Rivaille

di smartys ayane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il titano bestia ***
Capitolo 3: *** La storia di Rivaille (Parte 1) ***
Capitolo 4: *** La nuova recluta ***
Capitolo 5: *** Allenamento ***
Capitolo 6: *** Misteri ***
Capitolo 7: *** La storia di Rivaille (Parte 2) ***
Capitolo 8: *** Sulle montagne ***
Capitolo 9: *** Oltre i confini ***
Capitolo 10: *** La valanga ***
Capitolo 11: *** La storia di Rivaille (Parte 3) ***
Capitolo 12: *** Sopravvivenza ***
Capitolo 13: *** Arrivo al villaggio ***
Capitolo 14: *** La storia di Rivaille (Parte 4) ***
Capitolo 15: *** La battaglia dei titani ***
Capitolo 16: *** Il momento della verità ***
Capitolo 17: *** L'ultimo combattimento ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



 
 


Prologo
 
Nebbia, fuoco, urla. E sangue, sangue dappertutto.
Nebbia. Non si riusciva a vedere quasi nulla, se non il rosso vivo delle fiamme che divampavano nel villaggio. Una donna si alzò da terra piangendo e strillando, mentre le sue braccia stringevano ancora quel fagotto marrone che poco prima era stato schiacciato da una trave infiammata caduta giù dal tetto di una casa ormai completamente distrutta.
Fuoco. Sembrava non fermarsi più. Decine e decine di corpi carbonizzati giacevano a terra, e non era rimasta nemmeno un’abitazione intatta. Un ragazzo teneva stretto sul petto la mano di una giovane donna, o di quello che ne era rimasto. Una parte del suo corpo era finita sotto le macerie, l’altra metà era quasi completamente in fiamme.
Urla. E sangue.
Un bambino, al centro del villaggio, strillava con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Dov’era sua madre? E dov’era suo papà? Attorno a lui vedeva solo morte. Il piccolo non era abbastanza grande da poter camminare, e tutto ciò che poteva fare era guardarsi attorno, e continuare a urlare e piangere.
Forse sarebbe morto lì, se non fosse stato per lui.
Il bambino sentì dei passi veloci, e si voltò impaurito. Un uomo alto, dalla carnagione scura e i capelli dorati sporchi di fango e cenere si chinò a terra per prenderlo tra le sue braccia. L’infante ebbe solo il tempo di vedere in lontananza una sagoma alta, troppo grande, enorme e gigantesca, e troppo vicina.
Si accorse in seguito di trovarsi al chiuso, in una carrozza forse, sicuramente non più al villaggio. Guardò per l’ultima volta il volto dell’uomo che l’aveva salvato, e che in quel momento gli stava sorridendo.
E poi fu buio.
 
Levi si alzò di scatto dal letto, trattenendo un urlo di paura. Guardò la finestra con gli occhi spalancati, e impiegò qualche minuto per capire che, ancora una volta, non stava rivivendo realmente gli accadimenti di quel giorno.
Un sogno. È solo un sogno.
Il ragazzo sospirò, socchiudendo gli occhi. Prese la borraccia sul comodino accanto al letto, e bevve un sorso. Il sole stava sorgendo oltre le vette della montagna, e tra poco il gruppo avrebbe dovuto mettersi in marcia.
Levi si alzò, si infilò la maglietta del giorno precedente e uscì dalla stanza. Fortunatamente i superiori potevano ancora godere di questo grande beneficio: dormire separatamente dal resto della squadra. Solo lui sapeva cosa accadeva la notte nei suoi sogni, e non gli sarebbe piaciuto che i suoi compagni udissero le sue urla e i suoi lamenti, e ancor di più odiava l’idea di dover spiegare loro a cosa fossero dovuti i suoi bruschi risvegli.
Non che qualcuno avrebbe osato chiedere, naturalmente. Il rispetto verso di lui era troppo grande nei confronti dei suoi uomini per permettergli di osare tanto.
Levi raggiunse frettolosamente la stanza più grande della base,  dove dormiva la squadra. Spalancò senza indugio la porta e corse ad aprire le persiane.
“E’ quasi giorno, fannulloni. Muovete il culo e datevi da fare, si preannuncia una giornata impegnativa!”
Cominciarono a udirsi i primi lamenti. Svegliarsi all’alba era sempre duro, specialmente dopo aver fatto tardi la notte precedente. Erano veramente rari i momenti di svago o relax quando si era in ricognizione, ma lo erano ancora di più quando c’era una missione ben precisa da svolgere, come in questo caso.
Levi si avviò verso la porta, e lanciò uno sguardo fugace ai 6 materassi ai suoi piedi.
Eren, Mikasa, Armin, Jean, Connie e Sasha. Sicuramente la squadra migliore che potesse formare.
Il capitano uscì dalla stanza, e si diresse fuori. Amava la lieve brezza mattutina in quel periodo della primavera. Lo aiutava a svegliarsi meglio quando non c’era la possibilità di infilarsi dentro una doccia rinfrescante.
Levi sedette sull’erba, con la schiena poggiata al tronco di un albero. Chissà se Erwin se la stava cavando bene. Non erano ancora giunte notizie.
Un altro titano anomalo. Un sesto titano umano. Quanti ce n’erano ancora? Per quale motivo queste persone avevano la capacità di trasformarsi in titani, e come l’avevano ottenuta?
Troppe domande, nessuna risposta. Una sola certezza: o avrebbero deciso di schierarsi dalla parte dell’umanità, o sarebbero morti.
 
Levi spinse la testa indietro, fino a sfiorare il legno dell’albero. Sentiva le voci dei suoi ragazzi provenire dalla cucina. In quanti sarebbero morti, questa volta?
Nessuna pietà, Rivaille. Nessuna pietà.
Levi scosse la testa. Quei maledetti ricordi, che non riusciva ancora a cancellare dalla sua mente.
“Capitano” Il ragazzo si voltò di scatto. Sull’uscio della porta, Eren, già in tenuta militare, lo guardava spazientito “Siamo tutti pronti.”
Levi annuì, alzandosi da terra. “Bene Eren. Lo spero davvero. Oggi ci spingeremo più lontano di quanto non abbiamo mai fatto fin’ora, potremmo incontrare diversi pericoli e raggiungere spazi troppo ampi per poter utilizzare l’attrezzatura tridimensionale, perciò non dimenticare di usare il cervello oltre che la forza, e di non perdere mai il controllo”
I ragazzi annuirono all’unisono. Levi spazzò via dai capelli un piccolo pezzo di legno.
“Prendete i cavalli” esclamò “Si parte!”.
 
 

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Capitolo 2
*** Il titano bestia ***



 
Il titano bestia

Combatti. Combatti sempre come se non temessi la morte. Combatti come se non avessi nulla da perdere. Combatti, e non pensare a nient’altro.
Levi sfoderò le spade proprio un attimo prima di raggiungere la collottola del titano. Il gigante, alto circa 12 metri e intento a catturare Sasha, non si era minimamente accorto della presenza alle sue spalle.
Stupide. Stupide bestie.
Il capitano si avvicinò velocemente alla parte posteriore del collo del titano, e recise profondamente il suo punto vitale.
Il gigante non ebbe nemmeno il tempo di urlare che cadde rumorosamente a terra. Fuori uno.
Levi si voltò, pronto ad affrontare un altro dei cinque titani che erano improvvisamente apparsi sulla loro strada mentre avanzavano spediti verso la meta, ma i suoi compagni avevano già annientato tutti i giganti. Meglio così. Tuttavia, non aveva formato quella squadra solo perché la più forte, ma anche perché sapeva di potersi fidare ciecamente di tutti loro. Tranne uno.
I suoi erano cattivi pensieri, lo sapeva bene. Doveva avere fiducia in tutti i suoi uomini, senza esclusioni. Ma c’era un nuovo titano anomalo che minacciava l’umanità, e dopo la sorpresa di Berthold, Annie, Ymir e Reiner temeva che qualcun altro dei suoi uomini potesse nascondere un titano.
D’altronde, non era ancora certo che il gigante a cui stavano dando la caccia fosse realmente controllato da un umano. Le sue erano solo supposizioni. Ma c’erano troppe caratteristiche in quello strano essere che gli suggerivano ciò.
Il titano bestia. Così lo chiamavano. Era alto circa 17 metri, e godeva di una forza impressionante. Levi non lo aveva ancora incontrato, ne aveva solo sentito parlare, ma aspettava con ansia il momento in cui avrebbe smascherato quest’altro traditore. Il gigante in questione riusciva a interagire con gli umani anche con il linguaggio, ed era palese che possedesse intelletto. Non c’era bisogno di un esperimento scientifico per dimostrare che dietro di lui si celava un uomo.
Tuttavia, l’unica cosa realmente importante in quel momento era trovarlo, catturarlo e scoprire l’ennesimo traditore. E ce l’avrebbero fatta. Levi non era solito accettare sconfitte.
“Capitano!” Il ragazzo si voltò. Dietro di lui, Eren ansimava rumorosamente e indicava un punto lontano in mezzo agli alberi “Laggiù c’è una ragazza svenuta. Ha la testa sanguinante, ma respira ancora. E’ viva, possiamo salvarla!”
Levi si avvicinò con tutta calma ai cavalli, incurante di voltarsi verso il luogo che Eren gli aveva indicato
“Andiamo” disse senza battere ciglio mente montava insieme agli altri sul proprio cavallo.
 
Pochi minuti dopo, il gruppo si fermò in una radura a pochi passi dal luogo dove avevano combattuto i giganti. La ragazza era quasi al centro di essa, in posizione supina, con il braccio destro verso l’alto e la mano sinistra stretta in un pugno, come se stesse afferrando qualcosa.
Levi scese da cavallo, e si avvicinò. Eren fece lo stesso.
La ferita alla testa non sembrava particolarmente profonda, tuttavia il sangue continuava a sgorgare copioso, mescolandosi ai capelli biondi.
Era giovane, non doveva avere più di vent’anni. La corporatura era esile, troppo per essere un soldato. Non portava nessuna divisa, e ciò confermava che di certo non apparteneva a nessun gruppo militare.
Non ci serve. Ci ostacolerà solamente.
Levi le prese il polso, per avere la conferma che fosse ancora viva. Il battito era presente, ma molto lieve.
Si alzò di scatto, portandosi una mano sul fianco destro.
“Il battito è lento, e l’emorragia sembra non volersi fermare. Inoltre abbiamo ancora molta strada da percorrere, e incontreremo molti titani, e ciò la metterebbe ulteriormente in pericolo. È inutile portarla con noi. Troverebbe lo stesso la morte, e fossi in lei preferire attenderla qui, incosciente e incapace di provare dolore piuttosto che nella pancia di qualche titano. Quindi, rimettiamoci in marcia”.
Levi avanzò verso il suo cavallo, pronto a partire. Eren, invece, rimase a fissarlo inorridito.
“Non possiamo lasciarla qui!” esclamò avvicinandosi al caporale “Non è ancora morta, abbandonarla sarebbe un omicidio!”
Levi lo fissò a lungo, senza proferire parola. Non si era voltato verso gli altri ragazzi, ma poteva ben immaginare che anche loro erano rimasti sconvolti dalla sua scelta.
Umanità. E’ questo che li frega.
“Fa come vuoi” disse infine “non credo che la sua presenza intaccherà in qualche modo la nostra missione. Ma se dovesse succedere, non dovrai minimamente esitare a lasciarla indietro”
Gli occhi di Eren si illuminarono “Grazie, Capitano!”
Il ragazzo strappò una striscia del suo mantello, e la usò per fasciare la ferita della loro nuova compagna. Poco dopo Connie lo raggiunse, e lo aiutò a issare la ragazza sul suo cavallo.
Levi, intanto, era già parecchi passi più avanti.
 
La sera stava calando sulla foresta di alberi giganti dove il Capitano aveva portato il suo gruppo.
Finalmente.
La squadra non era stata informata sul luogo dove si sarebbero diretti, ma adesso che si trovavano lì avevano capito perfettamente il motivo per cui il Capitano li aveva portati in quel posto.
Ultimamente, infatti, il titano bestia era stato avvistato sempre più spesso da quelle parti. Secondo alcuni non c’era un motivo preciso, mentre secondo Hanji, Levi, Erwin e Armin il gigante stava cercando qualcosa, o qualcuno. Quell’idea, in effetti, non era da escludere, considerando che il titano in questione era in grado di ragionare e perfino parlare.
“Ognuno ai vostri posti!” esclamò Levi salendo sulla cima dell’albero più vicino a lui.
Aveva mostrato in precedenza la disposizione della squadra ai suoi ragazzi, ed essi non esitarono nemmeno un attimo a trovare l’albero più adatto su cui arrampicarsi. Il caporale vide che l’ultimo a posizionarsi fu Eren, che aveva perso tempo per cercare un luogo appartato dove nascondere il proprio cavallo, sul quale si trovava ancora la ragazza trovata nella radura.
Testardo.
Levi lo guardò. C’è molto di me in lui.
Ricordò la prima volta che l’aveva visto, quando gli aveva salvato la vita. Lo aveva voluto a tutti i costi nella sua squadra. Nemmeno un uomo forte, agile e veloce può nulla contro un ragazzo che ha perso tutto, tranne la forza di volontà e la voglia di vendetta verso chi gli ha distrutto la vita davanti. E poi, anche lui poteva trasformarsi in un titano.
Per fortuna, almeno lui sta dalla nostra parte.
 
Era notte fonda ormai, e pioveva a dirotto. Gli alberi non erano in grado di coprire i soldati dalla pioggia, ma il loro fisico era ormai talmente abituato alle intemperie che nessuno si sarebbe ammalato anche se avesse continuato così per il resto della notte.
Tutti sembravano tranquilli. Eren si guardava sempre dietro per assicurarsi che la ragazza stesse bene, Mikasa si stringeva la sciarpa rossa sul viso, Armin fissava l’erba ai suoi piedi e Sasha e Connie conversavano animatamente da un ramo all’altro. Levi non era in grado di vedere cosa stesse facendo Jean, dato che il ramo su cui si era posizionato era coperto dalla chioma di un albero. Il Capitano poggiò la testa sul tronco, e sospirò.
Perché cazzo non ti fai vivo, merda! Levi strinse i denti, e tornò a guardare verso la direzione di Jean, anche se non poteva vederlo. Guarda caso, tu sei qui e quel cazzone non si fa vivo. Appena mi viene il minimo sospetto ti trapasso da una parte all’altra con entrambe le spade, ti taglio a fettine e ti…
Levi non ebbe il tempo di formulare il pensiero, che un boato e un tremore catturarono l’attenzione di tutti i presenti.
Ci siamo! Levi si affrettò a sfoderare le spade. Era lui, doveva essere per forza lui, lo sentiva.
La squadra era tutta concentrata verso il caporale, che avrebbe dovuto dare loro il segnale quando sarebbe arrivato il momento di attaccare.
Levi attese. Ascoltò il rumore dei suoi passi, lo scricchiolio dei rami da lui calpestati. E poi, lo vide.
Arrivò in fretta, e in fretta si fermò, come se aveva già pianificato di giungere lì.
Come se cercasse qualcuno.
E infatti, sembrava proprio che il titano fosse alla ricerca di qualcosa. Cominciò a guardarsi a destra e a sinistra frettolosamente, senza cambiare posizione. Era certo che ciò che stava cercando fosse lì.
Tuttavia, bastò un passo, un solo passo per convincere Levi che dovevano sbrigarsi.
E così, lanciò il segnale.
In un solo attimo tutti i ragazzi saltarono giù dai rami dove erano posizionati e si gettarono su una parte del corpo della bestia, come stabilito.
Prima di gettarsi sulla collottola della bestia, Levi si accertò che tutti fossero pronti ad attaccare sul punto a loro assegnato.
Mikasa sulla spalla destra, Armin sul fianco sinistro, Sasha e Connie sulle ginocchia, Eren sulla fronte e Jean…
Levi si immobilizzò. Jean.
Dove cazzo sei, cosa cazzo stai facendo, che merda sta succedendo qui?
Jean era scomparso.
Non c’era tempo per pensare. Doveva agire.
Azionò quindi la manovra tridimensionale pronto a gettarsi sulla collottola del titano, ma non fece in tempo.
Con un solo colpo, incredibilmente forte, il gigante gettò via tutti i ragazzi che si erano posati sul proprio corpo, compreso Eren che scivolò giù dalla fronte del titano andando a schiantarsi rumorosamente sull’albero più vicino.
Merda!
Il titano bestia si voltò velocemente verso il caporale, lo sguardo inferocito. Tuttavia, Levi non si era ancora arreso.
Azionò nuovamente la manovra tridimensionale, spingendosi verso il titano per cavargli un occhio, ma la bestia fu più veloce, e lo strinse in pugno più forte che poté.
Levi guardò giù per vedere se qualcuno dei suoi compagni si fosse ripreso, ma si rese conto che erano tutti svenuti, e forse qualcuno non era riuscito a salvarsi.
“Jean!” urlò Levi al titano “Io vivrò, e ti ucciderò! Ti rimanderò all’inferno da dove sei uscito e tornerai nella feccia da cui provieni!”
Il titano alzò la mano che teneva stretta il Capitano. L’uomo si accorse che il suo sguardo si era rivolto per un momento verso il basso, e capì cosa aveva intenzione di fare.
“Certo, ti fa schifo mangiare un tuo stesso simile, preferisci ucciderlo facendolo sfracellare a terra da 17 metri di altezza, no?”
Levi tentò di opporre resistenza, ma la forza del titano era immensa. Non sarebbe mai riuscito a liberarsi da quella morsa.
Il ragazzo guardò a terra, proprio nel punto dove si sarebbe schiantato tra poco.
Perché deve finire così?
Levi chiuse gli occhi, senza smettere però di tentare a liberarsi. Sarebbe morto, ma non lo avrebbe fatto da vinto. Prima o poi quel bastardo sarebbe stato smascherato, e qualcuno avrebbe continuato il suo lavoro.
Levi percepì all’improvviso un potente vuoto d’aria, e sentì quella fastidiosa sensazione allo stomaco di quando si cade da un’altezza considerevole. Sentì poco dopo la discesa bloccarsi all’improvviso, e qualcosa di denso e caldo finire sul suo viso.
Poi, il buio.



ANGOLO AUTRICE: Buonasera, gente :3 Scusate se ieri non ho avuto il tempo di commentare, ero in ritardo a karate e dovevo correre >.< Allora, in verità non ho molto da dire: mi piacerebbe sapere da voi cosa non va nella mia storia, sia da un punto di vista formale e linguistico sia tematico. Per questo spero di trovare qualche recensione adesso, perchè mi piacerebbe davvero migliorare nello scrivere, e solo voi potete aiutarmi! Detto questo, adesso scappo e vado a magnare *Sasha mode on* ci rivediamo al prossimo capitolo, un bacio! :* P.S.: spero di non aver rovinato sorprese a nessuno, avevo avvisato di non leggerlo se non avete letto il manga u.u

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Capitolo 3
*** La storia di Rivaille (Parte 1) ***



La storia di Rivaille (Parte 1)
 
Anno 827, città di Yoda.
In una piccola casa, nella parte più esterna del distretto, una giovane donna stava allattando il suo piccolo, un bambino di appena 2 mesi.
La madre, che indossava una semplice veste di lino e delle vecchie pantofole consumate, guardava il figlio con occhi gioiosi e lucidi dall’emozione.
Sei la cosa più bella che mi sia capitata.
La donna accarezzò dolcemente la guancia del figlio, che la guardava sereno attraverso i suoi occhi blu come la notte.
Nulla sembrava poter interrompere la serenità di quel momento.
Tamara e Raphael, il marito, abitavano in quella casa da più di un anno. Era una semplice abitazione con una stanza, una cucina e un bagno. Era particolarmente piccola, non vi era nessun tipo di decoro o di abbellimento né all’interno né all’esterno, e ogni oggetto da loro posseduto non aveva nulla di particolarmente speciale.
Vivevano una vita umile, Tamara e Raphael. Si cibavano di pane e formaggio, e tutto quello di cui avevano bisogno era il loro reciproco amore.
Fino a quando non sei nato tu.
Tamara sorrise al piccolo, che si era addormentato tra sue braccia. Quale futuro ci sarebbe stato per lui? Cosa avrebbero potuto dargli i suoi genitori, così umili e poveri? Si sarebbe accontentato di quello che aveva? Avrebbe lasciato la famiglia, un giorno?
Perché devo pensare a queste cose, adesso? Tamara si diresse verso la stanza da letto, e posò il bambino sul letto Abbiamo ancora un’intera vita davanti!
In quello stesso momento, la porta d’ingresso venne aperta rumorosamente, e Tamara sentì dei passi dalla cucina dirigersi verso la stanza. La donna si allarmò, e corse verso l’unico mobile presente nella camera: un tavolo dal quale prese un candelabro acceso, pronto a scagliarlo sull’aggressore.
E invece, ad aprire la porta della stanza fu Raphael.
“Tesoro!” esclamò Tamara riportando il candelabro al suo posto “Mi hai fatta spaventare! Credevo tu fossi…”
“Non c’è tempo per parlare, Tamara!”
La donna stava per chiedere cosa fosse successo, ma si accorse della strana luce negli occhi del marito e decise di tener chiusa la bocca. Raphael era spaventato. E ciò non accadeva molto spesso.
“Dimmi cosa devo fare!” esclamò prendendo in braccio il bambino, che nonostante il frastuono dormiva ancora placido e sereno
“Porta nostro figlio alle navi che stanno caricando sul fiume, e imbarcati con lui appena puoi. Dovete raggiungere il muro Tsion il più presto possibile!”
Il muro Tsion? Imbarcarci? Che cosa sta succedendo?
La donna uscì velocemente dalla casa, senza fare domande. Era palesemente un’emergenza, non poteva perdere altro tempo.
Per il suo bene.
Si incamminò quindi verso il fiume, procedendo più speditamente che potè.
Ma cosa ne sarebbe stato di Raphael? Cosa aveva intenzione di fare? Per quale motivo non stava fuggendo con loro?
E da cosa stiamo fuggendo?
Tamara svoltò l’angolo che dal loro quartiere portava direttamente al fiume, ma rimase impietrita quando si accorse dell’enorme folla che si era formata davanti alle uniche due imbarcazioni, già quasi completamente piene, che si trovavano lì in quel momento.
Cosa sta succedendo?
Tamara cadde nel panico. Non sapeva cosa fare, non sapeva come difendere il proprio bambino, né da cosa. Perché stava all’improvviso andando tutto a rotoli?
La donna decise di tornare indietro, per raggiungere l’altra parte del fiume e vedere se fosse riuscita a salire su una nave con più facilità, ma appena si voltò si rese conto del motivo per cui tutti stavano cercando di allontanarsi da quell’inferno.
A qualche decina di chilometri dal fiume, un gigante dalla pelle ricoperta di peli, quasi simile ad una scimmia, stava sollevando tutti i tetti delle case, quasi come se stesse cercando qualcosa. Stranamente, non sembrava interessato agli umani: molti soldati gli passavano accanto tentando di colpirlo, ma lui non aveva mangiato nessuno di essi. Gli unici soldati che erano caduti a terra morti, erano stati annientati dai macigni lanciati in aria dal gigante stesso.
Tamara si voltò verso le imbarcazioni. Si rese conto che era inutile sia aspettare le prossime navi, ammesso che sarebbero arrivate, sia dirigersi verso l’altra parte del fiume. La situazione era delle più gravi, e lei era arrivata troppo tardi.
Tornò quindi a casa, entrò nella camera da letto, aprì una botola e vi entrò. Quella stanza, veramente molto piccola, fungeva per loro da cantina. Lì dentro tenevano il cibo e alcuni oggetti che non usavano più, ma c’era abbastanza spazio per poter sistemare il piccolo e proteggerlo dal gigante. Anche se avesse staccato il tetto, il titano non avrebbe potuto vedere ciò che si trovava dentro la botola.
Per sicurezza, seppur era risaputo che quelle bestie non possedessero intelligenza, Tamara spostò il letto proprio sopra la botola, in modo tale che il gigante non avesse potuto vederla.
Poi uscì fuori, con il volto rigato dalle lacrime.
Quando tutto questo sarà finito, questa sera, verrò a riprenderti.
La donna non ebbe nemmeno il tempo di mettere il piede fuori casa che un soldato, o il cadavere di esso, si schiantò dritto sopra di lei, spingendola verso il tavolo della cucina e facendole sbattere violentemente la testa.
La donna ebbe solo il tempo di vedere il tetto della casa venire staccato dalle pareti, e una mano gigantesca e pelosa spazzarlo via.
Poi la morte arrivò, veloce e indolore.
 
