Other Side

di Glory and Love
(/viewuser.php?uid=256435)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - South Ashfield Heights ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - L'appartamento 302 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Wish House ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - South Ashfield Heights ***


 



Quante minuti erano passati? No... quante ore?
James non seppe stabbilirlo con certezza. Sospirò, mentre lo stereo della macchina continuava a trasmettere la canzone che più o meno aveva sentito già una decina di volte.
Era la preferita di Laura e per questo avrebbe fatto uno sforzo nel risentirla tutte le volte che la bambina voleva.
Always On My Mind...
Ormai James sapeva a ripetizione quella strofa e nelle orecchie, Laura la ricanticchiava sempre. Quando raggiunse il rettilineo di una strada, si voltò a guardarla. Non era cambiata molto da quando l'aveva presa con se, un pò d'anni fa. Dio, saranno stati... cinque o sei anni? Aveva perso i conti.
Comunque Laura era ancora una bambina... oddio, iniziava forse una fase un pò difficile ma si riteneva ancora fortunato di non dover affrontare con lei il discorso del trucco, dei tacchi e delle minigonne. Specialmente cose che riguardavano il sesso. Su questo punto, James preferì riconcentrarsi sulla strada.
Già... si riteneva ad essere ancora fortunato.
Il traffico di South Vale era piuttosto gotico, quella mattina. Il sole era alto nel cielo e le temperature erano alte, troppo per un'estate come quella. Fortunatamente la scuola, per Laura, si era conclusa e questo avrebbe potuto facilitare lo spostamento di residenza e il cambio scuola. Certo, inizialmente per Laura è stato difficile ma poi l'idea le era piaciuta.
La casa che per anni aveva condiviso con Mary non aiutava ne James e di certo neanche Laura, la quale le era stata molto legata. Per la bambina era diventata una sorta di figura materna, la stessa che gli è stata sottratta troppo presto. Su questo proposito, molte volte James aveva domandato a Laura qualcosa su i suoi genitori ma lei non ricordava niente. Era tutto confuso.
Frank, suo padre, appena aveva colto la notizia dell'adozione, aveva dato di matto. Continuava a ripetergli che chi stava portando con se era una sconosciuta e poteva essere anche un'approfittatrice. Benchè James continuasse a ripetergli che si trattava di una bambina e non di una donna in cerca di soldi, suo padre non voleva sentire ragioni. Non avrebbe mai acconsentito a quella farsa. Per questo aveva litigato con lui. Erano passati più di tre anni e Frank si era rifatto vivo con una scusa, dicendo a James che lui e sua... figlia, potevano usufruire dell'appartamento 302 ai South Ashfield Heights. Il biondo, dal canto suo, era felicissimo e per la prima volta le cose iniziavano ad andare bene.
Laura aveva preso male inizialmente la situazione, ma poi si era fatta forza e aveva accettato di seguire suo padre. Non l'aveva mai chiamato "papà" e forse era meglio così.
Da piccolo, James, ripeteva sempre che non si sarebbe mai sposato e non sarebbe mai diventato padre. Sua madre, a tempo che fu, rideva di questo e lo metteva in guardia, scherzando sul fatto che l'ultimo che aveva sentito dire così si era sposato per primo.
Poi aveva iniziato il liceo, aveva fatto nuova amicizie, aveva frequentato party nei locali e feste di compleanno di amici. Proprio ad uno di quei party aveva incontrato Mary.
Ricordava ancora cosa indossava. Non era mai stata troppo "appariscente", neanche quando era una liceale con la sua crisi di nervi in quel periodo del mese dove le donne andavano in escandescenza anche se un quadro era capovolto. Indossava uno di quei maglioni pesanti, di un colore rosa pallido. Una sciarpa di lana e una lunga gonna sotto il ginocchio. Occhiali da vista un pò troppo grandi per quei due semplici occhi d'orati.
Si, era molto "chiusa" specie nell'ambito dell'abbigliamento. Ma lui, che a quel tempo cercava di emitare Elwis con tanto di ciuffo, soltanto che il suo era biondo, era riuscito a vedere qualcosa in Mary Shepherd. Qualcosa che altri non avevano visto.
Poi una cosa tira l'altra e dopo neanche due mesi si erano messi insieme. La famiglia di lei era molto religiosa, però. Una sorta di famiglia Adams, avete presente? Il giorno che gli aveva conosciuti, James dovette trattenersi da non scappare a gambe levate.
I genitori di Mary l'avevano assillato di domande, dopo aver recitato la preghiera diurna. Che lavoro fanno i tuoi? In cosa vuoi specializzarti, James? E poi... la domanda più imbarazzante di tutte fu: "Allora James, dicci... quante ragazze hai avuto prima di Mary?" Se ci ripensava, James poteva sentire le gote arrossarsi come la prima volta.
I suoi genitori, invece... oh, tutt'altra storia!
Sua madre era sempre stata molto premurosa con Mary, fin da subito. Aveva notato che era più una ragazza casa e chiesa e a lei non dispiaceva neanche, visto le precedenti presentazioni di ragazze che suo figlio portava in casa.
Frank, come al solito, era malfidente. Aveva preso in disparte il figlio e infestato di domande. Quando James aveva cercato di rassicurarlo, dicendogli che Mary era una brava ragazza, lui sarcasticamente aveva detto una pessima battuta: "Bisogna vedere il tragitto tra la casa e la chiesa, figliolo".
E poi il matrimonio, la luna di miele a New York e la casa nuova.
Le complicazioni sono venute dopo, ma James preferì non pensarci e riservare l'attenzione al traffico, che si stava lentamente svuotanto dalla strada.
Laura controllò la mappa e indicò a James un parcheggio.
