Nageroboshi- Stella cadente di zery (/viewuser.php?uid=106207)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Dopo la pioggia la terra si indurisce ***
Capitolo 3: *** 2. Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero ***
Capitolo 4: *** 3. Se mangiate veleno, mangiatelo nel piatto ***
Capitolo 5: *** 4.Se sei preparato bene, non c'è niente da temere ***
Capitolo 6: *** 5.Il falco di talento nasconde i suoi artigli ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Sai Kaede , la ricordo ancora , anche a
distanza di anni
.
La prima cosa che mi hai insegnato .
Lo ricordo con un peso nel cuore e tuttavia
lo
custodisco gelosamente .
Lo ricordo con dolore e con gioia ,
così intensamente
da sentirmi quasi sopraffatta : te che mi parli con dolcezza , te che
mi dici che ogni cosa inizia e finisce con una stella .
Come dimenticarlo ? Pendevo dalle tue
labbra , ti
ascoltavo con fiducia .
Sicura , certa .
Semplicemente ti adoravo sorella mia :
“ Questa
sera ti racconterò la leggenda del Tanabata
“ si sedette accanto al mio futon allungando la mano per
scostarmi
una ciocca di capelli dal viso
“ Sei pronta Kyoko ? “
“ Comincia nee-san “
replicai impaziente, gli occhi
accesi per l'attesa .
“ Sicura ? “ sulle
labbra di Kaede si dipinse un
sorriso birichino .
“ Questa è la storia
di un amore proibito, così
bello e lacerante da venir tramandato nei secoli “ il suo
sguardo,
che lasciava intravedere tutto il suo carattere spigliato , si
posò
su di me
“ Forse non dovrei parlarne ad
una bimba “ aggiunse
con tono più basso come meditando .
Strinsi le labbra, quanto la odiavo quando
faceva così.
Semplicemente amava punzecchiarmi in quella maniera.
Kaede scoppiò a ridere, con un'
espressione in grado di
illuminare la stanza e la notte stessa.
“Non sono così
piccola“ sbuffai imbronciata
mi accarezzò la testa in segno
di scusa “ Certo,
undici anni sono davvero tanti“ rise ancora “Gli
anziani del
villaggio dovrebbero portarti rispetto“ disse divertita.
Lasciai perdere incrociando le braccia per
indicare il
mio disappunto.
“ Allora nee-san, questa
stupenda storia d'amore la
conosci veramente o erano solo chiacchiere ? “
Kaede sorrise e bastò quello a
rallegrarmi, lei era
così: piena di vita, solare.
“Allora mettiti comoda e
preparati a trattenere il
fiato” mi fece l'occhiolino complice, il nostro era un legame
speciale.
La sua voce usciva fuori vivace, parlava
con entusiasmo
in maniera da far sembrare ogni parola importante, ogni frase
emozionante.
“ In un tempo molto
lontano esisteva un mondo, la Via Lattea.
Questo
luogo si trovava in
alto, al di là delle stelle ed era diviso in due dal fiume
della via
lattea, da una parte vivevano gli uomini e dall’altra gli
dei.
Un
giorno Kenjyu, un
giovane mandriano, oltrepassò con le sue mucche il confine
dei due
regni ed arrivò a un lago.
Lì
vide Orihime, una dea
bellissima , intenta a farsi il bagno .
Kenjyu
le rubò le vesti e
si nascose dietro un albero in attesa che Orihime uscisse, infatti il
ragazzo vedendola se ne era subito innamorato .
Si
era sentito attrato da
lei in maniera inspiegabile, era qualcosa più forte di lui,
qualcosa
a cui sentiva di non poter resistere.
Orihime a quel punto incominciò
disperata a cercare le
sue vesti , senza le quali non avrebbe potuto volare e tornare a
casa.
In quel momento Kenjyu, girato di spalle,
uscì da
dietro l’ albero e le disse: “Se acconsentirai a
sposarmi ti
restituirò la veste“ e poi si girò.
Appena Orihime lo vide si
innamorò di lui, anche lei
aveva sentito crearsi un legame in quel momento stesso, tanto
misterioso quanto inevitabile.
Così acconsentì al
matrimonio .
Kenjyu
e Orihime rimasero
a vivere nel mondo degli umani ed ebbero due
figli.
Ma
una dea invidiosa della
loro felicità decise di mandare un suo messaggero per
catturare la
ragazza e riportarla nel mondo degli dei, ai quali era proibito
innamorarsi degli umani e vivere nel loro mondo.
Kenjyu
però non si arrese
e decise di partire insieme ai figli per riportare a casa Orihime,
armati di coraggio attraversarono le terre che li separavano dal
grande fiume della Via Lattea.
Giunti
sulle sponde del
fiume cominciarono ad attraversarlo con una barca , ma la dea
mandò
un’ alluvione , e nonostante remassero con tutte le loro
forze non
riuscivano a raggiungere l’ altra sponda .
Ma
Kenjyu , disposto a
tutto pur di riavere la sua amata , continuò a remare fino a
quando
la dea, commossa dai suoi sforzi, si impietosì e disse :
“ I bambini potranno
vivere con la madre, e consentirò a te e a Orihime di
incontrarvi
una volta l’ anno, la settima notte del settimo mese, al
centro del
fiume della via lattea”.
Trattenni
il fiato per un
attimo. Quella storia aveva qualcosa di così romantico e
allo stesso
tempo doloroso da lasciarmi senza parole.
Deglutii
affascinata.
Che
sentimento difficile e
complicato era mai l'amore ? Quella domanda mi sorse spontanea.
“ E se alzi lo sguardo
verso il cielo vedrai la stella Altair , che rappresenta Kenjyu , da
una parte del fiume della Via Lattea , mentre dall’altra
parte si
vede la stella Vega , che rappresenta Orihime .
Le
due stelle stanno lì
ferme , ad aspettare la notte del Tanabata per potersi finalmente
incontrare “ .
Restai
zitta, riflettendo
.
“ A che cosa stai
pensando ? “ mi domandò Kaede
“ Vuoi saperlo, sorella
? “ mi alzai a sedere infastidita “ Kenjyu e
Orihime si sono
proprio fatti fregare, e davvero alla grande tra l'altro “ .
Kaede
mi guardò stupita ,
come se si aspettasse di tutto tranne che una simile risposta e
scoppiò a ridere.
“ Voglio dire , che
cos'è una sola notte per un amore grande come il loro ?
“
“ Una sola notte é
meglio di niente , non credi Kyoko ? “ rispose lei pacata
“ Ma un amore così
richiede mille notti e forse anche
di più “ insistetti io
“ Forse ti racconto troppe
storie d'amore “. Aveva
sulle labbra un sorrisetto compiaciuto “ Meglio
così : sogna
l'amore più grande che riesci ad immaginare e un giorno ,
vedrai ,
sarà tuo “ .
Mi accarezzò una guancia.
“ Ora dormi “ .
Chiusi gli occhi mentre Kaede lasciava la
mia camera.
Nella testa avevo ancora le parole del suo racconto.
Se Kenjyu e Orihime aspettavano quell'unica
e sola notte
con trepidazione e senza mai stancarsi ne doveva valere veramente la
pena . Doveva esserci qualcosa di potente, di indissolubile, di
innegabile che li legava secolo dopo secolo , che li spingeva a
cercarsi nelle notti scure , là tra le stelle .
Qualcosa di irrinunciabile ,
così forte da renderli
quasi schiavi .
Forse un giorno anche io ci sarei riuscita .
Forse un giorno avrei pensato che una notte
sola con la
persona che si ama è meglio di nulla .
Forse anche io avrei aspettato quella
persona , sarei
vissuta per lei .
Certo , non avevo dubbi . Avrei raggiunto
le stelle per
trovare il mio innamorato .
Per provare sulla mia stessa pelle quel
sentimento così
bello , di cui finora avevo solo sentito parlare .
Non vedevo l'ora , non aspettavo altro che
vivere la mia
favola personale .
In trepida attesa per quel giorno in cui
avrei
conosciuto l'unico con cui vivere la mia vita .
Ma dimenticai ben presto la favola che mi
avevi
raccontato quella notte, così come le mie fantasie d'amore.
Capii
che era un'illusione, non esistevano amori felici, amori leggendari .
Perché
quindi, Kaede,
riempirmi la testa di tante sciocchezze ?
Credevi
forse che vivere
nell’ignoranza
per me fosse
meglio ?
Beh
, allora eri tu quella che non aveva capito niente , perché
quando
fui colpita da tutto quel dolore , da tutto quello strazio , mi
ritrovai completamente impreparata e persa , in un mondo che non era
quello che credevo . E le favole per me divvennero appunto solo
favole, che nulla avevano a che fare con la realtà, non
avevo più
motivo di credere in esse.
Divenni
di pietra, divenni di ghiaccio.
Mi
sentivo come una stella ferita .
Una
stella che aveva perso il suo antico splendore , incapace di
illuminare.
Ecco
perché feci quel
giuramento .
Lo
feci con in mano il mio
cuore … e ancora non sapevo che avrebbe influenzato per
sempre il
resto della mia vita .
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Capitolo 2 *** 1. Dopo la pioggia la terra si indurisce ***
1. Dopo la
pioggia la terra si indurisce
dansieriparole.it/proverbi/giappone/proverbio-180765?f=t:247>
Ero
nata seconda di tre figli. Ed ero quella che di certo passava
più
inosservata. Non avevo caratteristiche particolari, ma non per questo
mi scoraggiavo, mi impegnavo per essere una brava figlia, per non
recare dispiacere o disonore ai miei genitori, né ero
invidiosa di
quello che la sorte aveva dato ai miei fratelli e di cui io invece
non ero dotata.
L'avvenenza
di Kaede, la sua indiscutibile bellezza che le avrebbe permesso di
attirare un buon partito, come in effetti stava accadendo. O il fatto
che Takeo, mio fratello minore, fosse un maschio, destinato a portare
avanti il nome del nostro casato. Era il prediletto tra tutti, il
più
piccolo e quello a cui più attenzioni erano riservate anche
per la
sua salute cagionevole .
Nostro
padre cercava comunque di non farmelo pesare , ci insegnava a
leggere, a scrivere e a contare, ci impartiva lezioni di vita e
comportamento.
Voleva
che dentro di noi rimanesse almeno una traccia del passato glorioso
che i nostri antenati avevano avuto.
Sperperi,
una cattiva amministrazione e fin troppa generosità avevano
portato
il mio trisnonno a vendere quasi tutto: terre, palazzo e ricchezze.
Alla fine era rimasto il nostro buon nome e storie da tramandare di
quel passato brillante.
Eravamo
nobili decaduti ormai da qualche generazione, impoveriti, senza terre
o proprietà.
Costretti
a vivere come popolani , a coltivare la terra , ma non per questo
infelici, a nostro modo ci eravamo ricavati un piccolo ma solido
angolo di felicità.
Io
imparavo in fretta, ero curiosa e impavida quando si trattava di
lanciarsi in un'avventura. Sapevo cavalcare e praticavo il kyudo.
Insomma
la mia era una bella famiglia , volevo bene a tutti e mi sentivo
amata.
Amavo
poi anche Goshogawara, il villaggio tranquillo e anonimo in cui
vivevo, e amavo la mia vita fatta di quotidianità.
Questo
era ciò in cui credevo, punti fermi fissati sulla mappa
della mia
vita.
Ma i
miei occhi di bambina non mi permettevano di vedere al di là
del mio
naso. Accadevano cose, c’erano cambiamenti e io continuavo a
vivere
tranquillamente mentre ciò che era più importante
lentamente si
sgretolava senza che me ne accorgessi:
Mi
incamminai tenendo in mano il mio bottino , due pesche , una per me e
una per Kaede , raccolte arrampicandomi sull’albero degli
Otori, i
nostri vicini di casa.
Non
vedevo l’ora di portare il frutto a mia sorella sapendo
già cosa
mi avrebbe detto :
“
Ottimo
lavoro Kyo-chan “ sorridendo dolcemente come suo
solito .
Fui
felice pregustando quel momento.
I
sorrisi di mia sorella erano un dono per chiunque ne fosse il
destinatario, sapevano dare gioia, rendere più leggero un
animo,
aveva una vitalità e un calore in quel semplice gesto del
viso
davvero non comuni .
In
lontananza scorsi Kaede insieme al nobile Kobayashi e affrettai il
passo per andare loro incontro, ben attenta a non farmi vedere .
