And I am telling you I'm not going di pallina90 (/viewuser.php?uid=109061)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Fiducia ***
Capitolo 3: *** Dark shadows ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti ***
Capitolo 5: *** Non è una favola ***
Capitolo 6: *** Odi et amo ***
Capitolo 7: *** Come se non fosse amore ***
Capitolo 8: *** Unconditionally ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
And
I Am Telling You I'm Not
Going
Tanto
tempo fa, in un
paese lontano lontano, un giovane principe viveva in un castello
splendente.
Benché avesse tutto quello che poteva desiderare il principe
era viziato,
egoista e cattivo. Accadde però che una notte di inverno una
vecchia mendicante
arrivò al castello e offrì al principe una rosa
in cambio di un riparo dal
freddo pungente. Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal
misero
aspetto, rise del dono e la cacciò. Ma lei lo
avvertì di non lasciarsi
ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova
nel cuore. Il
principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della
mendicante
si dissolse ed apparve una bellissima fata. Il principe si
scusò, ma era troppo
tardi, perché lei aveva visto che non c'era amore nel suo
cuore e per punirlo
lo tramutò in una orrenda bestia e lanciò un
incantesimo sul castello e su
tutti i suoi abitanti. Vergognandosi del suo aspetto mostruoso la
bestia si
nascose nel castello con uno specchio magico come unica finestra sul
mondo
esterno. La rosa che gli aveva offerto la fata era davvero una rosa
incantata e
sarebbe rimasta fiorita fino a che il principe avesse compiuto 21 anni.
Se
avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta
prima che
fosse caduto l'ultimo petalo, l'incantesimo si sarebbe spezzato; in
caso
contrario sarebbe rimasto una bestia per sempre. Con il passare degli
anni il
principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza... chi
avrebbe mai
potuto amare una bestia?
Quando
il taxi
mi lasciò davanti la villa, rimasi per un attimo senza
fiato: sapevo di stare
andando a lavorare in una villa molto antica e prestigiosa, ma non
avevo capito
quanto. Un cancello enorme mi separava dall’ingresso nella
tenuta, la quale era
circondata da un bellissimo parco, e davanti a me si ergeva, in tutta
la sua
maestosità, la casa: il lungo sentiero di ciottoli arrivava
alla scalinata
d’ingresso, che comprendeva un ampio patio, in cui sarebbe
stato bellissimo poter stare seduti a leggere nelle giornate
primaverili.
Suonai il
campanello e il cancello si aprì, permettendomi di entrare
dentro; persi più
tempo del previsto a percorrere il viale d’ingresso, rapita
dalla varietà di
alberi e fiori che abbellivano il parco. Quando salii i gradini del
portico,
notai che sulla porta mi attendeva un maggiordomo, che si
premurò di venirmi
incontro e prendermi le valigie.
“ La signorina
Swan? ” Mi chiese gentile.
“ Sì, sono io. ”
“ Venga, il
padrone la sta aspettando. Ha fatto buon viaggio? ”
“ Abbastanza
grazie. ”
Ci fermammo
dietro una porta che probabilmente celava lo studio del mio capo, e
dopo aver
bussato, attendemmo che ci venisse dato il permesso per entrare.
“ Avanti. ”
Il maggiordomo
aprì la porta quel tanto che gli bastava per entrare nella
stanza, facendomi
segno di aspettarlo fuori.
“ Signore, la
signorina Swan è appena arrivata ed è qui fuori
in attesa di fare la vostra conoscenza.
Posso lasciarla entrare? ”
“ Sì, grazie
William. ”
Il maggiordomo,
che ora avevo sentito si chiamasse William, uscì dallo
studio e mi aprì maggiormente
la porta per consentirmi di entrare e poi la richiuse alle nostre
spalle.
La prima cosa
che notai entrando in quella stanza, fu la strana penombra che la
rischiarava:
fuori c’era il sole mentre in quella stanza tutte le finestre
erano coperte da
pesanti tende che lasciavano passare a malapena un raggio di sole tra
le
fessure e l’unica altra fonte di luce nella stanza era dovuta
al monitor del
computer posto sulla scrivania dietro la quale si trovava il mio nuovo
datore
di lavoro: Edward Cullen.
“ Isabella Swan,
giusto? ” Mi chiese con una voca monocorde, quasi che stesse
parlando ad un
essere inferiore a lui.
“ Sì, sono io. ”
Risposi decisa, non lasciandomi intimidire, dopo tanti anni ero
abituata ad
essere trattata così.
“ Quello che
vede davanti a lei è il foglio con le sue mansioni e gli
orari a cui voglio che
siano serviti i pasti. William le mostrerà la casa e la sua
stanza: l’unico
divieto per lei sarà l’accesso al mio studio,
perché non mi piace che le mie carte
da lavoro vengano maneggiate da altri, e al secondo piano, quella zona
è off
limits per tutti. ”
“ Perché? ”
Chiesi di getto, incuriosita da quello strano divieto.
“ Non sono
affari suoi. Ora può andare. ”
“ Tutto qui? Non
vuole le mie referenze? ”
“ Signorina, se
già di lei non sapessi vita, morte e miracoli stia pure
certa che non l’avrei
assunta. Ora può andare o ha bisogno che glielo ripeta
nuovamente?! ”
Afferrai il
foglietto, profondamente turbata dal suo comportamento, e quando mi
avvicinai
alla porta, prontamente William l’aprì, facendomi
sussultare.
“ Grazie. ”
“ Dovere. Se
vuole seguirmi, le mostrerò la sua stanza e il resto della
casa. ” Salimmo la
scalinata che portava al primo piano, dove sicuramente si trovavano le
camere
da letto, e non riuscii ad evitare di gettare uno sguardo alle scale
che
continuavano a salire fino al secondo piano, dove non riuscivo a capire
quale
mistero potesse nascondersi.
“ La prego
William, mi dia del tu, non sono così vecchia. Questo lei mi
fa sentire a
disagio. ”
“ Come vuole
signo… ehm Isabella. ”
“ E se non le
dispiace, mi chiami semplicemente Bella, il mio nome per esteso non mi
piace, è
antiquato. ”
“ Allora, Bella,
questa è camera tua. ” Aprì una delle
varie porte che si affacciavano nel
corridoio del primo piano e rimasi meravigliata dalla stanza che si
celava: mi
ero aspettata una stanza piccola, magari a pian terreno e vicino le
cucine,
come nel caso della precedente famiglia da cui ero stata a servizio, e
invece
quella era una vera e propria camera padronale.
“ Da quello che
abbiamo letto io e il signor Edward nei documenti della villa, questa
era la
stanza di una delle amanti del conte che aveva fatto costruire la
villa. Qui
puoi fare come se fosse camera tua, trattandola come meglio credi, al
padrone
non importa se farai dei cambiamenti, lui vuole che tu ti senta a tuo
agio qui.
”
“ E’ una camera
bellissima, neanche a casa ne avevo una così. ”
Entrai dentro, ruotando su me
stessa per ammirarla da ogni direzione.
“ Se mi segui un
attimo in corridoio ti mostro le altre stanze e poi ti lascio
sistemare, per
vedere il piano inferiore c’è tempo. ”
Feci come mi
disse William e scoprii così che l’ultima camera
in fondo al corridoio era
quella del padrone, mentre lui dormiva dalla parte opposta, per essere
vicino
alle scale e non disturbare nessuno se fosse dovuto scendere di corsa
nel cuore
della notte: sua madre abitava nel paese vicino e capitava che avesse
bisogno
di suo figlio fino a tardi.
Quando rimasi da
sola mi sedetti sul letto, osservando il cielo azzurro dalla finestra,
e poi
presi la lista delle cose che avrei dovuto fare e dovetti ammettere con
me
stessa che il signor Cullen sapeva fare bene il suo lavoro, visto che
ogni
giornata sarebbe stata dedicata a cose diverse, così che
tutto fosse sempre in
ordine ma io avessi anche il mio tempo libero. Mi lasciava parecchio
perplessa
il fatto che fosse specificato che le stanze di uso comune dovessero
essere
rigorosamente tenute in penombra, perché al padrone non
piaceva la luce. Era
una cosa che avevo già notato entrando nel suo studio e
salendo qui al primo
piano, dove le uniche stanze con le finestre aperte erano la mia e
quella di
William: chissà, magari il signor Cullen aveva quella strana
forma di allergia
che rende la pelle sensibile alla luce.
Lasciai perdere
la lista e decisi di disfare i bagagli, e per prima cosa appesi la mia
uniforme
di lavoro; avrei iniziato domani, e non volevo che fosse tutta
spiegazzata,
volevo dare una buona impressione al mio datore di lavoro per cui
volevo che
tutto fosse apposto.
Dopo una doccia scesi
di sotto per vedere il resto della casa e magari fare quattro
chiacchiere con
William per cercare di sapere qualcosa in più su Edward
Cullen. Solo in quel
momento notai uno strano corrimano fissato lungo la parete delle scale,
esattamente di fronte a quello originario di legno pregiato, e
continuando a
scendere, notai che finiva con una pedana e capii cosa fosse: era quel
macchinario che permetteva alle persone con la sedia a rotelle di
salire le
scale e visto che a quanto ne sapevo in quella casa c’eravamo
solo io, William
e il padrone, non fu strano ipotizzare che fosse proprio
quest’ultimo ad averne
bisogno.
Una volta sotto
non fu difficile individuare dove si trovasse il maggiordomo, visto che
sentivo
rumore di quelle che quasi sicuramente erano stoviglie, così
mi diressi verso
la zona dove si trovava la cucina; per arrivarci fui costretta a
passare dalla
sala da pranzo e rimasi piacevolmente sconvolta dalla bellezza di
quella
stanza: emanava splendore da ogni angolo la si guardasse, forse a causa
dei colori
caldi con cui era dipinta, o forse per via del lampadario in cristalli
che
rifletteva i raggi del sole ormai calante.
“ E’
meravigliosa quella stanza. ” Esordii entrando in cucina e
attirando
l’attenzione di William.
“ Bella, ti sei
sistemata? ”
“ Sì, la stanza
è davvero magnifica, non mi aspettavo di averne una
così bella. ”
“ Sono felice ti
piaccia, il padrone ci tiene molto che i suoi aiutanti godano di tutti
i
confort possibili. ”
“ E’ da molto
che lavori qui? ”
“ Prima lavoravo
per la famiglia Cullen, che abita in città: solo da quando
il signor Edward ha
deciso di venire ad abitare qui suo padre mi ha chiesto di seguirlo.
”
“ Perché ha
deciso di separarsi dalla sua famiglia? ” Chiesi curiosa: di
solito un giovane
uomo non decide di isolarsi in una villa in campagna, per quanto
maestosa possa
essere, e considerando che non era del tutto autonomo.
“ Non credo di
potertene parlare. ” La risposta di William mi
lasciò di sasso, a quanto pare
c’erano molte stranezze con cui avrei dovuto fare i conti
durante la mia
permanenza in quella casa.
“ Deduco quindi
che non mi dirai neppure per quale motivo il secondo piano mi sia
interdetto. ”
“ Esatto. ”
Concluse asciutto, mentre finiva di preparare un’insalata e
un piatto misto di
salumi e formaggi che a quanto pare avrebbero costituito la cena del
signor
Cullen.
“ Almeno posso
sapere se è lui ad avere bisogno della sedia a rotelle? Ho
visto quel coso
nelle scale e mi è venuto naturale pensare che serva al
padrone. ”
“ Sì, è lui che
la usa. Ma ti prego non farti scorgere da lui a fissarlo, è
una cosa che lo
innervosisce parecchio e credimi, non ha certo bisogno di altre scuse
per
essere di cattivo umore. Inoltre, se non è lui a chiedertelo
esplicitamente,
non lo aiutare, non vuole che la gente provi compassione o
pietà. ”
“ Oh certo,
starò attenta. ”
“ Puoi
assicurarti che nel salone tutte le luci siano soffuse e le tende ben
chiuse? ”
Mi chiese William, prendendo in mano i piatti che avrebbe servito ad
Edward.
“ Certo. Ha una
qualche forma di allergia alla luce? ” William rise e io lo
guardai stranita,
non riuscendo a capire.
“ Sei davvero
spiritosa. ” Mi guardò sorridendo, e io inarcai un
sopracciglio.
“ Guarda che non
era una battuta, altrimenti perché dovrebbe stare al buio?
” William finse un
colpo di tosse, per mascherare lo sconcerto che a quanto pare gli aveva
provocato la mia domanda.
“
Se vorrà, sarà
lui a parlartene. ” Così dicendo mi
lasciò interdetta in cucina, mentre lui si
dirigeva in sala per portare la cena al padrone.
Ok,
ho una fifa pazzesca, ma ecco qui il prologo della nuova storia. E' da
un bel po' che non posto una long, ma alla fine mi sono decisa, anche
se i tempi non sono dei migliori, infatti gli aggiornamenti saranno
ogni 10 giorni più o meno (spero più meno che
più, LOL).
Poi,
c'è un'altra cosa che devo dirvi e stavolta coinvolge voi in
prima persona: la storia non ha una copertina, quindi sarete voi a
farla. Non ci saranno nè vincitori nè vinti,
semplicemente, qualora arrivassero più copertine, si
alterneranno nei vari capitoli :) Quando avrete fatto, potete
inviarmela come mesaggio privato su fb Paola Efp,
specificando chi siete, così potrò ringraziarvi.
Spero partecipiate in tante!
Credo
di aver detto tutto, quindi, liberate la fantasia e alla prossima gente
:D
Paola
|
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Capitolo 2 *** Fiducia ***
FIDUCIA
<
Solo io posso giudicarmi. Io so il mio
passato, io so il motivo delle mie scelte, io so quello che ho dentro.
Io so
quanto ho sofferto, io so quanto posso essere forte e fragile, io e
nessun
altro. > Oscar Wilde
Quando
la sveglia suonò, per un attimo mi sentii
spiazzata, non riconoscevo il posto in cui mi trovavo né
tantomeno mi ricordavo
come ci fossi finita, ma poi la situazione tornò ad essere
chiara: ero nella
mia nuova stanza e oggi sarebbe stato il mio primo giorno di lavoro.
Solo quel
pensiero bastò a farmi balzare giù dal letto
quanto più velocemente possibile e
farmi fiondare in bagno.
Finii di preparare la colazione giusto in tempo
per l’arrivo del signor Edward: quando sentii il rumore delle
ruote della sedia
a rotelle risuonare nel salone, mi affacciai con i piatti in mano.
“ Buongiorno signor Cullen, ecco la sua
colazione. ” Lo salutai, poggiando i piatti sul tavolo. Mi
sentivo un po’
nervosa, era la prima volta che lo affrontavo da sola e feci di tutto
per
evitare di incrociare il suo sguardo.
“ Le tende, le chiuda subito. ” Disse a denti
stretti, rimanendo sulla soglia della porta così che non
fosse illuminato dalla
luce diretta, ma rimanesse in penombra.
“ O mio dio, certo, che sbadata, mi scusi. ” Mi
affrettai a chiuderle, maledicendomi per la mia sbadataggine e poi mi
misi
accanto al tavolo, in attesa che lui si avvicinasse e iniziasse a
mangiare.
