Finding Love in Darkness

di Scribak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


F  inding   love in darkness

Autore: Destiny Aitsuji
Traduttore: Scribak
 
Capitolo 1
 
Il campanello della scuola suonò ed il ragazzo dai capelli castani superò di slancio i cancelli non appena ebbe finito di trillare. Il capo del comitato disciplinare studentesco serrò minacciosamente i denti alla vista di quello studente così trasandato, che osava presentarsi in ritardo davanti ai suoi occhi.
Percependo il pericolo imminente, il primo indietreggiò alla vista del ragazzo circondato da un’aura minacciosa, che sembrava crescere ogni secondo. Cercò di allontanarsi il più velocemente possibile, solo per cadere miseramente all’indietro, beffato dalla sua stessa goffaggine.
“Posso spiegare…”, balbettò, ma era troppo tardi. Il più anziano aveva raggiunto il limite e la sua pazienza lasciato posto ad un’unione di irritazione e rabbia. Un scatto metallico e, con un rapido colpo di tonfa sul cranio di Tsunayoshi, Hibari spedì quest’ultimo nella terra dell’oscurità, in un senso che, per certi aspetti, gli era ancora ignoto.
 
 
Tsuna si svegliò in una stanza sconosciuta. Il letto sui cui era adagiato non sembrava quello che c’era a casa sua. Attorno a lui, un forte odore di disinfettante gli fece pensare che, per quello che riusciva ancora a ricordare, doveva trovarsi nell’infermeria scolastica.
“Decimo, vi siete svegliato!”, esclamò una voce familiare. “Sono terribilmente spiacente di aver fallito come vostro braccio destro! Vi prego, concedetemi di farmi esplodere con le mie stesse mani!”.
Una risata spensierata si inserì nel monologo dell’italiano: “Maa, maa: calmati, Gokudera-kun. Tsuna si rattristerebbe molto se lo facessi”.
Il ragazzo sorrise un poco sentendo la voce dell’amico. Quindi, uno strano pensiero si fece strada nella sua mente: se era vero che si trovava a scuola, quanto tempo era stato incosciente?
“Tutto bene, Tsuna?”, chiese Yamamoto. Tsuna domandò perché avessero spento le luci.
“Eh? Cosa intende, Decimo? È ancora pomeriggio”.
Dopo qualche secondo, Tsuna comprese le parole del ragazzo ed il peso di quanto esse comportavano lo schiacciarono come un sacco di mattoni. “Cosa?”
“Ci hai messo un po’ di tempo ad accorgertene, Imbranatsuna!”, la voce nasale di Reborn interruppe i suoi pensieri.
“Reborn!”, ansimò Tsuna, sorpreso. Lentamente, iniziò ad andare nel panico: se era cieco, come avrebbe affrontato la scuola, se non riusciva nemmeno a farcela da camera sua al bagno? Completamente assorbito dai suoi pensieri, non notò la presenza di un’altra persona nella stanza, finché non udì Gokudera urlare furiosamente
“Calmati, Gokudera!”, ordinò Reborn. L’albino obbedì, riluttante, mentre Yamamoto sorrise.
“Hai saputo delle condizioni di Tsuna da Shamal?”, chiese il sicario. Hibari annuì e Tsuna tese le orecchie per cogliere quanto detto dalla sua voce profonda.
Quando udì la sua risposta, il ragazzo desiderò gettarsi giù dall’edificio. Gokudera protestò finché Reborn lo minacciò, puntandogli contro Leon. Yamamoto rimase in silenzio, mentre Tsuna si suicidò mentalmente più volte.
“Mi occuperò personalmente dell’erbivoro finché non riacquisterà la vista, piccoletto”.
 
 
Tsuna iniziò il trasloco per andare a vivere nell’appartamento di Hibari. Il guardiano, inizialmente, si era irritato notevolmente quando gli era stata suggerita una tale soluzione, dal momento che avrebbe significato un’intrusione alla sua privacy: in ogni caso, cinque minuti in casa Sawada avevano convinto Hibari che portare Tsuna da lui sarebbe stata un’idea di gran lunga migliore, che vivere con tutta quella folla.
Avevano preso la motocicletta di Hibari e Reborn aveva acconsentito a portare, in un secondo momento, la roba di Tsuna nel suo appartamento. Tsuna urlò per tutto il viaggio, aggrappandosi saldamente al guardiano.
Mai più”, giurò a se stesso. Non sapendo cosa aspettarsi, Tsuna inciampò nei gradini che portavano all’appartamento di Hibari: il ragazzo si voltò giusto in tempo per vederlo crollare a terra.
Irritato dalla sua goffaggine, ancora più devastante del solito, decise che portare Tsuna sarebbe stato un modo molto più rapido ed efficiente di raggiungere il suo appartamento.
Tsuna gridò quando sentì qualcosa sollevarlo da terra, prendendolo per la vita e le gambe. Le sue mani incontrarono una superficie liscia e dura ed i suoi piedi dondolarono nell’aria. Il suo voltò si colorì improvvisamente, non appena comprese che Hibari lo aveva preso in braccio. Voleva protestare, ma prima che potesse aprire bocca, Tsuna venne gettato bruscamente sul pavimento con un tonfo soffocato, mentre Hibari cercava in tasca le chiavi per aprire la porta.
Tsuna gemette, venendo trascinato per l’appartamento, picchiando contro ogni cosa. Si sedette sul pavimento e sentì Hibari muoversi intorno a lui: ancora a bocconi, Tsuna percepì, più che mai sorpreso, il guardiano togliergli le scarpe.
“Hi-Hibari-san!”, balbettò Tsuna, sentendo il ragazzo caricarselo su una spalla. Prima che una sola protesta potesse uscire dalle sue labbra, lo stesso Hibari si fermò bruscamente e Tsuna quasi scivolò giù da quelle spalle forti, non appena il ragazzo corvino allentò un poco la presa su di lui. Un silenzio sinistro era caduto sui due.
“Hibari-san?”, squittì Tsuna. Immediatamente, venne scaraventato su una superficie morbida, sulla quale rimbalzò per un po’, prima di sentire una porta chiudersi di scatto seguita da un silenzio assordate.
Tsuna si sedette su qualsiasi cosa Hibari lo avesse lanciato ed aspettò pazientemente che cosa dovesse ancora succedere. Era passato già più di un minuto, ma, ancora, non c’erano segni di movimento e Tsuna iniziò ad innervosirsi.
Passò un altro minuto, ma ancora niente. Tsuna stava iniziando a disperarsi e la sua sanità mentale era in equilibrio piuttosto precario. Dimenticando la sua paura iniziale per Hibari, chiamò timidamente: “C’è nessuno in casa? Hibari-san?”.
Non ricevette ancora risposta. Nel panico, Tsuna cercò di muoversi e cadde sul pavimento, incespicando in qualcosa. Essere cieco e solo in un ambiente sconosciuto era estremamente snervante.
Il terrore stava avendo la meglio sul ragazzo ed aveva iniziato a piangere debolmente, quando la sua mano sfiorò qualcosa di soffice. Gemette pateticamente, ma continuò a tastare intorno a sé. Nella più completa confusione, non sentì il leggero scatto della porta, che, davanti a lui, veniva aperta.
Quando una mano tiepida gli toccò una spalla, Tsuna urlò. Il ragazzo iniziò a divincolarsi da quella presa, piangendo amaramente. Cessò di dibattersi solo quando un paio di forti braccia lo avvolsero con fermezza. Una voce bassa e profonda mormorò delle parole confortanti al suo orecchio, calmando i suoi nervi ipersensibili.
Solo quando Tsuna si era calmato un po’ e sembrava in grado di pensare razionalmente, Hibari rese manifesta la sua presenza: “Cosa stavi facendo, mentre non ero qui, erbivoro?”.
Tsuna si irrigidì visibilmente alla parola erbivoro. Hibari osservò attentamente la sua reazione ed era più che interdetto quando ricominciò a piangere. Senza sapere cosa fare, minacciò il più giovane, ottenendo ancora più lacrime e balbettii incoerenti.
Hibari sospirò pesantemente ed iniziò a farsi prendere dal panico, quando Hibird entrò volando dalla finestra. L’uccellino scoccò un’occhiata a Tsuna, poi ad Hibari, e poi ancora a Tsuna, prima di inclinare il capo di lato.
“Erbivoro triste?” la palla di piume gialle chiese al suo padrone, che si limitò a sospirare ed annuire.
Hibird sembrò capire ed iniziò a svolazzare intorno cinguettando: “Conforta Hibari! Conforta Hibari!”. A queste parole, il ragazzo sembrò agitarsi e scoccò un’occhiata mortale a Hibird. Fortunatamente (o meno), Tsuna parve non sentire nulla e continuò a piangere.
Hibird scioccò il guardiano, dicendo: “Abbraccia! Abbraccia!”. Hibari desiderò prendere i tonfa per ridurre qualcosa in pezzi, non appena l’uccellino l’ebbe proposto. In ogni caso, Hibird sembrò impassibile. Anzi, pareva ancora più determinato.
Un paio di occhi grigio cobalto ne incontrarono due neri e luccicanti. Alla fine, il ragazzo corvino sospirò, cedendo. Avvicinandosi al più giovane, ormai del tutto nel panico, strinse fermamente le braccia intorno a lui, che cessò quasi all’istante di piangere, tranne che per pochi singhiozzi soffocati.
Tsuna gelò per un momento, mentre un leggero rossore soffuse il viso, solitamente imperturbabile, del guardiano.
 
 
Da qualche parte, fuori dall’appartamento, un certo giocatore di baseball ed un albino arrossirono violentemente a quel gesto così intimo. “Reborn aveva ragione…”, sussurrò il secondo ed il primo annuì al suo fianco.
Se ne andarono dal loro nascondiglio silenziosamente così come erano arrivati.
 
 
Nell’appartamento, mentre Hibari stava ancora abbracciando Tsuna, il cuore del più giovane fece uno strano suono.
Doki-doki.
Il cuore di Hibari rispose con un suono simile, mentre teneva il ragazzo tra le sue braccia.
Doki-doki.
I due arrossirono contemporaneamente, all’insaputa l’uno dell’altro. Due paia di occhi attenti brillarono, poco distanti.
“Kufufu. La cosa potrebbe farsi interessante, arcobaleno”.
“Certamente”. Il bambino che indossava un cappello da gangster sorrise.
 