Il
nobile Kobayashi da qualche tempo corteggiava mia sorella e potevo
ben immaginare il motivo per cui si era avvicinato a lei : la
bellezza luminosa che la circondava e che riusciva a mettere in ombra
qualsiasi altra fanciulla le venisse paragonata .
Kaede
con i suoi capelli lunghi e neri, lisci e lucenti, l'incarnato come
una perla, gli occhi profondi e vivaci sapeva incantare qualsiasi
uomo.
Avevamo
visto le speranze di ridare gloria e onore al nostro casato venire
alimentate dalle sue frequenti visite, nutrite dal suo modo di
trattare Kaede.
Lui,
un nobile di alta levatura, di stirpe antica e potente desiderava mia
sorella … e due erano le cose da fare quando si veniva
corteggiate
da un
nobile
, ed era risaputo : accettarne la benevolenza nel bene e nel male o
rifiutarla e prepararsi alle conseguenze che un animo offeso e pieno
di risentimento avrebbe potuto scatenare, alle ripercussioni di un
orgoglio ferito.
Kaede
aveva accettato forse presa dall'amore, contenta per quelle
attenzioni, e forse in parte anche per noi, nel tentativo di
cancellare le macchie che sporcavano il passato dei Tokugawa. Per
renderci di nuovo degni di quella cerchia elitaria, accettati da
coloro che un tempo erano stati nostri pari.
Mi
piaceva guardarli e osservare.
Comprendere
i gesti d'amore, imparare cosa significava amare. Sempre lontana per
non disturbarli e nascosta per non mostrarmi sfacciata di fronte a un
nobile.
Sarebbe
stato impertinente e sconveniente, un atto di imperdonabile
maleducazione. Sapevo
bene qual era il mio posto e per questo li osservavo
segretamente proprio come ora.
Kaname
sfiorò mia sorella.
Sembrava
così delicato e attento mentre compiva quei movimenti, ma
Kaede
improvvisamente si allontanò voltandogli le spalle e corse
verso
casa.
La
inseguii saltando tra le piante e spostando l'erba alta al mio
passaggio, l'orlo del kimono si inzaccherò di fango ma ci
prestai
poca attenzione, il più delle volte finivo col tornare
sporca a
casa, suscitando i rimproveri di mia madre e le risate di mio padre
che alla fine commentava il mio essere un inguaribile spirito libero.
Kaede
entrò, io mi fermai sull'uscio ad ascoltare immobile e per
la prima
volta ebbi paura di quella situazione: mia madre urlava con la voce
piena di rabbia e angoscia .
“ E’ così che stanno
le cose Kaede ? … quel nobile … come hai potuto ?
“.
Mia
sorella non rispose.
Quel silenzio , quel suo non rispondere era peggio di mille parole o
giustificazioni .
“ Stai gettando fango
sul buon nome della nostra famiglia , cosa pensi dirà la
gente ?
Come pensi di poter girare a testa alta per il villaggio quando hai
sporcato così il tuo onore ? Il nostro onore …
“
“ Madre … “ disse
piano Kaede
“
Non
chiamare madre la persona che hai disonorato , non sei mia figlia
più
di un qualsiasi estraneo là fuori , non chiamare famiglia le
persone
che hai condannato a un futuro di vergogna “ .
Sentii
mancarmi il fiato, mentre la porta si riapriva e Kaede scappava .
Che
cosa stava succedendo ?
La
inseguì; trovandola seduta su un tronco, il viso piegato dal
pianto
“
Kaede
… “
Mi
fissò .
Gli
occhi vivaci , offuscati dal dolore per le parole di mia madre e per
la vergogna , avevano perso la loro luce e sembravano rivelare quanto
in realtà mia sorella fosse sull'orlo di un baratro .
“
Il
nobile Kaname ha fatto qualcosa di brutto ? “
“
No
… sorellina , non ti preoccupare “ si
asciugò in fretta le
lacrime “ Non è successo nulla , va tutto bene
“.
Ma
sentivo dietro ad ogni parola la realtà innegabile ed
evidente .
Erano
tutte bugie.
Tutte.
“
La
persona che ami non dovrebbe farti soffrire, giusto ? “
“
E'
così “
“
E
tu lo ami il nobile Kaname ? “
Mia
sorella esitò , sembravo aver colpito nel segno
“
… Io
… “ ma le sue parole si persero nel vuoto .
Sentii
una mano posarsi sulla mia spalla “ Kyoko , ti proibisco di
parlare
con tua sorella ! “.
Feci
resistenza, ma mia madre mi strattonò e una delle pesche che
avevo
in mano scivolò a terra rotolando fino ai piedi di Kaede. La
raccolse, ma non stava sorridendo come invece mi sarei aspettata.
Non
stava sorridendo affatto.
“
Forza,
vieni ! “
Volevo
parlare con Kaede , ma non lo feci . Rimasi muta in maniera
imperdonabile . Le parole mi raschiavano la gola senza uscire fuori.
Mentre
venivo trascinata via avrei solo voluto chiederle perdono , ma non
feci neanche quello .
Lasciammo
Kaede lì da sola e io … non conobbi mai la sua
risposta , perché
nessuno si preoccupò di aiutarla .
Vedevo
Kaede spegnersi , intrappolata nell'isolamento in cui i miei genitori
l'avevano gettata e sembravo essere l'unica ad accorgersene .
Si
consumava inesorabilmente davanti ai miei occhi senza che potessi
parlare .
I
miei genitori non le parlavano , Takeo non le parlava e io ero
complice di quella tortura insensata .
Già
, complice , anche quando l'unica cosa che avrei voluto era
abbracciarla e dirle che tutto si sarebbe risolto .
Soffrivo
quanto Kaede, per il senso di colpa, perché vedevo stare
male lei
così legata a me. Sentivo un macigno sul petto senza
riuscire a
disfarmene: per quanto mi sforzassi, restava ancorato alla mia pelle
, irremovibile .
Guardavo
mia sorella , la guardavo e vedevo soltanto che le cose
peggioravano
.
Cadeva in un oblio senza ritorno , aveva perso il
sorriso , aveva perso
l'energia sprigionata dal suo sguardo , sembrava morta nell'animo,
nonostante continuasse a respirare .
Nessuno
le parlava , nessuno la ascoltava.
Non
pensavamo ci sarebbe stato qualcosa di cui pentirsi , per cui
provare rimpianto .
Ci
sbagliavamo .
Kaede
era uscita per una passeggiata , dopo settimane di reclusione
spontanea in casa. Era diventata così pallida e magra che
ero
soltanto felice che uscisse a respirare un po' d'aria e a prendere un
po' di sole .
Le
diedi dieci minuti di libertà , per poi andare da lei,
parlarle e
soprattutto scusarmi .
Ma
poi vidi quel corpo penzolare da quel ramo , sospinto dal vento
avanti e indietro .
Inerte
, senza vita , pesante .
Non
ero riuscita a scusarmi e non avrei mai più potuto farlo .
Mi
sentivo privata di qualcosa . Come se qualcuno improvvisamente mi
avesse tolto un polmone o un qualche organo vitale e mi avesse
lasciata lì nel nulla ad agonizzare, mentre quel corpo
penzolava
senza fine davanti ai miei occhi . Avanti e indietro .
Ricordavo
quel giorno come qualcosa di irreale , accaduto in un mondo in cui mi
trovavo ma di cui non facevo parte .
La
gente mi passava davanti come in una sfilata , inchinandosi ,
pregando , mormorando all'infinito :
“Mi
dispiace” ,
“Condoglianze”
,
“Che
il suo spirito riposi in pace” .
Chiudevo
gli occhi , li riaprivo , li richiudevo , ma davanti a me la scena
non cambiava e quel senso di irrealtà sembrava strozzarmi e
congelarmi lo
stomaco
.
Le
stesse parole venivano ripetute all'infinito e poi di nuovo,
finché
perdevano valore e senso . Vuote e aride in una cantilena senza anima
.
Respiravo
, camminavo , vivevo e avevo l'impressione di restare ferma mentre
sentivo Kaede allontanarsi sempre di più .
Non
ne distinguevo la sagoma , sbiadiva davanti ai miei occhi , si
cancellava inesorabilmente.
Cercavo
di non farmela portare via ma non ci riuscivo , le mie mani
afferravano l'aria , il nulla .
Sentivo
il vuoto nella testa e nel cuore e non sentivo più Kaede e
mai più
l'avrei sentita :
“
Mamma
, perché Kaede dorme in quel letto ? “
domandò Takeo. La sua
voce acuta si levò nel silenzio del corteo .
E'
una bara , una bara !
Volevo urlare .
Non
sta … dormendo !
Ma la voce non mi usciva , sembrava
incastrata nella
gola , imprigionata tra uno strato di angoscia e la voglia di
piangere .
Perché
Kaede ti sei suicidata ?
Rivedevo in continuazione mia sorella e il
suo corpo
sospinto dal vento , quell'immagine era incisa nella mia mente e ogni
mio pensiero pareva concentrarsili sopra , allontanarsi in un attimo
di sollievo e poi tornarci su in un circolo vizioso che non aveva
pietà .
Ogni ricordo era una stilettata al cuore .
Ogni pensiero uno schiaffo che bruciava
come carboni
ardenti.
Ogni memoria una lacrima che cadeva,
ustionandomi la
guancia .
Mio padre chiuse la bara e io sussultai .
La gente
intorno restava immobile, mentre a me pareva di sentire il petto
andare a fuoco .
Poi il becchino cominciò a
spalare la terra e sbarrai
gli occhi , le labbra mi tremavano , le mie mani erano gelide . Mi
sentivo quasi soffocare : come se stessero ricoprendo me di terra ,
come se nella bara ci fossi io e l'aria mi mancasse veramente .
Scrollai le spalle e sfuggii alla stretta
di mia madre ,
le sue mani mi avevano tenuta ferma per tutto il tempo in una morsa
ferrea .
Piangendo
cominciai a
battere i pugni sulla schiena del becchino
“ Basta !“
L'uomo
mi rivolse una
breve occhiata , aveva lo sguardo calmo di chi non si scompone per un
morto in più e non riuscii a tollerarlo .
Mia
sorella non era un
morto in più .
Era
mia sorella , la mia
Kaede .
E
io sapevo che quell'uomo
non arrivava a capire il mio dolore . Nessuno ci riusciva , neanche
mamma o papà .
Avevo
perso la mia guida .
Avevo
perso Kaede che mi
incoraggiava , mi sorrideva , difendeva , parlava , che dormiva con
me quando avevo paura , che era pronta a rincuorarmi senza pensare a
se stessa . Avevo perso Kaede per sempre e mi sembrava di scomparire
a quel pensiero .
“ Perché metti della
terra sopra mia sorella ? “ strillai .
La mia
voce era un gorgoglio di disperazione : “ Poi
come farà a
tornare da me ? “.
Piansi
più forte, la voce
mi si strozzò in gola “ Non può
più tornare , non può tornare
se la metti là “ scivolai a terra , tenendo
stretto in mano un
lembo dell’haori del becchino
. Continuai a piangere , mentre davanti ai miei occhi la terra cadeva
sopra mia sorella .
Odiavo l'uomo che aveva ingannato Kaede ,
che l'aveva
usata muovendola come un burattino con le sue bugie e i suoi inganni
, con le sue belle parole e i suoi finti sorrisi .
Odiavo aver permesso che quei falsi gesti
d'amore
passassero indisturbati davanti ai miei occhi.
Odiavo essere stata così cieca e
ingenua.
Odiavo il nobile Kobayashi che aveva messo
incinta Kaede
e l'aveva abbandonata spingendola al suicidio.
Odiavo il resto del mondo per non aver
fatto nulla e
odiavo me stessa per essere rimasta ferma.
Kaede aveva preferito la morte alla
sentenza a cui la
società l'avrebbe condannata rimanendo viva. Aveva preferito
impiccarsi invece che essere additata come una volgare prostituta,
invece che sentire il disonore e la vergogna pesare sulle sue spalle
ogni giorno.
Si era uccisa per l'onore,
perché il nostro nome non
venisse sporcato per ciò che aveva fatto.
La verità era che avrei
barattato il mio onore pulito
e immacolato per un suo sorriso , la mia buona reputazione per la sua
vita, avrei barattato me stessa per lei. L'avrei fatto mille volte
senza neanche un ripensamento.
