She sees Them

di Lady_Wolf_91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sono sicura di non essere pazza… forse ***
Capitolo 2: *** Ritorni inaspettati ***
Capitolo 3: *** Nuove sedute e vecchi ricordi ***
Capitolo 4: *** Il pianto di Shioban ***
Capitolo 5: *** Imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? no, non credo! -parte prima ***
Capitolo 6: *** Imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? no, non credo! -parte seconda ***
Capitolo 7: *** Imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? no, non credo! -parte terza ***
Capitolo 8: *** Compagni di classe, feste e omicidi ***
Capitolo 9: *** Compagni di Classe feste e omicidi-seconda parte ***
Capitolo 10: *** Mai qualcosa di semplice! ***
Capitolo 11: *** Verità svelate ***
Capitolo 12: *** Ancora bugie ***
Capitolo 13: *** Quadro completo ***
Capitolo 14: *** Desideri che si avverano? ***
Capitolo 15: *** Legame ***



Capitolo 1
*** Sono sicura di non essere pazza… forse ***


Salve a tutti se titolo e storia vi sono familiari, no, non state impazzendo!
non è dipeso da me ma la storia era stata cancellata, grazie all'aiuto di 
Bloomsbury  la sto rivedendo e ripubblicando ^^










Ci sono cose che non si possono vedere, ma esistono.
Ci sono legami che non si possono spezzare e durano finché si ha la forza di lottare per loro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
She sees them
 
 
PROLOGO (sono sicura di non essere pazza… forse)
 
“Io… li vedo… e ho provato a chiudere gli occhi ma loro non se ne vanno, sono tornati, così all’improvviso e pretendono che io li aiuti”
“E perché pensano che lei possa aiutarli?”
“P-perché, perché l’ho già fatto, molto tempo fa”
 “Capisco… e ora cos’è cambiato? Perché non può rifarlo?”
“Cos’è cambiato? Tutto, andiamo! Io sono cresciuta e questa, lo sa anche lei, non è una cosa possibile! Non credo più a queste cose…”
“Quindi, sta rinnegando il suo passato?”
“No! Insomma, non è questo, è che… Oh insomma! È lei la psicologa, non è questo il momento in cui mi dice che sono pazza? O che forse, è tutta colpa dello stress? Che è tutto frutto della mia immaginazione?”
 “È questo che crede? Di essere stressata? Mi ha detto di averlo già fatto, anche allora era stressata?”
“Io… sa… sa cosa? Io la pago, quindi mi dica lei cosa crede!”
“Bene! Io credo che lei sia molto stanca, non dorme da alcuni giorni e questo non aiuta. Io credo che non debba cercare una soluzione alle sue domande nel presente, ma scavare nei suoi ricordi per comprendere meglio il passato e… la seduta è finita, ci rivediamo giovedì!”
 













Angoletto Mio
come già detto sopra questa mia storia era già stata publicata, poi causa di foza maggiore, cancellata e siccome è una storia a cui tengo e forse è proprio LA storia ho deciso di riprovarci! inoltre mi scuso con quelli che l'aveva recensita o che la stavano seguendo e si sono ritrovati la storia cancellata, avrei voluto avvertirvi ma è stata una cosa...bè non ho potuto!

Ringrazio ancora di cuore Bloomsbury che sta betando la storia e se avete voglia di leggere qualcosa di bello passate da lei che è bravissima *--*
ora vi lascio, se volete farmi sapere cosa ne pensate sono qui e...a presto
:*

 

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Capitolo 2
*** Ritorni inaspettati ***


CAPITOLO UNO (ritorni inaspettati)
 






 
Fissavo il mio caffè con gli occhi pesanti e lo sguardo assente, la testa mi scoppiava, erano tre giorni che non dormivo.
“Oh, non puoi immaginare il traffico assurdo che c’è per arrivare fin qui, ho dovuto prendere delle strane strade, dei vicoli ignoti e ho poco tempo, sai, il nuovo capo ha qualche rotella fuori posto, quiiindi dimmi tutto!”.
Alzai pigramente lo sguardo, per incontrare gli occhi color nocciola di Ellen che mi fissavano in attesa di risposte, raccolse i lunghi capelli biondi in un morbido chignon, scostò leggermente la sedia bianca e si sedette con una grazia che le avevo sempre invidiato. Si aggiustò l’elegante vestito di taffetà color tortora che lasciava scoperte le gambe perfette, fece un gesto al cameriere che si precipitò da lei, ordinò un thè col suo solito tono di voce, basso ma dolce, mi guardò e iniziò a parlare a raffica, com’era solita fare.
 Si poteva dire, ormai, che la conoscessi bene; eravamo diventate amiche durante l’ultimo anno di liceo, all’inizio ci ignoravamo, poi la morte di una nostra amica comune ci avvicinò e d’allora siamo diventate inseparabili.
 Finito il liceo non ci vedevamo tutti i giorni, i lavori diversi non lo permettevano; lei lavorava per una grossa compagnia che organizzava eventi importanti, io scrivevo articoli di giornale, nonostante ciò, sapevamo di esserci l’una per l’altra e che questo non sarebbe mai cambiato.
 “Sally? Sally mi stai ascoltando? Allora? So che non mi hai fatto venire fino a qui perché potessi parlare a vanvera, sono tre giorni che non ti fai sentire, nemmeno un misero messaggio, quindi… dimmi!?”.
Chiusi gli occhi ispirando profondamente, subito il suo profumo dolciastro mi fece girare la testa:
“… li rivedo”.
Posò lo specchietto nella borsa e sorrise:
“Fantastico! Li rivedi! E dimmi, come se la passano?”
alzai un sopracciglio, osservai il cameriere posare delicatamente un’ elegante tazza piena di thè sul tavolino, rivolgendole un sorriso luminoso che Ellen ricambiò, poi andò via senza degnarmi di uno sguardo, mi tolsi l’anello a forma di stella e mi massaggiai l’indice:
“Si… li rivedo… e… non è una bella cosa!”.
Lei bevve un sorso di the sbuffando leggermente:
”Sally, lo sai, ti voglio bene, ma ho poco tempo, tempo che non voglio passare a decifrare quello che dici” sospirai:
“Ricordi al liceo? Ricordi quello che dicevano di me? Ricordi come mi chiamavano?”
socchiuse gli occhi per un attimo senza lasciare la tazzina:
“Oh, si! La pazza… avevi i tuoi amici immaginari e facevi… quelle cose strane”
“Non erano miei amici, lo sai!”
sospirò diventando seria:
“Credevo che dopo la morte di Laura… sì, credevo fossero andati via. Avevi detto così, no?”
tornai a fissare il mio caffè, concentrandomi sulla piccola scheggia presente sul manico della tazzina:
“Sì, era così infatti, ma credo siano tornati”
si massaggiò le tempie, facendo tintinnare i bracciali che aveva al polso:
 “Ok! Tu lo credi o lo sai? Insomma, li hai visti? Fisicamente? Hai visto… lui?”
chiusi gli occhi a quel pensiero e scossi la testa:
“No! Ma stanotte non ho chiuso occhio, ero… non riuscivo a respirare, il mio letto era gelido come la pietra e sentivo la testa vuota, tutto intorno a me girava ed io ero ferma, immobile, non riuscivo a fare nulla, non riuscivo a muovermi, non…” Ellen si sporse verso me appoggiando la mano sulle mie:
“Sally, calmati ok? Era… era solo un attacco di panico, ne ho avuti anch’io dopo la morte di Laura e…”
“No, anch’io li ho avuti e questo… questo non era un attacco di panico erano… sono loro. Stanno cercando di comunicare con me, questo non aveva niente a che vedere con un attacco di panico, era una richiesta d’aiuto”
“No! Ok? Era solo un attacco molto, molto forte e suggestione. Sì! hai visto qualche film particolare ultimamente?”
la guardai male e lei alzò gli occhi al cielo, fissò terrorizzata l’orologio del bar, sospirai:
“Non preoccuparti, va pure, io sto bene”
mi fissò a lungo per poi dirmi:
“Ok, sai che rimarrei se potessi, vero? Ne riparliamo stasera, ok? Ti chiamo e se uno di loro viene o fa qualsiasi cosa tu… ignoralo. Loro non esistono, ok?”
le sorrisi e annuii, mi abbracciò e corse via.
Pagai il conto al cameriere, che rimase chiaramente deluso nel non vedere più la mia amica.
E tornai a casa.
Buttai la borsa sul largo tavolo di marmo e sprofondai sul divano. Forse Ellen aveva ragione, forse stavo davvero esagerando.
“Ehi, Mocho! Hai fatto il bravo tutto solo? Vieni qua, fatti coccolare un po’”
“Hai chiamato il tuo gatto, Mocho?”
m’irrigidii di colpo.
Non avevo bisogno di girarmi, avrei riconosciuto quella voce ovunque, chiusi gli occhi.
No! Non stavo affatto esagerando.
 
 
 
 
 








Angolino mio
Vi publico anche il primo capitolo perché so che il prologo è piccolo e non dice molto!
un bacio a Bloomsbury che beta la storia!
 




 

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Capitolo 3
*** Nuove sedute e vecchi ricordi ***


  
 
 
 
 
CAPITOLO DUE (nuove sedute e vecchi ricordi)






 
“Sei diventata sorda forse?”
ispirai a fondo senza aprire gli occhi, se non lo vedevo non esisteva.
“Ti hanno mai detto che non è educato ignorare così qualcuno?”
“Smettila! Tu non sei davvero qui”
“Che diavolo significa che non sono qui? Certo che sono qui!”
Mi concentrai sulla respirazione, non era qui, non era lui, non era reale:
“Tu non esisti!”
“Bè, questo non è carino da dire e nemmeno totalmente corretto”
“Ma certo! Ho il cancro e sto avendo le allucinazioni, ovvio!”
“Già, ovvio! Non è più semplice ammettere che sono tornato?”.
Sorrisi nervosamente e mi alzai di scatto facendo balzare a terra il povero Mocho terrorizzato, mi voltai per fissarlo dritto negli occhi, rimasi paralizzata, non ricordavo fosse così bello, scossi la testa con forza:
“Tu sei andato via, sei sparito senza darmi nemmeno una spiegazione!”
iniziai ad agitarmi mentre lui rimaneva immobile:
“Conosci le regole, Sally. Loro hanno bisogno del tuo aiuto”
“No! Io non vi devo niente, ho fatto la mia parte, voi mi avete già rovinato abbastanza la vita, sei sparito e li hai portati con te… ho fatto tutto, tutto quello che mi avete chiesto e mi avete ingannato. Quindi, no! Non ho nessuna intenzione di ricascarci di nuovo... fa quello che ti riesce meglio… sparisci!”.
Rimanemmo immobili, in silenzio, a fissarci negli occhi, sentii lo stomaco attorcigliarsi su se stesso, perché doveva farmi ancora quell’effetto?
“Ti va di ballare?”
spalancai gli occhi:
“Tu sei matto!”
“Andiamo! Solo un ballo”
“No! E poi… non c’è nemmeno la musica…”.
Sorrise.
Dio! Perché doveva avere un sorriso così bello?
“Se è questo il problema…”
lo guardai confusa, i suoi occhi verdi si riempirono di un cerchio giallo e pochi istanti dopo, le note iniziali di Lady in Red iniziarono a risuonare per tutta la stanza.
“Come diavolo hai…”
“Ora possiamo ballare?”
“No che non balliamo”
fece un passo verso di me:
“Come tanti anni fa. Ricordi?”
 incrociai le braccia al petto:
“Certo! Parli di quella volta in cui ballavamo e la gente mi additava, dicendomi che ero pazza perché non vedeva nessun altro tranne me? Mi spiace, sono cresciuta… non sono più una stupida ragazzina che balla con esseri inconsistenti che non può nemmeno toccare…”
“Solo un ballo Sally e me ne vado”
“No, smettila!”
“Perché?”
“Lo sai perché”
“Solo uno”
 si avvicinò e mi prese la mano, non opposi resistenza e iniziammo a dondolarci come due idioti. Allontani il volto dal suo petto per guardarlo negli occhi. Erano incredibilmente verdi.
“Riesco a toccarti…”
dissi incredula e lui sorrise:
“Così pare!”
“Sapevi che potevo toccarti? Come…. perché?”
“L’hai detto anche tu, sei cresciuta”
lo fissai ancora e continuò:
 “non sei cresciuta solo tu, anche le tue… chiamiamole capacità, lo sono. Puoi fare cose che prima non potevi, una di queste, è toccarmi!”
“No, io ho abbandonato le mie capacità, come le chiami tu”
“Puoi averle messe da parte, ma fanno parte di te e lo saranno sempre”.
Continuavo ad aggrapparmi a lui come se lasciarlo volesse dire perderlo di nuovo, non era forse quello che volevo?
“Perché sei tornato? Perché ora?”
“Lo sai!”
mi strusciai sulla sua spalla, da quando odorava di zucchero a velo?
“L’altra sera… non era un attacco di panico, vero? Era… uno di voi?!”
“Era una ragazza, ha bisogno del tuo aiuto… come altri”
“Quindi… vi aiuto e ve ne andate?”
“Le conosci le regole”
mi staccai finalmente da lui:
“Perché te ne sei andato?”
“Non è dipeso da me, lo sai!”
“Ma perché non mi hai almeno detto addio? Perché mi hai lasciato lì, come un idiota a chiamarti e ad aspettarti inutilmente?”
mi fissò serio, come non l’avevo mai visto:
“Se l’avessi fatto… se te l’avessi detto… sarebbe cambiato qualcosa?”
“Lascia perdere, non mi aspetto certo che tu capisca”
“Secondo te è stato facile per me lasciarti?”
“Vattene!”
“Sally!”
“No! Vattene! Va via! Non farò ancora una volta il vostro gioco. Sparisci! Non voglio vederti mai più”
mi guardò, scuro in volto:
“… non puoi scappare… lo sai”
e così com’era venuto, sparì.
Passai i successivi due giorni chiusa in casa, accesi tutte le televisioni, ascoltai la musica a tutto volume, non volevo sentire o vedere nessuno. Staccai il telefono, raccontai tutto ad Ellen pregandola, però,  di non venire e, finalmente, arrivò giovedì.
Mi vestii in fretta, ignorando il ronzio che sentivo nella testa, misi una sciarpa per coprire i lividi comparsi sul collo e uscii di casa, più in fretta che potevo.
Lo studio psichiatrico era mezzo vuoto, mi guardai intorno, era spoglio, privo di un’anima; le pareti erano piene di quadri anonimi, i comodini colmi di cianfrusaglie inutili. Aspettai il mio turno su una scomoda poltrona di pelle, sfogliando un una rivista di moda, finché l’assistente venne a chiamarmi con un sorriso stampato sul volto. Era arrivato il mio turno.
Appena entrata salutai la mia strizzacervelli. Era una donna di trent’anni con un sacco di lauree e specializzazioni, almeno questo traspariva dalle targhe appese al muro. Devo dire che era una bella donna; aveva lunghi capelli neri, la pelle olivastra e un fisico asciutto. Mi salutò con un cenno della testa e mi fece sdraiare sul lettino nero, prese la grande agenda viola e iniziò a guardarmi. Io ero concentrata a fissare il soffitto, cercando di capire se quelle erano macchie volute o, solo, semplice muffa.
“Come va il lavoro?”
 la guardai confusa e alzai le spalle:
“Bene! In questi giorni ho lavorato da casa, ho scritto un paio di articoli… cose così. Non posso lamentarmi”
 “Bene! Come sono andate le cose dal nostro ultimo incontro?”
non riuscii a trattenere un sorriso isterico che non le sfuggì:
 “le va di raccontarmi cos’è successo in questi giorni? Vede ancora i suoi amici?”
sbuffai:
“Non sono miei amici! Comunque si, o meglio, uno… ne ho visto uno”
“E cosa le ha detto?”
ripensai a quello stupido ballo, scossi la testa e chiusi gli occhi:
“Ha chiesto il mio aiuto”
“Capisco, è in pericolo?”
“No, non per lui, per gli altri”
“E lei in che modo può aiutare questi… questi altri?”
“Bè, io… sono l’unica che li può vedere e… e, quindi, aiutare”
“Aiutarli in che modo?”
sbuffai ancora:
“Non è importante”
chiuse l’agenda e mi fissò con i suoi occhi così neri e intensi:
“Mi ha detto di averli già aiutati in passato”
“Sì, ero molto piccola e stupida ed è stato tanto tempo fa”
“E perché ha smesso di aiutarli?”
 chiusi gli occhi a quel ricordo:
“E’ morta una persona, in poche parole potevo aiutarla ma loro… non me l’hanno permesso”
“Capisco. Torniamo a questa persona che ha visto, saprebbe descrivermela?”
“Miles, lui si chiama Miles, è… bè! Alto, moro, spalle larghe, occhi verdi e sguardo intenso e… credo si possa dire che è un bell’uomo, un tantino morto credo ma….”
”Sì, c’è mai stato qualcosa tra voi due?”
la fissai spalancando gli occhi. Seriamente, qual era il suo problema?
“No, lui è… è complicato e poi, mi ha solo usato come tutti gli altri”
“Lui si è mai fatto aiutare?”
“No, lui no”
“Secondo lei perché?”
ci pensai un po’:
“Non so, lui è, credo, più una specie di guida e… non lo so”
“E che effetto le ha fatto rivederlo?”
se chiudevo gli occhi, potevo ancora sentire il calore del suo corpo contro il mio, riuscire a toccarlo per la prima volta era stato così strano:
“Non lo so”
“Che cosa gli ha detto?”
mi voltai a guardarla:
“Perché non mi dice semplicemente che sono pazza?”
 lei sorrise con uno sguardo che non riuscii a decifrare:
“Gliel’ho già detto. Io non penso che lei sia pazza”
“Perché? Non ha senso”
 tornò a guardare la sua agenda:
“Si ricorda com’è iniziato tutto? Quando ha iniziato a vederli?”
sospirai cercando di concentrarmi:
“È  successo quando ero molto piccola, avrò avuto cinque, sei anni. Ero… bè, eravamo da mia nonna per il weekend; lei e mia madre erano in cucina a preparare il pranzo. Mio padre  e mio nonno, invece, stavano in salotto davanti al televisore, io andavo sempre a giocare nel giardino, perché mia nonna ha una specie di fattoria, con degli animali. Quel giorno mi sono spinta ben oltre il giardino. Stavo inseguendo una rana, credo, e la rincorsi a lungo finché fece un grosso salto. La imitai senza rendermi conto che quello era un burrone e che sotto di me c’era il vuoto, così sono precipitata e… bè! Sono, credo… credo di essere morta quel giorno. Insomma, sarei dovuta essere morta, ma poi, ho riaperto gli occhi e loro erano lì che mi fissavano”
“E tra loro c’era anche Miles?”
“Non lo so, non ricordo di averlo visto”
“E oltre a lei, oltre a queste persone che vedeva, c’era qualcun altro? Magari qualcuno che conosceva?” chiusi gli occhi aggrappandomi a quel ricordo:
“N-no! Io… oh! aspetti, forse… no, non è possibile quindi…”
 mi guardò con una strana luce negli occhi:
“Secondo me dovrebbe conoscere meglio il suo passato, solo così può comprendere il presente. Cerchi di capire qualcosa di più su quel giorno e troverà le risposte che cerca; ora la nostra seduta è finita, noi ci rivediamo lunedì!”
 la guardai sempre più perplessa, scossi la testa e uscii.
Era ora di fare visita a mia nonna, forse mi sbagliavo, ma tentare non mi sarebbe costato nulla.
“Dove andiamo?”
“Miles! Non puoi fare così mentre guido, poteva venirmi un infarto, potevo fare un incidente o qualsiasi altra cosa!”
lui non mi guardò:
“Sì, allora dov’è che andiamo?”
“Caso mai, dov’è che vado io. Nessuno ti ha invitato, torna da dove sei venuto”
sorrise:
“Io non me ne sono mai andato”
 lo fissai a bocca aperta, mentre qualcuno dietro di me suonava in modo insistente:
“Sei rimasto con me per tutto questo tempo?!”
sventolai una mano al tizio dietro di me per scusarmi e continuai a guidare.
Dopo alcuni secondi tornai a fissarlo:
“Sai cosa vuol dire la parola privacy?”
“Sì, ehm… puoi guardare la strada mentre guidi?”
“Quindi hai sentito tutto?”
 mi guardò e sorrise, un sorriso da vero stronzo; tornò a fissare la strada e io guidai in silenzio.
“Non ricordo questa strada, dove stiamo andando?”
alzai gli occhi al cielo:
“Sei peggio di un bambino lo sai?”
“Mmh mmmh, perciò… andiamo…”
“Oh mio dio, andiamo da mia nonna, contento?”
fece una smorfia:
“Oh! Perché andiamo a trovare la dolce vecchina?”
 presi il primo svincolo a sinistra sbuffando sonoramente:
“Perché sei sempre così antipatico con lei?”
“Non sono antipatico. Ho detto dolce e vecchina, non dici dolce e vecchina se vuoi essere antipatico!”
“Bè, a me sembrava tanto sarcastico! È sempre stato così. Sembra quasi che tu la odi. È così? Perché la odi?”
“Allora, perché ci andiamo?”
“Non hai risposto alla mia domanda… Va bè! lascia perdere, devo chiederle una cosa”
“Mmmh… una cosa segreta?”
“Miles puoi anche non venire!”
sorrise ancora:
“No, no, vengo”.
Il resto del viaggio fu silenzioso, cercai di ignorarlo per tutto il tempo, anche quando sentivo il suo sguardo fisso su di me e, finalmente, dopo quella che sembrò un’eternità, arrivammo.
Parcheggiai l’auto nel vialetto contornato dalla staccionata bianca e scesi dall’auto con Miles, che mi seguiva sbuffando.
Bussai due volte senza ottenere risposta, mi ricordai della seconda chiave sotto il tappeto, la recuperai ed aprii:
“Nonna? Nonna, ci sei?”
Miles si guardò intorno con aria circospetta:
“Forse stava scendendo le scale ed è caduta, magari si è rotta un’anca ed ora se ne sta li, morente, in un angolo della casa”
 lo fissai con un sopracciglio alzato.
“Che c’è? Succede alle donne di una certa età, è perfettam… oh porca di quella…”
 balzò all’indietro con un’espressione terrorizzata sul volto, mi spaventai anch’io e mi voltai per vedere cosa aveva visto:
“N-nonna… ciao! Mi hai spaventata. Tutto bene?”
lei sorrise e mi abbracciò:
“Tutto bene, ero di sopra in soffitta e non ti ho sentito”
“Non preoccuparti, sono appena arrivata”
“…mi sta fissando…”
bisbigliò Miles senza spostare lo sguardo da lei.
“Meno male, allora cosa ti porta qui?”
 chiese mia nonna ed io, tentando di ignorare Miles, risposi:
“Io…”
“Mi fissa…”
“Piantala!”
gli intimai ad alta voce.
“C-come tesoro?”
“Ehm…no, dico, pianta… la… bella! È… è molto bella quella pianta, è nuova?”
“N-no…”
“Oh fantastico davvero! Ehm… dovrei andare in bagno. È sempre in fondo a destra, vero? Sì! torno subito”
“Va bene, io sono in cucina, preparo un po’ di thè”
 annui e corsi in bagno chiudendo a chiave la porta:
“La vuoi piantare?!”
allargò le braccia:
“Io non sto facendo proprio niente, è lei che continua a fissarmi!”
“Miles, lei- non- può- vederti, cosa c’è di complicato in questa frase che non capisci?!”
“Io- invece- ti dico- che mi sta fissando!”
 mi massaggiai le tempie
“Da quando sei diventato così paranoico? Ok, guardiamo la cosa con razionalità. Probabilmente stava fissando un punto imprecisato della casa e guarda caso tu eri li!”
“Non ha smesso di fissarmi per tutto il tempo”
alzai le mani:
“bè tu… tu spostati, allora. Così avrai la prova che è solo un dannatissimo caso!”
Lui incrociò le braccia al petto:
“Certo, vorrei vedere te ad essere fissata da quegli occhietti strani”
“Miles!!”
“Sì, va bene, va bene, farò il bravo”
“Ottimo!”.
Inspirai a fondo, mi diedi una sistemata ed uscii dal bagno raggiungendo mia nonna in cucina. Aveva messo sul gas il vecchio bollitore verde con le margherite.
“Allora tesoro, cosa ti porta dalla tua vecchia nonna?”
mi accomodai al lungo tavolo bianco:
“Niente di particolare in realtà, volevo solo venire a trovarti”
 Miles si avvicinò abbassandosi fino ad arrivare al mio orecchio:
“Sally, non vorrei dire, ma… mi sta fissando ancora”
lo ignorai sorridendo a mia nonna e afferrai la tazza piena di the.
“Mi fa sempre piacere tesoro, stai bene? Hai l’aria un po’ stanca”
Miles fece il giro del tavolo, appoggiandosi vicino al frigo:
“Dai! io mi sposto, ma lei continua, mi guarda proprio, credo che lei possa vedermi”
mi concentrai sul thè:
“Sto bene, sono solo un po’ stanca. Sai?! Il lavoro”
“Capisco. Cos’hai fatto al collo?”
 mi aggiustai il foulard blu
“Ehm, niente, è…. è stato il mio gatto”
Miles mi fissò:
“Sse, il tuo gatto! Bella scusa davvero, si”
lo guardai con gli occhi ridotti a due fessure, anche mia nonna si voltò e lui se la ritrovò a pochi centimetri dal volto:
“E che cazzo, sì! Credo proprio che lei mi veda”
mia nonna tornò a guardarmi:
“Tesoro, stai bene?”
“Io sì, solo mi è entrata una cosa nell’occhio e… torno subito, si!”
 tornai di corsa in bagno fissando Miles con sguardo inceneritore.
“Non sono paranoico, lei mi vede”
“Ok, Miles. Voglio essere gentile, davvero, lei non può vederti. L’unica pazza della famiglia sono io, è chiaro?”
incrociò le braccia al petto:
“Sono sicuro che sappia più di quello che dice, la vecchia!”
“Quando fai così vorrei tanto poterti colpire. Oh! Aspetta… ora posso farlo!”
 iniziai a colpirlo e lui indietreggiò:
“Ahi, mi fai male!”
“Ora, io torno di là. Se ti senti tanto osservato, va a farti un giro o qualsiasi altra cosa!”
“E va bene! Ma, per me, lei mi vede!”
feci per colpirlo ancora, ma lui mi fece la linguaccia e sparì, così colpii l’aria.
Sbuffai guardandomi allo specchio, aggiustai meglio il foulard e tornai in cucina.
Mia nonna era di spalle intenta a lavare le tazze.
“Eh, nonna! Pensavo: ti… ti ricordi quando ero piccola e venivamo sempre qui?”
 non mi guardò:
“Certo che sì”
“Già! Tu e la mamma vi rintanavate sempre in cucina a preparare cose da mangiare, mentre il papà e il nonno se ne stavano in salotto a guardare la televisione”
 si fermò un secondo, poi tornò ad accanirsi su qualche macchia:
“…mi chiedevo se… ti ricordi quel giorno? Quando tornai a casa sporca di fango e sangue e con il vestito strappato? Dissi di essere caduta dal burrone e nessuno voleva credermi, perché non sarei sopravvissuta se fosse stato vero”
 chiuse l’acqua senza mai girarsi:
“S-si, lo ricordo. Dovevi aver battuto la testa su qualche roccia”
 mi avvicinai alla finestra, osservando Miles discutere con una capretta.
“Sono stata via, quanto? Un paio d’ore? Mi chiedevo com’era possibile che nessun si sia accorto della mia assenza, che nessuno mi sia venuto a cercare…”
“Sì, bè! Noi eravamo… e poi…”
“… e poi mi sono ricordata che quando ho riaperto gli occhi, tu…”
 Miles spuntò dal nulla tenendosi la pancia mentre respirava a fatica:
“Porca di quella… ma che animali ha tua nonna?! Quella non è una capra, è uno stramaledetto mastino e, comunque, non hai ragione, stupida cocciuta di un ovino, quella porta è rossa non verde!”
 lo fissai con un sopracciglio alzato.
“Ok, pessimo momento”
 inclinai la testa, poi la vidi. Mia nonna si era girata nello stesso momento in cui Miles era apparso e aveva  iniziato a parlare.
“Cazzo!”
Esclamai. Entrambi si voltarono verso me; lui con un’espressione divertita, lei più scioccata:
“Ehi cosa sono queste parole?”
chiese Miles e mia nonna continuò:
“…tesoro, stai bene?”
 Le mani iniziarono a sudarmi:
 “Tu… tu lo vedi, nonna?”
“Mi vede? Oh sì, avevo ragione visto?”
“Di cosa parli cara?”
 Mi appoggiai al tavolo:
“Ti prego, non mentirmi, credo che tu l’abbia fatto per troppo tempo”
Miles le si avvicinò guardandola da ogni angolazione possibile:
“Accidenti!!! Brutta vecchia, avevo ragione, lo sapevo!”
“Miles sta zitto!”
Intimai e lui annuì, iniziando ad osservare con cura la cucina.
“Allora, nonna?”
Si portò una mano alla fronte, guardando prima Miles e poi me:
“Sì, lo vedo, l’ho sempre potuto vedere”
Sentii la terra crollarmi sotto ai piedi, come una voragine che si spalancava pronta ad inghiottirmi:
“L’hai sempre saputo?! Perché non mi hai mai detto niente?”.
“È complicato”
“Complicato? Complicato è spiegare ai tuoi compagni di classe perché, all’improvviso, ti ritrovi imbrattata di sangue!? O spiegare perché il giorno prima sei incinta di otto mesi e il giorno dopo non hai più niente!? Spiegami nonna! Spiegami com’è stato complicato per te!”
 Sospirò:
“Io sono come te. Fin da piccola ho sempre avuto delle capacità particolari. Mia madre era così e sua madre prima di lei”
“Quindi, è una specie di cosa ereditaria?! Come avere gli occhi verdi o marroni?”
“No, tua madre non è mai stata come noi e, probabilmente, nemmeno tu dovevi esserlo”
“Allora… c-come?”
“Quel giorno, quando non tornavi più, ci siamo preoccupati, poi Robert…”
“Aspetta, chi… chi è Robert?”
 Guardò Miles:
“Robert è… quello che lui è per te. Potremmo definirla la mia guida. Dicevo: quel giorno, lui venne; gli avevo chiesto di tenerti d’occhio e mi ha raccontato che ti era successo qualcosa così, sono corsa da te e…. e ti ho trovata riversa in una pozza di sangue. Mi sono avvicinata e ho capito che era troppo tardi, non sapevo cosa fare, poi, lui mi ha parlato di un patto e…”
 Sia io che Miles spalancammo gli occhi:
“Un patto? Che genere di patto?”
 Lei abbassò la testa:
“A quanto pare, io ero l’ultima. Mia figlia non aveva acquisito le mie capacità, con la mia morte sarebbe finito tutto, così, promisi loro che tu avresti continuato la tradizione, che l’avresti aiutati. Scambiai le mie capacità con la tua vita, loro accettarono e sia per mezzo dei miei poteri, che per le loro capacità, ti ridiedero la vita”
Mi sforzai di ricordare come si respira normalmente:
“Quindi, mi stai dicendo, che tutto questo, insomma, che è tutta colpa di… un patto?” tentò di avvicinarsi ma mi allontanai:
“Tesoro, non avevo scelta, stavi morendo era… era l’unico modo”
“…ma perché non me l’hai detto? Perché non mi hai aiutato quando avevo paura, quando non capivo cosa diavolo stava succedendo? Perché mi hai lasciato sola?!”
 Le lacrime iniziarono a scivolarmi lungo le guance:
“Non potevo. C’erano… delle regole e, per aiutarti, c’era Miles”
“E non hai pensato nemmeno per un momento di infrangere le regole?!”
“Sally fare quel patto mi è costato molto, quando infrangi le regole c’è sempre un prezzo da pagare, non è cosa comune fare il patto che ho fatto io. All’epoca, il mio prezzo è stato perdere Robert ed è stato un duro colpo, pur volendo non avrei potuto aiutarti”
“Tutto questo è… io non voglio più ascoltarti!”
Uscii di corsa sbattendo la porta, mi rifugiai in macchina, inseguita dalla capretta con cui Miles aveva litigato. Mi guardai allo specchietto, strisce di mascara m’imbrattavano le guance, mi pulii un po’ con un fazzoletto inspirando profondamente; dopo alcuni minuti Miles apparve al mio fianco.
“Come ha potuto mentirmi per tutto questo tempo?”
Chiesi sconvolta e lui sospirò:
“Che esistono delle regole, l’hai sempre saputo”
“Oh, ti prego! Piantala con queste regole. Sembrava più dispiaciuta di aver perso Robert, che di avermi mentito per tutto questo tempo! E poi,  poteva arginarle. Ok! Non poteva dirmi la verità, ma poteva comunque aiutarmi, poteva prendere le mie difese, poteva… impedire a mia madre di mandarmi da quello strizzacervelli che era più pazzo dei pazienti che credeva di curare, poteva dirmi che non ero pazza, poteva evitarmi anni di pillole e ospedali, poteva difendermi quando tutti pensavano che avessi tentato il suicidio trovandomi tutti quei segni sui polsi… lei poteva trovare il modo di aiutarmi!”
“Mi spiace”
“Tu sapevi di questo… patto?”
“No, avevo sentito delle storie su uno come me, che si era compromesso e aveva fatto qualcosa che andava contro le regole, non sapevo fossi tu”
Tirai su col naso e misi in moto:
“Compromesso?”
Evitò di guardarmi:
“Innamorato”
“Oh… non aveva nessun diritto di farmi questo, di… rovinarmi la vita così”
“Sally, se non l’avesse fatto, probabilmente, non avresti avuto una vita, saresti morta”
“Sai quante volte ho desiderato morire? Era tutto così inquietante, pauroso e umiliante e tutti… e sai, poi ci fai l’abitudine a sentirti chiamare pazza e tutte le altre cose… ma ora scopro che è stata tutta colpa di uno stupidissimo patto, che avrei potuto avere una vita normale che…”
“Sempre se fossi sopravvissuta”
“Miles!”
Per la prima volta mi guardò:
“Davvero l’avresti preferito? Avresti preferito morire piuttosto che incontrarmi?” mi massaggiai le tempie: “capisco che ora sei arrabbiata, ma tu… tu cosa avresti fatto al suo posto? So che poteva parlarti, in qualche modo, ma aveva perso la sua guida, del quale, probabilmente, era innamorata, era confusa, non sapeva cosa fare e aveva paura delle conseguenze”
“Le stai dando ragione? Ma non la odiavi tu?”
Alzò le spalle, mentre io rallentavo un po’:
“Io non ho mai detto di odiarla, era più un fastidio. Odio quando le persone nascondono qualcosa e lei lo stava facendo e poi, non le do ragione, dico solo che dovreste parlare. Sei troppo agitata per discuterne ora”
Sbuffai, guidando in silenzio fino al primo incrocio, poi, la macchina si arrestò:
“Cazzo!”
Miles alzò gli occhi al cielo:
“Porca miseria! La pianti con questo linguaggio?”
“Guarda che ho imparato da te. Senti, per favore, voglio… rimanere sola, sparisci… ma sparisci davvero, però!”
Sospirò, guardò fuori dal finestrino e ubbidì.
Scesi dall’auto imprecando mentalmente, quando mi resi conto di aver preso l’unica buca piena di fango su tutta la strada, provai a risalire in auto ma, la portiera, in qualche modo, si era bloccata.
Alzai gli occhi al cielo:
“Si può sapere perché mi odi così tanto?!”
“Signorina, tutto bene?”
Mi voltai di scatto con il cuore in gola, mi rilassai vedendo che si trattava di un uomo, sulla settantina, dai lineamenti gentili, una camicia a quadri rossa, dei vecchi jeans e degli stivali sporchi di fango.
“Ehm… sì, cioè, mi si è bloccata l’auto”
mi fissò a lungo, si guardò intorno e mi sorrise:
“Se vuole, posso accompagnarla dal meccanico”
c’era qualcosa in lui, qualcosa di… ma no:
“Oh no! Io non voglio disturbarla, mi basterà rompere il vetro e provare a farla ripartire. Magari può aiutarmi a spingere”
“Ah no, non la sposta mica, sa? Queste pozze sono come le sabbie mobili, le conviene venire con me, il meccanico non è molto lontano e sta per venir giù un bel temporale”.
C’era una voce, una piccola e solitaria vocina che mi diceva:
“Bè! se è così vicino puoi andarci a piedi no?”.
Guardai la strada incredibilmente deserta, fissai i suoi occhi piccoli e profondi, sembrava un adorabile nonnino, perché preoccuparsi?
“…Sicuro che non la disturbo?”
“Ma no, certo che no. Su, salga!”
Salii in auto con lui.
A colpirmi, furono i sedili ricoperti di cellophane e la forte puzza di cloroformio, mi voltai verso il mio soccorritore che fermò l’auto ghignando e poi…
…poi ci fu il buio…












Angolino Mio
ed eccoci al secondo capitolo e la situazione è un pò più chiara...si bè poco poco ecco!
Vi dico che la storia nasce proprio da questa scena del ballo...si lo so sono scema ma da qui la mia testa ha elaborato tutto!
Bene, dunque grazie a chi ha recensito o messo la storia in una categoria di efp e grazie a tutti quelli che la stanno leggendo in silenzio!
Bene, qui Lady_Wolf, ci si ulula(?) al prossimo capitolo!
ah no, non mi sono dimenticata, grazie a Bloomsbury :*


 

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Capitolo 4
*** Il pianto di Shioban ***






 


CAPITOLO TRE
(Il pianto di Shioban)





 
 
Quando riaprii gli occhi ero da sola, non ero più in macchina ma in un posto che non conoscevo, un luogo buio e umido che puzzava di muffa; mi alzai lentamente appoggiandomi alla parete, tastai con la mano il muro alla ricerca di un interruttore, lo trovai e una luce fioca e rossastra illuminò la stanza.
Mi guardai intorno, sembrava una cantina, c’erano alcune botti di vino, dei salami appesi al soffitto e, al centro della stanza, un lungo tavolo di legno.
Mi avvicinai e vidi numerosi coltelli di varie misure e altri strani oggetti; il pavimento di cemento, era umido e sporco di qualcosa che sembrava essere fango, non c’erano finestre, solo una grande porta.
Mi ci avvicinai con cautela, afferrai la piccola maniglia e tirai con forza, ovviamente, era chiusa, mi voltai verso il tavolo, alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarmi ad aprirla, rabbrividii a una seconda occhiata; oltre al fango, sul pavimento e sul tavolo, c’erano moltissime macchie di sangue.
 Iniziai ad andare in iperventilazione, sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla e balzai indietro, col cuore in gola:
“MILES! Dove diavolo eri finito?!”
Lui tolse la mano e si guardò intorno:
“Mi hai detto tu di andare via”
“Ok, si va bene, mi dispiace. Ora, però, smettila”
Mi guardò confuso:
“Smettere di fare cosa?”
“Questo. So che c’entri tu”
“Io non ne so nulla!”
“Miles, ti prego, per favore…”
“Davvero, non c’entro niente!”
“Oh, ti prego! Vuoi farmi credere che è un caso che mi si sia impantanata la macchina? Che lo sportello si sia bloccato? Che l’unico essere vivente che passava di lì, in quel momento, era uno squilibrato assassino??!”
Allargò le braccia:
“E tu perché diavolo hai accettato un passaggio da uno sconosciuto?”
“Dio mio, sembrava una brava persona!”
“Oh, che strano! E io che pensavo che gli assassini se ne andassero in giro con un cartello per farsi riconoscere!”
Mi massaggiai le tempie:
“Quindi, sei sicuro che tu non c’entri niente? Che non è una delle tue abracadrabate?”
“Sicuro! Tu sei sicura che sia un assassino?”
Lo guardai  male:
“Sì, hai ragione, credo di essere stata un tantino frettolosa, insomma, perché mai mi è passato per la testa che potesse essere un assassino? Mi ha solo rinchiuso in una cantina sporca di sangue. Sì! Tutte le persone normali fanno così!”
 Lui annuì:
“Ok, ok, molto probabilmente è un assassino… hai provato a vedere se la porta è aperta?”
Alzai gli occhi al cielo:
“Dio, Miles! Meno male che sei arrivato tu con le tue idee geniali!”
Dissi alzando gli occhi al cielo.
“Va bene, lasciamo da parte il sarcasmo. Ok?”
“Sì, pensiamo… sì, il telefono”
 Mi toccai le tasche estraendo il mio blackberry rosa:
“Ti ha lasciato il telefono? Strano!”.
Iniziai a correre per la cantina, sventolando il telefono in una mano:
“Certo, me l’ha lasciato perché qui non prende. Perché, diavolo, hanno inventato questi cosi se quando ne hai più bisogno, non funzionano?!”
“Ok, calma, respira e pensa”
Abbassai lo sguardo e notai un piccolo rialzamento in un lato del pavimento:
“Cos’è quello?”
Miles si voltò e, seguendo il mio sguardo, puntò gli occhi dove stavo indicando:
“Credo sia una botola”
“Dici che dovrei aprila? Magari porta fuori di qui”
 Rimase in silenzio a osservarla per un po’:
“No”
“Ma…”
“Sally, fidati, non aprirla. Ora, pensa! Dev’esserci un modo per uscire da qui”
 Chiusi gli occhi e li spalancai di nuovo:
“Mia nonna!”
“Cosa? Ha preso anche la vecchia? Dov’è?”
“No! Devi andare da mia nonna e dirle di chiamare la polizia. Sì, raccontale tutto e dille di muoversi” incrociò le braccia al petto:
“Perché devo andarci io?!” lo fissai negli occhi:
“Lei ti vede, Miles; è l’unica, oltre a me, a vederti e tra noi due… devo davvero spiegarti perché devi andare tu?!”
“Uff! Non voglio andarci, mi… m’inquieta”
“Oh… oh, davvero? T’inquieta? Sai a me cosa inquieta? Questo posto, quel tizio, sapere che potrebbe scendere da un momento all’altro e farmi chissà cosa, quindi ora muovi il culo e va da lei!”
“Va bene! dispotica”
 Si voltò, pronto a sparire:
“Miles… torna presto”.
Dissi quelle ultime parole sperando che, in qualche modo, potessero diventare realtà al più presto.
 Mi fidavo di Miles ed ero certa che avrebbe fatto il possibile per tirarmi fuori dai guai.
Rimasta sola, mi lasciai cadere sulle ginocchia continuando a osservare la botola, una parte di me voleva aprirla, l’altra voleva disperatamente dar retta a Miles, cercai di concentrarmi sul respiro e chiusi gli occhi:
“Ti sembra il momento di dormire, questo?”
Mi rialzai:
“Allora? Gliel’hai detto? Ha chiamato la polizia? Stanno venendo qua?”
“Nah! Le ho detto di giocare a Risiko con la capretta pazza… certo che gliel’ho detto”
“Ok… e loro? Quanto ci metteranno? E… ”
“Woh! Non lo so, insomma, gliel’ho detto e sono tornato qui”
“Perché?”
“Perché è quello che mi hai chiesto di fare!”
“Ti prego! Non fai mai quello che ti dico e adesso, tutto ad un tratto, mi ascolti? Ti prego Miles! Torna lì, assicurati che chiami la polizia e portami buone notizie, per favore!”
“…e va bene!”.
Tornai a sedermi per terra con gli occhi chiusi, dovevo rimanere calma.
Dopo alcuni secondi, sentii un rumore, come un tintinnio seguito dal mio nome, ripetuto più volte, mi guardai intorno, non c’era nessuno, deglutii:
“…Miles…?”
Silenzio; poi ancora quel tintinnio e ancora il mio nome, guardai la botola, mi alzai e mi avvicinai lentamente, tastai la porta in cerca di una serratura e trovai un piccolo lucchetto arrugginito, la chiave era già inserita, l’aprii e sollevai la porta, era tutto buio, mi feci coraggio e scesi.
 Prima ancora di poter vedere qualcosa, un odore acre, una puzza tremenda m’invase le narici, cercai l’interruttore, esitai qualche secondo, ancora quel tintinnio, sospirai e permisi alla luce di illuminare quella stanza; immediatamente sentii lo stomaco contorcersi e il vomito farsi strada lungo la gola, spalancai gli occhi e mi coprii la bocca con entrambe le mani, non potevo permettermi di urlare, anche se davanti a me c’erano almeno una decina di corpi di donne, con evidenti segni di torture, alcune sventrate con gli organi al loro fianco, altre, in un avanzato stato di decomposizione.
Non potevo urlare anche se gli insetti e i topi stavano banchettando con i resti di quelle povere anime, non potevo urlare, anche se la puzza di marcio e sangue mi stava soffocando, anche se sentivo quegli occhi spalancati, opachi e privi di vita fissi su di me, come a giudicarmi; non potevo urlare, non dovevo urlare. Chiusi gli occhi per farmi coraggio e obbligai le gambe a muoversi, ad avanzare lungo la piccola scalinata imbrattata di sangue secco e, seguendo il tintinnio evitando i corpi e i vari pezzi distesi sul pavimento, raggiunsi la parete di fondo.
Appoggiata ad essa, c’era una ragazza; i lunghi capelli rossi, incrostati di sangue, erano appiccicati al volto sudato, le labbra erano gonfie e tagliate, il volto coperto di ecchimosi, il vestito azzurro sporco e strappato in più punti, i piedi nudi erano pieni di vesciche e tagli, alcune dita erano di un’inquietante blu, le unghie delle mani, dolci e affusolate, erano state strappate, probabilmente, in un disperato tentativo di scappare; collo, polsi e caviglie rivelavano i segni di corde strette:
“S-sei… sei tu che mi hai portato qui?”
Gli occhi castani cercarono il mio volto per richiudersi subito dopo:
“Fa così freddo qui, io… perché… cosa… chi sei tu? Sei qui per aiutarci?”
“C-come… qual è il tuo nome?”
Il suo sguardo s’immobilizzò sul suo piede:
“Shi-shioban”
”Shioban? È questo il tuo nome?”
Non rispose, mi guardò con gli occhi pieni di terrore, mi voltai, convinta che ci fosse qualcuno e quando mi girai di nuovo, non c’era più, era come scomparsa.
Deglutii a vuoto un paio di volte e corsi fuori da quel buco, nello stesso istante Miles comparve davanti a me:
“Stai bene? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma…”
Si lasciò andare a una risatina scherzosa, ma quando si accorse di essere totalmente fuori luogo, disse mordicchiandosi le labbra:
“Scusa, è che non avevo mai pensato all’ironia di questa frase riferita a te”
 Incrociai le braccia al petto, cercando di impedire al mio corpo di tremare.
“Allora? Sei entrata lì, vero?”
“Gliel’hai detto?”
“Sì, ha chiamato la polizia, ma…”
“Ma?”
“…ma non hanno nessuna prova e per perquisire questo posto ci vorrà un mandato e per avere un mandato ci vorrà…”
“…tempo”
“Proprio lui. Tempo…”
“No, io… dobbiamo uscire da qui, ora!”.
“Shioban” mi tappai le orecchie:
“L’hai sentita anche tu?”
“Chi hai incontrato lì sotto?”
“Non lo so, non ne sono sicura, so solo che voglio uscire da qui… ora!”
Mi avvicinai alla porta e iniziai a spingere e a tirare senza successo, mi voltai verso Miles con gli occhi gonfi e lui con tono comprensivo, m’incoraggiò:
“Calmati e concentrati, puoi aprirla”
“No che non posso, è chiusa, a meno che tu non abbia una chiave segreta nascosta da qualche parte, non c’è modo di aprirla”
“Concentrati e fidati di me. Puoi aprirla”
“Come?!”
“Lo sai, chiudi gli occhi”
“Miles non è il momento di…”
Ed eccolo, il cerchio giallo che andava ad incorniciare la pupilla nera dei suoi occhi perfetti:
“Concentrati!”
Ubbidii, chiusi gli occhi e feci dei lunghi respiri profondi, sentii Miles sollevarmi il braccio, sentii il suo corpo avvicinarsi al mio, il suo respiro sul mio collo, o meglio, l’illusione del suo respiro, dato che lui non respirava:
“Puoi aprirla, devi solo volerlo”
E per un attimo, cullata dalle sue parole e dal suo dolce respiro, mi dimenticai di tutto: dov’ero, quello che avevo visto… e sentii una scarica percorrermi tutto il corpo e fluire lungo il braccio, disperdersi nella mano per propagarsi in tutte le dita, aprii gli occhi e una piccola luce bianca si scagliò contro la porta, rompendo la serratura. Miles sorrise:
“Sapevo che potevi farcela”
“Perché non me l’hai detto prima?”
“Mi avresti ascoltato?”
Scossi la testa:
 “e poi non era ancora il momento”
“Lo sapevo che lo sapevi!”
“Più che sapere lo immaginavo e, insomma, ormai dovresti saperlo, non puoi ignorarli senza conseguenze, e con questo non dico sia stata lei a farti questo ma… sai, il karma!”
Sai cosa? Lasciamo perdere, solo, usciamo”
Aprii la porta:
“Aspetta, vuoi andare via così? Non ti porti un’arma?”
“E che senso ha se posso rompere una serratura?”
“Oh, sì! Perché ora sei bravissima e non ti ci è voluta concentrazione e sangue freddo per farlo. Sì! Sono sicuro che lui ti lascerà il tempo di concentrarti se glielo chiedi per favore”
Sbuffai:
“D’accordo, arma”
Mi avvicinai al tavolo, evitando di soffermarmi sulle macchie di sangue, afferrai la prima cosa che vidi, un lungo coltello affusolato:
“Davvero? Un coltello? Hai mai infilzato qualcuno con un coltello?”
“Uhm… no, di solito preferisco usare una spada. Secondo te ho mai infilzato qualcuno con un coltello???”
“Appunto! Lascia perdere il coltello e prendi… mmmh… quello, quel coso, quello che sembra un martello”
“Un martello?”
“E’ molto più facile fracassare una testa che pugnalare qualcuno… fidati”
“Non voglio sapere perché sai queste cose. Ok, vada per il martello, ora andiamo”.
Attraversammo lo stretto corridoio, col cuore che mi batteva furioso in gola e, dopo aver risalito una scalinata, arrivammo nel salone: una stanza luminosa, con un grande tavolo rotondo, un tappeto rosso e quella che doveva essere una comodissima poltrona. Deglutii.
 Lì, difronte a me, c’era la porta, mi avvicinai e sfiorai la maniglia, dovevo solo aprirla e l’incubo sarebbe finito.
“Shioban”.
Osservai la mano appoggiata alla maniglia che aveva iniziato a sanguinare e chiusi gli occhi:
“Non posso, non posso andarmene, devo… devo trovare le altre… devo trovarla”
“Chi?”
“Shioban”
 Guardai un’ultima volta la porta luminosa e tornai indietro:
“Che cosa stiamo cercando, esattamente?”
“Non lo so…”
“Ottimo”
“Di che ti preoccupi? Non puoi mica morire tu?”
 Alzò le spalle e riprese a camminare:
“Dev’esserci un… non so, un altro posto dove le tortura”
“La botola?”
“No, quella è più… non è la botola”
“La cantina?”
“Se fosse stata la cantina, sarei già morta”
“Bene, quindi cerchiamo una stanza che non sappiamo se c’è, né dov’è, né come cercarla? Splendido!” stavo per rispondere quando sentii un leggero scricchiolio, sopra le nostre teste, che mi fece inchiodare i piedi sul pavimento:
“Credi sia lui?”
“Sempre che non abbia famiglia”
“Va sopra, Miles, rimani con lui e se scende, vieni a dirmelo”
“Sicura?”
“Sì, vai!”
Oltrepassai la porta della cantina, mentre un brivido mi attraversava la schiena, camminai ancora per un po’, poi, la ragazza di prima si materializzò davanti a me, mi dava le spalle e camminava reggendosi al muro:
“Shioban? Aspetta”
La seguii fino ad arrivare davanti ad una grande porta grigia, m’imposi di smettere di tremare e la aprii.
 Era una stanza quasi completamente bianca, ricordava quella di un ospedale, le uniche cose che la arredavano, erano tre lunghi tavoli d’acciaio sopra i quali erano distese tre donne; mi avvicinai con cautela alla prima, osservandola.
 Il volto era, ormai, irriconoscibile, il corpo nudo pieno di ferite e mutilazioni, ricacciai indietro il vomito e mi avvicinai al secondo tavolo e lì, privata dei vestiti e ripulita dal fango e dal sangue, c’era Shioban.
 Sembrava una bambola di cera, rimasi a fissarla a lungo, finché non sentii di nuovo quel tintinnio; mi voltai verso il terzo tavolo, la ragazzina che vi era stesa, avrà avuto quattordici anni, era la fotocopia di Shioban, a differenziarle, oltre all’età, erano due nei sulla guancia destra; notai che il polso era legato al lettino con una piccola catena, e lei, con dei leggeri movimenti, riusciva a produrre quel flebile rumore.
 Mi avvicinai a lei e strinsi delicatamente la mano, quasi del tutto violacea:
“Andrà tutto bene, usciremo da qui”
Aprì per un attimo gli occhi azzurri, sbattendo lentamente le lunghe ciglia nere:
“C-chi…s-sei? m-mia sorella…”
“Shioban? È lei tua sorella”
Provò a scuotere la testa, i corti capelli rossi oscillarono leggermente:
“N-no… io s-sono S-shioba-n”
Annuii e provai a liberarla, senza successo.
All’improvviso comparve Miles, mi portai le mani alla bocca:
“Non dirmi che sta scendendo”
Osservò le ragazze sui tavoli:
“No. Si è addormentato, immagino che uccidere… stanchi”
“Dobbiamo liberarla e portarla via”
“Allora è un’ottima cosa che tu abbia scelto un martello”
Lo guardai per qualche istante:
“Sei proprio uno stronzo, sapevi tutto”
“Non so di che parli, muoviti!” recuperai il martello e tornai al tavolo:
“Torna su, assicurati che non senta niente”
Feci un respiro profondo, pregai gli Dei dei martelli di non colpirle la mano e affondai il primo colpo.
La catena iniziò a cedere, bastò un altro colpo a farla rompere del tutto, rimasi alcuni istanti immobile, terrorizzata all’idea che il rumore avesse svegliato il mostro che dormiva indisturbato, poi tornò Miles:
“Nada! Dorme. Di sopra non si sente niente, immagino che la stanza sia insonorizzata, sai?! Per le urla” rabbrividii:
“Ok, ora Shioban, devi fare un enorme sforzo e alzarti, così possiamo uscire di qui, d’accordo?”
Riuscì ad alzarsi, senza smettere di tremare, mi tolsi la giacca e gliel’appoggiai sulle spalle, la aiutai ad arrivare fino alla porta:
“Si… ehm… ho una notizia buona e una cattiva: la buona è che sta dormendo, russa; la cattiva è che sta dormendo in salotto”
“Quindi dobbiamo…”
“…passargli davanti, già”
 Alzai gli occhi al cielo:
“Grazie di rendere tutto sempre così facile!”
 Camminammo in silenzio lungo il corridoio, in una mano stringevo il mio fido martello, l’altra circondava la vita esile di Shioban che, più che camminare, si trascinava lungo il corridoio.
Con non poca fatica salimmo le scale e arrivammo in salotto.
L’uomo, se così si può definire, dormiva beatamente sulla poltrona, aveva un’aria così innocente che ripensai alla frase di Miles, sul fatto che gli assassini non andassero in giro con un cartello appeso al collo, eppure, io avevo sentito che c’era qualcosa che non andava, ma l’avevo comunque seguito, era la mia punizione per aver rifiutato loro il mio aiuto:
“Miles, va da mia nonna, dille che ora non hanno bisogno di un mandato, falli venire immediatamente qui” lui annuì e sparì.
“M-mia so-rell-a?”
“Shh… torneremo a prenderla, ok? Non ora però”
Mi avvicinai alla porta e afferrai la maniglia, ero così vicina, potevo quasi sentire il sapore dell’aria fresca, poi sentii Shioban scivolare a terra e qualcosa colpirmi la spalla, mi voltai e la vidi raggomitolata su un lato che tremava, non era riuscita nemmeno a urlare e poi c’era lui, che si avvicinava ghignando:
“Volevi darmi problemi eh?”
Provai ad afferrare il martello ma il suo piede bloccò la mia mano, schiacciandola a terra, mi afferrò per i capelli trascinandomi fino alle scale, con tutta la forza che avevo afferrai la gambe del tavolo, non potevo tornare giù, tornare giù significava morire:
“Vorrà dire che dovrò farlo qui” mi diede un calcio e sputai sangue.
 Si slacciò la cintura ed estrasse qualcosa dalla tasca, si avvicinò pronto a colpirmi ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, una luce biancastra, più forte di quella che avevo prodotto io in precedenza, lo spinse contro il muro, mi voltai:
“Miles…”
“Colpiscilo”.
Afferrai il martello trattenendo un urlo di dolore, lui provò a rialzarsi, ma fui più veloce, senza pensare nemmeno a quello che stavo facendo lo colpii, ricadde sul pavimento circondato da una pozza di sangue, lanciai a terra il martello e presi Shioban, l’adagiai sulla poltrona, raggiunsi poi il telefono e chiamai di persona la polizia.
Solo allora, quando fui sicura che fosse tutto finito, mi concessi il lusso di svenire.
 