-Siamo arrivati.- Decrattò la bambina, prendendo il suo zaino.
James entrò nel parcheggio, spegnendo il motore una volta che la vettura verde petrolio fu dentro le strisce bianche. Scese dall'auto, aiutando Laura con i bagagli.
La bambina guardava di fronte a sè, un Hotel con lo stesso nome della città. Sicuramente stava pensando che di fantasia ne avevano in quel posto!
James prese due borse e avanzò verso la palazzina che gli si presentava davanti, fatta di due parti. Suo padre abitava all'ultimo piano. La porta principale era aperta e quindi entrarono lì. Di fronte la casetta della posta trovarono subito un'attraente ragazza che, sicuramente, si occupava della posta. Appena si accorse della loro presenza, si sorprese di trovarseli davanti, come se li conoscesse.
-Voi siete James Sunderland! Il figlio di Frank, immagino!- Disse la ragazza, piena di se dalla gioia. Andò verso di loro e tese la mano al biondo.
Lui la strinse con un sorriso, con ancora le borse sulla spalla.
-Esattamente, signorina...- Si bloccò, non sapendo il suo nome.
-Rachel, signor Sunderland. Sono l'addetta alla posta.- Spiegò lei, dando una valida giustificazione del perchè era immezzo a tante scartoffie ancora intatte.
Rachel spostò il suo sguardo su Laura, chinandosi alla sua altezza. -E questa bambina?- Chiese lei, con voce amorevole.
-E'mia figlia. Laura, saluta Rachel.- Spiegò James, rivolgendosi poi alla figlia.
Laura, timida e chiusa, rivolse alla ragazza un sorriso imbarazzato, stringendosi al petto il suo peluches, Robbie. -Ciao.- Mormorò appena.
James sorrise, guardando poi Rachel. -E' ancora tutto nuovo per lei. Mio padre è in casa?- Chiese, volgendo poi l'attenzione ad altro.
Rachel scosse la testa, frugando sulla scrivania piena di carte e buste. -No, ma mi ha raccomandato di darti la chiave dell'appartamento e che verrà verso l'ora di pranzo.- E la ragazza consegnò al biondo un mazzo di chiavi con dei numeri incisi sul portachiavi, "302". -Terzo piano.- Precisò lei, indicandogli la prima porta al primo piano, che cominciava in effetti da "100" e terminava la stanza con "110". Al secondo piano, invece di "120" c'era direttamente l'appartamento "200".
Salutata, James si incamminò con la figlia verso l'appartamento. Laura si guardava intorno, sorpresa quasi di tutto. Entrò senza obbiettare nell'appartamento "302" e a James non scappò di certo l'occhio sulla porta del "303", dove spiccava a lettere cubitali il cartello con su scritto: "FOR SALE!"
Chissà cos'era successo di tanto grave a far andare via due inquilini dello stesso piano. Magari si erano conosciuti e piaciuti...
James entrò e richiuse la porta della sua nuova casa. I muri erano stati ridipinti di bianco, con strisce rosse sopra e sul soffitto. I mobili riacquistati nuovamente. Laura si andò a sistemare sul divano di pelle nera, posando il suo zaino lì. Il suo sguardo guardava il vuoto. James, allora, gli si avvicinò. -Laura, so che è difficile cambiare ambiente. Da piccolo sono stato costretto ad abitare in questa città, per niente malaccia.-
La bambina lo guardò con un timido sorriso. -Qui hai incontrato la mamma?- Chiese lei, stringendo Robbie al petto.
James fu sorpreso dalla domanda, ma rispose semplicemente: -Si. Proprio a casa di un'amica. Ma adesso basta pensieri... aiutami a disfare i bagagli.-
Laura saltò giù dal divano e seguì James fuori dall'appartamento.
Si, si disse il biondo.
Era la città giusta per ricominciare da capo.



Note d'autrice:
Salve a tutti. Ecco che vi presento la mia nuova fanfiction!*.*
Muorivo dalla voglia di scrivere qualcosa di diverso e quindi mi sono immaginata il seguito di "Leave (Partenza)".
In questa storia prendo in considerazione il finale "21 Sacramenti" di SH 4: The Room, dove Henry ed Eileen muoiono... ma scopriremo in seguito molte più cose.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio,
Glory and Love.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 - L'appartamento 302 ***




James si passò un panno umido sul viso sudato.
Era stata abbastanza dura portare tutti quei bagagli lì sopra. L'ascensore, inoltre, era pure guasto. Andò in cucina ed aprì il frigorifero. Ciò che vide era pari al deserto dei tartari. Il frigorifero era vuoto ed emanava una strana puzza. Suo padre, forse, si era dimenticato di cambiarlo. Non gli diede nessuna colpa, poteva succedere.
Lui stesso, però, aveva avuto la brillante idea di trasformare quella stanza che prima era un ripostiglio, nella cameretta di Laura. L'aveva ridipinta da cima a fondo e comprato nuovi mobili. Era un pò stretta, ma per la sua età andava benissimo. Lei era più che felice di stare lì, visto che a Silent Hill dormiva nelle stanze d'ospedale buie.
Qualcosa, nel frigorifero, attirò la sua attenzione. Prese una bottiglia e si rese conto che era vino bianco. Un vino del '98. Che diavolo ci faceva lì? Meritava di stare in una cantina ben fornita, magari Frank l'aveva dimenticato lì. Sospirò, richiudendo il frigo vuoto e prendendo lo zaino di Laura, portandolo in camera sua. Attraversò il brevissimo tratto del corridoio e sentii qualcosa al di là della stanza.