Città di Yoda, 5 ore dopo.
I cittadini, quei pochi che erano rimasti in vita, erano in preda al panico. In quelle ultime ore si erano succeduti una serie di avvenimenti incredibili, e il villaggio era stato quasi completamente raso al suolo.
E non solo a causa del gigante.
Dopo che il titano era scomparso così misteriosamente come era apparso, senza nemmeno aver aperto un buco nel muro che difendeva i cittadini dai giganti, nella città era divampato un grosso incendio, che aveva distrutto quelle poche abitazioni rimaste in piedi e ucciso molti altri uomini.
Raphael, ormai in fin di vita dopo essere stato trafitto poche ore prima da una trave caduta da una casa in fiamme sul fianco sinistro, si trovava adesso al centro del villaggio, e stringeva a sé il suo bambino.
Tamara lo aveva salvato.
L’uomo aveva capito subito la decisione che aveva preso la donna quando un soldato gli comunicò la terribile notizia della sua morte.
Se Tamara era morta in casa, anche il bambino era in casa. E c’era solo un posto dove poteva trovarsi.
Raphael lo guardò, per l’ultima volta. Piangeva e strillava, eppure era completamente ignaro di tutto quello che stava succedendo.
L’uomo lo lasciò lì, poiché non aveva più la forza di poterlo sorreggere con le proprie mani. Ma aveva bisogno di trovare qualcuno, qualcuno che avrebbe preso in custodia suo figlio e l’avrebbe cresciuto al posto suo.
Raphael conosceva molti uomini e donne al villaggio, ma non c’era il tempo di cercarli. Prima di morire, avrebbe trovato qualcuno, chiunque, e gli avrebbe implorato di tenere con sé il bambino. Era troppo piccolo per poter sopravvivere da solo.
All’improvviso, apparve un uomo alto e biondo, dalla carnagione scura, vestito elegantemente, il volto coperto da un fazzoletto.
Non sembrava del villaggio, ma soprattutto sembrava essere arrivato solo adesso: i suoi abiti non erano sporchi né di polvere né di sangue, e non sembrava minimamente colpito da ciò che era successo.
“La prego, mi aiuti!” esclamò Raphael, ormai strisciante, tentando di avvicinarsi il più possibile all’uomo. Egli si voltò, senza proferire parola. “Mio figlio…” continuò Raphael.
Aveva altro, troppo da dire, ma ormai non riusciva nemmeno a parlare. Un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca, creando una piccola macchia rossa sull’erba. Poi ci fu un ultimo spasmo, e l’uomo si accosciò completamente al suolo, ormai deceduto.
L’altro si avvicinò, lentamente. Fissò il cadavere di Raphael per un paio di minuti, poi si voltò per andarsene, ma qualcosa lo frenò.
Sentì un pianto e delle urla alle sue spalle. Un bambino.
L’uomo corse velocemente verso la direzione che l’udito gli indicava, fino a raggiungere un piccolo bebè seduto sull’erba, che sembrava quasi non si fosse accorto della sua presenza.
"Otto!"
L’uomo si voltò verso la voce che lo stava chiamando. Dietro di lui, un ragazzo di circa 16 anni lo guardava spazientito
“Solo un momento, Hans”
Otto prese in braccio il bambino, e lo strinse a sé
“Che diamine fai! Non abbiamo tempo per queste stronzate!”
Otto fulminò il ragazzo con lo sguardo, ammutolendolo all’istante
“Bada a come parli, giovanotto!” esclamò avanzando velocemente “Devi a me tutto quello che hai, ricordatelo.”
Il ragazzo sospirò, rassegnato. Poi inseguì l’uomo fuori dalle mura, fino ad arrivare a una carrozza. Lì, Otto posizionò il bambino sulle sue gambe, e tentò di farlo addormentare cullandolo tra le sue braccia.
Mentre il piccolo veniva ondeggiato lentamente dall’uomo, una catenina a cui era attaccato un ciondolo cadde dalla coperta che lo teneva stretto.
Otto si chinò a raccoglierla, e, incuriosito, si soffermò a guardare il ciondolo, sul quale era inciso un nome.
Noah.
Otto guardò con tenerezza il piccolo, che sembrava essersi finalmente addormentato.
“Bene, Noah.” Otto prese la catenina, e la portò nella tasca della sua giacca. Il ragazzo guardò la scena attonito, poi si voltò verso la finestra. Otto urlò al cocchiere di fermarsi nella città più vicina per prendere del latte il più presto possibile. Il bambino aveva fame e doveva mangiare.
“Da domani avrai una nuova vita, e un nuovo nome. Benvenuto fra noi, Rivaille!”





ANGOLO AUTRICE: Allora, bentornati lettori :3 Come vedete aggiorno molto frequentemente, dato che in questo periodo sono particolarmente libera, nonostante i professori mi ricordino generosamente ogni giorno che quest'anno sono di maturità <3 E comunque, tralasciando ciò... l'ultima volta avevo dimenticato di dirvi di questi capitoli speciali che continueranno fino alla fine della fan fiction! La storia di questo personaggio (praticamente sconosciuta!) mi ha sempre interessato, e perciò ne ho creata una io u.u Questi capitoli speciali non saranno messi nella storia solo come una specie di spin-off, ma anche perchè sono importanti per comprendere alcuni passaggi della storia principale. Detto questo, spero vi sia piaciuto, e spero non mi ucciderete dato che l'ultimo capitolo era finito in modo un pò bruttino e magari avreste preferito la continuazione della storia principale (in realtà l'ho fatto un pò apposta è.è). Bando alle ciance, adesso vi saluto! Al prossimo cap :*

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Capitolo 4
*** La nuova recluta ***




La nuova recluta
Sangue. Sangue sul suo viso e sui suoi capelli.
Dolore. In tutto il corpo, stretto in una morsa, quasi non riusciva a respirare.

Vuoto.
Levi aprì gli occhi, ma li richiuse subito. Dovette continuare quella manovra per altre tre volte prima di abituarsi alla luce accecante del mattino.
Dove mi trovo?
Levi si voltò verso destra: accanto al suo letto c’era un altro materasso, dove riposava un ragazzo quasi completamente fasciato, e che sembrava messo molto peggio di lui.
Il caporale sgranò gli occhi per metterlo meglio a fuoco: era sicuramente un soldato, la giacca della divisa era sistemata sulla sedia accanto a lui. Aveva i capelli castani, un viso allungato e le labbra sottili.
Quel maledetto.
Levi strinse un pugno, e scese velocemente da letto
“Maledetto bastardo!”
L’uomo avrebbe raggiunto Jean molto facilmente, se qualcuno non lo avesse fermato.
Levi si voltò, pronto a scagliare il pugno a chiunque gli avesse impedito di ammazzare il traditore.
“Calma, Rivaille!”
Levi si bloccò all’improvviso. Davanti a lui, Erwin lo teneva fermo con l’unico braccio che gli era rimasto.
Cosa cazzo succede?
Il caporale abbassò il braccio, e tornò a guardare nella direzione di Jean. Il soldato era messo veramente poco bene, aveva la testa fasciata, il petto squarciato e un dito in meno nella mano destra.
“E’ lui, Erwin!” esclamò Levi cercando di reprimere la rabbia “E’ lui! Quando il titano è scomparso lui non c’era! E poi…”
Erwin lo ammutolì con lo sguardo. Il caporale conosceva bene quell’espressione. La solita faccia che mi fa quando si rende conto che sto dicendo un mucchio di stronzate.
“Non può essere lui, Rivaille” Erwin abbassò il braccio, lasciando libero il caporale “Guarda com’è conciato: le ferite si sarebbero già rimarginate se fosse stato un titano”
Levi guardò con più attenzione il corpo scorticato del ragazzo: non vi erano nuvole di calore che salivano dalle sue ferite, come accadeva a Eren quando veniva ferito.
Ma allora dove cazzo eri in quel momento?
“Non sappiamo ancora se tutti gli umani che possono trasformarsi in titani sono in grado di guarire le loro ferite con la stessa velocità” continuò Levi imperterrito “Per quel che mi riguarda, lui potrebbe essere benissimo il titano bestia”
Erwin sospirò, poggiando la schiena sul muro più vicino “La tua nuova recluta ha visto il titano scappare mentre Jean era a terra svenuto. Non è lui il gigante”
Levi si irrigidì “La mia nuova recluta?”
Erwin alzò un sopracciglio, grattandosi la fronte “Già, dimenticavo. Quando lei si è svegliata e ha aiutato gli altri a riprendersi, tu eri ancora svenuto.” Levi ricordò. La ragazza che Eren aveva visto nella radura, la stessa che alla fine aveva portato con loro. E io che pensavo sarebbe morta di lì a poco.
“Puoi parlare con lei più tardi, magari ti schiarisce le idee meglio di me” continuò Erwin
Levì annuì, sedendosi sul suo letto. Per quanto tempo era rimasto incosciente?
Poi si voltò verso l’amico, che si era girato verso la finestra e sembrava immerso nei suoi pensieri.
Faceva male vederlo così, per lui. Erwin era più che un collega e un compagno di disavventure. Erwin era un amico, l’unico che avesse mai avuto in quegli ultimi 10 anni. Era sempre stato al suo fianco, lo aveva appoggiato in ogni sua scelta, lo rispettava nonostante i suoi continui errori. Non avrebbe mai trovato un’altra persona come lui, un altro essere umano con cui condividere tutto quel dolore.
Levi si avvicinò all’amico, posandogli una mano sulla spalla destra, oltre il quale vi era il moncherino.
“Ho perso solo un braccio” disse Erwin con la voce tremante “Mentre avrei potuto morire insieme a tutti gli altri. Non mi sarebbe nemmeno dispiaciuto tanto.” Levi lo guardò con il cuore spezzato, sentendosi quasi in colpa per avere ancora tutti gli arti al suo posto “Eppure non sarò mai più il soldato di una volta, adesso. Posso guidare qualsiasi squadra, ma non sarò più abbastanza forte da poter uccidere ogni titano che mi si pari davanti, né sarò più abbastanza agile da poter tentare di salvare ogni soldato in pericolo”
Levi tirò un sospiro, alzando il volto per guardare l’amico negli occhi “Ti sbagli, Erwin. La tua forza e il tuo spirito non cambieranno mai. Tu sarai in grado di rompere il culo a ogni fottuto gigante fino a quando il tuo cuore non smetterà di battere, merda!”
Erwin respirò profondamente, senza rispondere. Poi si voltò verso il caporale, che lo guardava come se stesse aspettando una risposta.
“Ho perso solo un braccio” ripetè il comandante con voce più ferma “Eppure mi sento un uomo a metà”
Levi distolse lo sguardo. Non poteva sopportarlo. Non riusciva a vedere soffrire in quel modo l’unica persona che in tutti quegli anni gli era stata vicina, l’unico compagno con cui riusciva a tornare sé stesso.
L’unico che è riuscito a salvarmi.
Il caporale si allontanò dalla finestra, cercando di distogliere quei cattivi pensieri. E fu allora che si chiese cosa ci facesse effettivamente Erwin lì in quel momento.
“Grazie ai fumogeni siamo riusciti a capire che eravate qui vicino” disse all’improvviso il comandante, ricomponendosi, come se avesse letto nel pensiero del compagno “E così ho mandato Hanji a cercarvi. Quando si è accorta delle condizioni della squadra, vi ha guidati il più in fretta possibile verso la nostra base, e qui abbiamo appreso da Magdalene ciò che era successo”
“Magdalene?” chiese confuso Levi, aggrottando le sopracciglia
Erwin si avvicinò “Si, Magdalene. La tua nuova recluta!” il comandante posò con forza la sua unica mano sulla spalla dell’amico “Sempre ammesso che tu voglia farla entrare nella tua squadra. In caso contrario, io non ho assolutamente nessun problema a portarla con me!”
 
Dieci minuti dopo, Hanji, Erwin, Levi e Magdalene erano seduti attorno a un tavolo, al centro del quale vi era una grossa teiera fumante
“Gradisci?” chiese Levi alla ragazza porgendole una tazza

"Sissignore"
Levi scosse la testa, quasi infastidito da tanta formalità. E’ così presuntuosa da rivolgersi a me in quel modo come se fosse sicura che io la faccia entrare nel gruppo di ricognizione?
“Allora, Magdalene…”
“Magda” esclamò lei, drizzandosi sulla sedia
Come cazzo osi interrompermi, lurida sgualdrina! “Magda!” continuò Levi prendendo la sua tazza di tè “Mi hanno detto che sei stata la prima a svegliarti nel bosco, dopo l’accaduto”
Magda annuì, abbassando lo sguardo
“Sissignore, è così”
Erwin spinse la sedia il più vicino possibile al tavolo, come se volesse avvicinarsi allo stesso tempo a Magda “Dì al caporale ciò che hai detto a me. Non preoccuparti se il tuo racconto può sembrare confuso e frammentario, d’altronde non eri sicuramente al massimo delle tue capacità mentali ed è possibile che ti sia sfuggito qualcosa.”
Magda respirò affannosamente, come se il solo ricordo le procurasse uno sforzo immenso. Poi, finalmente, alzò lo sguardo verso il caporale, e cominciò a raccontare.
“Non so perché io mi sia svegliata proprio in quel momento. So solo che inizialmente non capivo dove fossi, né perché. Sentivo dei rumori, come di passi, provenire da qualche parte troppo vicina. Ci misi un po’ per rendermi conto che quel rumore era generato dal titano che, in quel momento, stava correndo proprio verso la parte opposta.” Magda si interruppe un attimo, per prendere un sorso di tè “Avevo comunque paura che il gigante potesse accorgersi di me, e così mi alzai improvvisamente per scappare verso l’altra direzione. E fu in quel momento che mi accorsi di lei” la ragazza guardò Levi, lasciando intendere che si stava riferendo a lui “Avrei continuato a scappare se non avessi visto i vostri mantelli. In quel momento sono corsa subito verso i primi soldati che mi sono capitati davanti, Armin e Mikasa”
Levi capì che la ragazza aveva già avuto modo di conoscere gli altri membri della squadra “Continua” la incitò
“Sembrava però che tutti e due non riuscissero a svegliarsi. E così corsi verso l’altro membro più vicino, l’altra ragazza. Ma fu in quel momento che Eren si svegliò e mi venne in soccorso. Per un breve lasso di tempo io e lui fummo gli unici a rimanere coscienti. Poi si svegliarono Connie e Mikasa, e ci aiutarono a caricare gli altri soldati sui cavalli. Il resto è accaduto tutto all’interno della base”
Magda si lasciò andare sullo schienale della sedia, come se avesse appena svolto un lavoro incredibilmente faticoso. Levi socchiuse gli occhi, esaminando la situazione
“In poche parole” disse “Tu sei l’unica ad aver visto il gigante e Jean nello stesso momento, l’unica che può testimoniare che quei due non siano la stessa persona?”
Hanji e Magda si spinsero in avanti, sorprese
“Come puoi pensare…” stava per chiedere la ricercatrice, prima di essere interrotta dalla stessa Magda
“Jean era a terra quasi morto quando il titano stava scappando!” esclamò quasi infastidita da quell’affermazione “Potrebbe essere stato lui a salvarla, non può pensare una cosa del genere!”
Levi battè improvvisamente una mano sul tavolo, prima che qualcuno potesse dire altro. Si alzò frettolosamente dalla sedia e chiese ad Erwin e Hanji di fare lo stesso
“Va bene, Magdalene” disse mentre sistemava il colletto della camicia “Sei stata utile”
Hanji ed Erwin si guardarono perplessi, poi Levi si affrettò a prenderli per le spalle e portarli verso l’uscita
“Un momento, caporale!” esclamò la ragazza alzandosi dalla sedia.
Levi si voltò “Prego, Magdalene”
Magda arrossì, giocherellando con le dita “Potrei sperare di entrare nel gruppo di ricognizione, signore?”
Levi spinse letteralmente gli altri due fuori dalla porta, poi si avvicinò di fretta alla ragazza e le si parò davanti
“Entrare nel corpo di ricognizione vuol dire essere liberi, Magdalene. Ma vuol dire anche poter morire da un giorno all’altro. E tu sei giovane, hai tutta la vita davanti…”
“Non è la morte che mi spaventa, ma vivere invano”
Levi accennò un sorriso. Fantastico. “Benvenuta nel corpo di ricognizione, Magda” esclamò infine tornando nuovamente verso la porta.
Gli occhi della ragazza si illuminarono, e sul suo volto apparve un’espressione soddisfatta
“Visto?” urlò Hanji dalla porta “Te lo avevo detto che era semplice convincere il caporale: basta fargli capire che vuoi morire e sei dentro!”
“Stai zitta, e muoviti” esclamò Levi un attimo prima di chiudersi la porta alle spalle.




ANGOLO AUTRICE: Ciao amici otaku :3 Le squadre si sono riunite, eh? *w* Adesso finalmente ci sarà qualche parte spassosa anche in questa fan fiction! Le parti più serie saranno sempre prevalenti, ma si sta parlando pur sempre del nanetto più forte del mondo, quindi non si può pretendere il contrario u.u Vabè, ci vediamo al prossimo :) Ciaooo <3

 

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Capitolo 5
*** Allenamento ***




Allenamento
Se avessero chiesto a Levi come stesse procedendo la missione, lui non avrebbe saputo rispondere.
Le due squadre erano partite circa una settimana prima, e nessuna delle due aveva subito perdite. L’obiettivo della missione, però, era quello di catturare il titano bestia ed estorcere da lui tutte le informazioni possibili , cosa che sembrava quasi improponibile dato l’incredibile forza del gigante e la sua capacità di ragionare.
Tuttavia, Levi ed Erwin non erano da soli.
Pixis, infatti, come il comandante Smith aveva informato quella stessa mattina al caporale, aveva deciso di dare un aiuto al corpo di ricognizione, e aveva inviato delle truppe della Polizia Militare in missione con loro.
Levi era entusiasta di quella decisione. Finalmente sembrava che i soldati stessero a poco a poco comprendendo che il loro reale lavoro doveva essere svolto al di fuori delle mura, a prescindere dallo stemma che portavano sulla divisa.
Il caporale svegliò la sua squadra particolarmente presto quella mattina. Aveva concesso loro un giorno di riposo, ma ciò non significava restare a letto a non far nulla. La sua idea di “riposo”, infatti, era semplicemente restare una giornata in più alla base per decidere meglio su come procedere e per allenarsi il più possibile mentalmente e fisicamente, perché, come sosteneva lui, un vero soldato non smette mai né di prepararsi ai combattimenti, né tantomeno di apprendere.
L’alba non era infatti nemmeno sorta quando Mikasa, Eren, Armin, Sasha, Connie e Magda vennero svegliati bruscamente dal caporale. Egli li portò subito all’esterno, disse loro di fare riscaldamento libero per almeno mezz’ora e poi rientrò immediatamente dentro per risolvere una questione con il comandante Smith, ma ebbe il tempo di sentire le lamentele di Sasha e Connie sul loro stomaco brontolante.
 
 
Erwin era seduto sullo stesso tavolo dove il giorno prima era stata interrogata Magda. Teneva in mano una tazza di latte, e fissava il pavimento ai suoi piedi mentre la testa era completamente immersa in pensieri tutt’altro che positivi.
Levi se ne accorse subito quando entrò nella stanza, perciò non perse tempo ad affrontare l’argomento che doveva essere trattato quella mattina.
“C’è del tè lì?” chiese indicando una tazza fumante posata sul tavolo. Erwin annuì, cupo. “Perfetto” esclamò il caporale
Levi ignorò le diverse sedie sparse attorno al tavolo e si sedette accanto all’amico, prendendo un foglio dietro alle sue spalle. Dovevano decidere una nuova formazione, in quanto si erano resi conto dello squilibrio delle due squadre che erano state formate in partenza: il gruppo di Erwin era palesemente più debole.
“Che ne facciamo di Jean?” chiese subito Erwin girandosi a guardare il compagno.
Levi fece una smorfia di disapprovazione “Non è in grado di parlare, figuriamoci di muoversi. Potrebbe rimanere qui con Hanji fin quando non sarà in grado di rimettersi in piedi. Poi potrebbero entrambi unirsi a una delle due squadre, ma intanto decidiamo il resto delle formazioni”
Erwin scese dal tavolo, togliendo il foglio dalle mani di Levi “Non credo ci sia realmente bisogno di stravolgere le formazioni. Ti chiedo solo di darmi Armin e Mikasa, dato che necessito di una mente sveglia nella mia squadra e qualcuno di più forte. Poi puoi prendere chi vuoi”
Certo, così senza loro due mi ritrovo con un mucchio di caproni senza testa. “Va bene” disse Levi bevendo un sorso “Non conosco però bene i membri della tua squadra. Tu chi mi consigli?”
Erwin riflettè un minuto, pensando ai membri della Polizia Militare che si erano precedentemente uniti alla loro squadra e che si erano dimostrati abbastanza forti e capaci “Marlo Freudenberg. E  Neil Doak”
Quel maiale bastardo. Levi non riusciva ancora a credere che Neil avesse deciso di unirsi a loro.
“Mi piacerebbe molto averlo nella mia squadra” disse incrociando le braccia “Non mi dispiacerebbe vederlo divorato da un gigante”
Erwin scosse la testa “No, Levi. Se ti sto dicendo di portarlo con te un motivo c’è. E’ un buon soldato, ti renderai conto tu stesso che dentro quelle mura era totalmente sprecato”
Levi riflettè un attimo su quelle parole, poi scese dal tavolo e si diresse verso la porta “Dato che il problema si è risolto, vado a vedere cosa combinano quelli. Comincia a dare la notizia alla tua squadra, io avviserò Mikasa e Armin finito l’allenamento”
E non sarà facile.
Levi aveva ormai capito che la ragazza aveva deciso di entrare nel gruppo di ricognizione solo per seguire Eren, e che in realtà non aveva nessuna voglia di uccidere i titani. Se era riuscita a sconfiggerne così tanti e se non era ancora deceduta, era solo grazie alla sua forza incredibile; il caporale non poteva di certo negare che quella ragazzina era uno dei migliori soldati che avesse mai avuto: infondo gli sarebbe dispiaciuto separarsi da lei.
Quando Levi raggiunse il cortile, dove la sua squadra si stava allenando, il primo che gli saltò all’occhio fu Eren, che stava facendo una normale corsa sul posto.
“Sforzati di più” disse il caporale passandogli accanto “La corsa sul posto ormai è inutile per un soldato come te”
Poco più avanti, Mikasa e Connie stavano combattendo corpo a corpo, mentre Armin, utilizzando la manovra tridimensionale, si spostava da un albero all’altro cercando di colpire dei punti precisi che aveva precedentemente segnato con un nastro rosso.
Levi ignorò il ragazzo, e si diresse immediatamente da Sasha che si sforzava di svolgere più flessioni possibili. Per quanto stupida, ha una resistenza invidiabile.
Stava per dire ai ragazzi di entrare per la colazione, quando si accorse di non avere ancora visto Magda. Si guardò intorno per cercarla, ma sentì dei respiri affannosi sopra la sua testa e alzò lo sguardo: a testa in giù, Magda era aggrappata con l’aiuto dei polpacci al ramo di un albero, e si spingeva in avanti per fare forza sugli addominali. Levi la guardò sorpreso.
“Se cadi da quell’altezza e sbatti la testa muori. Perché rischi tanto per un semplice allenamento?”
Magda alzò una delle gambe che la sorreggeva sul ramo, forzando così il peso su un unico polpaccio
“L’equilibrio è il mio forte” urlò sfiancata “Potrò difettare nella forza, ma sull’equilibrio e l’agilità non ho rivali”
Magda, in un unico slancio, allungò le mani verso il ramo di fronte a lei e tolse anche l’altra gamba dal suo appoggio. Da quella posizione, si lanciò dritta verso il ramo più vicino, e continuò a saltare da un ramo e all’altro fino a raggiungere terra.
Levi la guardò senza proferire parola. Non sapeva nulla di lei, non gli aveva chiesto se fosse un soldato e né lo voleva sapere, ma sicuramente aveva ricevuto un buon allenamento, e si compiacque di aver ammesso un’altra recluta ben preparata.
“Tutti in cucina!” disse all’improvviso Levi, alzando un braccio per attirare l’attenzione
 
 
 
 
Il giorno dopo, Levi decise di partire dopo il pranzo, mentre la squadra di Erwin era partita la mattina. Il caporale aveva avuto modo di fare conoscenza con Marlo, il nuovo membro del gruppo, mentre aveva completamente ignorato Neil: non aveva particolarmente voglia di parlargli.
Quando la squadra cominciò a partire verso la nuova meta, Levi si accorse di quanto Eren fosse silenzioso senza i suoi migliori amici in squadra. Sperò che non ne risentisse anche la sua forza. Anche Neil era molto silenzioso, mentre Marlo sembrava trovarsi abbastanza bene con l’altra nuova recluta, Magda. Sasha e Connie, invece, erano rumorosi come sempre.
La sera Levi decise di fermarsi a dormire in una foresta di alberi giganti che distava ancora troppo dalla base più vicina. Quel viaggio sarebbe stato abbastanza lungo. Era inutile tornare dove avevano avvistato il titano bestia, Levi dubitava sarebbe tornato adesso che erano stati scoperti.
Il ragazzo non sapeva ancora come comportarsi con Magda: il motivo per cui due giorni prima aveva deciso di terminare improvvisamente il suo racconto era perché si era subito reso conto che la ragazza stava mentendo, appena gli disse che Jean poteva essere stato colui che lo aveva salvato. Se si era svegliata veramente quando il titano era già andato via, come poteva sapere che era in pericolo? Levi sperava solo non avesse mentito anche sul ragazzo.
 
