recensito ( Nerea_V, Blooming e Concy_93_), chi ha messo la storia nelle seguite ( Nerea_V, Blooming, Concy_93_, Em_Cla e Vodia) e Tatuata Bella che l'ha messa nelle ricordate. Grazie per avermi dedicato del tempo ♥

Spero vivamente di non deludere le vostre aspettative con questa storia. Fatemi sapere se anche questo capitolo vi è piaciuto con una piccola recensione. Grazie in anticipo per chi lo farà :)

Nel prossimo capitolo ci saranno due speciali "guest star", Dean & Sam Winchester! Non vedo l'ora di far entrare questi due personaggi nella storia.

Stay tuned!

Un abbraccio,

Ladyvampiretta

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Amare, non innamorarsi ***


AMARE, NON INNAMORARSI

 

Mi svegliai nel cuore della notte completamente sudata. Cominciai a girarmi nel letto, in preda al panico. Mi sentivo sola, abbandonata, con i mostri del giorno prima che mi sopraffacevano.

Mi tirai su a sedere con il cuore a mille.

Mi guardai intorno. Notai una figura intenta a guardare fuori dalla finestra.

« Castiel... » biascicai.

Lui si girò di scatto « Vuoi che me ne vada? » domandò, atono.

« No! » il mio fu quasi un urlo disperato. Imbarazzata, feci un profondo respiro.

« ... puoi restare qui con me... stanotte? »

Allungai un braccio nella sua direzione. Avevo un disperato bisogno di stare con qualcuno. La solitudine mi divorava dall'interno.

L'angelo mi guardò negli occhi, immobile. Sembrava una statua.

"Probabilmente sta valutando la cosa"

Sospirò. Si avvicinò al letto e si sedette.

Appoggiò la mano sul letto e io gliela afferrai, stringendola piano. Castiel sembrò confuso.

« Ma che...? »

« Ti prego... » lo supplicai con gli occhi lucidi.

Alzò le sopracciglia. Gli si leggeva in faccia che non sapeva cosa fare.

Mi arresi. Aveva già fatto tanto per me. Lasciai la presa sulla sua mano e mi voltai dall'altra parte, dandogli le spalle.

« Va bene, scusa, non fa niente, vai... »

Mi strinsi le braccia al corpo. Era strano per me sentirmi così fragile e vulnerabile.

Eppure, eccomi lì, a supplicare un angelo di farmi compagnia. Mi sentivo tremendamente infantile... tremendamente stupida.

Castiel non disse nulla. Il silenzio era davvero pesante.

Sentii il letto muoversi.

"Perfetto, se ne è andato" pensai, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.

Mi morsi il labbro, nella speranza di frenare quell'insana paura che mi attanagliava. Sentivo un peso che mi opprimeva sul petto e la testa che mi pulsava.

Mi girai nel letto un altra volta e quello che vidi mi lasciò di stucco.

Castiel non se ne era andato, si era semplicemente sdraiato con la testa sul cuscino. Aveva lo sguardo fisso sul soffitto. Sembrava una statua adagiata sul letto.

Quando mi voltai, l'angelo appoggiò la guancia destra sul cuscino, rivolgendomi un meraviglioso sorriso.

« Va bene, per questa notte resto... » il modo in cui lo disse, però, suonò lo stesso atono.

mi asciugai una lacrima che aveva iniziato a rigarmi il viso e lo ringraziai con un sorriso.

« Ti va se parliamo un po'? » domandai, incerta. Avevo paura che se mi fossi addormentata, avrei sognato i mostri che avevano cercato di uccidermi poco tempo prima. Cominciai a giocare con un bordo del lenzuolo, nervosa.

Castiel si girò su un fianco. Ci trovammo a pochi centimetri di distanza.

Immediatamente venni percorsa da un dolce brivido, mentre il mio cuore cominciò a battere all'impazzata.

Dovetti distogliere lo sguardo dai suoi occhi incredibilmente blu e puri.

"E' un angelo, dopotutto"

« Di cosa vuoi parlare? »

Sentii il suo respiro sul mio viso.

"Calma, devo restare calma!" cercai di auto-ordinarmi, anche se era estremamente difficile.

« Com'è il Paradiso? »

Lui fece una mezza risata.

« E' troppo presto perché tu lo sappia »

Misi il broncio ma non discussi oltre. Magari era una informazione top-secret.

« Perché non siete intervenuti durante le guerre mon... » provai con una seconda domanda, ma Castiel mi bloccò.

« Ci era stato dato l'ordine di non intervenire » disse in un tono che non ammetteva repliche. Ma le sue parole non mi convincevano.

« Quindi non vi sta a cuore più di tanto la sorte degli umani? » mi impuntai, guardandolo in modo torvo. Il suo sguardo rimase freddo e glaciale.

« Sì che ci importa... » e lasciò il discorso in sospeso, come se avesse voluto aggiungere qualcos'altro. Improvvisamente mi balzò alla mente una domanda... forse anche troppo "audace".

« Gli angeli... possono innamorarsi degli umani? »

La mia domanda lo colse alla sprovvista. Sgranò lo sguardo, come se gli avessi chiesto una blasfemia.

Magari per lui lo era.

« Non possiamo... » sussurrò « Siamo fatti per amare gli umani, non per innamorarcene... »

Eppure nelle sue parole non colsi la delusione o il fastidio. Era come una risposta già programmata.

Il senso delle sue parole era palese. Niente amore tra angeli e umani. "Amare" nel senso divino, come qualcosa da proteggere.

« Da come l'hai detto, sembrava una cosa immorale... »
« Per noi lo è... »

Allungò un braccio e mi afferrò la mano, stringendola piano. La sua pelle era bollente. Mi bastò quel piccolo gesto, forse anche non del tutto volontario, a farmi avvampare di rossore.

« Ora dormi, Layla » sussurrò. Allungò la mano fino alla mia fronte e premette con delicatezza.

Mi tranquillizzai all'istante e senza neanche accorgermene scivolai tra le braccia di Morfeo.

 

 

Quando riaprii gli occhi, l'angelo non c'era più. Di certo non potevo aspettarmi che sarebbe rimasto tutta la notte a farmi compagnia. Chissà cosa mi era saltato in testa.

Ricordavo tutta la conversazione della notte prima, anche se non riuscivo a spiegarmi perché fossi caduta addormentata appena me lo aveva ordinato. Le opzioni erano due: o ero stanca morta, oppure aveva usato i suoi poteri su di me. Optai con malavoglia per la seconda teoria. "Magari voleva solo che la smettessi di fargli delle domande". In effetti la mia domanda sugli angeli e sugli umani era stata troppo sfacciata per un essere celeste come lui. Non che avessi un doppio fine. La mia era semplice curiosità.

"La curiosità uccise il gatto..." pensai, recitando il vecchio proverbio. Forse se non glielo avessi chiesto, l'angelo sarebbe rimasto.

Decisi di alzarmi dal letto e di fare una bella doccia rilassante.

Aprii l'acqua calda e lasciai che il getto lavasse via tutta la fragilità che la notte prima avevo provato. Avrei voluto che l'acqua portasse via anche ciò che avevo visto, ma purtroppo le immagini si erano ben stampate nella mia mente.

"Chissà se lo rivedrò mai" pensai, riferendomi a Castiel, mentre mi insaponavo i capelli.

Per un attimo, mi tornò in mente la sua espressione ingenua e sorrisi.

"Chissà, magari se dovessi ri-incontrare quei mostri, tornerebbe a salvarmi".

Scossi immediatamente la testa. Stavo impazzande. Come potevo anche lontanamente pensare di rischiare la vita per poterlo rivedere? Non era neanche certo!

"E' fuori discussione! Già ho i miei guai, ci manca solo che me li vada a cercare" razionalizzai mentre uscivo dalla doccia gocciolante e mi avvolgevo un asciugamano intorno al corpo.

Il vapore caldo del bagno mi toglieva il respiro, così uscii immediatamente dalla stanza, pronta a buttarmi nuovamente sul letto.

Quando aprii la porta, però, mi scontrai quasi con quella che a primo impatto mi sembrò una statua. Per poco non caddi all'indietro. A mezzo centimentro da me, ancora sulla soglia della porta, c'era Castiel, sporco di sangue dalla testa ai piedi.

Lanciai un urlo con tutto il fiato che avevo in corpo.

« CASTIEL! »

Come una furia, feci un passo indietro e mi richiusi in bagno. Avevo il fiatone, mentre con l'adrenalina in circolo, avrei potuto benissimo tirargli un calcio.

Ansimante, mi appoggiai al lavandino, cercando di riprendere il controllo e fiato.

Castiel bussò delicatamente la porta.

Toc Toc Toc

« Layla? Tutto ok? » domandò, confuso.

"Confuso? Confuso di che? Ero praticamente nuda!"

« Ho solo un asciugamano addosso! » sbraitai.

« Non capisco cosa ho sbagliato » mi confesso, oltre la porta. Quelle cinque parole sembravano essere state pronunciate da un bambino appena sgridato ingiustamente dalla madre.

"Ok, devo stare calma... calma" pensai, facendo dei lunghi respiri.

« Castiel, prendimi dalla cassettiera vicino al letto qualcosa da mettermi » gli ordinai, in imbarazzo.

Appoggiai la fronte contro la superficie liscia della porta del bagno. Almeno quella era fredda mentre io stavo letteralmente bollendo.

Non sentii alcun rumore per qualche secondo.

Poi sentii uno sventolio di ali alle mie spalle.

Mi girai e con mio orrore, mi si palesò Castiel con in una mano un paio di pantaloncini corti e una canotta, nell'altra, l'intimo.

"Calma... è un angelo, non conosce le convenzioni umane" pensai, chiudendo gli occhi, cercando di calmarmi.

Allungai un braccio mentre con l'altro tenevo su l'asciugamano.

« Grazie... » dissi a denti stretti.

« Prego... »

Restammo in silenzio per quella che sembrò un'eternità.

Alzai le sopracciglia.

"Non può pensarlo davvero..."

« Ehm... Castiel » mi schiarii la voce « ... adesso devo cambiarmi... »
« Fa pure » fu la sua risposta pacata. Abbassò la tavoletta del water e si sedette, in attesa.

"Sta scherzando!"

Gli indicai la porta.

« Fuori... »

Castiel inclinò la testa, confuso, ma fece come gli avevo chiesto. Se ne uscì sbattendo le ali.

Sospirai.

"Che tipo..."

quando uscii nuovamente dal bagno (questa volta vestita), Castiel non era, per fortuna, davanti alla porta. Se ne stava seduto sul letto, a gambe incrociate.

« Voi umani siete così strani » scherzò.

Mi limitai a fargli una smorfia.

« Perché sei ricoperto di sangue? » domandai, visto che stava macchiando il lenzuolo.

L'impermeabile, una volta beige, era completamente sporco. Per non parlare del suo viso.

« Ho dovuto uccidere un demone » disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Sorvolai sulla parola "uccidere", dato che doveva averlo almeno "sventrato" per le condizioni in cui versava. Inoltre lo disse con una calma irreale.

Gli indicai il bagno « Se vuoi farti una doccia... »

Uno sbattito d'ali. Castiel non era più nella stanza.

Subito sentii l'acqua della doccia scorrere.

Sospirai.

"Ok, ho un angelo che gira per casa... cosa ho sbagliato nella vita? " pensai abbozzando una risata, mentre facevo mente locale. Trovavo tremendamente buffo il comportamento dell'angelo. Sembrava cercasse in tutti i modi di apparire naturale e a suo agio quando era come me, anche se in realtà sentivo che non di sentiva completamente al sicuro. Non che un'umana potesse fargli qualcosa, ma evidentemente ancora non si fidava del tutto di me.

Io, invece, non potevo fare altro. Negli ultimi giorni avevo rischiato di morire numerose volte: prima schiacciata da una macchina, poi dall'attacco di quello che lui definiva "demoni" e lui era sempre intervenuto per salvarmi.

"Deve esserci una spiegazione logica se tutto questo sta accadendo solo ora".

Per anni non mi era mai capitato di imbattermi nei demoni, questi tutti insieme avevano deciso di palesarsi proprio in quel periodo?

La porta del bagno si aprì. Per un secondo devo ammettere di aver sperato di vedere l'angelo con un asciugamano legato in vita. Ma le mie speranze furono vane.

Castiel uscì completamente vestito, completamente pulito e asciutto. Anche l'impermeabile sembrava come nuovo.

« Grazie » disse, rimanendo fermo vicino alla porta.

Mi portai le ginocchia al petto e lo guardai.

« Quindi demoni e angeli cercheranno di uccidermi... che bella cosa... » mormorai, tenendo lo sguardo basso, cercando di introdurre in modo ironico l'argomento che più mi attanagliava il petto.

" A quanto pare è inevitabile..."

« Chissà chi mi farà fuori per primo... » dissi, facendo una smorfia.

Castiel mi si parò davanti « No, troveremo una soluzione » annunciò con decisione.

Annuii piano.

"A preso davvero a cuore la mia situazione" pensai, guardandolo.

Improvvisamente mi sorse un'idea.

« Castiel! » dissi, afferrandogli un braccio « E se mi insegnassi a combattere? » chiesi, eccitata.

L'angelo mi guardò con cipiglio sarcastico.

« Perché? »

"Come 'perché'?"

« Così potrò difendermi da sola! » mi impuntai, avvicinandomi a gattoni verso il bordo del letto.

Castiel scosse la testa « Non se ne parla, quando sarai in pericolo, ti basterà chiamarmi come hai fat... »
« E se i tuoi amici fossero in pericolo e dovessi andarli a salvare? » domandai interrompendolo « chi ci penserà a me? »

Parlando dei suoi amici avevo colto nel segno. Era palese che sarebbe corso da loro.

Ma niente, Castiel sembrava irremovibile.

« Mi dispiace, ma per fronteggiare Inferno e Paradiso dovresti allenarti per anni... » rispose, incrociando le braccia.

Sbuffai « Almeno insegnami come rallentarli! »

Castiel fece una smorfia. Sembrava titubante.

Ormai ero a due centimetri da lui « Ti prego » lo supplicai con gli occhi dolci.

Mi lanciò un'occhiata furtiva.

« Va bene... ti darò qualcosa da studiare » disse, riluttante.

« Yeah! » esclamai, saltando sul letto.

Castiel rise e io con lui.

 

*

 

Qualche giorno dopo, qualcuno bussò alla mia porta. Castiel non era in casa, aveva detto che aveva una missione urgente da svolgere ma che sarebbe tornato presto.

Avevo passato diversi giorni sui libri che l'angelo mi aveva fornito. Molti erano scritti in latino, altri in lingue che non conoscevo e lui si era offerto di tradurre i punti in cui mi arenavo.

Era dolce e comprensivo, anche se spesso cercava di dissuadermi nel continuare a studiare formule e modi per distruggere demoni vari.

Ci provava solo una volta al giorno, poi desisteva.

Spiando dallo spioncino della porta, notai due ragazzi che cercavano di sbiarciare dentro per vedere se ci fosse qualcuno in casa.

« Sei sicuro che abiti qui? » chiese uno.

L'altro alzò le spalle « Castiel ha detto così »

"Castiel?"

« Chi è? » domandai, senza smettere di sbirciarli dallo spioncino.

« Ehm... »

« Siamo amici di Castiel » disse quello più grosso.

Aprii la porta e mi feci di lato per farli entrare.

Erano due ragazzi che dimostravano più o meno venticinque anni. Uno era altissimo, aveva le spalle large e capelli scuri, lunghi e mossi. L'altro un po' più basso del primo (ma sempre più alto di me), con capelli corti con un piccolo accenno di cresta. I capelli erano castani, esattamente come l'altro e avevano entrambi gli occhi verdi. I due ragazzi indossavano dei jeans e una camicia aperta che lasciava intravedere una t-shit. Ovviamente i colori variavano. Uno di loro indossava anche una piccola collana (anche se non riuscii a vedere quale fosse il ciondolo).

« Tu devi essere Layl... » cominciò a dire quest'ultimo, ma non riuscì a finire la frase. Avevo cominciato a mettere in pratica gli insegnamenti di Castiel e avevo lanciato addosso al ragazzo un bicchiere con l'acqua santa (fornitami dall'angelo) e del sale.

Non potevo fidarmi di due sconosciuti. Per quanto ne sapevo, potevano essere venuti per uccidermi.

Lui rimase confuso ma non sorpreso.

« Sì, è lei » disse all'altro, pulendosi dall'acqua salata.

Colsi di sprovvista anche l'altro e gli lanciai la stessa miscela.

Anche su di lui non ebbe effetto.

"Non sono demoni"

« Chi siete? » domandai, brandendo la scopa.

I due ragazzi mi lanciarono un'occhiata perplessa, prima di scoppiare a ridere.

« Noi siamo Sam e Dean » disse quello più grosso, indicando prima se stesso poi l'altro.

Mi si accese una lampadina in testa.

« Voi siete gli amici di Castiel » conclusi, sorridendo ad entrambi. Lasciai cadere la scopa in terra e corsi a prendere degli asciugamani. Tornata nel salone, ne porsi uno ciascuno ad entrambi e questi mi ringraziarono prima di asciugarsi.

« Non vorrei sembrare sgarbata, ma perché siete qui? » chiesi, sospettosa, mentre loro mi ridavano indietro gli asciugamani.

« Castiel ha detto che dobbiamo tenerti d'occhio » disse Dean, prendendo una sedia e girandola nella mia direzione. Si mise cavalcioni e appoggiò le braccia sullo schienale della sedia, cominciando a studiarmi. Sembrava cercasse di scrutarmi l'anima.

« Sei inquietante... » borbottai.

Sam scoppiò a ridere dell'espressione confusa del fratello.

« E' la prima ragazza che te lo dice »

Dean, senza scomporsi, gli diede una spintarella e Sam per poco non cadde dalla sedia.

Loro cercarono di distrarmi con qualche chiacchiera e battuta, ma io ero all'erta.

« Ragazzi, ditemi la verità... » dissi, prendendo un momento di silenzio, mentre i Winchester alzavano lo sguardo su di me « ... dov'è andato Castiel? »

Sam e Dean si guardarono negli occhi, incerti su cosa dire.

Fu il maggiore a prendere la parola « Layla, non ti mentiremo... » gli occhi di Dean erano due pozze verdi « ... è andato a cercare informazioni su di te »

Annuii. Immaginavo una cosa del genere.

Anche se Castiel si era visibilmente rilassato nei miei confronti, vedevo che non riusciva a fidarsi a pieno di me. Era palese. Di certo non potevo sperare il contrario...

« Per quella cosa del Paradiso... » conclusi.

« Già » convenne Sam, guardandomi.

Avvicinai la mia sedia ai due fratelli « Ma cosa cerca di preciso? ». Ero proprio curiosa di saperlo. Inoltre, avrei voluto sapere anche "dove" avrebbe cercato le informazioni sul mio conto, ma temevo la risposta.

« Qualcosa magari del tuo passato, delle tue radici che possa giustificare la decisione degli angeli » rispose Sam, passandosi una mano tra i capelli. Il ragazzo lanciò un'occhiata alle mie spalle.

« E quello cos'è? » domandò, indicando la scrivania piena di libri e fogli.

Si alzò in piedi e prese un foglio dal mucchio.

Io e Dean ci alzammo per vedere cosa stesse indicando.

Sam mi passò un foglio.

« Ah, questo... » dissi, girandolo fino a metterlo dritto « E' un pentagramma che sto disegnando » Lo alzai per farlo vedere ai due fratelli.

« Questo solitamente è un pentagramma per tenere gli angeli lontani » gli spiegai « Lo sto modificando in modo da poter rimanere nascosta a tutti gli angeli tranne che a Castiel » e lo passai nuovamente a Sam. I due lo scrutarono, colpiti.

Dean studiò il foglio « E l'hai fatto tu? »

Annuii « Sì... cioè, ho avuto un'intuizione e sto provando ad unire più incantesimi... appena Castiel ritorna glielo faccio vedere per sapere se va bene »

« Ma è grandioso » si complimentò Sam « Ma come hai fatto a... »

« Trovare tutto? » conclusi per lui « Castiel mi ha lasciato dei libri... ci sono delle parti in latino, per lo meno in quello me la cavo »

Uno sbattito d'ali ci fece capire che Castiel era ritornato.

« Niente, assolutamente niente » disse, buttandosi a sedere sul letto. Sembrava sconfortato.

Io e i ragazzi ci guardammo.

« Non si sa perché gli angeli la vogliono morta? » domandò Dean.

Mi lanciò un'occhiata. « Scusa... »

« Fa nulla » affermai. Ormai era una cosa che mi ripetevo anche da sola. Ero quasi arrivata alla fase dell'accettazione. Quasi, non del tutto, infatti venni percorsa da un fremito di paura e mi allacciai le braccia al petto.
Castiel scosse la testa.

« Magari è qualcosa che deve ancora fare » tentò Sam « Magari verrà posseduta e... farà qualcosa ». L'angelo e Dean guardarono Sam come se avessero avuto una rivelazione.

« Probabile »

Il mio subconscio mi lanciò un messaggio dall'erta e cominciai a temere per il peggio. Il modo in cui mi guardavano tutti e tre non era per niente rassicurante. Mi venne la pelle d'oca.

I due fratelli si alzarono in piedi « Bene, Layla » disse Dean, guardandomi con un sorriso malizioso « Pronta per il tatuaggio? »

 

 

 

 

*

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
*

 

 

Angolo dell'autrice

Ciao a tutti! Alla fine hanno fatto la loro comparsa anche i due magnifici Bros! Ho cercato di renderli il più possibile nell'IC, spero di esserci riuscita (incrocio le dita...). Ho cercato di rendere questo capitolo un po' più divertente, quindi spero di avervi strappato almeno un sorriso. Come sempre, ringrazio chi è passato a lasciarmi una recensione : Blooming, Concy_93_, Nerea_V e occhi da cerbiatta., chi l'ha messa nelle seguite, nelle preferite e nelle ricordate. Grazie davvero :)

Non mi dilungo oltre, spero che questo capitolo vi sia piaciuto – io mi sono divertita a scriverlo - ! Lasciatemi una recensione così so cosa ne pensate.

Al prossimo capitolo!

Un abbraccio,

Ladyvampiretta

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sensi di colpa ***


SENSI DI COLPA

 

Il giorno dopo il trio mi accompagnò dal tatuatore.

A nulla erano valsi i miei tentativi di fuga, dato che i ragazzi erano molto veloci e l'angelo poteva entrare in ogni stanza che riuscivo a chiudere o sbarrare. Avevo il terrore degli aghi ed ero quasi certa che sarei svenuta dal dolore.

Sam e Castiel mi caricarono con poca grazia nell'Impala di Dean che, non appena fummo tutti in macchina, partì sgommando.

I due fratelli sedevano sul sedile anteriore, mentre io e l'angelo in quello posteriore.

« Castiel » lo supplicai, sfiorandogli le mani « Non farmi questo »

L'angelo si morse il labbro ma non raccolse le mie preghiere.

« E' per te che lo faccio ». Le sue parole ebbero un effetto strano su di me. Risuonarono profonde e sentite.

Dean, al posto del guidatore, finse di sventolarsi dal caldo.

« Ragazzi, se volete vi metto il divisore, così avrete un po' di privacy » scherzò.

Sam gli diede una gomitata e gli lanciò un'occhiataccia mentre io arrossivo.

Castiel, invece, rimase impassibile.

« Vi aspetto lì » e così dicendo, volò via.

« Permalosetto » borbottò il fratello maggiore.

« Sai che è fatto così, perché lo punzecchi sempre? » chiese Sam e i due cominciarono a discutere.

Io sarei voluta sprofondare volentieri nel sedile, ma ero certa che se anche mi fossi lanciata da un burrone, avrebbero trovato il modo di farmi fare il tatuaggio. Degluttii a fatica.

« Ma è proprio necessario? » biascicai, sporgendomi in avanti.

« Sì » rispose Sam, girandosi « Cass ci ha detto che hai visto come i demoni si impossessano dei corpi degli esseri umani, il tatuaggio è l'unica maniera per evitare che ciò ti accada »

Ricordai il giorno dell'aggressione dei demoni. Il fumo denso e nero che fluiva dalla bocca di uno dei miei aguzzini. Venni percorsa da un brivido di paura.

"Se quelle cose entrassero dentro di me..." scossi la testa con vigore.

« Ma voi ce lo avete? » chiesi, sempre titubante.

Sam diede le spalle alla strada e si tirò giù il colletto della T-shirt, fino a far intravedere un disegno sul suo petto. Rappresentava un pentagramma racchiuso in un sole dai raggi neri.

« Anche Dean ce l'ha » disse, provando ad incoraggiarmi sul sorriso.

Degluttii « Deve fare molto male... »

Il loro silenzio era inequivocabile.

Sì, doveva faremolto male.

Dean parcheggiò l'impala proprio davanti ad un negozio di tatuaggi, un locale che già dall'esterno risultava squallido. Pregai con tutto il cuore che non fosse quello, ma la vista di Castiel confermò le mie paure.

Scendemmo dalla macchina e raggiungemmo l'angelo che, senza dire una parola, ci precedette nel negozio.

Era costituito da una sola stanza circolare, male illuminata. Al centro della sala c'era una di quelle poltrone che trovi dal dentista di pelle nera, accanto una sedia girevole che poggiava su una scrivania. Lì sopra, troneggiava l'ago più grosso che avessi mai visto in vita mia. Mi venne la pelle d'oca mentre maledicevo mentalmente tutto e tutti.

Sam e Dean andarono a parlare con il tatuatore, mentre io e Castiel cominciammo ad osservare le pareti. Erano ricoperte da foto di donne e uomini che sorridevano all'obiettivo mostrando il loro tatuaggio. Mi strinsi le braccia al petto mentre i due fratelli tornavano con il mio "aguzzino", un tizio pelato, chiatto, con una canotta nera attillata e che puzzava di sudore. Aveva entrambe le braccia tatuate.

« Allora » si rivolse a me in modo cordiale « dove lo vuoi il tatuaggio, dolcezza? »
"Oddio"

Feci per fare un passo fuori dal negozio ma Castiel mi tenne per un braccio.

« Ti conviene farlo qui come loro » e così dicendo mi toccò il seno sinistro.

Scese un silenzio di tomba.

Per un istante mi si fermò il cuore, ma subito dopo una scarica di adrenalina mi investì e gli diedi uno schiaffo sulla mano.

Castiel balzò indietro, ferito « Ehi! Ma che ho fatto?! »

Sam corse in mio soccorso « Castiel, facciamoci due chiacchiere, ti va? » e così dicendo lo portò in fondo alla stanza.

Dean mi sorrise, divertito « Non ha ancora imparato quello che riguarda lo spazio personale »

Annuii debolmente. "Alla faccia dell'angioletto..." pensai indispettita.

In realtà sul mio corpo era rimasta la traccia di calore della sua mano. Per quanto mi sforzassi di non pensarci, era stato più il gesto "inaspettato" a turbarmi che il fatto di essere "toccata" da lui.

"Ma che vai a pensare?!" mi rimproverai mentalmente mentre arrossivo.

« Va bene dove ha detto ... » e gli indicai Castiel.

Il tatuatore mi sorrise mentre mi faceva sedere sulla poltrona.

Studiò dapprima il disegno e poi cominciò a inserire il colore in quella che sembrava una siringa.

« E' il tuo ragazzo? » mi chiese con un sorriso malizioso mentre mi indicava con lo sguardo qualcuno alle mie spalle. Inutile chiedere a chi si riferisse.

« No » borbottai contrariata, mentre il tizio cominciava a disinfettare il punto dove avrebbe poi fatto il tatuaggio.

« Eppure mi sembra molto protettivo nei tuoi confronti » ridacchiò « Ci credi che mi sta fulminando con lo sguardo da quando ti sei seduta qui? »

Mi sporsi un po' sopra la poltrona e in effetti aveva ragione. Castiel teneva lo sguardo fisso verso di noi, quasi incurante del discorso che Sam gli stava facendo.

« Ok, sei pronta ragazzina? » mi chiese il tatuatore.

"Ragazzina? Ho 23 anni" pensai stizzita.

Strinsi i denti e sgranai gli occhi mentre cominciava ad incidermi la pelle.

"No, non lo voglio fare!"

Feci per stringere i pugni, ma la mia mano ne strinse un'altra, fino quasi a stritolarla.

Alzai lo sguardo e trovai le iridi blu cobalto di Castiel.

« Stai ferma o viene storto » mi ammonì l'uomo.

« Fa male, cazzo! » cercai di dire a denti stretti. Faceva male sul serio.

Non ebbi il coraggio di vedere il disegno finché non fosse finito.

L'angelo che mi teneva la mano non disse nulla riguardo la presa, ma teneva lo sguardo fisso sul tatuatore e in uno sprazzo di lucidità, vidi Castiel aprire e chiudere l'altra mano...Come se volesse fare qualcosa.

Mi ritornò in mente la scena della sua mano sulla fronte dei demoni, la luce che li attraversava e il loro cadere a terra, privi di vita.

La tortura mi sembrò durare un'eternità, ma alla fine il tatuatore finì il suo lavoro.

Sembrava che mi avesse segato il petto.

Abbassai lo sguardo e sopra il seno sinistro c'era il mio primo (e unico) tatuaggio.

Il sole nero risaltava di molto sulla mia pelle bianca.

Scesi dalla poltrona con ancora Castiel che mi teneva la mano. Fissava il mio tatuaggio con una profondità tale che mi sentivo esposta. Era proprio davanti al cuore.

« Ehm... Castiel? » mormorai, cercando di distogliere la sua attenzione dal tatuaggio.

"Un po' inappropriato, no?" pensai, mentre incrociavo le braccia al petto.

Ci guardammo negli occhi, mentre io mi perdevo nei suoi.

Qualcuno si schiarì la voce e venni riportata con i piedi per terra.

« Vado a pagare » gli dissi, prima di voltargli le spalle e andare dal tatuatore.

A metà strada, Dean mi fermò.

« Offre la casa » e mi fece l'occhiolino.

« Grazie » gli sorrisi. Uscimmo dal negozio e andammo verso l'Impala.

Il cellulare di Sam iniziò a squillare. Il ragazzo rispose all'istante.

Dopo poco riagganciò. Lo guardammo tutti, curiosi.

« Era Garth, ci sono stati degli strani omicidi nell'Ohio, dobbiamo andare »

Dean annuì e si rivolse a me « Vuoi che ti riaccompagnamo a casa o ti fai dare un passaggio da Cass? »

Mi girai a guardare l'angelo. Lui annuì « La riporto io a casa » e così dicendo, mi poggiò per un paio di secondi una mano sulla spalla.

I due ragazzi mi abbracciarono.

« Layla, fai attenzione » disse Sam.

« Non farti ammazzare e non ficcarti nei guai » aggiunse Dean. Fece per andare alla macchina ma tornò indietro.

« Un'altra cosa... » mi sussurrò all'orecchio « ti prego, ti prego, fai in modo che non dobbiamo tornare a cercarti » e il suo sguardo fu ricco di sott'intesi. Mi si fermò il cuore.

Erano tutti convinti che avrei combinato qualche disastro. Dean mi stava chiedendo di fare di tutto perché ciò non accadesse... che non dovesse tornare per...uccidermi.

Sorrisi meccanicamente e feci un passo indietro.

I due fratelli salutarono Castiel e salirono sulla Impala, guidando verso l'orizzonte.

Mi voltai verso l'angelo. Il suo sguardo era grave. Poggiò una mano sulla mia spalla e, dopo un battito d'ali ci ritrovammo nella mia camera da letto.

« Vado a vedere se la situazione è migliorata » disse Castiel, lanciandomi un'occhiata fugace.

Annuii con vigore.

"Magari ora questa storia è finita"

Andai in cucina e cominciai a preparare qualcosa da mangiare.

 

« Niente da fare, questa storia non è ancora finita! » sbraitò Castiel, tornando a casa mia.

Io, che in quel momento stavo per andare al letto, feci un salto per lo spavento, inciampai e rovinai a terra.

« Cavolo, ma ti sembra il modo di comparire? » lo rimproverai, mentre mi alzavo da terra.

Castiel mi fu accanto e mi afferrò per i polsi.

« Non capisci la gravità della situazione, manderanno degli angeli ad ucciderti! »

Mi si fermò il cuore.

« Qu... quando? » domandai in un sussurro.

« Non ne ho la minima idea » cercò qualcosa nell'impermeabile.

Ne tirò fuori una piccola spada, lunga non più di quaranta centimetri.

« Devi allenarti, da solo non ce la posso fare » e così dicendo, ne tirò fuori un'altra.

Io lo osservavo a bocca aperta.

« Cosa?! » mi ero persa.

Castiel mi ignorò « Non sei stanca, vero? Ti devo allenare da subito! Non so quando Naomi manderà gli angeli a cercarti ». Mi lanciò lo spadino e lo afferrai al volo. Era leggerissimo.

Mi passò davanti l'arma che teneva tra le mani, la stessa che mi aveva dato.

« Questo » e mi passò davanti agli occhi l'arma « è l'unico modo per uccidere un angelo, basta che lo colpisci ed è fatta » disse, mimando il gesto di infilzare qualcosa.

Ebbi una illuminazione.

« Aspetta, ho un'idea » mi avvicinai a Castiel « Dammi una piuma »

L'angelo mi guardò confuso.

« Fidati, non abbiamo tempo da perdere »

Era visibilmente turbato, ma non si oppose. Qualcosa nel mio sguardo lo convinse.

« Ok, ma devi chiudere gli occhi, altrimenti la luce ti accecherà »

Feci quanto mi era stato ordinato. Misi le mani sopra gli occhi e il buio mi avvolse.

Un secondo dopo vidi una luce quasi accecante da dietro le palpebre chiuse. Durò un paio di secondi.

« Puoi aprire gli occhi »

Ubbidii e mi trovai davanti Castiel che mi porgeva quella che sembrava una piuma dai colori brillanti. Per quanto stupefacente fosse, non mi fermai troppo a contemplarla. Corsi alla scrivania e afferrai il foglio con su disegnato il pentagramma. Presi anche il libro aperto con l'incantesimo e cercai l'enunciato.

Appoggiai sul foglio la piuma e recitai l'incantesimo in latino. Il foglio e la piuma si illuminarono e il disegno cambiò in alcuni punti. Castiel mi si fece accanto, silenzioso e osservò l'incantesimo.

« Cos'è? » domandò, titubante.

Poggiai il foglio in terra.

« E' un incantesimo per tenere lontani tutti gli angeli, tranne te » risposi.

Castiel si accucciò e osservò il disegno.

« Ora vediamo se funziona » e così dicendo, mi accucciai anche io a terra.

Lessi un'altra frase del libro ed pronunciai l'incantesimo.

Il foglio si illuminò nuovamente il disegno si proiettò sul pavimento.

Alzai il pezzo di carta e notai che il pentagramma si era stampato per terra.

Mi asciugai il sudore sulla fronte.

« Ok, così dovrebbe andar bene » mi voltai verso Castiel e gli sorrisi.

Notai che l'angelo mi guardava in una maniera strana... come se cercasse di scrutarmi l'anima.

«Voglio provare una cosa » sussurrò. Lo osservai, curiosa.

Lentamente, come se stesse misurando ogni gesto, mi si fece più vicino. Mi sfiorò delicatamente il mento con le dita e mi avvicinò a se'. Quando capii le sue intenzioni, arrossii violentemente, ma lo lasciai fare. Il mio cuore batteva così forte da farmi male e la mia mente si azzerò quando le sue labbra toccarono le mie.

Improvvisamente, una luce accecante filtrò dall'esterno del mio appartamento. Io e Castiel balzammo indietro, spaventati.

« Che succede? » urlai, dato che alla luce accecante si era aggiuto anche un suono sordo, come un fischio. Istintivamente chiusi gli occhi e mi coprii le orecchie.

« Angeli! » rispose, cercando di sovrastare il frastuono.

I vetri delle finestre andarono in frantumi, ricoprendo il pavimento di una pioggia di scheggie. Mi preparai mentalmente al dolore, ma ciò non avvenne. Sentii il corpo di Castiel premere contro il mio per difendermi e sibillare dal dolore. Sgranai gli occhi davanti al suo viso contrito.

Poi, come tutto era iniziato, finì.

Io e Castiel riaprimmo gli occhi. Impiegammo un po' di tempo per riabituarci al buio.

Mi stropicciai gli occhi nella speranza di accellerare il processo. Lanciai un'occhiata all'angelo: aveva le mani e il viso segnati da tanti piccoli taglietti, mentre io ero perfettamente integra. Mi avvicinai a lui e gli afferrai la mano. Castiel rispose alla stretta, stringendo poco più forte.

« Che vuoi dire con... »

« Sono qui » sibilò tra i denti.

Da fuori della finestra, sentii un applauso. Ci sporgemmo per vedere da chi provenisse.

Un uomo alto, dai lunghi capelli biondi e vestito con un completo scuro ci guardava con uno strano ghigno.

« Adriel... » lo salutò atono Castiel.

L'angelo sorrise « vedo che ti ricordi ancora di me, fratellino »
La mano di Castiel strinse ancora di più la mia.

Adriel ci guardò e scoppiò a ridere « Te la fai con gli umani adesso? Non bastavano i fratelli Winchester, dovevi trovarti anche una da sbatterti! » lo derise.

Sentii la rabbia montarmi dentro, ma non potevo fare nulla.

Castiel, invece, non perse tempo e in un balzo raggiunse Adriel, il quale saltò indietro per schivarlo.

« Ah, no, no, Castiel, questo non si fa » disse, in modo garbato.
Dovevo aiutare Castiel, in qualche modo. Mi guardai velocemente intorno e la vidi, la spada angelica.

Senza farmi vedere, scivolai verso di essa e la afferrai, tornando ad osservare la scena dalla finestra.

« Ora, saresti così cortese da portarla qui fuori con noi? » Adriel mi rivolse un sorriso malizioso « La tua puttanella è proprio brava con gli incantesimi » .

« Layla! » Castiel si voltò verso di me « Non uscire, per nessuna ragione al mondo! » urlò.

Non risposi nulla e lui si girò di nuovo verso l'angelo.

« Sì può sapere perché lei rappresenta una minaccia? » sbraitò, cercando di non perdere la pazienza.

Adriel si sistemò il completo « Preferirei evitare che tu lo scopra a tue spese, sappi soltanto che deve morire » disse semplicemente. Sembrava avesse detto la cosa più naturale del mondo.

« Non te la consegnerò mai » rispose, a denti stretti.

