Il fruscio dei platani

di Pegasis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


​La pioggia cadeva fitta dal cielo, il vento leggero e fresco m’investe mentre cammino a grandi passi sotto l’ombrello sul percorso 1 in direzione di borgo bozzetto. Nella piccola cittadina non c’è nessuno in giro, tutti erano dentro casa al riparo delle intemperie.
Osservo per un attimo la luce soffusa della finestra accanto alla casa della mia amica. Circa un’ora fa la vicina mi ha chiamato, per fortuna non ero ancora uscito dal laboratorio.
Primula era ritornata a casa dall’allenamento in circuito. Primula la famosa pilota che aveva vinto prestigiosi premi ottenendo la fama. Ero un fan sfegatato di lei, si vedeva che gareggiava con passione ma senza la smania di vincere. Quando poi si seppe che si sarebbe trasferita a Kalos, non stavo più nella pelle. La prima volta che la incontrai fu a Luminopoli; entrò nel mio laboratorio solo per conoscermi. Mi disse che non era una cosa inusuale, andava sempre a visitare i laboratori di ogni regione, aveva un profondo rispetto per la nostra professione, anche suo padre era un professore. Da quell’incontro non si separò più da me, ci incontravamo spesso per parlare visto che non conosceva nessun altro a Kalos. Era una donna allegra e solare, ma 6 mesi fa tutto cambiò, l’essere famosa l’aveva dato alla testa così incominciò a drogarsi, prima con roba leggera e poi più pesante. Mi accorsi subito che era cambiata, a un certo punto non voleva uscire di casa, dovevo andare fino a borgo bozzetto per andare a trovarla.
Ogni volta che andavo da lei la trovavo strana e alterata, fino a che non la colsi sul fatto. La presi molto male, litigammo violentemente e per più di una volta ci mancava poco che scappava uno schiaffo. Non ne volevo sapere più niente di lei, mi aveva profondamente deluso la stimavo molto per quello che era. Un paio di giorni dopo mi chiama il suo manager preoccupato, mi spiega la situazione in cui si era cacciata, neanche lui era in grado di assecondarla; mi pregò di tenerla d’occhio, non faceva entrare nessun’altro a parte me che si fidava ancora, nonostante tutto. Sospiro brevemente percorrendo il viottolo senza fretta. Prendo le chiavi per aprire, non sarebbe stato in grado di aprire la porta. Entro; un tanfo di chiuso misto ad altri odori sgradevoli mi accoglie, il disordine regna sovrano. Misi le mani nei capelli stringendoli. Ogni giorno che passava peggiorava, ancora un paio di settimane e lo avrebbe saputo il mondo intero: Primula è stata sconfitta dalla droga.
Ancora riusciva andare lucida al circuito ad allenarsi, ma non so fino a quanto avrebbe continuato. I miei pensieri furono distolti da un mugolio che proveniva proprio dal divano. -Primula? Primula? Non ci fu risposta, m’avvicino verso il divano e mi affaccio per vedere. Era distesa semi cosciente, aveva un braccio scoperto e in una mano tiene ancora l’ago.
Corsi mettendomi dall’altra parte, tolsi l’ago; era completamente vuoto. Esaminai la puntura, guardai il colore della pelle e le pupille; era tutto nella normalità, almeno per quello che era. Misi la mano sulla carotide per controllare il battito, sussultò al contatto iniziando a muoversi cercando di parlare ma dalla bocca uscivano parole incomprensibili. -Calmati, sono io Platan. Non mi riconosci? Lei mi guardò con uno sguardo vuoto e poi continuò a delirare, stava cercando in tutti i modi di dirmi qualcosa ma cosa? Presi la sua mano per rassicurarla. -Che cosa vuoi dirmi? Non avendo nessuna risposta misi la mano sulla fronte ma la dovetti ritirarla, era bollente. -Hai la febbre! Dissi preoccupato poi notai che stava tremando, la dovevo portarla a letto, la presi in braccio per dirigermi alla camera da letto, lei continuò a divincolarsi e a dire cose insensate.
La feci stendere, e gli misi la coperta sopra di lei. Ero quasi certo che si era presa l’influenza perché era rimasta immobile al freddo e semi vestita. Non potevo altro che fare somministrare una tachipirina e aspettare che ritornasse cosciente e lucida, decisi di rimanere tutta la notte per tenerla sotto controllo e assicurarmi che non si sarebbe fatta un'altra dose. Dopo un bel po’ Primula si calmò e si mise a dormire, la medicina stava facendo effetto, tirai un sospiro di sollievo.
Aveva smesso di piovere, il vento si era alzato e faceva cadere l’acqua che si era depositata sulle chiome degli alberi, dalla finestra si potevano vedere dei platani; le loro foglie mosse dal vento creavano un rumore, un fruscio quasi rassicurante che ti faceva scordare tutti i problemi che avevi. Dietro di me sento qualcosa muoversi o meglio qualcosa vicino a me, mi voltai e trovai Primula sveglia accanto a me.
Mi spaventai lei fece segno di stare in silenzio, non era sotto l’effetto della droga lo potevo notare dal suo sguardo adesso vispo e quasi ammiccante. La guardai senza dire una parola terrorizzato, lei senza esitazione si mise sopra di me, mi prese per la camicia facendomi avvicinare al suo viso. Vidi una consapevolezza di quello che stava per fare, la guardai ancora impaurito. Senza esitazione mise le labbra sopra le mie e baciò con passione.

