Only Missing Moments;

di OmgQueen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eisig. ***
Capitolo 2: *** Blume ***



Capitolo 1
*** Eisig. ***


Ambientazione: Episodio 14; l'amore della crudeltà e violenza.
Genere: Introspettivo, ovviamente riferimenti alla guerra che c'è al di fuori.
Coppia: RiRen, la coppia che deve conquistare il mondo;
Avvertimenti: Le prossime potrebbero essere spinte. O fluffose. O piene di Angst.
                               La LùH aiuterà la mia perversa mente con le nostre ruolate a continare questa raccolta. Essa è dedicata interamente in anima e corpo a lei.




«Hey, Eren»
 
A quel richiamo il ragazzo castano si girò immediatamente verso la voce, sorpreso, balbettando un: «S-Sì? ».
Si era appena ripreso dai pensieri così ingenui e fulminei del perché Levi si fosse seduto vicino a lui, dopo aver sbuffato, e avesse disteso il braccio sulla linea finale del ruvido e malmesso mobile, ma appena passata quel lieve imporporimento di guance rimase ancora più stupito, riflettendoci, di quella vicinanza al suo corpo; questa presenza accanto a lui pareva quasi famigliare e amichevole: il totale opposto di ciò che nelle ore precedenti avvenne e della sensazione che la sua nuova guida gli imprimeva attraverso tutto ciò che diceva.
 
I suoi occhi era la prima cosa che notò di lui: mentre lo salvò due giorni addietro e in seguito dietro le sbarre di quella fredda cella, promettendogli di tenerlo sotto la sua ala protettrice.
Anche allora, al suo risveglio dopo l’eroiche gesta commesse, quella mano così piccola e affusolata che cingeva la fredda asta di ferro non parevano di certo poter appartenere alla stessa persona che aveva degli occhi freddi e di ghiaccio, totalmente impassibili, come un muro.
Una giusta similitudine, spuntata da una serie di sequenze logiche incomprensibili nella mente di Eren, era quella sentirsi come un piccolo di titano di neppure tre metri in balia di quelle alte mura di 50 metri.
 
«Mi odi?»
 
Venne nuovamente e bruscamente risvegliato dai suoi pensieri dalle parole pronunciate da Rivaille.
Si lasciò sfuggire un innocente, sibilato e balbettante “E-eh?”, che non sarebbe di certo voluto uscire senza la forzatura delle corde vocali nel buttarlo fuori da quella gola.
Il moro percepì quel suono strisciante uscire dalle sue sottili labbra, quel corpo così fragile irrigidirsi –anche se gli era lontano un po’ di centimetri riusciva distintamente a sentire il suo affanno– , ricambiò quello stupore da parte di Eren guardandolo ancora più insistentemente, nell’attesa di una risposta.
Odiarlo?
«N-No, capisco che è stato necessario…»
 
Per un attimo Levi rimase a riflettere sullo sciogliersi immediatamente del corpo del castano dopo aver risposto, pareva essersi levato un pesantissimo macigno sopra di sé; poi Eren si girò, probabilmente senza un obbiettivo, a guardare di fronte a sé.
Ad ammetterlo, ciò che gli disse durante quel tardo pomeriggio era per la maggior parte la verità, anche se ammetteva lui stesso di essere stato un po’ troppo crudele nei confronti di qualcuno che doveva proteggere e seguire, ma la domanda appena fatta era lecita: anche se come spiegato era davvero d’obbligo farlo, quel male fisico e psicologico provocato gli sarebbe stato seriamente perdonato?
Cercava a tutti i costi, a fatica, di non focalizzare una risposta negativa nella sua testa, anche dopo aver sentito le parole di Eren.
Tuttavia, quella sua tranquillità, lo tranquillizzò anche lui.
 
«Allora molto bene.» concluse dando fine ai suoi pensieri, socchiudendo gli occhi.

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Capitolo 2
*** Blume ***


Se Shingeki no Kyojin mi appartenesse Rivaille avrebbe già cantato la sua theme / opening. 
 
 
Genere: Un simpatico introspettivo-pedofilo.
Coppia: RiRen, direi;
Avvertimenti: Oggi oso un “What if” che probabilmente vi schiferà tutti.
 
 
 
“ The paceful time have made us blind ”, i tempi di pace ci hanno resi ciechi.
 
Questa frase, a volte detta in un serio sussurro o a volte canzonata, era la frase che più amava dire la madre di Rivaille al proprio figlio.
Poteva apparire prepotente dire questo, agli occhi di una persona esterna, poteva apparire un obbligo nazionalista di una madre nei confronti del suo unico figlio maschio: ma non era nulla di ciò.
Solamente, lei rispettava i desideri di suo figlio.
 
Quella frase era una seria osservazione sulle loro povere condizioni e nei tempi in cui vivevano, un piccolo pensiero nato sia dalla mente di Levi sia da quella del suo genitore: ragionandoci insieme una normalissima mattinata.
 
 
 
 
 
Quel pomeriggio, che in principio doveva essere il solito fra le urla dei bambini che giocavano per la strada e il mercato alle porte delle mura, la squadra ricognitiva non ci fu per aiutarli, per salvarli, vero?
Doveva essere un semplice pomeriggio, quello dell’anno 845, per questo la squadra ricognitiva era normalmente uscita dai confini umani per farsi decimare ancora una volta.
Già, questo portò alla distruzione del Wall Maria: la loro continua voglia di farsi uccidere.
 