Non mi importava del rispetto altrui, io
rivolevo Kaede
, il giudizio degli altri era insignificante : lei era mia sorella e
sempre lo sarebbe rimasta.
Le altre persone potevano dire quello che
volevano, a me
non interessava.
Guardavo la tomba e mi sentivo abbandonata,
con il
rimorso che mi azzannava il cuore ad ogni respiro e l' odio che
ristagnava nella mia testa, come un fiume incapace di trovare una via
attraverso cui defluire.
Cosa poteva fare un uomo ad una donna?
Poteva ucciderla
con il suo comportamento senza nemmeno sollevare un dito. Poteva
mentirle fino a prosciugarle la vita, prenderle il cuore e tradirla,
fingere di amarla e abbandonarla e poi passarla liscia.
E allora giurai.
Con una mano toccai la terra appena smossa
e umida e ci
passai in mezzo le dita raccogliendone un po' nel palmo. Tenevo gli
occhi fissi e le lacrime scendevano senza che sbattessi le palpebre,
righe di dolore sulla mia pelle.
Giurai con la rabbia in corpo, che si
agitava come una
bestia in gabbia, camminando avanti e indietro feroce e pericolosa.
Kaede non avrebbe più potuto
parlare allora io avrei
parlato per lei.
Giurai col dolore nel cuore,
così potente e devastante
quanto uno tsunami.
Mi sentivo distrutta e giurai,
perché non mi rimaneva
altro che quello.
Non
mi avvicinerò mai ad un uomo, non mi fiderò mai
di un uomo.
Non
mi lascerò tradire né ferire.
Non
mi lascerò ingannare né amare.
Non
mi innamorerò, non perderò il mio cuore.
Io
ti vendicherò Kaede .
Vivrò
per te e per vendicarti .
E allora giurai !
**************
MI ricavo questo piccolo spazietto autrice :) salve a tutti e
grazie, soprattutto, per aver iniziato a leggere questa mia storia. Ho
pensato di pubblicare Prologo e primo capitolo assieme così
da rendere più fluida la lettura e più
comprensibile la storia.
Il titolo è un proverbio giapponese "ame futte ji kitamaru",
tradotto in italiano "dopo la pioggia la terra si indurisce" e che vuol
dire parafrasando. le avversità formano il carattere ,
proprio ciò che è successo a Kyoko insomma.
Per ora vi saluto e spero di ritrovarvi al prossimo capitolo ! :)
|
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Capitolo 3 *** 2. Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero ***
2. Tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il
guerriero
Il tempo scorreva Kaede , la vita passava ,
i giorni se
ne andavano uno dopo l'altro.
Avevo passato i primi tempi cercando di
rimanere a galla
. Mi aggrappavo ad ogni ricordo come ad un ramo che sporge dalla riva
sicura tendendosi verso acque impetuose . Allungavo il braccio ,
allungavo la mano , ma il ramo continuava a sfuggire alla mia presa .
Volevo tornare indietro , riportare
ciò che non si
poteva riavere.
Era una caccia al fantasma, disperata e
ridicola,
semplicemente impossibile.
La vita continuava a scorrere, imperterrita
,
inarrestabile, anche opponendosi mi avrebbe portata avanti alla
fine, sempre più lontana dal mio passato felice. Da quel
mondo in
cui io ero la bambina accudita e protetta da Kaede.
Quei ricordi erano il mio punto fermo, di
svolta, di
inizio, realtà non più reale.
Alla fine smisi di oppormi, e andai avanti
a modo mio.
Ma sentivo che non mi sarei mai slegata. Non ci sarei mai riuscita
probabilmente. Troppi conti aperti , troppi motivi che mi avevano
portata all'oggi.
Il mio passato era tutto.
Era il legame con Kaede.
Era ciò in cui credevo,
ciò per il quale avevo
giurato.
Era il mio odio, la mia vendetta.
Dal passato era nata la nuova me.
Quella Kyoko sorta dal dolore,
più forte, più dura,
non più bambina.
Toccava a me ora essere adulta e prendermi
cura degli
altri.
Quella Kyoko che si ergeva stoica e come
una
sopravvissuta ad un naufragio continuava a navigare con la
testardaggine di chi era duro a morire.
Toccava a me ora affrontare la
realtà:
Erano passati sette anni dalla morte di
Kaede e dal mio
giuramento che non avevo dimenticato. Nonostante avessi ormai
diciotto anni non volevo sentir parlare di matrimonio e ripudiavo
qualsiasi contatto con un possibile pretendente, il disgusto verso
gli uomini non aveva fatto che aumentare con gli anni.
Lo dovevo a Kaede, senza ombra di dubbio.
Le dovevo una vita, fedeltà,
vendetta.
Sì, se mai mi fossi trovata il
nobile Kaname a portata
di mano gli avrei torto il collo. Sarebbe stato un comportamento poco
femminile , poco onorevole e rispettoso, ma la cosa non mi avrebbe
fermato.
Avevo imparato a mie spese qual era il
prezzo del
silenzio e della
vigliaccheria. Lo avevamo imparato tutti il
giorno del
funerale di Kaede , dovevamo convivere con quello che avevamo fatto .
Ma io non sarei stata mai più
vigliacca o inerte, un
comportamento del genere non me lo sarei perdonato una seconda volta.
Non avrei più taciuto o atteso
che qualcun'altro
facesse le cose per me.
Il senso di colpa era stata un'ombra
oscura, una cappa
sopra la nostra casa.
Noi avevamo scelto di abbandonare Kaede, e
ne portavamo
le conseguenze lì nel cuore, anche se ricominciavamo a
respirare, a
vivere.
Andavamo avanti, inevitabilmente, ci aveva
sospinti
prima il passare del tempo, poi la routine: ognuno con le proprie
occupazioni e il proprio lavoro, così com'era normale.
Ero
cresciuta e avevo dei doveri,
sentivo di averne.
Volevo
essere slegata da un uomo,
indipendente, era il mio sogno visionario.
Forte,
decisa, determinata, tutto
quello che non ero stata da bambina.
Volevo essere una buona sorella per Takeo
come Kaede lo
era stata per me , essere per mio fratello il modello e la protezione
che Kaede aveva rappresentato.
Forse non sarei stata all' altezza , ma non
mi sarei mai
data per vinta.
Volevo dimostrare di potercela fare.
Per quelle persone che non avevano avuto un
briciolo di
fede, che non credevano nella forza della determinazione, che mi
avevano derisa.
Avrei dimostrato che si sbagliavano e
decisa mi ero
rimboccata le maniche. Senza sosta mi ero presa cura di Takeo e di me
stessa .
Mi ero plasmata per affrontare il peggio e
fare il
meglio.
Mi spaccavo la schiena nei campi , svolgevo
qualsiasi
lavoro perché ciò che mia madre e mio padre
riuscivano a racimolare
non bastava a pagare il medico per mio fratello. Il dovere aveva la
meglio su tutto.
Mi arrampicai su per la collina scostando
l'erba alta
per farmi strada , con il vento che spostava le ciocche di capelli
neri e setosi , cacciai dal viso l'espressione triste e voltandomi mi
sforzai di sorridere , posando una mano sopra la lapide fredda.
Facevo visita alla tomba di Kaede
regolarmente .
Per ricordare, non dimenticare .
La memoria era il mio legame con lei che
tanto mi aveva
dato ed insegnato .
Mi avvicinai al ciliegio che sovrastava la
lapide,
posando la fronte sulla corteccia dura e ruvida. Papà
piantandolo
aveva detto che così nessuno avrebbe dimenticato la bellezza
di
Kaede e quello era un po' il suo modo per chiederle perdono, poi si
era asciugato il viso e io non ero stata in grado di capire se erano
lacrime o gocce di sudore … sapevo soltanto che a vedere
quella
manifestazione di sentimenti avevo sentito la tristezza in gola ,
come un boccone amaro e troppo grande da mandare giù .
In effetti Kaede era proprio come
quell'albero sakura in
piena fioritura : bellissimo , dai colori vividi e sgargianti ma allo
stesso tempo delicati e graziosi … perfetto .
Buongiorno
Kaede, bisbigliai
sedendomi
accanto alla lapide .
“ Come stai ? … Io
sto lavorando , mi sto dando da
fare , faccio tutto ciò che posso per Takeo e la nostra
famiglia …
loro sono tutto ciò che mi rimane e farei qualsiasi cosa ,
affronterei qualsiasi cosa .
Sai cosa dice sempre papà, no ?
Che sono come le
montagne e le montagne per quanto il vento soffi forte non si piegano
mai, gli piace citare la leggenda di Hua Mulan “ risi
all'idea del
paragone tra me e quell'eroina , ma di una risata amara.
Certo ero una montagna, e ne andavo fiera,
ma avevo
crepe, smussature, frane.
Ero forte ma avevo sofferto, quella forza
era stata
pagata a caro prezzo, ma in qualche modo appunto non mi ero piegata .
Avevo trovato motivi e persone per cui
valeva la pena
guardare avanti con le testa alta . La mia era la fierezza tipica di
quegli alberi che si ostinano a crescere sui dirupi e che con le loro
radici nodose si aggrappano con tutte le forze alla terra che rischia
di franare . Nonostante la natura vada loro contro restano sospesi
per metà nel vuoto, quasi con gesto di sfida .
E forse era proprio questo quello che stavo
facendo :
stavo cercando di farmi beffa del destino e tentavo di salvare
ciò
che mi era rimasto attorno .
“ Pensi Kaede che io sia
così ? “ mormorai ancora “
La mia testardaggine porterà poi a qualcosa ? “ in
quel momento
una folata di vento fece fremere le foglie sopra la mia testa e lo
presi per un si .
“ Non ti preoccupare Kaede ce la
farò , andrà bene“ quell'ultimo mio
bisbiglio si perse tra i crepiti del fogliame .
Mi voltai , i capelli sciolti nell'aria ,
era ora di
andare a lavoro .
Il primo giorno dopo le interminabili
settimane di
pioggia che c'erano state . Tutto il villaggio attendeva il momento
in cui il terreno sarebbe stato saggiato per verificare quanti danni
la marea d'acqua scesa dal cielo si era lasciata dietro . Io per
prima ero impaziente , volevo sapere quanto la natura aveva sottratto
ai nostri guadagni e quanto di conseguenza sarebbe stato portato via
a Takeo .
Meno soldi avevamo meno
possibilità aveva lui e a quel
pensiero tremai .
Ridiscesi la china e affrettai il passo ,
non potevo
arrivare in ritardo .
Proprio perché ero una donna
dovevo doppiamente
dimostrare il mio valore , mi era concesso svolgere lavori che
normalmente avrebbe fatto un uomo solo perché mio padre a
Goshogawara era molto influente , per quanto misere fossero le nostre
condizioni . Ma sapevo di essere oggetto di pregiudizi , una donna
che lavorava in quella maniera era un autentico e innegabile
sacrilegio . Ma una donna che come me , lavorava e non si sposava
nemmeno , era un vero e proprio scarto , la mela marcia insomma .
Così mi toccava sopportare gli sguardi diffidenti o le
battute
volgari di chi gentilmente mi faceva notare che il mio posto era in
casa o sotto un uomo .
Non mi importava .
Non avevo intenzione di sposare nessuno ,
né tanto meno
innamorami . Restare a casa poi non potevo , chi avrebbe pagato per
il medico di Takeo ? Quello che guadagnavo era indispensabile per
curarlo , per curare lui che era rimasto e non mi aveva lasciata sola
. Non volevo perderlo e avrei fatto qualsiasi cosa , avrei ingoiato
la bile e sudato , mi sarei fatta venire i calli e avrei fatto
raggrinzire la pelle sotto il sole nei campi piuttosto . E allora si
che poi nessuno più mi avrebbe voluta .
Mi feci largo tra quella folla di maschi
più o meno
adulti , stranamente non si erano messi ancora al lavoro .
Si voltarono a guardarmi mentre tiravo su i
capelli
legandoli con un pezzo di stoffa : lo feci lentamente e volutamente ,
poi afferrai una zappa e non gli degnai di uno sguardo . Quelle erano
le mie piccole rivincite , la mia bellezza era l'ombra sbiadita di
quella che aveva avuto un tempo Kaede , ma sapevo comunque il fatto
mio .
Strinsi le dita intorno al manico e diedi
il primo colpo
preparandomi all'urto con la terra dura , ma la zappa affondo dieci
centimetri buoni nel terreno.
Mi bloccai impietrita mentre un pensiero
terrificante mi
attraversava la mente .
