Wolf inside me

di OperaIncompiuta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il mio nome è nessuno ***
Capitolo 2: *** Non tutti i mali vengono per Amy ***
Capitolo 3: *** Quanto mistero! ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti alle porte ***
Capitolo 5: *** Finalmente faccia a faccia ***
Capitolo 6: *** Che qualcuno mi aiuti! ***
Capitolo 7: *** Tra realtà e finzione ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni ***
Capitolo 9: *** ...e adesso? ***
Capitolo 10: *** Dolorose verità ***
Capitolo 11: *** Dolce e amara ignoranza ***
Capitolo 12: *** Fermate la corsa del Destino ***
Capitolo 13: *** a.a.a. Cercasi vita tranquilla ***
Capitolo 14: *** Nemici a ore dodici ***
Capitolo 15: *** Cuore a cuore ***
Capitolo 16: *** Salvagente in alto mare ***
Capitolo 17: *** Alla deriva ***
Capitolo 18: *** Viaggi interminabili ***
Capitolo 19: *** Conversazioni gelide ***
Capitolo 20: *** Il perfetto lui/lei ***
Capitolo 21: *** Lasciamoli di stucco! ***
Capitolo 22: *** Sorprese in camera da letto ***
Capitolo 23: *** In estasi per la cena ***
Capitolo 24: *** In una notte di luna piena... ***
Capitolo 25: *** Un brusco risveglio ***
Capitolo 26: *** Conosco il mio nemico ***
Capitolo 27: *** Incontri del terzo tipo ***
Capitolo 28: *** La situazione si scalda ***
Capitolo 29: *** Momenti d'intimità ***
Capitolo 30: *** Due contro due ***
Capitolo 31: *** Scontro di vedute ***
Capitolo 32: *** Serena... nonostante tutto ***
Capitolo 33: *** Ormai ci restano solo le lacrime ***
Capitolo 34: *** Siamo tutti colpevoli ***
Capitolo 35: *** Forse è ora di darsi una mossa ***



Capitolo 1
*** Il mio nome è nessuno ***


Nota dell'autrice:
Avevo questa storia in ballo già da un po' di tempo ma non sapevo ancora se pubblicarla visto che non l'ho ancora finita! Spero comunque che vi piaccia! :)






13 gennaio       
Caro Beta Wolf,
Mi capita spesso di questi tempi di pensare a quanto cambierebbe la vita delle persone che mi stanno vicino se io me ne andassi: nella mia scuola non mancherei davvero a nessuno siccome sono una dei pochi che ha solo “amici di facciata”, come li chiamo io; sono quelle persone che sono carine e gentili con te finché gli servi o non si trovano una compagnia migliore. A casa invece potrei mancare a qualcuno per qualche tempo, però riuscirebbero a superarla dopo poco tempo grazie ai miei fratelli: il più grande, Grant, è il nostro pozzo di scienza personale, a scuola non ha mai preso un brutto voto, sul lavoro mai un problema, il classico timidone che non spiccica una parola con le ragazze. Invece mia sorella minore, Tamara, è una calamita per ogni genere di problema; nonostante abbia solo tre anni in meno di me, fa cose che io non ho ancora fatto o non farei: fumare (l’unica volta che ci ho provato è stato in seconda superiore è ho avuto l’impressione di morire soffocata), bere (e anche parecchio, l’ho dovuta coprire non so quante volte) e corteggiare ragazzi. In quattro anni di scuola superiore io non ho mai parlato con un ragazzo a fini seduttivi, mentre lei sembra che si dedichi soprattutto a quello. Fatto sta che tra un guaio di mia sorella o un elogio da fare a mio fratello io finirei presto dimenticata.
Non fraintendermi: non sono una di quelle persone super depresse, che magari non vede l’ora di fare un viaggetto giù da un ponte; è solo che in questo periodo mi sento particolarmente sola, siccome la mia unica vera amica, Desiree, ha deciso improvvisamente, e senza spiegazioni, di cominciare a girare col gemello Tom e la sua fidanzata Janice. Io non ho ne tentato di convincerla a restare con me né di insistere nel farmi dare informazioni, sono una persona che accetta le scelte degli altri, le rispetta e va avanti.
Se almeno fossi un po’ più normale, come dice sempre mia madre, non passerei il sabato sera a guardare film e stare a computer, ma uscirei con gente diversa da Me stessa e Me medesima. Però, contrariamente ai pareri che ci si potrebbe fare, a me questa vita piace: stare sotto i riflettori mi renderebbe nervosa e, quando sono nervosa, non è mai un bello spettacolo; in più avere tanti amici comporterebbe il dover spendere il doppio riguardo a bolletta del telefono e al doversi preoccupare di chiamare o scrivere per far sentire agli altri la tua presenza, cosa in cui non sono mai stata brava a causa della mia sbadataggine e della mia poca memoria. Tu sei l’unico con cui io possa parlare liberamente e che, soprattutto, non pensa che io sia matta o peggio…
 


-Amy, scendi altrimenti perdi il pullman-
-Adesso arrivo, dammi un minuto-
-Sbrigati-
Non riesco mai a tenere il passo con le lancette mentre scrivo, così adesso mi toccherà scegliere a casaccio i vestiti. Lunedì finalmente andrò a sciare con la scuola, una delle mie poche occasioni per farlo. Dopo l’anno scorso, in cui sono andata con i miei genitori e ho passato più tempo in hotel che sulle piste, sto tenendo il conto dei giorni al mio diciottesimo compleanno, così potrò fare l’esame, prendere la patente e andarci ogni volta che voglio. Cavolo, dieci minuti. Non ho neanche il tempo di guardare ciò che ho afferrato nella pila dei vestiti puliti (fortunatamente un semplice maglioncino bordeaux un po’ troppo grande per me), corro di sotto, dove mi aspetta una bella colazione (che purtroppo non farò) e la mia borsa, recentemente rattoppata e abbellita con un paio di spillette tirate fuori da chissà dove.
-Amy dove vai! Ti ho preparato la tua colazione preferita!-.
-Non ho tempo Grant- A quest’ora i miei sono già partiti per andare a lavorare.
-Ma ci sono…- Non dirlo, ti prego.
-… i Pancakes!- L’ha detto!
- Va bene- Mi avvicino alla dispensa, dove teniamo i contenitori per il sottovuoto, tiro fuori il più grande che c’è e mi avvento sulla pila fumante di pancakes. Con uno tra i denti riempio il contenitore e ci verso sopra un’abbondante dose di sciroppo d’acero.
-Grazie mille Grant, adesso perderò il pullman-
-Non c’è di che-
 
La strada da casa mia alla fermata del pullman è piuttosto breve, però fa così freddo che se anche fosse qui davanti, rischierei l’ipotermia; infilo il mio fedele berretto di lana, i guanti e il giaccone più spesso che trovo e varco la soglia. Una ventata d’aria gelida mi sferza il viso facendomi detestare il fatto di essere scesa dal letto stamani. Solo una cosa potrebbe scaldarmi in questo momento: mentre cammino tiro fuori il contenitore dei pancakes e mi ci avvento sopra; nessuno fa i pancakes come mio fratello. Mi sto praticamente ingozzando con quei fantasmagorici pezzetti di paradiso e così non mi accorgo del mio bus che mi supera.
-Aspetta aspetta- Non so come ma ho cominciato a correre sbracciandomi a più non posso, con la borsa che continua a ballonzolarmi sulla coscia destra (e quando è piena di libri, non è una cosa piacevole) e il contenitore nella mano sinistra, gridando a squarciagola. Sono sicurissima che l’autista mi abbia sentito perché sono riuscita a intravedere il suo molliccio viso nello specchietto retrovisore che mi guardava divertito; nonostante le mie certezze, lui tira avanti imperterrito. In questo momento, mi sento esattamente come Peter Parker del film Spiderman, una sfigata di cui non importa molto a nessuno e che è costretta a rincorrere l’autobus. Purtroppo ci sono due essenziali differenze tra quel film e la mia vita: primo, io non ho niente di speciale come lui, il fantastico uomo ragno che salva belle donne e sconfigge i cattivi; secondo, anche se grazie a Mary Jane, dopo un po’ il suo autobus si è fermato.

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Capitolo 2
*** Non tutti i mali vengono per Amy ***


Smetto di correre, cercando di riempire i polmoni d’aria; purtroppo, in questo mese fa veramente freddo e, così facendo, mi viene solo da tossire. Ora le uniche possibilità che mi rimangono sono tornare indietro e farmi scarrozzare da mio fratello, molto umiliante, oppure tirare avanti e andare a scuola a piedi; non farò sicuramente in tempo per la prima ora e dovrò falsificare la giustifica di ritardo ma almeno eviterò la mia morte sociale! Non riesco a capire come mai i ragazzi patentati, che fino ad un anno fa, si facevano portare dai loro genitori, ora insistano a sfottere chi arriva in macchina col papalino, con la mammina o col fratellone. Ma fatevi un esame di coscienza, e magari anche del QI. Dovrei sbattermene e farmi portare da Grant, evitando di perdere l’ora di matematica, poiché rischio anche di prendere il debito quest’anno, ma come ogni brava pecorella che si rispetti tengo la bocca chiusa e seguo il gregge.
Spero solo che nessuno della mia scuola mi passi accanto con la macchina, vanificando ogni mio tentativo di avere una vita sociale quest’anno; tanto sarebbe valso farmi dare un passaggio e visto che sono a metà strada, la cosa mi darebbe anche leggermente infastidito.
 
Entro correndo nel laboratorio 2B dove sono sicura che troverò il professor Cocis già intento a spiegare. Come metto piede nell’aula cala il silenzio e, senza guardare la folla di spettatori che hanno smesso di prendere appunti, mi dirigo verso la lavagna con la giustificazione.
-Signor Cocis, sono…ehm, desolata di aver fatto tardi alla sua lezione, di nuovo-
-Signorina Warm, guardi che i composti chimici inorganici non si suddivideranno da soli; le consiglio di occupare il suo posto vicino al suo nuovo compagno di laboratorio-.
Oh merda! Perché non mi sono fatta accompagnare! Almeno avrei potuto scegliere un compagno decente: chi è così sfortunato da essere assente in questo fatidico giorno si becca sempre gli "avanzi" della società, gente che o finisce per abbassarti i voti o ti lascia fare tutto il lavoro per poi prendersene il merito. Comunque non devo essere negativa: magari quest’anno me ne capita uno decente…
Mi avvicino all’unico posto libero della classe e rimango scioccata; mi ritrovo a fissare un gradevole personaggio, alto, leggermente abbronzato, con i capelli bruni e un adorabile barbetta incolta, libera di crescere su un viso perfettamente modellato: squadrato ma non troppo, con la mascella ben pronunciata e solo il pomo d’Adamo a rivelare in lui un filo d’ansia.
-Ciao, io sono Amy, tu?- Mi tocca sussurrare mentre mi siedo, altrimenti Cocis potrebbe irritarsi.
Si gira a guardarmi, quasi stupito: due fari luminosi di un azzurro chiarissimo in mezzo a tutta quella superficie così brulla; mi ci potrei perdere in quegli occhi. Così belli, così profondamente familiari.
-Stai scherzando, vero?- La sua voce mi riporta indietro da quella trance e mi fa quasi trasalire; ha una voce profonda, un po’ arrochita forse da qualche sigaretta di troppo, ma comunque abbastanza musicale da farmi pensare a un cantante rock vecchio stile. Però ha qualcosa di familiare.
-Scusa, volevo solo sapere come ti chiamavi, visto che ci toccherà lavorare assieme fino alla fine dell’anno!- Non sorride, mi fissa e basta, facendomi sentire come se tentasse di capire a cosa sto pensando. Ricambio lo sguardo, osservando ogni centimetro visibile del suo corpo: due spalle ben squadrate ed un accenno di pettorali sotto la maglietta leggera. Non avrà un po’ freddo?
-Dovrei per caso conoscerti?- La mia voce è quasi un sussurro e provoca in lui una leggera ondata di divertimento.
-Amy, … sono io, Kane!- Merda! Sono rimasta senza parole e questo è strano per me: per quanto possa essere timida, riesco veramente a parlare tanto certe volte.
-Kane? Ma… tu eri… e io…- Martin Kane. Wow, è completamente diverso da come lo ricordavo: sembra più alto, gli è cresciuta la barba e, sicuramente, non è più sovrappeso!
-Wow, tu… stai benissimo! Quando… cioè…-
-Quest’estate, sono sorpreso che tu non l’abbia notato!- sembra leggermente deluso, ma forse è solo una mia impressione. Mi scappa da ridere ma è vero! Come si può ignorare un cambiamento così radicale, proprio sotto il proprio naso?
-Già, in effetti, io tendo più a farmi gli affari miei-
-Beh, però penso che qualche sospetto sarebbe dovuto venirti-.
-In effetti, mi chiedevo spesso dove fossi finito, o in quale parte del Messico fossi andato a nasconderti- Stavolta è lui a ridere, una risata calda ma controllata, in modo da non insospettire Cocis; nonostante rida piano, lo sento forte e chiaro nella mia testa e riesce perfino a farmi venire un brivido giù per la schiena.
-Almeno la memoria non è stata intaccata- Quando non mi stava infastidendo, io e Kane eravamo migliori amici e, una volta, ricordo che mi disse che se avesse vinto alla lotteria sarebbe scappato in Messico in mongolfiera. Io gli risposi che avrebbe potuto anche comprarselo il Messico.
-Si e mi ricordo anche di quando mi hai tirato una lucertola nei capelli per vincere una scommessa- Non lo dico con cattiveria, siccome in quell’occasione la più scandalizzata fu la lucertola.
-Già… Però poi ti ho chiesto scusa-
-Ah si?- Gli do una spintarella sulla spalla e lui si mette a ridere. Strano. Sarà normale tra amici spingersi e colpirsi in segno affettivo, ma io non sono mai stata capace di colpire qualcuno neanche per legittima difesa, figuriamoci un’amica, e figuriamoci un amico maschio.
Mi accorgo di aver prolungato troppo il silenzio e che lui mi sta di nuovo tentando di intraleggere i miei pensieri così agisco istintivamente.
-E da quando sei nella classe di Cocis? Non ti avevo mai visto a Chimica-
-Da quest’anno. Ho deciso di mollare il football…- il motivo per cui abbiamo smesso di frequentarci.
-…per concentrarmi sulla scuola-.
-È… ammirevole- Il mio commento, leggermente sarcastico, lo fa sorridere; così continuiamo a parlare per il resto della lezione. Vorrei solo riuscire a godermi questo momento perfetto

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Capitolo 3
*** Quanto mistero! ***


Purtroppo, suona la campanella e Kane scivola fuori dal suo posto, senza neanche salutarmi. Aveva tutta questa voglia di allontanarsi? Sicuramente ha cose migliori da fare che stare a parlare con una ragazza che in pratica è sparita dalla vita sociale del Liceo de Galilei. Fino a quel momento l’unica persona che era riuscita ancora a trattenermi nella vita reale era stata Desiree ma, visto che dopo le vacanze di Natale non ci siamo più trovate, ora non vedo nessun motivo per frequentare la società del tempo. Finisco questa e-mail a scuola, mentre tutti i miei compagni fanno conversazione nei corridoi e si scambiano opinioni, compiti e anche qualche effusione davanti ai propri armadietti. Le uniche cose che mi trattengono ancora nel bagno delle ragazze a scriverti sono la voglia che provo di poter parlare con qualcuno di ciò che mi sta succedendo e la paura di incontrare Desiree all’armadietto. Il mio primo istinto sarebbe di abbracciarla, ignorando le vocine sorprese che scatenerei nei corridoi (ti ho mai detto che, siccome non sono mai stata vista pubblicamente con un ragazzo, molti pensano che io sia lesbica?Assurdo). L’unico problema che s’intromette tra noi è lei: prima di entrare ufficialmente nelle vacanze natalizie, è venuta da me dicendomi che non potevamo più essere amiche, che non era colpa mia ma sua perché stava cambiando. Avrei voluto chiederle qualche dettaglio in più, ma non me ne ha lasciato il tempo: è sparita, inghiottita dalla mandria di alunni eccitati che scalpitavano per uscire da scuola e fare a palle di neve. L’ultima volta che l’ho vista saliva sulla macchina rossa fiammante di Janice, la ragazza di Tom, e sono sgommati via tutti e tre prima di poterla salutare un’ultima volta. Pensavo di averla superata, ma l’idea di rivederla dopo tre settimane e non poterle raccontare niente e di non sentire la sua voce calma e rilassata che mi dice “Ma ti sei fumata qualcosa?” mi fa stare male e mi fa salire la nausea. Se pensavo di essere sola, ora lo sono davvero. Chiudo sperando che tu non rimanga scandalizzato per ciò che ho appena detto e con la speranza di una tua futura risposta. Amy. Premo invio, stacco il computer ed esco dal bagno delle ragazze. Mi dirigo verso la classe di Arte e linguaggi, passando ovviamente davanti all’ufficio della psicologa. Fuori dalla porta c’è sempre la solita cassetta degli oggetti smarriti. Sorrido tra me e me. Mi ricordo bene la prima volta che ci siamo “incontrati”: è stato più di un mese fa, prima delle vacanze; ho trovato un post-it sul mio armadietto che diceva “Dobbiamo parlare, ore 14, vicino all’ufficio del bidello”. L’ho trovato piuttosto strano ma sono comunque andata all’appuntamento, curiosa di sapere se avevo un qualche ammiratore segreto o se erano i soliti bulli che tentavano di cambiare tecniche per l’umiliazione di massa. Nessuno venne quel giorno, così, presa dall’ira, ho scritto un post-it anch’io: “Coglione” diceva il mio, e l’ho attaccato al muro. Il giorno dopo ne ho trovato un altro sull’armadietto che diceva “La lettera nella cassetta degli oggetti smarriti”. Più irritata che curiosa, sono andata subito a cercare nella cassetta ma l’unica lettera che trovai fu una di quelle buste azzurrine che manda la scuola ai genitori quando hai troppe materie insufficienti. La presi e controllai cosa ci fosse dentro: al contrario delle solite lettere battute al computer, ci trovai un fiume di parole, scritte a mano nella più bella calligrafia che avessi mai visto. Ogni lettera sembrava unirsi alle altre così aggraziatamente che subito pensai che lo scrittore appartenesse a un secolo ormai passato. L’ho letta così tante volte che ormai la ricordo a memoria: “Mi dispiace di averti disturbata, non era mia intenzione. In realtà ho sbagliato armadietto e così, quando ti ho vista, ieri pomeriggio, che attendevi il mio arrivo, sono stato colto un po’ dall’ansia e non mi sono fatto vedere. Mi ha sorpreso molto il fatto che tu mi abbia aspettato per quasi due ore: se ti può consolare, io ho atteso lì con te, nascosto, riuscendo solo a osservarti. Sei una ragazza veramente unica Amanda, quindi non vorrei averti spaventarti dicendoti che ti ho osservata per un intero pomeriggio. Per la mia pace mentale, ti chiedo di utilizzare la mail che lascerò scritta al fondo per darmi una risposta. Spero di leggere presto qualcosa di tuo. beta_wolf@schoolchat.it P. S. se ti stai chiedendo come mai io abbia scelto una busta delle lettere dei debiti, la risposta è semplice: non è una cosa che attira eventuali amanti del taccheggio!” La prima cosa che feci quel giorno fu sfoggiare un inebetito sorriso per tutto il resto del giorno finché all’uscita, Desiree non mi ha chiesto come mai non le avevo parlato per tutto il giorno e che, anzi, la ero stata a sentire. Fu proprio lei a convincermi a rispondere alla lettera del misterioso Beta Wolf poiché, se fosse stato per me, avrei troncato di netto i rapporti: una relazione, sia di amicizia sia amorosa, è già difficile così da mantenere; ma una relazione a distanza basata sulla fiducia che l’altro risponda, senza sapere neanche a chi stai realmente scrivendo, era fin troppo complicata per me. Invece ho scoperto che più gli scrivevo e più mi piaceva perché, nonostante lui si limitasse a brevissime frasi, formate per lo più da un consiglio e un’opinione, io riuscivo finalmente a esprimere a qualcuno quello che pensavo veramente senza paura di essere sentita, spiata e giudicata. Da quel giorno siamo andati avanti a scriverci, anche se durante le vacanze di Natale c’è stato un periodo prolungato di silenzio. L’unica cosa fastidiosa di questo scambio è che non conosco il mio destinatario: insomma potrebbe essere chiunque, dal bidello a uno studente normale al cuoco della mensa (orrore!). Così, prima di rientrare, prendo un’importante decisione: recupero il PC, riaccendo la mail e velocemente scrivo: “P.S. quando potrò sapere chi sei?”

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Capitolo 4
*** Cambiamenti alle porte ***


Il mio diciottesimo compleanno si avvicina velocemente e non ho ancora la minima idea di cosa potrei mai organizzare; il problema maggiore però è chi potrei mai invitare, visto che l’unica amica che avevo se l’è svignata e l’unico ragazzo che mi considera, ammesso che sia un ragazzo, è un ignoto scrittore di lettere, mail e post-it. Potrei semplicemente andare nel pub o nella discoteca più frequentata dai ragazzi della mia scuola e offrire da bere ai presenti: se non spendessi soldi per affittare un salone o robe simili, mi avanzerebbe un bel gruzzoletto. Oppure, la soluzione che mi piace di più: potrei farmi gli auguri da sola andandomi a comprare una bella macchina giacché, tra soldi di compleanni e festività varie, moltiplicati per l’alto numero di parenti (quattro zii da parte di padre, uno zio e una zia da parte di madre e tre nonni), calcolando i soldi risparmiati delle uscite che in questi anni non ho mai fatto, potrebbe venire fuori una cifra abbastanza elevata.
Ringrazio il cielo che Arte e linguaggi è una delle materie in cui vado meglio così, invece di prendere appunti durante l’ora posso dedicarmi a risolvere tutti i crucci che mi vengono, e magari a decorare ancora un po’ il mio libro di testo.
-Aspetta, aspetta, non vorrei che la prof mi vedesse- Anche se sono in prima fila, riesco a sentire quello stupido di Tom, il gemello di Desiree, il mio bullo “preferito” che parla dietro di me. Anche se ha un anno in più di tutti noi, è ancora nella nostra classe a causa dei vari episodi che l’hanno portato davanti al preside; Desiree s’impuntava spesso per difenderlo, dicendomi che era solo un periodo, così io, per non farla dispiacere, non le ho mai raccontato di tutte le volte che Tom mi aveva dato fastidio, poiché rischiavo ancora di perderla. Era il mio unico segreto e non ero neanche dispiaciuta di poter tenere qualcosina solo per me, soprattutto se evitavo preoccupazioni a un’amica.
Avverto del movimento alle mie spalle e d’istinto mi abbasso velocemente sul banco: una palla di carta mi sfiora appena la testa finendo per terra vicino alla lavagna. Mi giro per tirare un’occhiataccia a Tom e mi accorgo che non è seduto dietro di me, come al solito; oggi si è seduto in ultima fila nella colonna vicino al muro. Come ho fatto a sentirlo se era così lontano? E come ho fatto a capire di dovermi abbassare?
Lui sembra più sorpreso di me, ma si riprende subito e sussurra al suo vicino:- Tranquillo, adesso la becco!-.
Questo si che è bizzarro: la mia improvvisa spigliatezza con qualcuno che non conosco da più di un anno, un miglioramento improvviso dell’udito, i riflessi stranamente veloci (quando giochiamo a palla avvelenata in palestra, è ormai di rito che io mi prenda una o due pallonate sul naso), e… sigarette! Un’atroce ventata mi arriva improvvisamente alle spalle, un tanfo così forte che mi fa’ storcere il naso; così mi giro e mi accorgo che il ragazzo dietro di me non sta fumando, sta solo respirando.
-Signorina Warm, la mia lezione forse la annoia?-
La professoressa Farro si è accorta del mio continuo girarmi e rigirarmi e adesso è lì in piedi che mi fissa.
-No prof è solo che…- e adesso che scusa m’invento?
-Solo che?- Fa un passo verso di me e non posso trattenere la smorfia: che razza di profumo si è messa! Sembra un incrocio tra terra bagnata e cavolo bollito.
-Ma si sente bene?-
-Si si è solo che oggi, non so…- Ma che cosa mi prende? Finora non avevo mai notato l’orrenda acqua di colonia della prof e adesso non riesco neanche a sopportarla; forse mi sto ammalando, adesso mi è venuta pure la nausea ma probabilmente è solo colpa della prof che si è appoggiata al mio banco. Non devo avere un bell’aspetto in questo momento.
-Vuoi uscire un attimo? Tanto la lezione è ormai finita, e non vorrei mai che rimettessi in classe- mi sussura, preoccupata. Già, neanche io.
Prendo la mia roba e sotto gli occhi di tutti esco in corridoio; la sensazione di nausea sparisce quasi subito e un nuovo odore mi arriva più leggero degli altri: limone, forse il detersivo dei bidelli, un profumo pungente ma che almeno riesce a darmi un po’ di sollievo, così mi concentro su quello. Peccato che duri poco.
Suona la campanella, un grido stridulo che rimbomba nei corridoi e mi costringe a tapparmi le orecchie. Sono quasi sicura che mi stia per lacerare il timpano, facendomi poi esplodere le orbite per la forza del suono; cessa all’improvviso, così all’improvviso che mi sento come se qualcuno avesse infilato un coltello ghiacciato nel mio cervello e poi lo avesse estratto talmente in fretta da non farmi accorgere che ci fosse mai stato. Cosa mi sta succedendo?
Cammino distrattamente per il corridoio, senza una meta, sbattendo a destra e a sinistra contro alcuni studenti che vengono dalla parte opposta alla mia. Non riesco a distinguere né una voce né un suono familiare, è come se tutta la scuola si fosse messa d’accordo per fare un casino infernale nello stesso momento: porte che cigolano, armadietti che sbattono, ragazze che spettegolano e ragazzi che gridano e ridacchiano, li sento tutti come se venissero fuori da degli auricolari dentro la mia testa. Trovato! Mi metto alla ricerca degli auricolari dentro la borsa, guardo sotto i libri, nei vari taschini e in mezzo a tutte le carte ma lì non ci sono; l’unica altra possibilità non vorrei neanche considerarla, ma mi getto comunque in mezzo alla folla scalpitante di studenti e seguo il flusso fino al mio armadietto. Fortunatamente, Lei non c’è, così mi dedico alla mia combinazione, cercando di concentrarmi su quella e non sul crescente frastuono che continua dietro di me. 4 9 11 5: finalmente si apre e la prima cosa che risalta subito ai miei occhi sono gli auricolari ancora arrotolati, sistemati vicino a una banana marroncina e ad alcune e-mail stampate di Wolf (come preferisco chiamarlo io, ma lui mi corregge sempre, rispondendo che nella vita bisogna riconoscersi in qualche grado, senno non potremo capire a chi pestare i piedi per farci notare). Le attacco al telefono e schiaccio il tasto per far partire l’ultima playlist: e venne così la pace.
Una dolce unione di organo e violoncello si fa largo nella mia mente, un complesso componimento musicale* che m’invade, scacciando l’indesiderato frastuono dalla mia mente e lasciandomi in preda a pura estasi; con l’arrivo dei violini, non mi rimane altro che rimanere lì, ferma e impalata di fronte al mio armadietto a godermi il momento. Ringrazio il giorno in cui ho deciso di scaricare questa colonna sonora, poiché sembra che solo quest’armonia riesca a dare sollievo alle mie povere orecchie; purtroppo dura poco, troppo poco, e mi accorgo che intorno a me è calato il silenzio, ma, comunque, non sono sola.
 