-Si. No. James potrebbe arrabbiarsi. D'accordo, ma fa piano.-
Non le diede neanche il tempo di finire che aprì la porta, piombando nella sua stanza. Laura sbiancò, guardando dietro di lei, prima di osservare James. -Ciao, James.- Lo salutò lei, mettendosi un sorriso visibilmente tirato sulle labbra.
Lui si chinò su di lei, guardandosi intorno. La cameretta di Laura gli sembrava... fredda? Avvertiva degli spifferi sulla schiena.
-Laura... con chi stavi parlando?- Le chiese James, con tono amichevole, senza spaventarla.
Laura indugiò parecchio, guardando ancora dietro di lei, sul letto singolo. -Con... Amy.- Dichiarò la bambina, rivolgendo la sua attenzione a quell' "omone biondo", come lo chiamava lei.
-Chi è Amy, Laura?- Chiese James, sospettoso.
Laura si apprestò ad alzarsi e andargli vicino. -E' una mia amica immaginaria.-
James si diede dello stupido. Certo. I bambini lo facevano a quell'età. Si inventavano degli amici. Ma secondo le teorie degli strizzacervelli, i bambini inventavano degli amici perchè si sentivano sole, abbandonate. Al biondo gli si strinse il cuore. Passò una mano su i capelli dorati della bambina. -Mi dispiace di averti trascurata, ultimamente. Mi dispiace sul serio. Tra poco arriverà il nonno, che ne dici di cambiarti?!- Le propose lui, con un sorriso sulle labbra. La bambina ricambiò il suo sorriso dolce e annuì, andando verso il suo armadio. -Vuoi che ti aiuti?- Le chiese ancora James.
-No, grazie.- Rispose lei, facendolo poi uscire dalla stanza per cambiarsi.
James ridacchiò tra se, tornando in cucina. Sperava vivamente che suo padre avrebbe pensato a portare qualcosa, perchè sentiva già lo stomaco contorcersi per la fame. Fortunatamente, le sue preghiere vennero esaudite. Venti minuti dopo, Frank Sunderland si presentò davanti la porta di suo figlio con tre buste cariche di ogni prelibatezza di cibo e con anche qualcosa di dolce per la bambina. Appena Laura vide Frank, si avvicinò al presunto nonno con lentezza, salutandolo distratta. Frank si chinò su di lei e le diede un bacio sulla guancia, sorridendole e dicendole quanto si era fatta grande dall'ultima volta che l'aveva vista.
Cucinò lui quella sera e i tre si misero a tavola, dopo pochi minuti. Laura mangiava silenziosamente e sembrava distratta, con la mente rivolta ad altro.
-Tra una settimana ricomincia la scuola. Contenta, Laura?- Chiese Frank, sorseggiando del vino bianco. La bambina gli rivolse un garbato sorriso, annuendo solamente. -Si.- Confermò lei, per poi tornare a mangiare.
James masticò il suo desinare, guardandola. Il suo rapporto con Frank non era cambiato, a distanza di qualche anno che non lo vedeva. -Il nonno si è dato molto da fare per iscriverti all'ultimo momento, sai?-
-Grazie.- Si limitò a dire, bevendo della coca cola. Una volta che ebbe finito, salutò James e Frank e si ritirò nella sua camera.
Rimasti soli, Frank guardò in malomodo suo figlio. -Te l'avevo detto o no che era una pessima idea portarla qui?-
James guardò suo padre con la stessa occhiata che lui li rivolse. -E che cosa avrei dovuto fare, secondo te? L'ho promesso a Mary. Le ho promesso che mi sarei preso cura di Laura, come lei avrebbe voluto fare. Era un suo desiderio adottarla, papà.-
-Ho capito, James, ma tu neanche puoi interpretare un ruolo che non ti si addice solo perchè l'hai promesso alla tua defunta moglie.- Dichiarò suo padre, tuonando con la voce. Cercò, per lo meno, di non farsi sentire da Laura, a due passi dalla sua stanza. -Avresti dovuto darmi retta e mandarla in un orfanotrofio, invece.-
James pensò sulle parole del padre. Di certo, da quando Laura era con lui, le cose erano cambiate parecchio nella sua vita. Ma non poteva neanche sbatterla in un orfanotrofio e infischiarsene della sua esistenza. Aveva già la coscienza sporca di parecchio anche, non voleva macchiarsela ancora. -Non posso abbandonarla.-
Frank sospirò, ben sicuro di non riuscire a farlo ragionare. -James, ascoltami... tu non sei fatto per fare il padre e non è una vergogna. Laura non è tua figlia. Forse le cose potevano andare bene se Mary fosse ancora qui con noi ma... senza di lei tu non puoi farcela da solo. Parliamoci chiaro. Non è per mantenerla, James, ma lei ne risente molto e non negarlo. Sente la mancanza di una figura femminile in una famiglia. Ti ha mai dato segni di disagio, oggi?-
James si irrigidì all'istante. Strinse i pugni sul tavolo e suo padre se ne accorse. Forse ora riusciva a spiegarsi del perchè, oggi, l'aveva sorpresa a parlare con una sua amica immaginaria. Amy. Forse questa Amy era la fotocopia di Mary... e la vedeva più accanto a se. Anche a lui mancava sua moglie, ma non poteva fare niente per riportarla indietro, non più.
-Lo vedi che ho ragione?! James...-
-No, basta!- Tuonò il biondo, rifiutandosi di ascoltare altro dalla bocca del padre. -Non voglio più sentirti! Io sono il padre perfetto per Laura. Con me non gli è mai mancato niente e che Dio mi fulmini se ti darò retta e la butterò dentro un orfanotrofio. Io non abbandono mia figlia.- Dichiarò deciso.
