Gioco mortale

di Maty66
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mancato risveglio ***
Capitolo 2: *** Sparito ***
Capitolo 3: *** Qualcosa da cui iniziare ***
Capitolo 4: *** L'ostinazione di Semir ***
Capitolo 5: *** Indizi ***
Capitolo 6: *** Punto e a capo ***
Capitolo 7: *** Una giornata particolare ***
Capitolo 8: *** Come, dove, quando ***
Capitolo 9: *** Il mare della dimenticanza ***
Capitolo 10: *** Domande senza risposta ***
Capitolo 11: *** Posto giusto, momento giusto ***
Capitolo 12: *** Speranze ***
Capitolo 13: *** Ipnosi ***
Capitolo 14: *** Ricordi sorprendenti ***
Capitolo 15: *** Decisione impulsiva ***
Capitolo 16: *** Cosa hai fatto? ***
Capitolo 17: *** Senza lieto fine ***



Capitolo 1
*** Mancato risveglio ***


Mancato risveglio
 
Berlino  settembre 2005

“Allora ragazzi siete pronti?” chiese l’istruttore  al gruppetto in divisa, in attesa nervosa
“Ricordate… questo è l‘ultimo esame pratico di tiro prima del diploma, influirà sul voto finale e quindi sula vostra possibilità di scegliere l’ufficio che più vi è gradito. Suppongo che vogliate andare tutti all’LKA o all’antiterrorismo… bene ci sono solo un posto all’LKA ed un posto all’antiterrorismo per quest’anno. Quindi datevi da fare ed in bocca al lupo!!”
L’istruttore concluse il suo discorsetto e si fece da parte per lasciare il poligono di tiro libero


“Bene Jager… vediamo chi ha la meglio fra un vero duro ed un  ricco figlio di papà”  Eric Richter sorrise a Ben con aria complice. Erano i migliori del loro corso e sapevano che si stavano giocando il posto alla LKA cui entrambi aspiravano. Ma erano anche amici. Eric, Ben, Sarah, Jan e Mike.. la banda dei cinque, così li chiamavano gli istruttori,  esasperati per le loro bravate.
Tutti  si misero occhiali e cuffie per la protezione e iniziarono, ciascuno nel proprio box, a sparare ai bersagli in movimento. Per cinque minuti buoni i colpi risuonarono secchi nell’aria.  Poi ciascuno richiamò il bersaglio e lo consegnò all’istruttore per la verifica.

“Uno più di te…” esclamò trionfante Eric verso Ben sventolando il foglio con la classifica “Coraggio, ti troverai benissimo all’antiterrorismo” gli disse sfottendolo “Già come no…” Ben era deluso, ma anche rassegnato. Eric nel tiro era imbattibile, un vero talento naturale
“Sempre meglio di Jan… lui di questo passo finirà all’autostradale” continuò nello sfottò Eric rivolgendosi all’altro amico.
“Ragazzi festeggiamo questa sera?  Birra al solito pub?” chiese bella e seducente come al solito Sarah. Era l’unica ragazza del gruppo e ulteriore terreno di scontro fra Ben ed Eric “Certo alle nove? Così mi passa il nervoso” fece Jan ancora mortificato per i  risultati del test. Tutti si diedero appuntamento per quella sera. La banda al completo a far danni al solito pub


La musica era assordante e a Ben non piaceva affatto. Aveva gusti musicali molto raffinati ed era un ottimo cantante e chitarrista, stava per mettere in piedi una band tutta sua, quindi sentire altri ululare nel microfono lo infastidiva anche più di Eric che flirtava con Sarah al bancone del bar. Tutti erano già un po’  alticci, consapevoli che quelli erano gli ultimi giorni insieme, gli ultimi giorni spensierati, poi sarebbe iniziato il lavoro serio, ed la banda dei cinque si sarebbe inevitabilmente sciolta, ognuno per la sua strada. “Ehi Sarah ti va di ballare?” chiese Mike, l’intellettuale del gruppo. Lei acconsentì con un cenno del capo ed i due ragazzi andarono allegri a dimenarsi sulla pista.
“Beh.. è quasi finita no?” chiese Eric a Ben che si era seduto a fianco a lui “Già fra un po’.. “per la strada in mezzo ai pericoli veri non quelli finti”” i due declamarono ridendo all’unisono le ultime parole, quelle che il loro istruttore ripeteva come una litania da quasi un anno ormai. “Fossi in te, con tutti i soldi che ti ritrovi, non sono sicuro che riuscirei a fare questo lavoro, rischiare tutti i giorni la pelle…” disse serio Eric bevendo dalla bottiglia “Dei soldi di mio padre  me ne sono sempre fregato, quante volte devo ripetertelo? Io faccio quello che ho  sempre sognato di fare nella vita” rispose Ben leggermente infastidito. Era un po’ di tempo che Eric continuava a ricordargli che era figlio del maggiore costruttore di Dusseldorf  e la cosa iniziava a irritarlo sul serio “ I soldi non sono importanti solo per chi li ha”  disse amaro Eric senza guardare l‘amico

“Eric scusa posso parlarti?” fece una voce dietro di loro Eric e Ben si girarono a guardare. Era Mark, una recluta del primo anno di corso “Cosa vuoi?” rispose arrabbiato Eric “Lo so che non devo disturbarti qui, ma…” il ragazzo pareva nervoso, era tutto sudato e  si agitava continuamente “Ecco  lo sai,  e perché mi vieni a disturbare  allora??” il tono di Eric era durissimo, inusuale per lui  che di solito era cordiale con tutti “Sì lo so Eric ma ti prego sono disperato non ce la faccio più” disse ancora il ragazzo, era quasi in lacrime “Maledetto cretino!!” sbottò Eric prendendo il ragazzo per il braccio e trascinandolo verso  la piccola saletta privata

Ben rimase perplesso alla scena. Sapeva che Eric costituiva un po’ il punto di riferimento per tutti i ragazzi giovani appena entrati all’accademia, che ricorrevano continuamente a lui per consigli o aiuto, ma quella scena era veramente strana.
Incuriosito più che insospettito Ben andò anche lui verso la piccola saletta, chiusa da una spessa tenda. Era il  posto dove i fidanzati si rifugiavano per   scambiarsi qualche tenerezza.
Vicino alla tenda Ben sentì il tono della voce di Eric irritato “Maledetto cretino ti ho detto mille volte che mi devi chiamare sempre prima e concordiamo un appuntamento, qui è troppo pericoloso, ci possono vedere”  “Ma io sono disperato, non ce la faccio più domani ho il primo esame se non mi aiuti…” supplicò la voce di Mark “Ok cretino ma ti costerà il doppio…”

Ben rimase congelato… non credeva alle proprie orecchie. Di impulso aprì la tenda e scoprì una scena che mai avrebbe voluto vedere. Eric che stava passando una bustina con polverina bianca alla giovane recluta. Rimase come congelato a fissare Eric e neppure si accorse che gli altri lo avevano raggiunto e stavano anche loro lì ammutoliti a fissare la scena. Terrorizzato Mark scappò via dalla stanza.
Eric si rimise in tasca la bustina e guardò con aria di sfida i quattro amici “Ragazzi… voi non mi  tradirete vero? Lo faccio solo per racimolare un po’ di soldi…” disse
Gli altri non emisero un fiato guardandosi  fra di loro stupefatti “Ragazzi non potete farlo, siamo amici…” Eric iniziava a perdere l’aria sicura e spavalda
“Ma come puoi farlo? Siamo polizotti maledizione…” sibilò Ben guardando fisso Eric.
“Non parlare tu… il figlio di papà, tu i  soldi  li hai sempre avuti a tua disposizione, non  sai neppure cosa significa doversi guadagnare ogni giorno della tua vita” gli urlò contro Eric
“E questo per te è guadagnare?? Sei solo uno spacciatore!!” intervenne furibonda Sarah
“Ragazzi calmiamoci forza, in fondo bisogna capire…”  Jan provò ad intercedere “Ma sta’ zitto tu, cosa dobbiamo capire? E’ uno spacciatore null’altro” Ben era furibondo, furibondo perché  il suo amico, quello con cui aveva passato quattro anni di accademia vivendo praticamente in simbiosi, era uno spacciatore, furibondo per essere stato tradito, furibondo per non aver capito chi aveva a fianco “Siete solo  dei luridi ipocriti, vorrei vedere  cosa avreste fatto voi avendone l’occasione. Cosa vi fa credere di essere tanto
superiori a me??” “Per favore Eric  non assumere la tua aria di superiorità almeno stavolta” sbottò Mike

“Tutti hanno il loro prezzo, tutti sono disposti a cedere per qualcosa…” sibilò Eric prima di lasciare la stanza
 
“Bene Jager, a  quanto pare sei il primo del tuo corso” L’istruttore gli sorrise porgendogli la busta con il risultato degli esami finali “Certo se non fosse stato per quella brutta storia con Eric..” continuò abbassando gli occhi.  Ben non rispose limitandosi a fissare la busta in silenzio “Siete stati molto coraggiosi a denunciarlo, Jager, capisco che deve essere stata una decisione difficile per voi quattro, visto quanto eravate legati” Ben si limitò ad annuire triste. Eric era stato espulso ed  ora era in attesa del processo penale. “Beh non pensiamoci più, buona fortuna nell’LKA, sono sicuro che ti farai onore” disse infine l’istruttore stringendogli la mano
 “Già non pensiamoci più” mormorò Ben uscendo dall’ufficio     
 
Colonia agosto 2013

Semir era bloccato nel traffico mattutino di Colonia e tamburellava nervosamente le dita sul volante. Chissà perchè dopo le vacanze estive il traffico della città di decuplicava, a volte ci volevano ore solo per fare due o tre km per le strade cittadine.
Sempre più nervoso accese la radio cercando di distarsi, ma non trovò nella di suo gradimento. Avrebbero fatto di nuovo tardi al lavoro e si sarebbero beccati l’ennesima ramanzina dalla Kruger. Sbuffando prese il cellulare dalla tasca e si mise l’auricolare per chiamare Ben.. che almeno si facesse trovare giù già pronto senza farlo aspettare i soliti quindici minuti buoni.
Me le due chiamate andarono a vuoto.
Semir era sempre più irritato. Laura era da due giorni a Norimberga dalla sorella a fare compere per il matrimonio, il che significava al novanta per cento che Ben non aveva  messo la sveglia e quindi  stava ancora dormendo “Maledizione non cambierà mai…” pensò Semir anche se poi sorrise al pensiero delle notti insonni che avrebbe passato non appena lui e Laura avessero deciso di aumentare la famiglia “Goditela per ora…” si disse mentre lentamente la fila  davanti a lui iniziava ad avanzare

Arrivato sotto casa di Ben, come presumibile, di lui non c’era traccia. Semir spazientito iniziò a bussare con il clacson, attirandosi gli sguardi irritati dei passanti. Dopo dieci minuti buoni e quattro chiamate andate a vuoto Semir scese dall’auto sbattendo la portiera. La sua vendetta sarebbe stata tremenda.
Salì le scale e non bussò al campanello. Prese direttamente i suoi famosi attrezzi dalla tasca ed in un attimo aprì la porta di ingresso.
Dentro era tutto silenzioso e disordinato come al solito “Cavolo sono bastati soli due giorni di assenza di Laura e guarda come ha ridotto l’appartamento” pensò Semir  mentre senza far rumore andava in cucina e riempiva un bicchiere d’acqua.

“Sarà un risveglio bagnato…” pensò sorridendo malefico e salendo le scale verso la camera da letto.
 Ma arrivato nella stanza rimase perplesso. Il letto era intatto.

 “Ben?” chiamò Semir più volte girando per le stanze e trovando come risposta solo un assordante silenzio

 

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Capitolo 2
*** Sparito ***


Sparito

“E dai Semir smettila, non essere drammatico .Non vorrei dirtelo ma  potrebbe avere incontrato qualcuno, o meglio qualcuna, e  aver deciso di passare la notte fuori…” Susanne cercava di calmare un Semir sempre più ansioso al telefono “Susanne non è così ti dico, non lo farebbe mai, non con Laura..” rispose lui. Conosceva  troppo bene il suo compagno di lavoro; era stato ed era un donnaiolo, ma quando Ben si innamorava  lo faceva sul serio e diventava il più fedele degli uomini. E di Laura era assolutamente perso “Facciamo così… se non si fa sentire fra un’ora rintraccio il cellulare. Diamogli ancora un po’ di tempo” disse conciliante Susanne. “Ok... ma un’ora non di più” concluse Semir chiudendo la chiamata.

Poi iniziò a girare tutto l’appartamento. Sembrava tutto in ordine anche se la parola “ordine” non era proprio la parola adatta. Scarpe e vestiti erano buttati un po’ ovunque e alcuni piatti sporchi giacevano nel lavello in cerca di lavaggio. Insomma era tutto come al solito nei periodi in cui non c’era Laura a curarsi dell’appartamento.
Semir scese in garage ed anche lì sembrava tutto  a posto. La Lamborghini e la Harley erano regolarmente parcheggiate al loro posto.  
Iniziò a sudare freddo; la solita strana sensazione che provava ogni volta che qualcuno della famiglia era in pericolo si diffuse in lui.
Risalì nell’appartamento e cominciò un lungo giro di telefonate. Chiamò tutti gli amici di Ben e Julia, ma nessuno l’aveva sentito negli ultimi due giorni. Non chiamò Konrad perché l’anziano industriale era a casa in convalescenza reduce da una operazione di doppio by-pass, ma i minuti passavano senza notizie e doveva decidersi a chiamare Laura per sapere se Ben  le aveva detto qualcosa. Così preparò accuratamente le parole ed il bluff; non voleva farla preoccupare  Sapeva che la giovane dottoressa ancora non riusciva ad accettare i pericoli del lavoro di poliziotto e che la cosa era stata all’origine di più di un litigio fra i due fidanziati.  

Semir sospirò e compose il numero “Semir… che è successo?” rispose Laura con voce allarmata “Nulla Laura buongiorno…”
“Dov’è Ben?? Perché non mi risponde al cellulare? E’ da ieri sera che non riesco a chiamarlo… E’ con te?”   A Semir corse un brivido lungo la schiena… cosa doveva dirle ora? “Laura no, non è con me, ma non c’è da preoccuparsi, probabilmente  ha  solo fatto tardi e sta ancora dormendo” cercò di mentire con scarsi risultati. Ben lo diceva sempre che era un pessimo bugiardo “Non mi mentire Semir, tu non sai dov’è…”  esclamò la ragazza “E va bene, ma non ti devi preoccupare, lo sai come fa Ben, l’ultima volta era andato a comprarsi una chitarra a Bonn e si era dimenticato di avvertire…” provò a calmarla Semir anche se forse aveva bisogno lui di essere calmato.
“Sento che qualcosa non va… prendo il primo aereo e  torno, se ci sono novità avvertimi” disse  nervosa Laura chiudendo la conversazione.
“Beh socio,  stavolta l’hai fatta  grossa, appena ti vedo ti becchi una sberla, giuro….”  si disse sperando però  ardentemente di poter mettere in atto la minaccia
 


Semir tornò in ufficio ed entrò di gran carriera nell’ufficio della Kruger “Capo deve mettere tutti gli uomini che abbiamo a cercare Ben…” “Buongiorno Gerkan… Susanne mi ha riferito che Jager stamattina non si trova. Ma conoscendolo non mi pare il caso di agitarsi…” gli rispose gelida il commissario “Sì lo so capo che Ben è a volte imprevedibile, ma mi creda è successo qualcosa. Ho chiamato tutti i suoi amici, la sorella e la fidanzata e non lo hanno sentito, stanotte non ha dormito a casa e ieri sera quando l’ho lasciato non mi ha detto nulla” sbottò “Gerkan ma le pare il caso che io metta degli agenti a cercare Jager dopo meno di tre ore di ritardo? Avrà dormito fuori…”  si oppose ancora il Commissario.

Semir non ebbe il tempo di controbattere. Susanne bussò alla porta dell’ufficio ed entrò con aria cupa “Che è successo?” chiese Semir  sempre più preoccupato
“Hanno trovato la Mercedes di Ben, è parcheggiata in divieto di sosta nel parcheggio della stazione centrale. I colleghi della Municipale dicono che è chiusa a chiave, ma dentro a terra vedono  un cellulare. Non l’hanno ancora aperta, aspettano noi” disse
Semir  si precipitò fuori dall’ufficio senza dire neppure una parola

Ci aveva messo meno di un minuto a forzare la serratura della Mercedes, non mai  aveva perso le sue abilità da  scassinatore. All’interno sembrava tutto in ordine con i soliti pacchetti vuoti di patatine,  contenitori di hamburger ed altro materiale vario che giaceva sul fondo. E ad eccezione  del cellulare di Ben, buttato  fra i sedili posteriori.
Ormai Semir era terrorizzato. “Chiamate  Hartmut e mandate una squadra anche a casa di Ben” disse a Jenny che lo seguiva passo passo.

Semir era febbrile. Mentre aspettava che gli uomini in tuta bianca finissero di esaminare l’auto, si girò intorno alla ricerca di eventuali telecamere, ma purtroppo la zona non era  coperta. Si fece mandare alcune foto di Ben stampate e passò ore a mostrarle ai pendolari che entravano ed uscivano dal parcheggio e dalla stazione senza alcun risultato. Fece tracciare il segnale del cellulare di Ben nelle ultime ventiquattro ore, ma scoprì solo che non si era mosso dalla zona di Colonia, il cui ripetitore però copriva  l’intera città. Pensò e ripensò  a cosa era accaduto nei giorni precedenti, senza trovare una risposta. Erano state giornate normali, molto più normali del solito.
Quando sconfortato guardò l’orologio si accorse che erano già le cinque del pomeriggio, non aveva mangiato né si era fermato un attimo.
E ora doveva andare a prendere Laura all’aeroporto e dirle la verità  “Maledizione socio dove sei finito?” imprecò a bassa voce mentre saliva sulla sua BMW
  


Correva a perdifiato lungo il pendio scosceso, ma sentiva che ben presto le gambe gli avrebbero ceduto. Il braccio ormai completamente blu, non lo sentiva  e non riusciva più a muoverlo. La testa gli pulsava ed il sangue che ancora usciva dalla ferita gli colava negli occhi appannandoli ancora di più. Ma non poteva fermarsi, doveva correre, doveva scappare anche se l’aria che entrava nei polmoni era fuoco vivo ed i piedi martoriati gli lanciavano fitte insopportabili ogni volta che poggiavano a terra
“Corri… corri… salva la tua vita, hai ancora tanto da fare…” si disse mentre sentiva che si avvicinava sempre più.
 E corse sino a che la radice di un albero non lo fece volare a terra.
Cercò di riprendere fiato e alzarsi, ma aprendo gli occhi vide che incombeva su di lui
“Mi dispiace, hai perso. Game over” gli disse ridendo prima di sparargli in mezzo agli occhi
     
 

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Capitolo 3
*** Qualcosa da cui iniziare ***


Qualcosa da cui iniziare

Era ormai sera quando Laura spuntò dalle porte scorrevoli della zona arrivi dell’aeroporto di Colonia trascinando il piccolo trolley dietro di sé.
Le bastò uno sguardo a Semir che l’aspettava dietro le barriere per capire. Gli corse incontro e l’abbracciò “Semir… ancora nulla?” Lui si limitò a scuotere la testa in senso negativo mentre la conduceva  verso il parcheggio.
"Cosa può essere successo?” chiese Laura sedendosi in macchina accanto a Semir
“Non lo so Laura, ma pensiamo positivo, forse è andato da qualche amico e si è dimenticato il cellulare in macchina…” disse piano,ma si vedeva lontano un miglio che non era convinto.
“Io devo tornare in ufficio ma  ti porto a casa da Andrea, non voglio che stai sola…” continuò poi “Ma se Ben dovesse tornare a casa?” chiese lei ansiosa “Nell’appartamento ci sono i tecnici di Hartmut” rispose Semir  con tono mite, ma  sentiva lui stesso la preoccupazione nella sua voce. Laura si morse il labbro e non pronunciò più neppure una parola sino a che non arrivarono alla piccola villetta dove Andrea era già sulla porta ad aspettarli

Semir aveva passato l’intera notte a studiare i file dei loro vecchi casi  alla ricerca disperata di qualche indizio che però non aveva trovato. Quelli arrestati di recente erano ancora dentro, quelli che erano già usciti si erano trasferiti altrove o  comunque non sembravano potercela avere tanto con Ben. Alla fine Semir si era accasciato sui fogli sulla sua scrivania e si era appisolato suo malgrado vinto dalla stanchezza e dallo stress.