*503-Hans Zimmer [Angels & Demons]

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Capitolo 5
*** Finalmente faccia a faccia ***


Preferirei mille volte trovarmi di fronte a Desiree piuttosto che alla persona che in questo momento mi fissa avidamente, facendomi addirittura sospettare di aver dimenticato i vestiti a casa.
-Tom, c-che cosa fai qui? Il tuo armadietto no-non è…- Non mi sento di finire la frase, perché lo scatolone che ha in mano rivela già tutto.
-Beh, Desiree mi ha chiesto se potevamo fare a cambio: devi averla combinata proprio grossa se non ti vuole più neanche vedere- Si avvicina lentamente, facendomi quasi mancare l’aria. So cosa sta facendo e non gli permetterò di farmi sentire in colpa.
-Guarda che è stata tua sorella a mollarmi, sia ben chiaro-
Adesso è praticamente al mio fianco, sta cercando qualcosa nella tasca mentre con l’altra mano tenta di mantenere in equilibrio lo scatolone. Intuisco cosa stia cercando e, nonostante ogni fibra del mio corpo desideri allontanarsi il più possibile da lui, decido di aiutarlo. Sospiro.
-10 3 5 1- Mentre recito la combinazione di Desiree faccio anche scattare la sua serratura. Tom mi guarda sorpreso.
-Grazie- Sembra più sorpreso di me.
-Beh, visto che ci toccherà convivere per un bel po’, tanto vale essere… civili- Gli tendo la mano, ma lui la fissa come se fosse piena di serpenti velenosi pronti a morderlo.
-Passo-
-Ti costa così tanto non darmi fastidio… almeno qui?- Avvicina pericolosamente il suo volto al mio e, se non lo conoscessi, direi che sta per tentare di baciarmi. Orrore!
-Scusa, ma è troppo divertente-
-Fai cosa ti pare- Prendo la mia borsa e faccio per allontanarmi, ma mi blocco all’improvviso. Devo saperlo. Ne ho bisogno.
-E lei come sta?- Sono ancora di spalle ma riesco comunque a sentire il suo sorrisetto maligno che si fa largo sul suo volto. Mi vengono i brividi solo a pensarci, ma resisto all’impulso di sfregarmi le braccia.
-E io, cosa ricevo in cambio di questa preziosa informazione?- Mi costringo a voltarmi e me lo ritrovo lì, appoggiato con non chalance all’armadietto.
-Che cosa vuoi?- Sto sussurrando a denti stretti ma, essendo gli ultimi rimasti nel corridoio, riesce comunque a sentirmi.
-Mmm non saprei… Potresti cominciare spiegandomi come hai fatto a evitarla-
-Non so di cosa stai parlando- In realtà, credo che parli della cartaccia che mi ha tirato cinque minuti fa.
Fa velocemente uno scatto verso di me, si avvicina talmente tanto da costringermi a indietreggiare; purtroppo finisco per sbattere contro il muro e lui mi piomba addosso.
-Non prendermi per il culo Warm, tu lo sai! Dimmelo!-
-Lasciami andare- Quanto sarei voluta risuonare più decisa, invece di somigliare a un gattino che miagola per la prima volta.
-Oh no, tu non vai da nessuna parte- Mi da un colpo secco sulla spalla destra, facendomi sbattere contro le fredde piastrelle del corridoio. Il respiro comincia ad accorciarsi, sento il panico salire lentamente dentro di me.
-Adesso tu cominci a parlare o ti posso assicurare che, non solo renderò la tua vita qui un inferno, ma che ti renderò anche impossibile rivederla ancora-
Improvvisamente, una vampata calda mi avvolge nel petto e qualcosa dentro di me freme dalla rabbia. Le mie guance cominciano ad andare a fuoco.
-Allora?- Insiste, sempre sorridendo.
-Ti ho già detto: lasciami andare- Non sto più parlando, sto ringhiando. Metto una mano esattamente in mezzo al petto di Tom è lo spingo via con una forza tale da farlo schiantare contro gli armadietti dalla parte opposta alla mia. Rimango spiazzata, ma colgo quel momento per afferrare la mia borsa e fuggire via, senza voltarmi.
Non ho la minima idea di come ho fatto, se potrò rifarlo o se vorrò rifarlo, ma una cosa è certa: per oggi la scuola mi ha riservato fin troppe sorprese. Giro l’angolo un ultima volta, poi controllo se per caso Tom mi abbia seguita, anche se non ci conto. Faccio un bel respiro e poi mi dirigo dall’infermiera; lei crederà di sicuro che io stia male visti i sudori freddi, anche se provocati da Tom, e il recente senso di nausea che sono sicura sarà testimoniato dalla professoressa Farro.
Ricevo il permesso firmato dall’infermiera, vengono avvisati preside e insegnanti, ma poi, contro ogni mia speranza in un provvidenziale Grant, l’infermiera insiste nel chiamare mia madre. Non saprei immaginare cosa dirà quando verrà a prendermi, ma sono certa che non sarà di buon umore e mi toccherà ascoltare le sue lamentele per tutto il tragitto: so che mi vuole bene, dopotutto sono sua figlia, ma certe volte riesce a farmene dubitare.
 
La sua macchina arriva dopo più di un quarto d’ora; avverto l’infermiera, poi prendo le mie cose e mi precipito fuori. L’aria gelida mi sferza il viso, facendomi pentire di non essere tornata all’armadietto per riprendere il cappotto: sicuramente Tom era già tornato in classe e non avrei più fatto brutti incontri durante il tragitto, ma ero troppo concentrata su altri pensieri. Tutti questi cambiamenti che stanno avvenendo dentro di me non possono essere ricondotti a una semplice malattia o allo sviluppo fisico che porta l’adolescenza. Qualcosa di nuovo sta lentamente prendendo forma, trasformando la timida Me, che su tremila studenti parla al massimo con due, in una ragazza tutta nuova, che parla con i ragazzi facendo battute e magari flirtando anche un pochettino; in una tipa tosta che non si sottomette al bulletto di turno e che, anzi, combatte per le proprie idee e libertà. In una persona sconosciuta, impulsiva e che ancora non so se temere o assecondare

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Capitolo 6
*** Che qualcuno mi aiuti! ***


-Allora come ti senti?- Niente buongiorno o ciao che si rispetti, mia madre è così diretta solo quando è seccata da qualcosa.
-Meglio, però durante la terza ora io…-
-Si, me l’ha detto l’infermiera!- Ingrana la prima ed esce dal viale della scuola.
-Si, perfino la prof ha notato che stavo male ed io…-
-Ho capito, ho capito. Adesso che arrivi a casa ti corichi e misuri la febbre. Non vorrai ammalarti tre giorni prima di partire, vero? Guarda che abbiamo già pagato e soldi non ce li ridà nessuno!- Lo dice come se fosse colpa mia.
-Io devo tornare a lavorare, ma stasera farò un po’ più tardi. In ufficio stasera hanno organizzato una festa per un tipo che va in pensione; scommetto che lasceranno un macello in quella sala!- Magari tu fossi una dei grandi dirigenti nell’azienda in cui lavori: la decisione più importante che prendi sul lavoro è “Do solo una ramazzata o lavo anche il pavimento?”. Spero sinceramente che il mio futuro sia un po’ più roseo.
-Che poi non ho mai capito perché si fanno ‘ste feste che a noi non ci procurano che solo lavoro in più, che non ci invitano nemmeno!- Ormai ho perso l’abitudine di correggere i suoi errori di grammatica.
-Si che poi loro si credono chissà chi mentre a noi ci fanno solo…-
Ho gatte più grosse da pelare: non ho assolutamente voglia di ascoltarla mentre parla di lei che pulisce, delle sue colleghe, dei suoi superiori e via dicendo.
Lascio che il suo fiume incessante di parole si trasformi in un ronzio, marginalmente percepito dal mio cervello tra la miriade di pensieri che mi attanagliano in questo momento. Non mi viene in mente nessuna malattia che conosco con sintomi simili ai miei e penso che, se li digitassi su qualche sito di medicina, il computer mi riderebbe in faccia! Ma in qualche modo dovrò pur capire cosa mi sta succedendo.
-Eccoci qua- Parcheggiamo di fronte a casa così sgancio la cintura e faccio per scendere. Stamattina il tragitto mi era sembrato molto più lungo.
-Amy, hai capito quello che ti ho detto?-
-Si si: coricarsi, misurarsi la febbre, riposarsi, chiamare per farti sapere e che il tuo capo è uno stronzo- Mi ripresenta sempre la stesa faccia ogni qual volta mi faccio scappare una parolaccia, anche se lei e mio padre sono i primi a utilizzarle in casa fin da quando mi ricordo.
-Ok allora ciao-
Riparte quasi subito, senza controllare neanche se io abbia le chiavi di casa; fortunatamente ne ho sempre un mazzo in borsa.
Fin’ora sono sempre stata fortunata, non mi ha mai beccato a fantasticare mentre mi riproponeva gli stessi ritornelli di sempre; d’altronde, la mia unica dote è di riuscire a ricordare le cose nonostante io non stia ascoltando. È come se nella mia testa ci fosse un piccolo registratore che ascolta al posto mio e che, quando me lo chiedono, ripete con la mia voce tutto quello che ha registrato; perfino a scuola non se ne sono mai accorti, così posso dedicarmi ai miei disegni o a quei problemi che richiedono la mia totale concentrazione.
 
Non ho proprio nessuna voglia di prendere qualche pasticca per far abbassare una febbre che non ho; appena entrata, accendo subito il computer e apro un motore di ricerca.
Siamo seri: speri veramente di trovare su google quello che cerchi? Non so più che cosa fare, sono disperata. Digito nel motore alcune parole chiave come “improvvisa spigliatezza, sensibilità odori suoni, riflessi migliorati, aumento forza” e premo invio. La nostra connessione è piuttosto lenta oggi così vado un attimo in cucina a farmi un panino: non dovrei, visto che sono a dieta, però oggi sono stata male, posso fare uno strappo alla regola. Apro il frigo e il primo odore che mi arriva è quello del cavolo bollito che mia madre tiene per cena; concentrandomi un po’ di più riesco a individuare del salame cotto, nascosto sotto qualche busta di carne magra di tacchino. Aggiungo un po’ di formaggio spalmabile, ma subito sento il flebile ronzio del mio computer fermarsi, indice che la ricerca è finita. Al diavolo il panino, finalmente saprò cosa mi succede!
Mi siedo di fronte al computer, fremente per l’impazienza, ma rimango fortemente delusa: non riesco a trovare nessun sito che parli del mio problema. Ci sono solo siti come “tra i due è Ukozi, quello più spigliato e…”; oppure “anche l’attaccamento del bambino verso di te e la sua sensibilità…”; addirittura “Gli steroidi aumentano la massa muscolare e la forza del…”.
Ah, questo sembra interessante! È solo un ebook ma visto che è gratis, e che per un po’ non ho niente da leggere, decido di scaricare. Torno al mio panino mentre il computer tenta di passare il file sull’iPad di casa: sinceramente, cosa credevo di trovare? Nella vita non ho avuto niente facilmente, ho sempre dovuto guadagnarmelo, però per una volta speravo di non dover faticare. Meglio così! A fine lavoro mi sento sempre orgogliosa di quello che ho fatto, anche se fosse una banalità, visto che ho dovuto sudarmelo.
Addento il panino con più voracità di quella che dovrebbe avere una persona malata e mi siedo sul divano ad aspettare che il trasferimento sia completo. Non penso che un libro mi potrebbe essere d’aiuto, però adoro i fantasy: vorrei proprio sapere come quelle persone riescano a immaginarsi una vita completamente diversa dalla propria, ma riescano comunque a farla risultare credibile.
Bip! Fatto. Stacco l’iPad dal computer e apro l’iBooks: sono proprio curiosa di sapere dove mi porterà questo libro; avendo un titolo così curioso non potrà che essere interessante.
 

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Capitolo 7
*** Tra realtà e finzione ***


Altro che un romanzo di fantasia! Questo libro ha dieci pagine circa è sembra più che altro un bugiardino. “Licantropi, istruzioni per l’uso”: non pensavo che fossero veramente delle istruzioni per essere un bravo lupo mannaro!
 
“Capitolo uno: regole base
Mai rivelare a un Umano l’esistenza dei licantropi.
Vietato recar danno a un Umano.
Non disubbidire al Capobranco.
Mantenere sempre gli Anziani al corrente dei cambiamenti rilevanti”.
 
Addirittura esistono delle penalità per chi sgarra! Salto questo capitolo, tanto non credo che mi servirà mai sapere cosa succede se uso un’Aura che non ho.
“Capitolo due: i Giustizieri” Che palle!
“Capitolo tre: le Razze” Quanto sono frigidi!
“Capitolo quattro: i Branchi” Qual è la differenza?
Capitolo cinque: la Trasformazione”
Mi blocco al quinto capitolo, quello evidenziato dal motore di ricerca.
“Capitolo sei: i Cambiamenti” Vediamo se questo vale la pena leggerlo, oppure ho davvero sprecato tempo utile.
 
“I cambiamenti che più spesso si verificano nei giovani Licantropi sono: immortalità (ma davvero?)… olfatto e udito migliorati… vista in bianco e nero (ma stiamo scherzando?)… metabolismo accelerato (questo non penso proprio!)… riflessi e agilità notevolmente migliorati… l’Aura, bah… improvvisa spigliatezza nei rapporti…”.
 
Va bene, in qualcosa ci ha azzeccato, ma questa donna non è per niente affidabile. Come ogni malata di Fantasy, ho sempre una flebile e vana speranza che un giorno si scopra l’esistenza di qualche nuova creatura mitologica, che fino a quel momento era stata nascosta proprio all’interno della società e aveva vissuto a stretto contatto con noi; immagino spesso di scoprire che uno dei miei vicini o dei miei compagni di scuola sia diverso da com’è realmente, infatti, anche per questo adoro parlare con Wolf. Ma non penso proprio di stare per trasformarmi in un lupo mannaro, grosso e cattivo, con la bava alla bocca e un’inestinguibile voglia di uccidere qualcuno: non sono neanche stata mai morsa da nessun tipo di animale, zanzare escluse! Questa Caroline deve essersi fumata qualcosa prima di scrivere il libro perché, un conto sono quelle avventure fantastiche in cui ti piace immedesimarti per sfuggire alla realtà, un altro è scrivere un libretto di istruzioni per creature che nella vita reale non esistono, credendo veramente nella loro esistenza.
Penso che le 9'308'017 persone che hanno scaricato questo ebook si aspettassero qualcosa di molto diverso da quello che realmente è, proprio come ho scoperto io a mie spese: sarei riuscita ad evitare di sprecare tempo per questa pazza visionaria se qualcuno si fosse degnato di esprimersi sulla sua pagina. Controllo meglio sulla Pagina dell’autrice ma non c’è neanche una recensione in tutto il sito Web, qualche giudizio di lettori arrabbiati o, per quanto strano possa essere, estasiati dal suo lavoro.
Getto l’iPad sul divano e, dopo un’accurata valutazione delle mie possibilità, decido di andare di sopra a fare il mio letto: l’ultima cosa che voglio è mia madre che s’incazza quando torna a casa perché, oltre che lavorare in ufficio, deve lavorare anche a casa. Entro nella stanza ancora buia, facendo attenzione a non calpestare la matita che mi deve essere caduta stamattina. Giro attorno al letto fino a raggiungere la scrivania dove trovo facilmente i miei vestiti da casa: mi svesto e mi rivesto, ma col tempo questi vestiti devono essersi lasciati andare perché mi ricordavo che i pantaloni fossero un po’ più stretti.
Rifaccio il mio letto con calma, intanto accendo il vecchio stereo della mia camera e faccio partire la mia playlist preferita: comincia appena ho finito di piegare le coperte, così m’infilo sotto al letto dove sono sicura si siano nascosti tutti i miei pupazzi. Li recupero tutti, con un po’ di pazienza e cantando, li sistemo uno per uno sopra al letto e… To’ guarda! Ecco dov’era l’orecchino che mi era caduto ieri! Avrei giurato di averlo cercato sotto il letto ma si vede che non l’avevo visto, piccolo com’è; d’altronde la mia stanza non è mai stata così luminosa come adesso!
Lo sistemo nella sua custodia che, come al solito lascio in un cassetto della scrivania, poi mi siedo sullo sgabello e comincio a ritirare le mie carte: non vorrei mai che qualcuno tipo mia madre o mia sorella ci mettesse le mani sopra, sarebbe un ottimo spunto per loro per un nuovo interrogatorio. Intanto controllo di non aver lasciato accesa la torcia stamattina, poiché se si brucia di nuovo la lampadina, i miei cominceranno a fare domande tipo “cosa fai sempre la notte invece di dormire?” oppure “con chi ti scrivi che non possiamo sapere?”.
Finalmente ho finito di rimettere in ordine la mia camera, così potrò dedicarmi al mio problema. Aspetta, ho dimenticato le tapparelle! Mi piace tenerle chiuse la mattina, preferisco svegliarmi per conto mio e non con la luce puntata in faccia.
Veloce come un fulmine, un dubbio subito si materializza nella mia mente, lasciandomi parecchio perplessa: se fino ad adesso le tapparelle sono state chiuse, come ho fatto a vedere dove andavo e cosa facevo?

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Capitolo 8
*** Rivelazioni ***


Mi lascio cadere sul letto, chiudo gli occhi tentando di riflettere: magari i miei occhi si sono semplicemente abituati al buio! Esco di corsa dalla mia stanza, gli occhi mi bruciano leggermente per il cambio di luce; il corridoio è così assolato che rimango un attimo in attesa che i miei occhi si abituino all’eccessiva luce. Dopo qualche minuto decido di rientrare nella mia camera, ma stavolta farò molta più attenzione ai cambiamenti di luce.
Appena entrata dall’uscio, l’oscurità mi avvolge e mi sento improvvisamente sollevata: forse mi sono solo autosuggestionata. Sbatto un paio di volte le palpebre e, mentre i miei occhi ricominciano ad abituarsi al buio, noto che al posto del solito delinearsi di contorni e forme indecifrabili, prende largo una visione nitida di dettagli e piccolezze; l’unica cosa che non riesco a vedere, immersa in questo buio, sono i colori delle magliette, delle coperte o dei poster attaccati alle pareti. È come se vedessi tutto in bianco e nero. Ma è impossibile!
Corro di sotto, con gli occhi che lacrimano, riprendo in mano l’iPad e mi rileggo il capitolo cinque. Mi accorgo di aver saltato anche i commenti dell’autrice prima; come biasimarmi, stavo leggendo distrattamente, giusto per vedere cos’altro si era inventata l’autrice.
Con le mani che tremano, mi dedico attentamente a quel piccolo paragrafo:
 
“Epilogo: commento dell’Autrice
Di solito, sono i genitori che parlano ai propri figli della loro vera natura e di ciò che sta realmente per succedere; purtroppo, capita anche che a un giovane adolescente tocchi affrontare l’intera faccenda da solo, con tutte le ansie e le preoccupazioni del caso. Per questi ultimi, ho deciso di scrivere questo libro che però mi auguro, sarà utile a tutti i giovani licantropi. Se avete dei dubbi sull’esistenza dei Licantropi o, meglio, sul fatto che lo stiate diventando, ricordatevi che ogni Licantropo che si rispetti ha un metabolismo velocizzato, una prova inconfutabile della Trasformazione: una persona normale, un Umano ci metterebbe qualche giorno, se non di più, per guarire da una qualsiasi ferita, mentre voi sarete in grado di farlo, dopo il periodo della Trasformazione, in quasi un decimo del tempo necessario di solito per quel genere di ferita.
Spero sinceramente di avervi aiutato a modo mio nel superare tutti i vostri dubbi. Vi auguro una vita lunga e felice.
Caroline A. Passaso”
 
E adesso cosa faccio? Dovrei tagliarmi per vedere se guarisco in fretta? Questo è assurdo, è una cosa impossibile risanare una ferita in un decimo del tempo, è innaturale. E se invece…
No! Io non mi taglierò solo per vedere se muoio dissanguata o se guarisco in qualche minuto: sarebbe stupido da parte mia prestare tutta quest’attenzione a una visionaria. Mi sto solamente autosuggestionando.
Rimetto a posto l’iPad sul tavolino e mi corico sul divano, immersa nei miei dubbi. Cosa mi sta succedendo? Sono malata? Peggio? È solo una suggestione o è tutto vero? Cosa devo fare? Cosa posso fare? Perché io? Perché adesso? Perché i miei genitori non mi hanno mai detto niente? Magari me l’hanno accennato e io non stavo ascoltando? Magari sto diventando pazza… Dubbi, dubbi, dubbi, dubbi, … Troppe domande, nessuna risposta. Cosa fare? Cosa fare? Cosa fare? Sto annegando in un mare di domande, ma finalmente la dolce nebbia del sonno mi accarezza e mi avvolge con la sua pesante oscurità.
 
-Amy, svegliati-
-Ancora dieci minuti- Sono ancora avvolta dall’oscurità e non ho intenzione di svegliarmi. Chi mi sta parlando? Sono talmente stanca da non riconoscere la voce o non voglio sapere di chi sia?
-Dai che poi mi devi preparare cena- Solo una persona può sembrare così altruista ma sempre troppo egoista da agire sempre con un doppio fine: Tamara è tornata da scuola. Ciò vuol dire che sono almeno le sei.
-Perché non te la prepari da sola?-
-E allora a cosa mi servirebbe una sorella maggiore?-
Apro un occhio e la vedo seduta di fianco a me, ancora vestita. È sicuramente arrivata da poco.
-Stasera hai gli allenamenti di nuoto?-
-Si, quindi dovresti prepararmi cena adesso-
Mi alzo di malavoglia dal divano, sicuramente ho un aspetto orribile. Purtroppo i miei dubbi non si sono sciolti nell’oscurità del sonno ma tento comunque di tenerli a bada per un po’ mentre preparo cena.
Comincio a far soffriggere le bistecche in padella, senza prestare attenzione a come è andata la giornata di Tammy; per quanto le voglio bene, riesce sempre e comunque a farmi innervosire. Come adesso: invece di aiutarmi magari preparando la tavola, se ne sta lì seduta sul divano parlando di quanto sia stata perfetta la sua giornata.
Apro il mobile con tutte le stoviglie e comincio a preparare la tavola: due piatti, due bicchieri, le posate, …
-Senti Tammy, sai per caso se Grant stasera viene a cena?-
-Mi sembra di sì-
E ti pareva! Ti sarebbe costato troppo dirmelo un minuto prima!
Prendo dal mobile un altro piatto e un altro bicchiere: anche se è una sciocchezza, non sopporto che lei in casa non faccia niente mentre si aspetta di essere servita da tutti. Certe volte vorrei solo che… L’infrangersi del bicchiere che ho in mano mi riporta alla realtà, una fitta di dolore mi attraversa fino al polso e sento qualcosa di caldo gocciolare fuori dalla mia mano. Merda! Mentre ero sovrappensiero, ho stretto troppo il bicchiere ed è andato in frantumi; butto via i cocci prima di aprire la mano destra e scoprire un gran bel taglio lungo tutto il palmo.
-Merda!-
Tammy si gira, leggermente preoccupata, ma più che altro seccata.
-Che hai fatto?-
Tiro fuori dal mio palmo una scheggia di vetro poco più corta del mio pollice, gemendo dal dolore. Non metterti a piangere!
-Che ti sei fatta Amy?-
Nonostante la sua preoccupazione, ora più insistente della seccatura, non si alza dal divano: troppo pigra per soccorrere sua sorella.
Riabbasso lo sguardo sulla mano e quasi mi cedono le gambe: il taglio si sta già rimarginando.

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Capitolo 9
*** ...e adesso? ***


Amy, che c’è?-
-Niente, ho solo rotto un bicchiere e pensavo di essermi tagliata-
-Ah… Allora quando si mangia?-
Sono troppo sconvolta per risponderle: sto ancora fissando il mio palmo destro perfettamente guarito e senza cicatrici, senza quasi riuscire a respirare. Mi sta venendo un attacco d’ansia: non posso crederci non è possibile. E invece è così!
È innaturale che una persona normale guarisca così presto. Ma io non sono una persona normale.
Anche solo pensarlo mi sembra improbabile, eppure è l’unica soluzione logica a questo problema. Forse sono veramente un Licantropo.
-Amy? Sei ancora su questo pianeta vero?-
- Si si… senti puoi darmi una mano a raccogliere i cocci restanti?- Mi è spuntato un patetico sorrisetto, ma non posso farci niente: sapere che non sono uguale agli altri, che le creature fantastiche esistono, che io faccio parte di Loro, è come un sogno che si avvera. È irreale! Un dubbio improvviso mi colpisce in pieno: come mai fin’ora non avevo mai manifestato questa portentosa capacità? Mmmmm, forse perché fin’ora non ero ancora nel mio periodo di Trasformazione.
-AHI!- Non mi sono neanche accorta del suo arrivo mio in “soccorso”.
-Grazie, grazie mille! Adesso mi sono tagliata io!-
-Dai, fa vedere!- Per una volta l’egoismo prevale sulla logica e il buon senso: sono troppo curiosa di sapere se anche Tammy non sa quello che è.
Mi manca improvvisamente il fiato mentre guardo le dita insanguinate di Tamara che non riescono a rimarginare le ferite.
-Amy che cazzo fai! Prendimi una benda dai!- Oh cazzo. Lei non sa. Lei non è.
 
Finito cena, Tamara va di sopra a prepararsi la borsa in attesa delle otto; fortunatamente non si è fatta niente di grave così stasera andrà comunque a nuotare. Mi siedo sul divano e, mentre aspetto che Grant rientri dal lavoro, lascio che le domande prendano il sopravvento: come mai Tammy non è come me? Magari sono io che non sono come lei? E Grant? Lui è come me o come lei? Perché? Esiste un motivo logico? Esiste qualcuno che può spiegarmelo?
Non so neanche da quale parte recondita del mio cervello fuoriesca questo ricordo ma, all’improvviso, risento mio padre che mi dice “ne parleremo quando sarai più grande”. Non riesco a ricordare il contesto, forse ero troppo piccola, e comunque non interessa: cosa potrebbe mai essere? Papà, cosa avresti dovuto dirmi?
Mi arriva un sms che mi riporta indietro, lontana dalla terra delle Congetture, verso un mondo che ho sempre visto dalla parte sbagliata.
 
Non torno per cena. Esco con amici. Grant.
 