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


Il leggero canto di un piccolo pokèmon e la luce tiepida del sole che accarezzava il mio viso mi fece svegliare; mi limitai a girarmi lentamente dall’altra parte con gli occhi ancora chiusi.
Voglio ancora dormire un’oretta, mi sentivo molto stanco, ed eppure…
Mentre pensavo sento un respiro, di uno che dormiva, vicinissimo a me.
Apro gli occhi, ero convinto di essere a casa mia ma quello che vidi era il soffitto della camera di Primula; m’alzo di colpo, ora il mio respiro è affannoso per il terrore; solo al pensiero di quello che avevo probabilmente fatto…
Chiusi un attimo gli occhi per infondermi coraggio, e poi guardai dietro di me.
Primula dormiva profondamente con la testa fuori dal cuscino, i suoi capelli erano in disordine.
M’avvicino a lei delicatamente senza farla svegliare sollevo il lenzuolo; era completamente nuda.
Imprecai a bassa voce, anche io ero nudo. Disperato mi buttai sul letto: e adesso?
Avevo due possibilità: Andare via o rimanere qui.
Pensai alle conseguenze, ci rifletto per una buona mezz’ora, e alla fine decisi a malincuore.
M’alzai dal letto, senza fare rumore raccolsi i vestiti che erano sparsi per terra.
Chiusi la porta di casa. Sospiro.
Ancora non riuscivo a capacitarmi di quello che avevo fatto ieri sera; non dovevo lasciarmi andare e invece ho preferito ascoltare l’istinto che la ragione. Dopotutto mi ero preso una cotta per lei, da quando la tifavo nelle gare, ma io l’avevo sempre negato davanti ai miei amici: era sempre comunque una cotta innocente.
Ma poi all’improvviso lei entra nella mia vita, così velocemente da non accorgermi.
E’ ormai piena mattina, il cielo terso primaverile sovrasta sopra di me; è una bellissima giornata, dopo la pioggia i colori erano ancora più accentuati. Cammino distrattamente lungo la strada di casa osservando il paesaggio che mi circondava, cercando di dimenticare quello che era successo ieri sera.
Al primo momento non mi ricordavo niente, però mentre ci pensavo tutto mi ritornò alla mente: La telefonata della vicina, Primula stesa sul divano con la febbre, e poi la disgrazia...
-Perché? Perché non lo respinta?
Domandai a bassa voce, poi mi ricordo lo sguardo sicuro di Primula…Quei occhi così determinati, e per quello che mi sono lasciato andare? Perché avevo intuito che lo voleva…?
Mi detti un colpo alla fronte; ma perché mi mettevo a pensare queste cose!
Ritornando a Luminopoli mi buttai a capofitto sul lavoro, feci nottata quella sera. Tenevo la mente impegnata, cercai di stare più possibile concentrato alle ricerche, per dimenticare, e ci riuscii fino a un giorno.
Una mattina mentre stavo studiando, subentra con prepotenza il manager di Primula infuriato come non l’avevo mai visto. Mi accusò di non aver tenuto d’occhio la donna, subito negai prontamente dicendo che ero sempre andato ogni giorno a trovarla. L’uomo divenne tutto rosso dalla rabbia e mi sgridò; secondo lui a causa della mia noncuranza, Primula era stata violentata da qualcuno e da questo è rimasta incinta.
A quelle parole non sentivo più la terra sotto i piedi, indietreggiò verso la scrivania mettendomi sopra per non cadere. Rimasi attonito e sconvolto, il manager aspettò un bel po’ una risposta o una replica da me; nulla.
Dopo essersi calmato mi disse che Primula mi voleva vedere oggi, il mio cuore fece un salto o qualcosa di più, dopo che se ne andò sprofondai con tutto il mio peso sulla poltrona. Avevo pensato conseguenze di tutti i generi ma non mi ero preparato per un’inaspettata gravidanza, provavo sentimenti contrastanti: Ero sia felicissimo ma allo stesso disperato e triste.
Decisi che era meglio dirlo, sarebbe stata meglio se sapesse chi era stato l’artefice gli avrei tolto un peso.
Tornai a Borgo bozzetto nello stesso pomeriggio, nervoso ma allo stesso tempo rincuorato, lo volevo dirlo proprio in quel giorno.
Ma alla porta non trovai quella Primula che conoscevo, c’era un’altra sconosciuta che si butta verso di me abbracciandomi piangente. In quel momento capii che non era un’idea geniale raccontare quello che era successo quattro giorni fa.
 