La terra non era buona .
Diedi un altro colpo e la zappa
affondò ancora .
Non era buona .
Alzai ancora la zappa con una foga
disperata ma una mano
si frappose tra me e il successivo colpo . Era mio padre .
“ Quanto è grave ?
“ dissi riferendomi ai campi ,
mio padre restò zitto
“ Quanto è grave ?
“ urlai
“ Vieni a casa “ si
limitò a dire .
Lo seguii e sapevo che quella frase non era
un semplice
“vieni a casa” ma qualcosa di terribile .
Semplicemente la natura aveva deciso di
dare una
scrollata all'albero sul dirupo che cercava di farsi beffe di lei :
le piogge avevano rovinato il terreno, prima che si potesse tornare
al lavoro sarebbero passate settimane e questo avrebbe comportato un
ritardo nel raccolto e il rischio che il tempo diventasse avvverso
alla crescita delle sementi, c'era un equilibrio preciso da
rispettare in agricoltura se si volevano ottenere buoni risultati.
“ Sai cosa significa Kyoko ?
“ mi disse mio padre .
Lo sapevo purtroppo .
“ I soldi bastano a malapena a
pagare le tasse , vero
? “
mio padre annuì
“Possiamo pagare quelle che verranno
riscosse questa settimana e ci rimangono ancora dei soldi per le cure
di Takeo anche se dovremo tirare un po' la cinghia, ma la riscossione
dopo porterà via tutto e allora non ci sarà
denaro per pagare il
medico” , mia madre si teneva la testa tra le mani
Mio fratello si tirò su dal
letto “ Non vi
preoccupate , sono malato da così tanto tempo che tanto vale
che io
muoia “ mi avvicinai a lui e gli cinsi dolcemente la testa
“ Non
dire sciocchezze , tutti hanno diritto a vivere , non dimenticarlo
“
.
Mio padre si portò una mano alla
fronte corrugata
“ Ci sarebbe una maniera ma
… “ non finì la frase
,
mamma scoppiò a piangere
pregandolo “ No ti prego
Shigeru “
“ Se noi ti vendessimo e tu
andassi a lavorare per i
nostri daimyo allora forse avremmo abbastanza denaro , potresti
…
inviarci i tuoi guadagni “
“ No , no “ le parole
di mia madre si confondevano
tra le sue lacrime, sapevo che non sopportava l'idea di perdere
un'altra figlia.
Perché di quello si trattava ,
sarei stata ridotta al
rango di serva e probabilmente non sarei mai più tornata a
casa. Non
avrei mai più rivisto la mia famiglia . Avrei vissuto
nell'ombra tra
le mura di un enorme palazzo, mi sarei annullata nella grande massa
dei servitori .
“ Kyoko , io non valgo tanto ,
non valgo la tua
libertà “ mi disse Takeo .
Ma per me la valeva . Fino in fondo, ogni
briciolo e
ogni respiro.
In cuor mio sapevo che non avrei mai potuto
convivere
con una me stessa egoista . Rifiutare significava condannare a morte
mio fratello .
Così decisi . Vendetti la mia
libertà . Se era il
prezzo da pagare per la vita di mio fratello , l'avrei pagato .
Avevo promesso di prendermi cura di lui e
l'avrei fatto
.
“ Andrò “
la mia voce era decisa ma dentro il mio
cuore tremava .
“ Allora tra qualche giorno ,
quando verranno a
riscuotere i tributi , ti porteranno via “ mio padre
sospirò .
E quel sospirò segnò
il mio destino .
****************
Spazio autrice tadan :) dato che anche questo capitolo era pronto
volevo trascinarvi un pò più all'interno della
storia , anche in questo caso il titolo è un proverbio
giapponese "Hana wa sakura -gi, hito wa bushi". Adattandolo a quanto
accade nel capitolo direi che Kaede è il ciliegio, tra i
fiori il più bello , il più delicato, fragile e
forte allo stesso tempo, mentre Kyoko è il guerriero, una
donna guerriero che si è imposta di mettere il
dovere davanti a tutto , due sorelle così diverse
insomma.
Ora Kyoko dovrà andare a palazzo ... mmm prevedo guai
(?) e incontri interessanti ;)
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Capitolo 4 *** 3. Se mangiate veleno, mangiatelo nel piatto ***
3.Se
mangiate veleno,
mangiatelo nel piatto.
Non ero una persona coraggiosa Kaede, o
forse lo ero. E
se lo ero di certo il mio coraggio era accompagnato da una buona dose
di pazzia, non avevo dubbi su questo.
Che cosa voglio fare? Mi ponevano spesso
quella domanda,
semplice ai miei occhi ma non a quelli del resto del mondo. Ripetevo
spesso nelle mente i miei obiettivi.
Era chiaro, con assurda cocciutaggine
cercavo di tenere
assieme gli ultimi pezzi di una vita serena e mi impegnavo
dannatamente per farlo.
Seguivo il dovere, il dovera stava sopra
ogni cosa.
Avevo barattato libertà e sogni,
messo in pericolo la
mia vita per salvare Takeo.
Una parte di me ,oscura e nascosta, mi
odiava per
questo.
Stavo gettando via ad una ad una le mie
speranze, era
quella la verità.
Ma un'altra parte, più forte e
determinata, sapeva che
non avrei potuto sopportare la perdita di mio fratello.
Avrei rinunciato al kyudo, alle cavalcate,
alle letture
con papà, all'odore di mare che pervadeva l'aria di
Goshogawara.
Il mio carattere? Il mio passato? La mia
storia ?
Spariti.
Avrei dovuto piegarmi, obbedire e
nient'altro
E forse così mio fratello
avrebbe vissuto, ma io …
che fine avrei fatto ? :
Cercavo di figurarmi l'uomo che mi avrebbe
portata via,
ma a quel pensiero la mia mente si svuotava in una sorta di rifiuto.
Alzai gli occhi al cielo e in quel momento
una folata di
vento diede una scrollata alle fronde del ciliegio di Kaede.
Sarei stata seriamente in grado di obbedire
? Forse la
mia era solo una missione suicida, forse e molto probabilmente non
avrei ricavato nulla di buono. Ma quali altre scelte avevo ?
Finora, se ci pensavo, avevo reagito
tutt'altro che
passivamente alle pieghe impreviste del destino, anche se a modo mio.
Alla morte di Kaede avevo giurato di non
innamorarmi o
sposarmi mai ,cosa inaudita per una donna, di vendicarla se
possibile,magari con una freccia scoccata nel petto di quel nobile
rivoltante e subdolo.
Si era sviluppato in me un atteggiamento di
diffidenza
nei confronti degli uomini e un'inclinazione all'indipendenza che di
certo mi rendevano diversa dalle altre ragazze svenevoli o
intimorite, a seconda dei casi, di fronte ad un uomo.
Quando Takeo aveva cominciato a dare i
segni più
evidenti della sua logorante malattia e i soldi non erano
più
bastati per pagare le sue cure, avevo cominciato a lavorare
mischiandomi agli uomini.
Un vero e proprio scandalo, ma non avevo
voluto sentire
ragioni.
Ora l'unica cosa che mi sarebbe stata
richiesta era
proprio quella che non avevo mai preso in considerazione : piegare la
testa e obbedire in silenzio.
Avevo sempre esibito le mie cicatrici
invisibili con
orgogliosa spavalderia, come a dimostrare che, nonostante i vari e
fantasiosi tentativi del destino di farmi cadere rovinosamente, io
restavo in piedi.
Qualcosa mi rendeva inquieta nella
prospettiva che io
stessa mi ero scelta, ma non volevo di certo mostrarmi turbata ora.
Per niente. Stavo solo facendo la cosa
più giusta.
“Sapevo che ti avrei trovata qui
”
mi voltai di scatto tirandomi su a sedere,
Ryoichi Otori
si era lasciato cadere a terra accanto a me.
“Che cos'è quest'aria
pensierosa ?“
Lui, il mio unico e caro amico d'infanzia,
era una di
quelle persone che non avrei mai più rivisto. Mi mise dietro
l'orecchio una ciocca di capelli con un'espressione corrucciata in
volto.
Ryo-kun era per me come un secondo
fratello, per questo
le sue attenzioni non mi davano fastidio, sapevo che non mi aveva mai
vista come una possibile moglie ma sempre e solo come una compagna di
giochi.
Gli avevo sempre dato filo da torcere
quando si trattava
di gareggiare in qualcosa , al pensiero mi venne da ridere. Ma da
quando aveva cominciato a crescere, e questo aveva comportato
superarmi in altezza e mettere su la muscolatura tipica di un uomo,
mi indispettivo a vedere che le sue frecce venivano scoccate con
più
forza delle mie, anche se in precisione rimanevo la migliore.
E non sopportavo di venir superata in
velocità quando
ero sempre stata io la più brava nella corsa. Ma anche se
perdevo,
alla fine di quelle gare trovava sempre il modo per farmi ridere e
farmi passare il malumore.
Lui era lì quando Kaede era
morta.
Era lì quando avevo saputo della
malattia di Takeo.
Ed era qui ora. Per questo gli volevo bene.
“ Hai trovato il modo di
liberarti di me finalmente “
tentai di dirgli abbozzando una risata poco convinta
“ Tua madre è passata
dalla mia questa mattina”
“ Perfetto, ora lo sapranno
anche le pietre” sbuffai
“ Mi immagino già cosa dirà la gente :
quella screanzata di Kyoko
Tokugawa sempre una se ne inventa, invece che sposarsi, procreare a
volontà e mettere al mondo tanti figli cocciuti come lei si
fa
vendere come serva”
scoppiai a ridere anche se il mio umore era
mortalmente
tetro.
“ Non dovresti dire certe cose
con così tanta
leggerezza”
il suo tono mi rese ancora più
inquieta di quanto già
non fossi, era un sottile malessere quello che mi stava avvelenando
il petto.
“ Ho altra scelta?”
“ No, hai fatto la cosa giusta,
ma questo non vuol
dire che tu debba essere serena”
“Sinceramente non è
poi così un dramma” cercai di
sembrare sicura, anche se alle mie parole non credevo tanto nemmeno
io.
Ryo-kun mi strinse a se mormorando
“ Se non hai
intenzione di piangere tu per la tua condizione allora
piangerò io,
ma spero tu non voglia ridurre un uomo in un simile stato, sarebbe
disonorevole”
a quelle parole il nodo che avevo in gola e
che avevo
cercato di nascondere a me stessa si sciolse e cominciai a piangere
stringendomi a Ryoichi.
In realtà avevo una dannata,
maledetta paura.
“ Brava, così
Kyo-chan , ho sempre odiato le ragazze
che si trattengono oltre i loro limiti ”
“ Ma taci” lo spinsi
via ridendo, asciugandomi le
lacrime.
Mi sentivo già meglio.
“ E poi se vuoi scappare da quel
postaccio pieno di
quei boriosi nobili uomini e burberi signori della guerra che a te
piacciono tanto puoi sempre farmi un fischio... anche se in
realtà
la bisbetica Tokugawa potrebbe farli tremare”
“ ahi, che lingua
velenosa” lo canzonai.
Il pianto era stato liberatorio, mi sentivo
come rinata
grazie a Ryo-kun e non gli sarei mai stata abbastanza grata per una
simile e dolce dimostrazione di affetto fraterno.
“ Non potrei essere tuo amico se
non avessi tale
linguaccia”.
Aveva effettivamente ragione, i dolori che
avevo provato
nella mia breve vita mi avevano consumata, disillusa ma anche resa
cocciuta e alle volte sfrontata quando si trattava di impormi, lo
sapevamo bene entrambi.
Come sapevo bene che l'indomani mi sarei
fatta portare
via senza versare una lacrima, senza compatirmi o lamentarmi.
Non ero mai stata lontana da Goshogawara,
viaggiare era
una cosa per ricchi, ma poco mi era importato dato che tutto il mio
mondo era rinchiuso in quel piccolo paesino. Ora me ne stavo andando
, probabilmente per sempre .
“Domani mattina verrò
a salutarti” mi disse prima
di incamminarsi giù per la collina. E io avrei salutato
Goshogawara.
L'uomo che venne a prendermi l'indomani era
alto, reso
imponente dalla corazza, il viso scuro poco affascinante. Lo sguardo
infastidito con cui insisteva a scrutarci non lasciava dubbi sulle
sue origini : un nobile fatto e finito .
