The love in our smile

di Their_Eyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Work ***
Capitolo 2: *** Call. ***
Capitolo 3: *** Wealth ***



Capitolo 1
*** Work ***


 



 
Work




“Ragazze io devo andare!” annunciai alle mie amiche.
“Di già?” chiese Kate.
Come risposta, mi limitai ad annuire.
“Beh, ti posso dire solamente di divertirti a lavorare!” scherzò Madison.
Le feci la linguaccia e mi diressi verso la macchina.
Quello era un pomeriggio come tanti altri. Ci divertivamo a stare intere giornate al parco, circondate da piccioni, a parlare tra di noi e a pianificare i giorni successivi.
Da ormai un anno e qualche mese lavoravo come cameriera in un ristorante nel centro di Londra. Non mi dispiaceva come lavoro, infatti affrontavo tutto con il sorriso sulle labbra.
L’unica cosa che faticai ad accettare, erano i turni: dovevo lavorare quando tutti facevano festa. Sabato sera, Domenica a pranzo, Pasqua, Natale, Ultimo e primo dell’anno e altre festività locali.
Però, piano piano, riuscii a farmi andare giù anche questa. Mi piaceva vedere le persone sorridere o fare apprezzamenti sul cibo che gli portavo. Amavo anche aiutare le vecchiette  scendere le scale per dover andare in bagno. Amavo vedere il mio capo, fiero di me e del mio lavoro. Amavo sapere che, grazie a quel posto, sarei stata autonoma e senza il dovere di chiedere denaro ai miei genitori.
Quando salii in macchina mi rese conto di essere leggermente in ritardo e con una forte sgommata partii, sotto le nuvole di novembre.
Avevo sempre amato il sole ma, trasferendomi a Londra, avevo scoperto che lì era davvero raro. Ero sempre accompagnata da giornate di pioggia ed era noioso. Ma doveva farci l’abitudine.
Quando arrivai al ristorante, corsi nei bagni riservati al personale e indossai la mia divisa: pantaloni neri attillati e una camicetta che variava di colore a seconda del giorno della settimana o della festa ricorrente.. Quel giorno era rosa accesso, per il venerdì.
Amavo anche quello del mio lavoro: in tutti i ristoranti, le cameriere erano vestite sempre uguali, pantaloni neri e camicia bianca. Invece lì, era un misto di colori che rendeva allegria alle persone che ci lavoravano e anche a quelle che ci andavano a mangiare.
Non mi piaceva per niente lavorare di venerdì: era sempre pieno di ragazzi della mia età che mangiando, si ubriacavano, e nella maggior parte dei casi, ci provavano con me.
Ero quasi a metà serata quando, esausta da tutte le avance da parte dei ragazzi seduti al tavolo 37, mi prese una pausa su permesso del capo sala.
Scesi lentamente le scale che portavano verso il bagno, ispirando ed espirando l'aria fresca che veniva dal portone non tanto lontano. Avevo bisogno di respirare e di riprendermi da una delle serate più dure della mia carriera lavorativa.
Immersa nei miei pensieri, barcollavo dalla destra alla sinistra di uno scalino, quando all'improvviso il mio corpo esile andò a sbattere contro uno duro e pieno di muscoli.
All’iniziò pensai di lasciar correre, visto che non avevo voglia di mettermi a litigare con uno degli animali del tavolo 37  ed abbassarmi al suo livello poi, decisi che non gliel’avrei fatta passare liscia.
 “Ehi!” urlai decisa “Ma guardi dove metti i piedi o vai a caso?”
Alzai lo sguardo, pronta a combattere!
Verde nell’azzurro.
Azzurro nel verde.
Irritazione nel divertimento.
Divertimento nell’irritazione.
 