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Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


Rimasi accanto per tutto il resto della giornata, cercando invano di consolarla. Mi sentivo quasi come un assassino, perché avevo ucciso quel poco che era rimasto di lei. Mise la testa sulla mia spalla piangente, e in quella posizione ci rimase per tutto il tempo, raccontò a tratti di quando si era svegliata avendo intuito che era successo qualcosa quella sera. Sì preoccupò all’inizio ma poi presa dai suoi impegni non ci pensò più, fino a ieri sera che ha iniziato avere dei dolori forti alla pancia ed è andata a rimettere in bagno. Insospettita fece il test e usci purtroppo positivo; in quel momento gli crollò il mondo addosso, non riusciva a spiegarsi come è rimasta incinta, cercò di ricordarsi che cosa successe quella notte ma nulla.
-E io ogni volta cerco ma…
Fece un singhiozzo, la abbracciai.
-Andrà tutto bene, ci sarò io con te.
Lo dissi con un velo di paura e terrore, ero io che l’avevo messa in queste condizioni, ero il colpevole di tutta questa faccenda, mi venne da piangere ma cercai di trattenermi.
-Che cosa hai deciso in riguardo del…?
Si sciolse dall’abbraccio e mi guardò negli occhi, un brivido percorse la mia schiena.
-Non lo so sinceramente, io non voglio crescere un figlio di un bastardo che si è divertito con me lasciandomi come se fossi un oggetto.
Rabbrividii a quelle parole e al suo sguardo fiammeggiante di rabbia, mi ha comparato ad un bastardo…
Cerco di trattenermi facendo un lungo respiro profondo, e poi domandai.
-E se un giorno si presentasse lui...
Guarda verso la finestra per pensare, la luce del tramonto risalta il viso rigato dalle lacrime e i suoi occhi spenti.
-Gli domanderò che cosa è successo e perché lo ha fatto, e poi l’indomani andrei via. Non posso respirare la stessa aria di quel mostro.
-E se è uno che conosci...?
Dissi con un filo di voce, ma lei riuscii a sentirmi perché strinse i pugni.
-Quando mi dirà tutto quello che è successo sarò tentata di ucciderlo, ma non voglio rovinarmi ulteriormente la mia vita.
Morse il labbro per la rabbia che stava provando. Misi una mano sulla spalla e raccolsi tutto il coraggio che avevo dentro di me.
-Qualsiasi decisione che prenderai, io sarò sempre vicino a te. Tu mi hai sempre aiutato e adesso è ora che ricambi il tuo favore.
Cercai di dirlo più sicuro e sincero che potevo, ero molto dispiaciuto di averla messa in quella situazione, ma fino a quando avrei nascosto questo segreto?
Primula annuì e per la prima volta sorrise.
-Grazie Platan, se non ci saresti tu non saprei che cosa avrei fatto.
Ricambiò sorridendo timidamente.
 
Rimanemmo a parlare fino a quando fu notte decisi di andare via, avevo il terrore che potesse succedere di nuovo. Dopo una settimana Primula cambiò idea, decise di tenerlo dopo aver saputo che era una femmina. Mi disse che aveva sempre desiderato avere una bambina, ma di certo a me non mi semplificava la faccenda. Se avesse deciso di fare un test del DNA avrebbe scoperto tutto, non riuscivo neanche a immaginare come avrebbe reagito. Anche se Primula voleva che andassi tutti i giorni a trovarla, io cercavo di evitare di andarci, non potevo far finta di nulla e comportarmi come se fossi innocente nei suo confronti; era ingiusto e io non volevo farla ulteriormente soffrire. Passano i mesi e un giorno Primula mi fece guardare quasi orgogliosa ma con quel velo di tristezza il suo pancione, rabbrividii alla vista. Solo al pensiero che dentro c’era mia figlia mi faceva venire la tachicardia.
 