Quando sentì un leggero tocco alla porta Semir si svegliò di colpo. Lo sguardo gli cadde sull’orologio appeso al muro, che segnava le sei e mezza del mattino, e subito dopo sulla scrivania, disordinata come al solito, di fronte a lui  con la sedia desolatamente vuota.
“Semir ti va un caffè?” chiese Susanne porgendogli una tazza fumante “Certo grazie sei un tesoro” rispose Semir prendendo la tazza e stiracchiando le braccia ed il collo.
“La Kruger ha appena esteso l’ordine di ricerca a tutto il territorio nazionale, ma pe ora né i colleghi né gli ospedali hanno dato risposta” lo informò la bionda segretaria facendogli cenno verso l’ufficio adiacente. Dalle porte a vetri si vedeva il Commissario già seduto alla sua scrivania nonostante l’orario.  “Finalmente anche lei ha capito che è successo qualcosa” disse Semir velenoso
“Vedrai che invece non è successo niente di grave, lo troviamo….” provò ad incoraggiarlo Susanne mentre lasciava la stanza.
Subito dopo entrò Hartmut, tutto scompigliato e reduce evidente anche lui da una notte insonne “Giorno Semir…” gli disse imbarazzato con la sua solita aria dinoccolata
“Giorno… allora hai scoperto qualcosa?” gli chiese l’ispettore già presagendo la risposta
“No purtroppo no, nell’appartamento ci sono solo le impronte di Ben, Laura e quelli direttamente rapportabili a loro, come le tue o quelle di Andrea.  La vicina del piano di sopra ha detto di aver incontrato Ben ieri sera mentre saliva le scale per rientrare, poi nessuno l’ha più visto. Anche nella macchina nulla…” “E il cellulare?” “Le ultime telefonate sono tue o di Laura.”

“Non può essere sparito nel nulla, non può mica essersi volatilizzato…” Ora anche  la Kruger appariva preoccupata “Ha chiamato il padre?… forse è un rapimento a scopo di estorsione…” ragionò con la solita calma
“Certo che l’ho fatto, ma Julia mi ha detto che non lo sentono da giorni e nessuno si è fatto vivo con loro. Dubito molto però che dei rapitori a scopo di estorsione prendano in ostaggio un poliziotto…” Semir era sempre più frustrato e nel tempo stesso furibondo
Sconsolato guardò fuori dalla finestra.
Non avevano nulla, nulla da cui iniziare a cercare.
 
Tre mesi dopo

“Gerkan nel mio ufficio per favore” Semir trasalì nel sentire la voce della Kruger.
Negli ultimi  tre mesi l’aveva trattato con i guanti bianchi, quasi non osava rivolgergli la parola, ma nell’ultima settimana l’atteggiamento era cambiato. E a Semir questo non  lasciava presagire nulla di  buono.
Aveva visto un paio di colleghi di altri distretti a colloquio con il Commissario e aveva anche visto come gli lanciavano occhiate sottecchi; aveva intuito dove stava per andare a parare la cosa e quindi, quando la Kruger lo chiamò nell’ufficio, si preparò ad una furibonda battaglia.
 “Semir si sieda per favore” gli disse il Commissario mostrandogli la sedia di fronte alla scrivania.
Semir si sedette pensando a tutte le volte in cui lui e Ben si erano seduti su quelle sedie ad ascoltare le ramanzine del capo, ma ora la sedia accanto a lui era vuota e il pensiero gli provocò  una nuova fitta di dolore
“Qui  ci sono i fascicoli personali di tre colleghi che hanno chiesto il trasferimento a questo distretto, vorrei che ci desse un’occhiata” gli disse ancora Kim porgendogli tre cartelline.
Semir si dovette trattenere per non sbottare subito “A che scopo Commissario?” chiese duro guardandola negli occhi anche se già conosceva la risposta
“Semir lo sa… lei ha bisogno di  un nuovo compagno, non può lavorare da solo….” Il tono della voce della Kruger si abbassò notevolmente
Semir dovette fare uno sforzo enorme per contenere la rabbia “Io non ho bisogno e soprattutto non voglio un altro compagno. Il mio compagno di lavoro è Ben.” pronunciò le parole quasi scandendole.
"In questo distretto si va di pattuglia in coppia. E’ la regola”   era evidente che anche Kim stava trattenendo la rabbia
“Bene allora per ora andrò di pattuglia con Jenny oppure con Dieter, oppure non ci andrò affatto. Veda lei. Ma io non accetterò mai un altro partner. Discorso chiuso!!!” Semir ormai urlava e tutti fuori dalla porta a vetri si erano come congelati a guardare la battaglia
La tensione nella stanza era al culmine
Kim guardò Semir e cercò di parlare nel modo più calmo possibile “Semir, sono passati già tre mesi. Forse dovremmo iniziare ad accettare l’idea che…”  gli disse
Ma Semir non le fece finire la frase  “Quale idea Commissario?? Fossero anche passati tre anni io non mi rassegnerò mai,  non mi rassegnerò  fino a che non l’avrò trovato o non avrò trovato il suo cadavere” rispose furibondo prima di lasciare la stanza sbattendo la porta

Rientrato nel suo ufficio Semir non si trattenne più Afferrò il portapenne sulla scrivania e lo lanciò contro il muro con una serie di sonore imprecazioni.
Ma non sapeva che quel litigio non era la cosa peggiore che doveva succedere quella mattina.
Meno di dieci minuti dopo Susanne entrò nella stanza stravolta e gli porse un foglio senza riuscire a dire neppure una parola
Semir lesse e sentì che le gambe gli stavano cedendo. Si accasciò sulla sedia mormorando debolmente “No, no perché.. non è possibile…”
 

La sveglia suonò e Laura  alzò  la testa dal cuscino con un balzo. Il suono l’aveva spaventata e le sembrava di aver dormito solo pochi minuti dopo un’altra notte insonne. Guardò sconsolata il lato vuoto del letto e ancora una volta abbracciò il cuscino cercando di sentirne l’odore che però andava scomparendo. Si rifiutava di cambiare la fodera, quasi che dormire abbracciata a quel cuscino con ancora il suo odore equivalesse ad abbracciare Ben. Ed invece quella che si preparava era un’altra giornata da sola, un’altra giornata senza di lui.
Da un mese aveva ripreso il lavoro alla fondazione, ma con scarsi risultati. Tutti cercavano di  starle vicino, di aiutarla, ma lei  non ci stava proprio con la testa. Continuava a commettere errori su errori e passava la maggior parte del tempo a guardare fuori dalla vetrata. Ma stare lì in ufficio almeno la distraeva un po’, non riusciva a stare in casa tutto il tempo e per quanto Andrea passasse diverse ore con lei ogni giorno non poteva contare sempre sull’amica.
E poi Andrea doveva badare anche alle bambine  e soprattutto a Semir, che forse era l’unico a stare peggio di lei.
Il socio di Ben sembrava completamente impazzito, passava ore ed ore in giro per la città a cercare informazioni, aveva interrogato quasi tutti i criminali che lui e Ben avevano arrestato ed aveva attaccato centinaia di manifestini lungo tutte le strade della città. La sua ostinazione in questa ricerca era fenomenale, ma Laura lo vedeva sempre più triste ogni sera che passava a trovarla. Dopo i primi giorni in cui le chiedeva in continuazione informazioni su Ben, su chi avevano incontrato negli ultimi giorni, su quello che avevano fatto o detto,  ora si limitava a sedersi al tavolo della cucina e a bere il suo caffè in silenzio.
Laura si avviò verso la doccia sfilandosi l’anello di diamanti che Ben le aveva regalato quando avevano deciso la data del matrimonio. Era l’anello di famiglia, prima era appartenuto alla madre, e la ragazza sorrise pesando a tutti i sotterfugi cui era ricorso Ben per prendere la misura del suo dito e farlo adattare.
Più volte negli ultimi giorni aveva pensato che nulla poteva essere peggio di quello che stava vivendo…   nulla… neppure sapere che era morto.

Ma Laura si maledisse per questo pensiero appena due minuti dopo, quando Dieter comparve alla porta dell’appartamento. Era visibilmente scosso, rosso in volto e tremava come una foglia.

“Laura…  Semir mi ha mandato a prenderti. Dobbiamo andare all’obitorio” le disse con voce rotta dal pianto. 

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Capitolo 4
*** L'ostinazione di Semir ***


L'ostinazione di Semir

Laura percorse tutta a strada verso l’ospedale di Colonia, seduta accanto a Dieter in automobile, senza che la sua mente riuscisse ad articolare un solo pensiero razionale.
Le passavano  per la mente solo pensieri  assurdi tipo… che faccio con il vestito da sposa? Oggi dovevo ritirarlo. Oppure… devo ricordarmi di piantare i gerani sul balcone della cucina.
Quando arrivarono Dieter le aprì lo sportello, ma dovette sorreggerla perché le gambe minacciavano di cederle da un momento all’altro
“Dieter… non credo di farcela…” mormorò mentre con l’ascensore scendevano al piano interrato dove c’era la morgue
“Coraggio Laura, non credo che  Semir possa  sopportare questa cosa senza di te…” le disse il poliziotto mentre abbracciandola la conduceva verso il corridoio.

Semir la stava aspettando appoggiato alla porta dell’ufficio del coroner. Era così pallido che Laura ebbe l’impressione che stesse per svenire Non le disse nulla si limitò a guardarla con aria spaventata.
Il coroner uscì dall’ufficio con il solito camice verde e guardò i tre con aria di circostanza
“Dunque abbiamo un cadavere ripescato ieri dal Reno, in pessime condizioni,  maschio circa trenta anni, altezza 1,85 circa, capelli scuri.. coincide con il vostro collega giusto?” chiese  asettico
 I tre si guardarono smarriti “Chi entra?” chiese ancora il medico
 Semir guardò Laura e vide  la sua aria terrorizzata  “Aspetta qui, vado da solo” le disse mentre entrava

I minuti passavano e parevano a Laura ore intere. Come aveva solo potuto pensare che sarebbe stato meglio sapere che era morto? No non poteva essere… non poteva finire tutto così… Perché Semir non usciva? Perché non aveva chiesto al coroner se quell’uomo aveva un tatuaggio sul braccio destro? Mille pensieri affollavano la mente della ragazza mentre il cuore le batteva furiosamente in gola
Finalmente la porta si aprì e ne uscì Semir barcollando.
Ansimando ebbe solo il tempo di dire “Non è lui” prima di correre in bagno a vomitare

Semir e Laura erano seduti al bar di fronte all’ospedale.
“Ho bisogno di qualcosa di forte” disse l’ispettore mentre ordinava un wiskey anche  erano appena passate le undici del mattino. E dire che non andava mai più in là del vino o della birra
“Sento che sto impazzendo, Semir sto diventando pazza…” mormorò Laura mentre beveva con mano tremante il caffè
“Stasera in tv viene trasmesso un altro appello…” provò a dirle Semir ma si vedeva che neppure lui credeva che  la cosa sarebbe servita  qualcosa
“Tre mesi Semir, sono passati tre mesi… se stesse bene  se fosse… ci avrebbe chiamato, avrebbe trovato un modo per mettersi in contatto con noi…” la voce di Laura era tremante e la ragazza minacciava di scoppiare in singhiozzi da un momento all’altro
“Prima o poi sapremo qualcosa, vedrai, verrà fuori qualcosa, sarà così” declamò Semir cercando di autoconvincersi
“E’ un poliziotto Semir, le sue impronte sono nei data-base, se qualcuno l’avesse trovato lo sapremmo. E neppure il nugolo di investigatori privati che ha assunto Konrad ha cavato un ragno dal buco….ho paura Semir, ho paura che non lo rivedrò mai più, che non saprò più neppure  se è vivo o morto”  Ormai Laura piangeva a dirotto
“Non dobbiamo perdere la speranza Laura, seppure ci restasse solo quella non dobbiamo perderla… io mi rifiuto di pensare che non lo rivedrò. Non sarà così” le disse l’amico mentre le prendeva la mano.
Ma il suo cuore era di pietra.
 

Semir era tornato in ufficio accolto dallo sguardo di comprensione dei colleghi. La Kruger  non aveva  avuto il coraggio di continuare la discussione del mattino e lui si era dedicato al lavoro di ufficio senza neppure mai guardare dal suo lato.
A sera era tornato a casa anelando l’abbraccio della moglie, l’unico momento in quei mesi che gli poteva ridare un attimo di serenità.
Ormai non aveva neppure il coraggio di stare molto con Aida nel terrore che gli chiedesse dello zio. Cosa poteva rispondere ad una bambina di otto anni? Vigliaccamente aveva lasciato il compito ad Andrea la quale aveva preferito dirle la verità. E Aida sembrava anche aver capito che era meglio non affrontare l’argomento “zio Ben” con il padre. Così taceva, restando triste quasi tutte le sere nella sua camera a giocare con la sorellina.

“Deve essere stato terribile… povera Laura, anche questa ci voleva” disse Andrea carezzando la nuca del marito che le raccontava con sguardo fisso della spaventosa avventura della mattinata, anche se lei il racconto l’aveva già sentito dalla ragazza con cui aveva passato il pomeriggio
“Già… ma la cosa peggiore è che sento che Laura si sta arrendendo… non ce la fa più…” sospirò Semir
“E’ passato tanto tempo… la mente cerca di proteggersi in qualche modo” Andrea non sapeva come aiutare Laura. E non sapeva neppure come aiutare Semir a venire a patti con la possibilità che la sua granitica convinzione che avrebbe ritrovato Ben poteva  rivelarsi sbagliata

“Ti va di aiutarmi ad imballare queste vecchie cose da portare in chiesa per la pesca di beneficienza annuale?” chiese cercando di distrarre un po’ il marito
Semir annuì di malavoglia e  prese qualche vecchio giornale che la moglie aveva preparato per incartare gli oggetti di cui aveva deciso di sbarazzarsi.
Riuscì anche a sorridere nel vedere alcuni degli orridi regali di nozze destinati finalmente  ad abbandonare la casa.

Poi il suo sguardo cadde su un quotidiano ed una notizia in particolare
“Ritrovato il corpo dell’ispettore dell’antidroga scomparso   due  settimane fa”
Come ipnotizzato Semir iniziò  leggere il foglio di giornale sedendosi sul divano
“E’ stato ritrovato in una discarica nei pressi di Koln il corpo di Mike Scholler, 34 anni, ispettore della sezione antidroga. L’ispettore Scholler era scomparso dalla sua abitazione due settimane fa. Il corpo, che al momento del ritrovamento presentava diverse ferite da arma da taglio e da fuoco, è stato condotto al locale ufficio del coroner per i rilievi. Gli investigatori ipotizzano una vendetta di uno dei numerosi trafficanti di droga arrestati negli anni passati dall’ispettore….”
L’articolo continuava con la  preoccupazione delle autorità sull’aumento  della criminalità legata allo spaccio di stupefacenti e si concludeva con il cordoglio espresso dai superiori del giovane polizotto caduto in servizio.
Semir guardò la data  sul quotidiano.  Quasi tre mesi prima. E la sparizione veniva riportata come avvenuta a fine luglio, pochi giorni prima di Ben. Stessa età, anche lui sparito da casa.
Una luce gli si accese nella testa .
Stirò con le mani il foglio spiegazzato e se lo mise in tasca
Poi febbrile avvertì la moglie “Andrea devo tornare in ufficio”  
 
 “Sì lo so  Susanne è tardi e hai già finito  l’orario da più di un’ora. Ma ti prego è di vitale importanza, scopri se questo Scholler ha  qualche punto di contatto con Ben. Forse hanno fatto l’accademia insieme. Sì… grazie sei un tesoro” Semir attaccò il cellulare sospirando. In quei mesi per molte volte si era illuso di aver finalmente trovato una traccia e cercò di prepararsi  alla idea che anche questo  poteva essere un falso allarme.
Anche se il suo sesto senso gli diceva che stavolta avrebbe trovato qualcosa.

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Capitolo 5
*** Indizi ***


Indizi

“Avevi ragione Semir, Scholler e Ben hanno frequentato insieme l’accademia, stesso anno di diploma, stesso corso a Berlino” annunciò Susanne non appena vide entrare l’ispettore in ufficio.
Semir  per la prima volta da mesi sentì salire l’eccitazione che di solito lo prendeva quando sentiva di stare per risolvere un caso.
“Bene,  hai anche l’elenco completo degli alunni di quel corso? E procurami anche il nome degli istruttori per favore” chiese ancora lui senza badare neppure al fatto che erano quasi le dieci della sera e Susanne aveva finito da un pezzo il turno di lavoro. Ma la bionda segretaria non pensò nemmeno a lamentarsi. Anche per lei trovare Ben era fondamentale
“Questo è l’elenco di tutti gli alunni. L’istruttore base del corso di Ben era un tale Kurt Waldeim. Attualmente è in pensione…” lo informò Susanne dopo meno di dieci minuti
“Indirizzo?” chiese ancora Semir. Susanne gli passò un foglio e l’ispettore  mentre lo prendeva era già praticamente fuori dalla porta
“Semir… ma dove vai? sono le dieci passate… aspetta domani…” gli  gridò dietro Susanne, senza che l’uomo si voltasse neppure a salutarla
 

Semir arrivò al piccolo condominio della periferia cittadina che erano quasi le undici. Guardando l’orologio si chiese se era effettivamente il caso di andare a disturbare un vecchio istruttore in pensione a quell’ora di sera, ma poi si decise e scese dall’auto. Aveva già perso troppo tempo, e per tutto il tragitto si era maledetto per non aver pensato a un qualche collegamento fra la sparizione di Ben e i tempi in cui frequentava l’accademia.

“Mi scusi l’ora sig. Waldeim…” si scusò Semir entrando in casa.
“Ma si figuri ispettore Gerkan… se posso ancora  essere utile ai colleghi  non mi tiro indietro e poi alla mia età si dorme poco…” gli sorrise l’anziano uomo
“Vorrei  parlarle di Ben Jager…” iniziò Semir sedendosi sul divano nell’ordinato e piccolo salotto della casa
“Ben? Cosa è successo a Ben?” chiese il vecchio con aria preoccupata
“E’ scomparso da più di tre mesi ormai… non  lo sapeva? La notizia era su tutti i giornali…” lo informò subito Semir
“Oh… no non lo sapevo non leggo molto i giornali e sono stato da mia figlia in Austria sino alla settimana scorsa…” si vedeva che il vecchio era dispiaciuto
“Volevo sapere se lei sa in che rapporti erano Ben e un altro dei suoi allievi Mike Scholler” chiese  l’ispettore
“Mike? Certo che avevano rapporti, ma cosa c’entra Mike in questa storia?” chiese sempre più agitato Waldeim
Semir esitò, evidentemente il vecchio non sapeva nulla neppure dell’uccisione di Scholler
“Purtroppo Mike Scholler è morto, sig. Waldeim. Anche lui è stato rapito a fine luglio da casa e poi l‘hanno ritrovato assassinato poche settimane dopo… il cadavere era nella discarica vicino Koln…” gli disse cercando di essere il più delicato possibile
“Mio Dio.. povero Mike. E’ stato il mio ultimo corso sa… sarebbe stato anche il mio miglior corso se non fosse stato per quel brutto affare con Eric…” rispose pensoso l’istruttore
 “Mi racconti tutto con calma” chiese Semir
E così Waldeim gli raccontò della banda dei cinque, come venivano chiamati all’epoca  i cinque ragazzi, e dell’arresto di Eric
“Deve essere stato molto difficile per  gli altri quattro, mai visti allievi così legati fra loro. Quei cinque erano praticamente inseparabili ed erano anche la disperazione di tutti noi istruttori. Ma tutti sapevamo che ciascuno di loro sarebbe diventato un ottimo poliziotto. Tranne forse Jan, che era il più timido e imbranato del gruppo, ma paradossalmente proprio lui ha fatto più carriera. So che attualmente è  vice commissario degli affari interni a Norimberga” concluse il discorso Waldeim
“Sa che fine ha fatto questo Eric Richter?” chiese Semir mentre sentiva il battito accelerato. Forse aveva finalmente una pista
“No, non lo so.  Ebbe una condanna pesante, mi pare tre anni, e poi non ne ho saputo più nulla. Ma lei crede che Eric c’entri qualcosa in questa storia?”  rispose il vecchio
“Non ne posso essere sicuro, ma non posso escludere questa pista…” gli rispose Semir

“Beh vede, nonostante tutto quello che è successo io non riesco a credere che Eric possa aver ucciso Mike e rapito Ben…” disse Waldeim mentre accompagnava Semir alla porta.
Ma Semir  sapeva che questo Richter c’entrava eccome nella storia e lui in un modo e nell’altro gli avrebbe tirato da bocca la verità.
 