 
In quello stesso momento, alla base militare, Hanji aveva appena finito di leggere un libro riguardante le diverse teorie sulla nascita dei titani. Non vedeva l’ora che il titano bestia venisse catturato, quella creatura la affascinava più di qualsiasi altra.
Era quasi ora di cena, perciò aveva intenzione di andare in cucina a prendere qualcosa da mettere sotto i denti, ma prima decise di passare dalla stanza di Jean per controllare la situazione. Quel ragazzo dormiva da tre giorni ormai, sembrava praticamente in coma, e la donna non era in grado di immaginare quanti giorni di vita gli sarebbero rimasti se avesse continuato in quelle condizioni.
Hanji entrò nel corridoio, raggiunse la stanza, aprì la porta e lì rimase bloccata. Si portò una mano alla bocca, e poggiò la schiena al muro per non cadere: Jean era scomparso.
Sul letto, al suo posto, c’era un braccio ricoperto di sangue.



ANGOLO AUTRICE: Ciao, lettori :3 Ricordate Marlo e Neil, vero? Marlo è il ragazzo della Polizia Militare che sognava arrivare ai vertici per punire i "poliziotti" corrotti, mentre Neil è quel bruttono antipatico che durante il processo aveva detto di voler analizzare Eren e ucciderlo subito dopo <3 Bene, adesso anche loro fanno parte del gruppo di ricognizione *w* Non vi fate molte domande su Magda, le cose non dette sono non dette apposta... si scopriranno andando avanti u.u Bacio :*

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Capitolo 6
*** Misteri ***




Misteri
La luce del sole non era particolarmente forte quella mattina, a causa del maltempo e delle nuvole che lo avevano coperto, e perciò Levi si svegliò molto più tardi rispetto al solito. La loro prossima meta si trovava sempre più a nord, ma in realtà il caporale non era mai stato in quel luogo.
Stavano rischiando grosso, dato che si stavano basando su delle semplici supposizioni, ma secondo quanto studiato da Hanji il villaggio misterioso da dove proveniva quella bestia si trovava proprio lì, oltre le montagne. Il viaggio sarebbe stato lungo e travagliato, e la sconfitta sarebbe stata massima se le supposizioni di Hanji fossero state sbagliate. Ma dovevano rischiare.
Infondo non ho nulla da perdere.
 
 
Circa due ore dopo la squadra aveva percorso già parecchi chilometri, e non si trovava molto lontana dalla base più vicina. Sasha aveva fame, Connie voleva dormire, Eren si lamentava di avere un mal di testa atroce e Magda ripeteva di voler sciacquare la ferita alla testa che non si era ancora rimarginata del tutto. Gli unici che non sembravano lamentarsi, oltre al caporale, erano Neil e Marlo, che se ne stavano in silenzio in disparte e parlavano solo quando veniva loro richiesto.
Tuttavia, l’avanzata verso la base fu interrotta dall’arrivo di tre giganti. Uno era alto circa 10 metri, mentre gli altri due erano ancora più piccoli, 3 metri uno e 5 l’altro. Il più grosso fu messo KO da Levi, mentre Neil e Marlo si occuparono di quelli più piccoli. Solitamente, più un gigante era basso più era semplice affrontarlo, ma quella situazione bastò a Levi per comprendere che Erwin non si era sbagliato, e che il posto di quei due, forse, era davvero fuori e non dentro le mura.
Stavano per arrivare altri due giganti, entrambi alti circa 12 metri, ma furono tutti e due spazzati a terra prima che qualcuno potesse muoversi.
Levi sgranò gli occhi, allibito. Aspettò che il soldato alle loro spalle si facesse avanti, e si meravigliò alla vista della donna che scese dalla testa di uno dei giganti con un urlo di vittoria.
“Hanji?”
 
 
 
Un paio d’ore dopo, Hanji e Levi erano seduti sull’erba, nel cortile della base, uno accanto all’altra. La donna aveva appena finito di raccontare al caporale ciò che era successo la sera precedente, e di come non avesse chiuso occhio tutta la notte per raggiungere in tempo la squadra. Levi si portò una mano sulla fronte, come se volesse rimuovere per un momento dalla testa tutti i suoi pensieri.
Cosa stava accadendo? La situazione era decisamente complicata: le analisi su Eren non avevano portato a nulla, Annie era ancora rinchiusa nel bozzolo e non si riusciva a capire nemmeno se fosse viva, Reiner, Berthold e Ymir erano praticamente scomparsi, un titano diverso da tutti gli altri, in grado di ragionare e parlare, venuto da un villaggio sconosciuto, era alla continua ricerca di qualcosa di cui loro non erano a conoscenza. Ogni giorno accadeva qualcosa di strano e misterioso, e per Levi sembrava ormai che fossero entrati tutti in un circolo vizioso da cui non c’era più via d’uscita. Come se non bastasse, adesso veniva a sapere che Jean era scomparso e che il suo braccio destro era rimasto sul letto dove riposava fino a pochi minuti prima di andare via o essere rapito. Il caporale aveva letteralmente le mani nei capelli quando Hanji lo riscosse dai suoi pensieri.
“Hai parlato con la ragazza?” chiese la donna avvicinando il viso a quello del caporale, gli occhi spalancati “Sono sicura che lei sa qualcosa su di loro che noi non sappiamo!”
Levi si voltò dalla parte opposta. Magda. Effettivamente, non le aveva ancora parlato, e fino a quella mattina non aveva nessuna voglia di farlo. Ma adesso che Jean era scomparso riprendere il discorso era inevitabile, perché lei era stata l’unica a vederlo quella sera quando il titano bestia era apparso nella foresta.
Si alzò quindi da terra, porgendo una mano a Hanji per aiutarla a sollevarsi
“Le parlerò stasera” disse spazzolandosi i pantaloni con le mani “Ma tu non sarai presente. Ti conosco, e la spaventeresti soltanto”
Hanji incrociò le braccia, piegando verso il basso gli angoli delle labbra “Uffa. Almeno non la torturare troppo e lasciamela quando avrai finito!”
Levi annuì, scostandosi una ciocca di capelli dal viso “Non preoccuparti, Hanji. Non appena mi dirà la verità, sarà tutta tua”
Il ragazzo si girò verso la parte opposta e si incamminò verso l’esterno della base. Hanji rimase ancora un po’ fuori, a fantasticare su quello che Magda avrebbe potuto rivelarle.
 
 
 
Levi tentò di rimandare quel momento al più tardi possibile. Hanji aveva infatti perso la speranza quando, a cena, il caporale non aveva minimamente rivolto la parola alla ragazza.
Ma quando la squadra al completo ebbe finito di mangiare e Magda si alzò per aiutare Connie a lavare i piatti, Levi la chiamò e Hanji si affrettò a seguire i due silenziosamente.
Magda sembrava tranquilla mentre saliva le scale per raggiungere il terrazzo: il suo passo non era né veloce né insicuro, e il suo sguardo era diretto proprio davanti a lei, non si volgeva verso il basso come se avesse qualcosa di cui preoccuparsi.
Quando i due raggiunsero il terrazzo, Levi si affrettò a chiudere la botola dietro di sé, dato che conosceva Hanji e voleva evitare assolutamente di essere interrotto: prima finivano la conversazione, meglio era.
Magda si sedette a terra, stendendo la gamba destra e poggiando la schiena sul muretto del terrazzo. Sembrava assolutamente a suo agio.
“La prego di passare subito al sodo, caporale, ho estremamente sonno e potrei addormentarmi qui da un momento all’altro se non la facciamo veloce”
L’angolo destro delle labbra di Levi si piegò in un mezzo sorriso. L’avrebbe accontentata molto volentieri.
“So chi sei, Magda” Magda sembrò irrigidirsi un attimo, spalancando gli occhi e sporgendosi lentamente in avanti. Il gesto fu veloce e quasi impercettibile, ma non sfuggì al caporale che osservò la scena con la coda dell’occhio. “Perché non mi hai detto di essere stata tu a salvarmi?”
In quel momento l’ansia di poco prima sembrò svanire all’improvviso, e la schiena della ragazza tornò a poggiarsi sul muretto in un attimo.
“Crede che io le abbia mentito anche su Jean, non è così?”
Levi strinse i pugni. Adesso osava troppo.
“Non si risponde a una domanda di un tuo superiore con un’altra domanda, ragazzina sfrontata!” Il ragazzo camminò con passo veloce verso la donna, l’alzò da terra tirandola per il bordo della maglietta e la fissò dritto negli occhi verdi. Stava per cominciare una ramanzina infinita e piena di insulti, quando si bloccò all’improvviso davanti ai lineamenti del suo viso: le sottili sopracciglia, il naso leggermente rivolto all’insù, le labbra rosate, gli sembravano quasi famigliari “Per caso ci siamo già visti?” chiese dimenticando per un attimo il discorso che si era preparato mentalmente
Magda posò la sua mano destra su quella del caporale che le aveva afferrato la maglia, e la scostò
“Tutto quello che le basta sapere, signore, è che Jean era a terra ferito in quel momento, e che il titano bestia era di fronte a me mentre lui giaceva svenuto” La ragazza si incamminò verso la botola, sotto lo sguardò gelido del caporale. “E comunque, su una cosa ha ragione” continuò fermandosi di colpo “Sono stata io a salvarla: poco prima che venisse schiantato al suolo, sono riuscita a tagliare il polso della bestia utilizzando le spade e la manovra tridimensionale di Jean.”
Levi abbassò lo sguardo, rendendosi conto di essere stato uno sciocco a non pensarci prima. Se Jean si trovava dentro il corpo del titano, Magda non avrebbe potuto prendere la sua attrezzatura tridimensionale per salvarlo.
Rimanevano però troppi punti interrogativi, dato che non riusciva a capire perché Jean si fosse trovato in quelle condizioni e perché adesso era scomparso. Tuttavia sapeva che da quella ragazza non avrebbe ottenuto nient’altro, e dubitava che le avrebbe rivolto la parola molto facilmente dopo quel giorno.
Levi rimase sul terrazzo per un altro paio di minuti, per essere sicuro che Magda fosse andata via. Poi scese al secondo piano, dove trovò Hanji sotto le scale che lo guardava con occhi lucidi. Capì che aveva sentito tutto.
“Non mi ha voluto parlare!” esclamò la donna gettandosi letteralmente tra le braccia del caporale, in lacrime.
Levi alzò gli occhi al cielo “Sei completamente pazza, Hanji!”




ANGOLO AUTRICE: Buon pomeriggio, ragazzi! Come vedete aggiorno sempre molto velocemente, perchè a discapito delle poche recensioni che mi arrivano grazie alle visite mi rendo conto che siete un bel pò a leggere la fan fiction :3 Ne sono grata, veramente! Detto questo, posso ben indovinare che Magda vi stia un tantino antipatica dopo questo capitolo, e lo capisco... ma posso preannunciarvi che col proseguire della storia comincerete ad amarla u.u Potreste provare un sentimento di amore/odio perfino per Neil *w* Intanto preparatevi per domani che vi attende la seconda parte della storia di Rivaille :) Per scoprire invece che fine ha fatto Jean dovrete aspettare un altro pò :') Un bacio, alla prossima <3

 

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Capitolo 7
*** La storia di Rivaille (Parte 2) ***




La storia di Rivaille (Parte 2)
Anno 835, città di Lange, poco più a sud di Trost.
Un bambino di 8 anni, con indosso una camicia bianca, una giacca e dei pantaloni neri e un papillon sedeva al centro di una lunga tavolata imbandita di qualsiasi tipo di prelibatezza potesse immaginare: pollo arrosto, zuppa di ceci, agnello alla brace, uva e vino in quantità smisurate. Ma per lui, tutto quel cibo non aveva un significato particolare: essendo parte di una famiglia aristocratica e vivendo al sicuro tra le mura del distretto più interno, Levi non poteva comprendere la fame che tutti gli altri pativano giorno per giorno, nei cui pasti erano compresi semplicemente pane, latte e formaggio.
Il piccolo Levi non sapeva ancora la sua vera storia. Tutti lo conoscevano come “il figlio di Otto”, e lui non poteva nemmeno lontanamente immaginare che non fosse realmente così. Si diceva che la madre era morta subito dopo averlo messo al mondo, e che Hans fosse suo fratello biologico. Del resto, non gli importava nulla.
Era felice, Levi, all’interno del suo palazzo nel quale passava le giornate tra lezioni di scherma e studi su quello che c’era oltre le mura.
A volte, nel pieno della sua ingenuità da fanciullo, insieme ai suoi due migliori amici si rinchiudeva in una stanza a fantasticare su un futuro pieno di viaggi alla scoperta del mondo, quando finalmente i tre si sarebbero allontanati da quelle mura che li tenevano prigionieri e avrebbero conquistato insieme tutte le terre del globo.
Levi si trovava bene con loro, seppur appartenessero a un rango estremamente più basso del suo. Ondine e Lambert, così si chiamavano, erano i figli di uno dei più fidati servitori di Otto, e amavano la compagnia di Levi perché avevano molte cose in comune.
Lambert era un anno più grande di Levi, mentre Ondine ne aveva 7. Seppur fratello e sorella, i due erano completamente diversi: Lambert era alto per la sua età, snello, i capelli castano rossicci e il naso aquilino che era diventato per gli altri due motivo di scherno nei suoi confronti. Ondine invece era piccola di statura, ma leggermente sovrappeso per la sua età. Le sue guance grassocce erano sempre rosse quando lavorava, e le sue piccole mani che sembravano tanto fragili avevano spesso fatto tornare a casa gli altri due con non pochi graffi e lividi sul corpo.
Ondine, in quanto femmina, era sempre messa in disparte: mentre Lambert e Levi si organizzavano ogni giorno per incontrarsi nel cortile o nella palestra per vedere i soldati allenarsi o per provare a combattere loro stessi, Ondine doveva sempre andare a cercarli da sola, beccandosi ogni volta i rimproveri della madre che l’avrebbe voluta più pacata e tranquilla, e più propensa a fare le cose che le altre bambine della sua età avrebbero amato, come danzare o imparare a leggere e scrivere invece di cimentarsi in lotte corpo a corpo e combattimenti con la spada.
Nonostante tutto, però, Levi voleva un gran bene anche ad Ondine, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per entrambi se un giorno fosse accaduto loro qualcosa di pericoloso.
Una sera, sdraiati sull’erba a guardare le stelle, i ragazzi cominciarono una discussione sui giganti, uno degli argomenti di cui preferivano parlare.
“Secondo me è impossibile liberarcene” disse Lambert fissando il cielo “Sono troppi, e troppo più forti di noi, l’umanità non può sperare di ucciderli tutti”
Levi morsicò un pezzo di pane che aveva portato con sé, e si voltò a guardare l’amico “Secondo me invece, conoscendoli più a fondo, un giorno potremmo avere la meglio su di loro. Loro avranno la forza dalla loro parte, ma noi abbiamo l’intelligenza, non siamo forse più avvantaggiati?”
“Noi chi?” esclamò Ondine agitando un dito nell’aria come se volesse unire delle stelle tra di loro e formare una costellazione “Uno stupido come te di intelligenza non ne ha nemmeno un briciolo!”
Levi si alzò infastidito, lanciando il pezzo di pane in testa alla bambina “Sono molto più intelligente di te, babbea! Pensa per te, che se non fosse per le gonne che tua madre ti costringe a indossare non si direbbe nemmeno che tu sia una ragazza!”
Ondine cominciò a piangere, sotto lo sguardo divertito del fratello Lambert “Un giorno, quando sarò grande, sposerò tuo fratello! Lui si che è un gentiluomo, non come te che snobbi tutti come se ti sentissi un dio sceso in terra!”
Levi si portò una mano al fazzoletto che teneva legato al collo, sistemandolo “Io sono un dio sceso in terra, milady!”
Lambert scoppiò a ridere fragorosamente, portandosi una mano alla pancia “Dio, Rivaille! Non so se mi ha fatto più ridere il fatto che tu ti definisca un dio o che tu abbia chiamato quella sottospecie di balena milady
In quel momento cominciò una lotta accesa tra Ondine e suo fratello, che cominciarono a insultarsi in tutti i modi possibili e a buttarsi a terra prendendosi a pugni. Levi li guardava in silenzio, sorridendo. Pensò a come sarebbero state noiose le sue giornate a palazzo senza di loro: c’erano pochi altri bambini, lì, e quei pochi non erano mai stati molto simpatici con lui. Molti lo prendevano in giro per la sua statura troppo bassa per la sua età, altri lo deridevano perché sognava in futuro di viaggiare e di liberare il mondo dalla minaccia dei giganti. Ma con loro due, Ondine e Lambert, Levi si sentiva a casa sua, felice, spensierato e ancora più convinto che i suoi sogni, un giorno, si sarebbero realizzati.
Il bambino si alzò da terra, corse dai due fratelli e li divise alla svelta, poggiando entrambe le braccia sulle spalle di uno e dell’altra.
“Vi voglio bene, scemi!” disse Levi sorridendo a entrambi, mentre Lambert si puliva le labbra sporche di sangue con il dorso della mano “Promettetemi qui e adesso che non ci lasceremo mai, e che un giorno entreremo a far parte del corpo di ricognizione e spaccheremo il culo a tutti quei giganti senza palle!”
Ondine sorrise, e strinse l’amico in un abbraccio fortissimo “Oh, Rivaille! Te lo prometto! Li uccideremo tutti e non ti abbandoneremo mai!”
Levi si voltò verso l’amico, che aveva alzato gli occhi al cielo in segno di resa “Credo che quella con i titani sia una guerra persa in partenza” disse posando un braccio sulla spalla dell’amico “Ma non riesco a immaginare un futuro senza voi due. E poi, non posso mica lasciare mia sorella nelle mani di uno smidollato come te che la farebbe finire nello stomaco di un gigante in una frazione di secondo! La odio, ma è pur sempre mia sorella!”
Ondine fece una smorfia al fratello, che le rispose con un pizzicotto sulla guancia. I due ricominciarono a litigare, e Levi si affrettò a risanare la situazione.
“Semmai ci dovessimo perdere” disse prendendo i due per le braccia “Vi prometto che vi cercherò fin quando non saremo di nuovo insieme! Promettete che farete lo stesso?”
Lambert si liberò dalla presa dell’amico, allontanandosi “Ma che ti prende oggi? Cosa sono tutti questi pensieri da femminucce? Certo che ti cercherò, lo so che senza di me non sai stare!”
“Fai schifo, Lambert!” lo sgridò la sorella spingendolo con entrambe le mani “E si, Rivaille, ti prometto anche io che semmai il destino dovesse dividerci io non smetterò di cercarti fin quando non ti avrò trovato! E lo stesso vale per quello stupido!” urlò girandosi a guardare il fratello.
Levi sorrise felice, stringendo il più forte possibile i due amici che si dimenavano sotto le sue braccia per tentare di nuovo di buttarsi a terra e ricominciare una nuova lotta.
Quelli furono i giorni più belli della sua intera vita. Ma non durarono così a lungo.
 
 
 
Era un giorno di primavera, quando accadde. In un modo che a Levi sembrava terribilmente ingiusto, la sua vita si spense proprio quando la natura risorgeva, il sole illuminava la città e i fiori sbocciavano colorati. Non aveva mai pensato che quella sventura, un giorno, avesse colpito in qualche modo anche lui. Quelle mura che lo tenevano al sicuro dai giganti, gli aveva quasi fatto dimenticare di un male a cui purtroppo nessuno era immune, nemmeno il figlio di un aristocratico tedesco. Eppure, ad essere colpito dalla peste che in quegli anni divampava nei villaggi circondanti Lange, non fu lui, bensì Lambert, che ne era stato colpito probabilmente quando fu mandato a sud della città per svolgere delle commissioni, proprio dove la peste aveva cominciato a divagarsi.
Quel giorno Levi non voleva vedere nessuno, se non il corpo ormai in fin di vita del suo più caro amico. Purtroppo, però, era vietato avvicinarvisi, per evitare che la peste potesse diffondersi anche all’interno delle mura. Il corpo sarebbe stato bruciato quella notte stessa, in modo da ostacolare il più velocemente possibile il contagio, che però era diventato ormai inevitabile: tutte le persone che in quel periodo erano state vicino a lui potevano essere colpite dalla peste, Levi compreso.
Tuttavia c’era un’altra persona che in quel momento stava soffrendo quanto lui, e non aveva voglia di lasciarla da sola. Quella sera, perciò, Levi si fece coraggio e decise di andare ad assistere alla funzione. Indossò i primi abiti che pescò dall’armadio, e si diresse verso il luogo dove era stato preparato il rogo.
Non aveva molta voglia di assistere a quel macabro spettacolo, perciò rimase fermo in mezzo alle ultime file. Passò tutta la sera a cercare Ondine con lo sguardo, senza trovarla. Quando infine, arreso, decise di tornare al palazzo, nella strada del ritorno, poco lontano dal luogo della funzione ma comunque in un angolo nascosto, Levi udì dei singhiozzi, e si precipitò a seguire quel suono fin quando non si ritrovò Ondine davanti.
La bambina era rannicchiata a terra, con le braccia incrociate sulle ginocchia, i vestiti sporchi di fango. Levi si chiese dove fosse stata: anche le mani erano sporche, come il fazzoletto che teneva sulla testa.
Il bambino si avvicinò all’amica, sedendosi accanto a lei. Le posò un braccio sulle spalle, e tentò di alzarle il viso con una mano. Non poteva comprendere appieno la sua sofferenza: Levi aveva perso un amico, ma lei aveva perso un fratello.
“Ondine…” tentò Levi avvicinando le labbra all’orecchio dell’amica “Lui adesso…”
Lui adesso cosa? Vegliava su di lei dal cielo? Avrebbe voluto vederla contenta? La stava osservando e deridendo per le sue lacrime? Perché avrebbe dovuto dirgli cose in cui non credeva nemmeno lui? Lambert era cenere adesso, soltanto cenere. E non sarebbe tornato mai più.
“Rivaille” esclamò Ondine alzando il volto ricoperto di lacrime “Lui aveva promesso…”
Levi la guardò con tenerezza, e forse era la prima volta in tutta la sua vita che provava quel genere di sentimento. Quella bambina combattiva e forte adesso gli sembrava così fragile e impotente.
Ondine prese qualcosa dalla tasca del vestito, e lo porse all’amico: era un fazzoletto bianco, senza nessun decoro, a parte un ricamo nella parte interna dove erano raffigurate le inizia O.R.
“Ondine Richter?” chiese Levi prendendo il fazzoletto.
La bambina annuì “Esatto. L’ho fatto io stessa due giorni fa con mia madre, mentre Lambert era via: era contenta del mio lavoro, è la prima volta che mi sforzo di fare qualcosa di femminile. Siccome mi è venuto bene e tu indossi sempre un fazzoletto al collo perché ti fa sentire più grande, ho deciso di regalartelo e di inciderci su le mie iniziali, così almeno se dovesse succedermi qualcosa avrai sempre un mio ricordo con te”
Levi guardò l’amica con occhi lucidi, stringendo il fazzoletto tra le mani. L’abbracciò più forte che potè, senza frenare le lacrime che gli scendevano sul viso.
“Oh, Ondine!” esclamò piangendo, quando si staccò dalla stretta della bambina “Non permetterò mai che accada qualcosa anche a te!”
Levi si portò una mano dietro la nuca, e si tolse dal collo quella catenina che portava sempre con sé, una catenina a cui era attaccato un ciondolo con un nome inciso sopra.
“Tieni” disse il bambino porgendo la catenina all’amica “Mio padre mi ha detto di tenerlo sempre con me, anche se non mi ha mai spiegato perché né dove l’avesse trovato. Mi ha detto soltanto che lì sopra c’è inciso il mio secondo nome, e che a parte io e lui nessuno avrebbe dovuto mai saperlo” Ondine guardò il ciondolo, cercando di leggere cosa c’era scritto sopra, ma era inutile dato che non conosceva nemmeno l’alfabeto. “C’è scritto Noah” disse Levi sorridendo “Ma non fare vedere questa collana a nessuno, dobbiamo saperlo soltanto noi!”
Ondine annuì, sforzandosi di sorridere. Poi conservò la collana, e insieme a Levi si incamminò verso il palazzo.
Il bambino rimase a guardare per un attimo il fuoco che divampava dal luogo della funzione. Non sapeva ancora che quello sarebbe stato l’inizio della fine.



