Connected.

di LiamJPayne92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nel Cuore Della Tempesta. ***
Capitolo 2: *** Volti Su Fogli Di Carta. ***
Capitolo 3: *** Il Guardiano Della Luna. ***



Capitolo 1
*** Nel Cuore Della Tempesta. ***


“Gli promisi che un giorno sarei tornato da lui.
Quel giorno purtroppo arrivato ancora non è, e non so se mai arriverà…”


Tutto iniziò quando sull’isola arrivò quella scialuppa trainata dalle onde mosse in tempesta.
I granelli di sabbia gelidi come piccoli pezzi di ghiaccio si infilavano tra le mie dita, il cielo era cupo, nuvoloso, nessun raggio di luce trapelava tra le nubi.
Mi avvicinai all’ imbarcazione, facendo molta attenzione a non pestare con i piedi le piccole conchiglie trasportate dalla corrente, e notai che vi era un bambino addormentato avvolto tra numerose lenzuola lacerate.
Ero piccolo allora, non avevo neanche 8 anni, e cercai disperatamente aiuto,gridando con tutto il mio fiato per farmi sentire da qualche isolano di passaggio.
Nessuno rispose alle mie urla.
All’improvviso il bambino avvolto nelle lenzuola aprì gli occhi, arruffò i capelli con le dita delle mani e alzò gli occhi incrociando il suo sguardo con il mio.
Era un bambino più o meno della mia età o poco più, dai capelli neri come la notte, splendidi occhi castano scuro come la terra incendiata , ed i vestiti di cotone che indossava erano strappati in molti punti.
Cercò di alzarsi con fatica aggrappandosi per il piccolo ramo su cui era issata una vela dilaniata, ma cadde inesorabile privo di forze tra le mie braccia.
Cercai di togliermi i vestiti che avevo addosso, coprii il suo gracile corpo e continuai a chiamare soccorso alternando a sistemargli i vestiti in modo da non farlo congelare dalla brezza marina.
All’improvviso vidi le luci di una lanterna in lontananza.
Il bagliore fioco della fiamma si faceva sempre più intenso fino a rivelare una sagoma famigliare:
Era una donna dai lunghi capelli castani, di costituzione magra, gli occhi verdi come l’erba estiva, vestita con un lungo abito di seta bianca con un nastro ceruleo legato in vita.
Era Anne, conoscente dei miei genitori e madre di un mio amico.
“Liam, cosa ci fai in spiaggia con questa tempesta in atto? I tuoi genitori saranno preoccupati!” disse la donna con voce preoccupata.
“Anne, è arrivata questa zattera trascinata dalle onde e-e ho visto che c’era un bambino tra le lenzuola…” le risposi preoccupato e in preda alle lacrime.
Anne sfiorò la fronte del bambino che sostenevo tra le braccia per poi prenderlo tra le sue.
“Ha la fronte caldissima…E’ meglio se lo portiamo a casa e ci prendiamo cura di lui.
Chiamerò i tuoi genitori e gli dirò dell’accaduto…” disse per poi alzarsi e dirigersi verso la sua abitazione.
Corremmo lungo la spiaggia dalla gelida sabbia con tutte le nostre forze, attraversammo le desolate vie della foresta di palme per poi rifugiarci dentro la piccola casa di legno dove vivevano Anne e Harry, il figlio.
“Harry, prendi subito dei vestiti dal tuo armadio e portarmeli il prima possibile, intanto tu Liam vai a prendere qualcosa dalla dispensa. E’ denutrito.” Disse Anne appena varcata la soglia della porta.
Harry, il figlio di Anne, era uno dei miei più grandi amici d’infanzia insieme a Louis e Niall.
Bambino anch’esso della mia stessa età, leggermente più basso di me di statura e di costituzione magra.
Aveva folti capelli castani raccolti in piccoli riccioli, occhi chiari come la madre e un sorriso sempre sul volto, molto ammirato dalle bambine dell’isola.