 
Nota del traduttore
Salve a tutti i lettori. Spero che il primo capitolo di questa fan fiction (doppio capitolo, in realtà, in quando dato dall’unione dei primi due dell’originale) vi sia piaciuto e vi abbia interessato.
Nel caso qualcuno di voi voglia leggere l’opera di Destiny Aitsuji in lingua originale (cosa che raccomando vivamente, se conoscete l’inglese), ne riporto, di seguito, il link:
http://www.fanfiction.net/s/9190920/1/Finding-Love-in-Darkness
http://www.fanfiction.net/s/9190920/2/Finding-Love-in-Darkness
Ora, alcune precisazioni in merito alla traduzione :D (anche se non voglio essere troppo pedante) :
1)      gli onorifici: come potete notare, li ho riportati solo per i personaggi di nazionalità giapponese (Tsuna, Yamamoto, Hibari), anche se nell’originale vengono usati da Gokudera e, più avanti, da Basil ed i membri della CEDEF (credo sia più corretto, se si vuole rendere bene le caratteristiche della parlata di ogni singolo personaggio);
2)      i soprannomi: ho adottato (e adotterò sempre) quelli della versione italiana (da qui, Imbranatsuna e non Dame-Tsuna);
3)      il comitato disciplinare studentesco: non seguendo il manga in Italiano, non ne conosco la traduzione attualmente accettata. Spero che qualche lettore possa, pazientemente, comunicarmela al più presto;
4)      doki-doki: indica, in giapponese, il battito del cuore (non avrei saputo come renderlo, se non con “tum-tum” o analoghi :P);
A differenza, inoltre, delle mie precedenti traduzioni, ho lasciato perdere la resa letterale dell’inglese, a favore di una maggiore scorrevolezza in italiano. Spero vogliate perdonarmi questa tirata finale, ma pensavo potesse essere utile ai lettori particolarmente precisi :D.
Ehm… mi auguro di vedervi al prossimo capitolo e che lascerete delle recensioni all’autore, che, come ripete instancabilmente, non desidera altro che continuare a migliorare (così come il traduttore, ovviamente).
A presto (tra una settimana, credo).
Scribak

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Finding love in darkness

Autore: Destiny Aitsuji
Traduttore: Scribak
 
Capitolo 2

Tsuna e Hibari erano ancora decisamente assorbiti dal loro abbraccio, tanto da non separarsi nemmeno quando Hibird suggerì che, ormai, aveva svolto la sua funzione di calmare quel giovane boss così isterico.                                                                                                                                                                                                           
Un suono di campanello più tardi, tuttavia, Tsuna venne guidato in fretta verso il mobile più vicino e lì fatto sedere sbrigativamente, mentre Hibari, ricompostosi rapidamente, era andato ad aprire con calma la porta, con un misto di irritazione, crescente rabbia ed una leggera curiosità. Chiunque fosse quel povero disgraziato, Tsuna pregò con fervore per la sua anima, non appena lo scatto della porta venne seguito dal più completo silenzio.                                                                                                                                                                                
Tutto quello che sarebbe stato normale aspettarsi di seguito, come il suono di ossa spezzate accompagnato dalla celebre frase “Ti morderò a morte!” o le orribili grida delle vittime, non venne. Al contrario, il boato di una voce familiare risuonò nel silenzioso appartamento, mandando quasi in frantumi i timpani di Tsuna.                                                                                                                                 Hibari fece un passo indietro e Tsuna si aggrappò disperatamente al mobile su cui era seduto. In ogni caso, la ragazza a fianco del guardiano del Sole non sembrò particolarmente turbata dal volume inumano della sua voce: al contrario, si limitò a ridacchiare, come se si trattasse di una nuova battuta particolarmente divertente.                                                                                                 

Sebbene fosse cieco, Tsuna rabbrividì, mentre avvertiva un’aura assassina punzecchiargli la pelle. Sapeva da chi era stata causata e chi, invece, era pronto a far scorrere sangue, ma il suo stesso corpo lo tradì, quando iniziò a tremare incontrollabilmente. Tutto ciò aveva un che di quotidiano, eppure non c’era modo che il ragazzo riuscisse ad accettarlo. Gli incontri tra questi due guardiani non avevano significato mai altro che guai: e non perché il guardiano della Nuvola covasse un rancore particolare nei confronti dell’altro, ma perché Ryohei non sapeva nulla riguardo il limite di tolleranza di una persona e continuava a spingerlo all’estremo. La persona summenzionata, in questo caso, era come una bomba a orologeria su due gambe, in grado di esplodere in ogni momento, e l’altro ragazzo stava camminando attraverso un campo minato senza la minima attenzione. Dal canto suo, Tsuna temeva, come al solito, per l’incolumità di entrambi. Eppure, non avrebbe dovuto preoccuparsi tanto per il guardiano della Nuvola, quanto per sé stesso, dal momento che non era affatto sicuro di riuscire a sopravvivere a tutte queste prove.                                                                                                      “Yo Hibari! Come stai all’estremo?!” salutò Ryohei, sebbene ad un volume in grado di causare un attacco di cuore ad una vecchia signora che si fosse trovata a passare lì vicino in quel momento.         Hibari digrignò i denti e, miracolosamente, riuscì a rispondere qualcosa in un tono pericolosamente controllato, suggerendo lo scoppio di un vulcano la cui violenza avrebbero provato nel caso non avesse ricevuto subito una risposta.                                                                                    
Ryohei stava per urlare qualcos’altro di estremo, dettato dalla sua beata ingenuità, quando, fortunatamente, la sua sorellina decise di rispondere al suo posto, in modo da prevenire un qualsiasi bagno di sangue che avrebbe potuto scatenarsi in caso contrario: “Pao pao-sensei ci ha chiesto di portare dei vestiti e alcune cose di Tsuna per il tempo che rimarrà qui".                                                                  La rabbia di Hibari ribollì un po’, mentre Tsuna, in casa, si sentì piacevolmente sorpreso. Dopo che Kyoko ebbe salutato i ragazzi e Ryohei urlato un altro “arrivederci!” all’estremo, Hibari chiuse la porta di scatto, sbattendola. Tsuna saltò al rumore e si irrigidì come un topolino spaventato. Qualcosa venne lanciato ai suoi piedi e Tsuna sentì il rumore dell’acqua scorrere nel bagno. Hibari ricomparve poco dopo, mentre lo sciacquio dell’acqua era cessato. Rovistò nella cosa gettata ai piedi di Tsuna, che il giovane boss ritenne essere una sacca da sport. Dopo aver trovato quello che voleva, Hibari trascinò il ragazzo più giovane verso il bagno e Tsuna non poté fare altro che chiedersi che cosa stesse succedendo.                                                                                                                                                “Spogliati”, ordinò Hibari a Tsuna, che arrossì immediatamente.                                                               
“Che cosa?” balbettò il ragazzo, pensando di aver capito male.                                                                                                
“Ho detto di spogliarti, erbivoro. Devo forse ripetere?”, disse il prefetto, la voce pericolosamente tinta dall’irritazione.                                                                                                                                       
Tremando di paura, Tsuna si tolse la maglia ed aspettò. Hibari iniziò ad innervosirsi: tolte via sbrigativamente le calze, stava slacciando la cintura dei suoi pantaloni, quando il ragazzo più giovane incominciò a strillare. Divincolatosi dal prefetto, la schiena di Tsuna incontrò una superficie fredda e liscia. Hibari sospirò per la frustrazione. Lentamente, disse, strascicando ogni parola: “Spogliati. Bagno. Ora”.                                                                                                                                                          
Registrando quanto detto dal prefetto, Tsuna ridacchiò nervosamente e chiese ad Hibari di lasciarlo solo per un momento. Hibari sbuffò e gli disse, semplicemente: “Lo shampoo è sulla destra ed il sapone è a sinistra. Gli asciugamani sono vicino al lavandino. Stai attento a non scivolare nella vasca. Se hai bisogno, chiama. Sono fuori".                                                                                                         Detto questo, il guardiano della Nuvola se ne andò, lasciando il povero Tsuna a capire come fare la doccia senza vedere nulla. Una volta tolti tutti i vestiti ed, in qualche modo, essersi lavato, il ragazzo cercò un asciugamano, ma senza trovare nulla, per quanto si sforzasse.
Impallidì.                                                                                                               
Contemporaneamente, gli sembrò anche di realizzare che Hibari non avesse detto nulla riguardo i vestiti di ricambio.                                         
Un lamento uscì dalle sue labbra: “Oh, no…”.
 