ANGOLO AUTRICE: Buonsalve, gente <3 Ecco a voi un capitolo secondo me dolcissimo *w*. Povero, piccolo Levi. Mi immagino già voi nella prima parte: "Che dolceeee" e poi voi nella seconda parte: "Che sfigato!". Povero piccoletto :') Vabè, detto questo, vi aspetto al prossimo capitolo u.u Un bacio a tutti <3

 

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Capitolo 8
*** Sulle montagne ***




Sulle montagne
Levi e la sua squadra riuscirono a raggiungere le montagne un paio di giorni dopo. La temperatura cominciava a diventare sempre più fredda, e questo era un problema dato che non erano ancora state costruite basi militari oltre la montagna. Tuttavia, fino a quel momento, la tesi di Hanji si era rivelata esatta: più si avvicinavano al luogo dove secondo lei si trovava il villaggio del titano bestia, più i titani incontrati lungo il cammino aumentavano.
La squadra avrebbe dovuto rimanere qualche giorno sulle montagne, per decidere meglio il da farsi. Era un giorno particolarmente freddo quando Levi, Hanji, Neil, Marlo e Eren si riunirono in una stanza per discutere del problema.
“Dovremmo unirci alla squadra del comandante Smith” disse Neil stringendosi nelle braccia per proteggersi dal freddo
“Lo penso anche io” esclamò Hanji “Stiamo incontrando troppi titani lungo la strada, e un giorno di questi potremmo imbatterci in lui. Insieme potremmo affrontarlo meglio, sperare di riuscire a catturarlo senza doverlo per forza abbattere. Se invece siamo solo noi…”
Levi riflettè su quelle parole. Hanji non aveva tutti i torti: da soli, per salvarsi la pelle, avrebbero potuto dover uccidere il titano, ma in questo modo il viaggio sarebbe stato vano. Insieme, invece, potevano decidere meglio come agire, e avevano più possibilità di catturare il gigante vivo.
“Uniamoci alla squadra di Erwin, allora” disse infine Levi battendo una mano sul tavolo “Eren, andrai tu ad avvisarli domattina. Un gigante è molto più veloce di qualsiasi cavallo. Per precauzione, Hanji e Neil verranno con te”
Neil aggrottò le sopracciglia, sorpreso del fatto che il caporale si stesse fidando a tal punto di lui. Anche Hanji parve stupefatta, e si voltò subito verso il soldato in questione guardandolo confusa.
Eren invece annuì semplicemente, e dopo aver chiesto il permesso di uscire corse nella stanza comune al piano di sopra.
Levi lo guardò fino a quando non scomparì oltre le scale. Tra meno di 24 ore, Eren avrebbe potuto riabbracciare i suoi amici.
 
 
 
La mattina dopo, Hanji, Neil e Eren partirono ancora prima dell’alba. Levi avrebbe potuto rimanere ancora a dormire, e invece si alzò con la voglia di allenarsi in solitudine prima dell’arrivo del comandante.
Era una cosa che faceva sempre quando si sentiva in agitazione: era come se lo sforzo fisico potesse scrollargli di dosso qualsiasi preoccupazione e ansia. Ma ansia per cosa? Probabilmente, pensò Levi terminando l’ultima serie di addominali, il nervosismo era dovuto al fatto che stava per varcare finalmente un confine, stava per raggiungere un luogo dove per molto tempo nessun umano aveva messo piede.
E se Hanji avesse avuto ragione? Se il villaggio si fosse trovato veramente lì?
In quel caso, o sarebbe tornato vittorioso a Trost con il titano bestia imprigionato, o sarebbe morto lì dimenticato da tutto e da tutti.
Ma valeva la pena rischiare, questa volta. E poi, uno come lui, cosa aveva da perdere?
Levi pensò ad Eren: il destino era stato crudele con lui, lo aveva plasmato in un mostro, in una di quelle creature che egli stesso si era ripromesso di sterminare fino all’ultimo. Ma il ragazzo aveva ancora qualcosa da proteggere, qualcosa per cui valeva davvero la pena lottare.
Lui, invece, per cosa stava lottando? Per la gloria? Per l’umanità? Per un futuro migliore?
O forse, stava solo cercando di allontanarsi ancora e ancora di più dal passato.
 
 
 
Un paio d’ore dopo, Erwin e la sua squadra arrivarono alla base, leggermente in anticipo rispetto a quanto calcolato da Levi. Non c’era stato nessun tipo di problema durante il tragitto, il trio aveva incontrato qualche titano ma grazie a Eren se ne erano liberati facilmente. Il ragazzo era contento di quel piccolo passo avanti: più passavano i giorni più riusciva a controllare il corpo di quel gigante. Era sempre una piccola vittoria, per lui, quando in quella forma riusciva a fare qualcosa di buono per l’umanità o anche solo per i suoi compagni.
La sera stessa del suo arrivo, Erwin fu chiamato da Levi in privato. Il caporale, in compagnia della ricercatrice, illustrò al comandante il piano che avevano organizzato insieme. Smith sembrava non avere nulla in contrario.
“L’unico problema” disse il biondo poggiandosi sullo schienale della sedia “E’ riuscire a sopravvivere al gelo quando saremo oltre le montagne. Non so se sarà facile trovare grotte dove ripararci, e comunque siamo troppi, non troveremo un luogo al chiuso per tutti quanti”
Hanji sorrise soddisfatta “Beh, per questo c’è Eren!”
Erwin la guardò, perplesso, prima di voltarsi verso l’amico che però sembrava tranquillo “Eren?”
“Già!” continuò Hanji sedendosi sul tavolo “Eren non soffre il freddo in forma da gigante, e il suo corpo produce calore in quantità illimitata, perciò lui sarà il nostro riparo!”
Erwin comprese ciò che la donna gli stava dicendo, ma sembrava comunque perplesso.
“Bell’idea, ma rischiamo troppo lo stesso. Rischiamo che Eren perda il controllo, rischiamo di rimanere congelati comunque se il calore non dovesse essere sufficiente, potremmo rischiare addirittura di rimanere schiacciati sotto il suo peso…”
“Rischiamo per il semplice fatto di andare oltre le montagne, Erwin” lo interruppe Levi posandogli una mano sul braccio per tranquillizzarlo “Stiamo completante offrendo noi stessi in questa missione. Non sappiamo in quanti torneranno vivi, da lì sotto. Non sappiamo in quale morte possiamo imbatterci, quali strane creature gigantesche incontreremo… non sappiamo nulla. Ma chi né uscirà vivo potrà portare con se una seconda vittoria dell’umanità, e non è cosa da niente”
Erwin riflettè su quelle parole, preoccupato. Si sentiva sempre più inutile in quella missione: con un solo braccio avrebbe potuto guidare le squadre, soccorrere i feriti, organizzare piani d’azione. Ma non avrebbe potuto combattere, lo sapeva bene. E tuttavia non era la sua morte che lo spaventava, ma il non poter garantire la sicurezza ai suoi uomini. Levi, però, aveva ragione: dovevano rischiare, perché la vittoria sarebbe valsa qualsiasi genere di sacrificio.
Il comandante annuì, facendo comprendere di aver capito il piano e di essere d’accordo con i due compagni. Poi uscì fuori, seguito da Levi.
Come ogni sera, faceva freddo. Tuttavia quella sera la temperatura non era insopportabile, e qualche soldato era in cortile a parlare del più e del meno, sotto un cielo trapuntato di stelle: lì, lontano dalle luci della città, si poteva osservare perfettamente la volta celeste.
Lo sguardo di Levi, però, era posato su tre figure abbracciate sotto un pino, tre figure ormai famigliari e che erano diventati per tutti un trio inseparabile.
“Eren, Mikasa e Armin” disse Erwin “Non riesco più a immaginarli uno senza l’altro”
Levi annuì, sedendosi a terra.
L’erba era fredda, quasi umida, come se avesse piovuto. Anche l’aria sapeva di pioggia, e al caporale piaceva così. Amava l’inverno.
Erwin era l’unico oltre lui a conoscere la sua storia, o meglio, l’unico rimasto in vita. Levi, dal canto suo, aveva scoperto tutto del passato del comandante: in un primo momento, infatti, Erwin sembrava riluttante a parlare con qualcun altro di quegli argomenti, ma infine si aprì completamente a Levi, proprio come quest’ultimo aveva fatto con lui.
Era strano per il caporale pensarlo, ma era un po’ come se con Erwin si sentisse completo. Non aveva avuto nessuno con cui condividere realmente qualcosa, dopo la strage di Lange. Fortunatamente, la vita non era stata talmente crudele con lui da farlo rimanere completamente solo: alla fine, aveva di nuovo trovato qualcuno da poter chiamare amico.
“Stai ancora cercando di uccidere gli spettri del passato, Rivaille?”
Il caporale rimase in silenzio. Odiava e al tempo stesso amava quei momenti: lui, Erwin e il suo passato. Cos’era il passato? Non voleva rinnegarlo. Però era inutile anche continuare a inseguirlo nel presente. Della sua vita prima di Erwin, ormai, non era rimasto più nulla.
“Nevica” Levi alzò gli occhi al cielo, mentre leggeri fiocchi di neve scendevano giù su di loro.
Erwin si voltò dall’altra parte, comprendendo che sarebbe stato inutile rimanere: l’amico non aveva voglia di toccare quell’argomento, e non avrebbe detto nulla a riguardo.
Se ne andò quindi senza dire una parola, lasciando il caporale da solo con i suoi pensieri.
Fu in quel momento che Levi si accorse di Magda: mentre il resto dei soldati erano tutti a coppie o comunque in gruppo al centro del cortile, lei era rimasta seduta sul ramo di un albero, e guardare i compagni dall’alto.
Doveva sentirsi infinitamente sola, e il caporale poteva capirla più di chiunque altro. Ma perché era lì? Cosa l’aveva spinta ad arruolarsi nel corpo di ricognizione? Cosa ci faceva, qualche giorno prima, se non era un soldato, nel bel mezzo di una radura in una foresta di alberi giganti con la testa insanguinata?
Levi avrebbe voluto chiederglielo, ma invece rimase lì, in silenzio.
Da solo, passò il resto della serata a guardare quei tre amici inseparabili che immaginavano un futuro glorioso e privo di preoccupazioni.





ANGOLO AUTRICE: Povero, piccolo Rivaille. La dolcezza! Per ora... :') Per non parlare di Erwin! Troppo dolci *w* Niente storia d'amore tra i due, non fraintendete, il loro rapporto è una cosa totalmente diversa... in realtà, non prevedo nulla di romantico per il tappetto, perchè non riesco a immaginarmi un Rivaille innamorato! Ma comunque, vado a studiare l'inglese che sennò domani posso rimanermene a casa :') P.S.: cari lettori che visitate sempre ma non recensite mai, se avete voglia di leggere qualcosa di SNK scritto da me e meno impegnativo fate un salto qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2259161&i=1

 

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Capitolo 9
*** Oltre i confini ***




Oltre i confini
La mattina dopo, le montagne erano state completamente ricoperte dalla neve, ma in compenso la temperatura sembrava essersi leggermente alzata e le manovre tridimensionali avrebbero permesso ai soldati di avanzare spediti anche in quelle condizioni.
Quel giorno, finalmente, avrebbero tutti messo piede oltre le montagne, ignari di ciò che li aspettava. L’idea li eccitava e spaventava al tempo stesso, ma ogni soldato aveva ben impresso in testa il fatto che molti di loro non avrebbero fatto ritorno.
Levi lo guardò a uno a uno: Mikasa sembrava tranquilla, il viso coperto dalla sciarpa rossa. Il caporale poteva intuire che la sua unica preoccupazione era perdere Eren. Lui, al contrario, appariva più agitato rispetto al solito: Levi dedusse che quel comportamento era dovuto al fatto che gran parte della missione dipendeva specialmente da lui.
In fondo alla fila di soldati, stretta nella giacca, c’era Sasha. Era l’unico soldato che non stava guardando davanti a sé, e sembrava terribilmente impaurita all’idea di dover abbandonare le montagne.
Levi salì in groppa al suo cavallo, senza smettere di fissare i suoi uomini. La guerra stava per cominciare.
“Il gran giorno è arrivato” urlò per farsi sentire il più forte possibile “E non sappiamo quanti di noi torneranno. In verità non sappiamo nemmeno se ne uscirà vivo almeno uno, fra noi.” Gran parte dei soldati abbassarono lo sguardo, colpiti da quelle parole “Da oggi, doneremo completamente i nostri cuori all’umanità. Se falliremo, finiremo negli stomaci del nemico e moriremo dimenticati e senza gloria, lontano dalle nostre famiglie” Levi si fermò un momento, pensando al fatto che almeno lui si sarebbe risparmiato quell’ultimo dolore “Ma se vinceremo, ognuno di noi sarà ricordato come eroe, e potremmo finalmente mostrare al mondo che il nemico non è invincibile come credono in molti, ma che noi uomini possiamo sconfiggere i titani fino all’ultimo, fino a riprenderci ciò che è nostro di diritto, fino a raggiungere la libertà tanto agognata!” Levi si avvicinò a Neil, che tremava un po’ per il freddo un po’ per la paura “Neil Doak! Mostrati degno delle ali che porti sulla tua schiena. Per quale motivo sei qui?”
L’uomo alzò lo sguardo verso il caporale, la mano sul cuore “Sono qui per dare speranza all’umanità, per dimostrare che gli uomini possono sconfiggere quelle carogne fino alla loro completa estinzione!”
Levi annuì, e passò al soldato successivo “Connie Springer! Tu, per quale motivo sei qui?”
Connie guardò dritto davanti a sé, ma senza posare il suo sguardo su quello del caporale “Sono qui perché voglio sterminare i titani fino all’ultimo, voglio liberare il mondo da quelle creature del demonio e tornare a casa, dalla mia famiglia, e vivere la vita come l’ho sempre sognata!”
“Non ci riuscirai se continui a tremare come una fottuta femminuccia, Springer!”
Alle parole del caporale, Connie drizzò le spalle, si portò la mano sul cuore e alzò finalmente gli occhi per guardare l’uomo.
“Sissignore!”
Levi annuì, passando avanti. Magda, dritta come un fuso, sembrava completamente a suo agio anche in quella situazione. Era perfettamente immobile, nessun muscolo in movimento, come se il freddo non la colpisse neanche di striscio.
“Tu, Magdalene…” Levi si bloccò, ricordando di non sapere nemmeno il suo cognome “Per quale motivo sei qui?”
La ragazza si portò la mano sul cuore, fissò lo sguardo su quello del caporale e pronunciò ad alta voce la sua motivazione “Perché ho fatto una promessa, signore!”
Alcuni soldati si voltarono a guardarla, incuriositi da quell’affermazione. Probabilmente avrebbero voluto sapere di più, o si aspettavano che il caporale le chiedesse motivazioni. Levi, invece, si limitò ad annuire e a voltare il suo cavallo, dirigendosi verso Erwin.
Allora è vero che non ha paura di morire. Glielo leggo negli occhi.
Levi raggiunse il comandante, e diede segno di partire.
Adesso, la guerra era davvero iniziata.
 
 
 
 
Non ci volle molto tempo prima che la squadra cominciasse a incontrare i primi giganti sulla sua strada. Fortunatamente i soldati erano perfettamente preparati, e riuscivano ad abbatterli prima dell’arrivo dei successivi. A un certo punto ne arrivarono talmente tanti che molti di loro pensarono fosse già arrivata la fine di quel viaggio.
“Rivaille!” urlò Hanji tagliando la collottola di un gigante “Non ce la faremo mai! Sono troppi!”
Levi si guardò attorno: i titani si stavano avvicinando da tutte le direzioni, e sembrava non esserci nessuna via di scampo “Stai zitta e uccidili” rispose poco prima di roteare verso un titano per abbatterlo.
I soldati se la stavano cavando abbastanza bene, ma quella situazione non sarebbe durata a lungo. Eren azionò la manovra tridimensionale per avvicinarsi al caporale, e tentò di farsi sentire nonostante il frastuono che rimbombava ovunque.
“Caporale!” urlò scansando la presa di un gigante “Potrei provare a trasformarmi!”
Levi si avvicinò a un titano che stava per divorare Neil, ragionando sul da farsi. Poi ritornò da Eren, e gli si avvicinò il più vicino possibile per farsi sentire.
“Conto su di te, Eren!”
Il ragazzo prese un profondo respiro, comprendendo ciò che il caporale gli aveva appena detto di fare. Poi si portò un dito alla bocca e morse più forte che potè.
Un attimo dopo, si trasformò in un titano di 15 metri.
Il resto dei soldati non si fece distrarre dalla metamorfosi, e continuarono a lottare e a uccidere più titani possibili. Con Eren in forma da gigante, era naturalmente tutto più facile.
Due furono immediatamente spazzati via in un colpo solo, mentre tutti gli altri vennero uccisi uno alla volta, ma il più velocemente possibile.
Eren era un’arma fatale per loro, e anche se il flusso di titani sembrava non voler terminare, la squadra stava avendo la meglio.
Ma all’improvviso, dal cuore della valle, un boato risuonò fino al luogo della battaglia, e uomini e giganti si fermarono di colpo.
Levi si irrigidì. È lui. Il titano bestia…
D’un tratto, i titani superstiti e quelli che stavano per raggiungere i soldati invertirono la traiettoria e si diressero velocemente verso il luogo da cui proveniva l’urlo. Alcuni uomini cominciarono ad attivare le manovre tridimensionali, ma il caporale si affrettò a bloccarli.
“Fermi!” urlò alzando un braccio “Non sappiamo cosa hanno intenzione di fare. Siamo troppo pochi rispetto a loro, dobbiamo agire con cautela, o rischiamo di mandare in frantumi il piano prima ancora di attuarlo!”
Levi si recò a terra, comprendendo che tutti avevano capito, e si poggiò al tronco di un albero.
E’ un miracolo che nessuno si sia fatto male.
Proprio in quel momento, però, dei singhiozzi interruppero i suoi pensieri, e si voltò immediatamente verso la fonte di quel suono.
A pochi metri da lui, vicino alla carcassa di un gigante, Connie stava cercando di liberare Sasha che era rimasta incastrata a metà sotto il peso del titano. Levi si avvicinò in fretta ai soldati, seguito da tutti gli altri.
“Aiutatemi, vi prego!” urlava Connie stretto alle spalle della ragazza, cercando di tirarla fuori “Dobbiamo salvarla! Aiutatemi, cazzo!”
Levi atterrò proprio accanto al soldato, e si rese conto del motivo per cui nessuno stava tentando di aiutarlo.
Più della metà del corpo di Sasha era stato praticamente sepolto dal corpo del gigante, e anche se fossero riusciti a tirare la ragazza fuori di lì non avrebbero potuto salvarla. Gli organi interni erano stati schiacciati dal peso del titano, e una grande quantità di sangue le colava dalla bocca.
“Connie, è inutile ormai” sussurrò Levi avvicinandosi al soldato.
Il ragazzo stava ancora disperatamente cercando di liberare l’amica. Continuava a ripetere che ce l’avrebbe fatta, ma Levi sapeva benissimo che non credeva alle sue parole nemmeno lui. Il caporale si voltò a guardare di nuovo la ragazza, e ricordò i momenti più recenti. Sasha si trovava bene con tutti, nella squadra. Era un buon soldato, e insieme a Connie avevano sempre formato il duo comico del gruppo: nei momenti più tristi, i due ragazzi riuscivano a strappare un sorriso a chiunque, e il bene che provavano l’uno per l’altro sembrava sincero e profondo.
“Che cazzo dici, ce la possiamo fare!” urlò il ragazzo al caporale “Eren, trasformati di nuovo e butta questa merda da un’altra parte! Così riusciamo a liberarla! Forza Eren, cazzo, morditi quel fottuto dito e diventa un gigante o ti aiuto io tagliandoti gli arti uno a uno fino a quando non lo capisci da solo…”
“E’ morta”
Connie si fermò di colpo alle parole del caporale. Una lacrima gli scese lungo il viso, cadendo proprio sulla pozza di sangue che si era creata attorno alla testa di Sasha.
Cominciarono a sentirsi i singhiozzi degli altri soldati, alle sue spalle.
“Che… cazzo… dici…” Connie lasciò la presa sulla ragazza, e fissò un punto lontano senza guardarlo.
I suoi pensieri tornarono a quel giorno quando, durante il rito di passaggio indotto da Keith, la ragazza aveva preso una patata e aveva cominciato a mangiarla davanti agli occhi stupiti del capo istruttore. Ricordò quando, in seguito a quell’incidente, Sasha fu costretta a correre fino allo sfinimento, e di come non si era mai arresa di fronte a nulla nonostante il suo terrore verso i titani. Ricordò la sua immagine di quella mattina, quando si stringeva nella giacca tutta tremolante cercando di nascondere la paura.
Non può essere finito tutto, non può! Pensò Connie tirando la ragazza verso di sé sempre più forte.
Eren gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla, cercando di trattenere le lacrime.
“E’ morta da eroina, Connie. E’ morta per salv…”
“Cosa pensi me ne possa fottere del motivo per cui è morta?” strillò Connie scattando all’in piedi “E’ morta, è morta e basta, pensi veramente sia importante dove e perché uno muore? A me non me ne fotte un cazzo, so solo che adesso non potrò più vederla, mai più!”
Eren strinse l’amico in un abbraccio, lasciando cadere giù le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Armin, Mikasa, Hanji ed Erwin si avvicinarono subito dopo, accerchiando il ragazzo.
“Caporale” disse Neil avvicinandosi all’uomo, che non si era spostato di un passo e che aveva fissato la scena in silenzio fino a quel momento “Cosa facciamo adesso?”
Levi non distolse lo sguardo dal volto di Sasha nemmeno un attimo, e senza girarsi rispose al soldato.
“Aspettiamo, Neil. Aspettiamo.”   