“Non vorrei ferire il tuo orgoglio, o qualsiasi altra cosa che ti fa parlare così, ma non sono io quella che scende gli scalini come li potrebbe scendere mia nonna!” ribatté il ragazzo.
Cosa avrei potuto dire? Aveva pienamente ragione! Se mi ero scontrata con lui, era solamente colpa mia. Ma ero troppo orgogliosa per dargliela vinta, quindi dissi la prima cosa che mi passò per la testa: “Non sono io quello che va nei ristoranti per ubriacarsi e finire per dare fastidio alle persone che lavorano, in questo caso io!” vidi che stava per aprire la bocca per parlare ma lo anticipai prima che venissi derisa di nuovo “Ora se non ti dispiace, dovrei andare!”
Lo superai con una spallata mentre gli sentii dire un “Acidina, la ragazza”.
Entrai nel bagno, mi sciacquai la faccia e ritornai al piano di sopra, pronta a iniziare il secondo tempo della serata.
“Ehi Abbie!” mi voltai di scatto, riconoscendo quella voce “Quando avrai finito il tuo turno e tutti se ne saranno andati, puoi passare a cercarmi? Ti devo parlare!”
“Va bene, Charlie!” risposi.
Charlie era il mio capo nonché il mio primo amico da quando mi trasferii a Londra.
Era tutto così strano. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, fino a quando incontrai lui, che mi chiese di lavorare per il suo ristorante. All’inizio ero un po’ turbata dall’idea di imparare un nuovo mestiere, ma la verità era che non ne sapevo fare nemmeno uno.
Avevo sempre pensato a me stessa, come una segretaria di primo grado, magari seduta accanto a qualche pezzo grosso del governo inglese, invece ero una cameriera a tempo pieno.
Corsi in cucina e afferrai i piatti che Valerie mi aveva preparato e appoggiato sopra il tavolo grande.
Quando passai davanti  a quel tavolo tanto odiato, sentii vari risolini e qualche commento sul mio didietro. Venni invasa dall’istinto di prendere il piatto di lasagne che mi ritrovavo in mano e spiaccicarglielo in quella faccia a culo che si ritrovava, ma poi feci ragionare la parte razionale di me e decisi che forse era meglio portare quella buona pietanza alla vecchietta che me l’aveva richiesta.
Quando incontrai Lucy in veranda, le sorrisi e lei capì al volo che la volevo ringraziare per avermi preso il posto in quei cinque minuti.
Durate il turno non avevamo tanto spazio per le chiacchiere, quindi con il tempo, imparammo a fare dei piccoli gesti per dirci le cose strettamente necessarie.
Quando, finalmente, tutto il ristorante si era svuotato, andai alla ricerca di Charlie.
“Lucy.. scusami se ti rompo di nuovo.. Hai visto Charlie?” chiesi alla mia collega che intanto stava contando gli incassi della serata.
Prova in veranda! L’ultima volta che l’ho visto è stato lì!”
“Grazie!” la salutai con un cenno della mano consapevole che non sarebbe andata sicuramente via prima di me.
“Ciao Abbie!” mi salutò.
“Ciao Charlie!” dissi “Che volevo dirmi?”
“Hai dei programmi per domani pomeriggio e domani sera?” chiese spostando una delle sedie e rimettendola al suo posto.
“Si!” risposi tranquilla. Una cosa che avevo imparato in quell’anno era che Charlie non mi avrebbe mai brontolato, pur essendo la sua dipendente. Con lui si poteva parlare di tutto e con calma. Ed era per questo che mi trovavo bene con lui.
“Me lo immaginavo” si passò la mano in una guancia, provocando un piccolo rumore della barba corta “Quanto ti costerebbe annullarlo?”
“Un pomeriggio di shopping e una serata nei locali!” sorrisi.
Sapevo cosa mi avrebbe chiesto, quindi estrassi il telefono di tasca e mandai un messaggio alle mie amiche, dicendogli che l’indomani non sarei potuto andare con loro e di divertirsi anche per me.
“Merda..” sussurrò.
Si grattò il mento perplesso. Non gli piaceva rovinare le mie giornate, e le poche volte che lo faceva, erano per motivi di forza maggiore. Prima di quel giorno me l’aveva chiesto una sola volta: quando sua moglie era in ospedale; dovevo prendere il suo posto e fare i conti alla cassa, in una serata dove sarei dovuta andare in un parco giochi con il mio ex, Travis.
“Charlie..” sussurrai piano sapendo che odiava essere interrotto quando pensava.
“Zitta!” si affrettò a dire. Gli dava così tanta noia che diventava persino arrogante e aggressivo. A volte mi divertivo a farlo arrabbiare.
“Mi ascolti?” chiesi, questa volta con intensioni serie.
“Lo vedi che sto pensando?” sbottò “Chiudi quella cazzo di bocca!”
“Se mi facessi parlare non avresti bisogno di pensare!” dissi entusiasta della rima appena fatta.
“Su, sentiamo!” esclamò “Cos’hai da dirmi di così tanto importante?”
“Ho annullato tutti gli impegni di domani!” confessai.
Strabuzzò gli occhi: “Davvero lo hai fatto?”
Annuii sorridendo: “Ora però dimmi che devo fare!”
Charlie si alzò dalla sedia tutto sorridente e mi fece cenno di seguirlo.
“Grazie.. Grazie davvero Abbie!” disse camminando verso l’ingresso del ristorante “Cosa farei senza di te!”
“Eh..” mi lasciai sfuggire, scoppiando poi in una fragorosa risata insieme al mio capo.
“Vieni.. ti presento una persona!” spinse la porta e ci ritrovammo fuori dall’edificio.
In lontananza scorsi una figura, non distinta, al quale Charlie fece cenno di avvicinarsi.
Mano a mano che ci veniva incontro, riuscivo a vedere il suo fisico ben definito e i suoi capelli castano chiaro. Quando, finalmente, si posizionò sotto ad uno dei grandi lampione che illuminavano il porticato del ristornate, vidi i suoi occhi azzurri luccicare.
NO! Non è possibile!
“Abbie, lui è Louis! Louis, lei è Abbie” ci indicò a vicenda e aspettò con ansia la nostra stretta di mano.
Per non deluderlo, allungai la mano e sperai che quell’imbecille che avevo davanti, capisse le mie intensioni. Me la strinse e mi dovetti ricredere: non era poi, così tanto spastico come avevo pensato.
“Chi non muore si rivede, eh?” ridacchiò Louis lasciando la presa della mia mano ma non lo sguardo con i miei occhi.
“Vi conoscete?” si intromise Charlie, guardandoci sorpresi.
Annuimmo entrambi e in contemporanea, poi decisi di prendere io la parola, prima che il babbano che avevo davanti, raccontasse cazzate.
“Ci siamo scontrati per le scale..” spiegai.
“Se solo tu non avessi barcollato come un novantenne!” ribatté lui guardandomi torvo.
 