Un sorrisetto si disegnò sulle labbra di Hibari, mentre, in cucina, mescolava una pentola di zuppa di miso. Aveva sentito il tipico urlo del ragazzo levarsi dal bagno.                                                                 No, non era stato affatto intenzionale lasciare fuori dal bagno gli asciugamani o gli abiti di ricambio. Semplicemente, il giorno prima era stato “giorno di lavanderia” ed il prefetto aveva dovuto lavare il suo vecchio asciugamano. Accadeva praticamente ogni settimana, in effetti: tutte le volte che Hibari lavava il suo asciugamano, dimenticava sempre di cambiarlo con uno nuovo, così che la prossima volta che avesse fatto la doccia, se ne sarebbe trovato sprovvisto. In ogni caso, dal momento che Hibari viveva da solo, non era il caso di preoccuparsi troppo: di solito, avrebbe camminato nudo sino a camera sua per prendere un asciugamano pulito. In definitiva, Tsuna aveva solo scelto di fare la doccia nel giorno sbagliato.                                                                                                              
Inoltre, non aveva avuto cuore di dire a Tsuna che i vestiti portati dai fratelli Sasagawa non erano altro che divise scolastiche per quella settimana: sicuramente, dormire indossandone una non sarebbe stato molto comodo, così il guardiano della Nuvola aveva deciso di non farne parola, per il momento, con il giovane boss.                                                                                                                                
Hibari aveva detto a Tsuna di chiamarlo nel caso avesse avuto bisogno di lui e, in un qualche modo, si era aspettato che lo facesse già da tempo, data la sua naturale goffaggine. In un certo senso, l’avercela fatta sino a quel momento meritava al ragazzo tutto il suo rispetto.               
Mescolata la zuppa di miso sul fornello, controllò il bollitore del riso prima di spegnerlo. Anche il tempura era pronto e Hibari si prese un po’ di tempo per ripulire la cucina. Alla fine, sentì il richiamo che aveva aspettato tutto questo tempo e spense velocemente il gas.                                                                                     
Gettato lo strofinaccio nel lavello, Hibari diresse i suoi passi verso il bagno e aprì con violenza la porta. Tsuna, nascondendosi dietro la tendina della doccia, illustrò ad Hibari il suo problema, facendolo ridacchiare silenziosamente: “Che ingenuo…”, pensò. Una volta che i balbettii di Tsuna cessarono, Hibari scavalcò il bordo della vasca e trascinò un paonazzo Tsuna in camera sua. Il ragazzo più giovane inciampò per tutta la strada: solo la stretta ferrea sul suo braccio impedì alla sua faccia di sbattere sul pavimento ad ogni passo.                                                               
Arrivati nella camera del guardiano, Hibari iniziò a rovistare il suo intero armadio alla ricerca di qualcuno dei suoi abiti più piccoli, che potesse servire a Tsuna come pigiama. Nel frattempo, il giovane boss si arrotolò nel morbido asciugamano che Hibari gli aveva gettato poco prima. Non appena Hibari ebbe trovato ciò che stava cercando, disse a Tsuna di cambiarsi: rapidamente, il ragazzo obbedì, senza pensarci due volte. Mentre Hibari stava per raccogliere gli abiti disseminati sul pavimento, intravide Tsuna che si stava svestendo proprio di fronte a lui. Il guardiano rimase impassibile alla sua ingenuità.                                                                               
“Dannazione! L’erbivoro è fin troppo fiducioso per la sua incolumità. Quanto può essere stupido?”, pensò.                                                              
Affascinato, guardò in silenzio come il ragazzo stesse cercando di indossare una T-shirt al contrario, la testa infilata nel buco sbagliato.  “Erbivoro”, disse in tono strascicato, “stai cercando di infilare la tua testa nelle maniche”. Tsuna arrossì violentemente e mormorò una scusa solo per ingarbugliarsi ancora di più nel tessuto di cotone.                               
Sospirando, Hibari si avvicinò per aiutarlo ad infilare la maglia nel verso giusto. Una volta vestito completamente, il guardiano notò che i capelli di Tsuna se ne stavano sparati in aria come sempre, facendosi beffe della forza di gravità, nonostante grondassero ancora acqua. Incuriosito, Hibari mormorò una scusa, riguardo al prendersi cura degli erbivori che si ammalano per non sapersi asciugare i capelli come si deve, per toccarli. Il guardiano gettò l’asciugamano sulla testa di Tsuna ed iniziò ad asciugargli i capelli, facendo passare, di tanto in tanto, le dita tra quelle ciocche castane.                                                                                                                                                                             
 “Credo che questo sia il suo unico aspetto veramente da carnivoro. Anche Kusakabe deve usare la lacca, di tanto in tanto, per tenere su il suo ciuffo”, meditò tra sé e sé.                                                         Tsuna, nel frattempo, stava assaporando il tocco di quelle mani tiepide e confortanti che sfioravano occasionalmente i suoi capelli e la sensazione rassicurante di avere qualcuno al suo fianco. Per la contentezza, per poco non iniziò a fare le fusa quando quelle dita accarezzarono i suoi capelli arruffati.                                                                                                                                   
“Bene. Ora va meglio” disse Hibari non appena i capelli del ragazzo furono abbastanza asciutti, rimanendo appena umidi. Il guardiano stava per andare via, quando vide Tsuna arrossire nuovamente.                                                                                                                                                                                  
Sogghignando, lo prese in giro: “Oh? Quindi l’erbivoro si sente imbarazzato, ora: e tutto nonostante poco fa fosse un tale esibizionista e si stesse cambiando senza paura davanti a me”.                                                          
Il viso di Tsuna assunse improvvisamente una nuova serie di sfumature.                                                                          
“No!... Voglio dire, non è così. Quello… quello che volevo dire era che… Be’, grazie. Hibari-san è stato molto gentile con me”, disse con un certo calore e, allo stesso tempo, grande serietà.
Il guardiano della Nuvola rimase un attimo allibito, prima di riscuotersi ed esplodere del tutto. Rise, nel modo più duro e sinistro che potesse, facendo indietreggiare il ragazzo più giovane.                                                                                                             
“Gentile? Non essere presuntuoso, erbivoro. Io sono gentile solo con gli animali più piccoli, come Hibird. Tu non vali praticamente niente. L’unico motivo per cui sto facendo questo è per poterti mordere a morte. O hai forse pensato che potesse esserci qualche altro motivo, come quel debole sentimento da erbivori chiamato compassione?”.
Tali parole colpirono duramente Tsuna, che si chiuse in  un completo silenzio, senza dire una parola nemmeno quando Hibari lo chiamò per la cena: distrattamente, si trascinò dove ricordava fosse la cucina.                                                                                                                                           
Entrambi mangiarono in silenzio, pensando a quanto l’altro avesse detto. Tsuna combinò un disastro con il cibo, ma Hibari non disse nulla. Non fece nessun tentativo per aiutarlo, anche se sapeva che avrebbe dovuto: non voleva che Tsuna si accorgesse che si sentiva in colpa per aver detto quelle cose così crudeli. Il suo orgoglio, però, non glielo permise.      
“Sarebbe da deboli”, Hibari disse a sè stesso. “Gli passerà: l’erbivoro si riprenderà in fretta, come ha sempre fatto”. 


Da qualche parte, Reborn pose giù Leon in forma di binocolo con un espressione illeggibile sul volto. Una lettera dal Nono e dal capo della CEDEF era stretta saldamente nel suo piccolo pugno. Avrebbe avuto abbastanza tempo?                                                                                                                                                                  

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Finding Love in Darkness - capitolo terzo (ita)

Finding Love in Darkness

 
Capitolo Terzo

 
Perché ci ha chiamati, Reborn-san?”, chiese Gokudera. Yamamo li guardò perplesso: avrebbe dovuto avere un allenamento di baseball, ma quel bambino gli aveva detto che c’era un problema. La questione era urgente e nessuno avrebbe dovuto venirne a conoscenza, tranne l’italiano e lui stesso, che, fino a quel momento, avevo fatto i turni per monitorare la forzata convivenza tra Tsuna e Hibari.
L’espressione sul viso di Reborn era illeggibile ed il piccolo sicario sembrava completamente immerso nei propri pensieri, in silenzio. I nervi di Gokudera erano pericolosamente logori, mentre Yamamoto aveva smesso di sfoggiare il suo tipico sorriso allegro. Per una volta, l’atmosfera era diventata seria: evidentemente, ciò che Reborn stava per dire loro non erano buone notizie.
“Sin dall’epoca di Vongola Primo, è stato mantenuto un segreto in grado di far vacillare l’esistenza della famiglia stessa. Pur stando così le cose, si tratta di una tradizione consolidata e tutt’ora in pratica, alla quale non è possibile sottrarsi. Questa… falla, fa sì che i Vongola possano collassare dall’interno, ed è per questo che mi serve il vostro aiuto. In ogni caso, dovete promettermi che nulla di quanto detto qui verrà menzionato a nessuno, nemmeno a Tsuna”.
Entrambi i guardiani annuirono e Reborn iniziò la sua storia in un tono ancora più serio. La tensione nell’aria si intensificò notevolmente, mentre la voce, già solitamente bassa, di Reborn divenne, se possibile, più profonda e vellutata.
“Si dice che i boss dei Vongola abbiano l’ultima parola nel prendere decisioni all’interno della Mafia, chiunque scelga di opporsi loro. Essi detengono il potere assoluto e sono secondi solo ai Vendetta: persino gli Arcobaleno devono obbedire ad un ordine espresso direttamente dal boss dei Vongola, e questa persona, così potente, un giorno, sarà Tsuna.
In ogni caso, prima che questa persona possa ottenere un simile potere, è tradizione che il nuovo Vongola porti il proprio Compagno dinanzi al giudizio del Consiglio.
Quest’ultimo è formato dal vecchio Vongola, insieme al suo Compagno, i suoi guardiani ed i loro successori, così come dagli Arcobaleno ed il capo delle famiglie alleate, che esercita, a sua volta, una particolare influenza.
Ognuno deve approvare incondizionatamente il Compagno del nuovo Vongola, prima egli possa utilizzare la sua fiamma nel pieno del potere. Se anche uno solo tra essi si pronunciasse a sfavore, il nuovo boss sarebbe colpito dalla maledizione del sangue dei Vongola: lui o lei morirebbe nel momento esatto in cui si innamorasse e confessasse i propri sentimenti alla persona amata. In ogni caso, qualora il Compagno ricevesse l’approvazione di tutto il Consiglio, il nuovo capo dei Vongola potrebbe scegliere di amare chiunque ed in qualunque momento, oltre ad essere in grado di liberare la piena forza delle proprie fiamme”.
Yamamoto lo interruppe: “Allora? Dov’è il problema?
Il Compagno di Tsuna non sarà Kyoko?”.
Gokudera parve comprendere cosa stesse implicando Reborn e rimproverò il guardiano della Pioggia: “Evidentemente no, idiota del baseball!”. Poi si volse verso il piccolo sicario e domandò “Reborn, il fatto che Tsuna possa scegliere come Compagno un uomo rappresenta un problema?”.
Reborn scosse la testa: “Il Compagno di Primo era il suo migliore amico, Cozart Primo: lui non si sposò mai, ma non è questo il problema. Il Compagno del boss ha il potere di distruggere la famiglia Vongola”.
Gokudera guardò il sicario, confuso quanto Yamamoto. Reborn abbassò ancora di più la voce: “Questa persona, in qualità di Compagno, è in grado di imporre la propria volontà sul boss dei Vongola e su chiunque altro. Ogni richiesta fatta da questa persona dovrebbe essere esaudita, a prescindere dalle conseguenze che ciò potrebbe comportare per la famiglia Vongola. In ogni caso, il Compagno può esercitare questo potere solo una volta: nel caso morisse prima che il boss si ritiri o muoia a sua volta, quest’ultimo deve scegliere un altro Compagno. Il Compagno può usare il suo potere una sola volta nella vita e deve farlo quando il suo boss è ancora in carica”.
Una volta che Reborn ebbe cessato di parlare, la stanza calò nel silenzio, mentre Gokudera prendeva tempo, cercando di elaborare quanto udito. Allo stesso modo, Yamamoto considerò le parole del bambino, sembrando stranamente pensieroso.
Un urlo interruppe quella quiete momentanea, non appena Gokudera, scioccato, capì dove volesse arrivare il sicario. Dal canto suo, Reborn non sembrò particolarmente allarmato dalla sua esplosione improvvisa, mentre Yamamoto sfoggiava un’espressione confusa quanto prima, se non di più.
“Reborn-san! Non può essere serio.
Perchè diavolo il Decimo dovrebbe scegliere quel bastardo come Compagno? Il Decimo sa qualcosa di tutta questa storia?”.
Yamamoto lo guardò come se si trovasse davanti ad un problema di matematica a livello universitario, qualcosa del tutto fuori dalla propria comprensione . Reborn gli disse, semplicemente, “Hibari” e nei suoi occhi brillò un lampo di comprensione, per essere, subito, sostituita da nuovo smarrimento:
 “Ehi, pensavo che Tsuna fosse innamorato di Kyoko”.
Reborn ridacchiò, scuotendo la testa: “Voi due siete ancora così giovani: quella non era che… una cotta adolescenziale o semplice infatuazione. Non è vero amore. Il vero amore di Tsuna è colui che dice temere di più, e, che, pure, non manca mai di nominare a cena, insieme a Gokudera e te”.
Gokudera arrossì, mentre il guardiano della Pioggia rimase a bocca aperta.
Il sicario sogghignò: “A proposito, mi è parso di notare che due certi guardiani si stessero guardando con una certa gelosia a San Valentino”.
Gokudera balbettò qualcosa, ormai irrimediabilmente paonazzo. Yamamoto scoppiò nella sua tipica risata e si grattò la nuca: “Ah ah! Quindi ci hai scoperti…”.
Il guardiano della Tempesta colpì il ragazzo alla testa, urlando un insulto. Ad un tratto, tutti i problemi di Tsuna e dei Vongola parvero perdere importanza dinanzi a quella lite tra innamorati, mentre l’italiano cercava di uccidere il giapponese per essere così spensierato sulla loro posizione.
Reborn prese mentalmente nota di riportare la cosa al Nono, così come la domanda che Gokudera gli pose improvvisamente in mezzo alla discussione, cogliendolo di sorpresa: “Reborn, chi è il Compagno di Nono?”.
Il bambino si calò il cappello sugli occhi, nascondendoli alla vista dei ragazzi. “Non è necessario che tu lo sappia”, disse freddamente.
Il guardiano della Tempesta abbassò gli occhi, abbattuto, facendo sì che Yamamoto cercasse immediatamente di confortarlo. Reborn lasciò silenziosamente il locale, diretto verso la sua prossima meta: Kokuyou Land.