ANGOLO AUTRICE: Ok, non mi uccidete. Prima o poi doveva succedere, no? Qualcuno sarebbe dovuto morire e... e... e non so perchè ho scelto Sasha dato che è il mio personaggio femminile preferito, però voi non mi uccidete comunque :( Ok, mi aspetto una miriade di insulti. Quasi quasi scappo :') Ci vediamo al prossimo capitolo, belli <3

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Capitolo 10
*** La valanga ***




La valanga
Per tutto il resto della giornata, nessun membro della squadra avvistò un gigante. Tuttavia l’avanzata verso il villaggio doveva proseguire, ma il caporale non voleva rischiare di perdere tutti i suoi uomini a causa di una mossa troppo azzardata: non potevano continuare ad andare avanti senza sapere che fine avessero fatto i giganti.
Alla fine, dopo aver discusso con Erwin, Levi decise che la cosa migliore da fare era dividersi in gruppi fino al tramonto, dimodoché ogni gruppo avrebbe potuto cercare i giganti in una zona differente, e in caso di avvistamento segnalare l’allarme. Era l’unico modo per capire se i giganti si erano sparpagliati per la vallata o se potevano incorrere in un’imboscata.
“Hanji, Eren, Marlo e Connie andrete con Erwin, e vi dirigete verso ovest. Neil, Magda, Mikasa e Armin, seguitemi verso est. Al tramonto ci incontreremo di nuovo qui.”
Le squadre si riunirono e velocemente si diressero verso il luogo indicato.
C’era una temperatura abbastanza calda per essere pieno inverno. Il sole batteva forte sulla vallata, e sembrava non esserci nessun gigante nei paraggi.
Neil scese velocemente dalla cima di un pino dove si era posizionato per avere una visuale migliore, e raggiunse il caporale.
“Non c’è nessuna traccia dei giganti” disse atterrando “Sembrano scomparsi”
Levi si guardò attorno, ansioso. La sua mano destra cominciò a tremare, e nella sua mente tornò l’immagine di Sasha, schiacciata dal titano, in una pozza di sangue. Stava portando tutti quei soldati alla stessa morte?
“Caporale!” urlò Armin comparendo all’improvviso dietro i due uomini, trafelato “Dobbiamo raggiungere subito il punto di incontro! Si sta scatenando una valanga!”
Levi si voltò immediatamente verso il punto indicato dal ragazzo, proprio dietro di loro. L’ammasso di ghiaccio e neve stava precipitando sempre più velocemente, e sembrava non volersi fermare.
“E’ inutile tentare di raggiungere gli altri” urlò Levi avvicinandosi al resto della squadra “Azionate le vostre attrezzature tridimensionali e cercate di allontanarvi il più possibile!”
Magda, Neil e Armin seguirono subito l’ordine del caporale, e cominciarono ad avanzare davanti a loro il più velocemente possibile. Mikasa, invece, si diresse verso ovest, dove si trovava la squadra di Eren.
Levi se ne accorse e tornò subito indietro, con l’intento di salvare la ragazza.
Le si avvicinò più velocemente che potè, e dopo aver raggiunto una distanza ravvicinata la tirò per un braccio verso di lui, tentando di stringerla a sé il più possibile.
“Continua ad avanzare verso ovest e ti ritroverai sotto un ammasso di neve, morta. Cosa speri di ottenere così?”
Mikasa tentò di divincolarsi dalla stretta il più possibile, ma quando si accorse che quella situazione li stava rallentando, riuscì a convincere il caporale che non avrebbe provato nuovamente a raggiungere l’altra squadra.
Levi decise di fidarsi, e la lasciò libera. I due avanzarono così più velocemente, ognuno con la propria attrezzatura tridimensionale, fino a quando non raggiunsero il resto della squadra, che si era bloccata nel bel mezzo della vallata.
“Caporale” urlò Neil con gli occhi spalancati, inorridito “Non abbiamo più scampo!”
Levi si fermò all’improvviso, posando lo sguardo dove erano fissati gli occhi dell’uomo. Dall’altro lato della montagna stava avanzando un’altra valanga, che sembrava essere ancora più forte e veloce della prima.
Il caporale non ebbe il tempo di rendersi conto di quel che stava accadendo che fu investito da una massa fredda e potentissima.
Poi fu il buio.
 
 
 
Il caporale fu il primo a svegliarsi. Aveva i muscoli doloranti, e faticava a respirare, ma stava bene. Si liberò dai piccoli mucchietti di neve che gli ricoprivano il torace, e si alzò in piedi.
Si guardò intorno spaesato: accanto a lui poteva vedere una gamba che fuoriusciva da un ammasso di neve, ma per il resto non c’era traccia di nessun’altro dei soldati.
Levi si affrettò a liberare la persona sepolta sotto il peso della neve, scoprendo che si trattava di Mikasa. L’adagiò subito in posizione supina, posandole un orecchio sul petto e assicurandosi che fosse viva. Poi la caricò sulle spalle, vagando alla ricerca di un posto dove trovare riparo.
 
 
 
Non era passata nemmeno mezz’ora quando Levi, sfinito, si fermò nel bel mezzo di una foresta, posizionando Mikasa a terra e poggiandosi sul tronco di un albero. La temperatura si era notevolmente abbassata, e se non avessero trovato un luogo dove ripararsi entro la notte sarebbero morti assiderati.
Il caporale stava cercando di riflettere sul da farsi, quando dei singhiozzi provenienti da poco lontano catturarono la sua attenzione.
L’uomo si alzò immediatamente da terra, lasciando Mikasa dove l’aveva posizionata, sicuro che non ci fosse nemmeno un gigante nei dintorni. Cominciò a urlare per farsi sentire, e subito dopo udì dei passi dirigersi verso di lui.
Quando si voltò, trovò Neil in lacrime.
“Caporale!” esclamò l’uomo stringendogli un braccio “Armin è in pericolo di morte. Dobbiamo trovare un riparo prima che il suo cuore cessi di battere!”
 
 
 
 
La vita mi odia a tal punto da non concedermi nemmeno alla morte pur di vedermi soffrire fino all’ultimo.
I pensieri di Levi erano in bilico tra l’ottimismo e il pessimismo quando era intento ad appiccare un fuoco all’interno di una grotta che Magda aveva avvistato una mezz’ora prima.
Era contento che la sua squadra fosse interamente salva: la situazione di Armin non era così grave come Neil aveva pensato, e Levi si rese conto che quell’uomo non ne aveva passate abbastanza nella sua vita da comprendere quando qualcuno rischiava realmente di morire o meno.
Mikasa si era ripresa, e sedeva poggiata su una parete della grotta, con un’espressione cupa sul volto. Neil invece era nella parte più interna, e sorvegliava Armin, ancora timoroso che potesse sentirsi male da un momento all’altro. Il ragazzo non si era ancora svegliato, ma la sua pelle aveva ripreso colore e i suoi polmoni avevano cominciato a respirare regolarmente.
Magda prese le pietre che il caporale strofinava da un paio di minuti, e in un solo colpo appiccò il fuoco sui legni e l’erba secca posizionata a terra.
Quell’improvvisata vampata di calore sembrò allietare per un momento i soldati.
Mikasa guardò le fiamme piangendo, senza però emettere alcun suono. Levi la guardò con la coda dell’occhio, provando un’istintiva tenerezza nei suoi confronti.
“Lo ami?” chiese all’improvviso catturando l’attenzione dei presenti.
Mikasa sembrò arrossire un istante, poi sul suo viso tornò l’espressione triste di poco prima.
“Non è questo” disse rigirandosi un ramoscello tra le mani “E’ difficile da spiegare. Diciamo che lui è l’unica persona che mi è rimasta. E’ la mia famiglia!”
Lo sguardo di Levi cadde su Armin, che dormiva ancora ignaro di ciò che era accaduto sotto lo sguardo ansioso di Neil.
“E Armin? Anche lui è un tuo amico di infanzia, o sbaglio?”
Mikasa si sedette a terra, portandosi le ginocchia al petto.
“Si, ma… è diverso.”
Per un minuto gli unici rumori che si udirono furono quelli provocati dallo scoppiettio del fuoco, e i sospiri di Neil che si chiedeva come mai al caporale interessasse sapere quelle cose. Fu Magda a interrompere il silenzio.
“Ti capisco” disse la ragazza avvicinando le mani al focolare “So cosa vuol dire voler proteggere l’unico affetto rimasto in vita. In passato ho creduto di perdere tutto, ma quando scoprii che lui era ancora in vita la mia unica priorità divenne cercarlo e proteggerlo. Non mi importò più nulla del resto, e così passai il resto della mia vita a chiedere di lui per sapere dove fosse.”
Levi ascoltò quelle parole con la mente rivolta a molti anni prima, ma rimosse subito quell’immagine dalla mente. Non doveva farsi prendere dalle emozioni e dai ricordi.
“Lo hai trovato, alla fine?” chiese Mikasa stringendosi nella spalle “Il lui di cui parli, intendo… lo hai trovato?”
Magda non rispose, ma si portò una mano sulla tasca interna della giacca, come se stesse per uscire fuori qualcosa. Poi però si fermò, e si sdraiò a terra supina.
“M’importa solo che stia bene. Solo questo.”
Mikasa annuì, sovrappensiero. Poi si sdraiò anche lei sul terreno, stanca e assonnata.
Levi, invece, rimase seduto davanti al focolare per il resto della notte, consapevole del fatto che non sarebbe riuscito a dormire.
 
 
 
 
All’interno della cella dove era stato rinchiuso come una bestia, Jean continuava a fissarsi entrambe le braccia incredulo e spaventato allo stesso tempo.
Cosa cazzo mi ha fatto quel bastardo?
Non era riuscito a comprendere molto, quel giorno in cui venne rapito. Ricordava solo di aver visto quell’uomo, alto e castano, che gli amputava il braccio ripetendo parole come “infezione”, “contagio” e “prevenzione”. Poi perse i sensi e si risvegliò all’interno di quella cella.
Quell’uomo, che ancora non aveva capito se definire il suo salvatore o il suo assassino, adesso lo stava fissando dalle sbarre, con un’espressione illeggibile sul volto.
“Lui lo sa? Sa di quello che fa in mezzo a questi animali, in mezzo a queste bestie?” strillò Jean guardando l’uomo negli occhi. Lo conosceva, tutti lo conoscevano a Trost.
“Questo non è importante, per adesso” rispose l’uomo sistemandosi gli occhiali.
Jean tornò a guardarsi il braccio destro. Ricordava benissimo che gli era stato amputato quel giorno stesso che l’uomo lo rapì, ed era spaventato da quello che la sua rigenerazione potesse significare.
“Che cosa mi ha fatto?” urlò con le lacrime agli occhi “Mi ha trasformato in un mostro? E a quale scopo? E tutti i titani che ci sono qui? Anche loro erano umani, una volta?”
L’uomo si passò una mano sul pizzetto, senza guardare Jean negli occhi.
“Tutti i titani sono umani, Jean”
Il ragazzo si irrigidì, colpito da quelle ultime parole. Una goccia di sudore freddo prese a scendergli lungo la fronte, scivolando sul pavimento.
“Che cazzo dice? Che cosa sta dicendo? Non ha ancora risposto alle mie domande, che cosa sono adesso, posso ancora ritenermi un umano?”
Jean cominciò a piangere, tentando di liberarsi dalle catene, compiendo uno sforzo inutile.
L’uomo prese la sua valigetta da lavoro, e si incamminò verso le scale.
“Sei un ibrido, Jean. E non sei né come loro, né come lui”
Jean guardò l’uomo scomparire dietro la porta, senza smettere di piangere e dimenarsi. L’altro, invece, si fermò un momento a prendere delle pillole dalla valigetta, portandosele immediatamente alla bocca.
Dopo aver ingerito la dose di tranquillanti, si incamminò verso l’esterno. Lì, un gruppo di titani lo guardavano senza il minimo interesse, continuando a svolgere le loro attività.
L’uomo raggiunse poi un’abitazione costruita su un albero, correndo subito a prendere un binocolo su una scrivania.
Dopo aver osservato ciò che accadeva aldilà del villaggio, Grisha Jaeger sedette sul letto, mentre una lacrima gli rigava il volto bloccato in un’espressione di terrore. 



ANGOLO AUTRICE: Sorpresaaa! Jean è sano e salvo (in tutti i sensi) :') E Grisha? Eh, Grisha. Quante domande u.u Avranno tutte una risposta, poco alla volta. Intanto vi avverto che il prossimo capitolo sarà la continuazione della storia del nanetto sfigato (non mi picchiate!), e che per scoprire cosa accadrà ai nostri soldati dovrete aspettare il capitolo dopo il prossimo. Detto questo, vi lascio. Vado a mangiare che sto morendo di fame *w* Alla prossima! :)

 

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Capitolo 11
*** La storia di Rivaille (Parte 3) ***




La storia di Rivaille (Parte 3)
Anno 837, città di Lange.
Levi era seduto sul letto della sua stanza, il viso imbronciato e le braccia sul petto. Davanti a lui, Otto cercava di convincerlo a trovare nell’armadio un vestito elegante da indossare quella sera.
Era il 25 Dicembre, il decimo compleanno di Levi. Lui non aveva molta voglia di festeggiare, perché odiava le feste. Non sopportava l’idea che quella sera avrebbe incontrato persone che non aveva mai visto in vita sua e che, da quanto diceva Otto, erano venute da “molto lontano” solo per festeggiarlo.
Levi voleva solo uscire, allenarsi con la spada e poi andare a fare i dispetti ai servi con Ondine.
Naturalmente, non era la stessa cosa senza Lambert. Anche se erano passati due anni, Levi sentiva ancora la sua mancanza, e per quanto cercasse di nasconderlo anche Ondine ci continuava a pensarci. Il loro rapporto era cambiato da quel giorno. Si volevano ancora bene come prima, ma non riuscivano più a divertirsi come quando, in tre, correvano a perdifiato nei campi, si recavano nel pollaio per far scappare tutte le galline, si gettavano sul fiume a nuotare in pieno inverno. Niente di tutto quello era lo stesso, adesso.
E forse, un altro motivo per cui Levi non aveva particolarmente voglia di festeggiare il suo decimo compleanno, era proprio l’assenza di Lambert.
 
 
 
 
Tuttavia, il bambino non riuscì a convincere il patrigno. Quella sera, nella sala più grande del palazzo, furono imbandite due tavolate enormi per saziare tutti i parenti di Otto che erano venuti da “molto lontano” per festeggiare il compleanno di Levi. Il ragazzino si sentiva totalmente a disagio: non aveva mai visto tutte quelle persone che non facevano altro che dirgli “quanto sei cresciuto” e “stai diventando un bel giovanotto”, e a lui poco importava di loro. Voleva solo uscire fuori, sdraiarsi sull’erba e guardare le stelle.
Come quella notte.
Per quanto odiasse quella festa, però, Levi l’avrebbe rivissuta per il resto dei suoi giorni se avesse saputo a causa di cosa si fosse interrotta.
Non era ancora arrivata la seconda portata, quando un servitore spalancò le porte del salone cercando di farsi sentire da più orecchie possibili.
“Dei titani sono apparsi a sud di Lange, bisogna evacuare al più presto!”
Quelle parole, nel bel mezzo del frastuono della festa, non furono subito udite da tutti i presenti. Cominciarono però a disperdersi a macchia d’olio, fino a raggiungere Otto, che venne informato direttamente da Hans.
“I titani sono all’interno del muro, Otto. Ed è qualcuno di noi, perché non vengono dall’esterno, sono comparsi proprio qui
Otto si voltò, gli occhi spalancati e la mano stretta al bastone. Lui sapeva molte cose di cui gli altri non erano a conoscenza, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato tradito in quel modo.
L’uomo corse verso un maggiordomo, ordinandogli di dare l’allarme e di preparare più carrozze possibili per far evacuare le donne i bambini. Poi diede ordine ad Hans di portare in salvo Levi attraverso il passaggio segreto, dimodoché non ci sarebbe stato il pericolo di incontrare alcun titano.
“Hans!” esclamò Otto prendendo il ragazzo per un braccio, prima che potesse scomparire tra la folla “Digli la verità.”
Hans si bloccò all’istante, faticando a respirare.
Digli la verità.
Quelle parole lo colpirono al cuore come un proiettile, sapendo benissimo a cosa alludevano. Otto aveva sempre detto che sarebbe stato lui, un giorno, a informare Levi su come erano andate davvero le cose, e a spiegargli che in realtà quella non era la sua famiglia natale. Sapeva anche che loro erano qui per lui, e che non se ne sarebbero andati fino a quando non l’avessero portato con sé.
Hans aveva compreso che Otto gli aveva appena dato il suo ultimo addio.
Non c’era tempo da perdere, però. Il ragazzo corse verso la tavolata sulla destra della sala, dove Levi si guardava spaesato non capendo cosa stesse accadendo.
Dei titani dentro le mura? Ma come è possibile?
L’arrivo di Hans lo discoste dai suoi pensieri. Il ragazzo più grande caricò il fratellastro sulle sue spalle senza nemmeno dargli spiegazioni, e cominciò a correre verso il corridoio, per poi salire le scale e dirigersi verso la camera da letto.
“Che cazzo sta succedendo, Hans?” strillava Levi dimenandosi “Dov’è papà?”
Quell’ultima parola provocò una triste emozione nel cuore di Hans, che non era riuscito a chiamare padre l’uomo che l’aveva cresciuto come un figlio nemmeno dopo l’ultimo saluto.
“Stai zitto e seguimi, babbeo!” esclamò Hans una volta raggiunta la camera da letto.
Il ragazzo si recò verso un busto in marmo posizionato vicino alla scrivania, posò una mano sulla testa della statua e premette forte. Si sentì un suono appena percettibile, e poi Hans cominciò a spingere il busto da sinistra verso destra.
“Aiutami, cretino” disse con la fronte imperlata di sudore.
Levi corse subito dal fratellastro, confuso, e lo aiutò a spingere, fino a quando al di sotto della statua non si aprì un buco nero.
“Forza, andiamo!” esclamò Hans buttandosi giù per il buco, che era alto poco più di due metri.
“Che?” urlò Levi guardando il fratellastro dall’alto “Io non ci entro lì, sarà tutto sporco, pieno di topi, e…”
Hans non gli diede il tempo di terminare la frase che lo prese per un braccio facendolo cadere sulle sue braccia. Poi lo caricò nuovamente sulle spalle, e avanzò nelle fogne il più velocemente possibile.
 
 
 
 
Hans e Levi arrivarono alla fine di quel tunnel in poco più di dieci minuti. Il primo si affrettò ad aprire la cella che li divideva dal mondo esterno, ma quando uscì la testa dalle sbarre si accorse che, a pochi metri da lui, un titano di almeno 12 metri stringeva qualcuno nella mano destra, pronto a divorarlo.
Hans si poggiò a una parete, riflettendo. Dovevano solo aspettare che quella povera anima finisse nelle interiora del gigante. Poi, il titano sarebbe andato altrove, e loro sarebbero potuti scappare.
Il ragazzo si sporse di nuovo, molto lentamente, per osservare la scena.
Il suo cuore perse un battito quando riuscì a vedere i biondi capelli della bambina che il titano stringeva nella mano, e che stava avvicinando alla bocca.
Levi, accortosi dell’espressione stupita del fratellastro, si precipitò verso le sbarre, ma fu subito buttato indietro.
Il bambino cadde a terra, ma si rialzò immediatamente e corse di nuovo verso le sbarre. Hans lo prese per la camicia sporca, cercando di mantenerlo il più lontano possibile dalla cella.
“Che cosa sta succedendo, Hans? Lasciami…”
Levi alla fine riuscì a opporre resistenza, e si piombò sulle sbarre per guardare con i suoi occhi quello che stava accadendo.
La scena fu talmente veloce che il bambino non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che stava succedendo. Vide solo Ondine, nella mano del titano, che piangeva e strillava mentre il gigante apriva la bocca sorridendo. La bambina venne inghiottita dalla bestia direttamente, in un sol boccone.
Levi rimase immobilizzato per un minuto intero, mentre una lacrima scendeva lenta sul suo viso d’avorio, cadendo giù oltre il mento.
L’ha mangiata. L’ha mangiata viva.
Hans cominciò a singhiozzare, alle spalle del ragazzo. Com’era potuto accadere tutto questo così all’improvviso? Otto probabilmente era già morto, la sua città stava per essere sterminata e una bambina era appena stata divorata sotto i suoi stessi occhi.
C’era solo una cosa che poteva fare: portare in salvo il fratellastro.
Hans prese Levi per le spalle, e si abbassò per poterlo guardare direttamente negli occhi. Gli asciugò la lacrima con un dito, e poi gli accarezzò il volto delicatamente.
“Ascolta, Rivaille” disse con la voce spezzata dai singhiozzi “So che tutto quello che ti dirò potrà sembrarti un mucchio di stronzate, ma è la verità. So anche che non è di certo il momento più adatto per dirtelo, ma potrei morire da un minuto all’altro e prima di uscire da qui devo essere sicuro che tu sappia tutta la verità. Poco meno di dieci anni fa, io e quello che chiami papà fummo mandati in missione in un villaggio a nord del distretto di Yoda, molto lontano da qui. Un titano minacciava di sterminare la città, ma noi non siamo riusciti ad arrivare in tempo, e quando raggiungemmo il distretto  non trovammo altro che fiamme e cadaveri. Ma Otto si accorse di un bambino che piangeva, da solo, ancora vivo. Deciso di prenderlo con sé, e di portarlo in salvo qui a Lange, e di crescerlo come se fosse suo figlio. Rivaille, quel bambino sei tu!”
Levi continuava a rimanere immobile, fissando il vuoto. Sembrava quasi morto, talmente era rigido e freddo, e quell’impressione appariva così reale che Hans dovette posargli un orecchio sul petto per essere sicuro che il fratellastro stesse bene.
“Ascoltami, Rivaille!” urlò Hans in preda alla disperazione “Otto non è stato sempre la persona che hai conosciuto tu! Ha fatto delle cose brutte in passato, cose di cui si è pentito, si era dedicato allo studio dei titani, aveva scoperto cose che non doveva sapere e stretto rapporti che sarebbe stato meglio evitare…”
Le parole del ragazzo furono interrotte da un rumore assordante.
Alle spalle del ragazzo, il piede di un titano aveva appena sfondato il soffitto della fogna.
Hans aprì velocemente la cella, spingendo fuori il bambino che sembrava essersi ripreso dopo quell’interruzione improvvisa.
“Scappa a nord, Rivaille!” urlò Hans rimanendo immobile all’interno del tunnel “Lì troverai un’altra città, Trost. Vai e comunica a tutti quello che è successo. Se il destino vorrà, ci rincontreremo lì un giorno!”
Levi corse verso il cavallo più vicino, spaventato. Salì in groppa all’animale, inducendolo al galoppo, e poi si voltò verso il fratellastro.
Si aspettava di vederlo uccidere in un solo colpo il titano che aveva distrutto le fogne, e invece l’immagine che gli si parò davanti era ben diversa: Hans, come poco prima Ondine, era nel pugno del gigante e stava per essere divorato.
Levi si girò immediatamente, incapace di provare qualsiasi tipo di sentimento. Non aveva voglia di rivedere una scena del genere, non di nuovo.
Il suo cavallo galoppò fino a nord il più velocemente possibile, mentre lacrime amare gli cadevano sul viso.
Sono solo. Completamente solo.   




ANGOLO AUTRICE: Ecco a voi il continua della storia di Rivaille, lettori :3 Come vi avevo già detto, potete vedere che questa specie di "interruzione" che a volte inserisco non è inutile come sembra, ma è importante per capire alcune cosette della storia principale (anche se ancora non si capisce un granchè!). Bene, detto questo, io vi saluto. Un bacio a tutti <3

 

 

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Capitolo 12
*** Sopravvivenza ***




Sopravvivenza
 
Levi e la sua squadra avanzarono verso nord per tutto il resto della giornata. La temperatura si stava alzando, ma c’era un grosso problema che aveva assillato il caporale per tutta la notte e che non sapeva come risolvere: il cibo.
I soldati erano rimasti completamente senza viveri, e in quelle condizioni non avrebbero resistito a lungo.
Perciò, contro la volontà di Mikasa che voleva a tutti i costi trovare Eren, Levi decise di indirizzare la squadra ancora più a est, dove si trovava un lago non completamente coperto dal ghiaccio, sperando di trovare qualche pesce da poter cucinare prima dell’avvistamento di qualche titano.
Quello era un altro mistero: i titani infatti erano completamente scomparsi da quel giorno quando, dopo essere arrivati in massa, erano tornati indietro dopo il segnale del titano bestia.
La squadra era quasi giunta al lago quando, vicino a un albero, Armin vide qualcosa muoversi lentamente. Il ragazzo avvisò subito il caporale, che ordinò ai soldati di utilizzare le attrezzature tridimensionali per salire sui rami più alti.
E così tutti videro, sotto di loro, un cinghiale particolarmente grosso muoversi avanti e indietro, probabilmente alla ricerca di qualche animaletto del bosco da mettere sotto i denti.
La legge del più forte, eh?
Levi prese una delle due spade, e con l’altra mano azionò la manovra tridimensionale. Poi si gettò verso l’animale, che cadde a terra morto in un solo colpo.
Il resto della squadra scese quindi dagli alberi, pronti a cuocere e mangiare il loro primo pasto dopo la valanga.
 