L'angolo di quella folle che si crede un'autrice

Rieccomi qui con un nuovo entusiasmante capitolo *ci crede*
il capitolo è un pò...violento(?) non credo sia la definizione giusta...c'è da dire che questa storia nasceva con l'idea di essere un Horror...ma poi non lo è diventata...un giorno mi cimenterò nell'horror ma non è questo il giorno!
Però in questo capitolo si capisce un pò il ruolo di Sally? giusto? no? come no? dai, un pochino si...

non so se si capisce ma adoro scrivere i dialoghi tra Sally e Miles, davvero mi divertono un mondo ^^
vabbè, ora mi eclisso, un bacio a chi recensisce a chi legge e a chi segue!
Wolf a tutti
Lady

 
 
 

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Capitolo 5
*** Imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? no, non credo! -parte prima ***


CAPITOLO QUARTO
 (imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? No, non credo)
 










“Allora, è passata una settimana da quando…”
“Intende dire: da quando quel pazzo psicopatico mi ha rapita e rinchiusa in quella cantina con intenzioni poco lecite?”
“…sì, allora, come si sente?”
“So che dopo aver rischiato di morire, dopo aver ucciso quasi un uomo… so che dovrei essere, quanto meno, turbata. Una persona normale lo sarebbe. La mia amica mi chiama tutti i giorni per chiedermi se sto bene ma… cosa vuol dire stare bene? Come si può stare bene dopo quello? E vorrei dirglielo, vorrei urlarle che non sto bene, che ho mille problemi e paure ma poi penso: lei cosa potrebbe fare? Perché dovrebbe stare male anche lei? Quindi: sì! Sto bene, non ho dormito per quattro notti e solo ieri ho ricominciato a spegnere la luce ma, sto bene e in fondo io… sono viva.”
“Mi tolga una curiosità. Perché non l’ha ucciso visto che poteva?”
“Non si meritava la fortuna di morire.”
“L’altro giorno è stato condannato all’ergastolo. Questo l’ha fatta sentire meglio?”
alzai le spalle concentrandomi sul piccolo neo sotto l’occhio destro della mia psicologa… neo: Shioban, donne morte. No. Chiusi gli occhi con forza:
“Immagino di si…”
“Perché non si considera una persona normale? L’ha detto prima, o meglio, era sottointeso nella sua frase” notai che non stava prendendo appunti, vidi ancora quel lampo di luce nei suoi occhi.
“Per quel che ricordo ho sempre visto uno psicologo, fin da bambina e questo non è normale, quello che mi è successo non è normale, quello che mi succederà non sarà mai normale, come può esserlo?”
“Lei non crede che quello che le è capitato, parlo della cosa più recente, sia stato solo un caso?”
 sorrisi senza nessuna allegria:
“Che mi si sia fermata la macchina in mezzo al nulla? Che si sia bloccata la portiera? Che l’unico nei paraggi era un pazzo omicida? Mi spiace ma, vede?! Ho smesso di credere al caso molti anni fa”
“Quando ha preso coscienza dei suoi… chiamiamoli poteri? Le piacerebbe dirmi come funzionano?”
mi morsi l’interno della guancia e alzai gli occhi al soffitto, la macchia di muffa era ancora lì:
“Non l’ho mai capito con precisione, in passato era… diciamo, facile. Vedevo una persona ed ero l’unica a vederla e questa persona mi chiedeva aiuto, per sé o per altri, l’aiutavo e non la vedevo più, non l’aiutavo e mi beccavo tutte le conseguenze”
“Che tipo di conseguenze?”
“Una volta ero a scuola, era l’ora di biologia, la professoressa stava spiegando, erano un paio di giorni che vedevo una ragazza ferita, ma avevo deciso di smettere, di ignorarla, come diceva mia madre e io ero lì, i miei compagni di classe erano lì. A un certo punto, Sara, la ragazza seduta al banco accanto al mio, inizia ad urlare, tutti si girano e iniziano a guardarmi, io mi porto le mani al volto  e vedo che sono insanguinate, corro in bagno e mi guardo allo specchio: ero completamente ricoperta di sangue e residui corporei, credo. Poi ho scoperto che, mentre io ero a scuola, la ragazza era stata uccisa, squartata e il suo sangue era stato usato come vernice…”
“E sono solo i morti a venire da lei?”
“No. Non sempre, devono essere comunque vicini alla morte o in un profondo stato d’incoscienza”
“Ora è ancora così? Crede che la ragazza che vedeva…”
“Lei era già morta, chiedeva aiuto per sua sorella. Ora è… complicato a quanto pare, posso fare anche delle cose e…”
“Che genere di cose?”
mi bloccai fissandola negli occhi:
“Chi è lei?”
inclinò leggermente la testa e i lunghi capelli neri scivolarono sulla spalla:
“Come scusi?”
“Sa qual è un altro dei miei… poteri capire chi mente. Chi è lei?”
“Non capisco di cosa… sono la sua psicologa e… ”
“No. Lei è molto di più, non è così? Avrei dovuto capirlo prima ma, sa?! Non ero più abituata a tutto questo. Andiamo! Le dico che una ragazza morta mi ha chiesto aiuto per la sorella, che ho delle capacità paranormali e lei non fa una piega? Va bene essere professionali ma questo è un po’ troppo, senza contare che lei sapeva di mia nonna, quindi: chi è lei?”
si alzò, evitando il mio sguardo:
 “E’ evidente che si trova in uno stato di choc. La prego di calmarsi e uscire, prima di costringermi a chiamare la sicurezza”
mi alzai anch’io e raggiunsi la porta:
“Certo dottoressa, alla prossima seduta allora” (…)
 
 
Presi due settimane libere da lavoro, non ero più abituata a tutto quello, non riuscivo nemmeno ad uscire di casa per fare la spesa, ci avevo provato, certo! Mi ero vestita, avevo preso la macchina, ero arrivata davanti al supermercato e ci ero anche entrata, ma appena il commesso mi aveva salutato, gli avevo lanciato contro delle monetine ed ero corsa via urlando. Così avevo chiesto a Ellen di occuparsi di queste cose, lei mi aveva sorriso e mi aveva detto di non preoccuparmi.
Provai a lavorare da casa, come facevo spesso, ma non ci riuscivo, ogni parola mi riportava alla mente quel posto, Miles invece non si era fatto più vedere, ad un certo punto pensai di essermi immaginata tutto.
Solo verso il primo giorno della seconda settimana iniziai a sentirmi meglio, saltavo ancora per ogni minimo rumore, ma ero riuscita a scrivere metà articolo su un piccolo imprenditore che aveva dato fuoco ad un’azienda avversaria, facevo piccoli progressi anche nel contatto umano, non mi limitavo più ad un ascolto passivo della giornata di Ellen, ma intervenivo, piccole battute, piccoli passi avanti. Il terzo giorno, quando mi ero decisa a spegnere, finalmente, la luce, Miles tornò.
Mi ero appena seduta sul divano con un’enorme ciotola verde piena di pop-corn, accesi la tv: davano per l’ennesima volta Ghost. Si poteva essere più stupidi di Molly? Sbuffai alla famosa scesa del vaso di creta: “Ma, ti prego!”
sentii un leggero brivido sul collo, Mocho iniziò a miagolare e nel giro di pochi secondi, Miles apparve davanti ai miei occhi:
“Ti trovo bene!”
“Cosa ti aspettavi? È passata una settimana, la fase rimanere per ore raggomitolata in un angolo è già passata, ovviamente, non puoi saperlo, perché non c’eri e… a proposito, non che mi interessi o che tu mi sia mancato, ma… dov’eri?”
si appoggiò sul divano, fissando Mocho che aveva iniziato a fargli le fusa:
“A scontare la mia punizione”
l’osservai, il volto era leggermente più pallido del solito e gli occhi cerchiati da occhiaie violacee:
“Per… avermi aiutato?”
“Già… per loro avresti dovuto fare tutto da sola”
“Immagino!”
“Allora, come ti senti?”
“Quanto durerà tutto questo? Se vi aiuto, quanto durerà?”
si passò una mano fra i capelli:
“Conosci le…”
“… regole. Sì! Non posso ignorarli e… non posso ignorare quello che è successo, ma non posso rifare questa vita. Non… non ce la faccio”
“Non è stata colpa tua”.
Perché? Perché doveva capirmi così bene?
“Non è questo il punto. Ok! Ecco il mio accordo:  vi aiuterò finché non troverete qualcun altro, qualcuno che possa prendere il mio posto. Ti prego di riferirlo a chi di dovere e, Miles, stavolta si fa a modo mio!” annuì sospirando in modo stanco, mi rivolse uno sguardo che non riuscii a decifrare e sparì. Dieci minuti dopo mi alzai, feci una lunga doccia, scrissi l’ultima parte dell’articolo e mi lasciai andare ad un lungo sonno, finalmente senza incubi.
Il giorno dopo chiamai Ellen, avevo bisogno di uscire, vedere gente e respirare aria pulita, ci incontrammo al parco, prendemmo due grossi gelati e ci sedemmo su una panchina verde smeraldo:
 “Quindi, hanno accettato?”
alzai le spalle:
“Non so! Lui, ancora, non me l’ha fatto sapere”
“Capisco… e a te sta bene?”
mi sistemai meglio sulla panchina e annuì. Lei si tolse gli occhiali da sole e mi scrutò a lungo:
“Che c’è?”
“Niente! È che non credo che tu ne sia capace…”
“Di fare, cosa?”
“Scaricare tutta questa responsabilità su qualcun altro sapendo quello che gli lasci, non è da te”
 sospirai:
“Sono stanca. Questa mi sembra l’unica soluzione possibile”
“D’accordo! Non ti sto giudicando, è solo strano, ma se a te va bene, ok!”
sbuffai quando un pezzo di gelato cadde a terra.
“Scusa se… sai?! Sono stata poco presente, poco in me.”
mi diede un pizzico e mi fece la linguaccia:
“Ne avevi tutto il diritto! Ora sembri stare meglio. Il lavoro?”
“Ho mandato l’articolo che mi avevano chiesto e il mio capo ha detto che, se voglio, posso prendermi un'altra settimana e continuare a lavorare da casa… dovrebbero farlo santo!”
“Beata te! Non si può dire lo stesso del mio, è tutto in agitazione perché dei tizi straricchi hanno commissionato una gigantesca festa per il loro primogenito. È un vero inferno!”
Sorrisi e ispirai, bloccandomi di colpo, lasciai scivolare il resto del gelato a terra.
“Ellen. Lo… lo vedi anche tu?”
mi guardò preoccupata e poi seguì il mio sguardo:
“Cosa? Vedere cosa, Sally?”
mi alzai indicando la fontana:
“Quello: il bambino sul bordo della fontana”
“No, Sally! Non c’è nessuno lì…”
ma io lo vedevo, vedevo i suoi riccioli biondi e i suoi occhi verdi. Si voltò a guardarmi e mi sorrise, un sorriso che mi fece rabbrividire, poi si lanciò, affondando nell’acqua gelida, ne riemerse pochi minuti dopo con gli occhi completamente neri e la bocca viola.
 “No!”
“Sally, stai bene? Ehi?!”
Ero arrivata vicino alla fontana e qualcuno sbatté contro la mia gamba, mi voltai, avevo il cuore in gola e la fronte sudata, per un momento smisi di respirare.
“Oh, mi scusi! L’ho perso di vista solo un attimo e Ethan, chiedi scusa alla signorina!”
Mi specchiai in quegli enormi occhi verdi:
“Mi scusi, signorina…”
La ragazza con i capelli neri gli prese la manina e lo trascinò via, scusandosi ancora.
“Sally?”
“Era lui”
“Cosa? Chi?”
“Lui. Lui era il bambino che ho visto”
“Ma cosa stai dicendo?”
“Ti sto dicendo che quel bambino è in pericolo”.
 
Rientrai in casa con un senso d’ansia e di agitazione addosso, non avevo mai avuto una visione del genere, non avevo mai avuto un contatto con qualcuno prima che fosse in pericolo o in punto di morte. Appena aprii la porta sentii dei borbottii e dei leggeri miagolii, mi affacciai in cucina e  sbuffai:
“Davvero? Come fai a litigare con tutti gli animali del mondo?”
Miles e Mocho si girarono all’unisono guardandomi con una strana espressione buffa che mi fece sorridere poi, Miles, mise su un adorabile broncio… adorabile? No, un orrendo, osceno, stupido broncio.
“Non è che mi metto a litigare con tutti gli animali, solo, abbiamo opinioni divergenti”
buttai le chiavi sul tavolo di marmo e presi in braccio Mocho che mi leccò la faccia.
“Opinioni divergenti? Sentiamo allora, di cosa discutevate tu e il mio gatto?”
 si fissarono per un momento, poi Mocho miagolò e Miles sorrise:
“Sport”
alzai un sopracciglio:
“Sport?”
“Sì, sport!”
“Tu e Mocho parlavate di sport”
alzò le spalle:
“Lui è un accanito sostenitore dei Dallas, io tifo per i San Francisco 49 ears”
“Sai cosa? Farò finta di crederci, ci sono cose più importanti ora…”
“Sì, come il patto”
“Patto? Quale patto?”
“Come, quale patto Sally? Quello che mi hai chiesto di fare”
“Uhm… sì, certo, certo sì… allora?”
“Hanno accettato!”
“Cioè… è un ? Un come… ?”
“C’è un altro tipo di, ? Comunque … Dio! Ora non mi sembra che il abbia senso, mi hai confuso con tutti i tuoi …ok smettiamola di dire: ?”
mi lasciai cadere sullo sgabello:
“Cioè: senza trucchi e senza  inganni?”
“A quanto pare…”
“E tu… ti fidi?”
“Non pensavo fosse importante la mia opinione. Comunque, a quanto pare, sono contenti della tua offerta; vogliono solo che, nel frattempo, tu ti impegni e non ne salti nemmeno uno”
lasciai che Mocho scendesse e aprii una confezione di biscotti, il gelato mancato mi aveva aperto lo stomaco, il pensiero del bambino, però, me lo richiuse:
“Ho visto qualcosa al parco…”
“Qualcosa tipo: un cane che mangiava la cacca di un altro cane?”
Mocho lo guardò inclinando la testa, mi sforzai per non fare lo stesso:
“Cosa?”
“Che c’è? Succede, i cani a volte lo fanno, non è così strano”
“…Ok…no, no, non era un cane… ho visto un bambino, lui si è buttato in acqua e poi… mi ha indicato”
“E… allora?”
“Certo! Perché questo non è già strano, vero? Comunque il punto è che poi l’ho rivisto ma, stavolta, era vivo, vivo e vegeto e mi ha parlato!”
Si grattò la testa:
“Non è proprio strano. Ti è già successo di vedere gente che non era proprio morta ma solo svenuta o in coma”
“Sì ma… non così! Non ci ho mai parlato, non li ho mai visti così e… non lo so, come se volesse dirmi qualcosa e no! Non credo volesse dirmi il modo in cui morirà, lo sai meglio di me, non è così semplice” provò a dire qualcosa ma fu interrotto dal citofono: era Ellen.
Salì di corsa le scale e si precipitò dentro, fra le mani il suo tablet in una custodia rosso brillante:
“Devo dirti una cosa”
“Ok, però calmati, non vorrei dovermi occupare del tuo fantasma”
“Ciao anche a te, Ellen”
“Piantala Miles, non può vederti!”
“C’è anche lui? Bene, perché è una cosa… quando la vedrai tu!!!”
“Ellen, respira e spiegati”
“Ok! Quando te ne sei andata, mi ha chiamato il mio capo e ti ricordi che ti ho detto che c’era una festa importante da organizzare? Quella per un bambino? Bene! Non dovevo occuparmene io ma Clara, la ragazza che se ne occupava non può più e, quindi, hanno passato la festa a me”
“E quindi? È agitata perché deve fare ciò per cui la pagano?”
Alzai gli occhi al celo, Ellen mi guardò confusa.
“Miles si chiedeva: perché sei così agitata…”
“Oh… perché, ti chiedi? Sì, te lo faccio vedere il perché, ok… ecco, questa… questa è la famiglia e questo, questo seduto per terra è il festeggiato. Non ti ricorda nessuno?”
Scrutai la foto che mi stava mostrando: una giovane coppia, probabilmente sulla trentina, si stringeva la mano; lei aveva i capelli cotonati rossi, un elegante vestito bianco e nero e una lunga collana di perle, in braccio aveva una bambina dalla pelle candida come la porcellana, i capelli neri raccolti in due trecce e il vestitino vaporoso azzurro; lui sembrava uno di quei manichini nelle vetrine dei negozi, con la giacca perfetta, i capelli perfetti, un sorriso perfetto, così tanta perfezione da rasentare il finto, ai loro piedi era seduto un bambino, in un elegante completo blu, stringeva tra le mani qualche giocattolo, non si capiva cosa, ma era rosso, era l’unico a non sorridere, l’unico a non sembrare finto, fissai i suoi occhi verdi e ci vidi dentro tanta solitudine:
“…Non può essere un caso”
Miles fissò la foto, poi Ellen, e infine me:
“Cosa? Cosa non può essere un caso? Ehi! Allora? Non sono invisibile! Ok, in teoria lo sono, ma dai, non ignorarmi”
Indicai la foto:
“È  Ethan”
“Sì,  questo spiega tutto, chi diavolo è Ethan?!”
“Il bambino del parco, il bambino della visione si chiama Ethan. Lui è Ethan! E sappiamo tutti che non può essere un caso. Ellen, quand’è la festa? Ellen?”
“S- scusa è che… non mi abituerò mai a te che parli da sola e poi… sì, la festa è il diciotto, la settimana prossima”
“Potresti infiltrarti tra i piccoli aiutanti della tua amica”
“No, Miles! Non ho intenzione di farle rischiare il lavoro!”
“Cosa... cos’ha detto?”
“Niente! La ragazza del parco non era la madre, quindi, hanno una baby-sitter?”
“Sì, hanno mandato lei a prendere l’appuntamento”
“Ottimo! Miles, voglio che tu la metta fuori gioco”
“Cosa? Sally, non puoi chiedergli questo!”
“Posso e l’ho fatto. Non ti preoccupare, non le farà niente di grave. Capito, Miles? Niente sangue!”
“Sissignora!!!”
“Cosa le farà? È andato via?”
“Cosa? Ah, sì! È andato, non preoccuparti, la spaventerà solo, così io potrò prendere il suo posto. Ora aiutami, dobbiamo capire il significato della visone o, almeno, dobbiamo provarci”
tirai fuori un vecchio block-notes e recuperai una penna.
“Bene! Proviamo a partire dal giorno… che giorno è oggi?”
“Oggi è nove”
“Bene, nove, siamo ad agosto, agosto è… che mese è agosto? Ah, sì! Otto, quindi abbiamo: il nove, l’otto e il tredici”
“Perché il tredici?”
“Di solito quando si scrive la data: 09/08/13, il venti del 2013 si omette, quindi, prendiamo in considerazione il tredici”
“D’accordo… poi?”
“L’ora… che ora era?”
“Non… aspetta, avevo mandato un messaggio e… ecco, erano le …wow… dieci e dieci!”
Scrissi tutte le date e iniziai ad osservarle con attenzione. Sapevo che significavano qualcosa, non potevano essere un caso, lo sentivo:
“Iniziamo dall’ora. È un po’ strano che fossero le 10.10 precise, non trovi? Cosa significa il numero dieci?”
“Non ne ho idea”
“Hai un tablet… cercalo!”
“D’accordo. Allora… mmh… eccolo! Numero dieci: ‘esprime il compimento finale, numero collegato al divino in quanto perfetto bla bla bla, indica il cambiamento che permette all’iniziato di evolvere spiritualmente…’ l’iniziato? Cosa vuol dire? Tipo matrix?”
“Compimento finale; legato al divino; iniziato… lo sapevo che parte della risposta era nei numeri, continuiamo! Il nove?”
“Un attimo… ed ecco il nove: ‘numero della generazione e reincarnazione, superamento della creazione e scopo la permanenza ’. No davvero, tu ci capisci qualcosa?”
“L’otto, invece?”
“Si, evidentemente ci capisci qualcosa”
“Ellen!”
“D’accordo… ma cosa lo cerchiamo a fare? L’otto non è l’infinito?”
“Troppo semplice, cercalo”
“Va bene! Otto… ok! Questo non ti piacerà ‘sta a simboleggiare la morte come transizione e passaggio ’
“Quindi, morte: vista come mezzo per diventare qualcos’altro”
“Cosa?”
“Ok, il tredici?”
“Ok… questo è anche più inquietante: ’morte, trasformazione e rinascita, indica la possibilità di un individuo di riparare o completare ciò che è rimasto incompiuto nelle vite passate’. Quindi, non è una cosa negativa? Non sembra una cosa negativa, ma non capisco, insomma, non spiegano proprio niente. Sapevi  già che era in pericolo, quindi?”
“Chissà perché, ma a me sembra esattamente una cosa negativa. I numeri non parlano, però, di una morte. È come se… dovesse morire per diventare qualcos’altro. Ma… non ha senso…”
il telefono di Ellen squillò, andò a rispondere nell’altra stanza, io continuai a guardare quelle date, cosa volevano dire davvero? Cosa centrava con quell’Ethan? E perché quella visione? Miles tornò, scuro in volto: “Notizia buona e notizia meno buona. Quale vuoi prima?”
Ellen ritornò e buttò tablet e cellulare in borsa:
“Devo scappare, promettimi che non farai niente di stupido”
“Promesso, vai e grazie”
“Ok! Ti chiamo, ciao”
 guardai Miles:
 “Allora?”
“Notizia bella: la baby-sitter è fuori uso, non ho dovuto fare molto in realtà, era già abbastanza schizzata. L’altra notizia è che Loro, non vogliono che tu aiuti il bambino.”
Sgranai gli occhi:
“Cosa? Perché la visione, allora?”
“E’ stato un errore, non saresti dovuta venire a contatto col bambino e devi… ignorarlo”
“Ma se hanno detto che fino a che non troverò qualcuno che prenda il mio posto non devo saltarne nemmeno uno?”
“Sally”
“No! Si fa a modo mio, ricordi?”
“C’è un motivo se non vogliono che tu intervenga”
“E chi se ne frega?”
presi le chiavi.
“Dove vai, ora?”
“A casa di Ethan, devo capirne di più!”
 
La casa non era una casa, era una villa, di quelle che si vedono in televisione, con tanto di piscina e giardino, superai il vialetto in pietra e osservai il campanello che sembrava fatto d’oro.
“Non metterti a litigare con nessun animale, d’accordo?”
 Miles alzò gli occhi al celo e si girò dall’altro lato. La porta si aprì lentamente, avevo bussato?
Sentii un brivido scivolarmi lungo la schiena e vidi Ethan, mi sforzai di sorridere:
“Ciao piccolo, tua madre è in casa?”
 mi guardò, poi, guardò in direzione di Miles, lo guardai anche io, i suoi occhi erano improvvisamente gialli, mi preoccupai.
“Tu, chi sei?”
tornai a guardare Ethan:
“La tua nuova baby-sitter”
“Perché, l’altra è morta?”
“No… certo che no”
“Peccato!”
“Come?”
“Ho detto: entra”
“Sally. Non mi piace questo posto. Ti prego! Lascia perdere”.
Buffo! In passato, ero io che piagnucolavo e lui che mi obbligava ad andare avanti, lo ignorai e misi piede in quella che sembrava la casa perfetta: arredamento, colori, foto.
“Mamma!”
la donna con i capelli rossi fece capolino dalle scale. Indossava una vestaglia color cipria, manco a dirlo: perfetta.
“Non ci interessano pubblicità di alcun tipo”
“No, mi manda la vecchia baby-sitter… è malata ed io la sostituisco”
“Oh, bene! Ethan falle vedere cosa deve fare!”
 Lei sparì e io seguii il piccolo in cucina.
“Di solito, Estell mi prepara qualcosa da mangiare”
“Estell?”
Mi guardò con lo sguardo furbo:
“L’altra baby-sitter”
“Oh, si, certo!”
Mi accorsi che Miles non c’era più, alzai le spalle e aprii il frigo: uova, prosciutto e una lattina di piselli. Ecco una cosa che non era tanto perfetta.
“Allora, cos’è che ti piace?”
“Fammi prosciutto e uova, ti aspetto in salotto”
“Certo…”
misi a cuocere le uova. Certo che era una famiglia strana. La madre non era nemmeno scesa a conoscermi, e se fossi stata un’assassina? Portai quello che doveva essere il pranzo in salotto. Ethan era sul divano di pelle e stava guardando un film inquietante, con sangue e corpi ovunque:
“Non dovresti guardare i cartoni?”
Lui alzò le spalle e iniziò a mangiare.
“Allora, Ethan, ti va di parlar…”
“…Di solito, quando mangio, Estell mette a posto la mia stanza”
“Oh, ok! qual è la tua stanza?”
“Quella con la porta blu”
“Va bene! Allora, io vado”.
Salii le scale ricoperte di moquette color pesca e raggiunsi la stanza. Appena aprii la porta, sentii le gambe farsi pesanti e la testa girare, ignorai quelle sensazioni. Quand’è che imparerò? Ed entrai, mi avvicinai alla scrivania piena di disegni; nella maggior parte, c’era un ombra nera che abbracciava Ethan, mentre la famiglia si allontanava sempre di più. Rabbrividii, abbandonai i disegni e iniziai a posare alcuni pupazzi, molti erano stati mutilati o disegnati, non ci feci caso, in fondo era solo un bambino, rifeci il letto e tra le lenzuola trovai una biglia, la presi tra le mani e quasi urlai ributtandola sul letto: era un occhio di gatto, o meglio, aveva la forma di un occhio di gatto, probabilmente era di  silicone ed era stato ricoperto da una sostanza appiccicosa, era fatto davvero bene, lo ripresi trattenendo un conato di vomito e lo posai con gli altri pupazzi. Finito di mettere in ordine la camera, tornai di sotto. Ethan aveva finito e stava osservando il giardino:
“Vuoi uscire un po’ fuori, Ethan?”
“Ancora no”
“… Ho visto i tuoi disegni. Sono molto belli”
“Grazie”
“E… l’ombra? Hai, forse, paura di qualcuno? Puoi parlare con me se ti va…”
“L’ombra è buona. Sono gli altri che sono cattivi”
 un urlo mi fece scattare in piedi.
“Rimani qui”
Mi precipitai in giardino. Una cameriera stava vomitando, un'altra si copriva la bocca indicando la piscina, la signora dai capelli rossi si precipitò fuori urlando:
“No! Il mio Fuffy”
 guardai la piscina  e mi sforzai di non vomitare, c’era qualcosa di grigio che galleggiava in una pozza di sangue, Ethan guardava la scena impassibile:
“Non dovresti essere qui. Ethan, torna dentro”.
Mi avvicinai alla cameriera che stava vomitando, mentre il giardiniere, con un retino, recuperava il corpo senza vita di un gatto. Mi avvicinai. Il povero gatto aveva la pancia aperta e le zampe mutilate, pensai a Mocho e mi venne da piangere; col sangue del gatto, sul bordo della piscina, era stata scritta una S, riguardai il povero animale, notai che aveva un solo occhio completamente spalancato, l’altro era stato cavato via, non lo collegai a quello che avevo trovato nella stanza di Ethan… perché avrei dovuto?
Dopo il triste ritrovamento, la donna di plastica: la madre di Ethan, mi cacciò via. Una delle domestiche mi seguì, dicendomi che la signora era molto affezionata al gatto e di tornare il giorno dopo, evidentemente era più affezionata al gatto che al proprio figlio.
Mi infilai in macchina con la testa che mi scoppiava, era come se avessi dimenticato qualcosa senza riuscire a ricordare cosa, continuavo a ripensare alla faccia di Ethan alla vista di tutto quel sangue. I bambini, di solito, urlano. Perché lui non aveva urlato?
Arrivata a casa salii in fretta le scale, abbracciai Mocho e ordinai una pizza, nel frattempo mi feci una doccia veloce e mi infilai il pigiama. Mentre finivo di asciugarmi i capelli suonarono al citofono, sicura che fosse la pizza risposi con decisione:
“Secondo piano”.
Recuperai il borsellino e aprii la porta, rimanendo per un attimo senza parole:
“Cosa vuoi?”
dopo quella giornata non mi aspettavo di certo mia nonna con un Miles visibilmente teso al seguito: “Tesoro… devo parlarti”
 Guardai Miles irritata:
“Sei stato tu? È questo quello che hai fatto tutto il giorno?”
“Sally, lui ha solo espresso una sua preoccupazione, più che valida!”
 Il lui in questione evitava di guardarmi.
“Ti prego, concedimi qualche minuto”
il citofono suonò di nuovo:
“…D’accordo, ma la pizza la paghi tu!”.
Alla vista di Miles, Mocho miagolò felice, quei due non me la contavano giusta.
“Allora, Miles mi ha raccontato di questo bambino”
“Non prenderla tanto larga. Si! Mi sto occupando di questo bambino e lui non vuole, perché Loro hanno detto di ignorarlo e, c’è da dire, che l’hanno detto poco dopo aver detto di non doverne saltare nemmeno uno, quindi: o hanno un serio problema di Alzheimer o soffrono di sdoppiamento della personalità ma, qualunque sia il motivo, non importa, perché io aiuterò questo bambino e se non riescono a farmi cambiare idea Loro, davvero, quante possibilità avete tu e Miles?”
Mia nonna osservò il block-notes sul tavolo e sospirò:
“Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che quando dicono qualcosa, bisognerebbe ascoltarli”
“Bizzarro! Perché io, invece, ho imparato che anche se fai quello che vogliono, trovano sempre il modo per fregarti”
Ci guardammo in silenzio per qualche istante, presi una fetta di pizza grondante di formaggio, la portai alla bocca e la riposai:
“Nonna… vuoi davvero parlare di questo? Non ti sei fatta sentire dopo quello che è successo e ora torni qui per… non pensi che dovresti spiegarmi qualcosa?”
Per la prima volta incontrai gli occhi di Miles, ma lui subito li riabbassò:
“Tesoro…”
“Ti prego! Non nominarmi le regole, perché sono abbastanza sicura che esista una qualche regola che ci impedisca di stare con le nostre guide e non mi sembra che tu ti sia fatta problemi a infrangerla”
“D’accordo… cosa vuoi sapere?”
“Tutto. Voglio sapere tutto, senza bugie o inganni. Ti prego!”
“Va bene, come ti ho già accennato, questo è un dono di famiglia da generazioni. Mia madre lo aveva, così come sua madre e così via”
“Perché, allora, io non l’ho ereditato?”
“…Ci…ci arriverò, non interrompermi. Dicevo: per secoli la nostra famiglia ha avuto il compito di aiutare gli spiriti delle persone a trovare la pace, a trovare giustizia o, anche, a rimanere in vita salvando i loro corpi. La prima volta che ho aiutato uno spirito, avevo quindici anni ed è stata anche la prima volta che ho incontrato Rob. Bè! Robert. Io ero spaventata, non sapevo cosa fare o come comportarmi e lui… lui ha saputo guidarmi, consigliarmi e aiutarmi.
 Era incredibilmente bello: gli occhi azzurri, i capelli del colore del miele e due spalle larghe su cui potevo sempre contare, è stato anche il mio primo e unico amore, sapevo che era sbagliato, voglio dire era una cosa… una cosa impossibile. Lui non era vivo ma… non potevo, non volevo reprime quel sentimento. Con gli anni, imparai a convivere con il mio segreto, Rob mi insegnava sempre cose nuove e non potevo desiderare di più dalla vita. Poi, un giorno, ho incontrato tuo nonno. Lui iniziò a farmi una corte spietata, ero lusingata, ma il mio cuore apparteneva già ad un altro ma erano altri tempi, quando mi invitò a cena, poi, non ce la feci a rifiutare. Rob, lui, non voleva ammetterlo, ma era terribilmente geloso di quel piccolo ometto dagli occhi grigi, non ricordo con precisione come accadde, so che eravamo a cena, stavamo parlando, a un tratto spunta Rob e… mi guarda e l’attimo dopo, entra nel corpo di tuo nonno. Non la credevo una cosa possibile, la possessione del corpo da parte di uno spirito, non ne avevamo mai parlato e lo stesso Rob non seppe dirmi come aveva fatto. Fece delle indagini e, alla fine, scoprimmo che: Sì! Uno spirito, se abbastanza forte, può possedere il corpo di un essere umano, a patto che anche lui sia abbastanza forte da sopportarlo. Dopo quella scoperta facemmo altre prove, provò a impossessarsi di altre persone ma nessuno riusciva a sopportarlo. Uscii di nuovo con tuo nonno e lui ne approfittò per riprovarci e funzionò di nuovo, era incredibile, non sentiva niente, a parte un leggero mal di testa, per lui era tutto normale”
 Guardai Miles sgranare gli occhi.
“…Nonna…dimmi che non l’hai fatto…”
“Eravamo giovani e… Rob mi confessò di essersi innamorato. Non sapevamo nemmeno quello che stavamo facendo ma decidemmo di approfittarne e… ci sposammo”
“Tu… non… non puoi averlo fatto”
“Ma tuo nonno lo voleva”
“Oh, sì! Perché tu glielo hai chiesto, no?”
“No…ma era innamorato di me, si vedeva da lontano un miglio e te l’ho già detto, i tempi erano diversi e sono sicura che mi avrebbe comunque chiesto di sposarlo”
“Era… posseduto, nonna… da uno spirito di cui tu eri innamorata e… oh, mio Dio! Dimmi che… tu e lui… non…”
“Eravamo felici, ma continuavamo a chiederci come mai Loro non ci avessero fermato o punito in qualche modo e, alla fine, ci convincemmo che avevano capito la realtà del nostro amore e avevano deciso che era giusto così o, almeno, lo credevamo, finché non nacque tua madre…”
“No! Questo non può essere vero, questo è solo un gigantesco incubo”
“…Più lei cresceva, più capivamo che non aveva il mio dono e, senza una nuova prescelta, gli spiriti continuavano a venire da me, continuavano ad aumentare ed io ero stanca, senza forze. C’erano giorni che non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto, capimmo che quella era la nostra punizione, ma io non… non potevo più sopportare tutto quello, con l’età che avanzava poi… così, Rob andò a parlarci. Loro gli promisero che mi avrebbero aiutato se lui avesse abbandonato il corpo di tuo nonno e, a malincuore, lo fece. Devo dire che il sollievo fu abbastanza immediato e ritrovai gran parte delle mie forze, gli spiriti avevano smesso di accavallarsi tra loro”
“Per quanto... per quanto tempo hai portato avanti questa farsa?”
“Fin quando tua madre non ha compiuto venticinque anni”
“…Quindi: il motivo per cui nemmeno io ho ereditato il ‘favoloso’ dono di famiglia, è perché sono… frutto di una punizione? Perché sono la… nipote di uno spirito? Ma non ti bastava questo, no, tu hai dovuto incasinarmi la vita donandomi ugualmente questo stupido dono!”
“Continui a non capire. La vedi come una condanna, ma questa non è una maledizione. È un dono, non riesci a vedere quello che puoi fare, le tue capacità. Proprio perché sei nipote di uno spirito, sono ancora più forti delle mie e  poter aiutare le persone è…”
“Vedere la gente morta, nonna, non è una cosa bella. Vedere la gente morta che ti chiede aiuto nei modi più strani e nei momenti meno appropriati, non è una cosa bella. Magari per te lo era ma, hai ragione, erano altri tempi, questa per me non è altro che una maledizione, una maledizione che potevo risparmiarmi”
“Per salvarti la vita… cosa dovevo fare? Lasciarti lì a morire?”
“No, perché c’è una cosa chiamata ospedale. Potevi chiamare un ambulanza invece di riunire i tuoi amici morti!”
“Non sarebbero mai arrivati in tempo”
“Ma cosa ti costava provare?! Potevi fare quello stupido patto dopo. Tu… oh, mio Dio! Tu hai fatto una figlia con uno spirito. Hai usato il nonno… tu sei… chi sei tu??!”
“Se fossi stata al mio posto, se avessi avuto la possibilità di avere Miles, non come spirto, ma di averlo lì, con te, non avresti fatto lo stesso?”
“No! Io, no! Non voglio tutto questo e non voglio certo che Miles si impossessi di qualcuno. Non puoi immaginare come sono stata bene in questi anni in cui non c’era più nessuno di loro, come mi sono sentita libera quando credevo che fosse finita, quindi: no… no! Al tuo posto non avrei mai fatto quello che hai fatto tu…” ci guardammo tutti in silenzio, persino Mocho se ne stava buono nella  sua cuccia poi, mia nonna, sospirò:
“Tuo nonno era un uomo buono e gli ho sempre voluto bene”
“Gli volevi così bene che l’hai ingannato”
“L’ho reso felice”
“… Credo… credo che dovresti andare ora…”
l’accompagnai alla porta senza guardarla.
“Quel bambino, quei numeri, dovresti stare attenta, non sempre le cose sono come ci appaiono”
“Già! Questo è proprio vero”
chiusi la porta senza aspettare una sua risposta e tornai in cucina. Miles si guardava i piedi:
“Sarà meglio che vada anche io…”
Sospirai, si poteva essere più stanchi?
“Miles. Io…non intendevo quello… io…”
“Lascia stare! Sei stata abbastanza chiara, solo… davvero. Sta attenta! Lo sai che Loro fanno sempre il loro gioco e i loro interessi, niente di più…”
Prima che potessi fermarlo sparì, lasciandomi lì, da sola, con un groppo in gola e Mocho che sembrava essere più confuso di me.









L'angolo pazzo
Ma salve cari lettori(?)
mi scuso per il ritardo ^^
e ci tengo a precisare che nessun gatto è stato maltrattato in questo capitolo!!
No idiozia a parte, questo capitolo è venuto lungo...e quando dico lungo intendo dire lungo...quindi l'ho diviso e la seconda parte verrà postata a breve (indagheremo per bene su cosa sta succedendo a Ethan!)
dicevo si, il capitolo è lungo ma penso si spieghino un paio di cosette necessarie e appunto, nella seconda parte ci sarà tanto Ethan per tutti (?)
Bene, ringrazio tutti quelli che stanno leggendo questa storia, che l'hanno inserita in una categoria di EFP!
ringrazio tanto tanto SuperNova e Bolide che mi fanno sapere cosa ne pensano!
 e un grazie grande grande alla mia dolce Bloomsbury che nonostante i suoi impegni beta la storia e ha betato anche questo capitolo infinito!
un baciottolo a tutti
ci si abbaia al prossimo capitolo!
 

 

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Capitolo 6
*** Imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? no, non credo! -parte seconda ***


CAPITOLO QUARTO
 (imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? No, non credo)
-parte seconda-





 
“Ok, quindi, mi stai dicendo che tuo nonno non è il tuo vero nonno, ma è uno spirito. È lo spirito guida di tua nonna che l’ha posseduto? E che lei era d’accordo?”
Aggiustai meglio la cuffia dell’auricolare che mi teneva in contatto con Ellen e ripresi a guidare:
“Già, è una cosa… ah! Più cerco di capirci qualcosa e più non ci capisco niente. È frustrante!”
“Aspetta! Quindi, volendo, Miles potrebbe…”
“Oh, mio Dio! Ma che vi prende a tutti? No Miles niente… e poi perché dovrebbe?”
 Arrivai nel vialetto di casa di Ethan.
“Bè! Perché tu…”
“Io niente! E poi è una cosa… no, ok?”
“Ok, ok! Non ti scaldare. Dove sei ora?”
“Davanti casa di Ethan”
“Avevo capito che tua nonna e Miles ti avessero detto di stare lontana da li”
“Sì, ma mia nonna ha anche sposato un uomo posseduto da uno spirito e quindi il suo parere non conta molto.”
“Va bene ma tu, sei sicura di quello che fai?”
Sospirai guardandomi nello specchietto:
“No, per niente”
“Ottimo! Se dovesse capitare qualcosa chiamami, ok?”
“Andiamo! È solo un bambino di sei anni, cosa può succedere di tanto grave?”
“Ok, però stai attenta!”
“Va bene, a dopo.”
 