 

 

Il giorno seguente per Tsuna e Hibari fu decisamente meno piacevole del primo che avevano trascorso insieme. In una mattina qualunque, Tsuna avrebbe dormito anche dopo che la sveglia si fosse spenta: quindi, Reborn lo avrebbe svegliato colpendolo sulla testa con Leon, trasformatosi in martello apposta per l’occasione.
La mattina, con Hibari, era stata simile, nonostante la sua cecità. Tsuna aveva continuato a dormire per una buona decina di minuti dopo il suono della sveglia. Alla fine, la pazienza di Hibari aveva raggiunto il suo limite quando il giovane boss aveva preso la sua mano, mentre cercava di scuoterlo, e vi si era rannicchiato contro, la mente confusa dal sonno. Un’espressione di evidente irritazione si era dipinta sul volto del prefetto, che, incurante del fatto che Tsuna non potesse vederlo, aveva colpito il ragazzo allo stomaco con i tonfa. Era solo martedì e l’ultimo dei Vongola era a malapena sopravvissuto alla sveglia mattutina.
Per la prima volta nella sua carriera scolastica, Tsuna era in anticipo di una decina di minuti rispetto l’inizio delle lezioni. L’unica ragione per un simile miracolo erano le occhiate assassine che il presidente del comitato disciplinare aveva inviato incessantemente contro il suo collo, con la tacita promessa di una fine dolorosa nel caso non si fosse dato una mossa. Grazie ai tentativi di Mammon di identificare il loro tragitto con un’illusione, Tsuna era stato in grado di arrivare a scuola facendo a meno della propria vista. Certo, questo non comportava necessariamente che non fosse stato maldestro come il suo solito sulla via per la scuola. Se Hibari non lo avesse trattenuto in tempo, Tsuna sarebbe stato investito innumerevoli volte. L’unico fattore positivo derivato dall’avere Hibari Kyoya come propria scorta era la sua aura minacciosa, in grado di azzittire il cane del vicino che non mancava mai di terrorizzare Tsuna nel tragitto per Namimori Middle.
Tsuna emise un sospiro, quando finalmente riuscì a raggiungere la propria classe. Di solito, sarebbe stato per rassegnazione o paura: quel giorno, tuttavia, si trattava di un sospiro di sollievo. Tsuna era sollevato del fatto che Hibari se ne fosse finalmente andato, senza più torturarlo con spaventose occhiate di morte.
La sua pace sembrava, comunque, destinata a cessare non appena Gokudera entrò in classe, urlando qualcosa contro Yamamoto. Alla vista dell’amato boss, l’italiano diede un grido di gioia: “Decimo!”.
Tsuna sudò mentalmente, mentre il guardiano della Tempesta rimproverava il compagno circa il rispetto che avrebbe dovuto mostrare per il Decimo. Quindi, Gokudera si interruppe bruscamente e si volse verso Tsuna, spaventando il povero ragazzo per il solo fatto di avergli rivolto la parola. Come al solito, l’italiano non parve essersi accorto di nulla.
Mentre Gokudera gli passava il cestino del pranzo che Nana aveva preparato per Tsuna, lo spadaccino osservò la reazione del giovane boss. Tsuna sussultava ad ogni rumore improvviso. Gokudera, troppo assorbito nella sua declamazione all’amato boss, non sembrava registrare il disagio di quest’ultimo.
Cercando di apparire spensierato come al solito, Yamamoto trascinò via l’italiano, con la scusa di doverlo accompagnare a prendere da bere. Nonostante le proteste di Gokudera, Tsuna ringraziò silenziosamente lo spadaccino.
Quando la lezione iniziò, i due guardiani non erano ancora tornati. Anche Kyoko, cosa piuttosto strana, era in ritardo. L’insegnate aveva iniziato a divagare riguardo alcuni problemi di matematica, che Tsuna non sembrava riuscire a comprendere. La classe era nel suo solito disordine. Mashido stava mangiucchiando qualcosa, mentre le ragazze parlavano del prossimo concerto di un qualche idol e la gang di Kento leggeva un nuovo manga su Jump. Tsuna non poteva vederli, eppure li sentiva e sapeva esattamente cosa stesse accadendo intorno a lui. Era già divenuta parte della sua routine distrarsi durante le lezioni e, per la noia, aveva iniziato ad osservare attentamente le persone che lo circondavano.
Improvvisamente, la porta dell’aula venne spalancata. In un primo momento, Tsuna pensò che si trattasse di Gokudera e Yamamoto, ma il silenzio disarmante che era calato sulla classe gli suggerì, pur non essendo lo studente più brillante di Namimori Middle, il contrario.
Solo quando l’insegnante balbettò il nome del nuovo arrivato, Tsuna impallidì visibilmente. Brividi freddi si irradiarono lungo la sua spina dorsale, ed era a malapena riuscito a trattenere un gemito di paura, quando una voce gelida chiamò il suo nome.
“Sawada Tsunayoshi”, mormorò Hibari verso il giovane boss, che batté i denti per la paura. La sua voce sembrava essersi strozzata da qualche parte, in gola.
“Sawada Tsunayoshi, con la presente sei congedato da lezione fino ad ulteriore avviso. Sono venuto per riaccompagnarti a casa su ordine del preside. Prendi le tue cose, ora”, disse il guardiano della Nuvola.
Tsuna era confuso, ma, sopra ogni cosa, preoccupato. Non essendo il tipo da mettere in discussione le autorità - soprattutto se questo comportava affrontare un individuo pericoloso come il proprio guardiano- Tsuna riempì rapidamente lo zaino aiutato da Hana. Quindi, si diresse verso la porta presso cui lo attendeva Hibari con una terribile lentezza, tanto che il guardiano della Nuvola, non essendo esattamente la pazienza una delle sue qualità migliori, gli andò incontro e, afferratolo, se lo caricò sulle spalle. Lasciarono l’aula con il sonoro schianto della porta contro lo stipite, accompagnato da un distinto scricchiolio, che Tsuna giurò provenire dalla suddetta, troppo provata dalla pressione dello sguardo mortale di Hibari.
Del tutto impotente, Tsuna smise di agitare pateticamente le braccia. Essere cieco lo rendeva insicuro e trovarsi tra le braccia del prefetto non era meglio che cercare di evitare pietre e scalini che lo avrebbero fatto inciampare ad ogni passo.
Dopo aver camminato a lungo in silenzio, Tsuna, ancora saldamente sulle spalle di Hibari, decise che il guardiano, con tutta probabilità, non gli avrebbe fatto del male e, a questo pensiero, si rilassò un poco.

A scuola, intanto, un italiano a dir poco adirato si precipitò nell’ufficio del comitato disciplinare studentesco, abbattendone la porta con un calcio. Subito dietro, lo seguiva il guardiano della Pioggia con un’espressione illeggibile in volto.
Il prefetto era seduto nel suo ufficio, evidentemente irritato per l’intrusione. Gokudera afferrò Hibari per il colletto della camicia e ringhiò: “Bastardo! È qui che hai portato il decimo, vero?”. L’espressione di Yamamoto suggerì chiaramente ad Hibari che la situazione era seria. Mantenendo la calma, il guardiano della Nuvola chiese all’italiano che cosa intendesse con una tale domanda.
Prima che Gokudera potesse esplodere, proferendo una serie di imprecazioni, Yamamoto lo azzittì e spiegò, pacato, cosa fosse successo. Hibari aggrottò le sopracciglia, perplesso: qualcuno aveva giocato loro un brutto scherzo ed aveva rapito l’erbivoro proprio da sotto il suo naso. Hibari si annotò mentalmente di mordere a morte quella persona, in futuro. In quel momento, tuttavia, aveva bisogno di riportare indietro il ragazzo. Insomma, nessuno avrebbe osato definire irresponsabile un serial killer, che si fosse lasciato sfuggire uno dei suoi prigionieri, ma, per Hibari, sarebbe stato un duro colpo inferto al proprio orgoglio.
Il guardiano della Nuvola stava considerando di servirsi della popolazione di Namimori, adeguatamente sotto minaccia, per trovare Tsuna, ma la fortuna sembrò essere dalla sua parte.
“Ciaossu!”, lo salutò innocente il piccolo sicario, che, come al solito, sembrava comparire proprio nelle situazioni più critiche. Hibari scoccò un’occhiata in tralice verso il bambino per aver scelto di presentarsi in un momento così inappropriato.
Reborn assunse rapidamente un’espressione più seria e disse: “Questa è arrivata nella mia posta questa mattina. Forse dovresti essere un po’ più attento”.
Hibari prese la lettera tesagli dal bambino e, apertala, la lesse rapidamente. Quindi afferrò i tonfa, si gettò la giacca sulle spalle e, aperta la finestra, saltò giù nel cortile, dopo aver mormorato un mezzo saluto.
Gokudera e Yamamoto poterono solo assistere a quell’uscita rimanendo a bocca aperta. Solo dopo essere ritornato in sé, Gokudera raccolse la lettera caduta a terra e la lesse. Gettatala via, Yamamoto la prese a sua volta, assumendo un’espressione perplessa una volta vistone il contenuto. Reborn, dal canto suo, era sparito senza che se ne accorgessero. I due guardiani si scambiarono un’occhiata, mentre una strana, immediata comprensione passò tra di loro.