 
 

“Semir è mezzanotte, dove credere di andare a quest’ora? Possiamo aspettare domattina per prelevare questo Richter…” la voce della Kruger al telefono era furibonda
“Abbiamo già perso troppo tempo, commissario, Io non aspetto, lo vado a prendere ora e lo porto al Distretto per interrogarlo…” Semir era altrettanto arrabbiato ed aveva perso qualsiasi senso della gerarchia
“Se questo Richter ha a che fare con la sparizione di Ben e l’uccisione di Scholler allora è un tipo pericoloso, non può andare da solo, almeno aspetti i rinforzi…” provò a convincerlo Kim, senza risultato
“Io sto andando a casa di Richter, se i rinforzi arrivano bene, altrimenti faccio da solo” Semir chiuse la telefonata senza aspettare la risposta

Subito dopo mentre guidava verso la casa di Richter lo chiamò  Susanne
“Semir… ho le informazioni che mi avevi chiesto. Dunque a quanto pare Eric Richter ha scontato tre anni per spaccio. E’ uscito circa quattro anni fa e da allora pare che righi diritto e si sia rifatto una vita. Neppure più una contravvenzione per divieto di sosta. Non è sposato e attualmente è responsabile di una piccola ditta di guardie giurate. Niente di particolarmente grande, ma gli consente comunque un buon tenore di vita…” disse la segretaria
“Ok grazie Susanne sei un tesoro.  Ora puoi andare a dormire finalmente” Semir sorrise pensando allo spirito di sacrificio della ragazza.  Era mezzanotte e lei era ancora a lavorare senza minimamente lamentarsi. Ma Semir sapeva che lo faceva per Ben. Erano tutti una grande famiglia
“Ho convocato per domattina Sarah Night e Jan Muller, gli altri colleghi di Ben all’accademia. Ho anche detto loro di guardarsi le spalle” concluse Susanne
“Bene, allora buonanotte angelo mio”  fece Semir
“Semir…. sta’ attento mi raccomando” disse debolmente Susanne prima di chiudere la telefonata

 Semir sospirò. Non voleva illudersi di aver trovato finalmente il bandolo della matassa. Troppe volte in quei mesi si era illuso. Ma ora sentiva che c’era davvero vicino. Anche se aveva paura di quello che poteva scoprire.  Più volte in quei mesi si era chiesto cosa avrebbe fatto se avesse avuto la certezza che Ben era morto ma aveva subito scacciato il pensiero dalla mente. E ora che forse si stava avvicinando alla verità aveva paura, una paura terribile delle conseguenze

Parcheggiò la BMW proprio di fronte alla piccola villetta dove abitava Eric Richter
Ovviamente dei rinforzi chiamati dalla Kruger non c’era ancora traccia, ma Semir sentiva che ogni minuto era prezioso.
Scese dalla macchina e bussò più volte al citofono della villetta senza alcuna risposta.
All’interno era tutto buio e sembrava che in casa non ci fosse nessuno.
Semir si guardò intorno e dopo alcuni minuti di indecisione prese dalla tasca gli attrezzi e in un attimo forzò il portoncino di ingresso.
Dentro era tutto silenzioso. Semir aspettò un attimo per abituare gli occhi alla oscurità e poi iniziò a girare nell’ampio ingresso arredato in modo semplice e moderno.
All’improvviso venne distratto dal motore di una moto che  passava nella strada adiacente e non si accorse dell’ombra che  incombeva alle sue spalle.

Poi tutto divenne nero.

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Capitolo 6
*** Punto e a capo ***


Punto e a capo

Semir rinvenne lentamente.
Subito si accorse che era steso sulla pancia e  che aveva le mani legate dietro la schiena, probabilmente con le sue stesse manette. Sentì qualcuno che gli frugava nella tasca dei pantaloni e  gli prendeva il portafogli.
Poi vide un paio di stivaletti neri che andavano verso la lampada e l’accedevano
“Ispettore Semir Gerkan…” mormorò  
Semir alzò  la testa e vide un uomo di circa trenta anni, biondo occhi verdi, accucciarsi vicino a lui
“Sei un poliziotto?” chiese l’uomo fissandolo negli occhi mentre teneva il suo tesserino fra le mani
“Certo che sono un poliziotto, bastardo…” imprecò lui
“E che cazzo vuoi qui? Perché sei entrato forzando la porta?” la voce dell’uomo era irata ma calma
“Sto cercando Eric Richter… sei tu suppongo”  rispose Semir
L’uomo continuò a fissarlo “Certo che sono io… e te lo chiedo di nuovo… che cazzo vuoi qui?”
“Sono venuto per portarti al commissariato. Devo interrogarti…” Semir guardò Eric con aria di sfida
Eric sorrise in modo beffardo “Interrogarmi… e su cosa all’una del mattino?”
“Sul rapimento di Ben Jager e sull’omicidio di Mike Scholler” gli sibilò in faccia Semir sempre più furibondo. Si era fatto fregare da questo bastardo e non c’era neppure traccia dei rinforzi chiamati dalla Kruger
“Cosa c’entri tu con Ben e Mike?” chiese Eric mentre un lampo di sorpresa gli passava per gli occhi
“Ben è il mio partner di lavoro e se scopro che gli hai fatto qualcosa, che gli hai fatto del male giuro che renderò la tua vita un inferno su questa terra” gli urlò contro Semir mentre finalmente si sentivano le sirene delle auto della polizia avvicinarsi.
 

Semir scese dalla BMW e si avvicinò all’auto dei colleghi con Eric Richter seduto sul retro. Aprì la portiera ed afferrò Eric per la manica del giaccone praticamente trascinandolo nella sala interrogatori
Erano le due del mattino ma c’erano quasi tutti in ufficio, ivi compresa la Kruger
Mentre i colleghi facevano sedere Eric nella sala con il vetro unidirezionale Kim prese Semir da parte

“Gerkan… mi raccomando stia calmo. L’avvocato di Richter dovrà essere avvisato e lui questo lo sa, quindi cerchi di essere cauto prima che arrivi. Non forzi la situazione…” gli disse con aria preoccupata
“Commissario se quell’uomo ha a che fare con la sparizione di Ben bisogna cavargli qualcosa da bocca prima che arrivi l’avvocato e gli impedisca di parlare…” Semir era furibondo. Le mani gli tremavano dalla rabbia
“Semir deve stare calmo, non possiamo rischiare di compromettere tutto, se non ci riesce lo interrogo io…” fece ancora la Kruger
“No!!! Devo farlo io, devo guardarlo in faccia per capire se lui c’entra qualcosa…” si oppose subito l’ispettore
“Va bene, ma se mi accorgo che esagera la blocco, l’ho avvertita” concluse la Kruger mentre prendeva posto dietro lo specchio
 
“Allora… eri uno della banda dei cinque giusto?” chiese Semir sbattendo la cartellina sul tavolo della stanza degli interrogatori, appena entrato
Eric si limitò a guardarlo senza dire nulla
“E gli altri quattro ti hanno tradito, ti hanno denunciato così hai deciso di vendicarti…” proseguì Semir con sguardo d’odio
Eric sorrise debolmente  “Fammi capire… tu credi davvero che io abbia ucciso Mike e magari anche Ben?” chiese calmo
“Tu li odiavi giusto? Ti avevano fatto sbattere in galera, ti hanno rovinato la vita… e ora ti sei vendicato” lo provocò ancora Semir
“Si vede che non sei abbastanza amico di Ben per pensare questo…” gli sibilò in faccia
“Cosa vuoi dire con questo?” chiese Semir
“Che evidentemente  non ne sai abbastanza della sua vita… sai  l’unica persona che c’era ad aspettarmi quando sono uscito di galera? Ben. Ed è stato lui che mi ha trovato il lavoro presso la ditta di guardie giurate che ora dirigo. Era una delle società che aveva la sorveglianza dei cantieri del padre” gli disse serio Eric
“Sei un bastardo… se pensi che ci casco…” Semir era furibondo
“Puoi controllare se vuoi. Mi sono amaramente pentito di quello che è successo all’accademia… non sai quanto me ne sono pentito, ora sono diverso”
“Certo come no…” fece sarcastico Semir
“Meno di sei mesi dopo che  sono stato arrestato mia sorella, l’unico membro della famiglia che avevo, è morta per overdose” disse pieno Eric. “Ben si è  occupato del funerale, di tutto… se non fosse stato per lui… come pensi che io possa avergli fatto del male?” continuò ancora
La convinzione di Semir iniziava a vacillare
“E si può sapere perché mi hai colpito e poi ammanettato?” chiese ancora sospettoso Semir
“E che ne sapevo tu chi eri? Anche io ho letto di Mike e Ben sui giornali e mi pare ovvio che c’è qualcuno che  ce l’ha con noi cinque. Ho tentato di contattare sia Sarah che Jan, ma lei ormai non è più in polizia, fa l’avvocato e Jan neppure ha voluto ricevermi” rispose amareggiato Eric
“E per tua informazione tre mesi fa, quando sono spariti sia Mike che Ben, io ero a Londra per un corso di aggiornamento. Ci sono rimasto sino alla fine di settembre” chiuse il discorso Eric.
Semir rimase stupito. Non riusciva a credere di aver fatto ancora una volta un buco nell’acqua.  “Controlleremo”  si limitò a dire mentre usciva dalla stanza
 
Ormai albeggiava e Semir si era appisolato sul divano nell’ufficio.
Sobbalzò quando sentì la Kruger bussare alla porta.
“Semir… le volevo dire che da Londra confermano. Richter è stato lì dall’inizio di agosto alla fine di settembre, ha partecipato praticamente quasi tutti i giorni ad un corso…”
“Magnifico…” sbottò lui stropicciandosi gli occhi
“Lo stiamo rilasciando…” gli disse poi il commissario  chiudendo la porta
Semir sospirò mentre si alzava dal divano. Dalla porta a vetri vedeva Eric che ritirava i suoi effetti personali da Dieter, con vicino il suo avvocato

Uscì e gli andò incontro. “Gerkan… se hai qualche notizia, se vuoi un aiuto non esitare a contattarmi…” gli disse Eric
“Senti tu, non credere di incantarmi. Per ora te la sei cavata, ma se scopro che tu c’entri qualcosa, se scopro che sei stato tu… non ci sarà un posto dove ti potrai nascondere. Io ti trovo” gli sibilò piano Semir  avviandosi fuori
 
Uscì fuori nella fredda aria del mattino. Ormai era inverno e presto avrebbe nevicato e lui si sentiva completamente svuotato. Erano mesi che girava a vuoto, ma non poteva arrendersi, doveva continuare a cercare, doveva trovarlo. Non poteva finire così.
Ma doveva ricominciare tutto daccapo

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Capitolo 7
*** Una giornata particolare ***


Una giornata particolare

“Questi sono i risultati della autopsia su Scholler. Poveraccio, praticamente l’hanno torturato prima di ucciderlo” gli disse Susanne porgendogli una cartellina
Semir aprì la cartellina e rabbrividì leggendo a descrizione delle ferite trovate sul cadavere.  Ferite da coltello, non tanto profonde da risultare mortali, ma con evidenza dolorosissime, fratture alle mani e alla spalla, un colpo alla tempia che gli aveva leso un occhio, tagli profondi sulla pianta piedi. Ed infine un colpo di pistola al capo, causa immediata della morte Una  descrizione terribile. Alla fine della lettura Semir tremava tutto.  Era certamente un pazzo  chi aveva fatto questo e probabilmente aveva  preso anche Ben

“Semir ci sono i colleghi di Ben dell’accademia” annunciò Jenny dall’uscio dell’ufficio.
Semir guardò fuori e vide un uomo,  bassino e abbastanza  cicciottello, vestito in abito grigio, con la tipica aria del funzionario da scrivania ed una bella donna bionda e esile, che aspettavano poco più in là parlottando fra loro
“Prego accomodiamoci nel mio ufficio” li invitò Semir uscendo e porgendo a ciascuno la mano
“Ispettore suppongo che siamo qui per via di Ben…  ho visto Eric che  se ne andava in macchina poco fa” gli disse subito Jan. “In effetti  sono sicuro che lui c’entra in questa storia avevo avvertito anche i miei superiori ma non mi hanno creduto.”
“Invece pare che Richter abbia un alibi, commissario Muller” rispose Semir
“Ma stai zitto Jan, prima  eri l’unico che lo difendeva ed ora ti metti ad accusarlo senza prove…” sbottò la ragazza bionda. “Io  invece credo che Eric non c’entri nulla con questa cosa”
“Avvocato Night io non escludo nessuna ipotesi…” le disse Semir. Certo che proprio bella e Semir si immaginò subito che Ben le avesse fatto la corte ai tempi dell’accademia 
“Mi chiami pure Sarah…” fece la donna amichevole “Siamo a sua disposizione per qualsiasi cosa voglia chiederci”
“in effetti volevo sapere se vi viene in mente un qualsiasi motivo per cui qualcuno possa avercela avuta con Ben e Mike…, magari qualcosa successo all’accademia o quando uscivate tutti insieme”
“Le ripeto Gerkan è stato Eric, lui ci odia a morte e vuole ucciderci tutti e quattro” disse ancora Jan.
Semir pensò subito che quell’ometto gli stava odioso. Aveva ragione l’istruttore, doveva essere imbranato e noioso anche   all’accademia
“Jan,  l’ispettore Gerkan ti ha già detto che Eric ha un alibi. O non hai sentito?” il disprezzo nella voce di Sarah era evidente
“Certo…    vedo che non ti è passata la cotta vero?” le rispose velenoso Jan
Semir rimase in silenzio  a guardare il litigio cercando di capire le dinamiche fra i due
“Ed io vedo che tu sei sempre il solito  ipocrita; quado ti serviva all’accademia sbavavi dietro ad Eric come un cagnolino…” disse ancora più acida Sarah
“Signori ora basta però, non siamo qui per litigare” intervenne alla fine Semir
“Certo mi scusi ispettore, dobbiamo pensare ad  aiutare Ben. No ispettore proprio non mi viene in mente null’altro che leghi Ben a Mike. Noi cinque ci siamo persi di vista subito dopo il diploma, ognuno ha preso la sua strada e dopo la storia di Eric nessuno  ha cercato di contattare gli altri, a quanto ne so. Io poi ho lasciato il servizio circa un anno dopo il diploma e mi sono laureata in legge” raccontò Sarah
“Beh, a quanto mi ha raccontato Richter lui e Ben erano rimasti in qualche modo in contatto, pare che Ben abbia trovato anche un lavoro ad Eric quando è uscito di prigione..” rispose Semir cercando di carpire le reazioni dei due
“Davvero? Non lo sapevo… ma mi pare tipico di Ben. Lui ed Eric nonostante tutto erano molto amici…” rispose Sarah pensierosa
“Nemmeno a me viene in mente nulla che leghi Ben e Mike dopo l’accademia” troncò corto Jan
 Semir congedò i due con animo ancor più depresso.
Non aveva ben capito i rapporti fra quei cinque e non aveva nulla in mano per collegare l’omicidio di Scholler alla sparizione di Ben, anche se sentiva che le due cose erano strettamente legate
 

 
Laura si svegliò urlando e sudata fradicia. I farmaci che le avevano prescritto per dormire almeno qualche ora le provocavano incubi terribili di cui per fortuna non conservava memoria al risveglio.
Ansimando si alzò ed andò in bagno a  bagnarsi il viso.  Si guardò allo specchio e subito le salirono le lacrime agli occhi
Era arrivato il giorno che tanto aveva temuto nelle settimane precedenti.  Era il sei dicembre e Ben non c’era.
Laura  aprì l’armadio e prese il voluminoso sacco bianco che occupava praticamente tutta un’anta.  Lo aprì ed appese il suo vestito da sposa alla porta della  armadio. Guardandolo  pianse disperatamente.
 

“Semir è ora che ti svegli” La voce di Andrea penetrò nel sonno agitato del marito come un sussurro lontano. Lentamente Semir aprì gli occhi stanchi. Anche quella notte non aveva dormito più di tre o quattro ore, ma ormai  ci aveva fatto l’abitudine
“Andrea perché sei già sveglia? E’ domenica…” sussurrò meravigliato di vedere la moglie già in piena attività
“Sì ma dobbiamo passare a prendere Laura e  sarà anche difficile convincerla a venire con noi…” rispose la donna mentre  si avviava verso il bagno
Semir la guardò con aria interrogativa.
 “Non mi dire che ti sei dimenticato di che giorno è oggi…” gli disse la moglie leggermente spazientita
Il sei dicembre… era il giorno in cui Ben e Laura dovevano sposarsi
“Merda…” imprecò tra sé e sé Semir buttando le gambe fuori dal letto. Già la settimana prima lui ed Andrea avevano organizzato una gita cui trascinare Laura, non poteva stare sola a casa in questo giorno.
“Ma non l’hai avvertita?” chiese Semir alla  moglie
“No, ho preferito di no, si sarebbe rifiutata. Facciamo un blitz con le bambine  e la costringiamo a venire con noi” rispose energica Andrea
Semir rimase seduto qualche momento sul letto pensando  a quanto avrebbe dovuto  essere diverso e gioioso quel giorno. “E’ solo rimandato…” si costrinse a pensare
 
Le previsioni di Andrea si  rivelarono esatte. Laura si oppose fermamente  a  qualsiasi ipotesi di uscire di casa fino a che Aida e Lily non furono spedite a trascinare giù la “zia Lalli” come veniva chiamata dalla più piccola delle bambine Gerkan
Laura non disse neppure un parola mentre sul sedile posteriore della BMW si recavano alla baita che Semir ed Andrea avevano scelto per  la piccola gita. Si limitò a guardare fuori per tutto il tempo accarezzando la testa di Lily che si era addormentata in braccio alla zia
Semir si sentiva stringere il cuore guardando la ragazza dallo specchietto retrovisore. Se era difficile per lui non riusciva neppure ad immaginarsi come doveva essere per lei.
 La situazione non migliorò alla baita nonostante che Aida e Lily cercassero in tutti i modi di trascinare la zia sui vari giochi per bambini che c’erano nel vasto parco, appena imbiancato dalla prima neve della stagione

“Laura devi cercare di stare su, lo so che è difficile ma deprimersi non serve a nulla” provò ad incoraggiarla Andrea.
Le due donne guardavano appoggiate ad una staccionata Semir che  spingeva a turno le due altalene con le bambine che urlavano di gioia
“Non ce la faccio Andrea, non ce la faccio ad andare avanti. Almeno sapessi cosa è successo… mi sento in colpa qualsiasi cosa faccia, anche ad essere qui.” mormorò Laura con le lacrime agli occhi
Proprio in quel momento arrivò Aida di corsa
“Zia Laura vieni anche tu sull’altalena?” le chiese  speranzosa. La bambina aveva una sorta di dono speciale nel capire le difficoltà delle persone
“No cara, vai tu non ti preoccupare, io resto qui con la mamma…” rispose Laura
“Sei triste zia? Sei triste perché zio Ben non c’è?” chiese ancora la bambina
“Solo un po’, piccola,  ma ora passa” fece Laura cercando di tranquillizzare la piccina
“Zio Ben è andato in Paradiso?” chiese all’improvviso e a  bruciapelo Aida
 La domanda lasciò di stucco e senza fiato tutti.  A Laura salirono immediatamente le lacrime agli occhi.
“Ma no Aida, si è solo perso e non riusciamo ancora a trovarlo. Ma lo troveremo, vedrai che lo troveremo” disse Semir arrivando.
Laura in quel momento invidiò moltissimo la fede e la determinazione incrollabile del migliore amico di Ben, perché sentiva invece le sue speranze venire meno giorno per giorno


Il resto della giornata passò normalmente fra Semir che cercava di tirare su l’atmosfera e Laura che si sforzava di non far pesare la sua tristezza sugli amici.  Una delle prima cose che Ben le aveva raccontato di sé era della sua famiglia adottiva E Laura non riusciva a pensare come se la sarebbe cavata in quella situazione se non ci fossero stati loro.
 