Bussai alla porta mentre, una sensazione di ansia, continuava a crescere.
“Ciao”
“Ciao, Ethan”
lo seguii in casa e mi guardai intorno.
“Sei solo?”
“No, ci sei tu”
“Ottima risposta… e oltre me? Oltre me e te, intendo”
“Le domestiche”.
Osservai la casa: nessun oggetto fuori posto, proprio come il giorno prima.
“Bene! Allora, cosa vuoi fare oggi?”
Mi guardò a lungo, ma mi sembrò che non mi stesse vedendo davvero.
“Disegnare…”
“Va bene, allora disegnamo!”
“Nella mia camera.”
“Certo! Andiamo”.
La stanza di Ethan, come il giorno prima, era l’unica camera in completo disordine, inoltre, era come se fosse stata arredata in fretta e senza cura; era fredda e spoglia, le pareti erano blu sbiadito e le tende grigio sporco, inoltre, quel giorno, c’era un' insistente puzza, come di qualcosa andato a male. Aprii la finestra, mentre lui si sedeva alla piccola scrivania in mogano.
“Le cameriere non sono ancora passate?”
“Loro non entrano, nessuno entra qui”.
L’osservai prendere i pastelli e un grosso foglio bianco, sulla parete vi erano appesi fogli simili, con disegni uguali a quelli che avevo visto il giorno prima e alcune foto della sorella.
Niente genitori.
Niente amici.
Niente animali… solo lui, la sorella  e quei disegni.
“Ti va di dirmi perché, quest’ombra, c’è in tutti i tuoi disegni, Ethan?”
 Mi voltai a guardarlo, era in ginocchio e si teneva la pancia con le piccole mani, feci per avvicinami ma lui si alzò di scatto, aveva gli occhi di un innaturale nero e il volto pallido.
“…Ethan…”
Con uno scatto inclinò la testa di lato, gli occhi fissi su di me e un inquietante sorriso sul volto. Quanto avrei voluto che Miles fosse li con me.
“…Ethan…?”
“Io non sono Ethan…”
Di certo quella non era la sua voce, era più una voce da adulto, deglutii a vuoto:
“…Chi sei allora?”
“Io sono Samar. Tu vuoi essere la mia prima vittima?”
Alzò la mano destra  e dal palmo iniziò a formarsi una piccola sfera irregolare nera; sembrava quasi petrolio.
Il mio cuore iniziò a battere più forte, sentii come qualcosa di caldo risalirmi lungo il petto, era un po’ la stessa sensazione che avevo avuto in quella cantina, prima di rompere la porta. Mi concentrai, alzai la mano sinistra, immaginai la calda luce bianca di Miles che mi avvolgeva e  dalla mia mano si creò una sfera di luce che mi inglobò come in una bolla.
Ethan o Samar, o chiunque lui fosse, lanciò la sostanza nera, che si infranse sulla mia sfera. Urlò di rabbia, buttò la testa all’indietro e vomitò sul tappeto, rialzò la faccia e vidi il nero degli occhi farsi sempre più piccolo, fino a scomparire del tutto. Mi avvicinai e lo presi in braccio, adagiandolo poi sul letto.
“Ehi, Ethan. Stai bene?”
Si stropicciò gli occhi e tossì un paio di volte:
“Ho mal di testa”
“Vuoi che chiami tua madre?”
Scosse la testa appoggiandosi al mio petto.
“Va bene, riposati un po’, rimango qui con te”
Gli accarezzai la fronte finché non si addormentò. Mi alzai assicurandomi che stesse dormendo rilassato e pulii parte del vomito. Una cameriera spuntò davanti alla porta, le diedi il tappeto, mi guardò senza mettere piede in quella stanza e disse:
“Il signorino Ethan è un bambino particolare”
Io annuii e lei andò via.
Il piccolo dormì quasi tutto il tempo. Io, come il giorno prima, iniziai a mettere a posto la stanza, mi abbassai per controllare che non ci fossero giochi sotto al letto e trovai un pezzo di carne in avanzato stato di putrefazione e accanto la lettera S; ripensai al gatto, anche vicino al suo corpo c’era la lettera S.
Io sono Samar, aveva detto, rabbrividii e respinsi giù un conato di vomito, tolsi quel pezzo di carne e pulii il resto della stanza, chiedendomi come fosse possibile che nessuno si fosse accorto di nulla. Più tardi, nel pomeriggio inoltrato, sentii un rumore di una macchina e dei passi sulle scale, mi affacciai.
“Oh salve… lei è?”
La donna di plastica era avvolta in un trench leopardato, portava delle scarpe col tacco con lo stesso motivo e i soliti capelli cotonati:
 “Sally… la baby-sitter di suo figlio”
“Oh, certo! Bene”
Fece per andarsene.
“Ethan non sta molto bene”
Mi guardò infastidita:
“E…?”
“Pensavo che volesse vederlo”
Mi sorrise:
 “Il suo lavoro non è pensare, è prendersi cura di lui. Ora devo andare”
Non mi fece dire nient’altro e sparì nella sua stanza; poco dopo salì anche il marito, mi salutò appena e si rinchiuse in un'altra camera. Sbuffai, bella famiglia del cavolo, mi ricordai di mia nonna, dopotutto non avevo nessun diritto di giudicarli.
Solo verso sera Ethan si svegliò, lo convinsi a mangiare qualcosa, sembrò essere tornato normale, ma passò il resto della serata a  letto. Verso le otto una cameriere bussò alla porta: “il suo turno è finito” guardai Ethan rigirarsi nel letto:
“Io… posso rimanere, non è un problema”
“No, il suo turno è finito”
“Si ma…”
“Il suo turno è finito”
Desiderai tanto darle un pugno, mi limitai a sospirare:
“Bene… a domani Ethan”
La stupida cameriera mi accompagnò alla porta, ancora una volta ebbi la strana sensazione che nemmeno lei, come Ethan la mattina, mi vedesse per davvero. Scrollai le spalle e salii in auto, cercando di capire chi fosse questo Samar, imprecai salendo a casa, sperai di trovare Miles, ma non fu così e allora mi buttai nel letto, magari dormire mi avrebbe schiarito le idee.
 
Il giorno successivo trascorse in maniera normale, di Samar nessuna traccia, Ethan giocò in giardino e fece altri disegni, sempre uguali, provai a parlargli ancora dell’ombra senza ottenere nessuna risposta. Come il giorno prima, verso le otto, la cameriera salì in camera senza entrarci e mi disse di tornare a casa e ripresentarmi lunedì. La domenica, a quanto pare, era il mio giorno libero. Non me la sentivo di lasciarlo solo un giorno intero, ma dovetti rassegnarmi, sperai che non gli succedesse niente e così fu, anche i successivi tre giorni trascorsero normalmente, quasi mi ero dimenticata di Samar, finché non arrivò giovedì. Come ogni mattina arrivai puntuale, bussai più volte ma nessuno veniva ad aprirmi, dopo un bel po’ di minuti, arrivò la cara cameriera, mi disse che Ethan non stava bene, aveva vomitato e urlato tutta la notte, chiesi di vederlo ma mi disse che finalmente si era addormentato e non c’era alcun bisogno che andassi a disturbarlo, di nuovo desiderai darle un pugno, di nuovo sospira e tornai a casa.
 
Da quando mi ero svegliata avevo un mal di testa terribile, non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti, volevo solo mettermi a letto e crogiolarmi nella mia inutilità, perciò, quando rincasai, quasi urlai vedendo Miles nel mio salotto, era quasi una settimana che non si faceva vedere e lo odiavo per questo:
“Che diavolo ci fai tu qui?”
Il tono di voce mi uscì fuori più accusatorio di quanto volessi, lui inarcò un sopracciglio.
“Non volevo… dire… volevo… ah… sono stanca e ho mal di testa…”
Si avvicinò titubante, si mise una mano dietro al collo:
“Puzzi”
“Tu sì che sai sempre cosa dire per tirarmi su di morale”
“Non è che puzzi, puzzi, puzzi di… strano. Comunque ero solo passato a vedere come stava Mocho” spalancai gli occhi:
“Mocho? Senti, non voglio urlare o arrabbiarmi perché, seriamente, credo che potrei scoppiare e dire cose che… mi dispiace per quello che ho detto quel giorno, ma andiamo non…non riguardava te…”
“Sì, ora sto molto meglio”
Mi massaggiai le tempie:
“Oh andiamo, non in quel senso. Nel senso che… lo sai che mi sei… lascia perdere, pensala come vuoi!” Sbuffò e si grattò il mento.
“Mocho ha detto che ultimamente sei strana. È successo qualcosa?”
Guardai il mio gatto con uno sguardo omicida e lui si nascose dietro le gambe di Miles.
“No! Cioè, sì, o meglio… non lo so”
“Non sai se è successo qualcosa?”
“No è che… senti, qualsiasi spirito può fare una possessione?”
“Perché vuoi saperlo?”
“Tu rispondi”
“Perché devo rispondere se non so il motivo per cui mi stai ponendo questa domanda?”
Sbuffai:
 “Miles…rispondi e basta”
“La verità è che non lo so”
“Come fai a non saperlo? Che razza di guida sei?”
“Non sono mica una guida turistica che sfogli a tuo piacimento!”.
Lo guardai inarcando le sopracciglia lui sbuffò:
 “Ok! Ehm… suppongo che debba essere uno spirito abbastanza forte e… stabile”
“ In che modo uno spirito sceglie chi possedere?”
“Sally è complicato, non è una cosa che… perché non mi dici quello che vuoi e poi vediamo come posso aiutarti?”
Mi accomodai sul divano, Mocho si strusciò sulla mia mano per chiedere perdono, gli grattai il mento e lasciai che si accoccolasse sulle mie gambe:
 “Ethan”
“E’ posseduto?”
Alzai gli occhi al cielo:
“Se mi lasciassi finire…”
Alzò le spalle e prese posto sul divano anche lui:
“Dicevo… è strano e il secondo giorno che sono andata a casa sua, era più strano del solito e, a un certo punto, mi ha guardato e i suoi occhi erano completamente neri. Mi ha chiesto, con una voce che non era sua, se volevo essere la sua prima vittima e ha tirato fuori una sostanza nera tipo petrolio, non so cos’era e poi ha vomitato ed è ritornato in se. Bè… più o meno è andata così!”
“Wooh… ha vomitato? E tu non hai vomitato? Perché di solito quando vedi qualcuno vomitare, vomiti anche tu”
“Gia, lo so. Infatti mi sono anche… oh! Il punto non è il vomito non distrarti ora”
“Sì, è che sono iperattivo lo sai e ho un disturbo della concentrazione”
“Sì, sì lo so e… ok no, sii serio!”
 Si grattò la testa:
 “Va bene, quindi, ti ha chiesto se volevi essere la sua prima vittima? Bè, gentile! Non c’è che dire”
Lo guardai storto:
“Miles…”
“Ok… ehm… hai pensato che potrebbe essere uno spirito vendicativo?”
“Ti prego! No. L’unico spirito vendicativo che ho incontrato mi basterà per sempre”
“Dai, com’è che si chiamava? Ah Dick… non era male Dick”
“No! Non era male, escluso quando tentava di uccidermi ovviamente. Hai dimenticato che sono morta per tre secondi?”
“Oh! Non è stata colpa sua era… ok, no, non era un bravo spirito ma, comunque, loro non si impossessano dei bambini. In effetti nessuno spirito dovrebbe farlo. Sai?! Per via della loro purezza e bla bla bla”
“Sbaglio o non ti piacciono molto i bambini?”
“No, mi piacciono, se sono distanti, molto distanti, tipo io qui e loro dall’altra parte del mondo… comunque, ha detto altro oltre all’interessante proposta?”
 Trattenni una risata, non era opportuna:
“No… cioè, bè, ha detto di chiamarsi Samar…”
Mocho soffiò e mi graffiò la mano, Miles quasi cadde a terra:
“Ha detto… cosa?”
Li guardai spaventata:
“Di chiamarsi… Samar?”
Spalancò la bocca:
“Tu… tu mi parli del suo stupido vomito e non mi dici questo???”
“Io ci sarei arrivata e… chi diavolo è Samar?”
Sbuffò frustrato:
“Lui… tu… nessuno, ma non devi andarci più”
“Lo sai che non ti ascolterò, ti conviene dirmi la verità”.
Si passò una mano sulla faccia, sembrava sudare freddo, si ributtò sul divano, la sua spalla sfiorava la mia, continuavo a ripetermi che non era reale, che dovevo smetterla perché lui era morto, senza molto successo devo dire.
“D’accordo, conosci la storia degli angeli caduti?”
Gli guardai le labbra. Andiamo Sally, concentrati è morto, morto, non sembra affatto morto, ma è morto, di certo i miei ormoni non erano morti:
“Tipo… lucifero?”
Alzò un sopracciglio:
“Tipo? Si… in ogni caso ce ne furono altri, alcuni di loro, si confusero con gli umani e diedero vita ai Neflin. Sai cosa sono i neflin… vero?”
“Puff!!! Certo, tutti sanno cosa sono i neflin, ma lascerò che sia tu a dirlo, perché tu stai raccontando la storia è giusto che lo dica tu…”
Mi guardò evidentemente preoccupato per la mia salute mentale:
“Figli dei caduti e di esseri umani”
“Si! Infatti, proprio quello…”
“Bene! Uno di loro, per accrescere il suo potere ed elevare la sua posizione iniziò a recuperare anime per Lucifero; solo che non si limitava a recuperare le anime dei morti lui… ecco… iniziò a uccidere sempre più gente, sempre più spesso finché, accecato dal sangue, non perse il controllo”
“Ti prego, lasciami indovinare… il suo nome era Samar!”
“Già! In ogni caso, arrivò a un punto di non ritorno e così venne mandato sulla terra un Arcangelo. Lottarono a lungo e, infine, riuscì a vincere e a ucciderlo, ma l’arcangelo era devoto al bene, non poteva semplicemente ucciderlo…”
“… Quindi?”
“…E quindi… decise di dargli una seconda possibilità! Samar si sarebbe rincarnato in ciò che c’era di più puro, indovina?! In un bambino. E avrebbe così potuto vivere una vita diversa, all’insegna del bene; peccato che lui non la pensasse esattamente così, era pur sempre un figlio del diavolo e alla fine trovò un modo”
“Che genere di modo?”
“Il problema dei bambini è che è facile fargli fare ciò che vuoi. Lui capì che bastava che il bambino nel quale si era rincarnato non fosse più puro e il trucco è fatto”
“Come… in che senso?”
“In poche parole, ti ha chiesto di essere la sua prima vittima, perché ne deve uccidere tre prima di compiere sette anni, solo così Samar potrà risorgere…”.
Rimasi a fissare il pavimento per alcuni istanti:
“Ok… e come si ferma?”
Sbuffò:
“No, Sally, non… non puoi fermarlo! È un demone. Sai cosa significa Samar? Figlio del diavolo, letteralmente… non puoi fare niente, non ha niente a che fare con te!”
“Io dico di si”
“E invece no”
“E invece si”
“Sally!”
“No, ascolta, io salvo anime, lui le condanna agli inferi. Io salvo vite e lui le prende. Come può non c’entrare? Dovrei ignorarlo? Salvarne alcuni mentre lui ne uccide altri? Andiamo, non ha senso!!”
 Mi guardò negli occhi:
“Non puoi combatterlo, non hai questo tipo di potere e Loro non vogliono, quindi non ti aiuteranno”
“… Ok, ma hai detto che per risorgere deve uccidere tre persone? Bene, devo solo impedirglielo, posso ancora salvarlo, non ha ancora ucciso nessuno, a parte il gatto, credo, ma il gatto non conta giusto?” Mocho miagolò per protesta, gli grattai la testa, Miles continuò a guardarmi:
“Ha ucciso un gatto? Immagino l’abbia fatto per testare il controllo che ha sul moccioso. Sally, anche se riuscissi a impedirgli di uccidere non… poi crescerebbe, è questa la fregatura, i bambini crescono e non rimangono puri a lungo e con la famiglia che si ritrova appiccherà un incendio prima dei diciotto anni. Tu non puoi proteggerlo per sempre…”
“No, ma non posso nemmeno ignorarlo, sai che non posso farlo e se gli impedisco di uccidere magari… guadagniamo tempo e troviamo un modo per fermarlo.”
“Perché non mi ascolti? Non c’è un modo!”
Si strofinò gli occhi, inclinò leggermente la testa e strinse le labbra, come a impedire alle parole di uscire: “Cosa?”
“Cosa?!”
“Cosa c’è? Ti conosco! Quando fai così c’è qualcosa…”
“No, non c’è niente”
“Miles…ti prego”
Si strofinò i capelli:
“Ahh, ok! L’arcangelo si rese conto del suo errore, si fece uccidere  e fece condannare entrambi alla reincarnazione. Quindi, in teoria, ogni volta che si rincarna Samar lo fa anche l’Arcangelo”
“Ma è fantastico!!! Come facciamo a trovarlo?”
Spalancò le braccia:
“Ovunque, da nessuna parte, io non lo so, potrebbe non risvegliarsi, potrebbe risvegliarsi troppo tardi”
“Però, se impedisco la morte di tre persone, quest’arcangelo avrà più tempo… giusto?”
“Si ma… è solo un ipotesi. Una lontana, remota e improbabile speranza è… da pazzi”
“E’ inutile Miles. Ci hai provato, lo apprezzo, ma sai che non cambierò idea, è solo un bambino e io posso aiutarlo”
“Non devi vederlo come un bambino, lui è… ha già parte dei suoi poteri e…”
“E’ carino che tu ti preoccupi per me, ma ho già deciso”
“Sai cosa? Fa come ti pare, io ti ho avvertito e non starò certo qui con te a vederti morire!”
Si alzò pronto a sparire:
“Miles”
“Cosa?”
“Perché non me ne hai mai parlato?”
 Mi guardò confuso:
“Di cosa?”
“Di… di come sei morto…”
Sospirò:
“Riposati Sally, ci vediamo”.
Sparì lasciandomi nuovamente da sola con mille domande e una sola convinzione: avrei salvato quel bambino.









Angolo folle
Sono di nuovo qui miei prodi lettori (?)
Ho deciso di dividere questo capitolo in tre parti perché, come vi narravo è davvero lungo u.u
Grazie a chi segue la storia, legge, preferisce, commenta, guarda, ama, odia ecc ecc ecc
Grazia a Bloosmbury per il betaggio
e...cosa volevo dire?
mmm bo, buona lettura,
oh no quello si dice prima , vabbe, buona fatta lettura!
*sparisce tra i cubetti di ghiaccio*

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Capitolo 7
*** Imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? no, non credo! -parte terza ***


CAPITOLO QUARTO
 (imparerò mai a fidarmi delle mie capacità? No, non credo)
 




Il mattino dopo mi svegliai in un bagno di sudore, avevo avuto un incubo e ora la testa mi scoppiava, ancora più del giorno prima. Diedi da mangiare a Mocho e mi buttai sotto la doccia, lasciai scorrere l’acqua a lungo, cercando di rilassarmi, dopo un po’ sentii un rumore provenire dal bagno, chiusi l’acqua e mi affacciai: Miles se ne stava seduto a gambe incrociate sul pavimento, la testa appoggiata alla mano destra e mi fissava, afferrai l’accappatoio e mi coprii:
“Miles” che diamine ci fai qui?”
“Sono appena arrivato, non ho visto niente, quasi…”
“Quindi? Cosa c’è?”
“Non mi hai chiamato?”
“No che non l’ ho fatto… però…”
“Però?”
uscii dalla doccia stringendomi nell’accappatoio:
“Ho fatto un sogno…”
“E…?!”
“Ho sognato Ethan: era… era diventato Samar e aveva ucciso tante, tantissime persone e rideva circondato dall’oscurità. Poi sono… era come se qualcuno mi trascinasse via e mi sono ritrovata in una stanza, piena di luce e c’era una culla con una bambina, cioè, non ho visto la bambina, ma sapevo che c’era e mi sono sentita come… in pace e …non lo so, ok?! Non so spiegartelo e non voglio certo farlo in queste condizioni”
Si alzò:
“Quali condizioni? Oh! Intendi mentre sei nuda e coperta solo dall’accappatoio? Guarda che non mi scandalizzo mica e poi, voglio solo sapere qual è il piano”
“Io non… aspetta, come sarebbe a dire: qual è il piano? Credevo che non volessi farne parte…”
 Sembrò affascinato dalla confezione di crema:
“Infatti… ma lo farai anche senza di me. Quindi…”
“Oh!”
“Oh, cosa?”
Sorrisi:
“Che carino che sei”
Sbuffò:
“Smettila, non sono carino”
“Si che lo sei. Sei preoccupato per me e hai messo da parte l’orgoglio venendo fino a qui per aiutarmi, nonostante tu sia contrario e sia contro le regole”
“…Ma piantala!”
“Da quando sei così dolce?”
si avvicinò a me, talmente tanto che i nostri volti quasi si sfiorarono, mi spostò una ciocca di capelli bagnati dietro l’orecchio morendosi le labbra.
“Da quando il tuo cuore batte così forte quando ti sono vicino?”.
Arrossii, senza poterci fare niente:
“Non ci casco… sei solo imbarazzato perché ho ragione”
Sorrise:
“Mmh… vediamo: tu sei nuda e bagnata… e hai la tachicardia, direi che tra i due… sei tu quella più imbarazzata”
 Deglutii:
“Smettila”
“Perché?”
ci guardammo in silenzio, poi riprese la stessa ciocca di capelli e la tirò leggermente:
“Muoviti, ti aspetto fuori”.
Rimasi imbambolata per alcuni secondi, mi imposi di calmarmi, mi vestii, avvolsi i capelli in un asciugamano e uscii. Miles era in cucina, intento a borbottare qualcosa a Mocho; cercai di non pensare alla scena di prima.
“Ancora sport?”
 Entrambi si voltarono a guardarmi come se avessi imprecato:
“Non questa volta. Allora, di cosa stavamo parlando?”
“Parlando? Quando? Noi… niente, non stavamo dicendo proprio niente”
Entrambi inclinarono la testa, Miles sorrise appena:
“Intendevo… il piano”
Arrossii ancora:
 “Oh… si, certo, il piano, ovvio, bè, il compleanno di Ethan è tra due giorni, uno escludendo oggi quindi… gli impedirò di commettere tre omicidi…”
Diede uno sguardo a Mocho e mi riguardò:
“Che piano del cazzo!!!”
Stavo per dirgli di proporre un piano migliore, ma un rumore ci fece precipitare in salotto. Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non uscì nessun suono perché, di fronte a noi, c’era un uomo grondante di sangue. Ci guardò e urlò, infine, cadde a terra e sparì, non prima di aver mostrato la S che aveva marchiata sulla fronte. Guardai Miles osservarmi con le sopracciglia alzate, alzai le spalle:
“Due… gli impedirò di commettere due omicidi…”.
 
“Bene! Siamo arrivati”
“Già”
“Sei, cioè… sei sicura di voler… perché, sai?! Se cambi idea non lo dirò a nessuno”
 Sospirai nervosa:
“Ne abbiamo già parlato”
“Sì lo so ma… sì, va bene!”
 Spensi il motore e mi preparai a scendere.
“Miles, pensi che sia stato Ethan a mandarmi quella visione? Magari come richiesta di aiuto?”   
“Sinceramente? No, credo sia stato qualcun altro. Non chiedermi chi, anche se, dopo il sogno che hai fatto…”
“Cosa?”
“Niente! È che… bè! La luce, la bambina. Credo… fosse l’arcangelo”
“Ma non ha molto senso e poi, cosa voleva dirmi?”
“Questo non lo so”
Sbuffai aprendo la portiera:
“ Non sai mai niente tu!”
Lui mi seguì:
“Sono una guida, non un dannato veggente”
“Hai sempre la scusa pronta. Forza! Andiamo”.
Dal vialetto si intravedevano le macchine della polizia, erano infatti tutti riuniti dietro il giardino.
“Lo avrà ucciso qui”
“Già, immagino di si”.
Bussai alla porta, solo alla quinta volte si aprì, rivelando l’adorabile e simpaticissima cameriera.  Mi sforzai di sorriderle mentre lei mi squadrava, come se non mi avesse mai visto:
“Dica?”
“Ehm… sono qui per Ethan”
“Non c’è bisogno, può tornare a casa”
Fece per chiudere la porta, ma la bloccai, ottenendo un occhiata minacciosa.
“Sono qui per fare il mio lavoro”
“C’è stato un brutto incidente, il giardiniere ci ha lasciati”
Miles sbuffò:
“Oh, bè! Se quello era un incidente…”
Lo ignorai:
“Mi spiace, ma io ho…”
“Le ho già detto che non abbiamo bisogno di lei!”
La guardai negli occhi:
“Io sono sicura di si”
“E io le dico di no. Non faccia la bambina e vada a casa poss…”
Non terminò la frase, non poté farlo perché la mia mano, come dotata di vita propria, si alzò per conficcarsi a pugno sul suo volto. Lei cadde a terra facendo un rumore sordo.
“Oh mio Dio! Non… oh Dio! È morta?”
“Ehm… non credo sia così facile uccidere qualcuno”
“No, no, certo che no. Non so perché l’ho fatto, davvero non volevo, io… lei mi ha provocato”
“Oh si, ti ha davvero provocato”
“Ora… ora cosa facciamo?”
“Perché parli al plurale? Sei tu che hai tentato di ucciderla”
“Io non ho tentato di… e poi l’hai detto anche tu, è solo svenuta, ma se va a dire alla polizia che ho tentato di ucciderla?”
“Per un pugno in faccia? Mmh… già! Rischi l’ergastolo, mi sa”
“Puoi piantarla per una volta di fare così?”.
Nel frattempo la cameriera iniziò a rialzarsi tenendosi la mano premuta sulla fronte. La guardai e presa dal panico tornai a colpirla. Miles scoppiò a ridere:
 “Suppongo che anche questa volta ti abbia provocato, vero?”
“Piantala!”
“No, ma davvero: o sei tu ad avere un destro poderoso o lei è fatta di carta”
“Miles, sta zitto… sto pensando”.
Entrai dentro richiudendo la porta, fortunatamente erano tutti fuori.
“Bene, hai spostato il corpo del delitto, ora?”
“Non c’è nessun corpo del delitto, o meglio, il corpo c’è, è il delitto che manca”
“Sai cosa potresti fare? Legarla su una sedia e rinchiuderla in quello stanzino”
Lo guardai male:
“Vuoi che la leghi?”
“Ok, non legarla allora, lasciala qui”
“Non posso, se la trova qualcuno? Se chiama la polizia? Dio sono solo in giardino”
“Allora… legala”
“Non voglio legarla”
“Ok, d’accordo! Allora mettitela in spalla e portala con noi poi, ogni volta che sembra riprendersi, le dai un pugno”
“Divertente, sì, davvero, davvero divertente. Ok! La lego. È per una buona causa, no? Ma… con cosa la lego?”
Ci guardammo intorno ed entrambi ci soffermammo sulle tende legate con delle corde dorate, le recuperai, con fatica spostai la cameriera su una sedia e iniziai a legarla.
“Non posso credere che lo sto facendo davvero. No, davvero, non posso crederlo”
“Già! Io non nego che è una situazione leggermente eccitante”
“Miles! Non ti ci mettere anche tu”
“Se può farti sentire meglio, lei puzza”
“Sì, sì, questo mi fa sentire davvero meglio, anzi, sai cosa? Al diavolo Ethan e Samar! Ora esco e vado a prendere tutta la gente che puzza per legarla e imbavagliarla in uno sgabuzzino!”
“Immagino si possa fare, anche se ci vorrà un bel po’ di tempo”
“Era sarcasmo”
“Lo so! Comunque, intendevo dire che puzza come te, cioè non che… ah! Puzza di lui”
Spalancai gli occhi:
 “Oh, di… lui Samar? Credi che fosse posseduta?”
“Non posseduta ma, probabilmente, era sotto il suo controllo”
“Questo spiega perché non mi volesse tra i piedi…”
“Già”
“Ok, fatto!”
“E’ legata bene?”
“Credo di si! Senti, cerchiamo Ethan”.
Salimmo le scale e arrivammo davanti alla sua camera, la sorellina iniziò a piangere, io non ci badai, aprii la porta, Ethan era steso sul letto, dal suo corpo fuoriusciva la sostanza nera, sempre più densa, lui era come avvolto da una sfera di oscurità, proprio come nel mio sogno, mi avvicinai:
“Ethan?”
“Sally, vieni via”
Lui girò di scatto la testa e mi fissò con gli occhi neri privi di vita, allungò una mano, per un attimo vidi tornare il verde nei suoi occhi e la speranza nel mio cuore. Ignorai Miles e mi avvicinai di più, fu un attimo, mi ritrovai contro il muro, con Miles che mi faceva da scudo mentre Ethan continuava a mandarci contro l’oscurità.
“Esci”
Fissai la schiena di Miles, lui era impegnato a contrastare l’altro con i suoi poteri.
“No”
“Sally, esci da qui”
“Non posso, non posso lasciarti solo”
“Esci, ora!”.
Non potei oppormi, usò i suoi poteri per spedirmi fuori dalla stanza, provai a riaprire la porta ma l’aveva bloccata.
“Miles! Ti prego!”
 Aveva detto che Samar era più forte di me ed era sicuramente più forte di lui, non potevo permettere che gli succedesse qualcosa per colpa mia, mi guardai intorno alla ricerca di qualcosa con cui rompere la porta, la sorellina di Ethan continuava a piangere, sempre più forte:
“Possibile che non ci sia nessuno con lei?”
Per un po’ la ignorai, troppo concentrata a pensare a Miles ma, quando le urla si fecero più acute, non potei più farlo, così seguii i suoi versi fino a raggiungere la sua camera, aprii la porta e la differenza con la stanza di Ethan mi parve evidente a partire dalle pareti: bianche, quasi immacolate, come appena dipinte, tenui tinte di rosa decoravano le tende e il tappeto, la culla in legno era al centro della stanza, dipinta di bianco con dei decori in oro. Rabbrividii pensando al mio sogno. La culla era identica, la bimba continuava  a piangere, mi avvicinai lentamente, appena mi vide, come per magia, smise di piangere e iniziò a guardarmi con gli occhioni celesti e i capelli neri che le coprivano la fronte. Avvicinai un dito tremante alle sue manine tese verso di me, avevo quasi il timore di romperla, come se fosse fatta di cristallo; lei afferrò il mio dito e lo strinse forte, subito mi sentii avvolgere da una luce calda e protettiva ed ebbi una visione: lei e Ethan, entrambi molto più grandi, si guardavano pronti a sfidarsi. Lei avrebbe vinto e avrebbe riportato la luce nel mondo.
“…Tu….tu sei…”
Lei emise dei piccoli gorgoglii felici. Con estrema delicatezza la presi in braccio:
 “…Non c’è un modo per salvarlo, vero?”
Mi poggiò una mano sulla guancia e capii: lei era lì per Samar, non per Ethan, avrebbe fatto di tutto per salvarlo. Al momento poteva solo dargli più tempo. Con lei in braccio, tornai davanti alla stanza di Ethan:
“è chiusa”.
Mi toccò ancora, tesi la mano e sentii una nuova forza scorrere in me, bastò una piccola emissione di luce per far spalancare la porta. Miles era in ginocchio, circondato dalla sostanza nera. Mi precipitai da lui e gli sollevai il volto con una mano:
“Miles?”
 Lui mi guardò con lo sguardo un po’ spento e sorrise:
“Quando hai fatto una figlia?”
Sorrisi, anche la piccola lo fece. Avvicinò una manina alla sua testa e lo toccò, la sostanza nera si ritirò fino a tornare dal proprietario.
“Stai bene?”
Non toglieva gli occhi dalla piccola tra le mie braccia:
 “Non credo che sia mai successo prima, non credo che sia una cosa… lei e Samar nella stessa famiglia, nello stesso momento, credo, Sally, credo che sia stata tu. Chissà quando si sarebbe risvegliata se tu non fossi entrata in contatto con Ethan”
La bimba smise di ricambiare il nostro sguardo per guardare il fratello, annuii e mi avvicinai al letto, sedendomi, lui mi guardò e mi sorrise:
“Induxero ténebris”*
La bimba mi toccò la guancia:
“At lucem adfert”**
Poggiai la mano sulla sua fronte, lui iniziò a urlare e a dimenarsi:
“Ego sum lux et tenebræ pugnant, non est tempus, et non erit umbra ad lucem expectare, dum me reddere vestrum notabis”.***
La luce invase il suo corpo, sembrava combattere contro l’oscurità ed Ethan tremava, si dimenava sempre di più poi, all’improvviso, tutto finì, si fermò e il suo respiro tornò normale così come il suo colorito. Gli passai una mano fra i capelli, notai che la bambina si era addormentata, doveva essere stata un impresa faticosa per lei.
“Ethan? Ehi”
 Lui brontolò un po’, aprii gli occhi e mi guardò confuso.
“Come ti senti?”
“Chi sei, tu? Una dottoressa? Mi hai guarito tu il mal di testa e il ronzio alle orecchie? Perché hai Leah in braccio?”
Sorrisi a quella sequenza di domande, mi sembrava Miles, era evidente che non era un bambino solitario, era stata solo colpa di Samar.
“Piangeva e l’ho portata qui, ti dispiace?”
“No no, anzi”
Per la prima volta da quando lo conobbi mi sorrise, io annuii stringendo tra le braccia la piccola Leah.
  
 
Tre giorni dopo
“Quindi, tutto bene?”
“Sì, ti ripeto, tutto benissimo. La festa è stata un successo, il capo mi ha fatto tanti complimenti, sono venuti un sacco di bambini e si sono divertiti tutti; Ethan è stato anche molto dolce con i genitori che, per la prima volta, sono sembrati normali e, no, nessun demone o omicidio o cose strane e inquietanti, è stato tutto perfetto. Bè, tutto, tranne…”
“O cielo! Cosa?”
“Uhm… niente di che, ecco, mentre alcuni bambini giocavano hanno trovato una delle cameriere legata e imbavagliata”
Merda ecco cosa avevo dimenticato:
“E… ha detto qualcosa?”
“No, non ricordava come ci era finita o chi l’avesse legata, tu non c’entri niente, vero?”
Finsi una risata divertita:
 “Ti pare che vado in giro a legare le cameriere”
“Già! Comunque è stato tutto perfetto, un giorno davvero bello”
“Ethan era felice?”
“Sì, si è divertito davvero tanto”
“Va bene. Grazie, Ellen”
“Quando vuoi”.
Buttai il telefono sul letto, Miles mi guardò divertito:
“Te l’avevo detto che non dovevi preoccuparti”
“Lo so, volevo esserne solo sicura”
“Già, quella cosa che hai fatto è stata… aggiungi pure latino al tuo curriculum”
Gli feci la linguaccia:
“Non ero io, era Leah, mi ha solo usato in qualche modo”
“Ecco spiegato perché ti ha fatto avere la visione, non poteva certo fare tutto da sola”
“Già! Bè, l’importante è che per il momento siano entrambi al sicuro. Ehm… tu hai avuto problemi con… Loro?”
“Nah, non si sono fatti sentire, alla fine, credo, siano soddisfatti comunque”
Osservai il nuovo articolo che stavo scrivendo, cancellai l’ultima riga.
“Grazie per… avermi aiutata, io… non te l’ho detto”
Alzò le spalle:
 “Sono qui per aiutarti, Sally”
 Lo guardai, mordicchiando la matita:
“A proposito di questo. Non mi hai risposto…”
Mi guardò confuso:
 “A cosa?”
“Al perché non mi hai mai detto come sei morto”
Sospirò:
“Ti lascio finire il tuo articolo”
“Miles? Perché non vuoi dirmelo”
 Mi sorrise:
“Ci vediamo Sally! Ah, quando hai finito dovresti controllare la posta”.
Fece un cenno con la testa a Mocho e sparì. Sbuffai, scrissi il pezzo finale dell’articolo e lo passai al computer, lo controllai quattro volte e, infine, lo inviai. Mocho iniziò a miagolare:
“Che c’è? Hai già mangiato”
 Miagolò ancora, questa volta guardando prima me e poi la porta. Mi ricordai di quello che aveva detto Miles, ‘controlla la posta’. Misi le scarpe e scesi nel portone, aprii lo sportellino della cassetta della posta e mi rigirai una busta bianca tra le mani, l’aprii delicatamente e spalancai gli occhi: era un invito, uno stupido invito per una stupida rimpatriata nella nostra vecchia stupida scuola.
 









Note:
*Io porto il buio
**si ma lei porta la Luce
***  io sono la luce e combatto l'oscurità, non è questo il tuo tempo  e mai verrà, torna nel buio e resta in attesa, finché la mia luce segnerà la tua resa.


Eccomi miei prodi lettori!
La vostra LadyWolf ha combattutto contro la perfida connessione assente e ha vinto *--*
Ok, bando alle scemenze, questa è la mia parte preferita u.u
Dunque avete visto chi era Samar? vi è piaciuto? 
Spero di si e...*si tappa la bocca*
Grazie a Bloom per la sua pazienza nel betare i capitoli e 
a tutti quelli che leggono, preferiscono commentano ecc, ecc, ecc...mi rendete felice *--*
Waof e alla prossima lupetti!

 

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Capitolo 8
*** Compagni di classe, feste e omicidi ***


CAPITOLO CINQUE

(Compagni di classe, feste e omicidi)

 

 


 

“Ti prego, dimmi che non è vero!”

Continuavo a camminare nervosamente per casa con il telefono stretto in una mano mentre, con l’altra, gesticolavo furiosamente. Dall’altro capo del telefono Ellen sospirò:

“D’accordo, calmati. Respira insieme a me e ripeti: 'andrà tutto bene'.”

“Tutto bene? Mi prendi in giro? Come può andare tutto bene? Oh! Sì. Ecco come: io non vengo!”

“Andiamo, Sally! Non comportarti come una bambina e poi non puoi mica lasciarmi sola?”

“Bene! Non andarci nemmeno tu.”

“Dio, Sally! È solo una stupidissima festa, cosa potrà mai succedere?!”

“Di tutto Ellen, di tutto. Perché non è solo una festa. È una festa organizzata nel posto che ho odiato di più al mondo, con le persone che ho odiato di più al mondo… perché non lo capisci?”

“Lo capisco, ma sei cresciuta, loro sono cresciuti e sei diversa, ora.”

“Oh, sì! Certo. Ora esorcizzo bambini demoniaci, sì, sono davvero diversa!”

“Ora esageri.”

“No! Non sto esagerando perché ho questa bruttissima sensazione addosso e d’accordo che sono recidiva, ma davvero, penso che aver ignorato le mie sensazioni già due volte sia più che sufficiente!”

Ellen sbuffò ancora, mentre io recuperai una scatola di biscotti: “Credo che tu abbia solo paura di affrontare i tuoi fantasmi. Questa, non è una di quelle cose di cui dovresti parlare alla tua psicologa?”

Afferrai un biscotto e iniziai a sgranocchiarlo, quella conversazione mi stava mettendo fame.

“Oh, sì. Beh! Credo di sì, peccato che non ci vada più!”

“Come? Questa ti piaceva, no?”

“Sì! Ma… non lo so, non mi fido, mi nasconde qualcosa, ne sono abbastanza sicura.”

“Tutti nascondiamo qualcosa.”

“Sì, ma credo che lei nasconda qualcosa che riguarda… beh, sai!? Questo...”

“Cioè, con te? E in che modo, scusa?”

“Questo ancora non lo so.”

“Ancora?”

“Sì! A questo proposito: tuo cugino Brad fa ancora il disegnatore per la polizia?”

Ci fu un attimo di silenzio, ero sicura che Ellen si stesse massaggiando le tempie.

“Ehm, perché ho paura di risponderti?”

Afferrai l'ennesimo biscotto, alcune briciole iniziarono a scivolarmi nella canottiera.

“Mi servirebbe un piacere.”

“Vuoi che ti faccia un disegno?”

“No, lui ha accesso agli archivi, vorrei facesse una ricerca sulla mia psicologa…”

“Sally, no! E poi, cosa ti fa pensare che sia schedata?”

“Intuito femminile? Siamo tutti schedati, lo sai, e io ho davvero bisogno di informazioni. Dai, ti prego!”

“Mh, mettiamola così: se vieni alla festa, io parlo con Brad!”

“Cosa?!”

“È un patto.”

“Oh no, tesoro! Questo è un ricatto.”

“D’accordo! Niente, allora.”

Sbuffai, quando faceva così la odiavo profondamente.

“E va bene! Sì, ok. Ti hanno mai detto che sei molto crudele?”

Crudele è il mio secondo nome!”

“Bell’amica che ho!”

“Ti voglio bene, lo sai. Allora: il nome della tua psicologa mentitrice?”

“Hai un modo strano di dimostrarlo... Si chiama Eloise Ventre. Dagli il mio indirizzo e-mail, così può mandarmi tutto lì.”

“Come la fai facile tu! Va bene. Allora passo a prenderti alle cinque.”

“Sì… aspetta. Cosa?”

“C’è una festa Sally e non è semplicemente una festa, ma una festa con i nostri ex compagni di scuola, dobbiamo essere favolose, per essere favolose ci servono dei vestiti favolosi che si comprano in quegli edifici chiamati negozi. Non vorrai mica venire in jeans e maglietta?”

“Non vedo cosa ci sarebbe di sbagliato.”

“Spero tu stia scherzando! Comunque, cinque in punto. Bacii!!”

Sbuffai posando il telefono sul tavolo e abbracciai la scatola dei biscotti mettendo su il broncio.

“Sembri un koala!”

Mi voltai gonfiando le guance: “Ah fei fqufi.”

Miles aggrottò le sopracciglia: “Nessuno ti ha mai detto che non si parla con la bocca piena?”

“Mh… ero troppo impegnata ad aiutare anime disperate per imparare le buone maniere!”

Gli lanciai addosso un fazzoletto e addentai l’ennesimo biscotto.

“Sì, comunque: chi è Brad?”

Quasi mi strozzai.

“Da quanto tempo sei qui?”

“Uhm un po’. Allora: chi è?”

“Miles, non cr-”

“Oh sì! Ora lo ricordo. Era quel tizio, il fighettino, uno di quelli che ti prendeva in giro.”

Scossi la testa e sventolai una mano iniziando a irritarmi:

“No, per la cronaca, lui non mi prendeva in giro. Frequentava solo quelli che lo facevano”

“Oh! Questo fa di lui un grand’uomo.”

“Piantala! Anche Ellen li frequentava.”

“Sì, ma poi lei ha capito che erano solo un branco di idioti!”

“Lui non è così!”

Provò ad afferrare un biscotto e, non riuscendoci, grugnì frustrato: “Perché lo difendi tanto? Ah, sì! Avevi una cotta per lui!”

Arrossii: “Cosa? No, non è vero.”

Alzò le spalle: “Come vuoi! Allora: quando dobbiamo andare alla festa?”

“Dobbiamo? Guarda che non c’è nessun ‘noi’. Tu non vieni!”

“Oh, ma dai! Non puoi lasciarmi qui con ‘coso’!”

Mocho miagolò contrariato.

“No! Se tu vieni inizierai a parlare e io non riuscirò a ignorarti, ti sgriderò e tutti mi guarderanno e capiranno che non sono cambiata per niente!”

“E dai, prometto che farò il bravo.”

“Tu non sei in grado di fare il bravo, non sai proprio cosa significhi la parola ‘bravo’…”

“Su, Sally! Quella è stata anche un po’ la mia scuola, no?”

Mi guardò con un’espressione da cucciolo indifeso. Sbuffai:

“Va bene. Ma se mi metti in imbarazzo giuro che ti uccido… sì, beh! Hai capito, no? E comunque, prima di infilarci in questa situazione, non c’è pericolo che succeda qualcosa?”

“No. Calma piatta nel mondo dei fantasmi.”

“Sicuro? Bene! E Loro? Voglio dire, sono arrabbiati per quello che ho fatto?”

“No.”

“Davvero? Quindi niente punizioni? Magari nel bel mezzo della festa?”

“Pare che aver aiutato l’arcangelo a risvegliarsi valga punti bonus.”

“Vedi!? E tu che non volevi aiutare Ethan!”

“E sentiamo chi è, invece, Eloise? Perché vuoi fare una ricerca su di lei?”

Alzai gli occhi al cielo accarezzando Mocho:

“Perché sei così impiccione? È la mia psicologa e, a proposito: tu non sai niente su di lei?”

“Dovrei?”

“Non so. L’hai vista. Ti è sembrata un qualche demone a tre corna o mostro, o qualsiasi altra cosa?”

“No.”

“Ok! Ora, sparisci. Ho da fare.”

Sogghignò:

“Cosa? Sospirare sul nome di Brad?”

Ignorai la sua battuta.

“Sai?! Le persone come me, i comuni mortali, non se ne vanno fluttuando in giro senza meta… che poi: dov’è che vai quando non sei qui?”

Prese un profondo respiro e, come al solito, cambiò argomento: “Hai ragione. Ti lascio, ci vediamo alle cinque, abbiamo dei vestiti da provare!”

Allora aveva davvero ascoltato tutto, stupido impiccione!

“Cosa? No tu no-” mi sorrise e sparì nel nulla.

Passai il resto della giornata a scrivere un articolo su una donna che aveva rinchiuso il suo amante nell’armadio, dimenticandoselo per circa quattro giorni. Quando il marito era ritornato, gli aveva detto che era un ladro e che, quindi, l’aveva rinchiuso lì per salvarsi. Lui non le credette. Beh! Difficile credere a quella versione quando il ladro in questione era completamente nudo.

Finito l’articolo feci di tutto per non pensare: passai l’aspirapolvere, sistemai il letto, cucinai del pollo che alla fine mangiò Mocho ma, nonostante tutto, quando il mio sguardo si posò su quello stupido invito, il mio cervello partì a razzo per 'pensierilandia'. Odiavo quel posto. Lo odiavo con tutta me stessa.‘Come ogni adolescente’ mi ripeteva sempre mia madre, ma lì, tra quelle mura giallastre, tutte le mie paure, tutte le mie ansie e debolezze venivano fuori, senza contare che ogni volta che mettevo piede in quel posto succedeva sempre qualcosa, qualcosa che il più delle volte mi rendeva ridicola agli occhi dei miei compagni, dei professori, di tutti.

E poi c’era lei: Laura.

Ci eravamo conosciute il primo giorno di scuola ed eravamo subito entrate in sintonia, ci piaceva definirci sorelle mancate, sapevamo tutto l’una dell’altra, bastava uno sguardo per comunicare, un gesto per capirci, era l’unica a sapere il mio segreto, l’unica ad accettarmi per quello che ero, era la mia ancora, mentre tutto andava a rotoli lei rimaneva il mio punto fermo, sempre ottimista e pronta all’avventura.

Quando uno spirito mi contattava lei cercava sempre di aiutarmi come poteva, mi aveva spinto ad aprirmi di più e fu grazie a lei che ebbi i primi contatti con Ellen.

Era una roccia, la mia roccia e poi, un giorno, andai in bagno, nel bagno in cui andavamo sempre. Quel giorno non era venuta a scuola, così ero sola, spalancai la porta e la trovai lì, penzolante, a piedi nudi, con i capelli che le coprivano il volto pallido. Mi avvicinai con una mano tremante, la toccai: era fredda, fredda come la roccia che credevo che fosse, fredda come la morte. Salii sul water, le afferrai le gambe, sapevo che era morta, sapevo che era tardi, ma pensai lo stesso che, forse, se riuscivo a tirarla giù, forse, avrei rivisto di nuovo i suoi occhi azzurri che mi sorridevano, ma non ci riuscii. Era troppo in alto. Le mie mani si limitarono a tirare la sua maglia indossata al contrario.

Mi trovarono seduta per terra, a piangere. Il preside chiamò l’ambulanza, la polizia circondò la scuola. Era stato un suicidio, ma lei non lo avrebbe fatto, non sarebbe scivolata via così, senza un messaggio, un biglietto, una spiegazione... di questo ne ero più che sicura.

Il giorno dopo alcuni ragazzi parlarono di uno stupro, a quanto pare era stato quello il motivo del suo suicidio. Ma perché non mi aveva detto niente? Perché non si era confidata con me?

E mi arrabbiai, con me stessa per non essere stata una buona amica; con Miles perché non aveva sentito il suo animo in pericolo; con Loro perché non avevano rispettato il nostro patto; con il mondo, che mi aveva portato via la mia sorella mancata…

 

Mocho si strusciò sulla mia gamba, gli grattai la testa tornando alla realtà, si erano fatte le cinque e cinque ed Ellen mi avrebbe ucciso, il citofono suonò con insistenza. Salutai Mocho e scesi di corsa le scale.

“Perché ci hai messo tanto?”

“Umh?”

“Ho citofonato cinque volte.”

“Oh, scusa.”

Guidò in silenzio per un po’.

“Pensavi a lei!”

Non era una domanda. Dopo Laura, la mia sorella mancata era diventata Ellen, non avrebbe mai preso il suo posto, ma senza di lei, probabilmente, oggi non sarei qui.

“Vecchi ricordi.”

“Anche io pensavo a lei. Non mi hai mai detto cosa c’entrava con il tuo patto… non devi dirmelo per forza, solo, ci stavo pensando.”

Guardai fuori dal finestrino.

“Quando avevo quattordici anni, mio padre morì in un’incidente.”

“Lo so…”

“Io sapevo che sarebbe successo, provai ad avvertirlo, lo dissi a mia madre ma nessuno mi credeva. Dopo la sua morte chiesi a Miles di fare un patto con Loro, dissi che avrei fatto tutto quello che volevano, a patto che le persone a me care non fossero morte in modo traumatico.”

“Oh…”

“Già!”

“Ma basta con questi vecchi ricordi tristi, sono sicura che tornare lì ci aiuterà ad andare avanti.”

Le sorrisi:

“Allora: a che vestito pensavi?”

“Oh! Vedrai. Saremo stupende!”

 

Nei primi due negozi non trovammo nulla, nel terzo provai solo un completo che, però, non soddisfaceva i requisiti di Ellen. Continuammo così per altri tre negozi. Nel settimo apparve Miles, che mi fece prendere uno spavento indicibile. Stavo per urlagli contro, ma l’arrivo di una commessa tutta sorrisi e profumo me lo impedii, così mi limitai a sbuffare, mentre Ellen entrava e usciva dal camerino ad una velocità impressionante. Aveva preso un centinaio di vestiti da provare e ogni volta mi chiedeva se era meglio questo o quello prima. Il problema è che le stavano tutti divinamente. Alla fine, venne fuori con un vestito verde acqua, con un corpetto attillato ed una gonna corta e vaporosa che finiva con del tulle alla base; il modo in cui quel vestito si armonizzava con la sua pelle era semplicemente perfetto:

“Direi che è questo, senza ombra di dubbio”

Miles era a bocca aperta:

“Oh, sì! Senza dubbio alcuno.”

Lo ignorai, ignorai anche quella strana sensazione di fastidio alla base dello stomaco. Ellen continuava a guardarsi allo specchio: “Sicura? L’ho lasciato per ultimo proprio perché era il mio preferito ma, sai? Non sapevo...”

“Sicurissima! È davvero stupendo!”

“Ok, mi spoglio e tocca a te!”

Mi alzai sbuffando mentre Miles sghignazzò:

“Mi spiace, ma non troverai niente che ti faccia stare bene quanto la tua amica.”

Soffocai la voglia di urlargli contro, mentre la commessa si avvicinava con una mole assurda di abiti scelti da Ellen. La ringraziai e mentre lei non smetteva di sorridere, forse aveva una paralisi, e andai nel camerino.

Il primo abito era bianco con dei pois neri; mi ricordava tanto un dalmata e, vedendomi, sia Miles che Ellen risero, giurerei che anche la commessa trattenne una risata.

Il secondo era lungo, decisamente troppo lungo e venne scartato tra le risa generali; il terzo era rosso e aveva degli strani pennacchi su un fianco e su una spalla. Inutile dire che tutti risero. Sbuffai e mi cambiai ancora. Un vestito turchese, corto avanti e lungo dietro, sul retro aveva una specie di fiocco lungo che faceva tanto: ‘coda di abito da sposa’. Mi guardai allo specchio e non mi sembrava tanto malvagio, ma Ellen lo bocciò subito con un secco: “Non sei mica un cane che deve scodinzolare, con quella coda?”

Andò avanti così a lungo che, infine, misurai un abitino nero: semplice, sul petto c’era una fascia messa in risalto da un nastro rosa e la parte di sotto era leggermente a palloncino. Quando uscii, rimasi sorpresa della mancanza di battute da parte di Miles. Ellen, invece, si alzò e mi venne incontro:

“E il vincitore è: il numero venti!”