 

 

Dall’altro lato di Namimori, Tsuna aveva finalmente raccolto abbastanza coraggio per porre ad Hibari una certa domanda: “Uhm, Hibari-san… Potresti mettermi giù, ora?”.
“No, non posso, Tsunayoshi-kun”, sentì rispondere in tono canzonatorio.
Tsuna provò con un’altra domanda: “Hibari-san… dove stiamo andando?”.
“Oh, e io che pensavo non l’avresti mai chiesto. Ma a Kokuyou Land, ovviamente!”.
Tsuna rabbrividì. C’era solo una persona che parlava in quel modo. Il suo cervello fece rapidamente due più due e, per confermare le sue paure, squittì un’ultima domanda:
“Ah… Hibari-san?
Perchè stiamo andando lì?”.
Questa volta, la persona che Tsuna era sicuro fosse Mukuro rispose, sogghignando minacciosamente: “Perché? Il meglio per riuscire ad averti, mio caro Tsunayoshi-kun…”.

 
Angolo del traduttore
Non voglio sottrarvi molto tempo, dal momento che questo capitolo (ancora una volta doppio) è di per sé già abbastanza lungo. Prima di tutto, voglio scusarmi per il ritardo considerevole con cui esso vi è arrivato: la traduzione, in gran parte, era già pronta per metà settembre, ma a causa di alcuni problemi (programmazione del nuovo computer, test di ammissione universitari), non mi è stato possibile postarlo se non ora.
Secondariamente, desidero ringraziare, anche a nome dell’autore, chi ha messo questa storia tra le sue seguite (Donny, fliflai, FranKuro, Iku e Ryo, Kupo08, Scricciola e Vincent Dimitri Petrenko), così come tutti coloro che l’hanno letta, la stanno leggendo e la leggeranno, pur rimanendo nell’anonimato.
Nel caso vogliate fare degli appunti sulla traduzione o sulla formattazione del testo (caratteri troppo piccoli, cattiva paragrafazione), non esitate a contattarmi (per recensione o PM). Come sempre, vi invito a leggere l’originale su fanfiction.net ed ad esprimere il vostro parere direttamente all’autore.
Al prossimo capitolo (che cercherò di tradurre il più velocemente possibile, tempi accademici permettendo).

AF alias Scribak

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Finding Love in Darkness - capitolo quarto (ita)

Finding Love in Darkness
Autore:
Destiny Aitsuji
Traduttore: Scribak

 Capitolo Quarto

 "Ehi! Sei sicuro che questa sia una buona idea? E se quell'idiota finisce ammazzato? Non può ancora servirsi del tutto delle sue fiamme!".
Reborn scrutò attentamente attraverso le lenti del binocolo e sogghignò: "Faremo un passo alla volta... e se non dovesse rispettare i patti, posso sempre rispedirlo in quell’inferno da dove proviene".
Colonnello rabbrividì, ma non diede voce ai propri pensieri. Nonostante fosse diventato un tutore al servizio dei Vongola, Reborn manteneva il freddo contegno di sempre, senza aver perduto minimamente il suo tocco, celebre nel duro mondo della malavita.
"Spero davvero che possa farcela... per il bene di entrambi", pensò Colonnello, guardando il ragazzo dai capelli corvini che, sulla sua motocicletta, stava lasciando il reticolo di strade per prendere una scorciatoia non esattamente legale.

 

 
Hibari accelerò digrignando i denti, irritato al pensiero di dover superare i limiti di velocità ed infrangere il codice della strada, guidando sui marciapiedi ed attraverso il parco. Mentalmente, allungò la lista dei motivi per cui avrebbe dovuto mordere a morte l'erbivoro dalla testa ad ananas.
"Tsunayoshi...", pensò: "Resisti".

 

 
Ritornando a dove si trovavano, in quel momento, Tsuna e Mukuro - dopo numerose rassicurazioni, da parte di quest'ultimo, che, minacciando di possedere il primo, aveva solo scherzato -, non si era ancora visto nessuno dei fedeli seguaci dell'italiano. Tsuna, intanto, sedeva su un soffice divano all’interno di una stanza lussuosamente arredata (non che il ragazzo lo sapesse, ad ogni modo).
"Vuoi una tazza di tè, mio caro Tsunayoshi?", chiese Mukuro. Tsuna si mosse, agitato, sul divano, declinando educatamente l'offerta.
"Davvero? Allora, che ne dici di un caffè? O hai delle preferenze in particolare? Ho tutto quello che puoi desiderare... anche se, certo, non è escluso che tu possa ricevere qualcosa di completamente diverso dalle tue aspettative: per esempio, potresti benissimo bere del sangue, convinto che quello che ti abbia dato sia succo di frutta...", ribattè l'italiano. Tsuna, visibilmente impallidito, si affrettò a declinare con veemenza l'ospitalità di Mukuro, fino a che quest'ultimo scoppiò a ridere.
"Sei davvero unico, Tsunayoshi. Non potrei aspettarmi altro che sorprese da te. Davvero, non vorresti concedermi la possibilità di farmi perdonare? Mi scuso per prima: eri troppo carino e, semplicemente, non ho potuto fare a meno di stuzzicarti un po'".
Tsuna arrossì: "Non è necessario che tu ti scusi, Mukuro. Ti ho già perdonato...".
"Oh, ma devo insistere...", soffiò l'italiano, carezzevole.
Tsuna sobbalzò: anche senza l'aiuto del suo Iperintuito, il ragazzo sapeva che c'era qualcosa che non andava.

 

 
Intanto, a casa di Tsuna, tre dei guardiani stavano attendendo, come per ricevere istruzioni, i due arcobaleno di ritorno dalla ricognizione a Kokuyou Land. Inutile dire che, per ammazzare il tempo, avevano iniziato a litigare, come loro solito:
"Che cosa hai detto, Testa a Polipo?".
"Ho detto che sei un idiota tutto muscoli e niente cervello, che non sa pensare ad altro che alla box, Testa a Prato!".
"Ehi, ehi! Calmatevi e non iniziate una discussione in camera di Tsuna, d'accordo?".
Con un tempismo perfetto, Lambo scelse proprio quel momento per fare la sua entrata in scena - portando, necessariamente, altri guai:
"Gyahahah! Il grande Lambo vuole giocare e tutti voi dovete dargli i dolci! Dai, Stupidera, gioca con me! Gyahahah!".
"Scemucca! Chi è che dovrebbe giocare con te?  Vai a prendere i tuoi dannati dolci da qualche altra parte: non ho tempo per te!", urlò Gokudera, scaraventando il bambino fuori dalla stanza.
Non appena Lambo atterrò sul pavimento con un tonfo ben udibile, iniziò a piangere disperatamente, tirando fuori il suo famoso bazooka.
"Lambo! Non farlo!", gridò Gokudera cercando di fermarlo, ma era troppo tardi. La stanza venne completamente invasa da una nuvola di fumo rosa: una volta scomparsa, i guardiani si trovarono dinanzi un Lambo quindicenne. Gokudera grugnì, irritato.
"Ah, ah, ah! Bel trucco, piccolo!", rise Yamamoto. Il guardiano della Tempesta sospirò, mentre Ryohei urlava il suo estremo benvenuto al nuovo arrivato.
Improvvisamente, i due Arcobaleno comparvero dal nulla.
"Ciaossu!", li salutò Reborn. "Sembra che tutte le parti in gioco siano qui. Incominciamo".

 

 
I
n Italia, presso il quartier generale dei Vongola, Iemitsu e Timoteo stavano contemplando due foto.
"Sono entrambi scelte eccellenti", ammise Iemitsu: "Ma nutro ancora qualche dubbio a riguardo".
Timoteo sospirò: un lieve sorriso si disegnò sulle labbra del più anziano, che sollevò la foto del nuovo guardiano della Nuvola: "Posso capirti", disse al suo miglior amico e più fidato consigliere, prima di aggiungere, scherzando: "In un certo senso, sembra proprio un fidanzamento, no? Be', di certo non diventerà un posto abbandonato, qui, anche se Tsuna dovesse accasarsi, te lo prometto (1). Posso assicurati che sono entrambi uomini in gamba".
Iemitsu sospirò a sua volta, gemendo: "Non mi servono uomini in gamba... Volevo solo una nuora graziosa".
Il capo dei Vongola sorrise sotto i baffi, cercando di consolare il più giovane.
"Su, su...", mormorò, dandogli un buffetto sulla testa.