Adriel sospirò. « Fratellino, fratellino... incosciente come al solito, io lo faccio per te » e gli sorrise.

Castiel rimase spiazzato. Si fermò come fosse una statua.

« Non capisco... »
« Fa niente! » rispose risoluto l'angelo « Se non vuoi consegnarmela, me la prenderò da solo » e così dicendo, allungò la mano destra nella direzione di Castiel. Questi cominciò a contorcersi dal dolore, come se una mano invisibile lo stesse stritolando. Le sue urla squarciavano il silenzio della notte.

« NO! » urlai con tutta la forza che avevo in corpo.

Saltai giù dalla finestra e corsi verso Castiel.

Quando lo raggiunsi, Adriel abbassò la mano e il mio angelo cadde a terra, ansimante.

In un attimo, sentii delle braccia afferrarmi da dietro.

« Adriel, figlio di puttana! » sibillò tra i denti Castiel, rivolgendo al fratello uno sguardo omicida.

« Mi dispiace » disse, con un sorriso troppo malizioso perché dicesse il vero « ma devo ucciderla » e fece per premermi il palmo della mano sulla fronte. Io, travolta da un eccesso di adrenalina, fui più veloce e con un solo, rapido movimento, conficcai la spada anti-angelo nel suo ventre. Adriel rimase scioccato. Indietreggiò di alcuni passi, mentre il suo corpo veniva attraversato da una intensa luce. Alla fine ci fu come uno scoppio e Adriel cadde a terra, esanime. Dalle sue spalle, come segni di bruciature sul prato, comparvero due enormi ali nere.

"L'ho ucciso" pensai, sgranando gli occhi. Il mio cuore cominciò a battere forte dalla paura. L'arma mi cadde di mano e io con lei, finendo inginocchiata sul prato.

"Ho ucciso un angelo" pensai, mentre le lacrime si facevano strada in me.

Udii un fruscio sull'erba e poco dopo, Castiel mi fu accanto.

« Non potevi fare altro » mi sussurrò, baciandomi i capelli « Ti avrebbe uccisa »

Mi voltai di scatto verso di lui, con le lacrime che mi rigavano il viso.

« Castiel, ho ucciso un angelo! Un tuo fratello! » sbraitai, affondando il viso nel suo impermeabile.

L'angelo, colto alla sprovvista, non si mosse. Aspettò che mi calmassi, alzando in fine un braccio per accarezzarmi la schiena. Non sembrava minimamente scosso, come se non fosse successo niente.

Io, invece, ero divorata dai sensi di colpa.

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao! Ringrazio tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qui. Questo capitolo ha un linguaggio un po' "colorito", spero di non aver esagerato... in caso, mi dispiace. Cosa ne pensate?

Grazie a tutti quelli che seguono la mia storia, grazie per le recensioni.

A presto!

Un abbraccio,
Ladyvampiretta

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il mio Paradiso ***


IL MIO PARADISO

 

 

Uccidere l'angelo intenzionato a farmi fuori mi aveva sconvolta, nel profondo. Sapevo che se non lo avessi fatto io, Adriel mi avrebbe uccisa senza batter ciglio, ma era una cosa che mi risutava difficile da elaborare.

Castiel si sbarazzò del corpo di Adriel con uno schiocco di dita. Non chiesi dove lo avesse spedito, scioccata com'ero da quello che era appena successo.

Non so come, mi ritrovai nella mia casa, seduta su una sedia, con Castiel che si affaccendava qua e là alla ricerca di non so cosa.

« Dobbiamo andarcene da qui! » disse, agitato, porgendomi un borsone. Come in trance, lo presi e me lo caricai su una spalla. Era pesante, ma non sentivo la fatica.

Mi sfiorò la spalla destra e in un batter d'occhio mi ritrovai in quella che doveva essere una stanza d'albergo. Era una piccolo spazio con un solo letto nel centro. Castiel mi tolse il borsone di dosso e cominciò a svuotarlo, mettendo i vestiti in un armadio e i libri sull'unico tavolino presente nella stanza.

Sospirò, stanco.

« Ok, possiamo stare qui per un paio di giorni, poi troveremo una nuova sistemazione » provò a sorridermi. Io, però, rimanevo inespressiva.

Mi si avvicinò con cautela e provò a squotermi per le braccia.

« Ehi! Torna con me, ti prego! »

« Ho ucciso... » sillabai. Avevo il groppo alla gola. Le parole non mi uscivano e i brividi mi percorrevano il corpo.

Castiel si portò le mani tra i capelli. Il nervosismo era palpabile.

Improvvisamente sentii le sue labbra su di me. Non realizzai subito che Castiel mi stesse baciando per la seconda volta. In quel momento capii che quel bacio sarebbbe stato diverso. Alle angoscie precendenti, se ne sommarono di nuove, come il fatto di sentire che tutto questo fosse sbagliato. Erano così morbide e calde. Aprì lievemente la bocca e sentii la sua lingua sulla mia. Un mugolio, mi bastò quello per andare fuori di testa. Percorsa da un fremito, intrecciai le mani tra i capelli dell'angelo e lo attirai ancora di più a me. Castiel non si fece pregare e mi afferrò per i fianchi, facendo aderire il mio corpo contro il suo. Era così bello ed eccitante. Sentii la mente svuotarsi di tutto il buio degli ultimi tempi ed illuminarsi di una nuova luce. Quella luce era Castiel.

"Questo è un vero bacio" pensai, sorridendo.

« Non capisco quello che sento... » ansimò, contro la mia pelle « non dovrei provare certe cose per gli esseri uma... » cominciò a dire, ma in quel preciso istante incollai nuovamente le sue labbra alle mie. Non mi importava niente che fosse uno sbaglio, lo sapevamo entrambi, ma le emozioni che il suo semplice tocco mi creavano non lasciavano scampo. Lo desideravo quanto lui desiderava me.

Mezzo secondo dopo saltò indietro e si stropicciò il viso con le mani.

« Noi non... non possiamo » mugugnò, facendo una smorfia.

Sentii il mondo crollarmi addosso. Fu come se un gelo avesse pervaso la stanza.

Scossi la testa.

« Castiel, tra di noi c'è qualcosa... del sentimento, è davvero sbagliato? » domandai titubante, raggiungendolo con passo lento. Ero rimasta lievemente a disagio. Dopotutto era stato lui stesso a baciarmi per ben due volte.

Gli sfiorai un braccio e lui lo ritrasse.

« Sì! » il suo fu quasi un urlo.

Uno sbattito d'ali.

Castiel se ne era andato ancora.

 

Dean si guardò allo specchio. I graffi in faccia che l'ultimo demone gli aveva procurato erano ancora ben visibili.

« Quel figlio di puttana... » borbottò, facendo delle smorfie allo specchio « guarda come mi ha ridotto! »

Dopo un battito di ciglia, vide nel suo riflesso allo specchio che non era solo.

Fece un salto all'indietro, urtando contro il lavandino.

« Castiel, ne abbiamo già parlato! » mormorò, con il cuore che batteva forte per lo spavento « ... spazio personale, ricordi? »

L'angelo, però, non sembrava interessato alle solite lezione dei fratelli sul "vivere da umani". Aveva ben altro a cui pensare.

« Dean... » lo guardò a mo' di supplica « Ho bisogno di aiuto...devi aiutarmi » biascicò con voce carica di sofferenza.

Il maggiore dei fratelli Winchester capì che c'era qualcosa che non andava nel comportamento dell'amico. Annuì piano e raggiunse il bordo della vasca e si sedette.

Castiel abbassò la tavoletta del water e fece lo stesso, tormentandosi le mani.

« Cos'è successo? C'entra Layla in qualche modo? » domandò, con il tono della voce carico d'ansia.

« Sì e... no » borbottò, incrociando lo sguardo con Dean.

Il ragazzo rimase perplesso davanti alle parole dell'angelo e il suo sguardo confuso invitò Castiel a continuare.

« Più che altro riguarda me... l'ho baciata... »

Dean strabuzzò gli occhi. Lo guardò perplesso per poi scoppiare a ridere.

« E' tutto qui? » e così dicendo rise più forte, fino a sentire delle fitte allo stomaco. Per poco non scivolò dalla vasca.

La porta del bagno si aprì di scatto.

« Dean? Tutto bene? Ridi da solo? » domandò Sam, guardando preoccupato il fratello che non la smetteva di ridere. Poi si accorse di Castiel e lo guardò curioso.

« Ha dei complessi perché ha baciato Layla » ansimò Dean tra un attacco di risate e l'altro.

« Co... cosa? » domandò Sam, trattenendo con difficoltà le risate.

Castiel lanciò ai fratelli uno sguardo truce, che venne intercettato dal minore dei fratelli Winchester. Raggiunse il fratello su bordo della vasca e gli assestò una gomitata tra le costole per farlo smettere di ridere.

Castiel si portò le mani tra i capelli.

« Non so che mi sta succedendo, non so più chi sono ». Si stropicciò il volto con le mani.

Sam si sporse nella sua direzione « Qual'è il probl... » ma non riuscì a finire la frase che l'angelo si era alzato in piedi.

« Il problema è che io sono un angelo! » disse in modo freddo e nervoso « Un angelo del Signore e non dovrei innamorarvi di voi umani! » e borbottò qualcosa a bassa voce che suonò come "stupide scimmiette addestrate".

I due fratelli ignorarono la provocazione e si guardarono negli occhi.

« Castiel... » Sam ci riprovò, con il tono di voce più dolce possibile « Tu sei l'angelo più umano che conosca... Layla è una brava ragazza, perché ne stai facendo un dramma? »

L'angelo non rispose, si alzò e uscì dal bagno per andarsi a sedere sul letto, nella stanza adiacente.

Sam e Dean lo seguirono.

« Adriel ha detto... che lei sarà la mia rovina... » mormorò, abbassando la voce « Forse è per questo che deve morire » sembrava rassegnato.

« E si può sapere chi accidenti è Adriel? » domandò Dean, con il suo solito tono strafottente.

Castiel raccontò loro cosa era successo la sera prima, fino al punto in cui aveva lascito Layla da sola in una camera d'albergo, simile a quella dove alloggiavano in quel momento i Winchester.

I due fratelli lo ascoltarono in silenzio, esprimendo i loro dubbi e perplessità solo muovendo le sopracciglia o attraverso le smorfie sul volto.

« Lei è divorata dai sensi di colpa e tu cerchi conforto per essertene innamorato? » domandò scettico Sam.

Dean gli diede una spintarella « Innamorato... che parola grossa Sam... al massimo sarà una cotta » borbottò, ridacchiando. Poi, intercettando le iridi blu di Castiel, capì di essere in errore.

« Cass, ne baci una e te ne innamori subito? Hai dei problemi amico » ridacchiò.

Castiel si alzò in piedi.

« Io non so cosa sia quello che voi chiamate amore! » il suo fu quasi un ringhio « So solo che adesso provo qualcosa che sento essere sbagliato! »

« E perché pensi sia "amore"? » lo beffeggio il maggiore dei Winchester.

L'angelo si bloccò. Non sapeva cos'altro dire.

Aveva osservato per secoli gli umani, li aveva studiati, arrivando a capire perché il Padre li amasse tanto: erano perfetti nel loro essere imperfetti. Potevano scegliere e amare. Gli angeli, invece, erano dei soldati. Non potevano ribbellarsi ad un ordine perché sapevano che, qualsiasi scelta presa dal Paradiso, veniva mossa dall'alto.

Era sceso sulla Terra per una missione e, una volta al termine, aveva visto una ragazza sul punto di morire. In quel preciso istante si era mosso qualcosa in lui che lo aveva destabilizzato, portandolo a lottare per tenerla in vita. Il problema era che non riusciva a capirne il perché. Poi l'aveva baciata e adesso sentiva che stava disubbidendo a tutti gli ordini del Paradiso. La cosa più strana, però, è che non gli importava. Qualsiasi fosse stata la sua sorte, per la prima volta dopo migliaia di anni, aveva "scelto", e questo gli bastava.

Sam lanciò un'occhiataccia al fratello, prima che l'angelo riprese a parlare.

« Sarà per quello che la vogliono morta... »

Sam e Dean lo guardarono, sospirando.

« Sembra tanto una cosa da film sdolcinati » borbottò Dean, alzandosi per andare a prendere una birra dal frigo bar. Ne buttò giù più della metà con un solo sorso.

« Magari a quello si aggiungerà qualcos'altro... » continuò il maggiore, attirando lo sguardo degli altri due « sono contento, almeno non dovrò ucciderla perchè sarà diventata un mostro »

« Dean, non capisci la gravità della cosa » lo ammonì Sam « Se gli angeli la vogliono morta, di certo non è per la sua relazione con Cass » e così dicendo, indicò l'angelo che li guardava perplesso.

Le scelte, però, avevano sempre un prezzo, ricordò l'angelo. Non poteva essere sicuro che gli angeli non la volessero morta per colpa sua.

« Devo andare a vedere come sta » disse in un soffio.

Un battito d'ali e Castiel non c'era più.

 

"Stupido angelo... dei miei stivali!"

Ero talmente nervosa che a malapena riuscivo ad elaborare un pensiero coerente. Mi aveva presa per una bambola? Mi baciava e poi si dileguava nel nulla.

"Stupido, stupido angelo!" pensai, prendendo a pugni un cuscino.

Era carino e dolce, ma non aveva alcun diritto di incasinarmi i sentimenti e darsela a gambe.

Avevo baciato un angelo, mi ero accorta anche io che fosse uno sbaglio, ma non ero scappata come lui. Avrei affrontato la cosa, ma non mi sarei nascosta. Quello che avevo provato baciandolo... non era descrivibile.

"Brucerei all'Inferno per un altro bacio del genere" pensai, affondando la testa in un cuscino.

"Maledizione, era solo un bacio!" cercai di razionalizzare, ma c'era una vocina in me che remava contro "Sì, ma è stato emotivamente diverso dal baciare un umano".

Improvvisamente qualcuno bussò alla porta.

Normalmente avrei chiesto chi fosse, ma la rabbia che avevo in corpo era tale da farmi perdere di vista le regole di sicurezza più elementari.

Aprii con veemenza la porta e mi trovai davanti un uomo dai lunghi capelli corvini.

Era alto, slanciato, con un accenno di barba. Indossava una giacca di pelle e un paio di jeans scuri. Teneva in mano una scatola di cartone.

« Ha ordinato lei la pizza? » mi domandò l'uomo con un tono di voce basso e profondo.

« No » risposi solamente e feci per chiudergli la porta in faccia, quando questi mise un piede per impedirlo.

Rimasi per un attimo impietrita. Mi voltai di scatto e vidi che l'uomo aveva aperto la porta senza difficoltà.

« Non ci si comporta così » disse, con voce maligna, mentre mi scrutava con interesse. Il cartone della pizza cadde in terra, finendo in un angolo della stanza.

I suoi occhi scuri vennero attraversati da una strana ombra e capii che non c'era niente di umano nella figura davanti a me.

« Chi sei? Che vuoi da me? » chiesi in un sussurrò. L'uomo mi si fece più vicino.

Volevo spostarmi, allontanarmi, ma ero come pietrificata.

« Ho solo un po' di fame » disse in un sussurro.

Fece un passo avanti e mi sorrise.

Aprì la bocca e alle file dei denti "umani" si sostituirono delle lame affilate.

Un'immagine agghiacciante.

Inorridii davanti a quello spettacolo e non so come, riuscii a fare uno scatto indietro, proprio mentre la creatura si avventava contro di me.

Mi travolse e andai a sbattere contro il tavolino.

Un ingente numero di foglio si sparsero per il pavimento. Qualcosa di pesante, poi, atterrò a pochi centimetri di distanza dalla mia mano. Era un pugnale dal manico più lavorato di quello anti-angelo e la lama era seghettata su un lato.

D'istinto la afferrai e senza troppi problemi, la infilzai nel petto della creatura. Questa rimase per un attimo sorpresa dal gesto. Successivamente mi sorrise in modo spavaldo.

« Sbagliato, riprova » e si sfilò il pugnale dal petto, gettandolo poco lontano da noi.

Riaprii la bocca e provò a mordermi di nuovo, mentre con un braccio mi premeva sul petto per non farmi muovere e con l'altro mi tirava i capelli indietro. Avevo il collo scoperto.

Cercai di tenerlo il più lontano possibile, spingendo il suo petto verso l'alto nel limite del possibile.

"Ma cos'è? Un vampiro?" pensai in un lampo di lucidità.

Cercai di allontanarlo con un braccio, mentre con l'altro cercai di riprendere il pugnale. Lo sfiorai con l'indice, mentre il vampiro si muoveva con forza su di me, tenendomi con le spalle attaccate a terra.

Non so come, ma riuscii a sferrare una poderosa ginocchiata all'inguine del vampiro che scattò indietro, permettendomi di prendere il pugnale e rialzarmi in piedi.

Il vampiro mi lanciò uno sguardo omicida.

"Ok, sono morta" pensai dalla sua occhiata. Scossi la testa. Non dovevo lasciarmi impressionare.

Mi portai il pugnale in avanti, in segno di difesa.

Avrei lottato fino alla morte, ero stanca di tutti quelli che volevano uccidermi. Se volevano la mia vita, non gliel'avrei servita in un piatto d'argento.

"No, non mi avrete facilmente"

Il mio cuore batteva all'impazzata, avevo l'adrenalina in circolo.

All'improvviso, alle spalle del vampiro, comparve qualcuno. Mi bastò un'occhiata per riconoscere Castiel, con il viso contorto dalla rabbia.

Feci un sospiro di sollievo quando lo vidi. Almeno sarei morta avendo come ultimo ricordo il suo volto.

Il vampiro sembrò non accorgersi dell'angelo alle sue spalle e senza pensarci due volte, si avventò di nuovo verso di me.

« La testa, Layla! » urlò Castiel. Si passò il pollice sul collo, come a segnare di tagliarlo.

E allora capii.

Mentre vedevo il vampiro avvicinarsi, mi preparai. Il cuore pulsava forte nel petto, mentre venivo pervasa da una scarica di energia.

Ero pronta.

Quando fu abbastanza vicino, feci un gesto rapido e preciso, staccando la testa alla strana creatura. Chiusi gli occhi.

Sentii come il rumore di un melone che cade in terra e capii di avercela fatta.

Abbassai lo sguardo e osservai la scena, inorridita.

Il corpo del vampiro cadde in avanti e per poco non mi rovinò addosso.

Lasciai cadere a terra il pugnale insanguinato e guardai Castiel. L'angelo mi scrutò, sorpreso. Si avvicinò cauto verso di me e mi abbracciò.

« Ce l'hai fatta... » mormorò. Sentii uno schiocco di dita e fui certa che il corpo del vampiro fosse sparito, esattamente come quello di Adriel. Tra le sue braccia, sentii le energie venirmi meno. Sentivo che le grambe non mi avrebbero retto ancora a lungo, ma non volevo cedere.

« Stai tremando » aggiunse, allontanadomi un po' da se' « Vuoi sederti? »

Feci segno di "no" con la testa e mi strinsi ancora di più a lui.

« Ti prego » lo supplicai « Non andartene più in quel modo »

« No » sussurrò « Non me ne andrò più » e così dicendo mi sollevò il mento con l'indice, appoggiando le sue labbra alle mie.

Mi lasciai stringere da Castiel. Ne avevo passate tante in quel giorno.

Avevo bisogno di lui. L'angelo mi condusse dolcemente verso il letto e mi ci adagiai lentamente, mentre Castiel saliva a sua volta sul letto. Mentre mi baciava, le sue mani scivolarono sotto la mia maglietta, sollevandola leggermente. Lo aiutai a togliermela mentre mi baciava la pelle nuda all'altezza del ventre. Venni percorsa da un brivido di piacere mentre le sue labbra mi sfioravano. Impazziente, con un rapido gesto gli tolsi l'impermeabile e la giacca scura. Castiel mi sorrise e si sfilò la cravatta. Riprese a baciarmi sulle labbra e con le mani mi diedi da fare per togliergli anche la camicia bianca, sfiorandogli con delicatezza il petto nudo. Ci togliemmo velocemente i vestiti rimanenti e venimmo travolti dal desiderio.

I nostri corpi si adattarono l'uno all'altro, come pezzi di un puzzle destinati a legarsi.

Fu qualcosa di magico, qualcosa di nettamente diverso da quello umano.

Castiel fu di una dolcezza unica e neanche per un secondo mi pentii della mia scelta. Eravamo destinati ad incontrarci, ad amarci.

Il suo corpo aderiva perfettamente al mio, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Io e Castiel ci muovevamo all'unisono, in una sincorina perfetta che per un attimo mi fece ricordare le onde del mare che si infrangevano sulla battigia.

Quando il piacere sopraggiunse, venimmo travolti come da un cavallone.

Restammo a lungo abbracciati. Non volevo che si allontanasse da me. Non lo avrei permesso.

Volevo Castiel, lo avrei difeso anche se ero solo una comune mortale.

Avrei lottato contro angeli, demoni, contro chiunque si fosse messo sulla nostra strada.

E in quel momento ebbi una rivelazione: era il mio paradiso personale, ma al centro esatto dell'inferno.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La caccia ***


LA CACCIA

 

Non potendo restare ancora in una stanza d'albergo, Castiel optò per un casolare abbandonato. Malgrado le mie proteste e i miei tentativi di far ritorno a casa mia, l'angelo mi ignorò. Mi portò in un luogo sperduto in mezzo al verde. Devo dire che non era niente male, a parte l'abitazione che dall'esterno rendeva palese i segni del tempo, decisamente poco clemente con quel posto. Le ante delle finestre sembravano sul punto di staccarsi da un momento all'altro e l'intonaco esterno aveva ceduto in più punti. Dal tetto mancavano alcune tegole.

« Cass... sei proprio sicuro che dobbiamo vivere qui? » chiesi esitante. Lanciai un'ennesima occhiata all'esterno dell'abitazione ed ebbi il brutto presentimento che sarei finita schiacciata sotto un cumulo di macerie.

L'angelo sorrise soddisfatto « Sì, è proprio questo il posto ». Da come guardava il casolare, immaginai che nella sua testa, quel posto fosse come una reggia. Titubante, seguii Castiel dentro l'abitazione e ne rimasi sorpresa. Il muro sembrava appena ridipinto, non c'era alcun segno di muffa o di tutto ciò che avviene in un posto abbandonato. Ovviamente quello che avevo visto esternamente necessitava di riparazioni.

« Come faremo con... le riparazioni? » domandai, fissando preoccupata il soffitto. Gli spifferi che entravano da lì mi fecero rabbrividire. Neanche un'ora dopo ricevetti la risposta. Arrivò una sorta di tutto-fare che in silenzio fece tutte le riparazioni, sotto lo sguardo vigile di Castiel. L'uomo non aveva detto una parola da quando era entrato in silenzio nella casa, né si era presentato. L'angelo lo aveva fatto entrare in silenzio e in silenzio lavorava. Doveva essere sulla cinquantina, con una tuta impolverata, i capelli brizzolati e delle pesanti rughe sotto gli occhi.

« Secondo me c'è il tuo zampino » mormorai, avvicinandomi a Castiel. L'angelo sorrise. « Lo fa per fede » incrociò il mio sguardo critico e subito aggiunse « Lo pagheremo, se è questo che vuoi ». Sospirai, incapace di aggiungere altro. Non ci credevo molto, ma non potevo fare altrimenti.

"Quell'angelo è una scoperta continua" pensai, mentre l'uomo saliva su una scala per riparare il soffitto. Impiegò tutto il resto della giornata nelle riparazioni, senza fermarsi un attimo. Sembrava come un robot che eseguiva gli ordini senza esitazioni. A lavoro ultimato, la casa era decisamente migliore. L'uomo fece per andarsene come era arrivato, allora corsi verso di lui per dargli qualcosa. Certo, le mie finanze non erano delle migliori, ma qualche soldo potevo anche darglielo. Lui, però, mi ignorò e se ne tornò da dove era venuto.

Lanciai un'occhiata critica a Castiel che rispose con il suo solito sguardo incurisito.

« E' lui che non ha voluto » disse solo. Il giorno seguente io e Castiel facemmo diversi "voli" dalla mia vecchia casa per prendere il necessario dalla mia vecchia casa.

Ma mi aveva fatto trasferire per una ragione,:il mio allenamento. Quando cominciammo, il suo atteggiamento cambiò. I giorni passarono velocemente e le cose con Castiel divennero un po' complicate. Il nostro legame si consolidò, divenne più forte. Ma capivo nel suo sguardo che c'era qualcosa che non andava.

I suoi occhi dal colore intenso sembravano... spenti, come se qualcosa lo tormentasse dall'interno e io sapevo cosa fosse. La pericolosità della nostra relazione era chiara a lui quanto a me, ma con la differenza che io non ne facevo un dramma.

Castiel impiegò diversi giorni ad allenarmi. Iniziavamo all'alba e finivamo a mezzanotte passata. Ogni volta che gli facevo presente i miei "bisogni umani" come il mangiare e il dormire, lui si faceva scuro in volto, mi lanciava un'occhiataccia e mi concedeva la tanto agoniata pausa.

I suoi allenamenti erano, il più delle volte, faticosi.

« Allora, quando qualcuno... o qualcosa » si corresse subito « ti corre incontro, puoi usare la sua stessa forza come un'arma ».

Eravamo l'uno difronte all'altra, ad un paio di metri di distanza.

« Quando ti corro incontro, tu mi afferri il braccio, ti giri e mi butti a terra ».

Annuì. Da piccola avevo studiato arti marziali, quindi quella semplice mossa non sarebbe stata un problema per me. Non dissi nulla, però. Volevo sorprenderlo.

« Sei pronta? »

« Come mai prima d'ora » ribadii con un sorriso sicuro.

Mi abbassai di poco sulle ginocchia, pronta a cogliere la sua offensiva.

In un attimo, Castiel fece uno scatto verso di me. Era buffo perché non l'avevo mai visto correre. Volare sì, ma correre no.

Stavo divagando, non dovevo perdere la concentrazione. Mi ripresi appena in tempo, mentre il corpo di Castiel si preparava all'impatto contro il mio. Afferrai il suo braccio teso verso di me e sfruttai la sua spinta per caricarlo sulla schiena, girare su me stessa e buttarlo a terra. Per l'occasione, avevo messo un cuscino nel punto esatto in cui l'angelo sarebbe caduto.

Anche se aveva la capacità di guarire velocemente, non avrei mai accettato se il rischio era quello di ferirlo.

Castiel cadde a terra con la schienza contro il cuscino. Mugugnò in segno di sopresa.

« Non mi aspettavo ci riuscissi » disse sorpreso, spalancando gli occhi, rimanendo a terra.

« Ho un bravo insegnante » Gli sorrisi e mi chinai verso di lui. Lessi uno strano lampo negli occhi dell'angelo che in un millisecondo mi afferrò per le braccia e mi tirò a se'. Caddi in avanti, finendo addosso a Castiel che mi mostrò il suo sorriso sghembo che tanto adoravo. Si allungò e mi sfiorò le labbra con le sue.

 

Sospirò sonoramente.

« Così non riuscirò mai ad allenarti » brontolò Castiel, disteso a terra con la testa sul cuscino. La mia era appoggiata al suo petto e riuscivo a sentire i battiti del suo cuore, lievemente accellerati. Mi accarezzò dolcemente i capelli.

« Non è colpa mia se ogni scusa è buona per... » e lasciai il discorso in sospeso con fare eloquente.

« Già, hai ragione, dobbiamo rimediare » convenne e la sua decisione mi fece tremare.

"Non lo starà pensando seriamente" pensai, mentre mi tiravo su per guardarlo in faccia.

« E con questo che vuoi dire? »

Castiel mi rivolse uno sguardo inespressivo.

« Semplice, da adesso in poi ti allenerò e basta, senza distrazioni » e così dicendo fece per alzarsi, ma ributtò la testa sul cuscino.

« Magari cominciamo da domani » ridacchiò, tirandomi nuovamente a se'.

 

« Perfetto, oggi cominciamo l'allenamento vero » disse, in tono autoritario. Ebbi un fremito, ma cercai di non darlo a vedere. Castiel aveva avuto la folle idea che per allenarmi avrebbe dovuto lasciami in un covo di demoni.

"E' pazzo!" pensai, mentre cominciavano a tremarmi le gambe.

« Ehm... Cass? Ne sei proprio sicuro? » bofonchiai, stringendomi al petto il pugnale demoniaco.

« Sì, è il metodo più veloce » disse, portando le braccia ai fianchi, come per valutare la situazioni. La fronte era lievemente increspata. In quel momento mi ricordò la sua presentazione: la sua postura era tipica dei soldati.

Degluttii « Dimmi la verità, mi vuoi morta senza sporcarti le mani » sospirai a testa bassa. Sì, decisamente voleva che mi togliessi dai piedi, altrimenti non mi avrebbe mai proposto una cosa del genere.

« Esagerata » ridacchiò.

"Sì, decisamente mi vuole morta"

Mi aveva portata all'ingresso di un bar dall'aspetto malfamato. Le pareti erano scure su cui palesavano frasi volgari e oscene. Le finestre erano piccole e non si vedeva una grande illuminazione all'interno. Incima capeggiava la scritta dai colori vivaci, il nome del bar.

« Devil's nest, un nome, una garanzia » ironizzai, lanciando occhiate perplesse all'angelo. Ma Castiel non era più al mio fianco. Si era volatilizzato.

"E' insopportabile quando fa così"

Degluttii e lanciai un'altra occhiata al locale. Sbattei le palpebre, nella speranza che fosse un'illusione o un sogno, ma il bar restava sempre lì. Feci un bel respiro ed entrai.

Il locale era costituito da diversi tavoli che potevano ospitare massimo due clienti. In fondo alla sala c'era un bancone con un barman afroamericano dai capelli riccissimi. La luce era soffusa e la poca illuminazione veniva da delle lampade (non più di quattro) poste lungo il perimetro della sala.

"Merda! E adesso come riconosco i demoni?" pensai mentre si faceva strada in me l'ansia.

"Calma, non sanno che sei umana, respira" mi ammonii. Di certo già non passavo inosservata in quel locale di soli uomini grassi e calvi.

Avevo gli occhi di tutti puntati addosso.

"E se fiutano la paura come i cani? Sì, sono morta!"

Mi diressi con passo disinvolto ( o almeno sperai fosse così) verso il bancone.

Il barman, che non mi aveva staccato gli occhi di dosso da quando ero entrata mi sorrise.

« E' la prima volta che vedo una donna qui dentro » e mi passò una birra senza che gliel'avessi ordinata.

« Grazie » mugugnai, prendendone una lunga sorsata. Aspra e ghiacciata. Per un istante dimenticai di trovarmi in un covo di demoni.

"Covo... sempre che si possa definire tale" pensai, dando un'occhiata intorno. C'erano quattro uomini più il barman. Cinque. Non era poi questo grande "esercito".

Improvvisamente sentii un tonfo alla mia sinistra. Posai immediatamente la bottiglia e mi voltai. Un uomo basso e tarchiato, dai capelli grigi giaceva a terra, immobile. Subito un altro si fece accanto a lui e venne seguito da tutti i presenti nel locale. Mi inginocchiai anche io, con il cuore a mille.

E mi passò completamente di mente che fossero tutti demoni.

« Signore? Si sente bene? » chiesi, scuotendolo un po'. L'uomo non rispose immediatamente. Improvvisamente si tirò a sedere e me lo trovai talmente vicino da poter sentire l'odore della carne putrida. Arricciai il naso e scattai indietro, mentre le iridi di tutti i presenti assumevano il tipico colore nero e lattiginoso.

« Oggi non è la tua giornata fortunata, tesoro » mormorò in tono maligno mentre quattro figure mi si facevano sempre più vicine.

Con il cuore in gola, estrassi dalla tasca posteriore dei jeans il pugnale demoniaco e mi lanciai contro quello basso e grasso. Mi era davanti, mi lanciai addosso e mi scontrai contro di lui. Avevo colto il demone di sorpresa, ma aveva una forza superiore alla mia.

Gli bastò una gomitata per lanciarmi a diversi metri di distanza, addosso ad un altro demone che urlò, sorpreso. Ci schiantammo entrambi contro il bancone del bar.

Dolorante ma non sorpresa, abbassai il braccio e lo piegai all'indietro giusto per colpire il mostro. Sentii un gemito di dolore e una tenue luce alle mie spalle. Il avevo fatto fuori il primo demone.

Quello su cui mi ero buttata all'inizio mi lanciò un'occhiata omicida.

« Mi dispiace, ho fatto fuori il tuo amichetto? » chiesi con finta voce dolce.

Avevo l'adrenalina a mille, mi sentivo prontissima e carica come non mai.

Sentii dei grugniti e notai che due demoni si stavano per attaccarmi contemporaneamente, uno a destra e uno a sinistra. Non mi scomposi. Sapevo cosa dovevo fare.

Mentre i due energumeni correvano contro di me, non mi mossi, proprio come mi aveva spiegato un giorno l'angelo. Tirai fuori dall'altra tasca dei jeans anche un secondo pugnale.

Abbassai le braccia e le lasciai aderire contro il busto.

Feci un piccolo respiro.

"Tre... due... uno"

Proprio mentre i loro corpi stavano per venirmi addosso, allargai le braccia e li colpii entrambi in pieno petto. Il demone alla mia destra spalancò la bocca e una luce sembrò esplodere dentro di lui. Un urlo e anche lui si accasciò al suolo. Tolsi il pugnale prima che il mostro cadesse a terra.

« Hai sbagliato pugnale » ridacchiò l'altro demone.

Sorrisi « Tu credi? » e così dicendo, conficcai anche il pugnale demoniaco nel petto della creatura.

Un'altra luce, altro gemito, altro corpo a terra.

« Si chiama effetto sorpresa, bastardo » mormorai al corpo esanime del terzo demone, riponendo il pugnale normale nei jeans.

Sentii dei passi pesanti corrermi incontro. Non dovetti neanche alzare lo sguardo per sapere che il quarto demone mi stava venendo incontro. Era più grosso di me e vederlo correre velocemente sembrava contro natura.

« Sei morta! » esclamò con rabbia quando mi fu quasi vicino. Gli sorrisi in modo serafico. Allungò le mani verso il mio collo e cercò di afferrarmi. Mi abbassai di scatto e venni quasi completamente coperta dall'ombra del demone. Con un movimento rapido e preciso, gli piantai il pugnale direttamente nello stomaco.

Ci fu uno scoppio di luce e il demone barcollò pericolosamente.

« Merda! » esclamai mentre il demone mi cadeva addosso. Non lo avevo previsto! Poco prima che il mostro mi schiacciasse a terra sentii una mano afferrarmi per la maglietta e strattonarmi via. Il tutto accadde nel tempo di un battito di ciglia.

Mi voltai e incrociai lo sguardo del mio salvatore.

Due iridi blu mi fecero dimenticare che ce l'avevo con lui.

Senza pensarci due volte lo abbracciai.

« Castiel! Ce l'ho fatta! » esultai come una bambina.

Lui sorrise « Complimenti davvero, ce l'hai fatta » e mi stampò un tenero bacio sulle labbra.

Sentii un frusciò, come se qualcosa mi fosse volato vicino al volto. Mi staccai immediatamente dall'angelo e avvertii uno strano dolore all'altezza della guancia destra, infine qualcosa colarmi sul viso. Mi passai la mano sulla guancia ed esaminai il risultato. C'era una lunga striscia di sangue rosso scuro.

Impallidii e Castiel sbarrò gli occhi. Si voltò all'istante.

Un demone teneva in mano una mannaia e ci guardava con un sorriso diabolico.

« Oh, scusate! » si finse pentito « Ho interrotto qualcosa? » Da come era vestito, doveva essere un cuoco, anche se il fatto che fosse in un bar era abbastanza strano.

Era un uomo sulla cinquantina, calvo, vestito con una maglietta bianca piena di macchie e dei pantaloni scuri. Sulla pancia c'era una parannanza con sopra delle strane chiazze rosse.

Castiel gli volò incontro, con la sua solita calma omicida naturale. Io osservavo la scena quasi paralizzata dalla paura. Mi voltai e vidi un cortello dall'aspetto molto affilato conficcato nella parete di legno alle mie spalle. Ebbi un fremito e mi strinsi le braccia al petto. Il coraggio con cui avevo affrontato i demoni precedenti si era spento, come se qualcuno avesse premuto "off" sul pulsante della mia adrenalina. Ero così scossa che non mi accorsi nemmeno che un demone mi stava venendo addosso.

Riconobbi i ricci scuri e strabuzzai gli occhi.

"Mi ero dimenticata del barman!" pensai, mentre cadevo a terra. Il demone si stagliò su di me e cominciò a riempirmi di pugni sulla pancia e sul viso. Non so come ma riuscii ad assestargli una ginocchiata. Liberai un piede e lo colpii allo stomaco, allontanandolo da me. Lui sorrise « Ho cambiato idea, quella birra te la faccio pagare » ridacchiò. Mi alzai velocemente in piedi e lanciai un'occhiata a Castiel. Lo vidi nel momento in cui premeva il palmo della mano destra sulla fronte del demone e una luce parve invadere il corpo dall'interno. La mossa di Castiel aveva lo stesso effetto del pugnale.

« Ti conviene pensare a te stessa » urlò il demone- barman.

Mi corse incontro ed ebbi una specie di flashback. Anche in quel momento seppi cosa dovevo fare.

Quando mi fu abbastanza vicino, gli afferrai il braccio teso, piegai leggermente le ginocchia e me lo caricai sulla schiena.

« Quanto parli! » urlai, mentre lo buttavo a terra. Tirai immediatamente fuori il pugnale demoniaco e lo colpii in pieno petto.

Sospirai. Anche l'ultimo demone era stato ucciso.

Mi asciugai il sudore che mi gocciolava dalla fronte. Due mani mi sfiorarono i fianchi da dietro. Inclinai leggermente il corpo all'indietro per appoggiarmi a Castiel.

« Sei stata fantastica » mi sussurrò all'orecchio. Il suo respiro mi solleticò il collo.

« Va bene, ora andiamo » mormorai. Sentii il mio corpo perdere completamente le energie e mi sentii schiacciare dalla forza di gravità. Ebbi improvvisamente la nausea e scansai Castiel giusto in tempo, prima che vomitai sul pavimento del bar. Tutto intorno a me cominciò a vorticare. Sentivo in lontananza la voce dell'angelo che mi chiamava, preoccupato. Poi il nulla.

Silenzio.