 

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Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


I dottori avevano previsto che sarebbe partorita i primi d’ottobre, gli consigliarono anche dopo la nascita di fare un test del DNA se voleva sapere il padre della figlia. Mi gelò il sangue quando lo dissero, lasciai a lei la decisione, se avrei consigliato di non farlo poteva insospettirsi, ero terrorizzato solo all’idea. Di notte avevo gli incubi, restavo sveglio fino all’alba e poi crollavo per la stanchezza.
L’ultimo mese le mie ricerche avanzarono di poco, facevano tutte le mie assistenti. Intere giornate le passi a sonnecchiare sulla poltrona in ufficio tra un incubo e un altro.
Un giorno sul finire di settembre, mentre tentavo di dormire sul tavolo con la testa poggiata sulle braccia, qualcuno aprii la porta e la chiuse senza fare rumore. Sento dei leggeri passi che risuonano sulla moquette rossa, poi il silenzio assoluto.
Rimasi immobile in quella posizione facendo finta di dormire, non era uno dei miei assistenti né tantomeno un allenatore.
Una mano piccola e profumata, accarezzava i miei capelli; chi poteva essere?
-Non ti smentisci mai! Fai le nottate a studiare e poi dormi per tutto il giorno come uno Slakoth!
Disse sottovoce con un tono dolce; è Primula. Riuscii a capire dalla voce che si era messa sopra al tavolo.
Cercai di rimanere in quella posizione, ascoltando.
Intanto Primula fece una smorfia
-Chissà perché…ma questa mattina ho fatto un sogno veramente strano…Mi ricordo solo che ci stavi anche tu.
Si ferma un attimo e poi continua.
-E poi…sto riuscendo a ricordare…al momento so solo che ero strafatta e deliravo sul divano, sono quasi certa che ci fosse anche lui….
Lo disse con tono aspro, deglutii a fatica.
La mano adesso scese sul collo, per poco non sussultai, ma riuscii a trattenermi. Un attimo dopo ritorna alla testa.
-Non so perché lo sto dicendo mentre stai dormendo, ho troppo paura di dirtelo in faccia, ho paura per la tua reazione.
Il suo tono di voce cambiò subito, era basso e tremolante. Feci grandi respiri per calmarmi, avevo intuito che cosa voleva dire; sentii il viso andare in fiamme.
-Non ci credo neanche io ma…
Mi scappa un fragoroso singhiozzo, m’alzo di botta nascondendo il viso tra le mani per la vergogna che provavo, sento il suo sguardo sconvolto addosso a me. Tolsi le mani e la guardai negli occhi.
-Tu non mi puoi amare! Non dopo quello che ti ho fatto!
Gli gridai contro con la voce smorzata dal dolore. Lei continuò a guardarmi confusa; sentivo quel rancore e senso di colpa che avevo represso per mesi venire a galla, non potevo stare un minuto lì dentro, fuggii via sbattendo la porta.
Uscii fuori per strada, era ora di pranzo per fortuna il corso basso era deserto, il cielo stava minacciando di piovere. Corsi a perdifiato uscendo da Luminopoli inoltrandomi sul percorso 5. Mi dirigo verso la foresta guidato dal disperato bisogno di stare solo.
Cado più volte inciampandomi sulle radici, e ostinatamente riprendo a correre fino a quando crollai per la fatica vicino ad un albero. Cerco ancora di rialzarmi ma ero troppo stanco, detti un pugno sulla corteccia e gridai di rabbia con tutta la voce che avevo dentro di me. Scoppiai a piangere raggomitolandomi su me stesso.
Poco dopo iniziò a diluviare, continuai a piangere incurante dell’acqua che mi stava bagnando.
 

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Capitolo 5
*** 5° capitolo ***


Piansi fino allo stremo delle forze, il dolore che avevo accumulato era grande, troppo. Primula…
Perché? Perché non te l’ho detto subito?
Smise di piovere e oramai era notte, mi guardai intorno ma vidi solo buio intorno, inoltre ero bagnato fradicio, i vestiti si erano in parte strappati e usurati durante la corsa e iniziai a sentire freddo, e con anche in giro i pokèmon selvatici non era una bella situazione. Tocco la cintura ma non c’è nessuna pokè ball, imprecai. Come uno scemo mi ero scordato di portare qualche pokèmon, questo vizio che me lo riporto da Sinnoh…
Interrompo il pensiero notando una luce fioca in lontananza tra la vegetazione. Le cose erano due: o mi stavano cercando o era un pokèmon selvatico.
Si susseguirono dei versi acuti, forse Notcwol, sentii un fragore d’ali e poi dei passi pesanti che facevano tremare il terreno.
Guardo da tutte le parti impaurito, c’era un pokèmon di notevoli dimensioni nelle vicinanze. Rimasi immobile senza respirare, se era un pokèmon aggressivo non so se sarei uscito vivo da quella foresta. Continuai ad ascoltare, adesso era vicinissimo a me, chiusi gli occhi per la paura ma un instante dopo sento un caldo piacevole che mi investe.
Apro gli occhi lentamente e vidi un piccolo Charmender vicino a me e un Garchomp che mi guarda incuriosito.
Feci uno scatto per il spavento, l’enorme pokèmon invece di indietreggiare si avvicina a me.
Perché non mi stava attaccando? Intanto arrivarono anche dei Litleo e Fennekin che con le loro fiamme mi riscaldavano.
Guardai il Garchomp che borbotta contendo, avevo la sensazione di conoscerlo…
Poi mi ricordai, che fosse quel piccole Gible che avevo trovato ferito proprio in quella foresta?
 