Merda! Come inizio non era niente male, se avessi
continuato così non sarei rimasta a servizio lì
per molto tempo.
Rimasi accanto a lui senza sapere cosa fare o
dire, facendo vagare lo sguardo per la stanza; non sapevo se avessi
potuto
allontanarmi o meno, così ingannai il silenzio e
l’attesa ripassando a mente i
vari compiti della giornata.
“ Isabella, dormito bene? ” La sua domanda mi
colse alla sprovvista, tanto che impiegai qualche secondo a rispondere.
“ Ehm sì, grazie. Lei? ”
Lo avevo chiesto davvero? Figure di merda 2-
Bella 0.
“ Normale. ”
Mi presi un attimo per osservarlo meglio, ora che
eravamo vicini, e mi accorsi che era più giovane di quanto
avessi pensato ieri,
forse non raggiungeva neppure i trent’anni; eppure sembrava
più grande, sia
negli atteggiamenti, che nel modo di vestire, con quei maglioni a
scollo
rotondo e i foulard annodati al collo, e poi da quel poco che avevo
visto, in
casa non c’erano fotografie di nessun tipo, nulla che
testimoniasse la sua vera
presenza in quella casa, sembrava quasi che fosse un inquilino
più che il
proprietario.
“ William le ha fatto vedere la casa? ”
“ Si, mi ha mostrato tutto. ” Lo fissai in attesa
di una qualsiasi reazione che la mia risposta avrebbe potuto
provocargli, visto
che dalle mie parole poteva anche intendere che il maggiordomo mi
avesse
mostrato quella parte della casa che lui mi aveva precluso, e invece
nulla,
rimase impassibile, finendo di bere il suo the.
“ Perfetto, allora non avrà problemi a cominciare
appena io finirò. ” Era evidente che riponeva
molta fiducia in William, sapeva
che lui non lo avrebbe mai tradito disubbidendogli, e chissà
se anche tra noi
si sarebbe instaurato questo rapporto di fiducia e stima come tra loro
due.
“ Era tutto squisito, grazie. Se ha bisogno di me
sono nel mio studio. ” Si allontanò dal tavolo e
lasciò la stanza senza
aggiungere altro, chiudendosi al buio in quella esattamente di fronte.
Era strano il fatto che quella casa fosse sempre
al buio, mi metteva inquietudine, così la prima cosa che
feci fu aprire le
tende e lasciare che i raggi del sole inondassero la stanza. Era anche
complicato muoversi con quella penombra, gli occhi faticavano ad
abituarsi a
quello strano bagliore che si creava, e se fossi rimasta ancora a lungo
con
quella poca luce mi sarei ritrovata con un mal di testa tremendo nel
giro di
poche ore.
Dopo
aver riordinato la cucina, salii quasi di
corsa le scale per andare al primo piano: oggi avrei dovuto pulire la
camera
padronale, e forse così avrei potuto scoprire qualcosa sulle
stranezze che
circolavano in quella casa.
La porta era stata lasciata aperta e la leggera
penombra che illuminava la stanza mi permetteva di muovermi senza
sbattere
contro i mobili, ma io andai ad aprire le finestre e feci cambiare
l’aria, dando
a quella stanza un aspetto meno tetro. Corsi a chiudere la porta
così se lui
fosse salito non si sarebbe accorto della mia trasgressione alle sue
regole.
Mi guardai intorno e notai come anche quelle
quattro mura, il luogo in cui solitamente la gente si sente
più al sicuro,
fossero completamente impersonali: non c’era nulla che
mostrasse la sua
effettiva vita lì dentro; sembrava come se lui volesse
scomparire, come se non
volesse farsi trovare, e per un attimo ebbi paura che fosse, magari, un
ricercato della polizia, ma mi diedi subito della sciocca: per quanto
io fossi
poco informata sulle famiglie per bene della città, i Cullen
erano abbastanza
famosi, per cui se uno dei figli fosse in pericolo, non
l’avrebbero lasciato
nascondersi in aperta campagna.
Mi avvicinai alla sua scrivania e aprii i
cassetti, sentendo addosso l’ansia di stare facendo qualcosa
di sbagliato, ma,
nello stesso tempo, volendo scoprire quali misteri nascondesse
quell’uomo.
C’erano solo delle carte, forse i registri
contabili della villa, non riuscivo a capire, così chiusi
velocemente quelli e
mi diressi verso l’armadio, spalancando le ante. La prima
cosa che mi colpì fu
la presenza preponderante, per non dire assoluta, di colori scuri:
nero,
marrone e blu erano gli unici colori che distinguevo, per non parlare
del fatto
che c’era solo roba a maniche lunghe, come se
l’estate non dovesse mai
arrivare; certo, era possibile che tenesse le cose estive di sopra, in
quell’ala della casa che mi era vietata, ma qualcosa mi
faceva intuire che non
fosse così, e ripensando all’abbigliamento di
stamani, era come se lui volesse
scoprire meno
possibile il suo corpo: le
uniche parti libere dai vestiti erano le mani e il viso, che
però non potevano
essere viste chiaramente per via del perpetuo buio in cui si muoveva.
Sembrava quasi che volesse scomparire nei muri, che volesse nascndersi
nello stesso buio in cui si muoveva così a suo agio.
Poi notai, in una mensola in alto, una chiave,
uguale a quelle che avevo visto nelle serrature delle altre porte e mi
incuriosì parecchio il fatto che lui la tenesse conservata
lì.
Sobbalzai quando sentii un rumore provenire da
sopra la mia testa, forse Edward era salito sopra, e quello non era il
momento
più adatto per fare indagini.
Riassettai la stanza con cura, e poi passai al
bagno; fortunatamente il padrone sembrava essere un tipo abbastanza
ordinato, e
non di quegli uomini che lasciavano il bagno in condizioni pietose.
Mentre
pulivo il lavandino, uno schizzo di detersivo mi finì sul
viso, e alzai
istintivamente gli occhi per vedere dove fosse andato a finire
precisamente e
toglierlo, ma lo specchio non mostrava alcuna traccia di sporco e
rimasi
perplessa, visto che sentivo chiaramente la gocciolina percorrermi la
guancia,
ma ugualmente mi portai una mano sul viso per accertarmene e fu in quel
momento
che lo notai: lo specchio del bagno rifletteva solo metà del
mio corpo, non
vedevo la mano sinistra riflessa, potevo specchiarmi solo la parte
destra del
viso, ecco perché non scorgevo la gocciolina di detersivo;
rimasi completamente
sconvolta da quella anomalia, perché si capiva che non fosse
difettoso,
chiunque se ne sarebbe accorto subito, era stato fabbricato
appositamente in
quel modo. Mentre ero ancora sconvolta da quella scoperta, un bussare
frenetico
alla porta mi fece sobbalzare.
“ Isabella, è qui dentro? ” La voce di
Edward era
parecchio irritata, forse perché avevo chiuso la porta
contrariamente a quello
che aveva fatto lui.
“ Arrivo. ” Urlai, sciacquandomi velocemente le
mani e il viso.
“ Chiudi le finestre prima di aprire. ” Mi
ammonì
con voce dura e a quel punto l’ipotesi che lui non volesse
farsi vedere,
divenne certezza.
Feci come mi aveva detto e poi aprii la porta
della stanza. “ Ha bisogno di qualcosa? ”
“ Devo cambiarmi, mia madre mi vuole a pranzo
oggi. Se lo desidera, dopo aver terminato le faccende, può
prendersi la
giornata libera, William verrà con me. ”
“ Grazie, ne approfitterò per dare
un’occhiata al
giardino. ”
“ Bene, allora può andare, e si ricordi, la
prossima volta che disubbidisce ai miei ordini non sarò
così clemente. ” E
dicendo così, chiuse la porta alle sue spalle, lasciandomi
allibita sul
corridoio: si riferiva sicuramente al fatto che avessi aperto le tende
nella
sua stanza, ma io non mi pentivo di quanto avevo appena fatto, le
stanze
avevano bisogno di prendere luce ogni tanto, o sarebbe finita per
ammuffire,
proprio come lui, che sembrava un vecchio nel corpo di un giovane.
Aspettai
che fossero usciti e dopo aver finito le
faccende, tornai in camera di Edward e presi la chiave che era nascosta
nell’armadio.
Con quella stretta nel pugno, mi portai la mano
al petto, quasi volessi trattenere il cuore che pulsava come un matto:
ero
agitata, sapevo di stare per infrangere tutte le regole della casa, ma
ero
anche curiosa. Ero indecisa, non riuscivo a capire cosa era giusto
fare, ma se
non mi fossi sbrigata a prendere una decisione, loro sarebbero tornati
prima
che avessi combinato qualcosa.
Con il cuore che mi rimbombava nelle orecchie,
decisi di salire quei gradini, e ad ogni passo le gambe sembravano
diventare
sempre più pesanti; quando arrivai al pianerottolo, mi
trovai davanti solo due
porte e non sapevo a quali delle due appartenesse la chiave,
così mi avvicinai
a quella che si trovava di fronte a me. Presi un respiro profondo,
cercando di
rilassare le spalle, e alzai la mano impugnando la chiave come se
stessi
stringendo qualcosa da cui sarebbe dipesa la mia vita. Le mani mi
tremavano a
tal punto che non riuscivo ad infilare la chiave nella serratura, e
quando mi
cadde a terra, il rumore prodotto mi fece sussultare e fu in quel
momento che
presi veramente coscienza di quanto stavo per fare: ero pronta a
tradire così
la fiducia della persona che mi aveva dato lavoro? Ero pronta a perdere
tutto
dopo la fatica che avevo fatto per trovare un nuovo impiego?
Raccolsi la chiave da terra e scesi le scale di
corsa, precipitandomi di sotto quasi fossi inseguita da qualche mostro,
mostro
che in realtà era la mia coscienza, che mi stava facendo
sentire in colpa come
se avessi davvero aperto quella porta. Andai subito nella camera di
Edward e
rimisi la chiave al suo posto, assicurandomi che ogni cosa fosse come
lui
l’aveva lasciata e quando chiusi la porta alle mie spalle,
dovetti appoggiarmi
un attimo ad essa per evitare che le mie gambe cedessero: cosa diavolo
mi era
venuto in mente? Se anche fossi entrata, come avrei fatto a continuare
a
lavorare in questa casa e a guardare il padrone in faccia dopo averlo
tradito
così spudoratamente?
Per cercare di calmarmi e non farmi trovare come
se avessi appena visto un fantasma, decisi di fare una passeggiata per
il
giardino, ammirando le bellissime piante che lo rendevano
così rigoglioso da
sembrare un orto botanico: erano soprattutto le rose, bianche e rosse,
in netto
contrasto tra loro, ma per questo ancora più affascinanti,
ad avere catturato
la mia attenzione, con i loro petali soffici e delicati, in piena
fioritura nonostante
la temperatura fosse parecchio rigida.
Sentendo il rumore di una macchina avvicinarsi e capii che William e il
signor
Edward erano di ritorno. Mi avvicinai al vialetto d’ingresso,
per accogliere il
mio padrone, e per la prima volta vidi la macchina con cui viaggiava, e
non mi
stupii che avesse i vetri oscurati. Ero lì ad aspettarlo,
quando vidi William
venirmi incontro, dopo aver fermato la macchina.
“ Bella, posso chiederti di entrare in casa o
andare dall’altra parte del giardino? ” Mi chiese
con tono sommesso,
guardandosi nervosamente alle spalle.
“ Come? ” Ero sicura di non aver capito bene, non
poteva chiedermi davvero una cosa del genere.
“ Ti prego, il padrone non vuole essere visto. ”
“ Ma è una cosa allucinante. Lavoro per un
fantasma per caso? Non avrò mai il permesso di vedere in
faccia l’uomo per cui
lavoro. ” Sbottai, senza riuscire a trattenermi.
“ Bella, non mettermi nei guai, il signor Cullen
non è un tipo molto paziente. ” Mi
supplicò William.
“ Lo faccio solo per te. Ma puoi tranquillamente
dirgli che non mi era mai capitato di incontrare dei padroni
così maleducati. ”
Scesi i gradini e mi diressi verso il cancello della tenuta, non prima,
però,
di aver lanciato uno sguardo pieno di astio verso la macchina nella
quale, ero
certa, Edward Cullen avesse spiato tutta la scena.
Sentii il rumore della carrozzella che veniva
aperta da William e poi il padrone che lo ringraziava, ma certo non mi
sarei
mai aspettata che prima di entrare in casa si rivolgesse a me.
“ Signorina Swan, non sono un fantasma ma potrei
diventare il suo peggior incubo se lei continua ad essere
così impertinente. E
le assicuro che lei non ha conosciuto il mio lato maleducato, se lo
avesse
fatto probabilmente non sarebbe ancora qui: non giudichi prima di
conoscere. ”
Rimasi impietrita, come poteva trattarmi così
quando era lui ad essere palesemente in torto? Contravvenendo ai suoi
ordini,
mi voltai pronta a rispondergli, ma lui stava già varcando
la porta di casa e
decisi di lasciai perdere, ripromettendomi, però, che la
prossima volta non mi
sarei lasciata trattare così.
Ed
ecco a voi il primo capitolo. Ci sono ancora tanti misteri da svelare,
ma qualcosa viene fuori, anche se per questa volta non saprete cosa si
trova al piano di sopra XD
Volevo
ringraziarvi per l'immenso affetto che mi avete dimostrato con lo
scorso aggiornamento, è sempre un piacere ritrovarvi mie
fedeli :)
Adesso ringraziamo tutte in coro mikkiko 78 (la mia Michy <3)
per aver realizzato la copertina del capitolo: grazie Michy!
Ok,
lo studio mi ha dato alla testa, quindi vi do appuntamento al prossimo
aggiornamento (wow, ho fatto pure la rima), lasciandovi nuovamente il
mio indirizzo fb Paola Efp
dove potete inviarmi le vostre copertine: su, ci sono ancora tanti
capitoli, date libero sfogo alla fantasia u.u
A presto, Paola.
|
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Capitolo 3 *** Dark shadows ***
DARK
SHADOWS
<
Se tutto il resto perisse e lui restasse, io
potrei continuare ad esistere; ma se tutto il resto durasse e lui fosse
annientato, il mondo diverrebbe, per me, qualche cosa di immensamente
estraneo.
> Cime tempestose.
Da
qualche giorno il signor Cullen aveva la
febbre alta, e non lasciava mai la sua stanza.
Io, naturalmente, non potevo entrare lì dentro
con lui presente, visto che le luci sarebbero rimaste accese per
permettergli
di lavorare o di passare il tempo leggendo, quindi mi limitavo a
preparargli i
pasti e portarli a William che poi glieli consegnava.
Non riuscivo a capire il suo comportamento nei
miei confronti, ormai erano passati alcuni mesi dalla mia assunzione,
eppure
continuava a trattarmi come se fossi un’estranea,
rivolgendomi la parola solo
quando era indispensabile e senza mai mostrarmi il suo volto; ero
stanca del
suo modo di fare, ma avevo le mani legate, i soldi mi servivano per
vivere e
lasciare il lavoro poteva voler dire darsi la zappa sui piedi se lui
avesse
deciso di farmi terra bruciata intorno.