Mente Harry corse in camera sua in cerca di vestiti asciutti e di una coperta, corsi in cucina a prendere qualcosa da mangiare dalla dispensa nel frattempo che Anne coricava il bambino naufrago sul divano di casa sua.
La giovane donna levò con velocità i vestiti impregnati dall’acqua e dalla salsedine, lo asciugò accuratamente e in seguito gli mise alcuni vestiti che Harry gli aveva portato con fretta.
Lo coprì con una coperta spessa e pesante ed in fine gli lasciò del cibo in una ciotolina vicino al divano, nel caso gli fosse venuta fame durante la notte.
Era una ciotolina in porcellana di piccole dimensioni con all’interno un mandarino e una fetta di pane, uniche cose che trovai nella dispensa in preda all’agitazione del momento.
Anne prese nel frattempo il telefono, chiamò i miei genitori per informarli dell’accaduto e gli disse che sarei rimasto a dormire da lei per la notte che stava per giungere.
“Stà bene? Si riprenderà?” Le chiesi preoccupato senza togliere lo sguardo dal corpo del giovane coricato sul divano in stoffa rossa.
“Ho paura per lui Anne.” Le presi bruscamente  la vestaglia in seta con la mano destra in preda alle lacrime.
“Prima o poi si sentirà meglio, ora andate a dormire che si è fatto decisamente tardi.” Rispose Anne con tono rassicurante.
Si alzo dalla posizione accovacciata cui era la donna, mi prese in braccio ed insieme ad Harry ci accompagnò in camera, ci mise a letto, rimboccandoci scrupolosamente le coperte ed in fine ci diede un bacio sulla fronte ad entrambi prima di socchiudere la porta della stanza.
Quella notte mentre giacevo nel letto a dormire insieme ad Harry sentii il bisogno di assicurarmi che il bambino dai capelli corvini stesse bene.
Scesi dal letto, aprii la porta della camera e uscii senza fare rumore, socchiusi la porta e percorsi le scale con in mano una semplice copertina in tessuto.
Mi appostai vicino al divano dove il ragazzino giaceva addormentato e mi accovacciai sul pavimento con addosso la coperta sulle spalle.
Il tempo passava e la preoccupazione saliva.
Vedere questo povero essere in condizioni critiche era un vero e proprio colpo al cuore.
All’improvviso il bambino aprì gli occhi, si voltò verso di me e mi sorrise.
Presi dalla piccola ciotola nei pressi del divano un piccolo pezzo di pane e glielo porsi mostrando un lieve sorriso.
Allungò la piccola mano destra per prendere il pezzo di pane ma risultava titubante nell’afferrarlo.
“Prendilo pure” Gli dissi sorridente “l’ho preso apposta per te, e se vuoi ce né abbastanza per entrambi”.
Il bambino prese il pane delle mie mani, se lo portò alla bocca e iniziò a masticare voracemente.
“Zayn.” Disse il bambino.
“Zayn?” gli risposi incuriosito, piegando il capo da una parte, mentre cercavo di capire cosa intendesse dire.
“Il-il mio nome…Zayn.” Mi rispose con la bocca piena di pane.
“Oh…io mi chiamo Liam. Ma se vuoi puoi chiamarmi Lee, come fanno i miei amici.” Gli risposi con tono dolce.
“Io non sono tuo amico.” Mi rispose bruscamente con tono aggressivo.
“Però possiamo sempre diventarli.” Affermai con decisione pur mantenendo un tono pacato.
“Forse.” Mi contesto per poi girarsi dall’altra parte volgendo lo sguardo verso il tessuto del divano.
Decisi di rimanere a dormire accanto al divano per fare compagnia a Zayn, di conseguenza mi sdraiai sul tappeto del salotto per poi coprirmi con la copertina che mi ero portato appresso.
“Come ha fatto ad arrivare qui? Chi è costui? Diventeremo mai amici?”.
Queste le domande che mi affioravano per la mente quella gelida notte, mentre il vento soffiava fuori dalle finestre e  i rumori della tempesta andavano pian piano svanendo.
Fu una delle notti più strane della mia vita.