 

 

 

*
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
*

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Ringrazio tutti quelli che seguono la mia storia e che la commentano: sapere cosa ne pensate mi rende davvero felice :) Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, rispetto a come l'avevo scritto in precedenza, ho dovuto aggiustare un po' di cose che non mi convincevano. Il prossimo capitolo sarà molto più intenso e come "guest star" avremo... Zaccaria!

Un abbraccio a tutti!

Ladyvampiretta

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Bright Lights ***


BRIGHT LIGHTS

 

La scarica di adrenalina mi aveva fatto combattere senza problemi contro i demoni, ma non avevo pensato che mi sarei sentita uno schifo una volta terminato lo scontro. Castiel acconsentì a farmi riposare per un paio di giorni. Nella mia testa, si affollavano ancora le immagini di quei demoni. Non riuscivo a capacitarmi della forza che avevo trovato in me. Riuscire ad uccidere tutti quei demoni non era una cosa da poco. Diede la colpa all'istinto di sopravvivenza e tornai a dormire.

Non so dire se fosse un sogno quello che vidi una sera. Mi svegliai che doveva essere notte inoltrata, visto che dalle finestre potevo vedere la Luna ancora alta nel cielo.

Ma non fu un suono o un incubo a destarmi, bensì una sensazione di pace e tranquillità. Dalle palpebre chiuse, scorsi un bagliore e subito ebbi un fremito.

"Qualcuno ci sta attaccando?" pensai con un sussulto.

Spalancai le palpebre immediatamente e quello che vidi mi lasciò di stucco.

Davanti al mio corpo disteso su un fianco c'erano quelle che sembravano a tutti gli effetti delle ali.

Le ali di Castiel.

Erano bianche come il latte e luminose come i raggi del sole, le cui estremità erano definite con delle linee dorate. Sembravano irradiare pace e beatitudine. Non potevano che essere le ali di una creatura celeste.

Le piume in alto erano più lunghe e brillanti e formavano come un arco. All'altezza delle mie gambe e intorno ai fianchi, si facevano più piccole ed erano lievemente arruffate. A primo impatto sembravano morbide e soffici come nuvole o zucchero filato.

Le ammirai con la bocca aperta. Erano uno spettacolo meraviglioso. Qualcosa di sovrannaturale. La luce brillante che emanavano era capace di farmi sentire in pace con il mondo. Allungai una mano, incerta. Volevo toccarle o anche solo sfiorarle.

Morbide, delicate, le piume scivolarono sotto le mie dita. Alle mie spalle, Castiel gemette dolcemente nel sonno. Ammaliata da tanta bellezza, mi girai sul fianco opposto, trovandomi a mezzo centimentro dal volto dell'angelo che dormiva beato. Alzai lo sguardo verso la sua schiena ed ebbi la conferma che erano proprio le sue ali. Anche se non vedevo dalla mia posizione l'attaccatura, potevo dedurne che partivano dalla schiena e mi avvolgevano come un bozzolo. Mi sentii completamente rilassata e, mio malgrado, sentii nuovamente il sonno prendere il sopravvento su di me.

 

Come dicevo, non posso dire di aver visto davvero o meno quelle ali, dato che al risveglio non c'erano più. Quando aprii gli occhi, mi ritrovai davanti al viso rilassato dell'angelo che continuava a dormire tranquillo. Il viso da bambino era incorniciarto da delle ciocche scure dei suo capelli castani che gli ricadevano dolcemente sulla fronte. Sembrava così vulnerabile. Cercai di colmare la distanza che c'era tra noi per sfiorargli le labbra con le mie, ma improvvisamente sentii un fischio sordo riempire l'aria mattutina.

Sapevo cos'era quel suono e sapevo anche cosa ne sarebbe seguito.

Senza pensarci due volte, lancia una gomitata a Castiel che spalancò gli occhi all'istante e scattò giù dal letto. Aveva le spalle rigide e gli occhi ridotti a due fessure.

Io lo imitai e saltai giù dal letto, verso il tavolo con la spada angelica.

Ma appena arrivai davanti al tavolo, il suono sordo cessò e mi si parò davanti una figura. Era un ragazzo di circa trent'anni, con i capelli lisci, biondi e corti. Due ciocche, sulla fronte, erano più lunghe e sembravano voler nascondere gli occhi di un azzurro innaturale. Il viso era puntellato da una barba chiara di un paio di giorni, facendo sembrare più marcata la mascella scolpita. Indossava un completo nero con tanto di cravatta blu. Era di una bellezza mozzafiato, come tutti gli angeli, del resto. Mi guardò a mo' di sfida.

« Cercavi qualcosa? » domandò con voce vellutata. Gli bastò alzare un braccio per scaraventarmi dall'altra parte della stanza, contro il muro. Mugugnai, dolorante quando sentii l'impatto.

Castiel, leggermente sconvolto dalla presenza di un altro angelo, mi si fece vicino senza staccare gli occhi dalla figura che era comparsa dal nulla.

« Rochel » mormorò Castiel, riducendo gli occhi a due fessure.

L'angelo fece un inchino con fare plateale.

Subito dopo Rochel si aggiustò la cravatta e si avvicinò a noi con passo lento e deciso.

« Castiel, sono qui per ordine di Zaccaria »

Io mi strinsi al mio angelo. Rochel sembrava molto più temibile di Adriel.

« Zaccaria? Hai cambiato bandiera, fratello? » domandò Castiel, con una punta di veleno.

L'angelo scosse la testa « No, per niente. Non so se lo sai, ma Naomi ha stretto un'alleanza con Zaccaria, quindi, essendo io un suo sottoposto... » e lasciò la frase in sospeso, in modo eloquente.

Naomi...Zaccaria... due angeli....sembrava difficile immaginarli a progettare la disfatta mia e di Castiel. Ma, dopotutto, io avevo una relazione con un angelo, quindi il fatto che altri stessero preparando la mia dipartita non mi sembrava poi così strano.

« Non ci credo » sussurrò Castiel, sbarrando gli occhi. « Come può Naomi... esser scesa a patti con Zaccaria? »

« Alleanze, fratello » rispose Rochel, alzando le spalle.

« Dì a Zaccaria che se ne può andare allegramente a fanc... » cominciai ad imprecare, ma subito Rochel mi si parò davanti, ad un paio di centimentri di distanza. Non lo avevo neanche visto muoversi.

Ridacchiò e mi afferrò il viso « Che linguetta biforcuta »

Castiel gli assestò un calcio allo stomaco e l'angelo si allontanò da me, arretrando di qualche centimentro

Come se niente fosse, Rochel si lisciò i vestiti.

« Bene, il tempo dei giochetti è finito... » e lanciò un'occhiataccia a Castiel « Tu devi venire con me, Naomi deve parlarti » mormorò, guardandolo.

Castiel fece una smorfia quando Rochel nominò Naomi « Non credo proprio » fu la sua risposta carica d'odio. La stanza venne pervasa da luce accecante. Fui costretta a socchiudere gli occhi e in un battito di ciglia, entrambi gli angeli erano spariti.

Ebbi un tuffo al cuore.

« Castiel? » lo chiamai con voce tremante. Dov'era finito? Lo cercai con lo sguardo, ma la casa era vuota.

"Dove l'avrà portato?" pensai, imprecando mentalmente.

Sentii alle mie spalle un battito d'ali e per un istante pensai si trattasse di Castiel. Mi voltai di scatto con un sorriso che mi morì sul volto quando mi si parò davanti un'altra figura. Mi bastò un'occhiata per capire che si trattava di un altro angelo.

Questi non era bello come le creature celesti che avevo visto fin'ora, ma irradiava potenza e rispetto da tutti i pori. Era una figura alta e statuaria, vestita con un completo scuro. Aveva la faccia con qualche ruga, i capelli bianchi e brizzolati e gli occhi grigi.

Istintivamente, arretrai.

L'angelo mi sorrise « Ti senti come un topo in gabbia? » domandò.

Battee le mani due volte e la stanza dove ci trovavamo scomparve. Al suo posto ce n'era un'altra. Dall'aspetto, sembrava una stanza regale. Le pareti erano di marmo rosso e bianco, i candelabri erano d'oro e il camino aveva l'aria di essere barocco, con diverse intarsiature floreali bianche.

Dal soffitto pendeva un altro candelabro, con tante gocce di cristallo. Sotto di esso, accanto a me, c'era un tavolo di legno massiccio con la statua di un cherubino in ceramica.

Rimasi sbalordita di fronte a tanta maestosità. L'angelo di prima mi si avvicinò e mi porse la mano.

« Layla, io sono Zaccaria » mormorò, con un sorriso serafico sul volto.

Rimasi a guardarlo, impassibile. Inutile chiedere come sapesse il mio nome, a quanto pare gli angeli erano quasi onniscenti.

« Non serve che tu sia così gentile, dov'è finito Castiel? Cosa vuoi da me? » sibillai tra i denti con più coraggio di quello che avessi. Era un angelo, ma intuivo che le sue intenzioni non erano delle più nobili.

Zaccaria si fece scuro in volto « Tu, scimmia senza pelo, come osi parlarmi così? » sbraitò, puntandomi l'indice contro.

"Io una scimmia? Mi morsi la lingua per evitare di rispondere in modo sagace. Non ero nelle condizioni migliori per uno scontro. Non avevo il pugnale angelico ed ero sola in una stanza con un angelo decisamente potente. Doveva essere uno degli angeli più forti del Paradiso e attaccar briga con lui non sarebbe stato il massimo.

Sostenni il suo sguardo « Cosa vuoi da me? » chiesi con astio.

Zaccaria strinse le labbra. Prese un lungo respiro e si rilassò.

« Senti, abbiamo iniziato con il piede sbagliato... » disse, accennando un sorriso « In realtà volevo solo ucciderti... e dovresti sapere anche il perché » disse con la stessa naturalezza con cui si dice "ti accompagno a fare la spesa". Rimasi sbalordita dalle sue parole.

« Che vuoi dire? Perché dovrei saperlo? » mormorai in un sussurro. La paura si fece strada in me, facendomi tremare le gambe.

« Mi è stato ordinato di non dire una parola » affermò con un ghigno « Sappi solo che per quello che hai fatto, meriti di morire »

Sbiancai.

« Non capisco » mormorai, titubante. Feci un passo indietro.

« In teoria dovresti... ma non starò qui a spiegarti tutto, tanto adesso morirai »

« Sei un maestro nell'indorare la pillola » borbottai, risentita. Avevo ritrovato la mia spavalderia.

"Gli angeli mentono" pensai. Prima di Castiel, non avevo fatto niente e... la punizione per amare un angelo non era certamente equa per il crimine.

Zaccaria fece finta di non avermi sentita e mi si avvicinò.

« Hai un ultimo desiderio o qualcosa da dire? » domandò, alzando le spalle.

Feci una smorfia.

« Mi piacerebbe andarmene con Castiel »

L'angelo sorrise « Oh, ve ne andrete... insieme » nel suo tono avvertii una velata minaccia. Il senso era palese: ce ne saremo andati... da morti.

« Neanche Castiel mi è mai andato a genio »

Digrignai i denti.

Ormai era ad un paio di passi da me e gli bastò allungare un braccio per afferrarmi la gola e sbattermi contro il muro. Subito avvertii un dolore forte e l'aria cominciò a mancarmi. Mi stava soffocando. Mi aggrappai con le unghie alla sua mano che mi teneva sollevata a pochi centimentri dal suolo, ma i miei gesti si facevano sempre meno forti. Sentivo le orecchie fischiarmi e la vista venir meno con tante piccole macchie scure. Neanche il mio scalciare sembrava infastidirlo.

« Mi dispiace, ma è così che deve andare... chi è più in alto di me me lo ha ordinato » e strinse ancora di più la stretta sul mio collo.

Ormai sentivo le forze abbandonarmi e le macchie nere farsi sempre più grandi. Stavo morendo, sentivo il petto pronto a scoppiare. Le sue dita sembravano coltelli.

Strinsi con tutte le forze che mi rimanevano le unghie sulla mano di Zaccaria.

« Non sei abbastanza forte, disertore » ridacchiò « Inoltre uccidere quelli come te mi è sempre piaciuto »

Le sue parole mi scivolarono addosso, incapace di comprenderne il significato a causa della mancanza di ossigeno.

Non ce la facevo più a lottare, avrei dato non so cosa perché mi lasciasse, ma sembrava avere tutte le intenzioni contrarie. Chiusi gli occhi, incapace di tenerli ancora aperti.

Improvvisamente un urlo squarciò l'aria e la presa sulla mia gola sparì. Mi accasciai a terra. Strabuzzai gli occhi mentre il mio corpo prendeva un bel respiro in modo istintivo. Tossicchiai fino a piangere, massaggiandomi la gola. Mi voltai e vidi Zaccaria in ginocchio tenersi con la mano destra il moncherino sinistro.

"Un... moncherino?". L'angelo cominciò ad imprecare e ad inveire contro qualcuno.

Quel qualcuno era Castiel.

Il mio angelo teneva in mano la spada angelica e aveva una furia omicida negli occhi. Le labbra, una volta piene e carnose si erano ridotte ad una linea sottile. Il trench era lacerato in più punti e sporco di sangue. La faccia era segnata da alcuni graffi. Cercai di alzarmi, facendo forza sulle braccia, ma non ci riuscii. Dovetti scivolare nuovamente a terra.

Castiel mi lanciò un'occhiata fugace, poi con un solo gesto, strappò la camicia sull'addome. Notai una grossa macchia rossa sull'indumento e rabbrividii. Un lungo taglio sanguinava copiosamente dal torace. Castiel sfiorò la ferita con le dita, stringendo i denti per non urlare. Disegnò un simbolo strano sul muro: un cerchio con dei segni all'interno.

« Zaccaria, non voglio ucciderti » sibillò e un secondo dopo, colpì con il palmo della mano il disegno sul muro. Ci fu uno scoppiò di luce, seguito dalle urla di Zaccaria. La luce sparì quasi subito e l'angelo non c'era più.

Castiel sospirò e fece per avvicinarsi a me, sorridendo. Facendo appello alle mie forze, riuscii ad alzarmi e andargli incontro. L'angelo sgranò gli occhi e li chiuse all'istante, barcollando in avanti. In un attimo gli fui accanto e cercai di reggerlo, ma le gambe cominciarono a tremarmi e rovinammo entrambi a terra.

« Castiel, che succede? » domandai, allarmata.

Sembrò prendere un lungo respiro prima di riaprire gli occhi. Il blu cobalto dei suoi occhi si fece più scuro.

« Spero di farcela... » sussurrò e in un attimo sentii come uno strappò.

Eravamo volati via.

 

Tornati a casa, feci sdraiare Castiel sul letto. L'angelo chiuse gli occhi all'istante, come se si fosse addormentato.

Corsi in bagno e trovai il beautycase con tutti i medicinali che avevo. Presi del disinfettante e delle garze e tornai da Castiel. Mi arrampicai sul letto vicino a lui e con le mani tremanti, gli aprii la camicia per poter vedere il taglio. Sanguinava... era una ferita profonda. Lo sentii ridacchiare « Uno non si può stendere al letto che ti strappano subito i vestiti di dosso » La voce era lievemente rotta da dolore che la ferita gli procurava. Stetti al gioco.

« Mi dispiace, ma sei così sexy che non vedevo l'ora di farlo » ridacchiai in modo amaro. Vidi il volto di Castiel rilassarsi per mezzo secondo, poi contrarsi nuovamente.

Bagnai un paio di garze con il disinfettante e tamponai con delicatezza sulle ferite dell'angelo. Castiel ebbe un sussulto e lo vidi afferrare con forza le lenzuola del letto.

« Aspetta, ho quasi finito » dissi, mentre stringevo i denti davanti alla ferita. Sentire il suo dolore era un'esperienza atroce, ma dovevo disinfetterla, altrimenti si sarebbe potuta infettare.

« Chi ti ha fatto questo? » domandai per sviare la sua attenzione dal dolore.

Strinse i denti mentre io tamponavo ancora.

« Naomi... abbiamo combattuto e stava per avere la meglio... » il suo respiro accellerò « Mi ha colpito con la spada angelica ma sono riuscito a mandarla via » biascicò.

« Come hai fatto con Zaccaria? » domandai e lui annuì debolmente.

La ferita sotto le mie mani cominciò a rimarginarsi.

« Se veniamo colpiti con quel pugnale, impieghiamo più tempo a guarire » mormorò con un grugnito. Dopo poco, il sangue si fermò e la ferita si assottigliò, fino a diventare solo una linea rossa sul torace dell'angelo.

« Comunque, che voleva Naomi da te? » domanda, incuriosita e scossa dagli eventi della giornata.

Sul volto dell'angelo comparve una smorfia.

« Più o meno quello che Zaccaria voleva da te... anche se a me ha dato una scelta »

Il mio cuore mancò un battito « Quale scelta? »

« Se stare con loro o con te... ma credo di aver capito perché vogliono ucciderti » fece una breve pausa. Non dissi niente, tesa come mi sentivo, così proseguì « Ti avevo detto che l'amore tra un angelo e un umano è proibito... ma non immaginavo arrivassero ad uccidere i disertori » mormorò.

Disertori.

Eravamo questo per gli angeli.

Eppure, non ero certa che fosse quella la reale motivazione. Malgrado lo stordimento, Zaccaria non sembrava far riferimento al mio rapporto con l'angelo, ma anche lui mi aveva chiamato "disertore".

Mi si strinse il cuore. Naomi aveva fatto scegliere a Castiel tra me e loro. E lui aveva scelto me.

« Ma loro mi volevano morta ancora prima che ci conoscessimo » mormorai con voce strozzata.

Castiel aggrottò la fronte « Già... hai ragione »

Improvvisamente mi balzarono alla mente le parole di Zaccaria. Secondo quell'angelo avrei dovuto sapere perché meritavo la morte... era una decisione presa da chi era più in alto di lui. Venni percorsa dai brividi.

Scelsi di non riferire le parole di Zaccaria a Castiel. Forse avevo paura... paura che capisse qualcosa che a me sfuggiva. Temevo che le parole di quell'angelo potessero in qualche modo allontanarlo da me. Era un pensiero stupido e incoscente, ma in quel momento decisi di tacere. Focalizzai l'attenzione sulle altre parole di Zaccaria. Qualcosa nel mio passato aveva decretato la mia condanna a morte. Il problema era sapere cosa. Sentivo che i nodi stavano per essere sciolti. Nel puzzle di questo intero casino mancavano solo pochi tasselli. Cercai di ritornare indietro con la mente, scavando in qualche ricordo lontano. Eppure, la mia mente sembrava come annebbiata, sfocata. Scossi la testa, incolpando la stanchezza e lo stress degli ultimi giorni.

Facendo finta di niente, sorrisi e gli accarezzai i capelli, soffici e arruffati.

Castiel sospirò, sollevato. Chiuse gli occhi e affondò la testa nel cuscino.

«Ti ho mai detto quanto adori i cuscini? Sono così morbidi » disse, compiaciuto.

Sorrisi. Sì, il mio strano angelo era tornato.

 

 

 

*
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
*

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Spero di aver creato un po' di "suspance" con questo capitolo. Spero anche di aver reso Zaccaria IC, ho ripreso anche una citazione dalla serie. Nel prossimo capitolo tornano Sam & Dean! Probabilmente il capitolo 8 sarà uno dei più importanti della storia. Ringrazio tutti quelli che seguono e recensiscono questa storia, vi voglio bene!

Ora vi lascio,

Un abbraccio,

Ladyvampiretta

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La scelta di Castiel ***


Nota: Probabile linguaggio "colorito" da parte di Dean.

 

 

 

LA SCELTA DI CASTIEL

 

Una sera, cominciai a prepararmi la cena nella nuova casa. Optai per un panino, un pasto leggero e veloce. Rimasi incuriosita dal fatto che Castiel non fosse con me, eppure fino a qualche minuti prima era rimasto a leggere dei libri in cucina.

Mi faceva sorridere la nostra quotidianietà. Saremo potuti apparire come una normale coppia agli occhi del mondo. Se solo avessero saputo la verità...

Cominciai a cercare l'angelo per tutta la casa. Per quanto fosse remota la possibilità, bussai anche alla porta del bagno, ma niente.

Sconfortata, pensai seriamente di chiamarlo, per lo meno per sapere che fine avesse fatto. Passai davanti ad una delle finestre e lo vidi seduto fuori sugli scalini della veranda.

Incuriosita, uscii nella fredda aria invernale e mi sedetti accanto a lui.

Castiel stava fissando il cielo e sobbalzò quando gli fui vicino. Mi sorrise tristemente.

« Che fai qua fuori? Fa freddo per te » disse.

« Anche per te » risposi. Seguii il suo sguardo, tornato al cielo.

« Ti mancano? » chiesi, con una nota di tristezza nella voce. Potevo capire come Castiel si sentisse. Dopotutto, era rimasto per tanto tempo con me sulla terra e il Paradiso, insieme ai suoi fratelli, dovevano mancargli molto, malgrado non avessero tutti queste buone intenzioni. Forse qualcuno che dalla sua parte c'era ancora.

Mi si strinse il cuore al pensiero di quanto questo potesse ferirlo.

« Un po' » confermò con un sorriso amaro.

Mi avvicinai ancora di più a lui e gli posai la testa sulla spalla. Un braccio di Castiel mi avvolse immediatamente, tenendomi ancora più vicina a se'. Rimanemmo per un po' a guardare le stelle che punteggiavano il cielo. Ci fu una folata di vento e rabbrividii.

L'angelo lo notò. Lasciò la presa sul mio fianco e si allontanò di qualche centimetro. Un po' ferita da quel gesto, feci per ribattere, ma Castiel si tolse una manica del trench e con la mano libera mi attirò nuovamente a se'.

« Indossala » mi sorrise e feci quanto mi aveva detto. Il trench riusciva a coprirci entrambi. Con quello addosso, il freddo sembrò scomparire, accompagnato da un dolce tepore che mi avvolse e per un istante si fece strada in me il ricordo delle sue ali.

Le sue magnifiche ali.

« Sai » cominciai « ... credo di aver visto le tue ali una volta ». Castiel parve sorpreso e confuso. Inclinò la testa di lato.

« Non credo, non te le ho mai mostrate... anche perché i tuoi occhi brucerebbero » e rabbrivì al pensiero.

« No, penso di averle viste... una sera » affermai, convinta.

Castiel scosse la testa « No »

« Beh, fai una prova, mostramele » dissi, risentita dal suo tono severo.

« No » disse deciso « Non correrò il rischio di ucciderti » sibilò.

Gli lanciai un'occhiataccia. Ero sempre più convita che quello che avevo visto non fosse il frutto della mia immaginaizione. Mi infastidiva il fatto che non mi credesse.

« Allora facciamo così: io ti racconto quello che ho visto e tu mi dici se corrisponde alla realtà » cercai di arrivare ad un accordo. Castiel mi rivolse uno sguardo sciettico, ma non si oppose. Io, però, mi persi per qualche istante nei suoi occhi.

« Ehi? Allora? » mi punzecchiò, divertito e al contempo preoccupato. Mi ridestai all'istante e gli raccontai tutto quello che ricordavo.

Dall'espressione che assunse, capii che avevo visto davvero le sue ali.

« E... le hai anche... toccate? » mormorò, in imbarazzo. Rimasi quasi sbalordita. Non lo avevo mai visto arrossire.

Annuii piano. Dal suo tono di voce, mi sentii pervadere dal senso di colpa. Magari non si poteva fare e avevo combinato qualche guaio. Abbassai la testa.

« Mi dispiace... non dovevo » sussurrai, piena di vergogna.

Castiel fece una mezza risata, guardando un punto imprecisato verso ovest.

« Ecco perché » scosse la testa, imbarazzato e divertito al contempo.

Lo guardai confusa.

L'angelo spostò lo sguardo su di me e mi sfiorò il profilo della mandibola con il naso. Venni percorsa da un'ondata di eccitazione.

« Cosa provi? » domandò con voce suadente.

Degluttii. Quando faceva così non potevo proprio resistergli.

« Desiderio... eccitazione... ti voglio, adesso » confessai, mentre mi impossessavo delle sue labbra con un bacio carico di desiderio. Lui rispose al bacio, stuzzicando la mia lingua con la sua. Il bacio, però, durò poco. Si tirò indietro e mi fissò negli occhi.

« Quella notte, durante il sonno, avevo avvertito qualcosa di simile a ciò che hai appena descritto » sorrise, imbarazzato « Ora so perché » e posò nuovamente le sue labbra sulle mie.

« Quindi... » mormorai, esitante « Se ti tocco le ali... ti ecciti? » chiesi, imbarazzata dall'argomento.

Castiel annuì, abbassando lo sguardo con un sorriso. A quanto pare, entrambi eravamo un po' a disagio. Prese un lungo respiro e si alzò in piedi. Rimasi decisamente allibita mentre si toglieva il trench e si slacciava la camicia. Abbandonò gli indumenti in terra.

Rabbrividii nel vederlo così... esposto al vento gelido, ma rimasi a fissare il suo corpo bianco e perfetto, beandomi di tanta bellezza.

Chiuse gli occhi e sembrò concentrarsi. Le sue spalle si rilassarono e cominciò a respirare in modo profondo.

Dalla sua schiena comparvero due ali bianche come la neve. Partivano dalle scapole e arrivavano a sfiorare il pavimento. Drizzò le spalle e le ali si spalancarono.

Era uno spettacolo magnifico, semplice ma potente al contempo.

Un'esplosione di luce e di magnificenza.

Riconobbi le piume più alte rifinite d'oro e sorrisi a quelle inferiori, più piccole e arruffate. Castiel sembrò stiracchiarle con un gemito basso. Le ali si aprirono in tutta la loro grandezza. Ogni arto piumato superava i tre metri di lunghezza. Rimasi a bocca aperta davanti a tale bellezza. Castiel occupava tutto il panorama con le sue ali. E non c'era niente al mondo paragonabile a ciò.

Tutto, nel suo corpo, irradiava bellezza.

Le sue ali brillavano come i raggi del sole nella notte.

Le piegò leggermente e tornò a sedersi, avvolgendomi con un'ala e avvicinandomi a se'. Fu come essere avvolta da un piumone morbidissimo e in un attimo mi sentii rilassata e... a casa.

Il mio corpo venne investito da un'ondata di calore che sembrava provenire dalle piume stesse. Ne sfiorai una e Castiel ugiolò. Sorrisi dentro di me.

Continuai ad accerezzarle per un'infinità e queste sembravano brillare sempre di più.

« Se continui così, mi ucciderai » ridacchiò. Smisi all'istante e lui si appoggiò su di me.

« No, ripensandoci, continua » sussurrò. Gli sorrisi dolcemente e ripresi a sfiorarle, quasi intimorita di poterle "rompere". Sembravano fatte di cristallo.

Dopo un po' sentii il braccio indolenzito, così smisi. Castiel ripiegò le ali e queste sparirono. Appoggiò la testa alle mie ginocchia e tornò a fissare il cielo. Restammo in silenzio per un paio di minuti, poi l'angelo si alzò di scatto, facendomi sobbalzare. Si voltò verso di me e mi guardò negli occhi.

« Ho preso una decisione » annunciò, teso.

« Cioè? »

Castiel fece un lungo respiro « Voglio diventare umano »

 

 

Strabuzzai gli occhi. « Umano? » sillabai.

L'angelo mi guardo, deciso « Sì, umano, come te »

il mio cuore perse un battito « Così, di punto in bianco? Perché? »

Castiel sembrò incredulo « Come "perché"? »

« Non capisco... » confessai, guardandolo, incuriosita. « Perché una creatura magnifica come te » e così dicendo lo indicai « Vuole diventare il casino di nevrosi come me? »

Non riuscivo a capacitarmi delle sue parole. Lui, un angelo, una creatura celeste, voleva abbassarsi al mio livello. "Buttar via" tanta magnificenza per diventare un umano mi sembrava una cosa abominevole.

Castiel prese le mie mani tra le sue « Voglio essere un casino di nevrosi con te » sussurrò, abbozzando un sorriso.

Avvampai di rossore.

« Ma... così perderai tutto » sussurrai. Non sapevo come dissuaderlo. Mi sentivo in colpa per averlo indotto a pensare di "cadere".

« O acquisterò tutto, dipende dai punti di vista » mormorò, sfiorandomi le dita con le labbra. Repressi un fremito.

Sorrise e quel semplice gesto mi sembrò il più puro del mondo.

« E le tue ali? Castiel, devi pensarci bene » dissi.

« E' un po' che ci penso... ormai credo di aver deciso » rispose, imbronciandosi.

Non sapevo cosa rispondere. Certo, magari si aspettava una mia reazione diversa, ma la sua scelta mi metteva a disagio.

« Quindi diventeresti un caduto? » domandai, esitante. Ero ancora un po' scossa dalle sue parole.

Castiel annuì.

« Che succede quando un angelo cade? »

Lui rimase impassibile « Ci sono due modi per cadere: essere cacciati da Dio, ma in quel caso si finisce dritti all'Inferno, oppure cadere per scelta » raccontò «Quando un angelo cade, la sua Grazia si "strappa", cadendo con il padrone. Ne rimane forse una scintilla attaccata all'angelo, ma alla fine, quest'ultimo non può più essere individuato dai radar angelici » continuò.

« Quindi la Grazia è come un'insegna » conclusi e Castiel fece segno di "sì" con la testa.

« Se io perdessi la mia Grazia, potremmo andarcene e vivere senza essere più rintracciati dagli angeli, non sarebbe grandioso? » domandò in modo retorico. Sembrava estasiato da questa nuova prospettiva. Io ne avevo paura.

 

Per tutto il giorno seguente mi sentii strana. Castiel avrebbe rinunciato ai suoi fratelli, alle sue ali, al suo essere angelo... per me. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che qualcuno fosse disposto a tanto.

"E se lui diventasse umano e le cose tra di voi andassero male?" mi sussurrò una vocina interna. E aveva ragione.

Il sacrificio di Castiel mi sembrava una cosa troppo grande da affrontare. Certo, non riuscivo ad immaginare l'angelo fare una cosa tanto grave da indurmi a lasciarlo o viceversa, ma era pur sempre una possibilità. Nella mia mente si affollarono immagini di lui che mi rinfacciava il fatto di esser diventato umano per me.

Gli occhi cominciarono a bruciarmi, così pensai di distrarmi leggendo un libro.

Nella mente mi passarono anche le immagini di un vecchio film che avevo visto diversi anni fa.

"Sì, devo farlo vedere anche a Castiel" pensai, con un groppo alla gola. Per quanto lo amassi, non riuscivo ad accettare una cosa del genere, quindi volevo dissuaderlo in qualche modo.

Il senso di colpa mi stava schiacciando.

Mentre Castiel era fuori per aiutare in qualche caso i fratelli Winchester, io presi la macchina e guidai fino alla videoteca più vicina, dove presi in prestito il film "La città degli angeli". Quando tornò, lo convinsi a sedersi sul divano a guardare quel film con me. Incuriosito dal titolo, Castiel non obiettò e non disse nulla per tutta la durata del film. Lui fissava lo schermo, rapito dal dvd, mentre io mi concentravo sulle sue reazioni, senza staccargli gli occhi di dosso.

Quando il film finì, Castiel mi guardò, preoccupato.

« Volevi dirmi qualcosa con questo film? ». Nella sua voce c'era una nota di durezza.

Annuii piano, preoccupata dalla sua reazione.

« Castiel, tu lo sai che ti amo, ma... ho paura per quello che potrebbe accaderci dopo » confessai « E se ti ammalassi? O se io morissi? Non ce la farei a convivere con il fatto di averti causato del dolore ».

Il suo viso sembrò rilassarsi. Mi sorrise e i suoi occhi vennero attraversati da una strana luce.

« Cosa hai detto? » domandò, eccitato.

Lo guardai, perplessa.

« Vuoi che ti ripeta tutto il discorso sulla sofferenza? »

Castiel scosse la testa « La parte iniziale »

Mi passai l'indice sul mento. Cosa gli avevo detto? Mentalmente ripassai il discorso appena fatto e capii. Il mio cuore cominciò a battere velocemnte.

« Ops... »

Castiel mi si fece più vicino « Hai detto che mi ami » sussurrò.

Il suo odore mi avvolse e le mie facoltà mentali andarono a farsi benedire.

« E' per questo che voglio diventare umano » sussurrò, prima di appoggiare le labbra alle mie.

 

*

« Devi dirlo a Sam e Dean » affermai per l'ennesima volta, quel giorno.

« No! » era la continua risposta secca di Castiel. Il più delle volte, dopo quel "no", volava via. Lo faceva quando non voleva affrontare direttamente qualche argomento. Quella volta, per fortuna, rimase.

« Ma perché "no"? Hai detto tu stesso che sono la tua famiglia, penso vogliamo essere informati del fatto che il loro angelo voglia diventare umano » ribattei con fermezza.

Doveva dirglielo, non poteva nasconderglielo. Ma l'angelo era testardo e probabilmente non si sentiva pronto per quel passo.

« Se Dean decidesse di diventare un angelo, tu non vorresti saperlo prima del fatto compiuto? » chiesi.

Fece una mezza risata « Più che altro ne sarei sorpreso, dato che gli umani non possono diventare angeli »

Sbuffai. Era ingestibile a volte.

« Castiel, ti prego! »
« No! »

« Vedremo » borbottai.

 

Un paio di giorni dopo, riuscii a persuaderlo all'incontro con i Winchester. Certo, sudai sette camicie e dovetti assillarlo fino alla morte (si fa per dire), ma alla fine ci riuscii.

I ragazzi erano in un motel nell'Ohio, quindi Castiel volò da loro e io mi aggregai per dargli man forte.

La sua agitazione era palpabile.

Quando comparimmo nella loro stanza, la prima cosa che vidi era Dean con solo indosso un asciugamano intorno alla vita, il suo corpo scolpito era ancora accaldato e imperlato di goccioline. Probabilmente era appena uscito dalla doccia.

Dovetti ringraziare il cielo che Castiel non riuscisse a leggermi nel pensiero, altrimenti mi avrebbe sorpresa a fantasticare sul cacciatore. Sam, invece, era intento a guardare qualcosa al computer.

Appena si accorsero della nostra presenza, sobbalzarono entrambi.

« Dean, puoi vestirti? » lo esortò l'angelo a mo' di "ciao", lanciandogli un'occhiataccia.

Avrei voluto dire che a me non dispiaceva, ma sapevo che l'angelo non l'avrebbe presa bene.

« Buongiorno anche a te, Castiel » ribattè ironico il ragazzo che cominciò a cercare in un armadio dei vestiti da mettere « Pronti per lo spettacolo? » domandò, mentre tirava fuori dei boxer.

Castiel sbuffò e lo guardo con cipiglio sarcastico.

« No, ha ragione, Dean, non sei un bello spettacolo » disse Sam, indicando al fratello il bagno.

Sbuffando, il maggiore dei Winchester si andò a cambiare nella stanza adiacente. Noi tre rimanemmo a fissarci per tutto il tempo in cui il ragazzo si vestì.

Una volta uscito dal bagno, Dean sorrise all'angelo e mi fece l'occhiolino.

« Bene, ragazzi, a cosa dobbiamo la vostra visita? » domandò il ragazzo, prendendo delle birre dal frigo. Ne porse una a testa, ma io e l'angelo rifiutammo. Eravamo troppo nervosi.

Castiel mi strinse forte la mano e guardò negli occhi Dean. Lasciò la presa su di me e avanzò di un passo.

« Quanto sei serio, Jack! » ironizzò il ragazzo « State progettando l'affondamento del Titanic? » chiese, prendendo un sorso della sua birra.

« Ho deciso di smettere di essere un angelo » dichiarò Castiel con voce atona e autoritaria. Sam e Dean, colti di sorpresa, sputacchiarono la birra che era andata loro di traverso.

« Stai scherzando? »

« Ma che cazzo dici, coglione piumato? »

Le spalle dell'angelo divennero rigide. Abbassò per un attimo lo sguardo. Le sue labbra erano diventare una linea sottile quando alzò nuovamente la testa.

« Ho preso la mia decisione, volevo solo informarvi » e diede loro le spalle, pronto a volare via.

Dean scattò in avanti « Ehi, ehi, amico, andiamoci piano, come sarebbe a dire che vuoi smettere di essere un angelo?! Hai sniffato un po' di mirra? Ti sei bevuto il cervello? » tuonò Dean, scaricando tutta la sua rabbia su Castiel.

« Non parlarmi così » ringhiò in risposta l'angelo.

Dean sembrò colpito dalla freddezza dell'amico, ma non indietreggiò.

Il suo sguardo cadde su di me « E' per lei? Eh? È per lei che mandi tutto a puttane? » sbraitò, indicandomi « E' per lei che esci di scena? Bravo, bravo! » e lo applaudì, ironico.

« Non è una cosa che ti riguarda » rispose a denti stretti.

Dean strinse gli occhi, forse ferito dal tono dell'amico « Ottima scelta, Castiel! Sai che c'è? Me ne lavo le mani, manda a puttane la tua vita! Ma non tornare da noi strisciando quando quella ti mollerà e tu rimarrai uno stupido umano! » e così dicendo, andò in bagno e si sbatté la porta alle spalle.

Per un attimo pensai che Castiel lo avrebbe seguito per picchiarlo, ma per fortuna non fu così.

Le urla di Dean mi avevano fatto raggelare. Mi ero sentita piccola piccola, impotente difronte a tanta furia. Cominciai a tremare, ma non dissi nulla. Ero troppo scossa.

Un attimo dopo, Castiel non c'era più.

Era volato via, lasciandomi con i Winchester.

Sapevo perché se ne fosse andato. Era sempre stato un tipo permaloso, ma questa volta era diverso. Il comportamento di Dean lo aveva ferito, nel profondo.

Sam mi si avvicinò, sfoderando un sorriso rassicurante « Non ti preoccupare, Dean non è cattivo, ma... la scelta di Castiel ci ha un po' scossi, siamo anche un po' stressati e... »

« Non è un buon motivo per rovesciargli addosso tutta quella furia! » ribattei, rossa di rabbia mentre gli occhi mi diventavano lucidi.

Sam sospirò. Mi diede un buffetto sulla testa e tornò al computer.

Uno sbattito d'ali.

Mi voltai e Castiel era di nuovo lì con noi. Mi sfiorò la spalla.

« Sam, dì a tuo fratello che è la mia vita e le mie scelte... sono un angelo e decido io le mie battaglie ». Prima che il ragazzo potesse rispondere, eravamo già volati via.

 

Castiel si chiuse in se stesso per diversi giorni. Non parlavamo più, infuriato com'era sulla reazione di Dean.