Frank sembrava sorpreso da quelle parole. Si scolò le ultime gocce di vino bianco e si alzò, non volevo prolungare una nascente lite col figlio. -D'accordo. Scusami. Forse è meglio che vada. Saluta Laura da parte mia e dille che... si adatterà.- Detto ciò si affrettò a lasciare l'appartamento.
Rimasto solo, James, si fermò a riflettere. Forse suo padre aveva ragione ma... no, niente ma. Aveva fatto una promessa e intendeva mantenerla, fino in fondo.
Per lui, per Mary e sopratutto... per Laura. Era ancora piccola ed indifesa, in un mondo così violento e insolito.
No, doveva difenderla non abbandonarla.
Si alzò e sparecchiò la tavola, lavando poi i piatti. Quando andò nella cameretta di Laura, proprio vicinissimo alla cucina, la vide giocare con i peluches che gli aveva comprato, qualche settimana prima del trasloco. Laura si era già cambiata con un pigiamino con i cagnolini. Era un pò più cresciuta adesso... ma la vedeva sempre allo stesso modo. La sua bambina. La spiò a lungo, fino a quando lei non accese la torcia sul comodino e si mise a disegnare. Allora James decise di entrare, destando la sua attenzione.
-Se n'è andato?- Chiese Laura, con una punta di tristezza nella voce.
James si avvicinò a lei, sedendosi sul suo lettino. -Si. Non ti sta simpatico mio padre, vero?-
Laura scosse la sua testolina bionda, continuando a disengare. -Puzza.-
James rise sommersamente, pensando a quanto la bambina potesse assomigliare a Mary, da giovane. Erano proprio due gocce d'acqua nel carattere. Peperine e manesche. Il biondo si affacciò al disegno di Laura, osservandolo. La bambina stava disegnando qualcosa che non riuscì a comprendere.
-Che cos'è?- Chiese il biondo, esaminando il disegno.
-E' una casa. Una grande casa.-
-Mh.. lo vedo. E' enorme. E chi ci abita?-
-Amy, con suo padre.- Rispose la bambina, lasciando il biondo spiazzato.
James sospirò, divertito della situazione. Non ricordava se lui avesse avuto un amico immaginario da piccolo, l'avrebbe chiesto a suo padre se se l'ho ricordava.
-Siete molto amiche...- Buttò lì il biondo, per aprire un discorso.
Laura annuì, finendo il suo disegno. -Lei mi racconta ogni cosa sul suo passato. Mi ha chiesto di dire a suo padre che lei li vuole bene.-
-E perchè dovresti dirglielo tu? Lei non può?- Chiese James, sorridente.
-No. E' morta.- Spiegò Laura, un pò triste.
James sbiancò. Volle continuare a pensare che fosse tutta opera della fantasia di Laura, ma qualcosa gli diceva che non era così. Decise di scoprire di più.
-Non si scherza su i morti, Laura. La mamma potrebbe rimanerci male.- La rimproverò lui, spostando i peluches da un altro lato per poter metterla a letto.
Laura scosse la testa, affrettandosi a dirgli: - No, James. Lei è morta davvero. Come sua madre.-
James preferì non approfondire di più e pregò la bambina di andare a letto. Una volta che le ebbe rimboccato le coperte decise di andare a dormire anche lui.
Che cosa gli toccava sentire! Non avrebbe mai immaginato che Laura inventasse una simile storia solo per giustificare la presenza di un'amica immaginaria. Andiamo! Lo fanno tutti i bambini della sua età ma almeno non inventano storie così... veritiere ecco.
Mentre era nel suo letto, James pensò al nome dell'amica immaginaria di sua figlia.
Amy...
Forse aveva solo bisogno di un aiuto, tutto qui. Alla fine badare ad una bambina non è difficile ma bisogna imparare delle basi. Forse avrebbe chiamato Rachel, la postina, per capire meglio come potesse fare. Insomma... lei era una donna! Magari con lei, Laura, si sarebbe sentita più a suo agio.
James sospirò, non riuscendo a prendere sonno. Da quanto tempo era che non aveva una donna in casa? Non lo ricordava neppure lui. Serviva una donna a quella famiglia! Ma come trovare una donna dell'età giusta e per di più ancora nubile?
Il biondo si sporse dietro al comodino e accese il ventilatore al soffitto. Le pale rosse iniziarono a girare, provocando una sottile frescura sul suo corpo. Solo con quella gentile e delicata brezza fresca riuscì a dormire, un'ora dopo.
Si risvegliò con un mal di testa strano, guardandosi intorno. Eppure non ricordava di essersi ubriacato ieri, quando suo padre era andato via. Osservò l'orologio sulla scrivania. Le 8 e 33. Scattò in piedi, passandosi una mano sul viso. Laura avrebbe fatto tardi a scuola!
Non appena aprì le tapparelle della finestra si rese conto di un particolare. Il cielo era ancora scuro. Fuori era ancora buio. Ma come era possibile?
Non ricordava che l'orologio l'avesse impostato male. Era stata la prima cosa che aveva rimesso in regola da quando aveva tolto della roba dagli scatoloni.
Laura!
Si precipitò fuori dalla stanza, rischiando di cadere su un paio di scarpe lasciate con noncuranza lì fuori. Ma chi diamine aveva provocato tutto quel macello?
Arrivato all'ingresso principale notò che la porta era chiusa con dei lucchetti e catene. Cos'era? Una vendetta del padre?
Aprì la stanza della figlia e non vi trovò nessuno. Solo una sedia a dondolo occupata da una donna con lunghi boccoli biondi e occhi celesti. Tra le braccia aveva una neonata che cullava soavemente, accompagnata dalla sua dolce voce.
"Over and over..."
Una canzoncina che lui aveva già sentito da qualche parte.
-Chi è lei e cosa fa qui?- Chiese il biondo, entrando nella stanza.