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Ciao,
finalmente sei arrivato/a alla fine del primo capitolo di "Connected.", la mia primissima FF.
Che ne pensi della vicenda? E dei personaggi?
Se hai voglia, mandami una tua recensione con i tuoi punti di vista e io sarò ben contento di risponderti.
Buon proseguimento.
Con affetto,
LiamJPayne92.

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Capitolo 2
*** Volti Su Fogli Di Carta. ***


Le stagioni passarono velocemente, e da quel giorno tempestoso passarono 8 anni o poco più.
Zayn durante questo periodo ha sempre convissuto a casa di Harry e di conseguenza lo vedevo spesso quando andavo a casa sua.
Era sempre rimasto diffidente con tutti, infatti quando andavo a trovare Anne e suo figlio Harry lo trovavo sempre da solo, seduto su una sedia del salotto che disegnava utilizzando piccoli pastelli.
Era un ragazzino dal temperamento distante, di poche parole ridotte all’essenziale, un’individuo che non aveva bisogno di nessuno.
Svariate furono le volte che cercai di intrattenere una conversazione con lui, ma si limitava semplicemente a dei “Si” o dei “No” secchi.
La settimana prima del mio compleanno Harry decise di riunire me, Louis e Niall a casa sua, per passare un po’ di tempo insieme,e di conseguenza ci sarebbe stato anche Zayn, in quanto vivevano sotto lo stesso tetto.
Frequentanti tutti e 5 istituti differenti avevo perso i contatti con tutti, particolarmente con Louis e Niall, che fino a qualche anno addietro erano due dei miei più grandi amici.
Arrivato d’innanzi all’abitazione di Harry bussai sulla porta e, inaspettatamente, fu Louis ad aprirmi la porta.
Louis era un ragazzo molto magro di costituzione, capelli castani portati in un ciuffo ribelle che ricadeva sulla parte destra del volto e occhi azzurri come la spuma del mare illuminata dal sole.
Indossava una classica magliettina bianca a righe blu e dei pantaloni rossi sorretti da semplici bretelle, e ai piedi vestiva le sue classiche Vans, suo “marchio di fabbrica”.
Louis, Lou per gli amici, era definito il perfettino del gruppo, in quanto era un’individuo che teneva particolarmente al suo aspetto fisico.
“Oh Lee! Da quanto tempo! Come stai? Vedo che non sei cambiato per niente…a parte i capelli lunghi e ricci.” Mi disse abbracciandomi e sorridendo gioiosamente.
“C-ciao…si sto bene Lou e…” gli risposi con sguardo sorpreso.
Non feci in tempo a terminare la mia risposta che mi prese il polso destro e mi trascinò dentro casa, facendomi quasi cadere in quanto stavo perdendo l’equilibrio.
Oltrepassato l’uscio della porta vidi Niall e Harry seduti sul divano rosso su cui anni addietro giaceva Zayn in seguito alla tempesta.
Niall era un ragazzino molto più basso di me e di costituzione leggermente robusta, dalla carnagione molto chiara e dalla chioma bionda-castana,
I suoi occhi erano di blu molto scuro, come l’oceano in tempesta di quel giorno funesto.
Vestiva solitamente con polo di svariati colori in base al suo umore, pantaloncini e scarpe da ginnastica.
Era il membro più calmo e timido del gruppo, a differenza di Harry e Louis, infatti non era solito parlare per primo o intrattenere discussioni particolarmente lunghe.
“C-ciao Lee…” Affermò Niall, per gli amici Nello, con tono molto pacato e timido.
“Era ora che arrivassi! Sei in ritardo. Ti avevo detto che per le 17.00 dovevi essere già qua!” Mi disse Harry con tono infastidito.
Guardai il mio orologio da polso.
“Haz, Sono le 17.00 in punto…guarda!” Gli risposi puntandogli il polso verso la sua direzione.
“Comunque sei in ritardo lo stesso! Se alle 17.00 scadeva il timer di una bomba e tu dovevi disinnescarla a quest’ora eravamo già saltati in aria!” puntualizzò Harry ad alta voce.
“State calmi ragazzi…non si ci siamo mica riuniti per litigare o far saltare in aria qualcuno o qualcosa.” Affermò Lou in seguito ridacchiando “Siamo qua per passare un po’ di tempo insieme Per Diana.”