Le sue labbra erano costantemente una linea sottile e gli occhi mandavano scintille.

"Se gli sguardi potessero uccidere..."

Passava le serate fuori, in veranda, a guardare le stelle. Non faceva altro che sospirare.

Una sera, non potendone più della sua chiusura in se stesso, decisi di affrontarlo.

« Ehi, se ci hai ripensato, non ti preoccupare, non me la prendo » dissi, sedendomi accanto a lui e prendendogli la mano poggiata sul ginocchio.

Castiel sorrise tristemente.

« No, non ci ho ripensato, voglio davvero una vita umana con te, ma... » lasciò il discorso in sospeso.

Annuii « Volevi la loro approvazione » conclusi per lui.

L'angelo sospirò.

Gli accarezzai un braccio « Stai tranquillo... magari adesso non la prendono bene, ma capiranno prima o poi ».

Castiel annuì, accennando un sorriso sconfortato.

« Speriamo... »

Tornò a guardare il cielo.

« Ho intenzione di iniziare domani » mormorò, atono.

« Come? Sai già come fare? » chiesi, incuriosita.

"Aveva già programmato tutto?"

« Certo » sorrise « Dobbiamo parlare con Menea » asserì.

 

« Menea è il primo angelo "caduto per sua scelta" » disse, mimando le virgolette.

« E dove si trova questo Menea? »

Il volto di Castiel si contrasse in una smorfia « E' questo il punto, nessun angelo lo sa »

"Questa storia sta diventando complicata"

Il modo in cui indugiò sulla parola "angelo" mi fece tremare. Non presagiva nulla di buono.

« Hai detto... "nessuno angelo", quindi... »

« Esatto, nessuno angelo, ma forse... » e mi guardò, preoccupato.

Sospirai. Logico, chi altri se non loro?

« Demoni? »

« Esattamente »

"Ok, è la fine"

 

Il giorno seguente, io e Castiel consultammo tutti i libri che l'angelo mi aveva portato alla ricerca di un demone che fosse a conoscenza del "segreto".

« Ma perché Menea non ha rivelato a nessuno il suo nascondiglio? »
« Semplice » disse prontamente l'angelo « Avrà stretto un patto con i demoni, dato che gli altri angeli lo volevano morto »

«Sì, ma non capisco perché lo vogliano uccidere » mormorai, mentre sfogliavo l'ennesima pagina, sopprimendo uno sbadiglio.

« Menea era una sorta di "stregone angelico", solo lui conosceva tutte le formule celesti... il simbolo che ho usato per scacciare Naomi e Zaccaria è una sua invenzione... » raccontò. Nella mia mente riaffiorò l'immagine dell'angelo alto e brizzolato che cercava di strangolarmi. Deglutii, passandomi una mano sul collo.

« E io che pensavo fosse una formula di Dio » borbottai, ironica.

Castiel scosse la testa.

« Sicuramente gli angeli lo vogliono morto perché temono possa aver raccontato qualcosa di troppo ai demoni... Inoltre è un caduto, il che lo rende un peccatore di primo ordine, quindi la taglia sulla sua testa è legittimata » asserì, mentre chiudeva l'ennesimo libro.

<< Ma non avevi detto che la Grazia dei caduti è troppo debole per essere intercettata? >> domandai, confusa.

<< La paura... >> disse solamente, lasciando la frase in sospeso.

Sospirai, stanca.

« Basta per oggi, abbiamo controllato tutti i libri che c'erano in casa e non abbiamo trovato niete... cosa facciamo? » domandai, stropicciandomi gli occhi.

L'angelo mi sorrise dolcemente.

« Voi umani siete di una dolcezza infinita quando avete sonno » sussurrò, al che non potei far altro che avvampare di rossore.

« Sì... beh, grazie, ma... » mormorai, incerta su cosa dire. Castiel e le sue "rivelazioni" mi facevano sempre un certo effetto.

« Faccio un salto da Bobby e mi faccio prestare qualche libro » annunciò, alzandosi in piedi. Lo afferrai all'istante per la manica del trench.

« Ma dove vai? Sono le 4 del mattino! »

Castiel inclinò la testa, confuso « E allora? »

Sbuffai « La gente... normale dorme a quest'ora! » Non sapevo chi fosse "Bobby", ma ero quasi certa che non avrebbe gradito una visita dell'angelo a quell'ora.

« Sì, ma io non sono stanco » continuò, spostando la testa sull'altra spalla con la sua solita espressione ingenua infantile. Quando faceva così, mi scoppiava il cuore dalla tenerezza. Ma ero troppo stanca per andare a consolarlo.

« E da quando rientri nella classifica di "persona normale"? » mormorai sbadigliando.

Mi guardò offeso.

« Angelo, tu sei un angelo, non una persona... » mi affrettai a ribattere, « a dirla tutta, arrivata a questo punto, neanche io mi sento una persona normale » borbottai mentre me ne andavo a letto.

« Ma... »

« Niente ma, domani » chiusi il discorso.

 

Al mattino, non appena spuntò il sole, Castiel non esitò un secondo e volò da Bobby.

Senza riuscira a pensare ad altro che non fosse Menea, decisi di andare in biblioteca, nella speranza di trovare qualcosa di utile.

Salii in macchina e feci partire il motore. Con i soldi che avevo da parte non sarei mai riuscita a permettermi una Chevrolet metallizzata, ma eccomi lì, al volante di una di quelle.

Me l'avevano procurata Sam e Dean, dopo un'indagine. Appena il maggiore dei Winchester me l'aveva data, era rimasto a guardarla con ammirazione.

« Visto piccola? Una sorellina » disse con un tono quasi di venerazione, rivolto alla sua macchina e ammiccando a quella mia. Già, perché il "piccola" non era riferito a me, ma alla sua Chevrolet Impala del 67.

Quella che guidavo io era certamente un'auto rubata, ma non potevo farne una questione morale. Tra angeli e demoni, di certo non potevo preoccuparmi per un furto, tanto meno che non avevo commesso io.

Appena sentii ruggire il motore, squillò il mio telefonino. Erano diverse settimane che non sentivo nessuno ed ero certa che Castiel non ne sapesse usare uno.

"Ma chi mi chiama?" pensai, guardando il numero che compariva sullo schermo.

« Pronto? » dissi, esitante.

« Layla, sono Dean »

Rimasi in silenzio, mentre il mio cuore mancava un battito.

Il ragazzo lasciò che l'informazione fluttuasse nell'aria per qualche secondo.

« Dean... » non sapevo cosa dire. Mi aspettavo il seguito della sua sfuriata di qualche giorno prima, ma il suo tono di voce sembrava rassegnato.

« Senti, ti devo delle scuse » mormorò, titubante.

Non dissi nulla, così proseguì.

« Mi dispiace per come mi sono comportato l'altra volta... ti ho aggredita e tu non c'entravi niente. Sono un po' sotto pressione ultimamente e ho sbagliato a prendermela con te e con Castiel... è la vostra vita e io non c'entro niente » si scusò. Durante la confessione, la voce gli mancò un paio di volte, tanto che fui io stessa a sentire un groppo alla gola.

« Dean, non so che dire... ho convinto io Castiel a venire da voi per parlarvene, mi sento in colpa... lui cercava solo un po' di comprensione e io so quanto voi due siate importanti nella sua vita... soprattutto tu » mormorai, prendendo un bel respiro.

« Castiel non voleva dircelo? » domandò, confuso.

« No » confermai « Credo sapesse già che non avresti reagito bene »

« Figlio di puttana piumato! » mormorò con il suo solito tono strafottente.

Degluttii « Cass tiene davvero a voi, vedere come hai riversato il tuo odio su di lui lo ha destabilizzato ». Pensai al suo sguardo assente e alla sua espressione accigliata dei giorni dopo l'incontro con i fratelli Winchester e venni percorsa da un senso di claustrofobia.

« Sì, ma per noi è sempre stata una figura importante che correva in nostro soccorso e rimediava ai nostri casini » continuò. sconfortato.

« Ma non morirà mica! » mi alterai « Credi che da essere umano non potrà più fare tutte quelle cose che non fa già? » domandai, ma mi pentii all'istante di averlo fatto. Sapevo la risposta.

Dean non rispose, accrogendosi probabilmente che avevo sbagliato domanda, ma non me lo fece presente.

Castiel non sarebbe più riuscito a volare da loro, non avrebbe più esorcizzato i demoni con la sola imposizione delle mani e non sarebbe più riuscito a curarli. Sarebbe stato solo un cacciatore, se avesse deciso di continuare per quella strada.

« Castiel è lì con te? » domandò risoluto, cambiando discorso.

Scossi il capo pur sapendo che non poteva vedermi.

« No, è andato da un certo Bobby mi sembra, ma non so chi sia »

Sentii ridacchiare dall'altra parte della cornetta « Non ti preoccupare, è un tipo apposto » affermò « è come un secondo padre per me e per Sammy »

Sospirai di sollievo « Almeno non si è cacciato nei guai » dissi ad alta voce con una nota di ironia.

Dean ridacchiò ancora « Ne sono sicuro... Bobby è un tipo burbero e irrascibile ma ha un gran cuore » disse, orgoglioso.

Sorrisi.

« A presto Dean »

« Layla, scusami ancora... fai le mie scuse anche a Castiel quando lo vedi e...se ha voglia di parlarmi, sa dove sono » mormorò con voce incerta.

« Lo farò, un bacio »

« Ciao Layla » e riagganciò.

 

 

*
Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.
*

 

 

Angolo dell'autrice:

Allora, per prima cosa, mettete giù pomodori e verdure varie. Possono immaginare la sequela di insulti che mi arriverà dopo che avrete letto l'idea di Castiel di diventare umano. Credo che non pochi avranno la reazione iniziale di Dean. Tranquilli, mettete tutto a posto e parliamone civilmente...!

Ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono "Bright Lights".

Grazie a tutti, davvero. Mi dedicate del tempo e non è poco.

(piccolo spoiler: nel prossimo capitolo farà la sua comparsa Crowley in persona!)

A presto!

Ladyvampiretta

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** L'accordo con Crowley ***


L'ACCORDO CON CROWLEY


Castiel tornò a casa con il volto contratto in una smorfia, infastidito.

« Niente, è assurdo! Ero certo che su qualche libro ci fosse scritto come rintracciare Menea o chi ne fosse a conoscenza » sbuffò, facendo volteggiare il trench.

Io gli sorrisi « Per tua fortuna io ho trovato qualcosa » dissi, mentre tiravo fuori dalla mia borsa un enorme libro. Il tomo aveva la copertina di pelle rossa, dove i caratteri del titolo sembravano scavati con le unghie.

L'angelo mi si avvicinò, curioso, studiando la copertina.

« Occultismo » risposi alla sua domanda inespressa con una smorfia « Non ti dico come mi ha guardata la bibliotecaria... » aggiunsi, sopprimendo un brivido.

Avevo fatto una piega alla pagina che ci interessava, così lo aprii velocemente e mostrai il titolo a Castiel.

Non sembrava abbastanza sorpreso.

« Crowley? » domandò e io annuii.

« Sì, Crowley, il demone degli incroci »

Cass scosse la testa « Non è più il demone degli incroci da anni... adesso è il Re dell'Inferno ».

Sgranai gli occhi. Non c'era alcun disegno, ma dal tono di voce preoccupato di Castiel, intuii che forse non era una poi così buona idea.

« Quindi è Lucifero? Ok, lasciamo perdere » mormorai. La gola mi si era seccata all'istante. Una cosa era trasformare un angelo in umano, un'altra era trovarmi al cospetto del Diavolo stesso.

"No, no, no, non devi neanche pensare di provarci!" mi autoammonii. Venni percorsa da brividi di paura.

L'angelo scosse la testa « No, non è Lucifero... lui è rinchiuso in una gabbia... Crowley però è temibile quanto lui ». Le sue parole mi feceri venire la pelle d'oca.

L'idea di evocare qualcuno che mi dava la caccia non era poi delle migliori.

Castiel, però, sembrava fiducioso. Io avevo i miei dubbi.

"No, no, no"

« Ti proteggo io... » cercò di rassicurarmi ma senza risultato.

Scossi la testa e mi allacciai le braccia al petto « No, non ci penso proprio »

« Pensi non sia in grado di proteggerti? »

« Non mi fiderei neanche della Lega della Giustizia » asserii, guardando con disgusto il tomo sul tavolo.

Castiel rimase confuso.

« Lega della Giustizia? » domandò, inclinando la testa di lato.

Sospirai. Non potevo pretendere che l'angelo sapesse di cosa parlavo. Gli feci un segno con la mano per dirgli di lasciar perdere.

« Ho già affrontato Crowley in passato... abbiamo anche lavorato insieme... anche se poi ha cercato di uccidermi » continuò, con tranquillità.

"Solo a me sembra che il piano faccia acqua da tutte le parti?"

« Castiel, pensi davvero di evocare il Re dell'Ade solo per farci dire come trovare Menea? Non ti sembra un po' troppo? Già vuole uccidermi, perché rendergli le cose più semplici? » sbraitai con gli occhi fuori dalle orbite. Ad incrementare il mio nervosismo, poi, era la calma irreale di Castiel.

« Comunque... che vuol dire che hai lavorato con lui? » domandai, confusa, riacquistando un briciolo di autocontrollo.

Castiel rimase impassibile « Prima o poi te lo racconterò »

La sua risposta non mi soddisfò, ma non mi opposi ulteriormente.

« Sei sicuro che evocare Crowley ci aiuterà? »

« Ne sono certo »

Ancora incerta, annuii lentamente. Non potevo fidarmi di questo fantomatico Crowley, ma avevo fiducia in Castiel. A malincuore riaprii il libro e lessi il necessario per l'evocazione.

« Allora, per l'incantesimo ci servono un po' di cosucce » dissi, atona. L'angelo mi si fece vicino per leggere anche lui. Scrutò attentamente la pagina, dopodiché si voltò e mi sorrise, soddisfatto.

« Bene, torno tra un'oretta con tutto l'occorrente » e in un batter d'occhio sparì.

Rimasi per un attimo a fissare il punto dove fino a qualche secondo prima c'era lui, per poi tornare in me.

Avevo dei brividi di freddo, sapevo che stavamo facendo uno sbaglio, anche se non sapevo quanto grave. Evocare Crowley era una cosa malsana, sbagliata... dovevo trovare qualcosa che mi tenesse impegnata per non pensarci troppo, così presi dei gessetti e cercai sul libro il pentacolo adatto per l'evocazione.

Era abbastanza complicato da disegnare, ma andava bene: avrei potuto staccare per un po' con la mia razionalità.

Impiegai quasi un'ora per farlo in modo perfetto. Non doveva esserci il minimo sbaglio.

Castiel tornò poco dopo con un paio di sacchetti in mano.

Senza dire una parola, andò in cucina e prese una ciotola scura.

« E quella da dove salta fuori? » domandai, curiosa, indicando l'oggetto.

Alzò le spalle « Era già qui ».

Sospirai.

"Ok, ci siamo"

Presi in mano il libro e indicai all'angelo la sequenza degli ingredienti. Cercai di non badare alle parole che leggevo, altrimenti non sarei più riuscita a vivere con i complessi che mi sarei fatta. Castiel, invece, sembrava impassibile.

Chiusi il libro e l'angelo tirò fuori una scatola di fiammiferi. Ne accese uno e lo lanciò nella ciotola insieme agli ingredienti.

Ci fu un piccolo scoppio bluastro e un forte odore di zolfo.

« Salve ragazzi! » ci accolse una voce alle nostre spalle. Era bassa e profonda, quasi sensuale.

Mi voltai di scatto e il mio cuore perse un battito per la paura. Castiel, invece, non si sorprese minimamente, anzi, si girò con calma.

« Crowley » lo salutò con una tranquillità che tradiva un pizzico di odio.

« Ma guarda chi c'è! L'angelo che volevo uccidere! » ridacchiò, avanzando di un passo.

Era di poco più basso di Castiel e indossava un completo classico scuro. Aveva la barda di qualche giorno, occhi scuri e vispi. I capelli erano scuri, lasciando la fronte alza e spaziosa scoperta.

Spostò lo sguardo su di me « Tu devi essere Layla » e fece una mezza riverenza «Incantato, dolcezza ».

« Piacere » sibillai, con una paura crescente che si faceva strada in me.

Crowley si guardò intorno, come se il fatto di averlo evocato non lo avesse infastidito minimamente. Lanciò un sguardo alla poltrona vicino al tavolo e ci si sedette comodamente, iniziando a tamburellare le dita sui braccioli. I suoi occhi saettavano da me all'angelo.

La sua calma irreale mi innervosiva.

« Prima di discutere, mi offrite qualcosa di forte? All'inferno non vendono alcolici » mormorò, contrariato.

Feci per andare al frigo a prendere una birra come richiesto, ma Crowley mi fermò.

« No, vai tu a prendermi una birra » disse, con un sorriso maligno in volto, indicando Castiel.

Rabbrividii. Il demone voleva restare da solo... con me?

« Neanche per sogno! » ringhiò l'angelo, spalancando improvvisamente le stupefacenti ali fino a coprirmi del tutto dalla vista del Re dell'Inferno.

Davanti ai miei occhi si parò uno spettacolo di piume dai colori brillanti. Eppure ero certa che se avessi provato anche solo a sfiorarne una, mi sarei tagliata. Erano bellissime e minacciose al contempo. Fendevano l'aria con movimenti microscopici ma violenti, come a confermare il fatto che l'angelo avesse perso la pazienza. Arretrai fino a toccare con le spalle la parete della stanza.

« Dai Castiel, un po' di fiducia. Non credi che se l'avessi davvero voluta morta, lei ora non sarebbe qui? » chiese Crowley, annoiato.

« NO! » ringhiò ancora il mio angelo. Le ali sbatterono una volta, violente.

Degluttii. Era una situazione statica e non ne saremmo usciti, ne ero certa.

« Vai... sto io con lui » dissi, titubante, ritrovando la voce.

Le ali fendettero ancora l'aria. Castiel si voltò di scatto verso di me, con gli occhi sgranati.

« Che hai detto? Sei impazzita? » sibillò, incredulo.

Lo squadrai, degluttendo.

« Vai » sussurrai, indicandogli la cucina. Castiel ritrasse le ali all'istante e mi lanciò un'occhiataccia.

« Io non ti lascio sola con lui! ». Con il solo sguardo avrebbe potuto incenerirmi.

Il suo comportamento mi innervosì, facendomi quasi tremare dalla paura.

"Per fortuna so che lo fa per il mio bene"

« Allora fai veloce » risposi con veemenza, stringendo i pugni lungo i fianchi. Restammo a guardarci in cagnesco per qualche secondo, ma fui io la prima ad abbassare lo sguardo. I suoi occhi mi colpivano sempre nel profondo.

« Ti prego » lo supplicai. L'angelo strinse i denti.

« Sta attento a te, Crowley » sputò tra i denti, lanciando uno sguardo omicida al re dell'Ade.

Lui alzò le spalle con fare innocente.

« Ghiacciata, grazie » rispose, con un mezzo sorriso mentre l'angelo spariva dal salone.

Crowley si sistemò meglio sulla poltrona.

« Perché non ti siedi? Mi metti in difficoltà se rimani lì » disse ironico, indicandomi una sedia. Io alzai lo sguardo e un attimo dopo, qualcosa mi colpì il retro delle ginocchia, costringendomi a piegarle. Sobbalzai, immaginando di cadere, ma ciò non accadde. La sedia sembrava essere avanzata come per magia, costringendomi a sedere.

« Ok, ora possiamo parlare » disse, con un sorriso maligno « Non è un po' azzardato evocare chi vuole avere la tua vita? » domandò.

Sbiancai. I miei dubbi divennero realtà.

Crowley però sembrò interessarsi subito a qualcos'altro.

« Vedo che tra te e l'angioletto c'è un bel feeling »

Non risposi e lui interpretò il mio come un tacito assenso.

« Non lo avevo mai visto così protettivo nei confronti di qualcuno, neanche dei Winchester »

« Perché i tuoi demoni vogliono uccidermi? » domandai, tagliente. Il fatto che quel mostro cercasse di fare conversazione mi infastidiva.

Crowley ridacchiò « Sono un sadico ». Probabilmente notò il mio pallore « Ho le mie motivazione, ma non voglio ucciderti, per il momento » disse, indugiando sull'ultima parola.

Degluttii. Era un sadico... si divertiva nel vedermi soffrire. Ma perché?

Si sfregò le mani « Appena Castiel ritorna, sono pronto per il nostro accordo ». Ci fu un fruscio d'ali e Castiel era di nuovo con noi. Si avvicinò a me, stringendo con tanta forza lo schienale di legno della sedia da lasciare dei piccoli solchi. Lanciò la bottiglia di birra a Crowley e questi la afferrò al volo. La scrutò con attenzione.

« Non è la mia marca preferita, ma meglio di niente » disse, facendo il broncio.

Mi morsi la lingua per evitare qualche velenosa provocazione. Avevo in mente qualche "dolce" insulto, ma non potevo dar sfogo alla mia impulsività.

Con una schicchera fece saltare il tappo e ne mandò giù una bella sorsata.

« Tutto bene, ragazzi? Vi vedo tesi » disse curioso.

Io rivolsi lo sguardo verso Castiel, ma i suoi occhi erano fissi su Crowley.

« Tu sai dove si trova Menea? » domandò l'angelo a bruciapelo. Il tono era freddo, la sua posizione austera. Aveva assunto il comportamento da soldato di Dio.

Il demone sobbalzò, poi mi guardò con un sorriso ricco di sottintesi.

« Credo di aver capito il motivo della chiamata » asserì, sistemandosi meglio sulla poltrona « Intendi Menea, il custode dei segreti della magia angelica? Certo » affermò con decisione « Ma come ben sai, non posso dirti dove si trova, a meno che... » e lasciò la frase in sospeso, facendo un gesto eloquente con la mano.

« A meno che non ti diamo qualcosa in cambio » finii io per lui.

« Bingo! » esultò, alzandosi in piedi.

Castiel gli si avvicinò « Cosa vuoi in cambio, Crowley? » domandò freddò. Nella sua voce, avvertii un briciolo di paura.

Per un attimo, ebbi come l'impressione che lo sguardo del demone mi avesse sfiorata.

Degluttii, reprimendo un brivido.

« Beh, cosa mi può offrire un angelo come te? Niente che mi possa interessare » e così dicendo, scrollò le braccia. Vidi le spalle di Castiel farsi improvvisamente rigide.

Mi alzai in piedi e li raggiunsi.

« Fai la tua proposta e noi vedremo se accettarla o meno » dissi risoluta, affiancandomi al mio angelo.

"Avremo fatto uno sbaglio ad evocarlo?" pensai, mentre l'attesa mi procurava la pelle d'oca.

Lo sguardo di Crowley si posò su di me con un'intensità tale da farmi sentire piccolissima in confronto a lui.

« Beh, lei mi sembra più ragionevole e disposta ad un accordo » disse il demone, sorridendo all'angelo.

Sgranai gli occhi mentre cominciavo a pentirmi di avergli parlato.

Crowley mi accarezzò con lo sguardo e mi si fece più vicino.

« Per prima cosa, dimmi, perché lo volete incontrare? » mi chiese, abbassandosi e guardandomi negli occhi. La sua voce era così vellutata e sensuale da far saltare un battito al mio cuore.

Le ali di Castiel si spalancarono un'altra volta, coprendomi le spalle. Sentii delle piume sfiorarmi il braccio sinistro.

« Non sono affari che ti riguardano » affermò, con una punta d'acidità.

Il demone si tirò su e lo guardò con fare strafottente.

« Hai la sindrome premestruale, dolcezza? Sto parlando con lei, non con te » disse, socchiudendo gli occhi « Menea è, in un certo senso, sotto la mia protezione, devo sapere se qualcuno è intenzionato ad ucciderlo » asserì.

L'angelo si morse il labbro, in difficoltà.

Gli lanciai un'occhiataccia e lui ritirò immediatamente le ali. Avevamo il coltello dalla parte della lama, non avevamo alcun potere contrattuale con il re dell'Ade. Dovevamo evitare il più possibile di irritarlo... per il nostro bene.

« Castiel, ti prego, siediti » dissi duramente.

L'angelo si voltò e mi guardò, stupito e incredulo al contempo.

Crowley sghignazzò « Sì, Castiel, fa come dice la signora » e la sedia a cui mi aveva costretto di sedere, si materializzò dietro Castiel. Ci rivolse uno sguardo duro, ma fece quanto gli avevo chiesto.

Mi parai di fronte al demone.

« Abbiamo le nostre motivazioni, dobbiamo solo chiedergli un favore, non vogliamo fargli del male, lo giuro » dissi, mettendomi la mano destra sul cuore.

Crowley rise del mio gesto infantile, ma sembrò fidarsi. Si sporse per guardare alle mie spalle, verso l'angelo.

« Visto? Era tanto difficile? C'era bisogno di arrabbiarsi tanto? » domandò retorico.

Mi allacciai le braccia al petto. Non poteva essere così facile.

Il demone riportò l'attenzione su di me.

« Sarò felice di dirvi dove si trova Menea, ma ad una condizione » affermò, guardandomi negli occhi.

Castiel si alzò in piedi e mi si fece vicino. Lo scrutammo entrambi con attenzione.

« E sarebbe? » domandò l'angelo e il demone sorrise, maligno.

Alzò un braccio e mi puntò l'indice contro.

« Tu dovrai venire con me all'Inferno per... » sembrò pensarci su « ... sì, diciamo che 48 ore saranno sufficienti » disse, sorridendo.

Mi si gelò il sangue nelle vene. La testa cominciò a girarmi e mi sentii improvvisamente debole.

Le gambe cominciarono a tremarmi.

Il demone voleva che lo seguissi negl'Inferi in cambio dell'informazione.

48 ore all'Inferno.

Sentii un ringhio basso e feroce partire dal petto di Castiel. L'angelo spalancò immediatamente le ali e mi schiacciò nuovamente contro la parete. Le piume erano diventate nuovamente affilate e taglienti. Alcune si conficcarono nel muro, lasciando profondi solchi. Sembravano più lucenti che mai. Le piume, delineata dal profilo d'orato sembravano tante piccole spade assassine sovrapposte.

L'impatto mi mozzo per un istante il respiro, quel tanto che bastava per farmi riprendere dallo shock.

Castiel ripiegò le piume in avanti, puntando quelle più alte verso Crowley.

« Scordatelo! » disse in un modo che mi spaventò da morire. Non lo avevo mai sentito usare quel tono. Ero certa che se lo avessi visto in faccia, non sarei mai più riuscita ad addormentarmi, tanta sarebbe stata la paura.

Il demone non sembrò sorpreso dalla reazione dell'angelo. Rimase a guardare lo spettacolo facendo un fischio.

« Belle ali, Castiel, ma stiamo contrattando » disse con non curanza. Si alzò sulle punte per scorgermi oltre le piume dell'angelo.

Le ali sembrarono gonfiarsi, occupando gran parte della stanza.

Le gambe presero nuovamente a tremarmi.

Sfiorai le ali dell'angelo, nel tentativo di fargliele ritirare.

« Scordatelo » mormorò con ira, rivolto a me « Non ti lascerò contrattare con lui »

Le sue ali mi oscuravano completamente la visuale. Erano magnifiche come al solito, ma sembravano aver perso tutto il loro consueto calore.

Strinsi i denti per mantenere la calma.

« Castiel, fammi passare! » gli ordinai, ma lui non si mosse.

« No! »

« Fammi passare, ho detto! » insistetti.

Crowley, rimasto in silenzio per tutto il tempo, si schiarì la voce.

« Ragazzi, scusate se vi interrompò... » mormorò, ironico « Ma ho l'Inferno da governare e non posso aspettare che la Bella e la Bestia risolvano le loro controversie, perciò... »

Stavamo perdendo tempo prezioso e Castiel si stava comportando in modo infantile.

Non raccolsi la procovazione del demone ed ero certa che la sua decisione di prendermi e portarmi nell'Ade non fosse negoziabile.

Quanto in basso ero pronta a scendere per avere la mia vita con Castiel? Ero pronta a sacrificarmi per il mio angelo?

"Sì" pensai con decisione, anche se il mio corpo non era dello stesso avviso.

« Fammi passare » sibillai nuovamente, ma questa volta non aspettai un suo rifiuto.

Diedi una spallata alle sue ali. Ero certa che non le avrei minimamente spostate. L'impatto fu lo stesso che spingere una montagna, inutile.

Ma Castiel reagì come mi aspettavo e strinse a se' l'ala più vicina e mi lasciò passare.

Sentii uno strano pizzicolio che si estendeva dalla spalla fino al polso destro. Spostai lo sguardo e vidi il braccio segnato da tanti tagli di varie dimensioni. Il sangue cominciò a fluire dalle ferite, sgocciolando fino alle dita per poi picchiettare sul pavimento.

Quello che inizialmente era un piccolo fastidio divenne un dolore sempre più acuto. Le piume di Castiel erano più taglienti di quanto mi aspettassi.

« Colpo di scena! » ridacchiò Crowley, vedendo il mio braccio martoriato. Dovetti guardare altrove per non svenire. Il sangue, rosso vermiglio, cominciò a darmi il voltastomaco.

Sentii le mani calde dell'angelo accarezzarmi le spalle. Mi voltai nella sua direzione e sorrisi a denti stretti. Il suo volto era una maschera di puro terrore.

« Mi dispiace, io non ... » era pallido e gli occhi erano così profondi da spaventarmi ancora di più. Castiel mi sfiorò il braccio e venni immediatamente invasa da una strana sensazione di calore.

Mi stava curando.

Il dolore cominciò a svanire a poco a poco, mentre le ferite si rimarginavano. Vedevo le mani dell'angelo tremare mentre mi guariva.

Gli occhi gli erano diventati lucidi.

Gli sfiorai il viso con la mano sana « Non è niente » sussurrai, baciandolo sulla guancia.

Castiel, però, sembrava terrorizzato dal fatto di avermi ferito.

« Sentite, se volete me ne vado » mormorò contrariato Crowley, indicando un punto imprecisato alle sue spalle.

Mi voltai verso di lui con lo sguardo duro.

« Penso che la tua richiesta non sia negoziabile, vero? » domandai con il cuore a mille.

Sentivo l'adrenalina in circolo e la rabbia prendere il sopravvento su di me.

« No, dolcezza » rispose, sorridendomi.

Feci un profondo respiro.

« Cosa mi accadrebbe se decidessi di accettare? »

Crowley si passò l'indice sul mento, pensieroso.

« Beh, avrai un assaggio dell'Inferno » poi fece una mezza risata « Ma non posso rivelarti i dettagli, altrimenti che divertimento c'è? »

Rabbrividii al solo pensiero di come un demone potesse divertirsi.

"Ecco cosa voleva dire prima... era sadico perché si sarebbe divertito nel vedermi soffrire"

« Angioletto, questo è per te » sussurrò Crowley. Impallidii e guardai Castiel.

In quel momento mi era tutto più chiaro: i trascorsi dell'angelo e del demone avevano fatto in modo che quest'ultimo sfruttasse la nostra richiesta in qualcosa a suo vantaggio. Torturava me per torturare Castiel.

Il re dell'Inferno abbassò lo sguardo sul suo polso, fingendo di guardare l'ora.

« Bene, vi ho dedicato più tempo del previsto, ora vi lascio nelle mani di Caius, ne discuterete con lui » e così dicendo schioccò le dita.

Accanto a lui comparve un uomo calvo, alto e corpulento. Aveva il naso a patata e gli occhi erano neri e lattiginosi. Il demone indossava una maglietta lacera e dei jeans strappati. C'erano anche delle preoccupanti macchie scure sui suoi vestiti.

Ebbi un fremito di paura. Quell'essere avrebbe potuto schiacciarmi come una formica con la sola forza del pensiero.

Castiel mi si parò nuovamente davanti, per difendermi, ma questa volta senza ali.

Crowley mi sorrise « Sarei felice però di vederti ai piani bassi » e con uno schiocco di dita, sparì.

Caius ci lanciò uno sguardo inespressivo. Si appoggiò alla parete e rimase fermo, in attesa.

Una volta resosi conto che il demone non ci avrebbe attaccati, Castiel si voltò verso di me e mi afferrò per le spalle, scuotendomi.

« Non ci starai pensando davvero, spero? Voi umani fate cose stupide, ma queste le supera tutte! » esclamò, allarmato.

Io rimasi in silenzio, a guardarlo.

« Castiel, non c'è altra solu... » cominciani a dire, ma lui mi interruppe.

« C'è sempre un'altra soluzione! » esclamò, riprendendo a squotermi, come per farmi tornare il senno.

« No, Castiel, non c'è altra soluzione! » esclamai, inespressiva « Se vuoi davvero diventare umano, Menea è l'unica soluzione! L'hai detto tu stesso » gli ricordai.

L'angelo mollò la presa su di me e abbassò lo sguardo.

« Non sai com'è l'Inferno, non puoi neanche lontanamente immaginarlo » bofonchiò.

Sorrisi dolcemente. Si preoccupava per me più di quanto non facessi io.

Gli sollevai il mento con le dita.

« Non morirò, sta tranquillo » sorrisi, cercando di convincere entrambi. Gli sfiorai le labbra con le mie. Lui mi prese per i fianchi, avvicinandomi di più a se'. Mi passò la mano destra tra i capelli e afferrò una ciocca, tenendo la mia testa bloccata. Le sue labbra aggredirono le mie, bisognose e selvaggie. Lo abbracciai e risposi al bacio, cercando di memorizzare il tocco delle sue labbra e il suo sapore. Dentro di me sapevo che ne avrei avuto bisogno... all'Inferno.

Sentii gli occhi inumidirmisi. Io e Castiel ci allontanammo per riprendere fiato. In un attimo, tutte le mie certezze vennero meno. Stavo realizzando solo in quel momento che sarei dovuta scendere all'Inferno... per davvero. Iniziai a tremare.

« Non è un bacio d'addio, vero? » chiesi, mentre una lacrima mi rigava il viso. Ebbi il terrore di non rivederlo più... di perderlo per sempre.

« No » promise Castiel, ascigandomi con un bacio la lacrima.

Mi prese la testa tra le mani e appoggiò la sua fronte alla mia.

Ci guardammo negli occhi « Se non torni, verrò a cercarti » promise.

Poi si voltò con uno scatto verso Caius.

« Trattala bene » ringhiò tra i denti.

Il demone sbuffò « Dopo 48 ore sarà libera, tutte queste smancerie sono inutili » e finse di mettersi due dita in gola.

Io non gli prestai attenzione. Accarezzai il profilo del viso dell'angelo, il mio angelo, nella speranza di poterlo rivedere di lì a due giorni.

Castiel mi strinse le mani.

« Sei ancora in tempo per cambiare idea, non devi andare per forza » anche i suoi occhi cominciarono a luccicare.

Presi un bel respiro e gli stampai un ultimo fugace bacio a stampo sulle labbra.

« Tornerò presto » promisi.

Mi allontanai da Castiel per avvicinarmi al demone.

« Sono pronta ».

Il tavolo alle nostre spalle prese improvvisamente fuoco mentre compariva una strana scritta. Fui tentata di sporgermi per leggere. Evidentemente, era stato Crowley a scrivere l'incantesimo per evocare Menea con le fiamme.

Uno schiocco di dita.

Il buio mi avvolse e la stanza sparì davanti ai miei occhi.

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Hola! Anche Crowley ha fatto la sua comparsa nella storia, cosa ne pensate?

Mi dispiace di essere sparita senza dir niente. Mi sono dimenticata di scrivere nelle note dell'ultimo capitolo che sarei tornata a pubblicare a gennaio.

Come sempre, ringrazio tutti quelli che mi dedicano del tempo e lasciano una recensione. Grazie di cuore!

Un abbraccio,

Ladyvampiretta

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** L'Inferno ***


L'INFERNO

 

"Call me... How you will call me?

How you will call your fear

when lights will be fading?"

[Freaks! - About Wayne]

 

 

L'inferno.

Tutti se lo immaginano come un luogo dove regna il dolore, dove c'è sofferenza... ma nessuno pensa quanto questo possa essere riduttivo.

Quello che subii quando mi ritrovai al cospetto di Crowley fu inimmaginabile. Le sofferenze che patii non sono descrivibili, tanto furono atroci. Era il Re dell'Inferno, ma di certo non pensavo si divertisse tanto nel vedermi agonizzare.

Subii le peggiori violenze... la mente umana non può concepire quello che passai lì sotto. E solo in quel momento capii il vero significato della parola "Inferno".

Due giorni.

Quarant'otto ore.

Il tempo sembrava scorrere più lento che mai.

Mentre venivo torturata, non potevo far altro che pensare al mio angelo. Dopotutto, era per lui che avevo permesso a Caius di portami all'Inferno. Era un patto, al quale non potevo sottrarmi.

Il dolore era atroce, riuscì perfino a farmi rimpiangere di essere nata.

Non ci sono parole per descrivere quello che subii.

Appena Caius mi aveva portata negli Inferi, devo ammettere che ne rimasi sorpresa. Non era, a prima vista, quel "luogo di anime perdute" che immaginavo: era costituito da un corridoio oscuro lunghissimo.

A primo impatto, pensai che la mia "tortura" fosse quella di camminare senza arrivare mai. Mi viene da ridere se ripenso a quanto fossi ingenua.

Dopo una lunga camminata, ci trovammo davanti ad un portone nero.

Il demone mi spinse verso di esso, prima di bussare.

« Avanti » fu la risposta divertita di Crowley all'interno della stanza.

Quando la porta si aprì, mi trovai davanti ad una stanza dalle pareti ricoperte di qualcosa di scuro e tetro (che sperai fosse carta da parati). Non c'era luce e la sola fonte di illuminazione proveniva da un camino acceso, in cui scoppiettava allegramente un piccolo fuocherello. La fiamma proiettava delle strane ombre sulle pareti.

Ebbi un fremito quando vidi la poltrona nera al centro della stanza. In un attimo ripensai alla sofferenza che avevo provato mentre il tatuatore mi disegnava il pentagramma sul petto.

Vicino ad essa, c'era un grosso tavolo di onice, scuro, su cui era poggiato quello che sembrava a tutti gli effetti un orologio elettronico. Sul quadrante lampeggiavano i numeri 48:00 di un verde fosforescente.

Rabbrividii. Quello era sicuramente il conto alla rovescia della mia permanenza all'Inferno.

« Salve dolcezza » mi accolse con la sua voce minacciosa. Sembrava vagamente canzonatoria. Alzai lo sguardo e incrociai quello di Crowley.