 
 
 
La luce del sole era completamente scomparsa quando Levi decise di tornare indietro alla grotta che li aveva ospitati la notte precedente. Per ora, rimanere lì era l’unica cosa che potevano fare: fin quando non avessero incontrato gli altri o non avessero avuto un piano ben preciso, continuare ad avanzare li avrebbe portati solo alla morte.
Prima di andare a dormire, il caporale si fermò fuori dalla grotta a guardare le stelle, come faceva ogni notte da quel giorno in cui la sua vita passata era terminata del tutto, quando la sua gente venne uccisa dai titani fino all’ultimo.
Levi si chiedeva spesso, in quei momenti, se da qualche parte nell’Universo ci fossero altri pianeti, popolati da altre persone, e si chiedeva anche se questa gente vivesse meglio di loro senza la minaccia dei giganti, o se gli umani erano destinati a vivere prigionieri anche senza i titani.
Levi pensava infatti che gli umani fossero schiavi di troppe cose, e per questo motivo non avrebbero mai potuto sentirsi veramente liberi: schiavi delle emozioni, schiavi dei sentimenti, schiavi dei propri bisogni, schiavi anche dei proprio sogni. Tante volte il caporale aveva pensato infatti che senza sogni la vita degli uomini sarebbe stata insignificante, in quanto una vita senza un obiettivo da perseguire non era degna di essere vissuta.
Levi si voltò quando udì dei passi alle sue spalle.
“Magda”
La ragazza si fermò di colpo, come se non si fosse accorta della presenza del caporale fino a quel momento.
“Mi perdoni, signore. Credevo non ci fosse nessuno. Torno dentro, allora.”
“Resta”
Levi tornò a posare lo sguardo sulla sfera celeste, mentre Magda si sedeva lentamente a pochi metri da lui.
I due rimasero in silenzio per un po’, immobili. Poi Levi ruppe il silenzio, stringendosi nel mantello.
“Mi ricordi tanto una mia amica d’infanzia”
Magda si voltò verso il caporale, riuscendo a malapena a capire dove fosse dato il buio totale che regnava nel bosco.
“Ah…” sussurrò Magda portandosi le ginocchia al petto “Spero non le sia successo niente di grave”
“E’ stata divorata da un titano. Le assomigli così tanto che se questo non fosse accaduto sotto i miei occhi avrei creduto fossi tu”
Magda abbassò lo sguardo, stringendo i pugni.
“Mi dispiace”
“Anche a me. L’unico ricordo che ho di lei è un fazzoletto che tengo sempre nella tasca sinistra della giacca, perché in qualche modo tenerlo vicino al cuore mi fa sentire più vicini anche i momenti che abbiamo passato insieme”
Magda si nascose la testa fra le gambe, per nascondere le lacrime.
“Mi dispiace” ripetè con la voce spezzata.
Levi si voltò verso quella figura rannicchiata davanti a lui, e che tanto somigliava a Ondine. Più cercava di allontanarsi dal passato, più il passato gli si parava davanti.
Il caporale si alzò, sfilandosi il mantello.
“Io entro. Prendi questo, qui fuori si gela”
Magda alzò lo sguardo, ma non si preoccupò di prendere il mantello.
“Sarebbe inutile, signore. Io non sento freddo. Non sono in grado di… sentire o provare qualcosa, fisicamente. Non riesco nemmeno ad avvertire il dolore!”
Levi pensò che sarebbe stato bello provare quella sensazione da un punto di vista interiore, e vivere il resto della sua vita senza pensare ai ricordi e senza soffrire alla vista dei suoi compagni morti.
Nella sua mente prese di nuovo forma l’immagine di Sasha, l’ultima perdita della sua squadra.
Chissà come sta Erwin…
Il caporale lasciò cadere ugualmente il mantello sulla neve, e poi si voltò verso la grotta. Poco prima di entrare, lanciò un ultimo sguardo a Magda, ancora accovacciata a terra in lacrime. 
 
 
 
 
 
La mattina dopo Levi non fu svegliato dalla luce del sole, né dal cinguettio degli uccelli che si erano posati vicino alla grotta. Il caporale venne svegliato infatti da una moltitudine di voci che echeggiava all’esterno della grotta.
Non appena sentì quei suoni, Levi si alzò velocemente da terra e uscì fuori, speranzoso di incontrare di nuovo Erwin e la sua squadra. E così fu: a pochi metri dalla grotta, c’era infatti Hanji che, con le spade sguainate, e sul ramo di un albero, guardava intensamente un punto davanti a lei.
La sorpresa di quel momento fu tale che Levi non fece caso a quel particolare, e cominciò ad avanzare velocemente verso la donna che era talmente concentrata sul suo obiettivo da non rendersi assolutamente conto della presenza alle sue spalle.
Se ne accorse infatti solo quando il gigante che aveva adocchiato cominciò a correre verso il caporale, che solo in quel momento aveva compreso quello che stava succedendo. Levi non si fece però cogliere impreparato: azionò velocemente l’attrezzatura tridimensionale e, confondendo il titano spostandosi velocemente da un albero all’altro, cercò di lanciarsi il più in alto possibile per rotolare con le spade in mano proprio sulla collottola del gigante.
Il titano cadde al suolo in fin di vita, e Hanji scese velocemente dal ramo.
“Rivaille!” esclamò la donna correndo verso il caporale, che era intento a pulire con la neve le lame sporche delle spade.
In quel momento uscirono fuori dalle loro postazioni anche Erwin, Eren e Connie. I tre atterrarono proprio all’entrata della grotta, dove ormai anche Mikasa, Magda, Neil e Armin si erano svegliati.
“Per fortuna siete tutti sani e salvi!” disse Erwin posando la mano sulla spalla dell’amico “Quando quell’altra orda di giganti è arrivata da est, abbiamo temuto il peggio!”
Levi aggrottò le sopracciglia, confuso.
“Ma noi non abbiamo avvistato nessun gigante prima d’ora”
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di Neil, che uscendo fuori dalla grotta cominciò a chiedere di Marlo.
Hanji abbassò lo sguardo, evitando quello dell’uomo.
“Purtroppo non è riuscito a sopravvivere all’attacco dei giganti di questa notte, Neil. Mi dispiace!”
Levi si voltò verso Neil, che si era inginocchiato a terra e si stava tenendo la testa tra le mani. Al contrario di quanto aveva potuto constatare durante il processo di Eren, Neil si era dimostrato in quel periodo un uomo molto protettivo verso i suoi compagni, come quando Armin era svenuto nel bosco e lui era stato a sorvegliarlo tutta la notte. Il caporale non sapeva quali rapporti ci fossero stati tra Neil e Marlo, ma appartenendo precedentemente entrambi alla polizia militare di sicuro doveva conoscerlo meglio di tutti gli altri presenti.
Levi si avvicinò a Erwin, mentre Eren si staccava dall’abbraccio di Mikasa per andare a consolare il compagno.
“Cosa facciamo, Erwin?” chiese il caporale a bassa voce, quasi come se non volesse farsi sentire dagli altri.
“Se i calcoli di Hanji non sono sbagliati, il villaggio non si dovrebbe trovare a molti chilometri da qui. Oggi partiremo, ci incammineremo sempre più a est e procederemo così fino a quando non avremmo raggiunto il villaggio.”
Levi annuì, guardando l’orizzonte. Poi si voltò verso le due squadre, alzando un braccio per attirare l’attenzione su di sé.
“Preparatevi a continuare l’avanzata, soldati. Da questo momento in poi, dovremmo tutti contare l’uno sull’altro per garantire la nostra sopravvivenza!”  



ANGOLO AUTRICE: Bene, come vedete per me oggi è una giornata di aggiornamenti *w* Eh si, ne approfitto dato che da domani ricomincierà l'inferno :') Ma comunque, finalmente le squadre si sono riunite, e c'è stata un'altra morte (questa volta non vi è dispiaciuto chissà quanto, ammettetelo u.u). Purtroppo nè i misteri nè le morti sono finite qui, ma più ci avviciniamo al villaggio più scopriamo le verità :3 al prossimo cap!

 

 

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Capitolo 13
*** Arrivo al villaggio ***




Arrivo al villaggio
Il giorno dopo, Levi venne svegliato dalle voci di Hanji e Mikasa, che si erano sedute ai piedi di un albero e stavano discutendo animatamente, mentre il resto della squadra, coricata sul corpo di Eren in forma titantica, continuava a dormire.
Il caporale si alzò, facendo il minimo rumore, intuendo che le ragazze si fossero allontanate per non farsi sentire.
“Tu lo sapevi!” esclamò Hanji portandosi le mani ai capelli “Lo sapevi, e non gli hai detto nulla! Lo sai che cosa farà adesso il caporale quando lo verrà a sapere? Non ci voglio nemmeno pensare!”
“Che cosa devo sapere?”
Hanji si voltò spaventata, portandosi una mano alla bocca per lo stupore.
“C-caporale! Ecco, ci siamo accorti che… insomma… non l’abbiamo vista quando ci siamo svegliate, e quindi…”
“Magda è andata via” disse Mikasa posizionandosi tra Hanji e il caporale “Questa notte. Mi aveva detto che l’avrebbe fatto. Si è fidata di me, perché sapeva che potevo capirla soltanto io… e non le ho detto nulla, naturalmente, perché lei non avrebbe approvato”
Levi alzò lo sguardo verso il cielo, ponendosi un mucchio di domande a cui forse non avrebbe mai avuto risposta. Che senso ha scappare adesso, nel bel mezzo di una foresta innevata, ormai troppo lontani dal resto del mondo?
“Mi dispiace che abbia deciso di imbattersi in una morte certa” rispose Levi tornando a guardare Mikasa “E mi dispiace che tu abbia avuto così poca stima nei miei confronti. Credevi davvero che io non l’avessi lasciata andare, se mi avesse parlato della sua paura di raggiungere il villaggio?”
Mikasa si toccò un braccio, posando lo sguardo sulla neve.
“Il fatto è… che lei non se n’è andata per paura. Ha detto che doveva proteggere… una persona”
Levi si voltò dall’altra parte, quasi infastidito da quell’ultima osservazione.
“Ah, certo. La persona di cui parlava l’altra sera. Ecco perché si è rivolta a te” il caporale si allontanò dalla coppia a passi pesanti, fino a raggiungere il resto della squadra. Poi si voltò di scatto, puntando un dito contro Mikasa “Pensa a salvare la tua pelle, piuttosto. In un mondo come questo non c’è spazio per i sentimenti, Mikasa. Questa è la prima regola che un soldato dovrebbe imparare!”
Mikasa spostò un piede in avanti, come se volesse correre verso il caporale, ma Hanji la prese per un braccio, bloccandola.
“Sei stata fortunata” disse guardandola negli occhi “Non fare la stupida, lascialo parlare e continua a lavorare come hai sempre fatto. Non dargli corda, sono cose che lui non può più comprendere”
Hanji lasciò andare la ragazza, e si avviò verso la squadra, che, svegliata da Levi, si stava già preparando per continuare l’avanzata.
 
Jean non aveva dormito, nemmeno quella notte. Era rimasto sveglio, pensando a Grisha, ai suoi compagni e ai titani che popolavano il villaggio dove era stato fatto prigioniero.
Grisha veniva ogni giorno a controllare che stesse bene, a dargli da mangiare e da bere e a parlargli di tanto in tanto di cose che il ragazzo non capiva per niente. Voleva solo andarsene da lì, ma non aveva idea di come fare.
Proprio in quel momento la porta oltre la scala si aprì, e Jean respirò profondamente, pronto ad affrontare un’altra lite con il dottor Jeager.
E invece, la figura che scese le scale e si avviò verso la cella per aprirla era tutt’altro che quella di Grisha. Il ragazzo cominciò a chiedersi quanti umani ci fossero in quel villaggio popolato da giganti.
Jean guardò confuso la ragazza che le si avvicinò con una chiave in mano, liberandolo dalle catene. Grisha non lo faceva mai quando veniva a dargli da mangiare.
“Adesso mi segui, non apri bocca e appena raggiungiamo i tuoi amici eviti di fare domande. Se segui questi tre semplicissimi passi, riusciremo ad uscire dal villaggio tutti sani e salvi.”
Jean continuava a non capire, ma decise di seguire i consigli della ragazza, e si avviò fuori la stanza seguendola senza proferire parola.
 
Il villaggio era ormai a meno di un giorno di distanza. I calcoli di Hanji erano risultati tutti giusti, e Levi era sicuro che sarebbero arrivati a destinazione prima che potesse far notte. Decise perciò di fermarsi in una radura, approfittando della propizia fauna della zona: più si avvicinavano al villaggio, più animali incontravano sul loro cammino.
“Un umano potrebbe benissimo sopravvivere qui” pensò Armin stringendo nelle mani un pezzo di lepre appena cotta “Forse è così che sopravvivono Reiner, Berthold e Ymir!”
Levi riflettè su quelle ultime parole, guardando Eren. Non sapeva ancora se un umano in grado di trasformarsi poteva sopravvivere senza cibo e acqua, come i giganti. Ma era certo del fatto che Reiner, Berthold e Ymir si trovassero nel villaggio dove erano diretti.
“Cosa faremo arrivati al villaggio, Levi?” chiese Erwin sottovoce, avvicinandosi al caporale.
Levi staccò con i denti un pezzo di carne, senza voltarsi a guardarlo.
“Li cercheremo. E li troveremo, possibilmente in forma umana. Dopodichè li cattureremo, li porteremo a Trost e inizieremo ad analizzarli”
“Mi sembra un piano alquanto utopico” intervenne Hanji “Non sappiamo ancora quanti titani incontreremo una volta raggiunto il villaggio. Potremmo essere tutti divorati!”
“Non se ci andrà Eren”
Il ragazzo si voltò verso il caporale, che aveva pronunciato di proposito quelle ultime parole alzando la voce.
“Eren?” esclamò Hanji guardando Levi di traverso “Ma è troppo rischioso!”
“E’ l’unico modo, Hanji” disse il caporale alzandosi da terra “E comunque, non andrà solo” Erwin e il resto della squadra lo guardarono perplessi, distogliendo per un momento la loro attenzione dal cibo “Andrò io con lui” continuò Levi “E nessuno si accorgerà di me. Perché sarò nascosto. Dentro la sua bocca”
 
Jean non aveva mai visto l’edificio dove era stato rinchiuso, prima d’ora: guardato dall’interno, gli sembrava un enorme castello pieno di stanze e laboratori chimici, come se lì vivesse un’intera popolazione di esseri umani.
Che cosa sta succedendo? Perché sono stato rapito?
I pensieri di Jean volarono a quella sera quando, nella foresta di alberi giganti, era stato colpito alla testa e aveva perso i sensi. Non ricordava più niente da quel momento in poi.
Fin da quando era stato rapito da Grisha aveva pensato che fosse stato proprio lui ad attaccarlo quella notte. Adesso, però, Jean non era più sicuro di niente.
All’improvviso, svoltato un angolo, tutti i suoi pensieri vennero cancellati da una rabbia cieca che per un attimo gli fece totalmente perdere la ragione. Davanti a lui, infatti, coperti da tuniche nere lunghe fino ai piedi e con l’attrezzatura tridimensionale addosso, c’erano Reiner, Ymir e Berthold, che stavano probabilmente aspettando ansiosi i due ragazzi.
Alla vista dei suoi vecchi compagni, Jean si spinse avanti per andargli incontro, e fu talmente veloce che nemmeno la ragazza al suo fianco riuscì a fermarlo.
“Siete dei bastardi!” urlò gettandosi su Reiner, che lo bloccò al suolo in un solo colpo.
“Ti avevo detto di addormentarlo, Ondine” disse Berthold rivolgendosi alla ragazza “O dovremo forse chiamarti Magda?”
Ondine si voltò infastidita, incrociando le braccia.
“Non potevo di certo presentarmi con il mio vero nome, non credi?”
“Che cazzo sta succedendo?” urlò Jean dimenandosi sotto lo stivale di Reiner “Dove sono gli altri? Chi cazzo sei tu?”
Reiner lanciò uno sguardo d’intesa a Ondine, e lei annuì. Poi il ragazzo alzò Jean da terra e gli lanciò un pugno talmente forte da fargli perdere i sensi.
 
Levi, posizionato sul ramo più alto di un albero, guardava il villaggio di fronte a sé: la squadra era quasi arrivata, ed era meglio per tutti fermarsi lì.
Il caporale scese dall’albero, atterrando proprio accanto a Eren. Alla fine avevano deciso che, mentre il ragazzo e Levi sarebbero entrati nel villaggio, il resto dei soldati li avrebbero aspettati al confine, e si sarebbero avvicinati proprio quando tutti i giganti avessero focalizzato la loro attenzione su Eren.
“Siamo pronti” disse Levi scambiandosi uno sguardo d’intesa con Erwin “Eren, puoi trasformarti!”
Eren abbassò lo sguardo, intimorito.
“Caporale, io non posso assicurarle che non perderò il controllo!” esclamò disperato “Cosa succederà se dovessi ingoiarla?”
Levi si voltò verso il comandante, con un cenno della testa.
“Erwin. Diglielo tu cosa succederà!”
“Se dovesse succedere” disse Erwin avvicinandosi al ragazzo “Sarò costretto a squarciarti la pancia e a tirarlo fuori. Così salvo Rivaille e tu potrai rigenerarti!”
Mikasa strinse i pugni e digrignò i denti, mentre Eren si portò una mano alla nuca.
“N-non… non perderò il controllo, signore!”
“Meglio così” rispose Levi, fissando lo sguardo di fronte a sé.
 
Reiner posizionò Jean su una barca, proprio alla fine del villaggio, dove un grande fiume si estendeva per così tanto che da lì era impossibile vederne la fine.
Berthold salì sulla barca insieme a Reiner, mentre Ondine e Ymir rimasero a guardarli.
“Morirete, se restate” disse Reiner alzando lo sguardo verso le ragazze “Pensateci adesso. Vi uccideranno, quando si renderanno conto che li abbiamo traditi!”
Ondine si scostò una ciocca di capelli dal viso, voltandosi verso Ymir.
“Tu và, Ymir. Ti ho già detto che Christa non è con loro, è rimasta a Trost al sicuro!”
Ymir strinse i pugni, trattenendo le lacrime.
“Come posso scappare, sapendo che in questo modo non potrò mai più rivederla?”
Ondine la guardò con dolcezza, pronta a rispondere, ma un improvviso botto catturò l’attenzione di tutti i presenti. I ragazzi si voltarono a guardare oltre il villaggio, dove una spessa coltre di fumo si estendeva densa. Ondine spinse con un piede la barca, incitando i ragazzi ad andarsene. Poi si voltò verso Ymir, avvicinandosi un dito alla bocca indecisa su cosa fare.
“E’ Eren” disse posandosi il dito tra i denti, ma incapace di stringere fino a far fuoriuscire il sangue “Preparati a difenderlo”




ANGOLO AUTRICE: Uhm, allora, che dire? Come vi avevo detto, avrei cominciato da questo capitolo a rispondere ad alcune domande (anche perchè siamo quasi alla fine), e da come molti di voi avevano già capito, Magda è... Ondine! Ma non è la sua reincarnazione, ed è vero che è stata mangiata sotto gli occhi di Levi, e il perchè sia ancora viva verrà spiegato più avanti. Detto questo, ci sentiamo al prossimo capitolo cari lettori :3


 

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Capitolo 14
*** La storia di Rivaille (Parte 4) ***




La storia di Rivaille (Parte 4)
 
Era difficile, per un ragazzino di 10 anni, abituato a tutte le comodità, ritrovarsi a vivere solo, senza casa e senza cibo da mettere sotto i denti. Le estati sembravano troppo calde, gli inverni troppo freddi, e le giornate non passavano mai.
Levi dovette imparare ben presto a procurarsi il cibo da solo, rubando il pane al mercato e chiedendo l’elemosina nei quartieri più alti, sperando che qualcuno dell’alta aristocrazia potesse degnarlo di uno sguardo e, intenerito, concedergli una moneta.
Il ragazzo cominciò in poco tempo a chiedersi se anche lui sarebbe diventato un aristocratico ottuso e cocciuto come quelli che incontrava tutti i giorni per le strade di Trost, ma non arrivò mai a una risposta, riflettendo sul fatto che oramai era inutile pensarci.
Nonostante le atrocità del suo passato, Levi riuscì però in fretta a capire come sopravvivere da solo in una città come quella: era riuscito a rubare un pugnale da un negozio di armi, e con quello si difendeva dai briganti che la notte si aggiravano per le strade alla ricerca di qualche bambino, donna o anziano da sborsare. Aveva capito come riuscire a guadagnare qualche spicciolo in più, abbassandosi a pulire le scarpe dei nobili, a fare da messaggero per le storie adulterine e, naturalmente, rubando.
Quella era l’attività che gli riusciva meglio: aveva una dote particolare nel mimetizzarsi e nell’avanzare verso il malcapitato in una maniera così silenziosa che mai nessuno era riuscito a coglierlo in flagrante.
E quelle notizie, a Trost, giravano molto velocemente.
Ed è proprio a causa di queste notizie che, quando Levi aveva ancora 12 anni, degli uomini in nero si presentarono davanti lo sgabuzzino di una drogheria dove egli viveva di nascosto.
Levi stava ancora dormendo quando uno dei due cominciò a scuoterlo e a posargli una mano sulle labbra per non farlo urlare.
Quando il ragazzo aprì gli occhi e si ritrovò davanti quelli dell’uomo che lo teneva bloccato con una gamba sul pavimento, il suo primo istinto fu quello di allungare un braccio verso il pugnale che teneva nascosto sotto un pagliericcio, ma il secondo uomo, che Levi non aveva visto, gli fermò il polso con tanta da forza da rischiare di slogarglielo.
Levi trattenne un urlo, cominciando a piangere in preda al terrore. Il primo uomo alzò la gamba lasciandolo libero, ma subito dopo lo caricò sulle spalle assicurandogli che, se avesse fatto silenzio, non gli sarebbe stato fatto alcun male.
E così, i due uomini avanzarono verso una carrozza poco distante dalla bottega, quando ancora il sole doveva sorgere oltre le mura della città.
 
Quando la carrozza era arrivata a destinazione, circa mezz’ora dopo, Levi conosceva già il motivo per cui era stato preso da quegli uomini, e per quale motivo avessero scelto proprio lui.
Brad e Roman, così si chiamavano, appartenevano a un’associazione criminale che praticava a Trost e nel resto dei villaggi circostanti. Lavoravano per un esponente dell’aristocrazia del Wall Sina, e sebbene il ragazzo non avesse ancora chiaro per quale motivo quest’uomo avesse deciso di riunire un gruppo di criminali e quali fossero i suoi scopi, gli era ben chiaro il motivo per cui avessero scelto proprio lui.
In soli due anni, infatti, Levi si era già fatto conoscere nei quartieri malfamati di Trost come un abile ladro, veloce a muoversi e silenzioso nell’agire. Brad gli aveva spiegato, offrendogli un bicchiere di vino che Levi aveva suo malgrado accettato, che lui era stato scelto per intrufolarsi in alcune riunioni che si svolgevano periodicamente nel distretto di Utopia riguardo la minaccia dei giganti. Levi avrebbe dovuto quindi imparare a divenire una spia, e per fare ciò, secondo quanto detto da Roman, bisognava istruirlo anche a un’educazione militare, nel caso in cui fosse stato scoperto e avrebbe dovuto combattere per salvarsi la pelle.
Levi entrò quindi a far parte di questa associazione di spie e criminali, essendo costretto a farlo e gioendo però del fatto che avrebbe potuto avere cibo e acqua ogni qualvolta ne avesse avuto bisogno.
E così, Levi comincia la sua carriera da soldato, diplomandosi a 15 anni e classificandosi al primo posto del Corpo di Addestramento.
Il Capo Istruttore lo definì l’allievo più forte che avesse mai istruito, e Levi non potè che esserne fiero.
Il ragazzo non aveva smesso di lavorare per l’associazione criminale nemmeno durante i tre anni dell’addestramento, e aveva stretto un legame particolare con Emily e Jack, due suoi coetanei che si diplomarono insieme a lui classificandosi rispettivamente terza e nono.
Anche Emily e Jack facevano parte dell’associazione criminale, e sebbene nessuno dei due conoscesse a fondo Levi a causa dell’estrema riservatezza del compagno, entrambi avevano salvato la vita al ragazzo diverse volte durante le loro missioni.
Levi amava il lavoro di spia, non solo perché lo teneva in azione ma anche perché gli aveva aperto un mondo a lui prima sconosciuto: odiava i titani, perché gli avevano tolto qualsiasi cosa, gli avevano completamente distrutto l’infanzia e lo avevano fatto sotto i suoi stessi occhi. Per questo, durante le riunioni, Levi non si faceva sfuggire nessuna informazione e non tornava mai dai suoi superiori a mani vuote.
In soli tre anni era venuto a conoscenza di uno dei segreti forse più importanti che l’associazione criminale avesse mai scoperto: esisteva un’organizzazione segreta, non praticante a Trost, di uomini che studiavano le caratteristiche psico-fisiologiche dei titani e che avevano scoperto su di loro più di quanto fosse conosciuto a quel tempo.
Levi capì che molto probabilmente l’uomo per cui stava lavorando era interessato a quell’organizzazione segreta più di qualsiasi cosa, e promise a sé stesso di scoprire il più possibile a riguardo.
Ormai quella missione era diventata per lui di tale importanza da non pensare più ad altro: sebbene avesse solo quindici anni, Levi sembrava molto maturo per la sua età, si isolava sempre dagli altri e non amava i divertimenti e tutto ciò che potesse in qualche modo distrarlo dalla missione. Il suo unico scopo, adesso, era diventato scoprire più informazioni possibili sui titani, per poterli un giorno affrontare e sterminare fino all’ultimo.
Levi pensava spesso a quello che gli era accaduto cinque anni prima. Si chiedeva molte volte cosa avesse voluto dire Hans, quando gli aveva rivelato che Otto aveva fatto “cose brutte” e che aveva studiato i titani, e si era spesso chiesto se il suo patrigno non avesse fatto parte di quell’organizzazione su cui la sua associazione stava investigando.
Non gli importava sapere se fosse morto o meno: era stato ingannato per dieci anni, e comunque non c’era più nulla che lo legava al passato, ormai.
L’unico ricordo che aveva della sua infanzia era un fazzoletto che teneva sempre nel cassetto del comodino della sua stanza, il ricordo che Ondine gli aveva lasciato di lei. Tutto il resto sarebbe stato cancellato.
 