Le mie risposte dovranno attendere ancora un po’ ora, visto che papà tornerà solo alle 19.30 per poi portare Tammy a nuotare. Devo essere paziente e, soprattutto, evitare di farmi inutili aspettative; decido di rileggere meglio quel provvidenziale ebook, che, fino al momento in cui ho guardato la mia mano guarire in meno di un minuto, avevo solo sottovalutato.
Allora, il capitolo uno l’ho già letto, anche se non credo che mi serva leggere le punizioni: sono una che rispetta le regole.
Passo al capitolo due, i Giustizieri.
 
“I Giustizieri, o come spesso sono chiamati dai civili, i “Nosy” (il nome è inglese e significa “ficcanaso”; questo perché l’ordine nacque proprio in Inghilterra, infatti, il loro centro operativo si trova a Londra) controllano che i civili rispettino le regole base e, in caso contrario, amministrano le punizioni, chiedendo ovviamente il permesso agli Anziani. Per diventare Giustizieri è necessario avere almeno 1000 anni, in modo da possedere sufficiente esperienza, e avere la Fedina pulita; infine attraverso un addestramento prolungato e isolato di venticinque anni si ottiene il titolo con l’investitura ufficiale degli Anziani.”.
 
Questi tizi sono dei veri rompicoglioni! Se ne incontrassi mai uno, anche se spero vivamente di no, non credo che lo vedrei di buon occhio. Non penso che diventerò mai un Nosy. Non avrei dovuto insultare così duramente questo libro e la sua autrice; dopotutto, senza di loro sarei ancora attanagliata dai dubbi o, almeno, ne avrei molti di più.
Passo il tempo a leggere e rileggere le stesse dieci pagine e a fantasticare su quello che potrei fare in futuro, non solo domani, e tentando di evitare di pensare a ciò che potrebbe mai dirmi mio padre.
 
Più puntuale del nostro orologio, papà rientra dal lavoro; sembra piuttosto stanco, ma io non posso attendere.
-Papà? Senti io dovrei…-
-Oh ciao Amy. Ti prego sii gentile riscaldami la cena- Controvoglia mi alzo e accendo il forno a microonde dove ho già messo le bistecche rimaste.
-Ok adesso…-
-Per favore, mi accendi anche il computer?- In questa famiglia hanno tutti il vizio di interrompere.
-È già acceso. Senti ti devo parlare- Comincia già a salirmi il groppone in gola.
-Dimmi tutto- L’unica cosa a cui non ho pensato in tutto questo tempo, è come dirglielo.
-Allora?- Non c’è altra soluzione, devo essere diretta oppure mi mancherà il coraggio.
-Papà…- Mi guarda con quei suoi occhi marroni così scuri e profondi carichi di stanchezza. Faccio un bel respiro e mi butto.
-Papà, io so-.

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Capitolo 10
*** Dolorose verità ***


Un lampo di sorpresa e di paura attraversa gli occhi dell’uomo seduto di fronte a me; è stanco e stremato, ma una scintilla si accende appena pronunciate quelle tre parole. La mia espressione è troppo seria per far pensare a uno scherzo e dalla mia voce traspariscono determinazione e forza, molta più di quella che pensavo di avere. Non ha via di scampo.
-Amy ti prego sono stanco, non potresti aspettare domani per…-
-Ho aspettato quasi 18 anni!-
La mia voce rotta riecheggia nel salone, ma fortunatamente non raggiunge Tammy nella sua stanza, da dove proviene una musica dura e piena di ritmo*, non proprio adatta alla situazione.
Lui mi guarda con un misto di disperazione e rassegnazione negli occhi: ho toccato il nervo scoperto.
-Va bene- La rassegnazione nella sua voce è evidente.
-Però dovrai promettermi di non dirlo mai a nessuno: è giusto che tu sappia ma lascia fuori Tammy, Grant e tua madre. Loro non devono saperlo-.
A questo punto l’unica cosa che mi rimane da fare è accettare quella semplice condizione, un piccolo cavillo che mi allontana dalla verità. Lui si alza e viene a sedersi accanto a me e comincia il suo racconto.
-Un paio di anni dopo aver avuto tuo fratello, tua madre è rimasta di nuovo incinta; eravamo così contenti, soprattutto io che desideravo tanto una femmina. Abbiamo dato una grande festa non appena saputo il sesso, sono venuti tantissimi amici e parenti. Quando è venuto il giorno della nascita ci sono state alcune complicazioni- Sospira, i secondi diventano secoli; io non aspetto altro che sentire quella verità così evidente, ma che tento comunque di rinnegare fino alla conferma finale. Prende un bel respiro.
-Tua madre ha perso il bambino durante il cesario-.
Mi sento come se mi fosse crollata la casa addosso: era un ipotesi che avevo considerato, ma ora non sono preparata all’evidenza. Mi prende affettuosamente le mani tra le sue.
-Già dopo aver partorito Grant, tua madre soffrì per mesi di una grave forma di depressione: tentò addirittura il suicidio una volta. Non avrei mai voluto che la mia famiglia si rovinasse per colpa di un incidente. Sono venuto a sapere che nel nostro stesso ospedale, una ragazza madre aveva lasciato la figlia appena partorita così ho pensato che lei avrebbe potuto rimettere a posto tutto, che nessuno non l’avrebbe mai saputo-.
Sono sicura che se non fossi seduta, sarei già crollata a terra.
Lui non lo sa.
Mi fissa in silenzio per qualche minuto, studiando la mia espressione e tentando di decifrare i miei pensieri. Papà tu eri l’unico che avrebbe dovuto sapere.
-Mi dispiace averti deluso, ma meritavi di sapere-
-No, non mi hai… deluso-
Il mio commento non riesce a farlo sentire meglio, vedo ancora la preoccupazione nei suoi occhi. In realtà io mi sento quasi sollevata: certo, la notizia dell’essere stata adottata è stata sconvolgente, ma la consapevolezza di aver avuto una famiglia alle spalle invece dell’aver dovuto vivere magari in un orfanotrofio o in una casa famiglia mi risolleva il cuore. Non sarò frutto dei suoi lombi, ma io sono sua figlia.
-Grazie per avermelo detto, papà- Penso che sia stata quell’ultima parola a far si che lui mi abbracciasse e cominciasse a piangere. Restammo così abbracciati per parecchi minuti, senza dire niente: non avevo mai avuto un contatto così lungo con mio padre finora. La sensazione che spesso provo di essere diversa da tutti non mi rende lontana da tutti; in questo momento mi sento più vicina che mai alla mia famiglia e vorrei che quest’abbraccio non finisse mai.
-Allora papà andiamo?- Tammy è spuntata dalla porta della sua camera col borsone a tracolla.
-Si certo!- Mi lascia andare, una distanza improvvisa che mi fa venire voglia di correre a riabbracciarlo.
-Tu Amy stai bene?- Prima di uscire vuole assicurarsi che io stia davvero bene: non avrei mai potuto chiedere un padre migliore.
-Vai tranquillo-
Si chiude la porta alle spalle, lasciandomi di nuovo sola. Mi sento completamente scombussolata, come se qualcuno avesse deciso di scuotermi da testa a piedi per due ore; tutte queste rivelazioni e tutte assieme… Non so neanche come ho fatto a gestire la cosa con così tanta calma! Devo dirlo a qualcuno! Ne ho bisogno!
Prendo il cordless e comincio a fare il numero, ma prima di premere il tasto di chiamata mi accorgo che ho composto proprio il Suo numero. Istintivamente, ho tentato di contattare l’unica persona che mi avrebbe saputo ascoltare ma che in questo momento non vuole avere niente a che fare con me: o Desy, quanto mi manchi!
Prendo un bel respiro e tento di calmarmi. Piangere non fa parte della mia natura, nonostante quello che si dice di me: io affronto sempre i miei problemi a testa alta e, nonostante mi senta a pezzi sia dentro sia fuori, continuo ad andare avanti.
Prendo l’iPad e me ne torno in camera mia; questa giornata non mi ha fatto di certo mancare niente; spero solo che domani non sia una di quelle giornate super noiose che, arrivi a pensare, non passeranno mai. Finalmente, non mi sento più fuori posto, so cosa sono, cosa sto facendo e… Ma so veramente cosa sono?
Sul libro c’era scritto che esistono vari tipologie di Razze e Branchi a cui si appartiene, però io non ho ancora visto nessun tatuaggio apparire magicamente sul mio avambraccio destro. Non sarà che mi sto esaltando per niente? No, ho visto chiaramente il mio palmo guarire da un taglio lungo quanto il mio pollice solo in un minuto. So che sono un Licantropo. Devo solamente scoprire di quale Razza e Branco.
 
*Zatox – My life

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Capitolo 11
*** Dolce e amara ignoranza ***


Stamattina mi sento una persona nuova, nonostante mi sembra che il guscio sia rimasto lo stesso. Di fronte allo specchio vedo la solita ragazza un po’ sovrappeso, con una faccia carina, i capelli lunghi biondo cenere, … Forse sono una Bionda.
 
“Branco Biondo = diffusione: 17%; caratteristica: Aura potente; città di riferimento: Tahiti”.
 
Potrebbe essere un’ipotesi: per ora ho eliminato il Branco Nero.
 
 “Branco Nero = diffusione: 18%; caratteristica: velocità; città di riferimento: Nairobi”
 
Purtroppo me ne rimangono ancora sei di Branchi da esaminare, a quanto dice la Passaso.
 
“Il Branco d’appartenenza viene ereditato e non c’è possibilità di fuga da esso. Esistono sette Branchi ed ognuno è caratterizzato da uno specifico colore del manto, che da anche il nome al Branco; inoltre, ogni Branco ha sviluppato una particolare capacità utile per la sopravvivenza di esso. Per finire, ogni Branco fa riferimento ad una città nella quale si trova la Sede Centrale degli Anziani.”
 
Comunque non posso che rimanere sorpresa della stragrande facilità con cui riesco a memorizzare tutte queste nuove informazioni: se solo anche la matematica fosse così interessante!
Prendo i miei vestiti dalla pila sulla sedia, me li infilo e… Come ho fatto a perdere due taglie in una notte?
 
“Con l’aumento del metabolismo si verranno anche a verificare: perdita di peso, aumento della massa magra, raddoppiamento della fame (il corpo deve compensare), aumento della temperatura corporea e guarigione velocizzata di qualunque tipo di ferita (Attenzione, le ossa rotte rischiano di fissarsi nella stessa posizione in cui si sono rotte).”
 
Almeno c’è qualcosa che va nel verso giusto. Mi butto a capofitto nell’armadio, dove tengo le cose che non metto mai: maglioncini della nonna, vestiti per uscire comprati per me da Tamara, … Eccoli! Roba vecchia, vestiti che non mi entravano più.
Prendo dei vecchi jeans taglia 46, me li infilo in fretta e furia e scendo di corsa di sotto per la colazione.
Grant oggi è già uscito e figuriamoci se Tammy ha preparato qualcosa per me; apro il frigorifero e dilato le narici: salame cotto, formaggio, bistecca avanzata di ieri, sedano, insalata, pomodori, zucchine, Emmental, taleggio, mozzarella, ketchup, maionese, latte! È una cosa incredibile riuscire a percepire tutti questi profumi contemporaneamente e sapere anche definirli; l’unico problema sono gli odori più sgradevoli, come il cavolo bollito di mamma o la spazzatura non ancora gettata. Spero di farci l’abitudine.
-Amy, questa mattina sei strana! Sei, direi, quasi euforica-
-Hai proprio ragione Tammy, oggi mi sento rinata!- Ieri sera mi sono addormentata quasi subito, forse l’insieme degli eventi mi ha sfinita. Non ho neanche sentito rientrare papà, o Tammy, o Grant.
 
Dopo colazione, prendo borsa, cappotto, cappello ed esco da casa; l’aria mi sembra meno fredda di ieri, ma forse perché sono io a essere più calda. Niente potrebbe rovinarmi questa giornata … Tranne l’autobus che passa in anticipo!
Cazzo, oggi non posso perderlo; mi metto a correre, i miei piedi volano sull’asfalto, mi sembra quasi di galleggiare. Raggiungo l’autobus in men che non si dica.
-Si potrebbe fermare?- Sbatto la mano sulla porta a vetri dalla parte opposta del conducente. Oggi non mi lasci a piedi, stronzo.
L’uomo rallenta fino a fermarsi e mi lascia salire, anche se mi guarda un po’ sorpreso. Devo sicuramente fare più attenzione, non vorrei mai che qualcuno mi scoprisse e mi arrivassero i Nosy alle calcagna: sembrano degli ossi duri.
Arriviamo alla fermata dopo pochi minuti, quest’uomo guida come un pazzo. Salgono in sostanza tutti i ragazzi del mio quartiere: nessun segno di Desiree. Durante la colazione ho avuto una rivelazione: e se lei fosse come me? Dopotutto non avrebbe potuto dirmelo, visto che la prima regola è di non rivelare mai a nessun Umano la nostra esistenza. Nostra. Mi fa ancora uno strano effetto.
Dieci minuti di viaggio e siamo già a scuola, una scatola piena di rumori incessanti, odori forti, stimoli troppo potenti per una novellina come me. Rabbrividisco al solo pensiero di doverci entrare, ma poi, nella mia mente, si fa strada un pensiero sempre più incessante: ce la posso fare.
M’infilo gli auricolari, scendo con fare sicuro dal pullman e mi avvio verso il mio armadietto, seguendo il flusso degli studenti che entrano tutti assieme attraverso una porta veramente stretta. Sono fortunata ad avere l’armadietto proprio vicino all’entrata, anche se mi procura sempre un bel po’ di ritardi tra un’ora e l’altra.
Ho ancora gli auricolari attaccati, ma preferirei ascoltare dolci melodie che accarezzano i miei timpani e mi aiutano a rilassarmi, piuttosto che dover stare a sentire quella fastidiosa presenza che si è piazzata proprio davanti al mio armadietto.
-Buongiorno splendore, non ti sei dimenticata di me, vero?- Mi tolgo nervosamente le cuffie.
-Ciao Tom- Mio Dio, quanto vorrei fargli cadere tutti i denti con un bel pugno in faccia; almeno non sarei più costretta a vedere quel sorrisetto maligno.
-Forse dovremmo finire quel discorsetto che avevamo iniziato ieri…-
-Levati dalle palle Tom, devo prendere i miei libri- Lo spingo di lato, non troppo forte e apro finalmente il mio armadietto.
-E pensi veramente di cavartela così facilmente?- Forse non avrei dovuto mettere la maglia verde scuro a maniche lunghe oggi. Dio, che caldo.
-Guarda che io sono un osso duro, e tu sei solo una sfigata senza amici e senza palle-
-Beh, io sono una ragazza; la tua giustificazione qual è?- Oh cazzo. Il suo sorrisetto è ormai sparito.
-Sentimi bene Warm, non ti picchio ora perché sei una ragazza e mi fai anche un po’ pena come ragazza…- È troppo vicino per i miei gusti.
-Ma ricordati che esistono le eccezioni nella vita- Si allontana un po’, si toglie il giubbetto di pelle e lo mette nell’armadietto. Vengo colta dalla sorpresa.
-Non sapevo avessi un tatuaggio-. È appena un sussurro il mio, ma lui lo sente comunque. Eppure io l’ho già visto quel tatuaggio.
-Cos’hai detto Warm?- Poi finalmente realizzo.
-Sei una Prima-

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Capitolo 12
*** Fermate la corsa del Destino ***


Sull’avambraccio destro di Tom è appena comparso il tatuaggio riconoscitivo della prima Razza.
 
”Prima Razza: gli appartenenti a questa Razza si trasformano obbligatoriamente e solamente durante le notti di Luna piena; è poco diffusa, rappresenta infatti il 22%.”
 
Tom si guarda sorpreso l’avambraccio destro: è rimasto senza parole.
 
“Esistono vari tipi di Razze, differenti dai Branchi di appartenenza che sono ereditari. Queste Razze determinano un posto nella gerarchia sociale in base alla loro diffusione; per riconoscerle, durante la Trasformazione, apparirà magicamente sull’avambraccio destro un tatuaggio riconoscitivo che sarà visibile solo alla presenza di un altro Licantropo.”
 
Se volessi, potrei togliermi la maglia a maniche lunghe per scoprire a quale Razza appartengo, ma non so perché, il pensiero che lo scopra anche Tom mi infastidisce di più.
-Lo sapevo- La sua è più un’esclamazione, ma gli esce fuori quasi come un sibilo. I suoi occhi oramai si sono ridotti a due fessure e ricompare il tanto detestato sorriso.
Indietreggio lentamente, mi sta ancora fissando.
Mi giro e, con l’armadietto ancora aperto, lascio che il flusso mi porti lontano dalla sua vista.
-Non puoi scappare, Warm. Tanto alla fine lo scoprirò!-
Merda!Merda, merda, merda, merda, merda!!! Beh, la mia unica consolazione è che, essendo gemelli, a questo punto anche Desy deve essere un licantropo come Tom; ora, per scoprire a quale Razza appartengo, dovrò solo parlare con lei, oppure avvicinarmi di nascosto a Tom. Presumo che anche Janice sia come noi visto che in pratica ci è vietato di frequentare esseri umani, ma lei mi spaventa troppo per tentare di avvicinarla; non è tanto il look da Dark metallara a mettermi in soggezione, quanto la sua tendenza a scatti d’ira improvvisa e il fatto che non io riesca mai a capire se è seria o è sarcastica.
Ormai non posso più tornare all’armadietto a prendere i libri che mi servono, oggi mi toccherà prendere appunti.
 
Oggi è venerdì, quindi la prima ora c’è Storia: finalmente rivedrò Kane! Spero che anche lui voglia rivedermi.
Entro in classe in anticipo, vista la furia con cui sono scappata da Tom; m’infilo nella terza fila e mi siedo nel mio solito posto vicino al muro. Come un fulmine a ciel sereno, l’aula viene invasa da un inebriante profumo di latte e miele ed io non posso fare a meno di inspirare più a fondo possibile; diamine, quant’è buono!
Volgo lo sguardo in direzione della porta e vedo l’unica persona talmente appetitosa in questa scuola da avere un odore cosi buono.
-Chi non muore si rivede-
-Ciao Kane- Oggi ha un’altra t-shirt grigia, ma mi sembra comunque un po’ più pesante di quella di ieri.
-Che hai fatto ieri?-
-No, niente. Mi sono solo sentita male-
Con passo disinvolto e veloce, viene a sedersi accanto a me, lasciando così via libera ai miei ormoni di andare in visibilio. Dio, quant’è buono!
-Adesso stai meglio?-
-Decisamente- Mi sento come si sentirebbe una persona obesa di fronte ad un bel pezzo di torta trasudante cioccolato da tutte le parti. Un assaggio solo!
Kane mi fissa attentamente, non si perde neanche un mio movimento; studia sempre le mie espressioni facciali quando sto zitta per un po’. Cosa ti passa per la testa, forza dii qualcosa.
-Ehm… Come mai ieri te la sei svignata così?- Riemerge improvvisamente da chissà quali considerazioni. Forse non si aspettava quella domanda.
-Ah, dovevo raggiungere l’aula di Fisica, che è praticamente dall’altra parte della scuola. Mi spiace non averti salutata-
Mi prendo qualche minuto per osservarlo meglio, sperando che lui mi creda intenta a considerare ciò che ha appena detto.
È piuttosto alto, ma non troppo come Tom; e sicuramente ha un sorriso molto più sexy. Ogni volta che sorride, mi potrebbe cedere il cuore. Ragazzi, che caldo!
-Ti dispiace se mi tolgo la maglia? Oggi fa veramente caldo- Non sono molto sexy con gli aloni di sudore sulla maglia.
Mi guarda come se gli avessi appena chiesto di fare una lap dance per lui. Mi sfilo comunque la maglia, restando in t-shirt, arruffandomi tutti i capelli e facendo cadere il berretto. Mi chino per raccoglierlo; poi lo sento, un senso di fastidio dietro la nuca. Kane mi sta di nuovo fissando, ma stavolta ha un’espressione sconcertata, quasi impaurita; è completamente sbiancato e, sono quasi sicura abbia smesso di respirare.
-Che c’è? Non ti piace il celeste?- Questa maglietta l’ho rubata dall’armadio di mia madre parecchio tempo fa, ma è anche una delle mie preferite. Semplice, non troppo attillata e scollata quanto basta.
Kane è ancora imbambolato, sbatte un paio di volte le palpebre come se fosse rimasto con gli occhi secchi o avesse visto un fantasma. Fissa incessantemente un particolare punto del mio avambraccio destro e muove le labbra come se tentasse di dire qualcosa, ma per qualche strano motivo l’aria non uscisse. Non posso smettere di guardarlo!
-Allora che c’è?-
Mi sono stufata, alzo il lembo della manica destra e per poco non ci rimango secca. Se mai mia madre dovesse scoprire che ho un tatuaggio, sicuramente mi diserederebbe. Ma questo tatuaggio io non me lo sono mai fatta.
Fisso incredula prima il mio braccio, poi Kane, poi di nuovo il mio braccio. Nessuno dei due riesce a spiccicare parola. Non è possibile, non mi sembra vero. Prima scopro di essere un Licantropo, poi scopro di essere stata adottata in gran segreto. E adesso…
-Tu sei una Quarta!-

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Capitolo 13
*** a.a.a. Cercasi vita tranquilla ***


Cerco di fare mente locale.
 
”Quarta Razza: ultima, non per importanza, è la più rara poiché costituisce il 6% circa di tutti i Licantropi del mondo; ha le stesse caratteristiche della Terza a parte il fatto che chi appartiene alla Quarta presenta anomali talenti, ognuno diverso in base al proprietario. È chiamata anche “Razza X”, non solo per la somiglianza della lettera con il tatuaggio riconoscitivo, ma anche perché resta ancora un’incognita come si siano sviluppati questi talenti anomali.”
 
-Non ci posso credere: tu sei una Quarta-
Finalmente Kane ha trovato il coraggio di parlare, anche se sembra che ora non voglia più smettere.
-È incredibile! È una cosa… incredibile. Io non avrei mai neanche pensato di poter conoscere una Quarta e adesso, … Incredibile!-. Comincia ad irritarmi.
-La vuoi piantare?- Sono sconvolta, senza parole.
-Ma aspetta perché non me l’hai mai detto? Tipo ieri avresti anche potuto dirmelo. Diamine, un Quarta. Non è una cosa che ti puoi tenere tutta per te. Tu…-
-Beh, io non lo sapevo che tu fossi un Licantropo!-
-Sì, ma avevo una maglietta a maniche corte; non l’hai notato il mio tatuaggio?-
-Io veramente…- Non ci ho proprio fatto caso.
-Comunque, è un evento! Una Quarta! Wow!-
-Sì senti…-
-Non è una cosa che…-
-Vuoi stare zitto un secondo?-
-Scusa, sono troppo eccitato. Pensavo di…-
Impulsivamente, sbatto il pugno sul banco così forte da farlo sobbalzare.
Per qualche minuto restiamo in silenzio: lui mi guarda, stupito, io lo ignoro mentre cerco la forza di pensare.
-Fino a ieri pomeriggio, io non credevo neanche che i Lupi mannari esistessero veramente!- Incredulità e sorpresa traspaiono dal suo volto così perfetto.
-Ma scusa, i tuoi non te ne hanno mai parlato?- Oramai ho cominciato, tanto vale finire.
-In verità, i miei non sono proprio miei… cioè io…- Non l’ho ancora mai detto ad alta voce, fino a questo momento era ancora qualcosa di surreale. Prendo un bel respiro.
-Io sono stata adottata- Nella stanza cala il gelo, mi viene quasi voglia di sfregarmi le spalle. La sua espressione è passata da una beata sorpresa a un paralizzante imbarazzo per la sconvolgente rivelazione.
-Mi dispiace-
-Non dispiacerti-
-Deve… Deve essere stato un bello shock per te- Mi mette una mano sulla spalla. Il calore della sua mano sulla mia spalla mi arriva fin dentro il petto, riuscendo a rimettermi velocemente in circolo il sangue.
-Quando l’hai scoperto?-
-Sempre ieri, subito dopo aver scoperto di essere un… un licantropo, mentre mia sorella non lo era-
Il silenzio ci sovrasta, ho paura di fare qualsiasi movimento che possa rompere l’immobilità della stanza. Nonostante tutto l’unica cosa che riesco a pensare in questo momento è: perché adesso? Perché è successo? Era tutto così perfetto prima che Desy si “trasformasse” ed io, poi, la seguissi a ruota. Non ho mai amato le complicazioni: un piano è bello se va come deve andare, senza imprevisti o ritorsioni inaspettate. I problemi aiutano le persone a imparare a superarli, ma io preferisco comunque lo status quo.
-Amy?- Mi ridesto con violenza dalle mie considerazioni per accorgermi che comincia ad arrivare gente.
-Possiamo parlarne nell’intervallo, se vuoi… devo farti conoscere delle persone!-
Parlare mi sembra quasi impossibile in questo momento, mi limito ad annuire; tento anche di sorridergli, ma in questo momento mi sento tutt’altro che felice o sollevata.
 
Prendere appunti, in queste tre ore, è stato come mangiare un intruglio misterioso: sai che non sarà buono, ma ti costringi lo stesso a mangiarlo. In questo momento non posso davvero perdere il contatto con la realtà: anche se molte cose attorno a me stanno cambiando, devo mantenere il sangue freddo e salvare le apparenze finché posso.
Suona la campanella dell’intervallo e Kane scatta dal suo posto con più eccitazione del solito: neanche il tempo per dire “Ehi” che lui mi ha già afferrata per il braccio e trascinata fuori. Camminiamo per un paio di minuti, io dietro di lui, un po’ seguendo la corrente degli studenti e un po’ spintonando qua e la; l’intervallo dura un quarto d’ora ma, a quanto pare, non vuole rischiare di tardare.
Girato l’angolo, ci fermiamo di colpo, e io finisco per sbattere contro la sua schiena. Un odore forte che non riesco a distinguere mi travolge: un tanfo di sigarette, pneumatici bruciati e menta, un miscuglio di odori a cui riesco a malapena ad abituarmi. Non riesco a vedere niente da dietro quelle spalle squadrate, ma, istintivamente, Kane porta il braccio sinistro indietro, come se stesse tentando di proteggermi. Per tutta risposta mi sporgo in avanti: sono troppo curiosa.
Piazzati esattamente al centro del corridoio, non curanti della folla che passa, ci sono Tom e Janice, fermi che aspettano. Poco dietro di loro, riesco a vedere qualcun altro appoggiato al muro: maglia nera, jeans attillati, stivali neri con le zeppe, guanti a rete simili a quelli di Janice, capelli biondi lunghi quasi fino alla vita, borsalino nero… Subito non riesco a vederla in faccia, poi all’improvviso l’evidenza m’investe.
Mi scappa un sussulto: Desy, cosa ti hanno fatto.