Per la precisione qualcosa fermò a lungo, più del dovuto, la squadra.
Se non ci fosse stata questa lunga pausa ad osservare uno strano albero di frutti e fiori, forse sarebbe tornati in tempo per salvare una decina di persona, forse una ventina, forse più di cinquanta, se non cento.
La curiosità umana nel capire cosa fosse quell’albero strano, con appollaiati felici degli innocui frutti arancioni, portò alla distruzione la maggior parte della popolazione.
Qualcuno del gruppo avanzò l’ipotesi che esse si chiamassero “arance” e che un centinaio di anni fa, forse, crescevano sane e belle in tutto il mondo.
Questa leggenda Rivaille l’aveva già sentita.
 
 
Sì, non si sarebbe mai sospettato ma Levi amava leggere di nascosto i libri di sua madre, indipendentemente dal fatto che possederli e sfogliarne le pagine fosse legale o meno.
Da questi libri imparò a pulire al meglio, ad esempio: mania che continuò a trascinarsi dietro nel corso degli anni.
Trovò uno strano libro con in copertina un ancora più strano… coso colorato di rosso.
Sembrava un fiore, ma aveva delle fattezze davvero strane: il ragazzo moro non ne aveva mai visto uno del genere. Il massimo a cui poteva aspirare era un candido bianco delle margherite del minuscolo giardino di casa, non un rosso che pareva quasi un fuoco.
Fu così attratto da quel libro che iniziò a studiarselo alla misera età di 10 anni.
Da lì apprese tutte quelle cose che reputava quasi favole per l’incredulità di ciò che leggeva: esisteva un significato per ogni fiore, esistevano fiori gialli, addirittura blu… per non parlare dei fiori di tanti colori messi assieme!
 
Seppur sicuro che quella fosse solo una sciocchezza, nel silenzio di quel pomeriggio e nascosto dai pesanti rumori degli zoccoli dei cavalli, Rivaille osò strappare la zagara da quell’albero.
 
 
 

 
Di fondo però, la colpa di quella strage era causa della curiosità umana, di tutta la squadra di ricognizione.
Loro lo sapevano ma non osavano parlarne: erano stati loro, unicamente loro.
Tutti, nessuno escluso, necessariamente sentivano il bisogno di aiutare gli unici sopravvissuti ai loro errori.
C’è chi distribuiva il cibo nei pochi momenti di pausa dalle spedizioni – e i pochi che tornavano –, c’è chi monitorava la popolazione, chi si occupava di aiutarli nelle loro sistemazioni.
Ogni giorno passavano sotto i loro occhi più di mille persone alla volta, ma loro solo sapevano che potevano salvarne e vederne anche duemila al giorno.
Si è parlato della strana sensibilità dell’animo di Rivaille, ma era altrettanto inaspettato che anche lui partecipasse a questi aiuti sociali? No, non lo fu, anzi: il moro medesimo avanzò l’ipotesi di dover fare qualcosa per tutte quelle distrutte persone, era il primo a non sopportare il dolore delle perdite umane, innocenti in tutto questo.
 
Tanti pomeriggi passavano velocemente; tante persone si sentivano litigare, tante persone si sentivano piangere, tante persone si sentivano parlare.
Il più singolare discorso venne proprio da un marmocchio castano; intorno a lui le persone parevano fare finta di nulla e continuare la loro vita e i loro inutili discorsi di ringraziamento ai soldati.
 
Blaterava di voler uccidere tutti i giganti, poi qualcosa riguardante alla schifezza dei soldati che godevano della protezione della mura e infine del fatto di non voler vivere come bestiame al riparo dal mondo.
… Quel bambino era tale e quale a Rivaille da giovane.
Rimase sconvolto da simili parole da parte di un ragazzo a cui non dava neppure dodici anni, da un lato quasi affascinato da tale grinta.
Tutto questo non fu minimamente trasparso dal suo viso o dalla sua espressione. Il ragazzo castano poi, sentendosi fissato da un tale sguardo crudo in lontananza, rabbrividì e si allontanò.
 
 
Levi aveva deciso, guardandolo, che se in un futuro avrebbe rincontrato quel ragazzo ancora in vita e allo stesso momento fosse stato ubriaco avrebbe potuto anche regalargli quella zagara e il suo significato, se tanto desiderava avere qualcosa del mondo esterno.





Note veloci di una ragazza che stava andando a dormire: Mi dilungherò poco. Questo è un orrendo missing moment riguardante gli episodi 1 e 2, in cui la squadra di ricognizione non vi è e allo stesso tempo succede tutto ciò che sapete.
Ho provato a mettere questo piccolo motivo della loro scomparsa e poi--
Cioè, non avete mai notato quando Eren e Armin parlano nell'episodio 2 le persone non si degnano manco di guardarli anche se stanno urlando? Ecco, okkei, non guardano perché c'è il caporale e non vogliono cacciarsi nei guai--
Inoltremente qui ci sono due mie headcanon: il primo è ovviamente l'inizio capitolo, il discorso fra Rivaille e sua madre e il loro rapporto così stretto e dolshie... e inoltre il fatto che Rivaille legga i libri di mamma.
... Ah, la zagara simboleggia la verginità e la proposta di matrimonio. Questo è il mio secondo headcanon sviluppatosi grazie alla LùH. Per te, mio Amore 



P.S. Vi prego di notare che al principio è mattina, poi tutti i fatti avvengono il pomeriggio e l'incontro fra Rivaille ed Eren è a sera ♥

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