Era vestito con un completo scuro, con una camicia nera e la cravatta grigia. Mi guardava e sorrideva, serafico.

Gli rivolsi uno sguardo truce.

« Ti ricordi di me, dolcezza? Ci siamo visti poco fa » asserì.

Non dissi nulla, così lui proseguì.

« Allora » disse, aprendo le braccia « Pronta per le tue 48 ore infernali? » domandò, abbozzando un sorriso.

Degluttii. Alle mie spalle comparvero due figure che mi afferrarono per le braccia e mi depositarono in malo modo sulla poltrona nera. Due manette apparvero dal nulla e mi bloccarono gambe e braccia.

Cercai di divincolarmi, mentre delle lacrime di paura cominciavano a rigarmi il volto.

« Si comincia » mormorò eccitato Crowley, battendo le mani.

E fu l'inizio della fine.

 

Quarant'otto ore.

Due giorni.

Di certo non immaginavo che il tempo all'inferno passasse tanto lentamente.

Arrivata al culmine del dolore, lanciai uno sguardo all'orologio, immaginando che i due giorni d'agonia fossero passati da un bel pezzo.

Dovevano essere passate settimane, invece il timer sembrava dissentire. Non era possibile.

Tra una ripresa e l'altra, Crowley intercettò il mio sguardo sbigottito e ridacchiò.

« Ah, tesoro, non te l'ho detto? » chiese divertito « All'Inferno il tempo passa con maggiore lentezza, ventiquattr'ore terrestri corrispondono a un mese qui »

Sgranai gli occhi. Sul quadrante erano riportati le ore e i minuti rimanenti:

23:54

A detta del demone avevo ancora un altro mese di sofferenze.

Non riuscivo a crederci.

Avevo la gola dolorante per il troppo gridare e avevo delle incredibili fitte alla testa. Stavo per scoppiare. Cominciai a chiedere aiuto, nella speranza che qualcuno mi sentisse, ma niente. Anzi, le mie grida non fecero altro che divertire di più i miei aguzzini.

« Mi dispiace, ma un patto è un patto » ridacchiò Crowley, prima di avventarsi nuovamente su di me.

E la mia tortura ricominciò.

 

Non riuscii a crederci quando, guardando il timer, mi resi conto che era arrivato a zero.

00:00 mi sembrò una visione celestiale.

La mia tortura era finita.

Ero talmente dolorante e distrutta che manifestai la mia gioia sollevando solamente l'angolo sinistro della bocca.

Crowley andò a lavarsi le mani nella stanza accanto e quando tornò, bastò uno schiocco di dita per liberarmi dalle manette che per due mesi mi avevano tenuta imprigionata.

Mi sentivo distrutta, le torture mi avevano prosciugata di ogni gioia di vivere... di ogni voglia di vivere.

Abbassai lo sguardo, malgrado il dolore al collo e quello che vidi mi terrorizzò. Il mio corpo era martoriato da tagli, bruciature, lividi. Non c'era centimetro di pelle intatto o sano. Sotto la poltrona si erano formate delle enormi macchie scure.

Sangue.

« Bene, puoi tornare dal tuo angelo » annunciò il demone. Mi squadrò da capo a piedi.

« Ma prima, forse, è meglio se ti dò una sistemata »

Si avvicinò e mi posò un dito sulla fronte, un po' come faceva Castiel.

Castiel. Il mio angelo.

Una strana sensazione si diramò dal cuore, raggiungendo ogni parte del mio corpo. Sarei tornata da lui in un batter d'occhio e avremo completato il rituale. Potevamo vivere insieme, senza più problemi.

Il tocco di Crowley fu come ghiacchio su un corpo bollente. Rabbrividii.

In un attimo, però, il dolore svanì. Abbassai nuovamente lo sguardo e notai con enorme stupore che il mio corpo era tornato come prima delle torture. Non avevo ne' graffi, ne' lividi.

Stavo bene... o almeno, a livello fisico era tutto a posto. Crowley di certo non poteva fare nulla per migliorare la mia mente... i ricordi degli ultimi mesi.

Quando saltai giù dalla poltrona, riscoprii come fosse toccare nuovamente con i piedi a terra. Dopo mesi legata, il semplice fatto di poter di nuovo poggiare su un qualcosa di solido fu strano.

Feci qualche passo e mi accorsi che le mie gambe funzionavano ancora bene, come se non fosse successo nulla.

Mi voltai verso il mio aguzzino. La sola vista del demone mi dava i brividi. Ne ero spaventata, ma presto sarei tornata da Castiel. Nessuno ci avrebbe più cercati e lui avrebbe curato le ferite che il re dell'Inferno aveva lasciato su di me.

« Allora, quando mi riportate a casa? » domandai con voce tremante.

Crowley mi guardò con cipiglio alzato « Non ti riporterò sulla Terra »

« Perché? » sbottai, sgranando gli occhi. La paura tornò a farsi strada in me.

« Perché non era nei patti »

Strinsi i pugni contro il corpo « Non è vero! Caius aveva detto che... »

« Che dopo due giorni saresti stata libera, non che ti avremmo riportato a casa » disse, interrompendomi.

Gli occhi mi si ridussero a due fessure. Avevo interpretato male le sue parole. Con "libera" pensavo dicesse che mi avrebbe riportata da Castiel. Ma così non sarebbe stato.

« Sono passate le 48 ore, ora sei libera » disse, con il suo solito fare canzonatorio.

« E... io come torno sulla Terra? » domandai, con voce isterica mentre il panico si insinuava in me.

"Rimarrò per sempre qui?"

« Non ne ho idea, questo è un posto per anime, tu qui sei un'anomalia, vedi di cavartela da sola » disse, inespressivo.

« Brutto bastardo! » cominciai ad inveire, ma Crowley schioccò le dita e mi ritrovai ad urlare contro un muro spoglio.

Mi voltai di scatto e mi ritrovai in quella che sembrava una strada bombardata e distrutta dalla guerra. Non c'era molta luce e la sola illuminazione era data da alcuni focolari accesi qua e là.

"Dove mi ha mandata?"

Intorno a me cominciarono ad avvicinarsi delle ombre scure. Sembravano quasi incorporee, eppure avevano l'aspetto minaccioso.

Senza pensarci due volte, feci uno scatto e cominciai a correre. Le anime dei dannati cercarono di starmi al passo, con la differenza che loro non sentivano la fatica, io sì.

Correvo, obbligando le mie gambe a muoversi il più velocemente possibile, mentre le anime si lanciavano verso di me, cercando di fermarmi. Alcune mi saltarono addosso, rimanendo aggrappate alle mie braccia, ma riuscii a scrollarmele di dosso.

Continuai a correre fino a perdere il fiato, quando mi accorsi di star entrando in un posto nuovo. Mi fermai di colpo e notai che le anime non mi seguivano più. Si erano dileguate.

Intorno a me c'era il nulla più assoluto, anche se il rosso era il colore che dominava la mia visuale. Per un attimo nella mia mente tornarono le immagini delle torture che avevo subito. Il rosso... il rosso del sangue.

Sbarrai gli occhi per la paura. Fu come cadere in trance. Il mio corpo venne percorso da dei brividi e un attimo dopo sentii il pavimento sotto le mie ginocchia.

"No, non devo pensarci, è finita!" mi ridestai, ricacciando dentro le lacrime di dolore e paura. Facendo forza sulla braccia, cercai di rialzarmi in piedi. L'unico pensiero che mi impediva di impazzire era il viso di Castiel. I suoi occhi blu cobalto erano la mia ragione di vita lì sotto. Perfino quando Crowley mi torturava, l'unica cosa che mi obbligava a resistere era il mio angelo, che mi aspettava ai "piani alti". Era per lui che ero scesa e per lui sarei risalita.

In lontananza scorsi come un enorme cancello in ferro battuto e una figura che sedeva su un masso lì accanto.

Degluttii. E se mi fossi cacciata ancora più a fondo nei guai?

Eppure, quella figura era l'unica persona che poteva darmi delle risposte. Presi fiato e mi incamminai verso il cancello.

Quando arrivai davanti ad esso, rimasi esterrefatta per quanto fosse enorme.

Era alto almeno dieci metri e largo cinque. Era costituito da filamenti che si intrecciavano l'uno all'altro e nel punto più alto formavano una scritta, conosciuta in tutto il mondo.

« "Lasciate ogni speranza o voi che entrate" » recitò l'uomo accanto al cancello.

Mi voltai a guardarlo, incuriosita.

Era un signore alto e statuario, dalla lunga barba bianca infilata nella cintura del saio che indossava. La scena sarebbe quasi risultata comica, se non fosse per il luogo in quale mi trovavo. Malgrado la barba, non aveva la minima ruga sul volto.

Gli occhi erano completamente neri, privi di pupilla, come tutti i demoni. Sopra uno di essi, c'era una vistosa cicatrice che segnava il viso in una linea perfettamente obliqua.

« Io sono Minosse, guardiano del cancello degli Inferi » disse, in tono autoritario. Mi lanciò un'occhiata carica di stupore. Lo vidi socchiudere gli occhi, come per vedermi meglio.

« Tu chi sei? Non sei uno spirito, sei viva! » sibillò, mostrando la lunga lingua biforcuta, come quella dei serpenti: lunga più del normale, sulla punta si spezzava in due lingue appuntite. Ebbi un fremito di paura « Ehm, sì, sono viva » lanciai un'occhiata al cancello « Come faccio a tornare sulla terra? » domandai, anche se dal mio tono di voce sembrava una supplica.

Minosse scoppiò in una risata fragorosa « Dall'Inferno non si esce » e riprese a ridere.

Mi si gelò il sangue nelle vene e il mondo mi crollò addosso.

Sarei rimasta a marcire all'inferno fino alla fine dei miei giorni. Non avrei rivisto più nessuno... non avrei più rivisto Castiel.

Le lacrime cominciarono a rigarmi il viso. Sentii dei passi farsi più vicino e mi accorsi che Minosse mi stava guardando in modo torvo.

« Perché piangi? » disse, in tono canzonatorio.

« Perché morirò qui senza aver visto... » ma il nome di Castiel non mi uscì. Sentivo un groppo alla gola che a malapena mi permetteva di respirare. Le ginocchia mi cedettero e mi trovai per l'ennesima volta carponi.

« Alzati! » ordinò a denti stretti. Sollevai lo sguardo. La creatura mi guardava in modo torvo.

« Dall'Inferno non puoi raggiungere la Terra, ma si dice che ci sia un portale nel Purgatorio » mormorò, come se non volesse che le sue parole venissero udite.

« Come? Dici sul serio? » dissi, mentre mi si allargava il sorriso sul volto.

« Sì » rispose « Ma per arrivare al Purgatorio, dovrai superare tutti gli anelli dell'Inferno... ed è una missione suicida »

« Accetto! » dissi, senza pensarci due volte. Se avessi temuto delle prove, non mi sarei ritrovata ad amare un angelo e a finire nell'Inferno.

Minosse mi guardò, sbigottito.

« Non sai quello che fai » disse, scuotendo la testa.

« Non mi importa » mi impuntai « Per lasciare questo posto sono disposta a tutto »

Minosse non disse nulla, si limitò ad annuire piano.

« Non mi resta che aprirti il cancello, ma leggi e capisci bene la scritta lì sopra » disse, indicando la frase "Lasciate ogni speranza o voi che entrate".

Strinsi i denti. Dovevo farlo, ad ogni costo.

Minosse mi rivolse un ultimo sguardo fugace, prima di darmi le spalle e avvicinarsi al cancello.

Mormorò alcune parole in latino e per un paio di istanti non successe nulla.

Improvvisamente si udì uno stridio e il cancello cominciò a muoversi, come per magia. Il cigolio fu un suono sordo che mi costrinse a premere le mani sulle orecchie.

« Supera tutte e sette le porte. Quello è l'unico modo per abbandonare l'Inferno » mi scrutò come per confermare che avevo capito « Buona fortuna, ne avrai bisogno »

Lo guardai con fermezza.

Ormai avevo deciso.

Stavo per superare l'enorme cancello quando la voce di Minosse mi raggiunse di nuovo.

« Ti dò un ultimo consiglio: l'Inferno ti farà perdere la rotta, chi sei, ti farà vacillare... dopotutto, è una terra di punizione e nessuno ne esce senza una qualche cicatrice. Ricordati chi sei e perché vuoi risalire » disse. Io, che ero rimasta ferma davanti al cancello, mi irrigidii a quelle parole, ma non potevo fare altro. Sarei uscita dall'Inferno, a qualsiasi costo.

 

Quando le porte dell'Inferno si aprirono, venni investita da una folata di vento bollente. Degluttii e mi incamminai. Oltrepassato l'uscio del cancello, sentii come una forza invisibile che mi attirava a se'. Non potevo oppormi.

Sentii un cigolio sinistro e intuii che il cancello mi si era chiuso alle spalle.

Mi guardai intorno, cercando di vedere cosa mi riservasse l'ingresso dell'inferno.

Era un lungo viale a strapiombo in quello che doveva essere un fiume, illuminato da diverse fiaccole lungo tutto il cammino.

Gli alberi erano secchi e spogli, la strada lastricata di cemento.

Il caldo era afoso.

"Chissà cosa troverò qui" pensai, continuando a guardarmi intorno con circospezione.

Improvvisamente vidi un gruppetto di uomini. I loro lamenti si udivano a km di distanza. Mi avvicinai con cautela.

C'erano circa una decina di uomini e donne, legati a dei pali sormontati da fiaccole. Il loro vociare era straziante. Cercavano di liberarsi, fissando un punto imprecisato.

« No, ti prego... »

« Per favore, aspetta... »

« No... »

Li guardai incredula.

Mi avvicinai ancora di più.

Un uomo, basso e tarchiato, con le mani legate sopra la testa e i piedi legati insieme smise di pregare e abbandonò la testa contro la spalla.

"Sarà morto?" pensai, subito rettificato in "Sarà svenuto?"

Improvvisamente fece un sonoro e profondo respiro, come se fosse stato sommerso nell'acqua per lungo tempo e l'aria avesse da poco ricominciato a circolare nei polmoni.

« Non ce la faccio... ti prego » riprese a lamentarsi come niente fosse.

Accanto a me sentii come se qualcosa di pesante fosse caduto al suolo. Mi voltai di scatto e incrociai gli occhi spenti e sgranati di una donna. Sembrava fosse riuscita a liberarsi, ma il palo era caduto su di lei, schiacciandola. Senza pensarci due volte, cercai di aiutarla, ma il palo era decisamente più pesante di quelli normali. Strinsi i denti e con tutta la forza che avevo in corpo riscii a spostarlo quel tanto che bastava per far uscire da sotto la donna.

Lei sgattaiolò velocemente e si alzò di scatto, guardandosi intorno furtiva.

Indossava solo una tunica bianca lacerata e sporca in più punti.

« Ehi, devo farti alcune domande urgenti » dissi, avvicinandomi a lei. La donna sembrò non avermi sentita, tanto era in agitazione. Sospirai e la scrollai, prendendola per le spalle. Non avevo tempo da perdere.

« Ehi! Dico a te! Dove siamo? »

La donna, sempre tremante, spostò il suo sguardo su di me. Era vuoto, come privo di vita o di speranza. Non c'era alcuna luce nei suoi occhi.

« Siamo nel girone dell'accidia » sussurrò con voce tremante, stringendosi nel suo stesso abbraccio « Qui ci sono quelli che nella vita hanno vissuto nella noia, nella pigrizia... »

« E come mai... » non sapevo come formulare la domanda. Volevo chiederle perché si lamentassero tanto osservando un punto imprecisato. Magari la loro era solo pazzia, dato il posto in cui erano stati rinchiusi.

La donna intuì i miei dubbi e prese un lungo respiro prima di rispondere.

« Nella vita siamo stati indifferenti e insofferenti... » mi spiegò, abbassando lo sguardo. Aveva il viso segnato da profondi solchi sulle guancie « La nostra pena è quella di rimanere per l'eternità incatenati a dei pali in cui la nostra insofferenza viene forzata attraverso la visione di immagini di una realtà dove i nostri sogni che avevamo da vivi si mescolano ai nostri peggiori incubi ». Si portò le mani sul volto e cominciò a massaggiarselo. Il volto scheletrico e il suo pallore risaltavano maggiormente con la luce delle fiaccole lì intorno.

« E tu che cosa vedi? » chiesi, senza pensare. La domanda mi era sorta spontanea, dato il viso contrito della donna.

« Mi...mio marito con dei figli che non abbiamo mai avuto ma che ho sempre sognato... sono così belli... non potendoli avere, ero diventata insofferente verso il mondo. » rispose, con le lacrime agli occhi « Hanno i miei capelli e i suoi occhi e... » non riuscì a finire la frase, dato che i singulti cominciarono a farsi strada in lei.

"Questo è il suo sogno... vuol dire che sta per arrivare l'incubo"

« Lui però mi ha uccisa per sposare Karim Duval... la reginetta del ballo, la più bella ragazza della scuola che da sempre mi ha portato via tutto... e adesso anche John... e sono felici insieme » e scoppiò in un pianto a dirotto.

Mi morsi il labbro. Volevo consolarla, ma non trovai le parole adatte.

Mi limitai a delle cordiali pacche sulle spalle.

« Senti... » provai a chiedere « Non è che per caso sai se c'è una porta? Un passaggio? » le chiesi, addolcendo la voce.

La donna tirò su col naso e mi rivolse lo sguardo vacuo.

« Sì, se vai sempre dritto, troverai una montagna... alle pendici c'è una porta, almeno così si dice... nessuno c'è mai arrivato perché... » la sua voce si spezzò e la donna strabuzzò gli occhi.

Il suo corpo si irrigidì e il palo, che poco prima l'aveva quasi schiacciata, le cadde addosso, pesantemente. Lei non fece neanche in tempo ad urlare e io rimasi impalata a fissare la scena.

Improvvisamente, il palo si sollevò, come mosso da una forza misteriosa, conficcandosi nuovamente nel terreno. Mi avvicinai per sincerarmi delle condizioni della donna.

"Non può essere morta perché è già morta" mi urlò la mia parte razionale.

In minuto dopo, esattamente come l'uomo tarchiato, anche la donna si riprese bruscamente. Si guardò intorno, quando il suo sguardo venne catturato da qualcosa davanti a se'. E cominciò ad agonizzare.

E in quel momento capii che era tornata preda del suo stesso incubo.

 

Appena la donna riprese ad urlare, si alzò un vento gelido. Non era una folata normale, ma era tagliente e quando investì i corpi dei dannati, lasciò su di loro ferite profonde da cui fuoriusciva un liquido cremisi: sangue.

Non udii le loro urla. I loro gemiti si persero nella tempesta.

 

Seguii le indicazioni che la donna mi aveva dato. Camminai a lungo, passando ad altri peccatori di accidia, prede dei loro incubi peggiori e al vento sferzante, che supplicavano e gemevano. Cercai di ignorarli, altrimenti non sarei mai uscita viva da lì. Nonostante tutto, sembrava che la tempesta non avesse effetto su di me. Dopo quella che mi sembrò una infinità, arrivai alle pendici di una enorme montagna. Anch'essa era priva di vegetazione, anzi, sembrava che vi fosse stato da poco spento un incendio.

Intravidi una porta e feci uno scatto per raggiungerla.

Non era niente di maestoso, sembrava una semplice porta di legno... forse un po' antica, scheggiata. Niente però avrebbe lasciato intendere che si trattava della porta che conduceva al secondo girone infernale.

La maniglia sembrava d'oro. Titubante, vi appoggiai la mano sopra. Di primo impatto mi sembrò bollente. Fu proprio mentre le dita si chiudevano sul metallo che accadde. I ricordi delle torture di Crowley tornarono a far capolino nella mia mente. Sempre senza staccare la mano, sentii le ginocchia affondare nella ghiaia cosparsa sul pavimento.

Ganci arrugginiti che mi afferravano la pelle e le ossa, tiravano senza che nulla si rompesse, ma il dolore era quanto di più atroce possibile. Delle catene mi avvolgevano il collo cercando di stritolarmi...

La testa cominciò a girarmi e il mondo intorno a me sembrò vorticare fino a diventare sfocato.

"No, dove riprendermi... dove uscire dall'Inferno".

Facendo appello a tutte le mie forze, cercai di scacciare quei pensieri e concentrarmi sulla mia missione: tornare sulla terra.

Una leggera brezza gelida mi fece venire la pelle d'oca. Ma durò un attimo, per poi sparire.

Finalmente riuscii ad alzarmi e a fare pressione sulla maniglia. La porta si aprì cigolando.

Non riuscii a vedere cosa ci fosse oltre, data l'oscurià.

Mi feci forza e superai l'uscio.

 

La prima cosa che mi colpì fu il forte odore di sudore che mi fece arricciare il naso.

Quando entrai completamente, la porta alle mie spalle si chiuse con uno schianto.

L'ambiente era molto simile al girone precendente, ma ai pali infuocati non c'era nessuno appeso. Le anime erano tutte in piedi.

E combattevano.

Uomini e donne combattevano, facevano a pugni e si lanciavano calci con una violenza inaudita. Due uomini mi passarono vicino mentre facevano a botte.

Uno era alto, con il viso scarno, con un paio di ciocche brizzolate. Indossava dei vestiti tutti strappati e sanguivana. Aveva graffi su tutto il volto.

Il suo aggressore... era uguale a lui!

Mi fermai ad osservarli, sbigottita. In effetti, il suo avversario era identico a lui, con una sola differenza: era perlaceo, come un fantasma, anche se doveva essere solido a tutti gli effetti.

L'aria era satura di urla, gemiti, sofferenza. Il pavimento ricoperto di rosso.

E poi, in mezzo a quel caos, vidi un bambino, caduto a terra, mentre un altro inveiva con violenza su di lui. Era atroce la brutalità con cui uno feriva l'altro.

Senza pensarci due volte, mi lanciai su di loro e provai a separarli. Spinsi il bambino perlaceo lontano dall'altro, parandomi davanti a lui.

Lo spirito mi guardò con uno sguardo strafottente « Ne vuoi anche tu? » domandò.

Gli lanciai un'occhiataccia e aiutai lo spirito del bambino normale a rialzarsi.

Questi mi sorrise, riconoscente.

Non doveva avere più di otto anni. Piccolino, con dei capelli scuri scompigliati, indossava solo una maglietta bianca lacera. Cominciò a piangere e mi si aggrappò ad una gamba.

« Ti prego, signora, aiutami » disse, singhiozzando.

Strinsi i denti e lanciai un'occhiataccia allo spirito perlaceo.

« Perché lo stai picchiando? È solo un bambino, come te! » lo ammonii, urlando. In quel momento, il fatto che mi trovassi all'Inferno sembrò sparire davanti ai miei occhi e l'istinto prese il sopravvento sulla razionalità.

« E' la sua pena, tu non puoi farci niente » sibillò, incrociando le braccia.

Improvvisamente venni sollevata da terra e scagliata contro una parete.

« AHI!!! »

Caddi a terra carponi, ansimando. La botta era stata talmente forte che mi aveva mozzato il respiro. Impiegai diversi secondi a rialzarmi in piedi.

Mi guardai intorno, per vedere chi mi avesse fatto quello. Alzai lo sguardo: ero andata a battere contro una parete di pietra nuda, su cui troneggiava una targa su marmo.

La scritta era in latino.

« "Qui scontano la loro pena le anime che in vita furono cariche d'ira. Sono destinate a combattere contro se stessi e a patire sulla loro pelle lo stesso odio che manifestarono verso un altro essere vivente" » tradussi ad alta voce.

Sbarrai gli occhi.

Il girone dell'ira.

Lancia un'occhiata al bambino che combatteva contro lo spirito di se stesso.

Come poteva aver vissuto nell'ira? Non aveva neanche avuto il tempo di vivere.

"No, non è possibile" pensai, allibita.

« Ma brava, vedo che conosci il latino » mi schernì una voce poco distante da me.

Mi voltai nella direzione da cui era provenuta la voce e quello che vidi mi lasciò senza parole.

Una ragazza alta, slanciata, dai capelli mossi e scuri mi guardava beffarda. Indossava dei jeans chiari su un top bianco.

Quella figura perlacea era la mia esatta copia.

Se ne stava ferma, con le braccia incrociate, ad un paio di metri da me, a fissarmi con un sorrisetto finto sulle labbra.

« Comunque quel bambino deve scontare la sua pena perché una notte, non riuscendo più a rimanere impassibile davanti al fratellino più piccolo che piangeva in continuazione lo ha massacrato di botte... deve pagare » disse, atona.

Sgranai gli occhi.

Non avevo sentito la parte sul bambino, incredula com'ero nel trovarmi davanti uno spettro dalle mie sembianze.

« No... non è possibile » biascicai, vedendola « ... io non sono morta... perché tu sei qui? »

« Non sei morta ma sei all'Inferno » rispose, nel modo più naturale possibile. Si portò le mani ai fianchi e mi studiò con lo sguardo « Sei contro-natura qui e devo porvi rimedio » fece una mezza risata « Magari vuoi che assuna un aspetto... "diverso" ? » domandò, mimando le virgolette con le mani.

« Cosa? » La guardai confusa.

Il mio riflesso perlaceo fece ondeggiare i capelli e in meno di un battito di ciglia si era trasformata. Non era più la mia copia ma... quella di Castiel.

Sgranai gli occhi mentre il mio cuore cominciava a battere forte dalla paura.

« Oh, sì, questo era l'effetto che volevo » ridacchiò lo spettro, con la voce del mio angelo.

Degluttii a fatica. Dovevo andarmene di lì e alla svelta.

Castiel-spettro mi guardò con un sorriso beffardo e carico d'odio che mi fece rabbrividire.

« La paura... che bella sensazione » disse. Era proprio la voce di Castiel, dolce e profonda. Alzò un braccio e fece come per scacciare una mosca. Nello stesso istante, il mio corpo di sollevò ancora, gettandomi a terra, ai suoi piedi.

L'angelo-spettro si inginocchiò accanto a me « Ti sei fatta male? » chiese in tono ironico.

Avevo il sangue in bocca.

Ferro e sale.

Lo sputai in terra e lui rise ancora più forte.

« Si direbbe che sei ridotta male » e così dicendo, mosse ancora una volta la mano e mi fece volare a diversi metri di distanza. La mia schiena si scontrò contro il tronco di un albero. Il dolore fu lancinante e sentii diverse scheggie conficcarmisi nella pelle.

Grugnii di dolore e cercai di rialzarmi in piedi.

« Castiel non è così chiacchierone » mormorai, abbozzando un sorriso di schernimento.

Mi guardai intorno.

"Dov'è finito quello spirito?" pensai, stringendo i denti dal dolore. Lo spettro dalle sembianze dell'angelo sembrava sparito.

Sentii un'altra fitta alla schiena e mugugnai dal dolore.

Certo, non era niente rispetto a quello che mi aveva fatto patire Crowley, ma faceva male lo stesso.

Sentii una piccola fitta al labbro. Lo sfiorai con la mano destra e vidi che c'era una lunga linea rossa.

"Merda, sto sanguinando"

Dello spettro-Castiel non c'era alcuna traccia, però avevo visto una cosa. Un elemento che mi diede nuova speranza: una porta.

Un secondo dopo, lo spirito mi fu accanto e mi assestò una ginocchiata tra le costole.

Dovevo reagire o mi avrebbe fatta fuori.

Mi rialzai a fatica, sotto il solito sorriso beffardo dello spettro.

"Il viso di Castiel..." pensai, mentre la mia mano tremava.

"Non posso colpire Castiel " pensai, stringendo i denti.

Dovevo farmi forza. Sapevo che non era il mio angelo, ma solo uno stupido spirito che aveva assunto le sue sembianze.

« Cosa c'è? Non ce la fai a colpirmi? » mi schernì « Ah, è vero! Tu ami Castiel e non lo colpiresti mai. In tal caso, ci penso io » e così dicendo, lo spirito-Castiel mi assestò un pugno sullo stomaco. Mi piegai in avanti, con il fiato corto.

"Merda!"

Quando riuscii a respirare normalmente, alzai lo sguardo, incrociando quello dello spirito. Gli occhi erano dello stesso blu cobalto dell'angelo, ma di certo non avevano la stessa luce. Quelli di Castiel erano talmente espressivi che bastava uno sguardo per capirlo. Quelli della figura che mi stava davanti erano vuoti, inespressivi.

"Bene" pensai, sorridendo. Mi bastò quel dettaglio per farmi ritrovare la forza di colpire.

« Ora ti tolgo quel sorrisetto dalla faccia! » dissi, mentre gli sferravo un pugno in faccia con tutta la forza che avevo.

Lo spettro inclinò la testa confuso.

Il mio colpo, però, non sortì alcun effetto. La mia mano oltrepassò il corpo perlaceo della figura che mi stava davanti. Sbilanciata, caddi in avanti.

"Dovevo immaginarmelo, è un fantasma!" diedi un pugno a terra.

Poi ebbi una intuizione. Lo spettro non si era ancora voltato nella mia direzione e come una furia mi rialzai in piedi e feci uno scatto fino alla porta che avevo visto prima. Quando poggiai la mano sulla maniglia, venni attraversata dalla scarica elettrica e poco dopo la porta si aprì. Vidi lo spettro-Castiel lanciarmi uno sguardo omicida, prima di urlare una qualche imprecazione. Ma non mi importava.

Ero entrata nella terza porta.

 

 

Angolo dell'autrice:
Ok, da bravi, posate quelle mannaie! So che non ho rappresentato l'Inferno come Dante... si sarebbe rivoltato nella tomba. Ho optato per una versione legata ai 7 peccati capitali, spero di aver reso bene la pena e la sofferenza dei dannati.

Ahi! Scusate, ma devo lasciarvi, c'è il fantasma di Dante che mi sta prendendo a sassate...posso capirlo... aggiornerò presto, se sopravvivo!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Perdizione ***


PERDIZIONE

 

Il terzo girone era nettamente diverso dal precedendente. Al posto della strada cupa, la cui unica illuminazione veniva da alcune fiaccole, quel girone era costituito da una landa ghiacciata. Appena entrai, i miei piedi affondarono nella neve.

Il freddo era glaciale e ovviamente non era il normale gelo invernare. Diversamente da un normale inverno, qui il freddo entrava direttamente nelle ossa, nei muscoli, tanto da sentire perfino del ghiaccio stringermi il cuore. Mi premetti una mano sul petto mentre battevo i denti dal freddo. I miei muscoli cominciarono ad irrigidirsi e il passo mi si fece pesante. Abbassai lo sguardo e vidi che la mia pelle stava cambiando colore.

Rischiavo l'ipodermia.

Mi strinsi le braccia al petto, cercando di conservare il maggior calore corporeo.

Perfino respirare divenne difficile.

Cominciai ad avanzare con passo mal fermo, fino a quando non vidi delle figure in lontananza.

"Altri dannati... questo che girone sarà?".

Incespicando, arrivai su una specie di altura e da lì ebbi la piena visuale del girone.

In mezzo ai ghiacci, c'erano uomini e donne dall'aspetto pauroso per quanto erano scheletrici. Riuscivo per fino a distinguere la forma delle ossa del loro corpo, avvolti in miseri stracci. I volti erano pallidi e scavati, con gli occhi sgranati.

E urlavano... urlavano e si lamentavano. Il vento fendeva il loro corpo fino a procurar loro ampi tagli da cui, ormai, non fuoriusciva niente... nemmeno il sangue.

Sembravano morti viventi.

Davanti a loro, si estendevano montagne di cibarie. Spalancai gli occhi davanti a tanto ben di Dio. Riuscivo a vedere un piatto posato su una lastra di ghiaccio con sopra un delizioso tacchino fumante. Accanto ad esso, su altri piatti, c'erano torte ricoperte di glassa, di panna, di cioccolato, di marmellata. Erano immuni alle intemperie.

Improvvisamente sentii uno schiocco di frusta. Aguzzai la vista e quello che a primo impatto mi era sembrato un dannato, in realtà era il loro aguzzino.

« Mangiate, bastardi! » urlò, schioccando la frusta su un uomo. Urlando di dolore, il dannato alzò il braccio scheletrico e prese una fetta di torta. Con le labbra tremanti, se la portò alla bocca e diede un piccolo morso.

Fu come vederlo fulminare all'istante. Un brivido percorse tutto il suo corpo. Si portò le mani al collo e cominciò a gemere dal dolore. Cadde a terra e iniziò a contorcersi, come se avesse appena ingerito della candeggina. Una strana poltiglia bianca gli raggiunse le labbra e stramazzò a terra, inerme.

Sapevo già che si sarebbe ripreso di lì a poco e infatti lo fece. Il demone con la frusta riprese a fender colpi sul corpo del dannato che, urlando, cominciò a chidere perdono e pietà.

Avevo capito quale girone fosse: quello dei condannati per gola.

Le risate dell'aguzzino arrivarono fino a me. Sentii crescermi dentro una rabbia, ma dentro di me sentivo che non dovevo avere pietà per i dannati.

Reprimendo un conato di vomito, contiuai ad avanzare nella neve.

Ad ogni passo, sentivo il freddo gelido diminuire di intensità, fino a quando, davanti alla porta, i brividi cessarono di botto.

Mi voltai e i miei occhi intercettarono il nuovo vibrare di una frusta.

Disgustata, aprii la porta verso il quarto girone.

 

La porta mi si chiuse alle spalle e il panorama che mi trovai davanti era ancora diverso rispetto agli altri tre. Mi guardai intorno e vidi un'enorme e imponente gabbia.

Aveva delle sbarre spesse e scure, probabilmente di ferrro o acciaio. Al suo interno, dei dannati scappavano a destra e a manca, cercando invano di evitare che delle belve si accanissero su di loro. Ad ogni dannato era riservato un cane dall'aspetto minaccioso.

Erano grandi come un alano adulto, sembravano dei doberman mutati, con il muso da pitbul. Erano scuri con gli occhi iniettati di sangue. Uno si scagliò contro un uomo e, come se stesse scavando sul suo corpo, lasciò profondi solchi, da cui fuoriuscivano copiose quantità di sangue. L'animale graffiava, mordeva, sbrindellava ogni parte dell'uomo.

Rabbrividii.

Mi sentii per un attimo sollevata, credendo che la porta fosse lontana dalla gabbia.

Mi sbagliavo di grosso.

Un urlo mi costrinse nuovamente a spostare la mia attenzione verso di essa.

Un uomo, alto e dai capelli a spazzola, stava scappando, inseguito dal segugio infernale. Correva a perdifiato, driblando gli altri dannati e le altre belve. Correva come se avesse una meta precisa.

E alla fine la vidi. Il dannato stava correndo in direzione di quella che era a tutti gli effetti una porta di legno. Rimasi con il fiato sospeso, credendo che ormai ce l'avesse fatta a raggiungere la salvezza.

Ormai era a due passi dalla porta, ma il cane infernale fece un lungo balzo, atterrando con tutto il suo peso sul corpo dell'uomo, schiacciandolo a terra.

Voltai la testa dall'altra parte, inorridendo da come l'animale si accanisse su quell'anima.

"Perché mettere la porta nella gabbia?" Un fremito di paura mi fece tremare le gambe.

Pensai di entrare nella gabbia dal punto più vicino alla porta, passando per l'esterno, ma il suo perimetro doveva essere immenso.

Sconsolata, dovetti arrendermi all'evidenza. Dovevo entrare e attraversare tutta la gabbia.

Come se mi avesse letto nel pensiero, si aprì un varco tra le sbarre e venni attirata all'interno da una forza misteriosa.

Una volta dentro, temendo di essere attaccata, mi rannicchiai su me stessa, preparandomi al dolore. Ma non accadde nulla.

Abbandonai la mia posizione difensiva e mi tirai su, in piedi. Sembrava che nessuno facesse caso a me. Quelle urla, però, mi riportarono nuovamente alla mente le torture del re dell'Inferno. Le immagini del suo sorriso sadico mentre il fuoco mi bruciava la pelle, arrivando fino alle ossa e bruciando anche quelle.... no, non dovevo pensarci. In quei momenti di agonia, però, la sofferenza, non mi faceva mai perdere i sensi ed ero sicura che ci fosse lo zampino del demone. Se fossi caduta nell'incoscienza, non avrei potuto soffrire.

« Bene, bene, bene, chi si rivede » mormorò una voce alle mie spalle, riportandomi bruscamente alla realtà.

La mia voce.

Mi voltai di scatto. Alle mie spalle c'era una belva infernale, più grande e possente delle altre. Era di colore grigio e sbuffava nuvole di fumo bianco dalle narici. Gli occhi erano due puntini rossi.

« Ancora tu?! » urlai, esasperata e impaurita da quella creatura che non mi lasciava in pace.

« Sei entrata nella gabbia degli invidiosi » disse il cane, muovendo la mascella come se a parlare fosse un umano «... e farò in modo che tu non ne esca! » e senza aggiungere altro, si lanciò verso di me. Con gli occhi sgranati, mi voltai e cominciai a correre verso la porta.

Le anime dei dannati mi correvano vicino, alcune tagliandomi anche la strada cercando invano di fuggire dalla loro pena.

Un ragazzo mi passò davanti, si fermò e con la follia nello sguardo, mi afferrò per le spalle.

Voleva usarmi come scudo per il suo cerbero.

Ormai ero al limite della sopportazione.

Lo spostai con una violenta gomitata, ma ero stata ferma per un attimo di troppo.

Lo spettro ululò e con un balzo mi schiacciò a terra.

Mi fissò negli occhi, lasciando che la sua bava mi sporcasse i vestiti.

« Lasciami! » esclamai, mentre le unghie della bestia mi si conficcavano nelle spalle.

« Contro-natura » ringhiò e fece per mordermi all'altezza della clavicola.

Mossa dall'istinto di sopravvivenza, riuscii a rotolare di lato, facendo cadere la bestia da sopra di me. In quel girone, lo spirito era stranamente corporeo.

Un ringhio mi perforò le orecchie.

Senza voltarmi verso la bestia, raggiunsi la porta con uno scatto.

Ero di nuovo salva.

 

 

Non ero sicura che sarei riuscita a sopravvivere ancora. Non ce la facevo più. Tutte quelle sofferenze... le torture di Crowley, lo spettro che mi dava la caccia in quasi tutti i gironi... ero davvero al limite della sopportazione.

"Lasciate ogni speranze oh voi che entrate" recitava la scritta sul cancello d'accesso ai gironi infernali. Per quanto io fossi speranzosa, sentivo ad ogni passo la possibilità di uscire venir meno.

Avevo superato con non poche ferite i primi quattro gironi. Mancavano la lussuria, l'avarizia e la superbia.