Flashback*
-Avanti piccolino, non ti farò del male!
Apro le braccia come per accoglierlo, Gible mi guarda esitante. Si era imbattuto in un orda di pokèmon selvatici e si era fatto male durante la lotta, aveva numerose ferite sul corpo e si reggeva a malapena in piedi.
-Non avere paura...puoi fidarti di me.
Il pokèmon continuò a scrutarmi, si vedeva che non aveva mai avuto un contatto umano.
Presi un pokè bignè dalla borsa e lo porsi. Gible si avvicina incuriosito, annusa e lo mangia mordendo anche la mia mano, grido per il colore. Il Gible lo trova delizioso, mi salta addosso per ringraziarmi.
-Sì ok ok! Ti piace però non mi devi mordere la mano!
 
Fine flashback*
-Gible…
Sussurro a mezza voce, il pokèmon riesce a sentirmi tanto che annuì contento. Ma un attimo dopo
Garchomp si volta preoccupato, aveva udito dei rumori. Avanza di una passo e si guarda intorno attento, dal buio compaiono quattro pyroar con intenzioni per niente amichevoli. Garchomp cerca di intimidirli ruggendo, ma i pokèmon non accenno ad indietreggiare ma fissano invece il pokèmon. Il Pyroar femmina a un certo punto balza contro Garchomp che la colpisce con breccia, cade a terra pesantemente per poi rialzarsi per poi riattaccare usando morso, la mossa non va a segno e viene di nuovo colpita con breccia. Gli altri pokèmon vedendo la loro compagna in difficoltà corrono alla carica.
-Attento Garchomp!
Gridai verso il pokèmon, lui si volta un attimo per guardarmi. Il suo sguardo fiero mi assicura che li avrebbe respinti, lo doveva farlo, per ringraziarmi di averlo salvato quella volta.
Corre verso gli altri Pyroar che accorgendosi che li stava caricando con attacco rapido, si difendono usando lanciafiamme, alzando una linea di fuoco.
I Pyroar accerchiati si guardano intorno tesi, le fiamme alte gli impedivano di vedere la posizione di Garchomp. Si sentiva solo il scoppiettio del fuoco.
Dalle spalle di un Pyroar un potente dragospiro che lo fa scaraventare a terra esausto.
Senza neanche dare il tempo, Garchomp attacca con breccia gli altri rimasti, uno ad uno cadono esausti.
Scampato il pericolo m’alzo e inizio a correre seguito da Garchomp, senza una direzione precisa.
Corsi ma dovetti rallentare per la stanchezza, mi fermo respirando a bocconi per recuperare fiato. Notai nel semibuio una cavità nella roccia, poteva essere un buon rifugio per la notte.
Mi avvicino con cautela all’entrata nella paura che ci fossero altri pokèmon selvatici.
Garchomp intanto era riuscito a raggiungermi, anche lui si avvicinò per guardare.
All’interno della grotta regnava il silenzio assoluto; non c’era nessuno.
Entro lentamente cercando di non fare rumore, un luccichio dal terreno mi attira l’attenzione.
Mi metto in ginocchio per vedere meglio, c’era qualcosa semi coperto dalla terra.
Ci soffio sopra; era una pietra grossa perfettamente sferica, muovendo aveva dei strani riflessi
Dal blu elettrico al violetta forte. Accanto alla pietra c’è ne era una più piccola, anche questa sferica.
Nella luce fievole della luna, si intravede uno strano simbolo che ricorda vagamente la forma di elica dell’acido nucleico.
Affascinato da quei oggetti misteriosi, non mi accorsi del pericolo che stava ancora incombendo.
Garchomp tocca la mia schiena mi voltai verso di lui che a sua volta guarda preoccupata l’interno della grotta.
Mi volsi in quella direzione e rimasi paralizzato dal terrore, un orda di Crobat capitanata da un Tyranitar ci stava guardando minacciosamente.Piansi fino allo stremo delle forze, il dolore che avevo accumulato era grande, troppo. Primula…
Perché? Perché non te l’ho detto subito?
Smise di piovere e oramai era notte, mi guardai intorno ma vidi solo buio intorno, inoltre ero bagnato fradicio, i vestiti si erano in parte strappati e usurati durante la corsa e iniziai a sentire freddo, e con anche in giro i pokèmon selvatici non era una bella situazione. Tocco la cintura ma non c’è nessuna pokè ball, imprecai. Come uno scemo mi ero scordato di portare qualche pokèmon, questo vizio che me lo riporto da Sinnoh…
Interrompo il pensiero notando una luce fioca in lontananza tra la vegetazione. Le cose erano due: o mi stavano cercando o era un pokèmon selvatico.
Si susseguirono dei versi acuti, forse Notcwol, sentii un fragore d’ali e poi dei passi pesanti che facevano tremare il terreno.
Guardo da tutte le parti impaurito, c’era un pokèmon di notevoli dimensioni nelle vicinanze. Rimasi immobile senza respirare, se era un pokèmon aggressivo non so se sarei uscito vivo da quella foresta. Continuai ad ascoltare, adesso era vicinissimo a me, chiusi gli occhi per la paura ma un instante dopo sento un caldo piacevole che mi investe.
Apro gli occhi lentamente e vidi un piccolo Charmender vicino a me e un Garchomp che mi guarda incuriosito.
Feci uno scatto per il spavento, l’enorme pokèmon invece di indietreggiare si avvicina a me.
Perché non mi stava attaccando? Intanto arrivarono anche dei Litleo e Fennekin che con le loro fiamme mi riscaldavano.
Guardai il Garchomp che borbotta contendo, avevo la sensazione di conoscerlo…
Poi mi ricordai, che fosse quel piccole Gible che avevo trovato ferito proprio in quella foresta?
 