Approfittando del fatto che avesse smesso di
nevicare e ci fosse un pallido sole, ero uscita a fare una passeggiata
in
giardino, concedendomi una piccola pausa dalle faccende domestiche,
quando la
mia attenzione venne catturata da un piccolo micio rosso che giocava
con un
rametto.
“ Ciao piccolino. ” Mi avvicinai cautamente,
avevo paura potesse scappare, ma a quanto pareva anche lui era in cerca
di
compagnia, perché non si intimorì, anzi,
allungò la sua zampetta verso la mia
mano tesa e iniziò a giocarci.
Mi inginocchiai e presi ad accarezzarlo, mentre
lui miagolava e faceva le fusa.
“ Cosa ci fai in giro con questo freddo? ” Gli
chiesi, come se potesse rispondermi: era davvero piccolo,
avrà avuto al massimo
qualche settimana; doveva essersi allontanato dalla madre attirato da
qualcosa,
e chissà come, era finito nel nostro giardino. Lo presi in
braccio e lo
avvicinai al mio viso per osservarlo meglio e lui per tutta risposta mi
leccò
il naso, provocando le mie risate.
Iniziai a giocarci, solleticandogli il pancino e
lui scacciava la mia mano, tutto intento a cercare di catturare il mio
dito, e
vedere la concentrazione con cui lo faceva scatenava le mie risa ancora
di più.
Improvvisamente un brivido mi corse lungo la
schiena, era come se sentissi gli occhi di qualcuno puntati addosso; mi
voltai
di scatto, alzando gli occhi e fu in quel momento che lo vidi: Edward
Cullen mi
stava spiando dalla finestra della sua camera. Fu un attimo, il tempo
che lui
capisse che mi ero accorta di averlo visto e i nostri sguardi si
incatenassero,
e scomparve dietro la tenda.
Lasciai andare il fiato, che non mi ero neppure
accorta di stare trattenendo, e rimasi per un attimo immobile, turbata
dal
fatto che mi stesse spiando, perché altrimenti non si
sarebbe ritratto così in
fretta, e ancora di più perché in quel modo avevo
avuto la prova che lui non
fosse allergico alla luce del sole, ma semplicemente non si volesse far
vedere
da me, visto che la finestra era colpita dal sole in quel momento.
Feci un’ultima carezza al gattino e rientrai,
profondamente scossa, correndo a chiudermi in camera mia; mi sentivo
strana, il
fatto che lui fosse rimasto lì a spiarmi da
chissà quanto tempo mi faceva
sentire inquieta, come se fossi stata privata della mia privacy, e
debole
perché ero in suo potere, considerando che lui poteva
osservarmi in ogni minuto
della giornata ma io non potevo fare lo stesso.
Quella
sera dissi a William che non mi sentivo
tanto bene, per cui doveva essere lui a preparare la cena per il signor
Cullen.
“ Veramente Bella il padrone pensava di scendere
a cena, da due giorni ha solo qualche linea di febbre, e poi io ho la
serata
libera, dovrei andare in città. ” Si
scusò.
“ Oh, non preoccuparti, è solo un po’ di
mal di
testa, posso benissimo preparare la cena e poi salire di
sopra.”
“ Sei sicura? Posso rimandare la mia uscita. ”
“ Vai, hai diritto al tuo giorno di riposo, non
sto così male. ” Lo incoraggiai e finalmente parve
deciso a godersi la sua
serata libera.
La cena trascorse in un’atmosfera surreale, che
sarebbe quasi potuta sembrare comica ad occhi estranei: con il tenue
bagliore
creato dal caminetto accesso dall’altro lato della stanza,
Edward non aveva
proferito parola durante tutto il corso della cena, e io mi ero
guardata bene
dal farlo, visto che avevo solo
voglia
di andare in camera mia e rilassarmi leggendo un bel libro. Quando
terminò,
tirai un sospiro di sollievo e velocemente misi in ordine per poi
chiudermi in
camera.
Non
sapevo bene che ora fosse, ma certamente era
parecchio tardi quando sentii un urlo lacerare il silenzio della notte:
riconobbi distintamente la voce di Edward, così balzai
giù dal letto e corsi in
camera sua senza pensarci due volte. Accesi la luce e mi precipitai
verso di
lui, che si dibatteva nel letto urlando come un pazzo.
“ Tanya, non lasciarmi, ti prego. ”
Non sapevo cosa fare, se toccarlo o meno, avevo
paura di una sua reazione, ma in qualche modo dovevo tirarlo fuori da
quell’incubo che sembrava lo stesse divorando dentro.
“ Edward, signor Cullen, si svegli. ” Lo chiamai,
ma inutilmente, visto che le sue urla sovrastavano la mia voce.
“ Perché? Tanya, perché tu? ”
Continuava a dibattersi
come impazzito, mentre notai che
adesso il suo viso era bagnato di lacrime.
“ Edward, è un incubo, apra gli occhi. ”
A quel
punto lo presi dalle spalle e iniziai a scuoterlo, fino a quando non si
svegliò.
Per un attimo si guardò attorno confuso, sembrava
osservare qualcosa che non era realmente in quella stanza, e poi mi
mise a
fuoco, e in quel momento vidi il panico e poi la furia attraversargli
lo
sguardo.
“ Cosa ci fai tu qui? ” Ansimò,
completamente
sconvolto, agitandosi a tal punto che gli lasciai le spalle,
allontanandomi, temendo
che potesse farmi male.
“ Vi ho sentito urlare e sono entrata. ” Mi
giustificai, mentre la paura di aver fatto la cosa sbagliata si
impossessava di
me.
“ Sai bene che ti è vietato accendere la luce.
”
E fu in quel momento che capii il motivo per cui fosse restio a farsi
vedere:
la parte sinistra del suo viso era completamente deturpata da
cicatrici,
probabilmente derivanti da una profonda ustione. Inevitabilmente i miei
occhi
si fissarono su quella parte del suo viso, ma quando mi resi conto che
lui mi
stava guardando con odio, abbassai immediatamente gli occhi.
“ Io… mi dispiace. ”
“ Fuori da questa casa. ” La voce gelida, priva
di qualsiasi emozione.
“ Come? ”
“ Pensavi che ti tenessi ancora qui dopo aver disubbidito
più volte ai miei ordini? ”
“ Mi dispiace, davvero, l’ho fatto solo
perché
credevo vi stesse sentendo male. ” Cercai di giustificarmi.
“ Stavolta forse, ma quando sei entrata al
secondo piano, dove ti avevo espressamente vietato di andare? Anche
lì aiutavi
qualcuno? ” Il suo tono di voce era duro, da saccente, fatto
apposta per ferire
e schernire.
“ Ho sbagliato, ma vi giuro che mi sono fermata
prima, non ho aperto nessuna porta. ” Quasi urlai,
accalorandomi nella mia
difesa: stavo per sbagliare, ma mi ero fermata in tempo, non poteva
punirmi per
qualcosa che non avevo fatto.
Scattò su a sedere come un fulmine e si protese
verso di me, come se si volesse alzare dal letto, e in quel momento
lessi nei
suoi occhi la rabbia e la frustrazione nel non poter muovere le gambe;
cercò lo
stesso di scendere dal letto, aiutandosi con le braccia per sollevare i
suoi
arti inferiori, ma fu tale la furia dei suoi movimenti, che perse
l’equilibrio
e istintivamente mi chinai su di lui per sostenerlo e non farlo cadere,
e lo
sentii diventare un pezzo di ghiaccio tra le mie mani. Chiusi gli occhi
e
tentai di reprimere un urlo quando vidi la sua mano sollevarsi e
abbattersi
verso di me, ma non colpì il mio viso, come mi sarei
aspettata, bensì il comodino,
ma lo schianto mi fece comunque paura.
“ Non voglio più sentire una sola parola uscire
da questa bocca. Vai via. ” Disse ad un centimetro dal mio
viso, mentre il suo era
trasfigurato dalla rabbia.
“ La prego. ” Rantolai, il respiro affannato e le
lacrime che mi bagnavano il viso.
“ Non lo sai che si pregano solo i santi? Dovevi
pensarci prima, e adesso FUORI. ” Urlò, per poi
afferrarmi per un braccio e spingermi
all’indietro, facendomi perdere l’equilibrio e
cadere a terra. Non riuscii a
trattenere un singhiozzo: ero letteralmente sconvolta, non pensavo che
in lui
si potesse scatenare una tale furia.
Non me la sentivo di rimanere in quella casa un
minuto di più, volevo solo fuggire, allontanarmi da
lì il più velocemente
possibile.
Scesi di corsa le scale, non curandomi di
prendere la roba che avevo portato con me, l’avrei potuta
ricomprare, era
l’ultimo dei miei pensieri; mi dispiaceva solo non poter
salutare William, ma
non potevo aspettare il suo ritorno, non avevo intenzione di rimanere
in quella
casa un minuto di più.
L’aria ghiacciata della notte mi colpì in pieno,
facendo aumentare i miei tremori e le lacrime che mi offuscavano la
vista; non
sapevo bene dove andare, tra il buio e la neve, che rendevano il
paesaggio
tutto uguale, mi sentii smarrita per un attimo, ma poi notai i segni
degli
pneumatici lasciati dalla macchina di William, così decisi
di seguire quelli,
per allontanarmi da quella casa e dal suo padrone.
La cosa che mi faceva più rabbia, poi, era il
fatto che nonostante il modo in cui mi avesse trattata non riuscivo ad
odiarlo,
ma provavo solo tanta pena per lui: si era rinchiuso in quella casa per
nascondere quelle cicatrici, ora ne ero certa, e il suo isolamento lo
aveva
portato a non riuscire più a comunicare con gli altri in
maniera civile, era
come se si fosse abbrutito. E poi c’era quel nome che mi
vorticava in testa,
non avevo idea di chi fosse, ma, a quanto pareva, era qualcuno di molto
importante per lui, probabilmente la sua ragazza, che adesso non faceva
più
parte della sua vita, da quello che avevo intuito dalle sue urla, e
questo
aveva sicuramente peggiorato il suo carattere, portandolo a non avere
più
fiducia nelle persone.
Quelle cicatrici risalivano a prima o a dopo
l’allontanamento della ragazza? Era stato per il suo aspetto
fisico o per il
carattere così scorbutico che questa Tanya lo aveva
lasciato? Non si mostrava
perché temeva che anche io potessi scappare di fronte al suo
aspetto? Ma non
poteva sapere che l’unica cosa che mi era rimasta impressa
erano i suoi occhi:
avevo avuto il privilegio di vederli bene solo questa sera, ma non
avevo mai
visto occhi tanto verdi. Verdi e freddi come due smeraldi a prima
vista, ma ad
un’occhiata più attenta rivelavano un fondo di
disperazione che rischiava di
fare annegare chiunque avesse provato a farlo risalire a galla.
Ad un tratto mi arrestai di colpo, rendendomi
conto solo in quel momento che stavo girovagando a vuoto, senza
più seguire la
pista lasciata dalle ruote dell’auto, persa come ero nei miei
pensieri, e la
neve che aveva ripreso a scendere ne aveva cancellato le tracce.
Il panico si impossessò di me, non avevo idea di
come muovermi ed il freddo mi era ormai penetrato nelle ossa
così profondamente
che non riuscivo più a sentire le mani o i piedi; mi
accasciai al suolo, non
sapevo dove andare, e la possibilità che qualcuno mi
trovasse era davvero
remota a quell’ora della notte: ammesso che fossi rimasta nel
sentiero
principale, senza addentrarmi nella campagna circostante, chi si
sarebbe avventurato
per quelle stradine durante una nevicata?
Rimasi lì, immobile, cercando di restare al caldo
quanto più potevo, avvolgendomi le gambe con le braccia,
combattendo lo stato
di sonnolenza che si stava impossessando di me, fino a quando la
battaglia non
divenne troppo dura e le palpebre vinsero, chiudendosi.
Ho
da dire due cose, prima di tutto.
La storia, come ho anche scritto nelle recensioni a chi me lo chiedeva,
prende spunto dalla Bella e la bestia, ma a parte qualche similitudine,
non hanno molto a che spartire le due storie.
Secondo, se qualcuno si è sentito offeso dalla mia "
richiesta " di copertine me ne scuso: non volevo obbligare nessuno a
lavorare al posto mio, lo trovavo semplicemente un modo carino per
coinvolgervi, tutto qui. Non pretendo certo che perdiate tempo per me,
se vi va di farlo sarò felice di pubblicare, altrimenti
niente, userò quelle che ho avuto e andremo avanti
tranquilli.
Detto
ciò, grazie di cuore per l'affetto che state dimostrando
alla storia, sono molto felice che vi stia coinvolgendo tanto
già dai primi capitoli!
Ringrazio
tantissimo anche Ilenia, che ci ha fortito una bellissima copertina per
questo capitolo: sei un tesoro!
Bene,
vi lascio il link del mio gruppo, dove possiamo chiacchierare e dove
ogni tanto metto spoiler della storia, se voleste passare, siete le
benvenute: Musica
e Parole
Ci
sentiamo tra una decina di giorni, Paola.
|
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Capitolo 4 *** Cambiamenti ***
CAMBIAMENTI
<
Qualcosa
in
lui si trasformò,
era sgarbato un po' volgare ora no:
è timido, piacevole,
non mi ero accorta che ora è incantevole. > La bella
e la bestia.
Avevo
freddo, tanto freddo. Ma contemporaneamente mi sentivo accaldata,
sudata.
Brividi mi attraversavano continuamente il corpo, facendomi battere i
denti e
tremare tutta, ma non avevo le forze per alzarmi e prendere una
coperta, speravo
che qualcuno si accorgesse di come stavo e mi aiutasse prima che
morissi di
freddo.
C’era
confusione intorno a me, sentivo delle voci, ma erano lontane, non
capivo da
dove provenissero né tantomeno a chi appartenessero.
Ero tanto
stanca, volevo solo dormire per sempre, e qualcuno parve dar retta al
mio
pensiero, perché le voci smisero di disturbarmi e
l’oblio mi avvolse
nuovamente.
Quando
ripresi nuovamente conoscenza, sentii qualcosa scorrere lungo la mia
guancia:
non capii subito cosa fosse, ma quando rimase in bilico sul profilo
della mia
mandibola, capii essere una gocciolina d’acqua colata da
qualcosa di freddo che
era poggiato sulla mia fronte; la gocciolina era indecisa se proseguire
la sua
corsa lungo il mio collo o arrestarsi lì, ma qualcuno prese
la decisione al
posto suo, asciugandola con un dito.
“ Quanto
tempo è passato, William? ” Riconobbi subito la
voce di Edward e cercai con
tutte le mie forze di non muovere un solo muscolo per fargli capire che
ero più
o meno cosciente.
“
Trentasei ore signore. ”
Da cosa
erano passate tutte quelle ore?