La donna non mosse foglia e continuò a canticchiare, come se niente fosse.
-Mi sente?-
Evidentemente no.
Fuori dalla stanza si sentirono dei rumori e James si precipitò fuori a vedere. La libreria era caduta a terra e c'era un libro aperto. Apparteneva a Laura.
Hansel e Gretel.
Nelle pagine trovò una cartolina simpatica. Era disegnata da un bambino. C'era una casa, due alberi, un prato verde e due persone che escono dalla porta di casa, abbracciate. Più lontano c'era una bambina che giocava con un aquilone. Da come era fatta sembrava essere Laura.
"Al mio caro papà... buon compleanno!"
Che pensiero carino! Forse era stata proprio Laura a realizzare quel disegno. Che dolce bambina!
Ma dov'era?
James si alzò da terra mettendo, senza rendersene conto, la cartolina nella sua tasca. Si guardò intorno fino a quando non vide, in fondo al corridoio, una bambina da i boccoli capelli biondi che guardava fisso nella stanza del bagno.
-Hey? Piccola?-
La bambina si girò nella sua direzione. Non era Laura. Non appena lo vide, però, scappò dentro la stanza e si chiuse dentro. James raggiunse la porta e forzò la serratura fino a quando questa non si aprì, mostrando una malandata stanza da bagno. Il pavimento e le mura erano sporche di sangue e nella vasca era un lago rosso. Non appena il biondo tirò le tende vide una donna che perdeva sangue dal braccio, ormai morta. Si era tagliata le vene. Quella era la stessa donna che fino a poco fa cullava la bambina nella stanza di Laura. Ma come poteva essere? Una persona non può trovarsi in due posti contemporaneamente. O si? James notò che la donna aveva tra le mani qualcosa... una pistola. Una Magnum color oro e argento a canna lunga. La prese con mani tremanti e notò che l'arma era ancora carica... anche se nel lago di sangue che ospitava la vasca c'era un proiettile mancante. Solo allora, esaminando la donna, James notò che questa aveva un buco all'altezza del cuore. Proprio l'organo era stato prelevato da qualcosa di grande. Seguendo una striscia di sangue, vide che per terra, vicino ad un water malandato e sporco, c'erano delle carte da poker. Curioso le girò. Erano quattro e tutte erano di colore nero: Due Assi e due 8, ognuna di esse erano di fiori e di picche. James iniziò a sudare freddo.
Quella che aveva di fronte era la mano del morto.
Si girò verso la donna e solo allora si rese conto che questa era sparita dalla vasca da bagno. Ella, infatti, era in piedi e grondava sangue da tutte le parti. Iniziò a camminare lungo il corridoio, lasciandosi dietro una immensa scia di sangue. James la raggiunse, notando che gli occhi della donna erano neri e vuoti. Sembrava una donna in lacrime, che piangeva.
La donna si fermò al centro del piccolo salottino dell'appartamento, voltando di poco la testa verso di lui.
-James.- Sussurrò lei, singhiozzando ancora.
Allora il biondo si arrestò sul posto, timoroso e impaurito da quella figura. Non aveva neanche un tubo di ferro o un comunissimo bastone di legno con la quale difendersi. L'esperienza a Silent Hill l'aveva trasformato e maturato. Di certo una creatura così non era buona.
-E' in pericolo. Salva mia figlia.-
Piangeva.
La donna che grondava il suo sangue piangeva. James non sapeva se avere paura o essere coraggioso come lo era stato nell'inferno da dove era uscito sano e salvo. Grazie a quell'inferno ora era padre di una bellissima bambina. Quella donna lo spiazzava. Fidarsi o non fidarsi? Questo problema tormentava l'uomo.
-Chi sei?-
-Non ha importanza chi sono io se non una donna, ormai, sola e disperata. Disperata e morta.-
James deglutì a vuoto, sempre più spaventato da quella figura. Non sapeva come doverla definire: spirito, fantasma o morta che cammina?
-Perchè proprio io?-
-E da chi, altrimenti, dovevo riferirmi? Tu hai liberato la tua anima dal peccato dell'omicidio, James Sunderland. Io non posso estinguere il mio peccato per ritrovarmi in paradiso, accanto a mia figlia. Ti prego di salvare ciò che resta della sua anima. Verranno a prenderla. Devi essere pronto.- Rispose la donna in tono solenne.
James rimase spiazzato da quelle parole. Lei sapeva che lui aveva ucciso la moglie e che aveva estinto il suo peccato, ricevendo il perdono della moglie? Lei era uno spirito ma non era malvagio, non avrebbe esitato due volte ad attacarlo altrimenti.
-Come faccio? Io non so niente di tua figlia.-
-Invece si. Troverai le tue risposte alla Wish House, poco lontano da qui, sulle sfonde del lago Toluca.-
Wish House. James ripetè mentalmente quel nome.
-Ma è un edificio pericolante e fuori gestione.-
La donna scosse la testa e in quelle labbra increspate di sangue e spaccate, il biondo osò pensare di aver intravvisto un sorriso.
-E' abitato invece. Va' lì, James. Per il bene della mia e di tua figlia.-
-Che centra Laura?-
Ma la donna non rispose, sparì di fronte ai suoi occhi.
Quando James si svegliò si ritrovò nel suo letto. Il gallo aveva appena cantato.
La mattina era giunta a South Ashfield Heights.
Scattò in piedi, uscendo dalla stanza, diretto verso quella di Laura. Aprì la porta e la trovò ancora addormentata, al petto stringeva il suo peluches Robbie.
Era stato solo un sogno ma non tutti i sogni sono insensati.
Quando James richiuse la porta della stanza di sua figlia per andare a preparare la colazione non poteva sapere che, nelle lenzuola, Laura sorrideva.