Quando tornarono a casa era quasi sera.
Semir aveva insistito perché Laura trascorresse la notte da loro e lei non aveva avuto il coraggio di opporsi.
Appena imboccato il viale di ingresso Andrea notò subito l’auto di Susanne parcheggiata proprio di fronte casa
“Semir c’è Susanne…” mormorò, ma il marito aveva già frenato bruscamente ed era sceso dall’auto andando incontro alla bionda segretaria che aspettava seduta sugli scalini di ingresso
“Susanne che è successo?” chiese ansioso
“Dove siete stati tutto il giorno? E’ tutto il pomeriggio che cerchiamo di contattarvi ma i cellulari erano irraggiungibili” fece la segretaria
“Siamo stati in montagna, lì il segnale è pessimo. Che è successo??” Semir quasi urlava
“L’abbiamo trovato Semir…”

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Capitolo 8
*** Come, dove, quando ***


Come, dove, quando

Semir per un attimo credette di avere le allucinazioni o di stare sognando
“C.. cosa?” balbettò
“L’abbiamo trovato Semir…” ripeté Susanne con la voce rotta dall’emozione
“E’ vivo? Dimmi solo se è vivo…” continuò a balbettare Semir mentre sentiva ii singulti di Laura che era sopraggiunta alle sue spalle
Susanne annuì con le lacrime agli occhi e Semir sentì che le gambe stavano per cedergli.
Si sedette sui gradini anche lui, mentre Andrea portava le piccole in casa

“Dove… dove è?” chiese ancora ancora balbettando
“In un piccolo ospedale vicino Marienburg…” rispose Susanne
Semir tornò immediatamente lucido “Ospedale? Sta male? Che sai?” bombardò di domande la segretaria
“Non ne so molto Semir, solo quello che hanno detto i medici alla Kruger. Ovvero che Ben è lì da più di due mesi…” rispose la ragazza
 


“Due mesi? Come è possibile che Ben sia stato lì, a non più di trenta km da Colonia, per più di due mesi e non l’abbiamo saputo?” Semir era furibondo mentre guidava a sirene spiegate lungo l’autostrada con Laura al suo fianco e Susanne seduta sul sedile posteriore.
Andrea doveva aspettare la madre per tenere le bambine e poi li avrebbe raggiunti
Laura tremava come una foglia, la testa  le girava furiosamente e sentiva un forte senso di nausea, non riusciva ancora a credere di stare realmente vivendo la situazione.
“Se stesse bene avrebbe trovato in tutto questo tempo il modo di contattarci…” ragionò triste la ragazza cercando di non illudersi    
“La cosa importante è che è vivo, tutto il resto possiamo affrontarlo insieme” le disse Semir prendendole la mano  nella sua

Arrivati al piccolo ospedale Santa Marta a Marienburg, piccolo paesino ai piedi della montagna dell’Eifel, Semir parcheggiò sgommando la BMW nel primo posto che trovò libero.
Aveva il fiatone ed il cuore in gola  quando arrivò alla reception.
Non ebbe neppure il tempo di chiedere che vide la Kruger venire loro incontro
“Semir, Laura…” li salutò il commissario.

“Capo… l’ha già visto? Come sta?” chiese trafelato Semir
“No Semir non l’ho ancora visto. Ma il primario ci sta aspettando..” gli rispose Kim.
Si vedeva che era preoccupata.
Semir la tirò in disparte per non farsi sentire da Laura “Che c’è capo?  Non sta bene?  E’ grave?” chiese ansioso sentendo che  la Kruger gli stava nascondendo qualcosa.
“Non lo so Semir i medici sono molto abbottonati, so solo che è stato in coma per più di un mese…” sussurrò Kim appena prima che l’infermiera venisse a  chiamarli per portarli dal primario.

Laura Semir e Kim entrarono nel piccolo, ma accogliente ufficio del primario di neurochirurgia.
Il medico, un uomo anziano dall’aria rassicurante e profondi occhi azzurri, si presentò loro “Buonasera  io sono il dott. Fischer. Sono il medico curante di  Ben, ovvero di Josh come lo chiamiamo tutti qui” iniziò
“Dunque volevo in primo luogo dirvi che tutti qui siamo felici di aver finalmente saputo qualcosa di Jo.. di Ben, è diventato un po’ il beniamino di tutte le infermiere…”  disse poi il medico
Laura si fece timidamente avanti “Posso vedere la cartella clinica? Sono la fidanzata di Ben e sono anche un medico” chiese
Il dottore la guardò un po’ perplesso “Forse è meglio che sappiate qualcosa  prima... Ben è stato ricoverato circa due mesi fa. Lo ha trovato in una zona boschiva un cacciatore di funghi. Probabilmente è stato creduto morto…” la voce del medico era chiaramente imbarazzata mentre i tre iniziavano ad agitarsi sulle sedie
 “Abbiamo avuto in questi due mesi un paio di momenti veramente difficili, ma ora la situazione è nettamente migliorata e Ben è fuori pericolo… tuttavia…” continuò il medico
Semir sentì il sangue che gli si gelava nelle vene.
"Tuttavia cosa?” incalzò il medico
“Tuttavia ci sono state delle conseguenze. Quando è arrivato, a parte le lesioni secondarie come la frattura dell’ulna del braccio destro o delle dita della mano, le lesioni alla schiena e così via, era stato colpito violentemente  alla testa. Aveva una massiva emorragia celebrale, che siamo fortunatamente riusciti  fermare…”
Semir stringeva il bracciolo della sedia così forte che le nocche delle dita gli erano diventate bianche. Vedeva Laura accanto a sé che guardava fisso a terra, mentre le lacrime le scendevano sulle guance
“Ma?” chiese alla fine Laura con un filo di voce
“Ma purtroppo, come ho detto, ci sono state conseguenze. E’ stato danneggiato il lobo temporale destro…” rispose il medico
 “Vale a dire?” chiese infastidito dal linguaggio tecnico Semir
“Il centro della memoria…” rispose per prima Laura
“Beh sì, attualmente Ben ha una totale amnesia retrograda. Non ricorda chi è, come si chiama o alcuno dei fatti che gli sono accaduti prima di arrivare qui”

Semir rimase senza fiato per alcuni secondi
“Ma… è un cosa permanente?” chiese terrorizzato
“Questo non possiamo saperlo, a  volte questi tipi di amnesia possono trovare origine oltre che nel trama celebrale anche in quello psichico. Può darsi che sia dovuta in  tutto o in parte al trauma psicologico per quello che gli è successo, in questo caso ci sono ottime speranze che recuperi la memoria in tutto o in parte. Ma io non ci conterei più di tanto, mi spiace” rispose il medico
“Ora posso vedere la cartella clinica?” chiese ancora Laura che finalmente si era svegliata dal suo torpore
“Certo” rispose il dottor Fischer porgendogliela

Mentre la giovane dottoressa controllava i fogli anche la Kruger  riprese la sua aria professionale
“Dottore l’avviso di ricerca era su tutti i giornali ed è stato mandato più volte sia in rete che in tv, come mai  ci avete avvisati solo ora?” chiese anche un po' indispettita
“Commissario, mi creda, quando è arrivato qui era difficile riconoscerlo dalle foto. Era in coma e solo recentemente una delle infermiere ha pensato di prendergli le impronte digitali” rispose contrito il sanitario
“Cosa vuol dire?” chiese Semir sbiancando
“Che purtroppo è stato picchiato selvaggiamente. Abbiamo salvato l’occhio destro ed il nostro chirurgo plastico è stato molto bravo nel ricostruire lo zigomo, così ci vorrà solo un po’ di tempo e il volto tornerà come prima” sorrise Fischer contento di poter finalmente dare una buona notizia.
 
 
“Due mesi Semir, è stato qui per due mesi… da solo… a combattere per la sua vita” Laura aveva la voce rotta dal pianto e stringeva convulsamente la cartella clinica
“Sì hai ragione, ma ora siamo qui, vedrai che ora andrà tutto bene. L’abbiamo trovato Laura, l’abbiamo trovato ed è vivo…” Semir era combattuto fra la preoccupazione per le condizioni dell’amico e la gioia di averlo finalmente trovato
“Oh Semir sapessi cosa gli hanno fatto… l’hanno torturato Semir… “ disse ancora Laura alzando gli occhi azzurri dalla cartella clinica con la descrizione delle lesioni. “E non si ricorda di noi… non sa chi siamo né quanto lo amiamo. Per lui siamo degli estranei”
“Vedrai che anche questo si aggiusterà, ci vorrà tempo forse, ma si ricorderà di noi ne sono sicuro” provò  a consolarla Semir abbracciandola stretto.
Ma anche lui era terrorizzato dall’ipotesi che il suo migliore amico potesse all’improvviso considerarlo un estraneo
“Qualcuno ha pensato ad avvertire Konrad e Julia?” chiese Semir alla Kruger
“Sì certo, stanno arrivando anche loro” rispose Kim

Proprio in quel momento si avvicinò loro una giovane infermiera alta, capelli biondo cenere e grandi occhi verdi
“Buonasera io sono Marie, l’infermiera che si è occupata di Josh…. cioè di Ben in questi mesi. Il dottor Fischer  dice che ora se volete potete entrare da lui” disse sorridendo, ma guardando sospettosa Laura
Semir e Laura si alzarono e tremando seguirono l’infermiera lungo il corridoio.

Il dottor Fischer  li stava aspettando  vicino alla porta della stanza
“Mi raccomando, sta dormendo, cercate di non svegliarlo. Dovete essere preparati a quello che vedrete. Il suo aspetto vi potrà fare impressione, ma vi ripeto il viso tornerà come prima, senza cicatrici visibili. Se si sveglia poi non lo forzate a ricordare, restate calmi e aspettate che lui vi faccia delle domande al limite…” disse serio

Semir annuì, poi prese per mano Laura ed aprì lentamente la porta della camera

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Capitolo 9
*** Il mare della dimenticanza ***


Il mare della dimenticanza
 
Cosa ti fa capire di avere un’anima?  Si era posto questa domanda molte volte nei giorni trascorsi praticamente immobile in quel letto, quando era emerso da quel mare buio dei ricordi che non aveva
La sua mente era una immensa lavagna nera, ed era sconvolgente scoprire di non sapere il proprio nome, se si è buoni o cattivi, muratore o medico, e neppure che aspetto fisico  si ha. Perché tutte le infermiere si erano rifiutate di dargli uno specchio e la cosa era anche comprensibile, visto che sentiva il viso gonfio e non riusciva ad aprire bene l’occhio destro
Nulla di quello che era e nulla di quello che voleva o sperava di essere gli era noto. Era come essere stato sbattuto sulla terra da una astronave aliena o essere nato ieri. E così si era detto che quello che ti fa capire di avere un’anima sono i tuoi ricordi. Non averli significava sentirsi senza anima

I primi giorni erano trascorsi in un continuo dormiveglia intervallato da brevi momenti di lucidità, in cui il buio della incoscienza veniva clemente a spegnere le sue domande.
Poi quelle stesse domande, poste  con lucidità, non  avevano trovato risposte. Anche il nome con cui lo chiamavano era stato scelto da altri, così giusto per comodità.
Ed il terrore  si era impadronito di lui, il terrore di non riuscire più a recuperare la propria anima.
Quella sera Marie, la dolce Marie, gli aveva detto che finalmente  avevano capito chi era, che si chiamava Ben, e che fra poco  i suoi amici e i suoi parenti sarebbero arrivati.
Aveva aspettato tanto questo momento, ma ora ne aveva paura. Paura di non riuscire a vedere nulla di familiare nelle persone che gli si sarebbero presentate. Paura di non riuscire a recuperare la propria anima.
 

Semir e Laura entrarono silenziosi nella stanza semibuia illuminata solo da una luce fioca sul comodino accanto al letto  e dai monitor di sorveglianza che lanciavano i loro segnali ripetitivi.
Tenendosi per mano i due si avvicinarono al letto e quello che videro li gettò nello sconforto più assoluto. Solo allora capirono cosa aveva voluto dire il medico quando si era scusato perché non avevano riconosciuto Ben dalle foto mandate in tv e sui giornali.
Semir trattenne il respiro  alla vista del ragazzo nel letto.
Se non avesse saputo che era lui e se non avesse subito visto il tatuaggio sul braccio,  mai e  poi mai l’avrebbe riconosciuto. La testa e parte del viso erano completamente fasciati e la parte lasciata scoperta era gonfia e livida, il braccio destro sino alla mano erano chiusi in gesso. Una miriade di fili e tubi lo collegavano alle macchine
E soprattutto era magrissimo, scheletrico quasi, e pallido come un cadavere.
Sembrava che dormisse, ma ogni tanto muoveva la testa con qualche lamento

Al contrario di Laura che come medico avendo letto la cartella clinica era preparata a quello che avrebbe visto,  Semir non lo era e quindi rimase completamente sconvolto. Voleva avvicinarsi di più ma fu preso da un sentimento misto fra paura per quello che avrebbe  visto più nei dettagli e rabbia. Furia incontrollabile per chi aveva fatto questo.
Si conficcò le unghie nel palmo delle mani per non urlare di rabbia ed uscì di corsa dalla stanza; ansimando si appoggiò sullo stipite della porta.
Quando alzò lo sguardo vide Konrad e Julia che lo fissavano attoniti
“Semir… che c’è?” chiese Julia terrorizzata
“Nulla è solo lo stress di questi mesi che si fa sentire..” mentì lui per non preoccuparli
“L’hai visto? Come sta?” chiese ansiosa la sorella di Ben
“Dorme. Avete già parlato con il suo medico? Vi sta aspettando…” Semir dirottò i due dal sanitario, era meglio che fossero preparati a quello che avrebbero visto
 

Laura prese  piano una sedia e la trascinò vicino al letto. Diede una occhiata ai monitor per controllare le condizioni generali, che sembravano stabili e cercò di restare razionale, anche se le era veramente difficile in quel momento. Nella sua carriera aveva visto di tutto, aveva lavorato anche a Kabul, in un  reparto  dove arrivava gente in ogni condizione, martoriata dalle bombe e dai proiettili.
Ma questo era diverso. Vedere l’amore della sua vita ridotto in quelle condizioni le provocava un dolore indicibile nell’anima. Cercò di consolarsi pensando che finalmente era lì con lei ed era vivo, le sue condizioni fisiche con il tempo sarebbero migliorate. Ma cosa poteva succedere  se non recuperava la memoria?
Laura  prese la mano sana di Ben nella sua e cominciò a carezzargli piano il braccio. Sentiva il calore della pelle sotto le sue dita e lentamente si chinò a sentire l’odore della sua pelle. Aveva tanto sperato e pregato per quel momento ed ora non riusciva a  gioirne.

Non passò molto prima che il ragazzo si svegliasse.
Lentamente aprì gli occhi tumefatti strizzandoli per cercare di mettere a fuco.
E appena incrociò  lo sguardo tutte le assurde speranze di Laura, tutte le illusioni che in quelle ore si era fatta sulla possibilità che vedendola la riconoscesse subito, crollarono.
Lui non sapeva chi lei fosse.
“Ciao” si costrinse a dire, sorridendo calma, pur con la morte nel cuore
“Ciao…” gli rispose piano lui con aria smarrita.
“Noi dovremmo conoscerci giusto?” chiese ancora Ben con un filo di voce
Ogni singola parola fu per Laura uno spillo appuntato nel cuore, ma si costrinse a stare calma e a scegliere la risposta con cura
“Io sono Laura, Ben, sono la tua ragazza” disse alla fine carezzando la  parte del viso lasciata libera dalla fasciatura. Omise accuratamente di dire “fidanzata”, voleva affrontare la cosa per gradi
“Oh…” si limitò a rispondere Ben guardandola intensamente, alla ricerca evidente di qualche tratto familiare
“Beh almeno ho buon gusto in fatto di donne” continuò. 
Laura sorrise mesta. Almeno non aveva perso lo spirito
“Come ti senti?” chiese ancora Laura. Quanto avrebbe voluto abbracciarlo e baciarlo in quel momento, ma la ragazza temeva di disorientarlo ancora di più e si trattenne.
“Beh… diciamo che probabilmente avrò avuto giorni migliori, almeno lo spero, visto che non me lo ricordo” fece Ben amaro
“Starai presto meglio, anche il gonfiore al viso passerà presto” cercò di consolarlo Laura
 “Te ne intendi?” chiese lui incuriosito
“Beh sì, in realtà sono un medico” rispose la ragazza pensando che era assurdo doversi presentare all’uomo che quel giorno doveva diventare suo marito.
“Ed io… sono un poliziotto giusto?” chiese ancora Ben
Laura annuì non trovando altre parole per spiegare la situazione
“Almeno non sono un delinquente, viste le condizioni in cui mi hanno trovato si poteva pensare anche questo…”
Era particolarmente riflessivo, una caratteristica che il vulcanico ed impulsivo Ben non aveva mai mostrato.

In quel momento silenziosa spingendo il carrello con le medicazioni ed efficiente entrò nella stanza Marie, l’infermiera.
Laura non  sapeva spiegare bene perché, ma quella ragazza non le procurava sensazioni spiacevoli. Mentre si avvicinava le sembrò di cogliere un lampo di gelosia nei grandi occhi verdi.
 “Mi scusi ma dobbiamo cambiare le medicazioni e prepararci per la notte…” disse Marie con un falso sorriso
Era un chiaro invito ad uscire.
E Laura lo fece pur pensando che era assurdo dover uscire dalla stanza del proprio fidanzato essendo un medico, tra l’altro.
Ma la cosa che le fece più male fu lo sguardo felice di Ben alla vista della giovane infermiera
 
Uscì dalla porta sospirando e subito incrociò Semir  che la guardò con aria interrogativa
“Allora?” chiese ansioso il poliziotto
“Nulla… non si ricorda nulla… e quello che mi fa più male è che adesso lui non mi ama. Non mi ama più” rispose Laura con aria triste
 
 
 Finalmente,  appena Marie uscì dalla stanza, Semir trovò il coraggio di entrare di nuovo
Stavolta si fece forza e cercò di non pensare a chi gli aveva fatto questo, per la vendetta c’era tempo, ora doveva pensare a Ben
Si avvicinò con un sorriso cercando di comportarsi il più normalmente  possibile.
“Ciao..” sussurrò sedendosi sulla sedia accanto al letto. Vedendo   lo smarrimento negli occhi del suo giovane amico continuò “Sono Semir, Ben, il tuo socio di lavoro”
“Ciao…” rispose lui incerto “Quindi lavoriamo insieme…” chiese
“Certo, da più di cinque anni” Semir provò a sorridere
“E siamo amici?” chiese ancora Ben
La domanda pugnalò Semir come una coltellata nel cuore. Ma anche lui si costrinse a restare calmo
“Siamo amici, i migliori amici” rispose
Ben rimase alcuni minuti in silenzio
“Mi spiace sai…” fece poi all’improvviso
“Cosa ti spiace?” chiese Semir perplesso
“Lo vedo che siete tutti addolorati per il fatto che non mi ricordo, tu… Laura, mi spiace davvero….”
“Ma che dici… vedrai che ti ricorderai, ci vorrà tempo forse ma ti ricorderai e tutto tornerà a posto” Semir cercò di essere il più rassicurante possibile
 “E se non dovesse succedere?” chiese triste Ben
“Beh… se non dovesse succedere vuol dire che ricominceremo tutto daccapo. E saremo di nuovo i migliori amici” sorrise Semir

Un leggero colpo venne a rubare la tranquillità che si era creata fra i due
“Semir mi scusi può venire fuori un minuto?” chiese la Kruger dalla porta socchiusa
“Cosa succede?”  chiese il poliziotto appena fuori
“Eric Richter è sparito. Non lo trovano più” rispose il commissario turbato

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Capitolo 10
*** Domande senza risposta ***