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Capitolo 14
*** Nemici a ore dodici ***


-Warm, te l’avevo detto! Non puoi scappare- Tom ci fissa con uno sguardo inquietante, soffermandosi soprattutto su Kane. -Vedo che però ti se fatta un nuovo amico-.
-Quello che Amy fa non sono affari vostri: ora lasciateci passare- Sembra quasi un ordine quello di Kane, ma nessuno dei tre accenna a muoversi. Non riesco a smettere di lanciare qualche sguardo a Desy. Sembra spaventata, stordita, quasi non capisse la loro presenza qui.
-Vedi Kane, non possiamo farlo. Siamo troppo curiosi di sapere da che parte si trova la nostra piccola neo trasformata. È un nostro diritto- È la prima volta che sento veramente parlare Janice: di solito si limita a ridere malignamente o a strillare cattiverie contro qualcuno. Invece adesso è calma, troppo calma.
Il suo sguardo si posa su di me e, istintivamente mi porto le mani sulle spalle, come se avessi paura che vedesse il tatuaggio attraverso la maglia verde che ho riinfilato durante la lezione; una domanda mi sorge spontanea: che problema ci sarebbe nel fargli scoprire cosa sono?
-Andiamo Amy. Tanto alla fine lo scopriremo.-
Tento di avvicinarmi a lei, con l’intenzione di svelare il mistero, ma vista l’insistenza di Kane nel tenermi indietro, rinuncio; così la fisso per un paio di secondi, e realizzo.
Non vogliono solo questo. C’è qualcos’altro sotto.
-Andiamo, cosa volete davvero?-
-Ma come? Il tuo nuovo amichetto non te l’ha ancora detto?-.
Mi giro e vedo solo Kane. Intimorito. Dispiaciuto. Quasi vergognoso.
Aggiunge sottovoce –Mi dispiace Amy, con tutto quello che è successo io…-.
-Adesso basta, Striato. Lascia che la novellina faccia le sue scelte.- Janice fa quasi più paura da calma che da arrabbiata. Mi giro di nuovo verso di loro.
-Be', mi sa che per oggi vi toccherà tenervi il dubbio-
-Forse non hai capito la situazione, Warm...- Tom si fa avanti.
-Non hai pensato a tua sorella? Oh, scusa. Forse non ti ho mai detto che Janice va a nuotare nel suo stesso centro sportivo?- Nonostante i nuovi tentativi di bloccarmi di Kane, riesco a superare l’invalicabilità del suo corpo.
-Tu tocca solo mia sorella ed io…- Per la prima volta nella mia vita, sono io che mi avvicino con aria minacciosa a Tom.
-E tu cosa?- Kane mi afferra per le braccia e tenta di tirarmi indietro. -In quattro anni non sei stata in grado di proteggere neanche te stessa-.
-Forse ti sei dimenticato di ieri, Tom- Finalmente, un lampo di paura e sorpresa attraversa i suoi occhi neri. In fondo in fondo, è umano anche lui.
Sbuffa. –Ieri mi hai colto di sorpresa: oggi non succederà- Con una velocità che non avevo mai visto in un essere vivente, molla un bel pugno sul naso a Kane, che ovviamente mi lascia andare; così, mi afferra un braccio, piegandomelo dietro la schiena. Chissà perché, avrei detto che l’odore di sigarette fosse di Janice. Quasi in preda al panico, riesco a notare con la coda dell’occhio, Desiree e Janice che tengono bloccato Kane. Con tutta questa tensione, non mi sono neanche accorta che l’intervallo è finito. Nessuno verrà ad aiutarci.
-Io ci ripenserei, Warm-.
Velocemente, gli pesto con più forza che posso, un piede, poi ruoto su me stessa, per divincolarmi dalla sua presa, ma lui è più veloce. Mi afferra per il collo e mi lancia violentemente contro la parete: il silenzio inquietante del corridoio permette al mio gemito di dolore di riecheggiare.
-Amy!- Kane sembra disperato mentre lotta per liberarsi da Janice e Desy.
-Allora Warm, cos’hai deciso? Lo vediamo con le buone o con le cattive?-.
Al suono della sua risata, dei brividi freddi mi risalgono la schiena e un moto profondo di odio e rabbia mi spingono a reagire. Mi rialzo in piedi, un po’ tentennante per la brutta botta.
-Vuoi vederlo? Va bene!-
-No, Amy non farlo! Non…e lasciami… non dargli la soddisfazione!- Janice cerca di tappargli la bocca.
Scusa Kane, neanche io vorrei farlo.
Improvvisamente, un rumore di passi ci fa scattare tutti in direzione dell’altro corridoio: è solo il bidello, ma questo basta e avanza. In una frazione di secondo Kane spinge via Desiree contro il muro e fa atterrare Janice con un gancio destro portentoso. Ovviamente, Tom gli salta addosso mentre è di spalle, bloccandogli entrambe le braccia sopra la testa. Cosa fare, cosa fare, cosa fare, cosa fare, cosa, cosa, cosa, … Il panico prende il sopravvento, non riesco a respirare, le pareti mi opprimono. Aria, aria, ho bisogno di aria… Ed ecco finalmente venire le vertigini e le ginocchia tremanti.
-Amy!- Kane sta tentando in tutti i modi di divincolarsi mentre io rimango paralizzata contro il muro. Prova a sbattere di schiena contro il muro ma Tom non molla. Per tutta risposta gli assesta un bel calcio nel polpaccio.
-Amy! Fai qualcosa!-
-Che c’è Senza palle! Non riesci neanche a salvare il tuo amichetto?-
Finalmente, qualcosa dentro di me prende il sopravvento: ormai, non c’è più traccia di Amy. È rimasta solo Rabbia. Rabbia per lui, rabbia per Desy, per Janice; rabbia per mio padre, per Grant, per Tammy. Pura, semplice, dura, incontrollabile e fremente Rabbia
Afferro la catenina che ho in tasca, ma che di solito tango sempre nascosta sotto la maglia. Due anni fa, Grant è stato brutalmente aggredito e rapinato da un paio di sbandati così, per un po’ di tempo, ha girato sempre con un coltellino svizzero a portata di mano. Ovviamente, non l’ha mai usato o ha sentito il bisogno di tirarlo fuori, ma lo aiutava a sentirsi di nuovo sicuro. Dopo aver superato il trauma, l’ha regalato a me come portafortuna, l’unica vera pazzia che lui abbia mai fatto, e da allora lo tengo sempre a portata di mano.
Proprio come un assassino provetto, mi avvicino a Tom e, senza pietà, glielo pianto nella spalla destra; un grido agghiacciante lacera l’aria e prima di accorgermene Tom mi salta addosso. Mi butta a terra e comincia a strangolarmi.
-Tu, brutta puttana! Sei solo una piccola insignificante stronzetta che nessuno vuole. Io non ti ucciderò, non prima di averti visto soffrire e implorare di ucciderti. E potrai giurare che quando avrò finito tu sarai…- Un pesante tonfo non lascia a Tom il tempo di proseguire le sue minacce. Mi crolla addosso come un sacco si patate; da sopra la sua spalla scorgo Kane con un estintore in mano e un sorriso compiaciuto.
- Scusa ma non lo sopportavo più- Mi scosto Tom da dosso, schifata, e afferro la mano di Kane. Mi ritrovo a quasi tre centimetri dal suo volto perfetto e imperlato di sudore. Per un minuto ci fissiamo solamente, respirando a fondo l’aria stantia della scuola. Cerco di riprendere il controllo di me stessa.
-Ehm… Bel colpo- Sposto lo sguardo imbarazzata sull’ormai inerte Tom. Invece, lui si china sulla sua schiena ed estrae dalla sua spalla il mio Portafortuna.
-Anche tu!-
Me lo porge con gentilezza e, senza nessun motivo, ci mettiamo entrambi a ridere, avviandoci verso un’uscita di sicurezza. Stavolta il pericolo è passato, ma, anche qui mentre sono con Kane, non posso fare a meno di pensare: e se non ci fosse stato?

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Capitolo 15
*** Cuore a cuore ***


-Sai, non ti ho mai visto come una persona da coltello nella borsa!-
-No, è... È solo un portafortuna! È una storia lunga-
-Beh, grazie ancora per l’aiuto!-
-Si… Non so cosa mi sia preso! Un secondo prima stavo per entrare in iperventilazione, e un secondo dopo… Mi sono sentita svuotata. E l’ho fatto.-
Il parco giochi è deserto, a quest’ora sono ancora tutti a scuola, ma tanto con quello che è successo nell’intervallo, ringrazio il cielo che lunedì mi porterà lontano da qui. Il profumo dell’erba fresca mi fa venire voglia di togliermi le scarpe e correre a piedi nudi giù per la collina. Poi mi ricordo che è inverno. Kane mi sta di nuovo guardando, con un sorriso ebete sul volto: chissà a cosa pensa. Meglio rompere il ghiaccio.
-Allora… Striato?-
-Cosa?- Lo colgo talmente di sorpresa che, per la prima volta, inciampa e cade per terra. Mi scappa da ridere.
-Wow, il grande e perfetto Kane Martin è umano allora- Gli tendo una mano. Anche lui sta ridendo.
-Già, in piccola parte- Lo aiuto a rialzarsi: divento più forte ogni ora che passa.
-Allora… Sei uno Striato? Sì, ma non cadere di nuovo!- Sorride: adoro quando sorride.
-Si, in effetti, si!
 
“Branco Striato= diffusione: 12%; abilità: adattamento; città di riferimento: Rio de Janeiro”
 
-Che figo! Quindi sei più o meno come una specie in estinzione?-.
-Beh, non proprio! Io ho più probabilità di sopravvivere delle altre razze!-.
-Da quello che ho visto poco fa, non mi sembra!- Mi guarda fingendo indignazione per la mia battuta, ma non riuscendo comunque a trattenersi.
-Vuol dire solo che so adattarmi: come l’homo sapiens!- Che paragone scemo! Rido e gli do una spinta.
-No, sul serio… Tutto qui?-
-No, beh… Posso anche adattarmi al mio eventuale avversario-
-Ah…- Eh? Sorride di nuovo. Sembra quasi che mi legga nel pensiero.
-Significa che… aspetta ti faccio un esempio! Se io sto combattendo contro un Nero, molto più veloce di me, il mio corpo… beh, si adatta e divento anch’io veloce come lui!-.
Wow.
-Quindi… Sei come un ladro di abilità?- Di nuovo la finta indignazione.
-Al massimo, un copiatore, direi-
-Semmai un copione- Gli do un’altra spinta, ma stavolta lui me la restituisce. Finisco per terra nell’erba bagnata.
-Ahi… ahi!-
-Amy tutto ok?- Si avvicina e mi tende una mano: stavolta, però lo tiro giù con me e ricominciamo a ridere.
-Adesso va meglio- Nonostante so che faccia freddo, non riesco a sentire le vampate ghiacciate dell’aria che mi sferza il viso o l’acqua gelata dell’erba mattutina che ormai m’impregna la maglietta.
-E tu?-
-Io cosa?-
-Nel senso… Tu sai…-
-Di che branco sono? No…-
-Mi dispiace-
-Ma tipo tu non potresti, tipo copiarmi e vedere che succede?-
-Non è così semplice: per “copiarti” dovresti utilizzare le tue abilità, ma tu non sai neanche quali siano. -
-Già… un gran bel casino.-
Il cielo plumbeo sembra tranquillo, non premette né pioggia ne disastri naturali vari; eppure non posso fare a meno di pensare che qualche calamità si stia per abbattere su questa scena perfetta.
-Però c’è un altro modo!- Mi distrae dai vari pensieri che affollano la mia mente.
-Cosa?- Porta la mano sulla mia testa e comincia a battere, come se bussasse.
-Pronto? C’è qualcuno?-
-Dai smettila- Lo scaccio come si scaccia una mosca.
-Dicevo che esiste un altro modo- Il mio cuore fa una capriola.
-Dici davvero? Però il libro non parla di un “modo”- Spalanca stupito gli occhi. Quei meravigliosi occhi azzurri.
-Hai letto Licantropi: Istruzioni per l’uso?- Annuisco.
-Oh, è… Wow! Quella Caroline Passaso è una grande! È una donna geniale: ha aiutato generazioni di lupi teenager a sopravvivere nei primi anni di vita! Anch’io ho letto il suo libro! L’unica pecca,forse, è la brevità. Ovviamente non sarebbe più stato un pratico libretto d’istruzioni se non avesse tagliato qualcosina, ma io credo che se…-.
-Kane! Non ti perdere!-
-Si si, si, scusa. Comunque, il Branco di un lupo è determinato dal colore del suo manto-.
-Allora io cosa dovrei essere? Mora o Bionda? Oppure un incrocio?- Comincio ad osservarmi le punte dei capelli. Si mette a ridere di gusto: che cosa ho detto?
-Guarda che per manto non s’intendono mica i capelli- Dio, che figura da cretina!
-Allora che si fa? Smetto di radermi per un po’ cosi vediamo?- La mia battuta lo fa ridere ancora di più. Potrei guardarlo per tutto il giorno. Anche se dovessi sembrare una psicopatica.
-Quando la luna piena sarà nel punto più alto, saremo tutti costretti a trasformarci; così, quella notte vedremo cosa sei!- Cerco di assumere un aria di non chalance girandomi sulla pancia. Invece, dentro sto fremendo.
-Fantastico! E quando sarebbe questa famosa luna?-
Sospira. –Lunedì notte- Il mio cuore ha un sussulto.
-Questo lunedì notte?-
-Si…- Mi alzo in piedi, frustrata.
-No no, non va bene. Lunedì mattina partiamo per la settimana bianca! Che cosa dovrei fare?! Legarmi a forza in una cassa d’argento?! Non è giusto, ho aspettato questa gita tutto l’anno e…-
Kane si alza, mi afferra per le spalle e mi scuote leggermente.
-Amy! Dai, niente panico. Non devi aver paura: guarda che non è come la descrivono nei film!- Tiro un sospiro di sollievo.
-E, tanto per informazione, quella storia dell’argento che brucia è una diceria! Mi sembra che tu non abbia mai manifestato bruciature dovute alla catenina!- Indica il mio Portafortuna, tornato finalmente al suo posto.
-In più, lunedì ci sarò io ad aiutarti.- La notizia migliore della giornata.

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Capitolo 16
*** Salvagente in alto mare ***


-Grazie mille per avermi riaccompagnata a casa-
-Figurati, mi sembravi piuttosto sconvolta-
-E chi non lo sarebbe-
Per tutto il resto del tragitto non ho pensato ad altro che a quello che sarebbe successo lunedì, nonostante Kane mi camminasse sinuosamente al fianco. Ora mi sento più agitata di prima: i miei unici timori erano cadere dallo snowboard e fare brutte figure davanti ai miei compagni; ora mi dovrò anche preoccupare di scoprire cosa sono, di non farmi vedere da nessuno mentre mi trasformo in un grosso lupo cattivo e della Frustrazione che mi causerà la Luna piena. Una settimana leggera!
-Senti Kane, se siamo già nella settimana della luna piena, non dovrei essere… Sì, frustrata o che so io?- Gli scappa un risolino: ha la stessa espressione di un adulto quando un bambino fa una domanda stupida.
-In teoria sì, ma tu non ti sei ancora mai trasformata quindi…-
-Ah…- Che stupida!
-Però, tipo io stasera vado a correre con Carmen e Jason quindi…-
-Aspetta! Intendi Carmen Roses e Jason Gill? Gli Inseparabili sono licantropi?-
Ricordo che si sono meritati quest’appellativo dopo che, in quattro anni di liceo, non si sono mollati neanche una volta. Ogni ragazza della mia scuola invidia Carmen e vorrebbe un fidanzato devoto e bello come Jason.
-Ah già! Sì, erano loro che dovevamo incontrare oggi! Stasera dovrò dargli parecchie spiegazioni… Sono due Mori sai…-.
 
“Branco Moro = abilità: forza; percentuale di diffusione: 18%; città di riferimento: Las Vegas.”
 
-Testardi, i Mori!- Me ne parla tranquillamente, come se gli avessi appena chiesto notizie sul tempo. Non ci posso credere! Chissà chi altri della nostra scuola è come noi!
-Comunque nella nostra scuola siamo in parecchi- Ma legge nel pensiero?
-Tu, io, i Gemelli, Janice, gli Inseparabili, … Oh sì! Anche Kara Soon! Sai no: l’attrice! Non mi sorprende: è una Rossa- Wow! Sono senza parole.
 
“Branco Rosso = diffusione: 15%; caratteristica: intelligenti; città di riferimento: Sidney.”
 
 
-In più siamo tutti di Terza!-
 
 “Terza Razza: i suoi appartenenti possono trasformarsi solo di propria volontà, ma durante le settimane di Luna Piena in cui sono sottoposti alla Frustrazione, raramente perdono il controllo e si Trasformano. Rappresenta circa il 60% dei licantropi.”
 
-Invece i Gemelli e Janice sono incroci!- Gli faccio un’espressione tipo: allora, cos’aspetti a dirmi altro? Mi sento tanto ignorante. Come ho fatto a pensare di essere l’unica?
-Sì, cioè… Desiree e Tom sono Nero/Biondi e Janice è Nero/Rossa-.
-Sono degli Incroci?- Questo spiega la loro ostilità nei nostri confronti…
 
“Incroci = abilità: nessuna; percentuale di diffusione: 11%; città di riferimento: Zurigo.
(N.B. Non è definibile come un vero e proprio Branco, poiché spesso i suoi appartenenti tendono a isolarsi e a vivere separati. Sono quelli che comunemente vengono chiamati Lupi Omega e purtroppo, nonostante i tempi ormai maturi e le molte riforme tentate, sono ancora definiti i Bastardi della società.)”
 
…nonostante tutto, però, non la giustifica!
-Tom e sua sorella sono due Prime- Finalmente qualcosa che già sapevo. -Invece Janice è una Seconda!-
 
”Seconda Razza: chi ne fa parte si trasforma obbligatoriamente solamente l’ultimo giorno di Luna Piena, ma gli capiterà anche spesso di trasformarsi per combattere contro una Frustrazione, di qualsiasi tipo sia. È per questo che la Seconda è la più pericolosa tra le Razze, poiché non c’è modo di prevenire le reazioni dell’individuo sottoposto allo stress. Rappresenta però il 12% della popolazione dei licantropi quindi è facilmente controllabile.”
 
Sono troppe scoperte in troppo pochi giorni: non so se riuscirò ad assimilare tutto!
-Ora però è meglio che vada! Sai, anch’io dovrei fare le valigie-. Cazzo! Devo ancora fare la valigia, preparare la roba da montagna, la tavola, il casco, gli scarponi… Aaaaaaaaaaaaaah!
-Si, è vero! Me lo stavo scordando…- Gli lancio un’ultima occhiata, tentando di imprimere nella mente quell’immagine perfetta, cominciando a indietreggiare lentamente.
-Ah, senti Amy…- Sbatto un paio di volte le palpebre, ritornando alla realtà.
-…pensi di riuscire a cavartela con i tuoi? Dopotutto abbiamo tagliato le ultime due ore, i miei genitori capiranno le mie motivazioni ma tu…- Lascia cadere il discorso. Ho capito perfettamente cosa intende.
-Si, tranquillo. Al massimo me la caverò con un po’ di reclusione in massima sicurezza- Riecco quella risata calda, allegra, piena di ritmo, seducente, …
Lo saluto, arrivo fino alla porta, poi mi giro per guardarlo andare via. È già sparito! Caspita: chissà se anch’io diventerò così veloce.
Non mi preoccupa più di tanto quello che diranno i miei: per mio padre potrebbe benissimo passare come un gesto di ribellione o qualche cazzata simile, visto quello che ho scoperto ieri; mia madre, invece, si arrabbierà parecchio, l’importante, però, sarà non contraddirla o potrebbe veramente tirarla per le lunghe. Ci penserà papà a placare le sue ire funeste. Che grande uomo!

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Capitolo 17
*** Alla deriva ***


Strano, non c’è nessuno. Di solito, il venerdì mamma torna a casa per pranzo, per poi tornare al lavoro verso le tre. Beh, finalmente una botta di fortuna! Cominciavo a pensare che qualcuno mi avesse fatto una Macumba. Una ragazza non può sopportare tutte queste cose, tutte insieme.
Mi fermo qualche secondo a fissare le pareti verdi chiaro del salotto: ormai non riesco più a sentire questa casa come “mia”. Fin’ora ho ostentato calma e ho lasciato che la bolgia di eventi m’investisse, senza però fermarmi a considerarli. Questo non è certamente uno dei miei periodi migliori.
Prima di salire per farmi la valigia, mi fermo vicino al telefono per ascoltare la segreteria.
“Primo messaggio: Amy, sono mamma. Mi sono fermata in ufficio per degli straordinari. Per cena guarda cosa c’è in frigo. Se avete problemi, chiamami pure sul mio cellulare, dovrei tornare per le sette”. Ricevuto.
“Secondo messaggio: Salve gentili ascoltatori! Se vi siete stancati della solita routine, venite a trovarci da Model! Non avete mai provato una fragranza tale da risvegliare a pieno i vostri sensi come il nostro nuovo profumo, Moon Light, che vi delizierà con le sue note forti e delicate al tempo stesso. Venite a provarlo gratuitamente nei nostri negozi. Vi aspettiamo”. Almeno il messaggio pubblicitario ha salutato.
“Terzo messaggio: Signora e signor Warm, siamo spiacenti di avvisare che vostra figlia, Amanda Warm, oggi ha saltato le ultime due ore di scuola. Per accertarci che ne siate a conoscenza, è richiesta una giustificazione scritta. Cortesi saluti.” Perfino la Segretaria è stata cortese.
Cancello i messaggi, eliminando ogni prova della mia infrazione. Dovrò di nuovo falsificare una giustifica; meglio starci attenta o finirò per farmi beccare.
Salgo pigramente le scale per andare in camera mia: mi fermo sulla soglia per osservare meglio come i miei occhi passino velocemente a una visuale in bianco e nero. È sorprendente come un luogo così famigliare possa cambiare tanto nel giro di ventiquattro’ore. Pensare che è proprio qui, su questo letto, che fantasticavo su mondi immaginari, popolati da creature mitologiche o di mia invenzione. Mi sembrano così lontani i momenti in cui, sdraiata qui e con la musica nelle orecchie, creavo dal nulla storie avventurose, romantiche o tragicomiche con misteriosi uomini di mondo e affascinanti creature dai poteri sovrannaturali. Ho sempre desiderato riuscire a mettere per iscritto le avvincenti storie che mi vedevano protagonista di epiche battaglie, intrighi politici e passionali incontri. Amavo lasciarmi invadere da forti emozioni, le quali cambiavano con l’andare della musica o il susseguirsi di canzoni. Invidiavo profondamente chiunque avesse scritto un libro Fantasy, ma, peggio, odiavo la sensazione di vuoto che ti lasciava la fine di un libro così avvincente. Ritornare alla realtà, per me era come svegliarmi bruscamente da un sogno troppo lungo.
Ripensandoci adesso, sdraiata su questo letto, vorrei solo essere stata grata alla vita per il breve momento di normalità che mi ha regalato. Mi sembra di essere diventata una delle mie eroine preferite, con tante responsabilità sulle spalle, senza mai avere il tempo di fermarsi per godersi la vita.
Non mi piace molto l’idea che ci sia un destino scritto per ognuno di noi: è brutto pensare che, qualsiasi cosa abbiamo fatto, facciamo o faremo è già stata prevista e calcolata; il pensare di avere già un sentiero predefinito che, volendo o dolendo, dovrò seguire, mi getta nella disperazione. È vero, amo i piani ben definiti e gli imprevisti mi spaventano, però non voglio vivere per il resto della mia vita pensando “Così doveva essere”. Voglio avere la possibilità di decidere che corrente seguire, che strada prendere e quali soglie varcare; voglio poter fare i miei errori, ripensarci e dire “Ma perché diavolo ho fatto così?”. Vorrei avere dei rimpianti cui ripensare quando sarò vecchia, e delle preoccupazioni cui pensare adesso. Non posso decidere a cuor leggero, credendo che tanto, qualsiasi sarà la mia scelta, allora così doveva essere.
Un urlo sale lentamente dal profondo della mia anima, saturando l’aria di disperazione; riecheggia dentro questa casa vuota anche dopo che dentro di me è tornato il silenzio. Le domande, i pensieri, le congetture affollano la mia mente e non mi danno neanche il tempo di prenderne in considerazione una, che un’altra viene catapultata alla mia attenzione. Anche tentando di non pensare a niente, la mia mete mi gioca brutti scherzi, facendo schizzare a velocità supersonica un pensiero all’interno di quella che vorrei fosse una stanza vuota. Ogni volta che la mia mente prende il sopravvento, cerco di immaginarmi una stanza bianca, vuota, senza né porte né finestre, che brilla di luce propria. Tanto di concentrarmi su di essa il più possibile, ma, a volte, la pressione dell’esterno è troppa e finisco per essere ancora più frustrata di prima.
Sono grata a mia madre per aver deciso di non venire a casa per pranzo, perché in questo momento l’unica cosa che voglio è piangere, gridare, prendere a pugni e calci il letto e il cuscino; sfogare, finalmente, tutte quelle preoccupazioni, ansie, pensieri, paure, angosce che mi hanno tenuta sveglia fino a tardi la scorsa notte.
Non so da quanto tempo io sia qui, coricata, disperata, in quella che credevo fosse la mia casa. So solo che la stanchezza prende lentamente il sopravvento sui miei muscoli e sulla mia mente, lasciandomi finalmente svuotata, finché il buio non cala definitivamente.

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Capitolo 18
*** Viaggi interminabili ***


Scusate l'interruzione, ma devo chiedere scusa a tutti voi per la lunga assenza: purtroppo questo per me non è un bel periodo e ho attraversato diverse difficoltà che mi hanno tenuta lontana dal computer. Però ora sono tornata e spero di riuscire a finire di raccontarvi le mie storie. Buona lettura!