“S-si esatto…stiamo calmi. Casinisti.” Proseguì Nello sghignazzando tenendosi la mano davanti alla bocca.
Mi passai la mano tra i riccioli castani e sorrisi insieme agli altri.
“Ma Zay? Non ci raggiunge a farci compagnia?” Chiesi a tutti guardandomi in giro per la stanza.
“Sai benissimo come è fatto, Lee.  Io non lo chiamerei neanche.” Rispose Haz in seguito alla mia domanda.
Mi spostai dal salotto alla cucina e lo vidi che disegnava seduto su una sedia nei pressi del tavolo da pranzo.
“Ehy Zay.” Lo salutai mostrando un sorriso a 32 denti “Non vieni a farci compagnia? Ci divertiremo.” Gli dissi per attirare la sua attenzione.
“Non mi interessa. Se volevi distrarmi da quello che stavo facendo ci sei riuscito.” Mi rispose con tono seccato per poi riprendere a disegnare.
Mi avvicinai a lui cercando di scorgere cosa stava disegnando con tanto interesse e notai un volto.
“Ma quello…” gli dissi cercando di prendergli il disegno a cui stava tanto lavorando.
Alla mia reazione Zay prese il disegno, lo spostò dal mio campo visivo, arrossì in volto e mi rispose bruscamente:
“Non sono affari tuoi. Vattene dai tuoi amichetti. “
“Oh…ok, scusami. Però se poi vuoi raggiungerci sai dove trovarci” gli risposi con tono dispiaciuto.
“Non ho bisogno di nessuno.”  Stroncò, Zay, il discorso senza tanti ripensamenti.
Uscii dalla cucina, dove Zay stava segretamente disegnando, per raggiungere gli altri ragazzi.
Ma un pensiero mi era rimasto inpresso nella mente:
“Ero io la persona disegnata su quel sottilissimo foglio di carta bianca?”.
“Allora? Non vuole raggiungerci?” Chiese Nello appena mi vide uscire dal locale in cui stava Zayn.
“N-no…ma se a lui stà bene così non posso obbligarlo.” Gli risposi volgendo pensieroso lo sguardo verso la porta della cucina.
Quanta finzione dietro a queste poche mie parole.
Vedere quel povero ragazzino avvolto in tutta quella solitudine, impegnato a disegnare senza prestare attenzione a nessuno, non era una bella visione ai miei occhi.
Mi sedetti insieme agli altri ragazzi come da programma e iniziammo a parlare di tante cose, come le nuove scuole che stavamo frequentando, pettegolezzi su ex compagni di classe, storie, voci dell’isola e tanto altro.
Visto che quel giorno era una settimana prima al mio sedicesimo compleanno, decisi di informare i miei amici di un’imminente festa che stavo organizzando.
“Sentite, pensavo di fare una festa per il mio compleanno…pensate di poter venire?” Chiesi speranzoso agli altri.
Nel frattempo Zayn uscì dalla cucina con il suo raccoglitore di fogli, i pastelli colorati e tutta la sua strumentazione da disegno in mano, mi guardò negli occhi e si diresse verso le scalinate che portavano alla camera da letto.
“Una festa di compleanno dici?! Cavolo…non so se riuscirò a venire.” Mi rispose Harry con tono dispiaciuto, “Ho molti impegni quindi non penso di farcela…ti farò sapere però. Ok?”.
“Stessa cosa vale anche per me e Nello… siamo così piani di cose da fare che a momenti non sappiamo dove metterne.
Non credo sopravvivremmo a tale agonia. Ti faremo sapere sicuramente.” Rispose Lou dando delle pacche sulla spalla a Nello.
“Oh…capisco. Chiamatemi nel caso non ce la faceste.” Risposi con tono dispiaciuto.
Piegai il capo verso il basso, lo spostai leggermente a sinistra e vidi Zayn che mi osservava da metà scala con sguardo pensoso, tenendo tutti i suoi strumenti da disegno in mano.
In seguitò esordì a bassa voce con un “Tzè…che cosa inutile.”, per poi girarsi e proseguire salendo le scale fino al loro termine.
La giornata proseguì tra discorsi chilometrici e risate, per poi concludersi con saluti e abbracci vari.
Uscii dalla casa con la speranza che al mio compleanno fossero venuti tutti, come da programma.
Non riuscivo ad immaginare una festa di compleanno senza di loro.