Domande senza risposta

Semir rimase di stucco all’informazione della Kruger
“Chi sa che Ben è stato ritrovato ed è qui?” chiese preoccupato
“Solo noi del Distretto e la famiglia di Ben… e ovviamente il personale dell’ospedale” rispose la Kruger
“Troppe persone… se  chi lo ha rapito viene a sapere che è ancora vivo ci riprova di sicuro. E’ sicuramente qualcuno che ha a che fare con il passato di Ben e dei suoi quattro colleghi dell’accademia, ed è qualcuno che non ha scrupoli e molto in gamba se è riuscito a sopraffare Ben e altri due addestrati all’Accademia di Polizia” Semir si stava agitando sempre più. Sentiva il pericolo a fior di pelle.
“Va bene, per ora organizzeremo una stretta sorveglianza. Poi, appena possibile, lo trasferiamo. Ho appena parlato con il padre di Ben, pare che abbia intenzione di portarlo in una clinica in Svizzera specializzata in questo tipo di patologie della memoria…” gli disse ancora di rimando il commissario
Semir cercò di restare calmo, anche se la rabbia gli saliva dentro. Come poteva il padre di Ben pensare che  tenere il figlio in una clinica all’estero, lontano dai suoi amici e dal suo ambiente familiare, potesse aiutarlo e ritrovare la memoria? I soldi e le cure costose certo non potevano nulla a confronto dell’affetto che i suoi amici e la sua fidanzata potevano dargli.
Ma per ora decise di lasciar cadere il discorso
“Mi pare prematuro decidere, non credo che Ben sia in grado di essere spostato per ora. Piuttosto Ben non ricorda nulla, quindi sarebbe meglio parlare subito con il vecchio che l’ha trovato in quel bosco e poi disporre una accurata perlustrazione dei luoghi. Forse troviamo dove è stato tenuto prigioniero” Semir aveva assunto di nuovo la sua aria da poliziotto a caccia.
 Perché campasse un giorno o cent’anni gliela avrebbe fatta pagare molto cara a chi aveva fatto questo a suo migliore amico
 
“Mi scusi infermiera Marie il primario è andato via?” chiese Semir alla giovane ragazza che stava completando il suo giro in corsia.
Al suo occhio attento non erano sfuggiti gli sguardi che la giovane donna lanciava a Ben ogni volta che era con lui e sperava vivamente che questo  non costituisse un ulteriore problema per Laura. La dottoressa era stata spedita a dormire in una delle camere del piccolo alberghetto vicino all’ospedale che Konrad aveva praticamente requisito per intero
“Certo è andato via, del resto è molto tardi ispettore” rispose Marie con il solito sorriso che a Semir sembrava sempre più forzato. Era evidente che non si fidava di loro
“Forse mi può aiutare anche lei, per caso conosce il nome dell’uomo che ha trovato Ben in quel bosco e dove posso trovarlo?” chiese l’ispettore
“Non c’è bisogno di trovarlo,  viene ogni mattina lui a trovare Ben. Sarà certamente qui domani mattina verso le nove” rispose la ragazza
  “Ah… e lei lo conosce bene? Che tipo è?” fece incuriosito Semir
“Si chiama Frederick, ma tutti lo chiamano Freddy. Ed è un tipo che conosco  molto bene visto è che è mio  padre”  fece Marie leggermente ironica
 

Correva, ma senza meta e senza capire dove stesse andando. Ma correva
Era l’unico modo per sopravvivere, per vincere. Correre ed arrivare prima. Ma  prima di cosa neppure lo sapeva. Dietro di lui sentiva i rami spezzati ed il rumore dei passi sulle foglie secche che si avvicinavano.
“Corri, corri più forte che sto arrivando” diceva la voce beffarda dietro di lui
“Ti deve impegnare di più, il tempo sta per scadere e non sei nemmeno a metà strada. Così perderai di certo. E loro moriranno” diceva ancora la voce beffarda dietro di lui
Ma lui cercava di non ascoltare, doveva correre e correre. Lo doveva fare per loro.
Immagini sfocate di alberi rami e foglie che gli venivano incontro e  lo frustravano sul viso  e le  spalle.  E sentì poi il vuoto sotto i sui piedi, e poi  cadere e cadere rotolando  con ogni  singola pietra  che si conficcava nella pelle, torturando il braccio e  le spalle già martoriati.
“Mi dispiace hai perso, game over” disse la voce sopra di lui
 
Ben si svegliò urlando e ansimando in cerca di aria mentre tutti gli allarmi attorno a lui sembravano impazziti.
Quasi subito vide Semir nel suo raggio visivo, con gli occhi ancora assonnati, ma al tempo stesso terrorizzati
“Ben.. Dio che succede? Che hai?” gli disse con voce strozzata mentre cercava a tentoni il pulsante di emergenza
Prima ancora  che riuscisse a trovarlo nella penombra della stanza, entrarono un paio di medici e Marie trascinando un carrello e Semir fu gentilmente buttato fuori dalla stanza
 Appena fuori il poliziotto cercò di stiracchiarsi e pensò ancora una volta che era troppo vecchio per dormire sulle sedie, ma non se l’era sentita di lasciare Ben quella notte ed aveva insistito all’infinito per restare  con lui. Voleva godersi ogni minuto in sua compagnia. Dopo tante ricerche finalmente l’aveva trovato era lì con lui, ma  senza i suoi ricordi era come non averlo ritrovato davvero. E poi condivideva con Laura la speranza che vedendolo stando con lui qualcosa sarebbe successo, si sarebbe sbloccato. Doveva sperare questo per non cedere allo sconforto
Dopo vari minuti finalmente i medici uscirono
“Ha solo avuto un incubo… gli abbiamo dato un leggero sedativo” lo informò il medico appena uscito
 “Sa se si è ricordato di qualcosa? Ha visto qualcosa in sogno?” chiese ansioso Semir a Marie che stava uscendo anche lei dalla stanza
“Non mi pare proprio il caso di tormentare Ben ora, lo vede in che condizioni è ancora… non mi pare che recuperare la memoria sia la cosa più importante ora” sbottò la ragazza   
“Senta Marie, noi siamo la sua famiglia è ovvio che vogliamo che si ricordi di noi, ma c’è anche qualcosa di più importante. Chiunque ha ridotto Ben in questo stato è ancora in giro e può riprovarci in qualsiasi momento, quindi è più che mai importante che lui ci aiuti, ricordando qualcosa…” sbottò a su volta Semir. Ora il poliziotto stava iniziando a perdere la pazienza  con quella ragazzina gelosa
Il discorso fece il suo effetto “Dice solo che era in un bosco e stava scappando, non ricorda bene da cosa però” disse piano Marie guardando a terra
“Mi scusi è lei l’ispettore Gerkan?” Semir sentì una voce profonda alle sue spalle
Si voltò e vide un paio di profondi occhi verdi che lo guardavano, simili a  quelli di Marie
“Ispettore lui è mio padre… “ lo presentò la ragazza prima di allontanarsi
Semir e Freddy iniziarono a parlare fitto. Freddy spiegò a Semir dove aveva trovato Ben
“E’ una zona molto impervia ispettore, in realtà se non fosse stato per Luna il mio cane che abbaiava in continuazione, neppure io  l’avrei visto. Era in condizioni spaventose, non lo dimenticherò mai… come si può ridurre un ragazzo in quelle condizioni non lo capisco” disse alla fine il vecchio
Semir lottò con sé stesso per rimanere calmo a quelle affermazioni
“Può accompagnare me e i miei colleghi sul posto?” chiese Semir mentre aveva già all’orecchio il cellulare per chiamare Hartmut
“Certo,  ma posso prima fare un saluto al ragazzo?” chiese sorridendo Freddy mentre si avviava verso la stanza d Ben
 
Freddy procedeva lentamente lungo il pendio con a fianco il suo setter, seguito dal gruppetto di poliziotti, Semir in testa
Il terreno era scivoloso a causa della neve caduta nella notte e non era facile tenersi in equilibrio.
“Possibile che i colleghi di Marienburg non abbiano fatto alcun rilievo sul posto?” chiese ansimando Hartmut mentre arrancava cercando  di non scivolare
“Non lo so Einstein, qui è tutto  un po’ strano. Ben viene ritrovato due mesi fa e rimane in ospedale senza che nessuno lo riconosca  o neppure lo segnali. La polizia del luogo che non fa indagini, non fa’ rilievi e non dirama alcun annuncio sul ritrovamento” Semir quasi bisbigliava per non farsi sentire d Freddy
“Ma davvero Ben non si ricorda nulla?” chiese ancora Hartmut Semir annuì triste
“L’amnesia retrograda se è dovuta esclusivamente al trauma psicologico statisticamente regredisce nel giro di un paio di mesi, viceversa se trova la sua causa nella lesione…” Hartmut iniziò le solite disquisizioni scientifiche ma si bloccò immediatamente alla vista dello sguardo truce di Semir
“Sarò tranquillo solo dopo che avrò portato via Ben da questo posto. Solo se lo teniamo sotto controllo noi mi sentirò sicuro Non mi fido di questa gente” sibilò Semir mentre raggiungeva il posto dove Freddy si era fermato.
Semir si girò intorno mentre Hartmut e la sua squadra facevano i rilievi nel posto  che Freddy aveva indicato. Nonostante il tempo passato era ancora ben visibile la grossa macchia di sangue sul terreno, solo in parte coperta dalla neve.
Ancora una volta Semir dovette trattenersi per non urlare dalla rabbia
Così cercò di concentrarsi sull’ispezione dei dintorni iniziando  girare alla ricerca di qualcosa, di qualunque cosa che gli potesse indicare una strada.
E non si accorse degli occhi che nascosti seguivano passo passo  ogni sua mossa    
 
Dopo più di due ore  di ricerche infruttuose Semir era tornato a casa per cambiarsi e poi era passato in ufficio per avere notizie sulla sparizione di Richter, ma come  per gli altri non c’era alcuna traccia né di che cosa fosse successo né tanto meno di chi fosse stato.
Demoralizzato come mai nella sua carriera, Semir era tornato accompagnato da Andrea nel piccolo ospedale di Marienburg, non vedeva Ben da tutto il giorno e iniziava a sentirne la mancanza
All’ingresso la coppia notò subito Laura seduta su di una panchina all’ingresso. La ragazza aveva un’aria tristissima e fissava il vuoto nell’aria gelida.
“Laura cara, ma che fai qui? Fa freddo, vieni dentro ti beccherai un raffreddore”  la rimproverò Andrea sedendole accanto
La voce dell’amica destò Laura dal suo stato “Certo, scusa prendevo un po’  d’aria” disse ma si vedeva che mentiva
 Né Semir né Andrea ebbero la forza di dirle niente,  e si  imitarono ad accompagnarla nella hall del piccolo ospedale.
 

Lo guardava mentre dormiva, steso nel letto, mentre sembrava così fragile ed indifeso.
Bastava un attimo per porre fine alla sua vita, per finire quello che aveva iniziato. Un cuscino premuto sul volto per pochi minuti, dopo aver staccato gli allarmi dei monitor di sorveglianza. Era stato così facile entrare, nonostante il poliziotto della locale stazione seduto fuori la porta. Era bastato aspettare con pazienza che andasse in bagno o a prendere un caffè. Si sentivano tutti al sicuro qui, dopotutto era un piccolo paese di montagna, dove nulla poteva succedere
E ora bastavano pochi minuti  per portare a termine il suo compito.

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Capitolo 11
*** Posto giusto, momento giusto ***


Posto giusto, momento giusto

“Che ne dici se ci prendiamo un caffè prima di salire?” Semir cercava di tirare su Laura, ma si accorse subito che l’umore della ragazza era drasticamente peggiorato dal giorno precedente. In fondo la capiva; a quell’ora avrebbe dovuto essere in viaggio di nozze, non in ospedale con il fidanzato ridotto in quello stato e senza il benchè minimo ricordo di lei e della loro storia d’amore
Laura acconsentì più per pigrizia che per reale volontà ed i tre si avviarono al piccolo bar  nella hall dell’ospedale.
Le due donne si sedettero ad uno dei tavolini liberi e Semir andò  ad ordinare i caffè, ma la sua attenzione fu subito attirata dall’uomo grassoccio in divisa che al bancone flirtava e rideva con una delle cameriere.
Semir dovette contenersi “Mi scusi, lei è il collega di sorveglianza alla porta dell’ispettore Jager?” chiese con voce irata
L’agente grassoccio lo guardò con aria di sufficienza “Sì, sono io perché?”
Semir si sforzò di non urlare “E si può sapere cosa ci fa qui  invece di essere al suo posto di lavoro??”
 L’uomo lo guardò scocciato “Sto prendendo un attimo un caffè cosa vuole che succeda in cinque minuti?”
“Cosa può o non può succedere non sta a lei stabilirlo. Torni immediatamente al suo posto. Ed il suo superiore  verrà a conoscenza della cosa” gli ordinò sempre più irato Semir
Mentre il poliziotto si avviava di malavoglia e lentamente fuori dalla caffetteria Semir fu preso da una delle sue sensazioni, cui aveva imparato a fidarsi ciecamente.
Lasciò i tre caffè sul bancone e corse verso l’ascensore
 
Prese il cuscino dall’armadio e si avvicinò al letto. Con cura spense i vari monitor per la sorveglianza e stava per poggiare il cuscino sul viso del ragazzo che dormiva pacifico
Ed in quel momento sentì le voci che si avvicinavano nel corridoio.  “Hans sei di nuovo qui? Ma non ti eri preso un pausa?” fece una voce femminile “Sì, ma è arrivato il solito collega borioso da Colonia, loro non si prendono neppure un attimo di pausa…” rispose ironico l’ombra grossa che si avvicinava
Subito mollò il cuscino ed uscì dalla stanza, giusto prima che l’agente di sorveglianza potesse vedere. Con calma si avviò nel corridoio  e  vide  il piccolo ispettore turco che correndo si avviava anche lui verso la stanza.
Per un attimo i loro sguardi si incrociarono ma il poliziotto era troppo ansioso di arrivare per farci caso. Poi si infilò nell’ascensore e sparì. “Non è finita qui” pensò

“Che c’è, sono qui non vede?” disse ironico l’agente a Semir che si avvicinava a grandi passi
Semir stava per dargli un pugno sul muso, ma si trattenne entrando direttamente nella stanza di Ben.
Inizialmente gli sembrò tutto in ordine.
Ben dormiva nel suo letto, con respiro tranquillo, ma c’era troppo silenzio. Dopo alcuni secondi Semir realizzò… i monitor erano tutti spenti. Avvicinandosi al letto il suo sguardo fu catturato dal cuscino che giaceva in terra e il terrore si impadronì di lui.
Scosse violentemente Ben per svegliarlo e solo quando il ragazzo aprì gli occhi con un sussulto si calmò
“Che… che succede?” chiese Ben con voce debole
“Nulla, nulla scusa. Stai calmo, va tutto bene” gli rispose Semir con un sospiro di sollievo  
 
 
“Lei è un incompetente!!! Io la faccio  radiare!!” la voce della Kruger era talmente dura che Semir ebbe perfino pietà del poliziotto grassoccio che sempre più contrito non aveva il coraggio di replicare
“Capo si calmi, fortunatamente non è successo nulla…” Semir tirò in disparte la Kruger.
Il commissario aveva gli occhi che lanciavano fiamme “Deve solo ringraziare che il mio ispettore è arrivato in tempo, altrimenti a quest’ora lei era in galera!” sibilò KIm all’agente
“Capo dobbiamo portare Ben via di qui, non mi fido di questa gente, dobbiamo controllarlo noi…” sussurrò Semir a Kim
“Ma i medici che dicono… può essere spostato?” chiese il commissario
“Non lo so, so solo che stamattina provavano a farlo alzare, quindi suppongo che con un adeguato trasporto medico possa essere spostato” propose Semir, anche se sperava che la sua non fosse una visione troppo ottimistica.
 
Semir passò tre ore buone a contrattare con il primario e Konrad come e dove spostare Ben. Alla fine raggiunsero la soluzione di compromesso: avrebbero trasferito Ben a  casa di Semir dove nessuno l’avrebbe cercato e  poteva essere  organizzato con i colleghi un efficace turno di sorveglianza. Konrad avrebbe assunto una infermiera professionale e spedito per tutto il giorno Helga la governante ad aiutare Andrea.
Laura non era entusiasta della soluzione ma sapeva bene che casa loro era inadatta e soprattutto troppo in vista, chiunque conoscesse Ben sapeva dove abitava ed era il primo posto dove l’assassino o gli assassini avrebbero cercato
Ma chi la prese peggio di tutti inaspettatamente fu proprio Ben.
Semir lo capiva: senza memoria quello era l’unico posto familiare per lui e il personale medico l’unica famiglia avuta fino a quel momento. Fece appello a tutta la sua forza di persuasione per convincere il giovane amico a venire con loro, anche se in fondo erano degli sconosciuti
E Ben che senza   spiegarsene bene la ragione si era immediatamente fidato di quel polizotto turco alla fine aveva acconsentito
 
Semir bussò alla porta della stanza di Ben e sorrise quando aprendo la porta vide l’amico in piedi vicino alla finestra. Il braccio era bloccato sulla pancia da un tutore ed aveva ancora la testa fasciata, ma vederlo in piedi provocò in Semir una gioia rara. Per la prima volta pensò che le cose potevano tornare a posto
Neppure il tempo di entrare che Marie scappò via dalla stanza in lacrime
“Marie aspetta un attimo, non fare così…” Ben provò ad inseguirla, ma desistette dopo neppure un passo rischiando di cadere se Semir non fosse stato lesto nell’afferrarlo
“Ehi socio calma, non esagerare…” gli disse preoccupato  mentre lo aiutava a sedersi sulla sedia a  rotelle “L’ha presa male a quanto vedo” disse poi sorridendo sornione
“Già ma le ho detto che può venire a trovarmi se vuole…” rispose Ben.
La cosa non fece piacere a Semir, voleva allontanare Ben da quel posto e da quella gente il più in fretta possibile, ma non disse nulla rimandando il discorso a dopo
“Allora siamo pronti?” chiese Semir con un sorriso smagliante mentre anche Laura entrava nella stanza
“Certo, pronti!” Ben cercò di non dare a vedere l’angoscia che invece Laura gli leggeva negli occhi
“Allora prego signore lasci che la conduca alla sua carrozza”  Laura cercò di scherzare mentre spingeva fuori la sedia a rotelle
“Sai che non ricordavo che fossi così alto?” fece Semir cercando di  alimentare l’atmosfera scherzosa
“Io invece  non pensavo che tu fossi così basso” l’ironia di Ben non veniva mai meno
“Io non sono basso, sono solo non alto” Per un attimo a Semir sembrò tornato tutto normale.
Ma l’atmosfera ci mise poco a cambiare quando il cellulare di Semir squillò
 Era la Kruger. “Semir è meglio che appena può venga qui. Hanno appena trovato il cadavere di Eric Richter”    
 
 
Dietro al pilastro del garage scrutava il gruppetto che lo stava facendo salire sull’ambulanza. Stupidi, credevano di essere al sicuro lontano da Marienburg. Credevano di riuscire a proteggerlo.
Ma sapeva bene dove erano diretti e sapeva bene come arrivare a lui. E sicuramente avrebbe portato a termine il suo compito.

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Capitolo 12
*** Speranze ***


Speranze

Semir distolse lo sguardo quando il medico legale alzò il lenzuolo con cui era stato coperto il corpo martoriato di Eric Richter. Nella sua carriera aveva visto molte cose, gli incidenti stradali a volte  riducevano i cadaveri in condizioni spaventose, ma stavolta era diverso. Il pensiero che probabilmente Ben era stato  anche lui in mano a chi aveva ridotto così Richter provocò a Semir un brivido di paura lungo la schiena ed una incontrollabile rabbia. Doveva trovare subito l’assassino, solo così Ben sarebbe stato al sicuro.
“Salve Doc…” Semir salutò l’anziano medico legale che insieme ad un gruppo di tecnici si aggirava  lungo il letto del fiume dove era stato ritrovato il corpo
 “Salve Semir… come va? Volevo dirti che mi dispiace molto per Ben…” gli rispose il medico
“Grazie…” Semir cercò di essere il più generico possibile con il medico che  non sapeva nulla del ritrovamento “Allora cosa mi può dire?” chiese cercando di rimanere professionale
“Non molto per ora. Solo che  qualcuno si è divertito a torturare questo poveraccio. Ho mandato i prelievi ad Hartmut” fece triste il medico mentre si alzava e si sfilava i guanti di lattice. “Sinceramente non capisco come si possa fare una cosa del genere… doveva odiarlo a morte. Nessuno si merita  di fare questa fine” bisbigliò alla fine.
 