Questi due giorni sono passati troppo lentamente, per i miei gusti: pensavo di non riuscire più ad arrivare a lunedì.
Seduta sul bordo del mio letto non riesco a smettere di fissare la valigia: sto veramente partendo! Cinque giorni di solo snowboard, immersa nella neve, lontana dalle preoccupazioni della scuola, lontana da casa: un sogno che si avvera. E ovviamente ‘sta maledetta luna doveva rovinare tutto. Grazie tante.
Guardo l’ora: sono un po’ in ritardo, ma recupererò il tempo non piastrandomi i capelli; al naturale, io avrei i capelli più mossi, ma purtroppo mi è sempre stato inculcato il modello del “liscio è meglio”, oltre al tipico “magro è bello”. Siamo tutti schiavi delle aspettative della gente e troppo pochi sono quelli che riescono a liberarsene e vivere senza essere giudicati.
Mi alzo svogliatamente dal letto e comincio a vestirmi: tra due ore mi troverò su una montagna, circondata da neve morbida, con la mia tavola legata ai piedi, … Ah, basta fantasticare! Sono già in ritardo così.
Scendo velocemente le scale con la valigia e lo zaino da portare sul pullman, di sotto c’è mio papà in cucina che mi aspetta. Poso tutto vicino al tavolo e mi avvicino alla macchinetta del caffè: non lo prendo quasi mai, a differenza di mia sorella, ma stamattina ne ho proprio bisogno; sono rimasta sveglia fino alle tre, preoccupata com’ero. Guardo mio papà mentre bevo quell’intruglio amaro: quanto vorrei uno dei suoi provvidenziali consigli in questo momento. Purtroppo, però, lui non è al corrente della situazione.
-Tutto bene, Amy?-
-Mmmm? Oh, si certo!-
-Mi sembri diversa stamattina- Mi squadra per benino: sicuramente avrà notato che la tuta da sci che l’anno scorso calzava stretta, quest’anno sembra forse un po’ troppo grande. Mi limito a fargli una smorfia che, per la sua conoscenza delle mie espressioni facciali, potrebbe voler dire qualsiasi cosa.
Usciamo da casa tutti imbacuccati, nonostante io stia morendo di caldo. Maledetto metabolismo. Per adesso l’unica cosa buona che ha combinato è che riesco di nuovo a infilarmi i jeans di mia sorella: in neanche tre giorni sono passata da una taglia 50 a una 40. Stamattina, guardandomi allo specchio, stentavo a riconoscermi. Forse riuscirò a riacquistare un po’ di autostima persa durante questi anni.
È strano per me non parlare con mio padre in macchina, ma siamo entrambi troppo stanchi per dilettarci in discorsi sensati. Faccio partire il mio cd preferito e lascio che la mia mente vaghi libera tra le sconfinate steppe della mia immaginazione, in mezzo alla moltitudine di pensieri che mi assillano continuamente, per poi andare a impantanarmi nello sconfinato mare delle preoccupazioni. È inutile, più cerco di non farmi aspettative, più queste si manifestano da sole, lasciandomi dubbiosa e preoccupata. Cosa succederà stasera? Farà male? Riuscirò a mantenere il controllo?e se non ci riuscissi?
Arriviamo davanti alla mia scuola che il pullman è già arrivato.
-Allora Amy, mandami un messaggio quando sei arrivata, ok?-
-Tranquillo papà, guarda che non è la prima volta-
-Si lo so. Ok, allora ciao-
-Sì, ciao papà-. È più freddo del solito nei saluti: non abbiamo ancora chiarito bene la situazione, per ora evitiamo entrambi l’argomento.
Prendo la valigia e la tavola sul sedile posteriore e mia avvio verso il pullman. L’autista mi aiuta a sistemare la mia roba negli scomparti, poi passo dal mio professore di ginnastica per farmi segnare.
-Bene bene, signorina Warm. Vede che le cattive abitudini sono dure a morire.-
-Cosa vuole che le dica?!- Tra tutti i professori, quelli più simpatici sono quasi sempre quelli di ginnastica. Chissà perché.
Salgo sul pullman e lo sconforto mi assale: Kane è già arrivato, forse anche da un pezzo, e si è andato a sedere nell’ultima fila assieme agli Inseparabili e Kara. Ovviamente, Tom, Janice e Desy si sono dovuti sedere poco più avanti a loro, impedendomi così di cercare un posto vicino a Kane. Mi siedo nell’unico posto da due ancora libero e apro lo zaino cercando il cellulare; poi m’infilò gli auricolari e faccio partire la musica, isolandomi finalmente dal mondo esterno. Dopo qualche minuto una ragazzina di prima mi fa segno se può sedersi, io annuisco e mi rituffo nei miei pensieri.
Assurdo, credevo veramente che in tre giorni sarebbe cambiato tutto? Loro sono la cerchia dei più fighi, quelli da imitare; quelli che vanno a tutte le feste più belle e si fanno beffe dei poveri sfigati emarginati come me. Presi singolarmente, magari riescono a mostrarsi per come sono, proprio com’è successo con Kane venerdì. Invece, considerando l’intero gruppo, non sono altro che la classica compagnia di amici invidiata, e detestata per questo, dall’intero corpo studenti.
Kara e Carmen fanno danza e atletica assieme: viste sedute una vicina all’altra non saprei dire chi è la più bella delle due. Kara, la Rossa, sprizza vita da tutti i pori e perfino i suoi capelli rosso fuoco ricci e corti, e ovviamente stratinti, esprimono vitalità. Sembra sempre un passo avanti a tutti e un gradino più in alto; e penso che lei lo sappia e ci giochi con questo. Carmen, invece, con i suoi capelli lunghi e castani, si distingue dall’altra come forza e carattere; sembra molto più grande rispetto alla sua età, ed è decisamente più matura rispetto all’amica. Sono quasi agli antipodi come personalità, ma, a quanto pare, riescono a completarsi a vicenda.
Il viaggio trascorre lentamente e non posso fare a meno di pensare a cosa sarebbe successo se fossi arrivata puntuale: venerdì Kane sembrava tanto entusiasta della “scoperta” e adesso, dopo solo tre giorni, sembra essersene dimenticato.
 
Ormai saranno due ore che corriamo sull’asfalto innevato e sto sinceramente scoppiando dalla voglia di scendere da questo pullman: è la terza volta che ricomincia la mia playlist da viaggio e questa primina di fianco a me non la smette un secondo di muoversi sul sedile per parlare a questo e quello. Sento del ronzio sotto la voce melodiosa di Emeli Sande che mi rimbomba nella testa, così di malavoglia stacco la musica e ascolto quello che esce dagli altoparlanti sopra le nostre teste.
-…saremo arrivati, chi deve prenotare l’attrezzatura verrà con me, mentre tutti gli altri cominceranno ad avviarsi verso le piste con gli altri professori. Prima dell’arrivo dei maestri non c’è molto tempo, quindi chi deve andare in bagno, vada. Fatevi trovare oggi pomeriggio alle cinque dal pullman per andare in hotel. È tutto, buon divertimento.-
Finalmente, siamo arrivati

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Capitolo 19
*** Conversazioni gelide ***


-Amy!-
Sono scesa dal pullman di corsa per due semplici motivi: primo, sto morendo dal caldo e secondo, non volevo incrociare Tom, Janice o Desiree.
-Amy, aspetta!- Kane mi è corso dietro.
-Ciao Kane. Scusa non ti avevo visto-
-No no, tranquilla. In realtà, neanch’io ti ho vista salire sul pullman. Dov’eri?-
-Eh, mi sono seduta davanti. Non volevo passare vicino a quei tre-.
-Si, ti capisco. Sai, penso l’abbiano fatto apposta, dico, a mettersi lì davanti a noi-.
-Già…-
Per la prima volta, cala un silenzio imbarazzato tra noi. Non so se sia un bene o un male.
-Ah senti, aspetta un minuto qui che ti presento gli altri-
Anche se non mi va molto di aspettare, visto che dovrei ancora infilarmi gli scarponi e il giaccone, annuisco e lo guardo rientrare nel pullman, tra alcuni commenti irritati delle ragazze che stavano scendendo.
L’attesa mi sembra infinita, non ho la più pallida idea di cosa dire o fare; spero solo di non entrare nel panico e dire qualche sciocchezza.
Improvvisamente avverto una presenza alle mie spalle e una zaffata di Pneumatici bruciati mi fa arricciare il naso.
-Ciao Amy-
Mi giro di scatto e mi ritrovo di fronte a Janice, con un’aria tranquilla e un’espressione calma; non riesco ad immaginare cosa realmente stia pensando.
-Janice…- Dalla paura rimango paralizzata.
-Shhhhh, non facciamo scenate davanti ai nostri compagni. Sorridi, così non penseranno male- Cerco di raccogliere le idee, ma sono troppo tesa. Questa situazione è troppo strana.
-Cosa… Che cosa vuoi?-
-Tranquilla Amy, sono qui solo per “negoziare”-. Sono ufficialmente nel panico.
-Cosa intendi?- Tengo i denti serrati, la tensione m’irrigidisce i muscoli e riesce a farmi sentire freddo sulle braccia.
-Oh, non ti devi preoccupare. Sai, in questo periodo, Desiree ed io abbiamo legato abbastanza, e sono sicura che anche lei muore dalla voglia di riavvicinarsi a te… - Un flebile barlume di speranza si riaccese nel profondo della mia anima.
Ogni frase, ogni parola mi si blocca in gola, costringendomi a deglutire più volte. Janice getta una veloce occhiata alle mie spalle e, per un brevissimo momento, la vedo impaurita.
-Ne riparleremo, stanne certa-
Dopo neanche due secondi, Kane si materializza al mio fianco, facendomi quasi pensare che non se fosse mai andato.
-Amy, tutto ok?-
Riprendo un attimo fiato, inebriandomi del suo profumo. È così rassicurante stare vicino a lui; è la personificazione della frase “Andrà tutto bene, fidati di me”.
-Credo di sì-
-Che cosa voleva?-
-Solo infastidirmi, come al solito. Ah, e mi ha chiesto di negoziare!- La sorpresa balena nei suoi occhi per un micro secondo, poi riprende il controllo.
-Non importa. Tanto le hai detto di no, vero?- Non riesco più a contenere la mia frustrazione.
-Perché? Che cosa cambierebbe?- Mi guarda perplesso.
-Dai, Kane, spiegami: io all’inizio non volevo farglielo sapere per una questione d’orgoglio ma adesso… Non sarebbe meglio farla finita?-
-È più complicata di così, Amy. Comunque, non ti preoccupare, stasera ti spiegherò bene tutto, ok?- Mi pose entrambe le mani sulle spalle, irradiando calore esattamente dove prima c’era il gelo. Annuisco, un po’ pentita per il modo in cui l’ho trattato.
Prendo un bel respiro, poi sussurro un –Grazie- e lui sorride.
-Dai però, adesso vieni che ti presento il mio Branco.-
Mi accompagna verso i suoi amici che, grazie al cielo, se ne sono rimasti in disparte durante la nostra piccola discussione. Non avrei sopportato adesso un’umiliazione pubblica.
-Bene ciurma, questa è Amy- Faccio un cenno di saluto e un mezzo sorriso, ricevendo in cambio solo un freddo Ciao e qualche altro cenno.
-Jason, Kara,… e Carmen, il nostro Alfa!- Chissà perché non sono poi tanto sorpresa che sia lei il Capobranco.
Uno strano silenzio cala nella compagnia e un infinito scambio di sguardi comincia tra tutti. Io guardo perplessa le loro facce: sembrano quasi assorbiti in una conversazione. Eppure non mi è mai pesato così tanto il silenzio. A un certo punto Carmen comincia a squadrarmi, ma senza la solita aria di superiorità. Sembra più che altro curiosa.
-Quindi… Sei davvero una Quarta?-
-E possiamo…?- Immagino cosa voglia.
-Ehm, … sì certo!- Tiro su più che posso la manica destra, in modo da mostrare loro il mio Tatuaggio.
-Wow-
Lo stupore generale supera di gran lunga quello che ho provato io alla fatidica scoperta.
-Ma, Kane non ve l’aveva già detto?-
Jason prende la parola.
-Si, però devi capire che questa non è una cosa che si vede tutti i giorni. Volevamo solo, diciamo, esserne sicuri- Credo che sia la prima volta che lo sento parlare di qualcosa che non sia il calcio o un altro sport.
-E sai già qual è il tuo “potere speciale”?- Adesso Kara sembra super eccitata.
-Purtroppo no. E non so neanche a che Branco appartengo-
-Ah già…- Dopo qualche altro scambio di sguardi, nessuno sa più che cosa dire. Ho quasi paura a rompere il silenzio e tentenno un po’ prima di farmi avanti.
-Bene… e adesso?- La mia domanda risulta un po’ banale, ma in realtà credo che tutti i presenti se lo stiano chiedendo. Kane fa un passo avanti con un radioso sorriso che gli illumina il viso.
-Beh… Adesso si scia!-

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Capitolo 20
*** Il perfetto lui/lei ***


Nota dell'autrice: l'episodio che sto per raccontarvi nei prossimi due capitoli non è un parto della mia mente, ma è un fatto successomi realmente l'anno scorso e che ho voluto inserire nella mia storia. Nelle mie limitate conoscenze, ho tentato di spiegare i termini tecnici da me usati ma se per caso non capiste alcuni termini riguardanti lo snowboard sarò ben lieta di chiarirvi le idee. Grazie dell'attenzione e buona lettura!





Dopo aver lasciato il gruppo a discutere, cerco un angolo appartato dietro al pullman per cambiarmi: m’infilo il giaccone grigio da sci, poi tiro fuori dalla borsa gli scarponi da snowboard e, con un po’ di fatica m’infilo anche quelli, visto che i pantaloni li ho già addosso. Metto il casco, la mascherina e il passamontagna, dopo essermi ovviamente legata i capelli con una treccia e averla infilata sotto la giacca. Già un anno sono caduta e mi sono infradiciata tutta: questa è una delle maledizioni delle ragazze con i capelli lunghi.
M’inginocchio per tirare fuori la tavola e infilare nel suo borsone il pile e le altre scarpe; mentre mi rialzo, butto l’occhio sul mio riflesso nel finestrino posteriore dell’autobus: se non sapessi di essere io, giurerei che lì, in piedi dietro al pullman, c’è uno dei miei compagni. Avrei dovuto aspettarmelo, tra questo metabolismo super accelerato e il fatto che la giacca è un modello maschile, non potevo certo sembrare la nuova Tyra Banks: certo, avrei potuto comprarne una nuova non usata da mio fratello, ma mi era sempre piaciuto come non segnasse troppo i miei fianchi ma accentuasse la mia altezza. Mi sa che mi toccherà comprare una nuova giacca.
Come degna conclusione, con questi scarponi sono costretta a camminare come un maschiaccio, anche se in realtà non sono mai stata un esempio di femminilità: anche se volevo solo essere me stessa ho dovuto comunque adeguarmi alle regole; ho chinato la testa e ho cominciato a truccarmi, piastrarmi, vestirmi meglio e smettere con kick boxing, tanto non sembrava ci fossero miglioramenti nella mia tecnica. Ho anche smesso di seguire il calcio in tv, una tradizione nella mia famiglia che portavo avanti fieramente, però, grazie a mio padre, mi tengo sempre aggiornata sulle classifiche.
Mi dirigo verso le piste con la tavola sotto braccio e passo accanto ad alcune ragazze che ogni tanto incrocio nei corridoi: queste cominciano a guardarmi incuriosite. Perfino Carmen, poco dietro di loro, mi lancia alcune occhiatine di sottecchi. Ragazzi, che situazione strana! Forse è meglio non creare fraintendimenti; faccio per togliermi il casco, ma poi penso: ”Al diavolo!”. Chi lo sa, potrebbe anche essere divertente.
Raggiungo Kane, Kara e altri ragazzi e ragazze già pronti e con le tavole attaccate a un piede, così mi affretto ad agganciarmela anch’io. Spingendoci con l’unico piede libero, ci avviamo verso il nostro maestro che ci distribuisce gli ski-pass. Wow, non avrà neanche trent’anni: alto, snello ma robusto, riccietto e con il naso ben incremato.
-Bene ragazzi, io sono Bruno, il vostro maestro di snowboard per questi cinque giorni. Allora, quanti di voi non sanno ancora fare le curve?- Mi guardo intorno e vedo, con sollievo, che nessuno alza la mano: non è cattiveria, è solo che vado già poco a sciare, quindi vorrei godermi più che posso la montagna.
Ci sediamo sulla neve per agganciare anche l’altro piede alla tavola.
-Bene adesso, io andrò ad aspettarvi al fondo della discesa e voi, uno per volta, verrete giù e mi farete vedere cosa sapete fare. - Si alza, dando la schiena alla discesa.
-Sbizzarritevi pure- Con un salto, si gira e comincia a scendere, dilettandosi ogni tanto in qualche salto spettacolare.
Dopo essere arrivato al fondo della discesa, comincia farci dei cenni: fortunatamente non sono la prima. Già tremo al pensiero di dovermi “esibire” di fronte ai miei compagni.
Scendono un paio di ragazzi, abbastanza bravini; Kane tenta addirittura di fare un salto, ma finisce col culo per terra. Non sembra che questo l’abbia turbato: si rialza ridendo e finisce la sua corsa con un Tie Press, ovvero alzando la parte davanti della tavola e appoggiandosi con tutto il peso sulla gamba dietro.
Mi guardo intorno e noto che nessuno dei miei compagni si accinge a scendere: bene, ci siamo!
Mi alzo, un po’ insicura, e comincio a scendere, facendo delle buone curve e prendendo velocità. Non sono posso considerarmi una persona coraggiosa o impulsiva, per questo amo così tanto lo snowboard: mi permette di staccare la spina e smettere di pensare. Quei cinque minuti di discesa diventano un vero paradiso per me e, finalmente, riesco a farmi guidare dalla tavola.
Mi abbasso per prendere velocità, poi, approfittando di una cunetta di neve, compio un salto ruotando verso destra a mezz’aria di 180°, finendo la discesa in Switch, ovvero con il piede opposto al mio, e con un Tie Press. Arrivata al fondo, nessuno dice niente, nemmeno Kane. Solo Bruno, dopo un paio di secondi, prende la parola.
-Ehi amico, un 180 da paura! Ti giuro ho avuto una mezza impressione che stessi per cadere quando sei passato in Switch dopo l’atterraggio ma poi… Wow, grande!-
Faccio per aprire la bocca e ringraziare, ma subito vengo interrotta.
-OK, TU CON LA GIACCA GIALLA, VIENI Giù, TOCCA A TE!-
Rimango un po’ spiazzata per quell’urlo improvviso, ma non mi perdo d’animo. Ci sarà ancora tempo per far notare a tutti che sono una ragazza!

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Capitolo 21
*** Lasciamoli di stucco! ***


È ora di pranzo, così ci fermiamo nella prima baita che troviamo. La mattina sulle piste assieme ai miei compagni è stata piuttosto divertente, anche se molti continuavano a fissarmi di sottecchi: credo si stiano domandando chi diavolo io sia. Così imbardata come sono non hanno neanche capito che sono una femmina, quindi figuriamoci se hanno capito chi sono! Mi sono quasi subito pentita di non aver rivelato prima il mio “segreto” perché ormai non so più immaginare un’occasione migliore della mia prima discesa; ho provato a fare qualche commento casuale ai discorsi di Bruno, ma ho scoperto a mie spese quanto lui sia innamorato del suono della sua voce. Sarà simpatico e mooolto bravo, ma come maestro non è proprio un granché: non ha neanche cominciato ad imparare i nostri nomi, semplicemente ci chiama amico, oppure ci distingue per giacca o per tavola. Io in genere sono “amico”.
La baita non è molto grande, è costruita tutta in legno e pietre ed ha un piccolo terrazzo dove alcuni sciatori stanno fumando; ma quando si ha fame, certe cose non contano. Bruno ricomincia subito a dare ordini a destra e a manca.
-Ragazzi forza, lasciate pure qui le tavole! Forza tu ragazzo in Blu e Bianco, sbrighiamoci! Tu in Verde, dagli una mano! Ehi Riccietta, posala pure un po’ più vicino!- Parlando, controlla che sistemiamo tutti le nostre tavole rivolte verso il sole, così che la neve attaccata agli agganci si possa sciogliere.
-Ehi Amico!- Mi ci vuole qualche secondo per rendermi conto che parla con me.
-Ehi, sei stato grande oggi! Per essere un dilettante, è ovvio… si vede che ti sei allenato forte! Dimmi, come ti chiami?-
-Amanda!- La risposta mi sfugge dalle labbra prima che io me ne renda conto.
Neanche un’improvvisa bufera di neve avrebbe potuto congelare tutti in quel modo.
-Am… ehm… co-cosa?-
Kane mi fissa con gli occhi sbarrati e dalla sorpresa ha lasciato cadere il casco nella neve; gli altri miei compagni si scambiano sguardi incerti, come se stessero comunicando col pensiero, tutti tranne Carmen che invece ha stampato in faccia uno stupido sorrisino e mi fissa incredula. Forse l’espressione che batte tutti è quella di Bruno: ha dipinta sul volto un’espressione di sorpresa, incredulità e vergogna e la sua mascella potrebbe quasi toccare terra.
Per sottolineare meglio il concetto, sgancio il casco e tiro su la mascherina, poi mi sfilo tutto insieme, passamontagna compreso, e infine sciolgo i capelli. Non so come, ma lo sgomento sembra ancora più grande dopo aver liberato la mia chioma. Spero di non essere arrossita troppo.
-B-beh? Non dovevamo andare a mangiare?-
Mi avvio verso l’entrata, sentendomi parecchio osservata. Altro che di stucco, li ho lasciati di sasso!
 
-Ehi ami… ehm, Amanda… po-posso?- Bruno indica la sedia vicino a me.
Non è la prima volta che mangio con il maestro, o prendo la seggiovia col maestro, o parlo solo col maestro. Di solito era perché non avevo veri e propri amici nella compagnia e quindi, per pura compassione, i maestri si avvicinavano a me. Invece stavolta è diverso: gli altri mi guardano strano, come se avessero quasi paura di sedersi vicino a me.
-Ehm… Certo!- Cerco di sorridere. Non era proprio come me lo ero immaginata.
Si siede vicino a me, così anche gli altri cominciano a prendere posto al tavolo, quasi avessero avuto un silenzioso permesso da parte di entrambi.
Il cameriere comincia a servirci, poiché, avendo la pensione pagata dall’albergo, non c'è possibilità di scelta: per cominciare pasta al sugo.
-Allora…- Carmen si è seduta alla mia sinistra, vicino a lei Kane. Alla mia destra, Bruno, seduto proprio a capotavola, sembra che non si accorga neanche di quello che sta ingurgitando.
-Si?- Cerco di sembrare il più normale possibile.
Sorride maliziosamente. –Amy, beh… che dire, ci hai fatto veramente una bella sorpresa!-.
-Sorpresa è dir poco!- Il suo era quasi un sussurro, ma il commento di Bruno mi fa sorridere, e anche un po’ vergognare.
-Sì, mi... mi dovete scusare! Non era mia intenzione shockarvi in quel modo, ma non sapevo proprio come… farvelo notare!- Inaspettatamente, Kane sorride sotto i baffi, mentre Carmen fa una risatina.
-Comunque, ho apprezzato molto i complimenti!- Mi rivolgo a Bruno cercando di sorridere, rassicurante. Mi guarda quasi svogliatamente, storge le labbra in una smorfia di sdegno poi continua a dedicarsi al suo piatto: gli passerà. Almeno spero.
 
Il resto del pranzo procede abbastanza normalmente, con semplici chiacchiere tra conoscenti, risate a non finire e parecchie domande: non sapevo fossi così brava, da quanto fai snowboard, quando hai imparato quei Trick,… eccetera.
A dire il vero, per me è un po’ pesante tutta questa situazione: non ho mai sopportato molto le luci della ribalta. Mi era successo solo un’altra volta di ritrovarmi sotto l’attenzione di tutti, avevo quattordici anni e avevo appena battuto una “ragazza” due metri per tre alla Gara tra Scuole: disciplina, getto del peso. Così facendo avevo garantito alla mia scuola l’unica medaglia d’oro della giornata ed una mia foto era pure uscita sul bollettino del mio paese! Il primo giorno mi sembrava quasi di galleggiare, di essere sulla bocca di tutti, finché un crudele Tom Fairbence mi riportò sul pianeta terra cominciando a dire in giro che era ovvio che avessi vinto visto che sembravo un ragazzo.
Ovviamente, una ragazzina di prima superiore che cerca solamente di farsi nuove amicizie e facilmente condizionabile, non può che cedere alla pressione. È così che ho incontrato Desy: stavo piangendo dentro ad un cubicolo del bagno delle ragazze, quando da sotto al buco della porta mi arrivarono dei fazzoletti. Uscii per vedere di chi fosse quella piccolissima manina affusolata che aveva dimostrato così tanta gentilezza: era quasi abbagliante quel giorno, con i capelli biondi sciolti ed un maglione beige chiaro lungo fino alle ginocchia. Indossava anche, pantacollant neri, stivaletti neri e un evidente fiocco beige a mo di cerchietto. Mi aveva sorriso e, per la prima volta dopo giorni, mi sentivo di nuovo come su una nuvola. Finalmente leggera.
-Ti giuro, non prendertela ma non si era proprio capito che fossi tu, Amy!-
Carmen mi riporta violentemente alla realtà, creando in me un po’ di confusione. Per quanto sono rimasta imbambolata?
-Veramente! Forse è colpa di quella tuta, è troppo larga: sul serio ragazza, solo i maschi si mettono i vestiti così slargati! Guarda Kane per esempio!-
-Ehi Carmen, cerca di lasciarmi fuori dai tuoi paragoni! Poi non sono io, è la moda!- Questo commento gli costa una bella gomitata da parte di Carmen.
-S-sì lo so, è solo che… sapete…- mi avvicino il più possibile a loro per evitare che qualcun altro senta -… il nostro Metabolismo non risparmia nessuno!- I due si scambiano uno sguardo loquace, poi mi sorridono. Detto ciò, Carmen si gira verso Kane e cominciano a parlare tra loro, come solo i vecchi amici sanno fare. Il pranzo scorre sereno, senza ulteriori interruzioni nei miei pensieri; eppure, mi è sembrato che un paio di volte Kane mi abbia guardato di nascosto, con la coda dell'occhio. Ma forse la neve fa brutti scherzi!