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Ciao,
a quanto vedo sei sopravvissuto/a fino alla fine del secondo capitolo di "Connected.", la mia primissima FF.
Particolare la storia vero? E i personaggi non sono da meno.
Se hai voglia, mandami una tua recensione con i tuoi punti di vista e io sarò ben contento di risponderti.
Buon proseguimento.
Con affetto,
LiamJPayne92.

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Capitolo 3
*** Il Guardiano Della Luna. ***


Arrivò finalmente il giorno del mio compleanno.
Era il 29 di Agosto e come menzionato a moltissimi isolani, compresi i miei amici, stavo organizzando presso casa mia la mia festa di compleanno.
Avevo pensato ad ogni singolo particolare personalmente, a partire dalle decorazioni al mangiare.
La festa era organizzata nel grande salotto di casa mia, non c’era angolo di quella povera stanza che non fosse allestito a dovere con addobbi e altro.
La stanza in cui si sarebbe svolta la festa era molto ampia, arredata per l’occasione, ovvero un divano con isola in stoffa cobalto, alcuni sgabelli intorno alla stanza, un grosso tavolo rotondo circondato da sedie e un piccolo tavolino con sopra le casse per la musica.
Il grande tavolo rotondo era posizionato al centro del grande salone, davanti alla grande porta-finestra che si affacciava sulla costa, traboccante di ogni stuzzichino possibile presente nelle classiche feste di compleanno:
Pizza margherita e pizza farcita, focaccia classica, salatini misti, patatine fritte, salse, bibite e chi ne ha più ne metta.
La torta era riposta nel frigorifero che attendeva il “Gran Finale” prima di essere divorata voracemente, e tutti gli snack di riserva insieme ad essa.
Era una torta davvero imponente quella che avevo preparato personalmente, era composta da  vari strati di pan di spagna al cioccolato alternato da crema pasticcera alla vaniglia.
Una vera delizia per il palato.
Mancavano ormai poche ore alla festa e mi misi ad aspettare seduto su una delle tante sedie dell’enorme tavolo-bouffet che avevo allestito.
Il telefono ero posto davanti a me, nell’attesa di ricevere qualche chiamata dagli invitati, ma continuava a rimanere in silenzio fermo dove l’avevo appoggiato.
L’unica volta che sentii bussare alla porta fu il postino che aveva sbagliato abitazione.
Abbassai lo sguardo sul telefono di fronte ai miei occhi lucidi e continuavo a ripetermi:
“Dai Liam, arriveranno,sarà una grande festa”.
Mi alzai di scatto dalla sedia, andai davanti allo stereo e misi una delle mie canzoni preferite, sperando di pensare ad altro durante la snervante attesa.
Impostata la canzone mi risedetti su quella scomoda sedia e continuai ad aspettare in qualcosa.
Il telefono segnava ormai un’ora di ritardo dall’inizio della festa e le lacrime avevano iniziato a scendere lungo gli zigomi del mio volto.
La sensazione di essere dimenticato da tutti non è gradevole, ci si sente uno scarto, come se non fossi mai esistito.
Chinai il capo, mi appoggiai con i gomiti e le mani tra i capelli sul grande tavolo in legno in preda alle lacrime e iniziai a singhiozzare dalla tensione.
“E se morissi? Come non si sono preoccupati della festa non si preoccuperanno di me…” farfugliai a voce bassa in preda a quel dolore emotivo mai sentito prima.
Mi alzai dalla sedia, mi girai verso la porta-finestra che si apriva davanti alla costa e andai sul balcone.
Fresca era la brezza marina, la luna piena, nascosta parzialmente dalle nubi, risplendeva nel cielo notturno insieme alle stelle.
Era il mio posto preferito per pensare, mi bastava guardare il cielo per navigare tra pensieri vari.
“Ora o mai più.”
Queste sarebbero state le mie ultime parole quella sera d’Agosto.
Scavalcai il muretto della balconata, mi girai rivolto verso la finestra lasciandomi il mare alle spalle.
Chiusi gli occhi e mi preparai all’ultimo “salto” della mia vita.
“Fermati! Non deve finire così! Non Ora.”
Urlo che balenò nell’oscurità.
Sopra il tetto apparì una sagoma:
Un’individuo vestito completamente di nero, con una lunga sciarpa in seta che svolazzava grazie alla forza del vento.
Scese dal tetto con leggiadria per poi svelarsi togliendosi la sciarpa che copriva metà del suo viso.
“Zayn?” esclamai dopo aver riconosciuto il suo volto.
“Liam, non farlo. Scendi subito da quel muretto prima che ti farai male seriamente.” Mi rispose porgendomi la mano.
“Che senso ha ormai? Nessuno mi apprezza e questa ne è la dimostrazione.” Gli gridai in preda alle lacrime e al dolore.
“Per me hai un senso. Tu mi hai salvato quel giorno durante la tempesta. Non ricordi?” mi rispose Zayn in seguito alla mia reazione.