Flashback*
-Avanti piccolino, non ti farò del male!
Apro le braccia come per accoglierlo, Gible mi guarda esitante. Si era imbattuto in un orda di pokèmon selvatici e si era fatto male durante la lotta, aveva numerose ferite sul corpo e si reggeva a malapena in piedi.
-Non avere paura...puoi fidarti di me.
Il pokèmon continuò a scrutarmi, si vedeva che non aveva mai avuto un contatto umano.
Presi un pokè bignè dalla borsa e lo porsi. Gible si avvicina incuriosito, annusa e lo mangia mordendo anche la mia mano, grido per il colore. Il Gible lo trova delizioso, mi salta addosso per ringraziarmi.
-Sì ok ok! Ti piace però non mi devi mordere la mano!
 
Fine flashback*
-Gible…
Sussurro a mezza voce, il pokèmon riesce a sentirmi tanto che annuì contento. Ma un attimo dopo
Garchomp si volta preoccupato, aveva udito dei rumori. Avanza di una passo e si guarda intorno attento, dal buio compaiono quattro pyroar con intenzioni per niente amichevoli. Garchomp cerca di intimidirli ruggendo, ma i pokèmon non accenno ad indietreggiare ma fissano invece il pokèmon. Il Pyroar femmina a un certo punto balza contro Garchomp che la colpisce con breccia, cade a terra pesantemente per poi rialzarsi per poi riattaccare usando morso, la mossa non va a segno e viene di nuovo colpita con breccia. Gli altri pokèmon vedendo la loro compagna in difficoltà corrono alla carica.
-Attento Garchomp!
Gridai verso il pokèmon, lui si volta un attimo per guardarmi. Il suo sguardo fiero mi assicura che li avrebbe respinti, lo doveva farlo, per ringraziarmi di averlo salvato quella volta.
Corre verso gli altri Pyroar che accorgendosi che li stava caricando con attacco rapido, si difendono usando lanciafiamme, alzando una linea di fuoco.
I Pyroar accerchiati si guardano intorno tesi, le fiamme alte gli impedivano di vedere la posizione di Garchomp. Si sentiva solo il scoppiettio del fuoco.
Dalle spalle di un Pyroar un potente dragospiro che lo fa scaraventare a terra esausto.
Senza neanche dare il tempo, Garchomp attacca con breccia gli altri rimasti, uno ad uno cadono esausti.
Scampato il pericolo m’alzo e inizio a correre seguito da Garchomp, senza una direzione precisa.
Corsi ma dovetti rallentare per la stanchezza, mi fermo respirando a bocconi per recuperare fiato. Notai nel semibuio una cavità nella roccia, poteva essere un buon rifugio per la notte.
Mi avvicino con cautela all’entrata nella paura che ci fossero altri pokèmon selvatici.
Garchomp intanto era riuscito a raggiungermi, anche lui si avvicinò per guardare.
All’interno della grotta regnava il silenzio assoluto; non c’era nessuno.
Entro lentamente cercando di non fare rumore, un luccichio dal terreno mi attira l’attenzione.
Mi metto in ginocchio per vedere meglio, c’era qualcosa semi coperto dalla terra.
Ci soffio sopra; era una pietra grossa perfettamente sferica, muovendo aveva dei strani riflessi
Dal blu elettrico al violetta forte. Accanto alla pietra c’è ne era una più piccola, anche questa sferica.
Nella luce fievole della luna, si intravede uno strano simbolo che ricorda vagamente la forma di elica dell’acido nucleico.
Affascinato da quei oggetti misteriosi, non mi accorsi del pericolo che stava ancora incombendo.
Garchomp tocca la mia schiena mi voltai verso di lui che a sua volta guarda preoccupata l’interno della grotta.
Mi volsi in quella direzione e rimasi paralizzato dal terrore, un orda di Crobat capitanata da un Tyranitar ci stava guardando minacciosamente.