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Capitolo 22
*** Sorprese in camera da letto ***


Sono le cinque e mezza del pomeriggio, sono stanca morta ma trascino la mia valigia su per le scale con molta più facilità di quanto non dovrebbe essere: certe volte, neanche mi accorgo di quanto siano diverse ormai le cose. Tanto per cominciare, oggi è la prima volta che i miei salti e i miei Trick non finiscono con una caduta di stile sul posteriore! Penso che dipenda dal continuo aumentare della mia massa muscolare: finora non avevo mai avuto la forza necessaria per saltare abbastanza in alto da permettermi di ruotare a mezz’aria, nonostante i miei continui tentativi e conseguenti ruzzoloni. Un secondo esempio è quello che è successo domenica: ero a pranzo e cercavo di tagliare la bistecca, ma ho spaccato il piatto con la pressione del coltello! Proprio come in una scena de “Gli incredibili”! Ovviamente, per non farlo notare, ho dovuto “casualmente” far scivolare il mio piatto per terra.
Finalmente arrivo davanti alla porta della mia stanza: ci siamo! Visto che come al solito vengo in montagna praticamente da sola, spero solo che le mie compagne non siano due megere.
-Carmen ridammela, così la sgualcisci!-
Appena varcata la soglia, le urla di Kara m’investono, costringendomi a fermarmi un minuto. Evvai!
-Eh dai! Volevo solo provarla! Dopotutto io… AMY!- Carmen è la prima a d accorgersi di me, ferma sulla soglia.
-Ciao, Amy! Pensavo non arrivassi più!- Sembra raggiante.
-C-ciao!- Sono un po’ confusa.
-Ciao Amy!- Kara mi sorride, però sembra molto meno felice di Carmen.
-I-io… Come… si cioè…-
-Ah sì! È opera di Kara! Sai, non è che avessimo poi tanta voglia di mescolarci a delle bambinette di prima! Allora, ha hackerato il computer della scuola per cambiare i gruppi per le camere; poi ha hackerato il computer dell’albergo in modo da sistemarci tutte assieme e proprio vicine alla camera dei ragazzi!- Resto di sasso. Forse è più intelligente di quel che sembra!
-Beh… io, cioè… Wow, sei stata, si insomma…- Non riesco a finire di balbettare fuori la mia frase che Carmen scoppia a ridere, mentre Kara scuote la testa.
-Guarda che Carmen sta scherzando! In realtà, il prof è venuto ha chiederci se avevamo preferenze per la disposizione, ed essendoci seduti in fondo, abbiamo scelto per prime!-.
-Aaah…- In effetti, potevo anche arrivarci. Però, almeno la spiegazione di Carmen era più avvincente!
-Già, però è stata più dura del previsto convincere il prof che i ragazzi fossero “tranquilli” e non avessero “malsane idee” per la testa!- Mi strizza l’occhio: a buon intenditore poche parole.
-Spero non ti dispiaccia se abbiamo preso il letto a castello-
-Già, in effetti, Carmen ed io eravamo troppo impegnate a litigarci il letto in alto-
-No no tranquille, va bene! A casa anche il mio letto è vicino alla finestra-.
Detto ciò, comincio a sistemare la mia valigia sotto al letto singolo vicino alla finestra e tirando fuori il necessario: asciugamano, shampoo, eccetera. Mi dirigo verso il bagno per sistemare la roba, poi Idea! Metto la testa fuori dal bagno.
-Dovete farvi la doccia?-
-No!-
-No, io pensavo di farla dopo cena!-
-Bene, allora se non vi dispiace…-
-No no, fai pure!- Non so perché ma Carmen sembra molto più disponibile di Kara verso di me: strano, io mi ero immaginato il contrario!
-Se hai bisogno di noi, siamo nella stanza di fronte, a vedere come vanno i ragazzi! Ci vediamo a cena!-
Chiusa la porta e scaldata l’acqua, mi ci fiondo direttamente sotto, visto che l’aria del bagno è ancora fredda. Con la mano ancora asciutta faccio partire la mia playlist preferita dal mio cellulare, e lascio che l’acqua lavi mia ogni mia preoccupazione. Sento quasi lo stress scivolarmi via dalle spalle, dalle braccia, dal busto, dalle gambe. È un paradiso! Nemmeno l’ormai imminente luna piena attraversa i miei pensieri: così, abbandonata qui e sentendomi un po’ svuotata, riempio la musica con la mia voce.
Da piccola, frequentavo un corso di canto: amavo provare tutto e non lasciare fuori niente! Ero molto dotata, ma purtroppo, col passare degli anni, la mia timidezza m’impediva di far uscire la mia voce con la potenza che desideravo; era quasi come se temessi di far troppo rumore! Così decisi di mollare, proprio lo stesso anno che cominciai a frequentare il liceo: non volevo rischiare di fare figuracce davanti ai miei nuovi compagni di scuola. Non ho mai parlato con nessuno di questa mia passione: gli unici a conoscenza erano i miei genitori e famigliari, più Desiree. E sicuramente, nessuno di loro mi ha mai sentita veramente cantare. Quel canticchiare che mi permetto ogni tanto quando sono di buon umore non è niente in confronto a questo.
-High dive into frozen waves where the past comes back to life. Fight fear for the selfish pain and it’s worth it every time…-
Mi lascio trasportare dal ritmo della canzone: tanto, ho già notato alla mia entrata che nessun suono esce fuori da questa stanza. Kara stava praticamente gridando quando sono entrata ma non l’ho neanche sentita finché non ho aperto la porta. Quindi non c’è motivo per preoccuparsi!
-If our love is tragedy why are you my remedy. If our love’s insanity why are you my clarity-*.
È fantastico, finalmente mi sento libera.
 
Rigenerante, è stato un vero toccasana! Una doccia veramente eterna! Chiudo l’acqua, mi avvolgo un asciugamano attorno al corpo e uno sulle spalle ed esco dal bagno sempre cantando.
-If your love is tragedy why…-
Quasi mi viene un infarto: non l’ho neanche sentito entrare!
 
*Zedd ft. Foxes _ “Clarity”

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Capitolo 23
*** In estasi per la cena ***


-Wow… Amy, non… Non sapevo che cantassi… Non così!-
Kane è placidamente seduto sul mio letto, estremamente sorpreso, ma con uno strano sorriso stampato in faccia.
Improvvisamente, mi sento nuda.
-Ehm… G-g-grazie! M-ma, ehm… potresti girarti, si insomma…- Sono sicura al cento per cento di essere peggio di un peperone in questo momento, le guance mi vanno a fuoco.
-Eh? Oh! Oh, sì sì!-
Mentre è girato, comincio a rivestirmi.
-Allora… Kane, perché sei qui? Sì insomma, come sei entrato?-
-Kara mi ha chiesto se potevo venire a prenderle il maglioncino beige… Ma credeva che avessi già finito da un pezzo!- Riesco a sentire l’imbarazzo nella sua voce.
-Ah… Beh sì, in effetti, ci ho messo un po’ più del previsto! Che ore sono?-
-Le sette!-
-Wow, ci ho messo quasi mezz’ora!-
-Già! È per questo che io… sì, vabbè hai capito!-
-Ok, ho quasi finito-, dico rivolgendomi quasi più a me stessa
-Sì beh, comunque non è stato proprio un male…- Non penso intendesse il momento in cui avevo addosso solo un asciugamano, però scommetto che è arrossito, almeno un pochino.
-Sì, nel senso che… Insomma…- Tenta di girarsi.
-Bah bah bah!!!- Mi stavo per infilare i jeans. Si volta di nuovo, evidentemente imbarazzato, e continua imperterrito.
-Volevo dirti che… Sì, canti veramente bene!-
-Ah ehm,  grazie… Beh, sì una volta facevo un corso, ma tanti tantissimi anni fa- Afferro dalla valigia la prima maglia che trovo e me la butto addosso. Per essermi vestita di fretta, non sto male. Jeans neri a sigaretta, maglioncino verde scuro morbido e stivaletti. Comincio a farmi una treccia per “nascondere” i capelli bagnati.
-Ok, andiamo!-
Kane si gira e, per un secondo, mi sembra di intravedere qualcosa nel profondo dei suoi freddi occhi chiari: calore. Credo se ne sia accorto, perché si alza velocemente ed esce dalla stanza senza dire una parola e a capo chino.
Uscendo, afferro la chiave e il maglioncino di Kara, visto che Kane se n’è praticamente dimenticato.
 
A cena, mi siedo vicino a Carmen al fondo del tavolo, così comincio ad isolarmi con i miei pensieri: oramai è quasi ora! Non so neanche come gli altri riescano a controllarsi: dentro di me, è come se ci fosse una guerra! Sono spaventata, confusa, curiosa, terrorizzata, arrabbiata. Per tutto questo tempo ho ostentato calma, tentando di evitare quello spiacevole pensiero: ho cercato in tutti i modi di non rimuginarci sopra, ma adesso, Kane parla fitto fitto con Kara e Carmen e Jason sono tutti intenti a discutere su non so quale argomento. Ho fin troppo tempo per rimuginarci sopra. Kane ha promesso di aiutarmi questa sera, ha promesso che sarebbe rimasto con me fino alla fine; ha promesso che mi avrebbe preparata a quello che sta per succedere e mi avrebbe tenuta sotto controllo se qualcosa fosse andato storto. Cose che non mi hanno molto rassicurata.
 
“La Trasformazione, la prima soprattutto, è il momento in cui, con la luna piena, avviene la mutazione del corpo; a differenza di quello che Hollywood ci ha inculcato, non è dolorosa e la trasformazione è “completa”: non diventerete dei mostri ambulanti rabbiosi e assetati di sangue, tranquilli! Sarete semplicemente dei veri lupi, esattamente uguali a quelli che sicuramente avrete già visto. Le uniche differenze sono: il colore del manto e la capacità per gli appartenenti di uno stesso Branco già trasformato di comunicare telepaticamente. I lupi più anziani sono anche in grado di mantenere la lucidità, di mantenersi coscienti: purtroppo i lupi più giovani sono spesso incontrollabili e più animaleschi. Durante le prime Trasformazioni si raccomanda Prudenza.”
 
Purtroppo, Elisa Caspara non spiega esattamente cosa succede durante la Trasformazione. Una sfilza di epiteti ed insulti mi passano nella mente prima di ricordarmi che, senza di lei, sarei ancora immersa nella merda!
-Ragazzi! Un attimo di attenzione!- Si è appena alzato uno dei professori con un’aria da discorso.
-Abbiamo alcuni annunci: primo, stasera resteremo in albergo; per chi volesse, il bar e la saletta sono sempre aperti, ma per mezzanotte dovrete essere tutti in camera- Mormorii di dissenso si levano improvvisamente da quasi tutta la scolaresca.
-Ragazzi, silenzio! Ho detto che dovrete essere nelle camere, ognuno nella propria s’intenda, ma l’ora per andare a dormire la deciderete voi ovviamente! Dopotutto, siete voi quelli che ne pagheranno le conseguenze domani!- Finalmente, la scolaresca si calma.
-Secondo: domani l’ora della colazione è alle sette e mezza, e per le otto dovrete essere pronti per…- La voce del professore comincia a sembrarmi lontana, ovattata, quasi come se mi parlasse attraverso un banco di nebbia. Ho la bocca secca e la testa leggera, mi sento come se galleggiassi tranquillamente sopra l’intera scena.
Cerco di allungare una mano tremante verso il mio bicchiere, ma, alla leggera pressione delle mie dita, questo si frantuma fra le mie mani e attirando lo sguardo dei miei vicini.
-Kane…- Carmen sembra un sussurro lontano e una piccola macchia scura e sfocata mentre cerca di attirare l’attenzione di Kane.
-Kane, è cominciata!- Finalmente, Kane si gira. Dio mio, devo essere pallidissima! Mi sento lo stomaco chiuso e il respiro mozzato. La vista si appanna, mi sembra quasi di star sognando.
Luci veloci scorrono sulla mia testa, un corridoio verde scorre sotto i miei piedi; delle scale che scendono, delle braccia forti che mi sorreggono. Una voce. “Amy, resta con me!”. Cerco di ricollegarmi col presente, comincio a sentire un po’ di freddo. Un fiocco bianco si posa leggero sul mio naso. Nevica. Tutto sbiadisce.

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Capitolo 24
*** In una notte di luna piena... ***


Un dolore potente sulla mia guancia mi sveglia di soprassalto e mi impone prepotentemente di aprire gli occhi.
Sono in una radura scura, di fronte a me Kane super affannato mi sta parlando.
-Amy…Amy, mi senti? Amy!!!-
-Sbaglio o mi hai schiaffeggiata?-
Lo vedo sorridere nel buio della notte, con le mani che tremano. Mi sento improvvisamente lucida.
-Scusa…-
Rimaniamo un po’ in silenzio, guardandoci, ascoltando i nostri respiri perdersi nella notte, prima che lui prenda la parola.
-Allora Amanda Warm, quello che sta per succedere sarà una delle esperienze più belle e più brutte della tua vita. Ma andrà tutto bene!- Appoggia una mano sul mio ginocchio, scatenando piccoli formicolii lungo la gamba. Questo non è il momento!
-Ricordati: Non. Devi. Combatterlo! Il lupo, per quanto possa essere tranquillo, resta sempre un animale, pertanto, cerca di assecondarlo! Ci sarà tempo per imparare a domarlo…-
-Kane, ne parli come se fosse una cosa viva!- Uno sguardo strano, serio, intristisce i suoi occhi.
-Oh, ma lo è! Il tuo Lupo è reale quanto lo sei tu! Solo che lui è nascosto, in agguato, impaziente di uscire! Quella che tu hai provato poco fa è la Frenesia, è il modo gentile in cui il tuo Lupo ti chiede di uscire durante la Luna piena- Il suo sguardo vola alto nel cielo, puntato contro il bagliore che si nasconde dietro alle nuvole nere.
-Ok, dobbiamo fare in fretta! Quando noi…-
-Farà male?- La domanda mi sfugge dalle labbra. Sembra leggermente confuso.
-No… Oh Amy, non ti farà niente!- Improvvisamente, mi abbraccia. Lo ricambio.
-È il tuo lupo… Sei sempre tu, ok? Devi solo stare tranquilla!- Ora mi guarda con quei suoi occhi chiari, così chiari che sarebbero in grado di illuminare l’intera radura senza bisogno dell’aiuto della vista in bianco e nero.
Sussurro un –Ok- un po’ incerto, annuendo col capo.
-Ok? Ok. Dicevo; quando la luce della Luna ci colpirà, avvertirai come dei formicolii su tutto il corpo, quasi delle scosse elettriche sotto pelle… Non sarà doloroso, ma sarà forse fastidioso visto che è la tua prima volta!-
Mi da una veloce squadrata.
-Di solito, trasformandoci ognuno per conto suo, i vestiti, noi… Sì, insomma…- La sorpresa attraversa i miei occhi, e forse anche un po’ di imbarazzo, ma cerco di non darlo a vedere.
-Quindi io… dovrei…-
-No no, tranquilla! Tienili pure! Solo, non posso assicurarti che li ritroverai in buone condizioni! Forse, è meglio se almeno li accessori gli togli!-
-O-ok!- Così dicendo, mi tolgo l’orologio, gli orecchini, la cintura e mi sfilo il cellulare e il portafortuna dalle tasche. Metto tutto in mano a Kane che lo ripone al riparo nell’incavo di un albero.
-Ok… Ora, non so in che altro modo io possa aiutarti! Purtroppo, tu non fai parte del mio Branco, quindi non potrò comunicare con te come speravo! Ma ti rimarrò comunque vicino, qualsiasi cosa accada, ok?- Cerca disperatamente i miei occhi, che io mi ostino a tenere alzati al cielo.
-Amy?-
-Sì?- Comincio a sentire un formicolio, simile a quello che mi causa il contatto con la sua pelle.
-Sta arrivando… La senti, vero?-
-Si…-
-Amy?- Abbasso lo sguardo e i nostri occhi si incontrano.
-Sei pronta?-
-Sì.-
È un attimo. La luce lunare irrompe nella radura e, per un momento, sono sicura che il mio cuore si sia fermato.
La sensazione è molto simile a quando, sulle montagne russe, ti fermi proprio in cima alla salita, quasi pregando che il vagone si sia fermato, per poi scivolare giù ad un’immane velocità che ti lascia senza l’aria nei polmoni.
La pelle mi brucia , mi formicola, ma non in modo doloroso: è come se un milione di miliardi di aghi mi pungessero leggermente l’epidermide, tutti assieme. Per l’improvvisa forza, cado in ginocchio di fronte a Kane e riesco a vedere dipinto sul suo volto un assoluto senso di estasi.
Qualcosa dentro al mio petto spinge, spinge fin dal profondo della mia anima per uscire; ringhia, graffia, lacera, ma senza provocare lesioni nel mio corpo.
Una specie di bagliore mi avvolge completamente; poi, un sonoro crack delle mie costole mi fa sobbalzare e piegare in avanti a quattro zampe: eccolo.
 
Corro nel bosco, l’aria fredda che mi sferza il viso è piacevole. Gli alberi sfilano veloci di fianco a me, la neve è piacevole al tatto. Un ululato. Mi fermo. Rizzo le orecchie e annuso l’aria. Alberi, rami, neve, scoiattoli, lupi. Mi rimetto a correre.
Faccio a zigzag tra i cespugli morti, salto sopra un tronco caduto e spicco un balzo contro il cielo. La luna e così vicina che potrei quasi morderla.
Ululati: due, tre, cinque, sei. Mi seguono, mi chiamano. Non mi fermo.
Raggiungo un lago ghiacciato e mi fermo giusto in tempo prima di scivolarci sopra. Zampetto sulla sua sponda, cercando qualcosa, fiutando l’aria.
Un rumore attira la mia attenzione: acqua. Acqua corrente. Ho sete.
Mi rimetto a correre sulla riva del lago, poi mi inoltro di nuovo nella boscaglia. I rami mi sferzano il viso ma non ci faccio caso.
Il ruscello è piccolo, ma l’acqua non è ferma. Bevo. Bevo a lungo. Assaporo l’acqua fresca che mi scende nella gola. Poi osservo attentamente il mio riflesso. Due occhi verdi e nocciola mi restituiscono lo sguardo, ma Amanda Warm non c’è più. Al suo posto, un maestoso ed elegante lupo candido.





Note: vorrei prendermi un minuto per ringraziarvi, tutti quanti voi! Veramente, siete dei lettori magnifici, appassionati e, ogni giorno, siete voi che mi spingete ad andare avanti con questa storia; vi confesso che ormai sono quasi dipendente da questo sito, lo controllo praticamente ogni ora per vedere se ci sono nuove visite o recensioni! Siete veramente fantastici, grazie!!!
Spero mi facciate presto sapere cosa pensate di quest'ultimo capitolo, sono sempre molto curiosa di sentire i vostri pareri. Per il resto, posso solo dirvi che da qui in poi le cose cominceranno a farsi "complicate" quindi... Non cambiate canale! ;-)

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Capitolo 25
*** Un brusco risveglio ***


Riemergo dall’oscurità con violenza. Ho i sudori freddi e il respiro corto. Sembrava così reale. Forse perché era reale.
Cerco di metter chiarezza in quella matassa che chiamo pensieri: ho sul serio visto il mio riflesso nell’acqua o l’ho solamente sognato? Cerco di focalizzare la mia attenzione sull’ambiente che mi circonda e al tempo stesso riprendere fiato: ricordo solo alcuni frammenti di quello che è successo ieri notte e mi sembrano tutti ancora così vividi. L’unico problema è che, dopo aver visto il mio riflesso, il mio Lupo o come lo chiama Kane ha preso il sopravvento e non ho la minima idea di cosa potrei aver fatto. Oh mio Dio! Quasi cado dal letto per precipitarmi nel corridoio.
Apro velocemente la porta e…
-Kane!
-Amy!
-KANE!
-AMY!- Poi faccio la cosa più istintiva: lo abbraccio. Anzi, quasi mi lancio verso di lui e lo stringo forte e, stranamente, lui risponde. Rimaniamo così per qualche secondo, finché non mi accorgo di due cose: Primo, sto abbracciando Martin Kane in un luogo pubblico, e OH MIO DIO, SONO IN PIAGIAMA! Certo, è solo una semplice canottiera nera ed un pantalone lungo da ginnastica viola, però mi sento comunque un poi’ in imbarazzo.
-Ehm… Kane…
-Cosa? Oh... OH, sì giusto!- Ci separiamo, un po’ imbarazzati: non avevamo mai avuto quel genere di contatto fisico! Ci guardiamo per un po’, imbarazzati finché Kane non si ricorda qualcosa e tira fuori dalle tasche gli accessori che ieri avevo lasciato nella radura.
-Ah, g-grazie…- Li prendo in mano quasi fossero delle mine e me li infilo in tasca.
-Mi dispiace per ieri, avrei voluto starti dietro, aiutarti e invece… Non sono neanche riuscito a vedere il colore dl tuo mantello. Tu per caso ricordi qualcosa?
-Frammenti, nulla più. Vorrei poter ricordare di più, ma credo che quello che so mi basti per oggi.
-Cosa intendi?
-Kane, io…
 
 
-…credo di essere un’Albina!
-COOOSA?!- Il tavolo della colazione non è l’ideale per certi discorsi: come mi aspettavo, gli altri sono stupefatti quanto se non più di Kane. E posso capirli.
 
“Branco Albino= diffusione: 9%; caratteristica: Difesa; città di riferimento: ignota.”
 
-Fidatevi, se c’è una cosa che ricordo bene, è la mia immagine riflessa nel ruscello!
-Ok Amy, però devi capire che sembra impossibile da credere- Ci avrei scommesso che Kara avrebbe tentato di razionalizzare il tutto.
-Tu ci stai dicendo che sei una Quarta e sei pure Albina! Sarebbe come se fossi Babbo Natale e il Coniglietto di Pasqua allo stesso tempo!- Questo paragone fa ridacchiare Jason, ma prontamente Carmen lo zittisce con una gomitata.
-Lo so Kara, è strano anche per me! Non credi che sia già dura da sopportare la scoperta dei Lupi Mannari, che tuo padre ti ha adottata, che la tua famiglia non è la tua famiglia senza aggiungerci il fatto che sono una Quarta Razza e sono pure un’Albina?- E aggiungiamoci pure che due psicopatici fidanzatini ce l’hanno con me e non so perché, la mia migliore amica è passata dall’altra parte e nessuno vuole dirmi cosa succede. Sono talmente irritata che sposto rumorosamente la sedia e praticamente scappo dalla sala.
Pochi secondi e un rumore di passi mi raggiunge.
-Amy, aspetta!
-Non mi va di parlare, Kane! Non sono dell’umore.
-Neanche se dovessi spiegarti perché Tom e Janice ce l’hanno con te?-
 
-Sei sicuro che qui in terrazza non ci senta nessuno? A me non sembra così “appartato”.
-Già, però questo è il meglio che ho trovato.- O forse non voleva rischiare di ritrovarsi rinchiuso con me in uno spazio angusto. Oh, che cosa ridicola.
-Ok, allora vuoi la versione breve o quella lunga?
-Mmm, fai tu!
-Forse la versione lunga ti aiuterà a capire anche il perché di ciò che sta succedendo!
-Non promette nulla di buono.
-No, infatti…- Poi mi spiazza: mi prende la mano e mi guarda negli occhi.
-Non sarà un discorso piacevole e te lo avrei volentieri risparmiato, ma so che desideri risposte e io sono pronto a dartele. La domanda è: tu sei pronta a riceverle?- Ok, questa domanda mi spiazza di più. Voglio davvero sapere? Nonostante i mille dubbi che come al solito affollano i miei pensieri, in fondo in fondo la risposta la conosco già.
-Comincia dal principio…

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Capitolo 26
*** Conosco il mio nemico ***


-Janice non è sempre stata la dura ragazza che conosciamo noi oggi: ha dovuto affrontare dei brutti colpi e, in certo senso, posso capire come mai oggi ci odia tanto. Certo, non condivido ciò che pensa, ma voglio farti comprendere prima di rispondere alle tue domande.
Tutto cominciò con i suoi genitori, una Nera e un Rosso, due persone meravigliose da cosa mi hanno raccontato i miei genitori, ma forse un po’ troppo spudorate. Devi capire che i miei genitori sono Licantropi piuttosto anziani, infatti hanno più di cento anni, di preciso non so, ed hanno vissuto in un periodo piuttosto brusco per la nostra specie; infatti, agli inizi del 900, gli Anziani hanno deciso di istituire un registro delle nascite e il numero fisso di un cucciolo per coppia, tutto per evitare che noi Licantropi diventassimo troppi. I genitori di Janice erano giovani, non capivano appieno la pericolosità del loro gesto, così sfidarono gli Anziani: durante un’assemblea aperta a tutti, si rifiutarono pubblicamente di attenersi alla nuova legge poiché la ritenevano costrittiva, tirannica e stupida. Devi capire Amy che loro appartenevano a quella minoranza che ancora oggi pensa che i Normali siano inutili e che i Licantropi debbano governare sulle speci inferiori: loro si dicono Salvatori della Purezza, dei Puristi, io li chiamerei Razzisti.
Comunque, per la famiglia Carion è…-
-Aspetta, ma il cognome di Janice non Carson?
-Beh, l’ha cambiato per non farsi riconoscere, però… Aspetta mi fai perdere il filo! Vedrai che alla fine capirai… Allora, per la famiglia di Janice è cominciato un lungo periodo di fuga e clandestinità: gli Anziani in genere sono clementi, ma una tale mancanza di rispetto e per di più in pubblico andava severamente punita. I Nosy erano sempre sulle loro tracce, ma questo incoraggiò ancora di più i Carion a proseguire nella loro lotta: dopo diversi anni avevano accumulato una cucciolata piuttosto numerosa e non avevano intenzione di fermarsi. Non so cosa pensassero di fare o per quanto tempo andare avanti, ma più si ingrandivano e più diventavano facili da trovare, così un giorno vennero beccati: si erano rifugiati in un magazzino abbandonato, magari sperando di riuscire a trasferirvici per sempre. Fatto sta che fu un massacro: gli Anziani avevano dato esplicite istruzioni di giustiziare i figli ma riportare al loro cospetto i genitori vivi, in modo da poterli punire pubblicamente; purtroppo non avevano calcolato quanti figli avrebbero potuto fare durante gli anni di fuga. C’è chi dice che quella notte furono giustiziati più di una dozzina di bambini tra i 5 e i 12 anni, altri dissero che fossero molti di più, ma con la Prima guerra mondiale in corso non fu difficile nascondere il vero numero dei Carion. Solo due bambini sopravvissero: Janice e il fratellino Dennis, il più piccolo della cucciolata, di appena 3 anni. Janice aveva solo 11 anni ma credo che non riuscirà mai a dimenticare quella notte o quello che successe dopo.
Lasciò il fratello da una coppia amica dei suoi, che già in passato li aveva aiutati a nascondersi: partì per Roma, vecchia sede del Consiglio degli Anziani, (oggi è New York) e vi giunse giusto in tempo per assistere all’esecuzione pubblica dei suoi genitori. Credo sia impossibile immaginare cosa potesse pensare una bambina di 11 quasi 12 anni di fronte all’uccisione dei suoi genitori, persone che le avevano inculcato a forza l’idea dei Puristi e il loro odio per gli Anziani.
Tornata a “casa” scoprì che non c’è mai fine al peggio o alla spietatezza degli Anziani: i Nosy avevano ricevuto ordini di bruciare tutte le case in cui si era rifugiata la famiglia Carion e di marchiare a fuoco sulla schiena il Marchio, il simbolo dei traditori, un cerchio e un triangolo che si intersecano. La coppia che lei credeva sua amica, pur di evitare quella pena, aveva venduto suo fratello ai Nosy: Janice giunse alla loro casa giusto in tempo per vedere il piccolo Dennis mentre venia giustiziato da tre Nosy. Credo che per lei fosse stato troppo.
Nessuno sa spiegare come una bambina possa aver sopraffatto tre Nosy e aver ucciso due Lupi adulti, ma questo è quello che successe: forse il dolore e la rabbia furono sufficienti.-
-Ma… è….
-Terribile, lo so! Però devi capire che gli Anziani sono una cerchia ristretta, una minoranza rispetto ai propri sudditi, e con il gesto dei Carion temevano fortemente un’insurrezione: sono forti, più forti degli altri Lupi, ma sono anche saggi e sapevano che non avrebbero avuto scampo. Lungo il corso della storia avevano sempre preferito usare i guanti per queste situazioni, ma il gesto di rivolta dei Carion aveva scaldato più del solito gli animi dei Puristi, così…-
-Così optarono per la spranga e il pugno di ferro!
-Già…
-Ma è…- Non riesco neanche trovare le parole. Certo, da un lato avevano tentato di agire per il meglio, ma dall’altro avevano causato troppe vittime per tornaconto personale.
-Ora puoi capire perché Janice vuole fare quello che vuole fare…
-Che sarebbe?- Kane sospira.
-Vuole scatenare una guerra contro gli Anziani- Strabuzzo gli occhi e mi cade la mascella.
-U-una guerra?
-Sì, ma non solo contro gli Anziani. Dopo il massacro della famiglia Carion, i Puristi non avevano mosso un dito per aiutarla, anzi, quella coppia aveva venduto suo fratello. Janice in fondo è una bambina che ce l’ha col mondo. Beh, una bambina di 89 anni e assetata di sangue.
-Quindi, quando mi ha detto che avrei dovuto scegliere da che parte stare, intedeva…
-…intendeva: tu per chi intendi combattere?