Le possibilità di rivedere Castiel si facevano sempre più flebili.

Ero entrata nel quinto girone, ma non avevo il coraggio di alzarmi in piedi. Mi ero accasciata a terra non appena ne avevo superato la soglia.

Come dei flashback, le torture di Crowley facevano capolino nella mia testa. Risuonavano come colpi sordi. Strinsi gli occhi e mi portai le mani sulle tempie, premendo forte. Ricordavo le urla... fuoco, ghiaccio... dolore. Era un incubo.

Quanto tempo era passato? Giorni? Settimane? Ore?

Non riuscivo più a trovare le forze per andare avanti... per camminare... per lottare.

Sentii dei passi davanti a me. Alzai lo sguardo e vidi una landa deserta. Tra la sabbia e le dune, una figura stava avanzando verso di me. Non impiegai molto a capire che lo spettro era tornato, questa volta in forma umana: la mia.

« Uccidimi » mormorai, quando fu abbastanza vicino per potermi sentire. Che senso aveva vivere? Stavo lottando da troppo tempo e le possibilità di uscire viva dall'Inferno si facevano sempre di meno. Ero stanca delle percosse, delle violenze, di tutto. Ero semplicemente stanca. La mia era una richiesta, per quanto vigliacca, di un po' di pace.

"Non la merito anche io?" pensai, mentre gli occhi mi si inumidivano. Avevo subito violenze psicologiche e fisiche. Ero arrivata allo stremo delle forze.

Lo spettro non sembrò sorpreso « Per essere un semplice essere umano, te la sei cavata più di quanto mi aspettassi » disse. Fece una breve pausa.

« Sai che girone è questo? » domandò con fare canzonatorio. Scossi la testa.

La sentii sbuffare « Non è difficile » mi guardò, inclinando la testa di lato. Dato che non risposi, continuò « E' il girone della lussuria, avrei dovuto attenderti qui, ma il mio compito è anche quello di eliminare le anomalie come te » disse indicandomi.

Mi avrebbe dovuta aspettare nel girone della lussuria? Mi uscì una mezza risata amara.

« Wow » sbottai « Devo avere proprio la fortuna dalla mia parte se ho avuto il piacere di incontrarti prima ». dissi, enfatizzando la parola "piacere". Il tono di voce tradiva il mio nervosismo.

Mi fece l'occhiolino « Per questo voglio proporti un accordo » sussurrò.

La guardai negli occhi. Stranamente. le sue iridi verdi sembravano più intense delle mie.

« Se supererai una prova, ti lascerò passare » continuò, interpretando il mio silenzio come un tacito assenso.

Mi si accucciò vicino. Era inquietante trovarmi di fronte a me stessa.

Il cuore prese a martellarmi nel petto.

« Che prova? »

Paura, ansia, dolore. Era bastato guardarmi negli occhi perché tutte quelle sensazioni tornassero a galla, accendendo qualcosa in me.

« Oh, finalmente si è risvegliato il tuo istinto di sopravvivenza! » esclamò con una risata, incredibilmente minacciosa, ignorando la mia domanda.

Per un breve e intenso istante, sperai di non essere in tutto e per tutto come lei.

Qualcosa scattò improvvisamente dentro di me. Non mi sarei arresa. Dovevo lottare, c'era un motivo se ero scesa all'Inferno.

« Sei venuta per uccidermi? » ringhia. In quel momento volevo aggrapparmi alla vita più che mai.

Mai stringere accordi con i demoni.

« Certo » sorrise, serafica « Ma voglio anche chiederti cosa ti abbia spinto qui ai piani bassi »

« Non ti riguarda »

Lo spettro mi ignorò. « Castiel? Il tuo angelo? » mi provò ad incentivarmi « Eppure lui non è qui ». Il suo ghigno era inquietante.

Mi irrigidii all'istante.

"Ti verrò a prendere" mi aveva promesso, guardandomi negli occhi. Invece ero all'Inferno, da sola, con lo spettro di me stessa intento a torturarmi.

« Ho fatto centro! » esultò con la mia voce.

Abbassai lo sguardo. Non volevo dubitare di Castiel, doveva avere una buona ragione per non essermi ancora venuto a cercare.

"Sicuramente è così"

« Non credo » disse, intuendo i miei pensieri « Non hai mai pensato che con te fuori dai piedi, lui poteva tornare in Paradiso? » domandò.

Deglutii.

"Castiel mi voleva fuori dai piedi?"

« Ho scelto io di scendere » mormorai, con la gola che mi si era fatta d'un tratto molto secca.

« Già, ma se ci teneva, sarebbe sceso a prenderti scattate le quarant'otto ore » mi fece notare. Non chiesi come mai sapesse tutte quelle cose. Probabilmente, all'Inferno le informazioni giravano più in fretta che sulla Terra.

"No, non può avermi abbandonato" pensai, mentre le mie sicurezza sembravano iniziare a vacillare.

« Rassegnati » asserì « sei ancora nel quinto girone e sei ferita, in più, sempre se sopravvivi, dovrai affrontare anche il Purgatorio, quante possibilità hai di farcela? »

Strinsi i denti.

Odiavo la sua (mia) voce, il suo sparare sentenze, il suo dire ad alta voce quello che cercavo di reprimere.

« Ecco che spunta il dubbio » rise.

"No, non può essere così!"

« Sta zitta! » urlai. Mi fidavo di Castiel... mi fidavo ciecamente di lui. Se avessi dubitato anche per un solo istante dell'angelo, non avrei mai accettato di prendere accordi con dei demoni.

Mi aveva salvata, protetta, aiutata per tanto tempo. Si era scontrato contro il Paradiso per me.

No, non dubitavo del mio angelo.

« Diceva di amarti, eppure sei ancora qui! »

« Sta zitta! » ripetei con più determinazione.

L'Inferno ti farà perdere la rotta, ti farà vacillare...Ricordati chi sei e perché vuoi risalire.

Sgranai per un attimo gli occhi. Quelle parole sembravano essere state sussurrate direttamente nella mia testa... non con la voce di Minosse, ma con quella di Castiel.

Sorrisi.

« Tu non sei reale » dissi, dolcemente.

Finalmente lo avevo capito.

Lo spettro tremò.

« Sì che lo sono » disse con veemenza « Ti ho anche ferita, non vedi »> e mi indicò la spalla sinistra.

Abbassai lo sguardo sul punto indicatomi dallo spettro.

« Il dolore » dissi, seguendo con lo sguardo un piccolo rivolo di sangue scendermi lungo il braccio « E' quello che proverei se perdessi me stessa... se perdessi Castiel » la guardai con compassione « Tu sei me e tutto quello che cercavo di sopprimere »

Avevo avuto una piccola intuizione di questo non appena lo spettro aveva assunto le sembianze di Castiel.

Mentre Crowley mi torturava, avevo invocato l'angelo per giorni, senza ottenere risposta. Lo spettro era nato dal risentimento, dalla paura di essere stata abbandonata.

Quando dubitavo di farcela, ecco che questo si rafforzava.

Era una parte di me, quella che per tutta la permanenza agl'Inferi avevo cercato di schiacciare, di mettere a tacere. Improvvisamente, mi balenò in mente un altro pensiero: forse, la pena della lussuria era proprio il perdere le certezze verso il proprio amato, agoniando una fine che in realtà non sarebbe mai arrivata.

"Una tortura psicologica è di certo più dura di una fisica" pensai.

Il paesaggio dietro la creatura sembrò oscillare, iniziando a sfaldarsi e andando in fumo.

Lanciai uno sguardo alle spalle dello spettro, confusa.

"Che sta succedendo?"

Anche la mia copia si guardò indietro, serrando la mascella.

« Diciamo che hai superato la prova » ringhiò, tornando a guardarmi. Sembrava che la cosa la infastidisse « ma... non sono intenzionata a lasciarti passare ». Lo spettro dalle mie sembianze piegò leggermente le gambe, preparandosi all'attacco.

Improvvisamente si irrigidì, inarcando la schiena all'indietro. Urlò di dolore, guardando il nulla con lo sguardo vitreo. Si accasciò al suolo con un gemito.

Strabuzzai gli occhi, incredula.

"Cos'è successo?" pensai impaurita.

Vidi il mio doppio a terra con la faccia nella sabbia, ormai privo di vita.

« Layla... » sussurrò una voce dolce e calda.

Alzai lo sguardo.

Castiel era lì, davanti a me, bello e statuario come sempre. La sua solita bellezza, però, sembrava straziata da un dolore interno. Mi si strinse il cuore.

Il volto era segnato da profondi solchi ed erano visibili delle enormi borse sotto gli occhi.

Era Castiel, ma al tempo stesso non lo era.

Non riuscii ad alzarmi. L'angelo rimase a guardarmi, con lo sguardo colmo di tristezza. Mi faceva male vederlo così.

Non ce la facevo. Fui costretta a distogliere lo sguardo dai suoi enormi occhi blu cobalto. Mi schiacciai ancora di più verso la porta del girone, indietreggiando di pochi millimetri.

Sentii un piccolo tonfo e con la coda dell'occhio vidi che Castiel era caduto in ginocchio. Eravamo ad una distanza di sicurezza, ma tra noi la tensione era papabile.

Non riuscivo a spiegarmi il motivo del mio rifiuto. Dopotutto, mi fidavo di lui.

Forse non ero del tutto certa che fosse reale.

« Andiamo... » mormorò con voce rauca, tendendomi la mano destra.

Restai a guardarla, impassibile.

« No... » . Quelle due lettere mi erano uscite fuori senza che potesse fare qualcosa per fermarle.

« Torniamo a casa... » ci riprovò. Il suo sorriso andava scemando.

Alla fine mi alzai in piedi e mi avvicinai a lui a testa bassa.

Castiel sorrise, rincuorato e si tirò su, allargando le braccia.

Alzai lo sguardo e incrociai il suo. Gli occhi cominciarono a bruciarmi, ma non feci nulla. Sentii la mano fremere e con un solo colpo deciso, stampai uno schiaffo sul volto di Castiel.

L'angelo non sembrò sorpreso. Abbassò le mani senza fare niente.

« Mi hai lasciata sola! » urlai con tutta la rabbia che avevo in corpo « Hai detto che saresti venuto, invece ho dovuto attraversare quasi tutto l'Inferno da sola! » continuai. Una lacrima mi rigò la guancia sinistra, ma non me ne curai. Avevo accumulato per troppo tempo, non riuscivo più a tenermi tutto dentro.

« Mi dispiace... » sussurrò, guardandomi negli occhi. Il suo viso si contorse in una smorfia di dolore « Mi dispiace... » ripetè.

« Ti dispiace?! » continuai, lasciando che la rabbia fluisse dal mio corpo « Tu non puoi neanche immaginare cosa ho dovuto subire qui sotto! E tutto quello che sai dire è che ti dispiace?! Dov'eri mentre quella cosa... » e indicai il mio doppio in terra « mi malmenava? Dov'eri mentre io percorrevo i gironi dell'inferno? ». Le energie cominciavano ad abbandonarmi. Mi sentivo stanca, ma la rabbia ancora non sbolliva. Strinsi i denti ripensando a tutto il dolore che avevo provato. Erano come flashback. Il sorriso sadico di Crowley mi perseguitava.

Rabbrividii.

« Mi dispiace » ripetè Cass per l'ennesima volta.

A quel punto, persi nuovamente la pazienza. Gli diedi una spinta con tutta la forza che avevo, ma ovviamente non lo scansai di un millimentro. Era come cercare di spingere una montagna: inutile.

« Parlami! Dimmi di cosa cazzo ti dispiace! » sbraitai « Ti dispiace di avermi incontrata? Di avermi salvata? Dimmelo! » ero fuori di me dalla rabbia e dalla disperazione. Sentivo che il mondo intorno a me cadeva a pezzi, si sbriciolava intorno all'incertezza.

Perché dovevo soffrire tanto? Qual'era la mia colpa?

Castiel non disse niente, rimase a guardarmi, spaesato e confuso. La sua espressione infantile mi feriva nel profondo e mi odiavo per quello.

Non avevo sofferto abbastanza?

Odiavo lo sguardo di pietà che l'angelo mi riservava.

Inaspettatamente, allungò una mano nella mia direzione. Mi sfiorò la guancia e l'istinto mi disse di non mi tirai indietro. Il suo tocco fu gentile e delicato, come se a sfiorarmi fosse stato un fiore. Sentii un brivido partire dalla guancia e attraversarmi tutto il corpo. Per la prima volta, da quando ero scesa negli Inferi, mi sentii... bene, in pace con il mondo.

La rabbia che avevo dentro sembrò scemare velocemente.

Avvicinò lentamente il suo viso al mio e posò delicatamente le sue labbra sulle mie. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a quel tocco. Le sue labbra si mossero delicate sulle mie, mentre la sua lingua mi sfiorava. Sorrise, mordicchiandomi dolcemente il labbro inferiore. Sorridetti a mia volta e gli passai le mani tra i capelli scuri, avvicinandolo a me.

Castiel era tutti quello di cui avevo bisogno... e lo avevo dimenticato. Le sue labbra tornarono sulle mie, questa volta con maggior intensità. Le sue mani scivolarono lungo i miei fianchi e mi avvicinò ancora di più a se'. Ormai sentivo l'eccitazione scorrere dentro di me. Mi era mancato il suo tocco più di quanto ammettessi. Due mesi senza di lui mi erano sembrati un'eternità.

Si allontanò da me proprio nel momento in cui stavo perdendo la testa. Solo allora mi resi conto di avere della rabbia repressa in corpo e che l'Ade mi stava facendo perdere di vista chi ero realmente. Stavo scaricando tutta la mia ira verso colui che mi era venuto a salvare.

Castiel mi rivolse un sorriso radioso, un'inclinazione del labbro così perfetta che poteva appartenere solo ad un essere celeste.

« Non mi sono mai pentito di averti incontrata » sussurrò.

Non potei non sciogliermi davanti a quelle parole. Nei suoi occhi leggevo la sincerità, nel suo tocco la necessità di avermi più vicina. Il mio cuore partì all'impazzata mentre avvertivo la solennità delle sue parole.

Castiel era il mio posto felice: era il mio angolo di Paradiso.

Si tirò in piedi e mi allungò una mano. Senza pensarci due volte, l'afferrai.

« Ti salverò dalla perdizione » dise con un sorriso sincero.

L'angelo rilassò le spalle. Da esse, spuntarono fuori le sue magnifiche ali. Erano brillanti e irradiavano purezza da tutte le piume. Stonavano molto con il peccato che ci circondava.

Stirò le ali quel tanto che bastava per coprirmi. Rimasi stupita del fatto che, anche senza toccarle, avvertivo il calore che irradiavano.

« Portami via da questo posto » sussurrai. Castiel strinse più forte la mia mano.

Un fruscio d'ali... avevamo finalmente lasciato l'Inferno.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Menea ***


MENEA

 

La prima cosa che mi colpì fu l'odore. Non eravamo più all'Inferno... eravamo tornati.

Il profumo del prato, l'odore di casa... era proprio come lo ricordavo. Non riuscivo a crederci: ero davvero uscita dall'Inferno?

Con lo sguardo perso, cercai quello di Castiel, che mi teneva per la vita. Lui inclinò la testa, assumendo quell'espressione di confusione infantile che tanto adoravo. Subito dopo mi rivolse un sorriso carico di sott'intesi. Sì, ero tornata a casa.

 

I giorni successivi furono traumatici. Mi svegliavo nel cuore della notte urlando. Nei miei sogni, rivivevo il trauma dell'Inferno... tutte le torture subite nei due mesi che ero stata lì sotto. In quei momenti, non riuscivo più a respirare e le lenzuola attorcigliate intorno alle caviglie mi facevano sentire come ancora legata su quella poltrona delle torture. Tornavo alla realtà tremante di paura e Castiel mi abbracciava, ricordandomi che ero di nuovo a casa.

Era passata circa una settimana e gli incubi non smettevano, così l'angelo mi portò dai Winchester. Mi spiegò che anche Dean era stato all'Inferno, ma non due ore come me... ma ben quattro mesi.

« Quindi quarant'anni... » mormorai, con la voce inclinata dal terrore.

Trovammo i cacciatori in un bar del Wyoming mentre il maggiore dei Winchester era intento a conquistare la barista, un'avvenente ragazza dai capelli rossi e ricci. A quella vista, chiesi a Castiel di riportarmi a casa. Non volevo disturbare Dean nella sua "caccia". L'angelo però, afferrò il maggiore del Winchester per una spalla e lo obbligò a voltarsi verso di noi. Non sembrò neanche tanto sorpreso. Magari Castiel, durante la mia assenza, gli aveva parlato del patto con Crowley. Ci condusse fino al motel dove alloggiava con il fratello e mi fece sedere sul letto, accanto a lui. Castiel e Sammy ci lasciarono soli per un po'. Malgrado fossimo entrambi a disagio, Dean non mi mise fretta. La prima cosa che mi chiese fu "Come stai?". Solitamente, quando si fa questa domanda, si dà poca importanza alla risposta. Si risponde con un "Bene", il più delle volte falso, giusto per non star lì a spiegare il perché di quella bugia. Ma con Dean fu diverso: era sinceramente interessato alla mia risposta. Ovviamente non stavo bene.

Il cacciatore mi fece raccontare quello che mi era successo e mi ascoltò senza interrompermi. Mi fece poche domande, ma bastarono per farmi sfogare. Gli spiegai tutte le mie frustrazioni, le sofferenze, i drammi. Il mio corpo reagiva con spasmi e lacrime ai ricordi delle torture di Crowley, ma Dean lasciò che tutto venisse fuori. Ascoltai anche il suo racconto, i suoi "anni" passati all'Inferno. Malgrado i ricordi dell'Ade fossero come una lama conficcata nell'anima, parlare con qualcuno che aveva condiviso quel dolore mi fece sentire meno sola. Castiel mi aveva consolata, ma l'essere capita da chi c'era già passato era un'altra cosa.

« Sai già che quei ricordi non se ne andranno mai... devi solo trovare il coraggio di rilegarli in un angoletto... è il massimo che tu possa fare » mi disse, comprensivo.

Solo in quel momento capii quanto dolore quel ragazzo si portasse dentro. Il Dean che avevo conosciuto era tosto, sfrontato... ma era solo una maschera che nascondeva la sua fragilità. Non lo aveva mai dato a vedere. Era tutto nascosto dietro quei suoi occhi smeraldo.

 

Dopo qualche giorno, seguendo il suggerimento di Dean, riuscii a rilegare quei ricordi in un angolo della mia mente. Certo, gli incubi non potevano sparire così, di punto in bianco, ma per lo meno, nei sogni, riuscivo a capire cosa fosse reale e cosa no.

Il fatto che non mi svegliassi più nel cuore della notte urlando, sembrò far tornare il sorriso anche all'angelo. A completare il tutto, decisi di mentirgli, dicendogli semplicemente che mi sentivo bene. Non mi sembrava il caso di continuare a torturarlo dicendogli che i ricordi c'erano ancora...

Una mattina, Castiel mi strattonò fino alla cucina, impaziente.

« Allora, ho tutti gli ingredienti che servono per l'evocazione » disse, con voce carica d'emozione. Non vedeva l'ora di evocare Menea per diventare umano. Mi mostrò tre diversi sacchetti e un barattolo contenente uno strano liquido rosso e nero. Decisi di non indagare.

Si affaccendò per cercare una ciotola, dandomi le spalle « Sam e Dean mi hanno dato una mano, da solo non ce l'avrei mai fatta... per questo ero in ritardo » mormorò. La voce gli cedette nell'ultima parte della sua affermazione. Venni percorsa da un brivido e non risposi. Non mi aveva abbandonata... aveva ritardato per noi, per trovare l'occorrente per evocare Menea.

E diventare umano.

Abbassai lo sguardo, a disagio. All'Inferno l'avevo odiato perché credevo mi avesse abbandonata, invece...

Tornò indietro e posò il tutto sul tavolo. Mi avvicinai e vidi dei segni di bruciature. Era tutto l'incantesimo per evocare Menea. Passai con l'indice sopra le incanalature, titubante.

Ce l'avevamo fatta: avremo evocato il caduto e sarebbe cominciata la nostra vita da umani. Mi risultava abbastanza difficile da credere.

« Che cosa ti prende? » domandò, facendosi scuro in volto.

Scossi la testa « Niente, è solo un pensiero » mormorai in un sussurro.

Mi guardò, confuso. Scossi nuovamente la testa.

« E' veramente finito tutto? » domandai, incredula.

Castiel non rispose. Mi lanciò un'occhiata ingenua e sorrise.

« Sì, penso di sì »

E riprese a mescolare gli ingredienti.

 

Castiel pronunciò l'incantesimo inciso sul tavolo dal fuoco.

Erano parole in latino, frasi che invocavano la comparsa di colui che custodiva la magia degli angeli stessi. Sembrava più un ordine che una mera richiesta.

Appena l'angelo finì di pronunciare la formula, i segni di bruciature sul tavolino scomparvero, come ad evidenziare che nessun altro avrebbe potuto evocare una seconda volta Menea.

Fuori si alzò un vento furioso che cominciò a far battere le persiane. Ci fu un lampo, seguito da uno scoppio. Mi voltai a guardare fuori dalle finestre, preoccupata da quel cambio climatico così repentino.

« Salve fratello » disse una voce alle nostre spalle.

Mi voltai di scatto.

Davanti a noi, si era palesata una figura.

Era alta e staturaria, dai capelli biondi e ricci che gli arrivavano alle spalle. Le iridi erano castane. Indossava dei pantaloni neri e una camicia bianca dalle maniche lunghe con sopra un gilet nero. La posa era rigida.

"Gli angeli sono soldati" mi aveva detto una volta Castiel. Guardava l'angelo, impassibile, gli occhi freddi e inespressivi.

Castiel gli rivolse lo stesso sguardo « Menea... » disse a mo' di saluto.

Il caduto spostò gli occhi su di me e mi rivolse un semplice cenno del capo.

« Devo dedurne che qualche demone ha infranto l'accordo che aveva con me » disse, altezzoso. Dalla sua voce, sembrava perfino arrogante « Castiel, mi hai evocato per uccidermi? »

Il modo naturale con cui lo disse mi lasciò perplessa. Non ci temeva per niente?

L'angelo al mio fianco fece un passo avanti « No, Menea, ti ho evocato perché ho bisogno del tuo aiuto » asserì.

Menea sembrò rilassarsi e fece una mezza risata beffarda « Il mio aiuto? Strano, voi angeli "buoni" » disse, mimando le virgolette « non provate un odio insano verso noi "peccatori"? » continuò, con enfasi.

« Sì, » fu la risposta secca di Castiel « Ma il favore che devo chiederti supera l'odio che ho nei confronti dei caduti »
L'angelo caduto ci rivolse l'ennesimo sguardo beffardo. Incrociò le braccia e spostò il peso sulla gamba sinistra, piegandola leggermente.

« E quale sarebbe? »

Mentre i due parlavano, io mi sentivo esclusa. Il gelo che intercorreva tra i due era palpabile.

« Voglio diventare umano » disse in modo solenne Castiel.

In quel momento, un tuono squarciò il silenzio notturno.

Rabbrividii.

Menea sembrò cambiare totalmente, davanti a quelle parole. Mi guardò e sorrise, per la prima volta senza alcuna malizia nello sguardo.

« Vuoi diventare umano per lei? » domandò il caduto, rivolgendomi un sorriso dolce.

Lo guardai, confusa. Il suo cambio di comportamento mi stava facendo girare la testa. Un attimo prima era arrogante e glaciale, un secondo dopo si comportava come un amico di vecchia data.

Anche l'angelo accanto a me si rilassò « Sì ». Mi avvolse la vita con un braccio e mi avvicinò di qualche millimentro a se'.

Menea scoppiò in una risata liberatoria.

« Oddio ragazzi, mi avete fatto sudare freddo! Sono secoli che scappo dai miei fratelli »

Lo guardai, sconcertata. Cos'era? Un pazzo psicolabile? Probabile. Aveva dei cambi di umore troppo repentini per essere ritenuto "normale". Mi lanciò l'ennesima occhiata e si sedette sulla stessa poltrona su cui si era seduto Crowley.

« Ah, l'amore » disse, con un tono di voce strano. Da una parte sembrava sognante, ma le dita conficcate nella poltrona esprimevano l'esatto opposto.

Quell'angelo mi faceva paura.

"L'imprevedibilità ha sempre un vantaggio in uno scontro." pensai senza staccargli gli occhi di dosso.

Era bello come tutti gli angeli.

"Bello e temibile."

Castiel lo guardava, impassibile, mentre in me l'agitazione era palese: spostavo di continuo il peso da una gamba all'altra, mentre le dita tamburellavano frenetiche in vita.

Menea diede un colpo ai braccioli del divano e sorrise.

« Vi aiuterò »

 

« Avete carta e penna? » domandò, volgendo lo sguardo su di me. Annuii e corsi in camera da letto. Tra i libri, tenevo un blocco note sempre pronto all'uso. Quando tornai in salone, sentii un'aria pesate aleggiare nella stanza. Castiel teneva le spalle rigide e le iridi puntate su Menea, il quale sorrideva sornione.

Lanciai un colpo di tosse per annunciare il mio ritorno. Gli occhi dei presenti si spostarono su di me.

« Perfetto! » mormorò il caduto, togliendomi carta e penna dalle mani e cominciando a scrivere febrilmente. Mi porse il pezzo di carta subito dopo.

« Quando avrete tutti questi ingredienti, preparate il rituale mettendoli in una ciotola nell'ordine che vi ho scritto e tu... » disse, indicando Castiel « dovrai pronunciare le parole "Accipe me fati" ». Pronunciando quelle parole, sembrò tornare ad essere un soldato. La sua voce era neutra, ma le dita tambirellavano lungo la coscia in modo da scandire i secondi.

Osservai le parole scritte sulla lista. Non ero niente di macabro e scabroso e ne fui lieta.

Passai il foglio a Cas che lo esaminò rapidamente. Gli si allargò un bellissimo sorriso sul volto.

« Abbiamo praticamente tutto! » e così dicendo, si volatizzò dalla stanza.

Tornò mezzo secondo dopo con dei barattoli in mano. Li poggiò sul tavolo.

« Manca solo una foglia di Alianto* » sussurrò, scrutando il pezzo di carta. Un fruscio d'ali e Castiel sparì ancora una volta. Io ero rimasta ad osservarlo mentre faceva avanti e indietro in modo frenetico. Sentii ancora una volta uno sbattito d'ali e l'angelo era di ritorno con una foglia in mano.

« Dove sei stato? » chiesi curiosa, mentre lasciava cadere l'ultimo ingrediente nel recipiente.

« In Cina » mormorò, mentre osservava la foglia posarsi lentamente sul fondo.

Strabuzzai gli occhi. Sapevo che Castiel poteva volare via e tornare in poco tempo, ma ne rimanevo sempre sorpresa.

Lanciai un'occhiata a Menea, ma lui si guardava i piedi. Sembrava... imbarazzato? Che ne era stato dell'angelo soldato?

Tornai a guardare la mia creatura celeste. Prese un ago e si punzecchiò l'indice. Subito, comparve sul dito una goccia rossa.

« Il mio sangue è l'ultimo ingrediente » e così dicendo, la goccia bagnò la foglia.

Gli passai una scatola di fiammiferi.

C'eravamo.... c'eravamo davvero. Era arrivato il momento decisivo.

Il cuore mi batteva all'impazzata, l'eccitazione si impadronì di me. Ce l'avevamo fatta, da quel momento, Castiel sarebbe stato un umano e nessuno si sarebbe messo in mezzo. Le parole degli angeli non avevano più senso. Qualunque fosse stato il problema, io e Cas lo avremmo affrontato insieme. L'amore aveva vinto sugli angeli, sui demoni, sul dolore e sulla paura. Avevamo vinto e la nostra vita sarebbe cominciata un attimo dopo.

Castiel mi sorrise. Era così bello, la perfezione fatta a persona. Neanche il più bel dipinto del mondo, il tramonto più mozzafiato avrebbe potuto competere con lui.

Mi prese il viso tra le mani e lo avvicinò a se' con dolcezza. Mi lasciai trasportare dal suo tocco e le sue labbra premettero dolcemente sulle mie.

« Il mio ultimo bacio da angelo » soffiò sul mio viso.

Il cuore mi scoppiava, sentivo che tutto andava bene.

Castiel lasciò la presa su di me. Accese un fiammifero e lo lanciò nella ciotola.

Con la coda dell'occhio, vidi Menea mordersi il labbro. C'era qualcosa che non andava nel suo sguardo.

Oh no.

La consapevolezza che qualcosa non sarebbe andato nel verso giusto mi pervase. Lanciai un'occhiata al caduto, spaventata. Menea mi guardò, un ombra di colpevolezza gli oscurò lo sguardo. Il cuore cominciò a martellarmi nel petto.

Mi voltai di scatto per urlare al mio angelo di fermarsi.

« Fer... » ma non ci riuscì, Castiel mi precedette.

« Accipe me fati » disse in tono solenne.

Sgranai gli occhi. Il mio sguardo corse da Castiel a Menea. Quest'ultimo, mi guardò e con il labiale mimò due parole.

"Mi dispiace" e scomparve con un battito d'ali.

Afferrai il mio angelo per la manica del trench, guardandola, inorridita. Per una manciata di secondi non accadde nulla.

Poi fu la luce.

Un bagliore bianco e puro avvolse Castiel, il quale cominciò a contorcersi dal dolore. Sembrava che la luce lo stesse avvolgendo nelle sue spire fino a soffocarlo. Il bruciore raggiunse la mia mano, ancora salda sull'impermeabile dell'angelo. Istintivamente, dovetti mollare la presa. Urlai dal terrore con tutto il fiato che avevo in gola. Castiel si sollevò da terra mentre le sue urla irrompevano nell'aria. Avrei preferito morire che sentirlo gemere in quel modo. Mi lanciai su di lui nel disperato tentativo di portarlo con i piedi per terra. Piegai le ginocchia e mi diedi la spinta. Mi librai in aria, pronta ad afferrare Castiel, ma quando feci per afferrarlo, il bagliore sembrò essere risucchiato verso il soffitto, mentre la forza di gravità mi attirava nuovamente a se'.

Castiel era sparito insieme alla luce.

 

Non so per quanto tempo rimasi ferma, immobile, al centro della stanza con lo sguardo perso nel vuoto, fisso nel punto esatto in cui era sparito Castiel.

La mia mente era andata in standby, non riuscivo a formulare un pensiero coerente.

Castiel, il mio angelo, il mio amore... andato.

Il cuore mi si strinse in una morsa mentre il gelo mi avvolgeva.

Castiel non c'era più.

Menea ci aveva ingannati.

Dovevamo sospettarlo, era stato troppo facile.

"Castiel non c'è più" pensai, mentre quelle parole mi rimbombavano in testa. Le ginocchia cominciarono a tremarmi e caddi carponi a terra. Non sentivo più niente se non il vuoto incolmabile che la sua assenza mi aveva lasciato.

Mi accorsi che stavo piangendo solo quando delle goccie mi picchiettarono sulle mani. Le urla di Castiel erano ancora una lama che mi fendeva l'anima.

Era colpa mia se il mio angelo era stato portato via. Castiel stava pagando per una colpa che non aveva.

Solo il Paradiso poteva generare quella luce. Castiel era stato portato sù dagli angeli per avermi amata.

"Devi morire per una colpa del tuo passato" le parole di Zaccaria si fecero strada in me. Qualsiasi fosse stata la mia colpa, avrei preferito di certo morire che lasciare Castiel nelle mani dei suoi fratelli.

Lui, un essere celeste, pagava per colpa mia...

Imprecai con tutto il fiato che avevo, pregandoli di riportarmelo, pregando di non torturalo. Sapevo che le mie parole non sarebbero state ascoltate.

Cominciai a picchiare i pugni sul pavimento fino a sentire la mano indolenzita. Urlai ancora e ancora. Gli angeli non sarebbero stati benigni con lui, ne ero certa. Aveva disubbidito ai loro ordini troppe volte, non sarebbero passati oltre.

Non avevo modo di salvarlo, non questa volta.

In un libro avevo letto che per andare in Paradiso, serviva essere santo o una creatura celeste. Io non rientravo in nessuna delle categorie.

Non mi restava che fare l'unica cosa sensata: chiedere aiuto ai Winchester.

 

 

 

 

 

 

*[Ailanthus altissima - in italiano "albero del paradiso" ]

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Una nuova speranza ***


UNA NUOVA SPERANZA

 

Mi accoccolai sul letto, lo stesso che fino a qualche giorno prima avevo condiviso con Castiel. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che non lo avrei più rivisto. Certo, non era morto, ma era in Paradiso, un luogo precluso agli umani se non da angeli... o morti. Mi sentivo tremendamente sola, devastata. Non facevo che chiedermi quale fossero le nostre colpe per meritare una sorta così avversa. Che il mio passato c'entrasse qualche cosa, ormai era lampante. Ma perché Castiel era stato portato via? Le parole di Zaccaria riguardo il mio essere un disertore mi rimbombavano in testa. Neanche con Sam e Dean ero riuscita a trovare qualcosa per riportare il mio angelo indietro.

Mi rannicchiai in posizione fetale.

"Torna da me, ti prego"

Improvvisamente, sentii uno sbattito d'ali.

Dallo stupore balzai giù dal letto.

"Castiel?" fu l'unico pensiero. "Magari l'hanno liberato, magari è riuscito a scappare!"

Ma tutte le mie fantasie e le speranze vennero meno quando incrociai lo sguardo dell'unico angelo che più di tutti volevo morto.

« Menea! » sputai tra i denti. Tirai fuori dalla tasca posteriore dei jeans la lama angelica e mi preparai all'attacco « Ci vuole una bella faccia tosta per ripresentarti qui »

L'angelo si portò le mani avanti, in segno di difesa.

« No, no, aspetta, sono qui per parlare... » bofonchiò, senza distogliere gli occhi dai miei.

« Certo, se vuoi ci prendiamo anche un caffè insieme » sibillai, velenosa, facendo un passo avanti.

Menea indietreggiò, impaurito « Per favore, ho delle cose da dirti »

« Io no, hai fatto bene a venire, almeno mi hai risparmiato il bisogno di cercarti! » e così dicendo gli saltai addosso. Rotolammo per terra.

Mi sedetti cavalcioni su di lui e gli puntai il pugnale alla gola.

Menea ansimò un attimo, preso alla sprovvista, ma continuò a guardarmi negli occhi. Infine abbassò tutte le difese.

« Sì, ti capisco se vuoi uccidermi... ne hai tutte le ragioni, ma posso aiutarti a riportalo indietro... »

« Non mi freghi più, bastardo, mi vendicherò a modo mio »

« So che non ti fidi, ma se non dicessi la verità, non sarei venuto qui a parlarti... »

Non avevo il coraggio di credere alle sue parole. Ne avevo passate tante per fidarmi ancora degli angeli.

« Non lo so, magari vuoi far fuori anche me... » suggerii, premendo la lama sul suo collo.

Menea degluttì « Senti, so che mi odi e che mi vuoi morto, ma sono l'unico che può salvare Castiel, devi fidarti di me »

Lo fissai negli occhi per scorgere un qualcosa che tradisse le sue parole, ma le sue iridi castane sembravano pure. Non stava mentendo.

Mi tirai su ma non riposi l'arma.

« Parla » ordinai, mentre anche Menea si alzava in piedi.

L'angelo si ricompose. Si lisciò i vestiti e sospirò.

« Senti, davvero mi dispiace... io volevo aiutarvi ma... »

« No, senti, salta questa parte, passa a quella in cui salvi Castiel! » gli ordinai, interrompendo la sue sequela di scuse. Ci sarebbe stato il tempo dedito a quello, ma non era il momento adatto.

Sospirò nuovamente « Va bene... »

Si sedette sul letto e si tormentò le mani, tenendo lo sguardo basso.

« Sai com'è strutturato il Paradiso? » domandò, con fare retorico.

Ero già esasperata dai suoi inutili giri di parole.

« Se non arrivi al dunque in fretta, ti colpisco! » mormorai. Lo fissai gelidamente, mostrandogli la mia arma.

« Ok, ok... » si affrettò a rispondere « ... il Paradiso è un luogo dove possono accedere solo gli angeli e chi ha l'anima immacolata... » e così dicendo, mi osservò con il sopracciglio alzato.

Lo guardai male e lui proseguì.

« Ci sono centinaia di versioni diverse del Paradiso, una per ogni anima pura che arriva lassù... ma conosco un incantesimo per farti arrivare in quello dove si trova Castiel e salvarlo... ». A quelle parole, il mio cuore partì all'impazzata.

"Lo rivedrò" pensai, mentre gli occhi mi diventarono lucidi.

« Dici davvero? » domandai, cercando di tenere la voce ferma malgrado l'agitazione.

Il caduto annuì.

Sentii il mio cuore scoppiare di gioia. Ormai avevo perso completamente le speranze.

C'era qualcosa che non quadrava, però.

« Menea, perché d'un tratto ti è venuta voglia di aiutarmi? »

Lui si tormentò nuovamente le mani « Non riesco a convivere con il pensiero di aver fatto del male... dopotutto sono un angelo, il ferire gli umani va contro i miei principi naturali...»

"Traduzione: è divorato dai sensi di colpa" .

« Ma non ti sei fatto scrupoli la prima volta » gli ricordai, serrando la mascella.

« Hai ragione, ma Castiel era un mio amico, un fratello, e io l'ho tradito... non accadrà più » mi promise.

Lo fulminai con lo sguardo « Perché ci hai traditi la prima volta? »

Il caduto degluttì, evitando il mio sguardo « Naomi... » disse solamente.

Sentii il mondo crollarmi addosso. Naomi. Era lei il nostro principale nemico.

« Che ti ha promesso in cambio? »

Gli occhi del caduto tornarno sui miei.

« Il perdono e il poter ritornare in Paradiso » disse a bassa voce.

Mi uscì una mezza risata « Strano, ma qualcosa mi dice che ti ha mentito »

Menea abbassò lo sguardo, ferito. Come me, anche lui si era fidato della persona sbagliata. Potevo davvero fargliene una colpa?

Era una guerra, nessuno poteva fidarsi di nessuno. Eppure, in quel momento, dovevo riporre le mie speranze in una creatura che ci aveva traditi poco prima.

Feci una smorfia e decisi di cambiare argomento.

« Cosa serve per l'incantesimo? » domandai. L'angelo caduto si alzò dal letto e raggiunse la scrivania. Una volta seduto sulla sedia, tirò fuori dalla tasca della giacca un sacchetto.