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Capitolo 6
*** 6° capitolo ***


Garchomp digrigna con i denti, avvertivo il suo stato d’animo e lo capivo, strinsi con forza la piccola pietra.
La grande che l’avevo lasciata a terra ed era vicino a Garchomp si illumina, anche la piccola pietra reagisce alla luce.
Apro il palmo della mano era così forte che mi acceca. Garchomp viene avvolto dalla strana energia, lo ingloba fino a che questa si dissolve.
Garchomp era cambiato, delle enormi lame sostituivano i grandi unghioni, la coda era più grande e lunga. Piccole lame seghettate contornavano il loro corpo.
Il pokèmon grida contro l’orda, si avvicina un po’ e li attacca con un iperaggio che non avevo mai visto in vita mia; mi copro gli occhi con un braccio per proteggermi dalla polvere che alzava.
I Crobat erano tutti fuggiti tranne Tyranitar; era riuscito a resistere al colpo ma aveva qua e là segni di ammaccatura.
Il pokèmon rimase in ginocchio con gli occhi chiusi, sembrò che passasse un’infinità guardai Tyranitar in tutto quel tempo; Garchomp che è davanti a me rimase in attesa di una risposta.
La creatura si alza di scatto e risponde anche lui con iperaggio.
Prese in pieno il pokèmon drago, viene scaraventato verso di me violentemente; la mossa fu così potente che ci fece volare per vari metri, il potente raggio esaurisce l’energia proprio sopra alla gola del fiume.
Avverto il vuoto sotto di me, guardo davanti; Garchomp era ritornato alla sua forma normale e stava adesso precipitando addosso.
Non credo che sarei sopravvissuto all’impatto, eravamo troppo alti, ero semi vestito e un pokèmon di 95 kg sarebbe venuto tra poco addosso.
Una lacrima solca il mio viso: Primula…perché sono uscito? Dovevo rimanere insieme a te…
L’impatto con l’acqua fu molto violento che mi stordisce, il freddo mi avvolge nel sua stretta, sott’acqua vedo ancora la schiena di Garchomp, il pokèmon non accenna nessun movimento; molto probabilmente era svenuto.
Mi lascio trasportare dalla corrente, persi coscienza poco dopo; non so per quanto tempo rimasi incosciente, persi totalmente la sensazione dello scorrere del tempo, forse erano passate giorno o addirittura settimane.
Sentivo sempre freddo, tutto era nero intorno a me, mi faceva compagnia solo quell’orribile angoscia che mi prendeva al cuore, volevo piangere ma non ci riuscivo.
Dopo tutta quella oscurità vidi una luce in fondo; che ero forse...Ma capii subito che non ero morto dal rumore delle onde che andavano a sbattere contro la battigia. Cerco di aprire gli occhi ma vedevo tutto offuscato ma era sufficiente per notare qualcosa di enorme che era vicino a me. Una silouette scura con quattro zampe, alta e snella, il verso acuto che produce mi stura le orecchie. Alzo la testa per riuscire a guardarlo meglio, era…un...pokèmon cervo?  Ma la luce era diventata forte e mi impedisce di vedere altro.
Non sentivo più il fruscio del mare e i sassi levigati bagnati sotto di me; ma il rumore delle foglie al vento, la terra sabbiosa, argillosa e secca…realizzai subito anche se non ero completamente lucido che quel strano pokèmon mi aveva teletrasportato, ma dove di preciso?
Sento in lontananza delle voci, che si avvicinano, delle braccia mi sollevano, vedo molte facce davanti a me; ma ero così moribondo da non riconoscere neanche una.
Sento il vociare delle persone attorno che si alza lentamente, e poi un grido, precisamente un richiamo.
Sovrasta le altre voci che si zittiscono subito. Quella voce…mi stava chiamando con il mio nome.
-Augustine! Augustine!
La voce disperata e affannosa rimbomba fastidiosamente nelle orecchie, sento che è vicina, qualcosa mi prende per le spalle; cercava di abbracciarmi ma io non riuscivo a stare in piedi.
Mette la mia testa sulla spalla per tenermi meglio; non avevo ancora realizzato chi era, ma solo quando il pianto disperato misto al singhiozzo fragoroso e le lacrime calde che bagnavano la mia spalla, con un filo di voce mi chiama ancora per nome.
-Augustine… perché?
Cerco di rispondere, ma quello che uscii dalla bocca fu un mugolio, ma Primula si accorge subito.
-Augustine? Sei…
Domanda, io per rispondergli le tocco la mano, lei la strinse; fece una risatina meravigliata mista al pianto.
-Sei vivo! Grazie al cielo! Quando mi hanno detto che ti avevo trovato, non ci ho visto più…
Disse felice, ma io non lo ero affatto; quel senso di colpa ritorna prepotentemente, iniziai a ricordare tutto quello che era successo.
-E non preoccuparti per tutto quello che è successo, quando te ne sei andato non riuscivo a capire la tua reazione. Quando poi sei scomparso mi sono preoccupata, così ho cercato in tutti i modi di ricordare…e alla fine ci sono riuscita.
Cerca di guardarmi in faccia ma non riesce a staccarmi essendo non mi reggevo in piedi.
-Sono io che mi devo scusarmi, sono stata io a iniziare tutta questa storia. Tu eri solo lì per aiutarmi, non di più.
A quelle parole mi sento alleggerito, alleviato da quelle sofferenze psicologiche. Finalmente ero libero da quel peso, le stringo la mano ancora forte.
-E quello che ti ho detto al laboratorio è vero…
-Ti amo anche io.
Le dissi con un tono di voce ancora basso, ma riuscii comunque a sentirlo, si limita ad accarezzarmi la testa.
Ma improvvisamente si inarca verso il basso per il dolore.
-Primula?
Domandai preoccupato, mi ero ripreso ma non del tutto.
-C-credo che mi sono rotte le acque…
Disse a tratti per il dolore che stava provando.
 