 

 
"
Tsunayoshi...", mormorò Mukuro, supplichevole: si trovava già in ginocchio, le mani di Tsuna strette nelle proprie.
Il giovane boss era decisamente a disagio, se non terrorizzato: poteva avvertire chiaramente il respiro di Mukuro sulla propria pelle e le mani del guardiano che lo stringevano, fredde come il ghiaccio.
"Ti prego, accetta le mie scuse, Tsunayoshi. Prometto che avrò cura di te, finché vivrò", implorò Mukuro, mentre Tsuna si dibatteva.
“No!”, urlò, sfuggendo dalla presa dell’italiano, ma Mukuro lo afferrò di nuovo per la vita, trascinando entrambi sul pavimento.
“Ti prego, Tsunayoshi! Non ti chiederò mai più nulla. Dammi solo una possibilità!”.
“Mu-mukuro! Per favore, smettila! Non voglio… lasciami andare!”, gridò istericamente il ragazzo, quasi sopraffatto dalla stretta di quelle mani gelide e dall’impossibilità di vedere cosa stesse succedendo, mentre Mukuro continuava a toccarlo, proferendo false scuse.
Del tutto indifeso, Tsuna lanciò un urlo: in quel preciso istante, la meravigliosa illusione che lo aveva circondato fino a quel momento si incrinò, rivelando la minacciosa realtà (2).
“Kufufufu. Allora sei venuto. Non mi aspettavo che ti facessi vedere”.
L’altro ragazzo lo guardò in tralice, per poi impartire, cupo, un ordine: “Restituiscimelo”.
Mukuro finse di riflettere, quindi un ghigno divertito si allargò sul suo volto: “Mai”.
L’aria venne attraversata da un clangore metallico.
“Allora preparati a morire, erbivoro”.

 

 
Tsuna era rimasto seduto lì, troppo terrorizzato per muoversi, quando i suoi due guardiani più pericolosi si erano scontrati. Il suono dei tonfa contro il tridente aveva risuonato entro i muri devastati di Kokuyou Land.
Era passato diverso tempo da quando la lotta tra i due era terminata, ma Tsuna continuava ad udire l’eco spettrale di armi che cozzavano l’una contro l’altra, insieme a voci beffarde e promesse di mordere l’avversario a morte. Essere ciechi e, allo stesso tempo, dotati di una vivida immaginazione aveva i propri svantaggi. Tsuna non riusciva a fare a meno di rivivere continuamente la battaglia, rannicchiandosi, terrorizzato, su se stesso ogni volta che qualcuno cercasse di avvicinarglisi. Il giovane boss sembrava pericolosamente vicino al confine della follia e nemmeno Reborn era riuscito a riscuoterlo dal suo delirio.
Hibari si era pentito di averlo trascinato, quel giorno, a scuola. In un certo senso, odiava vedere quell’erbivoro ferito quanto sorprendere qualcuno ad infrangere il regolamento scolastico.

Un momento.
Torniamo un attimo indietro.

… odiava vedere quell’erbivoro ferito.
… odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito.
… odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito da Mukuro Rokudo.
… odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito da chiunque.
… odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito da chiunque altro che non fosse lui.
No.
… odiava vedere Tsunayoshi Sawada ferito per causa sua.

Ogni cosa era successa per causa sua. Se non si fosse scagliato contro il giovane boss, privandolo della vista, o se non avesse deciso di rispettare ad ogni costo il regolamento scolastico, trascinandolo a scuola, o se non l’avesse lasciato solo, pronto a cadere nelle grinfie di Mukuro… se non avesse deciso di combattere contro l’italiano, invece di preoccuparsi per come stesse Tsuna, quest’ultimo non sarebbe stato affatto ferito.
Non appena il guardiano della Nuvola si rese conto di essere stato la causa principale del dolore di Tsuna, una morsa iniziò a serrarsi intorno al suo stomaco.
Istintivamente, il prefetto se ne domandò la ragione: prima di allora, non si era mai preoccupato per qualcuno, né avrebbe dovuto iniziare a farlo in quel momento, eppure eccolo pronto ad incolpare se stesso a causa dell’erbivoro più debole e strano che avesse mai incontrato.
Tempo prima, Hibari aveva ritenuto impossibile, per un carnivoro come lui, desiderare qualcuno al proprio fianco: e, se proprio non avesse potuto farne a meno, si sarebbe dovuto trattare, almeno, di un combattente forte quanto il prefetto.
Ed ora, dinanzi ai suoi occhi, si trovava la figura, tenacemente rannicchiata sotto le coperte del proprio letto, di quell’erbivoro debole e patetico che rispondeva al nome di Tsunayoshi Sawada. Un’irritazione malcelata faceva mostra di sé sul volto del guardiano.

Perché non poteva trovare qualcuno di più forte per il quale…innamorarsi.
Innamorarsi era una cosa: Hibari sarebbe riuscito ad accettarlo, prima o poi. Innamorarsi di un ragazzo era un’altra questione, ma Hibari avrebbe provato a farsene una ragione. Innamorarsi di Tsunayoshi Sawada, tuttavia, era completamente un altro paio di maniche. Hibari non era pronto ad affrontarlo.
Eppure, quel ragazzo sepolto da una pila di coperte riusciva a causare una dolorosa stretta al cuore del prefetto.
Perché proprio lui?”, si chiese Hibari. Si trattava di una sorta di punizione per essere crudele e spietato? Oppure era il modo con cui sua madre voleva castigarlo?
Vendo il più giovane tremare ad ogni suo più piccolo movimento, Hibari sentì una parte di sé morire:
Ammesso che io lo ami, non c’è modo che lui possa ricambiare. Madre, che cosa dovrei fare? Non ho mai amato nessuno, né permesso a qualcuno di avvicinarsi a me, dopo averti visto morire per il dolore di aver perduto mio padre. Non voglio sentirmi debole per qualcuno, né voglio più sopportare il dolore per averlo perduto. Dimmi cosa dovrei fare… E’ troppo tardi per tornare indietro: non posso che amare Tsunayoshi Sawada. Ma come posso proteggerlo?”.
Con questi pensieri, il prefetto lasciò Tsuna da solo nella stanza. Con il cuore pesante e confuso, Hibari si recò nella sua camera, dove recuperò un piccolo pugnale da una vecchia custodia di pelle.

 

 
Nella stanza dove il ragazzo aveva lasciato Tsuna, una piccola luce bianca apparve all’improvviso, fluttuando ed andando a posarsi gentilmente sulla spalla del giovane boss. A poco a poco, il pianto ed i singhiozzi si placarono. Una voce calorosa spezzò il gelido silenzio che era sceso sulla stanza, e con esso il delirio di Tsuna.
Chi sei?”, domandò Tsuna, ritrovandosi in un luogo che poteva essere la sua mente, sotto l’aspetto di un bimbo di pochi anni.
Mi chiamo Maya Hibari”, rispose la strana voce proveniente dalla luce.
Tsuna sembrò perplesso: “Hibari-san?”. La voce rise e le sopracciglia di Tsuna si incurvarono in un buffo cipiglio.
In quel momento, la luce si mosse e si trasformò in una bellissima donna dai capelli scuri, con gli occhi di un blu straordinario. Tsuna rimase senza fiato.
Salve, Tsunayoshi Sawada. Io sono Maya Hibari”, disse la donna, presentandosi per la seconda volta.
Tsuna fissò gli occhi della donna e qualcosa, nella sua testa, andò a collocarsi nel posto giusto:
Sei la madre di Hibari-san?”.
La donna misteriosa sorrise ed annuì. Improvvisamente, Tsuna comprese che il suo guardiano della Nuvola viveva da solo perché non aveva genitori. Maya si limitò a sorridere, per poi rispondergli, dando una conferma ai suoi pensieri:
Kyoya è cresciuto senza un padre sin dall’età di tre anni, ed ha perso sua madre quando ne aveva nove. Non sono stata una buona madre, perché non sono riuscita ad occuparmi di lui quanto avrei voluto: la scomparsa di mio marito mi aveva colpito duramente, tanto da compromettere in modo irrimediabile la mia salute. Quando stavo per morire, ho affidato Kyoya nelle mani del nostro maggiordomo. Kusakabe ha badato a mio figlio fino alla sua morte, quando Kyoya aveva tredici anni. Da allora il figlio di Kusakabe, Tetsuya, ha preso il posto del padre e si è occupato di mio figlio, ma Kyoya si è chiuso irrimediabilmente in se stesso, e questo perché non sono stata una buona madre per lui”.
Tsuna ascoltò pazientemente il racconto della donna, poi disse:
Sono sicuro che Hibari non la incolpa per nulla. Se c’è un cattivo genitore, credo che quello, invece, debba essere mio padre”.
Maya rise:
Tsunayoshi, sono sicura che tuo padre abbia avuto una buona ragione per fare ciò che ha fatto. Io, invece, non ho il diritto di giustificare le mie azioni verso Kyoya. Ho trascurato i miei doveri di madre e non ho amato mio figlio quando ero ancora in vita: non riuscivo a vedere altro che la morte di mio marito, e questo ha causato il carattere freddo di Kyoya. In realtà, è un ragazzo gentile e premuroso, dotato di un forte senso di giustizia. Dal momento in cui è apparso Tsunayoshi, però, Kyoya ha iniziato a cambiare. Come madre, desidero solo la felicità per mio figlio: perciò ti prego, Tsunayoshi-kun, di esaudire la supplica di una madre egoista!”.
Tsuna desiderava ancora parlare con quella donna, ma, all’improvviso, venne strappato fuori da suo mondo interiore, non appena una mano ferma, ma gentile gli sfiorò la spalla.
“Svegliati, Tsunayoshi. Devi mangiare”.
Nonostante quella voce suonasse dura, essa tradiva un’evidente preoccupazione nei suoi confronti. Un lieve sorriso si aprì sulle labbra di Tsuna: Hibari era preoccupato per lui. Il giovane boss si alzò dal letto e, guidato dalla stretta salda di Hibari, seguì il prefetto in cucina:
Se Hibari solo fosse più spesso così…”.

 
Angolo del traduttore
Di seguito, riporto la traduzione di alcune note dell’autore riguardo ad alcuni passi del testo:

(1)   “… dal momento che Iemitsu è un marito e padre apprensivo, quando pensa che il figlio debba lasciare la propria famiglia per raggiungere il suo futuro Compagno, la sua casa non può che sembrargli più vuota. In Asia, è costume che la donna, una volta data in moglie, viva con la famiglia dello sposo: similmente, qui l’uke deve seguire il seme... Dall’altro lato, Timoteo risponde che Iemitsu non rimarrà solo, in quanto sia Tsuna, che Hibari sono parte dei Vongola, perciò potrà vedere il figlio quanto prima, se non di più…”.