Aspetta! Quindi lui non era uno di quelli del tavolo 37, ma era solo qualcuno che era venuto per vedere il ristorante, chissà per quale motivo.
Venni colta all’improvviso da un pensiero che non mi piaceva affatto.
Charlie l’avrebbe venduto e quel ragazzo sarebbe diventato il nuovo capo, licenziando tutti noi e mettendo altre regole rigide dentro al ristorante. Avrebbe assunto nuovi camerieri e avrebbe cambiato la disposizione dei tavoli e tutto il resto.
“Bene ragazzi! Abbie lui è il nuovo cameriere e tu dovrai insegnargli il mestiere, come George ha fatto con te un anno fa!” spiegò Charlie mentre il castano annuiva divertito.
Quando avrebbe iniziato a rompere piatti, bicchieri e vassoi.. altro che divertimento! Sarebbe stato preso dallo sconforto!
“Perché proprio io?” chiesi. Non so come mi fosse uscita quella domanda, ma prima che potessi chiudere la bocca, i miei pensieri furono tramutati in parole.
“Perché mi sembri la più adatta e disponibile. Infondo Lucy è qui da meno di te e gli altri ancora devono imparare bene!”
“Ti ringrazio per la fiducia Charlie, ma non penso di voler fare questo lavoro!” confessai “Lo sai.. ti ho sempre aiutato a fare tutto, ma questo..”
“Ti prego Abbie” mi interruppe “E poi hai già annullato i tuoi appuntamenti per domani!”
Cazzo. Ha ragione.
“Ma Charlie..” provai a replicare ma tanto sapevo come sarebbe andata a finire: non ho mai saputo resistere alla sua faccia da cucciolo. Ma anche con o senza quella, gli avrei detto sempre di si.
“Abbie..” sussurrò mettendosi le mani davanti al viso e giungendole a mo’ di preghiera.
“Va bene Charlie, va bene!” sbottai alla fine sorridendo “Non riesco a dirti di no, maledizione!” mi sbattei una mano in fronte, disperandomi di me stessa.
“Oddio Abbie, grazie!” disse abbracciandomi.
Mi ricordai solamente dopo essermi staccata da quella ventosa, che Louis ci stava osservando.
“E tu..” gli puntai l’indice contro e iniziai ad avvicinarmi a lui “Vedi di obbedire eh!”
L’espressione spaventata lasciò spazio ad un sorriso bellissimo.
“Si, non preoccuparti” gesticolò con le mani “Cercherò di fare il mio meglio”
Sorrisi. Non era davvero un ignorante come pensavo e per un momento pensai che saremo diventati grandi amici.
“Charlie, posso andare?” chiese Louis, dopo aver distolto lo sguardo da me.
Scossi la testa evitando pensieri strani su di lui.
“Oh si certo, Louis! Buonanotte!” lo salutò.
Lo guardai salire le scalette di pietra che portavano al parcheggio, fino a che non scomparì dietro alla grande quercia.






 




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Ciao! :)
Sono tornata con una nuova storia.
Mi è presa l'ispirazione e rimettendola un pò
al meglio sono riuscita a tirare fuori una 
FF quasi..

Normale?
Volevo ringraziare in anteprima tutte le persone che hanno letto
questo capitolo e che nel bene o nel male recensiranno
dicendomi cosa ne pensano.
Davvero, ci tengo molto al vostro giudizio, anche
per sapere se devo continuare oppure mi meriterebbe
smettere.
Fatemi sapere cosa ne pensate con più di dieci paroline! :)

Baci, 
Their_eyes 




 