“ Forse è
il caso di portarla in ospedale. ”
“ Il
dottore ha detto che il peggio è passato, dobbiamo solo
aspettare che si
svegli, abbia fede. La febbre è scesa, non ha più
convulsioni, deve solo
recuperare un po’ le forze. ”
“ Se
anche lei dovesse… ” Il signor Cullen non
riuscì a finire la frase, la voce gli
si spezzò prima, pregna di dolore.
“ Non
accadrà signore, vedrà. ” Lo
rassicurò William, ma a quel punto ero già per
metà nel mondo dei sogni, troppo stanca per stare a sentire
altro.
Nel
momento in cui aprii le palpebre vidi buio fitto intorno a me, tanto
che pensai
di stare ancora dormendo e quello fosse solo un sogno. Poi una debole
luce proveniente
dalla mia sinistra attrasse la mia attenzione e voltando lo sguardo
vidi che
era la luna che risplendeva da dietro la finestra.
Provai a
muovermi, avevo la gola secca e volevo bere, ma quando cercai di
sollevarmi, notai
che qualcosa me lo impediva: era Edward, mi teneva la mano e si era
addormentato con la testa sulle mie gambe; non doveva essere una
posizione
comoda, ma dormiva tanto profondamente che non sapevo bene cosa fare.
La sete
però era parecchia, mi sentivo la gola in fiamme, cosi
cercai di spostarmi
senza scuoterlo troppo, ma a quanto pare aveva il sonno leggerissimo,
perché bastò
solo che allentassi la stretta della sua mano per farlo svegliare di
colpo.
“ Che
succede? ” Chiese senza capire, con la voce ancora impastata
di sonno.
“ Mi
scusi, io… ”
“ Bella,
sei sveglia. ” Mi interruppe, senza lasciarmi il tempo di
parlare. “ Come ti
senti? ”
“ Meglio
grazie, avrei bisogno di bere però. ”
“ Devo
accendere la luce, forse è meglio se socchiudi gli occhi.
”
Stavolta
non me lo feci ripetere due volte e ascoltai subito i suoi ordini; poco
dopo
sentii una sua mano aiutarmi a sollevare il capo e avvicinarmi il
bicchiere
alle labbra. Bevvi tutto d’un fiato, come
un’assetata che trova un’oasi nel
deserto dopo miglia e miglia di camminata sotto il sole cocente.
“ Ne vuoi
ancora? ”
Scossi
semplicemente la testa, certa che lui mi avrebbe vista, infatti mi
aiutò a
sorseggiare un altro bicchiere, e finalmente la mia gola
cessò di bruciare,
alleviata dalla frescura dell’acqua.
“ Come
sono finita qua? ” Chiesi, dopo qualche secondo, curiosa di
sapere chi mi ci
avesse riportato: pensavo che avrebbero trovato un ghiacciolo invece
che me
ancora viva.
“
Isabella, puoi anche aprire gli occhi, ti avevo detto di socchiuderli
per non
farti infastidire dalla luce. ” La sua frase mi
spiazzò parecchio, non credevo
possibile che mi stesse dando il permesso di osservarlo liberamente:
è vero che
lo avevo già visto, ma non credevo che le regole potessero
cambiare.
Aprii gli
occhi lentamente, prima uno e poi l’altro, e solo quando lo
vidi guardarmi
rilassato, mi decisi ad aprirli del tutto.
E in quel
momento accadde: Edward si aprì in un bellissimo sorriso,
uno di quelli che ti
scaldano il cuore anche quando senti il gelo dentro di te, uno di quei
sorrisi
che ti viene voglia di ricambiare, anche se non sai il motivo,
perché sono
talmente dolci che ti costringono a farlo.
“ Temevi
che ti urlassi nuovamente contro? ” Mi chiese sereno e io non
potetti
smentirlo.
“ Un po’.
” Ammisi, stringendomi nelle spalle.
“ Hai
ragione, sono stato imperdonabile, e ti porgo le mie scuse. Non avrei
mai
dovuto reagire così, sono stato un mostro, non mi sono
controllato; quando sei
fuggita via mi sono sentito sollevato per un attimo, ma poi ho capito
l’enorme
errore che avevo fatto, il modo ignobile in cui ti avevo trattata e le
accuse,
infondate, che ti ho lanciato contro. Sono sceso a cercarti, ma tu ti
eri
allontanata più del previsto, considerando quanto io possa
essere veloce –
indicò la sua sedia a rotelle, sottolineando quanto fosse
difficile per lui
muoversi – e la
neve stava ricominciando
a cadere, coprendo le tue orme, e nelle mie condizioni non mi
è possibile fare
molto da solo, così ho chiamato William, gli ho detto di
tornare indietro e di
osservare con attenzione il bosco per vedere se riusciva a scorgerti.
Ti ha
trovata lungo il sentiero, quasi in stato di ipotermia, e quando ti ho
vista
svenuta tra le sue braccia, mi sono sentito morire: ero io la causa di
tutto
quello che ti era successo, era solo mia la colpa di ogni cosa
accaduta. ”
“ Shh,
basta Edward, si calmi. Adesso sto bene, non c’è
bisogno di fare così, è andato
tutto bene. ” Lo interruppi, perché ad un certo
punto stava iniziando ad
incolparsi per cose che lui non avrebbe potuto controllare, per vecchi
scheletri
nascosti nel suo armadio.
“ Solo a
mente lucida ho capito che se eri entrata in camera mia, lo avevi fatto
solo
perché eri veramente in pensiero per me, per avermi sentito
urlare. E quando
sono andato di sopra a controllare cosa avessi fatto, ho avuto la prova
che le
tue parole erano vere, perché se davvero fossi entrata
lì dentro, ci sarebbero
state le impronte dei tuoi piedi sullo strato di polvere, e invece era
tutto
esattamente come lo avevo lasciato. ”
“ Allora
perché mi avete accusata? ” Lui non era in casa,
non poteva sapere che io fossi
salita sopra, non avevo lasciato nulla fuori posto. Forse, spaventata,
mi ero
data la zappa sui piedi ammettendo qualcosa che lui non sapeva? O
c’erano delle
telecamere e io non ci avevo fatto caso?
“ Perché
avevo trovato la chiave posata nell’armadio dal verso opposto
rispetto a come
la poso sempre io. ”
“ E’
vero, ho sbagliato a frugare nei vostri effetti personali, ma vi giuro
che
quando sono arrivata davanti a quelle porte mi sono sentita davvero uno
schifo
per quello che stavo facendo, non potevo tradire così la
vostra fiducia, avrei
dovuto tenere a freno la mia curiosità. Se ora non mi
vorrete più al vostro
servizio, lo capirò, non preoccupatevi. ”
Conclusi, non riuscendo a guardarlo
più negli occhi perché mi vergognavo
profondamente per quello che avevo fatto.
“
Isabella, sono io a doverti chiedere se vuoi rimanere ancora qua dopo
quello
che ti ho fatto. ” Mi mise due dita sotto il mento,
costringendomi a sollevare
con delicatezza il volto e a guardarlo negli occhi.
“ Non mi
piace lasciare le cose a metà, quindi rimarrò a
lavorare qui. ” Risposi subito.
“ Allora è
tutto apposto. ” Sorrise nuovamente, e stavolta ricambiai
anche io, sentendomi
più tranquilla.
“ Potrò
continuare a sperare che vi comporterete in maniera gentile con me?
Voglio
dire, non dovete risparmiarmi il lavoro, ma solo trattarmi in modo
giusto e
magari consentirmi di parlarvi alla luce del sole e non più
solo ad un’ombra. ”
Parlai con tono volutamente scherzoso, ma lui dovette capire dalle mie
parole e
dalla serietà del mio sguardo che non stavo affatto
scherzando, che non avrei
più tollerato un comportamento del genere da parte sua, e
volevo la sua parola
che ciò non accadesse più.
“ Non ho
più motivo di nascondermi, ma per quanto riguarda il mio
carattere, farò del
mio meglio per essere più gentile, ma non vi posso
promettere nulla. ”
“ Mi
basta il vostro rispetto. ” Ribattei decisa e lui
annuì.
Rimanemmo
per un po’ in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri,
quando io non riuscii
a trattenere uno sbadiglio.
“ Sei
stanca? ” Mi chiese premuroso.
“ Un po’,
anche se ho dormito parecchio. In effetti, quanto sono stata
addormentata? ”
“ Quasi
due giorni. ”
Lo
guardai con una faccia sconvolta. “ E come faccio ad essere
ancora stanca? ”
“ Il dottore
ha detto che è normale. Su, ora riposa. ” Dicendo
ciò si allontanò leggermente
con la sedia dal bordo del letto e attese che io mi rimettessi sotto le
coperte, poi spense la luce.
“
Buonanotte signore, e grazie. ” Sussurrai nel buio.
“
Buonanotte Isabella. ”
Il
giorno
dopo mi svegliai decisamente più in forze e anche affamata,
a giudicare dal
brontolio del mio stomaco. Mi accorsi che era parecchio tardi, se non
mi fossi
sbrigata il signor Cullen non avrebbe trovato niente in tavola; feci
una doccia
al volo e dopo aver indossato la divisa, scesi in cucina a preparare la
sua
colazione. Tutto fu pronto nel momento esatto in cui Edward fece il suo
ingresso nel salone.
“ Ecco a
lei la sua colazione. ” Gli dissi, sistemando tutto
perché fosse a sua portata
di mano.
“
Isabella, non pensavo di vederti già stamani a lavoro.
” Rispose, piacevolmente
sorpreso, zuccherando il suo caffè.
“ Sto
bene, non volevo rimanere oltre a poltrire nel letto inducendola
così a pensare
che fossi una scansafatiche. ” Ammisi sincera.
“ Non lo
avrei assolutamente pensato, per cui nel momento in cui dovessi
stancarti
interrompi pure quello che stai facendo. ”
Nel
momento in cui lui stava per addentare la sua fetta di pane e
marmellata, il
mio stomaco decise di brontolare in maniera così rumorosa
che pensai lo avesse
potuto sentire anche William dal piano di sopra; rimasi perfettamente
impassibile, sperando che il signor Cullen non ci facesse caso, ma il
rossore
del mio viso mi tradì subito non appena lui voltò
lo sguardo verso di me, e non
avevo bisogno di altre conferme per capire che lui aveva sentito tutto.
“ Hai
mangiato Isabella? ” Indagò subito, e io scossi
semplicemente la testa, troppo
imbarazzata per rispondere.
“ Sei in
piedi senza aver toccato cibo da più di quarantotto ore?
” La sua voce
diventava sempre più furiosa.
“ La
sveglia non ha suonato e se avessi fatto colazione non sarei riuscita a
preparare
per tempo la sua. ”
“
Siediti. ”
“ Come? ”
“ Ho
detto siediti, faremo colazione insieme. ”
“ Ma? ”
“ Vuoi
disobbedire ancora ai miei ordini? Non voglio vederti nuovamente
svenuta per
colpa mia, quindi, per favore, siediti: divideremo la mia colazione,
tanto ce
n’è in abbondanza per sfamare un esercito.
”
Non me lo
feci ripetere due volte e mi accomodai di fianco a lui,
“ Burro e
marmellata? ” Mi chiese, prendendo una fetta di pane.
“ Solo
marmellata, grazie. ” Pigolai, in tremendo imbarazzo per
trovarmi allo stesso
tavolo del mio padrone: non mi era mai capitato prima, al massimo nelle
precedenti famiglie in cui avevo lavorato potevo mangiare insieme ai
bambini,
al tavolo in cucina, ma mai potevo permettermi di mangiare nel salone.
“ Ecco a
te. ”
“ Grazie.
” L’afferrai e l’addentai subito,
incapace di resistere oltre con quel ben di
Dio in mano: solo ora mi rendevo pienamente conto di quanto fossi
affamata e di
come le forze mi avrebbero abbandonata da un momento
all’altro.
“ Non
voglio più che salti la colazione a causa mia, intesi? Posso
benissimo
aspettare se dovessi fare tardi. ”
“ Grazie,
ma le assicuro che non succederà più. Posso?
” Chiesi, indicando la spremuta
d’arancia davanti a me.
“ Lascia,
faccio io. Posso farti una domanda? ” Annuii mentre lui mi
passava il
bicchiere. “ Cosa spinge una ragazza di ventiquattro anni a
chiudersi in una
casa sperduta tra i boschi per venire a fare la cameriera ad un vecchio
orso
come me? ” La sua domanda mi soprese parecchio, soprattutto
per il modo con cui
si era descritto; mi presi un attimo per rispondere, bevendo un sorso
di
aranciata.
“ Il mio
sogno era quello di laurearmi in lettere, ma la pensione di
papà non sarebbe
bastata per pagarmi gli studi, così ho deciso di iniziare a
lavorare per
mettere da parte i soldi necessari per il college. Ma le famiglie da
cui ho
lavorato prima non mi hanno mai pagata per le effettive ore di lavoro
che ho
svolto da loro, non avevo nessun contratto a cui potessi appellarmi,
così il
college è rimasto solo un sogno e sono rimasta a fare la
cameriera. ” Conclusi,
abbassando gli occhi che si erano riempiti di lacrime al ricordo del
mio sogno
nel cassetto: era un rimpianto che mi sarei portata dietro a vita, ma
ormai era
troppo tardi, il momento dei sogni era finito e dovevo fare i conti con
la
realtà, in fondo con una laurea non era detto che avrei
trovato un lavoro
migliore, ero già fortunata ad averne uno.
“ Sono
sicuro che il tuo sogno si avvererà. ” Edward si
era avvicinato a me,
sollevandomi il viso con due dita sotto il mento, e mi guardava con una
tale
intensità che, per un attimo, credetti anche io che il mio
sogno si sarebbe potuto
avverare.
Buongiorno
ragazze, come va?
Ecco
il tanto atteso cambiamento di Edward: dai tutto sommato c'è
voluto poco per farlo redimere. Da adesso la storia prenderà
un nuovo corso, ci sarà maggiore interazione tra lui e
Bella, quindi...
Ilenia
si sta divertendo a fare varie copertine, per cui anche in questo
capitolo ne abbiamo una nuova e perfetta direi: grazie mille cara :3
Ringrazio
di cuore anche tutte voi, chi mi lascia il proprio parere e anche solo
chi legge, è sempre un piacere vedere i numerini crescere!
Alla
prossima e forse, se fate le brave, anticipo l'aggiornamento a
metà settimana visto che il capitolo è quasi
finito :)
A
presto, Paola
|
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Capitolo 5 *** Non è una favola ***
NON
E’ UNA FAVOLA
<
Qualcuno le manca, vero? È scritto a lettere
maiuscole nei suoi occhi. > Marc Levy.
Era
passata una settimana da quell’incidente e le cose sembravano
andare meglio.
Edward era diventato meno burbero nei miei confronti, sembrava essersi
abituato
alla mia presenza e io mi sentivo più a mio agio ora, anche
se facevo di tutto
per non fargli trovare degli appigli che potessero farlo innervosire
nuovamente.
Stavo
pulendo il salone, quando ad un tratto sentii miagolare; affacciandomi
dalla
finestra notai subito che
il mio piccolo
amico era tornato.
Stavolta
andai prima in cucina e riempii un piatto di plastica con un
po’ di latte, e
poi uscii fuori dal micetto, che mi aspettava sotto l’albero
dove avevamo
giocato la prima volta.