Levi sarebbe probabilmente rimasto all’interno di quell’associazione criminale per tutta la vita, se quel giorno non avesse deciso di prendersi un po’ di riposo per schiarirsi le idee.
Era andato a bere del vino in una locanda di Shiganshina, da solo, per riflettere su tutto ciò di cui era venuto a conoscenza negli ultimi anni.
Ormai Levi aveva lavorato abbastanza nell’associazione da poter abbandonarla non appena avesse voluto. Tuttavia, voleva rimanere: voleva sapere altro sui titani, aveva bisogno di scoprire, di conoscere e di uscire fuori da quelle mura al più presto.
Il ragazzo era seduto davanti a un tavolo in un angolo della locanda, in quanto voleva stare il più lontano possibile dal resto degli ubriaconi che frequentavano il locale.
Non appena sedette al tavolo, però, un uomo alto, dalla corporatura robusta e gli occhi color del cielo prese una sedia dal tavolo accanto e si posizionò davanti al ragazzo, congiungendo la mani verso di lui e sorridendogli.
Levi lo guardò alzando un sopracciglio, e studiandolo da capo a piedi.
“Ci conosciamo?” chiese dopo qualche minuto di silenzio, prendendo il suo boccale di vino.
“Tu non mi conosci, Rivaille. Ma io si.”
Levi si irrigidì, lasciando perdere il vino e avvicinando il suo volto a quello dello sconosciuto. Anche se non era a conoscenza dei reali piani dell’associazione criminale, Levi aveva visto tutti i suoi compagni almeno una volta, ed era sicuro di non aver mai incontrato quell’uomo.
“Chi sei?” chiese Levi cercando di non far trapelare la preoccupazione.
L’uomo si sistemò meglio sulla sedia, allontanandosi dal ragazzo.
“Erwin Smith, 13° Comandante della Legione Esplorativa. Mi meraviglio che un soldato come te non conosca determinate informazioni!”
Il vino che Levi aveva appena bevuto gli andò di traverso, e il ragazzo cominciò a tossire fino a quando non riuscì a mandare giù l’ultima goccia.
Levi aveva sentito parlare del Comandante Smith, naturalmente. Lo avevano sempre presentato come un uomo di grande coraggio, forza di volontà e intelligenza. Tuttavia, il ragazzo non aveva mai avuto modo di vederlo di persona, e non avrebbe mai potuto riconoscerlo senza che qualcuno glielo avesse prima indicato.
“Mi perdoni” disse Levi, ricomponendosi “Il fatto è che… non l’avevo mai incontrata prima d’ora, e…”
Erwin lo incitò a fare silenzio, alzando la mano destra.
“Non c’è bisogno che ti scusi. Piuttosto, Rivaille, parliamo di te” Erwin si sporse in avanti, avvicinandosi nuovamente al ragazzo “Ti ho visto in azione diverse volte e credo proprio che il tuo ardore sia sprecato all’interno di queste mura. Ho sentito dire che nutri un odio particolare nei confronti dei titani, e ancora non riesco a capire per quale motivo tu continui a esercitare il tuo ruolo da soldato qui, dove non ne potrai affrontare nessuno. Non hai voglia di uscire, Rivaille? Non hai voglia di scoprire cosa c’è oltre questa città, di attuare la tua vendetta, di poterti definire libero?”
Levi guardò sorpreso il Comandante, chiedendosi come facesse a conoscere quelle informazioni su di lui, e quando l’avesse visto combattere. Ma la cosa che lo colpì maggiormente era che lui lo stava invitando personalmente nella Legione Esplorativa, lo stava incitando a rivendicare la sua libertà, gli stava offrendo l’opportunità di indossare il mantello della speranza sulla schiena.
“Si…” fu tutto quello che Levi riuscì a dire, senza muoversi di un muscolo.
Erwin sorrise, allontanando leggermente la sedia dal tavolo.
“Bene, Rivaille” disse poi alzandosi e voltandosi “Se avrai intenzione di seguirmi, sai dove trovarmi”
Poi l’uomo si incamminò verso l’uscita, andandosene così velocemente com’era arrivato.
Levi, invece, rimase in silenzio con il boccale tra le mani, indeciso sul da farsi.  








ANGOLO AUTRICE: Eccovi l'ultimo capitolo riguardante la storia di Rivaille! :) Siamo ormai agli sgoccioli, e vi avevo già annunciato che la fan fiction sarebbe finita in contemporanea con questi piccoli "stacchi" che introducevo ogni tanto nella storia... comunque il prossimo non sarà l'ultimo capitolo! Credo che ce ne vorranno altri 3-4 per arrivare al finale! Ma comunque, adesso vi saluto! Al prossimo capitolo, lettori :3

 

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Capitolo 15
*** La battaglia dei titani ***




La battaglia dei titani
 
Che schifo!
Queste furono le prime parole che Levi pensò dopo essersi sistemato nella bocca di Eren, aggrappato alla parete scivolosa della sua cavità orale per non cadere all’indietro, verso l’esofago del gigante.
Odiava il fatto di non poter vedere cosa stava accadendo lì fuori: Eren doveva infatti tenere la bocca chiusa per non mostrare ai titani che lo stava nascondendo dentro di sé.
Il ragazzo era il vero protagonista della situazione, adesso. Avanzava spedito verso il villaggio, mentre i titani, la maggior parte di taglia più piccola, lo fissavano senza muoversi.
Eren si guardava a destra e a sinistra, alla ricerca del titano corazzato o del titano colossale, ma non riusciva a vedere altro che un’immensa distesa di alberi o giganti più piccoli di 12 metri. Si era aspettato di vederne di più grandi, oltre che maggiori di numero: attorno a sé non vedeva più che una ventina di titani, e pensò a quel giorno quando ne erano comparsi incredibilmente tanti prima che il titano bestia li chiamasse a sé.
Nemmeno lui era presente: l’intero villaggio era completamente diverso da come lo avevano immaginato.
A un certo punto, però, lo sguardo di Eren si spostò più a est, dove si estendeva un fiume talmente grande che nemmeno da quell’altezza il gigante poteva vederne la fine. Ma quello che catturò l’attenzione di Eren fu una barca di legno, in mezzo al fiume, che avanzava veloce: al suo interno, non poteva sbagliarsi, c’erano Reiner, Berthold e Jean, quest’ultimo svenuto.
Eren avrebbe dovuto agire con più calma e razionalità, ma il primo obiettivo di quella missione era raggiungere i traditori, e non se li sarebbe lasciati scappare per niente al mondo.
Il titano cominciò quindi a correre verso il fiume, convinto che il resto dei giganti sarebbero rimasti a guardarlo senza muovere un muscolo e permettendogli di continuare l’avanzata. Invece, a uno a uno, i titani cominciarono a correre verso di lui, bloccandolo da tutte le direzioni.
Eren non perse tempo e cominciò ad allontanare più giganti possibili, alcuni gettandoli semplicemente via, altri uccidendoli e strappandogli via le collottole con le unghia e con i denti.
Levi, intanto, all’interno della bocca di Eren, aveva intuito che qualcosa non stava andando bene, a partire da quando il titano aveva cominciato la sua corsa.
Era un nascondiglio perfetto, quello che lui stesso si era creato, ma il non poter assistere alla battaglia lo mandava sui nervi. Prese perciò la spada dalla sua attrezzatura 3D, infilzandola nella lingua del titano per fargli spalancare la bocca. E così Eren, mentre prendeva a calci un gigante di 3 metri, aprì i denti mentre Levi usciva dall’interno della sua bocca, andandosi a posizionare sulla sua spalla.
“Adesso si che si respira!” esclamò il ragazzo, azionando la manovra tridimensionale per aiutare Eren a sconfiggere i titani.
 
 
 
Nel frattempo, poco lontano da lì, in forma titanica, Ymir stava tenendo a bada il resto dei titani che, posizionati oltre la distesa di alberi sul lato ovest del villaggio, Eren non aveva avuto modo di vedere.
Lo scopo di Ymir era quello di allontanare il più possibile quei giganti per evitare che Eren fosse abbattuto da tutti loro. Tuttavia, la ragazza ringraziò il cielo per il fatto che loro non fossero ancora arrivati.
Intanto la battaglia con i giganti stava continuando, e Eren era convinto di averli uccisi quasi tutti, quando un titano di almeno 15 metri lo colpì in testa, decapitandolo.
Levi non aveva avuto il tempo di prevedere la mossa, intento com’era ad attaccare i titani di fronte a lui. Stava per raggiungere Eren e assicurarsi che stesse bene, quando la mano di un gigante lo fermò a mezz’aria, bloccandolo.
Il caporale ricordò quella sera quando il titano bestia lo aveva intrappolato per ucciderlo, quando era stato salvato da Magda e si era risvegliato senza ricordare ciò che era accaduto. Tuttavia, adesso non era il titano bestia che lo aveva preso con sé, perché quest’ultimo era proprio dietro Eren, ed era stato lui a colpirlo.
Levi cercò di girarsi, cercando di guardare il volto del titano che lo aveva afferrato abbastanza forte da non lasciarlo cadere, ma non troppo violentemente per permettergli di muoversi e respirare senza fatica.
Davanti a lui si trovò quindi un titano della stessa taglia di Eren, dall’aspetto femminile ma dalla muscolatura sorprendentemente sviluppata, i cui capelli biondi gli ricordarono istintivamente Annie.
Levi stava cercando di liberarsi dalla stretta per attaccare il gigante, quando si accorse che, invece di mangiarlo, il titano lo stava portando lontano dalla battaglia, dove il titano bestia stava ancora fissando il corpo di Eren a terra, senza agire.
Il caporale si voltò verso il gigante che lo teneva in pugno, rendendosi conto solo adesso che si trattava di un anomalo. Poi lo guardò con più attenzione, e un tremito lo scosse al ricordo di Magda.
Levi ebbe giusto il tempo di comprendere cosa stava accadendo che il titano bestia comparve improvvisamente davanti a loro, bloccandoli.
L’uomo si voltò confuso nella direzione di Eren, chiedendosi come avesse fatto il gigante ad arrivare a loro così velocemente, ma ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene: solo adesso, infatti, si era accorto che il titano che si stava occupando di Eren era di taglia più piccola rispetto al titano bestia, che invece adesso si trovava di fronte a lui. Levi li aveva confusi perché entrambi erano ricoperti di pelo, e avevano le braccia incredibilmente lunghe.
Il caporale avrebbe voluto liberarsi da quella stretta per raggiungere Eren, che comunque si stava ricomponendo in fretta, ma quando il gigante lo lasciò libero per affrontare il titano bestia e lui azionò la manovra tridimensionale per aiutare il compagno, venne colpito violentemente alla testa e cadde a terra perdendo i sensi.
 
 
 
Erwin e il resto della squadra erano rimasti a guardare la scena immobili, senza essere notati da nessun titano. La situazione stava degenerando: Eren si era di nuovo alzato per combattere contro il titano che lo aveva decapitato, ma non era abbastanza forte. E, come se non bastasse, Levi era completamente sparito, mandando il comandante in agitazione.
Avrebbe dovuto aspettare, rimanere paziente, essere sicuro che Eren non ce l’avrebbe fatta. Ma non poteva rischiare che Levi venisse ucciso mentre lui se ne stava lì con le mani in mano a guardare quel macabro spettacolo.
Ordinò quindi ai suoi compagni di prepararsi all’attacco, e di concentrarsi tutti sul titano che stava combattendo con Eren, mentre lui sarebbe andato dal titano bestia, che stava attaccando il gigante che aveva preso Levi con sé.
 
 
 
Quando Levi si svegliò, si ritrovò legato a un palo con una catena di ferro, in una stanza che a lui parve un laboratorio chimico. Guardandosi intorno, infatti, potè vedere diverse boccette contenenti liquidi verdognoli e bluastri disposti su un tavolo di legno, e diversi macchinari che il caporale non aveva mai visto in vita sua.
Dove mi trovo?
L’uomo sentì qualcosa colargli dalla testa, ma anche se non poteva muovere le mani per poter testare cosa fosse, capì all’istante che si trattava di sangue. Ricordò di essere stato colpito prima di librarsi in aria, e di quello che era successo prima, quando aveva visto il titano bestia pararsi di fronte a Magda.
Per quanto quella situazione fosse assurda, Levi capì che non poteva non essere lei: l’aveva osservata attentamente, prima di essere interrotto, e quei lineamenti che aveva studiato per tutto il viaggio verso il villaggio e che gli ricordavano tanto quelli di Ondine erano sicuramente gli stessi del gigante che l’aveva protetto prima che arrivasse il titano bestia.
In quel momento i suoi pensieri furono interrotti da un rumore alle sue spalle. Levi si riattivò di colpo, rammaricandosi di non potersi voltare di 360 gradi a causa delle catene che lo tenevano bloccato.
“Chi è là?” esclamò aguzzando l’udito, mentre un rumore di passi si faceva sempre più intenso.
Levi aspettò che la figura si avvicinasse sempre di più, fino a quando non si posizionò proprio alle sue spalle.
Fatti avanti, figlio di puttana!
“Adesso che hai finalmente raggiunto il villaggio” disse la voce di un uomo “Sono costretto a ucciderti, o a lasciarti qui per il resto della tua vita. Quindi, cosa avrai concluso di questo lungo viaggio? Hai solo portato alla morte tutti i tuoi compagni!”
L’uomo continuò ad avanzare, spostandosi verso il lato destro per potersi posizionare di fronte al caporale. E infine, lo vide: Grisha Jaeger, una siringa in mano e un uniforme medica imbrattata di sangue addosso.
“Maledetto!” esclamò Levi tentando di liberarsi dalla morsa delle catene.
“Ormai è tardi, Rivaille” disse Grisha alzandosi la manica destra della camicia e portandosi la siringa al braccio “Ormai è tardi”




ANGOLO AUTRICE: Capitolo inutile? No, non lo è. Considerate che nel prossimo accadranno così tante cose da compensare l'apparente inutilità di questo capitolo! Fidatevi è.è Detto questo, vi lascio. Alla prossima :)

 

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Capitolo 16
*** Il momento della verità ***




Il momento della verità
Levi guardò inorridito Grisha iniettarsi del liquido trasparente nelle vene, con un espressione inquietante stampata in volto.
Il caporale si guardò le braccia, bloccate dalle catene, e imprecò in silenzio per non essere stato abbastanza attento da accorgersi dell’uomo alle sue spalle quando era stato colpito alla testa per andare a salvare Eren.
“E’ così che trasformi gli uomini in titani?” urlò Levi cercando inutilmente di spingersi avanti “E’ così che hai trasformato tuo figlio in un mostro, Jaeger?”
L’uomo posò la siringa su un tavolo, e poi si voltò sorridendo verso il caporale.
“Continui a non voler capire, Rivaille”
Levi rilassò i muscoli, avendo ormai capito di non potersi liberare in nessun modo.
“Che cosa non voglio capire, lurido figlio di puttana?”
Grisha si avvicinò al caporale guardandolo negli occhi, ignorando l’insulto. Poi prese uno sgabello, e si posizionò di fronte a Levi, togliendosi gli occhiali e passandosi una mano sugli occhi.
“Ormai non ha senso mantenerti all’oscuro di tutto. Hai oltrepassato già il limite, e puoi stare certo che da questo villaggio non uscirai vivo.” Levi continuò ad ascoltare con attenzione, non lasciandosi intimorire dalla minaccia “Tempo fa, quando ero ancora giovane e inesperto, venni avvicinato da un gruppo di scienziati che avevano visto in me delle spiccate doti nell’ambito medico, e decisi di aderire alla loro organizzazione. Mi pagavano profumatamente, e in cambio non dovevo fare altro che studiare dei campioni che mi inviavano periodicamente, e così passai un anno intero della mia vita. Tuttavia…” Grisha si alzò dirigendosi verso un tavolo e poggiandovisi “Con lo studio di quei campioni avevo cominciato a scoprire… troppo. Mi ero reso conto che il sangue che analizzavo giornalmente non apparteneva né alla razza umana né a qualsiasi razza animale avessi mai incontrato fino ad allora. Cominciai quindi a pormi delle domande, e a porle anche a coloro che mi avevano esortato ad analizzare quei campioni per loro.”
“Vai al dunque” disse Levi impaziente di sapere dove il dottore voleva andare a parare.
“Il dunque” continuò Grisha tornandosi a sedere sullo sgabello “E’ che quei campioni appartenevano a dei titani anomali, e quando arrivai a capirlo da solo dovetti firmare un giuramento di fedeltà secondo la quale non avrei dovuto divulgare le informazioni a nessuno al di fuori dell’organizzazione, o sarei stato ucciso”
Lo sguardò di Levi si illuminò, e il suo corpo comincio a fremere in preda all’eccitazione “Un’organizzazione segreta!”
Grisha sorrise, alzando lo sguardo “Esatto, Rivaille. La stessa su cui hai indagato tu prima di arruolarti nella Legione Esplorativa” Il dottore si alzò dallo sgabello, dirigendosi verso Levi che lo guardava con un’espressione stupita. L’uomo gli si parò davanti, guardandolo dritto negli occhi e pensando a Eren “Non sono stato io a trasformarlo in un mostro, Rivaille. Non esiste essere umano che può trasmutare un uomo in un titano. Ho studiato a lungo su questo, e il mio lavoro mi ha portato a comprendere che l’unica cosa che siamo in grado di fare è rendere un essere umano capace di riprodurre le proprie parti del corpo mescolando al suo sangue del sangue titanico, rendendo tale uomo anche immune a qualsiasi tipo di malattia. Ma in nessun modo possiamo essere in grado di cambiare la natura di un individuo”
Levi abbassò lo sguardo, pensando a ciò che aveva sentito dire una volta sul dottor Jaeger. A Trost era considerato un eroe, perché era stato in grado di salvare centinaia di uomini durante un periodo buio della storia dell’umanità, che venne colpita da una terribile pestilenza. Adesso, mentre un brivido gli percorreva la schiena, Levi riuscì a comprendere come Grisha era riuscito a salvare un’intera popolazione da un male incurabile.
“Ma allora” chiese il caporale sgranando gli occhi per lo stupore “Com’è possibile che Eren abbia la capacità di trasformarsi in un titano, e come lui altri esseri umani?”
“E’ questo il grande mistero dei titani, Rivaille. Fu sicuramente la più grande scoperta della nostra organizzazione. I titani, come li conosci tu, non sono altro che umani precedentemente in grado di manipolare il corpo di un gigante, che però hanno perso in seguito il controllo su questi ultimi fondendosi completamente con essi e perdendo la ragione” Levi spalancò la bocca, improvvisamente colpito da un’ondata di terrore “Per quanto riguarda la domanda che mi hai posto” continuò Grisha, indossando nuovamente gli occhiali “Alcuni scienziati, prima di me, erano stati in grado di scoprire che dal momento in cui un uomo viene inghiottito ancora in vita da un titano, esso assume la capacità di trasformarsi in un gigante, proprio come è successo ad Eren” Grisha si avvicinò a un tavolo prendendo un coltello da macellaio, sotto lo sguardo inorridito di Levi, che riusciva a malapena a trattenere la rabbia.
“Non può essere” disse guardando un punto di fronte a sé “Non può essere vero, stai mentendo! Dammi una spiegazione logica per dimostrarmi che non ti stai semplicemente inventando un mucchio di stronzate sul momento!”
Grisha tornò di nuovo verso il caporale, con il coltello ancora in mano.
“Ti sei mai chiesto, Rivaille, per quale motivo i titani muoiono una volta recisa loro la collottola? E ti sei mai chiesto, caporale, per quale motivo la collottola è proprio il punto dove si trovano gli umani quando si trasformano in titani?”
Levi abbassò la testa, sconfitto. Era questa la fine? Aveva combattuto tutto questo tempo per essere ucciso da un traditore dell’umanità in un villaggio popolato dalle stesse bestie a cui aveva dato la caccia per tutta la sua vita? Cosa ne sarebbe stato, allora, di tutti i sacrifici? A cosa sarebbero servite le morti di tutti i soldati che aveva guidato durante le spedizioni all’esterno delle mura? I suoi pensieri volarono di nuovo a Sasha e Marlo, le perdite più recenti della sua squadra, fino a raggiungere gli allenamenti con Gunther, il dolce sorriso di Petra e i suoi battibecchi con Auruo, la tenacia di Mike e tutte le altre morti a cui aveva assistito negli ultimi anni.
“Perché stai dalla loro parte, Grisha? Perché non unisci le tue conoscenze alle nostre forze per combattere con l’umanità, e non contro?”
Grisha posò la punta del coltello sulla gola di Levi, premendo abbastanza da fargli uscire un rivolo di sangue.
“I nostri nemici non sono i titani. I nostri nemici sono gli uomini che hanno perso il controllo su di essi. Non siamo ancora riusciti a scoprire per quale motivo questi ultimi vogliano a tutti i costi sterminare gli umani, ma posso assicurarti che tutto quello che sto facendo lo sto facendo per garantire un futuro all’umanità” Grisha allontanò il coltello dalla gola di Levi, e guardò il caporale negli occhi “Prima di toglierti la vita, Rivaille, voglio che tu venga a conoscenza di un altro segreto della nostra organizzazione che ti riguarda molto da vicino” Il dottore si allontanò, per guardare meglio il volto di Levi, contratto in un’espressione di dolore. Grisha si compiacque di essere riuscito a tirare fuori dal caporale una seppur minima traccia di umanità “Tanto tempo fa, un membro della nostra organizzazione decise di abbandonare il suo lavoro e di dedicarsi completamente alla vita tranquilla che trascorreva prima di entrare a far parte dell’associazione. Tuttavia, questa sua decisione non piacque a molti dei nostri scienziati, che decisero così di inviare un gruppo di titani nel distretto dove costui viveva per eliminarlo definitivamente dalla faccia della Terra, e con lui tutte le informazioni su cui era venuto a conoscenza”
Levi rabbrividì, mentre un’ondata di ricordi gli annebbiava la ragione.
“Dove vuoi andare a parare?” esclamò digrignando i denti.
Grisha si avvicinò nuovamente al caporale, puntandogli di nuovo il coltello.
“Sai benissimo di chi sto parlando, Rivaille. Otto Herrmann, conte del distretto di Lange e padre adottivo di due piccoli trovatelli innocenti, uno di questi originario di Yoda, città sterminata da quello che voi chiamate titano bestia” Levi alzò lo sguardo verso l’alta figura che era silenziosamente entrata nella stanza, e che avanzava lentamente con la spada in mano. Il caporale sperò che Erwin non accelerasse troppo il passo, proprio adesso che Grisha gli stava dando delle informazioni che lo interessavano in prima persona “Ma io lo salvai, Rivaille” continuò Grisha abbassando il tono di voce “Lo salvai, perché condividevo con lui la stessa voglia di adoperare per l’umanità, cosa che voi stupidi soldati senza cervello non riuscite ancora a comprendere. E così lo portai con me, in questo villaggio, assieme a una piccola ragazzina che era riuscita a sopravvivere alla strage di Lange proprio perché un titano l’aveva ingoiata quando ancora il suo cuore batteva e i suoi polmoni respiravano…”
Grisha non riuscì a terminare la frase che una spada gli trapassò il cuore dalla schiena fino al petto, facendogli sgorgare una cascata di sangue che imbrattò la divisa di Levi, che era rimasto a guardare il dottore con occhi spalancati. Nella sua testa c’era talmente confusione che non riusciva più ad ordinare le informazioni assimilate.
Otto. Lange. Yoda.
Una bambina. Magda.
Levi pensò al giorno in cui Eren aveva trovato la ragazza nella foresta, in fin di vita. Il caporale era sceso da cavallo, aveva controllato il suo battito e aveva potuto affermare con certezza che sarebbe morta di lì a poco. E non si sarebbe sbagliato, se la ragazza non fosse stata un titano. Levi chiuse gli occhi, mentre delle voci confuse si insinuavano nella sua mente, inondandola di ricordi.
“Ondine Richter?” chiese Levi prendendo il fazzoletto.
La bambina annuì “Esatto. L’ho fatto io stessa due giorni fa con mia madre, mentre Lambert era via. Siccome mi è venuto bene ho deciso di regalartelo e di inciderci su le mie iniziali, così almeno se dovesse succedermi qualcosa avrai sempre un mio ricordo con te”
Erwin corse verso il caporale, con le chiavi delle manette che lo tenevano legato alle catene in mano. Levi continuava a guardare Grisha, soffermandosi sulla pozza di sangue che si era venuta a creare sul pavimento.
“Si risveglierà, Erwin”
Il comandante annuì, incitando Levi a raggiungere il resto della squadra.
“Lo so, Rivaille. Ho ascoltato gran parte della conversazione, e, credimi, sono scosso quanto te”
Levi seguì Erwin verso un tunnel che non aveva avuto modo di osservare quando era stato portato al laboratorio, essendo svenuto. Si chiese quanto tempo era rimasto privo di sensi. Tuttavia, i suoi pensieri erano ancora altrove, a quella notte nella foresta, quando era stato salvato da una morte certa grazie all’intervento della ragazza trovata nella radura.
Grazie all’intervento di Ondine.
Pensò a quante volte si era chiesto per quale motivo quella ragazza avesse deciso di arruolarsi nella Legione Esplorativa, e solo adesso si rendeva conto che durante quel viaggio non aveva fatto altro che proteggerlo, concentrandosi sempre sui titani che tentavano di ucciderlo.
Alcuni scienziati erano stati in grado di scoprire che dal momento in cui un uomo viene inghiottito ancora in vita da un titano, esso assume la capacità di trasformarsi in un gigante.
Erwin e Levi salirono in fretta una lunga scalinata, che portava a sua volta alla biforcazione di altre due scale. Il caporale si chiese quanta strada avesse fatto Grisha con il suo corpo sulle spalle, e arrivò alla conclusione che, probabilmente, l’uomo aveva dovuto già essersi iniettato del sangue titanico prima del loro arrivo al villaggio. Ma Levi non riusciva a concentrarsi, non dopo tutto quello su cui era venuto a conoscenza.
Fortunatamente, quando i due raggiunsero finalmente l’esterno del villaggio, il caporale riuscì a liberare la testa da qualsiasi pensiero e a far prevalere il soldato sull’uomo, estraendo le spade e azionando la manovra tridimensionale per raggiungere Eren, che stava ancora lottando contro un gruppo di titani di piccole dimensioni. Tuttavia la sua attenzione venne catturata da un altro titano che, bloccando a terra con tutto il suo peso un gigante pochi metri più piccolo, stava avvicinando le sue fauci alla collottola di quest’ultimo. Levi rabbrividì a quella vista: il titano a terra era infatti lo stesso che lo aveva protetto prima di essere colpito da Grisha, e l’altro gigante che lo sovrastava era il titano bestia, ormai a un soffio dalla collottola di Ondine.
Erwin apparve improvvisamente di fronte al caporale, bloccandogli la vista.
“A lei ci penso io, Rivaille. Tu va da Eren, il resto della squadra ha bisogno di te!”
Levi scosse la testa, cercando di scrollarsi di dosso qualsiasi sentimento o emozione lo avessero deconcentrato in quel momento.
“Roger” esclamò poi rivolgendosi al comandante, poco prima di avviarsi verso Eren e i suoi compagni.