 
“Chi c’è a casa mia ora?” chiese Semir entrando in ufficio
“Dieter e Helmut” rispose Susanne “Abbiamo organizzato già tutti i turni di sorveglianza, non preoccuparti” continuò
“Ok grazie, fra un po’ vado anche io. Notizie da Hartmut?”
“Ti aspetta di là con il commissario”
Semir bussò discretamente alla porta dell’ufficio della Kruger ed entrò
Hartmut e Kim stava già parlando fra loro
“Entri Gerkan, allora come va Ben?” chiese subito Kim
“Bene commissario ho appena chiamato a casa, è arrivato e si sta sistemando” Semir sorrise al pensiero che finalmente poteva tenere l’amico sotto il suo diretto controllo “Cosa mi dici Einstein?” chiese
“Nulla di particolarmente importante. Solo che sotto le unghie  ho trovato tracce di porcini” disse pensieroso il tecnico
“Funghi?  Qui si trovano solo nella zona di Marienburg giusto?”  Semir sentì i peli del collo che si rizzavano
Kim annuì “A quanto pare aveva ragione, in un modo o in un altro quel posto, Marienburg, entra sempre nella storia”
“Ne sono scuro commissario la soluzione di tutto è lì. Domattina ci torno” disse Semir avviandosi alla uscita.
 Aveva fretta di tornare  casa per vedere Ben.
 

Laura si era appena sistemata nella stanza di Aida; le bambine, vista la situazione per i primi giorni sarebbero rimaste dalla madre di Andrea, era necessario prepararle gradualmente a quello che era successo al loro adorato zietto
La giovane dottoressa era sempre più depressa; i giorni trascorsi dal ritrovamento  di Ben erano trascorsi frenetici senza che avesse il tempo di pensare bene a tutto quello che era successo. Ma ora con calma, nella casa dei suoi amici, stava incominciando a realizzare che forse in realtà Ben lei lo aveva perso per sempre. Perso nel mare dei ricordi dimenticati.
 
 
Ben era stato sistemato invece nella stanza a piano terra che Konrad aveva fatto sistemare con tutte le attrezzature mediche necessarie
Quella casa era piena di gente e tutti sembravano conoscerlo bene ed essere affezionati a lui. Ma Ben non ricordava nessuno di loro e ogni volta che leggeva il lampo di delusione negli occhi degli amici per non essere stati riconosciuti provava anche lui dolore e frustrazione
“Posso entrare?” Ben si voltò sentendo la voce calda alle sue spalle. Sulla porta vide la donna allegra e corpulenta che gli avevano detto essere la sua vecchia governante
“Tutto bene, ragazzo mio?” gli chiese premurosa avvicinandosi a lui e carezzandogli piano i  capelli che spuntavano dalla fasciatura sulla testa
“Sì tutto bene.. Helga giusto?” rispose Ben. Quella donna gli stava simpatica, sentiva il suo affetto, cosa che non era avvenuta nelle poche volte in cui in quei giorni aveva incontrato il padre
“Già, Helga ma tu quando eri piccolo mi chiamavi  Gaga”  Helga sorrise dolce “A saperlo che  sarebbe diventato il nome di un cantante” sorrise ancora.
Ben la guardò interdetto e dispiaciuto
“Senti Ben non ti devi preoccupare se non ti ricordi, sono sicura che la cosa si risolverà. Altrimenti ci faremo  nuovi ricordi e tu imparerai a volerci di nuovo bene” Helga cercò di consolare il giovane prendendo la mano sana nelle sue
“Me lo dice anche Semir ma io… non sono sicuro di riuscire ad andare avanti così…” sussurrò lui triste
“Tu puoi fare tutto bambino mio, sei diventato poliziotto nonostante tutto e tutti, hai fatto cose molto più difficili di questa, ce la farai anche stavolta” gli disse carezzandogli la spalla.
 
 
“Ehi socio, sistemato bene?” chiese Semir entrando nella stanza
Ben sorrise subito; di tutte le persone che si erano presentate a lui in quei giorni Semir era l’unico verso cui aveva provato una istintiva fiducia e simpatia. Neppure il distinto signore che diceva di essere suo padre gli aveva suscitato quelle sensazioni mentre verso Laura, la sua fidanzata, provava un misto di attrazione e pietà per il dolore che le stava dando.
Di Semir invece si fidava, stava bene con lui, sentiva di poter essere sé stesso in quei momenti
“Ti ho portato questo” disse l’amico mentre gli porgeva un album di fotografie “Sono le foto dei nostri momenti… della nostra famiglia, noi tutti insieme” Semir sembrava leggermente imbarazzato e questo suscitò tenerezza in Ben.
I due si sedettero sul letto e Ben iniziò a sfogliare l’album.
“Senti Ben, non vorrei  chiedertelo ma siamo disperati… non ti ricordi proprio nulla di quanto ti è successo prima di arrivare in ospedale? Qualsiasi particolare  è importante, anche quello che hai sognato”  Semir sapeva di stare contravvenendo agli ordini dei medici, ma era veramente disperato: se non prendevano il killer Ben non era al sicuro e lui non poteva proteggerlo da tutto e tutti per sempre
Ben scosse la testa pensieroso “Non lo so… ho solo immagini sfocate, non capisco nemmeno se sono reali o frutto di un sogno…” disse piano
“Continua, ogni cosa può essere importante” lo esortò Semir
Ben rimase pensieroso  per un po’…”Una stanza senza finestre e con poca luce…. Poi mi sembra un uomo che urla accanto a me… io cerco di aiutarlo ma non ce la faccio. E poi un voce che mi dice di correre, che sta arrivando… che qualcuno morirà se non arrivo in qualche posto…” la voce di Ben era strozzata e lui si stava agitando sempre più
“Ok ok basta così  calmati, ne riparliamo dopo” Semir si pentì di aver sollecitato l’amico a ricordare
Lentamente Ben si calmò e tornò a sfogliare l’album
“Che carina Aida…” disse mentre guardava una foto di lui e della bambina  su di un asinello ad un parco giochi
“Cosa hai detto?” Semir quasi urlò balzando in piedi
“Ho detto che carina Aida” Ben era interdetto
“Ti rendi conto?? Io non ti ho mai detto come si chiama mia figlia e  che è lei quella nella foto con te… ti sei ricordato da solo!!! Stai iniziando a ricordare!” strillò  Semir euforico
 
 
Gli altri erano stati richiamati dalle urla euforiche di Semir che proprio non riusciva a contenere l’eccitazione
“Cerchiamo di non entusiasmarci troppo Semir… è solo un piccolo passo” Laura cercò di richiamare l’uomo alla razionalità, ma nulla poteva indurre Semir ad essere meno euforico
“Sta ricordando Laura  me lo sento, tornerà tutto come prima” le disse abbracciandola
“Va’ da lui  ora, gli farà bene. Io devo tornare al Distretto” concluse mentre fischiettando si avviava  fuori verso la sua auto
 

Laura bussò discretamente alla porta ed attese il timido “avanti” prima di entrare
Ben era ancora seduto sul letto e stava guardando un  piccolo foglio rettangolare che  aveva trovato nell’album.
“Dovevamo sposarci?” le chiese subito mostrando l’invito che aveva trovato
Laura lo guardò in silenzio annuendo. Poi si sedette accanto a lui sul letto
“Mi spiace sai… mi spiace davvero per quello che ti sto facendo passare…” mormorò il ragazzo
“Non è certo colpa tua Ben,… se penso  a quello che poteva succederti anche questo è niente” rispose Laura cercando di non lasciare trapelare l’angoscia.
“Raccontami di noi…” le chiese Ben.
E Laura con po’ di imbarazzo gli raccontò di loro, del loro amore, di tutte le difficoltà che avevano già superato.
Alla fine del discorso Laura si accorse  però che Ben non la stava più a sentire. La stava fissando.
“Sei così bella…” le sussurrò mentre   avvicinava le labbra alle sue
E mentre lo baciava finalmente anche Laura pensò che forse tutto poteva tornare come prima
 

Semir era appena arrivato al Distretto. Non vedeva l’ora di dire ai colleghi che finalmente Ben aveva iniziato a ricordare qualcosa, ma lo squillo del suo  cellulare lo bloccò all’ingresso.
“Ispettore Gerkan sono il commissario Jan Muller. Le devo parlare, ho delle notizie importanti per lei. Forse ho capito chi è stato ad uccidere Eric e Mike” la voce di Muller era nervosa e concitata
“Va bene Muller dove ci vediamo?” chiese subito Semir
“Fra venti minuti al bar di fronte alla stazione ferroviaria” rispose Muller prima di chiudere bruscamente la telefonata
 


Semir si sta davvero avvicinando alla soluzione? Ben sta davvero iniziando a ricordare? Una sola cosa è sicura… la storia sta per avere una impennata al cardiopalma.
 Recensioni sempre gradite. E sempre mille grazie ai lettori e soprattutto a chi recensisce

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Capitolo 13
*** Ipnosi ***


Ipnosi

Semir arrivò all’appuntamento con qualche minuto di anticipo. Era agitatissimo. Non riusciva a spiegarsi bene perché Muller l’aveva voluto vedere da solo in quel  posto e non al Distretto e l’unica risposta che si era dato era che temeva una talpa all’interno dell’ufficio.
Impaziente si mise a percorrere avanti ed indietro il marciapiede di fronte al bar, in attesa di vedere arrivare Jan, ma i minuti passavano e l’uomo non arrivava.
Semir sempre più nervoso provò a percorrere tutto il parcheggio antistante senza nessun risultato. Poi finalmente vide la figura sgraziata di Muller arrivare a passo svelto verso di lui
“Commissario finalmente pensavo non venisse più…” lo accolse Semir andandogli incontro
“Gerkan, non stiamo qui allo scoperto, è  pericoloso…” gli disse subito  Jan;  era rosso in volto e sudato nonostante la temperatura fosse sotto zero
I due si incamminarono verso la galleria della stazione
“Allora mi dice cosa c’è di così  importante?” chiese Semir che iniziava a spazientirsi; quell’uomo gli sembrava paranoico
“Quando mi ha detto che aveva ritrovato l’auto di Ben qui mi sono fatto mandare le foto che avete scattato quel giorno, quando l’avete ritrovata. Vicino c’era parcheggiata un’auto con targa russa” iniziò a raccontare Jan mentre non faceva altro che guardarsi intorno
“E quindi…” chiese Semir
“Vede Gerkan io sono stato assegnato all’ambasciata russa per diversi anni come funzionario di polizia; i russi hanno l’abitudine di piazzare delle telecamere di registrazione sul cruscotto. Lo fanno per evitare i falsi incidenti o peggio ancora i ricatti della polizia stradale quando li fermano” continuò ancora Jan
Semir aveva sentito parlare di quella strana abitudine ed una strana eccitazione si impadronì di lui, mista a senso di frustrazione per non averci pensato lui. In fondo quel commissario non era così stupido come sembrava
“Così tramite mie conoscenze in Russia ho fatto rintracciare quell’auto e fortunatamente il proprietario non aveva ancora cancellato i nastri del giorno del rapimento di Ben” Jan era sempre più sudato ed ansimante
“Stamattina mi sono arrivati e quando li ho visionati… beh mi creda Gerkan tutto mi sarei aspettato tranne quello che ho visto…”
Semir attendeva con impazienza che Jan finisse il discorso.
Ma purtroppo Muller non potè farlo
Semir non sentì lo sparo, vide solo Muller barcollare e poi cadere verso di lui con gli occhi sbarrati
Fece appena in tempo ad afferrarlo e ad accompagnare il corpo a terra. Subito vide l’enorme macchia di sangue sulla schiena e si rese conto, prima ancora  di sentirgli il polso che era morto.
I passanti intorno a loro si erano intanto accorti della scena e iniziarono ad urlare provocando un fuggi-fuggi generale. Semir estrasse la pistola dalla fondina e provò a guardarsi intorno ma era evidente che il colpo era stato sparato da lontano, probabilmente dal tetto di uno dei palazzi di fronte. Come presumeva non vide nessuno, l’assassino si era allontanato con facilità.
A Semir non rimase altro che avvisare il Distretto. Un altro della banda dei cinque era stato ucciso e Ben era sempre più in pericolo
 
“Bisogna avvisare subito Sarah Night e metterla sotto protezione” disse entrando nel Distretto. Era scuro in volto ed aveva appena passato più di mezz’ora al telefono con Dieter per concordare nuove misure di protezione per Ben e la casa.
“Che c’è?” chiese ancor Semir vedendo l’aria interdetta della Kruger e di Susanne
“Sarah Night è sparita dalla sua abitazione ieri sera. La sua vicina di casa ha trovato la  porta  aperta e la casa sottosopra. Ci sono anche diverse macchie di sangue a terra. Stanno ancora completando le analisi, ma pare che il sangue sia proprio di Sarah” lo informò seria Kim
Semir impallidì. La cosa era sempre più grave. Ora con tutta probabilità Ben era l’unico del gruppetto ad essere ancora vivo. E lui non sapeva se era in grado di proteggerlo  e soprattutto non sapeva da chi doveva proteggerlo
 

  Tre settimane dopo

Ben e Laura scesero dall’auto di lei e Semir si accorse subito che i due avevano discusso. Aveva imparato a leggere le loro espressioni in quei giorni  trascorsi in angosciosa attesa. Attesa che succedesse qualcosa, che Ben recuperasse la memoria che Semir o gli altri scoprissero qualcosa
Ma quasi nulla di tutto ciò era successo.
Certo Ben stava molto meglio fisicamente e aveva iniziato la fisioterapia;  non aveva più la testa fasciata e il volto era tornato quasi  normale
Aveva anche iniziato  ricordare  vari  episodi della sua vita, ma assolutamente nulla che riguardasse il giorno del rapimento o quelli successivi prima del suo arrivo in ospedale.
E Semir era sempre più depresso. Erano tre settimane che girava inutilmente. I nastri menzionati da Muller erano spariti, come se non fossero mai esistiti, di  Sarah non c’era traccia alcuna e nulla avevano scoperto sull’omicidio di Jan.
L’angoscia non lasciava Semir un minuto durante la giornata, sentiva che il pericolo si avvicinava, ma non sapeva come farvi fronte. E poi gli mancavano Andrea e le bambine; la moglie aveva deciso di trasferirsi dalla madre per stare con le piccole. Farle tornare a casa ora era troppo pericoloso.

“Cosa ha detto il neurologo?” chiese subito Semir mentre Ben e Laura entravano in casa accompagnati da Dieter che li seguiva come un’ombra
“Che va abbastanza bene, l’ematoma alla testa si sta riassorbendo bene…” rispose Laura mentre Ben si avviava senza dire una parola in camera sua
“Beh che c’è? E’ una buona notizia giusto?” chiese preoccupato Semir vedendo il comportamento dell’amico “Vuol dire che si ricorderà presto tutto giusto?”
“Non si sa Semir.  Lo specialista dice che  probabilmente Ben potrebbe non ricordare mai quello che gli è successo dopo il rapimento… che in realtà il suo inconscio non vuole ricordare perché è troppo doloroso” disse  Laura pensieroso
Semir sospirò; senza i ricordi di Ben difficilmente potevano  riuscire a capire qualcosa di quello che era successo
“Non c’è rimedio?” chiese preoccupato
Laura esitò. “In realtà ci ha parlato di una possibilità… ma non mi sento proprio di percorrere quella strada”
 “Cioè?”
“L’ipnosi. Forse potrebbe aiutarlo…”
“E cosa hai in contrario?” chiese Semir ansioso; non capiva perché la ragazza non volesse seguire l’unica via che si era aperta davanti a loro
“Semir… ma ti rendi conto? Ben non sta ancora bene, se non riesce a ricordare significa che c’è qualcosa di terribile nella sua mente. Non sappiamo cosa può succedere se glielo facciamo ricordare così all’improvviso. Potrebbe avere delle psicosi, cadere in depressione… può succedere di tutto”  Laura era diventata rossa in volto e parlava concitata
“Ascoltami Laura sai bene che darei la mia vita per Ben, farei qualsiasi cosa per lui; ma se non sappiamo cosa è successo, se non scopriamo chi è stato a rapirlo, ad uccidere e torturare gli altri, allora Ben è in pericolo. Io non posso proteggerlo da tutto e tutti per sempre.  Lo hanno già torturato, quasi ucciso e stai sicura che ci riproveranno…”  la voce di Semir era rotta dalla emozione  
“Tu non ti rendi conto… non è fisicamente in grado di sopportarlo. Non è come si vede nei film, non è che ti fai un sonnellino e poi ti ricordi tutto. Lo  stress emotivo che consegue al ritorno improvviso dei ricordi che  si sono rimossi può essere devastante, anche a livello fisico, oltre che psicologico, anche se lo si fa sotto stretto  controllo medico” Laura ora era adirata con Semir
“Lui cosa dice?” chiese Semir

Lui lo vuole fare” Semir sentì la voce di Ben dietro le sue spalle “E  a lui farebbe piacere se la smettesse tutti di trattarlo come un bambino che non riesce a stabilire ciò che vuole” Gli occhi del ragazzo lanciavano fiamme
“Aspetta un attimo però Ben, devi riflettere bene se può essere pericoloso” Semir cercò di frenare la solita impulsività del socio
“Non c’è nulla su cui riflettere, non c’è scelta Semir, non ho altra scelta. Ho aspettato per giorni che succedesse qualcosa, ma non succede niente. Sono qui bloccato in questa casa, non posso uscire, andare in giro da solo, ricordo più o meno la metà di quello che mi è successo nella vita. E poi tua moglie e le tue figlie lontane da casa per colpa mia, metà dei colleghi qui a farmi da balia…” Ben era un fiume in piena
“Questo non è un problema  Ben…” mormorò Semir “Assolutamente” concordò Dieter che era rimasto in silenzio sino ad allora, mentre si allontanava per andare in cucina
“Basta non ce la faccio più. Lo voglio fare…” sbottò alla fine Ben
“Ben stammi a sentire un secondo…” fece Laura sempre più spaventata
“No Laura ti sono stata a sentire per tutto il viaggio di ritorno. Ho deciso e non ho bisogno del tuo permesso per farlo. Organizza per domani”  disse adirato mentre tornava in camera sua
 

“Allora Ben… voglio che ora  ti rilassi e non pensi a nulla” la voce della giovane psichiatra era piacevole.
Ben rabbrividì quando, una volta steso sul letto,  Laura gli applicò gli elettrodi per l’ECG sul petto
“E’ proprio necessario?” chiese leggermente infastidito
“Sì è necessario” rispose lei altrettanto infastidita mentre gli bloccava il dito medio della mano con il plussimetro
Semir aspettava seduto su di una poltrona in un angolo cercando di dare meno fastidio possibile. La sera precedente era stata un tormento con Laura che si era chiusa in un mutismo assoluto e l’aveva guardato rancorosa per tutto il tempo.  Ben invece non era voluto uscire dalla stanza
“Speriamo che almeno funzioni” pensò mentre cercava di non dare a vedere quanto era anche lui nervoso
“Ora sgombra la tua mente, non pensare a nulla….lasciati andare…” la voce della psichiatra si fece sempre più suadente, accompagnata dal bip bip dell’ECG, e Ben piano piano si rilassò.
E poi  i ricordi piombarono a sprazzi su lui come una cascata.
Una cascata di dolore e terrore.
 