Era solo l'inizio di un'altra storia che avrebbe portato dolore e sofferenze.




Note d'autrice:
Perdono il mio immenso ritardo! Erano mesi che non entravo su EFP e non aggiornavo per motivi lavorativi. Ma ora sono tornata!
Tornata con aggiornare questa storia!
Ed ora... chi è quella donna? Perchè quel sogno? E perchè Laura sorrideva?
Al prossimo capitolo, dove vedremo James Sunderland nelle rovine dell'orfanotrofio Wish House. Chi l'attenderà lì giù?
Ringrazio chi legge e recensisce! A presto,

Glory and Love.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Wish House ***



La testa del biondo pendolava avanti e indietro, esattamente come un orologio a pendolo, soltanto che il suo era un movimento verticale. Russò qualche volta, poco… ma riusciva benissimo a sentirsi visto che era in una situazione coma-veglia. Non era riuscito a dormire tutta la notte, torturato da quell’incubo. Quella donna… che cosa voleva dire con quella frase?
Salva mia figlia.
James tutta la notte non aveva pensato ad altro. La verità e che si era visto troppe volte il film Psyco o la storia di Freddie Kruger. Era ossessionato dalla passione degli incubi veri. Si spiegherebbe benissimo, in questo modo, la visione di quella donna. Una donna che aveva già visto, James ne era sicuro. Solo durante la notte aveva riflettuto a fondo. Ora che ci pensava assomigliava un casino a quella infermiera che smistava la posta al condominio. Com’è che si chiamava? Mechel? No.. Rachel! Rachel giusto! Assomigliava a lei.
Ovviamente non aveva detto nulla a suo padre di tutto quello. Il motivo? Sapete come gli avrebbe risposto il caro e vecchio Frank? “James, caro figlio mio. Vuoi un consiglio che ti darebbe uno psichiatra? Esci con una donna e infilati nel suo letto”. Visto che il biondo sapeva già questa tarantella… perché ripeterla? Aveva evitato e così aveva mandato Laura in casa del padre presto. Frank aveva provato anche a farsi spiegare dalla piccola del perché James l’aveva mandata da lui così presto. La bambina però si era limitata a stringere Robbie tra le braccia e aveva scosso la testa, scappando nella camera degli ospiti per continuare il suo sonno.
Verso le 10 di quella stessa mattina, dopo essersi scrollato di dosso le noiose domande del padre, aveva preparato tutto l’occorrente per il viaggio. Mappa, torcia nel taschino della giacca marrone di pelle (anche se era giorno, James aveva un brutto presentimento e aveva deciso di portarla); delle erbe medicinali che aveva trovato per caso nello stipo della cucina del suo appartamento e una macchinetta fotografica, anch’ella aveva trovato inispiegabilmente sul divano il mattino seguente. James continuava a credere che tutto si faceva sempre più insolito.
Dopo essersi ricordato la sua meta, ovvero l’orfanotrofio abbandonato della Wish House, continuò a guidare il quella direzione. I suoi occhi catturarono il cartello sul ciglio della strada e un cancello arrugginito aperto che conduceva ad una stradina stretta. Il cartello verde con le scritte bianche a lettere cubitali recitava: WISH HOUSE ORPHAN. Senza indugiare, quindi, accellerò con la macchina e imboccò in quella stradina. Fortunatamente non c’era nebbia e il sole era alto e i suoi raggi illuminavano il tragitto. Lungo la stradina, James intravvide un altro cancello con un cartello che recitava la stessa scritta di prima, soltanto che questo era appannato. Con lo sguardo, il biondo, cercò un posto per parcheggiare la sua vettura ma ad un certo punto questa barcollò. James, a quel punto, cercò di padroneggiarla ma finì per andare fuori la stradina, dritto nel prato verde. Il biondo calò dalla sua vettura, ancora in moto, per costatare che danno avesse fatto. Con sua sorpesa vide che la ruota a destra era bucata, infatti la macchina tendeva ad abbassarsi.
Battè una mano sul viso, maledicendosi per non aver portato con se una ruota di scorta. Prese tutto ciò che aveva portato con se, chiuse la macchina e mise le chiavi in tasca, sperando che all’orfanotrofio ci fosse qualcuno che li facesse fare una telefonata a qualcuno per venirlo a prelevare. Si avvicinò al cancello appannato ed entrò, intravvedendo subito una grande roccia che si sporgeva da sinistra, per terra notò anche delle candele spente ma il fumo ondeggiava ancora per l’aria e colava ancora della cera. Doveva essersi fatto giorno da poco lì. Pensò ironico, avanzando verso la struttura. Salì i gradini che lo portarono alla porta principale e bussò sonoramente. Lì fuori era parecchio tranquillo e c’erano dei cartelli che recitavano: LAVORI IN CORSO.
James, dall’altra parte della porta dell’edificio, non sentì dei passi avvicinarsi. Dovette costatare che non ci fosse nessuno. Bussò ancora e questa volta, la porta si aprì da sola, cigolando. La frangetta del biondo si drizzò all’istante, tanto da sembrare suo padre la mattina appena sveglio. Una volta dentro richiuse la porta alle sue spalle e si guardò intorno. Lì era tutto pericolante, come aveva immaginato. I pavimenti fumavano, come se sotto ci fosse stato un qualche incendio. Le pareti erano annerite e il colore bianco sostituito ad un verde scuro abbastanza raccapriciante. Tutte le porte che provò ad aprire furono bloccate o sprangate. L’unica via da investigare, quindi, fu la porta al piano di sopra che, stranamente, questa si aprì. Il suo interno era molto più gradevole del piano terra.