“ Ciao,
sei ritornato. ” Lo salutai, inginocchiandomi ed
accarezzandogli la testolina,
e lui subito rispose facendomi le fusa.
“ Sei
proprio un ruffiano, guarda che ti ho portato. ” Poggiai a
terra il piattino e
subito lui si avvicinò, e dopo averlo annusato,
cominciò a leccare il latte
furiosamente.
“ Eri
proprio affamato. ” Constatai, continuando ad accarezzare il
suo corpicino
caldo. Quando finì, si girò sulla schiena e
iniziò a giocare con la mia mano,
mordicchiando le mie dita.
“ Devo
trovarti un gomitolo da qualche parte. ” Risi, vedendo come
cercava di separare
le mie dita senza riuscirci più di tanto.
Lo presi
in braccio e lo poggiai sul mio petto, coccolandolo un po’ e
in quel momento
sentii nuovamente la sensazione di essere osservata: mi voltai verso la
casa e
vidi il signor Cullen osservarmi dalla finestra del suo studio.
Stavolta quando
si accorse del mio sguardo non si nascose, ma rimase a guardarmi con un
leggero
sorriso sulle labbra; lo ricambiai e lo salutai con un gesto della
mano, al
quale lui rispose prontamente, per poi tornare alla sua scrivania.
Era stato
uno sguardo diverso dall’altra volta, come se si volesse
accertare che ci fosse
realmente qualcuno nel giardino, e non volesse solo spiarmi.
Dopo aver
giocato un altro po’ con il mio amichetto peloso, tornai
dentro per terminare i
miei lavori.
“
Isabella. ”
Sobbalzai,
non avevo sentito Edward avvicinarsi: i tappeti occultavano il rumore
della
sedia a rotelle ed era facile non accorgersi del suo arrivo.
“ Scusa,
non volevo spaventarti. Puoi venire un attimo con me? ”
“ Certo
signore. ” Poggiai lo straccio con cui stavo spolverando e lo
seguii nel suo
studio.
“ William
mi ha detto che ti piace leggere, e quindi ho pensato che questa ti
potesse
interessare. ” Si fece da parte, per lasciarmi osservare
meglio quello che
c’era alle sue spalle e rimasi completamente scioccata: una
libreria enorme si
stagliava davanti a me, colma di libri, così tanti che ci
sarebbero volute
almeno due vite per leggerli tutti.
“ Non ci
posso credere, non ho mai visto tanti libri in vita mia. ”
Dissi, completamente
incantata da quello che i miei occhi stavano vedendo.
“ Ti
piace? ” Mi chiese Edward.
“ E’
meraviglioso! ”
“ Sono
tutti tuoi, quando vorrai leggere qualcosa, qui sei la benvenuta.
”
Mi voltai
sconvolta verso di lui, non potevo credere che mi stesse davvero dando
la
possibilità di attingere a quella meraviglia.
“ Grazie
signore, davvero, io non so cosa dire. ” Lo guardai grata,
quasi con le lacrime
agli occhi.
“ Puoi
cominciare con il darmi del tu. ”
“ Come? ”
Quello si stava rivelando un pomeriggio parecchio strano, non sapevo
più cosa
aspettarmi.
“ Sai, io
non sono poi così tanto più vecchio di te: direi
che dopo tutto questo tempo, e
visto quello che è successo in passato, è
arrivato il momento di abbandonare
questi toni formali. ”
“ Per me
non ci sono problemi se è quello che tu desideri. ”
“
Perfetto. ” Sorrise.
“ Ma
William non ci rimarrà male per questa nostra confidenza?
” Mi preoccupai, in
fondo lui lavorava per Edward da molto più tempo di me.
“ William
è un testardo: lavora per la mia famiglia da tempo immemore,
mi ha conosciuto
che io avevo solo cinque anni ed ero una piccola peste, ma
ciò non gli ha
impedito di continuare a darmi del lei o addirittura del voi nonostante
io gli
abbia specificatamente chiesto di non farlo. ” Scosse la
testa fintamente
esasperato.
“ Strano,
con me ha accettato subito di darmi del tu. ” Constatai.
“ Perché
voi siete entrambi alle mie dipendenze. ”
La sua
frase mi risvegliò da quella sorta di sogno ad occhi aperti
che stavo vivendo
nella mia testa: questa era la vita reale, non uno stupido cartone in
cui la
Bestia si innamora della Bella; non che io fossi innamorata di lui, ma
pensavo
che potessimo considerarci amici ora, invece che serva e padrone, ma, a
quanto
sembrava, avevo frainteso la sua gentilezza.
Forse era
solo un modo per ringraziarmi per essere rimasta dopo quello che era
successo.
“ Giusto,
infatti è ora di tornare a lavoro o rimarrò
indietro. ” Dissi, allontanandomi
dalla libreria e uscendo dalla stanza senza neppure guardarlo negli
occhi.
“
Isabella, va tutto bene? ” Mi chiese: era incredibile come
riuscisse a capirmi
così in fretta.
“ Sì,
certo. Ti ringrazio ancora per questa meravigliosa
opportunità che mi hai dato,
ne farò buon uso. ” Lo ringraziai e lasciai la
stanza, chiudendomi la porta
alle spalle.
Lavorai
nervosa per il resto della giornata, rispondendo a monosillabi anche a
quel
poverino di William che non c’entrava nulla; mi aveva visto
uscire parecchio
tesa dallo studio di Edward e pensava che lui mi avesse nuovamente
richiamato
per qualcosa, ma gli avevo spiegato che ero stata io a fraintendere
tutto, che
stavolta il padrone non aveva nessuna colpa.
“ Bella,
vedi, la famiglia Cullen ha sempre trattato tutti i suoi dipendenti con
grande umanità:
il fatto che loro fossero nati privilegiati rispetto le altre persone,
ha fatto
sì che prendessero pienamente coscienza
dell’opportunità che la vita ha dato
loro, rendendoli molto più magnanimi e gentili di quanto non
debbano essere.
Questo però non ci autorizza a farci castelli in aria, non
dobbiamo dimenticare
che comunque siamo dei sottoposti e dobbiamo quindi rispettarli e
trattarli
come il loro ruolo merita, anche se ci fanno sentire parte della
famiglia. ” Mi
spiegò William, non lasciandosi intimidire dai miei modi
poco educati in quel
momento.
“ Questo
lo so, non sono nata ieri. ” Precisai stizzita.
“
Desidero solo che tu non ti faccia male, proteggiti finché
sei in tempo. ” E
se ne andò a sbrigare delle commissioni in
paese con questa frase, lasciandomi in uno stato di totale confusione:
cosa
aveva voluto dire? Avrei dovuto proteggermi da Edward?
Ero
in
salone in attesa che Edward scendesse per la colazione e ne stavo
approfittando
per osservare l’alba: era incredibile come il cielo passasse,
nel giro di
pochissimo, dal blu scuro della notte all’azzurro limpido
della mattina. Anche
se io, da sempre, preferivo i tramonti: li trovavo molto più
magici.
Oggi si
prospettava una bellissima giornata, non c’era una sola
nuvola in cielo e
finalmente sembrava volesse arrivare la primavera.
“ C’è
nessuno? ” La voce di Edward mi risvegliò dai miei
pensieri.
“ Eccomi,
buongiorno. ” Lo salutai, uscendo da dietro le tende.
“ Cosa ci
facevi nascosta dietro la tenda? ”
“
Osservavo l’alba. Sistemati che vado a prenderti la
colazione. ” Gli dissi per
poi correre in cucina.
“ Tu hai
fatto colazione, vero? ” Mi chiese mentre poggiavo il vassoio
davanti a lui.
“ Sì,
giuro. ” Sorrisi per quella sua preoccupazione, me lo
chiedeva quasi ogni
mattina da quando era capitato che l’avessi saltata.
“ E’ una
bella giornata fuori? ” La sua domanda mi sorprese parecchio,
credevo che
quando fosse da solo tenesse le tende aperte o comunque desse
un’occhiata
fuori, almeno la mattina appena sveglio, e invece lui sembrava proprio
voler
scappare dalla luce. Fu in quel momento che mi venne in mente un modo
per
farglielo scoprire, mi sarei giocata il tutto per tutto, ma forse ne
valeva la
pena.
“ Dimmelo
tu stesso. ” Gli risposi e andai ad aprire la tenda. Nella
stanza calò il
silenzio e io non avevo il coraggio di guardare in faccia Edward,
così mi
limitai a guardare i miei piedi, in attesa di una sua sfuriata; quando
sentii
il rumore della sedia che veniva sospinta e la suo ombra avvicinarsi,
chiusi
istintivamente gli occhi, il ricordo di quella volta era ancora vivido
in me, e
anche se lui aveva giurato che non si sarebbe più comportato
così, non potevo
sapere se fosse riuscito a tenere a freno la rabbia a causa della mia
sfrontatezza.
“ Sì, è
veramente una bella giornata. ” Disse, sfiorandomi con le
dite il dorso della
mano. Aprii gli occhi e mi mancò il respiro quando incrociai
il suo sguardo e
vidi le sue iridi brillare come smeraldi, erano bellissime, sembravano
finte
per quanto erano luminose. Rimanemmo in silenzio a guardarci negli
occhi per
attimi interminabili, lui non smise mai di carezzarmi la mano, anzi,
aumentò
leggermente la pressione delle dita, quasi a volermela stringere.
“ Era da
tanto che non sentivo il calore del sole sulla mia pelle in maniera
così
diretta. ” Ammise, gustandosi quel raggio di sole che lo
colpiva in pieno viso.
“ Vieni
con me allora. ” Mi posizionai dietro la sedia a rotelle e
presi a spingerlo
verso l’ingresso, non curandomi delle sue lamentele, ed
entrambi uscimmo in
giardino.
I raggi
ci colpirono in pieno, senza nemmeno la schermatura dovuta al vetro
della
finestra, e sia io che lui rilasciammo un sospiro di beatitudine.
Edward
intrecciò le sue dita alle mie, stringendole forte, e
godendosi quella
sensazione ad occhi chiusi; io mi girai a guardarlo, sorridendo
contenta quando
notai le sue labbra incurvate in un leggero sorriso.
“ Che
c’è? ” Quasi sussultai sentendo la sua
voce, non mi ero accorta avesse aperto
gli occhi e mi avesse colto in fallo a contemplarlo.
“ Nulla.
” Distolsi subito lo sguardo, puntandolo su un cespuglio di
rose.
“ Provi
ribrezzo a guardarmi, vero? ” Puntai nuovamente gli occhi su
di lui, non potevo
pensare che credesse che io alla luce non riuscissi a guardarlo in
faccia.
Forse era per questo che, nonostante oramai lo conoscessi, non mi aveva
dato
l’ordine esplicito di tenere le tende aperte e le luci accese.
“ Non
dirlo neppure per scherzo Edward. Tu non fai ribrezzo, il tuo viso non
è meno
bello perché ci sono delle cicatrici, io neppure le vedo se
mi soffermo ad
osservare i tuoi occhi. Sono così luminosi, così
vivi e pieni di vita che è
difficile non notarli, anche se c’è sempre un velo
di malinconia a coprirli, a
renderli più foschi, ma non per questo meno interessanti.
C’è un mondo dietro che
ti tormenta, ma tu sei una bellissima persona Edward, ho avuto modo di
vederlo
in questi mesi, e le cicatrici non cambiano quello che sei. Se qualcuno
ti fa
pesare ciò, non sei tu ad avere problemi, ma loro. Non
c’è nulla che possa
farmi provare ribrezzo nei tuoi confronti. ” Gli risposi
sincera, senza
smettere per un attimo di guardarlo negli occhi, inginocchiandomi per
arrivare
alla sua altezza; non so cosa mi spinse a farlo, ma come se fosse
dotata di
vita propria, sollevai la mano che non stringeva la sua e con estrema
lentezza,
così che lui capisse cosa volessi fare e avesse, in caso, il
tempo di
bloccarmi, la poggiai sulla guancia lesa.
All’inizio
il tocco era appena percepibile, non volevo forzarlo, notavo la paura
nei suoi
occhi, così gli strinsi più forte la mano e non
staccai mai lo sguardo da lui,
per cercare di infondergli quanto più coraggio potessi.
Quando intensificai il
tocco, poggiando completamente la mano sulla sua guancia, fu strano
sentire
quegli avvallamenti sotto le mie dita, ma non provai ribrezzo; Edward
dopo un
attimo di tensione, si poggiò completamente sulla mia mano e
chiuse gli occhi,
liberando un sospiro, e a quel punto feci anche io lo stesso, non
rendendomi
conto che durante tutto quel tempo lo avessi trattenuto.
Quando li
riaprì, sorrise felice, un sorriso che finalmente
arrivò anche ai suoi occhi,
facendoli brillare, un sorriso che mostrò tutta la giovane
età e la
spensieratezza di quell’uomo che la vita aveva provato
più di quanto meritasse.
“ Ciao. ”
Disse senza un motivo.
“ Ciao. ”
Risposi io a mia volta.
E poi
accadde.
Lentamente
Edward avvicinò il suo viso al mio, cercando un segno di
rifiuto nei miei
occhi, ma non ve ne trovò, perché in quel momento
lo volevo anche io, volevo
sentire il suo sapore sulle mie labbra; quando i nostri nasi si
sfiorarono e il
suo respiro s’infranse sul mio viso, chiusi gli occhi per
gustare meglio quegli
attimi e per evitare di rovinare tutto accelerando le cose e
avvicinandomi a
lui con impeto.
Schiusi
le labbra nell’attimo in cui Edward giocò con i
nostri nasi, come in una sorta
di bacio all’eschimese, e poi…
Poi lo
sentii irrigidirsi e tirarsi indietro.
“ Scusami,
non posso. ” Mormorò, e poi si
allontanò, utilizzando tutta la forza nelle sue
braccia per spingere indietro la carrozzella e rientrare quanto
più velocemente
possibile in casa, lasciandomi lì, con la voglia di sentire
le sue labbra sulle
mie, la delusione di essere stata respinta e la consapevolezza che
chiunque
fosse quella ragazza che aveva sognato quella notte, era una presenza
ancora
importante per lui.
E adesso
capii cosa volesse dire William.
Avevo
iniziato a farmi male.
Scusate,
posto di corsa e non ho tempo per inserire la copertina o rispondere
alla recensioni, ma lo farò. Vi avevo promesso un
aggiornamento più rapido, ma non mi è stato
possibile. Grazie a chi continua a seguirmi, siete magnifiche e un
benvenuto ai nuovi arrrivati. Alla prossima, Paola
|
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Capitolo 6 *** Odi et amo ***
ODI
ET AMO
<
Contro
i sentimenti siamo disarmati, poiché
esistono e basta, e sfuggono a qualunque censura. Possiamo
rimproverarci un
gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun
potere.
>
Milan Kundera
Avevo
passato la notte insonne, ma in fondo come avrei potuto dormire? Le sue
parole
non facevano altro che rimbombare nella mia testa, come se un
registratore le
ripetesse all’infinito, per essere certi che mi rimanessero
impresse e forse,
chissà, mi facessero riflettere.