 

 

I giorni proseguirono tranquilli fino al sabato della festa. Ellen mi chiamò cinque volte per assicurarsi che non cambiassi idea e alle sei precise passò a prendermi. Rimanemmo in silenzio fino a metà tragitto e le scarpe mi facevano già male.

“Sai che domani non potrò camminare, vero?”

Fece spallucce e tornò a guardare la strada:

“Senti, ma c’è anche lui?”

Guardai nello specchietto, Miles mi sorrise e fece un cenno del capo in segno di saluto.

“Si, c’è.”

“Ok! Puoi dirgli di non fare niente di strano? Niente che ti costringa a correre a destra e manca come una…”

“Pazza?”

“Sì, lo sai che non è quello che penso, ma gli altri...”

“Lo so. Ha promesso di fare il bravo!”

“Sicura?”

“Sì, sicura.”

Scendemmo dall’auto. Il vialetto pieno di piccole pietruzze non era decisamente l’ideale per le nostre scarpe col tacco. All’entrata erano stati attaccati dei palloncini colorati, mentre un tizio vestito da maggiordomo se ne stava in piedi vicino ad un tavolino con l'aria altezzosa:

“Posso avere i vostri inviti?”

Miles gli fece la linguaccia:

“Woh! La prendono davvero seriamente.”

Mi ero ripromessa di ignorarlo e così feci. Mostrammo gli inviti e, sorridendo, il maggiordomo ci fece entrare.

Attraversare di nuovo quel corridoio dopo tutto quel tempo, non fu facile. Era sempre lo stesso: i muri ingialliti dal tempo e l’odore pungente di ospedale. La festa era stata organizzata nell’aula magna, una delle più spaziose; le panche dove ci sedevamo durante le riunioni, erano state adibite a tavoli; sulla destra c’erano un ricco buffet e, al centro, un piccolo palco con uno stereo e un microfono. La prima a venirci incontro fu Louise, avvolta in un cortissimo e aderentissimo tubino nero. I capelli biondi ondeggiavano da una parte all’altra mentre veniva verso di noi, le labbra rosse si aprirono in un sorriso smagliante:

“Ragazze!! Accidenti, siete favolose!”

Louise era in cima alla lista di quelle che mi prendevano in giro, mi sforzai di sorriderle mentre Ellen abbracciava quella che un tempo era una delle sue migliori amiche

“Oh, Sally, nessun rancore, vero?”

Rancore? Perché dovrei serbare rancore per una che ha reso ancora più infernale la mia vita? No, certo, spero ancora che un pianoforte ti cada in testa o che un autobus ti metta sotto ma… questo non è rancore, vero?

“No, certo! È passato così tanto tempo!”

“Già! E tu sei così… cambiata. Su, forza! Toglietevi le giacche e scatenatevi.”

Ci lasciò sole e andò ad esibire il suo sorriso con gli altri invitati. Iniziai a guardarmi intorno mentre Ellen veniva ‘assalita’ da alcune vecchie amiche, raggiunsi la zona buffet e afferrai una tartina.

“Sai?! Stentavo a riconoscerti.”

Mi voltai e sorrisi: “Brad!”

Con quel completo nero era una vera visione, non che di solito non lo fosse, ma con gli anni, se possibile, era diventato ancora più bello.

“Sally!”

“Stai… wow… bene!”

Sorrise e il suo volto si illuminò.

“Stai… wow… bene, anche tu. Cosa mi racconti? Il lavoro? Tutto bene?”

“Sì, sai?! Solita vita, soliti articoli. Tu?”

“Sai?! Soliti ladri, soliti crimini.”

Sorrisi ancora abbassando la testa.

“Oh, ho fatto quella ricerca che mi hai chiesto. Non l’ho detto ad Ellen perché speravo di incontrarti e dirtelo di persona, comunque ti ho mandato tutto per e-mail!”

Mi accarezzai i capelli nervosamente.

“Io, non so come ringraziarti. Hai scoperto qualcosa?”

Si guardò intorno:

“Niente di ché! Piccoli reati quando era adolescente. Però…”

“Però?”

“Ecco, è sopravvissuta a due incidenti sospetti.”

“Del tipo?”

“Quando aveva quattro anni, è stata coinvolta in un incidente mortale, mortale per tutti tranne che per lei.”

“Magari è stata fortunata”

“Sì, poi a quattordici anni c’è stato un incendio, nella casa della zia. Di nuovo: tutti morti, tranne lei.”

“Strano!”

“Già! Insomma, magari è sorprendentemente fortunata.”

“…magari…”

O magari c'era qualcosa sotto.

“Ma perché ti interessa?”

Alzai il volto ritrovandomelo più vicino di quanto ricordassi.

“Ehm… sai?! Un articolo, sì! Un articolo per il giornale.”

Sorrise.

“Ricordo che anche al liceo facevi ricerche per il giornalino, chissà perché poi, però, non c’era mai nessun articolo scritto.”

“Già! Nonostante tutto, però, tu mi aiutavi sempre.”

Ci guardammo per alcuni istanti negli occhi.

“Ehi, cugino! Non si saluta più?”

Ellen ci abbracciò entrambi.

“Sono appena arrivato.”

“Si, certo! Sentite questa canzone? Su, forza! Andate a ballare.”

Ci spinse letteralmente in pista. Io e Brad ci guardammo imbarazzati, poi mi prese la mano, mi avvicinò a sé e iniziammo a ballare. Chissà perché quello stronzo del mio cervello decise di farmi ricordare quella sottospecie di ballo con Miles nella mia stanza. Un momento, Miles! Ma dove diavolo era finito?

Sempre abbracciata a Brad mi guardai intorno e, infine, lo vidi appoggiato ad un pilastro, le braccia incrociate e lo sguardo fisso su di noi. Era come se… come se fosse arrabbiato o... no! Impossibile!

“Cerchi qualcuno?”

Mi specchiai negli occhi chiari di Brad.

“No, nessuno”.

Continuammo a ballare per un bel po’, poi raggiungemmo Ellen al tavolo, mangiammo qualcosa tra una chiacchierata e l'altra e tornammo in pista. Parte della serata passò così: tra un ballo, una chiacchierata e un brindisi. Verso metà serata arrivò Alan, il primo amore di Ellen, si guardarono a lungo e rimasero a parlare per ore.

Dovetti ricredermi. Chissà perché mi aspettavo fuoco e fiamme mentre, invece, era una serata davvero piacevole. Dopo l’ennesimo lento, iniziai a sentire un leggero pizzicore alla base del collo, la testa iniziò a girarmi mentre mani e piedi sembravano essere fatti di ghiaccio. Mi appoggiai al tavolo e bevvi dell’acqua.

“Ehi! Tutto bene?”

Mi voltai verso Ellen che mi fissava preoccupata.

“Sì, solo troppi balli!”

“Sicura? Perché sei pallida come se avessi visto un… cioè tu non ne hai visto uno, vero?”

“Uhm… no. Nessun fantasma o spirito o altro.”

“Sicura? Perché ricordi quando ti ho detto di non correre a destra e a manca? Ecco, forse avrei dovuto dirti anche di non fare espressioni strane e preoccupanti.”

“Ellen, sto bene, devo solo andare in bagno!”

“Vuoi che ti accompagni?”

“No! Torno subito”.

Mi chiusi la porta alle spalle, la musica si attutì leggermente e mi sgranchii il collo:

“Miles… Miles?”

Perché non c’era mai quando avevo bisogno di lui?

“MILES!”

“Cos’hai da urlare così tanto?”

Iniziai a camminare verso il bagno.

“Allora?”

“Allora, che? Mi hai chiamato tu!”

“Allora: c’entra un fantasma?”

“Con cosa?”

“Come, con cosa?”

“Perché fai così? Perché dai sempre la colpa ai fantasmi? Magari il tuo amico Brad ti ha drogata.”

“La vuoi piantare? Che ti prende?”

“Che prende a te! E comunque non ho intenzione di tenerti la porta mentre fai pipì, quindi, ti aspetto fuori!”

Sbuffai ed entrai in bagno. Quel tizio era assurdo, perché ce l’aveva con me, ora? Mi guardai allo specchio sospirando, sentivo sempre più freddo, accessi l’asciugatore del bagno e mi buttai sotto riscaldandomi con il suo calore. Guardai la parete e una scritta mi fece bloccare il cuore: ‘Laura e Sally Amiche per sempre’.

Per un attimo mi dimenticai come si respira, non ero più entrata in quel bagno da quel giorno, non mi ero nemmeno resa conto che stavo andando proprio lì. Deglutii a vuoto. Dovevo uscire. Mi alzai appoggiandomi al muro e mi avvicinai alla porta, ma le mie mani, improvvisamente, calde e sudate, scivolavano sul pomello come fossero prive di forza. Un rumore mi fece voltare di scatto. Dal bagno centrale fuoriusciva del sangue, tanto, tantissimo sangue, così tanto che mi chiesi com’era possibile che non me ne fossi accorta prima. Tirai su col naso e mi avvicinai lentamente. A contatto col sangue, le scarpe si appiccicavano al pavimento facendo uno strano rumore; deglutii un paio di volte e aprii la porta: ancora sangue, ovunque; sulle piastrelle, sul water. Alzai lentamente lo sguardo: dall’alto penzolava il corpo di una ragazza. Chiusi gli occhi, quello doveva essere un incubo; quando li riaprii il sangue era scomparso, ma la ragazza era ancora lì, continuava a rimanere immobile come una marionetta, sapevo che era morta.

Come Laura.

Nonostante tutto ciò mi ricordasse lei, anziché scappare terrorizzata dal ricordo, provai lo stesso a tirarla giù. Come Laura. Mi tolsi le scarpe e salii sul water, cercai di arrivare alla corda senza riuscirci, era troppo in alto. Come Laura. Dopo vari tentativi lasciai perdere. Presi dalla borsetta il cellulare e chiamai la polizia, mi appoggiai al muro e scivolai giù, rimanendo ad osservare la ragazza che, a piedi nudi, aveva deciso di suicidarsi come Laura.

“Sally, Sally? Sa- oh, mio Dio! È, è…”

Mi voltai appena, a guardare Ellen:

“Ho già chiamato la polizia.”

“Vieni, andiamo via.”

Recuperai le scarpe: su una suola c’era del sangue, ma com’era possibile? Ellen mi fece sedere su una sedia. Dopo un po’ arrivò il preside seguito da altri ragazzi.

“Che ci fa lui qui?”

“A quanto pare hanno invitato anche lui.”

Osservai il preside entrare in bagno e uscirne, poi, con le mani tra i capelli. Proprio come Laura.

I paramedici portarono fuori il corpo della ragazza, in effetti, anche fisicamente ricordava terribilmente Laura: stessi capelli neri, però lunghi; stessa altezza, la stessa altezza. Come Laura. La stessa scena. Come Laura.

“...Non…”

“Sally?”

“Non può essere stato un suicidio.”

Non capisci? Proprio come Laura.

Alcuni ragazzi si voltarono a guardarmi. Il preside, un uomo di ormai cinquant’anni ma che ancora curava il suo corpo e la sua immagine, ci riunì in cerchio.

“I medici hanno confermato che si tratta di suicidio, purtroppo la ragazza aveva diversi problemi. Ora andate, non c’è più niente da fare.”

Quasi tutti iniziarono ad andare via, io mi alzai: “non è stato un suicidio.”

Tutti mi guardarono come se fossi pazza, ma tanto ci ero abituata, il preside mi sorrise.

“Oh, Sally! Mi ricordo di te, capisco che tu sia scioccata, è meglio se torni a casa.”

Non mi lasciai intimidire.

“Come ci sarebbe arrivata la sopra? Era troppo bassa per legare la corda al tubo.”

“Probabilmente l’ha lanciata.”

“Anche se lo avesse fatto, come ci avrebbe infilato la testa?”

Si avvicinò e mise una mano sulla mia spalla, quel tocco mi infastidì.

“Torna a casa.”

Mi voltò le spalle, tirai su col naso: “e nemmeno Laura si è suicidata”

Lui si fermò di colpo.

“Pensavo che crescere ti avesse cambiato, invece sei sempre pronta a creare il panico. Non farmelo ripetere, torna a casa.”

Ellen mi si avvicinò: “Sally, ti prego, andiamo via.”

Il preside se ne andò insieme agli altri.

“Sì, devo solo prendere la borsa in bagno.”

“Vado io.”

“No.”

Non avevo dimenticato la borsa, ma era probabile che lo spirito fosse ancora lì, di certo c’era Miles che osservava il soffitto, lo fissai con aria omicida: “calma piatta, eh?”

“I suicidi non li posso prevedere.”

“Questo non è un suicidio.”

“Perché? Solo perché ti ricorda la tua amica?”

“Se devi fare lo stronzo è meglio che te ne vada, non è proprio aria!”

“Si, magari fatti aiutare da Brad!”

Sparì, per sua fortuna. Se fosse rimasto non avrei risposto di me. Osservai di nuovo il bagno alla ricerca di qualcosa, se era un suicidio, perché avevo visto tutto quel sangue? Soprattutto perché io ero lì?

Sapete quella storia che chi si suicida non può andare in paradiso? Beh! Non so se è vera, di certo se sei un suicida io non posso fare niente e quindi tu, spirito, non senti nemmeno il bisogno di chiamarmi. Funziona così o, almeno, così mi hanno detto quando è morta Laura. Feci per uscire bloccandomi, però, davanti allo specchio: era pieno di scritte rosse, rosse perché scritte con il sangue, una serie di LUI e LORO si ripetevano all’infinito. Lui, loro. Cosa significava? Una cosa era certa: quello non era stato un suicidio e se non lo era quello, probabilmente, non lo era stato nemmeno quello di Laura.

Ellen mi riaccompagnò a casa, andò via senza dire nulla, avevo parlato del suicidio di Laura, l’avevo messo di nuovo in dubbio, anche in passato, infatti, non ne ero mai stata del tutto convinta, ma tornarci su, per Ellen, era troppo doloroso e mi aveva fatto promettere di non parlarne più. Parlarne non l’avrebbe riportata in vita, parlarne non ci avrebbe permesso di andare avanti.

Andare avanti…

Magari se non l’avessi fatto avrei scoperto la verità, ero in dovere di fare qualcosa per quella povera ragazza, però, perché non si era ancora mostrata? Perché si era limitata a farmi avere solo visioni? Forse, era davvero solo suggestione? Ma, allora, le scritte? E il sangue?

Un momento: il sangue.

Afferrai le scarpe, la suola della scarpa sinistra era pulita, sulla destra, però, c’era una macchia, una macchia che poteva essere solo due cose: ketchup o sangue e, chissà perché, ero sicura fosse sangue.

“Miles?”

Era l’ultima persona che volessi vedere, si era comportato in modo assurdo, ma avevo bisogno di lui se volevo venirne a capo.

“Miles??”

Ma, a quanto pare, non sembrava voler comparire, Mi tolsi il vestito e mi buttai sul letto abbracciando Mocho, dopo un po’ mi arrivò un messaggio.

“È stato bello ballare con te.”

Era di Brad... Brad!

Dovevo anche leggere quello che mi aveva inviato, magari domani, sì domani.











Angolo un po' Lady e un po' Wolf:
Signori e signore, buonasera!
Miles e Sally sono tornati v_v 
vi mancavano?
*ignora i vari NO*
E dunque...che dirvi? siamo ritornati, già e siamo anche ritornati con un capitolo importantuccio, probabilmente quello a cui sono più legata, sì quello a cui tengo di più... e il capitolo non è finito...l'ho nuovamente diviso, ci sarà una seconda e ultima parte che pubblicherò la settimana prossima T__T 38 pagine di word tutte in una volta non erano il caso ecco...
E niente, spero il capitolo vi piaccia,
Ringrazio come al solito Bolide e SuperNova per le loro parole e il loro affetto, Aven (ciao punty *^*) che si è da poco aggregato alla cricca e tutti quelli che leggono, commentano inseriscono ecc ecc.
E ovviamente Bloomsbury che uno di questi giorni, lo so, mi ucciderà per i miei capitoli infinitamente lunghi T^T
alla prossima
bacini tanti

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Capitolo 9
*** Compagni di Classe feste e omicidi-seconda parte ***


CAPITOLO CINQUE

(Compagni di classe, feste e omicidi)
-seconda parte-




 

L’indomani mi risvegliai più stonata del solito, non avevo sognato nulla, il che per me era peggio che avere incubi. Mocho miagolò e fece le fusa e, infine, si guardò intorno, probabilmente alla ricerca di Miles. Era assurdo che avesse plagiato anche il mio gatto, sbuffai e ci provai ancora: “Miles?”

Niente. Voleva davvero farmi arrabbiare, mi fissai i piedi.

I piedi...

Sia Laura che l’altra ragazza avevano i piedi nudi, perché?

Magari era un dettaglio insignificante ma, perché una persona che decide di togliersi la vita si toglie le scarpe? E poi, come aveva fatto ad entrare? Perché il maggiordomo non l’aveva fermata? E la maglietta era messa al contrario.

Chissà se anche Laura… troppe domande e tutte senza risposta. Afferrai il telefono e feci partire la chiamata e, proprio in quel momento, apparve Miles: “Perché continui a chiamarmi?”

Lo zittì alzando un dito, lui mi guardò confuso.

“Brad, ciao!”

Sentii Miles sbuffare.

“Ehi, Sally! tutto bene?”

“Sì, tutto bene. Ecco, mi servirebbe un favore, beh! Una specie di favore”

“Che genere di favore?”

“Ecco, mi chiedevo se la ragazza di ieri, se sai se è stata stuprata.” “Immagino ti serva per il giornale?”

“Ehm… sì, certo, sai com’è? Giovane ragazza si toglie la vita nel bel mezzo di una festa: oro per i giornali.”

“Immagino di sì. Comunque, il caso è stato già archiviato e non c’è molto, però sì, dall’autopsia è venuto fuori che ha subito uno stupro, più di uno, da diverse persone e…”

Perché la cosa non mi sorprendeva?

“E…?”

“Sotto la maglia, nella zona dell’addome, sono state ritrovate diverse ferite inferte prima della morte, ferite ricoperte in modo approssimativo come se…”

“Come se qualcuno l’avesse medicata?”

“Qualcuno di inesperto, sì. Hanno controllato e non è stata in nessun ospedale.”

“Scusa, ma perché non hanno indagato?”

“Alcuni testimoni hanno detto di averla sorpresa più volte mentre si auto infliggeva delle ferite, quindi hanno lasciato correre.”

“Testimoni? Che genere di testimoni?”

“Ragazzi che l’hanno vista alla festa.”

Mi morsi un labbro.

“Non puoi dirmi i nomi, vero?”

“Non posso. Ti ricordi del nostro vecchio amico, Miguel Travel? Che strano! Com’è che il suo nome mi sia venuto in mente così, all'improvviso, eh?”

Sorrisi, Brad era proprio un tesoro.

“Io… davvero, non so come ringraziarti.”

“Bene, io sì. Avrei in mente qualcosa.”

“Davvero?”

“Certo! Magari, uno di questi giorni, possiamo andare a prenderci un caffè.”

“Oh… beh! Direi di sì, va bene.”

“Sì? A presto, allora.”

“Sì. Ciao!”

Lasciai il telefono sul letto, sorridendo.

“Spero tu non mi abbia chiamato per farmi ascoltare la vostra conversazione.”

Alzai lo sguardo e il mio sorriso sparì, mi ero dimenticata di Miles.

“Ho bisogno di risposte. Loro sanno qualcosa?”

Si avvicinò al letto e prese ad accarezzare quell’infedele del mio gatto: “Loro, non si occupano di suicidi.”

“Questo, non lo è.”

“Solo perché tu pensi che non lo sia non vuol dire che non lo sia davvero e io non so niente.”

“Allora puoi anche andartene, io ho da fare.”

“Da fare, cosa?”

“Niente che ti riguardi.”

“Sally…”

“No! Sei stato uno stronzo ieri, ti sei comportato da stronzo e non so nemmeno il perché. Io non ho fatto niente e poi ce l’hai con Brand, nemmeno fosse un demone, quindi, sono arrabbiata con te e, quindi, non ho voglia di averti tra i piedi!”

Sospirò toccandosi i capelli: “Va bene, mi dispiace. Io ero solo… niente. Ho sbagliato. Possiamo ricominciare daccapo? Dove vai?”

Cercai di calmarmi, in fondo si era scusato, no?

“Sono ancora arrabbiata, però ho bisogno di te e vado a scuola.”

“Il preside ti caccerà appena ti vedrà e poi sono i primi di Settembre, non dovrebbe essere chiusa?”

“Ci sono gli esami di riparazione e per il preside ho una mezza idea in mente”.

Lui annuì continuando ad accarezzare il mio gatto. Li lasciai soli e mi vestii velocemente. Il telefono prese a vibrare: era Ellen. La ignorai, non avevo tempo, le avrei spiegato tutto dopo.

Arrivai a scuola velocemente, mi sarei aspettata auto della polizia ovunque, con Laura era successo così, ma no, il caso di questa ragazza era stato chiuso ancora prima, quindi, niente polizia, niente curiosi, niente.

I cancelli, come al solito, erano spalancati, quindi entrai senza problemi e, sempre senza problemi, raggiunsi la segreteria. Bussai, mentre Miles mi guardava confuso.

Una donna sulla quarantina, con le labbra rifatte, aprì la porta squadrandomi: “Posso fare qualcosa per lei?”

“Ho bisogno di parlare con il preside.”

“È molto occupato al momento.”

“Sono sicura che troverà il tempo per me.”

“Aspetti un secondo.”

Raggiunse con passo incerto, dovuto a tacchi esageratamente alti, il telefono: “Sì, sì è una ragazzina.”

Storsi la bocca. Ragazzina, le sarebbe piaciuto avere la mia età.

“Scusi, il suo nome?”

Sorrisi.

“ Sally Blacket.”

“Bene, può andare.”

Feci un sorriso di circostanza e mi avviai verso la stanza del preside, bussai e aprii la porta. Lui era di spalle, seduto sulla sua comoda poltrona di pelle; appena sentì la porta si girò, guardandomi con un’espressione corrugata: “Credevo che il discorso si fosse concluso ieri sera.”

Guardai la stanza. Più che una stanza, sarebbe stato meglio definirla una reggia in miniatura, arredata con quadri, vari preziosi e rari monili: ecco dove finivano i soldi dell’iscrizione.

“In realtà, sono venuta a scusarmi, il mio comportamento di ieri è stato davvero indecoroso.”

Lui sorrise.

“Bene, sono contento che se ne sia resa conto.”

“Sì, lei è sempre stato così comprensivo e io ero troppo impulsiva.”

“Certo, capisco che la perdita della sua amica sia ancora una ferita aperta, la morte di Laura è stato un dramma per tutti noi, era una studentessa modello e una ragazza adorabile, capisco che quella ragazza l’abbia ricordata ma… non potevano essere più diverse.”

Continuavo a ripetermi di sorridere mentre in realtà volevo prenderlo a pugni: “Infatti, sono contenta che abbia accettato le mie scuse, ora la lascio al suo lavoro. Oh! Un’ultima cosa: la professoressa Robins insegna ancora qui?”

“Certo, in questo momento è nella sua solita aula con alcuni ripetenti.”

“Vorrei salutarla, è sempre stata così… buona, con me. Posso?”

“Certo!”

Bastava davvero un sorriso e qualche moina per comprarsi quell'uomo?

“Bene, arrivederci allora.”

“Arrivederci!”

 

Uscii dall’ufficio e andai verso l’aula della Robbins.

Miles al mio fianco: “Credevo la odiassi!”

“È così, ma tutti credevano che fosse buona con me e la sua aula è la più vicina al bagno.”

Annuì: “Un’ottima scusa.”

“Esatto!”

Arrivammo al bagno senza che nessuno mi vedesse. E devo dire che la scuola mezza vuota era utile. Richiusi la porta, ispirai a lungo e mi concentrai sul pomello: sentii l’energia fluire in me, arrivare alle dita e sprigionarsi sotto forma di luce e, con uno scatto, la porta si bloccò.

“Ah, però! Fai progressi.”

Ignorai Miles e guardai lo specchio: niente. Raggiunsi, allora, il bagno centrale. Dal tubo pendeva ancora un pezzo di corda.

“Cosa ti aspettavi di trovare?”

Già, cosa volevo?

“Sali”

Strabuzzò gli occhi: “come, scusa?”

“Sali sul water.”

“Credo di non capire.”

“Sali- sulla- tazza- del- water. Cosa c’è di così difficile?”

Sbuffò ma lo fece: “E ora?”

“Prova ad afferrare la corda.”

“Sai che non posso toccarla.”

“Fa finta.”

Allungò un braccio. Proprio come pensavo: raggiungeva quasi il tubo.

“Bene. Considerando che, normalmente, un uomo è più alto di te, direi che ho ragione.”

Lui mi fissò: “Scusami. Cosa vuol dire: normalmente? Mi stai dando del nano? Guarda che sono più alto di te.”

Continuai a ignorarlo: “La mia scarpa.”

“Non cambiare discorso, sai?”

Gli sventolai una mano davanti per farlo calmare.

“No. La mia scarpa aveva la suola sporca di sangue.”

Entrambi ci guardammo intorno.

“Qui, però, non c’era sangue.”

“E questo può solo significare che sia stata uccisa in un altro posto.”

“Oppure, che non è stata uccisa!”

“Andiamo! Lo hai visto anche tu. Io non ci arrivavo, tu invece sì. E non è nemmeno uno solo, devono essere almeno in due, perché sarebbe troppo difficile sollevare un corpo in quel modo. Brad ha detto che aveva delle ferite sul’ addome, ferite recenti.”

“Ha anche detto che credono se le sia fatte da sola.”

“Di solito chi si auto infligge ferite lo fa sulle braccia o sulle gambe.”

“E va bene, Sherlock! Mi dici la tua teoria?”

Iniziai a fare avanti e indietro nervosamente, come la migliore delle investigatrici, quelle dei telefilm, si intende.

“Brad ha detto che è stata stuprata, quindi: viene alla festa, qualcuno la stupra e poi la cosa degenera, magari voleva chiamare la polizia e la uccidono, trasportano il corpo in bagno e inscenano il suicidio, le coprono le ferite, così che non siano visibili, e la lasciano qui.”

“Ma il medico legale le avrebbe viste?”

“Avrebbe pensato a ferite auto inflitte, per l'appunto, forte della testimonianza, probabilmente, proprio degli assassini, oppure lo hanno corrotto, magari era un loro amico, non lo so.”

“E perché non lasciarla dove l’hanno uccisa?”

“Perché… perché il loro metodo aveva già funzionato una volta.”

“Cosa?”

Deglutii. Stavo davvero per dirlo?

“Laura. Non è solo la stessa scena, sono gli stessi aguzzini, certo! Tutto torna”

“A me non torna proprio niente.”

“Quando ritrovammo Laura aveva dei segni sui polsi e sono sicura che li aveva anche sotto la maglia, dissero che voleva essere sicura di morire e così si era tagliata anche le vene, ma il sangue? Non c’era, come non c’è ora, solo che, stavolta, le hanno bendate per non destare sospetti.”

“E chi sarebbero gli assassini? Perché dopo tutto questo tempo, poi? Perché loro due?”

“Non lo so, ma dai! Perché qualcuno che sceglie di suicidarsi si toglie le scarpe?”

“Va bene! Mettiamo che ti credo, non abbiamo prove.”

“Possiamo trovarle.”

“Come?”

Incrociai le braccia al petto e sorrisi: “Elementare Watson! Dobbiamo trovare la stanza dell’omicidio.”

Miles scosse la testa: “Sì, certo, ovvio! E che ci vuole? Ci sono solo… quante? Trenta aule? E solo su questo piano.”

“Invece è semplice. Ci basterà cercare tracce di sangue nelle aule. Dall’aula magna al bagno, non sono poi così tante.”

Continuò a fissarmi perplesso: “Non pensi che se hanno elaborato questo piano hanno pensato anche a togliere il sangue?”

“Le tracce di sangue possono rimanere anche per sempre.”

“Sì, piccolo genio del crimine, ma non credo che tu disponga di luminol.”

Il mio sorriso si allargò e Miles indietreggiò di un passo.

“No, ho te però, giusto? A cosa serviresti, altrimenti?”

Uscimmo dal bagno. Miles sbuffò ripetutamente, ma entrò in tutte le aule, comprese quelle dove c’erano alcuni studenti, mentre io, ovviamente, aspettavo fuori cercando di non farmi vedere.

“Allora?”

“Niente, nemmeno qui.”

Sbuffammo entrambi, ma non volevo perdere la speranza: “Non è che i tuoi occhi sono guasti? O, magari, i tuoi poteri?”

Mi guardò storto: “No! non c’è niente di guasto in me!”

“Io avrei qualche dubbio.”

Per una volta, fu lui a ignorarmi: “Abbiamo finito le stanze.”

“C’è sempre l’aula magna.”

“Ma, andiamo! È impossibile che l’abbiano fatto lì.”

In effetti, era abbastanza rischioso commettere un omicidio nello stesso posto della festa? Una cosa da pazzi, sì! Però, dato che l'omicidio non era premeditato, poteva essere e poi... poi c'era quella stanza!

“Ricordi? Un tempo c’era un aula di fotografia, l’hanno chiusa poco dopo la morte di Laura, ma c’è una seconda entrata, proprio nell’aula magna!”

“D’accordo, andiamo”.

L’aula era stata completamente ripulita, l’unico testimone della festa del giorno prima era un solitario palloncino viola attaccato al soffitto. Mi guardai intorno. Dove c’era la porta era stato messo un grosso armadietto, il giorno prima non c’era. Giusto? Mi avvicinai e provai a spostarlo, ma era troppo pesante.

“Non potresti darmi una mano?”

Miles si gratto la testa: “Ehm… lo farei. Ma ti ricordo che sono un tantino immateriale.”

Ovviamente, mai una volta che fosse utile quell'uomo.

“Quindi, scusa, i miei poteri crescono e l’unica cosa che ottengo è che tu puoi toccarmi se mi concentro?”

Alzò le spalle: “Non è colpa mia se non ti impegni.”

“Lascia stare.”

Spinsi con tutte le mie forze, ci ero quasi riuscita: “Sally”

“Sono un tantino impegnata, ora.”

Finalmente riuscii a spostarlo quanto bastava per entrare.

“Sally?”

Mi voltai verso Miles, i suoi occhi erano quasi completamente gialli: “C’è del sangue.”

“Dove?”

“A terra, davanti alla porta... ovunque.”

“Entriamo.”

La porta era chiusa a chiave, sbuffai mentre Miles la oltrepassò senza problemi, ispirai a fondo e, in breve tempo, la serratura scattò. Ottimo, se perdevo il lavoro al giornale potevo darmi sempre al crimine come scassinatrice di porte professionista.

“Hai trovato altro?”

“Molto sangue. Lì, lì e anche lì e…altri liquidi organici e credo… c'è del sangue più vecchio, Sally, molto vecchio.”

“Laura…”

Mi avvicinai a uno dei muri, alcuni ganci erano attaccati con delle viti, ne sfiorai uno e mi accasciai a terra.

“Sally?!”

Mi alzai tremando: “L’hanno portata qui… legata e… imbavagliata. Loro… lei gridava e lui… rideva e poi…” Miles poggiò una mano sulla mia spalla: “Lui chi? Loro, quanti erano?”

“Non lo so! Io… era tutto confuso e la ragazza e Laura erano entrambe qui e…”

“Ok, calmati ora. Respira, pensa, qual è il prossimo passo?”

Tirai su col naso: “Ci servono prove, dobbiamo chiamare la polizia e fargli esaminare questo posto e… cos’è quello?”

Lui si voltò seguendo il mio sguardo: sulla vecchia cattedra impolverata c’era qualcosa che brillava, quasi. Mi avvicinai, era una carta d’identità: “Molly Lisbet.”

La foto di Molly mi sorrideva mentre gli occhi azzurri esprimevano gioia e vitalità, ripensai a come l’avevo ritrovata e rabbrividii: “dice dove abita?”

“Come?”

“C’è l’indirizzo?”

“Uhm… si, eccolo, dici che dovremo andare?”

“È un inizio”

“Va bene.”

 

La casa era a pochi isolati dalla scuola, un piccolo appartamento dalle pareti grigie e il giardino curato. Bussai alla porta mentre Miles si guardava intorno.

“Chi è lei?”

Una ragazzina con delle trecce rosso fuoco e gli occhi nocciola mi squadrò con l’espressione tesa.

“Sono… ero, un’amica di Molly.”

Guardò dentro, poi richiuse la porta rimanendo fuori: “io sono la sua miglior amica e non ti ho mai visto prima.”

Sospirai osservando i suoi occhi gonfi, chissà quanto aveva pianto: “eri la miglior amica di Molly?”

Guardò in basso: “sì, lo ero, non riesco ancora a parlarne al passato.”

“Voglio essere sincera con te, ho mentito, è vero, non conoscevo Molly, ma sto cercando di aiutarla, quantomeno, di fare giustizia.”

“Giustizia? È stato un suicidio!”

“Ne sei davvero convinta?”

“Lia, mi chiamo Lia. La polizia ha detto questo.”

“Ascolta, Lia. Ci sono passata anche io, so cosa stai provando, ti stai facendo mille domande, hai mille pensieri nella testa ma so che, in fondo, sai anche tu che non è stato un suicidio, pensaci bene, aveva motivi per farlo?”

Lia scosse la testa e le lunghe trecce rosse ondeggiarono da un lato all’altro: “tutti continuano a ripetere che era una ragazza problematica perché i genitori non c’erano mai, ma lei non soffriva la lontananza, era una ragazza indipendente, sognava di trasferirsi lontano, amava tutto quello che la vita le offriva, amava la scuola… sul serio, nessuno ama la scuola! Ma lei, sì. Voleva andare all’università, lo voleva. Non l’avrebbe mai fatto, non se ne sarebbe mai andata senza lasciare almeno un biglietto, una spiegazione.”

Le presi la mano e la guardai negli occhi: “noi non ci conosciamo, ma devi credermi, devi fidarti di me, lei non voleva farlo e non lo ha fatto. Tanto tempo fa hanno provato a farmi credere le stesse cose e alla fine ci ho creduto, perché ero piccola e non avevo nessuno dalla mia parte, ma tu hai me e puoi aiutarmi, puoi aiutarla, lei ti aveva parlato di qualcuno? Magari qualcuno che la infastidiva?”

Alzò le spalle: “io, cioè, c’è stata una cosa ma…”

“Non avere paura, Lia.”

“Qualche giorno fa mi ha confidato di aver ricevuto delle avances dal preside… cioè, niente di che, qualche parola in più, qualche gesto e… magari non era niente, anche lei non ne era sicura.”

Come Laura. No, Laura non aveva ricevuto avances dal preside, me lo avrebbe detto.

“Lia, perché era a scuola quel giorno?”

Lei si attorcigliò la punta della treccia fra le dita: “aveva ricevuto un messaggio con l’invito. Io le avevo detto di non andare, che era una cosa per gli ex alunni, se solo l’avessi accompagnata, forse...”

“Ehi! Non è colpa tua, chiaro? Sai chi è stato a mandare quel messaggio?” annuì: “il suo ex, Thomas. Viene in classe con noi, lui e Molly hanno avuto una specie di storia e si sono... cioè, si erano lasciati da poco.”

Qualcosa nel mio cervellino fece: ‘drin!!!

“Il cognome di questo Thomas, per caso, è Travel?”

“Ehm, sì.”

“E ha un fratello di nome Miguel, vero?”

“Sì.”

Come Laura. Cosa? Cosa, come Laura?

“Grazie Lia, mi sei stata di grande aiuto.”

Le sorrisi e mi avviai al cancello.

“Tu, davvero scoprirai la verità?”

Mi voltai e le sorrisi ancora: “non farò solo questo, Lia. Io farò giustizia, puoi giurarci!”

 

Guidai a vuoto per un po’. Avevo bisogno di schiarirmi le idee. Cos’era: come Laura? Sì, certo! La scena, il modo, Molly assomigliava molto a Laura, era vero e Thomas: perché aveva inviato quel messaggio a Molly? Perché il maggiordomo li aveva fatti entrare? Miguel era un testimone. Era solo un caso?

“Ma certo! Come Laura.”

“Sì! Ehm… lo hai già detto almeno mille volte.”

“No! È solo… ok! Ragioniamo: cosa accomuna Molly e Laura?”

Miles mi guardò confuso: “Mmm, direi: stessa altezza, stessi capelli…”

“...stessa passione per la scuola, stessa scuola, eh?”

Spalancò gli occhi: “stesso preside!”

“E poi c’è Thomas. Che nel caso di Laura possiamo sostituire con Miguel.”

“Tu pensi che non sia stato Thomas a spedirle il messaggio, vero?”

“No, il maggiordomo non li avrebbe mai fatti entrare.”

“Ma se Molly era accompagnata da un ex alunno, magari.”

“E chi meglio del fratello del suo ex ragazzo, di cui probabilmente era ancora innamorata?”

“Le avrà detto che Thomas l’aspettava dentro. Sai che stai sostenendo? Che il preside e un tuo ex compagno di scuola hanno commesso, non uno, ma ben due omicidi, senza contare lo stupro.”

“Non solo uno.”

Mi guardò con sguardo interrogativo e fermai l’auto.

“Laura mi diceva sempre che il preside aveva una rosa di studenti. I genitori di questi studenti sborsavano molti soldi e, allo stesso tempo, gli studenti erano considerati degli eroi, dato che vincevano tutte le partite con le loro squadre.”

“Quindi, non solo Miguel.”

“Anche i suoi tre amici. Passavano intere giornate dal preside e, spesso, erano esonerati da compiti e cose simili.”

“Sì, ma perché?”

“Questo non lo so.”

“Senza contare che, le tue, sono solo supposizioni e dubito che la polizia dia retta ad una pazza che vede fantasmi, senza offesa.”

“Lo so, infatti. Thomas ci fornirà la prima prova.”

“Cioè?”

“Che lui non poteva mandare il messaggio.”

“Bene e, di grazia, dove pensi di trovare Thomas?”

Chiusi gli occhi e ispirai: “ok, Molly. Riesco a sentirti. Non so perché tu non ti faccia vedere e non importa, voglio aiutarti, davvero, ma mi serve un aiuto.”

Miles guardò fuori dal finestrino e indicò qualcuno: “chissà perché… credo che quello sia Thomas.”

Mi affacciai anche io, stava indicando un ragazzino con una maglia larga e dei jeans scambiati. Il ragazzo in questione era circondato da una luce grigiastra.

“Uhm… chissà perché, lo credo anche io!”

Thomas comprò delle sigarette ad un distributore automatico e poi si diresse alla fermata del’ autobus, iniziando a fumare.

“Bene. Ottimo fiuto da segugio, ma ora: come lo avvicini?”

Senza accorgermene, misi una mano in tasca, trovandoci una sigaretta. Bene! A quanto pare lo spirito aveva iniziato a collaborare attivamente.

“Da quando fumi, tu?”

Alzai le spalle, sospirando irritata. Miles proprio non capiva che non potevo rispondergli davanti a tutta quella gente e che, quindi, era più irritante del solito. Mi avvicinai a Thomas con il sorriso migliore che riuscii ad esibire: “scusa, hai da accendere?”

Lui si voltò, con l’aria sognante e gli occhi cerchiati: “sì.”

Tirò fuori l’accendino nero lucido e premette il piccolo interruttore in rilievo che sprigionò la piccola fiamma azzurrognola, bruciacchiando la punta della sigaretta.

“Grazie. Ehm… ma noi, ci conosciamo?”

Alzò appena lo sguardo leggermente infastidito: “no, non credo.”

“Ma, sì! Tu sei Thomas. Non ti ricordi di me? Sono un’amica di tuo fratello Miguel e… ero un’amica di Molly. Mi spiace per quello che le è successo, mi parlava spesso di te.”

Il suo volto improvvisamente si illuminò: “davvero?”

“Sì. So che avete avuto una storia e che dovevate vedervi alla festa per chiarire.”

Spalancò gli occhi: “aspetta: quale festa? Quella per gli ex alunni?”

“Si, le è arrivato un tuo messaggio.”

“Impossibile. Anche volendo non avrei potuto mandarle messaggi.”

Bingo.

“Perché?”

“Il giorno prima della festa il telefono di mio fratello si è rotto, così gli ho prestato il mio, sarebbe più giusto dire che se l’è preso. Comunque, ancora deve ridarmelo.”

“Oh! Magari ho sbagliato a capire, allora. Comunque, grazie ancora per l’accendino, ci si vede.”

Fece un cenno del capo e si rimise le cuffie, voltandosi dall’altro lato, Miles mi raggiunse sorridendo.

“Non gongolare, Miles. Ora viene la parte più difficile.”

“Cioè?”

“Dobbiamo ottenere una confessione.”

“Stiamo tornando a scuola, quindi?”

“No, dobbiamo prima passare a casa.”

“Conosco quello sguardo, piccola investigatrice, hai un piano, vero?”

“Piano: forse è una parola grossa. Ma, sì. Ho in mente qualcosa.”

Lui si sfregò le mani: “fico!!!”

 

Arrivata a casa rovistai fra le vecchie cose, finché non trovai una foto di Laura.

“Questo è il piano?”

Lentamente la foto si levò in aria, ondeggiando da un lato all’altro. Sorrisi, almeno due di noi, in quella stanza, erano intelligenti.

“No, Miles. Questo, è il piano.”

 

Ritornai in auto più sicura che mai, misi in moto ma fui costretta subito a fermarmi.

“Sally, dove stai andando?”

Abbassai il finestrino: “Ellen, non ho tempo ora.”

“Nemmeno per rispondere al cellulare? Sai quanto mi sono preoccupata? Dove stai andando?”

Sfuggii il suo sguardo e mi morsi il labbro: “a scuola.”

“Cosa??”

“Ti prego, per favore, puoi fidarti di me? So quello che faccio, più o meno.”

“Non è questo il punto.”

“Ellen, ti prego!”

Ci guardammo negli occhi. Sapevo che aveva paura per me, era sempre stato così.

“Va bene. Cosa vuoi che faccia?”

“Portami la polizia e metti il vivavoce.”

“Ok… aspetta, cosa?”

Misi in moto senza rispondere, ero sicura che ci sarebbe arrivata anche da sola e io avevo perso già troppo tempo.

Come la mattina, entrare non fu un grosso problema,

“Signorina, signorina? La scuola è chiusa al pubblico, gli esami sono finiti!”

Le passai oltre e, usando i miei poteri, feci scoppiare tutte le vetrine dietro di me. Miles si girò a guardare la scena: “tu, lo sai che questo è vandalismo, vero?”

Alzai le spalle: “ho sempre odiato questo posto.”

Spalancai la porta dell’ufficio del preside, lui mi guardò con un'espressione sconvolta sul volto: “ma cosa? Credevo che avessimo concluso il discorso.”

Chiusi la porta e mi accomodai sulla sedia, davanti alla scrivania.

“Lo sa?! Lei non mi è mai piaciuto, pensavo fosse perché era il preside della scuola che odiavo. A chi piace il preside? Sa a chi? A Laura. Sì. Lei credeva fosse un uomo colto e buono, lei l’ammirava, ma io, io l’ho sempre considerata un uomo viscido, un corrotto che agevolava quattro stupidi studenti solo perché avevano genitori ricchi e portavano premi a scuola. Nonostante tutto, però, non avrei davvero mai pensato che potesse arrivare a tanto.”

Si alzò di scatto rosso in volto: “non ha il diritto di venire a parlarmi in questo modo.”

Usai i miei poteri per costringerlo sulla sedia e lui mi guardò confuso.

“E lei, lei lo aveva il diritto di prendersi la vita di Laura? E di Molly?”

“Queste sono solo accuse infondate.”

Iniziò a sudare, mentre io non ero mai stata più calma.

“Sa qual è la cosa buffa? È che una parte di me l’aveva capito da subito che c’entrava qualcosa. Il modo in cui era uscito dal bagno. Entrambe le volte non aveva mai provato a tirarle giù, eppure poteva arrivarci senza problemi e poi, solo lei ha le chiavi dell’aula di fotografia ed è stato lei a farla chiudere poco dopo la morte di Laura. Perché? Vede, quando tante coincidenze si uniscono, diventano una prova.”

“Lei è pazza, lo è sempre stata. La farò internare, non vedrà mai più la luce del sole!”

“Sa qual è il problema dei pazzi? È che, alla fine, finiscono col credere alle proprie follie. Ora, si lasci portare all’inferno con me.”

La stanza iniziò a tremare. Dai quadri appesi alle pareti iniziò a fuoriuscire del sangue, i vetri delle finestre iniziarono a creparsi, le sculture sembravano sciogliersi e negli occhi del preside c’era il terrore più puro: “basta, la smetta. Basta!”

“Basta! È questo che hanno gridato mentre le legava? Mentre le violentava?”

“La smetta, ho detto.”

“Ma signor preside, io non sto facendo proprio niente, non mi vede? Sono qui, ferma, l’unico ad agitarsi, qui, è proprio lei. Non sarà che ha la coscienza sporca? Lo sa?! Agli spiriti non piace chi ha la coscienza sporca.”

“Io…”

Si portò le mani alle tempie tirandosi i capelli, mentre un rumore di catene e urla riempiva la stanza. Le foto di Laura e Molly iniziarono ad ondeggiargli davanti agli occhi.

“Forse c’è un modo per fermarlo.”

“Quale? Quale???”

“In realtà è molto semplice. Dica la verità.”

Mi guardò, nei suoi occhi vidi terrore e confusione.

“Lo ammetto…” feci partire la chiamate per Ellen, la stanza smise di tremare.

“È tutta colpa mia, avrei dovuto fermarli, avrei dovuto fermarci, noi non volevamo ucciderle…”

“Cos’è successo alla festa?”

Lentamente il sangue si ritirò fino a scomparire.

“I ragazzi…”

“Quali ragazzi?”

“Travel, Mecfiller, Belinton e Lonter. Loro mi hanno mandato l’invito per la festa. Quando ci siamo incontrati abbiamo pensato di festeggiare, come ai vecchi tempi, poi Travel ha tirato fuori la storia di Laura e ha detto che conosceva qualcuno che poteva farci divertire…”

“E ha usato il telefono del fratello per mandare un messaggio a Molly.”

“Sì. All’inizio non ha capito, abbiamo approfittato della confusione per portarla nell’aula di fotografia e, una volta arrivati lì, volevamo solo divertirci, ma poi… qualcosa è andato storto. Lei ha iniziato a gridare più forte, avevo paura che qualcuno la sentisse e… ho premuto, io e Travel abbiamo premuto e poi, all’improvviso, ha smesso di muoversi…”

“Perché le ferite?”

“Si dimenava, volevamo farle capire che se fosse stata ferma non le sarebbe successo niente.”

Le statue tornarono alla loro forma.

“Niente, a parte essere stuprata da un branco di idioti… e poi?”

“L’idea di portarla in bagno è stata mia, con Laura aveva funzionato, Lonter ha suggerito di fasciarle le ferite, poi ho chiamato il medico legale, un mio amico, e gli ho promesso altri soldi, a patto che ci avesse aiutato di nuovo.”

“Di nuovo?”

“L’aveva già fatto… con Laura.”

“Come andò con lei?”

Si portò le mani alla fronte: “stavamo festeggiando l’ultima vittoria della squadra nell’aula di fotografia, stavamo bevendo, bevendo parecchio, a un certo punto è arrivata lei. Era così dolce e profumava di buono. Noi eravamo ubriachi e l’abbiamo presa e poi… le cose sono precipitate e… fu Travel ad avere l’idea di inscenare il suicidio. Così, mentre io e Belinton controllavamo che non ci fosse nessuno, Lonter e Travel la portarono in bagno, non volevamo ucciderla, noi eravamo…”

Chiusi il telefono.

“Erano dei ragazzini, i ragazzini fanno errori più o meno stupidi ma lei, lei era un uomo adulto già all’epoca. Lei avrebbe dovuto fermarli, avrebbe dovuto comportarsi da uomo.”

“Ma lei era così buona e la sua pelle era così candida… e tu, tu sei stata una spina nel fianco da sempre. Mi hai costretto a confessare ma nessuno ti crederà, tutti ti chiamavano ‘la pazza’, nessuno crede alle pazze.”

Mi alzai mentre la porta si apriva.

“Infatti non crederanno a me, ma alla sua voce.” gli mostrai il telefono, mentre lui, ancora incredulo, veniva portato fuori da tre poliziotti. Guardai Miles che mi sorrise. Ce l’avevo davvero fatta.

 

Rimasi, per un po’, seduta sulla panchina di fronte l’ufficio del preside, gli agenti stavano esaminando l’aula di fotografia.

“Sally!”

Sorrisi a Ellen che mi venne incontro con il fiatone.

“Sei stata bravissima, Ellen. Non avevo dubbi.”

“Io? Ma se hai fatto tutto tu? Mi spiace. Non avrei mai dovuto dubitare di te.”

“Non preoccuparti, a volte, è un po’ difficile seguirmi.”

Mi abbracciò e sorrisi, stretta nel suo abbraccio vidi una sagoma fluttuare per il corridoio, mi staccai da Ellen.

“Credo che dovreste seguirla.”

Guardai Miles: “anche lei?”

Lui annuì. Così presi la mano di Ellen e la trascinai con me.

“Sally? Credo che questo sia uno di quei momenti in cui è difficile seguirti.”

Arrivammo al bagno, ancora quel dannato bagno.

“Perché siamo qui?”

“Entriamo e lo scopriremo.”

Seguii Miles. Il bagno era vuoto e gelido, una piccola luce, però, illuminava solo un angolo: “Molly?”

La luce si fece sempre più intensa finché non mi arrivò difronte. Rimasi a bocca aperta: “L-Laur-a…”

Ellen mi fissò incredula: “Laura? Cosa? Dove? Sally?”

Le presi la mano e la luce, non so come, ci avvolse entrambe e anche Ellen riuscì a vederla, la strinsi più forte.

“Ragazze, che bello vedere che vi siete trovate.”