« Ho tutto io, questo incantesimo ti permettera di raggiungere Castiel. Una volta lì, dovrai recitare una formula e compiere un piccolo rituale... ».

Prese fiato e mi guardò fisso negli occhi « Sei ancora sicura di farcela? »

Annuii con decisione.

« Bene, cominciamo! ». Prese un foglio di carta e vi scrisse qualcosa. Ripiegò il foglietto con cura e me lo diede. Lo misi in tasca senza neanche guardarlo.

Mi spiegò in modo veloce il rituale e io rabbrividii all'istante. Dovevo essere forte, però, per me e per Castiel. Ormai eravamo ad un passo dal successo, non potevo fermarmi.

« Ok, sei pronta? » mi chiese, mentre apriva il sacchetto.

« Prontissima! »
Menea prese un bel respiro e soffiò il contenuo verso di me. Ne uscì una strana polvere scura. Aveva un odore forte e penetrante.

Istintivamente chiusi gli occhi e starnutii.

Dopo pochissimi attimi, riaprii gli occhi e quello che vidi mi lasciò a bocca aperta.

Non ero più nel mio appartamento. Ero all'aria aperta e in un luogo che è difficile da descrivere.

C'era il sole che splendeva nel cielo, l'aria era calda e il cielo era puntellato da piccole nuvole bianche. Intorno a me regnava il verde incontrastato, come se fosse estate, anche se i fiori, che facevano da padroni nel paesaggio, suggerivano che la stagione fosse primaverile. C'erano piante e frutti di ogni forma e colore, mentre degli uccellini cinguettavano allegramente. Poco lontano, scorsi anche una piccola cascata, sormontata da uno splendido arcobaleno.

Era un Paradiso, in tutti i sensi, anche se sembrava più un'immagine infantile di esso.

"Magari è così che se lo immagina un bambino" pensai, guardandomi intorno.

Ma non avevo tempo di osservare tutte quelle meraviglie, la mia priorità era Castiel.

Il punto era che non sapevo dove cercarlo. Per quanto ne sapevo, quel Paradiso era immenso.

Da lontano, scorsi un paio di uomini vestiti di un completo nero venire verso di me.

"Angeli..."

Mi nascosi immediatamente dietro una quercia.

"Chissà se sanno che sono qui" pensai preoccupata.

Non avevo molto tempo, dovevo trovare Castiel e tornare sulla Terra il prima possibile.

Una volta sinceratami che non ci fosse nessun angelo in vista, cominciai a correre, nascondendomi di tanto in tanto dietro alberi e cespugli.

Ormai ero arrivata vicino alla cascata.

Trattenni il fiato quando una donna, sempre vestita di nero mi passò vicino.

A quanto pare, Castiel era l'unico angelo ad indossare l'impermeabile...

Quando anche la donna si allontanò, individuai un sentiero poco distante che portava ad un viale alberato.

Non so come, ma sentivo che dovevo prendere quella direzione.

Controllai nuovamente che non ci fosse nessuno in vista e iniziai a correre lungo il sentiero.

Alberi, cespugli, felci e ancora alberi. La natura regnava incontrastata in quel posto.

"Sì, è sicuramente l'idea di Paradiso di un bambino"

Il mio cuore fece un balzo a metà sentiero.

Sentii dei passi vicino a me e subito mi nascosi, con il cuore che mi batteva all'impazzata.

Due angeli mi si fermarono vicini.

« Pensavo di aver visto qualcosa, devo essermi sbagliato... » mormorò uno.

« Può essere, magari era solo un cervo » convenne l'altro.

Continuando a chiacchierare, si allontanarono e io sospirai di sollievo.

Mi sedetti un attimo tra il fogliame per riprendere fiato.

"Di questo passo mi scopriranno prima ancora che io possa trovarlo..."

Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo.

"Castiel, dove sei?" pensai sconfortata.

Riaprii gli occhi, pronta a percorrere nuovamente il sentiero, ma qualcosa colse il mio sguardo.

Seduto su una panchina, a una quindicina di metri da me, c'era Castiel.

Riconobbi i capelli ribelli e il trench beige.

Il mio cuore riprese a battere forte.

"L'ho trovato!"

Cominciai a camminare senza fare il minimo rumore tra il fogliame.

Passo dopo passo il mio cuore batteva sempre più forte.

Castiel non si mosse, sembrava in contemplazione.

Un altro passo ancora.

Gli ero vicinissima quando un rametto si spezzò sotto i miei piedi.

Castiel, incuriosito dal rumore, si voltò.

I nostri sguardi si incrociarono immediatamente.

Restammo imbambolati per qualche secondo, poi presi coraggio e gli saltai addosso.

Vidi i suoi occhi illuminarsi e venni subito circondata dalle sue braccia.

« Layla? » domandò con un sorriso « Che ci fai qui? ». Era stupito

Feci una mezza risata « Sono venuta per riportare a casa il mio angelo » e lo strinsi più forte.

Castiel allentò la sua presa su di me, mi alzò il mento e le sue labbra si posarono sulle mie. Mi baciò dolcemente. Quando la sua lingua sfiorò la mia, lo sentii gemere piano. Mi uscì un sorriso involontario e lo strinsi di più a me, passando le mani sotto il trench e sfiorandogli la schiena attraverso la camicia. La sua pelle sembrava bollente a contatto con la mia. Intrecciò le mani tra i miei capelli e continuò a baciarmi.

Quanto mi era mancato tutto quello.

Si staccò da me giusto per riprendere fiato, ma eravamo ancora tanto vicini che i nostri nasi si sfioravano.

« Ti amo » sussurrò.

Avvampai di rossore e il mio cuore perse un battito, prima di riprendere a tamburellare forte nel mio petto.

Castiel mi aveva detto che mi amava.

Una creatura perfetta come lui mi aveva appena confessato i suoi sentimenti più profondi con due parole.

Non me lo aveva mai detto prima... neanche quella volta che ero stata io a dire quelle parole per prima, dopo aver visto il film "La città degli angeli".

I suoi occhi erano immersi nei miei. Le pupille erano dilatate.

La sua voce era sincera e pura.

Vidi un ombra di preoccupazione oscurargli il viso.

Solo in quel momento mi resi conto che non gli avevo ancora risposto.

« Ti amo anch'io » sussurrai, riavvicinandolo a me per un altro bacio. Ero sincera. Castiel era tutto quello che desideravo.

"Sì, sono in Paradiso"

Il mio cuore batteva all'impazzata e quelle due parole mi rimbombavano in testa.

Sorrise contro le mie labbra e le sue braccia mi circondarono. Mi prese in braccio e istintivamente intrecciai i miei piedi contro la sua schiena.

Mi bastava stare accanto a Castiel per sentirmi bene, completa, rinata. Tutta la sofferenza degli ultimi giorni sembrava sparita nel nulla.

Mi appoggiò allo schienale di legno della panchina senza smettere di baciarmi. Ormai ero preda del suo odore e del suo amore. Tutto era perfetto, non chiedevo altro.

Le sue mani mi sollevarono la canotta bianca che indossavo, sfiorandomi la pelle fino al gancetto del reggiseno.

Una scarica di eccitazione mi percorse tutto il corpo. Gli sfiorai l'addome e risalii lentamente fino al nodo della cravatta blu, con l'intento di slacciarla.

Improvvisamente le sue mani sulla mia schiena si bloccarono e il suo corpo si irrigidì. Sollevai lo sguardo e lo guardai, confusa. Mi rispose con un'occhiata spaventata.

« Nasconditi! » ordinò.

Non ebbi neanche il tempo di riflettere sulle sue parole che mi lanciai dalla panchina dietro un cespuglio, dando una bella botta in terra con le ginocchia.

Dopo quella che sembrò un'eternità, vidi un uomo avvicinarsi. Il tramite afroamericano era di una bellezza sconvolgente, avvolto da un completo grigio chiaro.

Era alto, rasato con degli occhi blu elettrici. Aveva il passo sicuro, deciso. Era evidentemente a suo agio in tutto e per tutto.

Si fermò vicino a noi.

« Castiel? Avevo sentito che eri tornato! » disse, sopreso. Aveva una voce profonda e sensuale.

Si avvicinò e appoggiò una mano sulla spalla del mio angelo

"Sono amici" pensai, sorpresa.

Castiel non parlava mai dei suoi amici... Winchester a parte.

« Andros? È una vita che non ci vediamo! »

Andros sorrise. Si allontanò da lui, ma non mollò la presa sulla spalla di Cass.

Il suo sguardo divenne immediatamente cupo.

« Ho saputo che sei stato confinato qui, che ti hanno torturato e il perchè... se vuoi, io posso andare sulla Terra a controllare come sta la tua... ragazza » mormorò, esitando sull'ultima parola.

"Torturato?" il mio cuore perse un colpo. Lo avevano torturato a causa mia...non dovevo esserne sopresa. Sapevo che gli angeli non concepivano il rapporto che c'era tra di noi.

"Noi angeli siamo fatti per amare, non per innamorarci..." mi aveva detto un giorno Castiel.

"Lo avranno torturato perché si ostina a proteggermi" pensai premendomi una mano sul petto. Il cuore mi si era fatto incredibilmente pesante.

« Grazie, ma se le fosse successo qualcosa lo saprei » e sorrise.

A quelle parole sorrisi anch'io e Andros non fu da meno.

« Amico, se vuoi qualcosa devi solo chiedere »

« Ti ringrazio ancora, ma va bene così... grazie davvero »

Andros sorrise di nuovo, questa volta sembrava in imbarazzo.

« Ma figurati... ti devo ancora un favore... non mi sono ancora sdebitato per Cleopatra »

Castiel ridacchiò. Il poter risentire la sua risata musicale...

"Aspetta, Cleopartra?!" pensai, sgranando gli occhi. Ogni volta mi sorprendevo per il tempo che gli angeli aveno trascorso sulla Terra.

Ripresi a sbirciare.

« L'ho solo convinta ad incontrarti » ammise, annodandosi meglio la cravatta che gli avevo quasi completamente slacciato.

Andros si era avvicinato pericolosamente al cespuglio dove ero nascosta io. Per fortuna mi dava le spalle, anche se il mio cuore batteva così forte che poteva benissimo essere sentito.

Malgrado tremassi, cercai di rimanere il più possibile immobile. Ero inginocchiata e i muscoli cominciarono a farmi male. Per fortuna la foresta venne attraversata da una folata di vento, così potei cambiare posizione senza dover destare sospetti.

Andros poggiò un braccio sulla spalla di Castiel.

« Ed è stata una delle notti più belle della mia vita » disse l'angelo con voce sognante.

Subito dopo si fece nuovamente serio.

« Amico, io sarò sempre dalla tua parte... » prese fiato e si scambiarono uno sguardo d'intesa « ... appoggerò sempre le tue scelte » e così dicendo, gli diede un'ultima pacca e ci diede le spalle, allontanandosi.

Poi sembrò ricordarsi di qualcosa e tornò indietro.

« Ah, e per la cronaca, dì alla tua ragazza che nascondersi dietro un cespuglio non è il massimo... »

 

Sgranai gli occhi.

"Merda, e adesso?" pensai, mentre mi alzavo in piedi.

Andros mi squadrò da capo a piedi, incrociando le braccia.

Guardai Castiel in cerca di aiuto ma era allibito quanto me.

« Come hai... » le parole mi uscirono a fatica, schiacciate dalle forti palpitazioni che mi attanagliavano il petto. Cominciai a tremare... avevo il pugnale, ma Andros sembrava davvero molto forte, anche per me e Castiel.

« Per favore! I tuoi respiri si potevano sentire anche dalla Terra » si fece beffe di me.

Degluttii a fatica.

In una frazione di secondo, Castiel mi si parò davanti.

« Andros, ti prego... » e si guardarono per quella che sembrò un'eternità.

Dopo poco, Andros scoppiò a ridere.

« Dai Castiel, sai che non ti farei mai una cosa del genere, sai che sono dalla tua parte! »

"Per fortuna" pensai, mentre mi calmavo.

L'angelo superò Castiel e mi venne vicino.

Per il modo in cui mi guardava, sembrava voler scavare nella mia anima... ed era una cosa angosciante.

Andros mi sorrise e mi porse la mano.

« Piacere di conoscerti, il mio nome è Andros »

« Layla » dissi solamente, rispondendo alla sua stretta.

Avevo ancora l'adrenalina in circolo per formulare una frase più carina.

« Per curiosità, si può sapere come hai fatto ad entrare? Mi sembri ancora... viva » domandò, lanciandomi un'occhiata inquisitoria.

Quella di Menea era stata un'azione contro natura, quindi era ovvio che non avrei dovuto parlarne.

« Meglio non sapere... » borbottai, stringendo la mano a Castiel.

« Peccato » rispose, alzando le spalle. Per fortuna non indagò oltre.

Si girò verso Castiel , dopo aver sorriso alle nostre mani intrecciate.

« Allora, posso aiutarvi in qualche modo? »

« No, ho tutto sotto controllo »

Andros sorrise e si sedette sulla panchina.

« Bene, almeno posso guardare? » chiese, divertito.

"Preferirei di no!"

Nè io, nè Castiel rispondemmo.

Era arrivato il momento di riportare il mio angelo sulla Terra.

Presi dalla tasca il foglietto di Menea e lo stirai con le mani.

Sgranai gli occhi.

« Io lo ammazzo! » mormorai, acida.

"Lo ammazzo davvero!"

« Che succede? » chiesero in coro Cass e Andros.

Mostrai loro il foglietto.

« Non mi ha scritto l'incantesimo, ma ha fatto dei disegnini! »

Castiel mi sfilò il foglio dalle mani, fece un sorrisetto.

« E' enochiano, non sono simboli a caso »

« E che c'è scritto? »

Castiel mormorò parole a mio parere senza senso.

Le ripetei per memorizzarne la pronuncia.

« Ok, cosa dobbiamo fare? » domandò.

Presi il pugnale e avvicinai la lama al braccio destro.

Mi incisi la pelle giusto per vedere un rivolo di sangue gocciolare giù fino a bagnare le foglie sottostanti.

Strinsi i denti.

Castiel mi guardò allibito « Ma che fai?! »

« E' l'unico modo che hai per uscire, così mi hanno detto » risposi.

Era un piccolo taglio fastidioso.

Gli porsi il pugnale « Fa lo stesso »

Castiel, titubante, fece quello che gli avevo detto.

Non fece mezza smorfia a differenza di me.

"E' un taglietto, controllati! Sei sopravvissuta alle torture di Crowley!"

« Bene, ora afferrami il braccio, così... ok, dobbiamo far combaciare i due tagli... perfetto »

Presi un lungo respiro e chiusi gli occhi.

Mi impegnai a ricordare la sequenza di suoni necessari per l'incantesimo.

Quando ebbi finito, pensai di aver sbagliato qualcosa perché non accadde nulla. Stavo per mollare la presa su Castiel quando le nostre braccia vennero attraversate da una luminosissima luce biancastra. Il bagliore sembrò diventare parte di me, come se cominciasse a scorrere nelle vene. La forma di Castiel sembrò distorcersi, fino a brillare come una stella. Un bruciore assurdo mi attraversò il braccio, finché non caddi in ginocchio, esausta. Castiel non era più davanti a me.

« Ma cos'è... » non riuscii a chiedere ad Andros una spiegazione che fui costretta ad urlare dal dolore. Era atroce, come se avessi avuto un numero indefinito di crampi nello stesso momento e nello stesso punto. Me lo afferrai con l'altro braccio, con la speranza di diminuire il dolore che mi stava mozzando il respiro.

Le orecchie cominciarono a fischiarmi, i suoi intorno a me divennero ovattati.

Non sentivo neanche Andros, in preda al panico.

Il dolore divenne troppo per me e caddi a terra, perdendo conoscenza.

 

Quando riaprii gli occhi, non mi trovavo nel bosco, ma in quella che sembrava una grotta.

Era fredda ed umida.

Inoltre sentivo un rumore in sottofondo.

Shhhhh.

Sembrava qualcosa che scorreva.

Mi tirai su a sedere, facendo forza sulle braccia.

Subito quello destro tornò a farmi male, per fortuna l'intensità del dolore era diminuita.

Decisi di abbassare lo sguardo e vedere l'effetto dell'incantesimo.

Dal gomito fino al polso, il braccio era segnato da un intreccio di due linee nere. Sembravano due lingue di fuoco.

Storsi il naso per non svenire di nuovo.

« Secondo me è meglio se resti giù » mormorò una voce profonda e sensuale.

Andros mi guardava dall'alto in basso.

« Co... cos'è successo? »

Si inginocchiò accanto a me « Stavi urlando troppo, ti avrebbero scoperta, così ti ho portata qui, dietro la cascata... »

« E Cass? »

Andros si morse il labbro. Non disse nulla, si era limitato ad indicare il mio braccio destro.

Strabuzzai gli occhi.

"Questo Menea non me lo aveva detto! Lo ammazzerò, davvero"

Mi guardai il braccio.

« Cass? » domandai in un sussurro.

« Non penso possa sentirti... adesso devi sbrigarti ad andare via » si grattò il mento « ...è probabile che vengano a controllare »

Annuii. Aveva pienamente ragione.

Ripresi il foglietto. In fondo c'erano altri simboli in enochiano.

Lo porsi all'angelo « Puoi decifrarmelo? » lo supplicai.

Mi rivolse un seducente sorriso e prese il foglio. Sembrò studiarlo a fondo.

Me lo porse nuovamente e proferì altri suono senza senso.

Li ripetei ad alta voce.

Sentii come un risucchio, ma durò pochissimo.

L'ultima cosa che vidi del Paradiso fu Andros che mi faceva un cenno di saluto con la mano.

Il tempo di sbattere le palpebre e l'ambiente intorno a me era cambiato. Nessun prato fiorito, nessun bosco, nessuna grotta e nessuna cascata. Eravamo tornati a casa, ce l'avevamo fatta.

Mi voltai e incontrai lo sguardo di Menea che mi guardava a bocca aperta.

Se non ce l'avessi avuta a morte con lui, gli sarei saltata in braccio per ringraziarlo.

« Ce l'hai fatta! » era davvero sorpreso.

Io però non avevo tempo da perdere.

Lo guardai in modo supplichevole.

« E adesso? » mormorai, indicandogli il braccio.

Menea si alzò subito in piedi e mi raggiunse.

« Inciditi il braccio come prima e pronuncia queste parole... » e mormorò suoni distinti.

Riluttante, feci quanto mi era stato detto.

I segni neri sulla pelle si illuminarono non appena la lama mi sfiorò la pelle. Il mio braccio brillò per alcuni istanti, prima che ritornasse il dolore acuto e lancinante.

Strinsi i denti per non urlare.

Dal fascio di luce, emerse la figura di Castiel che rimase sospeso per qualche istante prima di rovinare a terra.

La luce scomparve così come il dolore.

« Ce l'abbiamo fatta! » dissi, tra le lacrime.

Ero felice, si era tutto sistemato. Ero con Castiel, il resto non contava più nulla.

L'angelo si tirò in piedi e il suo sguardo ingenuo si posò su di me. Sorrise e mi prese il viso tra le mani. Mi tirò piano a se' e mi stampò un bacio sulle labbra.

Mentre la sua lingua si faceva strada in me, un gemito mi salì in gola.

Lo desideravo più che mai.

Afferrai i lembi del suo impermeabile e lo strinsi a me con tutta la forza che avevo, sentendo il suo corpo aderire al mio.

Menea si schiarì la gola.

Io e Castiel ci allontanammo subito.

Ma qualcosa lampeggiò neglio occhi del mio angelo.

Come un fulmine, afferrò Menea per il colletto della giacca e lo sollevo di pochi centimetri da terra.

« Tu, bastardo, meriti di morire! » sibillò tra i denti. L'angelo caduto era in difficoltà. Boccheggiò. Probabilmente conosceva di cosa era capace l'angelo guerriero.

« Senti, mi... mi dispiace tanto! » biascicò « Naomi mi ha minacciato e... non sapevo come fare, ma adesso è tutto finito, siete tornati insieme! » disse, indicandomi.

Il sudore cominciò ad imperlargli la fronte.

Mi avvicinai, quasi esitante.

« Cass, basta, mettilo giù » il mio fu quasi un sussurro. Le spalle di Castiel, fino a qualche secondo prima rigide, si rilassarono. Riportò l'altro angelo con i piedi per terra ma non lo mollò. Mi lanciò un'occhiata confusa.

« Ma che dici?! Dopo che ci ha traditi... »

« Ha rimediato ai suoi errori » risposi prontamente. Non sapevo neanche io perché stessi difendendo l'angelo che ci aveva divisi, ma ero stanca di tutto quell'odio.

Era un giorno di festa, eravamo tornati insieme, la vendetta non avrebbe riportato indietro il tempo.

Castiel, probabilmente, intuì i miei pensieri, così lasciò la presa sull'angelo.

Menea mi ringraziò e si aggiustò la giacca, guardando con disappunto Cass.

Sbuffò.

« Mentre non c'eravate, ho scritto l'incantesimo per "perdere le ali" » disse, mimando le virgolette.

Lanciò un'occhiataccia a Castiel e mi porse il foglietto.

Ovviamente era scritto in enochiano.

« Grazie » mormorò il mio angelo a denti stretti.

Menea si limitò ad annuire.

« Spero abbiate fortuna »

Il caduto fece per sparire, ma io lo bloccai.

Avevo delle domande da fargli, ma non davanti a Castiel.

Mi voltai verso di lui.

« Puoi lasciarci un attimo soli? » . Castiel mi rivolse un'espressione imbronciata, ma volò via.

Sicuramente mi avrebbe aspettato sulla veranda.

Menea mi guardò, curioso.

Degluttì. Volevo fargli urgentemente delle domande, ma infondo temevo le risposte che avrei potuto ricevere.

Cominciai a torturami le mani, cercando le parole adatte. Menea non mi mise fretta.

« Vuoi sapere cosa ne sarà di Castiel dopo aver perso le ali? » mi anticipò.

Lo guardai implorante.

« Sì... »
Menea si passò una mano tra i capelli.

« Per un angelo è una cosa terribile, un dolore atroce, inimmaginabile... » mi spiegò « ... perdere le ali è come perdere gli arti, staccarseli di propria volontà. Da quel momento in poi non si torna più indietro, non portà più accedere al Paradiso. Il suo corpo si spaccherà in due, la sua anima sarà macchiata per sempre » Lo scenario che mi delineò era atroce. Peggio di tutto.

"Cass soffrirà ancora". Quel pensiero mi colpì come un pugno nello stomaco. Sentii il sapore del sangue in bocca e solo allora mi resi conto che mi stavo mordendo le labbra con forza.

« Ma almeno nessun angelo vi infastidirà più perché sarete entrambi umani e non ci sarà più niente di... inumano tra voi » e così dicendo, mi fissò negli occhi, alzando le spalle.

"Saremo felici" pensai. Però tutto il discorso precedente mi aveva segnata. Sentii la terra sotto i piedi venir meno.

Potevo chiedere a Cass tutto quel dolore? Potevo davvero?
Non ne ero più tanto certa.

Ringraziai Menea e feci per andarmene. Mi fermai dopo pochi passi e mi voltai a guardarlo nuovamente.

« Menea... ma tu perché hai scelto di essere un caduto? » domandai a bruciapelo.

Lui rimase colpito dalle mie parole. Di certo non si aspettava una domanda del genere.

Incrociò le braccia a petto e fece per stringersi. Sembrava cercare di farsi forza.

« E' complicato... » mormorò.

Mi sedetti nuovamente sul letto, in attesa.

« Mi ero innamorato di una donna e per lei ero disposto a tutto... credevo che potesse andare bene... ».

Strinsi i pugni. Sapevo già come sarebbe continuata la storia, ma lo lasciai parlare lo stesso.

« Ci amavamo, ma lei era mortale... e un ubriaco al volante me l'ha portata via ». L'agonia che emerse dai suoi occhi nocciola era disarmante. Mi si fece vicino e mi poggiò una mano sulla spalla « ... avrei voluto che quel giorno qualcuno mi avesse fermato, magari sei sarebbe ancora viva » e mi diede le spalle.

Era un angelo caduto. Una creatura ferita.

Mi si strinse il cuore.

« Ho cercato anche di uccidermi, anche se lassù... » continuò, indicando il soffitto « qualcuno mi ha riportato in vita, dandomi nuovamente le ali ma precludendomi il Paradiso »

Menea mi guardò e sorrise.

« Magari sono tornato in vita per una ragione... ». Mi rivolse uno sguardo compassionevole.

Di certo non immaginavo che gli fosse successo tutto quello che mi aveva raccontato. Provai un senso di pena verso di lui.

Vidi le lacrime solcargli il volto, prima di volare via e vederlo scomparire nella notte.

Menea non c'era più.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** La prova degli angeli ***


LA PROVA DEGLI ANGELI

 

Durante la notte, mi svegliai per andare in bagno. Con gran fatica, mi tirai su dal letto e mi guardai intorno. Con gli occhi semiaperti, mi cadde lo sguardo sull'orologio digitale, sul comodino.

Segnava le 3.29

Sgranai gli occhi e mi lanciai in bagno come una furia, prendendo dei vestiti al volo.

« Merda! Quella cazzo di sveglia non ha suonato! » ruggii a me stessa, mentre mi infilavo la maglietta e mi allacciavo i jeans.

Avevo il volo per Parigi alle 5.30 e alle 3.30 io ero ancora a casa!

Continuando ad imprecare dentro di me, corsi fino alla macchina e cominciai a caricare la valigia. Ovviamente il portabagagli della mia macchina era un buco e faticai non poco a farcela entrare. Quando riuscii nella mia ardua impresa, feci per mettermi al volante, ma mi resi conto che indossavo ancora le mie ciabattine pelose rosa.

Decisamente non era la mia giornata.

Mi catapultai nuovamente in casa e inforcai le mie Corverse nere con violenza. Prima di lanciare un'ultimo sguardo al mio appartamento, notai un pezzo di carta colorato sul tavolo della cucina.

"Il biglietto!

Con uno scatto lo afferrai e saltai in macchina.

"Merda, farò sicuramente tardi al colloquio" pensai, disperata.

Una compagnia francese aveva accettato di prendermi come stagista in una rivista poco conosciuta, ma che pagava abbastanza bene. Naturalmente, prima avrei dovuto superare un colloquio che, a quanto pare, il destino sembrava intenzionato a non farmi fare.

Impostai il navigatore fino all'aeroporto e partii.

Appena imboccai la strada principale, mi resi conto che era completamente bloccata.

"Maledettissimo traffico newyorkese! Ma che ci fate tutti in strada all'alba?" Strinsi con tanta foga il volante che mi rimase la gomma nera sotto le unghie.

E intanto si erano fatte le 4.06

In preda al panico e ad una crisi di nervi, cercai sul navigatore se ci fosse un percorso alternativo per raggiungere l'aeroporto.

Dopo poco, un segnale acustico mi fece sospirare di sollievo. Era un percorso di un paio di kilometri più lungo, ma almeno avrei evitato il traffico. Non so come, ma riuscii a divincolarmi da quella lunga fila di auto e di imboccare la strada alternativa che il navigatore satellitare mi suggeriva.

« Tra 300 metri, gira a sinistra » disse la voce meccanica dello strumento. Feci come mi venne ordinato e quella che mi si parò davanti era un lungo viale alberato.

4.22

Senza pensarci due volte, premetti il piede con decisione sull'accelleratore.

Per fortuna la strada era sgombra e non c'era segno che ci fossero i rivelatori di velocità.

"Anche se ci sono, non me ne frega niente, mi sta partendo l'aereo!" pensai, con il cuore in gola. Dovevo ancora fare il check-in, consegnare i bagagli e salire sul quel maledettissimo mezzo volante.

Mancava circa un'ora e io ero ancora per strada.

"Quella maledetta sveglia! Suona sempre, proprio oggi deve darmi buca?!" pensai, nervosissima.

Premetti il piede a tavoletta e la macchina schizzò in avanti.

La strada era larga da far passare solo una fila di macchine per senso di marcia, non c'erano banchine e il tutto era delimitato da una fila di alberi. Oltre di essi, c'erano solo campi.

La strada sembrava immersa nel nulla.

Inoltre il sole non era ancora sorto e l'unica luce proveniva dai fari della mia auto. Gli alberi avevano dei tronchi che, nell'oscurità, erano davvero inquietanti.

Lanciai un'occhiata veloce per assicurarmi che il navigatore mi stesse portando nella direzione giusta.

"Sembra di sì..."

Il percorso poi si snodava in pericolose curve, per cui dovetti rallentare decisamente.

E poi lo vidi.

Una macchina grigia, schiacciata contro un albero, con pezzi di vetro e lamiere che occupavano gran parte della carreggiata. Era talmente distrutta che non sarei mai riuscita a dire che macchina fosse. Senza pensarci due volte accostai la mia macchina e saltai giù per vedere se ci fosse qualcuno.

Dall'auto grigia cominciò ad uscire un fumo grigio poco rassicurante.

Con il cuore a mille, mi affacciai a quello che una volta doveva essere un finestrino.

Lì, in quel cumulo di lamiere c'era un ragazzo con un profondo taglio sulla testa che perdeva sangue. Aveva ferite ed escoriazioni e la testa era riversata sul poggiatesta.

L'air bag era esploso e forse su per questo che il ragazzo non aveva la testa rotta. Non esternamente, almeno.

"Ti prego no! " pensai, con il cuore a mille, in preda al panico.

Dovevo liberarlo, chiamare l'ambulanza... ma prima dovevo sincerarmi che fosse vivo...

con la mano tremante, poggiai l'indice e l'anulare destro sul collo del giovane.

Niente.

Non c'era battito.

Mi si gelò il sangue nelle vene, mentre sbarravo gli occhi.

"E' morto"

Rassegnata e con le lacrime agli occhi, feci per togliere le dita dal collo del ragazzo e fu in quel momento che sentii una lieve pulsazione.

Poi un'altra.

E un'altra ancora.

"Allora è vivo!"

Le lacrime non smettevano di scendermi dagli occhi e corsi verso la mia auto con un'espressione di gioia strana sul volto.

"E' vivo, è vivo!" pensai, mentre chiamavo il 911 e richiedevo aiuto.

Quando la croce rossa mi disse che sarebbe arrivata in pochi minuti, lanciai il cellulare nella mia macchina e corsi dallo sconosciuto.

Non doveva avere più di 25 anni, massimo trenta. Aveva i capelli scruri scompigliati che ricadevano in piccole ciocche che gli corpivano la fronte .

Aveva un accenno di barba e indossava un impermeabile.

"Strano... eppure qui non piove..." Lo guardai, incuriosita. Mi sporsi ancora di più verso di lui.

Non si muoveva.

"Sarà ancora vivo?" mi chiesi, mentre tornavo a premere delicatamente le dita all'altezza della giugulare.

Sì, c'era ancora il battito.

Improvvisamente, il ragazzo si mosse appena, con un grugnito. Strinse gli occhi e li aprì appena. Erano di un blu cobalto stupendo.

Quando incrociò il mio sguardo, spalancò gli occhi in segno di sorpresa, ma li richiuse all'istante con un gemito.

« Stai tranquillo, stanno arrivando i soccorsi! » gli dissi con un sorriso, mentre il mio cuore partiva a mille. Nell'aria risuonavano le sirene dell'ambulanza.

« Co... cos'è successo? » mi chiese, socchiudendo gli occhi. Sembrava facesse fatica a tenerli aperti.

« Un incidente » gli dissi solamente e feci per allontanarmi. Dovevo far segno all'ambulanza che eravamo vicini.

« No... non te ne andare » mugugnò il ragazzo, gemendo ancora dal dolore. Una lacrima mi rigò il viso.

Scossi la testa « No, non vado da nessuna parte... » e mi aggrappai nuovamente allo sportello per stargli vicina.

« Come... ti chiami? » domandò con un sussurrò. Vidi il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente. Stava faticando.

« Layla, ma non parlare, risparmia le forze » risposi, sorridendogli. Ebbi l'insano istinto di accarezzargli i capelli per rassicurarlo.

« Che bel nome... io sono Castiel » mugugnò, facendo un mezzo sorriso.

La sua voce aveva un non so che di musicale.

Gli sorrisi a mia volta.

« Grazie, anche il tuo »

Quando l'ambulanza ci raggiunse, due portantini mi spinsero via e cominciarono a salvare il ragazzo dalle lamiere. Impiegarono diverso tempo, dato che l'auto si era quasi accartocciata su se stessa.

Alla fine riuscirono a tirarlo fuori e lo immobilizzarono immediatamente sulla barella.

« Lei è un familiare o un parente? » mi domandò un portantino, con il fiato corto. La loro era una corsa contro il tempo.

« No, ma voglio venire con voi » mi imposi con foga. Non era da me un comportamento del genere, ma non volevo lasciare quel ragazzo da solo.

« Mi dispiace, ma solo un parente può salire sull'ambulanza, ha la macchina? » mi chiese e io gli indicai la mia vettura, abbandonata ad un lato della carreggiata.

« Bene, seguici, andiamo al Saint Peter Hospital » disse, mentre caricavano Castiel sull'ambulanza. Senza dire una parola, gli lanciai un'ultima veloce occhiata. Lo stavano intubando.

Mi si strinse il cuore.

Doveva farcela assolutamente.

Corsi alla mia auto e seguii l'ambulanza.

Il Saint Peter Hospital era costituito da una struttura imponente, dove troneggiava il bianco. Un complesso di edifici dove le lettere S, P, e H erano rinchiuse in un cerchio rosso. Era enorme ed accogliente. La sala d'aspetto era ampia e ariosa, dove la luce solare filtrava ad opera d'arte dalle finestre a soffietto.

Era affollato di gente, pazienti e dottori, infermieri e parenti.

Quando l'ambulanza entrò nella struttura, io dovetti andare a cercare parcheggio fuori. Per fortuna lo trovai subito.

Corsi al bancone delle infermiere.

« Salve, è stato appena portato un ragazzo, ha avuto un incidente d'auto » dissi, con foga.

L'infermiera, una donna asiatica con un caschetto di ricci mi sorrise e controllò sul computer.

« E' al terzo piano, ascensore B1, reparto terapia intensiva » mi sorrise la donna, indicandomi un punto imprecisato nel corridoio alla sua destra.

La ringrazia e corsi in quella direzione, suscitando la curiosità dei pazienti.

L'ascensore B1 cominciò a chiudere le porte proprio nel momento in cui io mi avvicinavo. Mi lanciai come una furia e riuscii a salirvi sopra.

Mi piegai in avanti per riprendere fiato.

Sentii un suono vicino a me. Alzai lo sguardo e vidi un dottore sulla trentina, alto e con i capelli a spazzola che mi sorrideva. Aveva il dito sul pulsante che faceva rimanere aperte le porte.

« Che piano? » domandò.

Gli feci segno di "3" con le dita, dato che avevo ancora il respiro mozzato.

Indossava un lungo camice bianco, da cui sotto spuntavano dei jeans scoloriti.

« Terapia intensiva » borbottò, mentre lui premeva i numeri "3" e "4" « mi dispiace...»

Sospirai e non dissi nulla.

"Mi dispiace? Castiel è ancora vivo, me lo sento!"

Mentre l'ascensore arrivava al piano, mi ritrovai a pensare al nome che il ragazzo mi aveva detto.

Castiel... che nome strano. In vita mia non avevo mai sentito qualcuno chiamarsi così.

"E' un bel nome, non c'è che dire" pensai.

Mi trovai in un lungo corridoio, illuminato da lampade al neon sul soffitto. Il pavimento era fatto di mattonelle scolorite, mentre le pareti erano bianche e blu.

"Blu, come gli occhi del ragazzo". Scossi la testa. Se entravo in quell'ottica, non ne sarei più uscita.

Percorsi il corridoio finché non trovai una porta con accanto il cartellino con su scritto "Terapia intensiva". Di fronte c'erano delle sedie e mi sedetti, in attesa.

Lanciai un'occhiata fugace all'orologio che avevo al polso.

Segnava le 5.38

Sì, senza dubbio avevo perso il colloquio. La cosa strana era che non mi importava più di tanto. La mia attenzione era rivolta completamente al ragazzo dentro, che lottava tra la vita e la morte.

Dopo quella che mi sembrò una eternità, un chirurgo ne uscì. Sembrò sorpreso di vedermi lì.

« Sei una parente del ragazzo? » domandò con fare inquisitorio.

« Un'amica » mentii « Come sta? »

Il dottore rimase in silenzio per un paio di secondi e il mio cuore si fermò.

Poi sospirò « Sta bene, ora ha solo bisogno di riposare, tra un po' lo portano giù » disse « Ti conviene scendere al secondo piano, lo portano lì » borbottò, prima di dileguarsi nel corridoio.

Sospirai di sollievo. Castiel ce l'aveva fatta.

Era strano come quel ragazzo sconosciuto mi sembrasse così familiare.

"Come se lo conoscessi da sempre" pensai, mentre riprendevo l'ascensore e scendevo di un piano.

Quando le porte si aprirono, vidi due infermiere spingere una barella. Mi bastò un'occhiata per riconoscere quei capelli arruffati.

Li seguii con lo sguardo, dato che si erano chiuse le porte dietro.

"Seconda stanza a destra" memorizzai la camera in cui portarono Castiel.

Volevo entrare e sincerarmi delle sue condizioni, ma sulla porta a vetri c'era appeso un foglio con su scritto l'orario di visita.

Avrei dovuto aspettare almeno tre ore.

Mi feci indicare la caffetteria e andai a fare colazione. Presi un cappuccino e una ciambella, ma la mia attenzione tornava sempre sul ragazzo. Ero completamente assorta nei miei pensieri che non mi resi conto che qualcuno mi si era seduto di fronte. Il sorriso smagliante non poteva che appartenere al dottore dell'ascensore.

« Aspetti l'orario di visita? » mi domandò con fare colloquiale. Diede un sorso al suo caffé.

« Già... »

« Mi sembri molto tesa... c'era qualche tuo parente in terapia intensiva?» chiese. Lo guardai, confusa. Stava facendo troppe domande e io non ero in vena di risposte.

« Il mio ragazzo » mentii ancora. Mi morsi immediatamente la lingua. Per quanto ne potevo sapere, Castiel poteva anche essere sposato... e se avessero rintracciato la moglie?

Degluttii, pentendomi subito della bugia. Le parole mi erano uscite di bocca, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Ma non era così. Io quel ragazzo non lo conoscevo affatto. Sapevo solo il suo nome.