Era in una stanza, sembrava un seminterrato senza finestre, illuminata solo da una luce fioca sul soffitto. Ben scosse la testa per cercare di recuperare la lucidità. Come era finito lì? Si accorse piano di essere legato mani e piedi ad una sedia metallica. La testa gli faceva male in modo insopportabile ed aveva un disgustoso sapore metallico in bocca. Poi sentì un gemito  accanto a lui.
Girò la testa e sgranò gli occhi per la sorpresa…
“Mike… Mike che ci fai qui?”  chiamò cercando di svegliare la figura esamine legata sulla sedia a fianco a lui
 

“Mike è stato molto molto cattivo, si è rifiutato di giocare… e ora ti faccio vedere cosa succede alle persone cattive come lui” disse la voce. Ben non riusciva a vedere bene la luce era poca e le botte prese l’avevano intontito
Ma riuscì  a sentire le urla disumane di Mike mentre il bisturi gli tagliava le piante dei piedi. Tirò e strattonò quanto più forte poteva ma la sedia non si mosse di un millimetro. “Perché stai facendo questo?? Perché??” urlò più forte che poteva ma non ebbe risposta
 

Ora doveva correre, solo correre. “Avanti Ben corri,  devi arrivare fra cinque minuti sulla cima altrimenti prendo la tua ragazza e lei sarà la prossima con cui mi divertirò a giocare” urlò la voce dietro di lui E lui corse e corse. Conosceva quel posto… ci era venuto tante volte da bambino con Julia, Helga e la nonna a fare picnic. Marienburg, era a Marienburg, ma ora gli importava solo di correre ed arrivare in cima. Doveva farlo per Laura, non poteva permettere  che venisse presa. E quindi doveva correre, anche se il braccio era rotto, le dita era gonfie e non riusciva a muoverle, anche se la schiena gli bruciava per le ferite.  Corse e corse, ma alla fine le gambe gli cedettero e inciampò
“No no no” pensò mentre vedeva la figura scura che incombeva su di lui
“Mi dispiace hai perso. Game over” sentì mentre vedeva  la pietra arrivargli sul viso



L’ECG sembrava impazzito e lanciava segnali sempre più rapidi.
“Basta così lo svegli…” urlò Laura mentre vedeva il flussimetro segnare valori di pressione sempre più alti. “Lo svegli subito…” urlò ancora mentre Ben si agitava freneticamente sul letto.
“Ben ora sta a sentire la mia voce… sei al sicuro ora, non sei più in quel posto” fece calma la psichiatra. Ma la cosa non funzionava e Ben continuava ad agitarsi sempre più.
Semir venne preso anche lui dal panico “Faccia  qualcosa, lo svegli…” urlò balzando dalla poltrona, mentre sentiva  i segnali dell’ECG diventare sempre più irregolari.

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Capitolo 14
*** Ricordi sorprendenti ***


Ricordi sorprendenti

Semir e Laura erano in attesa fuori dalla porta della stanza di Ben, mentre il cardiologo che Laura aveva  chiamato lo stava visitando
Laura guardava Semir con sguardo di fuoco, mentre si agitava nervosamente appoggiata al muro e Semir non aveva il coraggio di dirle nulla. Aveva ragione lei non doveva consentire che Ben facesse questa cosa.
Finalmente dopo minuti che sembravano secoli il medico uscì dalla stanza.
“Ben sta abbastanza bene, ma gli ho dato del valium, così dormirà per almeno sei ore.  Vi consiglio di non riprovarci per ora, ha rischiato seriamente…”
Semir e Laura tirarono all’unisono un sospiro di sollievo, ma Laura continuò a guardare severa Semir mentre accompagnava il cardiologo alla porta.

“Laura mi spiace io non credevo … altrimenti non l’avrei assecondato” cercò di scusarsi Semir quando la ragazza tornò in salotto
“Tu non l’hai solo assecondato, tu l’hai incoraggiato. Sai bene che attualmente tu sei l’unica persona di cui si fida ciecamente…” la voce di Laura era incredibilmente dura.
Semir non l’aveva mai vista così arrabbiata e non riuscì a dire più nulla guardando contrito a terra.

Per fortuna a toglierlo dall’imbarazzo arrivò lo squillo del cellulare. Era la Kruger
“Sì capo abbiamo finito… non è andata molto bene, anzi forse era meglio non farlo proprio” Semir uscì sul patio per non farsi sentire da Laura.
“L’unica cosa che abbiamo capito è che la persona che lo ha rapito lo ha tenuto per un certo periodo di tempo insieme a Mike Scholler e che era in una specie di cantina a Marienburg. Sì capo ha riconosciuto il bosco… a quanto pare ci andava da bambino.” Continuò a raccontare Semir a voce bassa.
“No capo non mi pare opportuno fare una perquisizione in grande stile. Quella gente potrebbe essere ancora lì, anzi io ne sono quasi sicuro e si insospettirebbe. Vado da solo, magari con Hartmut  per fare rilievi se necessario. Ok allora ci vediamo fra un po’ al Distretto” Semir chiuse la telefonata e rientrò in casa.
Laura era in cucina, stava rimestando rumorosamente  e Semir non se la sentì di riprendere la conversazione. Così andò in camera da Ben per vederlo prima di andare via.
Aprì la porta piano, anche se sapeva che con i farmaci che gli avevano dato era impossibile svegliarlo. Ed infatti il ragazzo dormiva tranquillo e con il respiro pesante, girato su di un fianco e come al solito aggrovigliato fra coperte e lenzuola.
Semir trasalì ancora una volta vedendo le cicatrici sulla schiena del suo socio. Chi aveva fatto questo era un vero sadico pazzo e lui doveva trovarlo, costasse quel che costasse.
Restò ancora un po’ in silenzio a guardare Ben dormire e poi lasciò la stanza per dare le ultime istruzioni a Dieter sulla sorveglianza.
Stavolta non sarebbe tornato da Marienburg senza un risultato concreto, giurò a sé stesso
 

Hartmut era già pronto quando Semir arrivò al Distretto ed era eccitatissimo.
 Raramente gli capitava d essere coinvolto in vere e proprie azioni ed ogni volta la cosa lo coinvolgeva molto; in fondo era felice di dimostrare ai sui colleghi di non essere solo un topo da laboratorio.
“Sei pronto Einstein?” gli chiese Semir sorridendo
Mentre i due si avviavano alla BMW di Semir trascinandosi dietro tutta l’attrezzatura  tecnica la Kruger  li richiamò “Mi raccomando, state attenti una volta lì. Hanno già ucciso tre o forse quattro persone e Ben è vivo per miracolo. E’ gente pericolosa” si raccomandò
 
Semir ed Hartmut arrivarono dopo circa un’ora ai piedi dell’Eifel, alla periferia del piccolo centro di Marienburg
“Ecco il posto dovrebbe essere questo, anche se la descrizione che ne ha fatto Ben era abbastanza confusa…”  disse Semir scendendo dall’auto
“Come sta?” chiese premuroso Hartmut
“Beh… date le circostanze abbastanza bene, anche se i ricordi sono ancora lacunosi. Solo che era meglio non sottoporlo ad ipnosi, stava per avere un attacco di cuore… è stato orribile e ora Laura ce l’ha con me per questo…” rispose Semir serio
“Beh, la capisco ma Ben ora sta bene giusto? Si risolverà tutto” lo consolò  ancora una volta Hartmut
I due si avviarono lungo il pendio  in cerca di tracce
“E’ meglio dividersi…” fece ad un certo punto Semir, era pomeriggio  e non avevano molto tempo prima che il sole calasse “Tu vai a destra ed io a sinistra. Ci rivediamo fra  due ore qui” indicò ad Hartmut
 
Semir camminava arrancando già da un’ora lungo i saliscendi della piccola collina. Intorno era tutto innevato e anche lui si rendeva conto di quanto fosse difficile trovare tracce sotto quella fitta coltre bianca.
Ormai il sole stava tramontando ed il paesaggio era davvero bello “Tanta bellezza e così tanto dolore provocato in questo posto” pensò Semir, mentre continuava a sentire nella testa  il discorso terrorizzato di Ben durante la seduta di ipnosi, il dolore nella sua voce, la disperazione per una situazione senza via di uscita. Ed ancora una volta gli montò dentro la rabbia ed il senso di frustrazione, augurandosi di riuscire a dominare il desiderio di vendetta che ormai lo possedeva da mesi.
Perso nei suoi pensieri si accorse solo all’ultimo minuto della piccola casa in legno  semi nascosta fra gli alberi. Cercò di avvicinarsi di soppiatto, ma quando fu arrivato nei pressi quasi inciampò in una botola coperta dal manto nevoso.  Semir ripulì la botola dalla neve; probabilmente era la legnaia o la cantina della casa.
“Forse ci siamo…”  si disse ripensando alla descrizione fatta da Ben del luogo ove era stato tenuto.
Stava per sollevare  la pesante porta in ferro quando udì un fruscio dietro le sue spalle.
“Bene…mi hai risparmiato la fatica di venirti a cercare…” disse una voce alla sue spalle, mentre Semir sentiva il freddo della canna di una pistola dietro la nuca.
 
Hartmut non era mai stato bravo  nelle arrampicate; la montagna non gli piaceva, lui era più un tipo da mare e appena poteva trascorreva le  sue vacanze in Italia o in Spagna, spiaggiandosi come una lucertola al sole per ore intere.
Odiava il freddo e più volte imprecò mentre aspettava Semir nel luogo concordato; la temperatura era sotto zero e il tecnico non faceva altro che battere i  piedi a terra per riscaldarsi.
Dopo venti minuti di attesa si decise a chiamare Semir sul cellulare, ma non c’era segnale. Uno strano presentimento si impadronì di lui, per cui si avviò aiutandosi con la luce della torcia lungo il pendio per un po’. Chiamò e richiamò Semir senza risultato.
Ormai era buio pesto e Hartmut fu preso dal terrore vero. Tornò alla macchina e chiamò con la radio di servizio il Distretto
 
 
Ben dormiva, ma i suoi sonni erano agitatissimi
E di nuovo i ricordi piombarono su di lui
 
“Forza bevi questo…” gli disse la voce gentile mentre gli sollevava la testa e gli poggiava sulle labbra il bicchiere con il the caldo.
Il liquido gli diede un attimo di sollievo  nel tormento che lo attanagliava. La schiena gli faceva così male che ad un certo punto, mentre sentiva la lama che gli tagliava la pelle, aveva creduto di impazzire per il dolore
“Perché?  Perché l’aiuti? Tu non sei così…” chiese con voce debole alla ragazza che nel frattempo gli stava  cercando di medicare le ferite
“Perché sono sua sorella” rispose lei triste “Perché per anni ho dovuto assistere impotente alle umiliazioni e al dolore che ha provato, umiliazioni, anni di umiliazioni e sofferenze”
“Ma noi non c’entriamo nulla…” rispose lui pur sapendo che  il discorso era inutile, l’aveva già fatto altre volte con la ragazza  quando gli portava da mangiare o bere
“Prendi questo, è un antidolorifico, ti aiuterà” gli disse lei  mettendogli una pillola in bocca e porgendogli di nuovo il the
“Fai quello che ti dice se vuoi avere una possibilità di sopravvivere” disse ancora la ragazza avviandosi alla uscita
“Aspetta… dimmi almeno il tuo nome…” la richiamò  Ben

“Marie, il mio nome è Marie” rispose lei uscendo.

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Capitolo 15
*** Decisione impulsiva ***


Decisione impulsiva  

Ben si svegliò di colpo sudato fradicio.
Aveva il respiro affannato e si accorse che fuori era buio pesto. Quanto tempo aveva dormito? A tentoni cercò il bicchiere d’acqua che Laura teneva per lui sempre sul comodino e lo bevve tutto di un fiato.
Non riusciva ancora a razionalizzare quello che aveva appena ricordato. Marie, la dolce Marie, l’infermiera che l‘aveva curato con tanto amore nei mesi passati all’ospedale era complice di quel mostro. Aveva collaborato nella tortura e nell’omicidio di Mike e forse anche  di Jan e Eric. E come aveva potuto stargli vicino per tutti quei giorni sapendo cosa quel mostro aveva fatto?
Sempre a tentoni  si alzò per andare nella stanza di Semir, doveva avvisarlo immediatamente. Ma appena uscito dalla porta vide l’ombra di Dieter in salotto che parlava piano al cellulare
“Commissario ma perché si deve aspettare che faccia giorno? Non è possibile far partire ora le ricerche con le fotoelettriche? Sì lo so che la zona di Marienburg è impervia, ma per Semir aspettare tutte queste ore potrebbe essere fatale…” diceva l’alto poliziotto al telefono con voce agitata
 Ben si sentì gelare il sangue nelle vene a quelle parole
“ Sì, ho capito. Ma Hartmut non ha proprio idea di cosa possa essere successo?  Semir non può essere sparito nel nulla… Ok capo io aspetto qui non mi muovo. Sì ho capito che bisogna proteggere Ben… cercherò di non fargli capire nulla” continuò Dieter prima di chiudere la telefonata
Ben iniziò a tremare come una foglia… aveva preso anche lui, aveva preso Semir!
 
Freneticamente cercò di pensare a cosa doveva fare… se avvisava gli altri di cosa aveva ricordato c‘era il concreto rischio che Marie vedendoli arrivare sarebbe scappata, lanciando l’allarme,  e quindi subito dopo Semir con tutta probabilità sarebbe morto.
No… non poteva permettere questo. Non ricordava molto della sua vita, ma sapeva dentro di sé che Semir ne era una parte importantissima e fondamentale.
Silenzioso tornò in camera e si vestì faticosamente visto che il braccio e la mano gli facevano ancora male. Attese con pazienza che Dieter andasse in bagno e lasciasse la pistola sul tavolo mentre faceva la doccia. La prese e poi cercò le chiavi dell’auto di Laura; era un modello con il cambio automatico, l’ideale per lui che ancora non muoveva bene il braccio.
Senza fare rumore uscì di casa e  salì in auto. Solo quando era sulla strada si rese conto di non essere neppure passato  a guardare Laura per dirle addio.

 
Semir era talmente infreddolito da non riuscire a sentire più le dita dei piedi. Era legato mani e piedi ad una seggiola in ferro fissata al suolo, all’interno di quella che pareva una cantina. La fioca luce sul soffitto illuminava scarsamente l’ambiente, ma era sufficiente a fargli scorgere le macchie di sangue secco che coprivano gran parte delle pareti e del pavimento. Semir cercò di non pensare  al fatto  che quello con ogni probabilità  era il sangue di Ben e degli altri disgraziati che prima di lui erano stati richiusi in quel posto.
“Ora non dobbiamo fare altro che aspettare.. ed il tuo amico arriverà. Dobbiamo finire il gioco che avevamo iniziato” disse la voce davanti a lui
Semir cercò di sembrare il più sicuro possibile e sorrise ironico “Beh… ti sbagli sai, non verrà. Lui non si ricorda di me, per lui io non sono nulla, sono un estraneo, perché dovrebbe venire a cercarmi? Da solo per di più” disse
“Non mi inganni mio caro ispettore Gerkan. Lui verrà eccome. Lo conosco, si precipiterà ad aiutarti, farà di  tutto per salvarti. Ed io sarò qui ad aspettarlo”
 

Ben arrivò con difficoltà all’Ospedale Santa Marta e parcheggiò vicino alla uscita secondaria. Aveva guidato con lentezza, il braccio  gli faceva male ed era ancora intontito dal sonnifero che gli avevano dato. Una miriade di ricordi confusi si affollavano nella sua mente. I casi risolti con Semir che si mischiavano con gli avvenimenti degli ultimi mesi. Ed immagini della sua infanzia confuse con i ricordi dei momenti trascorsi con Semir ed Andrea e quelli trascorsi con Laura, in un vortice burrascoso che lo confondeva e gli provocava un forte senso di nausea.
Cercò di concentrarsi su quello che doveva fare. Marie gli aveva detto che  in quei mesi aveva quasi sempre il turno di notte e quindi sperava di vederla spuntare presto  dalle porte scorrevoli della uscita secondaria.
Guardò l’orologio: le cinque e trenta. Era l’ora del cambio turno.
Ed infatti pochi minuti dopo la vide; bionda alta e graziosa come al solito nel suo cappotto blu, Marie si avviò verso la sua auto. Ben scese veloce dall’auto con un gesto fulmineo si avvicinò a lei, puntandole la pistola nel fianco.
“Buongiorno Marie, credo che tu mi debba portare da qualcuno” le sussurrò spingendola verso l’auto di Laura
 

Dieter si era addormentato subito, appena uscito  dalla doccia, e neppure si era accorto che la fondina sul tavolo era vuota. Voleva dormire  qualche ora e poi chiedere il cambio per la sorveglianza a Ben. Doveva andare anche lui a cercare Semir, erano una famiglia e lui doveva collaborare, non stare lì a fare da balia
Si svegliò di soprassalto quindi quando, dopo poche ore Laura lo chiamò a gran voce
“Dieter, Dieter, svegliati dov’è Ben?” La ragazza era  in camicia da notte tutta spettinata e con lo sguardo terrorizzato
“Come dov’è?  In camera sua…” rispose Dieter ancora assonnato
“No, non c’è in casa e non è neppure fuori…” Laura quasi urlava
Dieter si svegliò all’istante e balzò dal divano dove era steso.
“Hai guardato bene? Forse è in bagno…” provò ad ipotizzare Dieter
“Non dire sciocchezze ho guardato dappertutto…” urlò ancora Laura uscendo sul patio mentre chiamava Ben a gran voce
Solo allora Dieter si accorse che la fondina sul tavolo era vuota
“Oh mio Dio…” sussurrò mentre la prendeva e la rigirava
“Dieter, la mia auto, la mia auto non c’è più” disse Laura terrorizzata. Poi guardò con occhi sbarrati la fondina vuota che Dieter teneva fra le mani
 

“E può averti sentito mentre parlavi con la Kruger della sparizione di Semir??” Laura ormai era sull’orlo di una vera e propria crisi isterica e percorreva il salone avanti ed indietro come una tigre in gabbia
“Non lo so Laura forse, ma io credevo che fosse sedato, che stesse dormendo…” Dieter era sull’orlo delle lacrime, rosso paonazzo per la vergogna
“Da quanto tempo può essere successo?” chiese ancora Laura
“Ho chiamato la Kruger che era più o meno mezzanotte…”
Laura guardò l’orologio. Erano le sei e mezza stava appena albeggiando. Poi prese con le mani tremanti il cellulare per chiamare la Kruger
 

Ben e Marie camminavano arrancando al buio aiutati solo dalla luce della torcia che Ben aveva trovato in macchina
“Ben… non puoi tornare lì ti ucciderà, lo sai ha già cercato di farlo…” disse ansimando Marie
“Ha preso Semir, lo ucciderà lui se non mi vede, vuole me… lo sai anche tu…”  rispose Ben ansimando e spingendo Marie avanti a sé
Faceva freddissimo e il braccio era praticamente insensibile, ma il giovane poliziotto cercava di non  farci caso; aveva un solo pensiero in mente: Semir
Camminavano da circa dieci minuti quando Ben sentì dei fruscii di rami secchi spezzati alle sue spalle
“Bene, ci hai messo meno di quanto mi aspettassi” disse una voce alle sue spalle mentre gli puntava la pistola alle spalle e gli toglieva dalle mani la sua

“Ciao Sarah” disse Ben voltandosi

 

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Capitolo 16
*** Cosa hai fatto? ***


Cosa hai fatto?
 