Era proprio lei, era lei, in tutto, la sua voce, il suo viso era…

“Perché?”

“Perché: cosa?”

“Perché ti vedo solo ora?”

Mi voltai verso Miles con le lacrime agli occhi: “tu sapevi che era lei, vero?”

“Non prendertela con lui, gli ho chiesto io di non dirti niente.”

“Ma… perché?”

“Dovevi essere concentrata su Molly, non su me.”

“Perché non ti ho visto prima? Quando...”

“Oh Sally, eri troppo coinvolta, non era il momento e guarda: ora ho aiutato a fare giustizia, come ai vecchi tempi.”

“Mi dispiace, mi dispiace così tanto…”

Lei mi sorrise e ci sfiorò i volti.

“E perché noi siamo nati per morire, Sally. È triste, ma è così. A nessuno è concesso il lusso di vivere per sempre, a me l’hanno solo tolto un po’ prima e, in ogni caso, non è stata colpa tua.”

Le lacrime iniziarono a scivolarmi lungo le guance.

“Sono così contenta di avervi potuto rivedere un’ultima volta, vi prego, non vi allontanate mai, non lasciate che gli eventi vi separino, rimanete sempre unite.”

Abbracciò Ellen: “ti prego, non piangere, io sto bene, davvero.”

Poi guardò me e mi sorrise: “un giorno, molto lontano, staremo di nuovo insieme e mi racconterete tutto quello che avete fatto. Fino ad allora, vivete la vostra vita senza rimpiangermi, ve ne prego.”

Abbracciò anche me e guardò Miles: “prenditi cura di lei.”

Si scambiarono un lungo sguardo.

“Ah, che schiocca! Quasi dimenticavo: Molly ti ringrazia.”

Ci rivolse un ultimo sorriso e poi venne avvolta da una luce bianca. E Sparì.

 

 

Le cose andarono tutte per il verso giusto. Il preside, i quattro ragazzi e il medico legale vennero arrestati, Molly e Laura avevano avuto giustizia.

Rivederla era stato doloroso, ma al tempo stesso liberatorio. Ora che avevo scoperto la verità mi sentivo più tranquilla, mi sentivo in grado, davvero, di continuare la mia vita.

Due giorni dopo la condanna all’ergastolo di ognuno dei partecipanti, mi ritrovai a scrivere un lungo articolo su tutto quello che era successo, tralasciando gli spiriti, ovviamente. Dopo aver inviato la prima bozza all’editore, notai di avere della posta arretrata. Erano stati giorni frenetici, non avevo avuto nemmeno il tempo di cestinare lo spam. Tra le varie offerte di pacchetti premio, notai una mail di Brad e mi ricordai della mia psicologa. Bevvi un sorso di the e aprii la posta. Era arrivato il momento di approfondire quella questione.













Angoletto cigoletto provoletto
ed ecco la tanta temuta(?) seconda parte.
E dunque, ve lo aspettavate questo risvolto?!
.-. 
Come ho gia detto questo è probabilmente il capitolo a cui tengo di più e quindi ringrazio ancora mille volte Bloomsbury che mi ha permesso di ripubblicare la storia *^*
Che si sorbisce i miei capitoli infiniti e che adora Miles *^*
E niente, non mi dilungo, vi ringrazio nuovamente Bolide e SuperNova perché seguite la storia dall'inizio e siete adorabili *^*
Aven e RosaRosa che si sono uniti alla cricca v_v
e DarkViolet che aveva già letto la storia e nonostante questo la sta rileggendo T^T
Grazie *^*
Al prossimo sorprendente(?) capitolo!!
:*
 

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Capitolo 10
*** Mai qualcosa di semplice! ***


CAPITOLO SEI(mai qualcosa di semplice!)

 

 

 

Sorseggiai il mio thè verde osservando la lunga mail che mi aveva mandato Brad, ne lessi alcune righe e sbuffai; in effetti non c’era niente di particolare, prestai attenzione soprattutto alla descrizione dei due incidenti:

nel primo, un incidente d’auto, Eloise era piccola e vi perse entrambi i genitori e la sorella più grande, la loro auto si scontrò con una jeep e anche i passeggeri della vettura morirono sul colpo, mentre lei si salvò miracolosamente, senza riportare nessuna ferita.

Nel secondo invece, viveva con la zia, aveva ormai quattordici anni quando un incendio distrusse l'intera casa bruciando viva l'intera famiglia, zii e i quattro cugini muoiono fra atroci sofferenze e ancora una volta lei è incolume;

ok, può essere straordinariamente fortunata ma non posso non fidarmi di lei solo per questo no? Più in basso c’era una sintetica descrizione della sua vita: figlia e studentessa modello, ottima giocatrice di golf, comportamento ineccepibile.

Vi erano anche due sue foto identificative dove si parlava anche di un tatuaggio fatto in memoria del incendio.

 

“Trovato qualcosa di interessante?”

Sobbalzai sulla sedia rovesciando parte del the sul tavolo:

“Ti odio quando fai così!”

Lui sorrise e accarezzò Mocho che iniziò subito a fare le fusa, lo fissai con la penna fra le labbra e lui mi riguardò con aria interrogativa;

“Perché riesci a toccarlo?”

Alzò le spalle iniziando a fare piccoli cerchi sulla pancia del mio gatto:

“Credo perché è tuo, o più probabilmente perché gli animali sono diversi, hanno uno spirito più, come dire? Comunicativo! Comunque, non dovresti startene qui a perdere tempo”

Gli feci la linguaccia:

“Questo non è perdere tempo”

“Ah no? Vuoi forse dirmi che hai trovato qualcosa di interessante?”

“Beh ecco, definisci interessante?”

Alzò gli occhi al cielo sbuffando dalle narici:

“Sally, davvero?”

“Ok, però ascolta qui, allora dice che era un ottima studentessa, però ha misteriosamente abbandonato gli studi varie volte, che è una bravissima giocatrice di golf ma, più giù dice che odia tutti gli sport!”

“…E allora?”

“Come allora?? Sono delle contraddizioni e…è come dire che Mocho è un gatto e gli piace l’acqua!”

“Mh a molti felini piace l’acqua, le tigri per esempio la amano” “Oh andiamo!”

“Cosa? Dico solo che continui a non avere prove e che quindi dovresti concentrare le tue energie per qualcosa di più importante.”

“Del tipo?”

“A quanto pare c’è un nuovo spirito in giro e sembra che si diverti a torturare una vecchia.”

“Sul serio? Perché c’è l’ha con una vecchietta?”

Si buttò sul divano e iniziò a stiracchiarsi come un gatto:

“Non saprei, magari la vecchia è una serial killer”

Roteai la sedia per guardarlo meglio:

“Miles, solo perché hai un’avversione per le signore anziane, non vuol dire che siano tutte perfide e poi non credo che una vecchietta potrebbe…”

Mi guardò con le sopracciglia alzata e, giurerei che anche Mocho fece lo stesso;

“Ok, sì hai ragione! Non dovrei più stupirmi di niente ormai, quindi di che spirito si tratta? Vendicativo? Maligno? Vuole giustizia? Cerca la pace? Cosa?”

Si grattò la testa osservando la mobilia:

“Io non lo so!”

Spalancai le braccia, era davvero irritante a volte:

“A cosa mi servi se non sai mai niente?!”

“Non è che non so mai niente, è che non devo sempre sapere tutto!”

“Sarebbe utile se ogni tanto sapessi qualcosa però!”

“In ogni caso, credo sia uno spirito più vivo che morto…per il momento”

Mi alzai di scatto facendo cadere la sedia a terra:

“Cosa?? E me lo dici solo ora? Lo sai che quand’è così il tempo è tutto!! Bene dobbiamo…ehi! Ma se ha bisogno d’aiuto, perché non è qui? Ah sì fammi indovinare, non lo sai!”

Sbuffò:

“Vado a vedere se scopro qualcosa, contenta?”

“Ecco bravo, renditi utile!”

Tornai al pc, fissavo lo schermo, le parole che si susseguivano l’una con l’altra senza leggerle davvero, chissà cosa mi aspettavo di trovare però, però nonostante tutto c’era qualcosa che non mi convinceva.

Decisi alla fine di spegnere tutto, mentre posavo il pc sentii una risata, mi voltai ma non c’era nessuno, dopo pochi secondi la risata tornò a farsi sentire e questa volta, quando mi voltai, vidi una piccola luce verdognola guizzare da un lato all’altro della stanza, come se corresse impazzita:

“Oh, ma allora sei tu!”

Lo spirito si fermò in un angolo, ancora avvolto dalla luce e io mi avvicinai:

“So che probabilmente hai paura ma io sono qui per-”

Appena fui abbastanza vicina lo spirito fece un salto colpendomi la spalla e riprese a correre iniziando a ridere:

“Ehi! Mi stai prendendo in giro??”

Continuò a correre attorno al tavolo.

“Senti, non ti conviene perdere tempo, lo dico per te perché se sei morto…beh, se sei morto sei morto uguale, ma se sei vivo, perdere tempo diventa un grosso problema e sai magari, non so per te non è importante, ma io sono stanca di trovare cadaveri!”

Ci fu un lungo silenzio, mi stavo convincendo che avesse capito quando mi buttò a terra e sbuffai:

“E va bene, vuoi fare lo spirito violento??”

Scoppiò a ridere e correndo si rifugiò in bagno

“Ok senti, parliamone va bene? Ehi ma che sto facendo, questa è casa mia, d’accordo, apri …si può sapere cosa vuoi??”

Dopo un attimo di silenzio la serratura scattò ed entrai lentamente, lo spirito era seduto sul bordo della vasca, la luce verde venne pian piano assorbita rivelando una bambina con due lunghe trecce bionde e gli occhi azzurri, mi guardò negli occhi, poi ondeggiò leggermente con il busto e il vestitino bianco a balze ondeggiò con lei:

“Io voglio solo giocare!”

Presi un lungo respiro, gli spiriti dei bambini erano i più complicati da aiutare, come i bambini infatti sono piccoli, ingenui e non sanno spiegarti quello che gli è successo, alzai gli occhi al cielo ringraziandoli mentalmente per tutti i casi facili che mi stavano mandando:

“Ti va di dirmi il tuo nome?”

La bimba inclinò la testa e sorrise, due piccole e adorabili fossette le si formarono sul volto:

“Io sono Eve e tu?”

“Ciao Eve, io sono Sally, ascoltami prima di giocare, sai dirmi quello che ti è successo?”

Come immaginavo lei scosse la testa:

“Io voglio giocare! Però nessuno mi vede, solo tu e la mia nonna, ma lei ha paura, tu vuoi giocare con me?”

“Nonna? Quindi la vecchietta è tua nonna”

Sentii il telefono squillare e lo ignorai:

“Ok ora non possiamo giocare, perché non provi a ricordare cosa stavi facendo prima di andare da tua nonna?”

Il telefono squillò ancora e maledissi chiunque mi stesse chiamando:

“Va bene facciamo così, tu ci pensi e io torno subito ok?”

Mi precipitai in cucina:

“Ehi Brad!”

Tornai in bagno con il cellulare attaccato all’orecchio e il cuore a mille:

“Ehi ciao, ti disturbo?”

“Disturbarmi? No no, figurati stavo solo…”

Mi affaccia: Eve era sparita, sbuffai

“Niente, non stavo facendo niente!”

“Perfetto, perché al momento nemmeno io ho niente da fare, quindi se ti va potremo prenderci quel caffè?”

“Ehm, ora?”

“Sì, ma se è un probl-”

“No no, è perfetto, tra cinque minuti al bar allora?”

Lo sentii sorridere:

“Va bene”.

Sbuffai per il nervoso, diedi un'occhiata fuori e il sole brillava rigoglioso, così infilai un pantalone di jeans e una canotta bianca, recuperai dei sandali e mi precipitai in strada sperando che Eve non scegliesse proprio quel momento per tornare.

 

Brad indossava una maglietta grigia a maniche corte che metteva in risalto il suo fisico e dei jeans attillati, davvero molto attillati, gli sorrisi mentre mi maledicevo per non aver speso cinque secondi in più per truccarmi, lui mi baciò delicatamente la guancia e ci sedemmo ad uno dei tavolini all’aperto, visto il bel tempo, invece del caffè prendemmo un gelato, stracciatella per lui e tartufo bianco per me;

“Allora, come stai?”

“Uhm bene, sì!”

“Alla fine avevi ragione, sai sul preside e tutta quella storia!”

“Sì a quanto pare il mio intuito femminile funziona bene.”

Sorrise e il suo volto sembrò illuminarsi:

“Immagino di si”

Il cameriere ci porse le nostre coppette e iniziai a mangiare il mio gelato mentre Brad mi raccontava di quello che aveva fatto dopo il liceo: i corsi di disegno per affinare la tecnica, lo stage al commissariato voluto dal padre e di come alla fine quel lavoro gli era entrato nel sangue e lo rendeva fiero, perché in fondo era anche merito suo se molti criminali venivano arrestati e poi mi chiese di me, dovetti ricordarmi di escludere tutto ciò che era da manicomio, e gli parlai del mio anno passato fuori a studiare giornalismo, del mio primo lavoro presso un giornaletto di poco conto e della mia grande occasione presso il giornale locale, di come alla fine ero stata assunta sul filo del rasoio e di quanto tra me e il mio capo ci fosse stima reciproca.

Dopo altri discorsi simili e i gelati completamente finiti, sentii una risata un po’ troppo familiare e mi guardai intorno preoccupata:

“Tutto bene?”

“Io? Si benone, questo gelato era davvero…ottimo”

Eve si materializzò sul tavolo e iniziò a fare tutta una serie di linguacce invisibili a Brad;

“Sicura? Sei un po’ pallida!”

Con un piccolo calcio rovesciò il bicchiere d’acqua sui pantaloni perfetti di Brad e mi alzai di scatto:

“Oh mi dispiace davvero!”

Lui sorrise e alzò gli occhi verdi su di me:

“Perché? Non sei mica stata tu”

“N-no, certo che no è che…intendevo dire, che quei pantaloni erano davvero belli!”

Chiusi gli occhi mentre desideravo solo sparire:

“È solo acqua, sono sicuro che torneranno più in forma di prima” Fulminai Eve con lo sguardo mentre lei continuava a ridere, fece per avvicinarsi di nuovo a Brad ma venne afferrata da Miles, lui mi rivolse solo uno sguardo ed entrambi si volatilizzarono in una nuvola di luce gialla, sospirai sollevata;

“Sally?”

Alzai lo sguardo e vidi che sia Brad che il cameriere mi osservavano con le sopracciglia alzate:

“Ehm, si?”

“Dicevamo, se volevi qualcos’altro”

“Oh no, no grazie e complimenti per il gelato, cioè quello sì molto buono”

Il cameriere mi rivolse un sorriso imbarazzato e sparì via con un piattino con dei soldi sopra, mi voltai verso Brad e il suo telefono squillò:

“Scusami, devo rispondere!”

Tornai a sedermi, osservando come alla luce del sole i suoi occhi sembrassero brillare, a quel pensiero arrossi, dandomi della ragazzina stupida:

“Capisco certo, va bene arrivo! Mi spiace Sally ma devo tornare a lavoro, magari ci sentiamo dopo ti va?”

“Certo, non preoccuparti.”

Mi baciò di nuovo la guancia e questa volta lasciai che la mia mano si appoggiasse sulla sua schiena in un timido abbraccio.

 

Appena entrai in casa sentii le risate di Eve, mi affacciai nel salotto e vidi Mocho avvolto da una luce bianca che fluttuava nel vuoto, guardai Miles in cagnesco:

“Cosa gli stai facendo?!”

Corsi a prenderlo in braccio, mentre i due complici malefici ridevano:

“E dai, non era niente!”

“Oh certo, il mio gatto fluttuava nell’aria come una busta di plastica ma non era niente no?”

Guardai Eve coprirsi la bocca e trattenere a stento una risata, mentre stava comodamente seduta in braccio a Miles;

“Perché io ho dovuto rincorrerla per tutta la casa e da te si è fatta subito prendere?!”

Lui sorrise:

“Ovvio, perché io le sto simpatico”

Sbuffai: “Credevo che sulla tua lista nera oltre alle vecchiette ci fossero anche i bambini”

“Questo non vuol dire che io non sia bravo con loro”

“…Certo!Non è che mentre torturavate il mio gatto si è ricordata qualcosa?”

Eve gonfiò le guanciotte rosa;

“No, ha solo detto che si trova in un posto buio, umido e che puzza”

“Buio umido e puzza?”

“Già”

“E nemmeno il nome di sua nonna ti ha detto?”

Miles sbuffò improvvisamente: “Dio sei tornata da quanto? Poco più di mezz’ora e già ti richiama?”

Lo guardai confusa, senza poter ribattere perché il telefono prese a trillare, era Brad:

“Ehi”

Miles alzò gli occhi al cielo e finse di cadere a terra morto, mentre Eve rideva come una pazza, scossi la testa e mi allontanai:

“Volevo scusarmi per essere andato via così!”

“Ma no, non preoccuparti lo capisco, era un caso interessante?” “In realtà alla fine si è rivelata essere solo una vecchia pazza” “Vecchia? In che senso? Cioè…pazza, in che senso pazza?”

“Ma è arrivata questa vecchietta arzilla ed era preoccupata per la nipote, diceva che era in pericolo, che era morta, le abbiamo dato retta, ci ha dato il numero della baby-sitter che però ci ha detto che la bimba stava benone e ci ha anche fatto parlare con lei, quindi era solo una vecchia pazza.”

“Perché sosteneva che la nipote era morta?”

“Diceva che la vedeva fluttuare…te l’ho detto, una pazza”

“Già, sembrerebbe proprio di si.”

“E continuava a insistere, a una certa età le persone anziane dovrebbero essere controllate.”

Guardai Eve arrampicarsi sulla schiena di Miles:

“Già…ah Brad così, per curiosità, come si chiamava la vecchietta?”

“Curiosità?”

“Sì sai, curiosità giornalistica...”

“Certo, Adelaide Tillon”

“Grazie, a presto allora.”

“Ci conto.”

Mi avvicinai a Eve, che rimase nascosta dietro Miles;

“Tua nonna si chiama Adelaide?”

Lei guardò Miles che annui:

“Sì”

“Bene!”

Andai in cucina e recuperai il vecchio elenco telefonico:

“Cosa vuoi fare?”

“Trovare la signora Tillon ovvio!”

Miles mi fissò indeciso se ridere o prendermi a schiaffi:

“Con…quello?”

“Sì, Miles, con questo”

“…Tu, hai idea di quante Adelaide Tillon ci saranno?”

“Oh, non è poi un nome così comune, sono sicura che ce ne saranno poche, oh ecco Adelaide Tillon vedi sono solo, oh, continua anche all’altra pagina…ok pessima idea”

Richiusi l’elenco lasciandolo sul tavolo:

“Perché non richiami il tuo amico Brad e glielo chiedi!”

“Si insospettirebbe, non posso fargli troppe domande e poi, non voglio mentirgli più del dovuto.”

Lui alzò le spalle: “Sai le persone come te, quando devono trovare qualcuno, usano un oggettino chiamato pendolo!”

“ Si da il caso che per usare il pendolo devi avere qualcosa della persona che cerchi e io, non ho niente della signora Tillon!”

Miles inarcò le sopracciglia:

“Sei seria?”

Alzai le spalle lui si portò l indice e il pollice sull’attaccatura del naso ispirando lentamente: “Sally hai Eve! Più personale di sua nipote cosa può esserci?”

Mi diedi della stupida per aver fatto il Miles della situazione

“Oh è vero!”

Rovistai in alcuni cassetti finché non trovai il pendolo che mi aveva regalato una volta Ellen, recuperai una cartina e ci feci sedere sopra Eve, Miles si posizionò dietro di me, afferrai il pendolo con il pollice e l’anulare come avevo imparato anni fa e chiusi gli occhi, li riaprii quasi subito, sentendo i loro sguardi fissi su di me.

“È da tanto che non lo faccio, quindi smettetela!”

“Di fare cosa?”

“Di, di, di!”

“Ok, smetteremo di, d’accordo Eve?”

Lei sorrise e io sbuffai, riafferrai il pendolo che oscillò un paio di volte e infine si fermò, Miles scrutò la cartina e fece una smorfia: Adelaide Tillon era al cimitero.

 

 

Scesi dall’auto lasciando un messaggio a Ellen, osservai il cimitero che era completamente deserto e mi avvicinai al cancello nero sfiorandolo con una mano, Miles mi fermò:

“Io, non entrerei se fossi in te!”

“Perché? O mio Dio! Non dirmi che è quella cosa come i demoni che non possono entrare in chiesa?”

“Eee, più o meno!”

“Cioè, brucerò se oltrepasso il cancello?”

“No che non brucerai, che assurdità! È che lì è pieno di anime in pena, spiriti perduti e quant’altro, se entri lì...”

“Loro mi assaliranno tutti insieme?”

“Sì, saranno attratti dal tuo potere e non sono sicuro di poterti proteggere.”

“Però al funerale di mio nonno…”

“Eri piccola, i tuoi poteri stavano appena vedendo la luce!” “D’accordo, quindi che si fa?”

“Aspettiamo dovrà pur uscire no?”

 

Nell’attesa messaggiai un po’ con Ellen, mi chiese dell’uscita con Brad e le risposi che era andato tutto bene, all'improvviso guardai Miles: “Credo, credo che dovrei dirglielo!”

“Mh?”

“A Brad di, tutto questo insomma forse dovrei dirglielo”

Lui rimase a guardare Eve rincorrere una farfalla:

“Non credo sia una buona idea”

“Perché?”

“Perché dovrebbe saperlo?”

“Perché….perché usciremo insieme Miles e non sto dicendo che è l’uomo della mia vita ma se voglio avere una relazione, un giorno dovrò dire la verità, le relazioni non si basano sulle menzogne!”

Si voltò, guardandomi con uno sguardo arrabbiato che non compresi:

“E come pensi che la prenderà? Hai sentito cos’ha detto della nonna di Eve?”

“È diverso, lui non la conosceva”

“Oh sì, perché questo farà la differenza? Sei davvero così stupida?”

Iniziai ad innervosirmi:

“L’ha fatta! Con Laura e con Ellen l’ha fatta!”

“Pensi davvero di conoscerlo così bene??”

“Perché fai così? Sai cosa, non importa perché io darò il mio stupido dono a qualcun altro e addio stupido Miles!!”

Vidi un ombra attraversare i suoi occhi e quasi mi pentii delle mie parole:

“Già, perché è questa la cosa importante no?”

“Sei solo geloso!”

“Mh e di cosa sentiamo?”

“Oh ci sono così tante cose, una su tutte lui è vivo, lui è vivo Miles! È carne e ossa, non uno spirito fluttuante che ha mille segreti!”

Alzò le mani al cielo mentre io sentivo le lacrime pungermi gli occhi:

“Sì, hai ragione Sally, sono solo uno stupido morto convinto di poter ancora fare le cose che fanno i vivi, raccontagli tutto, fa quel che ti pare, vi auguro una vita felice e piena di figli!”

Si volatilizzò senza dire altro, io sentii lo stomaco contorcersi, avevo detto delle cose orribili, ma non potevo accettare il suo comportamento.

“NONNA!”

Mi voltai a guardare Eve, stava per varcare il cancello:

“Eve fermati!”

La bloccai con un muro di luce, la signora Tillon mi guardò con un espressione preoccupata, mi superò senza dire niente, io ispirai a fondo e mi voltai

“Adelaide Tillon?”

Lei si voltò, la collana di perle brillò sotto i raggi del sole:

“Lei è?”

“…Un’investigatrice”

Ma dai, un’investigatrice? Miles mi avrebbe preso in giro a vita, sì, peccato che lui non ci fosse:

“Ma davvero?”

“Sì, senta ho delle informazioni su Eve, sua nipote, possiamo parlarne da un’altra parte?”

Mi guardò titubante, poi decise di fidarsi e mi seguì, salimmo in auto:

“Gradirei avere delle risposte”

“D’accordo, voglio essere sincera io, non sono un’investigatrice” “Che strano!”

Ignorai la punta di sarcasmo e mi giocai il tutto per tutto:

“Mi chiamo Sally e ho una capacità particolare io, vedo gli spiriti, le anime, insomma si le anime delle persone!”

Sul suo volto comparve un espressione di terrore:

“O Dio no! Non in quel senso, cioè anche in quel senso ma non solo, insomma, a volte capita che uno spirito si stacchi dal corpo anche se questo non è morto e vaghi alla ricerca d’aiuto…insomma sua nipote è viva!”

Fece per andarsene ma Eve le appari davanti agli occhi

“E-Eve…”

“Di solito oltre me nessuno li vede, non so perché lei può!”

“Mia nonna, era una sciamana, lei parlava con i morti e mi ha sempre parlato dei Vongozi rohoi ”

“I Vi-cosa?”

“Le guide degli spiriti, quello che sei tu ragazzina, però non ne avevo mai visto uno, mio Dio Eve, cosa ti è successo?”

“Io, è quello che voglio scoprire, le va di venire a casa mia?”

Lei annui e io misi in moto, dovevamo lavorare in fretta se volevamo salvare la piccola Eve.

 

Per un momento pensai di trovare Miles, ma ad aspettarmi c’era solo il mio fidato Mocho:

“Allora, ti ho seguito fin qui, come pensi di aiutare mia nipote?” “Io ecco, beh…”

“Oh cielo, non lo sai? Che razza di Vongozi rohoi sei?”

“Non è che non lo so…e la smetta di chiamarmi così, mi mette ansia!”

“Tu smettila e dammi del tu, mi fai sentire troppo vecchia, comunque dovresti sentirti onorata ad essere chiamata così.” “Perché?”

“Perché i Vongozi rohoi sono adorati dal mio popolo e sono considerati dei grandi portatori di pace e serenità!”

“Oh, nessuno mi aveva mai detto una cosa del genere”

“Si vede che non hai incontrato molti discendenti sciamani sul tuo cammino.”

“Mh no, non molti in effetti! Comunque per quanto riguarda sua, cioè tua, insomma Eve, ho un piano, una specie di piano in realtà ecco, di solito c’è qualcuno che mi aiuta in queste cose, ora non c’è, ma non importa perché posso farlo anche da sola, mi serve solo un secondo!”

“Immagino sia il tuo Pacha roho”

“No, lui non è il mio, aspetti il mio cosa?”

“…Non importa, allora per mia nipote?”

“Si, ok ho delle domande, prima di tutto, dove sono i suoi genitori?”

Adelaide fissò il tavolo dove si era seduta Eve:

“Sono fuori per lavoro e l’hanno lasciata alla baby-sitter.”

“Che lei ha chiamato e che le ha fatto sentire la sua voce.”

“Si! Aspetta, come fai a saperlo?”

“Segreto professionale, comunque non è questo il punto, com’è possibile che abbiate sentito la sua voce?”

“Forse non era ancora scomparsa?”

“No perché lei l’aveva già vista, Eve ti prego, cerca di concentrarti, riesci a ricordare dove ti trovi?”

“Non lo so, è freddo e buio e puzza ed è bagnato, dov’è Miles? Io voglio giocare con lui!”

E io vorrei tirargli due pizze, guida dei miei stivali:

“Freddo buio e umido, dov’è che l’ha portata la baby-sitter?”

“Oh sono nella casa al mare, Eve ama la spiaggia!”

“E lei conosce la strada per arrivarci?”

“Sì perché?”

“Perché ora ci andiamo!”

 

 

Ci volle un’ora e mezza di macchina ma alla fine arrivammo, prima di scendere mi chiamò Brad, mi morsi un labbro e risposi velocemente:

“Scusa ma questo non è il momento, ti richiamo”

Richiusi senza farlo nemmeno rispondere, sono sicura che a quella scena Miles avrebbe riso dannazione, dovevo smettere di pensare a lui!

 

Bussammo alla porta senza ottenere risposta, Adelaide guardò il retro:

“Forse è in spiaggia!”

La spiaggia era proprio di fronte alla casa, osservai il mare calmo e cristallino, lasciandomi avvolgere da un innaturale senso di pace mentre il sole mi scaldava il volto; freddo buio e puzza, cosa poteva esserci di simile in quel posto?

“Elizabeth!”

Mi voltai seguendo la voce di Adelaide e osservai una ragazza dai capelli rasati solo ai lati che ricambiò il nostro sguardo alzandosi dalla sdraio, si sistemò il costume e ci venne incontro:

“Signora Tillon, cosa ci fa qui?”

“Sono qui per mia nipote!”

Le presi la mano bloccandola: “Avevo del tempo libero e lei voleva venire a trovarla, così mi sono offerta di accompagnarla, è al mare?”

La baby-sitter si grattò la nuca e ci guardò:

“…Sì, no, cioè è con degli amici.”

“Quali amici?”

“Amici che, che hai incontrato qui sì!”

“Sicuramente avrai l’indirizzo, così andiamo a trovarla.”

“Si certo, sì, c’è l’ho in casa”

“Va bene, andiamo a prenderlo allora.”

Entrammo in casa, le pareti erano colorate di un delizioso verde acquamarina e decorate con conchiglie e fotografie, una in particolare catturò la mia attenzione: Eve e quelli che dovevano essere i suoi genitori sorridevano felici davanti ad una grotta con in lontananza il mare, un momento, una grotta? Una grotta è buia, è fredda e puzza per via del muschio e cos’altro aveva detto Eve? Sì! Inizia ad essere bagnata, guardai ancora la foto, il mare! Probabilmente la marea si stava alzando, guardai Adelaide

“Dov’è stata scattata questa foto?”

Elizabeth scoppiò in lacrime:

“Io mi dispiace, davvero, lei voleva sempre giocare e io, io, sarei andata a riprenderla!”

Adelaide si fece rossa in viso: “Hai lasciato mia nipote in una grotta??”

“Le ho lasciato acqua e cibo e le ho detto di non muoversi”

“Hai lasciato una bambina in un grotta! Quel posto è pieno di labirinti!”

Mi intromisi:

“Da quanto è li?”

“Un giorno!”

Sentii il collo pizzicare, bugia: “Da quanto è lì?”

Lei abbassò lo sguardo: “Questo, è il quarto giorno”

Adelaide sbiancò, guardai Eve, la sua luce non era più intensa come all’inizio il che significava solo guai, dovevo muovermi, uscii di corsa, lasciando Elizabeth alla furia di Adelaide e arrivai in fondo alla spiaggia, seguii il sentiero ritrovandomi in una specie di pineta e guardai ancora la piccola:

“Eve, Eve ascoltami, devi resistere ok?”

“Ho freddo!”

Senza accorgermene infilai la mano in tasca, le dita afferrarono la catenina d’argento del mio pendolo, quando l’avevo preso? Lo cacciai fuori e lui si mosse leggermente, mi concentrai e lasciai fluire un po’ di luce al suo interno, lui iniziò a fluttuare:

“Portami da lei!”

Oscillò un paio di volte e poi puntò a destra, continuai a seguirlo tenendo sempre d’occhio Eve, dopo quella che mi sembrò un’eternità arrivai davanti alla grotta della foto, l’entrata però era stata bloccata da alcuni massi, probabilmente caduti in seguito ad una frana, sbuffai, feci un passo e sentii uno splash, guardai in basso e notai dell’acqua, dovevo decisamente muovermi:

“Va bene Sally puoi farcela, sì certo, cosa ci vuole? Sei un ottima scassinatrice, puoi farlo, hai già mandato in frantumi una vetrata, puoi fare a pezzi delle piccole rocce, basta volerlo, immagina che sia la testa di Miles!”

Tesi la mano ritirandola subito dopo, una vocina terribilmente simile a quella di Miles continuava a ripetermi nella mia testa che non era una buona idea;

“E va bene!”

Così, usando la luce iniziai a spostarli uno alla volta, tesi anche l’altra mano, i massi sembravano danzare intorno a me, lievitavano così facilmente da sembrare fatti di polistirolo, quando ebbi creato un varco abbastanza grande entrai, il pendolo ora fungeva anche da piccola lanterna e continuai a seguirlo:

“Eve? Eve mi senti?”

Pregai con tutte le mie forze che non fosse troppo tardi, la grotta era piena di cunicoli e gallerie e l’acqua continuava a salire, stavo per perdere la speranza quando intravidi parte del vestitino bianco di Eve, corsi verso di lei: era a terra, priva di sensi ma viva, la presi in braccio e seguii il pendolo fino all’uscita dove i raggi del sole ci illuminarono, la portai di corsa a casa, Adelaide aveva già chiamato polizia e ambulanza.

 

Alla fine, Elizabeth aveva confessato tutto alla polizia che l’aveva portata via con l’accusa di sequestro di persona, Eve invece venne portata all’ospedale ma i paramedici ci rassicurarono, dicendoci che aveva solo bisogno di recuperare liquidi, fortunatamente eravamo arrivati in tempo, prima di salire sull’ambulanza Adelaide mi abbracciò: “Shukrani! Vuol dire grazie!”

“Non c’è ne bisogno.”

Mi prese il volto tra le mani “Senza di te probabilmente mia nipote sarebbe morta, c’è ne assolutamente bisogno!”

Mi abbracciò ancora poi salì sull’ambulanza, mi guardò un’ultima volta e sorrise: “Spirito gemello, Pacha roho significa spirito gemello!”

Le porte dell’ambulanza si chiusero e Adelaide ed Eve sparirono.

 

 

Finalmente a casa tirai un sospiro di sollievo, mi sentivo come se avessi spostato quei massi a mani nude, ma per la prima volta da quando tutto quello era ricominciato, mi sentivo in pace e con il cuore più leggero: finalmente avevo fatto la differenza.

Mi infilai il pigiama e mi accoccolai sul divano, iniziando ad accarezzare Mocho:

“Sai, mi mancherai!”

Sobbalzai e mi voltai, osservando un Miles stranamente serio e scuro in volto:

“Che vuol dire che ti mancherò?”

Lui sbuffò sonoramente scuotendo la testa:

“Vuol dire quello che vuol dire!”

“Potresti essere meno criptico?”

Si venne a sedere vicino a me: “Hai già dimenticato che vuoi tirartene fuori? Quando passerai i tuoi poteri passerai anche me, proprio come un pacco!”

“Mi dispiace per quelle cose che ho detto”

“No! avevi ragione”

“Se, è solo un’ipotesi, se non passassi questo a nessun altro, quanto, quanto durerebbe stavolta?”

“Non lo so, immagino che per te sarà per sempre!”

“E tu, anche tu sarai per sempre?”

Sospirò “Beh, sai quella faccenda del: 'nessuno può vivere per sempre'? Immagino valga anche per me.”

Sorrisi: “Ma tu sei morto! Perché, tu sei morto vero?”

Guardò il pavimento per alcuni secondi senza rispondermi, avrei tanto voluto afferrarlo per le spalle e scuoterlo:

“…Già certo che sì, ma sai, suppongo che ci sia un tempo limite anche per noi spiriti e in ogni caso tu, prima o poi, non avrai più bisogno di me e quindi andrò via e finirò per diventare solo uno dei vari brutti ricordi del tuo passato, col tempo ti dimenticherai di me, finché non diventerò solo un immagine dai contorni sbiaditi.” Mi avvicinai di più, il mio ginocchio sfiorò il suo, che in quel momento non sembrava tanto immateriale: “Non essere stupido, io non mi dimenticherò mai di te e tu non farai mai parte di ricordi brutti!”

Mi sorrise, un sorriso sghembo privo di allegria, a quel sorriso il mio stomaco si attorcigliò e io mi odiai per quello:

“Mi spiace per quello che ho detto riguardo Brad, si insomma, sei libera di fare quello che vuoi e se vuoi dirglielo, non spetta certo a me impedirtelo.”

Mi morsi un labbro abbracciandomi le gambe:“Non so ancora se voglio dirglielo.”

“Lui è un bravo ragazzo, secondo me ti puoi fidare!”

“Credevo che non ti piacesse!”

Sospirò chiudendo gli occhi per un secondo: “Non è che non mi piace lui non, non mi piace l’idea di lui insieme a te ma, questo è un mio problema, non tuo e tu, tu dovresti rispondere al telefono ora!”

Provai a fermarlo ma, il tempo di un battito di ciglia, ed era già sparito, dopo pochi secondi il telefono squillò:

“Brad…”

“Ehi, ti stavo pensando.”

















Angolo stanchissimo:
Ciao lupi(?) come state?
Io bene ma stanchissima ç_ç eh sì, la vostra Lady Wolf ha trovato lavoro e anche se il lavoro mi piace sono fisicamente a pezzi T__T
ma siate contenti per me...su siatelo é_é

Per quanto riguarda il capitolo.
è un capitolo un po' così...ecco, diciamo di passaggio forse, ma in realtà succedono un paio di cose interessanti e una in particolare sarà d'aiuto più avanti quindi non fatevi ingannare!
Detto questo...cosa ne pensate di Brad  e Sally? ammetto che faccio pena in queste cose T^T avrei voluto rendere il tutto più romantico ma non è proprio arte mia... >__>
E Miles e Sally? Lui alla fine è stato dolce no?

Che dite...nasconde qualcosa?
Lo scopriremo solo vivendo!
ah i miei unici giorni liberi sono domenica e lunedi quindi gli aggiornamenti avverranno in questi giorni e niente, ci avviciniamo lentamente alla conclusione T^T
a presto, e grazie a tutti di tutto *__*

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Capitolo 11
*** Verità svelate ***


SETTIMO CAPITOLO (verità svelate)




 

 

Parlai con Brad per quasi tutta la notte e ci lasciammo solo sul tardi, dandoci appuntamento per l’indomani a cena.

Quando mi risvegliai, la testa mi pulsava come se dentro ci fosse un martello pneumatico, non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione di aver dimenticato qualcosa, qualcosa di tremendamente ovvio ma che proprio non riuscivo a focalizzare.

Per sgranchirmi un po’ le idee decisi di farmi una doccia e il getto dell’acqua calda sembrò placare il dolore anche se mi ritrovai

a pensare a Miles o meglio, a quello che aveva detto, sbuffai mentre la testa riprendeva a farmi male: non ci stavo capendo più niente ed ero stanca.

Uscii dalla doccia infilandomi l’accappatoio e iniziando a frizionare i capelli con un asciugamano quando mi bloccai di colpo avvertendo un dolore pungente alla spalla, come se qualcosa vi si fosse conficcato dentro, abbassai la manica dell'accappatoio e mi osservai allo specchio rimanendo a bocca aperta, sbattei gli occhi un paio di volte per essere sicura di aver visto bene e mi avvicinai di più allo specchio osservando il mio tatuaggio: i sottili e affusolati rami neri confluivano in una sfera quasi perfetta rappresentante lo Yin Yang e fin qui nulla di strano ma tutta la zona intorno ad esso era arrossata e ricoperta di piccole bolle, ne sfiorai una con la punta delle dita e trattenni un gemito di dolore, sentii Mocho miagolare dalla cucina: “Miles? Miles vieni qui, subito!”

Lui entrò poco dopo seguito dal mio gatto:

“Cos’hai da url-o mio Dio! Perché sei sempre nuda!?”

Alzai gli occhi al cielo dandogli le spalle: “Guarda!”

Si chiuse gli occhi con entrambe le mani girandosi e sbuffando:

“Così che puoi darmi del pervertito dopo? No grazie!”

“Andiamo guarda!”

Aprì un solo occhio squadrandomi attentamente, aprii anche l’altro e si avvicinò: “Ho già visto il tuo tatuaggio!”

“E non noti niente di strano?”

Lo squadrò per alcuni minuti grattandosi il mento.

“Oh intendi il rossore?”

“Sì! Proprio quello…toccalo”

“Cosa?! Hai visto tutte queste bolle? E se è infetto? No io non lo tocco!”

Mi voltai assottigliando lo sguardo e lui roteò gli occhi: “E va bene!”

Appoggiò delicatamente le dita e il suo tocco mi fece rabbrividire, decisi però di ignorare la sensazione.

“È caldo.”

Mi spostai una ciocca di capelli dal volto fissando Mocho compostamente seduto vicino alla porta: “Io direi bollente!”

“Forse ha fatto infezione.”

Repressi la voglia di dargli un pugno “Ti prego, dopo tutto questo tempo?”

“Ok, allora magari è stato un insetto!”

“Sì certo e cos’era un insetto mutante?”

Spalancò le braccia palesemente frustrato: “D’accordo! Tu cosa credi che sia saputella?”

Abbassai lo sguardo mordendomi l'interno della guancia: “Ecco, non lo so è che…o mio Dio no! No no e no! Non può essere così.”

Mi sistemai l’accappatoio meglio che potei infilai le ciabatte e corsi in cucina.

“Oh sì, fantastico! Sai che stai correndo praticamente nuda? Devono averti sicuramente imbrogliato perché quel coso che ti hanno venduto per accappatoio non lo è affatto! È l’inizio di un accappatoio, magari quello che l’ha fatto era stanco e ha deciso di non finirlo; Dio! Sono un uomo, morto è vero, ma pur sempre un uomo!!”

Ignorai i borbottii di Miles e aprii la casella di posta del mio fidato portatile, nel frattempo lui mi aveva raggiunto con un'espressione sconcertata sul volto:

“Andiamo, dimmi che non è ancora per la tua psicologa?”

Passai direttamente alla terza pagina, quella con alcune foto identificative di Eloisa e girai lo schermo verso il suo volto:

“Guarda!”

“Si è un tatuaggio, e allora?”

“No! Non è un tatuaggio, è il mio stesso identico tatuaggio, nello stesso identico posto.”

Ispirò a lungo portandosi il pollice e l'indice sul naso: “Sai quante persone hanno lo stesso tatuaggio?”

“Ok, guarda la data dell’incendio allora!”

“Mh è la stessa...”

“Sì! Mentre casa sua andava a fuoco io mi facevo tatuare e indovina lei cos’ha fatto per ingannare il tempo?”

“Il tatuaggio!”

“L'abbiamo fatto insieme capisci? Abbiamo fatto insieme lo stesso identico tatuaggio!”

Sembrò pensarci per un istante poi scosse la testa: “Coincidenze.”

“No, le coincidenze capitano alle persone normali e io non lo sono, questa non è una coincidenza ma una prova!”

Sbuffò camminando nervosamente per la cucina: “Una prova di cosa? Plagio di tatuaggio?”

“Questo ancora non lo so, non posso sapere tutto! Pensiamo…ricordi quando l’ho fatto?”

“Non potrei mai dimenticarlo, ti dimenavi come un’anguilla.” “Intendevo, ricordi perché l’ho fatto?”

“Perché l’avevi visto e ti era sembrato tanto carino?”

Lo guardai male cercando di capire se davvero non lo ricordasse; “No è stato dopo il primo caso, quello delle gemelle le ricordi? Riuscimmo a salvarne solo una e dopo io, continuavo a fare incubi e vedevo questo simbolo praticamente ovunque e…e non lo so, davvero ma non può essere un caso!”

Ero sicura delle mie idee, certo non avevo nessuna prova è vero ma sapevo di aver ragione.

“Ci sono molte coincidenze te lo concedo, ma credo tu stia esagerando.”

E ovviamente lui non capiva, era sempre così frustrate: “Davvero?! No perché sembra che da quando sono tornata nel club degli spiriti anonimi mi stiano capitando solo cose assurde e complicate, cos’è il loro modo di punirmi per non essere una sostenitrice dei capi di tutti gli spiriti??”

Miles guardò il soffitto: “Perché ti agiti tanto?”

Io cercai di trattenere le mie emozioni, sapevo che se le avessi lasciate libere sarei scoppiata in lacrime: “Perché c’è qualcosa che non va! Lo so, lo sento, dici sempre che devo fidarmi del mio istinto e, lui sta urlando allarme da un bel po’!”

Sospirò massaggiandosi le tempie e poggiandosi con la schiena al muro: “Cosa vuoi fare?”

Osservai Mocho strusciarsi sulla sua gamba e mi morsi il labbro:

“Sai? Mi irrita tanto questo vostro modo di fare!”

Alzò un sopracciglio e io indicai il mio gatto con la testa.

“Vorresti essere al suo posto?”

Arrossii girando il volto: “Non essere ridicolo! Comunque, tornando a noi non lo so, potresti provare a...”

Il telefono bloccò il mio discorso:

“Sai quanto odio non sapere se tardi, mi fai stare in pensiero!” Merda!

“Ellen! Scusa io...”

Ero nella più totale merda.

“Non ti sei dimenticata vero?”

“Cosa? Io? Dimenticare? No, certo che no io, sto proprio arrivando, sono in macchina!”

Ignorai lo sguardo che si scambiarono i due complici e mi rifugiai in bagno;

“Se sei in macchina perché ho sentito il rumore della porta del bagno? Sei ancora a casa vero!?”

Imprecai mentalmente: “Come fai a riconoscere il rumore della mia porta?”

Sentii un rumore indefinito dall'altra parte della cornetta ed Ellen maledire qualcuno: “Lo sai che cigola!”

“Beccata! Sono a casa, ma dammi un paio di minuti e sono da te ok?”

“Bene e muoviti allora!”

“Si a tra poco!”

 

Lanciai il telefono lontano e mi guardai il tatuaggio, sbuffando infilai lentamente la maglia e un paio di Jeans tornando a velocità della luce in cucina per prendere borsa e chiavi:

“Bene! Io vado: non fare danni, non sporcare in giro e non far rompere niente!”

Miles mi guardò ridendo.

“Sally, è solo un gatto!”

Ricambiai il suo sguardo trattenendo un sorriso: “Infatti stavo parlando con te non con lui!”

Mi abbassai per fare due grattini a Mocho scoccandogli un bacio sulla testa.“Tienilo d’occhio!” E scappai via.

Ci tenevo alla mia vita e se non volevo morire era meglio non far aspettare troppo Ellen, fortunatamente la sua casa non era troppo lontana e, guidando come una pazza ci impiegai davvero poco.

Usai la mia copia delle chiavi per aprire la porta ed entrai in cucina trovando Ellen inginocchiata che prendeva a pugni il forno. “Ehm, è un brutto momento?”

Lei mi concesse una breve occhiata per poi tornare a fissare il forno:

“Questo piccolo anarchico pensa di poter decidere quando fermarsi!”

“…Ok, cos’è che stai facendo precisamente?”

“Devo scegliere trenta stupide tartine da inserire nello stupido buffet dello stupido matrimonio!”

Posai delicatamente la borsa sul tavolo di vetro e fulminai con lo sguardo il canarino che da quando ero entrata non aveva smesso di cantare un secondo, poi mi avvicinai a lei mantenendo comunque una certa distanza, niente e nessuno era più pericoloso di Ellen arrabbiata.

“Credevo non ti occupassi più di queste cose.”

Lei imprecò ancora scagliando l'ennesimo pugno: “Già! Ma la cuoca è ammalata e non si fida di nessun altro eccetto me!”

Si alzò e piantò un ultimo calcio sullo sportello del forno, deglutii rumorosamente e le poggiai una mano sulla spalla:

“…Non credo che prenderlo a pugni aiuterà...”

Il forno invece, fece un sonoro bip e ricominciò tranquillamente a cuocere, Ellen sorrise soddisfatta battendo le mani.

“Visto? La persuasione funziona sempre!”

“Certo.”

“Bene, ora che il forno non merita più la mia ira: sputa il rospo, e che sia bello grosso altrimenti pagherai il tuo ritardo con la vita, oh e mentre mi esponi le tue ragioni prova quelle tartine e aiutami a decidere!”

Infilai una tartina in bocca riscoprendomi improvvisamente affamata sedendomi comodamente sull'elegante sedia di ferro nero:

“Allora, afpetta mi fai chiafato pef affaggiare?”

Ellen mi lanciò un'occhiata schifata:

“Non dovresti parlare con la bocca piena ma sì, ti ho chiamato per assaggiare e ora smettila di divagare, racconta!”

Feci per ribattere ma una sua alzata di sopracciglia mi fece cambiare idea così, ingurgitai un'altra tartina e le mostrai il tatuaggio, lei mi guardò perplessa e poi mi esortò a parlare.

Così, tra una tartina al salmone e una al formaggio, le raccontai tutto, di come mi ero svegliata e dei miei dubbi, di Eloisa e di quello che ne pensava Miles.

Quando finii lei stava sfornando l’ennesima teglia piena di perfetti Voulevant pronti per essere riempiti da mille meraviglie.

“Mi spiace dirlo ma sta volta sono d’accordo con il tuo amico invisibile!”

Spalancai gli occhi: “Cosa?!”

“Voglio dire è solo un tatuaggio, non credo significhi poi tanto!” “Non è solo un tatuaggio! È lo Yin Yang ok? Il simbolo universale del bene e del male e della loro importanza per l’equilibrio del mondo e i rami…i rami rappresentano il legame tra le persone della stessa famiglia e, cosa mi dici della data? È la stessa dell’incendio! Non può essere un caso!”

Mi fissò intensamente passandosi l'indice sul mento:

 

“Certo che vista così è alquanto bizzarra ma cosa pensi significhi allora?”

“Non lo so! È che io dopo le gemelle, mi sono sentita quasi in dovere, quasi spinta a farmi questo tatuaggio e mentre lo facevo sapevo che c’era qualcosa di più profondo, non so spiegarlo ma è così!”

“ E Miles non può chiedere a sai, a Loro?”

“Dubito che direbbero qualcosa però, potrei chiedere a mia nonna…”

“Sei sicura di volerlo fare?”

“No, ma dopo tutto quello che ho scoperto non mi meraviglierebbe se lei sapesse qualcosa…e devo provare.”

Mise su un finto broncio mentre per l'ennesima volta il timer del forno trillava rumorosamente: “Questo vuol dire che mi abbandoni vero?”

“Mi spiace, sono un’amica orribile!”

“No che non lo sei.”

L'abbracciai dandole un bacio sulla guancia:

“Quelle al salmone sono le mie preferite, quelle agli asparagi sono un po’ asciutte e le funghi e noci…sì mi piacciono ma non mi convincono del tutto.”

“Ottimo! Ti manderò le altre a casa.”

Sorrisi lanciando un ultimo, minaccioso sguardo al canarino.