Era una semplice camera da letto, molto bella. Le pareti dipinte di un pesca chiaro, i mobili sembravano antichi e le trapunte erano color oro, come le federe dei cuscini. Era una camera matrimoniale. Lo sguardo del biondo andò alla specchiera di fronte a se. Un grande specchio incorniciato da una cornice bianco perlato con incastonati ad esso dei diamanti celesti. Doveva costare un occhio della testa una cosa del genere! Lo sguardo di James andò oltre… ad una libreria vicino alla porta. Osservò i vari libri tutti in disordine. In particolare uno che era caduto a terra. Si impietrì osservando il titolo che riportava sulla copertina: “Hansel e Gretel”. Ma cosa ci faceva un libro per bambini in una stanza degli adulti? Incuriosito aprì le pagine e  le trovò completamente bianche. Solo alle prime due pagine c’era scritto qualcosa:
“C’erano una volta due bambini orfani, due fratelli, di nome Hansel e Gretel.
I due orfanelli venivano ospitati dalla zia Eugenia in un piccolo villaggio, dove erano diventati amici di altri due fratelli: Noah e Lya. Tutte le domeniche Hansel e Gretel si recarono al mercato per vendere la legna che riuscivano a fare per guadagnare qualcosa da portare alla zia. Un bel giorno, però, i due fratelli scoprirono che Noah e Lya erano spariti nel nulla, rapiti molto probabilmente. Hansel e Gretel, quindi, decisero di andarsi a cercare. Giunsero in un bosco dove rischiavano di perdersi. L’intelligente Hansel, allora, decise di far cadere delle molliche di panne in modo da poter riconoscere la strada e tornare indietro se era troppo pericoloso. Durante il cammino, si fece notte. Tremolanti e impauriti, Hansel e Gretel, fecero la conoscenza di un gufo parlante che consigliò lui dei suoi amici Troll che abitavano lungo la valle e che per una notte gli avrebbero ospitati. I due orfani, allora, andarono dalla famiglia di Troll per cercare un appoggio per la notte…”
Il resto erano pagine vuote.  Chi mai comprerebbe un libro che è ancora da completare? James lo chiuse e andò ad appoggiarlo sul comodino accanto al letto. I suoi occhi chiari, però, catturarono l’attenzione di un altro oggetto. Una lapide… non proprio una lapide. Un vaso con delle ceneri dentro. Accanto c’era un biglietto. James lo prese con mani tremolanti, pensando che prima, quando i suoi occhi avevano studiato affondo la stanza, non l’aveva visto. Lo aprì e lesse le poche parole che c’erano segnate:
“Papà… mamma… aiutatemi! Sono da per tutto! AIUTO!”
Sobbalzò, urlando appena quando il telefono nella sua tasca squillò. Lo prese e lesse chi era. Suo padre. James sbuffò… cosa c’era da chiamarlo nel bel mezzo di un indagine alla CSI?
Premette il tasto verde di risposta e portò il cellulare all’orecchio.
-Pronto?-
-James! Meno male! Erano ore che ti stavo chiamando! Dove sei, figliolo?-
Il biondo si guardò attorno, pensando ad una scusa da dire.
-Un colloquio di lavoro. Perché mi cercavi? E’ successo qualcosa a Laura?-
-No. Lei sta bene. Lei. Perché io rischio un infarto!-
Davanti al re del melodramma, che era suo padre, non poteva riattaccare senza approfondire cosa era veramente successo in sua assenza.
-Che è successo, si può sapere?-
-Ero sceso giù a fare la spesa, come al solito. Lascio pochi secondi Laura ha casa da sola e quando torno trovo la cucina in fiamme! FIAMME, TI RENDI CONTO? Inizio a credere che questa ragazzina sia la reincarnazione del DEMONIO!-
Erano più le volte che aveva allontanato il telefono dall’orecchio, perché un altro urlo da parte di Frank e James avrebbe perso l’udito dell’orecchio destro. Sospirò sonoramente, mentre il suo pensiero andava solo a sua figlia.
-Oh, mio Dio! E Laura sta bene, si?-
-Ma che mi frega di lei! Ti sto dicendo che io ho PAURA ha stare SOLO con lei e tu mi chiedi se lei sta bene?! Tranquillo… nessuno l’ammazza a quella! Ora sta guardando i cartoni e ride senza motivo, stringendo Robbie che ha uno sguardo inquietante. James, ma quando torni? Ho paura!-
L’anzianità giocava brutti scherzi e James sperò di non ritrovarsi come lui alla sua età.
-Tra poche ore sarò lì. Entro stasera, prometto.-
-ENTRO STASERA? MA SEI IMPAZZITO? IO CREPO PRIMA! James? James? JAMES?-
Il biondo aveva riattaccato prima che suo padre gli rompesse davvero l’udito.
Rimise il cellulare in tasca e pensò su ciò che gli aveva riferito il padre. Non era mai successa una cosa del genere e ciò aveva iniziato a manifestarsi da quando si era trasferito in quell’appartamento. Doveva vederci chiaro in quella faccenda. Era sicuro che la donna del sogno e l’incidente a casa del padre erano collegate. Si guardò intorno e il suo sguardo tornò alla libreria che notò qualcosa di strano, qualcosa che prima non c’era.
-E questo?-
Si chiese da solo, mentre avanzava verso gli scaffali e notava dietro una piccola porta bianca. Non una porta minuscola… sembravano quelle porte che conducevano agli sgabuzzini. Si fece forza con le braccia e spostò l’intera libreria. Non appena lo fece, da sotto la porta bianca uscirono degli scarafaggi che andarono fuori dalla stanza. James, con occhi sgranati, avanzò verso la porta bianca, aprendola. I suoi occhi chiari videro un semplice corridoio lungo, quasi infinito. Fortuna che aveva la torcia con se. L’accese, mostrando la strada da percorrere.