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Capitolo 27
*** Incontri del terzo tipo ***


Combattere? Io non ho nessuna intenzione di combattere ma, a quanto dice Kane, una guerra è ormai inevitabile: Janice sta organizzando un vero e proprio esercito, proprio sotto al naso degli Anziani. Kane e gli altri hanno già tentato di avvertire i Nosy o qualcuno del Consiglio, ma hanno tutti troppa paura per ammettere quello che in realtà sanno già: un po’ come Cornelius Caramell riguardo a Harry Potter e al ritorno di Lord Voldemort. E si è visto com’è andata a finire.
Ho praticamente tutto il giorno libero, visto che ieri sera Kane ha dovuto dire al prof che non mi sentivo bene per portarmi fuori, così me ne sto coricata sul mio letto vicino alla finestra ad osservare la montagna. Uffff, che palle! Senza una meta precisa in mente, esco dalla mia stanza con indosso i vestiti della mattinata, jeans e felpa azzurra, i capelli mossi mi ballonzolano sulle spalle: attraverso parecchi corridoi, passo davanti a tante porte tutte uguali e scendo le rampe di scale per tornare dalla reception. Magari potrei chiedere se hanno un mazzo di carte o un film o… Peccato che non ci sia nessuno al banco! Scoraggiata, mi giro e…
-Ciao Amy-
 
Neanche nei miei incubi peggiori avrei mai potuto pensare di ritrovarmi chiusa in uno sgabuzzino con Tom Werther, il bullo della scuola, il mio bullo, completamente spalmato su di me. Ho quasi paura a guardarlo negli occhi: ho gridato, ho tentato di seminarlo attraverso i corridoi ma era troppo veloce. Mi ha afferrata e spinta contro la prima porta che ha trovato aperta, che ovviamente doveva essere lo sgabuzzino del manutentore: è già tanto che io riesca a respirare con il suo avambraccio destro contro al collo e tutto il suo peso contro di me.
-Co-cosa vuoi Tom?- Ho quasi le lacrime agli occhi, ma piuttosto che farmi vedere piangere da lui preferirei morire.
-Oh tranquilla Warm, voglio solo farmi una chiacchieratina con te, da Lupo a Lupo, da Prima a…- Quasi non lo vedo, ma di sicuro lo sento: con un gesto rapidissimo, mi straccia la manica destra della felpa con un coltellino a serramanico che non avevo gli ho mai visto, lacerandomi il braccio e rivelando così il mio tatuaggio.
-Oh. Merda!- Sorride quasi sadico mentre io cerco di trattenere qualsiasi suono che possa rivelargli quanto realmente mi abbia fatto male.
-Sei… contento adesso?- La ferita ricomincia a rimarginarsi, ma sento comunque il dolore.
-Oh mi dispiace, ma Janice vorrebbe sapere un altro paio di cosine da te
-Io non combatterò. Non intendo farlo, né per voi né per gli Anziani- Una strana luce brilla negli occhi di Tom.
-Ah, e così il piccolo Striato si è fatto coraggio e te ne ha parlato… Beh, se non sei con noi, sei contro!
-No, ti sbagli!- Velocemente, mi stringe il braccio destro, riaprendo la ferita; dal dolore improvviso, emetto un singulto.
-Ah, dolce piccola ingenua Warm! Tu dovrai scegliere… e, quando lo farai, io penserei anche a cosa rischierebbe la tua famiglia se scegliessi la parte sbagliata!- La sua pressione sul mio braccio e sulla mia gola si fa più forte, tanto che quasi mi manca l’aria. Con sguardo soddisfatto, Tom mi squadra da capo a piedi, senza però mai spostarsi.
-Mmmm, devo dirtelo Warm: tu mi sei sempre piaciuta!-. Lo guardo per la prima volta: ma sta dicendo sul serio?
-Sei sempre stata diversa, combattiva; ogni volta che io tentavo di demolirti, tu imperterrita ti rialzavi e andavi avanti senza mai lamentarti. Diavolo, non hai nemmeno raccontato a mia sorella tutte le angherie a cui ti ho sottoposto! No, tu dovevi cavartela da sola, affrontare le cose a testa alta e andare avanti- Se è possibile, si avvicina ancora di più, il suo viso contro la mia guancia destra.
- Tu mi spingi ogni giorno a dare il peggio di me… Forse è per questo che mi hai sempre eccitata tanto!- Poi mi lecca: YUK! Cerco di divincolarmi ma la sua stretta sul mio braccio si fa ancora più forte e la pressione sulla mia gola quasi m’impedisce di respirare. Ho le lacrime agli occhi ma non piangerò. Non davanti a lui.
-No no no,Warm, così non va bene! Io ti confido i miei veri sentimenti e tu, cos fai? Cerchi di scappare?- Un sorriso malizioso gli compare sul volto e nei suoi occhi grigi ricompare quella luce strana. Mette la testa tra i miei capelli e inspira, poi emette un suono gutturale. Ormai sono pietrificata dalla paura, ma l’odio è più forte.
-Lasciami. Subito. Andare.
-Mi dispiace tanto, ma penso che prima dovrai rivelarmi il tuo Potere, visto che sei una Quarta.-
-Ti chiedo scusa, ma al momento è un mistero anche per me.- Mi squadra di nuovo con l’aria di chi valuta la merce, poi mi sussurra di nuovo all’orecchio.
-Sai, esistono modi meno gentili per ottenere ciò che voglio!- Detto ciò, appoggia tutto il suo corpo contro di me, schiacciandomi contro la parte. Poi, mi bacia: un bacio violento, imposto, pieno di sentimenti contrastanti. Finalmente quel qualcosa dentro di me scatta: è quella stessa Rabbia che mi aveva pervaso il giorno in cui l’ho “pugnalato”. Credo che sia il mio Lupo che mi vuole difendere. Trattengo un conato dovuto al suo odore di sigarette, gli mordo più forte che posso le labbra per allontanarlo almeno un po’, poi gli pianto una potentissima ginocchiata in mezzo alle gambe. Bingo! Cade in ginocchio gemendo, così gli afferro i capelli e lo costringo a guardarmi.
-Mi dispiace rovinarti i piani, ma ci vorrà ben altro per sopprimere questo Lupo.
Detto questo, mi sorride sadico, e sono sicura che le mie parole lo abbiano incitato a fare ancora di peggio: odio quel sorriso, così gli do una bella testata sul naso, come avevo imparato alla lezione di autodifesa offerta dalla scuola. Credo di avergli rotto il setto nasale.
Scappo più veloce che posso da quello sgabuzzino infernale e mi rifugio in camera mia: giuro su Dio, non ho mai avuto così tanta paura in vita mia. Ma, dopo oggi, è bello sapere che ci sarà sempre Qualcuno pronto a difendermi.

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Capitolo 28
*** La situazione si scalda ***


-IO LO AMMAZZO! L’AMMAZZO QUEL BASTARDO!- Forse non avrei dovuto raccontarglielo.
-No, Kane, no! Ti prego…
-Kane pensaci, non puoi andare lì adesso e ucciderlo… Ci sono troppi Umani in giro!
-Jason! Non mettergli in testa strane idee!
-Scusa Carmen, ma se quel bastardo avesse fatto una cosa del genere a te io…
-Lo so Jason, però…
-Però è successo a me! E non voglio che nessuno di voi mi difenda, devo imparare a farlo da sola!- Kane è talmente nervoso che cammina su e giù per la stanza; Kara se ne sta appoggiata tranquilla contro la parete mentre Carmen e Jason sono seduti sul mio letto e si stringono le mani.
-Amy ti prego, ti aspetti davvero che io gliela lasci passare liscia?- Dalla frustrazione scatto in piedi.
-No, mi aspetto che tu rispetti quella che è la mia decisione!
Un silenzio nervoso cala nella stanza, finché Carmen non prende la parola.
-Amy, io non posso immaginare come ti sei sentita oggi e rispetto il tuo pensiero, ma come Lupo Alfa di questo Branco io credo che…
-Già, ma io non faccio parte del Branco, vero?- I presenti si scambiano diversi sguardi imbarazzati.
-Sì, questo è vero; tu hai attraversato la tua prima Trasformazione solo ieri e oggi hai già dovuto affrontare un nemico da sola. Capisco che tu possa sentirsi frustrata, arrabbiata e persino delusa. Però devi anche capire che non ci sei dentro solo tu, questa cosa è molto più grande di me, di te o del Branco: stiamo parlando di una Guerra!
-Alla quale io non voglio prendere parte!
-Ma dovrai! Dovremo tutti! In questo genere di guerre chi rimane Neutrale è un pericolo per entrambe le parti! Forse non oggi, forse non domani, ma un giorno dovrai scegliere.-Per la prima volta, Kara si stacca dalla parete e si porta al centro della stanza.
-Io penso che dovremmo tutti calmarci e affrontare le cose con razionalità- Jason si lascia sfuggire uno sbuffo.
-Amy, in queste particolari circostanze tu hai solamente tre scelte: passare dalla parte di Janice e Tom e sfidare gli Anziani; puoi decidere di affrontare tutto da sola, come un Lupo Omega, correndo però molti più rischi di quanti ne correresti se fossi affiancata da un branco; infine, puoi cercarti un Branco ed accettare senza riserve quello che il Lupo Alfa deciderà per il vostro futuro. Noi siamo il primo Branco nel raggio di kilometri e, siamo realisti, per te sarebbe quasi impossibile trovarne un altro o riuscire a farne parte in così poco tempo. Questo è quanto!- Un senso d’irritazione crescente m’impedisce di restare ferma o zitta.
-Parli proprio tu? L’unica tra tutti a cui non gliene frega un cazzo se io vivo o muoio! Da quando sono arrivata, non hai fatto altro che schivarmi e tagliarmi fuori, neanche avessi la lebbra. Chi sei tu per venire a dirmi che cosa devo fare?!- Tutta la rabbia, la frustrazione che ho covato stanno venendo fuori come una tempesta in controllando e si stanno abbattendo sul primo bersaglio che mi è capitato a tiro.
-Hai ragione- Rimango di sasso.
-Cosa?
-Hai ragione; sinceramente, non mi sono mai interessata molto a te o ai tuoi miseri problemi…
-Miseri?
-… e certo non comincerò adesso! Tu per me sei come un altro paio di scarpe sul mio scaffale: superfluo.
-Superfluo?! Senti un po’,…
-L’unico motivo per cui ho deciso di considerarti è perché Kane ci tiene a te e io tengo a Kane! Non per buonismo, non per un’improvvisa illuminazione divina o che so io! Lo faccio solo per Kane, capito?!- Detto ciò, sbarra gli occhi e si copre la bocca, come se avesse detto un’eresia: oh mio Dio, non mi ero mai accorta che le piacesse Kane! Certo, spesso faceva la stupida con lui e ci flirtava anche parecchio, ma non ho mai pensato che potesse avere un interesse serio per lui. Per la prima volta vedo la vedo arrossire, così spalanca la porta e corre via; ovviamente Carmen le va dietro, ma prima di uscire mi dice:- Continueremo questo discorso più avanti-.
Jason, Kane ed io rimaniamo un po’ in silenzio a scambiarci sguardi imbarazzati, poi Jason si alza.
-Senti Amy, devi capire che tu sei entrata da poco nelle nostre vite e in ancora meno tempo ti sei rivelata più speciale di quello che avremmo immaginato! Te lo dico in tutta sincerità, ma che non venga fuori da questa stanza: io e Carmen siamo d’accordo sul fatto che Kara sia sempre stata un po’ egocentrica e la tua entrata in scena ha messo parecchio in discussione l’idea che lei aveva di se stessa. Ha tanti lati positivi, è una grande amica, sa sempre come farti ridere ma anche come ragionare lucidamente nei momenti peggiori, però ha sempre avuto bisogno di un riflettore tutto suo sul palcoscenico. Quello che sto tentando di dirti è: cerca di non essere troppo dura con lei e con noi. Non è facile per nessuno.- Con il discorso più lungo e sensato che sia mai uscito dalla sua bocca. Lo osservo per qualche secondo: alto, muscoloso, forse un po’ troppo per i miei gusti, i capelli color nocciola, le labbra sottili, gli occhi marroni… Capisco perché piaccia tanto alle ragazze: esteticamente, è proprio un bel tipo, ma, per me, la cosa migliore è che è più profondo di quel che sembra. So perfettamente che ha ragione: in fondo, non sono stata molto comprensiva con loro, concentrata com’ero sui miei problemi. Sospiro.
-Ha ragione, lo so. È solo che sono… frustrata! Vorrei solo essere…
-…normale- Credo che non lo capirò mai fino in fondo.
-Sì,…normale-
Ormai è ora di cena, così scendiamo di malumore nel salone: peccato che sia la prima volta nella mia vita che ho lo stomaco chiuso.

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Capitolo 29
*** Momenti d'intimità ***


Ho assolutamente bisogno di dormire un po’: questa giornata verrà sicuramente inserita nella Top Ten delle più stressanti, subito dopo il giorno in cui ho scoperto di essere un Licantropo e di essere stata adottata, appena sopra al giorno del pugnale tra le scapole di Tom. Purtroppo, siamo nel periodo di Luna Piena e…
-Spiegami di nuovo perché siamo nella foresta!
-Amy, guarda che non è così complicato!
-Lo so, lo so… Scusa, è solo che stasera ho la testa tutta da un’altra parte
-Indovino: ti senti in colpa per Kara e per quello che sta succedendo-. Lo guardo negli occhi: dannazione, ma sono un libro aperto per lui?
-È solo che… è solo che, forse, sono abituata a risolvermi le grane da sola e, in questo periodo, mi sembra quasi di sfruttarti…Sfruttravi!- Ridacchia: sembra ancora più bello sotto la luce della luna.
-Certo che sei paranoica certe volte, te l’hanno mai detto?
-Non è la prima volta che lo sento.      
-Allora, ascolta bene perché non te lo spiegherò più: adesso tu ed io andremo a correre. In genere, si tende a correre col proprio branco ma, vista la situazione tesa, abbiamo preferito dividerci.
-Ok, questo l’avevo capito, infatti mi sono vestita di conseguenza.- Anche se in teoria non dovrei soffrire il freddo, ho deciso di mettermi, oltre agli scarponcini da montagna grigi, i jeans neri e la canotta dello stesso colore, una vecchia felpa grigia che ho rubato dall’armadio di mio padre. Forse mi sta un po’ larga, ma volevo qualcosa che sapesse di casa.
-quello che non capisco è Perché andiamo a correre: la Luna Piena è passata, non dovremmo essere al sicuro?
-Dovremmo, ma è sempre più prudente farsi una corsetta nei giorni successivi, diciamo per smaltire i residui ed evitare di Frustrarci.
-Non deve essere piacevole… sai, essere costretti a trasformarsi! Adesso capisco perché Janice è sempre su di giri!- Ecco di nuovo quella risata calda che mi fa venire i brividi lungo la spina dorsale: per l’adrenalina mi trema una mano. La nascondo in una tasca.
-In effetti… A me personalmente non è mai successo, ma non credo che sia poi così piacevole. Comunque, aspettiamo che arrivi Jason e partiamo.
-Ehi, ma tipo… Perché viene con noi?- Mi accorgo quasi subito del tono inquisitore che ho usato, scommetto di essere arrossita. Fortunatamente, non sembra essersene accorto.
-Cioè, nel senso che… Sì, insomma, non dovrebbe voler proteggere la sua ragazza? Perché se questa cosa del passeggiare dopo la Luna Piena è una cosa che farebbero tutti i Licantropi, non pensi che anche Janice, Tom…e Desy…
-Sì, ci avevamo già pensato, ma Jason mi ha detto che Carmen ha insistito. Che lei e Kara dovevano finire un discorso.
-Ah…- Rannicchio le gambe sul tronco dove sono seduta e comincio un’intensa valutazione delle mie scarpe: la verità è che sono un po’ sollevata che ci sia anche Jason. Dopo stamattina, le cose tra me e Kane sono così nebulose che potrei pensarci su per giorni e finire con le idee più confuse di prima. Evitiamo di guardarci, eppure non riesco a fare a meno di osservarlo con la coda dell’occhio: solita tshirt attillata, jeans a vita bassa e scarpe da ginnastica. Dovrebbe congelare con le temperature che ci sono qui fuori, eppure mi sembra stia sudando. Forse lo rendo nervoso. O forse ho una bella immaginazione.
-Sai, è curioso…
-Cosa?- Aggrotta la fronte.
-Questo! Il fatto che tu ed io finiamo per parlare solo dopo che è successo qualcosa- Si morde il labbro inferiore: forse lo pensa anche lui.
-Sai Kane, non mi dispiacerebbe tornare al punto da cui c’eravamo lasciati… Eravamo buoni amici una volta!
-Già… bei tempi quelli!- Comincio a ridere tra me e me e scuoto la testa.
-Cosa c’è?
-Niente… è che avevo una grandissima cotta per te e tu non te ne sei mai accorto!- Il suo sguardo è un misto tra sorpresa, incredulità e… potrebbe essere…? No, forse l’ho solo messo in imbarazzo.
-TU? Per me?
-Cosa c’è di strano? Tu eri un ragazzo, io una ragazza, eravamo amici… Non mi sembra niente di mai sentito!
-Sì, è solo che… Io… e non me ne sono mai accorto!
-Eh, non possiamo essere tutti svegli!- Sorride tra se abbassando lo sguardo, poi lo rialza su di me e quella strana luce nei suoi occhi mi sorprende. Non mi ha mai guardato in modo così… penetrante? Inspiegabilmente, cominciano a sudarmi le mani e il mio cuore comincia ad assomigliare a un tamburo impazzito.
-Amy, senti…
-Sì?- Fa qualche passo incerto verso di me.
-Io… io vorrei…- Si blocca. Inspira profondamente ed espira corrucciando la fronte.
-L’hai sentito vero?
-Sì… abbiamo visite!





P.S. Scusate l'assenza ma mi si era fuso il computer! ;)

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Capitolo 30
*** Due contro due ***


L’odore di sigaretta e menta invade la natura, così mi tiro a sedere e mi preparo: in lontananza due figure si avvicinano, una più alta e spedita, l’altra più minuta e incerta. Ma so chi sono, senza che debba vederli in faccia.
-Andava tutto troppo bene!
-Amy, resta calma… Andrà tutto bene!- Comincio già a sentire i primi sintomi di un attacco di panico: sudori freddi, incapacità di respirare con regolarità, pressione sul petto…
-Kane, io…
-Andrà tutto bene. Te lo prometto.- Mi guarda negli occhi mentre lo dice. Inspiro lentamente.
-Ti credo.
-Oh, ma che scena commovente!- Sono stati più rapidi di quello che credessi.
-Tom…- Kane digrigna i denti: so che gli ci vuole tutto il suo autocontrollo per evitare si saltargli subito addosso. Dirigo la mia attenzione sulla figura alle spalle di Tom. Desy sembra un po’ più se stessa stasera: è sempre pesantemente truccata di nero, un’opera di Janice che le da un non so che di macabro, ma almeno il maglione lungo beige e i jeans bianchi mi fanno pensare che c’è ancora un po’ di lei sotto quella maschera.
-Tu che ci fai qui?
-Ciao Em. Come stai?- È la prima volta che la sento parlare da mesi. Perfino quel giorno nel corridoio, quando ho pugnalato Tom, si è limitata ad annuire dietro alle sue guardie del corpo.
-Come sto? Come… Io non ci posso credere!-
-È passato tanto tempo!
-Già, ma scommetto che per te sarà passato in un lampo.
-Non sai quanto ti sbagli, invece.
-Cosa ci fate qui?- Kane si porta un passo avanti a me e cerca di tirarmi  dietro di lui con il braccio destro.
-Calmo, Striato. Desy voleva solo scambiare due chiacchiere con la sua vecchia amica qui, ecco tutto!- Tom sembra così falso con quel sorriso perbenista stampato sulla faccia.
-E da quando sarebbero affari tuoi, Tom?
-Ti aspettavi forse che lasciassi mia sorella in balia di voialtri? Si vede proprio che non mi conosci.
-Senti un po’…
-Kane basta.- Il mio è un sussurro ma lui mi sente lo stesso e si tappa la bocca. Dall’altra parte della radura, Desy rimprovera sottovoce Tom.
-Me l’avevi promesso!-
-Scusa sorellina, ma tu sai benissimo cosa penso di questa situazione!
-Sì che lo so e per questo ti ho chiesto di lasciar parlare me, per una volta!- Torna a rivolgersi a me.
-Em, possiamo parlare? Va bene anche qui, non m’importa, però ho bisogno che tu senta la mia versione.
-Mi dispiace Desy, ma non mi sembra un buon momento per parlare questo!
-Em, tu non capisci…
-SMETTILA DI CHIAMARMI COSì! Dopo tutto quello che mi hai fatto passare! Dopo tutti questi mesi di silenzio!- E al diavolo l’atteggiamento apatico e distaccato!
-È vero, non ci siamo più parlate ma io mi sono sempre tenuta aggiornata su di te!
-Ah sì? E come?- Sembra imbarazzata, abbassa lo sguardo.
-Em, possiamo parlare in privato? Ti prego!
-Io non abbandono Kane qui con tuo fratello!
-Che centra Tom adesso! Non te la sei mai presa con lui, prima d’ora…
-Te l’avevo detto Desy… ti ho detto cosa è successo e cosa le hanno fatto credere!- Tom parla coi denti serrati, quasi si stesse trattenendo. È proprio un ottimo attore! Chissà cosa le avrà raccontato.
-Chiudi il becco Tom!
-Em, per favore! Devo spiegarti tante cose e…
-Dov’è Janice?- Jason m’interrompe, evidentemente preoccupato, così mi guardo intorno e mi rendo conto ancor prima di ricevere una risposta.
-Jason era di troppo: Janice si è offerta di distrarlo!- L’orrore compare negli occhi di Kane. È combattuto: vuole proteggermi, me l’ha promesso; però ha troppa paura per il suo amico. Ci guardiamo per un secondo e ci capiamo al volo. Come una volta.
-Sei sicura?- Volgo lo sguardo verso Desy e Tom: lei sembra più sicura dal nostro ultimo “scontro” nei corridoi della scuola, eppure le mani le tremano. Per la prima volta, rivedo un pallido ricordo della Desy che conoscevo e non è una mia semplice congettura. Ci guardiamo negli occhi e lei sostiene il mio sguardo.
-Vai!- Kane mi lancia un’ultima occhiata incerta e guarda di storto ancora una volta Tom.
-Torno presto!- Poi, con uno scatto, si volta e lascia la radura. Cosa mi aspettavo? Glielo detto io di andare, no? E allora perché mi sento così… ferita? Delusa? Non lo so… Sospiro fissando il punto in cui è sparito. Poi, metto insieme tutta la mia determinazione e mi giro.
-Beh… N-non dovevamo parlare?




Nota dell'autrice: scusate l'assenza prolungata ma sono andata sei giorni in gita in Spagna; in più, si avvicina il periodo dell'esame e sono sempre più sotto stress. Cercherò di riaggiornare il più continuamente possibile!  

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Capitolo 31
*** Scontro di vedute ***


Tom si limita a pattugliare il limitare della radura, lanciandomi ogni tanto un’occhiata e sorridendo sotto i baffi. Io e Desy siamo sedute sul tronco dove stavo prima, ma lei si guarda le mani.
-Allora?- Ho il fiato corto, così la incoraggio ad iniziare. Alza lo sguardo, ha gli occhi lucidi.
-Mi dispiace tanto Em!- Ora tocca a me abbassare lo sguardo: non mi sento sicura con Tom qua vicino che sente tutto e di sicuro non voglio piangere davanti a lui.
-Mi dispiace tanto di averti lasciata da sola e non averti dato nessuna spiegazione, però adesso sai perché l’ho fatto!
-Sì, lo so… Però questo non mi fa sentire meglio! Avresti potuto almeno inventarti una scusa o che so io!
-Lo so, lo so… è-è solo che… io non volevo mentirti, ecco!- Un vento gelido scuote la radura e mi agita i capelli davanti alla faccia, ma nessuna delle due si scompone.
-Allora… Di cosa volevi parlarmi?
-Ti prego Em, non trattarmi così, con freddezza! Io ho fatto i salti mortali per convincere Tom e Janice a lasciarmi parlare con te!- Abbassa di nuovo lo sguardo.
-So che mio fratello ti ha parlato di quello che vuole fare Janice… e so che hai rifiutato- Annuisco ma rimango in silenzio.
-Ti chiedo di ripensarci!
-Non se ne parla!
-Em, tu non sai cos’hanno fatto gli Anziani! Non ti rendi ancora conto che…
-E invece mi rendo conto benissimo! E so che non desidero combattere per la stupida vendetta di Janice!- Desy si succhia il labbro superiore, come fa sempre quando pensa.
-Allora Kane ti ha raccontato tutto!
-Quasi tutto…- Abbasso gli occhi un secondo, poi li rialzo più determinata.
-Voi perché lo fate? Tu perché lo fai?
-È complicato Em…
-E allora rendilo semplice!- È combattuta, lo vedo; ma sa anche che io non mollerò.
-Beh, all’inizio non ci credevo davvero a tutte quelle storie sugli Anziani e la loro crudeltà, ma poi mi sono ricreduta: abbiamo incontrato Janice, ci ha raccontato la sua storia e così ho capito che non erano tutte balle, che quelle cose le avevano fatte davvero. Non so cosa pensi Tom di tutto questo, ma io non voglio sottostare a un gruppo di assassini sociopatici col complesso di Dio!-.
-Certo, forse non sono il massimo come guide però non credo ci sia bisogno di arrivare ad una guerra! Desy, ma non capisci che Janice forse ti sta manipolando?!
-Non dire così, lei non lo farebbe mai!
-Ah davvero?!
-Io la conosco!
-Sì, certo…
-Sì!
-Guarda che sei tu che hai appena detto…
-Lo so, ma ci sono stati tanti altri massacri oltre a quello della sua famiglia!
-E quando mai non ci sono stati nella storia!
-Ed erano sempre opera degli Anziani! Non hai provato ad informarti un po’ sulla vera storia del mondo?- Ci rimango di sasso: non ci avevo mai pensato.
-Senti Em, stasera sono venuta per darti un’ultima possibilità, in nome dei vecchi tempi: stasera è martedì… beh, hai tempo fino a giovedì sera, l’ultima della gita, per decidere.- Si alza e fa per andarsene.
-Decidi bene, ti prego!- dice con voce strozzata e gli occhi ancora lucidi; fa per andarsene, poi si ferma come se avesse dimenticato qualcosa.
-Senti, forse dovresti controllare la tua mail. È un po’ che non lo fai! Bon, ciao…- Detto questo, si gira e se ne va, lasciandomi palesemente confusa e frustrata. Mi tremano così tanto le mani che me le infilo nei capelli e lancio un mezzo ringhio dalla disperazione.
-Ha ragione, sai…- Faccio un salto di mezzo metro: Tom è alle mie spalle. Non se n’era ancora andato, il bastardo.
-Lasciami stare Tom, o gradisci un’altra lezioncina come quella di oggi?
-In effetti, non mi dispiacerebbe vedere cos’altro mi nascondi…- Mi scruta da capo a piedi con sguardo vorace, da predatore: alla luce della luna, con i capelli biondissimi come Desy, gli occhi scuri e incavati e la pelle chiara somiglia più alla mia idea di vampiro che di lupo. E mi terrorizza a morte.
-Sfortunatamente per me, però, devo scappare! Janice ormai avrà finito col suo passatempo!- Mi si avvicina così tanto che il suo alito di sigaretta mi da il voltastomaco e posso sentire il suo torace alzarsi e abbassarsi. Poi, mi sussurra all’orecchio.
-Comunque stai tranquilla, troverò un po’ di tempo per riprendere da dove ci siamo lasciati.- Inspira profondamente l’aria, annusando probabilmente il profumo dei miei capelli, poi in un lampo corre via. Sono così orripilata che per diversi minuti non riesco a muovere neanche un muscolo: perché, perché in queste situazioni mi viene sempre il panico? Perché non posso essere coraggiosa come Kane o Jason o… Janice ormai avrà finito col suo  passatempo. OH MIO DIO, KANE! JASON!