“Grazie”

Stavo per uscire quando mi bloccò:

“Oh aspetta però non mi hai raccontato niente di Brad!”

Arrossii fissandomi le scarpe “Non c’è molto, dovevamo vederci stasera!”

Aggrottò le sopracciglia fissandomi torva: “Perché questo verbo al passato?”

“Perché non so ancora cosa succederà!”

“Ma lui ti piace?”

“Io, cioè sì!”

Ellen incrociò le braccia: “Io ti voglio bene lo sai, ma voglio bene anche a lui e entrambi meritate di essere felici! Ricorda solo una cosa: lui è vivo! È carne e ossa, ha un cuore che batte ed è visibile a tutti!”

Abbassai lo sguardo sfiorando la maniglia della porta, perché quelle parole facevano così male?

“Lo so.”

E lo sapevo davvero, solo che con tutti quei casini quello non era proprio il momento adatto per pensare a Brad, tutto qui.

 

 

 

Salita in auto imboccai una stradina secondaria preferendo non prendere la strada dell'ultima volta, guidai per un paio di minuti in completo silenzio, fino a che una voce non mi fece sbandare:

“Credevo che non volessi più parlare con tua nonna!”

Ormai mi ero quasi del tutto abituata alle entrate ad effetto di Miles.

“Sì! Ma ho bisogno di lei al momento.”

Rimanemmo per alcuni momenti in silenzio poi lui sbuffò, stavo per chiedergli cosa volesse ma il telefono mi zittì, osservai lo schermo: la scritta Brad lampeggiava a ritmo con l’ultima canzone dei Daft Punk, azionai il silenzioso e ripresi a guidare, Miles mi osservò incerto: “Non vuoi parlarci?”

Evitai di guardarlo preferendo concentrarmi sulla strada.

“Non con te presente!”

Lui alzò le spalle e fissò fuori dal finestrino “Come vuoi.”

Dopo l’ennesimo squillo finalmente lo schermo tornò nero, sospirai, mi sarei fatta perdonare.

 

Arrivata a casa di nonna feci appello a tutte le mie forze per non fare retromarcia e tornarmene dritta a casa, mi preparai a scendere e Miles mi bloccò: “Io non lo farei.”

Lo guardai stanca e lui indicò il finestrino “La capretta è lì!”

Alzai gli occhi al cielo: “Miles davvero, dovresti risolvere il tuo problema con gli animali e poi di cos’hai paura? Non può certo farti del male!”

“Non fisicamente no! Ma quella testa appuntita nasconde una mente diabolica.”

Gonfia le guance fissando la capra che ci guardava.

“Sì certo, sai cosa? Rimani qui allora!”

Mi fissò con uno sguardo impaurito e confuso, come quello di un bimbo che si è perso nel bosco.

“Da solo? E se apre la macchina? D’accordo smettila di guardami così, vengo con te!”

Scendemmo e lanciai un'occhiata alla tanto temuta capra che stava masticando qualcosa di indefinito:

“Visto? È solo un’adorabile piccola capretta che sta prendendo la rincorsa e sta correndo proprio verso di noi e o mio Dio!” Corremmo verso la porta, fortunatamente aperta, appena in tempo, sentimmo infatti le corna della capra cozzare contro il legno, ma cosa diavolo le dava da mangiare mia nonna? Veleno e cattiveria? Guardai Miles: “Non dire niente!”

“Sally? Oh, sei davvero tu.”

Mi tirai indietro una ciocca di capelli recuperando un po' di fiato

“Sì ehm, sono qui solo per chiederti una cosa.”

Sospirò in modo stanco e si lisciò la maglia: “Capisco, non stare lì sulla porta entra!”

Mi accomodai nel salone passando nervosamente la mano sul divano in pelle ormai rovinato;

“Vuoi un po’ di the?”

Stare in quella casa, con lei non mi faceva sentire a mio agio, non avevo ancora digerito tutta quella faccenda degli spiriti e della possessione e probabilmente non l'avrei mai fatto ma avevo davvero bisogno di risposte ed ero sicura che lei ne aveva abbastanza da placare tutte le mie domande.

“No! Voglio solo che tu mi dica la verità!”

Sospirò stancamente: “La verità su cosa?”

“Su tutto…c’è qualcosa che ancora non mi hai detto magari?” Fissò Miles e dovetti reprimere l'istinto di dirle di smetterla, non so perché ma mi infastidiva che lei lo guardasse: “Nonna ti prego, ho bisogno di saperlo”

Scosse la testa mormorando qualcosa di incomprensibile e poi tornò a guardarmi: “In effetti c’è una cosa.”

Io e Miles ci guardammo negli occhi, lo sapevo, cos'altro ancora mi nascondeva quella donna?

Lei si alzò aprendo un cassetto dall'armadietto di mogano intagliato e tirandone fuori un foglio ingiallito e dai bordi stropicciati: “Per quello che facemmo io e Rob ci fu un prezzo da pagare...”

“Sì me lo hai già detto!”

“Non era solo quello” Prese un altro respiro “Vedi, quando ho partorito io…io ho avuto due gemelle.”

Gemelle? Un momento, aveva davvero detto gemelle?

“Cosa? Quando? Prima della mamma?”

“No, tua madre era una delle gemelle!”

Miles era ammutolito, io non riuscivo a credere a quelle parole, non riuscivo a trovarvi un senso:

“Non ha senso, lei non mi ha mai detto niente.”

Tornò a sedersi incrociando le braccia: “Perché lei non lo sa, e non lo deve sapere!”

Oh, almeno non ero l'unica con cui aveva dei segreti “Che fine ha fatto l’altra bambina?”

Avevo paura a sentire la risposta ma ne avevo bisogno, lei aprì il foglio fissandolo con lo sguardo velato: “Quando le ho viste ho subito capito che c’era qualcosa che non andava ma non ho voluto dar retta alle mie sensazioni, erano le mie bambine in fondo.

Con il passare dei giorni però, sia io che Rob ci accorgemmo che tanto tua madre era dolce e tranquilla, tanto la sorella era dispettosa e irritabile, ci ripetevamo che era solo questione di carattere ma poi, beh quasi subito in realtà, ci furono delle morti, morti di animali e pensandoci capimmo che risalivano al giorno in cui avevamo portato le gemelle a casa.

Alla decima morte scoprimmo che, mentre tua madre era priva di qualsiasi potere, la sorella ne aveva già a sufficienza, poteri che io ho ottenuto solo molto tempo dopo la mia iniziazione ma la cosa peggiore era che lei non li usava per scopi benefici: una volta solo perché Rob aveva preso in braccio tua madre lei cercò di ucciderla, la salvammo appena in tempo e, e poi un giorno, la trovammo accanto al corpo senza vita del nostro cane, capimmo che era stata lei capimmo che più animali morivano e più i suoi poteri diventavano forti, era diventata incontrollabile, c’era qualcosa di sbagliato in lei, qualcosa di orribile!

Rob fece delle domande e alla fine capì che era quella la nostra punizione, Loro ci avevano dato una figlia che era l’esatto opposto di tutto quello che la nostra famiglia era stata per secoli.

Lei era destinata ad essere la prescelta del demonio in persona, l’unica cosa da fare, per il bene di tutti era eliminarla e ci provammo ma, come potevo farlo? Era solo una bambina, era la nostra bambina!

Così alla fine la lasciammo in un convento, sperammo che potesse servire a qualcosa ma poche settimane dopo, un vecchio prete visitò il convento trovando tutte le suore prive di vita e così capimmo che non c’era redenzione per lei, andammo a cercarla ma il prete disse che non c’era nessuna bambina, assorbire tutte quelle anime deve averla fatta crescere prima del tempo e in qualche modo è scappata.”

Mi massaggia le tempie quello, tutto quello non poteva essere vero: “Mi stai dicendo che ho una zia pazza?”

Ispirò a lungo mentre Miles sembrava sul punto di picchiarla.

“No! Tua zia è morta, permettendo così a sua figlia di assorbire tutta la sua forza.”

Mi sembrava di essere in una di quelle giostre che girano a velocità supersonica

“Ok ho bisogno, fermati un momento, figlia? Quindi ho una cugina? E tu che ne sai?”

Tornò a guardare quel maledetto foglio mentre una morsa mi stringeva lo stomaco.

“Poco dopo che i tuoi poteri si erano manifestati mi arrivò una lettera, poche righe in effetti le più importanti erano: ‘Io lascio questo mondo, lasciando il resto a mia figlia!’ ed era firmato la figlia che non hai voluto chiesi aiuto alle vecchie conoscenze per rintracciarla stavo, stavo perdendo la speranza finché non lo vidi, un tatuaggio, il simbolo dello Yin Yang sormontato da alcuni rami neri.”

Ero paralizzata, il mio cervello era in tilt, il mio cuore batteva impazzito: “ Il mio tatuaggio.” Fissai Miles disperata, lui aveva un'espressione vuota e continuava a torturarsi le mani.

“Sì! E anche tua cugina ha lo stesso tatuaggio.”

Lo stesso tatuaggio, lei ha il mio stesso tatuaggio, lei è mia cugina lei.

“…Come è...”

Mia nonna si alzò avvicinandosi a me: “Lo Yin Yang rappresenta l’equilibrio delle cose, uno su tutti il bene e il male, ma indica anche che nulla è completamente bene o male.

Mentre il tuo compito è salvare le anime e aiutarle a tornare nel proprio corpo quando è possibile, lei le assorbe si nutre quasi di loro e più anime prende più i suoi poteri aumentano e sono sicura, che è alla ricerca anche della tua, assorbendo te infatti, assorbirà anche i tuoi poteri diventando inarrestabile!”

Anime? Poteri da assorbire? Di cosa stava parlando? Io ero ancora in tilt: “Quindi ho una cugina.”

“E la conosci già”

Alzai lo sguardo incontrando il volto pallido di Miles e il nostro fu un sussurro all'unisono:

“…Eloisa…”

 

 

 

 

“Vuoi parlarne?”

Rimasi con lo sguardo sulla strada, non avevo voglia di parlare, non avevo voglia di fare niente: “No.”

“Sai? Penso che dovremo farlo, da quando siamo usciti da casa di tua nonna non hai detto niente.”

“No!”

Miles mi diede un leggero pugno sulla spalla, più che avvertire il suo pugno avvertii una leggera scossa.

“Andiamo! Parlarne ti farà bene”

Sbuffai seccata: “Miles! Per la millesima volta no e ora smettila, ho bisogno di pensare!”

“A cosa?”

Lo ignorai continuando a fissare la strada.

A cosa dice lui? Beh tanto per cominciare all’ennesima bugia di mia nonna, al fatto che avessi raccontato tutti i miei segreti a una pazza psicopatica, al fatto che suddetta pazza si è rivelata essere mia cugina e non una di quelle cugine che ti portano le torte a sorpresa quando è il tuo compleanno, no! Una che mi vuole morta per assorbire i miei poteri, sì avevo un bel po' di cose a cui pensare!

“Va bene non ne vuoi parlare, ma pensi che c’è ne staremo immobili qui a fissare la strada ancora per molto?”

Sbuffai ancora mettendo in moto: “Devo parlare con Ellen.”

Mi fissò irritato incrociando le braccia.

“Certo! Con lei si ma con me no.”

“Miles ora non voglio parlarne con te e ho bisogno della mia amica, d’accordo??”

Alzò le spalle e per il resto del viaggio non aprì bocca limitandosi a torturarsi le labbra con i denti.

Guidai così velocemente che in men che non si dica mi ritrovai a casa di Ellen.

Pur avendo le chiavi bussai svariate volte, fino a che lei aprì guardandomi con l’espressione preoccupata, i miei occhi si fecero subito liquidi e sentii il fiato farsi corto: “C’è l’hai un po’ di tempo per me?”

Lei mi rivolse uno dei suoi sorrisi più dolci spalancando la porta.

“Oh tesoro, io ho sempre tempo per te!”

Mi trascinò in salotto mentre io cercavo di trattenere le lacrime senza riuscirci, mi abbracciò e affondando il viso nella sua spalla mi lasciai andare, lei mi lasciò sfogare passandomi con delicatezza una mano fra i capelli: “Va bene, va tutto bene, ora vuoi smetterla di piangere e dirmi cosa succede?”

Trattenni l’ennesimo singhiozzo stringendola con forza “Io non lo so! Non so perché sto piangendo, credo solo di essere arrivata al limite e io-” Gonfiai le guance sforzandomi di smettere di piangere, lei mi prese il volto fra le mani scuotendomi leggermente: “Ma di cosa ti scusi? Ora fai un bel respiro e parla con me!”

Feci come mi aveva detto tirando su col naso: “…Ho una cugina!”

Sbatté le palpebre più volte.

“Una cosa?”

“Cugina e credimi questa non è nemmeno la cosa più assurda!”

Si allontanò leggermente per guardarmi meglio: “Certo…scusa, ma tua madre non era figlia unica?”

Mi soffiai il naso ridendo istericamente:

“A quanto pare aveva una gemella!”

Lei annuì “Oh certo, ovvio e questa non è la cosa più assurda?”

Strofinai gli occhi e presi un bel respiro:

“No! La cosa più assurda è che lei è, mia cugina è Eloisa!”

Vidi il suo volto sbiancare.

“Cosa? Cioè in che senso? Che vuol dire? Che centra Eloisa? Credo di essermi persa!”

“Oh no, non ti sei persa: lei è mia cugina ma non finisce qui, perché sarebbe troppo semplice! Lei è come me, o per meglio dire è il mio opposto e probabilmente vuole uccidermi e assorbire i miei poteri e io, io non credo di farcela, davvero non…”

Tornò ad abbracciarmi e mi lasciai avvolgere da quella sensazione di calore e affetto.

“No no, ok tesoro! Ok respira non è poi, sì dai! Non è una cosa tanto grave se ci pensi e dobbiamo solo, solo trovare il lato positivo della cosa!”

“Andiamo Ellen, penso che nemmeno tu riuscirai a trovare il lato positivo in questa storia.”

Si massaggiò le tempie fissando un punto indefinito della stanza:

“Devo ammetterlo è una cosa abbastanza assurda, cosa pensi di fare?”

Alzai le spalle rassegnata: “Io non lo so”

“Ma tua nonna ti avrà detto altro oltre a questa grande rivelazione no?”

“In realtà non ne sa molto nemmeno lei, mi ha solo detto che sa fare esattamente quello che so fare io, anche se meglio e lei usa le sue capacità per il male e la madre ovvero mia zia, era come lei e si è fatto uccidere dalla stessa figlia per permetterle di guadagnare più potere, perché a quanto pare più anime assorbe più si rafforza e non si preoccupa certo dei metodi, voglio dire ha sterminato un intera famiglia con l’incendio solo per accumulare anime quindi…e sì insomma assorbendo i miei poteri per lei sarebbe come vincere alla lotteria!”

Rimase in silenzio a lungo tentando di assimilare la notizia, poi mi fissò: “Una specie di Ethan, cioè Samar, si insomma del bimbo diabolico?”

Alzai un sopracciglio Samar: “Non ci avevo pensato ma, immagino giochino per la stessa squadra, anche se al momento lui è sotto controllo!”

“E il tuo amico invisibile cosa dice?”

Ignorai la leggera fitta al petto:

“Non ne abbiamo ancora parlato in realtà...”

“Bene! Allora sai cosa fai ora?”

Scossi la testa e lei mi afferrò le spalle: “Ora torni a casa, ti fai una bella doccia, parli con il tuo amico se è tornato e lo mandi a fare indagini e cose di questo tipo e ti vesti, ti trucchi ed esci con Brad.”

Cosa? Ma aveva ascoltato quello che le avevo appena detto?

“Ma Ellen…”

“No! Niente ma, non permetterò che la tua cuginabarrapsicopatica ti rovini la vita sociale e poi sei stata in cura da lei per quanto? Due anni? E non ha mai fatto niente, perché dovrebbe farlo ora?” Forse perché la mia fortuna è paragonabile a quella di un dinosauro nel giorno della sua estinzione?

“Forse voleva essere sicura fossi io o lasciare che i miei poteri diventassero più forti e, forse hai ragione sulla faccenda di Ethan, insomma, mia nonna ha detto che per lei non c’è redenzione, ma se nessuno ci prova come possiamo esserne sicuri? E su Ethan avevo ragione…forse posso aiutarla!”

“Quindi tu, vuoi fare la buona samaritana e darle il tuo aiuto, bene! D’accordo puoi farlo, vedi non voglio intromettermi con le tue faccende 'magiche' ma puoi farlo domani ovvero, dopo essere uscita con Brad!”

Certo che non mollava mai l'osso.

“Ma-”

Mi fissò seria: “Sono o non sono la tua miglior amica?”

Sbuffai iniziando a sentirmi leggermente meglio.

“Cosa centra?”

“Rispondi!”

“Lo sei!”

“Bene! Io so cos’è meglio per te e tu, tesoro mio, hai bisogno di uscire e di Dio sa cosa fare con Brad per sentirti meglio quindi su, vai e dimenticati per un paio d’ore della tua ritrovata cugina!”

Sbuffai, cercare di far cambiare idea ad Ellen era inutile e poi forse in fondo aveva ragione no? Non potevo di certo affrontare Eloisa in quel momento, non ero psicologicamente pronta: “Va bene!”

“Promesso?”

“Promesso!” Sì, avevo bisogno di distrarmi, non avevo nessun piano d'azione e aspettare ancora un giorno che male poteva fare?

“Ottimo e metti un bel vestito e usa le precauzioni!”

“Ellen!”

“Cosa? Gradirei non avere nipotini al momento!”

Scossi la testa ridendo e l’abbracciai forte ringraziandola semplicemente per esserci sempre.

Con il cuore un po' più leggero e la mente un po' più calma tornai a casa.

Infilai la chiave nella serratura ed un brivido mi scivolò lungo la schiena, sovrappensiero mi richiusi la porta alle spalle, strano! Mocho non era venuto ad accogliermi e un silenzio rumoroso riempiva la casa: “Mocho?” Entrai in salotto e mi paralizzai, la bocca aperta per lo stupore i muscoli che sembravano frizzare, Mocho era a terra sovrastato da un essere, una specie di ombra nera con tre occhi rossi, voltai appena la testa: Eloisa era seduta sul divano, era seduta sul mio divano e mi sorrideva con le lunghe gambe accavallate “Ciao cugina!”

Deglutii cercando di ritrovare la capacità di parlare:“C-come sei entrata in casa mia? Cos’è quel coso?”

Indicai l'ombra che continuava a schiacciare il mio gatto mentre sentivo le mani prudere.

“Ma quante domande! Andiamo, so che sei più intelligente di così, pensi davvero che una porta chiusa possa fermarmi? E per quello, diciamo che quello è il mio cagnolino speciale e come me odia i gatti, sai li trova così saccenti, convinti di sapere tutto e che tutto gli sia dovuto, ogni volta che vedo uno di loro mi viene l’irrefrenabile voglia di schiacciarli come mosche!”

Guardai il mio povero Mocho soffrire e senza pensarci scagliai una sfera di luce contro l’ombra, questa urlò, un urlo disumano e allargando la bocca inghiottì la mia sfera diventando più grande, Eloisa rise:

“Povera la mia cuginetta! Non ti hanno proprio insegnato niente, non sai che la mia dolce ombra si nutre della tua piccola e insulsa luce? E vedi, ora l’hai fatto arrabbiare!”

L’ombra lasciò Mocho e tirai un sospiro di sollievo, sospiro che si bloccò immediatamente perché mi ritrovai attaccata alla parete con lui che mi sovrastava, provai a muovere una mano ma era come se l’ombra fosse fatta di cemento, non riuscivo a fare niente, non riuscivo a respirare e mi sentivo sempre più debole.

“Lo vedi Sally? È così facile vincere con il male che non capisco perché la gente continui a lottare per il bene.”

Prima che Eloisa potesse avvicinarsi a me fu scagliata a terra da un lampo di luce, Mocho miagolò e un’altra ondata di luce allontanò l’ombra da me, mi sfiorai il collo e tossi, Eloisa si rialzò fissando Miles e leccandosi le labbra: “Anche io posso fare questo gioco sai?”

Dal palmo della sua mano fuoriuscì una densa sfera nera che scagliò contro Miles, lui la evitò rimanendo ferito al braccio, si avvicinò a me e mi inglobò nel suo scudo di luce, c’era qualcosa di strano nella luce di Miles, qualcosa che notavo solo ora ma che probabilmente c'era già da un po', era la sua luce, era diversa meno intensa, Eloisa si avvicinò continuando a lanciare sfere fino a che lo scudo iniziò ad incrinarsi, la fissai con astio: “Smettila! Cosa vuoi!?”

Lei sorrise, l’ombra strisciava ai suoi piedi.

“È così semplice cara piccola Sally, e sono sicura che giungeremo ad un accordo comodo per entrambe le parti!”

Si avvicinò ancora e sfiorò con le dita il volto di Miles, sentii lo stomaco contorcersi e la voglia di darle un pugno farsi strada in me:

“Ricordi nel mio studio? Hai detto di non poterlo più fare, hai detto di non poterne più di tutto questo! E allora abbandonalo Sally lascialo a me, passami i tuoi poteri spontaneamente e non dovrò ucciderti, se non sbaglio, si chiama patteggiamento pensaci, pensaci bene, perché presto verrò a reclamare la mia risposta!” Sorrise toccando ancora Miles, poi l’ombra l’avvolse portandola via in un insieme di ombra e ghigni.

“Stai bene?”

Abbracciai Mocho, ignorando per un istante Miles, controllando che non avesse niente di rotto.

“Credo di sì, non lo so, tu?”

“Vuoi accettare il suo accordo?”

Evitavo di guardarlo, sapevo che se avessi incontrato i suoi occhi sarei scoppiata nuovamente a piangere: “Non lo so Miles, non so più niente!”

Si grattò la nuca abbassando il volto con fare colpevole “Scusa, ero andato a cercare qualcosa di utile, non pensavo che…”

Mi si strinse il cuore a vederlo preoccuparsi così per me e ripensai a poco prima.

“Cos’è successo?”

Mi fissò confuso e aggiunsi: “Alla tua luce!”

“Non capisco!”

“Miles è diversa, è più chiara, meno forte perché?”

Si irrigidì e mi voltò le spalle, odiavo quando faceva così.

“Sei spaventata e sotto shock, ti lascio sola e vado a vedere se Loro hanno intenzione di aiutarci!”

“Miles tu, non mi stai nascondendo niente vero?”

“Certo che no, fa come ha detto Ellen esci con…Brad divertiti, non pensare ad Eloisa, non finché non avremo il quadro completo!”

Accarezzò la testa di Mocho, mi guardò per un istante negli occhi e sparì.

 

Rimasi esattamente dieci minuti e quattordici secondi seduta sul divano ad accarezzare Mocho e fissare il vuoto poi, una vocina molto simile a quella di Ellen, mi impose di alzarmi così mi preparai, infilai il tubino nero, le scarpe col tacco e i miei piccoli orecchini d'oro e mi fissai allo specchio:

“Ok Sally! Puoi farcela, questo non è niente tu hai affrontato di peggio come…ok, ora non mi viene in mente niente ma sicuramente hai affrontato di peggio, quindi ora scendi e passi una meravigliosa serata con Brad! Ottimo, bene, sì, va tutto bene, un bel sorriso ecco così e via”.

 

Scesi la scale di corsa avevo paura che se mi fossi fermata anche solo un secondo, tutta la mia sicurezza sarebbe evaporata via, Brad era appoggiato alla sua auto e appena mi vide mi sorrise, mi sentii subito meglio, come avvolta da un senso di pace e mi ritrovai a sorridere come un'idiota.

“Buonasera!”

“Ciao Brad!”

Mi avvolse un braccio attorno alle spalle e depositò un leggero bacio sulla guancia, inebriandomi col profumo del suo dopobarba: “Tutto bene?”

Cercai di darmi un contegno “Sì, mi dispiace per non aver risposto al-”

Mi bloccò continuando a sorridermi, ma era legale un sorriso del genere?

“Ehi, non ti devi mica giustificare? Eri impegnata e non potevi rispondere, non è un problema!”

Sorrisi leggermente, mi invitò ad entrare in macchina e obbedii allacciandomi la cintura: “Dove andiamo?”

“Mh ristorante?”

Mi morsi un labbro: “In realtà non avrei molta fame, scusa!”

Sistemò lo specchietto retrovisore, mi lanciò uno sguardo che mi fece arrossire e mise in moto “Smettila di scusarti, allora mh sì! Ti porto in un posto!”

Senza riuscire a controllarmi sorrisi fissando i suoi occhi verdi: “Che genere di posto?”

Sorrise entusiasta e ad ogni suo sorriso il mio cuore mancava un battito.

“Un posto! Fidati di me, puoi farlo?”

Posso?

“Immagino di si!”

“Ottimo!”

 

Guidò per una mezz’oretta e si fermò in un posto buio e deserto, mi guardai intorno mentre continuavo a ripetermi come un mantra: 'ti prego fa che almeno lui sia sano di mente e non mi abbia portato qui per uccidermi!'

“Bel vestito, sei molto bella!”

Lo disse così all'improvviso che fu come una doccia fredda in piena estate: piacevole ma inaspettata e l'unica cosa che riuscii a fare fu arrossire, sussurrando un flebile “Grazie”

Si avvicinò spostandomi una ciocca di capelli dal volto, sentii il suo fiato caldo sul mio viso e mi ritrovai a fissargli le labbra.

“Sono sincero! Ma forse sarà un po’ scomodo.”

Lo fissai con aria interrogativa, aria che dovette trovare molto buffa perché scoppiò a ridere, mi prese la mano tirandomi leggermente: “Vieni!”

Mi guardai intorno cercando di capire dove fossi, in effetti non era poi così buio, c’erano vari lampioni sparsi qua e la e, un momento, era una barca quella? Ma una barca non può fluttuare nel nulla ma, oh certo, la spiaggia!

“Mi hai portato in spiaggia!”

Annuì sempre col sorriso sul volto: “Una volta adoravi il mare!”

Si ricordava? “Lo adoro ancora in effetti.”

“Ti aiutava a rilassarti e mi sembravi un po’ tesa o meglio preoccupata!”

Oh Brad, perché dovevi essere così adorabile?

“Sì, ehm scusa non sono dell’umore più adatto forse!”

Mi attirò a se in un piccolo abbraccio, sentii la sua barba solleticarmi la guancia e il suo respiro leggero sull'orecchio: “Smettila di scusarti, vieni con me.”

Mi tolsi le scarpe beandomi della sensazione dei piedi che affondavano nella sabbia morbida, pochi passi e ci sedemmo su una vecchia barca arenata rimanendo a fissare il mare.

“È così calmo.”

“Proprio il contrario di te!”

Lo guardai fintamente offesa: “Io sono una persona molto calma!”

Sorrise e lo imitai.

“Ho sempre pensato che fossi stravagante, in senso buono ovvio, piena di idee e possibilità, non sono molti quelle come te!”

Mi strinsi leggermente a lui appoggiandomi al suo petto fasciato da una meravigliosa camicia bianca.

“Meno male direi!”

Lui prese ad accarezzarmi i capelli: “Perché?”

“Essere stravagante, come dici tu, non è sempre un bene!”

Rimase un po' in silenzio, poi riprese a parlare: “Secondo me è una grande qualità, ti differenzia dalla massa, io non so cosa nascondi e non voglio saperlo se tu non vuoi dirmelo ma qualsiasi cosa sia ti rende unica ed è una delle cose che mi piace di te!”

Sentii irrimediabilmente le guance andarmi a fuoco.

“Una?”

Lui sorrise, era un sorriso fantastico il suo, uno di quelli che non si limita alle labbra ma che coinvolge ogni piccola parte del volto: “Certo! Poi c’è il tuo sorriso, la fossetta che ti si forma all’angolo della bocca quando lo fai e il fatto che arrossisci praticamente a ogni complimento che ti faccio! E anche il tuo essere un po’ matta, sempre in senso buono”

Ringrazia il buio, è difficile notare che livelli di rossore può raggiungere un volto al buio.

“Io non lo vedo questo senso buono”

“Perché?”

“Perché insomma, le persone normali...”

Sospirò tornando a fissare il mare: “Oh ma le persone normali sono così noiose!”

Smisi di osservare il movimento del suo petto mentre respirava e tornai a fissargli il volto, alla fine scossi la testa e guardai anche io il mare: “Ma sono normali!”

“Ma noiose.”

“Perché?”

“La normalità è sopravvalutata, finisci col fare sempre le stesse identiche cose: ti alzi, ti vesti vai a lavoro, torni a casa mangi, esci, ritorni a casa e dormi e il giorno dopo uguale e anche quello dopo e quello dopo ancora diventi, una macchina e non c’è niente di emozionante nell’essere una macchina.”

Senza accorgermene mi ritrovai a stringergli la mano.

“Però hai una vita più tranquilla, non hai sempre l’ansia di dover dimostrare qualcosa, non devi continuamente combattere contro cose che, cose che non capisci e, le altre persone non ti guardano come se fossi quella strana.”

“Ma tu non sei strana!” Lo fissai male “Ok un po’ lo sei, e allora? Dovresti fregartene di quello che pensa la gente, il punto non è la gente il punto sei tu, tu cosa vuoi davvero?”

Sollevai leggermente le spalle portando le nostre mani sul mio grembo.

“Magari non lo so, è questo il problema.”

“Magari invece di vederlo come un problema puoi vederlo come un modo di esplorare varie possibilità.”

Mi persi nuovamente nei suoi occhi verdi cercando di rimanere della mia posizione: “Perché lo fai?”

Lui sembrò confuso.

“Fare cosa?”

Lo indicai: “Questo! Mi hai portato qui, mi dici queste cose...”

Mi tieni per mano, mi guardi come se fossi la cosa più bella che tu abbia mai visto.

“Perché mi piaci Sally, pensavo fosse chiaro!”

Fissai di nuovo il mare, troppo imbarazzata per guardarlo.

“La mia vita è un casino, sto ancora cercando di raccogliere tutti i pezzi e non sono sicura di riuscire a….”

“Non ti sto chiedendo niente, ti ho solo detto che mi piaci, il punto è: vuoi che ti aiuti a raccogliere i pezzi?”

Lo volevo? “Dici così perché non sai tutta la storia”

Diventò improvvisamente serio: “Raccontamela allora!”

“Scapperesti o peggio mi daresti della pazza.”

“Mettimi alla prova!”

Continuavo a mordermi il labbro e a fissare le sue.

“Non posso”

“Perché?”

“Perché non sono sicura di volerti perdere!”

Sorrise sfiorandomi la spalla con la punta delle dita:

“Sei la ragazza più strana con cui io sia mai uscito!”

“E non hai ancora visto niente!”

Poggiò la fronte sulle mia e mi sfiorò il naso con il suo:

“Puoi fidarti di me!”

Non risposi, le mie labbra erano troppo impegnate a ricambiare il suo bacio per farlo.

 

Rimanemmo lì per quella che mi sembrò un eternità, stesi su quella barca, mano nella mano guardavamo il cielo davanti a noi e per la prima volta da tanto mi sentivo bene, come se tutto fosse a posto, come se tutto fosse normale.

Eppure, c’era sempre la mia famosa vocina interiore che continuava a gridare tradimento, anche se dopo il quarto o quinto bacio era più un sussurro che un vero e proprio grido, ma tradimento di cosa poi?

 

Erano quasi le due quando lasciammo la spiaggia, Brad si fermò sotto casa mia e mi guardò:

“Siamo arrivati!”

“Così sembra.”

“Cosa vuoi fare?” Mi arricciai una ciocca di capelli: “Tu cosa vuoi fare?”

Sorrise senza guardarmi: “A me piacerebbe salire.”

Mi guardò facendomi l’occhiolino, la vocina tornò a farsi sentire più forte di prima: “Io…”

“Come vedi Sally, il punto è: cosa vuoi tu?”













Angolo del bla bla bla
Rieccomi più agguerrita di prima è__é
Ci tengo a dirvi che ho fatto un po' di modifiche a questo capitolo, ho cercato di agigungere un po' di descrizioni in più e spero di aver fatto un discreto lavoro!
Detto questo.
Allora?
Eloisa è la cugina(perfida, cattiva, stronza) di Sally.
Ve lo aspettavate? Sappiate che io sono ancora molto perplessa da questa cosa, non so forse è troppo assurdo forse scontato forse...non ne ho idea >__> ma a quanto pare è così(ma cosa sto dicendo?)
Ovviamente Eloisa tornerà ma la nostra Sally aveva pur bisogno di un po' di svago e in questo capitolo si è data alla pazza gioia(ma dove?!) Arriviamo dunque a Brad.
*gongola al pensiero di Nova mentre leggerà questo capitolo*
Da quanto ho capito siete tutte team Miles, tranne Aven che non si è esposto v.v
Dunque, in teoria tutto il pezzo con Brad doveva essere qualcosa di molto romantico, sprizzare amore da tutti i pori ma non so se ci sono riuscita, io e il romanticismo siamo come le cozze con il miele(?) spero, anche questo sia accettabile!
ma volete sapere a chi mi sono ispirata per Brad? eh? lo volete sapere? eh? eh? eh? ebbene a lui, Tyler Hoechlin! Andate a cercarlo e sono sicura che Brad vi piacerà decisamente di più!!
Bene, vi lascio sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento, non esitate a lasciare un commento eh!
Ah dimenticavo, alla fine Sally, lo farà salire o non lo farà salire?

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Capitolo 12
*** Ancora bugie ***


OTTAVO CAPITOLO

(Ancora bugie)

 

 

 

 

Quando mi risvegliai la stanza sembrava girare vorticosamente, la testa mi scoppiava e mi sentivo come se ci fosse qualcosa che mi schiacciava lo stomaco.

Mi alzai e barcollando raggiunsi il bagno, appena in tempo per vomitare anche l’anima;

“Sally? Ho-Uh! Dio stai, uh vomitando!? Cosa diavolo ti ha fatto mangiare quel tipo: cibo avariato?”

Sollevai lentamente la testa e vidi il volto di Miles contratto in una smorfia disgustata:

“...Non abbiamo mangiato nulla!”

Lui fece un'espressione contrariata incrociando le braccia al petto e appoggiandosi al muro: “Sei una donna adulta! Dovresti sapere che non si beve a stomaco vuoto!”

Feci per alzare gli occhi al cielo ma l’ennesimo conato di vomito me lo impedì: “Non abbiamo nemmeno bevuto.”

Mi fissò in silenzio per alcuni istanti e infine sbuffò: “Beh, non ti facevo una che va subito al sodo.”

Arrotolai un altro pezzo di carta intorno alla mano ripulendomi poi la bocca:

“Di quale sodo stai-O mio Dio! No! Non c’è stato nessun sodo, niente di sodo tra di noi chiaro?”

“Non devi mica giustificarti con me.”

“Lo so ma-” Non riuscii a dire più nulla perché l'ennesimo conato di vomito prese il sopravvento, ma cosa diavolo stava succedendo?

Miles fece un passo indietro coprendosi la bocca con la mano: “Uhm, sai cosa? Ti lascio sola! È un momento delicato e ne riparliamo quando esci!”

Se fossi stata in grado di alzarmi gli avrei dato un pugno: “Miles!”

“E dai! Lo sai che sono vomitoemotivo.”

Gli sventolai contro una mano e abbraccia la tazza del water, erano anni che non vomitavo e ripetere l’esperienza non era una cosa piacevole.

 

Dopo quelli che mi sembrarono secoli la nausea sembrò calmarsi così, mi alzai lentamente e mi lavai i denti per togliere l’orrendo sapore di acido che avevo in bocca, respirai profondamente e mi trascinai in cucina dove Mocho si stava stiracchiando mentre Miles l’osservava sorridendo, li ignorai e misi il bollitore sul fuoco recuperando una bustina di the, cercando di placare il borbottio del mio stomaco.

“Se non hai mangiato, non hai bevuto e non c'è stato, parole tue, niente di sodo tra di voi, forse è un virus!”

“Già.” Sentii il collo pizzicare e la vista iniziò ad annebbiarsi, l'ennesima fitta allo stomaco mi costrinse a sedermi: “Oh no!”

“Cosa?”

“No, no, no, no! Non di nuovo, per favore tutto ma non questo!”

Miles mi osservava senza capire, tornai in bagno e mi appoggiai con la schiena alla vasca mentre lui mi fissava appoggiato alla porta: “Pensi centri uno spirito?”

Chiusi gli occhi cercando di non vomitare ancora: “Penso di essere incinta.”

Miles strabuzzò gli occhi e poi fece una strana smorfia:

“Hai detto di non aver fatto niente con Brad!”

Lo guardai in cagnesco: “E infatti è così! E anche se avessi fatto qualcosa non sarebbe comunque possibile che, andiamo!”

Sembrò calmarsi e si avvicinò leggermente: “E allora?”

“Spiritualmente! Spiritualmente incinta Miles!”

“Oh! Come quella volta al liceo?”

“Sì! Solo che quella volta mi risvegliai con tanto di pancia mentre ora a quanto pare siamo all’inizio.”

Inclinò la testa osservandomi attentamente, io continuavo a sentire un insistente fischio nelle orecchie e l'unica cosa che volevo fare era stendermi e dormire.

“Siamo?”

“Io, lo spirito e la nostra gravidanza spirituale…Dio ma perché!?”

“Beh”

“No! Niente vedi il lato positivo o così sarai preparata quando avrai davvero un figlio!” sussultai leggermente “Devo trovarla, non voglio fare la fine dell’altra volta!”

Miles si grattò il mento visibilmente più rilassato, cos'aveva da essere rilassato poi non lo so.

“E come pensi di trovarla?”

Mi sfiorai la pancia, come potevo spiegare questo a Brad? “Potrei usare il pendolo?”

“Ehm fammi pensare: no!”

“Perché?”

“Non hai niente di suo!”

Fissai la tazza del water “In un certo senso il vomito è suo, no?”

Lui rabbrividì e si tappo la bocca con entrambe le mani: “Dimmi che non hai davvero pensato di usare il vomito? No! Non rispondere, non credo di volerlo sapere, potrei vomitare solo al pensiero!”

“D’accordo, come faccio allora?”

“Potresti fare una domanda diretta al pendolo.”

Mi alzai lentamente: “Del tipo: perché Loro mi odiano e continuano a tormentarmi in questo modo?”

Sorrise e mi sentì leggermente meglio.

“Uhm no, punti il pendolo su un posto e gli chiedi se la persona che cerchi si trova lì.”

“Tutto qui?”

Mi appoggiai al corridoio e lentamente tornai in cucina.

“Non è così semplice! Soprattutto considerando che non conosci la persona in questione, devi concentrarti davvero tanto e pensare davvero solo a lei perché il pendolo interpreterà ciò che vuoi, non ciò che dici, quindi quello che vuoi e quello che dici devono essere la stessa cosa!”

Ovvio, mai una volta che una cosa sia semplice no?

“Va bene, provarci non costa nulla!”

Stesi la cartina sul tavolo, il tempo di prendere il pendolo e Mocho vi si era comodamente accomodato sopra, lo spostai scuotendo la testa e mi sedetti.

“Da dove inizio?”

“Potresti provare dagli ospedali? Magari se siamo fortunati è andata lì.”

Va bene! Concentriamoci: 'voglio trovare la donna incinta, voglio trovare la donna incinta voglio trovare la donna incinta.'

Iniziai da uno degli ospedali più importanti della città, ovvero il Providence, continuavo a ripetermi mentalmente la domanda cercando di concentrarmi solo su quello e dopo pochi secondi il pendolo oscillò in senso orizzontale: destra e sinistra in un chiaro no.

La stessa scena si ripeté anche per gli altri quattro ospedali, stavo perdendo la speranza e la pazienza:

“Miles non succede nulla!” Lasciai il pendolo e mi misi le mani tra i capelli, lui si avvicinò a me:

“Te l’ho detto che era difficile.”

Aprii gli occhi e vidi il pendolo rotolare lentamente sulla cartina: “M-Miles è, è una cosa normale?”

Lui aveva più o meno la mia stessa faccia sconvolta: “Io credo di no, no non direi!”

Il pendolo intanto rotolò ancora fermandosi poi su un punto preciso, lessi il nome: Hospital of Revelation, Miles corrugò le sopracciglia e sembrò sbiancare, ignorai la sua strana reazione e rilessi ancora il nome: “Rivelazione? Che razza di nome è? Tu credi che…”

Mi voltai e invece di trovare Miles mi scontrai con il muso di Mocho che miagolò contento, contento di cosa poi? Sbuffai:

“Ma certo! Io ho un problema e lui sparisce senza dire nulla! Almeno una guida decente potevate mandarmela invece di quel buono a nulla no?”

Proprio in quel momento squillò il telefono, guardai il soffitto inclinando la testa: “Sarà mica la vostra risposta divina?”

Rovistai nella borsa e finalmente recuperai il cellulare, lessi velocemente il nome sul display e mi affrettai a rispondere:

“Oh Ellen sei tu!”

“Certo che sono io: voglio sapere tutto!”

“Ehm…tutto?”

“L’uscita con Brad no?”

“Oh quello sì certo, uhm ecco io, per caso sei libera ora?”

“O Dio! Questo tono non mi piace, ha fatto qualcosa di male? È successo qualcosa o-”

“No, no no lui è stato perfetto è che ora ho una cosa da fare e se non hai impegni potresti accompagnarmi così ti racconto tutto!”

“…Ok, questa cosa da fare ha a che fare con Eloisa?”

Merda! Eloisa, che colossale casino:

“Uhm no, ti racconterò anche di lei!”

“Ma è una cosa che riguarda cose normali o i tuoi spiriti?”

“Ecco è un po’ più complicato di così, davvero, ti spiegherò tutto.”

“Va bene, dammi un paio di minuti e sono lì.”

“Ok, uhm Ellen? Potresti portarmi dei taralli per favore?”

“Va bene…”

 

Combattei contro la nausea e mi vestì, infilai una busta di carta sotto al braccio e uscì di casa, prima di attraversare la strada feci un grande respiro profondo: ‘d’accordo non voglio vomitare! Quindi, cara mia signorina sono incinta ed entro in contatto con te così posso passarti tutto ciò che viene a me, vedi di darti una calmata!’

Ellen mi aspettava appoggiata alla sua Smart giallo limone e appena mi vide spalancò gli occhi:

“O-Mio-Dio!”

“Cosa?”

Mi guardò ancora:

“Sei incinta!”

Spalancai gli occhi, che avesse sviluppato doti paranormali anche lei?

“No! Cioè sì, insomma, non nel modo tradizionale ecco!”

“Tipo…inseminazione spirituale?”

Spalancai la bocca e mi guardai intorno poi la spinsi in macchina: “Ecco! Ora possiamo parlare, hai portato i taralli?”

Tirò fuori un’enorme busta che mi affrettai ad aprire: “Cfome fhai fatto?”

Alzò un sopracciglio incrociando le braccia: “Dovresti davvero rivedere questa tua abitudine di parlare con la bocca piena! Comunque, una donna certe cose le sa e poi sei pallida e volevi i taralli, tu odi i taralli, l’unica volta che li hai mangiati è stata a scuola, quando te ne andavi in giro con una pancia enorme e una busta di taralli sotto il braccio, così ho fatto due più due.”

“Già, a quanto pare i taralli sono la mia unica salvezza contro la nausea!”

“Mh quindi, è come l’altra volta? Ti verrà una pancia enorme che poi scomparirà o c’è veramente vita su Marte?”

Quasi mi strozzai con un tarallo: “Eh?”

“Sì insomma, tu e Brad avete, sai no?”

Arrossi: “No! E poi, davvero cosa avete tutti? Siamo usciti solo ieri non, non è una cosa possibile!”

“Perché? Tu sapevi che alcune donne riescono a sentire l’esatto momento in cui un ovulo viene fecondato?”

Mi sfiorai la pancia accarezzandola leggermente:“No ma grazie per l’informazione!”

“Quindi, è come quella volta?”

“Sì, solo che a quanto pare sta volta siamo agli inizi.”

“E cosa pensi di fare?”

Mangiai altri taralli cercando di masticarli prima di ingoiarli: “Trovare la vera donna incinta e capire cosa devo fare.”

“Cioè, trovare lo spirito della donna incinta?”

La nausea sembrava essersi calmata così smisi di ingurgitare taralli e mi attorcigliai una ciocca di capelli tra le dita:

“No, intendo proprio trovare la donna in carne ed ossa è complicato, non si tratta di uno spirito, lei è cosciente e viva.”

“Ma scusa, come fa allora a entrare in contatto con te?”

Ripensai alla prima volta che era successo e scossi la testa:

“Non lo so, è una cosa che succede solo in questi casi, Miles mi disse che non era tanto lei quanto lui.”

Ellen mi guardò e quasi potevo sentire il suo cervello mettersi velocemente all'opera per cercare di capirci qualcosa:

“Lui?”

“Il bambino, prima di essere corpo è spirito e se c’è un problema lo spirito trova il modo di mettersi in contatto con me.”

“Quindi è il bambino che potrebbe essere in pericolo?”

“Sì! O anche la madre, insomma se la madre è in pericolo lo è anche il bambino.”

“Non ci ho capito molto”

“Nemmeno io in realtà, è una cosa complicata!”

“Ottimo e da dove vuoi iniziare?”

“Dal Revelation, l’ospedale”

“Che razza di nome bizzarro, cosa pensi di trovarci?”

“Lei, o almeno è quello che ha detto il pendolo”

“ E se l’ha detto il pendolo!”

Mise in moto lanciando dei continui sguardi alla mia pancia, sbuffai frustata: “Ellen! Non crescerà all'improvviso, è diverso te l'ho detto!”

Lei scosse la testa e cercò di concentrarsi sulla strada: “Allora, qual è il tuo piano?”

Alzai le spalle rigirandomi i pollici e cercando di non abbassare troppo la testa: “Non lo so.”

“E andiamo sempre meglio!”

“Ci penserò una volta arrivata!”

“Va bene! Cambiamo argomento, ti lascio scegliere: Brad o Eloisa?”

Poggiai una mano sulla pancia mentre il mio cuore sussultava, Ellen guardava la strada davanti a se aspettando pazientemente una risposta: “Con Brad è andato tutto bene, mi ha portato in spiaggia, abbiamo parlato e ci siamo baciati.”

Sorrise facendo dei piccoli urli gioiosi: “Quindi lui ti piace?”

Arrossì pensando alla risposta giusta da darle “Sì.”

“Ma?”

“Non ho detto ma!” Era incredibile quanto davvero Ellen mi conoscesse.

“Miglior amica ricordi? Allora: ma?”

Sospirai rassegnata “Ma è tutto un casino: la mia vita” Mi indicai la pancia “ Questo e poi c'è Eloisa, io non so se sono pronta per una relazione, non so se posso sostenere una relazione, non so nemmeno se sopravvivrò per pensare ad una relazione!”

“Ok, ok rallenta, che succede?”

All'improvviso pensai a Miles ma scacciai subito la sua immagine dalla testa:

“Lei è entrata in casa mia, mi ha proposto un accordo, sì più che un accordo credo fosse una minaccia: se le cedo i miei poteri lei mi lascia in vita.”

Mi lanciò un'occhiata di sfuggita: “E perché questo crea un problema? Non fraintendermi Sally, ma non era quello che volevi? Liberarti da tutta questa cosa più grande di te? Lo so i suoi modi non sono esattamente raffinati ma insomma, sarebbe la soluzione che cercavi no?”

“Sì! No! Non lo so, insomma non così, cioè lei è il male e quando dico male intendo dire proprio il male e io cosa dovrei fare? Cederle i miei poteri? Cederle Miles? Cosi che magari possa conquistare tranquillamente il mondo? E cibarsi di anime innocenti? Tu non l'hai vista lei e la sua...cosa/ombra quello che era, non, sarebbe in grado di fare di tutto!”

Ellen rimase in silenzio per alcuni minuti mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. Seguendo le indicazioni del navigatore svoltò a destra, poi finalmente tornò a parlare: “Quindi è Miles il problema!”

Spalancai gli occhi sventolando furiosamente le mani “Cosa? Di tutto quello che ho detto hai sentito solo Miles? Male assoluto e conquistare il mondo ti sono sfuggiti?”

“No! Non mi sono sfuggiti! Ma affronta la realtà: puoi fare qualcosa? Oltre a questo patto, tu puoi fare qualcosa per fermarla?”

Buttai la testa sul poggiatesta lasciandomi andare ad una serie indistinta di borbottii più o meno insensati. “Io...”

“E allora liberatene! Lascia che sia un problema degli altri, lascia che se ne occupino Loro!”

“Ma che senso avrebbe avuto!? Che senso avrebbe avuto salvare Ethan? Laura e io, io non posso, non a lei, non perché voglio uscire con un ragazzo!”

“Sally si tratta della tua vita, non di un ragazzo ok? Si tratta di te!”

“Ha ucciso la sua famiglia, la sua stessa madre, come posso dare i miei poteri a una persona del genere? Come posso farlo quando so perfettamente che li userà per fare del male?”

“Io dico solo che-O MIO DIO!!”

“ELLEN!!”

Girammo vorticosamente insieme alla macchina che Ellen riuscì a fermare appena prima che si schiantasse contro il muro, mi portai le mani sul cuore guardando in cagnesco la mia miglior amica: “Che diavolo ti prende?!”

Lei mi imitò “Che prende a me? Che prende a te! Come ti salta in mente di fare questa cosa mentre siamo in macchina?”

“Cosa? Quale cosa?”

Mi indicò: “Questa!”

“Io non capisco!”

“Guardati allo specchio allora.”

Mi alzai leggermente per osservarmi attraverso lo specchietto e quasi saltai sul sedile “Porca miseria! Che cavolo, o mio Dio, ma cosa? Io non ho i capelli così biondi o gli occhi così blu!”

Ellen iniziò a calmarsi: “O le tette così grosse!”

Mi osservai meglio facendo smorfie che la figura riflessa nello specchio ripeteva alla perfezione, anche se quella non ero io, Ellen mi osservava tra lo spaventato ed il perplesso: “O Dio! Vuoi dire che non sei tu a farlo?”