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Capitolo 2
*** Call. ***







Call 

 
Presi le ultime cose che erano rimaste nel mio armadietto e risalii le scale fino all'uscita del ristorante. Era stata una serata dura e piena di inconvenienti e avevo una gran voglia di distendermi nel mio comodo divano e iniziare a leggere qualche libro.. magari d’amore.
"Abbie!"
"Si?"
"Grazie per domani!" disse Charlie “Insomma.. avrei trovato un altro modo se non avessi voluto disdire i tuoi appuntamenti con le tue amiche!”
“Faccio volentieri quello che mi chiedi, lo sai!” sorrisi “Anche se questa non me l’aspettavo! Dovrò passare la notte a cercare un po’ di pazienza!”
Charlie scoppiò a ridere e io con lui.
“Non avrei mai pensato che potessi diventare ai livelli di George! Con tutto il rispetto ma lui era davvero bravo! Lavorava qui da ben undici anni!”
Quello si che era un complimento.
Per Charlie, George, avrebbe dovuto possedere la laurea da cameriere se pur non esistesse. Era davvero il suo preferito e non si faceva problemi a dirlo.
“Non posso essere brava come lui, solo dopo un anno che corro in qua e in là da una stanza all’altra e faccio lo slalom tra i tavoli!” ammisi con un po’ di amarezza. La verità era che il mio scopo era quello di diventare brava come lui.
Aveva un equilibrio pazzesco, avrebbe potuto fare a corsa cento scalini con cinque piatti in mano e non ne avrebbe rotto nemmeno uno. Infatti, dopo undici anni che lavorava per Charlie, gli venne offerto un posto come cameriere in uno dei ristoranti più chic di New York e si trasferì.
“Infatti non ho detto che sei ai livelli di George, ma sei nella strada giusta per diventarlo. Ah, e sta’ attenta, non ti permetterò di andartene a lavorare in un ristorante meglio di questo!”
Risi: “Non preoccuparti! Non ti libererai facilmente di me e delle mie cazzate!”
Sorrise e dopo poco diventò serio: “Stavo pensando.. Vuoi una serata libera in questa settimana? Mi sembra poco una giornata per quello che dovrai fare domani con quel ragazzo!"
Trasalii "Non sa fare proprio niente? Nemmeno tenere due piatti nello stesso braccio?"
Scosse la testa "Proprio su quello dovrete lavorare! Mi ha detto che è bravo a intrattenere le persone ma non è esattamente il suo compito!”
Non potei fare a meno di sorridere pensando a quando ero io a dover imparare il mestiere. In una serata riuscii a rompere 7 piatti e una decina di bicchieri a calice.
"Devi solo volerlo l'equilibrio. Se pensi a altro cadrà tutto! Concentrati sulle tue braccia e non succederà niente!" mi diceva sempre George.
Ebbene si, George mi aveva insegnato il mestiere e stava per essere superato dalla sua alunna.
No, okey, non potevo esagerare. Superare George sarebbe stata una cosa alquanto ardua ma arrivare ai suoi livelli forse ce l’avrei fatta.
“Ah, per favore, spiegagli che dovrà mettersi la divisa bianca e nera e che alcune sere capiterà che dovrà stare al banco a preparare caffè e birre" mi disse Charlie.
Annuii in risposta cercando di memorizzare tutto alla perfezione. Non potevo dimenticarle.
"Ti lascio andare a dormire! Buonanotte Abbie!"
"Anche a te Charlie" risposi
Mi incamminai verso le scalette di pietra, desiderosa di raggiungere la mia macchina e immettermi nel traffico per arrivare finalmente a casa e rilassarmi, ma mi bloccai a metà quando mi ricordai che non sapevo l’ora nella quale mi sarei dovuta incontrare l’indomani con Lonis.. Lunis.. Bene, iniziavo davvero bene. Non mi ricordavo nemmeno il nome.
Mi voltai per chiedere informazioni a Charlie ma con grande dispiacerei notai che le luci erano già spente e che lui probabilmente fosse già salito nel suo bellissimo Suv.
Finalmente arrivai alla macchina; lasciai che la musica mi travolgesse e mi immisi nelle strade buie londinesi.
Vivevo da sola in una villetta a schiera nella periferia di Londra. Era di mio padre, un forte e grande imprenditore. Mi sono trasferita da sola dopo la maturità, lasciando i miei genitori nel nord dell'Inghilterra.
Mi mancavano. Mia madre è stata un punto fondamentale per la mia vita. È stata la calma dopo le tempeste. L'acqua dopo un'estenuante corsa. Una spalla in cui piangere dopo la prima cotta adolescenziale. È stata di fondamentale importanza per me.
Mio padre, non che fosse meno importante, ma era sempre impegnato con il suo lavoro e non riusciva a staccarsi da quel maledetto black berry. Lo estraeva per rispondere ad una chiamata e quando riattaccava, doveva sempre inviare un sacco di e-mail.
Arrivai a casa ben ora dopo a causa del maledetto traffico del venerdì sera. Le strade erano sempre affollate e bisognava prestare sempre più attenzione alle persone ubriache che viaggiavano così, come se fosse una cosa normale.
Mi chiedevo in continuazione cosa ci stessero a fare i famosi carabinieri.. Fanno contravvenzioni in continuazione per una macchina fuori posto e non fermano gli ubriachi quando possono creare un pericolo per la strada e per chi ne viaggia.
Mi misi il pigiama, mi struccai e poggiai il telefono nel comodino accanto alla mia testa.
Nemmeno il tempo di riassumere la giornata stessa e di darle un voto che Morfeo mi aveva già rapita.
Mi svegliai di soprassalto, lanciando un occhiata fuori dalla finestra.
Le cose erano due: o avevo attivato la sveglia e non me ne ero nemmeno accorta, o erano veramente le otto e fuori c’era un tempo da lupi.
Solo dopo pochi secondi, notai una suoneria provenire dalla mia sinistra.