Ma su
cosa avrei dovuto riflettere?
La mia
vita era diventata qualcosa che non volevo più controllare,
ero quasi un automa
che passava le sue giornate a scandire il tempo che mancava
perché il sole
tramontasse e un nuovo giorno desse nuovamente inizio alla mia misera
vita.
Io non
riuscivo più a vedere il mondo che mi circondava, mi sentivo
totalmente
abbandonato a me stesso, solo Tanya avrebbe potuto riportarmi alla
vita, perché
la sua assenza aveva lasciato un vuoto enorme dentro me. Se chiudevo
gli occhi
riuscivo ad immaginarla accanto a me, sentivo il calore del suo corpo,
che mi
mancava come l’aria nei polmoni; mi mancava così
tanto che spesso avevo sentito
il desiderio di seguirla, di farla finita e raggiungerla ovunque lei
fosse, ma
poi mi tiravo indietro, troppo codardo e vigliacco per porre da solo
fine alla
mia vita, se così poteva chiamarsi la mia esistenza: vivevo
in assenza di lei,
in me non c’era più vita.
E invece
lei mi aveva fatto credere che io fossi migliore di quello che credevo,
che per
me ci fosse ancora speranza.
In tutti
questi mesi non riuscivo a capire cosa quella ragazza stesse cercando
di fare:
l’avevo trattata male più di una volta, arrivando
a cacciarla in piena notte da
questa casa, eppure lei era rimasta con me, pensando forse di potermi
aiutare,
ma non sapeva che era una guerra persa in partenza.
Certo,
alcune battaglie le aveva vinte, era riuscita a farmi apprezzare
nuovamente il
sole, la bellezza di quel calore che riesce a scaldarti anche quando
dentro il
tuo cuore alberga solo il gelo, era riuscita in qualcosa che mai
nessuno prima
aveva tentato: era caparbia e furba, con l’inganno aveva
aperto quelle tende
che non venivano schiuse da cinque lunghi anni, e io non mi ero
infuriato con
lei, anzi, avevo apprezzato il suo gesto, soprattutto quando mi aveva
condotto
fuori, in giardino, e mi aveva sorriso felice quando aveva visto che mi
stavo
godendo quel momento.
Ma non
ero pronto quando aveva preso a toccarmi la guancia ferita.
Non avevo
mai permesso a nessuno di toccarmi lì, neppure a mia madre,
a malapena poteva
farlo mio padre quando, i primi tempi dopo l’incidente,
doveva cambiarmi la
fasciatura; non volevo essere toccato per vedere nei loro occhi la pena
e la
compassione per quel figlio che non sarebbe stato più lo
stesso, non sopportavo
di vedere le loro mani tremanti mentre si avvicinavano a me, cercando
di non
sfiorare quella guancia, e non riuscivo a capire se fosse per paura di
fare del
male a me o perché davvero si schifavano del mio nuovo
aspetto.
Lei,
invece, mi aveva accarezzato delicatamente, con un tocco appena
percettibile, e
quando aveva notato che io non rifuggivo il suo tocco, non aveva
esitato ad
appoggiare completamente la mano sulla mia guancia, e io mi ero
lasciato andare
a quel tocco, desideroso di sentire nuovamente il calore umano
penetrare
attraverso la mia pelle martoriata. Le avevo sorriso, felice per aver
superato
quella prova che per me era stata sempre tanto ardua, ma che lei aveva
affrontato con enorme coraggio: io stesso a volte non riuscivo a
toccare la mia
guancia, e invece lei lo aveva fatto come se fosse la cosa
più normale del
mondo. E io in quel momento avevo provato il desiderio,
l’impulso di baciarla:
stavo quasi per farlo e avevo capito che lei non si sarebbe tirata
indietro, ma
poi il coraggio mi era venuto meno, sopraffatto da tutto quello che
quel bacio
avrebbe significato, e così ero scappato.
Desiderio…
davvero il mio corpo era ancora in grado di desiderare qualcuno? Io non
potevo
provare certe sensazioni, io non potevo continuare a vivere come se
nulla fosse
accaduto quando due delle persone più importanti della mia
vita non potevano
più farlo.
Ma
nonostante questo, sentivo il bisogno di aprirmi con Isabella, di
raccontarle
cosa mi era successo: non avevo mai avuto la voglia di parlarne con
qualcuno,
il solo pensiero di rivivere quegli eventi mi gettava nel panico, ma
lei era
davvero una ragazza
molto dolce, capace
di farmi sentire voluto bene anche se nessuno più aveva
deciso di
dimostrarmelo, e volevo condividere con lei il mio dolore.
Non mi
aveva mai chiesto nulla, eppure io avrei voluto coinvolgerla, da
egoista quale
ero, nel mio dramma, raccontandole tutto.
Decisi di
scendere a fare colazione, sapevo che Bella si alzava presto per farla
con
William e preparare la mia, per cui non sarebbe stato un problema se
fossi
sceso prima.
All’ingresso
del soggiorno, però, mi bloccai, sentendo le loro voci: non
so perché lo feci,
ma fu come se una strana sensazione mi dicesse di non palesare subito
la mia
presenza, che loro erano impegnati in un discorso privato.
“ Hai
dormito un po’ stanotte? ” Le chiese il mio
maggiordomo, ma da lei non udii
alcuna risposta, probabilmente aveva risposto con un cenno della testa.
“ Bella,
ti avevo avvisato di stare attenta. Edward non è una persona
semplice. ”
“
William, ma come potrebbe esserlo? E’ legato a qualcuno del
suo passato, credo
la stessa donna che ha sognato la notte in cui è stato male,
ma non può
continuare a vivere ingabbiato nei ricordi, si farà solo del
male. ” Gli
rispose lei, con voce accorata.
“ Ti
avevo avvisato che poteva essere pericoloso, anche a lui avevo detto
che
prendere una ragazza come te non era una buona idea: guardati, sei
pallida come
un lenzuolo, hai gli occhi cerchiati, stai iniziando a
distruggerti per lui. ”
“ Sto
bene, ok? Non potevi pretendere che dormissi sonni sereni dopo quello
che è
successo in giardino, non ho fatto altro che pensarci tutto il giorno e
stanotte ho rivissuto la scena continuamente. Come si fa a rimanere
impassibili
di fronte al suo gesto? ”
“ Come fa
lui. ”
“ Cosa
vuoi dire? ”
Sapevo
cosa William le avrebbe detto e quale, probabilmente, sarebbe stata la
reazione
di Isabella, ma non avevo intenzione di interromperli proprio ora: se
le parole
del mio maggiordomo fossero servite a salvare la ragazza, lo avrei
lasciato
fare, lei non meritava tutto questo.
“ Lui è
incapace di provare sentimenti, non è più in
grado di provare gioia, felicità,
neppure gratitudine vero chi lo ha sempre aiutato: non lasciarti
trascinare
nella sua spirale di autodistruzione. ”
“ Non è
vero, io ho visto la felicità nei suoi occhi: quando siamo
andati in giardino
lui era realmente felice, ho visto i suoi occhi illuminarsi.
È vero che sono
annebbiati da un profondo velo di tristezza, ma amandolo sono sicura
che quel
velo volerà via. ” Vidi chiaramente il mio
maggiordomo irrigidirsi quando lei
usò quel verbo che ormai era fuori dal mio vocabolario,
completamente
cancellato.
“ Bella,
tu lo ami? ” Quando William glielo chiese, io trattenni
automaticamente il
respiro: mi amava? No, non poteva essere, non glielo avrei permesso, io
non ero
più in grado di amare, io ero solo un mostro, una bestia che
era diventata
incapace di provare sentimenti, perché donare il proprio
cuore a qualcuno alla
fine portava solo tanto dolore, in un modo o nell’altro te lo
avrebbero sempre
spezzato, e allora era meglio non concederlo più a nessuno.
“ Non lo
so. Se amare vuol dire stare bene quando lo sta lui, essere felici
perché lui è
felice, allora sì, credo di essere innamorata di lui. Fino a
due giorni fa non
lo credevo possibile nemmeno io, ma vederlo così sereno, in
giardino, ha smosso
qualcosa in me” Concluse, con la voce rotta dal pianto, e
poco dopo sentii i
suoi singhiozzi e il rumore di una sedia che veniva spostata: quasi
certamente
William si era alzato per consolarla.
Mi
allontanai velocemente da lì, andando nel mio studio, con il
fiato corto come
se avessi appena corso una maratona e il cuore che pompava furioso nel
petto:
cosa mi stava succedendo?
Quella
ragazza stava stravolgendo il mio mondo, stava succedendo quello che
non
sarebbe mai dovuto succedere ed era solo colpa sua. Se lei non avesse
preso
quella maledetta chiave dal mio armadio, se lei non fosse entrata in
piena
notte in camera mia, io non l’avrei cacciata, lei non si
sarebbe ammalata e io
non mi sarei sentito in dovere di scusarmi con lei e di mostrarmi meno
distaccato nei suoi confronti; se lei non si fosse dimostrata
così ben disposta
nei miei confronti, se non si fosse prodigata tanto per farmi
assaporare
nuovamente alcune delle bellezze della vita, io non l’avrei
certo coinvolta
nella mia vita e adesso lei non starebbe di là a piangere, e
io qui a
torturarmi cercando di capire come poterla allontanare.
Ma poi mi
vennero in mente le parole che Tanya mi ripeteva sempre, che nella vita
non
bisognava vivere di ipotesi, che i “ se ” avrebbero
dovuto abolirli, perché ci
saremmo trovati sempre davanti a delle scelte, e continuare a pensare a
come
sarebbe stato se si fosse intrapresa l’altra strada, ci
avrebbe impedito di
vivere appieno quella che avevamo deciso di percorrere; e adesso le sue
parole
sembravano profetiche, considerando come era andata con lei.
I nostri
sogni erano andati infranti nel giro di pochi secondi, una intera vita
passata
a fare progetti, ad immaginare le nostre vite, e tutto era scomparso,
tutto era
come se non fosse mai esistito. Le nostre promesse, i nostri progetti,
il nostro
amore, non esisteva più niente, eppure io sapevo che non
erano andati via del
tutto: era come quando sogni qualcosa di notte e poi ti svegli di
soprassalto,
cercando di ricordare invano cosa stavi sognando, ma con la
consapevolezza che
era qualcosa di bello e che ti lascia addosso quella strana sensazione
di
insoddisfazione che non se ne va facilmente. Solo che da me non se ne
sarebbe
mai andata, perché io non volevo dimenticare Tanya, non
volevo che il mio cuore
appartenesse a qualche altra donna, ecco il motivo per cui mi ero
rifugiato in
questo casolare che doveva essere la nostra casa: mi ero nascosto dal
mondo
esterno, dalle tentazioni che potevano esserci, e adesso il
comportamento di
Isabella mi stava portando in confusione.
In questo
momento avrei avuto bisogno della mia migliore amica, di sfogarmi con
lei, che
sicuramente mi avrebbe saputo dire cosa fare. Immaginai cosa mi avrebbe
detto
lei se fosse stata qui con me, e quasi sentii la sua voce sussurrarmi
nelle
orecchie < Ascolta il tuo cuore, fai
quel che dice anche se fa soffrire, prova a volare oltre questo dolore,
perché
questo non potrà mai cancellare il tuo destino. Nel silenzio
troverai le
parole: chiudi gli occhi e lasciati andare. È difficile
capire qual è la cosa giusta
da fare, ma anche quando ti sembra che tutto stia per crollare, credi
in te e
ascolta il tuo cuore, solo così non ti ingannerai. >
Cosa
voleva il mio cuore? Davvero era pronto ad aprirsi nuovamente al mondo,
a
rischiare di spezzarsi in pezzi ancora più piccoli?
Se fossi
stato un ragazzino alle prime armi, non avrei saputo dare un nome a
queste
sensazioni che mi agitavano l’animo e quasi mi toglievano il
sonno la notte;
ero certo che non fosse ancora amore, non di quello forte e intenso che
mi
avrebbe spinto a dirle “ ti amo ”, ma era
un’emozione intensa, che riusciva a
farmi mancare il respiro e accelerare i battiti del mio cuore non
appena lei
cercava di fare qualsiasi cosa che potesse farmi stare meglio.
Decisi
di
chiamare Isabella nel mio studio, forse un confronto diretto con lei mi
avrebbe
schiarito meglio le idee; entrò dopo qualche minuto, dopo
aver finito di pulire
un vetro, e quando lo fece provai una strana fitta
all’altezza dello stomaco.
“ Voleva
vedermi, signore? ” Rimasi interdetto: non le avevo mai visto
questo
atteggiamento di sottomissione nei miei confronti, aveva il capo chino
ed
evitava di guardarmi negli occhi, e poi mi stava dando del lei quando
oramai ci
davamo del tu.
“
Isabella, perché mi stai dando del lei? ”
“
Preferisco ristabilire i confini del nostro rapporto. ”
Rispose mesta.
“ E’
davvero questo che vuoi? ” Mi accertai: volevo che me lo
dicesse guardandomi
negli occhi.
“ Questo
è quello a cui tu mi costringi Edward. ”
Urlò, e stavolta fissò il suo sguardo
nel mio, ma forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto: stava
piangendo,
i suoi occhi erano colmi di lacrime e dolore, ed era tutta colpa mia.
“ Io non
riesco a starti dietro, i tuoi sbalzi d’umore rischiano di
mandarmi al
manicomio, e io ho bisogno di proteggermi. Non posso rischiare di farmi
ancora
più male, e l’unico modo per farlo è
ristabilire i confini, ritornare ad essere
serva e padrone. ” Continuò, asciugandosi
rabbiosamente le lacrime che le
solcavano le guance.
In quel
momento capii che la stavo uccidendo, che la stavo trascinando affondo
insieme
a me, e non lo volevo, non me lo sarei mai perdonato, quindi era giusto
lasciarla andare se questo fosse servito a salvarla. Non importava che
adesso
avessi avuto la certezza che lei stava facendo tornare a battere il mio
cuore
come un tempo.
“ Se
pensi che questa sia la cosa giusta da fare, sentiti libera di andare
via, non
voglio trattenerti qui contro la tua volontà. ”
“ No, ho
bisogno di questo lavoro, almeno fino a quando non ne
troverò un altro, quindi
stringerò i denti e rimarrò. ” Disse,
alzando lo sguardo verso il soffitto per
evitare che nuove lacrime strabordassero dai suoi occhi: era la ragazza
più
orgogliosa e combattiva che avessi mai incontrato.
“
Qualsiasi tua decisione per me andrà bene. ”
Annuì e poi lasciò la stanza prima
che io potessi aggiungere altro.
Ma
in
quel momento seppi che da ora in poi avrei fatto di tutto per
trattenerla.
Buongiorno
ragazze! Scusate il ritardo, ma le settimane appena trascorse sono
state un po' caotiche. Ho notato un calo nelle letture: so che tra
scuola, università e lavoro il tempo è sempre
poco, ma vorrei capire se è qualcosa che dipende dalla
storia e se, eventualmente, io potrei porvi rimedio...
Detto
ciò, ringrazio infinitamente chi continua ad esserci,
infatti volo a rispondere alle recensioni!