“Kyoko vieni avanti”
disse mio padre con un cenno
della mano “Questo è il nobile
Shigemaru”.
Lo riconobbi, avevo visto Ida Shigemaru
altre volte nel
villaggio per la riscossione delle tasse.
Sentivo le mani formicolare per il fastidio
ma mi
inchinai lo stesso nascondendo così una smorfia di disgusto.
“ E' questa la
ragazza?” chiese il nobile, mi girò
attorno squadrandomi.
“ Si è lei
… è un'ottima lavoratrice,è istruita
e...”
“Silenzio servo” mio
padre si zittì “E' un bel
pulcino la bimba”
“Ho diciotto anni ormai, sono una
donna” risposi
fissandolo negli occhi.
Mia madre trattenne il fiato alla mia
risposta, ma il
nobile ne sembrò divertito.
“ Una bella donna
allora” storse la bocca in un
ghigno afferrandomi una mano “Ma le tue mani non lasciano
dubbi
sulle tue misere origini serva, quindi, d'ora in poi porta il dovuto
rispetto a chi ti è superiore ” i suoi occhi mi
incenerirono e le
parole mi vennero meno.
“ Ora saluta questo lurido posto
serva, e vieni via
senza fare storie “, il nobile Shigemaru mi
strattonò e mi fece
salire su un carro, altre ragazze erano rannicchiate sulle assi di
legno.
Volevo prenderlo a pugni e iniziare con la
punta di una
freccia un'opera d'arte sulla sua faccia rivoltante.
Ma non lo feci.
Sorrisi incrollabile fino a quando il carro
si mise in
moto.
Le ultime cose che vidi furono le lacrime
di mia madre e
Ryoichi ,che per salutarmi, correva verso di me senza mai
raggiungermi.
Sapevo cosa c'era in quel carro:
desolazione, la più
nera e profonda desolazione umana. Anime perdute, vendute, a
brandelli.
Ne riconoscevo i sintomi, i loro occhi
erano la traccia
inconfondibile, mai dimenticata dalla mia mente.
Stava negli sguardi, in quell'aria vuota e
persa, morta
o agonizzante, la stessa di Kaede, la traccia inconfondibile della
disperazione.
Le ragazze che mi circondavano erano
pericolasamente in
bilico, il motivo che le aveva condotte lì di certo non era
lo
stesso che aveva condotto me.
Io lo avevo fatto di mia
volontà, avevo accettato di
essere venduta, in qualche modo il mio cuore aveva fatto pace con il
destino che mi ero procurata, ma loro?
Sì, mi avrebbero dato della
pazza se avessero saputo
che non ero lì per crudeltà della sorte , ma per
speranza.
Io avevo avuto una scelta e ad essa mi
agrappavo. Quella
scelta , quell'ultima consapevolezza di libertà e potere sul
mio
futuro mi avrebbe fatta sopravvivere. La mia determinazione mi
avrebbe resa forte e tutto, tutto avrei sopportato per Takeo.
Il carro dondolava con un andare lento e
insopportabile
, l'unico rumore era il cigolio delle ruote. La nostra era una marcia
del fato , e noi non potevamo fare altro che marciare :
Lungo la strada ci fermammo per delle
consegne speciali,
così furono simpaticamente chiamate dalle guardie. La
realtà era
che Ida si era fermato per consegnare delle ragazze ad alcuni
bordelli in cambio di soldi, le aveva palpate prima di lasciarle
andare terrorizzate e ridendo aveva giurato che sarebbe tornato
presto a riprenderle, come cliente stavolta.
In che schifo di mondo ero finita ? Che
schifo di mondo
avevano costruito i nobili?
A quelle parole avevo sentito il sangue
ribollirmi nelle
vene , la tentazione di scendere dal carro e picchiarlo era diventata
irresistibile ma mi ero ripetuta il nome di Takeo nella testa almeno
un milione di volte: non potevo essere cacciata da palazzo ancora
prima di esserci arrivata.
Il palazzo degli Shigemaru apparve davanti
ai nostri
occhi nel primo pomeriggio, era la cosa più imponente che
avessi
mai visto. Cercai di controllare il mio stupore ma una volta scesa
dal carro , più mi avvicinavo più sembrava
immenso.
Pareva sovrastarci, anzi no, pareva voler
sovrastare il
mondo e inglobarlo interamente, dei se odiavo i nobili e le loro
manie da dominatori.
“Non ho mai visto nulla di
simile” bisbigliò una
ragazza di fianco a me , aveva gli occhi solcati da profonde occhiaie
e il viso smunto
“Sai cosa si dice ,
no?“le risposi
mi guardò senza capire
“Probabilmente il propietario
avrà una carotina tra
le gambe e avrà cercato di compensare in questa
maniera” sbuffai
ironica
scoppiò a ridere “ E'
la prima cosa divertente che
sento da mesi” mi rivolse un sorriso “ Grazie per
le risate,mi
servivano” la sua espressione si addolcì
uteriormente “ Mi
chiamo Asako comunque”
“Kyoko piacere” non mi
sprecai molto in convenevoli
ma ricambiai il suo sorriso “ Non mi ringraziare”
le dissi
semplicemente “Questi tizi hanno intenzione di portarci via
fino
all'ultimo sorriso, quindi ridiamo della vita finché
possiamo” le
feci l'occhiolino e le strappai un'altra risata .
“Vedo che trovi divertente questo
posto pulcino” il
nobile Shigemaru si era fermato a due passi da me , lo guardai come
si guarda qualcuno del quale ci si augura la morte: mi disgustava
senza remore.
L'avevo osservato e avevo avuto modo di
capire quanto
spregevole fosse , brutto dentro ancora più che fuori.
“Pensi al divertimento di quando
sarai nel mio letto
piccolo pulcino intragante ?” lo disse a voce alta e le
guardie
risero,
i miei occhi dardeggarono ma rimasi muta,
non che non
avessi parole da dirgli , ma erano tutte oltraggiose
Takeo, Takeo , Takeo pensai ancora
più forte.
Poi la sua mano scese lungo la mia schiena,
fermandosi
sulla curva del sedere affondando nella carne senza rispetto: nessuno
mai mi aveva toccata così e rabbrividii , non per il
piacere, ma per
il disgusto. Sentii di essere sul punto di vomitare.
Finalmente la sua mano si staccò
“ Per ora servetta
in calore dovrò deluderti perché prima ti
farò strisciare ai miei
piedi da pezzente quale sei, e questo, stanne certa, sarà il
piacere
più grande per me ”.
Ebbi paura ma non abbassai neanche per un
attimo lo
sguardo, farlo era smettere di sperare in quello che mi aveva portato
lì e in cuor mio sapevo che quell'uomo avrebbe potuto
piegarmi in
mille maniere orribili ma non avrebbe mai e poi mai piegato la
speranza che custodivo.
E quando si voltò capii che il
peggio era passato, per
ora.
Due serve accorse fuori ci condussero in
varie
stanzette, spartane oltre ogni modo, con mia gioia però ero
in
camera con Asako.
“Quel nobile...io sarei morta di
puara” mi confessò
una volta sole
“Non è necessario
fomentare il loro ego mostrandoci
impaurite ” le risposi facendole credere che quanto appena
successo
non mi avesse scosso
“Beata te , vorrei avere almeno
la metà del tuo
coraggio”
le sorrisi ,dentro ero in tumulto.
Sentivo ancora quelle dita strette, un
senso di nausea e
umiliazione accompagnava il ricordo.
Poche ore con un nobile e non aveva fatto
altro che
accrescere la mia convinzione, nata insieme al giuramento di Kaede.
Non erano uomini i nobili, no, erano bestie
della
peggiore specie e con una caratteristica tra le più infide e
subdole
sorte nel mondo: poter controllare la vita degli altri.
*
Le avevo viste arrivare anche questa volta
, sembravano
un carico di bestiame e sinceramente non sopportavo l'idea. Scese nel
piazzale avevano tutta l'apparenza di una mandria smarrita e
mortalmente spaventata: dal palazzo, da tutto, dalle loro ombre
persino. In un certo senso mi ricordavano me stesso.
Si, detestavo vederle così, ma
dopotutto procurarsi
delle serve era considerato del tutto accettabile per un nobile e Ida
semplicemente si divertiva a raccoglierle, scoparsele e trattarle
come luridi animali.
Conoscevo Ida, e il suo offrire denaro in
cambio di
quelle disperate non aveva nulla a che fare con la pietà, se
non con
il suo contrario: il sadismo.
Era la sua gioia, il suo piacere perverso
umiliarle e
usare il proprio potere per obbligarle a far avverare qualsiasi suo
capriccio, voglia o desiderio crudele, per quanto stupido o inumano
le voleva prostate fino alla fine, serve fino in fondo, non
più
donne o esseri umani. La cosa mi disgustava, non che potesse essere
impedito poiché appunto era del tutto lecito: le magie di un
titolo
nobiliare.
Poi in quella scena ormai ripetuta troppe
volte vidi
qualcosa di insolito accadere.
Ida stava davanti ad una ragazza,
incredibilmente bella,
lunghi capelli neri che turbinavano nel vento. Non era come le altre,
no, aveva qualcosa nello sguardo, come qualcosa di indomito e
fiammeggiante, che la faceva restare dritta e superba come la
più
sublime delle dame. Osservai Ida palparle il sedere minaccioso, come
per rimetterla a posto e a quel punto mi aspattai un grido, mi
aspettai di vederla capitolare arrendevole come le altre.
Non successe.
C'era disgusto nei suoi occhi, paura forse
un po' , ma
più di tutto c'era forza.
Era una visione bizzarra, ma affascinante
oltre ogni
spiegazione mi ritrovai a pensare prima che qualcuno mi chiamasse.
“ Kenjyu, sbrigati” .
***************
Angolo
autrice , ciao a tutti :)
anche questo capitolo ha come titolo un proverbio "Doku
kurawaba sara made" il senso é che quando si
prende un rischio lo si deve prendere fino in fondo, Kyoko non
avrà ripensamenti riguardo la sua scelta, come non ne ha mai
avuti riguardo ai suoi doveri. Dovere è decisamente la
parola che forse più la descrive, la sua vita è
incentrata su quello che deve fare, su quello che è giusto
fare.
Come potete vedere da questo capitolo la storia sarà
raccontata da due punti di vista: uno femminile ( quello di Kyoko) e
uno maschile. Eh sì, non potevo farvi e farmi mancare un bel
giovanotto XD
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Capitolo 5 *** 4.Se sei preparato bene, non c'è niente da temere ***
4.Se
sei preparato bene, non c’è niente da temere.
Da lì a poco saremmo dovute
entrare in servizio, così
ci condussero alle cucine per mangiare. La parte dove stavano solo i
servi era trascurata e sembrava riflettere la condizione dei suoi
abitanti, confinati nei piani più bassi del palazzo e nei
seminterrati, i corridoi lì erano labirinti di legno scuro
uno
uguale all'altro.
Ma in realtà il palazzo era
facile da capire, quel
luogo era come una grande gerarchia resa concreta, ed era chiaro qual
era il posto che mi spettava, che spettava a noi servi.
Perfino i cavalli o le mucche avevano
più valore,
acquistare un animale costava, ma un servo, beh quello poteva essere
facilmente sostituito.
Il mondo era pieno di disperati bisognosi
dell'elemosina
o degli avanzi della nobiltà e quell'immagine di me
così pietosa un
poco mi disturbava, ma finché avessi potuto avrei preso
tutto quanto
mi fosse concesso. Avrei arraffato senza pietà, la malattia
di Takeo
non ne aveva e nench'io ne avrei avuta.
Così mi preparai
psicologicamente, impostare il mio
carattere sull'obbedienza era la priorità. Ma mentre tornavo
dalle
cucine vidi una guardia incombere su una servetta innocente, ricordai
Ida e ricordai il nobile Kobayashi, ricordai che quella era la
gerarchia che odiavo tanto e chiusi gli occhi.
Certo, era facile capire la gerarchia, ma
era difficile
accettarla. Almeno per me.
Quella mattina dopo aver mangiato mi imposi
quindi di
essere la serva perfetta e mentre Asako veniva assegnata alle
lavanderie fui informata che il nobile Ida in persona si era
premurato di nominarmi la nuova cameriera personale di sua
sorella.Gioia!
Una serva più anziana si
occupò di guidarmi, le stanze
dei nobili erano qualche piano più in su.