Presi il telefono svogliata e irritata. Non c’era una notte in cui potessi dormire beatamente. Quando il vicino rompeva la legna sotto la mia finestra, quando suonava il telefono, quando lasciavo la finestra aperta e un gatto randagio s’intrufolava nella mia camera, quando la sveglia del forno suonava.. insomma, la notte per me era peggio del giorno.
Non ci misi molto a capire che non era la sveglia ma era qualcuno che chiamava vista la vibrazione del dispositivo.
Guardai meglio il numero. Non lo avevo in rubrica. Chi sarebbe potuto essere a quell’ora? Sicuramente un cretino a cui piaceva fare gli scherzi deficienti. Magari rispondendo, ti avrebbe detto che avevi ordinato le pizze che ti eri dimenticata di andare a prenderle, oppure che avevi vinto un concorso di bellezza o un viaggio di dieci giorni oltreoceano.
Insomma, tutte cazzate!
Lo rimisi sopra al piccolo mobiletto di legno togliendogli la suoneria e lasciandogli solo la vibrazione.
Suonò altre tre o quattro volte e alla quinta decisi di rispondere, stanca di sentire come una mosca nel mio orecchio sinistro.
"Chi minchia è che rompe il cazzo alle.." scostai il telefono dall'orecchio e guardai l'ora "tre e mezzo della notte?" chiesi quasi urlando. Per un momento mi ricordai di avere dei vicini, sia alla sinistra che alla destra della mia parte dell’edificio, poi capii che, al posto mio non si sarebbero fatti dei problemi quindi me ne fregai.
"Shhh.. Sono io.." disse l'altra voce.
"Io chi?" domandai irritata.
"Se mi facessi finire di parlare invece di interrompere sempre, te lo avrei detto!" rispose.
Dalla voce e dal modo di parlare mi venne in mente che potesse essere il tizio del ristornate.. Lunis o qualcosa del genere, ma poi pensai che era impossibile visto che conosceva solo il mio nome.
"Sono Louis.. Il tuo collega!"
Ah ecco come si chiamava: Louis!
Aspetta! Louis? Come faceva ad avere il mio numero?
"Come fai ad avere il mio numero?" chiesi dando sfogo ai miei pensieri.
"Me lo ha dato Charlie.. Mi ha detto di mettermi d'accordo con te per l'orario di domani!"
"E chiamarmi alle tre e mezzo di notte ti pare giusto? Non potevi mandarmi semplicemente un messaggio oppure chiamarmi domani mattina ad un orario decente?"
"Non fare tante storie e decidiamo per domani pomeriggio! Voglio diventare bravo almeno quanto te per portare quattro piatti in un braccio e quattro nell'altro!"
"Sei stato ad osservarmi tutta la sera?" chiesi.
Sentii il viso andarmi a fuoco. Non potevo vedermi ma ero sicuramente diventata rossa.
Era stato tutta la sera a osservarmi ed io non me ne ero accorta e neanche Charlie mi aveva avvisato.
"Dovevo guardarti.. Si inizia così, no?"
“Toglimi una curiosità: hai anche mangiato lì?” chiesi.
“Si certo! Aspetta..” disse, poi mugolò “Ero al tavolo 16”
Sorrisi. Possibile che non mi fossi accorta che c'era un tizio che mi fissava mentre correvo da una sala all'altra del ristorante?
“Ti ho servito io?” domandai un po’ titubante.
“No.. mi ha servito l’altra.. E’ molto carina.. bionda, capelli lunghi, con un sedere da favola.. era lei!” confermò.
Scossi la testa irritata. Lucy faceva sempre conquiste.
"Ehi! Ci sei sempre?" chiese. Questa volta con la voce più dolce.
"Sisi.. Scusami ma sai com'è! Non ho una mente lucida come se fossero le tre del pomeriggio!"
Non ebbi risposta. Solo una grande risata.
"E va bene. Farò qualcosa per farmi perdonare ma ti prego, decidiamo l'orario per domani così posso andarmene a letto e dormire tranquillo!"
"Ti va bene alle quattro e trenta?" chiesi mettendo in moto il cervello per pochi secondi tanto per decidere un'ora.
"Si!" confermò "Dove?"
"Dove cosa?" gli chiesi.
"Dove ci troviamo a quell'ora?" chiese dolcemente come se capisse le mie condizioni.
"Mandami il tuo indirizzo per messaggio.. Ti passo a prendere e andiamo al ristorante!" tagliai corto sperando di concludere tutto. Staccai il telefono dall'orecchio e notai che erano ben 14 minuti che ero al telefono con lui: un ragazzo che conoscevo a malapena.
"Ma di solito non sono gli uomini che vanno a prendere le donne?" chiese.
 Sbuffai esausta da tutto quello.
"Okey ho capito. Ti lascio dormire. Domani alle quattro e trenta davanti a casa mia. Buonanotte Abbie!" concluse.
"Notte Louis!" dissi prima di riattaccare.
Poggiai il telefono sopra il comodino e ributtai nel letto stronfiando.
Ancora dopo una mezzoretta, non mi ero addormentata. Scesi in cucina, bevvi un bicchiere d’acqua e mi stesi nel divano. Con le canzoni di MTV MUSIC di sottofondo, mi misi a leggere quel libro di cui tutti parlavano tanto: Cinquanta sfumature di grigio.
Me lo aveva consigliato Madison tanto tempo fa ma non gli avevo mai dato ascolto. Poi quando cominciai a girare per i social network, vidi che tutti ne parlavano così, non avendo in repertorio nessun libro da leggere, andai in libreria e ne comprai tutti e tre.
Erano diventati peggio di una droga. Inutile dire che Christian Grey è l’uomo che ognuna vorrebbe. Insomma, alto, fisico perfetto, biondo ramato e occhi azzurri. Cazzo, quanto invidiavo la piccola e indifesa Ana!
Ogni minuto che avevo libero, lo dedicavo a quel libro. A causa dei miei impegni, non ero riuscita a finire ancora il primo.
Quando tornai alla realtà e i miei occhi si stavano appassendo, guardai l’orologio di cucina. Le cinque e qualche minuto. Merda! Quanto avevo letto?
Corsi velocemente le scale e  piombai nuovamente sul letto.
Caddi in un sonno profondo in compagnia di Christian Grey e di un ragazzo, al quale non ero riuscita a riconoscergli il volto, che mi reclamava e voleva che stessi con lui.