ANGOLO AUTRICE: Ok, lettori, spero di avervi chiarito un pò le idee è.è Alcune cose le lascerò volutamente nel dubbio, anche perchè nel mio progetto originale la fan fiction doveva arrivare a più di 18/19 capitoli, ma siccome non ha avuto tutta l'attenzione che mi ero aspettata ho deciso di interromperla prima per dedicarmi con maggiore impegno all'altra long-fic di SNK che sto scrivendo. Ma comunque, intanto spero di non aver deluso i miei pochi lettori :3 Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio!  


 

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Capitolo 17
*** L'ultimo combattimento ***




L'ultimo combattimento
Erwin aveva visto tante cose strane durante la sua vita da soldato e comandante, ma mai come quel giorno. Ancora prima che arrivasse dal titano bestia per proteggere Ondine, infatti, il gigante che aveva precedentemente decapitato Eren si era precipitato addosso all’altro, buttandolo a terra e salvando Ondine. Erwin approfittò del momento per avvicinarsi a lei, posandosi sulla sua spalla. La ragazza doveva aver avuto più esperienza di Eren in forma titanica, in quanto lo riconobbe subito e gli mise una mano di sopra per proteggerlo.
“Devi aiutarci a ucciderli” urlò Erwin avvicinandosi alla collottola, come se Ondine potesse sentirlo meglio in quel punto “Lasciami libero e seguimi!”
Ondine annuì e, dopo essersi assicurata che non ci fosse nessun altro titano attorno a lei a parte i due che continuavano a combattere alle sue spalle, abbassò la mano e Erwin si diresse verso il luogo dove Eren, Levi e il resto della squadra stavano affrontando una moltitudine di titani.
Solo in quel momento il comandante si accorse della presenza di Ymir, che a pochi passi da loro stava ancora lottando contro molti titani. Troppi.
Non appena Levi si accorse della sua presenza, gli si avvicinò con l’aiuto dell’attrezzatura tridimensionale, dando voce ai pensieri che il comandante aveva tenuto dentro di sé fino a quel momento.
“Dobbiamo fuggire” disse guardandosi attorno e constatando che sarebbe stato impossibile sconfiggere tutti quei titani “I giganti sono troppi, e non c’è traccia di Berthold e Reiner. In compenso, riporteremo Ymir a Trost e divulgheremo le informazioni che Grisha mi ha confidato. Questa volta, non torneremo a mani vuote”
Erwin annuì, mentre Eren e Ondine uccidevano più titani possibili con l’aiuto dei soldati. Il comandante lanciò uno sguardo a Ymir, che stava per essere divorata dagli altri titani.
“Abbiamo bisogno di un sacrificio, Rivaille” disse Erwin contraendo il volto in un’espressione cupa “Non potremmo scappare fin quando i titani si concentreranno su Eren, non senza lasciarlo morire qui”
Levi sospirò, seguendo lo sguardo di Erwin.
“Ymir? Credi che possa sacrificarsi per salvarci tutti?”
In quel momento Ondine comparve davanti a loro, indicando il luogo dove il titano bestia e l’altro gigante continuavano a combattere, uno sopra l’altro.
Levi schiuse leggermente le labbra, posando i suoi occhi su quelli di lei. Era la prima volta che la vedeva, seppur in forma titanica, dopo aver saputo della sua vera identità. E tutto questo gli faceva uno strano effetto.
Ondine continuava ad indicare i due titani, come se volesse dire loro qualcosa. Poi Erwin spalancò gli occhi, annuendo e dirigendosi verso Eren.
“Quel titano si sacrificherà per noi, Rivaille” esclamò mentre si posava sulla collottola di Eren “Riunisci la squadra, e dì loro di cominciare a fuggire!”
Levi annuì, confuso. Non riusciva a capire per quale motivo lo stesso titano che aveva attaccato Eren poco prima volesse adesso salvarli. Tuttavia fece come il comandante gli ordinò, chiamando a lui tutti i soldati e incitandoli a dirigersi verso l’uscita del villaggio.
Erwin, invece, che aveva già comunicato a Eren il piano, si era diretto verso Ymir per soccorrerla, prima che venisse completamente divorata dai titani.
Cominciò quindi ad abbattere i primi che gli apparvero davanti, fino a quando non iniziarono a dirigersi tutti verso i due giganti che combattevano alle sue spalle.
Erwin approfittò del momento per raggiungere la collottola di Ymir, dove aiutò la ragazza a rialzarsi e accertandosi che stesse bene. Dopodiché si portò le mani alla manovra tridimensionale, cominciando a liberarsi dalle cinghie che gli tenevano l’attrezzatura sui fianchi. Ymir lo guardò incredula, cercando di fermarlo.
“Comandante!” esclamò con gli occhi sgranati “Non ce n’è bisogno! Posso trasformarmi nuovamente in un titano, così potremmo salvarci entrambi!”
“No, Ymir” disse Erwin cominciando a stringere le cinghie sui fianchi della ragazza “Se ti trasformi in un gigante, ricominceranno di nuovo ad attaccarti. E in questo modo, non potrai più tornare”
Ymir guardò il comandante con occhi lucidi, mentre l’uomo si assicurava di aver stretto bene l’attrezzatura sul corpo della ragazza. Tutto quello che lei riuscì a pronunciare fu un “grazie” appena accennato, poco prima di avviarsi verso il resto della squadra.
 
 
 
 
Nello stesso momento, pochi chilometri più avanti dal villaggio, i due titani e la squadra di Levi si erano fermati in una foresta di alberi giganti, nascosti dal luogo della battaglia. Il caporale aveva ordinato ai soldati di non avanzare fino a quando Ymir e Erwin non sarebbero arrivati, e così sedevano tutti sulle spalle dei giganti, dove erano stati tutto quel tempo per allontanarsi velocemente dal villaggio. Levi, posizionato vicino al collo di Ondine, cominciò a chiedersi se la vita non gli avesse finalmente offerto un’opportunità per essere felice. In quegli ultimi anni non aveva fatto altro che fuggire dal passato, aggrappandosi solamente alle sue stesse forze e al sostegno di Erwin. Ma adesso vedeva uno spiraglio di luce in più nel suo futuro, e ringraziò il cielo per essere riuscito a sopravvivere abbastanza a lungo da poter vedere il giorno in cui avrebbe riabbracciato Ondine.
Proprio in quel momento arrivò Ymir, in forma umana, al contrario di quello che il caporale si era aspettato. Levi si riscosse immediatamente dai suoi pensieri, colto da un cattivo presagio, e si affrettò a scendere dalla spalla di Ondine per raggiungere la ragazza.
“Dov’è il comandante?” chiese posandole le mani sulle spalle e scuotendola leggermente “Dove hai lasciato Erwin?”
La ragazza abbassò lo sguardo mortificato a terra, prendendo un respiro profondo.
“Il comandante ha scelto di rimanere. Mi ha lasciato la sua attrezzatura per raggiungervi, poi sono fuggita”
Levi non aspettò nemmeno che Ymir terminasse la frase che, senza impartire ordini alla squadra, azionò la sua attrezzatura tridimensionale dirigendosi nuovamente verso il villaggio.
Ondine scattò all’improvviso verso di lui, cercando di fermarlo, ma Eren fu più veloce e la bloccò a terra spingendola con un calcio.
Levi si voltò solo un momento verso il titano, per lanciargli uno sguardo pieno di gratitudine. Poi continuò ad avanzare, pronto a ritornare verso il villaggio dove la guerra stava continuando.
 
 
 
Erwin stava cercando di avvicinarsi all’uscita del villaggio, nonostante sapeva che sarebbe morto di lì a poco. Tuttavia, solo un vile soldato si arrende in faccia alla morte, mentre un vero combattente continua a lottare nonostante tutto.
I suoi passi, poi, erano rallentati perché era stato colpito sul fianco da un titano mentre cercava di avvicinarsi a Ymir. In quel momento non ci aveva dato molto peso, preso com’era dalla fretta di salvare la ragazza, ma adesso cominciava a sentire il dolore.
Si nascose quindi dietro un albero, concedendosi un momento di riposo prima di ricominciare l’avanzata verso l’uscita del villaggio. Si sedette a terra e, aiutandosi con l’unica mano rimastagli, si scostò il mantello per controllare la ferita.
Il lieve graffio che si era immaginato era in realtà uno squarcio che gli aveva tagliato una parte degli organi interni, e dalla quale continuava a sgorgare il sangue senza fermarsi.
Erwin poggiò la testa sul tronco dell’albero, socchiudendo gli occhi.
La morte. Un pensiero che perseguita la vita di un soldato dall’inizio alla fine della sua carriera. E anche lui l’aveva immaginata, molte volte. Ma mai si sarebbe aspettato di morire da solo, e non in quel modo.
Pensò a tutti i soldati che erano deceduti sotto il suo comando, e per un momento le sue labbra si piegarono in un sorriso. Avrebbe finalmente pagato tutti i suoi errori, avrebbe saldato il suo debito con la vita e avrebbe smesso di assistere a tutte le atrocità che la guerra gli aveva riservato.
Tuttavia nei suoi pensieri c’era un punto fisso, che non riusciva a rimuovere dalla mente.
Levi.
Il suo sorriso si allargò in una risata disperata, mentre si convinceva del fatto che, forse, non sarebbe morto completamente solo. Levi era stato il suo compagno di vita per molto tempo, lo aveva sempre sostenuto e rispettato, lo aveva aiutato nelle situazioni più critiche, non lo aveva mai lasciato solo.
Ma Erwin non avrebbe vissuto abbastanza da poter vedere che, anche quella volta, Levi gli sarebbe stato accanto, come aveva sempre fatto negli ultimi dieci anni.
La battaglia titanica stava continuando alle sue spalle quando il caporale arrivò. Tuttavia, il cuore del comandante aveva già smesso di battere quando Levi atterrò affianco a lui, prendendogli la testa con una mano.
L’uomo guardò tristemente l’espressione serena del compagno, incurante della guerra che continuava poco più avanti.
I suoi pensieri tornarono a ciò su cui aveva riflettuto poco prima, sulle spalle di Ondine, e si rese tristemente conto che la vita lo aveva beffato per l’ennesima volta.
Era nato da una famiglia normale, Levi. Avrebbe potuto crescere come qualsiasi bambino, ma i suoi genitori morirono lo stesso giorno e un uomo decise di prenderlo sotto la sua ala. Era cresciuto in mezzo a tante persone che gli volevano bene, Levi. Uno dei suoi migliori amici se n’era andato via prematuramente, ma gli rimaneva ancora Ondine. Tuttavia, poco tempo dopo vide scomparire a uno a uno, nel medesimo giorno, tutto il resto dei suoi affetti, e rimase solo, di nuovo, in una città sconosciuta. Ma ancora una volta venne salvato, inizialmente da un gruppo di criminali, poi da lui, Erwin, la cui vita lo stava abbandonando sotto i suoi occhi. Eppure, non era completamente solo nemmeno adesso che aveva ritrovato Ondine.
Levi si chiese per quale motivo la vita doveva sempre togliergli qualcosa ogni volta che ne trovava un’altra. Questo era uno dei principali motivi per cui aveva paura ogni volta che provava un sentimento quasi simile alla felicità.
Levi lasciò il capo di Erwin, senza smettere di guardarlo. Una volta tornato dal resto della squadra, avrebbe continuato a indossare la maschera gelida che portava da tanto tempo, ma in quel momento non ne aveva bisogno. In realtà, con Erwin non ne aveva avuto bisogno mai. Il comandante aveva sempre avuto la capacità di leggergli dentro, di guardare oltre le apparenze, di renderlo nudo davanti ai suoi occhi.
Levi tremò quando sentì qualcosa di bagnato scendergli sulla guancia.
Il caporale si portò una mano sul viso, rimuovendo quella lacrima che gli era caduta senza che lui se ne fosse accorto.
Da quanto tempo non piangeva? Per quanto tempo si era trasformato in una roccia, abbandonando tutte le sue emozioni, tutti i suoi sentimenti umani?
Per troppo, troppo tempo. Ma mai con Erwin.
Levi si alzò, posando lo sguardo sul luogo della battaglia. Vide il loro salvatore combattere incredibilmente contro il resto dei titani, guardando preoccupato verso la sua direzione.
E finalmente Levi capì.
Il caporale si voltò poi verso la strada che portava all’uscita del villaggio, senza girarsi a guardare nuovamente il cadavere di Erwin. Aveva sofferto abbastanza.
Azionò quindi la manovra tridimensionale, e volò veloce nascosto dagli alberi, mentre il titano cominciava a soccombere sotto gli attacchi degli altri giganti.
Un’ultima lacrima rigò il volto di Levi, che continuò comunque ad avanzare verso la squadra, senza guardarsi indietro.
Grazie, papà.





ANGOLO AUTRICE: Ci ho provato. Ci ho provato a farvi emozionare almeno un pò, ma so di non esserci riuscita. E soprattutto, ho provato a non rendere romantici i sentimenti di Levi ed Erwin. Mi è venuto difficile, dato che sono una fan incallita della ErwinxRivaille, ma credo di esserci riuscita. E ho provato a farvi capire con poche parole che il titano immolatosi per salvare i soldati altro non è che Otto! Sinceramente, su questo non sono sicura di esserci riuscita, perciò ve l'ho detto :') 
Comunque, vi preannuncio che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, quindi l'epilogo. Io... non ci posso credere D: Sono emozionata, lo giuro T.T Sarebbe la prima fan fiction che finisco D: Vabè va, adesso vado a studiare sennò quest'anno manco ci arrivo agli esami. Vi ringrazio per aver letto la storia fino a qui :) Alla prossima!


 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***




Epilogo

Il 14° Comandante della Legione Esplorativa stanziava di fronte a una bara coperta dal mantello raffigurante le ali della libertà, chino su un inginocchiatoio con le mani strette in un pugno.
La missione era andata a buon fine, nonostante tutto. La Legione Esplorativa non era tornata a mani vuote, questa volta. Adesso, tutta l’umanità conosceva il vero segreto dei titani.
Ymir e Ondine avevano dichiarato la posizione dove Reiner e Berthold erano diretti, e una volta trovatili avrebbero potuto riportare a Trost anche Jean, che era stato portato via dai ragazzi per salvarlo dalla battaglia.
Tuttavia, rimanevano ancora troppi interrogativi da risolvere. Non si sapeva che fine avesse fatto Grisha, né quale sarebbe stata la prossima mossa dei titani. Non si conosceva la vera identità del titano bestia, dato che né Ondine né Ymir ne erano a conoscenza. Infine, non si sapeva ancora per quale motivo i giganti che una volta erano stati umani provassero un odio profondo verso la loro stessa razza, odio che li induceva a sterminare i loro simili fino all’ultimo.
Levi si alzò, guardando la bara: dietro di essa, posto su un tavolo ricoperto di fiori, uno smeraldo risplendeva alla luce del sole, e lanciava raggi luminosi verso il Comandante, che continuava a fissare la cassa di legno ai suoi piedi.
Erwin.
Faceva male, molto. Il dolore di nessuna ferita di guerra sarebbe stato mai così forte quanto quello che il Comandante stava provando in quel momento.
Tuttavia, la vita di Levi continuava a scorrere, mentre quella di Erwin era terminata tempo prima, sotto i suoi stessi occhi.
Forse, pensò il Comandante, quelle ali che il compagno aveva portato sulla schiena per tutti quegli anni erano adesso diventate reali. E forse, adesso, Erwin avrebbe potuto essere libero, libero davvero.
Quell’uomo era stato uno scudo per lui: lo aveva protetto, lo aveva difeso da tutte le ingiurie, lo aveva sempre spronato ad andare avanti anche quando la vita gli aveva voltato le spalle, gli aveva insegnato cosa significasse essere uomini, oltre che soldati.
Ma adesso, Erwin era svanito nel nulla. Tutto ciò che era rimasto di lui, era una nebbia di ricordi da diradare.
I pensieri di Levi furono interrotti dall’arrivo di un soldato.
L’uomo si voltò, mentre il ragazzo gli si avvicinava a passo spedito.
“Comandante!” esclamò il giovane chinando il capo e porgendo al superiore una busta da lettera e un sacchettino di velluto blu “Un soldato mi ha detto di portarle questi!”
Levi allungò una mano, per prendere gli oggetti con sé. Poi ordinò al soldato di andare via, e si diresse verso un tavolo sulla destra della cappella.
Il Comandante posò la busta, mentre teneva il sacchettino in mano, esaminandolo. Subito dopo le sue dita affusolate si posarono sui lacci, sciogliendoli. Aprì poi una mano, mentre con l’altra capovolgeva il sacchettino per liberare l’oggetto rinchiuso al suo interno.
Il suo cuore perse un colpo.
Quanti anni erano passati? Levi non sapeva dirlo, ormai. Ma la vista di quella collana, in un tale momento della sua vita, gli procurò un briciolo di piacevole dolore, che lo portò a pensare di nuovo al suo passato, e a quel poco di buono che quella missione gli aveva portato.
Ondine.
Alla fine, lo aveva fatto tornare bambino. Gli aveva fatto fare un viaggio nel passato quando, la sera del ritorno a Trost, si erano entrambi sdraiati sull’erba, sotto un cielo di stelle, per rievocare tutti i bei momenti che avevano trascorso insieme, prima della morte di Lambert, prima della fine di tutto.
Levi non avrebbe saputo dire cosa provasse per quella donna, perché si: questo era diventata. Il Comandante non riusciva a togliersi dalla mente la figura della bambina grassoccia che non sapeva arrampicarsi sugli alberi, che faceva a pugni con lui e Lambert nei bassifondi della città, che piangeva per ogni offesa che le veniva rivolta. Adesso, Levi aveva conosciuto una donna forte, che aveva vissuto un passato burrascoso quanto il suo, e che lo aveva seguito per tutto quel tempo, senza che lui l’avesse mai vista.
L’aveva incontrata, probabilmente. L’aveva vista lungo le strade della città, o nel bel mezzo di una guerra. Ma mai avrebbe immaginato che quella donna altro non era che la bambina inghiottita da un titano sotto i suoi stessi occhi.
Levi sospirò, prendendo in mano la lettera. Quando l’aprì, gli sembrò quasi di sentire l’intenso profumo di ginestre che Ondine emanava quella sera, quando si era addormentata sull’erba sotto il suo sguardo intenerito.
Il Comandante socchiuse gli occhi per guardare meglio le piccole lettere che ricoprivano il foglio, e cominciò a leggere.
Buonasera, Comandante.
Ti chiamo in questo modo perché so già che quando leggerai questa lettera non sarai più un semplice caporale. Non ti montare la testa, però: per me resterai sempre il bambino che, tanti anni fa, si vantava di essere un dio e sezionava le lucertole catturate nel giardino.
Ti scrivo questa lettera perché, quando sarà il momento che tu sappia ciò, io non sarò più in grado di esprimerti a voce tali parole.
Sarò infatti lontana, Rivaille, in un luogo che è meglio tu non conosca. E lo faccio per il tuo bene.
Ho ancora troppe cose da fare, troppi posti da visitare, troppe facce da incontrare. Ma non è un addio, Rivaille. Io mantengo sempre le mie promesse, e non ti lascerò da solo, specialmente adesso che ti ho ritrovato.
Tornerò, tornerò così presto che nemmeno ti accorgerai della mia assenza.
Buona fortuna, Rivaille. Fatti ritrovare sano e salvo.
Tua per sempre, Ondine.
 
Levi chiuse la lettera, impassibile.
Conservò nuovamente la collana nel sacchettino di velluto blu, e poi prese qualcosa dalla tasca interna della sua giacca.
Un fazzoletto.
L’uomo passò due dita sulle iniziali ricamate su di esso.
O.R.
Il Comandante riposizionò il fazzoletto dove lo aveva preso, nel luogo dove era sempre stato, e dove sempre sarebbe rimasto.
Vicino al suo cuore.
Si avvicinò poi a una vetrata della cappella, mentre il sole gli illuminava il volto, circondandolo di luce.
Sorrise.
Adesso, sarebbe stato lui lo scudo.






ANGOLO AUTRICE: Mi viene da piangere. E non perchè l'epilogo sia stato emozionante, sono consapevole del contrario. Mi viene da piangere perchè... perchè... mi mancherà questa storia :'( E poi è la prima long-fiction che completo, e mi sento realizzata e malinconica allo stesso tempo! Credo la rileggerò tutta! Alla fine, sono contenta del mio lavoro. Mi è piaciuto, alla fine, si :') Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno seguito la storia dall'inizio (macchecosastofacendomiodiononcicredo), e tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite anche se non hanno mai recensito (mi piacerebbe lo faceste adesso che siamo arrivati alla fine >.<). E poi, boh. Che altro dire? Scusatemi per avervi annoiato per tutti questi capitoli. Scusatemi, davvero!
Alla prossima fan fiction (suona stranissimo!) :)

 

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