(2)   “… gradirei spiegare il significato dietro la frase ‘la meravigliosa illusione che lo aveva circondato fino a quel momento si incrinò, rivelando la minacciosa realtà’. Può avere due significati, uno letterale ed uno più simbolico. Quello letterale riguarda l’illusione, creata da Mukuro, di una stanza lussuosa, che svanisce all’urlo di Tsuna, tornando a mostrare la decadenza di Kokuyou Land. Il secondo significato, invece, si riferisce alla recita inscenata da Mukuro: il guardiano, infatti, si mostra disperato in modo da ottenere il perdono di Tsuna, ed, allo stesso tempo, tradisce il desiderio di avere la meglio su di lui prima che Hibari possa arrivare. Quando il prefetto raggiunge Kokuyou Land, tuttavia, Mukuro abbandona il suo intento iniziale, mostrando un lato più sadico del proprio carattere durante la lotta con Hibari. Il diverso comportamento di Mukuro, perciò, è legato al significato non letterale della frase utilizzata (riferendosi ad un’illusione) …”.

Per quanto riguarda la traduzione di (2), credo sia abbastanza chiaro che, nella scelta delle parole da utilizzare, abbia seguito, principalmente, l’interpretazione più letterale.

Chiedo scusa per questa tirata finale: tuttavia, ho ritenuto che le parole dell’autore potessero facilitare la comprensione di parti che, effettivamente, non è difficile trovare ambigue.

Come in precedenza, ringrazio chi ha incluso la storia tra le proprie preferite (Yaoi_Yarouze), seguite (Donny, fliflai, FranKuro, Iku e Ryo, Kupo08, lululove2, MXI, Scricciola, Vincent Dimitri Petrenko), i lettori che l’hanno recensita o ricordata (MXI e lululove2), e quanti, ancora, la leggono e leggeranno rimanendo nell’anonimato.

A presto (il prima possibile, in effetti).

 

AF alias Scribak

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Finding Love in Darkness - cap. quinto (ita)

Finding Love in Darkness
Autore
: Destiny Aitsuji
Traduttore: Scribak

Capitolo quinto

Quella sera, Hibari era stato estremamente premuroso nei confronti del giovane boss: aveva nutrito Tsuna, lo aveva lavato ed aveva cambiato i suoi vestiti; infine, lo aveva fatto perfino dormire nello stesso futon insieme a lui. Durante tutto ciò, Tsuna aveva desiderato che quel sogno non finisse mai. Dall’altro lato, il prefetto stava sperimentando, a poco a poco, cosa significassero quei sentimenti per lui così nuovi.
Nottetempo, Tsuna dormiva placidamente, mentre Hibari lo osservava, immerso nel sonno. Il prefetto considerò ogni possibile aspetto che amava del ragazzo, riflettendo su quale avesse potuto farlo capitolare tanto in fretta.
Hibari passò le sue dita sottili tra le ciocche castane ed indomabili di Tsuna: il ragazzo, profondamente addormentato, si avvicinò inconsciamente a quella fonte di calore. Lo sguardo del prefetto si addolcì, pensando che il più giovane, in fin dei conti, assomigliasse ad uno di quei piccoli animali che, soli tra tutti, riuscivano a guadagnarsi la sua simpatia.
Uno scoiattolo?”, considerò il prefetto. Tuttavia, respinse quell’idea l’istante successivo: in genere, gli scoiattoli non mostrano, se minacciati, un lato improvvisamente aggressivo. E anche nel caso contrario, Hibari era sicuro che la loro reazione non potesse essere neanche lontanamente letale, quanto il potenziale che Tsuna aveva rivelato nelle battaglie precedenti.
Forse, un coniglio?”, pensò nuovamente il ragazzo. Scrutò con attenzione il viso dormiente dell’altro e sospirò: nemmeno i conigli mostravano, di punto in bianco, un’improvvisa aggressività, senza contare che la loro sfrenatezza sessuale era troppo differente dalla natura innocente di Tsuna. Forse era comune, per gli adolescenti della loro età, avere pensieri di quel tipo, ma il giovane boss non sembrava concepirne nemmeno nei confronti della ragazza per la quale aveva una cotta. Probabilmente sapeva come funzionassero, quelle cose, ma avrebbe potuto giurare che per il più giovane non contassero come per gli altri. I conigli erano, quindi, del tutto fuori questione.
Hibari escluse anche gli uccelli, dal momento che, secondo la sua opinione, erano forti e liberi: Tsuna aveva fin troppi legami per essere un uccello. Ed un uccello in gabbia – si disse – pur volando, non può certo essere definito come tale.
Hibari pensò, allora, ad un cane, sorridendo non appena gli venne in mente un certo dinamitardo italiano: Tsuna non gli assomigliava affatto, quindi anche l’idea del cane era da abbandonare.
Se non ricordo male, il piccoletto aveva menzionato qualcosa riguardo al fatto che questo erbivoro viene sempre preso di mira dai cani del vicinato. Deve essere un gatto, allora…”.
Hibari confrontò il ragazzo con il felino in questione, trovando che i due si assomigliassero decisamente, a parte la natura fin troppo gentile e premurosa del primo.
Proprio come una leonessa che protegge i suoi piccoli…”, meditò Hibari, ricordandosi della Vongola box che, in futuro, avrebbe posseduto il giovane boss.
Un leone, eh? Sembra adatto. Un leone troppo giovane per far del male a qualcuno, comunque. Sei una persona interessante, Tsunayoshi. Dovrei classificarti come un erbivoro o un carnivoro?”, pensò Hibari.
Il guardiano accarezzò la guancia del più giovane, sospirando:
Perché devi essere tu ad invocare quei sentimenti che ho cercato di arginare così duramente, Tsunayoshi?”.
Il ragazzo non rispose e Hibari sospirò nuovamente: baciò lieve la fronte di Tsuna prima di cingergli la vita con le braccia e cadere addormentato, ignaro che qualcuno lo avesse ascoltato sino a quel momento.

 

Il mattino seguente, Tsuna si svegliò di soprassalto. Urlò, lanciandosi fuori dal letto più velocemente di quanto Reborn non fosse mai riuscito a fare servendosi di Leon in forma di martello.
Hibari ringhiò, con la silenziosa promessa di uccidere la causa di tutta quella confusione, ma si trattenne dai propri propositi non appena si accorse, con un sospiro, che si era solo trattato di Tsuna.
“Ah, ti sei svegliato…”, mormorò il prefetto, mentre il giovane boss cercava, in un modo o nell’altro, di rimettere insieme il proprio equilibrio mentale.
Ah un corno, Hibari-san! Che cosa è successo ieri? Dove mi trovo? Perché siamo insieme? Che ore sono? Che cosa ho fatto? Che cosa hai fatto? È successo qualcosa… tra noi, dopo cena? Nessun ‘ah’: voglio subito delle spiegazioni!”, sbraitò il ragazzo.
Hibari sussultò all’improvviso sfogo di Tsuna e sospirò. Questo scatenò un altro scoppio da parte del più giovane, che il prefetto dovette sopportare. Infatti, non appena aprì la bocca per chiamarlo, il giovane boss aveva ricominciato a gridare per la terza volta di fila durante la mattinata:
“E niente ‘Tsunayoshi’! Hai idea di quanto sia seria la situazione? Potremmo essere perseguitati dall’interno mondo della mafia per il comportamento inappropriato del boss e del proprio guardiano. Dopo questo, Reborn vorrà uccidermi, Xanxus vorrà uccidermi, e, diavolo, anche Mukuro…”.
“TSUNAYOSHI!”.
Il ragazzo si zittì di colpo, scioccato: Hibari aveva, spesso, azzannato a morte delle persone davanti ai suoi occhi, ma non lo aveva mai udito alzare la voce verso qualcuno. Tsuna si ritrasse nel suo guscio, vacillando per lo shock appena ricevuto.
“Tsunayoshi”, ripeté Hibari, questa volta con il suo normale tono di voce, e Tsuna trasalì. Il prefetto si rallegrò un poco del fatto che il ragazzo fosse tornato al suo usuale comportamento, mostrandosi cauto e prudente vicino a lui.
“Non è successo niente”, disse a Tsuna. Il giovane boss rimase in silenzio, cercando di processare tali parole.
“Prego?”.
Hibari resistette all’impulso di schiaffeggiarlo o di colpirlo a morte con i propri tonfa. Controllando saldamente la propria ira, articolò a denti stretti:
“Ho detto che non è successo niente, Tsunayoshi. Non farmelo ripetere, a meno che tu non voglia che io ti morda a morte. Se non riesci a capirlo, ripetitelo finché non ce la farai”.
Detto questo, uscì fuori dal letto e, superato come una furia il più giovane, si chiuse in bagno, sbattendo la porta alle proprie spalle.
Tsuna sbatté un paio di volte gli occhi: infine, compreso quanto avesse detto il prefetto, schioccò le dita, mentre un radioso sorriso gli si dipingeva in volto.
“Grazie, Hibari-san! Preparo io la colazione!”, urlò, abbastanza forte perché Hibari lo potesse sentire da dentro il bagno.
Il prefetto si affrettò a rispondere, lapidario: “Tocca una qualsiasi cosa e muori, Tsunayoshi Sawada”.
Tsuna deglutì e si sedette, obbediente, sul pavimento, in attesa di Hibari.