La fissai spalancando le braccia e la figura allo specchio mi imitò: “ E come potrei scusa? Non ho la minima idea di come si faccia questo! Non sapevo nemmeno di poterlo fare e-”

Una macchina ci bussò furiosamente, Ellen si girò di scatto abbassando il finestrino

“Cosa diavolo vuoi deficiente?? Qui abbiamo problemi più seri!!”

Il tizio in auto scosse la testa e ci superò con un'ultima suonata.

“O cielo sono, sono, chi diavolo sono?”

“Ok calma! Calmiamoci tutti, come diavolo è possibile questo?”

Mi coprì il volto, quel volto che non era il mio con le mani, mani che non erano le mie: “Non lo so! Miles mi aveva detto che i miei poteri sono cresciuti…”

“Del tipo che all’inizio spostavi solo oggetti e ora ti trasformi??”

“Io non ne ho idea ok?”

“Ma perché proprio nella mia macchina??”

“Non lo so! Penso di essere la vera donna incinta!”

Potevo quasi sentire il cervello di Ellen andare a mille all'ora cercando di seguirmi, alla fine scosse la testa rassegnata:

“Scusami?”

“Credo che in qualche modo, oltre ad assorbire il suo dolore le nausee ecc, stavolta ho assorbito anche il suo aspetto, forse è lo spirito del bambino che cerca di aiutarmi? Che vuole darmi degli indizi.”

“Bel modo del cazzo!”

“Ellen!”

“Che c’è? Quasi mi prendeva un infarto, anzi quasi ci schiantavamo contro un muro e allora saremo diventate noi gli spiriti!”

Rimise in moto visibilmente più calma dopo la sfuriata.

“Già! Però ho una bella faccia!”

Lei annuii trattenendo un sorriso:

“Sì! Anche i tuoi capelli sono molto più morbidi, ok stiamo divagando, non dovresti chiamare il tuo amico invisibile in questi casi?”

“Uhm il mio amico invisibile è un po’ strano ultimamente”

“Da che pulpito!”

Smisi di ammirarmi allo specchietto e la fissai con gli occhi ridotti a due fessure:

“Cosa? Guarda che io vedo spiriti un giorno si e l’altro pure, ho tutto il diritto di essere strana!”

“Se la metti così: lui è praticamente morto un giorno si e l’altro pure, direi che ve la giocate!”

Mi morsi quelle labbra troppo sottili per essere le mie: “A volte lo dimentico.” “Certo è così facile dimenticarlo, ma insomma, avrete parlato no?”

“Ecco, si mi ha detto-”

“Che i tuoi poteri stanno crescendo sì! Questo l’ho capito, ma non gli hai chiesto come? Quanto? Insomma, sarebbe carino sapere se c’è la possibilità che ti trasformi nel presidente degli Stati Uniti o c’è qualche sorta di limite!”

Alzai le spalle attorcigliando una ciocca di quei capelli perfetti intorno a quelle dita dannatamente lunghe e armoniose: “Immagino avrei dovuto informarmi meglio, ma all’inizio nemmeno volevo vederlo, poi è successo tutto così velocemente e poi Eloisa e Brad e”

“Che centra Brad?”

“Abbiamo litigato per lui una volta, un paio di volte.”

“Cioè era geloso di Brad?”

Miles geloso? Ellen era davvero uno spasso quando ci si metteva: “Cosa? No, geloso, che assurdità, era solo preoccupato.”

“Preoccupato di cosa?”

“Che potessi rivelargli il mio segreto e che lui mi facesse soffrire.”

Scoppiò a ridere in modo isterico e la guardai male, lei staccò una mano dal volante per coprirmi la faccia:

“Non guardami così, ora sembri una top-model e lo sguardo da smettila o ti uccido non mi fa più paura! Ma ti prego! Questa cosa non sta in piedi, era geloso, geloso marcio!”

Ripensai alla prima volta che avevo rivisto Brad: alla festa degli ex alunni, era da allora che Miles si comportava in modo strano, che fosse davvero geloso?

Ma perché avrebbe dovuto?

“No è impossibile, lui non è geloso”

Mi lanciò un'ultima occhiata e infine annuii “Ok, hai ragione negare, negare sempre e poi a chi importa se è geloso? Rimane comunque morto no?”

Sì, lui è morto, dannazione Sally è morto lo vuoi capire?

“Già.”

“Beh, signorina oggi mi trasformo in una bionda strafiga e incinta, siamo arrivate!”

Guardai fuori dal finestrino, l'insegna dell'ospedale brillava nel suo bianco pallido, eravamo arrivate e io non sapevo ancora cosa fare.

“Bene”

“Qualche idea?”

“Ho il suo aspetto, potrei fingermi lei?”

“Certo, e se ti chiedono il tuo nome?”

“Ehm…la gravidanza mi causa vuoti di memoria?”

“Proprio plausibile.”

“L’importante è che non ci vedano insieme, per il resto inventerò!”

“E se ti dicono che sei appena uscita? Ti prenderanno per pazza potrebbero rinchiuderti nel manicomio più vicino e buttare via la chiave!”

Deglutii “Non essere ridicola, non succederà nulla di tutto questo! Ok, vado…tu vieni?”

Chiuse l'auto prendendomi a braccetto: “Certo che sì, questa non voglio proprio perdermela!”

 

Entrai timorosa nell’ospedale e la prima cosa che mi colpì fu la forte puzza di disinfettante, stavo per vomitare di nuovo lo sentivo, quando la mano calda di Ellen si posò sulla mia: “Sally guarda non c’è nessuno, direi di provare a dare un’occhiata in giro!”

Annui sforzandomi di stare calma.

“Signorina Mackenzie? Signorina Mackenzie??”

Ellen mi tirò per un braccio e la fissai lei alzò gli occhi al cielo fissando un'infermiera in lontanaza: “Ora Sally, non vorrei allarmarti ma credo che la signorina Mackenzie sia tu”

Voltai la testa all’indietro e vidi la giovane infermiera dai capelli ramati venirci incontro:

“Signorina Mackenzie! Cosa ci fa qui? Perché l’infermiera non le ha fatto mettere il camice?”

“Uhm…io”

“Nelle sue condizioni non dovrebbe andarsene in giro”

“Le mie condizioni?”

Ellen mi diede una leggera gomitata: “Si Sal-ehm, sì le tue condizioni no?”

Ero proprio una pessima attrice:

“Oh sì ehm sa, le sembrerà una cosa assurda ma, ho dei vuoti di memoria!” Ellen alzò gli occhi al cielo ma l'infermiera mi sorrise:

“Non si preoccupi, è raro ma durante la gravidanza può capitare.”

Sorrisi vittoriosa fissando la mia amica.

“Visto Ellen, può capitare! Senta questa è una mia cara amica e, ecco potrebbe riparlarmi delle mie condizioni con lei presente? Cioè glielo racconterei io ma non penso di essere brava come lei!”

L’infermiera sorrise ancora:

“Accomodiamoci però, non deve stare in piedi.”

 

Ci sedemmo su delle poltroncine di plastica nera e l’infermiera mi porse un bicchiere d’acqua:

“Appena suo padre l’ha portata qui abbiamo rifatto tutte le analisi, così abbiamo scoperto che era in dolce attesa, ma anche…”

Ellen si intromise:

“Mi scusi, ma quindi la mia amica non era qui per il test?”

“No, lei non lo sapeva, era qui per la visita di controllo che purtroppo si è rivelata positiva, infatti si è presentato un altro carcinoma.”

Sbiancai, ok quindi ero incinta e avevo un carcinoma e a quanto pareva non era nemmeno il primo, bene sempre meglio.

“Capisco e…cos’ho deciso di fare?”

L’infermiera mi guardò perplessa ed Ellen mi pizzicò il braccio: “La mia amica è un po’ confusa e non sa se ha preso la decisione giusta!”

L'infermiera ci fissò entrambe ma non sembrò sospettare nulla.

“Lei voleva tenerlo ma suo padre no quindi, le indurremo l’aborto”

Ellen rimase a bocca aperta mentre io sentì una fitta allo stomaco:

“Mi scusi ma, io sono maggiorenne giusto? La decisione non dovrebbe essere mia?”

Si guardò intorno:

“Normalmente sì, ma suo padre è un uomo molto influente e ha convinto il dottore che lei non è in grado di intendere e di volere quindi la decisione spetta a lui!”

Incinta, carcinoma e un padre che decideva per me, sempre più fantastico.

“Se non lo faccio sì se lo tengo, quante probabilità ci sono che sopravviviamo entrambi?”

“Francamente? Non molte, il bambino ha le maggiori possibilità, ma il suo è un carcinoma molto aggressivo: più aspetta e meno possibilità ci sono per lei” “Capisco.”

“Mi dispiace, la sua era una scelta coraggiosa! Ora venga, l’accompagno nella sua stanza, ha bisogno di riposo”.

 

La seguimmo in silenzio lungo i corridoi bianchi, prendemmo l’ascensore e salimmo al terzo piano. Accidenti, ma che potevo fare io?

Perché lo spirito mi aveva contattato? Carcinoma molto aggressivo, cosa potevo farci?

Appoggiai la mano sulla maniglia candida, una ragazza dai capelli neri e il volto familiare mi guardò perplessa, l'infermiera corse da me impedendomi di aprire la porta: “Oh no no, signorina Mackenzie, quella non è la sua stanza.”

Indietreggiai di un paio di passi:

“Io mi scusi, non so perché ero convinta di dover entrare qui.”

Mi voltai e con un movimento involontario sbattei contro la ragazza dai capelli neri rovesciandole addosso il caffè che reggeva in una mano:

“O mio Dio! Mi dispiace, mi dispiace tanto!”

Lei mi rivolse un timido sorriso, terribilmente familiare ma che proprio non riuscivo a mettere a fuoco e mi porse la mano, l’afferrai e sentii una leggera scossa.

“Non si preoccupi”

L’infermiera mi afferrò delicatamente un braccio: “Venga la sua stanza e qui”

Prima di entrare mi voltai ancora e vidi la ragazza entrare e, per un secondo, per un breve piccolissimo secondo mi parve di scorgere Miles infondo alla stanza.

 

“Bene! Io ho delle scartoffie da compilare, posso lasciarvi da sole? Non ve ne andrete di nuovo in giro vero?”

“No certo, ehm la mia amica può restare?”

“In realtà dovrebbe andarsene ma, possiamo fare un eccezione, in questo momento ha bisogno di qualcuno che le voglia bene vicino.”

“Grazie ehm, mi scusi chi c’è nell’altra stanza?”

Ellen mi fissò senza capire mentre l'infermiera sorrise dolcemente:

“Un povero ragazzo in coma irreversibile, così giovane poverino, ci vediamo dopo allora!”

“Si, grazie!”

 

Rimaste sole Ellen si lasciò andare:

“Dannazione Sally, ti rendi conto del casino in cui ti sei cacciata?!”

Ma io non riuscivo a togliermi dalla testa l'altra stanza:

“Secondo te perché ci sono solo due stanze su questo piano?”

“Perché tuo padre a quanto pare è straricco e probabilmente anche i genitori del ragazzo in coma! Ma che domande fai, perché ti preoccupi di questo ora?”

“Non lo so, quella ragazza aveva l’aria familiare, come se l’avessi già vista e mentre apriva la porta mi è sembrato di vedere Miles”

Alzò le sopracciglia scettica: “Il tuo amico invisibile?”

“Si proprio lui!”

Ma forse mi ero sbagliata no? Che senso avrebbe avuto?

“E che ci faceva lì? Vabbè non ce ne importa, come pensi di uscire fuori da questa situazione?”

“Non lo so.”

“Per caso tra i tuoi nuovi poteri c’è quello di curare le malattie?”

“Non penso.”

“Sally? Smetti di pensare a quella stanza e cerca di concentrarti!”

“Lo faccio è che-”

Sentimmo la serratura scattare, io e Ellen ci fissammo con un'espressione spaventata sul volto e ci precipitammo a nasconderci nel bagno:

“Perché ci siamo nascoste? Magari è l’infermiera”

Seguendo il consiglio di Ellen aprii un piccolo spiraglio per richiuderlo velocemente a chiave: “No, è lei!”

“Merda!”

“Che facciamo ora?”

“A parte bisbigliare rinchiuse nel bagno della sua stanza? Non lo so sei tu la tiza con poteri inaspettati! Che fa? Riesci a sentirla?”

Tesi l'orecchio cercando di capire cosa stesse facendo: “Ha accesso la tv!”

“Ha una tv in camera? Suo padre dev’essere proprio ricco.”

“Ellen!”

“Che c’è?”

“Lei è malata!”

“Questo non cambia il fatto che il padre è ricco”

La ignorai cercando di pensare a qualcosa.

“Dovresti parlarci!”

Ellen mi fissò sconvolta e sono sicura, se fossimo state da sole mi avrebbe urlat contro: “Eh? Io?!”

“Dobbiamo ottenere altre informazioni, devo capirci qualcosa.”

“ E allora va a parlarci tu!”

“Non posso io ho il suo stesso aspetto ricordi? La traumatizzerei”

“Potresti fingerti un fantasma, tipo il fantasma del natale presente e compagnia varia.”

La fissai indecisa se ridere o prenderla a schiaffi: “Sei seria?”

“Va bene sbircia, cosa sta facendo?”

Aprì un piccolissimo spiraglio cercando di vedere quanto più possibile: “Credo sì! Sta dormendo.”

“Ok, che facciamo?”

“Dobbiamo uscire!”

“Al tre?”

“Al tre, molto silenziosamente.”

Uscimmo lentamente e senza fare rumore superammo il letto, la ragazza aveva l’aria più triste che avessi mai visto dovevo fare qualcosa, ma cosa?

“Che strano.”

Fissai Ellen che si era incantata sull'uscio della porta:

“Cosa?”

“Non c’è nemmeno un fiore…”

Alzai le spalle: “Non c’è nemmeno nessuno se è per questo.”

“Già…ok, usciamo!”

 

Fuori dalla stanza mi ritrovai di nuovo a fissare la porta della stanza accanto e nuovamente si fece largo in me l’impulso di aprire la porta ed entrare, Ellen mi riportò alla realtà:

“Se ci vede l’infermiera? Hai ancora il suo aspetto, non possiamo stare qui!” “D’accordo, andiamo in bagno!”

Ci rifugiammo nel primo bagno che trovammo appena fuori il corridoio, Ellen sospirò:

“Cos’è questa nuova passione per i bagni?”

“Scusa è l’unico posto che mi è venuto in mente!”

Bloccai la porta con una sfera di luce sotto lo sguardo sbigottito della mia amica: “Immagino che questo faccia parte del pacchetto nuovi poteri?”

Alzai le spalle e mi appoggiai al lavandino, improvvisamente mi sentivo sudata e debole:

“M-mi gira la testa…”

“Non hai un bell’aspetto…è lo spirito?”

“Non lo so…”

Ellen era sempre più preoccupata, volevo rassicurala ma non sapevo proprio cosa stava succedendo.

“Devo chiamare un medico?”

“No dammi solo, solo un minuto”

Avvertii un intenso bruciore partire dal petto e poi, ci fu il vuoto.

 

Quando riaprii gli occhi mi ritrovai stesa a terra, il volto di Ellen a pochi centimetri dal mio:

“Sei svenuta per un paio di minuti e sei tornata normale, insomma sei tornata tu e, stai bene?”

“…Ho fatto un sogno…”

“Cioè, io ero qui in preda al terrore mentre ti agitavi e tu stavi, sognando?”

“…Era un prato verde immenso e io ero immobile, guardavo in basso e vedevo una piccola piantina con un solo fiore.”

Ellen iniziò a tastarmi ovunque: “Ok forse hai sbattuto la testa? Sei sicura di non voler chiamare un medico? Uno qualunque, qui ce ne sono tanti e, cos’hai in mano?”

Posai lo sguardo sulla mia mano destra chiusa a pugno, voltai il palmo verso l’alto e l’aprii lentamente.

“È ”

“U-un fiore?”

“No, è il fiore che ho sognato.”

“Ok Sally, non credevo che dopo tutto questo tempo l’avrei ridetto ma, inizi a farmi paura! Com’è possibile?”

Fissai incantata il piccolo fiore viola: “Io non ne ho idea, credo voglia dire qualcosa…”

“Ma che fiore è?”

Sentì l'ansia salire: “Non lo so io, Miles?? Dove diavolo sei??”

“Shh! Devo ricordarti che siamo in un ospedale?”

“Scusa, ma ho bisogno che quella sottospecie di guida che mi è stata affidata si renda utile!!”

Finalmente dopo qualche minuto di panico, un Miles visibilmente stanco, con tanto di occhiaie, si palesò ai nostri occhi, beh ai miei dato che Ellen non lo poteva vedere. Lo squadrai a lungo, c’era qualcosa che non andava in lui lo sentivo, in realtà lo sapevo fin dall’inizio, fin dalla prima volta ma non avevo avuto voglia o tempo di approfondire: perché avrei dovuto indagare se lui non voleva dirmi la verità?

“Che vuoi?”

Spalancai la bocca: “Che voglio?! Come sarebbe a dire che voglio?? Sparisci e la prima cosa che mi chiedi è che voglio? Con questo tono da-da-idiota!”

Ellen si appoggiò al muro aggiustandosi il vestito: “Suppongo che Miles sia arrivato!”

Lui si strofinò una mano sugli occhi stanchi: “Di cosa hai bisogno Sally?”

Per un attimo, per un solo piccolo attimo, avrei voluto abbracciarlo, mandare al diavolo tutto e chiedergli cosa avesse, scuoterlo e chiedergli di raccontarmi tutto ma mi controllai: “La donna incinta ha un cancro, il padre vuole che abortisca per iniziare le cure, io non so cosa fare, cosa devo fare?”

“Hai avuto qualche segno?”

“Oltre a diventare lei? Sì Miles, sono diventata lei, fisicamente lei, nella macchina di Ellen mentre venivamo qui!”

“Sally il fiore!”

Fissai Ellen per un secondo e alzai la mano: “E poi c’è questo l ho come, sognato e poi l’avevo in mano.”

L’osservò attentamente: “Non è reale”

Guardai Ellen: “Ma anche lei lo vede e-”

Lo sfiorò con un dito e il fiore sparì: “Non è reale è opera dello spirito, probabilmente in qualche modo, questo fiore è la soluzione o una possibile soluzione o un indizio.”

“E come faccio io a capire che vuol dire?”

Si voltò di scatto, come se avesse sentito un rumore improvviso: “Io non lo so ok? Devo andare!”

“Cosa? Dove? Che ti prende? ”

“Niente, devo andare”

Indurì lo sguardo sfidandolo:

“Nella stanza affianco alla donna incinta?”

Lui si bloccò fissandomi con gli occhi spalancati: “Non sono affari tuoi!”

“Chi è quella ragazza? Dovrei conoscerla? Perché a me sembra di conoscerla” Mi si buttò contro schiacciandomi al muro, gli occhi pericolosamente gialli, non avrei mai pensato di poter provare qualcosa di molto simile alla paura a causa sua.

“Non-sono-affari-tuoi! Stanne fuori Sally mi hai capito?!”

Mi lanciò un'ultima occhiata e sparì, lasciandomi con il cuore che batteva all’impazzata e gli occhi lucidi.

Ellen mi poggiò la mano sul braccio:

“Stai bene? Sembri scossa”

“Usciamo da qui! Sono stanca, hai ragione dovrei dare tutto a Eloisa e lasciare perdere!”

Uscii fuori come una furia e nella mia corsa non mi accorsi di una bambina con cui andai, inevitabilmente a scontrami: “…Eve?”

La piccola mi guardò, gli occhi spalancati e tra le mani una busta di patatine “Chi sei tu? Come sai il mio nome? ”

Deglutii, certo loro non si ricordano di me:

“Io sono, ehm un’amica, di tua nonna sei sola?”

“Se sei una sua amica perché io non ti ho mai visto?”

“Eve? Quante volte ti ho detto di non allontanarti troppo…Sally?”

Alzai lo sguardo, la signora Tillon era difronte a me: “Signora…ehm, Adelaide?”

Mi sorrise abbracciandomi a lungo:

“Che bello rivederti ragazzina!”

Mi sembrava di non ricevere un abbraccio come quello da secoli, e poi lo senti, un profumo delicato che mi pizzicava le narici, mi allontanai da quell’abbraccio e li vidi, tanti piccoli fiori viola circondavano il volto di Adelaide Tillon.

 

Ellen mi guardava confusa così come la piccola Eve.

“Ehm Ellen lei è la signora Tillon è una vecchia amica, l’ho aiutata tempo fa” “Aiutata…in quel senso?”

Annuii.

“Sì, Sally è stata preziosa, ma cosa ci fai qui? Niente di grave spero”

“No è, un nuovo sa”

“Oh, quindi continui a fare il tuo dovere?”

Mi portai una mano alla nuca: “Così sembra, dovrei chiederle una cosa”

Ellen mi fissò poi si inginocchiò fino ad arrivare all’altezza di Eve: “Ehi piccola! Che ne dici se andiamo a prenderci qualcosa di buono alle macchinette laggiù?”

La piccola voltò la testa verso Adelaide: “Nonna posso?”

“Certo, vai!”

Lei prese per mano la mia amica e si allontanarono, io e Adelaide ci avvicinammo a una finestra aperta.

“Cosa succede Sally?”

Mi fissai intorno e liberai un lungo respiro: “Questo caso è, complicato, molto complicato.”

Le raccontai della sconosciuta incinta, le raccontai del carcinoma e della decisione del padre, lei ascoltò tutto senza battere ciglio e alla fine si passò una mano fra i capelli.

“È una storia orribile, ma non capisco cosa possa fare tu?”

Alzai le braccia frustrata: “Non lo capisco nemmeno io! Senta poco fa, ho fatto un sogno era strano e, era un prato immenso e c’era una sola piantina piena di fiori viola, io non so perché o come ma poco dopo ci siamo incontrate e io ho rivisto gli stessi fiori intorno a lei, credo voglia dire che lei può aiutarmi ma non capisco come...”

“Siamo passati di nuovo al lei cara? Parlami di questi fiori”

“Non c’è molto, erano piccoli e viola e quando mi sono risvegliata ne avevo uno in mano e aspetti! Voglio provare una cosa.”

Sollevai il palmo e chiusi gli occhi concentrandomi sul sogno, su quel senso di quiete che sembrava avvolgere quel posto, sul profumo delicato e intenso dei fiori e sul loro colore viola, quando riaprii gli occhi, sulla mia mano, se ne stava il fiorellino di poco prima.

Adelaide lo fissò a lungo con espressione seria: “Cos’è?”

“Quello che ho visto mentre ero incosciente, è quello che ho visto intorno al suo volto, la prego mi dica che ne sa qualcosa!”

“Ua muujiza”

“C-cosa?”

“Oh scusa, noi lo chiamiamo così vuol dire: fiore del miracolo, il suo vero nome è Fagonia Cretica.”

“E cosa, cosa vuol dire?”

Adelaide scosse la testa: “Non cosa vuol dire, ma cosa può fare!”

Mi fissai il palmo della mano nuovamente vuoto e tornai a guardare la signora Tillon: “Mi dica tutto la prego!”

“Tra la mia gente, c’è questa tradizione o credenza, chiamala come vuoi, insomma questo fiore era usato per guarire le malattie, erano molti quelli che chiedevano aiuto a mia nonna e lei preparava un infuso con i petali di questo fiore glielo faceva bere, recitava una sorta di cantilena e loro miglioravano.”

“Cioè, guarivano?”

“Sì”

“Quindi, potrebbe guarire la ragazza?”

“Questo non lo so.”

“Ma dove dovrei prenderli questi fiori?”

“Sono molto rari, ma”

“Ma?”

Ti prego fa che questo ma sia positivo.

“Prima di morire mia nonna, mi diede un vaso sigillato con dentro quattro di questi fiori, mi disse che non avrei dovuto usarli per nessun motivo e aspettare il momento giusto.”

“Pensa…pensi parlasse di me?”

“Ne sono quasi del tutto sicura, lei sapeva tutto, ha sempre saputo tutto.”

Deglutii leggermente spaventata: “Quindi mi basterà fare un infuso e farglielo bere?”

“Non ne sono sicura, non l’ho mai fatto, però mia nonna accompagnava all’infuso sempre delle parole, se solo le ricordassi magari…forse c’è qualcosa scritto sul suo diario”

“Ok, ho bisogno di quei fiori, ho bisogno di tutto quello che trovi!”

“Quando procederanno con l’aborto?”

“Non lo so io, porta Ellen con te, prendete tutto quello che trovate ci vediamo qua fuori tra un’ora ok?”

“E tu dove vai?”

“Devo parlare con la donna incinta.”

“Pensi che ti crederà?”

“Dovrà farlo!”

Mi allontanai velocemente, feci un cenno con la testa a Ellen e la vidi avvicinarsi ad Adelaide, presi l’ascensore e in un attimo fui davanti alla stanza della ragazza l’aprii lentamente, era sveglia e mi guardò confusa, mi richiusi la porta alle spalle assicurandomi che nessuno potesse aprirla e mi avvicinai al letto.

Lei si abbracciò le ginocchia spaventata: “Chi sei tu?”

“Sally piacere, tu?”

“Perché dovrei dirti il mio nome? Non ti conosco”

“Sì è vero, ma io so molte cose su di te.”

“Per esempio?”

Mi sedetti vicino a lei cercando di trasmetterle la mia calma: “Che sei incinta, che vuoi tenerti il bambino ma tuo padre non vuole perché sei malata.”

“Sono informazioni riservate queste!”

“Ascoltami! Io posso aiutarti, ma devi fidarti di me.”

“Ora chiamo l’infermiera così ti caccerà via, sei solo una pazza”

Sospirai, toccai con la punta delle dita il bicchiere d’acqua sul tavolino che iniziò a galleggiare nell’aria.

“C-come, come fai?”

Una goccia d’acqua si separò dalle altre e lentamente ondeggiò fino a posarsi tra le mie labbra: “Devi fidarti di me non posso spiegarti, devi solo fidarti, segui il tuo istinto, cosa ti dice?”

Continuò a fissare il bicchiere, poi si sfiorò la pancia: “…Shannon, mi chiamo Shannon…davvero puoi aiutarmi?”

Le sorrisi: “Devi solo darmi un po’ di tempo, pensi di poterlo fare?”

“Quanto tempo?”

“Un paio d’ore”

Si morse il labbro: “Non so perché ma sento di potermi fidare di te e infondo, non ho nulla da perdere.”

“Risolveremo tutto! Lo prometto.”

Shannon mi parlò velocemente di suo padre, del fatto che avesse parte delle azioni dell'ospedale e che per quello la sua decisione non era stata contrastata.

Mi raccontò del padre del bambino, misteriosamente scomparso e della sua voglia di dare la vita a quella creatura.

Mi disse anche di avermi sognato uno o due giorni fa, non mi ricordava nettamente ma ora che mi aveva visto sapeva che ero io, ecco perché si era decisa a fidarsi.

Sapevo che era tutta opera del bambino e pregai con tutte le mie forze di essere all'altezza delle sue aspettative.

 

 

 

Dopo aver parlato a lungo Shannon si addormentò e io uscì dalla stanza mi tastai le tasche in cerca del cellulare, scrissi un messaggio a Ellen e m’incamminai senza guardare verso l’ascensore, finché non andai a sbattere contro qualcuno e il telefono mi finì a terra: “Merda!”

Alzai lo sguardo e trovai la ragazza della stanza a fianco, le avevo versato addosso il suo caffè, di nuovo, lei sorrise:

“Evidentemente è scritto che oggi non beva il mio caffè!”

“Mi spiace è colpa mia, di nuovo, sono proprio una sbadata!”

“Di nuovo?”

Ah già, la prima volta avevo l’aspetto di Shannon.

“Sì è la seconda volta che mi capita, lei è la mia seconda vittima ecco!”

“Oh non è un problema, l’ho sistemato una volta posso farlo anche la seconda” Mi sorrise e si diresse verso la stanza, sentii l'impulso di fermarla:

“Mi scusi, ci conosciamo?”

Lei si girò avvicinandosi a me e mi squadrò “No, non direi.”

Tesi la mano in un gesto istintivo: “Piacere, Sally!”

Lei la strinse e potei sentire di nuovo la scarica attraversarmi il corpo

“Paige, piacere mio!”

Mi fece un ultimo saluto e sparì dietro la porta bianca scossi la testa, concentrati Sally, forza!

 

Guardai l’orologio e lessi la risposta di Ellen

'L’abbiamo preso, stiamo tornando' ottimo, mi strinsi con forza la spalla improvvisamente colpita da una fitta di dolore.

“Punge vero?”

Mi congelai sul posto sbarrando gli occhi e mi guardai intorno, c’erano delle persone non poteva farmi niente, giusto?

“Credevo volessi darmi qualche giorno per pensare”

Eloisa sorrise inclinando la testa: “Sai perché fa così? Perché sente la mia presenza, ed è buffo che tu non te ne sia mai accorta, noi siamo esattamente l’una l’opposta dell’altra e i nostri tatuaggi lo sentono.”

Deglutii: “Non hai risposto alla mia domanda”

Lei mi girò intorno sorridendo.

“Vedi Sally, mi stanco davvero facilmente, spero che tu abbia preso la decisione giusta, dopo tutto quello che mi hai raccontato di te mi sei diventata simpatica, mi dispiacerebbe doverti uccidere, sono sincera.”

Cercai di rimanere calma, quanto avrei voluto che Miles fosse lì con me:

“Per cosa li userai.”

“Cosa?”

“I miei poteri, per cosa li userai?”

Sorrise, sarebbe più giusto dire che ghignò: “Lo sai.”

“Sì certo il male, ma stai progettando qualcosa? O li vuoi tanto per?”

“Tesoro! Ogni giorno si progetta qualcosa!”

Si avvicinò e io indietreggiai:

“Ti propongo un nuovo accordo Sally, tu dammi i tuoi poteri e io risparmierò la tua vita e quella di tutti i tuoi cari, qualsiasi cosa succederà, loro saranno salvi, era questo il patto che avevi con Loro vero? Però non l’hanno mantenuto? La tua amica, Laura è morta, come possono essere il bene o proclamarsi tale se poi non mantengono i loro patti? Il fatto è Sally, che il male ha tutto il potere, tu devi solo dire sì e non ti preoccuperai più di niente.”

Chiusi gli occhi, sentivo le gambe tremare e il cuore battere forte, seguì il mio istinto e infine presi la mia decisione: “Accetto.”

“Davvero?”

“A una sola condizione!”

Mi sfiorò il viso con le unghie laccate di nero: “Non sono sicura che tu sia nella posizione di dettare condizioni ma, ascoltiamo.”

Presi tutto il coraggio che avevo, ormai avevo deciso, non mi sarei tirata indietro: “Non qui, non ora, non oggi! Deciderò io dove, troverò un modo per fartelo sapere devo, devo risolvere delle cose prima!”

Si sfiorò le labbra emettendo un verso strozzato: “Bene! Ma ricordarti che non ho molta pazienza, non metterci molto o farò a modo mio!”

“Capito.”

Se ne andò lasciandomi col cuore in gola e il fiato corto, mi rifugiai nuovamente in bagno chiudendo bene la porta e cercai di controllare il tremore nella voce: “Miles…”

Dopo un po' apparve lui, più pallido del solito:

“Cosa?”

Il cuore mancò un battito e gli occhi iniziarono a pungermi, perché faceva così? Perché mi faceva quello?

“Ho trovato una soluzione per Shannon.”

“Chi?”

“La ragazza incinta.”

“Ah bene!”

“Già…”

Sospirò pesantemente appoggiandosi al lavabo: “Cosa c’è Sally?”

Dovevo dirglielo, sì dovevo: “Che ci fai qui?”

“Mi hai chiamato tu”

“Non fingere di non capire!”

“No”

“Miles!!”

“Ti ho già detto che non sono affari tuoi”

Controllai le lacrime, non dovevano scendere, non era il momento dovevo rimanere calma: “Avevi detto che non mi stavi nascondendo niente, avevi promesso!”

“Sai cosa? Penso che dovresti accettare il patto con Eloisa.”

E fu come se qualcuno avesse preso il mio cuore e avesse deciso di prenderlo a calci: “Magari l’ho già fatto.”

Mi guardò per un attimo, uno spirito può davvero avere quelle occhiaie?

“Ottimo! E allora perché stiamo qui a discutere su affari privati?”

“Perché non voglio, non voglio che ci lasciamo così non di nuovo! Quali affari Miles? Cosa sta succedendo? Perché non parli con me?”

Sì passò una mano tra i capelli frustrato:

“Noi non possiamo farne a meno Sally! Da quando ci conosciamo non abbiamo fatto altro che litigare. Io non ti servo, tu sei bravissima da sola e non hai bisogno del contentino di esserci lasciati bene, questa storia non era destinata a finire bene e non sarebbe finita bene in nessun caso quindi, salva Shannon fa quel che ti pare e sparisci! Va da Brad e si felice con lui.”

“Perché fai così? Cosa centra ora Brad, sto cercando di parlare con te e tu continui ad attaccarmi!”

Mi voltò le spalle: “Sta lontano da quella stanza e da quella ragazza!”

“Altrimenti cos’hai intenzione di farmi?”

“Tu non immagini nemmeno quello che potrei fare!”

Fece per andarsene: “Volevo solo dirti addio in modo civile idiota!”

Ispirò e voltò la testa nella mia direzione: “Non si può essere civili con quelli come me.”

Asciugai una lacrima prima che scivolasse via: “Ti odio! Vorrei non averti mai incontrato, vorrei non averti mai rivisto e mi odio perché sono ricaduta nella tua trappola!”

Gli colpii una spalla con un pugno, lui non indietreggiò rimanendo con lo sguardo basso: “Odiami! Odiami con tutta te stessa Sally, è questa la cosa giusta da fare, odiami come non hai mai odiato nessuno, odiami perché io lo faccio già tutto il tempo!”

Sparii lasciandomi sola, ad asciugarmi le lacrime.

Cercai di ricompormi, gli occhi irrimediabilmente gonfi e fu così che mi ritrovò Ellen: “Ehi?”

La ignorai, se l'avessi ascoltata sarei scoppiata in lacrime.

“Tutto bene! Avete i fiori?”

Adelaide mi porse un piccolo vasetto di vetro: “Eccoli”

“Sally, stai bene?”

“Benissimo, devo solo capire cosa fare”

Aprii il barattolo e sfiorai uno dei fiori “E questa cos’è?”

Tirai fuori una piccola pergamena sbiadita aprendola delicatamente

‘Maua ni wa kutosha, tunahitaji uchawi’

“Non so cosa significhi!”

“La calligrafia è di mia nonna dice che non basta il fiore, ma ci vuole la magia.” “Magia? Che quindi che devo fare?”

“Non saprei.”

Cercai di ricollegare il cervello e ripensare a tutto: “Aspetta, lei recitava una sorta di cantilena? Forse era un incantesimo, forse devo fare quello?”

Ellen mi prese il barattolo dalle mani:

“Forse ne ha messo uno qui dentro, ecco c’è un altro foglio e una matita? Ehm, è un foglio vuoto!”

“Immagino che lei volesse che lo scrivessi tu, gli incantesimi sono una cosa privata e complicata, quello che va bene fatto da una persona può non avere lo stesso effetto fatto da un’altra.”

“Sally! Una volta tu scrivevi incantesimi ti ricordi?”

Adelaide ci fissò con una strana luce negli occhi: “Davvero?”

“Sì ma è stato molto tempo fa, non l’ho più fatto e non sempre funzionavano e, sono fuori allenamento.”

“Dovresti provarci!”

Alzai lo sguardo, se solo Miles no! Non dovevo pensare a lui.

“Ok, andiamo sopra!”

Salimmo ed entrammo nella stanza di una Shannon più confusa che mai

“E se entra qualcuno?”

Senza rispondere ad Adelaide bloccai la porta e con il foglio mi appoggiai sulla sedia: “Non preoccuparti, sono dalla nostra parte!”

Puntai la penna sul foglio.

“Cosa devi fare?”

“Un incantesimo niente di complicato solo, so che hai tante domande ma abbiamo poco tempo, continua solo a fidarti di me!”

Tornai al foglio, poi il mio sguardo si posò sui fiori che Adelaide stava pestando in un piccolo mortaio di legno, impugnai la penna e iniziai a scrivere di getto così come Miles, anni prima mi aveva insegnato.

“Ok i fiori sono pronti?”

“Sì”

Versò il liquido violaceo nel bicchiere d’acqua e lo porse a Shannon:

“Bene ora bevilo tutto Devi solo bere, andrà tutto bene!”

Lei annui, posai una mano sulla sua pancia mentre con l’altra reggevo il foglietto e appena iniziò a bere io iniziai a pronunciare il mio incantesimo sperando che funzionasse e che non fosse passato troppo tempo dall’ultima volta:

“Il bene nel bene e il male nel male, che questo mio fiore ti possa aiutare!”

Lo ripetei due volte, quando ebbi finito il bicchiere era ormai vuoto e una luce azzurra si sprigionò dalla mia mano e colpendo la pancia avvolse tutto il corpo di Shannon io mi sentii leggera come una piuma come avvolta da un senso di pace, lentamente poi la luce sparì, così come il biglietto.

“C-cos’è appena successo?”

Qualcuno bussò energicamente alla porta:

“Shannon? Shannon apri subito questa porta!”

Sospirai: “Appena in tempo direi!”

Feci per alzarmi ma la mano di Shannon mi trattenne accanto a lei: “Aspetta è, sono...”

Sentì la risata di un bambino e sorrisi anche io:

“Potrai tenere il bambino, non hai più problemi e non ne avrai per molto.”

Si alzò e mi buttò le braccia al collo.

 

Quando sbloccai la porta ci trovammo un uomo alto con la faccia accigliata e l’infermiera che mi aveva accolto quando avevo le sembianze di Shannon, l’uomo ci spinse via e corse in camera: “Chi siete voi? Che ci fate qui”

“Papà? Papà calmati, sono mie amiche”

Anche l’infermiera entrò: “Shannon cara, siamo pronti.”

“No!”

Il padre la fissò rabbioso: “Ne abbiamo già parlato”

“Prima di tutto, tu ne hai parlato e io non ero d’accordo e poi ora sto bene, posso tenere il bambino!”

“Ma cosa stai dicendo??”

“Sapevo che questo bambino era la cosa migliore che mi potesse capitare ed è stato così!” Si voltò verso l'infermiera: “La prego, mi faccia di nuovo le analisi”

“Ma non avrebbe senso signorina.”

“La prego, per favore!”

“L’hai sentita no? Non avrebbe senso”

“E va bene, male non possono fare.”

“Grazie!”

Mi volto sorridente e radiosa, ignorai lo sguardo del padre: “Andrà tutto bene, non ti preoccupare!”

Con le labbra mimò un grazie, appena prima che io e le mie 'aiutanti' uscissimo fuori.

 

 

Uscite dall'ospedale ero felice e triste e arrabbiata, ma allo stesso tempo mi sentivo in pace: avevo salvato due vite, un bell’affare; Adelaide mi abbracciò.

“Grazie per l’aiuto Adelaide.”

“È stato un piacere, mia nonna sarebbe fiera di te piccola Sally, chissà magari ci rivedremo ancora!”

“Io non credo ma, tutto può succedere no?”

Mi diede un bacio sulla fronte e se ne andò.

Ellen si stiracchiò a lungo “Direi che dovremo festeggiare, sì ti meriti cibo e complimenti e io mi merito alcol, tanto tanto alcol.”

“Prima devo fare una cosa!”

“Cosa?”

“Puoi darmi un passaggio?”

“Certo, signora dei misteri!”

 

Il viaggio fu silenzioso, non avevo voglia di parlare, non avevo voglia di respirare di fare niente, continuavo solo a pensare a Miles, a quello che dovevo fare, dissi a Ellen di fermarsi e lei mi fissò stranita: “Questo non era lo studio di Eloisa?”

“Sì ”

“Sally? Cosa vuoi fare”

 

Aprì le porte, non c’era nessuno, arrivai nella sala e fissai il lettino nero su cui più volte mi ero seduta, buttai giù tutto quello che c’era sulla scrivania e la spostai, fissai il muro alzai la mano e lasciai che la luce imprimesse due semplici parole sulla superficie liscia del muro:

‘cimitero, alle ventitre’

Fissai un po’ la scritta e uscì con Ellen che mi seguiva in silenzio, entrate in macchina sbuffò:

“Allora?”

“Incontrerò Eloisa, le darò i miei poteri.”

“Cosa? Credevo che dopo oggi”

“Avevi ragione, avevi ragione su tutto!”

“Perché proprio il cimitero?”

Alzai le spalle: “È un posto isolato, non sono sicura che manterrà la sua promessa quindi, meglio essere sole”

“Sally…”

“Andrà tutto bene ok? Solo, puoi accompagnarmi a casa devo, devo darti delle cose!”

 

Entrata nell’appartamento mi fiondai su Mocho che miagolò confuso:

“Se mi succede qualcosa devi occuparti di lui, promettimelo!”

“Mi stai preoccupando Sally”

“Promettimelo!”

“Promesso”

“Ok, voglio scrivere qualcosa per Brad e per mia nonna e, se mi succede qualcosa sei libera di dire la verità, intendo a Brad e decidi tu cosa fare della mia roba.”

“Sally smettila ti prego”

“No! Andrà tutto bene solo, voglio essere sicura di non aver lasciato nulla al caso, prometti che leggerai la tua lettera solo se mi succederà qualcosa!”

“Io…prometto, tu promettimi che tornerai da me! Sei la mia miglior amica, sei come una sorella per me, non osare lasciarmi!”

Annui e l’abbracciai, le consegnai le tre lettere che avevo scritto in precedenza e la lasciai andare.

 

Per il resto del tempo rimasi stesa sul letto abbracciata a Mocho, sperando che la mia non fosse una pessima idea e alla fine, cullata da mille domande e dubbi mi addormentai.

A risvegliarmi fu il mio caro gatto. Erano le ventidue e trenta, mi alzai, mi vestì e presi le chiavi.

Guidai arrivando vicino al cimitero, fermai l’auto e scesi.

Eloisa era già lì affiancata dall’ombra.

Era arrivata la resa dei conti.
















Angolo della Lady scema.
è arrivata la resa dei conti è.é
mani in alto e lasciate i biscotti è.è
No ok devo fare la persona seria v,v
Bene. Il capitolo è lungo lo so, però non mi andava di dividerlo perché succedono un po' di cosette importanti...
Avete visto che è tornata Adelaide? io ve l'avevo detto di fare attenzione perché sarebbe stata importante v_v
Passiamo al momento scientifico.
*parte in sottofondo la musica di SuperQuark*
La Fagonia Cretica, nominata anche Manto della vergine(per il modo in cui si estende sulle roccie) è una pianta molto semplice particolarmente famosa(anche se io non la conoscevo) per le sue proprietà mediche. Di fatti viene estratto un particolare principio attivo molto utile alla lotta contro il cancro al seno.
*fine musica*
Se vi state chiedendo perché ho tirato fuori questa pianta ve lo spiego subito.
In pratica passeggiavo nel mio giardino maledicendomi perché non sapevo come diavolo Sally potesse risolvere questo problema quando vedo questa piccola e tenera piantina dai fiori viola che prima di allora non avevo mai e ripeto MAI visto.
Quando poi il giorno dopo faccio ricerche mi ritrovo sta Fagonia che, credetemi è praticamente uguale alla piantina e rimango così --> OoO e decido di usarla.
Sì, bene oravi lascio con le mie solite domande:
Cosa ne pensate di Miles? Cosa nasconde? Perché si è comportato così?
Sally darà davvero i suoi poteri ad Eloisa?
Ed Eloisa ottenuto ciò che vuole, manterrà il patto?
Tutto questo e molto altro nella prossima imperdibile puntata di She Sees Them!
Non potete perdervelo!

 

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Capitolo 13
*** Quadro completo ***


NONO CAPITOLO (quadro completo)





 

 

“Pensavo portassi anche il tuo amico!”

Non risposi, mi limitai ad avanzare lentamente.

Eloisa aveva inclinato la testa e mi osservava sorridendo:

“Carino il tuo messaggio davvero! Quasi poetico, mi ha fatto ripensare a tutti i nostri incontri in quella stanza, a tutte le tue piccole confessioni.”

La mia vocina interiore iniziò a urlare che quella era una pessima idea, ma decisi di ignorarla e scagliai un lampo di luce contro Eloisa, immediatamente l’ombra si allungò assorbendo la mia luce mentre il volto di Eloisa si oscurò: “Eppure mi sembrava di essere stata chiara! Anche se, lo ammetto, un po’ sono contenta sai? Prendere i poteri, assorbire l’anima di qualcuno uccidendolo è una sensazione indescrivibile, non sarebbe stato lo stesso farlo in questo modo!”

Si avvicinò con un ghigno sul volto, io le diedi le spalle e iniziai a correre, una sfera nera e densa mi colpì il braccio, ignorai il dolore e intravidi il cancello nero del cimitero così accelerai pregando!

Lanciai una sfera contro la serratura che si ruppe, Eloisa continuava a seguirmi, vidi l’ombra tentennare ma alla fine entrò anche lei, una volta dentro mi voltai e con un’altra sfera di luce richiusi il cancello bloccando.

La mia fantomatica cugina mi guardò senza capire: “Che stupida, piccola, cuginetta che ho! Ti sei intrappolata da sola...”

Fece un passo verso di me, tentò di farne un altro ma una mano bianca, spuntata dal terreno la bloccò afferrandole la caviglia, lei la guardò disgustata calciandola via, nemmeno il tempo di liberarsi che un altro spirito l’aveva afferrata e in breve altri iniziarono a spuntare: urlavano, si contorcevano e le tiravano le braccia, i vestiti, i capelli, cercavano di afferrarla, di aggrapparsi a qualsiasi cosa, altri ancora si erano affollati sull’ombra diventata improvvisamente piccola e tremante. Uno di loro si bloccò voltandosi poi verso di me e venendomi rapidamente incontro, chiusi gli occhi aspettando di sentire un dolore lancinante che non sentii così anche se timorosa li riaprii: il volto di Miles era a pochi centimetri dal mio: “Perché ti cacci sempre nei guai?”

Liberai un sospiro di sollievo sorridendo “Sapevo che saresti arrivato in tempo!”

La sua espressione dura si addolcì leggermente: “Già.”

Lo guardai negli occhi:“Tu arrivi sempre”

L’urlo di Eloisa mi fece voltare di scatto, lei era a terra mentre un numero indefinito di spiriti l’aveva circondata e trascinandola sotto un albero, continuava a dimenarsi e a urlare, mi morsi il labbro e Miles mi guardò sconvolto: “Non pensarci nemmeno Sally! Se lo merita, si merita tutto.”

Gli spiriti indietreggiarono e come se fossero un solo corpo la avvolsero completamente lei rivoltò gli occhi all’indietro emettendo una serie indistinta di versi.

“Non uccidetela vi prego…”

Miles scosse la testa, uno ad uno gli spiriti uscirono da lei, pieni di nuova energia:

“Dobbiamo andarcene”

Eloisa era immobile, respirava ancora, la pelle ingiallita e piena di grinze i capelli quasi del tutto bianchi.

“E la lasciamo qui?”

“Vuoi che la portiamo con noi e magari ci prendiamo cura di lei? Non la uccideranno, non ha più poteri!”

Annui e lo seguii fuori.

“Quindi è questo quello che fanno?”

Miles scrollò le spalle: “La sua energia era tutta negativa, saranno su di giri per un po’, immagino che con te sarebbe stato diverso”

Iniziai a preoccuparmi “Potrebbero fare del male a qualcuno?”

Scosse la testa, poi avvicinò la mano alla serratura e un lampo di luce bianca si propagò attraverso le sbarre e tutto intono al cimitero.

“Nel caso gli venga in mente di uscire non potranno comunque farlo!”

“Ok!”

 

Tornammo a casa in silenzio, Miles mi aveva seguito senza proferire parola, mandai un messaggio a Ellen per tranquillizzarla ‘Sono viva, Eloisa non è più un pericolo ti racconterò tutto!’

Gettai il telefono sul letto e mi voltai a guardare Miles

“Grazie!”

Lui non mi guardò: “Devo andare via”

Sentii lo stomaco contorcersi “Oh ok, ci vediamo domani?”

Fece una smorfia e iniziò ad accarezzare Mocho “No”

“Ok ma-”

“Noi non ci vedremo più Sally!”

Appoggiai una mano al muro, mi sentivo improvvisamente le gambe fatte di gelatina “Che vuol dire?”

“Mi dispiace davvero, tu non sai quanto”

Sentii gli occhi farsi umidi e iniziare a pungere “Se questo è uno scherzo o un modo per vendicarti solo perché… ok non avrei dovuto impicciarmi e quello che è successo all'ospedale...ma-”

Alzò lo sguardo e i miei occhi si persero nei suoi che mi apparvero così tristi e vuoti “Nessuno scherzo, il tempo è finito, te l’avevo detto no? Tutto ha una fine”

“Ma io ho bisogno di te…”

Si alzò rivolgendomi un sorriso amaro “No, tu non hai mai avuto bisogno di me, in realtà penso proprio fosse il contrario!”

“Non puoi abbandonarmi! Non ora io…Miles…ti prego!” Ripensai alla conversazione nel bagno del' ospedale, sarebbe stato meglio? Se fosse sparito senza dire niente dopo quel litigio sarebbe stato meglio?

“Tu sei forte, lo sei sempre stata! Chissà magari, in un altro mondo, in un altro momento, forse noi, mi dispiace!”

Feci un passo verso di lui mentre ormai le lacrime mi rigavano il volto, mi prese il volto tra le mani e posò un delicato e al tempo stesso intenso bacio sulle mie labbra, i miei occhi si chiusero senza che me ne accorgessi e quando li riaprii lui non c’era più, a ricordarmi che non era stato solo un sogno le mie labbra ancora umide.