Il dottore non si scompose, anzi, il suo sorriso si allargò di più.

« Se vuoi ti faccio entrare, così puoi stargli vicino » disse, alzandosi in piedi.

« Ma c'è scritto che l'orario di visita... » cominciai a dire, ma il dottore mi interruppe.

« Se hai il mio permesso, puoi stare lì anche fino a che non lo spediscono a casa » e così dicendo, mi rivolse l'ennesimo sorriso e lo seguii, felice.

Arrivammo al secondo piano con l'ascensore. Arrivati davanti alla porta a vetri, suonò un campanello e una infermiera venne ad aprirci immediatamente.

La donna, dai capelli biondi cotonati, mi lanciò un'occhiata confusa.

Sulla targhetta c'era scritto "Sara Shepard - infermiera"

Il dottore le disse qualcosa che non compresi, occupata com'ero a cercare di scorgere la stanza di Castiel da dove mi trovavo.

Sentii solo le parole "familiare" e "importante".

L'infermiera si fece di lato per farmi passare, senza dire una parola.

« Tornerò a dargli un'occhiata dopo » mi disse, mentre girava i tacchi e tornava sull'ascensore.

Lo ringraziai con un sorriso e mi feci condurre dall'infermiera nella stanza del ragazzo.

« Io dottor Trammel ha un cuore enorme ed è un pezzo grosso qui, sei fortunata » disse la donna, facendomi un sorriso stanco. Mi portò fino alla soglia della seconda porta a destra.

Mi affacciai verso l'interno. Era una stanza con un solo letto, circondato da un paio di macchinari. Da dove mi trovavo, riuscivo a vedere la flebo, ma non la faccia di Castiel.

« Sta riposando, è megli non svegliarlo » disse, soffocando uno sbadiglio. Annuii. Mi feci coraggio ed entrai.

Castiel era sdraiato sul letto, con le coperte tirate fino al petto. Dal lenzuolo spuntava il braccio destro ingessato. Aveva gli occhi chiusi e una mascherina sul volto, per aiutarlo a respirare. Il mio cuore perse un battito quando vidi dei piccoli graffi sul viso. Senza dire una parola, mi sedetti su una sedia accanto al letto e aspettai.

Dovevo essermi addormentata, perché non mi ero accorta di non essere sola con Castiel nella stanza. Il dottore dal sorriso smagliante, Trammel, stava controllando qualcosa su un piccolo monito che mandava dei bip- regolari.

« E' tutto ok? » domandai, con la voce impastata dal sonno.

Il Dr. Trammel si voltò e annuì.

« Sì, tutto ok, sono passato per controllare, penso che più tardi possiamo anche togliergli l'ossigeno » si grattò il mento « è stato proprio un miracolo che sia ancora vivo, da quello che mi hanno raccontato, la macchina era praticamente distrutta. Se l'è cavata con un paio di graffi, due costole e un polso rotto »
Allargò le braccia « Pensavamo avesse un trauma cranico o qualcosa di simile, dato il taglio sulla testa, invece era un piccolo ematoma... abbiamo avuto un po' di paura, dato che ha avuto una crisi respiratoria mentre lo medicavano » Scosse la testa. Scrisse qualcosa su una cartella clinica e uscì dalla stanza « E' proprio un miracolo »

Lanciai uno sguardo al ragazzo addormentato sul letto.

"Tutto sommato se l'è cavata, poteva andargli molto peggio" pensai, mentre sentivo gli occhi inumidirsi.

Un infermiere mi venne a cercare per avere informazioni sull'incidente e su Castiel, ma non sapevo niente, a parte qualche dettaglio e il suo nome.

Lui si appuntò quelle poche cose che sapevo e uscì dalla stanza.

Mi girai a guardare Castiel e con grande sorpresa, mi resi conto che si stava svegliando. Socchiuse gli occhi e cominciò a guardarsi intorno, confuso. Abbassò lo sguardo e si tolse dalla bocca la mascherina.

« Ma dove sono? » mugugnò.

« Sei in ospedale... » gli occhi di Castiel scesero su di me. Come la prima volta che ci eravamo guardati, spalancò gli occhi e mi sorrise.

« Noi ci siamo già visti, giusto? » domandò in un sussurro.

Annuì « Sì, qualche ora fa »

« No, prima dell'incidente » biascicò. Aveva la voce rauca. Si passò una mano sulla gola, infastidito.

Scattai subito in piedi « Ehi, che succede? »

« Ho sete » disse, indicandosi la gola. Ci voltammo entrambi verso il comodino, ma era praticamente vuoto.

« Aspetta, vado a prenderti qualcosa da bere e dico alle infermiere che ti sei svegliato » Castiel non rispose, ma il suo sguardo mi ferì. Sembrava un cane abbandonato.

Mi morsi il labbro, indecisa. Gli lanciai un'ultima rapida occhiata e mi diressi a passo svelto al bancone delle infermiere del reparto.

« Sì è svegliato » dissi sorridendo.

« Davvero? » chiese l'infermiera bionda cotonata, sbarrando gli occhi. Sembrava incredula. Si avviò a passo svelto nella stanza di Castiel.

La lasciai al suo lavoro e corsi giù al bar e presi una bottiglietta d'acqua naturale. Ripresi l'ascensore e corsi dal ragazzo.

Nella sala trovai il dottor Trammel, intento a visitarlo di nuovo.

Rimasi a guardarli dalla soglia. Non sapevo se potevo entrare o meno. Nel dubbio decisi di aspettare fuori.

Castiel e il dottore si voltarono nella mia direzione e mi sorrisero entrambi.

« Vedo che stai molto meglio adesso » dissi, sorridente. Gli indicai la bottiglietta d'acqua.

« Grazie a te » rispose Castiel. Aveva un sorriso abbagliante.

Sembrava sano come un pesce.

« Gli stavo dicendo che è proprio un miracolo che si sia salvato, inoltre si è già ripreso. In tanti anni non mi era mai capitato. È proprio un ragazzo fortunato, ma più di tutti è che tu lo hai trovato » affermò Trammel « Quella strada è poco trafficata » continuò, scrivendo qualcosa sulla cartella clinica di Castiel.

Il mio cuore fece un balzo.

Trammel alzò lo sguardo dal foglio.

« Bene, è tutto tuo » e così dicendo, mi superò e restai sola con Castiel.

Degluttii e feci un passo nella stanza, titubante.

Il ragazzo si girò verso di me « Non mordo mica, sai? » ridacchiò.

Risi anche io. Chissà perché mi sentivo un po' a disagio.

« E chi mi assicura che non mi morderai? ». Rise ancora e gli porsi la bottiglietta d'acqua.

Ne bevve un lungo sorso socchiudendo gli occhi.

Quegli splendidi occhi...

« Senti, se mi dai il numero della tua ragazza, di tua moglie o di un familiare qualsiasi li avverto che sei qui » dissi, reprimendo il solito, insano istinto di accarezzarlo.

Lui mi guardò, inclinando la testa di lato. Fece una mezza faccia imbronciata guardando il vuoto e si ributtò con la testa sul cuscino.

« No, non ho nessuno da avvertire » borbottò.

« Un familiare? » ci riprovai.

« Non ho nessuno » disse, atono « Veramente non ricordo niente di ciò che è successo prima dell'incidente » si grattò l'accenno di barba.

« Probabilmente è dovuto allo shock » annuii. Sicuramente era così.

"E agli antidolorifici" pensai, guardando l'ingessatura.

« E tu? Ricordi qualcosa prima di ieri? » mi domandò, senza guardarmi negli occhi.

« Certo! » esclamai, lanciandogli un'occhiata perplessa.

"Ma che domanda è?" mi domandai mentalmente. Ma non dovevo dare importanza alle sue parole, dopotutto era scampato ad un incidente mortale ed era sotto tranquillanti.

Si voltò a guardarmi, scettico, ma non indagò oltre.

« Ti va di raccontarmi cos'è successo? » chiese, indicandosi.

Annuii e ripercorretti la notte precedente.

« Wow » mormorò confuso a fine racconto.

« Tu cosa ricordi? »

Castiel restò per un paio di secondi il silenzio, con gli occhi chiusi e la testa poggiata sul cuscino. Fece una piccola smorfia.

« Stavo tornando a casa... non ricordo dove fossi andato... andava tutto bene, quando ho visto i fari di una macchina sulla mia corsia, contromano... ho sterzato e dopo un secondo tutto è diventato nero » disse, con fatica. Una piccola ruga gli si formò vicino all'occhi sinistro.

Avrei dato non so che per baciargliela e dirgli che andava tutto bene...

"Layla! Sei impazzita?! Ma che vai a pensare?" la mia mente mi redarguì senza mezzi termini.

« E quindi con il colloqui? » mi chiese, a bruciapelo.

Alzai le spalle « Ne troverò altri... » pensai, senza espressioni.

Castiel si rabbuiò « Mi dispiace... è colpa mia » disse, abbassando le spalle, mentre il suo sguardo si incupiva.

« Ma che dici?! » Mi si strinse il cuore.

Quel ragazzo mi faceva uno strano effetto.

"Magari lo hai già incontrato... in un'altra vita?" mi sussurrò una vocina dentro di me.

Scossi la testa. Non credevo a queste cose.

Era semplice attrazione. Semplice.

Restammo a chiacchierare tutto il pomeriggio. Le infermiere che passavano a misurargli la febbre, a medicargli le ferite, a dargli le medicine e a portargli i pasti non dissero nulla sul fatto che mi fermassi oltre l'orario di visite.

Trammel doveva avere una certa influenza.

Mi allontanai solo per andare a mangiare qualcosa, per andare in bagno o per darmi una lavata veloce nel bagno della stanza senza farmi beccare dalle infermiere.

Avevo l'ansia però a lasciare Castiel da solo.

Mi addormentai sulla sedia accanto a lui, lasciando che le tenebre mi avvolgessero.

 

Quando la luce cominciò a filtrare dalla finestra aperta, fui costretta a svegliarmi.

Mi ero addormentata con la faccia sul cuscino, accanto a Castiel.

Lo stesso Castiel che mi guardava con dolcezza a mezzo centrimetro di distanza!

« Oddio, scusami! » dissi, con il cuore a mille, mentre alzavo la testa dal cuscino.

« Perchè? » soffiò « Sei così carina quando dormi »

Avvampai immediatamente di rossore.

« Sicuro, un amore » borbottai, imbarazzata.

Il ragazzo mi guardò e scoppiò a ridere.

« Sei così buffa » ridacchiò.

Gli feci la linguaccia.

Ridemmo entrambi, ma subito dopo lui esclamò qualcosa, dolorante.

« Le costole! » esclamò, notando la mia faccia preoccupata.

"Ah, già, le costole rotte..."

Sentii la sua stretta sulla mia mano destra. Non mi ero neanche accorta che me l'aveva presa.

« Vai a casa, ti fai una bella dormita e poi torni qui » mi sorrise, comprensivo.

Scossi la testa « Preferirei restare... »

Si morse il labbro « Non dormi da quando mi hanno ricoverato e sono passati diversi giorni... mi fa male sapere di essere un peso » la sua faccia si rabbuiò.

« Ma non sei un peso! » esclamai, guardandolo, offesa.

Una infermiera entrò nella stanza. Aveva in mano un bicchiere con le medicine di Castiel. Mi lanciò un'occhiata « Dovresti andare a casa a riposare, cara, non hai delle borse sotto gli occhi, ma trolley » borbottò, preoccupata. Fece un mezzo sorriso alla sua stessa battuta.

Mi accasciai sulla sedia « Due contro una... non vale » mormorai, risentita. Castiel fece una mezza risata, interrotta subito da un mugulio di dolore. L'infermiera non perse tempo e gli ficcò in bocca le pasticche senza mezzi termini.

 

Me ne tornai a casa.

Quando aprii la porta, mi sembrò così strano ritrovarmi lì. Ero mancata per diversi giorni, eppure mi sembrava tutto... innaturale. Non sarei dovuta essere a casa, ma con Castiel.

"E cosa succederà quando lo dimetteranno? Lui andrà per la sua strada e tu per la tua, con la sola differenza che sarai senza lavoro!" mi ammonì una vocina interna. Mi si strinse il cuore chiedendomi se, una volta fuori, io e Castiel ci saremmo rivisti.

Sbuffai. Non ci dovevo pensare.

Mi buttai sotto la doccia e lasciai che l'acqua lavasse via tutte le mie preoccupazioni e le mie ansie.

Il getto d'acqua mi calmò all'istante. Era così rilassante...

Mi avvolsi nell'accappatoio e camminai a piedi scalzi fino alla cucina.

Aprii il frigo. Non c'era molto.

Recuperai dal surgelatore una mozzarella e dalla dispensa farina, lievito e una bottiglia di pomodoro.

"Mi farò una pizza" pensai, degustando il pensiero della mia cena.

Dopo aver praticamente divorato la mia favolosa creazione, mi rifugia nel caldo tepore delle coperte. Sarei andata da Castiel l'indomani.

 

La mattina dopo, alle 9, ero già all'ospedale.

Corsi nella stanza di Castiel, ma la trovai vuota. Mi si fermò il cuore.

"Dov'è?" pensai, guardandomi intorno.

Temevo il peggio. Dopotutto aveva avuto una crisi respiratoria in sala operatoria e nessuno mi assicurava che non ne avesse avuta un'altra in mia assenza. Non potevano neanche averlo rispedito a casa, ingessato com'era.

"Ma dove diavolo è?" pensai, avvertendo un fremito di paura. Corsi al bancone delle infermiere e mi rivolsi a Sara.

« Dov'è Castiel? » le chiesi, senza mezzi termini.

Lei alzò le spalle e mi seguì nella stanza del ragazzo.

Improvvisamente due mani mi coprirono gli occhi.

« Chi sono? » sussurrò una voce al mio orecchio sinistro. Il respiro caldo mi solleticò la pelle.

Quella voce era inconfondibile... eppure era assurdo!

« Castiel? » biascicai, confusa. Le mani dagli occhi sparirono. Mi voltai all'istante e incontrai le iridi blu cobalto di Castiel. Eravano a pochi centimetri di distanza e quella vicinanza mi diede le vertigini.

Sentivo il suo respiro caldo sulla pelle, i suoi occhi dentro i miei.

La mia mente partì per la tangente, tanto era presa dal momento che non mi ero neanche preoccupata del fatto che il ragazzo stesse in piedi.

"Bacialo, bacialo!" urlò la mia vocina interiore. Avvampai di rossore.

Castiel mi sorrise e mi si avvicinò ancora di più, senza staccare gli occhi dai miei.

Le nostre labbra stavano per sfiorarsi. Chiusi gli occhi e mi preparai ad accoglierle.

Ma quel bacio non arrivò.

Una voce alle nostre spalle ci fece sobbalzare.

« Allora, Castiel, vediamo come stai og... » il Dottor Trammel, che stava camminando a testa bassa, quando ci vide indietreggiò all'istante « Oddio, scusatemi, non volevo interrompere... »

Sbuffai. Ormai il danno era fatto.

Io e Castiel ci allontanammo all'istante.

Trammel ci guardò a mo' di scusa.

Il suo sguardo passò da me al ragazzo.

Per poco non cadde a terra « CASTIEL?! MA COME FAI A STARE IN PIEDI? » urlò, facendosi sentire da tutto il reparto. Alcune infermiere si affacciarono nella stanza.

Castiel scrollò le spalle e tornò a sedersi sul letto.

« Tutte le analisi, subito! » ordinò ad una delle infermiere.

 

Dopo quella che mi sembrò una eternità, Castiel tornò nella stanza, con al seguito Trammel dagli occhi vitrei. Teneva una radiografia in mano.

« Non ci posso credere » borbottava di continuo da quando era entrato.

Andò a parlare con le infermiere e ci lasciò soli nella stanza.

« Sei guarito » affermai con un sorriso carico di sollievo.

Il ragazzo sorrise. Eravamo soli nella stanza.

Mi si avvicinò e mi afferrò per i fianchi. Un brivido d'eccitazione mi percorse tutto il corpo.

« E' solo grazie a te » mormorò, avvicinando il suo viso al mio.

Le nostre labbra si sfiorarono « Ti prego, non andartene dalla mia vita» sussurrò.

« Mai » affermai sempre sottovoce. Il mio cuore batteva all'impazzata. Castiel era ciò che avevo sempre voluto dalla vita e, anche se lo conoscevo da poco, sentivo che potevo fidarmi di lui. Era assurdo, insano... inspiegabile. Come potevo provare certe cose per uno sconosciuto? Era innaturale, ma in quel momento non aveva importanza.

Ci baciammo dolcemente chiudendo gli occhi.

 

Improvvisamente, venni pervasa da quella che mi sembrò una scarica elettrica.

« Ma cosa... » provai a chiedere a Castiel, ma anche lui era confuso quanto me.

"Perché siamo in un ospedale?" pensai, dando una rapida occhiata intorno a noi.

Accanto a me, vidi l'angelo irrigidirsi.

Davanti a noi si palesò una donna. Alta e slanciata, indossava un completo bianco, aveva i capelli castani raccolti in una morbida coda. Ci guardava confusamente.

« Naomi... » mormorò a bassa voce Castiel.

Naomi... era lo stesso nome che aveva pronunciato Rochel quando era venuto ad ucciderci... lo stesso che aveva ricattato Menea.

"Un angelo"

« Avete superato la prova... strana sorte anche per il destino stesso » disse, con fare austero.

« Non capisco... » dissi in un sussurro.

Lei scosse il capo « Vi abbiamo messo alla prova, trasportandovi in una realtà alternativa, in cui eravate due perfetti sconosciuti... » raccontò atona « stranamente, vi siete incontrati e innamorati anche in quella realtà ».

Mi rivolse uno sguardo di ghiaccio.

« Non ci avete ancora detto perché volevate ucciderla » ringhiò Castiel, indicandomi.

Naomi sospirò.

« Gli ordini sono cambiati, dobbiamo solo portarla via per ordine di Raffaele, hanno un conto in sospeso » affermò.

« Raffaele? L'arcangelo? » chiese stupito il mio angelo, prendendomi la mano con fare protettivo.

Naomi annuì e fece una mezza risata beffarda.

« Non te ne sei ancora reso conto, Castiel? » continuò lei, diffidente.

L'angelo accanto a me si irrigidì « Di cosa? »

Naomi mi scrutò con i suoi occhi penetranti. Sogghignò.

« Lei è un angelo come noi ».

Sgranai gli occhi.

Tutto il mondo intorno a noi si fermò, come se qualcuno avesse spinto il pulsante "Pausa".

I suoni sembrarono sparire davanti a quella informazione.

La testa cominciò a girarmi e sentii le gambe cominciare a tremare.

"No, non sono un angelo"

« Non posso... » cominciai a biascicare, ma la voce non mi uscì.

Castiel mi guardò confuso. Il suo sguardo passava da me alla donna che aveva davanti.

« No, ti sbagli... se fosse un angelo lo avrei sentito » rispose con durezza.

Il mio cuore prese a battere velocemente.

"No, non sono un angelo"

« E' un angelo caduto, Castiel » affermò con convinzione. « La tua Grazia ci ha permesso di individuarla »

Mi si gelò il sangue nelle vene. Mi ritornarono alla mente le parole dell'angelo: mi aveva detto che quando una creatura celeste cade, gli rimane una scintilla di Grazia addosso in modo permanente. Per gli altri angeli è davvero difficile da individuare, a meno che... non ci sia un angelo potente accanto da essere come un faro nella notte su quella scintilla.

« Ti ha portato lontano dalla tua missione, Castiel » continuò in tono duro « Stavi diventando umano per un abominio, per il simbolo del peccato più grande »

Fece una breve pausa prima di continuare « Ti stavi lasciando trascinare nella perdizione... abbiamo avuto l'ordine di portarla via, volevamo solo proteggerti da lei. Hai voltato le spalle al paradiso per questo abominio! »

Alle nostre spalle, qualcuno applaudì.

Ci voltammo di scatto. Dietro di noi, Crowley ci guardava divertito.

« Naomi, che bella rimpatriata, come ai vecchi tempi » il suo tono era basso e profondo.

« Che ci fa un essere empio come te qui? » domandò, velenosa, senza scomporsi.

Il demone alzò le spalle « Sono venuto a prendere quella che tu chiami "abominio", mi serve per i miei "esperimenti" » mormorò, mimando le virgolette.

"Esperimenti?" Il mio cuore perse un battito e sbarrai gli occhi mentre dei flashback dell'Inferno facevano capolino nella mia mente.

« Lei c'è già stata all'Inferno, te la sei lasciata scappare » lo derise lei.

Crowley non si scompose « Prima non sapevo cosa fosse... e poi, sono stato io a lasciarla andare » puntualizzò, lanciandomi un'occhiata maliziosa.

Rabbrividii.

« Quando l'ho portata ai piani bassi, era solo per fare uno sgarbo all'angioletto in trench qui presente » . Il demone indicò Castiel.

Naomi fece un paio di passi in avanti, superandoci « Mi dispiace, ma la sua condanna è stata stabilita dal Paradiso »

"Stanno litigando su chi debba avermi?" pensai, inorridita.

« Mi dispiace, tesoro, ma non posso accettare un "no" come risposta » disse in tono mellifuo Crowley.

Ci fu un enome scoppio al centro della stanza. Non seppi dire da chi venne causato, fatto sta che Castiel mi afferrò per un braccio e mi portò via.

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Colpo di scena! Dai, fatemi credere di avervi stupito, anche se credo che già da un po' sospettavate che Layla fosse un angelo caduto. Maledetto Zaccaria!

Comunque, il prossimo capitolo sarà l'ultimo.

Con prossimo – e ultimo - vi stupirò (spero!)

Grazie a tutti quelli che passano e recensiscono! Grazie, grazie, grazie!

Scrivetemi cosa ne pensate di questo capitolo, sono curiosa :)

Un abbraccio,

Ladyvampiretta

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Castiel ***


CASTIEL

 

"I'm leaving, gone yesterday

Brutal, laughing, fighting, fucking

The price I had to pay.

Bright lights, [...]

She dreams of love

Bright lights, [...]

He lives to run."

[Bright Lights – 30 Seconds to Mars]

 

 

Eravamo volati fino a casa nostra, in salone.

Quella stanza aveva visto di tutto, dal re dell'Inferno agli angeli, compresi quelli caduti. E io potevo davvero rientrare in quest'ultima categoria? No, non era possibile.

"Naomi deve essersi sbagliata, come posso essere un angelo?"

Volevo far presente a Castiel le mie perplessità. La nostra relazione, nel caos tra angeli e demoni, era qualcosa di marginale: il Paradiso voleva tenerlo lontano da me perché, in quanto caduto, lo avrei trascinato nella perdizione. Ma ero certa che il mio angelo non la pensasse allo stesso modo. Ne avevamo passate tante per credere alle parole di Naomi e compagni. Il mio corpo, però, era scosso dai tremiti, una paura interna serpeggiava in me in maniera irrefrenabile.

Castiel, senza guardarmi, raggiunse la cucina in poche falcate. La sua agitazione era palpabile. Le sue spalle erano rigide e sentivo che qualcosa in lui si era come congelato.

Io, d'altro canto, non riuscivo a muovermi. Ero rimasta ferma e immobile nel punto esatto in cui l'angelo mi aveva lasciata.

Nella mia mente, la parola "angelo" rimbombava, creandomi un dolorosissimo mal di testa.

"Avanti! Non posso essere un angelo!" mi ripetevo. Alla fine, mi uscì una specie di risata isterica.

« Non c'è niente da ridere » mormorò Castiel a denti stretti, mentre poggiava con violenza una ciotola scura sul tavolo.

« Gli angeli devono essere impazziti per credere che io sia un angelo » e risi ancora. Mi aspettavo che Castiel ridesse con me, ma il suo volto era freddo e glaciale.

Sembrava un altro angelo.

« Castiel... non crederai mica che... » provai a dire, ma le parole mi morirono in gola. Mi lanciò un'occhiata che mi diede i brividi.

Sentii le gambe tremare ancora di più. Quello che avevo davanti era un Castiel diverso, non quello di cui mi ero innamorata.

"Crede davvero nelle parole di Naomi?" pensai inorridita.

« Che stai facendo? » chiesi, con la voce rotta. Ero talmente in ansia che facevo fatica a respirare. Un peso mi opprimeva il petto, come se una morsa mi stringesse forte il cuore. Le orecchie mi fischiarono e la realtà intorno a me divenne ovattata.

« Un incantesimo per vedere se sei veramente un angelo, dato che non riesco a percepire il tuo barlume di Grazia » affermò, deciso.

Rabbrividii ancora.

Castiel credeva che io fossi un angelo... credeva che gli avessi mentito.

Dentro di me, si fece strada l'idea che, qualsiasi fosse stato l'esito dell'incantesimo, la nostra vita non sarebbe mai tornata come prima. Era una brutta sensazione, ma mi assillava come un tarlo nell'orecchio.

Più lo guardavo, più venivo attanagliata da un senso di vuoto.

Provai ad afferrargli la manica del trench, ma lui si tirò indietro, come se si fosse scottato.

Alzò lo sguardo su di me: era vuoto e inespressivo. I suoi occhi blu avevano perso tutto il calore.

« Non crederai davvero che io sia un angelo! » sbottai, con il tono più alto di un'ottava.

Non mi prestò attenzione.

Lo guardai, allibita.

« Cosa ti è successo? » continuai, mentre gli occhi cominciavano a inumidirsi.

Lo sentivo distante come non mai. Avevamo lottato l'uno per l'altra, ci eravamo salvati a vicenda... Inferno, Paradiso... avevamo affrontato di tutto. Ma vedere il modo in cui silenziosamente mi respingeva, mi lacerava l'anima.

Una lacrima mi rigò il viso, ma non feci nulla per fermarla.

Concentrato com'era sull'incantesimo, pensai che non mi avesse sentita. Improvvisamente, alzò lo sguardo su di me e... alla fine, esplose.

« Pensaci, Layla, come fai a vedere le mie ali senza che i tuoi occhi brucino? Hai una forza straordinaria, conosci gli incantesimi, non sei un essere umano normale, quindi sei qualcos'altro! » disse in un ringhio. Non mi aveva mai parlato in quel modo, quindi quello bastò per destabilizzarmi.

Gli occhi, un tempo così puri e caldi, erano diventati qualcos'altro. Il suo comportamento era cambiato dalle parole di quell'angelo.

« Solo perché Naomi ti ha messo la... » provai a dire con voce flebile, ma Castiel mi bloccò.

« No, non è stata lei! È da un po' che ci penso, ma avevo sempre allontanato quel pensiero perchè non lo credevo possibile »

« E allora cos'è cambiato? » urlai ancora, tra le lacrime.

Avrei voluto chiedergli "Cos'è cambiato tra noi", ma le ultime due parole mi erano morte in gola.

Giusto poco prima mi aveva detto "ti amo". Eppure, quelle cinque lettere sembravano aver perso ogni senso.

Ad una manciata di secondi di silenzio seguì una risposta che non mi sarei aspettata.

« Non lo so » disse solamente, inespressivo.

E il mondo mi cadde addosso. Bastarono tre parole per mettermi al tappeto.

Nella mente mi si affollarono i nostri discorsi, le nostre giornate... la nostra vita di un anno.

Non volevo (e non potevo) arrendermi davanti a quelle parole.

« Preferisci credere a Naomi che a me? » chiesi con voce flebile. Era un discorso irreale. Dopo tutto quello che avevamo passato, preferiva fidarsi di chi lo aveva torturaro che di me.

Fece finta di non sentirmi e continuò a preparare l'incantesimo.

A quel punto esplosi io.

« Dov'è l'angelo che diceva di amarmi? » sbottai, mentre mi asciugavo le lacrime che ormai scorrevano inesorabili lungo le mie guancie.

Quel "Ti amo" rubato in Paradiso sembrava scomparso nel nulla.

"Se mi ama davvero, cos'è tutta questa farsa?" pensai, serrando i pugni lungo i fianchi.

Ero stanca di piangere davanti a lui, ma era inevitabile. Mi sentivo così fragile davanti a tutto quello che mi succedeva da quando nella mia vita era entrato lui. Castiel aveva sconvolto la mia vita, poteva davvero smettere di provare qualcosa per me solo perché credeva che gli avessi mentito? Solo per il fatto che fossi un angelo caduto?

Per un momento, mi ritornò alla mente l'incontro con Menea: il caduto aveva detto che gli angeli "buoni" come Castiel, provavano un profondo disprezzo verso quelli come lui.

E, a quanto pare, anche verso di me per il mio probabile essere un angelo caduto.

Le mie parole lo fecero vacillare. Vidi un brivido percorrergli la schiena e per un attimo ebbi la fugace, stupida idea che mi sarebbe venuto incontro per dirmi che mi amava ancora. Mi aspettavo che mi dicesse nuovamente "ti amo", che era tutto uno stupido scherzo di cattivo gusto.

Ma non successe.

« Non lo so » ripeté nuovamente.

Ancora una volta, quelle tre parole furono peggio di una pugnalata. Il dolore che mi lacerò il petto non era per niente paragonabile alle sofferenze che avevo patito all'Inferno. Era più forte. Mentre il demone Crowley mi torturava, in me rimaneva la certezza che Castiel mi aspettava e che mi amava. In quel momento, però, il mondo sembrò perdere tutto il suo senso in un istante.

Le gambe non mi ressero più e caddi in ginocchio sul pavimento.

L'angelo, come se nulla fosse, riprese a trafficare con gli ingredienti.

Lo guardavo con occhi vacui, sperano che fosse solo il frutto di un incubo. Non piangevo più, in me il vuoto e il senso di smarrimento la facevano da padroni.

"Non può essere" mi ripetevo.

« Avevi detto che mi amavi... può il fatto che io probabilmente sia un angelo farti dimenticare tutto? » sussurrai. Non avevo la forza di alzare la voce, ma ero certa che mi potesse sentire.

Anche per la remota possibilità che fossi davvero caduta del Paradiso, poteva davvero odiarmi e cancellare il nostro passato insieme?

Improvvisamente, gli occhi di Castiel mi sfiorarono e avvertii un brivido di paura che mai avevo provato nei suoi confronti.

Mi afferrò per le spalle e mi tirò su velocemente. Mi lasciai guidare inerme, come una bambola di pezza.

« Allunga il braccio » mormorò, inespressivo.

Come una macchina, feci quanto mi venne ordinato. Non avevo più niente da perdere.

Allungai la mano destra fin sopra la ciotola. L'angelo tirò fuori dal trench un ago e mi pizzicò l'indice, tenendomi fermo il braccio con l'altra mano

Non avvertii il dolore. Mi resi conto del suo gesto solo per il fatto che, dopo ciò, qualcosa di rosso cominciò a spuntare dal mio dito. Si formò una goccia che abbandonò il mio corpo e finì nella ciotola, insieme agli altri ingredienti.

Ritirai la mano e me la strinsi al petto. Il suo tocco aveva lasciato un alone di gelo sul mio corpo.

« Dopo aver pronunciato l'incantesimo, se ne esce una fiamma blu, significa che in te c'è la Grazia... o quello che ne resta »

Lo guardai, impassibile. Il verdetto era alle porte, che potevo fare?

Non tremavo neanche più. Niente aveva più senso.

Senza guardarmi, pronunciò l'incantesimo in enochiano.

Finita la formula, fece un passo indietro e i nostri sguardi si incrociarono.

Per un breve, piccolissimo istante, mi sembrò di scorgere un sentimento di scuse nei suoi occhi... come se fossero stati attraversati da un sentimento di tristezza.

Improvvisamente, dalla ciotola partì una luce accecante. Era bianca, con quelle che sembravano fiammelle rossicce splendere all'interno.

La luce raggiunse quasi il soffitto.

L'interno della ciotola brillò.

Restammo entrambi con il fiato sospeso, attendendo il responso dell'incantesimo.

Poi, come era apparsa, così la luce sparì e per un breve istante, credetti che la mia vita sarebbe dipesa dall'esito di quella magia.

La luce si esaurì del tutto e scomparve.

Provai a dire qualcosa, ma Castiel mi bloccò con una mano.

Si sporse per vedere meglio il fondo della ciotola.

Una scarica sembrò percorrere ancora una volta tutto il suo corpo, da cima a fondo.

Istintivamente, rabbrividii di riflesso.

"Angelo o umana?"

Mi sporsi a mia volta con cautela per vedere meglio.

Sul fondo, tra le ceneri di quelli che un tempo erano stati gli ingredienti, bruciava una piccola fiammella azzurra.

 

 

« Mi hai mentito! » mi urlò contro Castiel, guardandomi in cagnesco.

Cominciò a buttare all'aria tutto quello che gli capitava a tiro. Sedie, libri, piatti... niente rimaneva integro al suo passaggio.

Io mi sentivo svuotata, incapace di formulare un pensiero coerente.

"Sono un angelo" pensai, allibita.

« Magari tutto quello che mi hai detto era solo per trascinarmi nella perdizione! » continuò, afferrandomi per le spalle e costringendomi a guardarlo negli occhi.

« Io... non ricordo...non so... » provai a biascicare tra le lacrime.

Era vero. Non ricordavo di essere un angelo. Come potevo?

Castiel era diventato una furia... pensava gli avessi raccontato solo bugie.

« Naomi aveva ragione » sibillò.

A quel punto, la rabbia mi pervase « Io non ricordo di essere un angelo! Non ho ali, non ho niente! »

Ma ancora una volta, fece finta di niente

« Volevi solo trascinarmi nel peccato! » disse. Mi guardò come un animale ferito, carico di rabbia e di sofferenza.

« Ho combattuto i miei fratelli per te! È questo il tuo modo di ringraziarmi? Continuare a mentirmi come hai sempre fatto? »

Tremai. Non lo avevo mai visto così infuriato.

« Io ti ho amata e per te era tutta una menzogna? » chiese a bruciapelo quando i nostri sguardi si incrociarono.

Davanti a quelle parole, vacillai « Ma io ti amo... sul serio » mormorai a mezza voce. Malgrado la sua poca fiducia in me, non potevo fare a meno di pensare che avremmo potuto superare anche questo.

« Se mi amavi, non mi mentivi » sussurrò tetro.

Rimasi di sasso. Il mondo si era fatto buio e freddo.

« Non ti ho mentito » mugugnai « Devo aver perso la memoria nella caduta, non puoi accusarmi di averti mentito! » urlai. L'angelo, però, non sembrava disposto ad ascoltare.

« Perchè Raffaele ti cerca? Di quale conto in sospeso stava parlando Naomi? » sibillò.

Sgranai gli occhi.

« Non lo so... lo giuro! »

Si scansò da me e mi guardò in modo grave. Vidi i suoi occhi pervasi da una profonda tristezza, simile a quella volta che mi aveva trovata all'Inferno.

E mi si spezzò il cuore.

In quel momento, sentii di averlo perso.

Vacillai davanti ai suoi occhi. Temevo che mi lasciasse, che se ne andasse.

Non mi rimase altro da fare che scusarmi, anche se non avevo colpe.

"Non posso perderlo!"

Piansi e sussurrai delle scuse. Mi scusai per tutto, perfino del fatto di non sapere che fossi un angelo. Ero una creatura celeste caduta ma senza averne memoria. Mi scusai per tutto perché sapevo cosa stava per fare... e non ero certa che sarei sopravvissuta.

« Altre bugie » sussurrò, tenendo gli occhi bassi e scuotendo la testa.

Per lui, una menzogna rappresentava il più grave sgarbo che potessi fargli... me ne accorsi tardi, malgrado il mio continuo dire la verità.

Le mie peggiori paure si manifestarono quando Castiel mi guardò negli occhi.

« Addio » mormorò.

Quelle parole furono il colpo di grazia.

In un attimò, sbattè le ali e scomparve davanti ai miei occhi.

Caddi a terra e il vuoto mi circondò.

Non c'era più.

Nella casa aleggiò il silenzio.

"No, non può essersene andato" pensai.

« Castiel? » provai a chiamarlo in un sussurro.

Non poteva avermi abbandonata.

« Castiel? » riprovai, con voce flebile.

Se ne era andato. Questa volta per davvero.

 

Piansi e mi maledissi per tutto quello che era successo. Castiel odiava i caduti e, in quanto tale, odiava anche me. In più, credeva che gli avessi mentito per trascinarlo con me nella perdizione, macchiando e distruggendo la sua Grazia purissima. Credeva che lo avessi ingannato e messo contro i suoi fratelli.

Io lo amavo davvero, poteva dubitare dei miei sentimenti?

Battei i pugni per terra e continuai a piangere. La sofferenza degli ultimi mesi era esplosa davanti a Castiel.

Il gelo mi avvolse. Ero sola.

Dopo quella che mi sembrò un'eternità, anche la lacrime finirono, trascinandomi in uno stato di vuoto interiore. Non sentivo più nulla.

Non so per quanto tempo rimasi in quello stato catatonico sul pavimento.

Minuti, ore, giorni.

Quando riuscii a farmi forza e alzai lo sguardo, vidi che il cielo stava albeggiando.

"Non può finere così" pensai, mentre afferravo il cellulare da sopra il tavolo.

Provai a tirarmi su, ma le gambe cedettero e così decisi di rimanere in ginocchio.

Composi il numero. Una voce dall'altro capo rispose dopo il secondo squillo.

« Layla? »

Provai a dire qualcosa ma le parole mi morirono in gola. Facevo fatica a parlare e a respirare.

« Layla che succede?» il tono si fece più urgente.

Presi un bel respiro e mi feci forza.

« Dean... ho bisogno di aiuto » disse solamente, prima di riprendere a piangere.

 

To be continued...

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

 

Ed eccoci arrivati alla fine di questa prima parte della storia. Lo so, non ho dato a Layla e Castiel un lieto fine e un po' mi dispiace per loro. "Bright Lights" è finita, so di non aver risposto a tutti i dubbi sulla storia, ma non preoccupatevi, sto scrivendo un sequel, dove verrà sbrogliata la matassa. Ho già scritto un paio di capitoli, ma non posso dirvi con certezza quando pubblicherò il continuo.

Ringrazio tutti quelli che sono passati a leggere le avventure di Layla e del suo angelo, grazie davvero.

Grazie a chi ha recensito, a chi ha lasciato un segno del suo passaggio, a chi l'ha messa tra le seguite, preferite e/o ricordate.

*Indossa un casco * bene, sono pronta a ricevere le ultime recensioni della storia (e anche tutte le cose che, immagino, mi tirerete dietro).

Un grazie di cuore a tutti!

Un abbraccio,

Ladyvampiretta, Layla & Castiel.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2236275