“Dovrei avvertirti di una
cosa” mi disse mentre
salivamo le scale, più andavamo in alto più tutto
diventava
sontuoso, il cambiamento era evidente. “La nobile Shizuka non
ha un
temperamento facile “
“Non sarà un
problema” le risposi serafica, già mi
immaginavo la nobile spocchiosa, degna del fratello, che mi era
toccata.
“ Ma non fategliene una
colpa”
evitai di rispondere a quella frase, non
capendo come
non si potesse incolpare una persona per un pessimo carattere
immotivato.
“ Sua madre è morta
dandola alla luce e la cameriera
che si è occupata di lei fin da piccola è morta
la settimana
scorsa, così ora rifiuta qualsiasi altra cameriera facendole
passare
l'inferno, Satsu era come una madre per lei”
il senso di colpa per aver giudicato troppo
in fretta mi
fece sentire meschina, sapevo dannatamente bene fino a che punto la
perdita di una persona cara potesse spingere alla follia, ma sapevo
anche bene che da quella follia si poteva riemergere. Bastava trovare
un motivo o una persona a sostenerti, la mia era Takeo.
“ Ora non so come
reagirà alla notizia che suo
fratello vi ha affidata a lei, davvero non saprei” parve
preoccupata. Si voltò verso di me poco prima di indicarmi la
stanza
in cui entrare “ Perciò abbiate tatto, in fondo
non è cattiva ed
è ancora così giovane”. La mia scalata
alla gerarchia si concluse
così e quando aprii la porta di quella stanza entrai in un
nuovo
mondo:
La stanza della nobile Shizuka era luminosa
e sapeva di
fresco, niente odori di terra e di mare di casa mia, che fino ad
allora avevo considerato più che dignitosa, niente aria
stantia dei
sottorenei. No tutto era buono e pulito qui dentro, ma ancora di
più,
tutto era ... da nobili, non avrei saputo definirlo altrimenti.
E davanti a me c'era lei , la nobile
Shizuka, di qualche
anno più piccola e di una bellezza mozzafiato.
Guardandola capii la differenza tra lei e
me. Se questa
mattina mi ero sentita dignitosa nel kimono bianco indossato da tutte
le serve, Shizuka sembrava una dea in quel kimono finemente ricamato
dai colori tenui, la più dolce e la più bella.
Kaede sì che
sarebbe stata bene in questo mondo, mi rendevo conto che la mia
mediocrità in confronto stonava col tutto.
“Hai intenzione di stare
lì a fissarmi ancora per
molto serva pigra?” il suo sguardò altezzoso si
posò su di me e a
quella frase mi inchinai, aspettando un suo cenno per rialzarmi,
“Si, si abbiamo capito,sai
inchinarti, ora però
vorrei sapere cosa ci fa una stupida serva qui, mi pareva di essere
stata molto chiara al riguardo” sputò le parole
fuori come veleno.
Ora capivo cosa intendeva la cameriera con
'temperamento
poco facile', ma quel veleno non era proprio di Shizuka, era solo
che aveva l'animo avvelenato dal dolore, lo vedevo chiaramente,
cercava di riversarlo fuori senza trovare pace.
Mi alzai e la guardai negli occhi, era
astiosa e
addolarata oltre ogni limite.
“Rispondimi serva, cosa ci fai
qui?”
“Vostro frattello mi ha detto che
da oggi in poi avrei
dovuto essere la vostra cameriera personale”
a quell'ultima parola la ragazza
tremò “Quel...
quel...mio fratello... io...” sembrava in preda ad una furia
incontrollabile, prese una scatola e la lanciò nella mia
direzione ,
la evitai per un pelo , poi fece finire a terra un vaso di porcellana
seguito da un paio di tazze “Vattene stupida serva”
mi guardò
con un odio smisurato “Io non ho bisogno di luride sostitute,
non
voglio una scimmia di serva a sostituire un bel niente” stava
urlando “Per gli dei! Lasciatemi in pace! Tutti
quanti!!” e prima
che potesse lanciarmi addosso qualcos'altro corsi fuori.
Capivo perfettamente perché il
nobile Ida mi aveva
mandato lì, sperava di sconvolgermi e farmi ripiangere lo
sguardo
ribelle del giorno prima, ma non aveva capito un bel niente,
perché
provavo un'infinità pena per Shizuka* ,che di tranquillo non
aveva
nulla, e la capivo fin troppo bene per lasciarmi sconvolgere.
Non mi sarei arresa, arrendermi voleva dire
darla vinta
a quel nobile orribile, così riprovai.
Tenni il vassoio in equilibrio mentre
facevo scorrere la
porta della stanza di Shizuka.
Era seduta questa volta e si
voltò a guardarmi
incredula
“Questa volta potrei centrarti se
non te ne vai”
aveva senso dell'umorismo almeno, sorrisi.
“Mi hanno detto che di oggi non
avete ancora mangiato,
perciò vi ho portato qualcosa, non sapendo cosa vi piace
alla fine
ho scelto quello che ispirava me”
“Sei impertinente
serva” guardò il vassoio e non
sembrò troppo schifata, segnai un punto a mio vantaggio.
“Perché sei
tornata?”
“Perché la nostra
prima conversazione è stata così
piacevole che ne volevo una seconda”
smise di spiluccare la frutta e mi
guardò scoppiando a
ridere “Davvero serva ti vuoi mettere nei guai”
“Mia sorella si è
suicidata qualche anno fa, la amavo
con tutto il cuore” le dissi con semplicità
mi guardò seria “ E
cosa vorresti dirmi con questa
frase?”
“Che so cosa si prova”
le lasciai digerire
l'informazione prima di proseguire
“E' un vuoto che avvelena il
petto e ti fa odiare il
mondo, è un tipo di sofferenza che annienta” la
vidi sussultare
riconoscendosi in quella descrizione
“E tutti provano
pietà, ti soffocano con la loro
pietà così comprensivi, ma la verità
è che loro, gli altri, non
capiscono, perché non ha eguali tutto quello schifo che si
prova...
ma col tempo mi ha dato grande forza, per onorare Kaede ho sempre
pensato di doverlo essere”.
“ Essere che cosa?”
“Forte, di dover risorgere ed
essere la persona che
mia sorella avrebbe voluto io diventassi”
Shizuka non si mosse così mi
alzai “Ora se non le
dispiace nobile Shigemaru andrei via, almeno che lei non abbia
qualche mansione da farmi svolgere” scosse la testa
“Non sei niente male,
serva” e quella concessione
pronunciata a fior di labbra prima che io uscissi fu la mia vittoria.
Mi ritrovai a lavorare insieme ad una
gruppo di serve
che estirpavano l'erba dal cortile principale, il lavoro fisico non
era mai stato un problema, ma rimanere china tutto quel tempo mi
aveva reso le gambe doloranti e la schiena un unico grande punto
sofferente, in più non riuscivo a scacciare dalla testa la
strana
sensazione di essere osservata. Il che era ovviamente frutto della
mia immaginazione poiché a parte le altre serve e qualche
sporadica
guardia lì non c'era nessuno. Ignorai la sensazione e andai
avanti
col lavoro finché non ci mandarono via, di nuovo nei
sotteranei.
Asako era già nella nostra
stanza, aveva ripreso un po'
di colorito rispetto al giorno prima.
“Ho portato la cena” le
allungai la ciotola di riso
e pesce insieme a un paio di bacchete ,
comincò a strafogarsi con
un'espressione beata
“Buono eh? “ le chiesi
divertita
“Mmm” mandò
giù un boccone “Non sai da quant'è
che non faccio un pasto decente, sta mattina è stato come
tornare a
vivere”
quindi aveva sofferto la fame, almeno
quella io non
l'avevo dovuta affrontare, i miei genitori non mi avevano mai fatto
mancare il cibo e mi domandai cosa fosse successo a lei, o alla sua
famiglia a questo punto, ma evitai di esprimere ad alta voce i miei
pensieri.
“Come è andata oggi?
“ cambiai quindi argomento
“Oh Kyoko non puoi
immaginare” i suoi occhi si
accendono divertiti “Le lavanderie sono il regno del
pettegolezzo,
è veramente divertente stare lì, ci passano i
panni sporchi della
nobiltà, letteralmente e metaforicamente” rise e
mi mise di buon
umore con quella frase “ E a proposito di panni sporchi,
l'unica
cosa spiacevole sono le schifezze che ci arrivano ogni tanto, con
sopra le loro zozzerie notturne”.
Non ero sicura di cosa intendesse, a quanto
pare Asako
aveva molta più esperienza di me in fatto di cose notturne e
come
biasimarla, alla nostra età era più che normale
avere un marito e
sapere di cose notturne, diurne e di qualsiasi ora del giorno,
volendo. Ero io l'anormale.
“ E a te come è
andata?” chiese curiosa
“Bene, alla fine ce l'ho fatta
“ la rassicurai “
Così quel porco di Ida smetterà di atteggiarsi a
padrone del
mondo, invece che limitarsi al suo castello”.
“Ma Ida non è il
signore del castello”
“Come scusa?”
“Si l' ho sentito in
lavanderia” certo che quel
posto era veramente il crocevia di tutte le informazioni “
Daichi
Shigemaru, il padre di Ida e Shizuka, è il fratello del
vecchio
signore del castello, deceduto in battaglia. L'erede non è
Ida ma il
figlio di quest'ultimo”
la curiosità mi
punzecchiò “ E che aspetto ha ? O
come si chiama?”
“Non saprei” mi rispose
con leggerezza “Una delle
ragazze è entrata strillando che lo stalliere le aveva
chiesto di
sposarla e così tutte hanno cominciato ad urlare e il
discorso è
caduto lì” rise “E'
importante?”
“Non molto in realtà,
anche se cambia il nome pur
sempre di un padrone si tratta”
“Alle volte Kyoko sei noiosamente
saggia” mi fece la
linguaccia
risi e le concessi quell'appunto alzando
gli occhi al
cielo “Allora questo stalliere è almeno
avvenente?”.
Il sorriso di Asako si allargò
compiaciuto e iniziò a
raccontarmi dello stalliere e dell'intera carrellata di pettegolezzi
udita oggi.
Era divertente starla a sentire, aveva un
modo tutto suo
di rendere leggera l'atmosfera , quella leggerezza che da molto mi
mancava. Forse non l'avevo nemmeno mai sperimentata. Sapevo di essere
stata dura in questi anni, poco incline alle amicizie, ai passatempi
femminili, alle sciocchezze o pensieri della mia età .
Così mi ero
persa quella leggerezza, quella mancanza di ansia e di costante
pressione del senso del dovere. Non che avessi rimpianti, non avrei
scambiato uno die miei giorni da dura lavoratrice con i febbrili
sogni delle altre ragazze, con le loro sciocche speranze d'amore o
con i loro frivoli desideri. Ma quella sera avevo bisogno di svuotare
la mente dalle fatiche della giornata, avevo bisogno di quella
frivolezza liberatrice.
E ascoltare Asako fu un vero piacere.
*
Stavo impazzendo, non c'era spiegazione.
Era chiaro, che
ero completamente, irrimediabilmente impazzito. Peggio ancora del
normale me stesso, e peggiorare non l'avrei creduto possibile.
Sì, ero diventato un essere
ossessionato e
vergognosamente simile a Ida.
Quella notte dopo averla vista, l'avevo
sognata, mi era
entrata a tal punto nella mente che quell'unica immagine di lei,
vivida nonostante le mie intenzioni, mi aveva perseguitato pefino nel
sonno, risvegliando i miei istinti.
E che cosa non le avevo fatto in quel sogno
e che cosa
non le avrei voluto fare nella realtà dopo quel sogno. Un
essere
ossessionato e vergosnoso ecco cos'ero.
Imbarazzato come un ragazzino alla sua
prima esperienza,
il solo ricordo di quel sogno mi eccitava e me ne vergognavo. Tutto
per colpa di quella donna.
Non era solo la bellezza , non che non
fosse bella ,
tutto di lei era dolce e succoso come una pesca, ma era il suo
sguardo, quegli occhi ardenti che trovavo provocanti oltre il
sopportabile, il mio vero tormento. Ricordarli fece risorgere i miei
pensieri indecenti e tentai di tenerli a bada.
Non mi era mai successo, mai, e di donne ne
avevo prese
e di esperienze ne avevo avute, ma di quelle donne faticavo
addirittura a ricordare il volto, mai un mio sogno era stato per una
di loro, figurarsi il mio tormento.