“Tu torna indietro e nascondi l’auto, poi cancella ogni traccia mi raccomando…” ordinò Sarah a Marie, ma lei rimase immobile a guardare  Ben. La ragazza aveva gli occhi pieni di lacrime.
“Muoviti sorellina…” la esortò ancora Sarah.
“Sarah.. ti prego non  fargli del male…” la supplicò, ma Sarah aveva occhi di ghiaccio
“Di nuovo con questa storia ragazzina?? Ancora con questa storia romantica? Ti ho già detto mille volte di non farti illusioni. Gli uomini fanno tutti schifo, guarda cosa hanno fatto a me…” la voce di Sarah era dura
“Ma Sarah…” cercò di obiettare ancora Marie.
“Fai come ti ho detto… hai già fatto troppi errori. Se non avessi deciso di salvarlo tutto sarebbe già finito da tempo. Ora è troppo tardi, non c’è via di uscita ormai. Vuoi che mi arrestino?? Voi vedermi in prigione? Perché questo faranno se non mi aiuti. Verranno e mi arresteranno” Sarah urlava in faccia alla sorella.
“Va bene, farò come mi hai detto” disse piano Marie avviandosi verso l’auto.
“Sorellina… ti voglio bene” le disse dietro, dolce, Sarah
“Cammina tu” fece poi rivolta a Ben mentre lo spingeva nella botola
 
Ben piombò nella cantina come un sacco di patate e subito incrociò lo sguardo terrorizzato di Semir
”Oh no…” mormorò l’amico. Ora la situazione era veramente disperata.
La vista della stanza provocò a Ben un conato di vomito. Glu vennero immediatamente in mente le scene orribili che si erano svolte lì, il dolore le urla, le sue suppliche a Dio perché lo facesse morire subito
Sarah rialzò Ben da terra e lo  colpì più volte sul viso sino a stordirlo.
“Maldetta lascialo stare…” Semir urlò e tirò e strattonò i legacci.
Sarah legò Ben alla sedia a fianco a quella di Semir e poi ansimando si avvicinò al piccolo turco
“Stai zitto tu stronzo” gli disse mollandogli un pugno sul viso che gli fece voltare il viso di scatto. Poi la ragazza prese un grosso pezzo di nastro adesivo e glielo mise sulla bocca
Ben gemeva piano, scuotendo la testa per riprendere lucidità
“Sarah, Semir non c’entra nulla lascialo stare. Vuoi me… sono qui” bisbigliò
“Oh quale meravigliosa solidarietà maschile. Che nobile che sei… peccato che tutta questa nobiltà tu non l’abbia mai mostrata nei  miei confronti” gli urlò in faccia tirandogli la testa indietro per i capelli.
“Sarah ti ho già detto che mi dispiace, ma noi non sapevamo nulla di quello che ti era successo. Tu  non ci hai detto nulla, non ci hai fatto capire nulla…”  le rispose Ben con voce strozzata.
“ Vedo che hai recuperato la memoria. Ma solo per dire bugie. Bugiardo, io ho cercato di farvelo capire, ma quell’essere schifoso era un maschio come voi, voi l’avete coperto” Sarah era sempre più isterica
“Questo non è vero, se avessimo saputo, se avessi saputo che ti aveva violentata l’avrei denunciato subito, non avrei avuto dubbi…” Ben cercava di convincere Sarah, doveva almeno salvare Semir se non sè stesso.
“Non farmi ridere Jager… avresti denunciato il tuo amato istruttore? Quello che ti dava tanti bei voti e ti ha fatto arrivare primo al corso?” Sarah rise beffarda
Semir rimase senza fiato. Kurt, il pacifico vecchietto che aveva interrogato durante le ricerche di Ben… un violentatore.
“Certo che l’avrei fatto, l’avremmo fatto tutti noi” provò ancora Ben
“Bugiardo, bugiardo, bugiardo, come tutti i maschi, devi morire…” urlò Sarah. Ormai era chiaro che era folle “E sai una cosa? L’ultimo a morire sarà proprio lui, il nostro istruttore, mi prenderò tutto il tempo. Quello che ho fatto a voi sarà nulla rispetto a quello che farò a lui”
“Sarah ti prego, prenditela con me se vuoi, ma Semir non c’entra nulla lascialo stare” supplicò ancora
“Invece c’entra eccome. E’ un maschio, fa schifo come tutti i maschi e quindi deve morire anche lui. E poi ho per voi  in mente un gioco bellissimo” rise sonoramente pe tutta risposta la donna
 

Marie nascose l’auto nel vecchio fienile vicino alla casa e la coprì con rami e con un telone. Poi tornò indietro e fu molto attenta a cancellare le tracce del loro passaggio sino alla botola. Da lontano sentiva i latrati dei cani da ricerca e vedeva le torce ondeggiare fra i rami mentre stava albeggiando. Ma stavano andando nella direzione sbagliata.
“Lo ucciderà…” pensava triste e spaventata mentre tornava alla piccola casa in legno.
 

“Stavolta non te la caverai come l’altra volta… non ci sarà Marie ad aiutarti. Quella piccola stupida non ha avuto il coraggio di finirti. Ha persino chiamato  nostro padre con una  scusa ed ha fatto in modo che ti trovasse… Povera illusa romantica. Ma io non permetterò che voi maschi facciate del male anche a lei” fece con voce decisa mentre prendeva una valigetta dai uno dei ripiani dell’unico mobile della stanza.
“Ora faremo un gioco bellissimo. Vuoi salvare il tuo amico vero? Vuoi dargli una possibilità di sopravvivere?” chiese sorridendo a Ben
Il ragazzo non sapeva cosa dire… certo che voleva disperatamente che Semir sopravvivesse, ma sapeva che non poteva essere facile la cosa. Così si limitò ad annuire leggermente.
“Bene… allora devi rischiare. Queste sono due siringhe… in una c’è un semplice  composto vitaminico, del tutto innocuo, l’atra invece contiene digitale. Uccide in meno di dieci minuti, blocca il cuore…” disse perfida mentre mostrava il contenuto della valigetta che aveva preso. Due siringhe identiche con un contenuto giallastro
Ben iniziò a sudare freddo, intuendo cosa voleva Sarah
“Una è per te e una è per lui… scegli tu, così o ti ucciderai o ucciderai lui…. Non è un gioco bellissimo?” Sarah rideva isterica e felice.
“Sarah ti prego prendi me, ma lascia andare Semir lui non ti ha fatto niente” supplicò ancora Ben,. Sentiva i mugugni disperati di Semir al suo fianco
“Ben Ben Ben… allora non se così intelligente come dicevano alla Accademia… tu sei qui per giocare, devi stare alle  mie regole. Se non scegli, se non fai quello che ti dico io il tuo amico lo ammazzo all’istante” disse perfida mentre si avvicinava a Semir e gli puntava la pistola alla tempia

Ben e Semir si guardarono per un lungo momento.
Semir vedeva gli occhi pieni di lacrime del suo amico e in quel preciso momento gli venne in mente una scena… loro due sul promontorio di una cava… una sola siringa con l’antidoto a disposizione… “preferisco così che venire al tuo funerale”   gli aveva detto Ben. Per questo quando vide la trasformazione e la determinazione negli occhi di  Ben gli si gelò il sangue. Cercò di urlare pur con la bocca tappata, ma Ben distolse lo sguardo

“Ok va bene” mormorò Ben all’indirizzo di Sarah
Sarah si avvicinò alla sedia e  lo sciolse dai legami porgendogli sorridente e cattiva la valigetta. “Avanti scegli e fai tu stesso l’iniezione al tuo amico, sarà più divertente”
Ben prese le due siringhe. Per un lungo momento guardò Sarah e cercò di rivedere in lei la stupenda ragazza, allegra, gioiosa e vitale, conosciuta ai tempi dell’Accademia.

“Stavolta la fine del gioco la stabilisco io… tu vuoi la mia morte, ebbene la avrai” sussurrò mentre con gesto deciso si piantava entrambe le siringhe nella coscia iniettandosi il contenuto.

Semir urlò con quanta forza aveva in corpo “no no no cosa hai fatto????” ma il bavaglio gli fece uscire solo dei suoni incomprensibili dalla bocca
Sarah rimase di stucco alla scena.  La mossa di Ben l’aveva lasciata completamente stordita, ma ci mise poco a riprendersi.
“Cosa credi di aver fatto? Di aver salvato il tuo amico?… Beh ti sbagli perché  farai comunque a tempo a vederlo morire” sibilò rabbiosa mentre Ben si accasciava al suolo
Con un gesto  deciso si avvicinò a Semir e gli puntò la pistola alla tempia.

Ben ansimava a terra sempre più pallido e Semir chiuse gli occhi in attesa dell’inevitabile.
Mentre sentiva il freddo della canna della pistola sulla tempia pensò a sua moglie, alle sue bambine che non avrebbe visto crescere, ai colleghi del distretto, a suo fratello e si disse che l’unica cosa positiva era che almeno non avrebbe visto Ben morire .

Poi uno sparo risuonò nell’aria

 

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Capitolo 17
*** Senza lieto fine ***


 
Chi segue le mie storielle sa che avevo in mente da un po’ di scrivere una storia sulla uscita di Ben…  forse è questa… perché questa è una storia…

Senza lieto fine

Semir aprì gli occhi incredulo… non era morto. Strizzò gli occhi per mettere a fuoco e vide di fronte a sé Marie che imbracciava un fucile ancora fumante.  La ragazza aveva gli occhi terrorizzati. Poi sentì un gemito. Sarah era a terra e si teneva la spalla sanguinante “Cosa hai fatto maledetta stupida, cosa hai fatto….”gemette ansimando.
La ragazza non smettendo di fissare la sorella a terra slegò Semir e lo liberò dal bavaglio.
Con ancora le corde attorno alle gambe Semir allontanò con un calcio la pistola da Sarah, che ormai era in stato semicosciente e si precipitò da Ben
Lo prese fra le braccia e gli carezzò il viso cercando di mettersi in contatto con lui, ma il ragazzo lo guardava ormai con occhi acquosi ed assenti. Il respiro era accelerato e superficiale
“Cosa hai fatto, maledetto stupido, cosa hai fatto…” mormorò anche lui stringendolo fra le braccia e cullandolo avanti ed indietro.
Si sentiva completamente impotente, stavolta non c’erano ferite da tamponare, ossa rotte da steccare, non poteva fare nulla, solo assistere alla morte del suo migliore amico. Le lacrime iniziarono a scendergli sulle guance.
Ben lo guardò e gli fece un piccolo sorriso “Preferisco così…” gli disse piano ancora una volta
Marie si inginocchiò davanti a loro “Tienilo sveglio… cerca di tenerlo sveglio, io torno subito”  disse a Semir concitata mentre usciva dalla cantina
Semir non aveva ben capito cosa volesse dire la ragazza, ma fece come gli era stato detto
“Dai Ben… stai sveglio ok? Resta con me… vedrai andrà tutto bene. Combatti forza, resta sveglio… non vuoi restare con me? Non vuoi sposare Laura?” cercò di esortarlo scuotendolo delicatamente
Ma Ben era sempre più assente “Fa’ freddo…” disse talmente piano che Semir a stento lo sentì. Semir si tolse la giacca e gliela avvolse intorno al corpo
“Ben resta sveglio dai, non dormire ti prego… pensa a me, fallo per me, pensa a Laura e alle bambine” lo esortò ancora disperato, ma si vedeva che il ragazzo era alla fine
Ben lo guardò  ma le labbra  erano ormai diventate bluastre e il respiro era solo un rantolo “Dì a Laura che mi dispiace….” mormorò debolmente prima di chiudere gli occhi
Semir sentì il modo che iniziava furiosamente a girargli intorno “No non è possibile…” pensò mentre scuoteva l’amico, senza tuttavia risultato
E finalmente Marie tornò nella cantina. Aveva una valigetta medica con sé
Si inginocchiò accanto a Ben. “Alzagli la camicia ed il maglione” ordinò a Semir mentre riempiva una siringa con un lunghissimo ago con il contenuto di una boccetta
Semir fece come gli era stato chiesto, anche se  non capiva bene  cosa volesse fare la giovane infermiera.
“E’ adrenalina, la teniamo sempre in casa perché mio padre è cardiopatico. Ma gliela devo iniettare direttamente nel cuore” disse con aria sicura mentre contava le costole sul torace e cercava lo spazio necessario
Semir inorridì al solo pensiero.  Ma era la sola possibilità di sopravvivenza, quindi annuì.  Da lontano si sentivano i latrati dei cani e le voci degli agenti di polizia che si avvicinavano evidentemente richiamati dallo sparo
Marie con gesto deciso piantò la siringa nel torace di Ben
 
Semir si era piazzato dietro la testa di Ben e la teneva sulle sue ginocchia mentre gli carezzava la fronte. I secondi gli sembravano ore intere “Ti prego, ti prego, non farmi questo, apri gli occhi”
Ormai gli agenti erano arrivati alla botola e Semir vide un paio di uomini vestiti di nero della SEC precipitarsi dentro ad armi spianate, seguiti dalla Kruger
“Oh mio Dio… che è successo?” esclamò Kim vedendo la scena
Ma Semir non rispose. Stava lì imbambolato e sempre più disperato
E poi finalmente con un sussulto Ben si mosse, tossendo inspirò l’aria con un singulto, mentre apriva gli occhi confuso
 
Due mesi dopo
 
Semir si stropicciò gli occhi stanchi e chiuse il file  che stava leggendo sul pc. Era la relazione finale sul caso  Sarah Night. Ripensando alla angoscia e al dolore provati nei mesi precedenti Semir sentì ancora il cuore artigliato in una morsa di ghiaccio.
Marie era stata arrestata per complicità con la sorella, ma Ben le aveva trovato un buon avvocato; probabilmente vista la sua collaborazione ed il fatto che aveva salvato i due poliziotti, avrebbe ottenuto uno sconto di pena.
Anche Sarah ovviamente era stata arrestata ed ora era in un ospedale psichiatrico in attesa del processo. Probabilmente  sarebbe stata internata a vita. I medici avevano detto che la sua follia era scattata nel momento in cui aveva saputo che a causa della violenza subita difficilmente avrebbe potuto avere dei figli. Ma Semir non riusciva a compatirla, desiderava solo non vederla mia più e che non tornasse mai più libera quella donna diabolica.
Era stata davvero abile nella sua follia; aveva avvicinato sia Ben che gli altri  colleghi che si erano fidati di lei ciecamente, in fondo era una vecchia amica; era riuscita a scoprire che Jan era venuto in possesso di quei nastri che la riprendevano alla stazione insieme a Ben e prima l’aveva ucciso e poi si era introdotta nel suo ufficio per farli sparire; aveva simulato il suo rapimento arrivando a ferirsi più volte per lasciare il suo sangue sul pavimento. E aveva ucciso in modo crudele ed insensato tre uomini,  ridotto in fin di vita Ben per due volte.
 Semir sentiva di odiarla profondamente e ringraziava Dio di non aver avuto la possibilità di incrociarla di nuovo, altrimenti non era sicuro di riuscire a dominarsi.
Sospirando guardò la scrivania vuota davanti a lui.
Domani qualcuno si sarebbe seduto su quella sedia.
Ma quel qualcuno non sarebbe stato Ben
Perché se  anche Ben era riuscito a scamparla ed ora stava fisicamente abbastanza bene, quella donna in fondo era riuscita ad ucciderlo,  lo aveva ucciso dentro
A Semir ancora venivano le lacrime agli occhi nel rivedere la scena di Laura che, completamente sconvolta, si era presentata alla loro porta in piena notte la settimana prima.
“Mi ha lasciata Semir… mi ha lasciata…” aveva mormorato prima di rifugiarsi singhiozzando fra le braccia di Andrea
“Amnesia traumatica dissociativa” l’aveva chiamata il dottore, l’incapacità,  seguito di un trauma, di ricordare alcuni episodi o sentimenti della propria vita: e Ben non riusciva a ricordare il suo amore per Laura. Lei gli faceva tenerezza,  si dispiaceva nel darle dolore, provava un grande affetto, ma- come aveva confessato a Semir- non provava amore per lei. E Ben era un uomo troppo leale per mentire a lungo o illudere Laura. E così odiandosi e maledicendosi aveva spezzato quel legame,  già perso nel mare della dimenticanza
Ma non era l’unico legame ad essersi spezzato.
 In realtà  la vita di Ben  era tutta sottosopra.
Ricordava molti episodi della sua vita di poliziotto, molti episodi con Semir e il sentimento verso l’amico era l’unica certezza per lui in quel momento.  Ma sentiva che non sarebbe più riuscito a fare quella vita. Aveva provato ad andare al poligono, ma le mani gli tremavano talmente tanto quando impugnava la pistola che non aveva neppure provato a sparare. Ed il giorno dopo aveva presentato la richiesta di congedo a tempo illimitato
Semir si alzò dalla sedia stiracchiandosi. Guardò l’orologio: le  cinque e mezza, doveva sbrigarsi
Quando arrivò alla panchina prediletta da Ben, lungo il Reno, lui era già lì in tuta da motociclista. La Harley era parcheggiata poco distante, con sul sellino un grosso borsone da viaggio. Ben stava guardando il fiume che scorreva placido.
“Ciao…” fece Semir sedendosi accanto all’amico
“Ciao socio” gli rispose lui sorridendogli
“Allora ci siamo….” Semir cercò di dominarsi, ma aveva voglia di piangere
“Già ci siamo…” disse Ben continuando a guardare il fiume
“Abbiamo arrestato il tuo istruttorie Kurt Waldeim per violenza carnale” lo informò l’amico  nella assurda speranza che questo potesse suscitare in Ben un interesse professionale
Ma lui si limitò ad annuire “Bene…” disse solo  “Quando arriva il nuovo partner?” chiese poi il ragazzo
“Domani… arriva domani” rispose Semir ma la voce si stava strozzando.
“Mi raccomando Semir, fai in modo che sia soprattutto tuo amico” si raccomandò guardandolo negli occhi
In quel  momento la determinazione di Semir, le promesse fatte ad Andrea di non forzarlo in alcun modo, andarono a rotoli. Ora era adirato, tremendamente adirato
“Come puoi chiedermi questo? Come puoi chiedermi di dimenticare quello che abbiamo passato insieme, l’amicizia che c’è fra noi e  diventare semplicemente amico del mio nuovo collega?” sbottò furibondo
“Ma io non ti chiedo di dimenticare la nostra amicizia, noi saremo sempre amici, sempre, anche se sarò lontano. Non lavoreremo più insieme. E tu hai bisogno di un amico sul lavoro, non solo di un semplice collega”  rispose lui calmo
Semir pensò a quanto Ben era cambiato dal suo rapimento; ora era calmo, riflessivo e…. soprattutto triste. Distante anni luce dal ragazzo allegro sfrontato e gioioso che aveva conosciuto.
“Ecco  proprio qui sta il punto; capisco che tu non voglia tornare al lavoro per ora, ma perché te ne devi andare?? Perché non  puoi restare qui con noi? Noi siamo la tua famiglia, io,  Andrea e le bambine. E poi tuo padre, tua sorella… perché non pensi a noi?” Semir si odiò per essere ricorso a quel ricatto morale, ma ormai era disperato
Ben rimase per un po’ in silenzio “Non ce la faccio Semir… proprio non ce la faccio. Ho bisogno di allontanarmi un po’. Se resto qui faccio soffrire tutti perché non mi ricordo di loro, perché non ricordo quello che abbiamo fatto insieme, i sentimenti che ci legano. Guarda cosa è successo con Laura… sono riuscito solo a farla soffrire…”
“E  non pensi a quanto soffriremo noi senza di te?” provò ancora Semir
“Lo so, ma questo è l’unico modo che ho trovato per cercare di recuperare la mia vita” disse lui deciso
Semir si alzò con gesto rabbioso e si avvicinò alla balaustra sul  fiume
“Dai Semir… resteremo in contatto, ho appena regalato ad Aida un pc così possiamo chattare e vederci con la webcam” disse  Ben avvicinandosi
“Ti avevo detto che Aida è troppo piccola per avere un pc suo…”
“Sì è vero, ma lo sai io non faccio mai quello che mi si dice di fare…”
“Dove andrai?” chiese Semir con la voce rotta.  Ormai non riusciva più a trattenere le lacrime
“Non lo so ancora… in giro, vantaggi di avere i soldi di famiglia. Forse in America, a  percorrere tutta la Route 66 con la moto e scrivere canzoni, visto  che almeno so ancora cantare e suonare” Ben ora sorrideva  “Ti prego Semir non fare così, non rendere la cosa ancora più difficile di quello che è” sussurrò poi
Semir si asciugò le lacrime “Giurami che ti farai sentire almeno una volta al mese. Giuralo, e giurami anche che tornerai altrimenti ti vengo a cercare anche in capo al mondo”
“Te lo giuro” disse Ben con voce sicura. “Baderai a Laura vero? Farai in modo che sia felice?” chiese ancora
“Ci proverò”
I due si abbracciarono
“Ti voglio bene. Abbi cura di te” sussurrò Ben all’orecchio dell’amico prima di lasciarlo e correre verso la moto senza voltarsi indietro.
Semir rimase a guardare la  Harley che si allontanava rombando nel crepuscolo serale.
Ora non gli restava che aspettare.
 
                                                                                          Fine
PS: come già detto altre volte di medicina non  capisco nulla, quindi gli eventuali esperti perdoneranno le eventuali enormi sciocchezze scritte. Prendetele come al solito  come licenze poetiche
E poi l’angolo dei ringraziamenti: a tutti i lettori in primo luogo. A chi ha recensito con pazienza e affetto, facendomi oggetto ancora una volta di immeritati complimenti. Grazie soprattutto a Laura ( che probabilmente ho deluso con la fine di questa storia ma….) Sophie, Djaly, Iucci e alla new entry Redbullonic.
Ci sarà un seguito? Forse…  se voi volete  

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