Rimasi allibito da quella frase.
Prima che Zayn mi fermasse pensavo che tutta la mia vita non avesse mai avuto un senso, non fossi mai stato importante per nessuno.
Mi faceva effetto che per Zay tutta la mia esistenza avesse importanza
Mi prese la mano con leggerezza e mi tirò verso di lui, facendomi scendere dal muretto della balconata, per poi accompagnarmi dentro la sala in cui doveva svolgersi la festa.
Mi fece sedere sul grande divano di stoffa blu, posto nell’angolo più a nord della stanza, si diresse in cucina e prese due piattini: uno con una fetta di torta e uno con un po’ di salatini e pizzette.
Appoggiò i piattini alla mia destra, prese un cappellino sul tavolo e se lo mise in testa dicendo: “Odio fare questo genere di cose. Tuttavia questa volta mi tocca.”
Si sedette alla mia sinistra,incrociando le gambe, mi guardò e sorrise.
Era un sorriso grazioso e allo stesso tempo surreale.
Non avevo mai visto sorridere Zay così.
Il suo sorriso era una cosa così piacevole a vedersi:
I suoi denti erano così bianchi e perfetti che risplendevano come mille diamanti dei più pregiati.
Tutto il suo insieme era perfetto.
Era sempre stato così taciturno e serio, e quelle poche volte che mi parlava sembrava infastidito nel farlo.
“Oggi non era il tuo compleanno? E dove sono tutti gli invitati? E i regali?” mi chiese passandomi la mano tra i capelli per poi passare il palmo della mano giù per la spalla e la schiena.
“Non è venuto nessuno Zay…nessuno a parte te.” Gli risposi dispiaciuto guardando il piattino con la torta che avevo tra le mani.
“Oh…bene. Allora questo ti farà piacere.” Mi disse sorridendo.
I suoi occhi castani erano più belli che mai e risplendevano di una luce mai vista prima, i capelli corvini che facevano contrasto alla sua pelle olivastra.
Era la prima volta che lo vedevo così, e mi faceva stare bene.
All’improvviso vidi che si mise la mano nella tasca destra dei pantaloni.
Lo guardai con sguardo incuriosito e vidi che sfilò dalla piccola fessura dei pantaloni un foglio tutto piegato su se stesso.
“Tieni. So che non è un granchè, ma sempre meglio di nulla non credi?” mi disse porgendo il biglietto verso di me.
Presi il bigliettino piegato in modo irregolare dalle sue mani per poi aprirlo con molta delicatezza.
“Ma…”
Queste l’unica sillaba che uscii dalla mia bocca in quel momento.
“So-sono io? Ma che…” Iniziai a chiedergli a bassa voce con gli occhi lucidi dall’emozione del momento.
“E’ un po’ spiegazzato” disse passandoci la mano sopra per rimuovere i residui di matita, che si erano staccati dal disegno durante la piegatura, “Però tutto sommato è rimasto uguale a come l’avevo disegnato…più o meno…”.
“Era il disegno che stavi facendo la settimana scorsa quando entrai in cucina?” gli chiesi sorridendo e con gli occhi pieni di lacrime.
“No. Questo è il risultato di 365 disegni falliti in precedenza. Non riuscivo mai a disegnare il tuo sorriso.” Mi rispose.
In quel momento arrossì in viso per poi coprirsi le guance con la sciarpa di seta nera che indossava al collo.
“Gr-grazie mille Zayn. E’ il regalo più bello che qualcuno mi abbia mai fatto.” Gli risposi piangendo tra le sue braccia mentre lo abbracciavo.
“Per te questo e altro.” Mi sussurrò all’orecchio nonostante la sua sciarpa si stesse impregnando delle mie lacrime.
Quel lungo abbraccio era così piacevole, mi faceva capire di non essere solo, di essere qualcosa di importante per qualcuno.
Calore pervase il mio corpo e una strana sensazione si stava risvegliando all’interno delle mie viscere.
“Non mi era mai capitata una cosa del genere…cos’è?” mi chiesi nella mente cercando risposte.
Secondi che diventavano minuti, Minuti che diventavano ore.
Il tempo nella vita reale continuava il suo percorso, il suo scorrere.
Ma tra le sue braccia l’impressione era che il tempo rallentasse per un istante.
Che tutto si fosse fermato, bloccato.
Mi addormentai tra le sue possenti braccia, mentre la luna calava per lasciare spazio ad un nuovo giorno.


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Ciao,
noto che hai resistito fino alla fine del terzo capitolo di "Connected.", la mia primissima FF.
Questo credo sia stato il capitolo più difficile da scrivere.
Non sono pratico nel raccontare questo genere di scene.
Però tutto sommato non è venuto male...almeno credo.

Se hai voglia, mandami una tua recensione con i tuoi punti di vista e io sarò ben contento di risponderti.
Buon proseguimento.
Con affetto,
LiamJPayne92.

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