 











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Ciao ragazzee! :) 
Mi scuso in anticipo per il ritardo.
Sono due settimane o più che non aggiorno
ma la scuola è riniziata anche per me e la quarta
superiore è un disastro. Subito compiti sopra compiti 
e la prossima settimana iniziano anche le interrogazioni.
Please, kill me! D: 
Comunque, passando a noi.. Mi fa piacere aver avuto 21 recensioni nel
primo capitolo! 
Vorrei ringraziare tutte coloro che hanno lasciato un parere e che hanno
inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Vorrei che continuaste a farmi sapere quello che pensate con 
una recensione più lunga di dieci parole

Passiamo all'argomento BIGLIETTI.
Io non sono riuscita a trovare l'American Express.. Voi?
Li avete già presi? 
Io sono in ansia. Tanta ansia. Domani mattina sto trabiccolo di
computer mi dirà se andrò a Milano o no! :)
Per adesso è tutto. Non so che altro dire.
Fatemi sapere cosa pensate che accadrà e cosa ne pensate di questo capitolo! 

Baci, 
Their_Eyes

 

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Capitolo 3
*** Wealth ***







Wealth





Mi alzai dal letto di soprassalto, avendo sentito un rumore alquanto familiare. Notai che il sole era alto nel cielo e che dovevo aver dormito almeno cinque ore più del dovuto. Guardai il telefono sopra il comodino pensando che fosse stato quello a svegliarmi ma non c’era né un chiamata né un messaggio. Accidenti! La notte avevo messo la vibrazione e non avevo sentito la sveglia.
Guardai l’ora: 12.25 .. Cazzo! Dovevo sbrigare alcune faccende di casa, chiamare l’idraulico visto che la lavatrice non funzionava -ed io senza quella ero fottuta- e mi dovevo preparare per andare a prendere Louis e poi a lavorare.
Bene, che la giornata di merda abbia inizio!
Scesi le scale diretta verso l’ ingresso. Il campanello era l’unica cosa che poteva avermi svegliato.
Aprii piano la porta, indecisa sulle mie condizioni.
Mi ero appena svegliata, avevo i capelli tutti scompigliati, raccolti in una coda fatta velocemente che era più a sinistra che a destra. Gli occhi si allungavano in due grandi borse e nemmeno la cera del mio viso doveva essere delle migliori.
"Oh. Mio. Dio!" esclamò Madison sull'orlo della porta "Che ne hai fatto della mia amica Abbie?"
Scoppiai a ridere vedendo la sua faccia: "Ho solo qualche capello fuori posto!"
"Alla faccia!" esclamò ridendo "Cosa hai combinato stanotte per ridurti in queste condizioni?"
"Vieni entra!" dissi velocemente non volendo più rimanere sulla porta per farmi ammirare da tutti i passanti.
 
"Abbiamo letto il messaggio di ieri notte. Davvero stasera non ci sarai?" mi chiese dopo che avevo finito di raccontargli tutte le mie esperienze serali e notturne.
Scossi la testa.
"Kate è arrabbiata" ammise. Non mi scandalizzai più di tanto.
Erano due mesi che, per colpa mia, rimandavamo sabati in discoteca e solo Dio sapeva quanto la mia amica amasse le serate piene di musica e ragazzi appiccicosi.
Avevo provato a spiegargli più volte che, lavorando in un ristorante, i turni possono essere di ogni genere e non ero io a decidere. Anche se quella volta non era colpa di Charlie se non sarei andata ad una nostra serata.
"Le passerà, vedrai!” sospirai “Sai quanto tengo a Charlie e al suo ristorante. Mi ha chiesto poche volte un favore.. Forse questa è la seconda volta e io non voglio deluderlo e fargli pensare che sono una di quelle che si interessano solo dei soldi che le vengono dati e non di tutto il resto!”  
"Okey Abbie, ho capito! Rilassati” sorrise dolcemente. Si, mi ero fatta prendere un po’ dalla rabbia.
"Insomma.. dovrai fare da insegnate a questo ragazzo. Ma lo hai conosciuto?”  
“Si..” mi limitai a dire. Non mi era mai piaciuto parlare di me stessa e delle conoscenze che non avevamo in comune.
Come vi siete conosciuti?” chiese. Madison all’attacco!