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Capitolo 7
*** 7° capitolo ***


Ci portarono tutti e due all’ospedale, lei dritta in sala parto io invece al pronto soccorso per farmi vedere se non avevo niente di rotto. Ero andato in ipotermia, una spalla lussata, qualche costola incrinata, delle abrasioni qua e là ma niente di serio. Anche se stavo benissimo i dottori mi decisero di tenermi sotto osservazione per una notte, volevano essere certi che non avevo qualcos’altro.
Mi sveglia che non era neanche l’alba, guardai l’orologio: le quattro e un quarto.
Osservo e notai dalla finestra un ombra che oscurava tutto; sapevo benissimo chi era. M’alzo e corsi ad aprire la finestra.
-Garchomp…ti sei preoccupato per me?
Gli accarezzo la testa, borbotta felice.
-Ti hanno già medicato?
Annuì con la testa e fece vedere una zampa fasciata.
-Sono felice che tu stia bene…
Garchomp mi interrompe spingendo la testa verso di me, si muove e fa segno.
Notai che i suoi occhi brillarono, lo guardai ancora e poi dissi.
-Ah ma allora sei venuto per altro! Sei sicuro della tua scelta?
Lui annui con forza, mi volto per andare all’armadio a rovistare tra le cose che mi avevano portato gli assistenti: se avevo fortuna potevo trovare una Pokèball, e la trovai.
Tornai da Garchomp che intanto aspettava fuori impaziente del mio ritorno.
-Allora benvenuto!
Gli lanciai la pokèball, il pokèmon va verso di questa e si lascia catturare, la pokèball casca a terra, si muove per tre volte per poi fermarsi.
La ripresi e la guardai.
-Diventeremo grandi amici, me lo sento.
Strinsi la pokèball tra le mani, e rimasi a guardarla per un bel po’ di tempo.
L’indomani mattina ebbi il permesso di uscire, ma prima di andarmene dovevo andare a vedere come stava Primula.
Dopo un paio d’ore di travaglio nacque la nostra bambina, abbiamo discusso molto sul nome ma alla fine abbiamo deciso per Serena. Sarebbe cresciuta con Primula e avevamo inoltre deciso che non avrebbe saputo la storia; almeno fino a che avrebbe compiuto la maggiore età. Decidemmo anche quando avrebbe compiuto il quindicesimo compleanno sarebbe partita in viaggio con i suoi pokèmon, avrei anche trovato dei compagni di viaggio per non farla andare da sola.
Molto tempo passò, e alla fine il 12 ottobre; giorno del suo compleanno arrivò prepotentemente. Partì in prima mattinata e la ritrovo a Luminopoli nel primo pomeriggio insieme ai suoi amici.
I suoi occhi grigi mi guardano con curiosità, cercai di essere più distaccato possibile; anche se avevo dato un occhio di riguardo rispetto agli altri.
-Ragazza aspetto grandi cose da te!
Dissi con tono entusiasta, Serena sorride a quella frase.
-Professore, non la deluderò sia certo, scoprirò il mistero della megaevoluzione e completerò il pokèdex nazionale! Ve lo prometto.
Sorrisi a mia volta e gli mossi capelli.
-E io vi sarò sempre vicini.
Serena sorrise di nuovo.
-Bhè allora noi andiamo!
Corse via insieme ai suoi compagni di viaggio.
-Ciao bambina mia…
Sussurro a bassa voce.

Fine.

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