 

Rimasi stesa a fissare il soffitto con le lacrime che mi scivolavano lungo il volto e Mocho che mi camminava sulla pancia, finché mi lasciai trascinare da Morpheo nel mondo dei sogni.

A risvegliarmi il mattino dopo fu proprio Mocho con le sue adorabili zampette morbide sulla faccia, mi alzai di scatto ignorando le sue proteste e guardai l’ora: le nove e quaranta, mi ributtai a letto e presi ad accarezzargli la testa rilassandomi al suono delle sue fusa: “Io non sono così giusto? Non piango per i ragazzi in carne ed ossa figuriamoci per quelli incorporei, oh merda dovrei chiamare Brad vero? E cosa gli dico? Scusa se non ti ho più chiamato ma sai com’è, sono innamorata della mia stupida guida spirituale che ha deciso di piantarmi per sempre!”

Quando mi resi conto di quel che avevo detto mi tappai la bocca con entrambe le mani, Mocho miagolò sembrò quasi sorridere, io mi guardai intorno, come ad assicurarmi che non ci fosse nessuno:

“Ok io non l’ho mai detto e tu non l’hai mai sentito, chiaro? Dai, non posso averlo detto davvero…no! È solo che sono sconvolta, ecco sì tutto qui…sai cosa mi da più fastidio? Che mi abbia lasciato così, senza una vera spiegazione, ‘il tempo è finito’, ma che vuol dire scusa? Cos’è aveva una data di scadenza come per il formaggio? Allora l’ha sempre saputo, perché non me l’ha mai detto, perché non mi ha preparato perché….perché non mi ha detto cosa c’era in quella stanza d’ospedale? Sì lo so, ora tu dirai: ma cosa centra? È che io proprio non riesco a non pensarci, a non pensare a quella ragazza e sai cosa? Io ora vado lì e risolvo la cosa a modo mio, infondo è stato lui a dirmi di fidarmi del mio istinto e sai cosa mi dice il mio istinto? Che in quella stanza ci sono le risposte a tutte le mie domande…ma cosa mi invento? Cosa devo dire alla ragazza? Sai cosa, ci penserò strada facendo sì, farò così, che ne dici?”

Mi alzai appena e vidi Mocho intento a leccarsi la gamba

“Mocho!! Potevi almeno fingere di ascoltarmi!” Lui mi fissò con lo sguardo incantato, mi alzai infilando la prima cosa che trovai, presi il cellulare buttato sul letto e sentii la zampa di Mocho sul braccio.

“Cosa? Che c’è? Vuoi dirmi che è una pessima idea? Che dovrei vivere e lasciar vivere? Che dovrei dimenticarmi di lui magari uscendo con Brad?”

Mocho chiuse gli occhi e nel silenzio totale della stanza sentii il brontolio del suo stomaco.

“…Hai solo fame vero?”

Miagolò sempre sorridendo

“Ed è solo per questo che sei rimasto ad ascoltarmi tutto il tempo…va bene, vieni!”

Gli riempii la ciotola e cambiai l’acqua, lo guardai mangiare la sua colazione felice e uscii di casa.

Feci pochi passi verso la macchina e mi sentii tirare il braccio, mi voltai e Ellen mi piantò uno schiaffetto dietro la nuca “Ai”

“Te lo meriti anzi ti meriteresti di peggio, ti sembra normale? Sai quanto sono stata male? E tu mi liquidi con un ‘sono viva Eloisa non è più un problema’ pensi che basta?”

Abbassai gli occhi “Scusa è che è, Miles se ne andato”

“E chi se ne frega! Aspetta, andato nel senso di?”

“Di andare via per sempre, almeno così mi ha detto”

“E questo è un male perché…”

“Ellen!”

“Scusa ma, io sono rimasta al fatto che tu volessi abbandonare i tuoi poteri e di conseguenza anche lui!”

“Non è più così, credo non sia mai stato così, hai ragione non dovevo liquidarti così ma per Eloisa avevo un piano.”

“E perché non mi hai detto niente?”

“Non ero sicura, non ero sicura che avrebbe funzionato e soprattutto non ero sicura che non mi stesse controllando e se lo stava facendo lei doveva essere convinta che io volessi davvero cederle i poteri. Ma dopo tutto quello che ha fatto non avrei mai potuto e, sono stata fortunata, il mio piano ha funzionato e sono ancora qui.”

“Mi racconterai mai per bene tutta la storia?”

“Che importanza ha? Oh Ellen, io non sono pronta a lasciarlo, non così, mi deve almeno una spiegazione non può fare come l'ultima volta!”

“Beh l'ultima volta non ti ha nemmeno detto che doveva andare via ma, Sally è davvero solo questo? Non c’è altro? Non hai finalmente capito di essere in-” “No! Non dire quella parola”

Ellen alzò le mani con aria sconfitta: “D’accordo e quindi cosa vuoi fare?”

“Sto andando all’ospedale, vieni con me?”

Sospirò e alzò gli occhi al cielo, poi annui e mi abbracciò.

 

 

“Ti prego spiegami di nuovo perché siamo qui!”

Fissai l'entrata del' ospedale: “Perché sono sicura quasi al cento per cento che Miles mi nasconda qualcosa e che quel qualcosa si trovi qui”

“Questo perché prima di sparire ti ha detto di stare lontana da qui?”

“E da quella stanza.”

“Ok, quindi siamo qui perché lui ti ha detto di non stare qui certo, come ho fatto a non capirlo prima? E come pensi di scoprire qualcosa? Ti trasformerai in qualcun altro?”

Sbuffai “Sai che non so come farlo…tu solo: seguimi e basta, mi inventerò qualcosa”

Prendemmo l’ascensore senza farci notare da nessuno e in un attimo fummo davanti alla porta bianca, Ellen continuava a fissarmi: “Sai di non poter entrare e basta vero? Cioè se c’è la ragazza dentro, come ti giustifichi?”

“Potrei”

“No”

La guardai scandalizzata “Cosa? Non hai nemmeno sentito la mia idea”

“So che è pessima, come lo so? Poteri di miglior amica ricordi? Non ci hai pensato abbastanza!”

Misi su un piccolo broncio cercando di concentrarmi: “D’accordo, se riuscissi a tenerla fuori abbastanza a lungo…”

“Quindi se io, riuscissi a tenerla fuori abbastanza a lungo”

“Già, ma non so come”

Vedemmo la maniglia abbassarsi e ci nascondemmo dietro una colonna, la ragazza usci richiudendosi la porta alle spalle, fece un lungo respiro e si coprì gli occhi iniziando a piangere, diedi una spinta ad Ellen “Vai!”

“Ma cosa le dico?”

“Inventati qualcosa no?”

scosse la testa e si avvicinò lentamente “Tutto bene?”

la ragazza alzò il volto, gli occhi arrossati e pieni di lacrime, Ellen le poggiò una mano sulla spalla “Non voglio sembrarle invadente, ma se vuole possiamo prenderci un caffè, così ci distraiamo un po’”

La ragazza le rivolse un timido sorriso e annuì, Ellen si voltò a guardarmi e sparirono nell’ascensore.

Ecco Sally, questo è il tuo momento, appoggiai una mano sulla maniglia e sentii mille brividi percorrermi il corpo, l’abbassai con una lentezza disarmante, ingoiai l’enorme groppo che avevo in gola e mi decisi ad entrare. Fissai la stanza bianca per un po’: le pareti asettiche, la finestra piccola, le tende grigie e il letto candido, ci misi un po’ a mettere a fuoco la figura che avevo davanti a me, i miei occhi, quei due traditori, erano appannati e urlavano per chiudersi, feci un passo verso il letto, lentamente mi avvicinai sempre di più e fissai Miles. Non era il mio Miles, quello che si divertiva a comparire e scomparire e a lanciare lampi di luce, quello che amava prendermi in giro e che nessuno poteva vedere, no! Questo era un Miles triste, muto, immobile in quel letto troppo bianco, sembrava dormire, un sonno profondo e incessante, l’unica cosa che faceva capire che non stava semplicemente dormendo erano i numerosi fili colorati attaccati al suo corpo, ognuno di loro portava a delle macchine e una in particolare, continuava a fare un bip a intermittenza, sfiorai una mano di questo Miles con la punta delle dita, era reale, dannatamente reale, così reale da fare male.

“Non dovresti essere qui”

Mi voltai appena, la mano ancora nella mia, ed eccolo il mio Miles, quello incorporeo, quello che mi aveva mentito per tutto questo tempo

“Perché non me l’hai mai detto?”

Fissò se stesso steso e la mia mano appoggiata alla sua, si morse il labbro: “Perché non puoi fare niente”

“Non lo sai, posso provare, posso-”

“No! Non puoi fare niente Sally, niente io, sto morendo, in effetti, non ti ho mai mentito, sono davvero morto, non c’è speranza per me”

“Ma io, se tu…Loro cosa dicono? Possono farlo?”

“Sally mi dispiace, avrei dovuto immaginare che saresti comunque venuta, ma devi andartene, non posso, non voglio che tu rimanga qui”

“Per tutto questo tempo eri qui? Io…e tu eri qui?”

Le lacrime scivolavano sul mio volto mentre stringevo più forte quella mano inerme “Non lo sai ok? Non puoi dirmi che non posso fare niente, non lo sai, non mi hai fatto provare, perché non mi hai fatto provare? Perché non mi hai detto che eri in coma? Perché…perché non mi hai detto quello che ti portavi dietro?”

“Perché mi sono innamorato di te, molto tempo fa ormai, perché non merito il tuo aiuto e perché non volevo vederti piangere o soffrire perché ti conosco e so che non ti arrendi mai, faresti qualunque cosa e io non voglio, non puoi fare niente per me, niente!”

“Volevi che ti odiassi e che credessi che fossi solo uno stronzo!?”

“Sì e che ti facessi una vita, magari con Brad”

La porta si aprì all’improvviso, mi voltai col viso arrossato, la ragazza mi fissava sconvolta: “Chi è lei? Cosa ci fa nella stanza di mio fratello?”

“Io, posso spiegare, davvero” Guardai Miles

“Io chiamo la polizia”

Miles sospirò: “Leonora, si chiama Leonora”

“Leonora! Ti prego lasciami spiegare, io conosco tuo fratello, sono una sua amica”

Mi fissò turbata

“Io non ti ho mai visto…d’altra parte non ho mai visto nessuno dei suoi amici, scusami, ho avuto una reazione esagerata solo, non è una bella giornata”

Mi asciugai una lacrima con il dorso della mano “Cosa gli è successo?”

“…Non lo sai?”

Deglutii:“No noi, ci eravamo persi di vista e, ero fuori per un viaggio, sono tornata pochi giorni fa e…”

“Capisco, ti va se ne andiamo a parlare fuori? Davvero non riesco ancora a guardalo così”

Annui e la seguii, prima di chiudere la porta guardai i miei due Miles, davvero non potevo fare niente? Ma io dovevo poter fare qualcosa, avevo già perso Laura, non potevo perdere un’altra persona che amavo no, a costo di provarle tutte io dovevo aiutarlo, dovevo farlo per lui, per me, per noi.

 

“Quindi, come conoscevi Miles?”

Mi fissai la punta delle dita, odiavo mentire “Ecco, amici in comune”

“Capisco, ed eravate?”

“Uhm? no, insomma solo amici, già”

“Immagino non ti avesse mai parlato di me o della situazione a casa, vero?” Deglutii, lanciando uno sguardo ad Ellen seduta dall’altra parte della sala e nascosta da un enorme giornale.

“In effetti no”

“Ovvio, era così lui”

“Senti Leonora come, insomma lui come?”

Lei si accarezzò l’indice e sospirò: “Aveva diciassette anni, poco più di un bambino. Ma noi non siamo mai potuti essere dei normali bambini, siamo dovuti crescere prima del tempo. Vedi noi, eravamo una delle più classiche delle famiglie: due genitori amorevoli e due figli che si volevano un gran bene anche se passavano la maggior parte del tempo a litigare. Nostro padre aveva un lavoro molto impegnativo e stava via molte ore e noi, noi ci divertivamo a preparagli torte colorate o biscotti divertenti e poi, e poi nostro padre ha perso il lavoro e quasi contemporaneamente mia madre si è ammalata.

Lui era sempre più frustrato e non smetteva di bere.

E quasi subito iniziò ad essere violento, quando tornava a casa io e Miles ci nascondevamo in camera fino a che le urla di nostra madre non cessavano.

Non sapevamo cosa fare, eravamo piccoli e spaventati e nostra madre ci ripeteva che era solo un periodo di passaggio, che presto sarebbe passato, che dovevamo capirlo e non dire niente a nessuno perché lui ci amava.

Ma più passava il tempo e più diventava violento, a un certo punto smise con nostra madre e iniziò a prendersela con Miles, lui cercava di non piangere, di non urlare perché sapeva che mi sarei spaventata e quando tornava nella stanza, gonfio di lividi, mi sorrideva e diceva che aveva combattuto contro un mostro e aveva vinto, faceva il duro e soffriva più di tutti.

Crescendo iniziò a ribellarsi: nostro padre cercava di prenderlo e lui scappava, gli rispondeva anche se sapeva che l'avrebbe picchiato ed è andata avanti così finché Miles non ha compiuto diciassette anni; nostro padre era particolarmente ubriaco quel giorno e Miles non si trattenne più, gliene disse di tutti i colori, di stare lontano da noi o altrimenti avrebbe chiamato la polizia, nostra madre gli diedi uno schiaffo dicendo che non doveva mancare di rispetto a suo padre…e poi lui è scappato, è corso via senza guardarsi indietro.

Quella stessa notte nostro padre picchiò la mamma più del solito, io cercavo di non sentire le urla e me ne stavo chiusa in camera, finché le urla non sono cessate e sono scesa di sotto e, ho trovato mia madre in una pozza di sangue, con un coltello piantato nel fianco e mio padre che si torturava le mani insanguinate e quando mi vide, cercò di prendere anche me senza riuscirci, scappai di sopra e chiamai…chiamai la polizia, se solo l’avessimo fatto prima…”

Le presi una mano “Mi spiace, io non volevo farti ricordare queste cose”

Lei mi sorrise dolcemente: “Non preoccuparti, fa sempre bene parlarne a qualcuno che non prenda appunti su di te in ogni caso, quando Miles lo venne a sapere lui, si diede la colpa di tutto, era convinto che se non fosse uscito di casa, se non avesse detto quelle cose a nostro padre o se avesse avuto il coraggio di chiamare la polizia, beh che nostra madre sarebbe ancora viva, mi lasciò sola all’ospedale e tornò a casa, si buttò nella vasca piena di acqua gelata imbottendosi di pillole e si tagliò i polsi…lui…l’abbiamo preso giusto in tempo, io non so davvero chi ci abbia aiutato ma… quando lo portarono all’ospedale io ero ancora lì che piangevo, non avevo dove andare ed ero rimasta lì tutta la notte e poi arrivò lui: lo portarono su una barella pieno di sangue aveva, la bava alla bocca e non, non respirava, e poi dopo ore, è uscito un medico e mi ha detto che mio fratello era entrato in coma e non sapevano quando e se ne sarebbe uscito…e ancora oggi vivo nell’incertezza del suo risveglio, più passa il tempo e più le nostre speranze si abbassano!”

Abbassai lo sguardo e mi morsi il labbro, tutto questo tempo e non mi aveva detto niente? Perché si era tenuto tutto dentro?

“Mi spiace davvero, io non avevo idea”

Ritirò la mano dalla mia e mi fissò negli occhi: “Come sai il mio nome?”

“Cosa?”

“Hai detto che Miles non ha mai parlato di noi quindi, come sa il mio nome?” “Io, è stato lui a dirmelo”

“Ma”

“Però non mi ha mai raccontato nulla”

“Capisco”

“Senti ti dispiacerebbe se, ecco se”

Si passò una ciocca di capelli dietro le orecchie: “Puoi andare da lui non preoccuparti”.

 

Mi alzai e raggiunsi Ellen.

“Allora?”

“Allora è complicato, più complicato di quanto immaginassi, ci vediamo dopo ora salgo da lui!”

“Hai capito almeno perché non ‘puoi aiutarlo’?”

“Sì! Lui è in coma perché ha tentato il suicidio, non posso aiutare chi cerca di togliersi la vita.”

“Quindi non c’è niente da fare?”

“Questo non lo so”

“Mai hai detto-”

“So quello che ho detto! Ma ora è diverso”

“Solo perché si tratta di Miles?”

Scossi la testa e senza risponderle salii al piano superiore.

 

Mi avvicinai al letto e l’osservai dormire, sembrava così sereno, così...

“Sai? C’è una cosa chiamata privacy, che tu hai bellamente violato parlando con mia sorella!”

Mi voltai squadrando lo spirito di Miles da capo a piedi, era così strano guardare quel pallido riflesso mentre davanti a me c’era l’uomo in carne ed ossa “è stata colpa tua, non mi hai mai detto niente, perché non l'hai fatto?”

Alzò gli occhi al cielo: “ E cosa cambia ora che lo sai?”

Tutto brutto idiota! Sei vivo, si d’accordo sei in coma, ma dannazione per anni ho pensato di essere innamorata di un morto e ora...

“Niente! Solo mi piace sapere la verità”

“Certo”

Gli voltai le spalle e frugai nella mia borsa

“Cosa stai cercando?”

Non perdeva mai la sua innata curiosità eh?

“Carta e penna”

“Vuoi scrivermi una poesia?”

E a quanto pare nemmeno la sua stupida ironia, scossi la testa: “Voglio scriverti un incantesimo!”

Lo sentii sbuffare e avvicinarsi “Non funzionerà”

“Non puoi saperlo!”

“Si che lo so, e poi sono anni che non usi incantesimi, non funzionerà mai”

“Dovresti aggiornarti perché ne ho usato uno proprio l’altro giorno e ha funzionato alla grande, credi di essere peggio di un tumore? Secondo me non lo sei!”

Mordicchiai la penna cercando di concentrarmi e scrissi tutto d’un fiato, presi un respiro e afferrai la sua mano: “Svegliati Miles, ti ordino di spezzare le catene del tuo sonno, in questo preciso istante, se è tuo volere svegliati!”

La luce iniziò a sprigionarsi dalla mia mano e a confluire nel suo corpo, si espanse lungo il braccio e sul petto, sorrisi poi, in un attimo, come risucchiata da una fortissima corrente, la luce tornò nel mio palmo e Miles rimase immobile, con gli occhi chiusi e il battito leggero, fissai il suo spirito, scossi la testa e mi concentrai meglio, ripetei l’incantesimo per altre tre volte, la luce iniziava sempre a espandersi senza completare mai il processo, non avevo ottenuto niente, escludendo il mal di testa atroce.

“Te l’avevo detto!”

Non capivo, sembrava funzionare e allora?

“No! Stava funzionando, stava…tu!!”

Mi voltai di scatto puntandogli il dito contro, lui indietreggiò: “Cosa?”

“è colpa tua!”

“Ma se non ho fatto niente!”

“Il punto non è se posso salvarti o meno il punto è che TU non vuoi essere salvato”

Girò la testa: “Te l’ho detto Sally, lascia perdere”

“Perché? Dimmi almeno perché, me lo devi!”

Si mise le mani tra i capelli, la macchinetta segnò un improvvisa accelerazione dei suoi battiti, poi si calmò: “Perché è colpa mia, non capisci? Se solo fossi stato più forte, se solo non fossi scappato via, a quest’ora”

La mia espressione si addolcì “Non è colpa tua se tuo padre è uscito fuori di testa, non è colpa tua se tua madre non ha trovato la forza di reagire e vi ha reso succubi a vostra volta”

“Non è solo mia madre io, sono stato debole non ho pensato a quello che sarebbe successo, ho pensato che farla finita era la cosa migliore, ma non ho pensato a mia sorella, tu non hai la minima idea di quello che ha passato in questi anni per colpa mia”

“Perderti non l’aiuterà, sai cosa potrebbe aiutarla? Riaverti con se”

“Tu non capisci”

Mi alzai furiosa: “No! Sei tu che non capisci ora, ora ho il quadro completo e se pensi che mi fermerò solo perché tu non riesci a vedere le cose come stanno, non mi conosci affatto!”

Come una furia uscii dalla stanza e mi precipitai in macchina ottenendo uno sguardo perplesso da parte di Ellen: “Ha funzionato?”

“No”

“E ora?”

“Ora si passa al prossimo piano”

“Che sarebbe?”

“Andiamo a casa, devo provare una cosa”.

 

 

Mi precipitai nella mia stanza e iniziai a rovistare tra le vecchie cose

“Vuoi provare a sembrare una pazza furiosa? Perché ci stai riuscendo”

Non prestai attenzione alle sue parole e mi fermai solo quando ritrovai la piccola scatola di paglia verde, l’appoggiai sul tavolo e afferrai un foglio, scrissi velocemente la prima cosa che mi veniva in mente e fissai Ellen.

“Ok, io ho bisogno di te adesso, ma non sarà una cosa bella e se vuoi puoi andare via, lo posso capire”

Lei mi afferrò la mano: “E perdermi l’ennesima follia? Nah, e poi sarà come tornare ai vecchi tempi no?”

Annuii sorridendole e aprii la scatola, lei alzò un sopracciglio: “Quindi, tu hai una scatola per tutto?”

“Più o meno!”

“Bene”

Tirai fuori un sacchettino color prugna e ne svuotai il contenuto sul tavolo, presi anche una provetta con del liquido nero e un piccolo mortaio

“Sì, ho tutto”

“Si, ehm, quelle sono foglie?”

“Sì!”

“E nella provetta c’è?”

“Infuso di belladonna”

“Ovviamente…e com’è che hai queste cose?”

Iniziai a pestare le foglie rosse insieme al liquido nero: “Noi due non eravamo ancora amiche c’era, si era aperto un luna park vicino casa di Laura e ci andammo insieme, lei pensò che viste le mie capacità, sarebbe stato divertente andare dall’indovina e vedere cosa ci diceva. Beh l'indovina non disse nulla, cacciò via Laura e mi diede queste cose dicendo che un giorno ne avrei avuto bisogno”

Ellen deglutì lasciandosi cadere sulla sedia:“E con questo credo che non andrò mai da una sensitiva ok, ma cosa devi fare?”

“Berlo”

“E?”

“Ok, questa è la parte non bella: devo, devo provare a parlare con Loro, provare a farci un patto o, non lo so, ma devo provare a salvare Miles e questa è, è l’unica cosa che mi viene in mente.”

Ellen continuava a fissare l'intruglio torturandosi il labbro “Ma come farai a parlare con Loro? Credevo che solo i morti potessero vederli-oh…”

“No, non solo i morti, Miles non è davvero morto io, una volta che l’avrò bevuto, entrerò in uno stato di coma profondo e potrò entrare in contatto con Loro”

“Come?”

Le mostrai il foglietto: “Incantesimo!”

“Sei sicura che funzionerà?”

“No, ma devo provarci”

“Ma poi come farai a tornare indietro?”

“E a questo che mi servi tu, avrò un’ora di tempo, è a questo che servono le foglie, ad ammortizzare l’effetto della belladonna ma dopo un’ora, il processo sarà irreversibile”

Ellen deglutì “Cioè sarai…”

“Morta”

“Bene, quindi cosa devo fare?”

Le misi in mano il biglietto che avevo usato con Miles “Leggere questo, mettendo il mio nome, invece di quello di Miles”

“E se non funziona? Io non ho poteri Sally”

“Lo so non preoccuparti, non farai davvero un incantesimo ma mi servirà come punto di ritorno, la tua voce sarà come un faro per me e mi riporterà indietro!” “E se non funziona?”

“Se non funziona, chiama l’ambulanza”

“Sally”

“Io mi fido di te ma se non vuoi farlo puoi andartene, io però lo farò comunque, con o senza di te, io devo farlo”

“Ti voglio bene e, so quanto è importante per te, ma giuro che se non ritorni da me faccio un rito voodoo, ti riporto in vita e ti uccido con le mie mani, chiaro?” L’abbracciai forte: “Cristallino”

“Bene! Facciamolo”

 

Mi stesi sul letto e bevvi l’intruglio, ispirai a fondo mentre sentivo già la bocca farsi secca mentre Ellen mi teneva la mano.

“Con l’influsso degli astri e dell’universo, proietto me stessa in un posto diverso!”

La luce iniziò a darmi fastidio e dovetti chiudere gli occhi: “Con l’influsso degli astri e dell’universo, proietto me stessa in un posto diverso.”

Sentii il cuore battermi sempre più forte, i muscoli contrarsi “Con l’influsso degli astri e dell’universo proietto me stessa in un posto diverso.”

La pelle sembrava bruciarmi e la testa girava per conto suo, ma non potevo fermarmi “Con -l’influsso-degli astri e del’ universo, proietto me stessa, in, un, posto, divers-o”

Le palpebre si facevano sempre più pesanti, la voglia di dormire sempre più forte, mi rilassai andando in contro a ciò che mi aspettava e fu allora, che il mio cuore si fermò.










Angolino così carino e polpettino:
E dunque eccomi qui.
Vi avverto, siamo ormai ad un passo dalla fine.
Come vi è sembrato il capitolo?
Forse vi aspettavate più fuoco e fiamme tra Eloisa e Sally e in effetti mi stanno venedo un po' di dubbi sull'allungare quella parte ma in verità vi dico che a me quel pezzo piace così com'è.
Intelligenza batte Forza.
Sally ha elaborato il piano in tutti i suoi dettagli, assicurandosi che Eloisa fosse sicura della sua resa e quinid impreparata ad uno scontro ed era sicura che Miles sarebbe arrivato a proteggerla.
Ha agito d'astuzia e si merita mille punti(ma di che??)
Ah già...Miles, alcuni di voi ci avevano preso: Miles è in coma.
Quindi non è morto, ma questo non rende più semplice le cose anzi!
E nel prossimo capitolo connosceremo i tanti nominati Loro, e sappiate che mi sono divertita(e scervellata) un sacco a scrivere l'inizio del prossimo capitolo, capitolo che è tipo il penultimo, penutlimo capite?? tristezza ç__ç
vabbe a domenica prossima!
bacini e grazie del vostro supporto, siete troppo tropposi *^*

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Capitolo 14
*** Desideri che si avverano? ***


 

 

DECIMO CAPITOLO (desideri che si avverano?)













 

“Lei non fu qui!”
“No! Lei non sarà qui?”
“Ma lei è qui!”

Al suono di quelle voci aprii leggermente gli occhi richiudendoli subito dopo, una luce bianca mi aveva quasi accecato, li riaprii lentamente tentando di abituarmi a tutto quel bianco e mi guardai intorno, non ero più nella mia stanza, non conoscevo quel posto, voltai ancora la testa e i miei occhi incrociarono uno specchio, mi alzai fissandomi stranita: indossavo una camicia da notte bianca, che non era mia, avevo due enormi occhiaie come se non dormissi da anni ed ero più pallida del consueto, provai a sfiorare lo specchio e un brivido mi scivolò lungo la schiena.

“Lei è viva!”

“Lei si mosse!”

“Lei parlerà?”

Le voci mi fecero voltare ancora e li vidi, tre imponenti figure galleggianti circondate da del leggero fumo grigiastro: alla mia destra lievitava un uomo anziano, con una testa appuntita e la barba lunga fino al petto, al centro leggermente più avanti, c’era una donna, non era vecchia come il primo uomo, ma nemmeno giovanissima, mi fissava con gli occhi privi di pupille, come gli altri due e i boccoli color cenere che le cadevano lungo le spalle; a sinistra il terzo uomo, mi fissava da sopra gli occhiali piccoli e luminosi con l’aria saccente, i volti e le braccia dei tre erano ben visibili mentre il resto del corpo era avvolto da una fitta nebbia.

“V-voi, voi siete Loro?”

Si guardarono e ripuntarono gli occhi su di me.

“Noi fummo Loro?”

“Ovvio che noi saremmo Loro la domanda sarà, cosa vorrà lei?”

Mi grattai la testa nervosa: “Quindi è un sì? Voi siete quelli che governano gli spiriti?”

L’uomo saccente fece un’espressione contrariata mentre il più anziano si lisciò la barba: “Noi fummo quelli che dici, noi facemmo quello che proclami!”

La donna sorrise e avvicinò il volto al mio: “Constatato ciò che noi siamo, vorremo capire ciò che tu vuoi”

Mi schiarii la voce indietreggiando leggermente “…Io sono”

L’uomo saccente sbuffò e una nuvola grigia fuoriuscì dalle sue narici: “Ovvio che sapremo chi tu sarai”

La donna l’ammonì “Sappiamo chi sei!”

L’uomo anziano si grattò la testa “Quel che non sapemmo fu quel che lei volle!”

Iniziavo a sentirmi sempre più confusa, davvero Miles affrontava questo ogni volta che lo mandavo a parlare con Loro? Ecco perché era sempre così schizzato!

“Io ecco io volli, cioè io vorrò no! Io vorrei, io…voglio fare un patto con voi!” Si guardarono di nuovo e la donna sorrise: “è per il non morto vero?”

“Ovvio che sarà per lui”

“è per lui che fosti qui?”

“S-si ehm, parlate di Miles vero?”

Annuirono contemporaneamente e iniziai a sentirmi a disagio:

“Ovviamente voi sapete che lui è in coma, io ho provato a salvarlo ma…”

“Ma lei non ha potuto!”

Abbassai lo sguardo: “No, non ho…lui non ha voluto.”

“Ma lui nemmeno può!”

“Egli si tolse la vita”

“E noi non aiuteremo chi si toglierà la vita!”

“Ma lui non voleva! È stato un incidente e-”

L’uomo saccente corrugò le sopracciglia e il bianco diventò improvvisamente un grigio tendente al nero “Lei non vorrà prenderci in giro??”

Indietreggiai leggermente spaventata: “No certo che no ma, voi me lo dovete, vi siete presi Laura, nonostante il nostro patto e lei, lei non si era suicidata ma non mi avete permesso di aiutarla e non, non potete prendervi anche lui, inoltre io mi merito una ricompensa ok? Per tutto quello che ho fatto per voi, voi me lo dovete!”

L’uomo anziano sembrò pensarci su: “Ma se l’aiutassimo, che cosa otterremo?” Sospirai “Voi, sapete che volevo rinunciare a tutto questo!”

La donna inclinò la testa e una ciocca di capelli le sfiorò la guancia: “Lui c’è l’ha detto.”

“Bene! Se lo salvate, io continuerò ad essere la vostra marionetta: continuerò a salvare anime, continuerò a fare quello che voi volete che faccia”

Il saccente ghignò: “Noi ne troveremo un’altra!”

Fu il mio turno di sogghignare “Oh davvero? Una che riesca a fare un esorcismo in una lingua sconosciuta, che sconfigga una psicopatica assassina e l’elenco ancora lungo! Certo, potete trovarne un’altra, ma non sarà brava come me, le ci vorrà tempo per imparare anche solo una minima parte di quello che so io e quante anime perdereste nel frattempo? Voi avete bisogno di me e io ora, ho bisogno di voi!”

La donna annuì ammonendo gli altri due: “Lei sa che c’è un prezzo da pagare?” “Credevo che io fossi il prezzo!”

Si guardarono in silenzio e poi tornarono a puntare gli occhi vuoti su di me: “Non è così semplice”

“E allora qual è?”

“Lo vedrai!”

Feci per ribattere ma, il cadere lento e silenzioso di una foglia dai bordi viola mi fermò. Alzai la testa ma non c'era nessun albero quindi, da dove veniva quella foglia? Se ne aggiunsero poi altre, finché i miei piedi nudi, ne furono completamente pieni, l’uomo anziano ne afferrò una che tra le sue mani, si sbriciolò immediatamente.

“Il tempo a sua disposizione finì!”

“Lei dovrà tornare alla porta”

“O rischia di rimanere qui per sempre”

Iniziai a sentire improvvisamente freddo mentre le foglie continuavano a cadere con una cadenza quasi armoniosa:

“P-porta? Quale porta?”

“Lo specchio!”

Voltai la testa: “Oh ma è proprio…qui?”

Lo specchio non c’era più e quando mi girai ancora non c’era più nessuno, ero sola, completamente sola e iniziavo a sentirmi male, la testa pesante e il ‘corpo’ leggero, stavo per lasciare che il panico prendesse il sopravvento quando la vidi: una piccola e tremolante lucina viola in fondo alla stanza, la seguii e senza accorgermene iniziai a galleggiare nell’aria finché non arrivai allo specchio, ne osservai la cornice dorata e solo dopo mi concentrai sull’immagine che rifletteva: me stessa, stesa sul letto, immobile, Ellen era al mio fianco e mi teneva la mano: “Svegliati Sally, ti ordino di spezzare le catene del tuo sonno, in questo preciso istante, se è tuo volere, svegliati!

Le sue parole, ripetute più volte come una canzone triste mi arrivarono distorte, come se le ascoltassi da dietro un muro, presi un profondo respiro e infilai una mano nello specchio oltrepassandolo come se fosse fatto d’acqua, un altro sospiro e mi ricongiunsi con il mio corpo dall’altra parte, presi un enorme boccata d’aria e mi precipitai in bagno, in tempo per vomitare.

Ellen non mi lasciò nemmeno il tempo di rialzarmi che mi fu addosso:

“Dio mio!! Non sai che paura, come stai? Come sono Loro? Ha funzionato? Dimmi che non stai morendo!”

“No, non sto morendo, Loro sono…strani e ora so perché Miles odiava parlarci e non lo so se ha funzionato…direi di andare a vedere!”

“Va bene”.

 

Tornammo all’ospedale mentre ancora combattevo contro la nausea

“Sicura di stare bene? Non hai una bella cera”

Ispirai a fondo: “Sì, solo ci vorrà un po’ di tempo per riprendermi del tutto” “Ok”.

Non riuscivo a calmarmi e continuavo a torturarmi il labbro finché non arrivammo finalmente, davanti alla stanza di Miles, prima che potessimo aprire la porta uscì fuori Leonora che ci sorrise, radiosa e con le lacrime agli occhi, appena mi vide mi buttò le braccia al collo: “Scusa è che davvero io, è, è un miracolo, non credevo sarebbe mai successo e invece…invece lui si è risvegliato e sta bene e parla e respira e, e devo chiamare nostra zia, devo chiamare tutti se, se vuoi puoi entrare io torno tra poco!”

Si precipitò all’ascensore continuando a ridere, guardai Ellen ed entrammo nella stanza, Miles era lì, steso nello stesso letto in cui l'avevo lasciato. La sua pelle prima pallida aveva ora acquistato un leggero colorito e non era più immobile, con gli occhi chiusi e il respiro incerto. Lui era sveglio, parlava e rideva con un’infermiera che gli stava tirando il sangue, mi avvicinai: “Ciao!”

Lui sorrise e il mio cuore fece le capriole.

“Ciao”

Non riuscii a trattenere l’ennesimo sorriso: era lì, era vivo, era reale, l’infermiera gli sistemò il cuscino guardandoci con aria sognante io gli afferai la mano: “Come ti senti?”

Si sistemò meglio, alzandosi leggermente e puntò gli occhi nei miei:

“Bene grazie! Scusa, non vorrei sembrarti ehm, scortese ma tu... chi sei?”

Tre semplici parole bastarono a fare del mio cuore tanti piccoli pezzi sparsi io, Ellen e l’infermiera ci paralizzammo, poi lei cercò di confortarmi:

“Ascolti, è normale può capitare che dopo un lungo coma il paziente non ricordi alcune cose, con il tempo andrà meglio!”

Mi sforzai di sorriderle ma lo sapevo, sapevo che non si sarebbe mai ricordato di me, era quello il prezzo di cui Loro parlavano: “Non importa, non ero nessuno di importante, sono contenta che tu ti sia risvegliato e ora devo andare…ciao.”

Lui annuì con un cenno del capo e io mi richiusi la porta alle spalle.

 

“Perché non si ricorda di te?”

Intanto ci avviammo alla macchina.

“È solo il prezzo da pagare per essersi svegliato”

“La sua memoria? Ma scusa, della sorella si ricorda!”

“Non tutta la memoria, solo quella che riguarda me.”

Ellen mi prese per le spalle fissandomi seria: “Ma non è giusto, dev’esserci un modo per fargli ricordare chi sei!”

Allontanai la sua presa e salii in macchina, allacciai la cintura e appoggiai la testa al finestrino: “Non importa.”

Ellen mi imitò salendo dall'altro lato e stringendo con forza il volante:“Sally”

“No davvero, non importa.”

Mi fissò indecisa se prendermi a schiaffi o meno:

“Sei quasi morta per salvarlo, non dirmi che non ti importa! Urla, arrabbiati, piangi fa qualsiasi cosa ma non mentirmi, non tenerti tutto dentro!”

Chiusi gli occhi: “Non importa.”

No, non importa se non sa nemmeno più il mio nome, se non ricorderà mai tutto quello che abbiamo affrontato insieme, non importa se ho il cuore a pezzi perché lui è vivo giusto? E sì, io sto male Ellen, sto così male che vorrei strapparmi il cuore dal petto, sto così male che vorrei che tutto questo fosse solo un incubo ma, ma mi passerà. Questo dolore, questa voragine che sento al posto del cuore prima o poi passerà sì, prima o poi.

 

Il resto del viaggio fu silenzioso e quando arrivai a casa scesi senza nemmeno salutarla, ignorai anche Mocho e mi buttai sul letto, mi sarebbe passata, doveva passarmi ma al momento, faceva dannatamente male.

 

 

 

Sally? So che sei in casa, potresti almeno rispondere e dirmi che sei viva per favore? Sono passati tre giorni, tre giorni Sally, ma non lo capisci che parlarne ti farà sentire solo meglio?’

 

 

Sono ancora io, mi meraviglio che ancora tu non abbia staccato il telefono, sarebbe meglio sai? Almeno non mi sentirei tanto stupida al momento…no, ti ho chiamato perché ho parlato con Brad, mi ha chiesto di te, cosa devo dirgli?’

 

Sai che stiamo superando tutti i record? Cinque giorni senza vederci o parlarci? Domani vengo da te, ti ho avvertito, ti tirerò fuori da quel letto con le buone o con le cattive!’

 

Sbuffai, i messaggi in segreteria di Ellen erano diventati l’unico contatto con la realtà, io le volevo bene ma davvero non capiva che avevo bisogno di starmene per conto mio? Di tempo per assimilare? Staccai il telefono e tornai al nulla.

Il nulla era diventato la mia nuova realtà.












angolo Lady:
Ciao cari pampolini ecco il penutilmo (ç__ç) capitolo di questa storia.
Questa volta inizio ringraziandovi, tutti! e dico TUTTI chi segue, voi che spendete il vostro tempo a recensire voi che leggete e voi che avete messo questa storia tra le preferite *^* *le si caramella il cuore*
Detto ciò, non so perché ma quando pensavo a Loro ho sempre pensato a questa sorta di teste fluttuanti con  questa "particolare" caraterristica:
Parlano al passato(il vecchio), presente(la donna) e futuro(l'uomo saccente)
Insomma anche se spesso dicono la stessa cosa sti tre alternano i tempi spero di averli azzeccati ç__ç e che rimaniate confusamente confusi da questi tre ^_^

Bene... ehm >__> non ho altro da dire, finisce in modo un po' appeso lo so ma è voluto v,v
spero sia stato breve ma intenso ecco o.o
al prossimo T^T
wof!

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Capitolo 15
*** Legame ***


UNDICESIMO CAPITOLO (legame)



 

 

 

Quel giorno fui svegliata da un rumore e da Mocho che miagolava, abbassai appena le coperte per vedere Ellen aprire le tende, sbuffando mi nascosi sotto la coperta.

“Come sei entrata qui?”

Non si girò continuando ad inciarmare con le tende e altra roba.

“Mi sono fatta dare la copia dal portinaio e per ottenerle l’ho dovuto minacciare, minacciare Sally, perché non voleva darmela, ho dovuto dirgli che sarebbe stata colpa sua se ti ritrovavamo morta in un angolino della casa!”

Sbuffai “Esagerata!”

Continuava a non guardarmi: “Sì beh ho dovuto farlo visto che la mia miglior amica ha staccato il telefono e le altre volte che sono venuta non mi ha aperto, sono passate due settimane Sally quindi, a mali estremi, estremi rimedi!”

“Da quando sei diventata così saggia?”

“Da quando hai fatto deprimere anche il gatto…anche il gatto!”

Fissai Mocho che se ne stava acciambellato ai piedi del letto con l’aria triste e iniziai ad accarezzarlo: “Non è colpa mia, è triste perché non vede più Miles”

“E chi gli ha attaccato questa cosa di Miles?”

La fissai alzando un sopracciglio: “Non è colpa mia se si è fatto amare anche dal gatto!”

“D’accordo, sai cosa? Ora ti alzi, fai una bella doccia e una bella colazione a proposito da quando non mangi?”

“Mh…che giorno è oggi?”

“Sei un caso perso! Vado a prenderti qualcosa da mangiare anche perché ho visto che il tuo frigo è completamente vuoto tu rimani qui, che te lo dico a fare, ovvio che rimani qui, cerca di alzarti dal letto però! Ci vediamo tra poco”

Grugnì qualcosa in risposta e mi buttai sotto le coperte finché non sentii un fastidioso fischio nelle orecchie, il fischio continuò per diversi minuti fino a diventare sempre più simile al suono di un campanellino.

Mi alzai e notai con stupore che Mocho non era più sul letto: “Mocho?” Sbuffando lasciai il mio fortino e arrivai in cucina: “Mocho dove sei?”

Intanto il tintinnio continuava, andai all’entrata e constatai che Ellen non aveva chiuso completamente la porta e, ovviamente, Mocho era proprio lì che fissava il piccolo spiraglio luminoso:

“Ehi non ci provare sai?”

Lui mi guardò con aria di sfida, miagolò e oltrepassò la porta, rimasi a bocca aperta per qualche secondo poi la aprii di scatto chiamandolo a gran voce: “Andiamo Mocho! Non sei mai scappato nella tua vita aaah!”

Infilai in fretta le scarpe e scesi in strada in pigiama, lui si era come volatilizzato e l’orrenda sensazione di aver perso anche il mio gatto mi fece venire le vertigini, sentii ancora il campanellino, seguii il rumore per un po’ convinta che qualcuno volesse dirmi qualcosa e, dopo quella che mi parve un'eternità lo vidi.

Stava facendo le fusa a qualcuno seduto al bar, senza guardare chi fosse questo qualcuno, corsi come una furia e l’afferrai al volo: “Mocho!!”

“Hai chiamato il tuo gatto Mocho?”

Il mio cuore si fermò, sentii proprio un secco 'Tum' e poi più nulla, all’improvviso non sapevo più respirare, non sapevo più reggermi in piedi, alzai appena lo sguardo fino ad incontrare gli occhi di Miles che mi fissavano divertiti, subito lo stomaco iniziò a contorcersi e la gola si seccò.

No. Non era possibile.

“Ehi? Hai perso l’uso della parola?”

Cercai di tornare in me: “Io si, no, mi dispiace per, il mio gatto…lui di solito non fa così!”

Mocho si liberò dalla mia presa e tornò a fargli le fusa.

“Non preoccuparti è un gattino molto dolce”

Osservai il mio gatto con uno sguardo di pura invidia, si ero invidiosa, perché lui poteva fargli le fusa e io no? Insomma, non che volessi fargli le fusa ma... “Sicura di stare bene?”

“Sì, bene!”

“Strano incontrarci così vero? L’ultima volta ero in ospedale e tu, eri vestita”

Solo allora mi ricordai del mio pigiama, il mio pigiama con i pois rosa, afferrai Mocho cercando di placare la rabbia: “Io sì…ciao!”

Corsi, no la parola giusta è: scappai, scappai via ignorai il portinaio e il suo:

“Oh ma quindi è viva!” E mi rintanai in casa, il tempo di chiudere la porta e scoppiai a piangere.

Passarono alcuni minuti ed ero ancora seduta lì a terra, gli occhi gonfi e l’orribile singhiozzo delle lacrime, Mocho miagolò e io lo fulminai con lo sguardo era tutta colpa sua, prima che potessi dirgliene quattro il campanello trillò rumorosamente “Ma non avevi le chiavi Ellen?”

Lui trillò ancora e mi costrinsi ad alzarmi, cercai di darmi una sistemata e aprii la porta rimanendo a bocca aperta, immobile come una statua “M-Miles? Cosa ci fai qui?”

Mi mostrò il mio blackberry, come diavolo faceva ad averlo lui? Ero sicura di non averlo con me e di certo non l’avevo cacciato, lui alzò le spalle:

“Hai dimenticato questo!”

Afferrai il telefono e le nostre mani si sfiorarono: “G-grazie…aspetta, come facevi a sapere dove abito?”

Mi guardò confuso: “Io, non lo so”

Prima che potessi dire qualunque cosa Mocho mi graffiò la caviglia “Ehi! Perché lo hai fatto?”

Miles entrò dentro e si abbassò sfiorandomi i segni del graffio “Niente di grave, magari è solo nervoso.”

“Magari!”

Si rialzò fissandomi negli occhi “Non sei una di tante parole eh?”

“N-no, è che...”

È che non riesco a respirare quando ti vedo, è che il mio cuore cessa di battere quando ti vedo, è che il mio corpo inizia a tremare quando ti vedo è che non riesco più a pensare quando ti vedo è che, come una stupida mi sono innamorata di te, ti amo! E tu nemmeno ti ricordi di me.

Si fissò le scarpe e mi sembrò tremendamente confuso.

“Forse dovrei, dovrei andare ora.”

“Dovresti.” Dovresti? Mocho riprese a miagolare, forse, forse dovrei o forse…e ad un tratto è troppo tardi per pensare, le mie labbra erano già incollate alle sue, indietreggiò appena senza staccarsi da me, una sua mano scivolò lungo il mio fianco e in un secondo ero appoggiata alla parte e lui era sopra di me, con una mano gli afferrai i capelli e con l’altra lo strinsi più forte, dopo quelli che sembrarono secoli si staccò appena continuando ad abbracciarmi: “Sally…”

Rimasi con la fronte appoggiata alla sua: “Come?”

Sorrise: “Sally!”

Lo guardai appena mentre un timido sorriso illuminava il mio volto: “Sai il mio nome!”

Mi sfiorò la punta del naso con la sua: “Non ti hanno insegnato che non si baciano gli sconosciuti?”

Ero indecisa se ridere o piangere e continuai a fissarlo in silenzio, lui fece un piccolo sbuffo divertito: “Sai? Mi piacevi di più quando mi davi dell’idiota!”

I miei occhi si illuminarono “Ti ricordi”

Lui mi strinse un po' più forte “Mi ricordo!”

“Ti ricordi di me?”

Mi sfiorò le labbra “Di te, di Loro, di quello che abbiamo fatto, di Mocho, di tutto!”

“Non dovresti ricordare”

“Ma mi ricordo!”

“Ti ricordi”

“Mi ricordo…di averti detto di starne fuori!”

Lo fissai preoccupata, lui tenne su un’espressione arrabbiata per un po’ e poi scosse la testa: “Grazie per non averlo fatto!”

Sorrisi e lo baciai ancora mentre il mio piccolo, adorabile Mocho miagolava felice e non lo so perché, non so perché Loro gli abbiano permesso di ricordare, però, mi piace pensare che sia stato il nostro legame a riportarlo da me, che sia stato il nostro legame a guidarlo verso casa mia, il nostro legame a mantenere dentro di lui l’amore che provava per me e che ora, finalmente, eravamo liberi di vivere.

 

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

 

Fissai le nostre mani teneramente intrecciate, finalmente potevo sentire la consistenza del suo corpo sotto il mio, finalmente non ero più obbligata a immaginare come sarebbe stato baciarlo, perché potevo farlo e finalmente tutto era al giusto posto e non importava se avrei dovuto affrontare spiriti vendicativi o complicati, non importava se compariva qualche demone o mostro simile! Io ero felice, ero felice perché avevo Miles, perché Mocho passava dalla mia pancia alla sua e perché le nostre mani erano, finalmente, intrecciate.


                                                          
                                                                                                                            
Fine









Angolo Wolf.
T--T e dunque siamo giunti alla fine miei cari ragazzi, non posso ancora crederci che voi abbiate seguito questa storia con tutto questo entusiasmo quindi ho da dire solo GRAZIE T^T Io a questa storia ci tengo proprio tanto, sembrerà strano visto di cosa tratta ma c'è tanto di me qua dentro e Miles, beh Miles è nel mio cuore e ci rimarrà sempre e per sempre.
Grazie alla mia silvietta *^* lo sai, senza di te questa storia non sarebbe tornata su efp e invece tu mi hai aiutato e quindi grazir v,v
sarò ripetitiva sappiatelo quindi ancora grazie a Bolide, con le sue dolci recensioni,
Nova che so che ti aspettavi una BradxMiles ma Brad è stato relegato al due di picche mi dispiace :P
RosaRosa che si è fatta un'idea tutta sua di Miles
e Aven che mi ha tirato le orecchie ma spero abbia comunque apprezzzato la storia e
oh, anche Alexia che si è unita a noi da poco.
Spero il finale vi abbia soddisfatto e che questa storia vi sia piaciuta e quindi *si perde nella stupidità delle sue parole*
Grazie a tutti quelli che l'hanno recensita (continua ad essere ripetitiva)
a quelli che l'hanno nelle seguite e quei pazzi che l'hanno messa nelle preferite!
Oh se volete saperlo, avevo in mente di cambiare il finale:
Sally in realtà era davvero pazza, per cui si ritornava al primo capitolo, la conversazione con la psicologa, magari Eloisa ne avrebbe parlato con un suo superiore dicendo che Sally in seguito alla morte del suo fidanzato(Miles) era entrata in uno stato di pura follia creandosi questa realtà alternativa con lei come paladina dei morti.
^^ alla fine non l'ho cambiato >__>
Era giusto che finisse bene e poi chissà...magari un giorno...
Ok, secondo me avete capito che sto tergiversando per non pubblicare il capitolo >:<
Ok la smetto.
Vi lascio, questa volta per sempre (?)
Grazie ancora T--T
Saluti da Miles, Mocho e Sally.
wof!


 

 

 

 

 

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