 

Per Hibari, quella mattina fu estremamente frenetica, in compagnia del giovane boss: due volte più maldestro del solito grazie alla sua cecità, come il guardiano della Nuvola poté ben presto vedere, la colazione si trasformò rapidamente in un campo di battaglia.
Tsuna era, per così dire, un disastro ambulante. Dovunque andasse e qualsiasi cosa toccasse sembrava essere affetto dalla sua naturale goffaggine. La zona intorno al ragazzo era inevitabilmente sfortunata per chiunque e qualsiasi oggetto. Incidenti su incidenti capitavano al giovane boss e, se mai fosse esistita una competizione per lo studente più sfortunato di Namimori Middle, Hibari lo avrebbe nominato senza esitazione.
In mano ad una persona normale, ad esempio, il succo di arancia sarebbe rimasto nel bicchiere a prescindere da quanto fosse cattiva la vista della medesima. Il succo preparato per Tsuna, invece, era finito con il diventare una pila di cocci di vetro ed una sorta di poltiglia (anche se decisamente artistica), che era colata dal tavolo sul pavimento e, soprattutto, sulla testa dello sfortunato ragazzo. Come se non bastasse, nemmeno il prefetto era riuscito a passare indenne attraverso quel disastro, finendo, suo malgrado, con l’uniforme inzuppata.
Inevitabilmente, questo incidente causò una nuova serie di sfortunati eventi: nel tentativo di pulire il succo, ribollendo per l’irritazione, Hibari aveva dimenticato accesso il toast, provocando un piccolo incendio nella sua – in genere – immacolata cucina. A peggiorare la situazione, Tsuna decise di dare una mano al prefetto ed inciampò nel tavolo, andando a sbattere contro l’armadio delle stoviglie e facendo cadere un intero servizio di piatti di porcellana, irrimediabilmente ridotto in frantumi.
Hibari era furioso e avrebbe voluto mordere il più giovane a morte: tuttavia, non appena si rese conto che Tsuna stesse sanguinando abbondantemente, dimenticò ogni suo proposito di omicidio e chiamò Kusakabe, ingiungendogli di venire all’istante.
Kusakabe si precipitò a casa del prefetto ed, alla vista del giovane boss ricoperto di sangue, andò quasi nel panico. Ancora di più lo soprese, tuttavia, il fatto che Hibari sembrasse del tutto fuori di sé e che avesse frettolosamente bendato le ferite del più giovane. Non essendo il tipo da fare domande, tuttavia, Kusakabe, seguito a ruota da Hibari, si limitò a portare il più velocemente possibile Tsuna all’ospedale che il prefetto era solito frequentare.
Dopo una mattina a dir poco movimentata, finalmente la quiete. Hibari si sedette di fianco al letto in cui giaceva il ragazzo, profondamente addormentato, all’interno del reparto privato dell’ospedale e sospirò. Squadrò l’espressione serena sul viso di Tsuna: all’improvviso, l’impulso di accarezzare i capelli del ragazzo si impossessò del presidente del comitato disciplinare, venendo presto soffocato da quest’ultimo a morsi.
In ogni caso, pochi minuti dopo Hibari si trovò a sfiorare gentilmente i capelli di Tsuna, giocando con le sue ciocche apparentemente immuni alla forza di gravità, che non cessavano mai di intrigarlo. La sua mano si spinse fino alla guancia del più giovane ed Hibari rimuginò su come fosse contenuta perfettamente dalle proprie dita, meravigliandosi, allo stesso tempo, di quanto innocente sembrasse Tsuna.
Tutto ciò dovrebbe essere illegale”, pensò e la più leggera delle sfumature di rosa gli colorò le guance.
Ridotti al silenzio quei pensieri da erbivoro per la seconda volta, Hibari decise di andarsene, ma non senza aver prima posato un lieve bacio sulle labbra del ragazzo addormentato.
Il prefetto uscì rapidamente dall’ospedale ed, una volta salito in macchina, si immerse nei propri pensieri, senza che nessuno lo disturbasse. Kusakabe era preoccupato per lui, ma il braccio destro del prefetto non osava aprire bocca per paura di essere morso a morte.
Tuttavia, non appena il guardiano arrivò a casa, quella sensazione di pace che lo aveva pervaso sin da quando aveva lasciato l’ospedale si dissolse rapidamente. Kusakabe rabbrividì, avvertendo un’intensa aura omicida provenire dalla cucina.
Tetsuya”. Al suono di quella voce fredda e penetrante Kusakabe indietreggiò involontariamente.
Hibari strinse i denti e si costrinse a rimanere calmo, nonostante la rabbia che stava ribollendo al di sotto della sua apparente compostezza.
“Sbarazzati di questo disastro e rimetti ogni cosa a posto. Vado a pattugliare la scuola”, si limitò ad ordinare, in un tono che non ammetteva repliche.
Kusakabe annuì ed il prefetto se ne andò senza una parola. Una volta che Hibari non fu più a tiro d’orecchie, il giovane tirò fuori il cellulare, iniziando a digitare il numero della governante.

 

In quello stesso momento, Tsuna era a letto, completamente sveglio. Era stato sul punto di addormentarsi, quando aveva sentito qualcosa di morbido premere contro la propria fronte e, prima che potesse farsi un’idea più precisa di chi lo avesse accarezzato, quella persona se ne era andata.
Essere cieco, tuttavia, poteva avere i suoi vantaggi: per lo meno, Tsuna sapeva come fosse il suo tocco ed il suo profumo. Il giovane boss aveva storto il naso all’odore metallico emanato da quella persona, ma una vaga, confortante traccia di mele e di qualcos’altro di indefinito lo rendeva tollerabile. Le mani che lo avevano sfiorato erano ruvide, ma, allo stesso tempo, delicate, ed il loro tocco tanto tenero da sembrare amorevole. In un certo senso, si sentiva al sicuro con quella persona, pur non avendo idea di chi potesse essere.
Tsuna arrossì, al pensiero di essere amato a tal punto da qualcuno come lui.
Che sia un ammiratore segreto?”, pensò.
All’improvviso, Tsuna realizzò qualcosa che lo fece impallidire visibilmente: Quella persona era un ragazzo, se non, addirittura, un giovane uomo. Eppure, il giovane boss era sicuro di amarlo e di provare qualcosa che, si rese conto, era ben diverso da ciò che aveva nutrito per Kyoko.
“Oh, no…”, gemette. Che cosa avrebbe detto o fatto, Reborn, se avesse scoperto che Tsuna era…? Depresso, il ragazzo si tirò le coperte sulla testa, addormentandosi poco dopo.

 

Che cosa?”
“Mi hai sentito, Xanxus. Voglio che tu vada in Giappone con Squalo e mostri a Tsuna come può essere un rapporto tra due uomini”.
“Non prendermi per il culo, vecchio! Perché dovrei farlo?”
Il nono boss dei Vongola finse di riflettere sulla domanda posta dall’uomo, prima di aprirsi nel più largo dei sorrisi:
“Posso sempre fidanzarti con la figlia di una delle altre famiglie… “, rispose.
“Oh, merda! Me la pagherai, vecchio. Stanne certo…”, imprecò il capo dei Varia, urlando, poi, al proprio fidanzato di prenotare un dannato volo per il Giappone.
Timoteo sorrise ed inviò un messaggio a Reborn.

 

Non appena Reborn ebbe letto il messaggio di Timoteo, sogghignò tetramente. Saltato giù dal tetto reggendosi ad un Leon in forma di aliante, si diresse ancora una volta verso Kokuyou Land.
Mukuro era seduto ad un lungo tavolo, in attesa dell’arrivo del piccolo sicario:
“Ho ricevuto notizie dal mio bello. Cosa dovrei fare, questa volta?”.
Reborn sogghignò:
“Immagino che Basil lo abbia saputo da Iemitsu. In ogni caso, ho bisogno che tu tenga d’occhio Xanxus da parte mia. Devo assicurarmi che non incontri Tsuna prima che Hibari gli confessi i propri sentimenti”.
“Non lo farò senza un compenso, lo sai”, disse Mukuro, prorompendo in una risata.
“Mi pare ovvio. Una volta che questa missione sarà completata, verrai trasferito in Italia con il tuo vero corpo. Potrai vedere Basil tutte le volte che vorrai”.
Sulle labbra di Mukuro si dipinse un sorrisetto:
“Come ci si può aspettare dai Vongola”.

 

 Quel giorno trascorse molto lentamente e Hibari, per una volta, aspettò, insofferente, la fine delle lezioni. La sua mente continuava a ritornare su Tsunayoshi Sawada, cosa che gli impediva di concentrarsi sul lavoro. In genere, il prefetto avrebbe impiegato meno di due ore a completare i registri giornalieri, mentre, quel giorno, Hibari aveva lavorato per quattro ore, senza riuscire a finirne nemmeno metà. Kusakabe, intanto, aveva portato a termine quanto gli era stato richiesto ed era tornato nella sala del comitato disciplinare, rimanendo sorpreso nel trovarvi ancora Hibari.
Qualche ora più tardi, il braccio destro del presidente era ritornato, chiamando il prefetto con voce abbastanza forte da essere sentito. Hibari gli scoccò un’occhiata dalla pila di scartoffie. Kusakabe deglutì e, in un qualche modo, riuscì a raccogliere abbastanza coraggio da informare il ragazzo sull’ora.
Hibari gettò la penna con un sospiro rassegnato, alzandosi da dietro la scrivania. Prese i suoi tonfa e stava cercando la sua giacca, quando si ricordò che, nella fretta, l’aveva lasciata all’ospedale, nella camera di Tsuna. Mormorò un’imprecazione e disse a Kusakabe di andare a casa, mentre lui avrebbe fatto un salto all’ospedale.

 

Intanto, Reborn, ritornato nella camera di Tsuna, stava tessendo le sue trame. Insieme al piccolo sicario, si trovavano altri tre rappresentanti degli Arcobaleno.
“Vi ringrazio per essere venuti, questa sera. Vi ho chiamati per degli affari della massima importanza riguardanti il decimo boss dei Vongola. Come tutti sapete, è tradizione della famiglia che il nuovo capo dei Vongola scelga un Compagno prima della cerimonia della propria successione. Il motivo per cui siete qui, è la scelta del Compagno del Decimo: dal momento che Tsuna è un pochetto… lento, Vongola Nono mi ha ordinato di selezionare alcune persone per questa missione, affinché fungano da… sensali. Sì, Viper, ogni spesa sarà a carico dei Vongola. Verde può mostrarci i progressi che hai riportato nel contrastare la maledizione. In quanto a te”, disse Reborn, sorridendo verso l’Arcobaleno della Tempesta, “sarai la nostra punta di diamante”.
“Con vero piacere”, rispose Fon, ricambiando il sorriso.

 

Angolo del traduttore
A causa di alcuni motivi personali (trasloco, impegni accademici) è piuttosto probabile che, da ora in avanti, gli aggiornamenti non seguano una cadenza stabilita: in ogni caso, farò del mio meglio per postare la traduzione di un nuovo capitolo almeno ogni due settimane.
Per quanto riguarda il capitolo attuale, la traduzione si è rivelata insolitamente difficoltosa (non tanto nella comprensione del testo originale, quanto nella sua resa in italiano), costringendomi a privilegiare il contenuto a scapito della forma: nel caso qualcuno desiderasse ulteriori precisazioni sulla traduzione, non esiti a contattarmi.
Come già in precedenza, ringrazio i lettori che hanno incluso la storia tra le proprie preferite (BlackStar94, Yaoi_Yarouze), seguite (Donny, fliflai, FranKuro, Iku e Ryo, Kupo08, lululove, MXI, Scricciola, TaeminninaBling, Vincent Dimitri Petrenko), chi ha lasciato una recensione (MXI, BlackStar94) e tutti coloro che, pur rimanendo nell’anonimato, seguono e seguiranno questa fanfiction.
Al prossimo aggiornamento (il prima possibile).

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