“Veramente ci siamo scontrati per le scale a metà serata! Credevo che fosse uno di quelli ubriachi in quei tavoli squallidi ma, invece, quando mi ha chiamato ho scoperto che è stato tutta la sera a fissarmi per vedere il lavoro che avrebbe dovuto fare!” mi liberai un po’ delle mie stesse esperienze. Non amavo parlare ma a volte mi ricordavo che faceva bene aprirsi con qualcuno che ritenevi importante.
“Fammi capire!” urlò eccitata“Ti ha chiamato?”
Annuii sospirando “Si, stanotte alle tre!”
“E non sei contenta?” chiese euforica.
“Per quale razza di motivo devo essere contenta? Non c’è una volta che posso dormire tranquilla!”
“Beh.. certo!” rispose poco convinta “Ma è pur sempre un ragazzo che conosci a malapena e che ha deciso di chiamarti alle tre di notte..”
“Per sapere a che ore ci saremmo dovuto trovare il giorno dopo!” continuai io per lei.
“Ah Abbie.. Quando imparerai a capire i maschi?” mi chiese sconsolata.
Sia lei che Kate, avevano sempre da ridire sulle mie teorie sulle persone del genere opposto. Ma io avevo delle buone motivazioni per pensare che fossero tutti uguali e che da una ragazza, volessero solo una cosa: sesso.
Ormai, dopo la mia avventura con Travis durata 2 anni e mezzo ero più che convinta. Fino a che gli permetti di portarti a letto, tutti sono contenti. Al primo “no” ti scaricano.
Ed è proprio quello che mi successe a me con il primo ragazzo serio che abbia mai avuto, sorvolando le storielle delle scuole primarie.
Il nostro, era un rapporto fatto di sesso. Mattina e sera eravamo su quel letto a spogliarci. Arrivata a un certo punto pensai addirittura che i “ti amo” che scappavano dalle nostre bocche, erano così, tanto per dire. Senza il vero significato che racchiudono quelle due piccole paroline.
 “Non penso che lo farò mai” mi disperai.
“Niente è perduto, mia cara Abbie” sorrise “Magari un giorno ti sposerai con un ragazzo che nemmeno pensavi di diventarci amica!”
Madison e le sue fantasie da Fiaba dei fratelli Grimm, tornavano all’attacco tutte le volte che parlavo di me come un sfigata con gli uomini. Ma, ad essere sinceri, non facevano altro che aumentare la mia disperazione.
Quando avrebbe capito che nel mondo di principi azzurri non ce n’è nemmeno uno?
“Insomma.. non mi hai detto com’è questo ragazzo che lavorerà con te!” esordì Mad “E’ bello? E’ brutto? Magro o grasso? E’ alto o è un metro e un bombolo? Occhi? Capelli?”
Era elettrizzata più di me. Bastava parlare di ragazzi, che la parte ragionevole di Madison spariva completamente da dentro di lei.
Scossi la testa ridendo: "Ehi ehi calmati! È solo un ragazzo come ce ne sono tanti in giro. È..." ci pensai su "beh.. Carino! Occhi azzurri e capelli corti.. Si è alto.. Qualche centimetro più di me.. Non è magro ma nemmeno basso. A dire la verità deve essere fatto di ferro visto che quando gli sono andata a sbattere contro ho sentito male al torace!"
Soffocò una risatina “E.. quanti anni ha?”
“Questo non lo so! Madison, abbiamo parlato di lavoro o cose che riguardano esso, non gli  ho chiesto di farmi vedere la carta d’identità o tanto meno gli ho fatto un interrogatorio”
“Si, ma l’età potevi chiedergliela! Sai almeno se è cresciuto qui?”
Sbuffai un po’ irritata “No non lo so! Ma a giudicare dalla parlata non è di Londra.. Tipo un po’ verso il nord!”
Alzò le spalle: "Me lo presenterai un giorno, vero?”
Annuii per niente convinta.
Volevano tanto che trovassi un fidanzato, qualcuno da strapazzarmi di coccole, quello con cui avrei girato il mondo, qualcuno da portare a letto, e quando potevo averlo trovato, facevano di tutto per essere loro le protagoniste della storia.
Quando Madison andò via da casa, raccomandandomi di tenerla aggiornata su cosa mi sarebbe potuto succedere con il nuovo collega, chiamai l’idraulico dimenticandomi ovviamente che fosse domenica e nemmeno uno sfollato in cerca di un tetto dove ripararsi avrebbe risposto.
 