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Capitolo 32
*** Serena... nonostante tutto ***


-KANE! JASON!- Silenzio. Solo un estenuante, profondo e oscuro silenzio. Riesco a sentire nell’oscurità perfino il mio cuore che batte all’impazzata.
-KANE! JASON!- Continuo a correre alla cieca in preda al panico: non sento niente, non fiuto niente, non sono neanche sicura che sia questa la stessa direzione presa da Kane.
Il vento gelido mi sferza il viso e mi fa lacrimare gli occhi. O forse sono io che sto piangendo dalla disperazione. Non lo so! Non so più niente! Dio, che stupida, che stupida sono stata! Perché l’ho lasciato andare?!
Mi fermo un momento per tentare di riprendere fiato e mi guardo attorno: gli alberi mi sembrano tutti uguali e la luce della luna è sparita tra le nuvole. Non percepisco niente e la cosa mi spaventa ancora di più. Poi lo sento.
Un urlo. Un urlo agghiacciante, lacerante, gelido, che mi lacera dentro come mille spade. Un urlo che credo non riuscirò mai più a levarmi di dosso. Un urlo straziante, disperato, un grido di donna. Comincio a correre.
 
Le grida ormai sono state sostituite da dei singhiozzi, esasperanti e incessanti; man mano che mi avvicino, sento le gambe molli che incespicano nella neve, i polmoni che bruciano sempre di più per la corsa disperata. Ormai ho smesso di piangere, ma un senso di panico ancora più grande mi attanaglia le viscere. No, no, no, no, no, no, no, continuo a ripetermi. No, non può essere! No, non può! NO, NO, NO, NO, NO, NO!
La luna torna a risplendere nel bosco, ma quasi non me ne accorgo: corro, continuo a correre guidata da quei lamenti strazianti che riecheggiano nel buio. Torna indietro, perché stai andando avanti! Forse, alcune volte, è meglio non sapere… ma io ne ho bisogno! Ormai il mio corpo va avanti per inerzia, le gambe cominciano a cedere, inciampo in una radice nascosta dalla neve e ruzzolo per terra, ma non importa! Io devo sapere! Mi rialzo e vado avanti.
 
Ormai sono vicina, vedo uno spiazzo in mezzo agli alberi e intravedo diverse sagome in controluce. Sono allo strenuo delle mie forze, ma la disperazione è ormai tale che in pochi minuti sbuco nella radura. E vedo ciò che mai avrei pensato di vedere.
-Oddio… Kane!- Mi avvicino a lui, le lacrime che cominciano a bruciarmi gli occhi.
-Oh grazie a Dio! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!- Kane, con gli occhi gonfi, il viso contorto dal dolore, mi si fionda addosso e mi abbraccia. Mi abbraccia forte, con bisogno quasi animalesco di contatto umano. Lo stringo a mia volta, lasciando uscire tutta la disperazione, tutto il panico accumulato nell’ultima ora. Restiamo un po’ così, abbracciati, piangendo uno sulla spalla dell’altro e stringendoci come se ne andassero le nostre vite.
-Kane… che cos’è successo?- Sussurro appena. Il suo respiro si fa più corto, sento il suo panico accumulato sotto la pelle.
-I-i-io no-no… Le-lei e-era… e i-i-io no-no-non so se è-è-è…- Ricomincia a piangere e così lo stringo di più. Lui stringe a sua volta: mi fa quasi male, ma è un male che mi fa bene.
Quando mi lascia andare sento freddo, ma non importa: non riesco neanche più a pensare, vorrei avvicinarmi ma non mi sento di… disturbare.
Poco più in là, Kara è inginocchiata a terra, in lacrime ormai silenziose, coi pugni chiusi contro le tempie e il volto deformato dal dolore: probabilmente le grida e i lamenti erano suoi. Poi il mio sguardo si posa su di loro, su quelle due persone che finora non avevo osato guardare per paura di ricominciare a piangere e non riuscire più a smettere.
Lui è lì, per terra, scosso dai singhiozzi, col viso sotterrato nei capelli di lei: trema, piange ed ogni lacrima per me è come una stilettata al cuore.
Lei, invece, è l’unica serena nella radura: gli stessi capelli ricci castano scuro che adesso Jason bagna di lacrime, li stessi vestiti che aveva stasera a cena, lo stesso viso bello ma senza alcuna presunzione che l’ha sempre caratterizzata, rigato solo da un taglio sul sopracciglio sinistro. Ma gli occhi no. I suoi occhi sono diversi. Quegli occhi così vispi, sempre pieni di gioia di vivere, quegli occhi caldi e vivaci, capaci di grande empatia e di grande discrezione; quegli occhi che a volte avevo l’impressione mi potessero leggere l’anima, sono diversi. Se una volta in quegli occhi c’era della vita, in questo momento non ce n’è più traccia.
Lei è l’unica serena nella radura, anche così accasciata nella neve e circondata da tutta questa disperazione. Lei resta serena. Anche se i suoi occhi, ormai spenti e vuoti, non saranno mai più gli stessi e il suo viso non potrà mai più sorridere ricolmando il cuore di chi lo osserva, lei è serena. Ma Carmen, nella sua serenità, non ha idea di quanta disperazione si sia lasciata dietro di se.





Nota dell'autrice: voglio solo dirvi che questo è stato uno dei capitoli più difficili che ho scritto... davvero.
Per tutto il tempo ho ascoltato "Say something" di Christina Aguilera e A Great Big World e, ad un certo punto, ho quasi pianto. Spero di avervi trasmesso il mio stesso stato d'animo.
Comunque, mi dispiace veramente... solo, non odiatemi...

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Capitolo 33
*** Ormai ci restano solo le lacrime ***


È quasi ora di alzarsi, ma tanto non ho chiuso occhio per tutta la notte: continuo a fissare il soffitto della mia camera senza mai smettere di pensare a ciò che ho visto solo poche ore fa.
Lasciarla lì è stata la decisione più dura che potessimo prendere, ma nessuno sapeva cosa fare: l’abbiamo coperta con una delle nostre giacche e sotterrata nella neve. È stata la cosa peggiore che ho fatto in tutta la mia vita. Volevo dire qualcosa, non lo so, onorarla con qualche parola, ma tutti i bei discorsi mi si sono strozzati in gola. Siamo rimasti tutti lì, in silenzio, ognuno immerso nel proprio dolore, sciogliendoci in lacrime, finché Jason non ce l’ha fatta più: è sparito nel folto del bosco e nessuno ha provato a seguirlo.
Kara ha passato tutta la notte sul terrazzo, a piangere, a urlare e a disperarsi; ha perfino cacciato Kane quando ha provato ad uscire per consolarla… o per piangere con lei. Per condividere il suo dolore, ecco.
Riesco ancora a sentirla ridere, a vedere i suoi occhi perspicaci squadrarmi quando ci hanno presentate, la sua voce calda tentare di farmi sorridere. Non le ero legata quanto gli altri, però non riesco a smettere di sentirmi in colpa: forse se fossi corsa subito dopo che Tom se n’era andato, forse se non avessi neanche ascoltato Desy, se avessi direttamente seguito Kane, forse, forse, forse, forse, forse… Non riesco a smettere di rimuginarci sopra, di continuare a pensare a quello che avrei o non avrei potuto fare, come avrei potuto prevederlo o immaginarlo. Non riesco a credere che lei, proprio lei sia morta. Così.
Mi giro a guardare Kane che dorme nel letto a castello, proprio dove dormiva Carmen: chissà se è stata una cosa voluta, se non se n’è neanche accorto o semplicemente ne aveva bisogno. Mi volto verso la finestra e Kara è sempre lì, seduta per terra, con le gambe a penzoloni dal balcone e lo sguardo perso tra le nuvole: i solchi delle lacrime sulle sue guancie sono ancora freschi e ogni tanto serra la mascella tanto, credo, è il dolore al solo pensarci.
Mi alzo di malavoglia dal letto e mi avvio al bagno, tanto mi sono gettata sul letto praticamente vestita: non so neanche più cosa pensare, ricordare fa troppo male e non pensarci è praticamente impossibile. Mi guardo un po’ allo specchio, le occhiaie, i capelli sconvolti, gli occhi arrossati e riesco solo a pensare: Perché? Perché’ Perché? Non li bastava la tortura psicologica? No, loro volevano vederci soffrire, annegare nel nostro stesso dolore e rimpiangere il giorno in cui li abbiamo detto “No, noi non ci pieghiamo”.
Stringo così forte il lavandino che le mie nocche sono sbiancate e sento le lacrime salirmi di nuovo agli occhi; espiro a fatica e mi costringo a fare diversi respiri per calmarmi. Mi concentro sugli spazzolini posati sotto la specchiera: il suo è ancora lì.
-Hai dormito un po’?- Scuoto la testa, non mi serve neanche guardare chi è entrato in bagno: ho riconosciuto subito il suo inconfondibile odore, anche se la voce e roca e stanca.
-Già, neanch’io ci sono riuscito…
Ce ne stiamo un po’ lì impalati, io attaccata al lavandino come se fosse l’unica cosa che mi impedisce di cadere, e lui lì, appoggiato con non chalance allo stipite della porta e le braccia incrociate. Lo osservo di sottecchi: i capelli scompigliati, le occhiaie molto simili alle mie, i vestiti spiegazzati.
-Cos’è successo, Kane? Io… io lo so che fa male… Fa male anche a me. Però ho bisogno di saperlo- Cerco di avvicinarmi a lui, ma abbassa lo sguardo. Forse sono egoista, ma tenere tutto dentro credo non faccia bene a nessuno.
-Kane, senti,… i-io mi sento in colpa. Non-non riesco a smettere di pensare che se avessi…-.
-Amy, non dire cretinate! La colpa è solo mia…- Non sembra arrabbiato. I suoi occhi si fissano nei miei, riempiendosi di lacrime. E questo mi fa ancora più male.
-Se… se fossi rimasto con te, non avrei… io…- D’istinto, lo abbraccio e lui mi stringe a sua volta. Sento la tensione nei suoi muscoli e le lacrime bagnarmi la spalla, ma non m’importa.
-Senti, lascia stare. Ne parliamo poi…-
-No…- Allenta la presa e mi guarda di nuovo.
-Devo liberarmi di questo peso!-
-Ok…- Si avvicina alla vasca e si siede sul bordo, mentre io rimango lì appoggiata al lavandino, ma non mi da più sicurezza come prima. Vorrei non avesse sciolto così in fretta quell’abbraccio. Prende un bel respiro.
-Dopo che mi sono allontanato da te, lasciandoti con quei due, mi sono diretto un po’ alla cieca verso l’hotel. Sapevo che era uno sbaglio abbandonarti, ma ero disperato, non ragionavo. Speravo di intercettare Jason prima di Janice, o almeno di incontrare le ragazze. Subito, non sentivo niente poi un odore particolare mi ha colpito: pneumatici bruciati. Mi sono messo a correre, sono anche caduto un paio di volte, ma non mi importava: mi sentivo troppo in colpa per averti lasciata là da sola ma ho pensato che tu e Desiree, in fondo, eravate amiche una volta. E poi, ormai ero lì, non potevo tornare indietro. In oltre, confesso che, se mi fossi anche solo fermato a pensare, credo che sicuramente avrei fatto marcia indietro…- Si guarda le mani: lascio che si prenda tutto il tempo che gli serve.
-Comunque, mi sono costretto ad andare avanti e quando sono arrivato, ho trovato Kara svenuta nella neve, ai piedi di un albero, e… e Carmen che lottava con Janice. Ho provato, ci ho provato ad aiutarla, ma Carmen mi ha ordinato di starmene al mio posto: non lo so, non so perché… perché non l’ho aiutata comunque! Sì, mi ha dato un ordine da alfa ma… Non lo so! Forse, ho pensato che avrei solo potuto peggiorare la situazione... Non sapevo cosa fare, ero nel panico e, così, ho fatto l’unica cosa utile: ho svegliato Kara. E, come si è svegliata, lei si è scagliata su Janice. Capisci?! Le-lei non ha esitato! Ma Janice è molto più vecchia di Kara, non è di certo una novellina: l’ha rimessa al tappeto praticamente lanciandola contro l’albero più vicino e, mentre io ero lì, in piedi come un deficiente, Carmen si è distratta, si è preoccupata per Kara e ha cercato di superare Janice per correre da lei. Ma non ce l’ha fatta… lei… Janice l’ha afferrata per un braccio, l’ha fatta ruotare su se stessa, le-le ha messo un braccio attorno al collo e le ha… le ha sp…- Non riesco neanche a guardarlo negli occhi: lo sento singhiozzare e respirare per tentare di calmarsi. Pensavo di essere forte abbastanza, ma mi sbagliavo. Forse, certe volte, è meglio non sapere.
-Io non ho potuto… no-non sono riuscito a muovermi, io non ho…- Sospira.
-È stata colpa mia… Mia, capisci? Come ho potuto entrare nel panico! Come potrò guardare di nuovo in faccia Jason?! E Kara, e te e i parenti di Carmen...-
-Kane…- Gli vado incontro e gli poso una mano sulla spalla: è straziante, non potrei neanche immaginare cos’avrei fatto io al suo posto. Lui continua torcersi le mani e a guardarsi i palmi, immobile ed in silenzio.
-Non mi dimenticherò mai il sorriso sulle labbra di Janice prima che… Ogni volta che chiudo gli occhi, mi rispunta da dietro le palpebre e mi tormenta, mi punisce per aver lasciato che Carmen…-
-Kane, io non…- Poso l’altra mano sull’altra sua spalla e cerco il suo sguardo, ma lui mi allontana.
-Chi non agisce è ugualmente colpevole… Non credo che riuscirò mai più a guardarmi allo specchio- Detto ciò si alza e se ne va, lasciandomi da sola in quel minuscolo bagno. Credo che, stanotte, una parte di tutti noi sia morta con lei.

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Capitolo 34
*** Siamo tutti colpevoli ***


Nota dell'autrice: sì, sono tornata... ma vi prego non linciatemi! T.T
So di essere sparita per tipo due mesi e mi dispiace immensamente: il fatto è che ho affrontato la maturità quest'anno e in più ci si sono messi in mezzo diversi problemi personali, senza contare che sono andata via diversi giorni. Non sto cercando di giustificarmi, odiatemi pure se dovete, solo (forse non ho diritto di chiedervelo) spero che mi odierete un po di meno (almeno, non troppo)!
Comunque ecco qui per voi un nuovo capitolo, fresco fresco!
Inoltre, ci tengo moltissimo a chiedervi un parere, ma per il quale vi scrivo poi sotto. Per adesso, buona lettura!




-Deve morire- Le prime parole uscite dalla bocca di Kara. E non posso credere che le abbia dette. Guardo esitante Kane e mi sembra così piccolo seduto sul letto. Ora mi sento in colpa più di prima: perché glielo chiesto? Perché, perché, perché! Che stupida!
-Deve pagare!- Kane continua a fissare il pavimento: da quando Kara è rientrata in stanza, non ha ancora parlato e nemmeno ha incontrato il suo sguardo.
-Kara, io…-
-Amy, stanne fuori! Tu qui sei l’unica che non centra niente! Sei solo una spina nel fianco, lo sei sempre stata! Un peso per tutti quanti!- Posso capire che sia ferita e che si stia sfogando, ma quelle parole sono una stilettata al cuore. E Kane non dice niente. Così faccio un bel respiro.
-Anch’io voglio che paghi… ma la sua morte non sarebbe una soluzione!- Non ho mai visto tanto disprezzo nello sguardo di qualcuno come in quello di Kara.
-Stupida ingenua, cosa credi, che gliela farò passare liscia? Che potrà continuare a vivere dopo che Carmen è…- L’ultima parola le si strozza in gola.
-Dico solo che ucciderla… non è la soluzione, ecco!
-E quale sarebbe, sentiamo?
-Io…-
-Ferirla! Farle tanto male quanto lei ne ha fatto a noi!
Ci giriamo tutti sconvolti verso la porta, anche Kane: Jason è sgusciato dentro e noi non ce ne siamo neanche accorti. Non sembra più neanche lui. I capelli scompigliati e le occhiaie scure non sono niente in confronto a quegli occhi freddi.
-Jason, cosa… cos’hai fatto alle mani?- Kane sembra sconvolto. Io non l’avevo notato, ma le sue nocche sono violacee e su alcune ci sono profondi tagli.
-Diciamo solo che i guardaboschi si faranno diverse domande su alcune sequoie buttate giù a suon di pugni…- Visto lo sguardo sconvolto di tutti i presenti, Jason sospira.
-Tranquilli, si stanno rimarginando lentamente per le schegge…
-Non è quello- Finalmente Kane si è alzato. -Senti Jason, io…
-Non è stata colpa tua… Non è colpa di nessuno di voi!- Kane si fa scuro in volto.
-Jason, tu non sai come sono andate le cose…-
-Ma la colpa non è comunque tua! O di Kara, o di Amy!- Fa un profondo respiro. –La colpa è mia… mia e di Janice!- Nessuno parla.
-Io lo ha abbandonata e l’ho lasciata da sola ad affrontare il pericolo-
-Jason, Carmen ti aveva chiesto di essere lasciata da sola, per… per parlare con me!- Kara è sull’orlo delle lacrime, la voce è strozzata. Cala il silenzio. Dopo diversi minuti, trovo il coraggio.
-È stata colpa di tutti! In minima parte, certo, ma siamo tutti colpevoli! Tutti abbiamo fatto qualcosa che l’ha avvicinata al suo destino… ma, chi ha le mani sporche di sangue, qui, è Janice! La sua non è una vendetta: ormai è diventata una strage d’innocenti. Ma non credo che stare qui ad autocommiserarci serva a qualcosa…- Mi guardano tutti: Kara è ancora furente, ma la sua rabbia sta scemando; Jason mi fissa serio, squadrandomi con curiosità; Kane, invece, sembra sorpreso.
-Carmen è morta combattendo… e noi combatteremo per lei fino alla fine! So di non avere nessun diritto perché non faccio parte del vostro branco, ma…
-…avresti dovuto!- Le parole di Jason mi lasciano senza parole: lo guardiamo tutti sorpresi.
-Carmen mi ha confessato che ti avrebbe voluto nel suo branco… Ti ha sempre trovata interessante! Ma sapeva anche che stavi affrontando tanti problemi tutti assieme e non voleva spaventarti. Non posso ammetterti ufficialmente, perché solamente l’Alfa può accettare un nuovo membro nel branco, ma io propongo di metterlo ai voti. Per Carmen…- Jason cerca lo sguardo di Kane e Kara, anche se entrambi sembrano evitarlo.
-Allora, qualcuno si oppone?- Kane mi lancia un’occhiata veloce di sottecchi: si vede che è combattuto.
-Jason , non puoi dire sul serio…-
-Sono serissimo, Kara! Allora… qual è il tuo voto?- Kara mi fissa intensamente, ma io non abbasso lo sguardo. Senza staccare gli occhi dai miei dice:- Va bene-.
-Va bene?! VA BENE?!- Kane sembra confuso, ma più che altro è arrabbiato
-Solo per Carmen…-
-No! NO! Io non ci sto! Non posso farlo!
-Kane, io…- Cerco di essere gentile, ma lui mi interrompe.
-Carmen è già morta, non posso perdere anche te! Se diventi parte del nostro branco, sarai un bersaglio!-
-Ma io sono già un bersaglio, Kane! E no-non credo di farcela ancora per molto da sola!- A questo punto, Kane alza i suoi luminosi occhi su di me, come ha fatto Kara poco prima: eppure, nei suoi intravedo solo dolore. È quasi come se stesse avvenendo una silenziosa conversazione tra di noi.
-È quello che vuoi? È veramente quello che vuoi?- Io non rispondo, mi limito a fissarlo intensamente: credo che la mia determinazione si veda attraverso i miei occhi.
-Allora, bene…- dice -…Benvenuta in questo branco, Amanda Warm!-





Nota: Premessa, dopo aver ripreso in mano la storia (e averla riletta per rinfescarmi la memoria), ho pensato che ci sono un paio di cose che non mi convincono: in primis, le email del misterioso BetaWolf. Avevo già più o meno progettato qualcosa, ma ora mi sembra più che altro un'idea campata in aria e non ben organizzata. L'idea era carina e mi intrigava, ma l'ho incorporata male.
Seconda cosa, stanno venendo su troppi capitoli che (diciamocelo) sono troppo brevi.
E terzo, l'incontro tra Amy e Kane, l'ho capito un po' tardi, è (forse) un po' troppo assurdo.
Io sto provando, a parte, a unire i capitoli a coppie, in modo da dimezzarli e, intanto, riscrivendo le cose che non mi andavano a genio.
La mia idea era quella di cancellare la storia dal sito e rimettercela un po' rinnovata. Quindi, la mia domanda, alla fine, è: voi cosa ne pensate?
Sarei immensamente felice se mi scriveste in posta privata cosa ne pensate... Non voglio assolutamente fare qualcosa senza consultarvi! Spero non siate troppo arrabbiati per rispondere.

La vostra OperaIncompiuta

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Capitolo 35
*** Forse è ora di darsi una mossa ***


A colazione è stato un po’ complicato spiegare ai professori come mai Carmen mancasse all’appello: lo è stato soprattutto perché, ogni volta che veniva pronunciato il suo nome, dalla faccia degli altri sembrava che stessero ingoiando un rospo. Che, un po’, è quello che veramente hanno fatto!
Janice e Tom non la piantavano di fissarci. Un continuo fissare e ghignare, fissare e ghignare: è un miracolo che Jason non gli sia saltato addosso. Desiree, invece, è rimasta tutto il tempo immobile a fissare il suo piatto.
Adesso, l’idea di andare sulle piste non mi entusiasma più di tanto, ma è sempre un modo come un altro per smettere di pensare; con la tavola sotto braccio mi avvio con tutti gli altri, mentre Kane, Kara e Jason rimangono nel deposito per finire di prepararsi. Quando Kara stamattina ha visto che prendevo una delle giacche di Carmen, mi ha lanciato uno sguardo di fuoco: la realtà è che adesso la sua presenza, anche se è solo una giacca, mi da sicurezza. Dopo ieri sera, Kane non mi ha più rivolto la parola, Kara si diletta ogni volta che può nell’uccidermi con lo sguardo e Jason… beh, lui sta più che altro per conto suo. E come biasimarlo?
Quando arriviamo al punto di ritrovo, i professori ci fermano per una comunicazione dell’ultimo minuto.
-Questa mattina non si terranno le lezioni, ma siete liberi fino alle due! Fino a quell’ora, cercate solo di non rompervi l’osso del collo- Fantastico!
Mi dirigo verso la seggiovia.
-Amanda, aspetta!- Mi giro e, con non poca sorpresa, vedo…
-Jason?-
-Sì, ehm… stai salendo?-
-Eh… s-sì, sì certo! Vuoi…?
-Sì, grazie. Dobbiamo parlare.
-Vaaa bene…- Che strano! Prendiamo una seggiovia da quattro, ma saliamo solo noi. Lui si siede su di un’estremità, io più centrale: cominciano a sudarmi le mani e la mia mente parte per la tangente. Cosa vuole? Ha bisogno di parlare? Dovrei cominciare io, incitarlo a dirmi cosa deve dirmi?
-Senti Amy…- Si torce le mani. Dev’essere piuttosto combattuto.
-Jason, se hai bisogno di parlare, io devo avvertirti che non sono…
-Penso che dovresti scoprire qual è il tuo potere- Sbarro gli occhi.
-Co-cosa?- Ero preparata a tutto, ma non a questo.
-Penso che dovresti tentare di scoprire qual è il tuo potere-
-Ehm… Jason, io non capisco-
-Sono preoccupato, Amy! Preoccupato che quello che è successo a Carmen possa succedere anche a uno di voi!-.
-Ma come fai a sapere che il mio “potere” potrà aiutarci? Magari peggiorerà solo le cose!-
-Questo non possiamo saperlo. Però, ho fede. Se c’è una cosa che ho imparato da Carmen, è che non bisogna mai dare niente per perso-
-Non lo so, Jason. Non saprei neanche da dove iniziare!-
-Posso darti una mano, se vuoi. Oppure, puoi chiedere a Kane- Mi lancia uno sguardo d’intesa. Di sicuro, sono arrossita.
-I-i-io non credo che…-
-Secondo me, fate una bella squadra! Siete così… intimi, certe volte, che perfino io mi senti fuori luogo. E io sono il suo migliore amico!- Ora devo essere proprio paonazza. Jason sorride.
-Amy, certe cose non si possono controllare. Succedono e basta! Io ho amato Carmen dal primo giorno in cui l’ho vista a scuola, quando era ancora una pestifera primina tutta ricci e sorrisi. Da quel giorno, nel mio cuore, c’è stato posto solo per lei, non esisteva nessun’altra!-
-Wow, io… non credevo-
-Già, non è una cosa che vado in giro a spifferare a chi mi capita sotto mano!- Sorrido: non avevo mai visto questo lato di Jason.
-Sai cosa mi ha fatto tornare in hotel, stamattina?- Scuoto la testa.
-Dopo essermi sfogato con quelle povere sequoie, mi sono guardato le mani e ho pensato:”Dannazione, adesso cosa farò? Che cosa sono io senza Carmen?”. E, dopo diverse ore di meditazione, sai cosa mi sono risposto?- Scuoto di nuovo la testa.
-Che non l’avrei mai scoperto se fossi rimasto lì a prendere a pugni gli alberi!- Una cosa così saggia che quasi mi sorprende sia uscita dalla sua bocca.
-Quindi Amanda Warm, se vuoi capire chi sei e, soprattutto, combinare qualcosa con Kane… forse è ora di darsi una mossa!-






Nota dell'autrice: non ho ancora ben deciso cosa fare (se finire la storia così e poi ripubblicarla ben fatta o se cancellarla subito e ripubblicarla per evitare di far confusione), quindi per ora continuerò ad aggiornare! Vi terrò informati :)

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