Si abbassò in modo che la testa non sbattesse contro l’arco della porta e una volta dentro, la richiuse alle sue spalle, avanzando nell’oscurità illuminata dalla torcia che aveva con se. Più passi faceva e più sentiva la paura avanzare. Stavolta non aveva nessuna radio che potesse avvertirlo del pericolo. Ma doveva farlo. Doveva proseguire. Doveva per la figlia di quella donna, per la sua di figlia.
Proseguendo lungo il corridoio vide delle sbarre grigie, come quelle della prigione, sbarrargli la strada e allora continuò verso destra dove vide una porta lungo la fine dell’immenso corridoio. Quando l’aprì, la puzza di carne putrefatta lo colpì in pieno, facendogli venire la nausea e quasi la voglia di vomitare. Si ritrovò in quello che, molto probabilmente, era un obitorio. La sua destra e la sua sinistra erano occupati da dei frigoriferi. Dei sportelli con i cadaveri dentro. Chi era chiuso, chi era aperto… le mosche volavano per tutto il 3x3 di stanza e James notò anche un sacco contenente una testa di una cadavere e del sangue. Molto sangue. Notò che la busta che conteneva la testa era uguale a quella dove c’era dentro la donna.
Qualcosa gli disse che era nel posto giusto.
Di fronte a lui c’era un'altra porta, appannata. Avanzò con passo sicuro, entrando nell’altra stanza. Riconobbe d’essere il corridoio di una sala operatoria, ciò che non si spiegava era la grande scia di sangue sul pavimento delle mattonelle. Anche dall’altra parte del vetro c’era un fetore assurdo. Perché mai un orfanotrofio doveva contenere una sala operatoria segreta?
La cosa si faceva sempre più misteriosa e paurosa allo stesso tempo. Senza indugi, entrò con un colpo secco della mano. Con sua sorpresa vide che non c’erano infermiere barcollanti che brandivano un arma. Trovò dei lettini occupati da dei cadaveri coperti da un lenzuolo e non aveva nessuna voglia di avvicinarsi per l’appunto. Al centro però, notò una luce accesa, che illuminava una sedia rossa reclinabile, vuota, sporca solo di altro sangue.
Nell’aria, all’improvviso, si espanse qualcosa. Una voce femminile, roca e sensuale gemeva di dolore. Una voce femminile voleva dire una voce di una viva e non di una morta.
James si avvicinò al muro di fronte a se e vide un calendario, che scostò e ci trovò un buco dove poteva vedere ciò che succedeva nell’altra stanza. Una donna da i lunghi capelli biondi, nuda, stava… James sgranò gli occhi, inorridito dalla cosa. Una donna ed un uomo che facevano sesso in un luogo del genere? L’uomo non lo riusciva a vedere, era di spalle, ma aveva la sua stessa pettinatura e il suo stesso colore dei capelli. La sola immagine della donna nuda servì a risvegliare in lui qualcosa che reprimeva da tempo. Sospirò rumorosamente, cercando di riprendersi il controllo di se.
Chiuse gli occhi mentre, all’improvviso, sentì un dolore allucinante dietro al nuca e l’odore del suo sangue nelle narici stavolta.
L’ultimo suono che sentì era il suo corpo che cadeva a terra, privo di sensi.




Note d'autrice:
Perdonatemi se questo capitolo è un pò corto... anzi... cortissimo!ç__ç Ma con la Pasqua in avvicinamento non volevo farvi attendere oltre, come se non mi fossi fatta attendere già troppo!ù.ù Chiedo venia quindi... eccovi a voi questo 3° capitolo! Che ne pensate?
La cortezza di questo dipendeva dal fatto che, come avrete sicuramente capito, questo è stato un capitolo d'introduzione a ciò che verrà dopo. Se avessi prolungato ancora... il capitolo avrebbe assunto un altro titolo e non "Wish House". Comunque... inizio a dire che il prossimo capphy è già in lavorazione.
Non so voi... ma mentre scrivevo questo, ieri sera, mi è venuta la pelle d'oca!O.O Ditemi che effetto vi ha fatto... forse nei generi dovrei mettere anche Demenziale?XD Il nostro Frank è troppo melodrammatico... ma James con le allucinazioni non scherza, he?!
Chi sarà quella donna misteriosa...? Avete già qualche idea? Non è poi così difficile. Quante donne bionde ci sono a Silent Hill?ù.ù
Non faccio ulteriori Spoiler! Che ruolo principale avrà la storia di Hansel e Gretel? Un nuovo enigma o altro?
Apro un punto sull'annotazione del libro di Hansel e Gretel: E' ispirato solo, come avrete letto. Chi ha letto il libro sa che Hansel e Gretel si avventurarono per la foresta per ben altro e non per trovare due amici sperduti. Quello è Peter Pan!xD
E questa stanza segreta? Dove ci porterà a finire?
James è svenuto ma non di ciò che ha visto!xD Anche sul punto di quella donna che fa l'amore con quell'uomo... ci sarà un significato profondo che tutti noi conosciamo bene! (?)
Dopo aver concluso tanti punti e tanti interrogativi... se avete qualche domanda, come sempre citatela nelle recensioni ed io vi risponderò!;)
Chi ha osato dare una botta alla nuca di James? Che poi c'è il rischio che si rincretinisce ancora di più!xD
Spero che mi perdoniate per questo ritardo che non farò più, giuro, e che il capphy sia di vostro gradimento!ù.ù
A presto con il capitolo 4: "Escape Kill" (titolo provvisorio ovviamente!ù.ù)

Glory and Love.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2238634