Due ore dopo ero sulla tangenziale diretta a casa di Louis. Finalmente stavo imparando il suo nome!
Quando arrivai a casa sua, mi stava giá aspettando davanti alla porta. Diede un'occhiata fuggitiva alla mia macchina e salendo si face scappare un: "minchia che auto!"
Sorrisi. Anche quella me l'aveva comprata mio padre. Sinceramente nemmeno io sapevo da dove gli scappassero tutti quei soldi e quella era l'unica cosa che mi permisi di farmi comprare da lui!
Ero sempre stata molto indipendente e nonostante i vari tentativi di mio padre per non farmi trasferire e per darmi il suo denaro, ero sempre riuscita a dire di no alle sua tentazioni liquidandolo con un "no grazie.. Sono abbastanza grande per cavarmela da sola e avere un mio lavoro" .
Sapevo che, trasferendomi, li avrei delusi ma dovevo continuare la mia vita e tirarmi su da sola senza essere sempre la "figlia di papá".
Nemmeno quando ero una tredicenne gli lasciavo darmi i soldi.. Non mi davano ne paghetta ne niente altro.. Chiedevo solo il minimo indispensabile per un uscita con le mie amiche, una serata al cinema con il ragazzo che mi piaceva o una giornata al luna park con il mio migliore amico.
"Charlie paga così bene?" chiese continuando a scrutare la mia Audi.
Non avevo mai raccontato a nessuno di mio padre e tantomeno l'avrei fatto con lui.
Solo Madison e Kate sapevano che era un pezzo grosso dell'economia inglese e non l'avrebbe saputo nessun'altro!
Era successo troppe volte che dei ragazzi erano miei amici perchè la mia famiglia era ricca. Poi, quando trovavano da fare di meglio, mi lasciavano sola. Quella parola così brutta. Brutta per tutti. Quando le persone restano sole, tendono a chiudersi in sé stessi, a non uscire più di casa e finiscono per rovinarsi. Rovinarsi come?
Restando a pensare chiusi in una stanza. Pensare a come sarebbe stato avere degli amici. Pensare a cosa sarebbe accaduto se delle persone avessero condiviso il proprio hobby. Pensare a come sarebbe stato avere una persona che ti amasse al tuo fianco. Pensare a come sarebbe stato il tuo futuro con degli amici e con una fidanzata.
 Pensate agli animali! Potrebbe mai un cane, un gatto, un pappagallo, un pesce rosso o qualsiasi altro, sopravvivere senza una persona che gli dia da mangiare e bere, che se ne prenda cura?
Poi guardate le piante. Sembrano inanimate, ma in realtà anche loro hanno bisogno di noi. Se non ci fosse una persona che l'innaffierebbe, le custodisse, le desse il concime o le potasse quando sarebbe l'ora, morirebbero. E dopo la morte, non c’è più niente.
Tutti nella vita abbiamo bisogno di qualcuno.
"Risparmi arretrati!" mi limitai a dire mentre rallentavo per fermarmi al primo semaforo di una lunga serie.
"Penso che mi stancherò presto di questa strada!" disse dandomi un occhiata fuggitiva. Sperai che le mie guance non fossero andate a fuoco. Non mi piaceva essere al centro dell'attenzione e mi sentivo in soggezione se una persona mi guardava quando ero a fare una cosa importante.
"Non hai proprio voglia di lavorare eh?" chiesi sorridendo.
Scosse la testa e poi aggiunse: "ho finito la scuola superiore tre anni fa. Da lì ho solo cazzeggiato giorno dopo giorno. Poi mi sono reso conto che stavo pesando troppo sui miei. Siamo tanti in famiglia e l'unico che può lavorare sono io!" spiegò.
Gli lanciai un occhiata veloce poi posai nuovamente gli occhi nella strada e svoltai a destra: "siete tanti fratelli?" chiesi.
"Veramente io sono l'unico. Ho quattro sorelle, tutte più piccole!"
"Wow! Sei scappato per quello a gambe levate?" chiesi accennando una risatina.
Lui rise di gusto. "Qualche volte le amo ma altre volte le odio proprio!" confessò.
"Siamo arrivati!" dissi quando eravamo davanti al ristorante.
"Non è tanto lontano, però!" ammise stupito.
"Te l'avevo detto che non era poi così male!" confermai sorridendo.
Era da un po’ di tempo che Charlie mi aveva lasciato le chiavi del ristorante. Avevo sempre dubitato del mio bisogno ma ora, lo vedevo eccome.
Feci girare quattro volte la chiave nella serratura, poi finalmente la porta scattò, facendomi entrare nelle narici quell'odore di cucina misto al legno dei tavoli.
"Niente male come profumo!" osservò Louis come se mi leggesse nel pensiero.
Annuii mentre girovagavo qua e là per cercare gli interruttori per accendere la luce mentre lui mi seguiva come un cagnolino.
"Qui c'è la cucina!" gli mostrai la stanza ricoperta maggiormente dal grigio alluminio dei pentoloni. "Questa porta qui, porta nella stanza del Sole!" spiegai facendo irruzione nella sala principale.
Lui mi guardò interrogativo aspettandosi delle spiegazioni.
"Si chiama così perché è sempre illuminata dalla luce naturale, ovviamente meno che la sera!" precisai. Sorrise forse colpito da quel nome.
"Questa" dissi indicando una porta marrone con qualche pianta aggrappata "È la porta che conduce in veranda. È aperta solo d'estate quindi di inverno abbiamo una sala in meno da servire!"
Annuii convinto. Forse si era giá risollevato il morale.
"Poi quella è la sala Blu!" indicai la porta alla sinistra dai fornelli.
"Immagino per il colore con cui sono state colorate le mura!" disse con fare superiore.
Lo guardai con un espressione da: ma va?!
Scoppiò a ridere poi improvvisamente mi prese per mano e mi portò accanto alla piattaia.
"Voglio lavorare bene! Insegnami a portare più piatti insieme!!" aprì un'anta e prese un piatto. Se lo posizionò sulla mano e iniziò a girellare.
"Ehi ehi biondino!" urlai disperata, "smetti!" lo rimproverai. Iniziai a rincorrerlo per la cucina, poi quando lo presi, gli tolsi il piatto di mano "se utilizziamo questi, stasera potremo anche chiudere il ristorante e probabilmente Charlie non mi darà lo stipendio per ricomprare tutti questi!" conclusi con una risata sonora seguita poi da Louis.
"Punto primo" iniziò tenendo un'espressione seria ma che dopo poco diventò quasi divertita "questi" si toccò i capelli "non sono affatto biondi! Hanno un colore stupendo e non è il giallo! Punto secondo: Con che inizieremo?"
Gli guardai i capelli prima di rispondergli. In effetti aveva ragione. Non erano ne biondi ne castani. Era un colore.. Strano.. Ma bellissimo.
Decisi di non rispondere e mi incamminai verso il piano di sotto. Quando sorpassammo il punto dove ci eravamo incontrati -anzi scontrati-, a tutti e due scappò un risolino ma cercammo di non darlo a vedere all'altro.
"Inizieremo con questo!" dissi porgendogli il competo da cameriere: camicia bianca a maniche corte, pantaloni neri attillati e air max nere con qualche sfumatura grigia e bianca.



 







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Salveeeeee! :) 
Finalmente sono riuscita ad aggiornare. 
Si, ci ho messo un'infinità. Ho un casino di cose da fare! -.-" 
Voi come state? 
Domani è Halloween, cosa combinate? 

Questo capitolo... Che ve ne pare? :) 
Per quanto mi riguarda, mi piace la parte dove Abbie parla con se stessa della solitudine. 
Fatemi sapere il vostro parere con una recensione più lunga di 10 parole. 
Lo sapete, il vostro parere è fondamentale! 

Spero di aggiornare presto..
Baci, 
Their_Eyes

Passate: 
You're like a melody in my life

 

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