E
un grazie speciale a Ile per la copertina :)
Dimenticavo,
il pov naturalmente è un pov Edward, ma credo non ci fosse
bisogno di specificarlo: avete quindi conosciuto la sua testolina
bacata e confusa.
Alla
prossima, Paola
|
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Capitolo 7 *** Come se non fosse amore ***
COME
SE NON FOSSE
AMORE
< It's in
the
stars
It's been written in the scars on our hearts
We're not broken just bent
And we can learn to love again. > Just give me a
reason, Pink
Edward,
Edward, Edward: sempre e solo lui.
Più mi
ostinavo a non pensarci, più la mia testa decideva di
ripresentarmelo.
Più
cercavo di evitarlo, più lui sembrava essere dotato del dono
dell’ubiquità, me
lo ritrovavo sempre davanti, e se prima il giardino era una mia via di
fuga,
adesso, per causa mia, neppure più quello lo era, dato che
lui non temeva più di
mostrarsi alla luce del sole. Sapevo di doverne essere contenta, che in
questo
modo avevo contribuito a rendere meno triste la sua vita, e lo ero, ma
rischiavo di diventare matta così.
Non
riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa, sembrava intenzionato
a
mandarmi al manicomio più velocemente di quanto non avesse
provato a fare in
passato, e la cosa che mi faceva infuriare era che adesso i nostri
rapporti
erano ridotti al minimo, quindi lui non avrebbe dovuto avere tutto
questo
potere su di me.
Stavo
pulendo la camera degli ospiti quando sentii miagolare, e affacciandomi
dalla
finestra, vidi il mio amichetto peloso girovagare nel giardino in cerca
del suo
latte.
Dopo aver
riempito un piatto di plastica, andai fuori e mi crogiolai un
po’ al sole insieme
a lui.
“ Ciao
piccolino, hai fame, vero? ” Mentre lui leccava frenetico, io
lo accarezzavo
godendomi le sue fusa. Ad un tratto sentii la porta di casa
scricchiolare e non
so perché, seppi immediatamente che di lì a
qualche minuto Edward mi avrebbe raggiunto,
infatti poco dopo vidi la sua ombra sovrastarmi.
“ Se ti
fa piacere puoi anche tenerlo: la casa è grande, non
è un problema. ” Mi
propose gentile.
“ Grazie,
ma no. È un gattino randagio, abituato ad avere i suoi
spazi, a scorrazzare
ovunque; in casa si sentirebbe in gabbia, tenterebbe continuamente di
scappare.
” Gli spiegai, senza distogliere gli occhi da quella palla di
pelo che aveva
preso a morsicarmi il dito e a leccarlo tutto quasi fosse un
lecca-lecca.
“ Sei tu
l’esperta. ” Disse e allungò quanto
più possibile il braccio, così che potesse
accarezzare anche lui il gattino, e quando alzai gli occhi lo trovai
intento a
fissarmi, e per un attimo mi smarrii in quel verde tanto intenso che
erano le
sue iridi.
“ Come si
chiama? ”
“ Chi? ”
Chiesi come una scema, ancora inebetita dalla bellezza dei suoi occhi.
“ Il
gattino, a chi vuoi che mi riferisca. ” Rise, guardandomi
come se davanti a lui
ci fosse una ritardata.
“ Non ci
ho mai pensato. ”
“ Fallo
ora. Abbiamo tutto il tempo che vuoi. ”
Ci pensai
un po’ su, cercando un nome che si adattasse a quel
piccolino, che
rispecchiasse il suo carattere girovago e curioso.
“ Cloch.
”
“ Cloch?
” Ripeté interdetto Edward.
“ Un
diminutivo di clochard, in fondo è un senzatetto.
” Spiegai, arrossendo un po’
per quel nome parecchio strambo che gli avevo trovato.
“ Mi
piace, si addice a lui. ” Disse Edward sorridendo,
strizzandomi l’occhiolino.
“ Adesso
devo andare. ” Mi alzai, e riordinando le pieghe della gonna,
mi allontanai.
“ Bella,
aspetta. ” Mi richiamò lui.
“ Devo
andare signore, ho delle cose da sbrigare. ” Mi incamminai a
passo svelto,
quasi correndo, allontanandomi dalla tentazione che
quell’uomo rappresentava
per me.
Tornata
nella stanza che stavo pulendo, mi chiusi la porta alle spalle e tirai
un
sospiro di sollievo per essere riuscita a tenerlo a bada, per avergli
tenuto
testa, anche se alcune volte mi ero persa ad osservare quei due
smeraldi che si
ritrovava al posto degli occhi. Alzai gli occhi al cielo, seccata con
me stessa
per non stare mantenendo fede alla promessa di non pensare
più a lui in certi
modi, e quel movimento mi fece notare qualcosa poggiato sul comodino
che prima
non c’era; mi avvicinai curiosa, e presi quel bigliettino,
leggendo quello che
vi era scritto.
<
Nella
vita ci sono cose che
ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno
le
vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. A quel
punto le soluzioni sono
due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le
affronti.
Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la
possibilità di
scegliere se in bene o in male.
Edward >
Rilessi
quel biglietto all’infinito, fin quasi ad impararlo a
memoria,
cercando di capire cosa volessero dire quelle parole. Si riferivano a
me o a
lui? Era lui che stava scappando da me, con i suoi sbalzi
d’umore, con il suo
allontanarmi non appena le cose diventavano più intime, o
io, con la mia
decisione di prendere le distanze da lui e ristabilire i confini
com’era giusto
che fosse? Era un modo per farmi capire che era cambiato, che adesso
era pronto
ad affrontarmi oppure che stava scappando definitivamente, capendo di
non poter
andare oltre quello che aveva già fatto?
Decisi di
lasciare perdere, in quel momento non volevo altre complicazioni, era
già
abbastanza difficile combattere con i miei sentimenti: ogni volta che
chiudevo
gli occhi sentivo nuovamente il calore delle sue braccia circondarmi,
mi
mancavano le nostre discussioni, i nostri momenti felici; sapevo che
tutto
questo era solo nella mia testa, che potevo amarlo solo la notte,
quando le mie
difese si abbassavano e mi permettevano di sognare un mondo nel quale
io e lui
saremmo potuti stare insieme, ma non appena sorgeva il sole le mie
fantasie
svanivano, era un amore a senso unico.
Sapevo di
dovermene andare al più presto, solo la lontananza e il
dimenticarlo potevano
impedire al mio cuore di amarlo più di quanto non stesse
già facendo ora, perché
un sentimento senza nutrimento muore, quindi speravo che allontanarmi
da lui
fosse la cosa giusta da fare per tornare a stare bene.
“ E’
andata bene la tua giornata oggi? ” Mi chiese Edward mentre
tagliava un pezzo
del suo arrosto.
“ Sì, una
normalissima giornata, non è accaduto nulla di particolare.
” Risposi schietta,
evitando accuratamente ogni riferimento al bigliettino.
“
Veramente qualcosa è accaduto. ”
Precisò, e io sentii subito il sangue
affluirmi alle guance e colorarmele di rosso: ero stata scoperta, ma
decisi di
fare la finta tonta.
“ E cosa?
” Balbettai.
“ Abbiamo
dato il nome a Cloch, no? ” Rispose come se niente fosse, ed
effettivamente non
era nulla, ma io avevo rischiato di morire d’infarto.
“ Oh, sì
certo. ” Farfugliai poco convinta, in quel momento mi ero
pure dimenticata del
mio amichetto peloso.
“
Isabella, ti senti bene? Hai le guance parecchio rosse. ”
“ Forse è
perché ho bevuto un po’ di vino durante la cena.
” Mentii, ma lui parve bersela
e non fece ulteriori domande, continuando a mangiare tranquillo.
Attesi
che finisse di cenare per fargli la domanda che mi frullava nel
cervello da un
paio di giorni ma che non avevo ancora trovato il coraggio di fare.
“ Signore,
volevo chiederle, se dovessi imbucare delle lettere, devo scendere fino
in
città? ”
“ Perché? A chi devi scrivere? Puoi usare il mio
computer se vuoi sentire
qualcuno, è più semplice. ” Mi
offrì gentilmente il suo aiuto, stupendosi per
quella mia particolare richiesta, al giorno d’oggi non era
molto usuale che
qualcuno scrivesse delle lettere.
“ Se per lei va bene dovrei inviare dei curricula ad un paio
di famiglie… ” Quasi
sussurrai, perché ero sicura che quello che avevo in mente
di fare non sarebbe
stato molto gradito da lui.
“ Quindi sei intenzionata ad andartene... ”
Puntualizzò con un tono di voce
secco, completamente diverso da quello affabile che aveva usato poco
prima offrendomi
il suo aiuto.
“ Sì, credo sia la scelta migliore. ”
Precisai.
“ Fa come vuoi Isabella, ma in questo caso dovrai andare fino
al paese più
vicino per imbucare le tue lettere e potrai farlo solo nel tuo giorno
libero,
non ti concederò alcun permesso, dovrai aspettare altri 5
giorni. Non ti
aiuterò a scappare. ” Si girò di
scatto, con talmente tanta furia da sbattere
contro il tavolo e far tremare le bottiglie, che per poco non caddero,
e io
feci un passo indietro spaventata, non volevo si arrivasse ad uno
scontro del
genere.
“ Io non sto scappando! ” Ribattei, guardandolo
dritta negli occhi, senza
lasciarmi intimidire dalla rabbia che animava i suoi.
“ Invece mi sembra che tu stia facendo proprio questo.
”
“ Si sbaglia, io voglio solo riavere un po' di
serenità. ” Urlai in risposta,
frustrata per la scenata che mi stava facendo. Lui si
avvicinò rapido a me, e
io indietreggiai fino a trovarmi con le spalle al muro, così
da risultare
incastrata tra la parete e la sua sedia a rotelle, con lui che era
proteso in
avanti, e non potei non notare quanto risultasse attraente nonostante
avesse i
lineamenti stravolti dalla furia.
“ E pensi che cambiando casa e famiglia potrai dimenticare
tutto quello che è
accaduto qui? ” Sussurrò, con la voce pregna di
rabbia.
“ Lo spero. ” Ammisi.
“ Mi sono sbagliato su di te, non pensavo fossi
così. ” Parlò con un tono
malinconico, quasi triste, come se finalmente avesse accettato la
sconfitta.
“ Anche io ho sbagliato, mi ero illusa fossi una persona
migliore. ” Gli diedi
nuovamente del tu e lui se ne accorse subito, lo vidi dai suoi occhi
che si
spalancarono e nello stesso tempo si velarono di dolore, e mi pentii di
aver
detto quelle parole. Sbatté un pugno al muro, facendomi
sussultare dallo
spavento, per poi liberarmi dalla sua stretta; si allontanò senza dire una sola parola,
lasciandomi lì,
con il fiato corto e la testa frastornata da mille domande che non
avrebbero
mai trovato risposte molto probabilmente.
Presi un
respiro profondo, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di
uscire, e
rimisi a posto la tavola, volevo fare qualcosa che mi riportasse alla
normalità, lavorando meccanicamente così da non
dover pensare. Ma quando
afferrai il suo piatto, trovai un altro bigliettino ripiegato, e
sapendo già
cosa aspettarmi, lo presi con mani tremanti, mentre il cuore sembrava
volermi
uscire dal petto.
<
Qualcuno ha detto
che nel momento in cui ti soffermi
a pensare se ami o no una persona, hai già la risposta
>
Stavolta
rimasi completamente sconvolta, ma decidi di non lasciar perdere, avevo
bisogno
di chiarimenti dopo questa sua ultima confessione così
esplicita, e li avrei
ottenuti. Andai a cercarlo nel suo studio, ma era deserto,
così salii in camera
sua e dopo aver bussato, non ottenendo alcuna risposta, spalancai la
porta ma
anche lì non c’era anima viva; a quel punto capii
che si era rifugiato al piano
di sopra, quello che mi era interdetto. Mi sedetti sul suo letto,
sperando che
non rimanesse lì tutta la notte; quando sentii il cigolio
della sedia a rotelle
e l’apparecchio che lo aiutava a scendere le scale, mettersi
in moto, il cuore
cominciò a battere come un forsennato, sembrava quasi
volesse uscirmi dal
petto, perché temevo che non sarebbe stato felice di vedermi
lì ad attenderlo.
“ Cosa ci
fai qui? ” Chiese con un tono sorpreso non appena i nostri
sguardi si
incrociarono.
“ Non ti
trovavo e ho deciso di aspettarti qui. ”
“ Salgo
su quando ho bisogno di pensare e di stare da solo. ”
Sussurrò, entrando nella
stanza e chiudendo la porta, forse per avere maggiore privacy.
“ Se vuoi
vado via, ma avrei bisogno di parlarti. ” Mantenni anche io
un basso tono di voce,
quasi non volessi spezzare quel fragile equilibrio che si era creato.
“ Ora mi
dai nuovamente del tu? ”
“ Edward,
sei stato tu a costringermi a fare marcia indietro nel nostro rapporto,
sei tu
che rischi di farmi impazzire. ”
“
Isabella non ho le forze di portare avanti una nuova discussione,
quindi dimmi
cosa vuoi e poi lasciami solo. ”
“ Cosa
significano questi bigliettini? ” Visto che aveva fretta di
rimanere da solo,
andai dritta al punto. Vidi Edward prendere fiato e poi accasciarsi
nella carrozzella
come se portasse addosso tutto il peso del mondo.
“ Quello
che c’è scritto. ”
“ E cosa
vogliono dire? ”
“ Ho
sentito la tua discussione con William di qualche giorno fa, volevo
aiutarti a
prendere delle decisioni che avrebbero cambiato la tua vita ma a quanto
pare ho
fallito. ” Sembrava triste, come se realmente avesse perso
una battaglia.
“ Edward
vuoi che rimanga qui? ”
“ Io non
voglio niente, io non imporrei mai la mia presenza a nessuno,
né tantomeno
tratterrei qualcuno contro la sua volontà, quindi va per la
tua strada
Isabella. ”
“ Perché
non riesci mai a darmi una risposta precisa? Usi questi giri di parole
che non
fanno altro che confondermi e farmi esasperare. ” Lo
attaccai, infischiandomene
del fatto che lui non volesse più litigare per quella sera.
“ Vuoi
che parli chiaro e tondo? Perfetto, vattene se hai la
possibilità, io non ti
tratterrò o ti legherò per convincerti a restare.
Sono stato abbastanza chiaro
adesso? ” Sputò minaccioso.
“ Sì,
adesso sì. ” Lasciai la stanza senza aggiungere
altro, chiudendomi la porta
alle spalle.
Avevo
sentito quello di cui avevo bisogno per rendere definitiva la mia
scelta di
andare via: lui non mi voleva.
E' stato
strano riaprire word e efp dopo tutto questo tempo, ma eccomi. Scusate
l'enorme ritardo, ma di questi tempi io e la scrittura, causa parecchi
impegni, non andiamo molto d'accordo.
Le
frasi tra le virgolette sono, rispettivamente, di Giorgio Faletti e di
Carlo Ruiz Zafòn.