“E' davvero bella quindi non vedo
che problema ci sia”
mi rispose pragmatica lei
“Shizuka per favore, non me lo
ricordare” mi passai
una mano sulla fronte, non potevo credere di essere lì a
parlare di
cosa mi eccitava sessualmente, soprattutto se quel qualcosa era una
ragazza vista da lontano poche volte.
E quel sogno, quel maledetto sogno, non
aveva fatto
altro che perseguitarmi tutto il tempo facendomi vergognare come mai
avrei creduto possibile.
Dio, l'avevo seguita come un pervertito
tutto il giorno,
l'avevo osservata con tale intensità cercando di liberarmi
di quel
pensiero. E invece mi ritrovavo ancora più ossessionato.
Se la prima volta mi avevo fatto una tale
impressione da
rimanermi addosso, la seconda mi era entrata dentro, la terza mi ero
goduto i particolari di lei, la quarta avevo cercato di andarmene, la
quinta ero tornato indietro per osservarla ancora. Poi mi ero
definitivamente arreso.
“Credi che sia
possibile?” le chiesi
“Perché no?”
mi rispose semplicemente “ L'ho
potuta conoscere oggi ed è davvero straordinaria, sotto ogni
aspetto”
la guardai non capendo
“ Quella ragazza è
una tale muro di roccia, ha una
tale forza nello sguardo, e una tale grazia mentre esercita quella
forza che impressionerebbe chiunque. Per una volta Ida ha fatto
qualcosa di buono per me, anche se involontariamente. E' chiaro che
sperava che la uccidessi o qualcosa di simile”.
Sorrisi all'idea delle due ragazze che
facevano
comunella contro Ida, sarebbe andato su tutte le furie se avesse
saputo di aver concesso a sua sorella una alleata simile.
“Non sono impazzito
quindi?”
“A mio modesto giudizio, direi
piuttosto che sei
rinsavito” mi sorrise.
No, non ero simile a Ida compresi, almeno
quello. Ida
avrebbe preso quella ragazza e avrebbe cercato di piegarla non solo
nell'anima ma anche nel corpo, le avrebbe fatto male. E lei, lei
così
forte, dotata di quella fierezza che traspariva ad ogni sguardo che
avrebbe fatto a quel punto?
Io non avrei mai potuto, ero una bestia lo
sapevo, un
mostro a metà, ma non avevo mai fatto male a quelle donne
senza
volto del passato, come avrei potuto pensare di farne a lei? Mai!
Improvvisamente mi accorsi di non sapere il
suo nome
“Come si chiama?” chiesi a Shizuka
“Kyoko”
“Kyoko” gustai quel
nome sulle labbra, era buono,
dannatamente buono.
“Potrebbe volermi?”
“Oh beh, sei piuttosto
affascinante, ma non vorrei
gonfiare troppo il tuo ego”
le sorrisi dolcemente ringraziandola per
quel gesto, ma
conoscevo bene la realtà, non potevo avere una relazione e
mentre mi
guardavo nello specchio alle sua spalle, non potei fare a meno di
rabbrividire.
I mie occhi erano un ammonimento, quegli
occhi maledetti
che mi ricordavano il mio passato, erano la mia condanna.
*************
Ecco che qui prendono forma i pensieri raccontati dal mio figliolo
adorato XD in un certo senso sono una madre orgogliosa (?) , nonostante
la sua depravazione (?)
Beh non anticipo nulla, ma lo amo di un grande amore , quindi siate
buoni con lui.
Mentre la mia pargola che fa ? La dura ovviamente, la cosa che le
riesce meglio d'altronde. Penso che se sbattessi la sua testaccia
contro un nokia 3310 sarebbe quest'ultimo a uscirne sconfitto (cose
dell'altro mondo), ma sto divagando XD
Al prossimo capitolo gente !!!
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Capitolo 6 *** 5.Il falco di talento nasconde i suoi artigli ***
nageroboshi cap 5
5.Il
falco di talento nasconde i suoi artigli.
Divisa bianca, colazione, faccende varie,
Shizuka,
faccende varie, cena .
Le giornate erano così,
variavano al massimo in un
entusiasmante sequenza di Shizuka, Shizuka, Shizuka. Proprio come
oggi, dovevo ammetterlo però , le giornate con lei erano le
più
difficili ma anche le più divertenti.
Mi sentivo ridotta ad un colore: il bianco
della mia
divisa e ad una serie di azioni . I capelli legati, sempre e solo
tirati su perfettamente in ordine, anche loro in una posa
sconosciuta, costretti in qualcosa di innaturale.
Da quando ero entrata in servizio non mi
avevano più
permesso di tenerli sciolti, le prostitute li tenevano sciolti mi
aveva apostrofato una delle cameriere anziane e io ero una cameriera
e servivo un nobile casato e i miei capelli sciolti sarebbero stati
un oltraggio. A quelle parole ero a stento riuscita a non riderle in
faccia, se io ero classificata come oltraggiosa per i miei capelli
sciolti Ida rientreva allora in una gamma di aggettivi non ancora
inventata, ma evitai di farglielo notare.
Faticavo ad ammetterlo, perché
farlo sarebbe stato
deprimente e decisamente non da me, non ero mai stata incline alle
lamentele e di certo non avrei iniziato ora. Però sentivo la
mancanza del vento marino sulla faccia, del profumo di prati, della
consistenza dell'arco sotto la mia mano, il suono dello scocco e il
sibilo della freccia. Ovviamente che una serva si aggirasse con un
arco rientrava nuovamente nell'aggettivo che mi era stato affibiato:
oltraggioso. Arco e frecce erano fuori questione decisamente.
Ma alle volte il mio spirito non poteva
fare a meno di
correre là, verso casa, in un frangente di
libertà. Ripercorreva le
vie conosciute, i posti amati, mi riportava al luogo a cui
appartenevo, mi circondava di volti noti, del calore della mia
famiglia.
Quei momenti erano tristemente belli.
Me li ricavavo nel corso della giornata,
assorta,
pensierosa, serena, cercavo un luogo tranquillo dove poter pensare,
dove rimanere sola, senza il mondo del palazzo a rincorrermi o io a
rincorrere lui. Alle volte parlavo con Kaede, altre semplicemente
stavo zitta ad osservare il cielo e mi bastava.
Quei momenti erano la mia linfa.
Dubitavo seriamente che oggi ne avrei avuto
il tempo,
perché sua eccelenza-regina delle carogne-Shizuka continuava
a
mandarmi su e giù a mettere in infusione tipi di
tè diversi , per
trovarne uno che riscontrasse i suoi gusti.
Le lanciai un'occhiata fiammeggiante quando
mi rispedì
per la decima volta nelle cucine, i nove tè precedenti erano
tutti
troppo caldi, troppo tiepidi, poco dolci,non abbastanza rinfrescanti
per il suo nobile palato da regina delle carogne. Feci dietro front
trattenendo a stento la rabbia, ormai ero lo zimbello delle cuoche
che si stavano sbellicando dalle risate: affogatevi nella minestra
megere!
Quei momenti erano la mia forza per
sopportare momenti
come questo:
“Mmm questo è
accettabile”
non le dissi che era come il primo che le
avevo portato,
sospettavo che lo sapesse bene e io dal canto mio ero solo contenta
che la tortura fosse terminata.
“Com'è il
tè?” le domandai astiosa
“Ottimo” mi
guardò da oltre la tazza ridendo
“E lo spettacolo
com'era?” le chiesi sorridendo,
sapevamo entrambe che mi riferivo al mio ridicolo salire su e
giù
mi guardò come per dire 'come
puoi prendertela per un
adorabile scherzo?'
adorabile un corno! Ma mandai
giù gli insulti.
“Non avrei potuto chiedere di
meglio”
“Vuole il bis? Potrei richiamare
la compagnia dei
teatranti” mi permettevo simili uscite perché
sapevo che in fondo
la divertivano, anche se probabilmente non l'avrebbe mai ammesso.
“Era per l'impertinenza
dell'altro giorno, ma mi sa
che non hai imparato niente”
“Lei vuole fare imparare a un
pesce l'arte del volo”
“Almeno tento di essere creativa
e non annoiarmi”
sbuffai, aveva ragione purtroppo.
“ Qui alle volte è
davvero lento, il palazzo pare
dormire” e dopo quell'osservazione mi concessi di sedermi
accanto a
lei, in questi giorni per qualche strano e contorto motivo eravamo
diventate confidenti. Shizuka sapeva che non avrei mai provato
pietà
nei suoi confronti, che non l'avrei asfisiata con domande sui suoi
stati d'animo, probabilmente apprezzava questo di me e preferiva la
mia compagnia a quella di qualche altra cameriera impicciona, anche
se amava ancora punzecchiarmi e infastidirmi con sceneggiate come
quella di prima, semplicemente la divartiva.
“Se ti annoi vuol dire che non
hai fatto su e giù un
numero sufficiente di volte” sorseggiò il
tè “Inizio a pensare
che questo tè non sia poi così buono”
rise e
io alzai gli occhi al cielo.
“Che cosa fa di
solito?” le domandai
“ Faccio quello che ci si
aspetta da una qualsiasi
brava e compita nobile donna, lezioni di portamento, etichetta,
cerimonale, lezioni di varie discipline, tante letture, una vita
intera nelle mani dell'educazione, ma più che altro
dovrebbero
chiamarla prigionia” di certo Shizuka era schietta e
apprezzavo
molto questa sua caratteristica.
“Sa nobile Shizuka, alle volte
ripenso al mio
villaggio e lo paragono a questo posto” le rivelai sincera
anch'io
“Da dove vieni?” avevo
attirato la sua curiosità
“Goshogawara, un piccolo paesino
vicino al mare, forse
là non avremo fasti e lussi, ma tutto è
incredibilmente vivo,
incredibilmente vero”
“Mi piacerebbe una volta vedere
il mare, immagino il
suo odore, sa di libertà” chiuse gli occhi
sorridendo a
quel'immagine e compresi che non aveva scherzato riguardo la
prigionia. “Ho passato una vita dietro queste mura,
perché una
nobildonna non si sporca i piedi viaggiando, e nemmeno dovrebbe voler
viaggiare, no, una nobildonna sta zitta e fa quello che le viene
detto dai suoi parenti maschi, o almeno così la pensa mio
fratello”
sospirò risentita “Ma avrai notato anche tu che
quello che pensa
mio fratello è ,la maggior parte delle volte, decisamente
opinabile”
mi guardò di sottecchi
“Beh il nobile Ida è
...” un porco? Un bastardo? Un
sadico? Cercai un aggettivo positivo ma non ne trovai.
“Oh non avere remore, so anche io
che mio fratello è
il più grande stronzo nato su questa terra”.
Era chiaro che non amava suo fratello.
“Lui e mio padre mi incolpano
della morte della mamma,
non mi hanno mai voluto bene, non vedo papà da anni,
è sempre
rintanato alla corte imperiale e quando torna non viene mai a
trovarmi, Ida mi evita a meno di non dovermi ordinare qualcosa,
quando me lo ritrovo davanti so che è sempre per cose
spiacevoli, ma
alla fine uno si abitua, solo che quando Satsu è morta mi
sono
sentita così... ” non finì la frase,
non che ce ne fosse bisogno.
Era chiaro che si era sentita profondamente
abbandonata.
Ed era ingiusto, perchè in
fondo, sotto quell'apparenza
altezzosa, pungente, dispettosa c'era la vera Shizuka, una ragazza
intelligente, bella, divertente e dalla battuta pronta, che non
meritava niente di quello che le era accaduto.
“Meno male che sei arrivata tu
così almeno ho un
nuovo giochino con cui divertirmi” aveva un ghigno semiserio
che le
attraversava la faccia, era tornata la solita di sempre, non le
piaceva lasciarsi andare allo sconforto e preferiva affrontare tutto
con la sua pungente ironia. Apprezzavo anche questo di lei.
“Il giochino non è
d'accordo” le feci notare “Non
può trovarsi un altro passatempo?”
“Non è che ci sia
molto da fare qui, qualche volta
passeggio nel parco, vado a cavallo ma raramente, altre mi fermo a
guardare mio fratello mentre si allena con le sue guardie, non che
stare a contatto con quella banda di maiali sia divertente ma meglio
che restare in stanza tutto il tempo”
almeno lo ammetteva anche lei che erano dei
maiali,la
cosa mi rincuorò.
“E per quanto il kyudo o le
katane abbiano il loro
fascino, ultimamente preferisco ripiegare su di te, giochino”
rise,
non si era accorta che alla parola kyudo i miei occhi erano diventati
languidi.
“Senti serva” mi prese
in giro “Vai a prendermi
qualcosa da mangiare?” me lo chiese col sorriso, gentile e
non
protestai stavolta, anche se significava scendere di nuovo le scale.
Risalivo con della frutta quando fuori
dalla finestra
riconobbi il sibilo inconfondibile: freccia.
Mi sporsi fuori, Ida e alcuni suoi uomini
facevano
pratica, li osservai un po': dilettanti. Poi mi venne un'idea e corsi
su a riferirla a Shizuka, non sapendo se mi avrebbe ammazzata o cosa.
Stava ridendo da cinque minuti buoni
“ Kyoko sei
sicura di farcela?”
“Ovvio” le risposi
offesa, non mi piaceva veder
messe in dubbio le mie capacità, ma la perdonai: era la
prima volta
che mi chiamava con il mio nome, invece che serva.
“E va bene allora, andiamo a dare
una svegliata a
questo posto”.
Eravamo nel campo di tiro, Shizuka in
testa, al nostro
arrivo tutti si voltarono.
Ida guardò la sorella torvo e
incenerì me “Che ci
fai qui Shizuka?” ringhiò
“Ho visto che vi stavate
allenando e la mia serva
sostiene di essere molto brava con arco e frecce, che cosa ridicola
da dire per una donna non trovate ?Quindi volevo vedere se è
una
bugiarda patentata e farmi due rasate, così propongo una
sfida tra
te e lei” stava mentendo spudoratamente e affrontando suo
fratello
con una tranquillità non da tutti. Era chiaro che ci fosse
abituata.
“Non se ne parla, quelle mani da
pezzente non
toccheranno le mie armi”
“Suvvia fratello, non ti costa
nulla, immagino tu non
abbia paura di una simile concorrenza, il peggio che può
capitarti è
morire dal ridere per i suoi patetici tentavi, immagino la umilierai,
ma ehi la vita è così ” .
Alla parola umiliazione gli occhi di Ida si
riempirono
di piacere, la cosa lo estasiava.
“E va bene, tre tiri, non uno di
più” prese in
mano l'arco e tre frecce.
Scoccò il primo colpo: centro
quasi perfetto, il
secondo centro fu molto simile al primo, il terzo colpo lo
sbagliò
leggermente, era molto bravo.
Shizuka mi guardava, era chiaro cosa le
passava per la
testa: battilo. Non era una richiesta ma un ordine, e io mi sarei
sentita profondamente ridicola ad averla trascinata lì se
non ci
fossi riuscita.
Presi in mano un arco e lo tastai, mi
piacevano la
consistenza e il peso, così lo scelsi e mi misi in
posizione.
Chiusi gli occhi deglutendo, forza Kyoko.
Li riaprii di
scatto puntandoli come un falco sul punto da colpire e scoccai.
Centro. Perfetto.
Intorno a me si levarono dei mormorii, mi
voltai Shizuka
sorrideva, Ida era nero “Sicuramente la fortuna del
principiante”
tentò di rassicurare il fratello ridendo sotto i baffi.
Gli altri due colpi furono più
facili, ormai mi ero
sciolta e non ebbi esitazioni.
Altri due centri perfetti.
Gli uomini di Ida se ne restavano in un
silenzio
glaciale, Shizuka a stento tratteneva le risate e Ida, Ida aveva
l'espressione più cattiva, furiosa e folle che gli avessi
mai visto.
L'avevo battuto di fronte ai suoi uomini e la voce presto si sarebbe
sparsa.
“Mi hai ingannato
sorella” biascicò furente
“Non credo proprio, io l'avevo
detto che era una
sfida” Ida non provò nemmeno a ribattere
“Su andiamo Kyoko”.
Una volta lontane Shizuka
comincò a piegarsi in due
dalle risate “Hai visto la sua faccia Kyoko? L'hai vista?
“.
Sì, l'avevo vista e mi ero
goduta ogni secondo di
quella rabbia, di quella furia, una parte di me aveva la brutta
sensazione di essersi cacciata nei guai, ma ero troppo eccitata per
prestarci attezione.
“Non l'ho mai visto
così arrabbiato, sei stata un
portento, un portento” continuava a ridere “Che
batosta, Ida ti
vedrà nei suoi incubi peggiori” mi sorrise
“Grazie”
lo disse dolcemente, tranquillamente e quel
grazie
risuonò come una parola bellissima.
Ne era valsa la pena, avevo umiliato Ida,
avevo umiliato
un nobile, una piccola rivincita dal valore inestimabile. E mi
sentivo lusingata da quel grazie tanto dolce.
“ Se hai paura Kyoko, non ti
preoccupare, farò in
modo che non ti accada nulla mia alleata” rise ancora
facendomi
l'occhiolino.
La verità era che in quel
momento, in quegli attimi tra
un respiro e lo scocco neanche per un secondo avevo pensato alle
conseguenze.
Avevo umiliato un nobile.
*
Le mie katane tenute al fianco sbattevano
tra di loro,
il rumore dei foderi era sinistramente mettalico. Era la loro dolce e
suadente cantilena di morte.
Misi la mano sull'elsa cercando di
cancellare le
immagini di quello che avevo fatto. Mi disgustava e mi disgustavo,
ma non mi veniva lasciata scelta.
Ero il mezzo mostro che qualcuno aveva
forgiato ad arte.
Ed ero fiaccato da quel peso, non nel
fisico, ma
nell'animo.
Facevo quello che mi veniva ordinato, lo
facevo per
proteggere ciò che avevo di prezioso,il poco che mi
rimaneva.
Sospirai stanco prima di entrare nel cortile principale. Erano catene
le mie dalle quali ,avevo paura, non mi sarei mai liberato.
Alzai la testa abbattuto e la vidi: Kyoko.
Per un attimo
mi sentii meglio poi scacciai quel sollievo,sensazioni che non dovevo
provare, indietreggiai all'ombra di un albero per non essere notato.
Aveva in mano un arco, che faceva?
Poi capii, non sapevo se ridere o correre a
fermarla,
aveva fegato.
Stava sfidando Ida.
Aveva i capelli legati, non come la prima
volta che
l'avevo vista, ma anche così concentrata e seria era di una
bellezza dolorosa. Quelle ciocche le avrei sciolte una ad una, fatte
scorrere tra le dita, tirandole l'avrei tratta a me, facendo
combaciare la sua schiena con il mio petto. Sospirai nuovamente,
stavolta per un motivo diverso, dovevo porre fine al mio delirio o al
mio desiderio, che poi erano la stessa cosa. Tornai a guardarla ,
nella realtà, non più nella mia immaginazione,
tra i miei pensieri
aveva la capacità di far scendere la concentrazione e far
salire
qualcos'altro.
Composta e diligente tirava senza
esitazione.
Un centro, due.
Stava facendo infuriare Ida.
Tre centri.
No, lo stava rendendo folle.
E io dovevo fare due chiacchiere con
Shizuka al
riguardo.
Corsì via prima che si
spostassero dall'area di tiro,
nell'ombra come mio solito.
Camminavo per la stanza avanti e indietro,
irrequieto
“Ti vuoi calmare?” mi
disse
“No” le risposi
infastidito “Tu ora mi spieghi
cos'era quella sceneggiata” Shizuka sbuffò, era
appena rientrata.
“Quella sceneggiata era lo
schianto totale di Ida
contro la più cocente sonfitta”
lei lo trovava divertente ma a me non
divertiva affatto
“E hai visto Kyoko?”
l'avevo vista purtroppo
“E' stata meravigliosa,
straordinaria”
lo sapevo purtroppo
“Sai che se non la tratti bene
potrebbe infilzarti con
una freccia nel petto” rise divertita
Potrebbe sì, o forse l' aveva
già fatto perché a
pensarla mi sentivo male.
Mi accorsi di essermi distratto, ero
ridicolo,
combattuto tra il correre da lei e restarmene nel mio angolino come
invece avrei dovuto. Temevo le conseguenze del conoscerla a questo
punto, che effetto mi avrebbe fatto ?.
Sarei diventato ancora più
ridicolo probabilmente.
E mi chiesi perché mi stavo
interrogando su un problema
simile, quando la questione era che a lei non mi sarei nenache mai
dovuto avvicinare.
Mi ero di nuovo distratto, ridicolo
appunto.
Cercai di concentrarmi ripromettendomi di
indugiare in
dolci pensieri più tardi. Almeno quello potevo farlo senza
conseguenze.
“Forse non afferri il
problema” le risposi pacato
“Ti rendi conto che la tua idea sconsiderata la
metterà nei
guai?”
“Kyoko non è una che
si lascia intimorire”
“Certo fa arrabbiare la sola
persona che la possiede
con ogni diritto e poi si aggirerà spensierata,
immagino” le dissi
ironico
Shizuka mi guardò colpevole
“Ida lo sa che la mente geniale
dietro quella
buffonata sei tu,senza di te lei non avrebbe mai trovato il coraggio,
ma non verrà a cercare te quando dovrà farla
pagare a qualcuno, no
andrà da lei e per quanto Kyoko sia forte, Ida è
pur sempre un uomo
e sai quanto può essere violento”
quelle mie parole mi misero l'ansia
addosso, mi sentivo
sciocco oltre ogni modo, ma il pensiero di Ida che la puniva mi
innervosiva
l'avrebbe...
e io...
mi coprii la faccia con una mano, non
volevo pensarci.
“Domani vedi di
controllarla” la ammonii “Non è
giusto che stia male, inventati qualche scemenza, sei brava in
quello”
“Figuriamoci se permetterai ad
Ida di toccarla”
disse tutta accesa Shizuka ignorando la frecciatina
“Io?”
“Ovviamente!”
“No, io non intendo fare proprio
un bel niente, non
intendo farmi vedere da lei, io non mi avvicinerò e sai
perché”
“No, non lo so il
perché” ribattè indispettita
“E'
un motivo talmente stupido, meriti affetto e amore più di
chiunque”
non lei urlai 'guardami', ma trattenni la
rabbia, con
Shizuka su quel punto sarebbe sempre stata una battaglia.
“E poi l'ho promesso a
Kyoko”
“Faresti meglio allora a non fare
promesse che non
puoi mantenere, non credi che io abbia già le mie
grane?” sbottai
irritato.
Mi guardò per la seconda volta
con espressione
colpevole “Mi dispiace” si calmò
“E' anche colpa mia se ti
costringono in quella maniera”
cercai di riguadagnare la calma
“Non ti preoccupare,
lo sai che non è un peso”
sapeva che mentivo, ero un uomo spezzato e
rattopato fin
troppe volte perché non si vedesse.
Mi si sedette accanto premurosa
“Com'è andata sta
volta?”
“Il solito schifo”
chiusi gli occhi, le immagini
della missione tornavano a ronzarmi in testa ogni volta che ne
parlavo
“Lo sai che ti voglio
bene” mi prese una mano
“Lo so Shizuka”.
Era quell'affetto che mi portava avanti,
era il motivo
per cui sopportavo gli ordini, lo schifo, il rimorso. E poi c'era
Kyoko, sapevo poco di lei, ma avrei voluto conoscerla di
più, avrei
voluto un po' più di quel sollievo che avevo provato
vedendola.
Sapevo di sbagliare, di metterla in
pericolo.
Avrei voluto concedere un po' di luce alla
mia anima
nera.
Mi alzai e mi fermai sull'uscio
“Non le farà nulla”
mi limitai a dire.
Alla fine, dopotutto, mi sarei intromesso.
**********
Altro proverbio XD: nooo , non ho una passione per la cultura
giapponese ( è solo un'impressione )
in questo caso "Nō aru taka wa tsume o kakusu"
vuol dire
: non scoprite le vostre carte ... così su due piedi direi
che
Kyoko ne ha di assi nella manica , ma dopotutto ha dovuto a suo modo
arrangiarsi e la trovo carina in questa sua "maschiaggine" del tiro con
l'arco
mentre il povero Kenjyu ombra tra le ombre che cosa nasconde ?
Perché si nasconde ? Dai tesoruccio, non fare il
timido
(non ascolta nemmeno la sua mamma ç_ç figlio
degenere) ma
prometto che presto si metterà più a nudo ...
ehm,
cioè verrà allo scoperto in quanto personaggio (
insomma
avete capito XD )
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