Alla
prossima, spero di non farvi aspettare tanto, Paola
|
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Capitolo 8 *** Unconditionally ***
UNCONDITIONALLY
<
E’ facile innamorarsi di qualcuno per la
prima volta. Ma prova a innamorarti una seconda volta dopo il dolore e
i lividi
sul cuore. Forse l’amore inizia proprio lì,
nonostante sai cos’è il dolore,
rischi ancora tutto. > Kimochi
Chiusi
l’ultima valigia e con quel gesto chiusi anche il mio cuore.
Asciugai
rabbiosamente le lacrime che non smettevano di solcarmi le guance e
diedi
un’ultima occhiata in giro per accettarmi di non aver
lasciato nulla.
Erano
passati quindici giorni da quando avevo preso la mia decisione di
trovare un
altro lavoro; William mi aveva accompagnato in paese per imbucare le
buste,
sorridendomi incoraggiante quando la mia mano aveva iniziato a tremare
e si
rifiutava di lasciar cadere quei curricula nella cassetta.
“ Hai
fatto la scelta migliore. ” Mi consolò mentre
tornavamo verso la macchina.
Ma se era
davvero la cosa migliore, perché io mi ero sentita morire?
Perché adesso
sentivo un tremendo dolore al petto all’idea di abbandonare
lui?
Lui che
non mi rivolgeva da giorni la parola, lui che evitava persino il mio
sguardo se
per caso ci incrociavamo in casa; mi aveva dispensato dal servigli i
pasti,
così c’erano giorni in cui realmente non lo vedevo
mai, proprio come negli
ultimi due. Speravo almeno di riuscire a salutarlo prima di partire, ma
ne
dubitavo.
Avevo
trovato una famiglia disposta a concedermi tre settimane di prova e se
fossi
andata bene, mi avrebbero preso a servizio. Quando lo avevo comunicato
a Edward
lui si era limitato a farmi firmare le mie dimissioni, senza dire una
sola
parola.
Presi un
respiro profondo e, afferrata la valigia, mi chiusi la porta alle
spalle di
quella che era stata la mia camera in quei mesi. Con passo pesante
scesi di
sotto, dove trovai solo William ad aspettarmi: si era gentilmente
offerto di
accompagnarmi dalla mia nuova famiglia e a quanto sembrava Edward gli
aveva
concesso il permesso di farlo.
“ Sei
pronta? ”
“ Lui? ”
Non c’era bisogno che specificassi di chi stessi parlando,
William lo sapeva
benissimo e poi non era difficile capire a chi mi stessi riferendo
considerando
che eravamo gli unici tre abitanti della casa, che presto sarebbe
tornata ad
ospitarne solo due.
“ Mi
dispiace, ma non ha lasciato la sua camera da ieri. ”
Annuii,
scacciando l’ennesima lacrima traditrice e aiutata da
William, indossai la mia
giacca e lasciai definitivamente quella casa.
In
macchina regnava il silenzio ad eccezione dei miei singhiozzi che non
riuscivo
a trattenere; infilai una mano in tasca per cercare un fazzoletto e
quando la
tirai fuori, mi cadde qualcosa dalla tasca. Mi chinai a raccoglierlo,
pensando
fosse qualche scontrino che avevo dimenticato di buttare, ma il mio
cuore perse
un battito non appena riconobbi la calligrafia di Edward su quel
bigliettino.
Lo aprii con mani tremanti, trattenendo il fiato:
<
"
L'ho lasciata andare! "
"
Cosa? Come avete potuto farlo? "
"
Ho dovuto.. "
"
Ma perchè? "
"
Perchè ne sono innamorato! " >
”
FRENA! ” Urlai a William di colpo, prendendolo
totalmente alla sprovvista.
“ Bella che c’è, ti senti male?
” Si allarmò quel
pover uomo, immaginando chissà quale malessere mi stesse
venendo.
“ Dobbiamo tornare indietro. ”
“ Hai dimenticato qualcosa? ”
“ Il mio cuore. ” Gli risposi sincera, stringendo
al
petto quel bigliettino che aveva riacceso in me una piccola speranza.
Non ci fu
bisogno di aggiungere altro, con molta attenzione William fece
un’inversione ad
U e ripercorse la strada appena fatta all’incontrario.
Quando
arrivammo al viale d’ingresso non attesi
nemmeno che la macchina fosse del tutto ferma prima di scendere e
precipitarmi
dentro casa; salii le scale di corsa, con il cuore in gola e quando
arrivai
davanti la sua camera non bussai nemmeno, ma spalancai direttamente la
porta,
trovando Edward disteso sul letto che fissava il soffitto.
“ Dimmi che ho capito bene questo bigliettino. ”
“ Bella? ” Si mise a sedere di scatto, meravigliato
che io fossi di fronte a lui. “ Cosa ci fai qui? ”
“ Edward, ti prego, dimmi che in questo foglietto ci
sono scritti i tuoi sentimenti per me, ti prego. ” Abbassai
del tutto le mie difese,
mettendo a nudo i miei sentimenti per lui, seppur in maniera indiretta.
Tese una sua mano, in un chiaro invito ad
avvicinarmi, e io lo feci, stringendo forte la sua e Edward se la
portò sul
cuore, che batteva all’impazzata.
“ Lo senti? ” Sussurrò e io annuii,
stregata dal
luccichio dei suoi occhi che brillavano emozionati.
“ Sei stata tu a farlo battere nuovamente così,
prima era morto e adesso invece batte come un forsennato. Bella, non so
quale
stregoneria sia mai questa, ma io mi sono accorto che con te sto
tornando a
vivere e questa cosa all’inizio mi ha spaventato da morire,
non potevo
accettare che una ragazza si frapponesse tra me e il mio dolore. Ma poi
ho
capito che continuare a vivere nel dolore non mi avrebbe restituito
ciò che ho
perso, che tornare ad amare non
mi
avrebbe fatto dimenticare i ricordi della mia precedente vita, che
conserverà
sempre un posto speciale nel mio cuore. Ma quest’ultimo
è abbastanza grande per
ospitare anche l’amore che provo per te, perché
sì Bella, io mi sono innamorato
di te. ”
Non mi ero neppure accorta di stare nuovamente
piangendo fino a quando lui non mi carezzò dolcemente le
guance con i pollici
per eliminare quelle scie di acqua salata.
Con uno scatto gli afferrai il viso tra le mani e lo
baciai d’impulso; fu un bacio tutt’altro che dolce,
sembrava quasi che io
volessi soffiargli via l’anima, ma avevo bisogno di sentirlo
mio, volevo
imprimere il suo sapore nel mio cuore per serbarlo in eterno, volevo
che lui
capisse quanta sofferenza ma anche quanto amore mi avesse fatto
provare, come
fosse riuscito ad entrami dentro senza che avesse fatto nulla per
farlo. Quando
ci staccammo, lui sorrideva felice, senza quel velo di malinconia ad
offuscare
il verde dei suoi occhi.
“ Sei entrata nella mia vita come un uragano e
l’hai
completamente stravolta; non riesco mai a prevedere cosa farai, e forse
è per
questo che mi hai subito attirato nella tua rete, come fa il ragno con
la sua
preda, perché ogni tua azione è impulsiva,
è dettata solo dai tuoi sentimenti,
sei una ragazza passionale ma razionale quel tanto che basta per non
farti
trascinare in qualcosa di folle, e infatti eri pronta ad andartene
rinunciando
ai tuoi sentimenti. Sono stato uno stupido a non palesare prima i miei
sentimenti per te, ma avevo paura. ” Mi rivelò
commosso, e io mi buttai tra le
sue braccia, nascondendo il viso nel suo petto, annusando il suo odore
particolare.
“ Ti prego Edward, non costringermi mai più ad
andare via, non farmi più scappare, non lo sopporterei.
”
Rivelai, senza vergognarmi di apparire patetica ai
suoi occhi, avevo bisogno che lui me lo promettesse per farmi
totalmente fidare
di lui.
“ Te lo giuro piccola, non farò mai più
una cosa del
genere. Sei diventata troppo importante per me e io sono
tendenzialmente
egoista, quindi non ti libererai di me tanto facilmente. ” Mi
rispose,
racchiudendo il mio viso tra i suoi palmi, guardandomi a lungo negli
occhi, e
in quel momento sentii un brivido percorrermi la schiena,
perché il suo sguardo
sembrava leggermi dentro, scavare a fondo nella mia anima e creare una
connessione con la sua. Lentamente si avvicinò a me,
iniziando a baciarmi la
fronte, gli occhi, le guance, il naso e infine le labbra; stavolta il
bacio fu
molto più dolce, all’inizio era solo uno sfiorarsi
di labbra, come se stesse
accarezzando le mie con le sue, poi aumentò
l’intensità, premendo maggiormente
contro le mie labbra ma senza mai esagerare, assaporando appieno ogni
attimo di
quei secondi che sembravano essersi cristallizzati mentre le nostre
bocche
ballavano una danza tutta loro, la cui musica erano i nostri sospiri,
la cui
energia era il nostro amore.
Qualcuno che si schiariva la gola, interruppe il
nostro bacio, ed entrambi imbarazzati ci voltammo verso la porta da cui
William
ci guardava sconvolti.
“ Scusate, volevo solo sapere cosa fare con i
bagagli di Isabella, sono ancora in macchina. ”
“ Credo che tu li possa riportare in camera sua,
vero? ” Disse Edward abbracciandomi stretta a lui e
guardandomi felice negli
occhi. Io annuii semplicemente, troppo emozionata per dire qualcosa:
non potevo
crederci di essere finalmente stretta tra le sue braccia, mi sembrava
di essere
in un sogno e per accertarmi che non fosse così mi morsi il
labro inferiore,
talmente forte che sentii una gocciolina di sangue bagnarmi la punta
della
lingua e capii di non essere addormentata, ma che questo era il mio
sogno ad
occhi aperti.
“
Perché non mi hai lasciato più bigliettini?
”
Eravamo sdraiati sul suo letto, io totalmente
appoggiata sul petto di Edward, che giocava con i miei capelli, mentre
io
disegnavo ghirigori con il dito sul suo torace.
“
Non servivano più a nulla: quando mi hai detto di
star spedendo le lettere e che una di queste era andata a buon fine, ho
capito
di aver fallito e che quel poco che avevo fatto non era servito a farti
capire
i miei sentimenti. ”
“ Però poi mi hai dato questo. ” Dissi,
prendendo il
bigliettino che avevo trovato quella mattina e che non avevo lasciato
un attimo,
a riprova del fatto che non fosse tutta una mia illusione.
“ Era il mio modo per dirti addio. L’ultima chance
che avevo per farti conoscere i miei sentimenti, stavolta senza
fraintendimenti. L’ho infilato nella tua giacca prima di
rifugiarmi in camera
mia, a differenza di quello che credeva William sono rimasto chiuso
nello
studio a lungo per cercare un modo degno di salutarti.”
Sorrise triste,
ripensando probabilmente alla sofferenza che anche lui aveva provato in
questi
giorni.
“ Mi dispiace non aver capito prima che quei
bigliettini parlassero di te. Erano ambigui, sembravano descrivere i
miei
sentimenti per te, e mi sono convinta maggiormente di ciò
quando tu mi hai
detto di aver ascoltato la discussione tra me e William. E’
stato questo ultimo
pezzetto di carta a chiarirmi tutto, era inequivocabile il suo
significato. ”
Gli diedi un bacio all’altezza del cuore e lui ne
posò uno sui miei capelli.
Di colpo mi drizzai a sedere, cercando di
divincolarmi dal suo abbraccio.
“ Che succede Bella? ”
“ I signori Foster! Mi sono dimenticata di
avvisarli. ” Strepitai, scansando le sue mani che facevano di
tutto per
trattenermi.
“ Tranquilla, ho detto a William di farlo mentre tu
sei andata a cambiarti; spero di non aver sbagliato
nell’avergli detto che
rimarrai ancora a lungo qui. ” Mi accoccolai nuovamente sul
suo petto,
strisciando la guancia contro il suo costato come se fossi un gatto che
faceva
le fusa.
“ Dipende tutto da te. ”
“Attenta, perché ti vorrò sempre. Per
sempre. ”
“ Non chiedo altro. ” Risposi, mentre Edward mi
avvolgeva la schiena con il suo braccio, addossandomi ancora di
più a lui,
quasi volesse inglobarmi in lui.
“ Sai che sei davvero carina con questo pigiama? ”
Disse, lasciandomi un dolce bacio sulla punta del naso.
“ Ti prego. Non avrei mai pensato che potessi odiare
tanto il mio pigiama con gli orsetti: quando non ho trovato altro da
mettere
non sarei più voluta tornare qui dentro. ”
“ Non dire sciocchezze, sei bellissima anche così.
”
Sentii immediatamente le guance colorarsi di rosso e abbassai gli occhi
di
conseguenza, ma lui me li riportò alla stessa altezza dei
suoi sollevandomi il
mento con due dita.
“ Non privarmi mai della vista di questo cioccolato
fuso, mi sentirei perso.
Vuoi sapere quale sarebbe stato l’altro, e forse
definitivo, indizio che ti avrei lasciato per mostrarti i miei
sentimenti se tu
non fossi andata via? ” Mi chiese speranzoso e come avrei
potuto rispondere di
no? Sorridendo, si sporse verso il suo comodino, sempre tenendomi
stretta a
lui, come se potessi decidere di scappare, e prese un altro bigliettino
dal
cassetto. Me lo porse e io lo afferrai, aprendolo solo dopo avergli
lasciato un
bacio in quella guancia che lui tanto odiava ma che io avevo imparato
ad amare
fin da subito.
<
Mi
sentivo già innamorato, ma di
innamorarsi sono capaci tutti, e a tutti può accadere. Amare
una persona è
un'altra cosa.
Quello l'ho dovuto imparare.
>
“ Anche io. ” Sussurrai solamente, guardandolo
negli
occhi e mi sollevai quel tanto che bastava per poggiare le mie labbra
sulle sue
e lasciarmi andare ad un bacio carico d’amore,
perché era questo che entrambi
provavamo, amore.
E
sapevo già che non sarebbe stato facile, Edward
nascondeva ancora dei segreti nel suo cuore, non avevo avuto risposte
su cosa
avesse causato quelle ferite, sia quelle visibili sul suo viso che
quelle
nascoste e più profonde nella sua anima, ma avevo tutte le
intenzioni di
portare avanti quella storia, non mi sarei lasciata abbattere dalle
prime difficoltà:
eravamo arrivati fin lì, rischiando quasi di perderci, ma ci
eravamo ritrovati
in tempo e questo per me valeva più di qualsiasi segno del
destino.
Preferisco
postare oggi piuttosto che domani perchè non sono sicura di
avere il tempo... Grazie a chi non mi ha mandato a quel paese dopo
questo immenso ritardo, ma è inutile che prometta che non
accadrà più perchè so perfettamente
che è impossibile.
Le
frasi dei bigliettini di Edward sono tratte da La bella e la bestia
(naturalmente!) e da Fabio Volo.
A
presto, Paola.
E
visto che non credo farò in tempo a postare un altro
capitolo, vi faccio tantissimi auguri di buon Natale!
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